Bollettino_Salesiano_199206


Bollettino_Salesiano_199206

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1.2 Page 2

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~ il
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio - Tel. 06/65.92.915 - Fax 06/65.92.929.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione
Generale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugen io Fizzotti - Francesco Motto.
Collaboratori : Teresio Bosco - Michel ino Davico -
Monica Ferrari - Sergio Giordani - Pierdante Giordano -
Margherita Maderni - Antonio Mélida - Jean-François
Meurs - Gaetano Nanetti - Nicola Palmisano - Angelo
Paoluzi - Cosimo Semeraro - Silvano Stracca - Stelvio
Tonnini.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio {Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani .
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali . Testi
e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese . A cura dell 'Ufficio Nazi on ale
Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 44. 60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 40 edizion i nazionali e 19 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : Antille
(a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria -
Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Canada -
Cecoslovacchia (in slovacco) - Centro America (in
Guatemala) - Cile - Cina (a Hong Kong) - Colombia -
Ecuador - Filippine - Francia - Germania - Giappone -
India (in inglese , malayalam, tamil e telugu) - Irlanda -
Gran Bretagna - Italia - Jugoslavia (in croato e in
sloveno) - Korea del Sud - Lituania (edito a Roma) -
Malta - Messico - Olanda - Paraguay - Perù - Polonia
- Portogallo - Spagna - Stati Uniti - Thailandia -
Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta , nei limiti
del possibile.
Cambio indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecchio.
2 - 1 GIUGNO 1992
SOMMARIO
3 IL RETTOR MAGGIORE
Sul Colle con Mamma Margherita
di Don Egidio Viganò
1O EST EUROPEO
Ritorno in Ucraina
di Eugenio Nebesniak
14 ATTUALITÀ
Diario di una scuola di borgata
di Giuseppina Cudemo
18 REPORTAGE
L'Eremo di San Biagio
di Margherita Dal Lago
Il Forte di Santa Chiara
di Elvira Bianco
22 GIOVANI
Quando nasce l'amore
di Elvira Bianco
24 PROFILI
Come muore un prete
di Umberto De Vanna
26 PROBLEMI SOCIALI
Affondare nell'alcol
di Sergio Giordani
30 AMAZZONIA SALESIANA
Nel Nord-Est Brasiliano
di Menico Corrente
34 AFRICA
Guinea Conakry: dimenticare il passato
di Marino Bois
37 ZEFFIRINO NAMUNCURÀ
Il Figlio dell'ultimo Cacico
di Teresio Bosco
RUBRICHE
Lettere, 4 - Attualità, 6 - BS Domanda, 8 - Pri -
ma Pagina, 9 - Come Don Bosco, 13 - Dalle
Missioni , 17 - Libri, 21 - Osservatorio, 29 - Il
Diario di Andrea, 33 - Solidarietà, 40 - I Nostri
Morti, 41 - I Nostri Santi, 42- In Primo Piano, 43
1 Giugno 1992
Anno 116
Numero 10
In copertina:
termina l'anno
scolastico.
Entriamo in una
scuola di borgata.
(servizio a pag . 14,
foto Franco Marzi),.

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----------BS------<
IL RETTOR MAGGIORE
Don Egidio Viganò
Sul Colle con Mamma Margherita
Ti invito a visitare di nuovo il Colle Don Bosco.
Troverai una bella statua bronzea di Mamma Mar-
gherita, opera del celebre artista Enrico Manfrini. È
dono delle mamme delle vocazioni salesiane: un sim-
bolismo commovente e tanto espressivo. Ai piedi del
Colle vedrai anche il nuovo "Ristoro Mamma Mar-
gherita" per i pellegrini, che si sentiranno accolti in
clima di famiglia.
La domenica 29 marzo scorso, inaugurazione del
monumento, è stato un giorno luminoso e suggestivo
con grande concorso di gente; era presente anche
l'ambasciatore degli Stati Uniti, che è uno degli Oc-
chiena.
·
Appena scoperta la statua, una signora esclamò con
gioia: «Finalmente è tornata a casa sua Mamma Mar-
gherita!». E un vicino aggiungeva: «Adesso invece di
cantare "Giù dai colli", bisognerà dire "Su ai colli!";
però il ritornello dovrà rimanere sempre "Don Bosco
ritorna"»!
Donna della civiltà contadina. Era bello, in quel
pomeriggio, vedere i bambini andare a stringere la
mano di Mamma Margherita, facendosi fotografare
in sorridente atto filiale.
Margherita Occhiena fu donna della civiltà contadi-
na. Quanti cambi sociali e culturali sono sopravvenu-
ti; come .è progredita culturalmente la promozione
della donna! Eppure quella statua lancia dal Colle un
messaggio permanente. lo pensavo tra me: Gesù ha
narrato la parabola del figlio prodigo (Vangelo di
quella domenica) ben venti secoli fa; passeranno an-
cora altri secoli; sono cambiate e cambieranno le cul-
ture e gli stili di vita; eppure la parabola rimane splen-
didamente attuale. Anche in Mamma Margherita c'è
una sostanza di Vangelo, sempre attuale, che farà cre-
scere nel cuore di chi la ricorda la sua statura di donna
cristiana.
Maternità cristiana. Può risultare suggestivo ripen-
sarne il ruolo di mamma, mentre oggi le statistiche del
censimento parlano di c,rescita zero in Italia. Nella
magnifica lettera apostolica "Mulieris dignitatem",
tra le profonde riflessioni di Giovanni Paolo II mi
hanno colpito le due seguenti:
- alla donna, per motivo della sua femminilità, Id-
Il nuovo monumento a Margherita Occhiena
al Colle Don Bosco. (Foto Pera)
dio affida in modo speciale l'uomo, l'essere umano
(cf. n. 30);
·
- e alla donna corrisponde nella storia il ruolo di
madre di Dio (cf. cap. 2): così è personalmente di Ma-
ria; così è della Chiesa, di cui Maria è tipo; e così è
anche della donna cristiana che genera e fa crescere i
figli nella fede: "Nella pienezza del tempo, Dio man~
il suo Figlio, nato da donna" (Gal 4,4).
Il Papa vede in questo la straordinaria importanza
storica del ruolo della donna. Senza Maria, non ci sa-
rebbe Gesii; senza Monica, non ci sarebbe sant'Ago-
stino; senza Margherita, non-ci sarebbe Giovanni Bo-
sco; senza Chiesa, non ci sarebbero credenti.
Nella società consumista inaridiscono le fonti della
vita; cresce preoccupantemente la crisi delle vocazio-
ni; si sta snaturando l'amore. Ci si chiede con angu-
stia: come risvegliare e promuovere il ruolo tanto pre-
zioso della donna? Sul Colle delle "beatitudini giova-
nili" le mamme delle vocazioni salesiane hanno collo-
cato un bronzo che rappresenta la "beatitudine" della
maternità cristiana. Che esso proclami ai giovani il
senso della vita e l'autenticità dell'amore, e divenga
per tutti grido profetico!
1 GIUGNO 1992- 3

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COSÌ SI DIVENTA MATU-
RI? «A proposito dell'artico-
lo "Spray per sentirsi vivi"
(cf ES/gennaio '92). Le pre-
sento i miei dubbi. Per "sen-
tirsi vivi" c'è bisogno di im-
brattare i muri, rovinando a
volte case e opere d'arte;
spendere denaro per le bom-
bolette, inquinare, ecc.? Dav-
vero i giovani hanno bisogno
di questo per lanciare i loro
messaggi? Lei dice, nel riqua-
dro in giallo, che "i giovani a
volte hanno bisogno di passa-
re per queste strade per matu-
rare", ma non sarebbe meglio
che si invitassero a "sentirsi
vivi" facendo qualcosa di uti-
le, per esempio dandosi al vo-
lontariato civile (di cui parlate
nello stesso numero)?».
Prof. Domenico Nanetti,
Rimini (Forlì)
desideriamo aggiornarvi sulla
attività svolta. Fino al dicem-
bre scorso sono stati donati
alla FIB oltre 46 milioni, che
sono serviti per assicurare cu-
re, interventi chirurgici, pro-
tesi e supporti ortopedici a
bambini poveri di terre di
missione. Vi saremo grati che
faceste conoscere la nostra
esistenza tra i missionari, per-
ché possano farci giungere le
loro richieste, e anche ai letto-
ri disposti ad appoggiare e
diffondere la nostra inizia-
tiva».
Unione Medico
Missionaria lialiana,
Viale Dusmet, 8
00046 Grottaferrata (RO)
SILENZIO CONNIVENTE?
«Sorio un esorcista. Ho rice-
vuto il mandato dal mio Ve-
teologica condannano queste
pratiche? Si tratta per lo me-
no di una leggerezza che può
provocare gravi danni alla fe-
de, alla libertà e alla salute
della gente».
Don Giuseppe Capra,
Torino
RINCUORANTE. «Sono un.
ragazzo italiano detenuto in
carcere a Parigi. Ho ricevuto
una copia del vostro mensile
tramite una suora italiana che
viene a farci visita. Trovo la
vostra rivista molto interes-
sante e anche rincuorante, in
quanto è abbastanza triste
trovarsi in prigione, special-
mente all'estero. Vorrei rice-
vere la rivista ogni mese, se è
possibile».
V.S., 248115R Ell4,
Parigi
È stato
sorpreso
a dire
le preghiere
SPIRITO, CI SEI. «Anche
voi seguite la moda del giorno
e invitate i giovani allo spiriti-
smo? (cf ES/febbraio '92)».
«Fondazione Missione»,
Garbagnate Milanese
Mi scuso se ho dovuto sinte-
tizzare le due lunghe lettere,
che ci danno l'opportunità di
spiegarci. Jean-François Meurs
è un salesiano belga che vive
quotidianamente tra i giovani
adolescenti. Inventa questi
brevi racconti - destinati agli
adulti - cercando di «entrare
nella pelle» dei giovani d'og-
gi. Lo fa tutto sommato in
modo ironico, confidando
nella capacità del lettore di
cogliere attraverso quello che
i ragazzi fanno o dicono, gli
orientamenti educativi che ge-
nitori ed educatori devono as-
sumere.
FONDO PER L'INFANZIA
BISOGNOSA. «Conoscete
l'esistenza di un "Fondo per
l'Infanzia Bisognosa" (FIB) e
scovo. Ogni giorno vengo a
contatto con persone soffe-
renti a causa di errori com-
messi in "buona fede", cioè
per ignoranza religiosa, con-
tattando spiritismo, negro-
manzia, magia, cartomanzia,
santoni, guru, sette, ecc.
Quello che mi sconvolge di
più è il silenzio dei teologi e
dei pastori di fronte al dilaga-
re di questo costume. Qualcu-
no dice di essersi avviato a
queste esperienze col consen-
so del confessore o di altri sa-
cerdoti. Non è inverosimile,
se si pensa per esempio alla
tranquilla diffusione del libro
"Esiste l'aldilà" presentato
dal padre Pasquale Magni.
Adesso l'editrice cattolica il
Carroccio pubblica "Dialoghi
d'amore dal cielo alla terra":
una donna dialoga con la fi-
glia, morta a 23 anni in un in-
cidente stradale. Se questi au-
tori ed editori venissero a ve-
dere i loro frutti, penso che ri-
marrebbero sorpresi. Non
sanno questi sacerdoti che la
Bibbia e le costanti disposi-
zioni ecclesiali al riguardo,
così come tutta la tradizione
UNA SCUOLA CHE LO
AIUTI. «Sono la madre di
due splendidi maschietti di cui
uno di 13 anni, purtroppo con
tetraparesi spastica. Mio fi-
glio sta frequentando la quin-
ta elementare a Monte Sacro.
È impegno di mio marito è
mio di inserire Stefano in un
contesto scolastico armonioso
che sappia donargli più che
nozioni (ha un ritardo intel-
lettivo), tanto calore umano.
Sapreste consigliarmi? (scri-
vere al BS)».
Lettera firmata,
Roma
ENTRO TRA LE CLARIS-
SE. «Vi ringrazio e vi comu-
nico la mia gioia. Entro nel
Monastero delle Clarisse, tra
le sorelle povere di Santa
Chiara della mia città. Se è
possibile gradirei continuare a
ricevere la vostra rivista. Vi
accompagnerò con le mie pre-
ghiere».
Miriam Ramani,
Terni
SETTE DOLLARI AL ME-
SE. «Sono una donna cattoli-
ca. Ho 70 anni e provengo da
una nobile famiglia che in
questi decenni di dittatura ha
sofferto moltissimo. Vorrei
ricevere il Bollettino Salesia-
no. Se sarò in grado, invierò
un'offerta, ma vi dico per ora
che la mia pensione è di sette
dollari al mese. Lavoro in ca-
sa ricamando, quando ho la-
voro. Ma mi mancano il filo,
gli aghi. Il nostro paese come
sapete è stato completamente
rovinato».
L. Vasi! Shanto,
Shkoder (Albania)
UN APPELLO. «Sono un
sincero studioso di san Dome-
nico Savio e ricerco libri non
più in commercio e immagini,
statuine, dipinti che lo riguar-
dino. Gradirei entrare in con-
tatto con estimatori del santo
non superficiali. Graditissime
anche le foto dei monumenti
che lo raffigurano. Gradirei
anche le figure dei dipinti del-
4 · 1 GIUGNO 1992

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la chiesa di san Francesco di
Sales di Valdocco e del Pitto-
re Crida a Roma, che non rie-
sco a trovare».
Medardo Poggi,
via Bottini, 4116
16147 Genova
NON CREDEVO PIÙ IN
NIENTE. «Sfogliando un
vecchio diario ho trovato la
mezza copertina del BS datata
15 luglio 1979. Ricordo che in
preda alla più viva disperazio-
ne per la tragica morte del
mio adorato fratello Ignazio,
scrissi una disperata lettera,
dicendo fra le tante cose che
non intendevo ricevere più il
BS, perché non credevo più in
niente, dato che si poteva fare
una ben miserabile fine. A di-
stanza di 13 anni la mia dispe-
razione esiste ancora, ma sen-
to di voler ricevere ancora il
BS di San Giovanni Bosco,
perciò vi sarei grata se me lo
mandaste».
Lettera firmata,
Cagliari
TONNELLATE DI PA-
ZIENZA. «Ho 82 anni. Per
quanto pregassi, non ho avu-
to figli. Quando mi sposai,
l'ostetricia era «bambina»,
mentre ora si fanno miracoli.
Fino a qualche anno fa facevo
parte delle visitatrici, visitavo
cioè i poveri a domicilio. Ora
vivo in casa di riposo. Qui ab-
biamo sempre il medico a di-
sposizione, ma ho fatto espe-
rienza di quanto mi disse un
distinto signore, sofferente e
solo, che fu costretto a ricove-
rarsi: "Beato chi non sa cosa
vuol dire vivere in comunità.
E mi spiegò: "Non collegio o
convento, ma accozzaglia di
gente diversa per ceto, istru-
zione, sentimenti, mentali-
tà... ". È l'esperienza che vivo
io, per cui devo fare tonnella-
te di pazienza e di sopporta-
zione, offrendo tutto a Dio.
A volte mi sento avvilita, è
difficile scambiare due parole
con qualcuno, ripeto il mio
fiat cento· volte al giorno».
Franca Sciuto, ved. Perrone,
Trecastagni (Catania)
DIGNITÀ DEL LAVORO
QUOTIDIANO. «Vorrei da-
re un leggero suggerimento.
Penso che si debba insegnare
anche a lavorare: io ho co-
minciato a 12 anni e lavoro
per guadagnarmi il pane quo-
tidiano facendo l'operaio:
non possono tutti fare gli in-
segnanti o i dottori. Tanta è la
gente come me, che tira avan-
ti giorno per giorno con la sua
dignita, lavorando e pre-
gando».
Antonio Andreolla,
Valmareno (TV)
PASSA PAROLA. «Ho 20
anni ·e sono studentç di inge-
gneria a Palermo. Un amico
mi ha fatto conoscere il BS,
che ora ricevo regolarmente.
Ho così scoperto l'universo
salesiano, mi sono inserito ·nel
gruppo giovani delle FMA di
Palermo e ho dato un nuovo
significato alla mia vita. Vi
chiedo di inviare la vostra ri-
vista ad alcuni amici universi-
tari che me lo hanno chiesto e
di cui mando l'indirizzo».
Salvatore Raimondi,
Palermo
CURIOSITÀ PREMIATA.
«Un giorno sul treno ho visto
un vostro abbonato che legge-
va il vostro giornale. Curio-
sando mentre leggeva una pa-
gina dopo l'altra, gli ho chie-
sto di darmi il vostro indiriz-
zo. Mi ha assicurato che ba-
stava una semplice richiesta
per riceverlo e cosl vi scrivo
per poter diventare anch'io
un'abbonata del Bollettino
Salesiano» .
Luisa Stefania Squatrito,
Falcone (ME)
PER UN SERVIZIO CIVI-
LE. «Sono un ragazzo di 20
anni. Ho iniziato gli studi uni-
versitari, ma mi sento preso
da un'apatia terribile, perché
non mi adatto a vivere come
molti giovani della mia età.
Ho intenzione di fare il servi-
zio civile per impegnarmi nel
volontariato e fare in questo
modo qualcosa di utile. Al
mio paese questo servizio non
è conosciuto. All'ufficio di le-
va del mio comune non sanno
dirmi niente. Chiedo a voi co-
me devo fare e a chi rivol-
germi».
Domenico Milone,
Adrano (CT)
Ti ho fatto rispondere in pri-
vato. Per avere informazioni
sul servizio civile, ci si può ri-
volgere alla più vicina casa sa-
lesiana o alla caritas dioce-
sana.
5Ae€T€
Gr/UJ>ICATI
SOLL1
AMOR.E
)
Ji
Dall'ultimo libro di Paolo del Vaglio: "L'ULTIMO EVANGEL/0»,
collana «Per un sorriso», Ed. Paoline, pag. 64, L. 6.000.
1 GIUGNO 1992 5

1.6 Page 6

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?l.ttua1ità
INDIA
PRIMO CONGRESSO
EXALLIEVI
~ i ' e'.\\ INOIM!NA110~~UlOtRl\\ll0:
i:{ D0IIBOSCO PI\\ST
- WELCOMES
Si è tenuto a Madras il pri-
mo congresso nazionale degli
exallievi indiani, che ha visto
la presenza di don Martinelli, ·
consigliere generale per la Fa-
miglia Salesiana e di 150 par-
tecipanti, rappresentanti delle
sei ispettorie indiane. Interes-
sante e impegnativo il tema
affrontato: "Accoglienza e
promozione dello spirito di
Don Bosco verso gli exallievi
di altre religioni" . Al termi-
Foto di gruppo al primo congresso indiano
degli exallievi.
ne, gli exallievi indiani si sono
dichiarati disponibili a con-
servare e a promuovere i valo-
ri positivi della loro gente,
quali la tolleranza religiosa,
lo spirito di famiglia, il senso
di appartenenza, la sacralità
della famiglia e la non-
violenza. Ma anche a lottare
contro le caste; la discrimina-
zione sessuale e l'arrivismo.
trasmissione "Piacere Rai
Uno" andata in onda da Asti
ha nominato i grandi santi
usciti da quella terra: il Cafas-
so, l'Allamano, Domenico
Savio e - ha detto - soprat-
tutto Don Bosco. Ha poi con-
fessato con gioia di aver tra-
scorso l'intera giovinezza dai
follata presentazione alla
stampa. Il comune di Mosca
affitterà ai salesiani per 50 an-
ni l'edificio della scuola 205
in via Kirovogradskaja 25 ,
nella zona sud-est della città.
Con la collaborazione di vari
organismi di sviluppo, i sale-
L'EXALLIEVO
TOTO COTUGNO
Un altro nome si aggiunge
salesiani e ha invitato ad alza-
re la mano chi aveva studiato
nelle loro scuole. Natural-
mente dalla platea e dalla gal-
leria sono state numerose le
braccia che si sono àlzate, sia
di ragazzi che di ragazze.
siani penseranno alle necessa-
rie ristrutturazioni e al perso-
nale dirigente. Primo diretto-
re sarà don Giuseppe Pellizza-
ri, 45 anni, già conoscitore del
russo.
alla lista dei personaggi dello
spettacolo legati a Don Bo-
sco. Il cantante-presentatore
Toto Cotugno nel corso della
RUSSIA
BRASILE
Antonio Corso. «II Santo
aveva detto: giorno verrà che
nell'impero del Brasile avre-
mo duecento case salesiane.
Nel 1960 le case dei salesiani
erano 103, quelle delle figlie
di Maria Ausiliatrice, 97!».
I Americana (Brasile).
Il curioso campanile
e in basso l'interno
del Santuario.
1 11 cantante-
presentatore
Toto Cotugno.
6 · 1 GIUGNO 1992
NUOVA SCUOLA
PROFESSIONALE
LA STATUA
SUL CAMPANILE
Una scuola professionale di
arte grafica sarà aperta a Mo-
sca. Un documento prelimi-
nare è stato firmato nella sala
comunale di Cà Farsetti a Ve-
nezia dall'ispettore don Gian-
ni Filippin e dalla delegazione
moscovita guidata dalla si-
gnora Lubov Kesina, presi-
dente del Dipartimento dell'e-
ducazione e dal professor Fe-
lix Kusnetov, dell'Accademia
delle scienze. L'atto è stato
ratificato a Roma da don Vi-
ganò e dalla stessa delegazio-
ne russa nel· corso di una af-
L'opera di Americana pres-
so San Paolo in Brasile è dav-
vero significativa: una grande
parrocchia e un istituto scola-
stico di circa tremila allievi,
dalle prime classi elementari
all'università. Ora è stato fi-
nalmente completato il nuovo
santuario dedicato a Don Bo-
sco . All'interno, belle e signi-
ficative le vetrate; originalissi-
mo all'esterno il monumento
a Don Bosco, posto sul...
campanile. «II monumento ri-
corda l' amore dei brasiliani a
Don Bosco», ci ha scritto don

1.7 Page 7

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NIGERIA
fessionale, allo sport, al tem-
po libero e alle varie iniziative
DALL'ORATORIO
culturali a favore dei giovani
in formazione.
ALLA SCUOLA
A Onitsha è stata aperta la
LA MESSA IN TV
" Don Bosco Youth Center",
una scuola professionale che
preparerà alla vita i giovani
nigeriani,- insegnando loro un
mestiere e rendendoli onesti
cittadini. L'inaugurazione è
stata solenne. Al taglio del
nastro furono presenti il go-
vernatore dell'Anambra State
e l'arcivescovo mons. Ezea-
nya, oltre a numerose autori-
tà e amici. «Ogni scuola pro-
fessionale nasce dal "cuore
Onitsha (Nigeria). Inaugurazione del
"Don Bosco Youth Center".
oratoriano"», ha detto l'i-
spettore don Galbusera. «An-
La trasmissione della ·Mes-
sa su Raiuno, che va in onda
tra le undici e le dodici della
domenica, registra una media
di quasi due milioni di utenti.
Il dato è stato reso pubblico
nel corso del convegno inter-
nazionale organizzato dall'A-
teneo Salesiano di Roma sul
tema: ''La Messa alla radio e
alla televisione". Ha detto
don Franco Lever: «La Messa
in TV è la trasmissione in di-
retta più frequente in Italia e
in Europa». Piace per la ricca
che Don Bosco, quando si ac-
corse che i suoi ragazzi aveva-
no bisogno di costruirsi un fu-
scenografia che offrono le
belle chiese, per l'accurata e
solenne esecuzione, per il con-
turo, trasformò il suo orato-
rio in una "scuola"».
tinuo cambiamento dei luoghi
e dei celebranti, per la predica
"chiara e calata nel contem- .
PASTORALE
GIOVANILE
EUROPEA
poraneo" . Lo stesso don Le-
ver ha anche aggiunto che 1'89
per cento delle radio cattoli-
che trasmettono la Messa per
un milione di fedeli.
Si è costituito a Roma, pres-
so il dicastero per la pastorale
giovanile, il gruppo di studio
degli incaricati nazionali delle
un nuovo organismo per i giovani europei
avviati al lavoro.
ICosì Panorama
ha presentato gli
altissimi indici di ascolto
e di gradimento delle
rubriche religiose alla
televisione.
,,1.:\\ t i. ...
•• .V.
•.r,.1.-.•-~lftt
scuole professionali d'Euro-
pa, giunto alla sua terza riu-
nione semestrale. Nell'ultima
riunione tenuta nel marzo
scorso è stato deciso di pro-
porre ai salesiani la nascita di
un nuovo organismo che col-
leghi salesiani e collaboratori
laici dei vari paesi d'Europa
(compresi i paesi dell'Est) nel-
la promozione della "forma-
zione" professionale giovani-
le. Dopo un anno e mezzo di
studio è maturata questa im-
portante decisione, che par-
tendo dalla "scuola" profes-
sionale si proporrà di occu-
J RPAUI O1U EVITA
l e ■otirle
Dommi<a8/3 11e II.SI
Sharo 29.30.'l
2 mWonl 593 milo
SANTA MESSA
RAll
llomenko8/3 a,e I0.55
Shase38,2flll
2 mllioni 399 mila
~·"•'!" . spettotori
PAROU I VITA
RAI 1
U Va■1.efo dello domenica
Solmto7jJ o,e l9.30
Shate !0,18l4
I milione828 mila
~ llatori
PAROLE EVITA
RAI 1
le rodici, le parole, 1luogltl
llrlell 9/3 a,e 17.30
ShareS.88ll
·=-== 441mila spettatori
RPAIOI T2UTANnSla O
L ,d. . . .·. . llomenia8/3"' 23.50(Ouindi<i,a~)
Shole l,16%
376 mda spellotori
RAI 2
ll:~siÀ"' 23501~
315 mila spellotori
parsi dei vari aspetti della
" formazione" professionale:
dal mondo del lavoro giovani-
le all' apprendistato, dai corsi
brevi di aggiornamento pro-
FRONTIERE DEUO SPIRITO
CANALE 5
Domeoo, 8/3 lii 8.30
Sharol,32!:
111 mllo spettatori
1 GIUGNO 1992 - 7
1
1

1.8 Page 8

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a cura di don Stelvio*
C'È UN MERCATO
ANCHE PER
LE MESSE?
La domanda potrebbe essere
completata da un'altra: il Concilio
Vaticano Il ha voluto rinnovare la
Chiesa iniziando dalla liturgia e la
celebrazione dell 'Eucaristia è stata
presentata come "fonte e culmine"
della vita della Chiesa. Eppure, tanti
sono ancora convinti di andare a
comprare Messe per i propri defunti
come si potrebbe andare al mercato
a comprare qualsiasi altra merce.
Perché la Chiesa continua a dare
importanza economica alla Messa
lasciando queste persone nell'igno-
ranza circa il suo significato vero? fl
Concilio non è servito a nulla?
Indubbiamente si tratta di un cam-
mino lungo, appena iniziato: dob-
biamo insistere nel chiarire e spie-
gare.
Ancora oggi sentiamo nelle parroc-
chie frasi di questo tipo: «La "mia"
Messa a che ora è?».
Dinanzi ad una doppia intenzione
(tra l'altro era l'anniversario di mio
.padre...), una signora un po' agitata
mi dice: «Padre, la Messa l'ho paga-
ta io; perché è stato aggiunto un al-
tro nome?». Sono solito rispondere:
Gesù è morto per tutti, e il suo sacri-
ficio in croce ha -un valore infinito,
non ha prezzo. L'offerta che si fa al
sacerdote non è un "pagare" , ma
un gesto di giusta solidarietà con la
Chiesa e con il celebrante per quelle
che sono le necessità materiali. Chi
ordina una Messa per i propri defun-
ti dando l'offerta in denaro, deve
convincersi che il suo gesto non va
al di là di un impegno personale
quale partecipazione al sacrificio di
Cristo. Dio, liberissimo nella desti-
nazione dei benefici del sacrificio re-
dentore, non è tuttavia insensibile
alle preghiere della Chiesa. Pensare
però che possa essere condizionato
da un 'offerta in denaro nel distribui-
re i suoi doni suona oltraggio al sen-
so dell'Eucaristia e alla serenità del-
la nostra fede .
Non può essere piegata al dena-
a - 1 GIUGNO 1992
1 11 Concilio ha rinnovato
la Chiesa a partire
dalla liturgia.
ro, né essere chiusa entro l'orizzon-
te privato, ma conserva il suo carat-
tere ecclesiale a beneficio dei cre-
denti dell'umanità intera.
La Messa non si compra e i suoi
frutti non si accaparrano .
LA VERGINITÀ
È ANCORA
UN VALORE?
Anni fa un noto presentatore si
appellava ai telespettatori invitando-
li ad accendere le luci delle proprie
abitazioni per indicare assenso o
dissenso su una determinata que-
stione. E ricordo bene che uno degli
argomenti disputati era proprio la
domanda a cu i mi viene chiesto di ri-
spondere: " la verginità è ancora
considerata un valore?". Natural-
mente non ricordo quali furono le
percentuali ottenute da quel son-
daggio condotto con la collaborazio-
ne dell'ENEL.
Sull'argomento ho voluto consul-
tare prima di tutto il vocabolario, che
definisce la verginità " la condizione
di chi non ha sperimentato rapporti
sessuali completi " .
Che dire? Posso fare delle distin-
zioni. Per alcuni la verginità è vista
ancora come una conditio sine qua
non, nel senso che (il discorso è pra-
ticamente sempre riferito alla ragaz-
za), se lei ha fatto esperienze prece-
denti, il giovane la lascia, perché
non si sente di "essere il secondo".
Altri invece non ne fanno un proble-
ma essenziale. E c'è chi dice che
l'aver avuto altre esperienze rende-
rà più facile l'intesa sessuale.
Diciamo prima di tutto che la mo-
rale cattolica in questo campo fa ri-
ferimento in uguale misura sia alla
donna che all 'uomo. Non si può af-
fermare che la ragazza debba con-
servare la verginità in attesa del ma-
trimonio, mentre il giovane può con-
cedersi di tutto.
Vi è poi il problema tanto discusso
dei rapporti prematrimoniali. C'è chi
dice: «Ci vogliamo bene, ci sposere-
mo. Lo facciamo per amore, diamo
alla nostra amicizia un significato
più grande. Che male c'è?». E nel
volume " Italia Cattolica" (Vallecchi
Editore) una statistica registra che il
63 per cento degli italiani ritiene leci-
ti i rapporti sessuali tra due persone
non sposate.
Tutto questo non può non fare
problema. Qualcuno pare aver per-
so il senso del sano giudizio morale
e del peccato. E poi come non tene-
re presente che in Italia sono più di
30.000 le ragazze-madri? Ha detto
Giovanni Paolo Il: «Solo la famiglia è
la sede della vita». Invece tante po-
vere creature vengono eliminate
dall'aborto di giovanissime e tanti
bambini vengono abbandonati dopo
facili awenture!
È un discorso che il cristiano do-
vrebbe comprendere meglio, ma
che conserva tutto il suo valore an-
che su altri ve·rsanti. Susanna
Agnelli ha risposto recentemente su
"Oggi" a chi le scriveva che "la sua
fidanzata diceva no all'amore fisi-
co": «Rispetti i principi della sua ra-
gazza. Se pensa di sposarla lo fac-
cia al più presto possibile. Altrimenti
ne trovi una di costumi più facili, for-
se le piacerà di meno» .

1.9 Page 9

▲back to top
di Antonio Raimondi *
UN'ESTATE DI SOLIDARIETÀ
Il mese di esperienza nelle
missioni salesiane sparse per il
mondo sta diventando un appun-
tamento sempre più atteso da
molti giovani, soprattutto quelli
del Movimento Giovanile Sale-
siano che hanno particolare sen-
sibilità missionaria.
La prossima estate circa 150
giovani delle dodici lspettorie sa-
lesiane d'Italia si recheranno in
undici Paesi in via di sviluppo,
per fare un 'esperienza di cresci-
ta nella fede attraverso il contatto
con altri popoli. I Paesi che i
gruppi VIS raggiungeranno, so-
no: Bolivia, Colombia, Brasile,
Messico, Angola, Etiopia, Rwan-
da, Cameroun, Nigeria, Madaga-
scar, Kenya. Tutti i gruppi, ac-
compagnati almeno da un sale-
siano, entreranno in contatto con
culture e tradizioni diverse, in
uno scambio ché sarà sicura-
mente arricchente per tutti. Cer-
tamente risulterà forte l'impatto
con le situazioni di estrema po-
vertà in cui versano queste na-
zioni. Questo permetterà ai gio-
vani di capire meglio il fenomeno
dell'interdipendenza, soprattutto
se saran.no capaci di approfondi-
re le cause della povertà di questi
popoli.
CAMMINO PERSONALE E DI
GRUPPO. L'estate dei volontari
è caratterizzata dall'animazione
oratoriana, da colloqui con la
gente del posto (autorità civili e
religiose, lavoratori, donne,
ecc.), da momenti di riflessione
personale e comunitaria e dalla
celebrazione eucaristica. Il grup-
po è invitato a meditare e a pre-
gare con un sussidio (Cammina-
re insieme) preparato a proposito
dall'équipe del VIS. L'articolazio-
ne della giornata permette ai gio-
vani di compiere un cammino sia
dirigente VIS (Volontariato
Internazionale per lo Sviluppo)
Con il volontariato si aprono
ai giovani nuovi orizzonti.
personale che di gruppo agli iti-
nerari di educazione alla fede
proposti dal Movimento Giovani-
le Salesiano.
PREPARAZIONE. I gruppi in
partenza si preparano con molta
serietà e competenza durante
tutto l'anno. La formazione che si
svolge attraverso incontri periodi-
ci comprende vari aspetti: il con-
cetto di volontariato, la missiona-
rietà salesiana, antropologia, sto-
ria, geografia, lingua europea
parlata nel Paese che si visita,
concetti di interdipendenza e
mondialità, il debito estero dei
paesi in via di sviluppo, il concet-
to di sviluppo, la Dottrina Sociale
della Chiesa.
· Possiamo senz'altro ritenere
questa esperienza come prope-
deutica ad un vero e proprio vo-
lontariato internazionale a lungo
termine (due o tre anni). In ogni
caso, essa apre ai giovani che la
compiono degli orizzonti"planeta-
ri, che permettono di affrontare
gli impegni di animazione dei
propri ambienti da una prospetti-
va nuova.
Il movimento Emmaus Italia orga-
nizza, dei campi di lavoro per gio-
vani italiani e stranieri che abbiano
compiuto i 18 anni di età. I luoghi
prescelti per l'estate '92 sono:
- FERRARA, dal 28 giugno al 6
settembre;
- ORVIETO, dal 16 agosto al 6
settembre.
Il lavoro consisterà nella raccolta
casa per casa di carta, ferro, metal-
li, mobili e vecchi oggetti riutilizza-
bili, che verranno selezionati e ven-
duti. L'intero ricavato sarà desti-
nato a un'iniziativa di solidarietà a
favore dell'infanzia abbandonata
del Perù e all'apertura di due Co-
munità Emmaus per l'accoglienza
di persone in difficoltà a Ferrara e
Orvieto .
Saranno inoltre organizzati incon-
tri e spettacoli di sensibilizzazione
sui problemi Nord/Sud, emargina-
zione, pace e ambiente, aspirazioni
dei popoli a 500 anni dalla conqui-
sta dell'America. Saranno presenti
giovani latino-americani.
Scrivere o telefonare a:
EMMA US ITALIA,
Segretariato campi di lavoro,
via La Luna, 1
52020 Pergine V.no (AR)
Te!. e Fax 0575/89.65.58.
«Siamo una comunità d'accoglien-
za di ispirazione cristiana, nella
quale persone di diversa matrice
ideale, portatori di handicaps o di
altre forme di disagio e soggetti fi-
sicamente sani, autogestiscono la
propria vita e tutta una serie di ini-
ziative di esistenza condivisa, di
riabilitazione e di lavoro. Per il
prossimo periodo estivo (20 giu-
gno/ 31 agosto) proponiamo "Set-
te giorni di condivisione nell'Um-
bria più intensa" presso la comu-
nità di San Girolamo di Gubbio.
Ci rivolgiamo a coloro che, seria-
mente motivati, intendono appro-
fondire il tema della condivisione
come precisa risposta all'emargi-
nazione. Risiedendo in un bellissi-
mo ex-convento immerso nel ver-
de, a un chilometro dal centro sto-
rico, si avrà modo di vivere una va-
canza diversa.
Per informazioni: Marco Rufoloni,
CEAS, via S. Girolamo, 6
06024 Gubbio (PG)
Te/. e Fax: 075/92.20.654
(dalle 9 alle 17);
alla sera: 075/ 92.20.622
1 GIUGNO 1992 9

1.10 Page 10

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EST EUROPEO
RITORNO
di Eugenio Nebesniak
Un viaggio nella nuova
Ucraina. La ripresa della
vita ecclesiale e i non
facili rapporti con
gli ortodossi. La prima
parrocchia salesiana
a Leopoli.
P arto da Roma, destinazione
Ucraina. Vado a Leopoli per
due motivi. Prima di tutto per in-
contrare i genitori dei 44 ragazzi che
studiano nella nostra scuola roma-
na. Dopo la perestroika infatti è
possibile accogliere allievi diretta-
mente dall'Ucraina. L'anno scorso
ne sono arrivati 22, quest'anno altri
22, cosicché in questo anno scolasti-
co studiano nel nostro seminario
ucraino 82 giovani. Voglio poi in-
contrarmi con don Basilio Sapelak,
a cui è stata affidata la chiesa che le
autorità locali hanno restituito ai
salesiani.
Appunti di viaggio
Lascio il sole d'Italia e dopo due
giorni di treno arrivo alla frontiera
Ungaro-Ucraina. Dopo un breve
controllo, una lunga sosta per cam-
biare le ruote dei vagoni. Sì, perché
nella ex Unione Sovietica le rotaie
ferroviarie per motivi strategici so-
no più larghe di quelle europee. Ci
I Don Basilio Sapelak,
parroco a Leopoli.
La chiesa e la casa parrocchiale
hanno bisogno di radicali restauri.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
----------BS-
IN UCRAINA
te patriottiche dei fedeli. Con molta
difficoltà però restituiscono le chie-
se ai cattolici, che pure sono mag-
gioranza.
Vado subito all'hotel Dnister, a
tre minuti dalla Cattedrale di San
Giorgio, cuore della Chiesa cattoli-
ca ucraina. Il giorno seguente - ma
che freddo! e piove pure, anche se
più tardi il sole si farà vedere - mi
incontro con don Basilio presso la
nost_ra chiesa. Un bel colpo d'oc-
chio. Una chiesa enorme! Mi diran-
no che è la più grande di tutta Leo-
poli.
Allievi ucraini della scuola romana fondata nel 1969.
vogliono almeno due ore per cam-
biare le ruote. Ma a causa di varie
noie tecniche siamo rimasti al confi-
ne per più di sei ore. Arrivo a Leo-
poli dopo pranzo e alla stazione mi
aspetta già una delegazione di geni-
tori. Il freddo è terribile, anche se,
mi dicono, è una giornata eccezio-
nalmente calda per questa stagione.
Il clima a Leopoli è di eccitazione
e di preoccupazione allo stesso tem-
po. Indipendenza e referendum, i
nuovi problemi legati ai rapporti di
equilibrio tra le nazioni dell'ex im-
pero, è di questo che parla la gente.
Percepisco una certa tensione tra
ortodossi e cattolici, che qui chia-
miamo "uniati" per essere tornati
in seno alla Chiesa cattolica nel
1596 con l'Unione di Brest, in Li-
tuania. Se si vuole si tratta di una
vecchia ruggine. Prima della perse-
cuzione e la liquidazione della Chie-
sa cattolica ucraina, la cui roccafor-
te era l'Ucraina Occidentale, la
Chiesa ortodossa non esisteva se
non in minima parte. Ma dopo la
forzata annessione della nostra
Chiesa a quella ortodossa russa nel
1946, tutta la gerarchia legittima
cattolica era stata arrestata e depor-
tata in Siberia o in varie prigioni.
La Chiesa ortodossa sul territorio
ucraino fiorì impossessandosi di
tutte le chiese dei cattolici. Adesso
una parte della Chiesa ortodossa si
è proclamata autocefala, indipen-
dente da Mosca, giocando sulle no-
Un po' di storia
La città di Leopoli in passato è
stata sempre contesa tra polacchi e
ucraini. Oggi oramai queste contese
non esistono più. Leopoli appartie-
ne allo stato indipendente dell'U-
craina. Nel 1918 i polacchi occupa-
rono Leopoli e in ringraziamento
per la liberazione della città dagli
ucraini e bolscevichi costruirono
una grande chiesa e le diedero il no-
me della Madre di Dio della Porta
Est. Una chiesa davvero monumen-
tale. A lato c'è un campanile molto
alto e un edificio che adesso ospita
quattro famiglie. La chiesa in segui-
to passò in mano ai salesiani polac-
chi. Dopo l'invasione stalinista, fu
confiscata e adibita a magazzino di
libri e per questo fu fornita di siste-
ma di riscaldamento per salvaguar-
dare i libri. Per questo motivo que-
sta chiesa, a differenza di molte al-
tre dell'Ucraina, rovinate da uso
improprio, si è conservata molto
bene. Siccome era in alto e domina-
va tutto l'intorno, i comunisti
l'hanno circondata di alberi e la
gente quasi non sapeva che lì ci fos-
se una chiesa. Quando un anno e
mezzo fa gli ortodossi volevano ap-
propriarsela per il culto, monsignor
Andrea Sapelak, vescovo salesiano
in Argentina, si è fatto avanti e ha
chiesto che la chiesa fosse restituita
ai salesiani ucraini. Le pratiche an-
darono per le lunghe, ma nonostan-
te ciò, i fedeli cominciarono a riu-
1 GIUGNO 1992 11

2.2 Page 12

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IN LIBRERIA - - - " " "
MAMMA MARGHERITA
La madre di Don .Bosco
ALDO FANTOZZI
Pagine 224, Lire 20.000
Ampia biografia di Margherita
Occhiena · (1788-1856), rico-
struita sui documenti storici che
ci sono pervenuti.
Mamma coraggiosa e saggia,
vedova a 29 anni, educa cristia-
namente i suoi tre figli, e segue
con particolare amore Giovan-
ni, aiutandolo prima a raggiun-
gere il sacerdozio e poi nella
sua missione tra i giovani poveri
e abbandonati di Torino.
Illetterata, ma piena di quella
sapienza «che viene dall'alto» ,
resterà per sempre un modello
di mamma che mette Dio prima
di ogni altra cosa terrena e con-
suma se stessa, in una vita di
povertà e di sacrificio, per aiuta-
re il figlio, san Giovanni Bosco,
a realizzare nella sua vita i piani
di Dio.
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91 .091
c/c Postale 8128
12 - 1 GIUGNO 1992
nirsi per la messa davanti alla chi~sa
chiusa. Il direttore del ''magazzmo
dei libri" era un uomo cocciuto e
non voleva sentir parlare di spostar-
si altrove. Poich~ mons. Sapelak
doveva partire per l'Argentina, la-
sciò suo fratello, don Basilio ap-
punto, che con l'aiuto dei fedeli riu- .
scì a ottenere dalle autorità locali le
chiavi della chiesa. Rimaneva anco-
ra ii problema del direttore, che ~~n
voleva trasferirsi. Ma don Bas1ho
escogitò una specie di blitz con
l'aiuto di una ventina di fedeli. Con
il permesso delle autorità i libri fu-
rono trasferiti all'aperto e il diretto-
re ·si decise a farli portare altrove.
Furono poi tagliati gli alberi che im-
pedivano alla chiesa di essere vista
da quelli che passavano e ci si sba-
razzò di un carro armato che stava
su un piedistallo proprio davanti al-
la chiesa. Se lo portò via l'esercito.
Adesso sarebbe bello collocare su
quel piedistallo una grande statua
della Madonna con ai suo,i piedi
Don Bosco attorniato dai giovani.
Il nuovo corso in Ucraina:
euforia e preoccupazione.
Don Basilio, che fortunatamente
insegnava presso il più grande isti-
tuto d'arte di Leopoli, trovò facile
aiuto per i restauri della chiesa. Il
nostro cardinale, sua eminenza My-
roslav Lubachivski, che risiede a
Leopoli, volle subito erigere la chie-
sa a parrocchia e volle come parro-
co don Basilio. Don Basilio oggi è il
solo prete per una parrocchia di
65.000 fedeli. Non lontano c'è una
chiesa ortodossa e occorrerà trovare
un'intesa con quel parroco, perché
da quando è venuto don Basilio, più
della metà dei fedeli preferisce la
sua chiesa.
.
La benedizione della chiesa av-
venne il 14 ottobre scorso. Qui, se-
condo il calendario giuliano, è la fe-
sta della Madonna Pokrov (il corri-
spondente ucraino al nome Maria
Aiuto dei Cristiani).
a Leopoli la nostra chiesa è diventa-
ta un centro dove i giovani vengono
volentieri. Molti hanno già chiesto
di diventare salesiani. Don Basilio
ha aperto le porte a una decina di
loro, che ora fanno con lui il preno-
viziato. Invece due giovani ucraini
stanno facendo il noviziato in Ita-
lia. Se fossimo di più, e avessimo la
possibilità di organizzarci, certa-
mente le vocazioni salesiane sareb-
bero molto più numerose. Ma è me-
glio procedere senza troppa fretta e
con una certa cautela. Peccato che
non vi siano ancora delle suore sale-
siane, perché la mietitur_a sarebbe
grande. Non c'è infatti nessuna
congregazione femminile che si oc-
cupi dei giovani.
Ormai però abbiamo rimesso pie-
de nella nostra patria. E anche se il
lavoro è molto vasto e manchiamo
Prospettive entusiasmanti
di tante risorse, siamo certi che non
ci mancherà la solidarietà della Fa-
Dopo pranzo siamo andati a Vin-
niki a una decina di chilometri da
Leo~oli, dove c'è un terreno di due
ettari con una piccola chiesuola, che
le autorità vorrebbero consegnare ai
salesiani. Qui potremmo costruire
un noviziato per preparare i nuovi
miglia Salesiana. La nostra comuni-
tà cristiana ha bisogno di sussidi pa-
storali e gli edifici necessitano di re-
stauro . Per non parlare dei progetti
sul noviziato, che spalancherebbe le
porte ai giovani e garantirebbe il fu-
turo salesiano dell'Ucraina.
salesiani. Da quando don Basilio è
Eugenio Nebesniak

2.3 Page 13

▲back to top
di Nicola Palmisano
BREVI
DOPO LA TERZA MEDIA
Il Corriere della Sera ha riferito i ri-
sultati di ·un'indagine condotta dalla
Regione Lombardia tra cinquemila
ragazzi giunti al termine della scuo-
la dell'obbligo. Sondaggio autorevo-
le per chi l'ha condotto, ma anche
per il numero alto di ragazzi interpel-
lati. Campione "sicuro", risponden-
te ~i criteri di scientificità, e quindi
da prender sul serio. Gli esperti han-
no chiesto ai ragazzi che terminava-
no la terza media quale lavoro desi-
de_ravano fare da grandi.
I A volte i ragazzi sanno
essere concreti e autonomi.
RISPOSTE SORPRENDENTI. Le
risposte sono state davvero sor-
prendenti. Al vertice delle preferen-
ze c'è un posto da meccanico per i
ragazzi e uno da parrucchiera per le
ragazze. I ragazzi non sognano qua-
si nessuna delle professioni presen-
tate dai mass-media come attuali e
prestigiose. Puntano concretamen-
te per il loro futuro professionale a
mestieri semplici, quasi umili. Certo
non a quelli che danno lustro e intro-
ducono in quella brillante società
presentata da tanti spot pubblicitari
e da tanti serial televisivi.
Sono dati certamente non genera-
lizzabili, e non estensibili ai ragazzi
dell'intero territorio nazionale, per-
ché in altri contesti si otterrebbero
probabilmente risultati diversi. Mo-
strano comunque quanto siano a
volte vane e superficiali le congettu-
re degli esperti.
I ragazzi, che sono certamente
molto attratti dal fascino delle novità
scintillanti e superficiali, in quell'in-
dagine dimostrano che nelle scelte
vitali possono essere abbastanza
concreti, critici e autonomi.
A LEZIONE DAI NOSTRI RA-
GAZZI. Di fronte al sorprendente
buon senso di quelle risposte dei ra-
gazzi lombardi, noi adulti, genitori
ed educatori, portati a ritenerci ma-
turi e a farci maestri - e che tuttavia
molto spesso nell'orientarli non sap-
piamo che fare - dovremmo forse
lasciarci un poco educare da loro.
La relazione educativa infatti di-
venta giusta qu~ndo viene vissuta
dinamicamente. E stato co~ì nel rap-
porto tra Don Bosco e Domenico Sa-
vio, che ha trascorso a Valdocco gli
anni della sua preadolescenza. Don
Giovanni Francesia, suo insegnan-
te, ha testimoniato: «Un giorno mi
trovai vicino a Don Bosco che parla-
va con Domenico Savio.
Mi stupii nel vedere lui, che pen-
savo timido, parlare mettendo le
mani sui fianchi, e dire a Don Bosco
con aria tutta seria: "Queste cose
non si devono tollerare all'Orato-
rio". Don Bosco diceva: "Guarda,
faremo, abbi pazienza". E Dqmeni-
co, insistendo, replicava: "E uno
scandalo, e non si può tollerare".
Era la prima volta che io sentivo Do-
menico parlare quasi con autorità a
Don Bosco».
Ha scritto il più grande poeta liba-
nese: «I vostri figli non sono i vostri
figli. Essi non vengono da voi, ma
attraverso di voi. Potete amarli, ma
non costringerli ai vostri pensieri e
farli simili a voi».
Don Bosco ha accettato la lezione
di Domenico. Perché a volte i ragaz-
zi sono migliori di noi.
GRAN BRETAGNA. Anche i bambini
non credenti o di altra fede religiosa de-
vono avere libero accesso alle scuole
cattoliche e le loro opinioni devono es-
sere rispettate. Lo ha detto il Papa par-
lando ai vescovi cattolici della provincia
di Liverpool, regione dove sono nume-
rose le scuole cattolich_e. «I loro genito-
ri», ha detto Giovanni Paolo II, «li
mandano in queste scuole fiduciosi che
l'integrità della coscienza dei loro bam-
bini savà rispettata». Questo rispetto
tuttavia, ha precisato il Papa, non deve
alterare l'identità .di una scuola catto-
lica.
BRASILE. Per introdurre solennemen-
te la causa di canonizzazione del vesco-
vo salesiano mons. Antonio de Almeida
Lustosa, nella cattedrale di Fortaleza si
è tenut.a una concelebrazione presieduta
dal cardinale arcivescovo Aloisio Lor-
scheider. Mons. Lustosa è una figura
conosciuta e amata dai brasiliani. Arci-
vescovo di Fortaleza per 22 anni, si di-
stinse per lo zelo e una santità semplice
e attraente.
BONN. Oltre 400 giovani europei negli
ultimi anni hanno già fatto una espe-
rienza estiva di volontariato missionario
nelle strutture salesiane e 60 l'hanno
realizzata per un tempo più lungo. È il
dato emerso nella riunione di Bonn
(Germania) a cui hanno partecipato i
maggiori responsabili del settore. Sono
stati esaminati i problemi giuridici, or-
ganizzativi e formativi connessi all'e-
sperienza del volontariato missionario
internazionale dei laici che appare co-
stantemente in crescita.
RAVENNA. Dopo quasi 50 anni, i sale-
siani un anno fa hanno lasciato la par-
rocchia di santa Maria in Porto. Punto
di riferimento per la pastorale giovanile
e vocazionale, la parrocchia ha dato ne-
gli ultimi dieci anni il 20 per cento dei
sacerdoti ordinati in diocesi e parecchie
vocazioni femminili. La gente però non
si è dimenticata di·Don Bosco e vuole
celebrare con la consueta solennità le fe-
ste salesiane. In occasione del 31 gen-
naio, per esempio, la festa di Don Bo-
sco è stata solennizzata con la messa
animata dai giovani e un festoso incon-
tro popolare nel teatrino, accompagna-
to da una allegra cenetta.
1 GIUGNO 1992 13

2.4 Page 14

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ATTUALITÀ
DIARIO
DI UNA SCUOLA
DI BORGATA
Al termine di un anno
scolastico, raccogliamo
gli appunti di classe di
una professoressa.
I molti compiti della
scuola nei confronfi di
chi vive situazioni
complesse e difficili.
di Giuseppina Cudemo
F ràncesca, i capelli arruffati
strettissimi in un codino in ci-
ma alla testa, è una bambina micro-
scopica di 10 anni. Appena arrivo,
mi blocca sulla porta della classe.
Con una mano regge il diario, con
l'altra tira giù la minigonna strech,
che le sale da tutte le parti sulle
gambe grassocce. «Perché la mini-
gonna con questo freddo?», le chie-
do preoccupata e un po' intenerita
per quella ''mise'' così poco adatta.
«Lascia sta' . Oggi c'era storia? lo
non ho fatto i compiti. Non so per-
ché, ma sul diario non c'è scritto
niente». E mi mostra la pagina can-
dida, su cui campeggia la foto di
Eros Ramazzotti. Conosco il suo
gioco e mi mostro decisa: «Chi
avrebbe dovuto scrivere i compiti
sul tuo diario?», le chiedo, guar-
Le fotografie sono della scuola
media romana " Villoresi" e non
hanno alcun riferimento al
contenuto dell'articolo.
14 - 1 GIUGNO 1992
I In alto e sotto, allievi di una scuola media. Al termine di un anno
scolastico i docenti si interrogano sui frutti della loro professionalità
· e dedizione, (Foto F. Marzi).
dandola fissa. E lei senza spaventar-
si: «Io. Ma se non li ho scritti, si ve-
de che non ti ho sentito. Scrivo sem-
pre tutto» . E se ne torna al banco,
pacificata. Per ora lascio perdere e
decido che poi le parlerò. Dopo
Francesca, inizia la fila dei que-
stuanti: ognuno ha una ragione se-
ria, qualche volta drammatica, per
non aver studiato. Li ascolto, ri-
chiamandoli ai loro doveri. Loro
promettono che non succederà più,
che da oggi studieranno sempre
"perché vogliono prendere un bel
voto" (testuali parole). Domani, lo
so, saranno daccapo. Nel frattempo
è arrivato Alfredo, il bambino por-
tatore di handicap, e decide di non
entrare. È arrabbiatissimo con sua
madre e perciò è arrabbiatissimo
con me, con l'insegnante di soste-
gno, con la scuola, con il mondo.
Alfredo ha gravi problemi psicomo-
tori, che gli causano notevoli diffi-
coltà di apprendimento. Non accet-
ta la sua situazione ed è pericolosa-

2.5 Page 15

▲back to top
----------BS-
gnante di sostegno : "handicap lie-
ve", hanno diagnosticato. Antonel-
la spesso non capisce ciò che si dice,
è come assonnata, fa fatica a segui-
re le lezioni. Ma ha un "handicap
lieve", secondo gli addetti ai lavori.
Mentre in classe c'è confusione,
si cerca il suo astuccio. Tutti negano
di averglielo nascosto. Intanto suo-
na la campanella che annuncia la fi-
ne dell'ora. Sono riuscita solo a far
tirare fuori il libro di Storia. Per
fortuna in questa classe a tempo
prolungato, ho diciotto ore settima-
nali d'insegnamento e conto di re-
cuperare il tempo perduto nei preli-
minari. Non si perde tempo se si en-
tra, si lanciano quattro urli e li si
mette in ordine. Qualche volta lo
faccio. Ma il rapporto con loro si
incrina.
mente aggressivo. Non vuole essere
rimproverato e - se lo si fa - ri-
sponde bofonchiando insulti e ma-
ledizioni. Ha un enorme bisogno di
affetto.
Prende a calci la porta. Qualche
compagno di buona volontà gli si
avvicina convincendolo ad entrare.
Alfredo, per tutta risposta, allunga
sberle che atterrerebbero un gigan-
te. Mi avvicino a lui per sapere qual
è il suo problema, ma Alfredo parla
malissimo, specie se è incavolato .
Faccio finta di aver capito, gli dico
che tutto si aggiusterà e lo faccio
mettere seduto. Nel frattempo, pe-
, ad Antonella è sparito l'astuccio
e piange. Antonella ha una malattia
nervosa, che la costringe a prendere
farmaci potenti, e per questo ha i ri-
flessi notevolmente rallentati: per
dire una cosa ci mette dieci minuti.
Qualche compagno la prende in gi-
ro per questo, malgrado noi inse-
gnanti ci stiamo battendo perché la
classe impari ad accettare i compa-
gni in difficoltà. Antonella, inoltre,
sta sempre vicino alla cattedra, se
non ha problemi se li inventa, pur di
avere la mia attenzione. È molto bi-
sognosa di affetto e di rapporto
umano, ma. mi è impossibile dedi-
carle tutto il tempo che lei vorrebbe.
Anche gli altri hanno diritto ad es-
sere ascoltati. A lei è stato ricono-
sciuto l'handicap, ma non l'inse-
Ognuno ha la sua storia
Li guardo uno ad uno. Antonio
ha il padre che esce ed entra dalla
galera, è un bambino intelligente,
ma non accetta alcuna regola. Inol-
tre ho saputo che i suoi si stanno se-
parando fra liti inimmaginabili. Lui
è aggressivo, ha l'atteggiamento del
"bullo", non accetta di essere .rim-
proverato, risponde male. È già sta-
to mandato dal preside con note di-
sciplinari.
Enrico ha una situazione familia-
re paurosa. Ho parlato con la psico-
loga: la madre lo accompagna a gio-
care a pallone ed è lei che litiga con
i compagni, spiandone i giochi an-
che dalla finestra. Inoltre lo fa dor-
mire con sé. Il padre è praticamente
assente, pensa solo al lavoro. Su
tutti comanda la nonna di 80 anni.
Enrico è un bambino disturbato: è
felice se gli altri lo maltrattano, è fe-
lice di creare disordine, di interrom-
pere, di provocare rispostacce. Il
suo masochismo è evidente e fa
paura. Parla spesso di sesso.
Francesca, la bimba della mini-
gonna, coglie ogni pretesto per stare
vicino a me, mi sfiora una spalla. Si
sente molto sola. Ieri aveva gli occhi
lucidi. Approfittando della presen-
za di una collega, sono uscita con lei
in corridoio e è sbottata a piange-
re: «Io e mio fratello stiamo sempre
per la strada e torniamo la sera.
Tanto a cas3: che ci vado a fare?».
IN LIBRERIA - - - - - .
RACCONTI PER LE
ELEMENTARI
Sua maestà il leone.
Il cavallo della carrozzella
Filmina 9.500. Diapositive 23.000.
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Filugello Filarello
Filmina 9.500. Diapositive 23.000.
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Il canguro e la cavalletta.
Il purosangue e il somaro
Filmina 9.000. Diapositive 18.000.
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Il pinguino «Solosolo»
Filmina 9.000. Diapositive 18.000.
Cassetta 8.500.
Lo stagno e le oche.
Il ragno distratto
Filmina 9.000. Diaposi_tive 18.000.
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Erano due sassolini azzurri
Filmina 9.000. Diapositive 18.000.
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La città rifiorirà
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L'albero brontolone.
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Filippo con l'arcobaleno in tasca
Se impariamo a scoprire quanto
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1 GIUGNO 1992 - 15

2.6 Page 16

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Un'umanità segnata dall'emargina-
zione. Lavori spesso saltuari, lavo-
ro nero, qualche volta incarichi ai
limiti della legge. Sembra strano co-
me molti di questi ragazzi abbiano
sempre denaro in tasca e roba grif-
fata. I loro genitori si accontentano
di vivere ammucchiati in casa, ma
appena prendono la paga soddisfa-
no i capricci dei figli , forse spinti da
oscuri sensi di colpa.
Questi bambini si assomigliano
tutti: orecchino e creste di capelli in
cima alla testa, lucida di gel. Hanno
tutti il compùter e i videogames,
spesso però chiedono che la scuola
i compri per loro i libri di testo . Han-
? no il videoregistratore e le cassette,
~ e vivono davanti alla TV. Ieri, alla
I Così Ro Mercenaro ironizza
sulla difficile interpretazione
dei giudizi scolastici.
mensa, uno mi ha detto: «Mia non-
na "ha fatto" un incidente. Deve
prendere 36 milioni. Con un milio-
ne mi compra il motorino ». Non
Loro (i genitori) ritornano tardi hanno stimoli culturali di alcun ge-
perché non vogliono incontrarsi. Si nere. Il pomeriggio interessarli a
sono già separati una volta per fare qualche attività è un'impresa im-
una prova. «Tu con chi vorresti sta- probabile: della scuola hanno un'i-
re? », le chiedo. «Con papà. Papà dea balorda, come di un luogo dove
mi capisce di più. Mamma è rigida, quello che si fa è, comunque, ''uno
è testimone di Geova. Mi conta i strazio". Sono demotivati e hanno
minuti, quando esco».
poca fiducia in se stessi. Siamo però
Preferisce il padre perché le riusciti a mettere insieme uno spet-
più libertà. Ma ama molto sua ma- tacolino per Natale, con tanto di in-
dre. Ha detto che alla festicciola che vito ai genitori, programma e rin-
faremo in classe, lei non verrà se fresco . Noi insegnanti ci abbiamo
non viene anche la mamma. «Glie- lavorato con loro per due mesi. È
l'ho detto chiaro e tondo: a chi lo un collage di mimo, recitazione e
do il regalo, ad un'altra persona?». canto. Una cosa graziosa, vivace. È
E sorride, stringendo gli occhi: «Mi riuscita bene, i genitori c'erano qua-
ha promesso che verrà anche se i te- si tutti, anche la mamma di France-
stimoni di Geova alle feste non ci sca. E sono andati via contenti.
dovrebbero andare».
Ora !).Oi e i ragazzi saremo in va-
Gli altri sono ragazzi con famiglie canza e la scuola chiuderà. Penso a
normali, che risentono però della quelli di loro che rimangono soli
violenza che li circonda ed hanno tutto il giorno, o per le strade, per-
spesso manifestazioni di aggressivi- ché i genitori lavorano fino a sera.
tà. Questo, a ridosso della Via Col-
latina, a un. tiro di schioppo dal
mattatoio comunale, doveva essere
un quartiere modello ed è diventato
Trasmettere valori positivi
un ghetto. Sorge, vicino alla scuola, Sui problemi che emergono da
una cintura di palazzi collegati fra questi appunti si potrebbero fare
loro da viottoli e gallerie. C'è anche lunghe dissertazioni pedagogiche.
una biblioteca, ma nei pomeriggi La realtà, però, merita un atteggia-
d'inverno è pericoloso andarci, per- mento non solo teorico. Su di essa,
ché sotto la galleria c'è sempre qual- noi insegnanti, cerchiamo di agire
che drogato che, con il favore del per tentare di renderla migliore, in
buio, approfitta per farsi una dose. essa cerchiamo di vivere costruttiva-
I palazzi sono altissimi: centinaia di mente, mettendo a frutto esperien-
appartamenti, per lo più abitati da za, professionalità, preparazione e
ex baraccati e gente immigrata. intuito. Molte volte, però, tutto
16 - 1 GIUGNO 1992
questo non basta. Le problematiche
che alcuni ragazzi vivono sono com-
plesse e difficili: profondo disagio
psicologico nel rapporto con gli al-
tri, sfiducia verso l'adulto e le istitu-
zioni (come la scuola), assenza di
modelli a cui ispirarsi. Dietro di lo-
ro c'è spesso una famiglia divisa, o
comunque, in crisi, che non offre
quella stabilità e quell'appoggio ne-
cessari alla crescita di un pre-
adolescente. Altre volte, a fronte di
una certa unione familiare, si collo-
ca un'assenza di valori o una crisi di
essi, per cui i ragazzi ricevono esem-
pi di frenetica corsa al denaro, culto
dell'immagine, cultura dell'effime-
ro. C'è poi il problema gravissimo
della droga, che circola ormai dap-
pertutto.
Cosa può fare la scuola di fronte
a queste situazioni, che denotano
un profondo disagio esistenziale?
Può fare, al meglio, ciò che già fa:
promuovere una cultura che affran-
chi i ragazzi dalla schiavitù dell'i-
gnoranza e dell'emarginazione so-
ciale. Può offrire spazi sicuri, in cui
i ragazzi si confrontino con gli adul-
ti e fra di loro, certi di essere ascol-
tati e capiti. Può trasmettere valori
positivi ed educare alla pace. Tutto
ciò, però, ·non è facile. Molte volte,
infatti, ciò che la scuola cerca di co-
struire, viene minato nelle fonda-
menta dagli esempi negativi che ira-
gazzi ricevono dall'ambiente ester-
no. La loro fragilità ed immaturità,
infatti, spesso li porta a non saper
discernere per poter formulare un
giudizio di valore e scegliere il me-
glio. Eppure, malgrado il degrado
sociale nel quale alcuni di loro vivo-
no, la realtà scolastica, per quanto
imperfetta, rimane l'unica alternati-
va positiva alla quale attingere sicu-
rezza e fiducia.
Per questo, e per molte altre ra-
gioni ancora, noi andiamo avanti.
Anche quando la nostra voce ci
sembra inascoltata, anche quando
tutto sembra restare immutato e la
frustrazione ci sommerge, come
unica ricompensa di giornate pesan-
ti di fatica e vuote di gratificazione.
Perché siamo ancora convinti che,
comunque vadano le cose intorno a
noi, aiutare un ragazzo a crescere
non sia mai inutile.
Giuseppina Coderno

2.7 Page 17

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NOVE "SATELLITI"
PER IL KENYA
«Cosa? Ma che cosa volete dire
quando parlate di satelliti? ...». Il rap-
presentante del governo belga guar-
dava con curiosità e forse con un
pizzico di sospetto padre McFerran,
. seduto di fronte a lui, con la faccia
più placida di questo mondo.
" Quando parliamo di satelliti, inten-
diamo... ". E il piccolo e mite padre
McFerran cercò di spiegarsi. L'idea
era geniale. I salesiani hanno in Ke-
nya, a Nairobi e a Embu, due centri
professionali altamente attrezzati,
ed un terzo in via di formazione a
Makuyu. Ma oltrè ai 460 fortunati al-
lievi che nei due centri possono im-
parare un mestiere, sono decine di
migliaia i giovani in cerca di una
qualche istruzione tecnica che li
metta in grado di guadagnarsi da vi-
vere.
C'ERA UNA VOLTA LA TERRA
DELLA TRIBÙ. Una volta non era
così. C'era la terra della tribù. E ogni
giovane aveva la certezza di riceve-
re un pezzo di terra per metterci su
la sua capanna e viverci con la sua
famiglia. Ma ora la terra coltivabile,
molto limitata, è stata divisa e suddi-
visa, e i giovani non hanno prospet-
tive di futuro se non hanno in mano
un diploma o un mestiere. Ecco per-
ciò l'urgenza di moltiplicare i centri
tecnici. Centri tecnici ampiamente
attrezzati come quelli di Karen e
Embu sono però costosi. Ma si pos-
sono organizzare piccoli e modesti
centri di addestramento in zone più
periferiche, dipendenti dal centro-
madre, con la collaborazione di
istruttori scelti tra exallievi. Ecco, in
breve, l'idea originale di padre
McFerran, il piccolo salesiano irlan-
dese, che chiamò questi centri "sa-
telliti".
Oggi questi "satelliti" sono già
una realtà. Nove di essi sono già in
orbita a Kiserian, Dagoretti Corner,
Kibera, Mukuru, Tinsanga, Kirie,
Kangeta, Mashamba, Gachoka. I
primi cinque dipendono dal centro
professionale di Nairobi-Karen, gli
altri quattro dal centro di Embu. L'ul-
timo di questi, quello di Gachoka, è
A Nairobi-Karen e a Embu si mol-
tiplicano i piccoli centri professio-
nali, ma il problema scottante ri-
mane la nascita della piccola in-
dustria a servizio dei giovani lo-
cali.
'
Centro professionale
di Embu (Kenya).
un satellite piuttosto speciale. Reso
possibile dalla generosità di due be-
nefattori, è piuttosto una piccola
cooperativa di lavoro per exallievi. E
così altri 250 giovani possono esse-
re avviati all'apprendimento di un
mestiere in questi "satelliti", che
naturalmente sono modestissimi
centri professionali senza complica-
te esigenze tecniche, ma alla porta-
ta di tutti.
A Nairobi questi giovani sono se-
guiti da un salesiano, padre Thomas
Punchekunnel, e a Embu da due
exallievi, l' inglese Brendan Hasset e
il maltese Louis De Bono. Qualche
volta all'anno sono invitati nel
centro-madre per familiarizzare tra
di loro. Così è avvenuto a Karen per
la festa di Don Bosco, e a Embu il 27
marzo per la preparazione della Pa-
squa. Gli incontri sono seguiti dalla
tradizionale allegria salesiana, da
competizioni sportive, oltre che dal-
la parte formativa.
IL SATELLITE CHE NON ENTRA
IN ORBITA. Ma come fare a trovare
lavoro per le centinaia di giovani che
ogni anno escono da questi centr.i,
alcuni dei quali (quello di Embu, per
esempio) con un corso quadrienna-
le danno veramente una solida base
tecnica? Non c'è altro da fare che
organizzare delle piccole cooperati-
ve di produzione; si tratta in pratica
di far nascere la piccola industria
che assorbe la mano d'opera. Que-
sti "satelliti" di produzione della pic-
cola industria, andrebbero messi in
orbita da volenterosi anche se mo-
desti imprenditori lai.ci della famiglia
salesiana. Ma la vocazione del "pic-
colo imprenditore laico salesiano"
non è ancora neppure presa in con-
siderazione, eppure qui è di urgente
attualità, perché è anche legata al
fenomeno dei flussi migratori. Biso-
gna trovare lavoro ai giovani africani
qui sul posto. Altrimenti si sfalda tut-
ta la realtà sociale che andiamo co-
struendo e scompaiono i paesi. Ca-
pitale d'inizio, competenza tecnica,
mano d'opera addestrata: ecco i tre
gradini del successo economico. Il
cooperatore laico dovrebbe mettere
le prime due cose, lasciando al sale-
siano l'addestramento tecnico.
Noi abbiamo adde·strato centinaia
di giovani, ma per mancanza delle
condizioni basilari citate, non abbia-
mo ottenuto i risultati sperati. E dire,
tanto per fare un esempio, che solo
a Embu abbiamo una modesta ma
sufficiente attrezzatura per I' insca-
tolamento dei prodotti vegetali e per
la panificazione, ma non troviamo
chi si assuma in proprio la gestione
di queste due piccole imprese eco- ·
nomiche che darebbero lavoro a va-
ri exallievi. Se qualcuno se la sente
di venire tra noi per fare questo lavo-
ro, noi siamo disponibili.
Vincenzo Donati
Sa/esians of Don Bosco
P.O. Box 1121 - Embu (Kenya)
1 GIUGNO 1992 - 17

2.8 Page 18

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REPORTAGE
~EREMO
DI SAN BIAGIO
di Margherita Dal Lago
La comunità delle Figlie
di Maria Ausiliatrice di
Subiaco. Da dieci anni è
diventata per molti
giovani un punto di
riferimento per una
esperienza di
contemplazione.
A rrivando su dal viottolo, an-
che con il fiato corto, si può
sentire spes~o l'eco del vento tra gli
ulivi scarni sul dorso del monte.
L'eremo di San Biagio non si ve-
de da lontano: sbuca fuori all'im-
18 · 1 GIUGNO 1992
provviso. È una piccola casa a ri-
dosso di una chiesetta. Sono ormai
dieci anni che una comunità stabile
di Figlie di Maria Ausiliatrice abita
sul monte ed è per molti giovani co-
me "una luce posta in alto".
Non c'è nulla di' straordinario
nella vita quotidiana: le cose che
toccano ogni vocazione salesiana.
Ci si interessa dei giovani, ci si inte-
ressa dell'evangelizzazione. Ma col-
pisce il "modo" con cui si sgranano
le giornate. Abituati come siamo a
vedere le Figlie di Maria Ausiliatrice
in mezzo ai giovani in cortile, in au-
la, in un ritmo di attività piuttosto
frenetico, si resta un poco sorpresi
nel vedere questa comunità che è,
prevalentemente, dedita a una vita
quasi contemplativa.
Le nuove domande
C'è un diffuso ritorno all'esigen-
za di pace. Lo dicono molti dei gio-
vani che, il sabato e la domenica,
soprattutto, arrivano all'eremo an-
che da lontano. «Parlaci di Dio»,
dicono. «Abbiamo bisogno di altro.
La città ci ha creato dentro il
vuoto».
Suor Maria Pia Giudici che è l'a-
nima degli incontri di preghiera gui-
da con fermezza i giovani alla sco-
perta della Parola di Dio.
Si può dire che, di lontano, si sen-
te il "respiro" della Parola medita-
ta, cantata, condivisa.
I giovani ci stanno. La lectio divi-
na diventa anche per loro un pane
abituale, una misura di giudizio, un

2.9 Page 19

▲back to top
----------BS-
S. Biagio (Subiaco). Occasione di
scoperta e di riflessione.
termine di confronto . È il tempo del
silenzio e del riposo che conforta il
cuore e dà il coraggio di ricomincia-
re il tran-tran di tutti i giorni. La
Parola di Dio è, qui a San Biagio,
sulla mensa per tutti: giovani e no;
già educati alla fede o in crisi. Alla
mensa della Parola e del pane si ri-
legge la vita e si impara ad amarla,
fino in fondo.
I mille perché
Si può guardare con un pizzico di
scetticismo un'opera contemplati-
va. Se non si crede alla forza di ra-
dicalità della Parola di Dio si conti-
nua a non capire. Tuttavia, dialo-
gando con suor Maria Pia, i perché
trovano una risposta. Ci vuole un
cuore semplice per accostarsi a Dio:
lo si vede dalla trasparenza della vi-
ta, quassù. Poca televisione e "mol-
te immagini" dal vero. Una natura
intatta che trasmette pace. Un cielo
grande. Un silenzio che incanta.
È così: nel ritmo del giorno che si
imparano le cose che contano. Si
può fare a meno di molte cose, an-
che comode. Si accosta il mondo del
lavoro manuale, che stanca, a volte,
ma dà il senso dell'operosità tran-
quilla di chi si fida della Provviden-
za. Si sperimenta la comunione' del-
1' anima, che è qualcosa di più delle
chiacchiere salottiere che riempiono
molti pomeriggi.
È così: lontani dagli schemi, si ri-
torna nella interiorità di sé per farvi
risuonare, continuamente, l'eco di
una Presenza.
Si ritorna poi a valle. Bisogna
tornarci, dice una canzone . Si ritor-
na con il cuore buono e con qualche
inafferrabile certezza.
San Biagio non ha ricette per la
disperazione e la sofferenza dell'uo-
mo, ma sa di rispondere alla do-
manda di senso che abita i giovani.
IL FORTE DI SANTA CHIARA
di Elvira Bianco
Un'esperienza di
spiritualità in un ex forte
militare a 1500 metri di
altezza. Il silenzio che
conquista i giovani e
trasforma la loro vita.
I n Val di Susa, a 1513 metri di al-
tezza, sopra Giaglione. Il Mon-
cenisio e le zone limitrofe hanno
sempre avuto una rilevante impor-
tanza strategica. Presidiarli signifi-
cava controllare uno dei principali
valichi tra l'Italia e la Francia. La
casamatta in tempo abbastanza re-
cente poteva ospitare fino a 800 sol-
dati. Il forte di Santa Chiara fu si-
curamente usato soprattutto come
magazzino per i pezzi di artiglieria.
Cosi ancora nella seconda guerra
mondiale. Nel dopoguerra, dagli
anni cinquanta, cominciarono ad
arrivare a gruppi i ragazzi dell'ora-
torio di Valdocco per trascorrervi le
vacanze estive. Solo nell'agosto del
1979 l'allora dire~tore di Radio
Incontri-Proposta don Domenico
Rosso vi condusse i suoi giovani
collaboratori per un periodo di re-
lax e di riflessione. L'anno dopo
questa esperienza si trasformò in un
progetto organico di "settimane di
spiritualità".
In dieci anni il forte ha smesso gli
austeri panni del ridotto militare ed
è diventato un luogo accogliente e
funzionale. Ogni anno, da luglio a
settembre vi sono passati oltre 200
giovani.
Tempo di deserto
La ricetta di Santa Chiara ha in-
gredienti semplici: solo preghiera e
vita comuniti,Jria. Lasciati a casa te-
L'esperienza di Santa Chiara
si rinnova a ogni estate.
1 GIUGNO 1992 19

2.10 Page 20

▲back to top
lefono e TV, qui si porta tutto il re-
sto, comprese le paure. La vita al
forte comincia con un paio di can-
.zoni e con la recita di Lodi. Dopo la
colazione e le pulizie, il prete intro-
duce al grande silenzio. È il momen-
to più atteso. Due ore da dedicare
interamente a Dio nelle quali non si
fa niente di speciale. «Col deserto ci
si mette con il cuore aperto di fronte
all'amore di Dio», dice Barbara.
Poi il tempo del pranzo e della ri-
creazione, la revisione di vita e l'Eu-
caristia serale. Il tutto culmina nel
deserto del giovedì: sette ore di si-
lenzio possono sembrare una paz-
zia, invece sono un soffio. Un'av-
ventura che qualcuno non esita a
definire "l'esperienza più bella del-
la mia vita".
«In questi anni al forte sono ma-
turate dieci vocazioni religiose, dice
don Domenico Rosso, cinque ma-
schili e cinque femminili, sia di vita
attiva che contemplativa. Senza
contare il ritorno al cristianesimo di
molti ragazzi saliti lassù perché
"contagiati" da qualche amico.
Senza contare la nascita di alcune ·
coppie felicemente sposate».
-.. ·" ~- : _:..... ...:.
~- :~:.:_-- ~ ~"::°,.;::-,••
··
Tante storie diverse
«A Santa Chiara mi portò un
amico. Non avevo studiato in scuo-
le cattoliche e non frequentavo
gruppi parrocchiali. A dirla tutta,
non ero neppure sicuro di avere la
fede. Timoroso e diffidente, sospet-
tavo di imbattermi in persone noio-
se, immaginavo lunghe giornate
vuote. Non trovai nulla di tutto
questo» (Riccardo).
«Ero andata a Santa Chiara per
caso, invitata da un'arnica. Ho tro-
vato la gente cordiale, ma mi erano
del tutto nuovi i momenti di pre-
ghiera e il silenzio. Al secondo gior-
no cominciai ad andare in ansia e
decisi di ripartire. Don Rosso mi ca-
pì, ma mi lanciò una sfida: "Non ri-
fiutare niente a priori, prova a coin-
volgerti; se proprio non riesci, allo-
ra parti". Così feci e il Signore era
là ad attendermi. Fui conquistata
da un mondo prima di allora total-
mente estraneo. Unico rammarico,
non potermi comunicare, dato che,
nonostante i miei 22 anni, non ave-
vo ancora fatto la Prima Comunio-
ne. Così alla Festa dell'Assunta feci
20 - 1 GIUGNO 1992
I Nelle foto, la vita al forte di Santa Chiara. Un clima di gioiosa vita comune
e di forte spiritualità: silenzio e preghiera, per incontrare Dio.
la Prima Comunione. Con la netta
sensazione che a combinare tutta
questa faccenda fosse stata lei, Ma-
ria, la Madre di Gesù» (Stella).
«Santa Chiara è stata per me la
scuola dove ho imparato a stare con
me stessa e l'eremo dove nel silenzio
delle cose ho incontrato Dio. Tra i
boschi di quella valle Dio mi ha gui-
data, ha cambiato il mio disorienta-
mento, mi ha dato il coraggio di
"andare", ha cambiato i miei dubbi
di sempre nella certezza del radicale
amore di Dio per me» (Elisabetta).
«Ero nuovamente in crisi, mi sta-
vo chiedendo che cosa fare della
mia vita e non trovavo risposte, o
meglio non volevo sentirle... e ho
trovato il coraggio di rispondere il
mio "sì" al progetto di Dio su di
me. Se vuoi capire qualcosa di più
della tua vita, spegni per un po' la
TV, spegni la radio, togliti. dalla
confusione e fa' spazio al Signore
che ti vuole parlare. "Vieni nel si-
lenzio, parlerò al tuo cuore" (Os
2,16)» (Elena).
Elvira Bianco

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ibri
a cura di Eugenio Fizzotti
RENATO CIAVOLA La presente raccolta di favole
Alla scoperta delle parabole
di Gesù,
Leumann, Elle Di Ci, 1991,
pp. 109, lire 11.000
Nella biblioteca personale di
un catechista, di un animatore,
di un genitore, di un insegnante
di religione non può mancare
questo agile sussidio che pren-
de in considerazione il «raccon-
to» come una delle tecniche più
efficaci per interessare il bambi-
no, narrandogli di Gesù con un
africane si propone essenzial-
mente due finalità: primo, porta-
re i lettori a contatto con l'arte
narrativa delle popolazioni afri-.
cane; secondo, far conoscere
qualche elemento della loro
saggezza. E la sua lettura vera-
mente consente di capire che le
somiglianze o affinità tra noi e ,le
popolazioni africane sono più
profonde di quanto si creda e
che anche loro hanno un'arte
narrativa e pedagogica degna di
ogni considerazione.
HUBERT DOUCET
AL FIUME
DEL SILENZIO,
Torino,
Editrice SEI, 1992,
pp. 148, lire 17.000
Qual è il momento in cui le pratiche mediche cessa-
no di rispettare la dignità del paziente e si trasforma-
no in accanimento terapeutico? Che cosa rispondere
linguaggio a lui comprensibile.
al malato che domanda per sé l'eutanasia? Quali so-
Il testo è suddiviso in due par-
no i criteri di determinazione della morte? Quale as-
ti fondamentali. Nella prima c'è
un approccio sistematico a
quattro parabole (il seminatore,
il buon samaritano, il padre mi-
sericordioso, i talenti). Nella se-
conda si hanno dei raccontini
(tradotti nel linguaggio del fu-
metto) tratti da altre religioni,
GIUSEPPE COSTA
Reporting dalla lunga notte.
Appunti di giornalismo
sugli americani e
la guerra del golfo,
Caltanissetta-Roma,
Salvatore Sciascia Editore,
sistenza offrire a chi si trova in fase terminale?
Sono domande brucianti, nate dalla sfida che medi-
cina e tecnologia lanciano oggi al destino ultimo del-
l'uomo. Eppure, come esiste un'etica della vita, così
dev'esserci un'etica della morte: per dare senso,
compiutezza e dignità anche all'estremo momento di
ogni esistenza.
che contengono degli insegna-
1991, pp. 100, lire 20.000
menti fondamentali, universali,
de- 1 e che possono essere messi in
relazione con le parabole
scritte nella prima parte. Infine
vengono presentati dei giochi
(anche di gruppo) di carattere
didattico che interessano e coin-
lemiche che hanno suscitato e
accompagnato la lunga notte
della guerra del golfo.
ANTONIO UGENTI
La proposta cristiana.
Testimonianze di fede
Milano, Editrice Ancora, 1991,
pp. 308, Lire 25.000
volgono il piccolo lettore, ricon-
ducendolo sempre alle parabole
studiate in precedenza.
-
CONFERENZA ITALIANA «La sintesi tra cultura e fede
SUPERIORI MAGGIORI non è solo un 'esigenza della
Nuova evangelizzazione cultura, ma anche della fede.
e comunicazione sociale, Una fede che non diventa cultu-
IVANA COSSAR
Roma, Editrice Rogate, 1992, ra, è una fede non pienamente
Quando gli animali
parlavano.
Favole del Burkina Faso,
Bologna, Editrice Missionaria
Italiana, 1991,
pp. 61, lire 10.000
Le favole, si sa, sono una co-
sa seria. Non raccontano sto-
rielle tanto per raccontarle. Con-
tengono lezioni di vita, insegna-
menti morali, suggerimenti per
comportamenti rispettosi e
orientati alla promozione dei più
deboli. Talvolta suggeriscono
anche modi di agire furbeschi,
che sappiano aggirare gli osta-
coli e trovare la soluzione giu-
sta. Quando poi si tratta di favo-
le africane il fascino aumenta
Il conflitto che, dal 16 gennaio
1991 , ha visto scontrarsi per 42
giorni le forze della coalizione
americana (32 Paesi) e la forza
di Saddam Hussein viene rivisi-
tato in questo recente volumetto
attraverso la pubblicazione dei
resoconti fatti alla Radio Vatica-
na dagli Stati Uniti. Non si tratta,
ovviamente, di un libro storico,
né di un'analisi critica dal punto
di vista socio-politico di uno dei
fatti più sconvolgenti di questi
ultimi anni. Piuttosto il lettore ha
pp. 163, lire 16.000 accolta, non interamente pensa-
ta, non fedelmente vissuta».
Dal 6 all'B novembre 1991 si è L'affermazione di Giovanni Pao-
svolto a Collevalenza (Perugia) lo Il è all'origine di questo volu-
un convegno di studio, organiz- me nel quale vengono riportate
zato dalla Conferenza Italiana le interviste fatte a moltissime
Superiori Maggiori (CISM). Il te- persone, note o non note, del
ma scelto «Evangelizzazione e popolo di Dio e impegnate nei
comunicazione sociale» risultò più disparati campi: famiglia,
quanto mai attuale e coinvolse giornalismo, politica, economia,
ih maniera attiva e partecipata scienza, università, cultura, mu-
gli intervenuti. La pubblicazione sica e vita religiosa.
degli Atti permette ora a un pub- Nessuno degli intervistati ha la
blico più vasto di approfondire pretesa di porsi come modello
quanto fu detto in quella sede e di vita cristiana, né ha voglia di
di comprendere come l'evange- · mettere in pubblico quello che
lizzazione, per essere veramen- costituisce il segreto della pro-
te nuova, deve rinnovarsi non pria vita. Eppure tutti hanno ac-
solo nei contenuti ma nelle mo- cettato di comunicare la loro
dalità comunicative. Tra i relato- esperienza cristiana per render
ancora di più, perché invitano a tra le mani ;ippunti veloci, ma ri fu chiamato anche un salesia- testimonianza della possibilità
immaginare - e un po' anche a non superficiali, che descrivono no, don Luigi Di Libero, che die- di coniugare anche oggi fede e
conoscere - un mondo ancora reazioni a caldo del popolo ame- de un taglio educativo, e quindi vita, perfino nelle situazioni più
troppo distante dai nostri sche- ricano e fanno emergere le con- opportunamente salesiano, al- sfidanti e più tragiche della no-
mi culturali.
traddizioni, le incertezze e le po- l'insieme dei lavori.
stra società.
1 GIUGNO 1992 - 21

3.2 Page 22

▲back to top
GIOVANI
Riprendiamo e
concludiamo l'intervista
con il professor Thévenot.
Parliamo con lui questa
volta di coeducazione
e di innamoramento,
due temi rilevanti
nella vita dei giovani.
O ggi la coeducazione è ormai
« un dato di fatto ed è accetta-
to abbastanza pacificamente dalle
famiglie e dagli educatori. Le chie-
do: la coeducazione è sempre positi-
va? Che dire ai genitori e agli educa-
tori sul fatto che ragazzi e ragazze
vivano insieme, vadano a scuola in-
sieme, si divertano insieme?».
«Penso che globalmente la co-
educazione sia positiva perché essa
offre ai giovani l'occasione di aprir-
si poco alla volta alla diversità del-
l'altro sesso e di scoprire la com-
plessità del mistero dell'uomo e del-
la donna. I ragazzi inoltre hanno la
possibilità di condurre delle relazio-
ni umane fondate più sulla realtà e
meno sull'immaginazione e la fan-
tasia. Scoprono che non è facile in-
contrare l'altra/o e stabilire dei le-
gami piuttosto profondi e rispetto-
si. Tutte cose positive.
Detto questo, si deve aggiungere
che tutto rimane positivo quando
questa coeducazione è regolata da
un'etica ben chiara, un'etica che
non teme di fermarsi a far riflettere
i giovani su ciascuna delle tre di-
mensioni della sessualità. In effetti
la sessualità ha sempre tre dimen-
sioni: 1. una dimensione relaziona-
le, con la quale si esprime l'amore,
l'amicizia, l'affetto, la tenerezza; 2.
una dimensione erotica, legata al
piacere del corpo; 3. una dimensio-
ne di fecondità che può avere uno
sbocco nella fecondità carnale o
nella fecondità educativa, parenta-
le. La coeducazione sarà positiva
solo se riusciranno a vivere nella lo-
ro vita di adolescenti ciascuna di
queste dimensioni armonizzandola
22 - 1 GIUGNO 1992
alle due altre. Cosa vuol dire essere
fedele? Qual è il ruolo del piacere
nella vita affettiva? Cosa vuol dire
diventare padre e madre? Tutto
questo non avviene spontaneamen-
te: non vi è una buona spontaneità
nella coeducazione. Occorre che la
coeducazione sia profondamente
regolata da un'etica. D'altra parte
bisogna sapere anche che una tenta-
zione propria del vivere insieme tra
ragazzi e ragazze è quella di voler
anticipare troppo presto l'esperien-
za completa della vita amorosa. È
così che le relazioni troppo precoci
e i legami amorosi quando sono ca-
richi di molta immaturità, rischiano
di proiettare i giovani in un mondo
irreale. Il ruolo dell'adulto diventa
allora molto importante per mettere
le illusioni nella loro esatta dimen-
sione.
Aggiungerei infine che si scopre
sempre più che la coeducazione de-
ve essere diversificata. Perché i ra-
gazzi non si sviluppano allo stesso
ritmo nei diversi settori della vita.
Nelle varie età, le ragazze appaiono
più mature in un settore, meno ma-
ture in un altro, e oggi più di ieri si
pensa che sarebbe bene che alcune
attività educative vengano fatte per
i ragazzi da una parte e le ragazze
dall'altra; mentre altre attività pos-
sono essere fatte in comune. Penso
quindi che la coeducazione sia un
fatto abbastanza complesso, più di
quanto s'immagini».

3.3 Page 23

▲back to top
----------BS-
catori facciano in modo che preval-
gano le chances. Altrimenti il ri-
schio è che lo facciano regredire
verso un modo sbagliato di vivere la
sua sessualità.
Infatti il sentimento amoroso è
sempre in parte carico di illusione.
Ma soltanto in parte. Come diceva
Freud seguendo una formula che
suona bene in francese: "La scoper-
ta dell'amore è una riscoperta di se
stessi" ("toute trouvaille amoureu-
se est une retrouvaille"). Vale a di-
re, ogni volta che un essere tr_ova
qualcuno che lo ami, costui ripete,
"ritrova", qualcosa del suo passa-
to. Ciò significa che nelle prime
emozioni affettive, nelle prime rela-
zioni d'amore, vi è sovente il fatto
di ritrovare più o meno il proprio
padre o la propria madre: si trasfe-
riscono cioè nel presente dei senti-
menti infantili.
Il fatto che questo sentimento
amoroso sia caricato in parte di illu-
sione, non significa che sia senza
valore. Perché l'illusione permette
al giovane di entrare in una migliore
intr:ospezione di ciò che gli accad~
dentro, e soprattutto gli permette di
rendersi familiare l'estraneità del-
l'altro sesso. Non è semplice per un
ragazzo abbordare una ragazza, e
per una ragazza lasciarsi avvicinare
da un ragazzo. Per questo la parte
di illusione è qualcosa che permette
a poco a poco di affrontare l'altro
sesso senza troppa paura e con spe-
ranza, e di scoprirne progressiva-
mente la realtà.
Tanto più che l'adolescente passa
I La nascita dell'amore
per gli adolescenti è sempre
carica di rischi e di possibilità.
sovente dei momenti neri, dei mo-
menti di vuoto: egli ha addirittura
talvolta la voglia di morire, pensa
che la vita sia dura; e la nascita del
sentimento amoroso gli ridà gusto
Amori giovanili
per la vita, lo rimanda alle sue spe-
«Come giudicare un amore che
inizia in età giovanile? Lei ne ha già
parlato. Ma lo si deve guardare con
sospetto, come un momento di ri-
schio, di pericolo, di disturbo, oppu-
re come una maturità che cerca la
sua strada, come un cammino obbli-
gato per raggiungere l'età adulta?».
ranze. È per questo che occorre
guardarsi dal bruciare superficial-
mente i sentimenti d'amore che na-
scono o di riderci sopra. Il giusto at-
teggiamento educativo è quello di
aiutare l'adolescente a rileggere ciò
che capita in lui e di permettergli di
distinguere ciò che è nell'ordine del
reale e ciò che è nell'ordine ancora
«In un adolescente la nascita del del sogno infantile, la ripetizione
sentimento d'amore è sempre nello del suo passato.
stesso tempo carico di rischio e di · Ecco perché è importante che l'a-
possibilità. Tutto dipende chiara- dolescente trovi un educatore o una
mente dai sostegni educativi su cui educatrice con cui parlare. In gene-
potrà contare. Occorre che gli edu- . rale, non so~o i genitori che si tro-
vano meglio piazzati in questo com-
pito, perché sono troppo vicini al-
i'adolescente, e si sa che l'adole-
scente deve fare a poco a poco il di-
stacco dai suoi parenti, pur senza
rompere del tutto con loro. Ed è ra-
ro che gli adolescenti abbiano degli
scambi profondi con i loro genitori
sulle loro prime esperienze d'amore.
Anche qui Don Bosco ci mostra
la strada: egli voleva che i giovani
delle sue case avessero sempre la
possibilità di avere un educatore a
cui poter parlare. L'ideale è che l'a-
dolescente trovi un educatore che
sia nei suoi confronti a una giusta
distanza: né troppo vicino a lui, co-
me sono i suoi genitori, né troppo
lontano, come sono certi professori
piuttosto distaccati.
Darei poi un secondo consiglio: è
importante che l'adolescente trovi
sulla sua strada dei divieti ben preci-
si. Che egli sappia, per esempio, che
non è veramente bene per un adole-
scente avere una relazione sessuale a
quindici anni, e che questo non lo si
può permettere. Penso che queste
cose oggi non si abbia il coraggio di
dirle chiaramente. Anche se l'adole-
scente manifesta il suo malcontento
quando gli si ricordano delle còse di
questo tipo, nel suo intimo sono
certo che è contento perché capisce
che queste regole contengono della
verità. Questo gli permetterà di par-
lare delle sue angosce e non si senti-
rà costretto a realizzare le sue fanta-
sie e i suoi sogni, che rappresentano
per lui come un'emorragia psichica
che gli fa perdere energia. Penso
che si debba osare oggi - i genitori
non lo fanno abbastanza - ricor-
dare queste regole in modo chiaris-
simo: non è bene avere delle relazio-
ni sessuali precoci. E soprattutto
per i genitori, bisogna ev:itare dei
gesti dannosi, come dare dei preser-
vativi ai loro figli o delle pillole, co-
me si dicesse loro: «Va bene, ora tu
puoi fare quel che vuoi, come vuoi:
l'importante è che non abbia un
bambino». Questo tipo di compor-
tamento adulto è un comportamen-
to sbagliato, perché significano il ri-
fiuto da parte dei genitori di tra-
smettere quelle leggi morali che dan-
no consistenza al desiderio sessuale.
Elvira Bianco
(La prima parte dell'intervista t stata pubblicata
sul numero di marzo).
1 GIUGNO 1992 - 23

3.4 Page 24

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PROFILI
25 anni fa, il 26 giugno
1967, moriva a 44 anni
don Lorenzo Mi/ani.
Uno straordinario
educatore che ha donato
la sua vita al riscatto
sociale dei giovani.
COME MUORE
UN
PRETE
G li ultimi due anni di don Lo-
renzo furono segnati da una
grande sofferenza fisica. Ricoveri in
ospedale, trasfusioni, irradiazioni.
Sempre più costretto alla schiavitù
del letto, prima aveva trovato il mo-
do di fare ancora scuola ai ragazzi
abbandonato su una vecchia sdraio,
poi non riuscì più ad alzarsi.
I suoi ragazzi gli rimanevano ac-
canto, lo aiutavano come potevano.
Lui vedeva tutto e pensava: «Io non
ho mai fatto a nessuno quello che
fanno a me». E passava la nottata
ad ammirarli.
La sua stanza era sempre piena di
gente. Non voleva rimanere solo,
isolato in una camera di ospedale,
lontano dagli occhi amici. E tutti i
suoi cari parteciperanno con lui alla
sua lunga agonia.
«Fino all'ultimo si è sentito mae-
stro», diceva Mario Rosi, un giova-
ne di San Donato. «Anche il suo de-
siderio che si andasse a fargli la not-
tata diventava un insegnamento.
"Potrei non avere alcuna necessi-
tà", diceva; "potrei anche pigliare
un infermiere che sarebbe più abile
di voi". Ma voleva che si vedesse
cos'è la morte, la sofferenza giorno
per giorno ...
«Una notte, mentre gli inumidivo
il palato, mi fece: "Quanto è bella
l'amicizia, specialmente quando
siamo in situazioni simili"».
La ''lunga marcia''
di don Lorenzo
A chi guarda con occhio superfi-
ciale, la vita di don Lorenzo Milani
può apparire un fallimento. Muore
24 · 1 GIUGNO 1992
- •-.- ·
! ~ . ..
.. '
..4 -
di Umberto De Vanna
Don Lorenzo
Milani.
Don Lorenzo con i ragazzi a Barbiana.
••
~-I
:-15;.~;,_·.:<~.''
;_!..:-~~:i,~~~~~- ,r...,__..·-2j

3.5 Page 25

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----------BS-
giovane, in una sperduta parrocchia
di montagna, mentre è in corso con-
tro di lui un processo. Un giorno il
suo maestro e amico don Bensi ca-
pitò a Barbiana all'improvviso, di
sera, quando ormai la maggior par-
te degli allievi se n'erano andati.
Don Lorenzo ammalato era sdraia-
to su un pagliericcio, nella scuola.
Gli stavano al fianco una povera
donna e alcuni ragazzi, i meno sve-
gli. Don Bensi a quella scena si sentì
i brividi e ebbe chiara la misura del-
1'emarginazione a cui era stato con-
dannato don Lorenzo in quegli an-
ni. Il giovane borghese, l'uomo che
era ammirato per la sua cultura, per
la conoscenza delle lingue, per l'a-
cutezza dell'analisi politica e socia-
le, si trovava là, al buio di quella
stanza, circondato da quegli umili
rappresentanti dell'umanità.
Don Lorenzo aveva capito più di
ogni altro la realtà del suo fallimen-
to. Ma era anche consapevole di ciò
che rappresentava in chiave cristia-
na. La sua vita difficile sarebbe di-
ventata un seme più ricco di qual-
siasi successo momentaneo . Lo ave-
va scritto alla madre: «Don Bensì e
forse anche te mi preferivate stupi-
do perché gli stupidi ingrassano e
attirano l'affetto dei migliori, ma se
io non avessi usato un par di ''note
stonate" nessuno mi avrebbe preso
sul serio».
Nel marzo del 1967, dovendo sot-
toporsi a nuove irradiazioni al co-
balto, si trasferì in casa della madre
a Firenze. Qui soffrì il disagio delle
comodità. Un giorno, circondato
come al solito da tanti amici, si fece
pensieroso: «Don Milani, don Mila-
ni...», disse. «La verità è che sono
nato signorino e ho seguitato a vive-
re da signorino, facendomi mante-
nere dai poveri». Ma cercò subito di
sollevare il tono, scherzando.
Morì il 26 giugno di quello stesso
anno.
Prima di morire chiese a don
Bensi di leggergli la passione di Cri-
sto secondo i quattro evangelisti:
voleva mostrare alla mamma, ebrea
e non credente, come moriva un
prete cristiano.
Volle essere sepolto nel piccolo
cimitero di Barbiana, vestito dei pa-
ramenti sacerdotali e con gli scarpo-
ni da montagna.
"Ho voluto più bene a voi
che a Dio... "
«Bisogna innamorarsi di tutti
quelli che fanno parte della nostra
famiglia», diceva don Lorenzo a un
amico. «È stato duro lasciare i ra-
gazzi di San Donato, ma ora mi sen-
to già legato a questi. Non c'è posto
per sogni e fantasie. Non esiste un
luogo migliore di un altro, non esi-
ste posto al mondo dove io possa
amare di più. Questi ragazzi poveri
e semplici sono quelli che Dio ha
messo sul mio cammino».
Don Lorenzo ha gioito, sofferto,
è stato in ansia per i suoi ragazzi co-
me solo un genitore può fare.
«Quando avrai perso la testa, come
l'ho persa io, dietro poche decine di
creature, troverai Dio come un pre-
mio», scrisse alla studentessa Nadia
Neri, dando un significato superio-
re al suo donarsi senza riserve. E
non era certo bonario o debole con
i suoi allievi. Era anzi piuttosto au-
toritario ed esigente. Ma i ragazzi
da lui si sentivano amati e protetti.
Era pieno di mille attenzioni. Ed era
sempre in mezzo a loro. Arrivavano
al mattino e lui era sulla porta ad at-
tenderli. Andavano via e lui li ac-
compagnava: «Ce l'hai la pila? (a
chi abitava distante). Hai le scarpe
bucate? Aspetta che ti do un paio di
stivali».
Il regista Angelo D'Alessandro
volle ricordare il primo incontro
con don Lorenzo. Si era sotto Nata-
le, e le scuole altrove erano chiuse,
ma quella di Barbiana funzionava
regolarmente. Una stretta di mano
veloce, una panca per sedersi e poi
tutti ripresero il lavoro come se il re-
gista non.ci fosse. Entrò un ragazzo
cçm una lettera, la discussione fu in-
terrotta. C'era un problema urgente
da risolvere. Il regista, in un ango-
lo, quasi dimenticato, si sentiva pe-
rò pienamente a suo agio. Venne
l'ora del pranzo. Fu fatto posto an-
che al D'Alessandro. Un pugno di
riso, un po' di frittata.
Uscirono poi all'aperto. Don Lo-
renzo si occupò per un momento di
Marcello, un bambino ritardato che
gli si era affezionato moltissimo.
Disse, rivolgendosi al regista: «Non
lo vogliono nella scuola normale.
Dicono che è ritardato... Sfido io, è
rimasto fino a poco tempo fa su una
montagna a pascolare le pecore,
non parlava mai con nessuno».
«Riuscirà a ricuperarlo?».
«Ha sentito... conosce già qual-
che parola d'inglese».
«Ma lei cosa vuole da noi?», ri-
prese don Lorenzo, dopo un attimo
di silenzio .
«Sto facendo un film sugli obiet-
tori di coscienza. Ho letto la vostra
lettera ai giudici. Sono venuto a tro-
varvi. Ma ora non so, non so più...
Mi piacerebbe riprendervi così co-
me siete, tutti voi, lei e i ragazzi».
Don Milani sentì il dramma dei
ragazzi esclusi dalla scuola.
Intanto giunse la sera e i ragazzi
tornarono alle loro case sparse nella
campagna. Se ne partì per ultimo
anche Marcello. Rientrarono e don
Lorenzo comunicò al regista: «Può
venire quando vuole con la sua
macchina da presa». E poi leggendo
la sua sorpresa per l'improvvisa de-
cisione: «Quando non andiamo
d'accordo con qualcuno dopo mez-
z'ora al massimo si litiga per un mo-
tivo o per l'altro . Una volta venne
un giornalista, uno famoso. Mi se-
guì per una giornata intera come un
cagnolino di stanza in stanza, penna
e taccuino in mano e mi chiedeva:
«Chi considera suo maestro? Quale
1 GIUGNO 1992 - 25

3.6 Page 26

▲back to top
relazione passa tra il suo insegna-
mento e quello di Gandhi? Cosa
pensa di questo e di quell 'altro ... ».
L'ho mandato al diavolo. Quel
giorno avevo ben altro per il capo.
Era per via di uno dei miei ragazzi:
c'era agitazione e angoscia in tutti
noi qui in casa. E quel signore non
si era accorto di nulla... Sono que-
ste le cose che contano. Quando
qualcuno viene quassù crede di giu-
dicarmi, e invece siamo noi a esami-
nare lui...».
«Anche me?».
«Sì, anche lei; ma lei ha superato
l'esame».
Scrisse il regista Gianfranco
Manganella, ricordando un incon-
tro con don Milani a Firenze, prima
che morisse: «C'era in don Lorenzo
una passione per la giustizia, un do-
lore cocente per l'oppressione e le
umiliazioni imposte ai poveri, come
non ho visto in nessun altro». Il re-
gista era stato incaricato di fare un
servizio televisivo su Barbiana, ma
sin dalle prime battute, non ci fu
sintonia e si intesero solo a fatica.
Alla fine don Lorenzo cedette, ma
non volle comparire davanti alla ci-
nepresa. Si trattava di un filmato
sulla Lettera a una professoressa, e
lui insisteva che éra opera dei ragaz-
zi. Manganella realizzò il servizio,
riprendendo i volti schietti e seri dei
•ragazzi, registrando le loro dure af-
fermazioni. Gli era stato raccoman-
dato di fare un pezzo coraggioso,
senza evitare le polemiche. Si intito-
lava: "Primo, non bocciare", ma
fu proprio il servizio a rimanere
bocciato. Quando infatti apparve
montato, risultò talmente esplosivo
che venne rifiutatO. Poi ci ripensa-
rono e il pezzo andò in onda con
una settimana di ritardo e con qual-
che metro di registrazione in meno.
Don Lorenzo era ormai morto, ma
metteva ancora paura.
Umberto De Vanna
Umberto De Vanna
DON MILANI
Un profeta con gli scarponi
da montagna
Edizioni Paoline
pp. 120, L. 12.000
26 - 1 GIUGNO 1992
PROBLEMI SOCIALI
AFFONDARE
NELL'ALCOL
di Sergio Giordani
Se un buon bicchiere di
vino fa bene, l'abuso di
alcol è pericoloso e miete
più vittime della droga.
L'ipocrisia della
pubblicità.
I 1termine alcolismo è stato inven-
tato più di un secolo fa dal medi-
co svedese Magnus Huss, che nel
1849 scrisse un libro dal titolo Alco-
lismo cronico, o malattia alcolica
cronica per richiamare l'attenzione
sugli effetti nocivi dell'alcol. Il bere
appartiene al costume, in molte ci-
viltà rappresenta un rito, fare un
brindisi indica augurio ed è segno di
cortesia.
La scoperta delle virtù delle be-
vande fermentate risale a migliaia di
anni fa. Realizzare una bevanda
inebriante non è difficile, basta
aprire una noce di cocco e lasciare
che si imbeva di acqua piovana o la-
sciare all'aria aperta una pappa di
mais. Nei sepolcri egiziani sono sta-
ti ritrovati affreschi che rappresen-
tano personaggi in stato di ebbrez-
za. Il codice di Hammurabi, che ri-
sale al 1700 a.e., tenta di controlla-
re il commercio di alcol, segno che
il problema era sentito. I Greci di-
sprezzavano i Traci perché beveva-
no. La storia ricorda le sbronze di
Alessandro, grande condottiero,
che dopo ogni vittoria festeggiava
con abbondanti bevute. Già nel se-
colo XI un medico persiano, un cer-
to Mohammed Ahazes, scriveva:
«Grandi danni sono provocati dal
vino quando se ne abusa e quando
se ne fa uso regolarmente al fine di
ubriacarsi».
La scoperta dell'alcol è attribuita
a un certo Arnaud de Villeneuve,
vissuto nel XIII secolo. Mentre le
doti dell'aqua vitae sarebbero state
scoperte da Raimondo Lullo, filo-
sofo e medico. Gli olandesi sono
stati i primi a creare i gin partendo
dal ginepro. Il primo alambicco è
comparso in Svezia nel 1469.
Quando il bicchiere
prende l'uomo
Il diffondersi delle bevande alco-
liche creò malumori fra gli Stati eu-
ropei. I francesi accusarono gli ita-
liani di aver loro insegnato la tecni-
ca per fabbricare l'alcol di vino. I
tedeschi accusavano invece i france-
si. Gli inglesi si lamentavano degli
olandesi per aver introdotto fra i
soldati di Sua maestà il gin.
Nel frattempo, ogni paese si dava
da fare per inventare la propria be-
vanda nazionale. Gli irlandesi in-
ventarono il loro whisky, che chia-
marono scotch. I russi ebbero la lo-
ro wodka e i balcanici la slibovitza.
Ma ci furono anche persone che
tentarono di mettere in guardia dal
fascino dell'alcol. Un anonimo visi-
tatore, riferendosi a un suo viaggio
a Londra, lasciò scritto: «Ci sono
soltanto due flagelli nella città, l'u-

3.7 Page 27

▲back to top
----------BS
briachezza degli imbecilli e il fuo-
co». In Russia, san Basilio pregava
contro l'ubriachezza ·e in Cina cir-
colava il proverbio «All'inizio l'uo-
mo prende un bicchiere, poi il bic-
chiere prende il bicchiere, infine il
bicchiere prende l'uomo». Un con-
sigliere del re Enrico IV, nel 1596
denunciava "le ubriachezze che ro-
vinano molto spesso i rapporti pri-
vati e le famiglie".
Ma poiché il commercio di alcol
ha sempre rappresentato una fonte
di introHo per le casse dello stato,
l'atteggiamento delle autorità pub-
bliche non è mai stato lineare. Il pri-
mo a introdurre una tassa sul vino è
stato Carlo Magno. Napoleone in
un primo tempo ostacolò l'apertura
delle osterie, in seguito la rese più
facile per ragioni fiscali.
Jean Charles Sournia, che alla
storia dell'alcolismo e ai problemi
che esso solleva ha dedicato un li-
bro, Alcolismo. Storia e problemi,
tradotto in italiano dalla SEI, scri-
ve: «Nessuno Stato ha mai rinun-
ciato a trarre profitto da una so-
stanza tossica come l'alcol, ritenuta
I La pubblicità presenta immagini
di vitalità e bellezza. In realtà
l'abuso di alcol trasforma la vita
in un dramma.
1 GIUGNO 1992 - 27

3.8 Page 28

▲back to top
guardia dai danni della droga e
quelle ché esaltano le qualità del
whisky. I messaggi pubblicitari de-
gli alcolici propongono calde atmo-
sfere che richiamano benessere, ric-
chezza, perfezione. L'alcol viene
presentato come un mezzo che fa-
·r1 vorisce gli incontri e i rapporti di
amicizia.
Che il problema dell'abuso di al-
col sia.serio è dimostrato dall'atten-
zione che ad esso ha rivolto il Mini-
stero della Pubblica Istruzione, il
quale ha stanziato fondi per .soste-
nere attività di educazione alla salu-
Familiarità col bere di giovani e
anziani: abitudine antica.
(Foto SEI - Galaxy).
così "lecita", e taverne, pub e sa-
loon hanno sempre attirato l'atten-
zione dei suoi agenti».
Vizio o malattia?
La storia ci insegna che di fronte
ai danni dell'alcol si è sover.te chiu-
so un occhio. Eppure l'abuso di al-
col miete vittime forse più della dro-
ga. Esso è-la causa di molti incidenti
stradali, di atti di violenza, di ma-
lattie del fegato.
L'alcolismo è un vizio o una ma-
lattia? Un ex gran bevitore si defini-
va una persona colpita da una ma-
lattia mentale, spirituale e fisica.
Molti bevono perché secondo loro
la vita ha preso una direzione che
non corrisponde ai loro desideri.
Bevono per dimenticare. Un ex al-
colista ha scritto: «Volevo cambiare
il mondo e sono affondato nell'al-
col. Oggi ho capito che cambiando
me stesso sono giunto a liberarmi
dall'alcol».
Dietro l'abuso di alcol ritroviamo
le stesse motivazioni che orientano
verso la tossicodipendenza: un sen-
so di fallimento, tanta solitudine, il
bisogno di fuggire e dimenticare.
Mentre sulla droga il giudizio di
condanna è netto, nei confronti del-
l'alcol siamo più tolleranti. La men-
28 - 1 GIUGNO 1992
talità comune distingue fra sostanze
lecite, come l'alcol e il tabacco, e
sostanze illecite come la coca e l'e-
roina. Si tratta di distinzioni di co-
modo, perché in realtà tutte queste
sostanze danneggiano l'organismo e
minano la salute psichica delle per-
sone. La società giustifica la liceità
dell'alcol per interesse e per pi-
grizia.
Sournia, nel suo saggio sull'alco-
lismo, scrive: «Poiché l'alcol fa in-
finitamente più danni dell'eroina, le
nostre giustificazioni mancano di ri-
gore. Gli adulti non hanno un argo-
mento irrefutabile da opporre ai
giovani che rimproverano la loro in-
dulgenza per l'uno e la loro" severità
per l'altra».
Un segno della contraddizione ci
è offerto dalla pubblicità: alla tele-
visione scorrono contemporanea-
mente le immagini che mettono in
Foto Archivio SEI De Maria
te e di informazione sui danni deri-
vanti dall'alcolismo. Le famose
stragi del sabato sera, che tanto im-
pressionano l'opinione pubblica ita-
liana, non sono causate solo dallo
stordimento dovuto allo stress del
ballo, la responsabilità è soprattut-
to dell'eccesso nel consumo di be-
vande alcoliche, che notoriamente
riducono la lucidità.
Una recente indagine, condotta
in Italia, ha rilevato che il 35 per
cento dei giovani considera l'uso
dell'alcol pericoloso, ma un altro 26
per cento è convinto che esso faciliti
i rapporti sociali, disinibisca, aiuti
ad avere meno tabù. È l'illusione di
questo 26 per cento che va sfatata
attraverso una corretta informazio-
ne. Si tratta di far capire che l'alcol
è un demone incontrollabile come la
droga.
Sergio Giordani

3.9 Page 29

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di Pietro Moschetto
* missionario in Ecuador
Gli " indios" costituiscono circa
una terza parte della popolazione
ecuatoriana: certamente sono più di
tre milioni. Il gruppr 1umericamente
più consistente vive nella Sierra, ed
è distinto in " nacionalidades" : Ota-
valenos, Salasacas, Quichuas del
Chimborazo e del Cotopaxi, Saragu-
ros, Puruhares, ecc.: uniti quasi tutti
dalla medesima lingua Quichua. Al-
tri gruppi etnici abitano l'Amazzonia
eçuatoriana: Shuar, Achuar, Huao-
rani , ecc.; due piccoli gruppi, lazo-
na costiera del Pacifico: i Colorados
e, nella provincia di Esmeraldas, i
Chachis o Cayapas.
UMILIATI SULLA SIERRA. Le tri-
bù che attualmente risiedono nell 'o-
riente amazzonico e nella costa non
furono mai veramente sottomesse
dai conquistatori e vissero libere e
isolate durante il periodo della "Co-
lonia" e anche in seguito. Solo in
questi ultimi anni cominciano ad
avere problemi seri, minacciati nelle
loro terre dalle ricerche sul petrolio e
dallo sfruttamento del legname pre-
giato di cui è ricca la selva tropicale.
Gli indigeni della "Sierra" invece
portano oggi il segno dell'umiliazio-
ne e dell'emarginazione che dovet-
tero patire dal giorno in cui l'euro-
peo si rese padrone di queste im-
mense regioni. La situazione non
cambiò durante tutto il tempo del
dominio spagnolo, né durante i 180
anni d'indipendenza. Per loro la Co-
lonia è continuata fino ·a oggi: evi-
dente nell'atteggiamento di sotto-
missione al ceto economicamente e
politicamente dominante - i bian-
chi e i meticci - che essi continua-
no a chiamare " amu " (padrone); e
nell'atteggiamento mentale e prati-
co di coloro che formano il nerbo
della nazione, per i quali l' indio con-
tinua a essere " peòn " , "sirviente" ,
" runa" (uomo, detto in senso di-
spregiativo), " natural", " pongo"
(servo), " mitayo" (epiteto dispregia-
tivo) .
QUALCOSA DEVE CAMBIARE.
Questa situazione davvero amara,
che per secoli ha colpito non qual-
che gruppo ristretto e isolato, ma
milioni di persone, rassegnate e do-
UN PACCHETTO
DI RICHIESTE
lenti dinanzi alla forza del destino,
ha risvegliato in questi ultimi anni
sia nella Chiesa che in gruppi social-
mente sensibili (pochi a dir la verità,
e in alcuni casi forse " interessati"),
sia soprattutto negli stessi indigeni ,
dapprima un timido desiderio, che a
poco a poco si è trasformato in una
corrente d'opinione, in piccole ini-
ziative, movimenti organizzati, pro-
poste concrete, piattaforme di lotta,
e finalmente in decisione ferma: le
cose devono camb iare.
UN PACCHETTO DI RICHIESTE
AL GOVERNO. Di qui lo spirito di ri-
volta di due anni fa (cf BS/maggio),
che avrebbe potuto essere violenta,
e che invece è stata attuata dignito-
samente, ma con decisione. Ma
qualche caso isolato c'è stato, signi-
ficativo e ammonitore di quello che
potrebbe accadere se queste picco-
le scosse fossero il preludio d'un
terremoto sociale di vaste proporzio-
ni. Ed è stato presentato al governo
un pacchetto di richieste: la integra-
zione dell'indio allo sviluppo nazio-
Dal documento di consultazione per
la Conferenza dei vescovi latino-
americani a Santo Domingo:
«La conquista delle zone tropi-
cali americane, poco adatte a
un 'acclimatazione degli europei,
è l'inizio di un 'incessante espan-
sione della tratta dei neri. Espan-
sione che nel XVI secolo arrivò a
200.000 individui, e toccò il suo
apice con cifre di milioni nel XVlll
secolo. A questo infame traffico,
dalla cattura allo sfruttamento,
presero parte spagnoli, portoghe-.
si, inglesi, olandesi, francesi, sve-
desi, ecc. e i capi di tribù africane
o intere tribù che dominavano al-
tre; e allo stesso modo cattolici,
anglicani, calvinisti, luterani, ecc.
Furono pochi coloro che osaro-
no condannare radicalmente la
schiavitù, come fece Bartolomé
de las Casas, pentito delle posi-
zioni assunte in precedenza, o
più ampiamente Alonso de San-
doval e più ancora Francisco de
Jaca de Arag6n nel suo memoria-
le " Risoluzione sulla libertà dei
negri" {1681), che presentò al
Consiglio delle Indie, il quale lo
respinse affermando: " poiché
senza di essa cadrebbe in rovina
tutta l'America ". E questo era
molto più vero per il Brasile, che
aveva avviato la monocoltura PW
l'esportazione su grande scala e
dove si diceva · " senza schiavi
non c zucchero, e senza zuc-
chero non c'è Brasile " ».
nale; la ripartizione di terre alle co-
munità indigene (non solo i " para-
mos" , ma anche parte delle fertili
valli interandine); autonomia ammi-
nistrativa e... politica in una zona del
territorio nazionale. Ma questa, am-
bigua nella sua formulazione, è l'e-
sigenza forse meno realista, se vuo-
le significare il desiderio di creare
un nuovo " stato nello stato". Infine
che si ponga fine al taglio indiscrimi-
nato dei boschi e alle ricerche petro-
lifere, che si riconosca ufficialmente
la lingua Quichua e quelle degli altri
gruppi etnici e si favoriscano scuole
bilingui.
1 GIUGNO 1992 - 29

3.10 Page 30

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AMAZZONIA SALESIANA
NEL NORD-EST
BRASILIANO
di Menico Corrente
Una buona metà della popolazio-
ne brasiliana è costituita da giovani
e giovanissimi. Secondo i dati del-
l'ONU metà di questi ragazzi si tro-
vano al di sotto delle normali condi-
zioni di vita. Milioni di ragazzi vi-
vono abbandonati nelle strade, sen-
za famiglia, campando di espedien-
ti, esposti al rischio della delinquen-
za e del vizio.
Il lavoro a favore dei ragazzi del-
la strada i salesiani l'hanno intra-
preso sin dal suo manifestarsi, at-
L'incontro con
don Franco Dalla Valle,
ispettore a Manaus.
L'opera salesiana in
Brasile, messa in piedi
da missionari leggendari
giunti dall'Europa, fa_
sentire oggi l'urgenza
delle vocazioni locali.
L a mappa salesiana del Brasile
COII)prende oggi quasi 2500
presenze tra salesiani e Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, 273 case e 13 ispet-
torie. Nel 1983 si è celebrato il cen-
tenario degli inizi. Tutto è comin-
ciato a Niter6i (Rio de Janeiro), in
una modesta fattoria, con tre sacer-
doti, tre salesiani laici e un chierico
che vi giunsero - dall'Uruguay. A
fondare l'opera in Brasile è stato il
trentatreenne ispettore don Luigi
Lasagna, grande missionario e futu-
ro vescovo. Altra figura leggendaria
di missionario è don Giovanni Bal-
zola, giunto dall'Italia prima nel
Mato Grosso e poi nel Rio Negro.
In oltre cento anni i brasiliani so-
no passati dai circa dodici milioni di
allora ai 130 milioni di abitanti di
oggi. Il Brasile appare più che mai
un caleidoscopio imponente di varie
culture.
30 - 1 GIUGNO 1992
Vitalità e simpatia dei ragazzi brasiliani. Ma a milioni vivono nell'abbandono.
Lungo la foresta amazzonica.

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

▲back to top
----------BS-
torno agli anni '60. Ma col passare
del tempo il problema è diventato
drammatico.
L 'ispettoria di Manaus
Le opere salesiane del nord-est
brasiliano si sono costituite in ispet-
toria soltanto nel 1958, quando si
staccarono dall'ispettoria del Nord,
per trovare una soluzione al proble-
ma delle grandi distanze. L'iniziati-
va è stata di mons. Pietro Massa,
vescovo salesiano del Rio Negro. Il
territorio dell'Alto Rio Negro, in-
sieme al Mato Grosso, è la zona
missionaria del Brasile.
Oggi l'ispettoria di Manaus copre
l'intero bacino del Rio delle Amaz-
zoni, una zona di circa tre milioni e
mezzo di chilometri quadrati, e ha
25 case, oltre alla presenza delle
suore. Opere missionarie sono sorte
a Barcelos, Iauarèté, lçana, Ma-
rauia, Maturaca, Pari-Cachoeira,
Santa lsabel, Taraqua. Qui i sale-
siani si prendono cura delle varie
tribù amazzoniche, dagli Janoma-
mi, ai Valiva, ai Sana, ai Tucanus.
Altra spiccata caratteristica di
questa ispettoria è di aver dato vita
a opere prevalentemente di caratte-
re sociale a favore dei giovani. A
Belém per esempio vi sono la Re-
pubblica del Piccolo Venditore e la
Scuola Salesiana del Lavoro; a Hu-
maita, le Cooperative dei ragazzi, a
Manaus varie opere sociali per ra-
gazzi poveri.
La Repub!ica do Pequeno Vende-
dar di Belém è un'opera singolare.
Il compito che i salesiani si sono as-
sunti è quello di aiutare centinaia di
ragazzi della strada educandoli e or-
ganizzandoli nella str3:da stessa. Il
salesiano responsabile, il belga pa-
dre Bento Le Fevere, con la collabo-
razione del salesiano laico Tonino
Stefani e di alcuni volontari, aiuta i
ragazzi ad avere coscienza di grup-
po, a trovare assistenza sanitaria e a
organizzarsi per categorie. La casa
salesiana si rende disponibile per il
pranzo, ma i ragazzi non vivono in
collegio e non frequentano la scuo-
la. Vengono semplicemente aiutati
a superare gli immediati problemi
che la vita sulla strada presenta. Es-
si uniscono le loro forze per vendere
ghiaccioli, giornali, sacchi di plasti-
ca e per compiere mille piccoli lavo-
ri . Nella casa salesiana vi è anche un
centro di raccolta di vecchi elettro-
domestici: i ragazzi aggiustano, ricu-
perano ciò che è possibile e lo riven-
dono. Anche questa è una fonte di
entrata per loro e un modo per inse-
gnare ai ragàzzini qualcosa di utile.
I ragazzi della strada sono nume-
rosissimi anche nelle piccole città. A
Humaita i salesiani insegnano a
centinaia di loro un mestiere, gli
trovano lavoro, li aiutano a matura-
re e a formarsi, li organizzano in
IN LIBRERIA - - - - - .
PASTORALE
GIOVANILE
Una sfida per la comunità
ecclesiale
JUAN E. VECCHI
Pagine 320, Lire 23.500
Questo volume non è un «tratta-
to teorico» né un «manuale pra-
tico» . È invece il risultato di uno
sforzo per illuminare la portata
di scelte educative pastorali,
darsene ragione ed esplicitarne
i fondamenti.
I suoi capitoli sono stati elabora-
ti in un arco di tempo di dodici
anni e per questo portano il se-
gno delle diverse fasi di un cam-
mino di chiarimento: di qui le
novità, gli sviluppi concentrici e
anche i ritorni.
L 'autore è stato il responsabile ge-
nerale per la pastorale giovanile
della Congregazione Salesiana per
dodici anni, e ha avuto come compi-
to specifico quello di aiutare a for-
mulare, tradurre in prassi e valutare
i progetti pastorali, anche dal punto
di vista della fondatezza teologica e
carismatica. La stagione dei proget-
ti è stata da lui vissuta quale prota-
gonista competente e appassio-
nato.
Missionari sul Rio Negro.
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
ELLE DI CI
10096 LEUMANN - TO
Tel. 011/95.91 .091
c/c Postale 8128
1 GIUGNO 1992 - 31

4.2 Page 32

▲back to top
Foto F. Marzi
cooperative. L'incaricatò, il salesia-
no ·laico Eugenio Marcon, è stato
anche in prigione per difenderli e ri-
vendicare i loro diritti.
ll problema
delle vocazion( locali
Parliamo di tutto questo con don
Franco Dalla Valle, nuovo ispettore
a Manaus. Uno dei grossi problemi
di questa zona brasilianà è che l'o-
pera è mandata avanti ancora oggi
da salesiani provenienti dall' Euro-
pa. Anche i pochi salesiani brasilia-
ni provengono da altre zone. Per
questo n'!gli ultimi tempi è cresciuta
molto la sensibilità per le vocazioni
locali. Qualche vocazione del posto
c'è già stata sin dagli inizi e qualcu-
no ha raggiunto la meta: per esem-
32 · 1 GIUGNO 1992
continua don Dalla Valle. «Essi in-
volontariamente trasmettono ai gio-
vani il loro stile di vita, senza riusci-
re però a dargli anche i loro valori.
Così i giovani in formazione a con-
tatto con un certo progresso e nuo-
ve abitudine di vita perdono le loro
radici culturali e i valori tradiziona-
li, senza raggiungere pienamente i
nuovi valori».
Per questo la perseveranza è qui
un grosso problema. Ma non tanto
per colpa loro, bensì per le nostre
carenze formative e tecnico-or-
ganizzative: "Siamo noi che non
riusciamo a capirli e ad aiutarli
adeguatamente lasciandoci incultu-
rare davvero" , aggiunge don Dalla
Valle.
«I giovani brasiliani del nord-est
sono aperti, festosi, disponibili. So-
Piccoli allievi della missione
no capaci di una buona interiorità e
salesiana di lcana.
pregano volentieri. Anche se sono
nello stesso tempo piuttosto chiusi e
quasi misteriosi, per cui non si rie-
sce mai a capirli pienamente. Non si
pio padre Severo De Mello e padre tratta comunque di forzarli a diven-
Jesus José Manoel, che ha anche tare come vogliamo noi, quanto di
studiato teologia in Italia. Ma da aiutarli a essere pienamente se stes-
quattro anni l'ispettoria di Manaus si, lasciando che si costruiscano con
ha il suo noviziato che ha accolto fi- la loro personalità, secondo la loro
nora più di 60 giovani. «La vocazio- cultura.
ne nasce dalla testimonianza del la- «Ciò che più li attrae è l'impegno
voro pastorale e sociale dei salesia- apostolico. Un impegno che qui du-
ni», dice don Dalla Valle. «È natu- rante il noviziato non appare né di
rale che un giovane vedendo un sa- disturbo, né distrazione, essendo
lesiano contento e impegnato voglia tutt'altro che un diversivo . Per loro
fare come lui. La cosa difficile è incontrare i ragazzi in difficoltà è ri-
portare a maturazione la loro for- vivere Don Bosco. Don Bosco pri-
mazione: Un tempo venivano for- ma ha fatto e poi ha riflettuto su ciò
mati fuori ispettoria e le difficoltà che faceva. Anche noi facciamo co-
diventavano grandi, perché si trova- sì. Diventa efficace metterli a con-
vano immersi in un altro mondo». tatto con le necessità vere dei giova-
I novizi comunque solo raramen- ni e poi riflettere sulla vita religiosa
te sono indigeni, e per lo più pro- salesiana, che è un modo di conti-
vengono dai caboc/o, cioè sono figli nuare l'esperienza di Valdocco per
di famiglie che vivono nei vari paesi la salvezza di quei giovani».
in strutture semi-cittadine. Questo Don Dalla Valle crede fermamen-
crea minori problemi perché l'indi- te in questo lavorn vocazionale. È
geno è sempre fortemente legato al- sicuro che a suo tempo porterà i
la sua tribù, dipende da un capo, ha suoi frutti tra i ragazzi del Brasile,
una sua lingua e una sua cultura, per un futuro diverso di questa im-
mentre il caboclo parla la lingua mensa nazione dalle grandi poten-
portoghese ed è inserito nelle nor- zialità. «Il più grande richiamo»,
mali strutture statali. Vi sono anche aggiunge don Franco, «è proprio la
dei novizi che provengono dalle zo- necessità che il Brasile ha Òggi di
ne periferiche cittadine di Belém, Don Bosco. Quei milioni di ragazzi
Porto Velho, Manaus.
in difficoltà fanno sentire l'esigenza
«I responsabili della formazione . che scenda Don Bosco oggi sulle lo-
sono pochi e, come si diceva, per lo ro strade».
più provengono da altre culture»,
Menico Corrente

4.3 Page 33

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di Jean-François Meurs
UNA CHIESA
CON TANTE FINESTRE
Sabato 27 aprile. Mamma dice
sempre che io sono a volte. indiscre-
to. È vero. Mi ficco sovente senza di-
re niente in mezzo agli adulti. E im-
paro delle cose interessanti, soprat-
tutto quando essi si credono da soli.
Allora non fanno più caso a me, ed
è il momento buono. A volte mi me-
scolo alla loro conversazione. E mi
piace quando mi chiedono il parere.
Ma se non c'è niente d'interessante,
mi · allontano. Vado volentieri ad
ascoltare quando c'è Francesca,
un'amica della mamma, non soltan-
to perché ha un simpatico senso
dell'umorismo, ma perché lei non è
come gli altri adulti che hanno sem-
pre piccoli segreti e devono nascon-
dere ciò che dicono. E magari dico-
no sempre cose da niente. L'altro
giorno parlava di suo figlio Vincen-
zo, che ha 17 anni come me e che
non vuole più andare a Messa. Dice-
va che non era perché non ci crede-
va più! No. Ma perché la Messa gli
faceva venire troppi rimorsi. Soprat-
tutto al Padre Nostro. Diceva Vin-
cenzo a Francesca: «Ti rendi conto,
mamma, il Padre Nostro è veramen-
te troppo. lo mi sento distrutto. Pen-
so che la gente non capisca ciò che
dice, se no non oserebbe pregare
"sia fatta la tua volontà", o "perdo-
na a noi, come noi perdoniamo agli
·altri" . Mi fa venire le lacrime agli oc-
chi, è troppo forte per me, io non
oso più dirlo».
Penso che Vincenzo sia troppo
sensibile, ma non intendo certo
compatirlo e deriderlo. Perché il mio
problema è molto simile al suo, an-
che se è un altro. Per me è piuttosto
tutta la religione che è troppa. Per
esempio, i discorsi dei preti. Ciò che
loro dicono è bello, ma ci sono di
quelli che si arrabbiano, e dicono
che sono dei reazionari, e io li capi-
sco, perché anche a me dà fastidio.
Ho l'impressione che mi dicano tut-
Molti giovani pensano che la
Chiesa offra progetti di vita trops
po obbliganti e impegnativi. Te-
mono di non avere più la libertà di
cercarsi la strada per raggiunge-
re un cristianesimo a loro misura.
D'istinto vogliono l'autonomia e
mordono il freno di fronte a ogni
imposizione. Ma proprio per que-
sto il Vangelo dovrebbe piacere a
loro. Gesù infatti spesso non si è
messo dalla parte dei dottori e
della legge, ma dello spirito...
to ciò che devo fare e che non posso
più pensare con la mia testa. E mi
sembra a volte che la religione ci
tratti come bambini.
Ma non è ancora questo il mio ve-
ro problema. È che io non saprei
mai essere un vero cristiano. La
santità non è per me. Ho sempre
l'impressione che la religione miro-
toli sulla testa come i palazzi dei film
di Buster Keaton. Soltanto che lui
passa attraverso le finestre. Si dice
che durante le riprese tutti pregava-
no che non si sbagliasse nei calcoli.
Ma penso che lui avesse un bel co-
raggio a restare fermo e a non dar-
sela a gambe!
Dicevo questo a Francesca e mi
piace che lei non si senta obbligata
a difendere i preti dicendomi che
manco loro di rispetto. Però è con-
vinta che ci siano delle grandi fine-
stre anche nel palazzo della religio-
ne. Ed è il Vangelo, che è ciò che
conta! Dice questo con calore e sim-
patia. «Pensa a Gesù che libera la
donna adultera, che guarisce. La
sua attività preferita è quella di per-
donare! Lascia cadere il palazzo,
ma soprattutto resta ben fermo in un
posto sicuro. Prega, e vedrai che ci
passerai attraverso».
Mamma diceva che non c'è biso-
gno di essere perfetti per essere cri-
stiani e che per Don Bosco la santità
era semplice, alla portata di tutti. Bi-
sogna solo mettersi in cammino.
Allora ho detto per confonderle:
«Potreste mettervi d'accordo? Devo
stare fermo o mettermi in cammi-
no?». «Oh», ha detto Francesca, _
«sapessi come si cammina in fretta
quando si sta fermi nella preghiera!
E come cammina anche il mondo!».
È così. Aveva trovato la risposta
giusta. Gli adulti hanno sempre una
risposta a tutto. Mi sta bene. Ero an-
dato a cercarmela da solo la pre-
dica!
1 GIUGNO 1992 - 33

4.4 Page 34

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AFRICA
GUINEA .CONAKRY:
DIMENTICARE
IL PASSATO
Il colpo di stato del
colonnello Conté ha
rimesso in marcia la
democrazia e l'economia
della Guinea. I salesiani
impegnati in progetti
specifici, soprattutto a
favore della gioventù.
A Ila morte di Sékou Touré, il
dittatore che negli anni 50 ave-
va guidato la Guinea all'indipen-
denza e governato con polso di fer-
ro per circa 30 anni, la gente era as-
solutamente cosciente che dopo tan-
ti anni di fraseologia demagogica la
situazione sociale ed economica non
poteva essere più disastrosa. Le in-
frastrutture decrepite; telefono,
elettricità, acquedotti, strade, tutto
fuori uso. Dei maxi progetti
pseudo-socialisti non funzionava
niente. Esempio tipico l'aeroporto
di Kankan: una immensa pista d'a-
sfalto rotto, in mezzo alla savana.
L'unico aereo atterrato fu quello di
Fidel Castro per il giorno dell'inau-
gurazione, poi fu completamente
abbandonato.
di Marino Bois
nate per l'impossibilità dell'esporta-
zione. Non ci sono più i treni per la
ferrovia di 600 chilometri che colle-
gava Kankan a Conakry. Ci sono
due aeroporti, ma nessun aereo. Le
case e i giardini del tempo coloniale
si trovano nel più assoluto abban-
dono. Le strade non hanno l'asfalt,
e c'è polvere ovunque. Nei picco:
mercati le donne vengono a pied
anche da 30 chilometri, portandc
sulla testa quel poco che possono,
aspettando anche una giornata per
vendere la loro mercanzia e compe-
rare qualcosa per la famiglia.
Ma gli effetti più deleteri il vec-
chio governo li ha prodotti nel cam-
I Capanne a Dabadougou. Un tempo la Guinea era chiamata la perla
dell'Africa occidentale.
L'eredità del vecchio regime ,
È difficile rendere l'idea della
confusione e inefficienza in cui è ve-
nuto a trovarsi questo paese che una
volta era chiamato la perla dell'A-
frica occidentale. Le grandi pianta-
gioni di banane, palme e caffé dei
tempi passati, sono state abbando-
34 - 1 GIUGNO 1992

4.5 Page 35

▲back to top
I Giovanni Paolo Il in Guinea, a
colloquio col presidente Lansana
Conté (Foto A. Mari).
po dell'educazione. Mandati via
tutti i missionari, nessuno fu in gra-
do di gestire le scuole. Venne aboli-
to il francese e furono dichiarate
lingue nazionali 12 lingue (la popo-
lazione è di sei milioni di abitanti);
senza libri, senza quaderni. La
scuola si ridusse a imparare a me-
moria slogan ideologici.
Si può dire che l'unica cosa rima-
sta funzionante alla fine della ditta-
tura era la ferrovia che trasportava
la bauxite al porto per essere espor-
tata nell'Unione Sovietica.
La ricostruzione nazionale
Il nuovo presidente Lansana
Conté, decise per il cambio radica-
le. Riaprì le relazioni diplomatiche
con i paesi occidentali e pur essendo
musulmano chiese al Papa di invia-
re nuovamente i missionari special-
mente per prendersi cura dell'edu-
cazione dei giovani. Anche i salesia-
ni in questa circostanza risposero
all' appello e entrarono nella Repub-
blica di Guinea.
La missione venne affidata ai sa-
l~siani della ispettoria del Messico,
in cooperazione con le altre provin-
ce della zona Pacifico dell'America
Latina.
La scuola di Dabadougou, a otto
km da Kankan, che ai tempi dei
missionari aveva avuto una storia
gloriosa nella formazione dei mae-
stri e di molti dirigenti del paese,
venne restituita alla Chiesa per esse-
re affidata ai salesiani, con lo scopo
di farne un centro di formazione
professionale. Purtroppo l'unica
cosa che restava del passato glorio-
so era il nome. Il governo socialista
ne aveva dato la gestione ai cinesi
per farne una importante universi-
tà. Fecero un grande acquedotto e
misero una pompa immensa per at-
tingere l' acqua dal torrente. A quel
punto si accorsero che l'elettricità
necessaria alla pompa non poteva
essere fornita e che durante la sta-
gione secca il torrente non aveva ac-
qua. Abbandonarono completa-
mente il progetto e della grande
scuola non si fece più nulla.
L'impegno dei salesiani
Umberto Fonseca e Francisco Ve-
negas furono i primi salesiani ad ar-
rivare. Padre Umberto aveva già al-
cuni anni di esperienza nèllo Zaire.
Arrivarono insieme con le poche co-
se personali e i pochi spiccioli che
avevano. Andavano ad aprire la fa-
mosa scuola. Il primo viaggio a Da-
badougou fu uno strappo al cuore:
tutto era da rifare ed essi mancava-
no completamente di mezzi. Chiese-
ro ospitalità alla parrocchia di Kan-
kan a otto km dalla scuola. Da
partivano ogni mattina e ritornava-
no alla sera dopo una lunga giorna-
ta di lavoro manuale. La Chiesa era
riuscita a sopravvivere alla bufera
grazie al clero locale e le parrocchie
cominciavano a riorganizzarsi.
Cercarono di sistemare una pic-
cola casetta e dopo pochi mesi si
trasferirono là. Mancavano di tutto
e dovevano persino attingere l'ac-
qua al pozzo del villaggio.
Seguirono ancora anni duri. Tutti
i progetti che dovevano essere fi-
nanziati dalle organizzazioni carita-
tive internazionali venivano riman-
dati indietro; per un motivo o per
l'altro dovevano essere rifatti. Si
era arrivati alla contraddizione che
per fare i progetti si esigevano i tee- .
nici del posto. Ma i tecnici preve-
dendo che gli aiuti sarebbero arriva-
ti soltanto dopo anni, rinuncia-
vano.
Lo scorso anno fu decisivo. Si
poté cominciare finalmente la scuo-
la tecnica con i laboratori di mecca-
nica e di falegnameria. Il 25 feb-
braio ci fu la solenne inaugurazione
alla presenza di monsignor Robert
Sarah, arcivescovo di Conakry, che
è la più grande autorità morale della
Guinea; un uomo veramente cari-
smatico, che a rischio della vita,
aveva avuto il coraggio di dire la ves
rità davanti al vecchio dittatore.
La partecipazione delle autorità
locali fu grande e fu entusiasmante
anche l'accoglienza della gente del
villaggio, tutti musulmani, che ap-
profittarono dell'occasione per rin-
graziare monsignor Sarah per aver
fatto venire nuovamente i missio-
nari.
In questo lungo periodo di attesa
un grande ringraziamento va al di-
rettore della scuola elementare .del
villaggio e unica famiglia cattolica
1 GIUGNO 1992 - 35

4.6 Page 36

▲back to top
". .
o.::_ 'i ;/.
'
.
sociali, si è definitivamente stabilito
là. Tra i vari servizi sociali, la scuo-
la di cucito e l'ambulatorio dovreb-
bero servire anche per lo ·sviluppo
dei villaggi musulmani dei dintorni.
L'Africa è terribilmente fragile,
mentre la Guinea cerca di uscire dai
suoi 30 anni di marcia indietro,
esplodono i paesi vicini. I rifugiati
venuti dalla Liberia dicono che han-
no visto cose orribili e che per nulla
al mondo vorrebbero ritornare. Ora
stanno esportando la rivoluzione
della Liberia nel povero e pacifico
Sierra Leone. Il colpo di stato in
Mali è avvenuto tra grandi saccheg-
gi e carneficine, vendette personali e
I Guinea çonakry.
Missione salesiana.
nel villaggio. Ha sempre creduto
che i missionari sarebbero ritornati
e ogni volta che si tentò di trasfor-
mare per altro uso la chiesetta della
missione si oppose, appellandosi al-
la costituzione che dichiarava la li-
bertà di culto per le minoranze. Pe-
tutti affermano che ha rischiato
la vita.
Un ventaglio di iniziative
Attualmente assieme ai salesiani,
lavorano sei giovani cooperatori
latino-americani. Questi giovani
cooperatori, dopo un anno di for-
mazione specifica, sono venuti in
Guinea a fare tre anni di esperienza
missionaria. Il loro entusiasmo è
ammirevole e la loro preparazione e
il loro realismo per affrontare i pro-
blemi della missione lo sono ancora
di più.
.
Nel frattempo sono arrivati altri
salesiani. Monsignor Sarah ha affi-
dato loro la tipografia cattolica che
in passato era stata nazionalizzata,
ma essendo diventata un peso per il
governo, era stata restituita alla
Chiesa nelle condizioni in cui si tro-
vava.
Padre Pablo Loeza è l'attuale su-
periore della comunità e parroco
nella chiesa dedicata a san Giuseppe
al centro della città. Si è già prepa-
rato il terreno per una casa per i gio-
vani della strada a Conakry e si spe-
36 · 1 GIUGNO 1992
Kankan - Dabadougou: il laboratorio di meccanica.
ra che altri salesiani possano ag-
giungersi anche qui, nel contesto del
Progetto Africa.
A 130 km a nord di Kankan si è
riaperta la missione di Sant'Alexi,
unico villaggio cattolico (circa 2000
abitanti) in una zona completamen-
te musulmana.
Durante il periodo della rivolu-
zione, per mancanza di clero, erano
stati completamente abbandonati.
La fede è rimasta salda, ma il lavo-
ro catechistico, pastorale e sociale
da fare è davvero grande.
Padre Umberto, che da anni face-
va visite periodiche a questa comu-
nità, ora ha aggiustato la vecchia re-
sidenza dei missionari e con un altro
giovane salesiano e due assistenti
brutalità, di cui le comunicazioni di
massa non hanno per lo più parlato.
Chiedo una preghiera affinché la
via della democrazia e dello svilup-
po verso cui si è avviata la Guinea
possa continuare e ritorni presto la
pace nei paesi confinanti.
Monsignor Sarah in ogni suo di-
scorso ai cristiani ricorda la necessità
di diventare uomini nuovi per diven-
tare il lievito della nuova società.
Nel mio contatto quotidiano coi
giovani del nostro Centro professio-
nale, ho potuto con gioia constatare
che questi giovani, siano cristiani o
musulmani, hanno accolto questo
messaggio e vogliono tradurlo nella
loro vita.
Marino Bois

4.7 Page 37

▲back to top
----------BS-
ZEFFIRINO NAMUNCURÀ
IL FIGLIO DELL'ULTIMO
CACICO
di Teresio Bosco
Il venerabile Zeffirino
Namuncurà era un indio
dalla faccia scura, i cui
antenati avevano
combattuto a lungo
contro i conquistatori
bianchi.
Z effirino Namuncurà era un in-
dio araucano. Gli Araucani
erano scesi un giorno lontanissimo
dalle cordigliere delle Ande verso le
immense pianure dell'est, che oggi
chiamiamo pampa dell'Argentina.
Il loro nome dice che venivano dalla
valle del fiume Arauca, dove i loro
antenati erano venuti in contatto
con l'antica civiltà degli Incas, il mi-
sterioso popolo del Perù.
Pelle ramata, capelli nerissimi,
denti bianchi scintillanti, col mento
privo di barba, gli Araucani erano
una razza fiera e guerriera che odia-
va più di ogni cosa al mondo la
schiavitù e l'essere servi. La loro vi-
ta era la caccia. Non coltivavano la
terra, ma inseguivano nella stermi-
nata pampa le mandrie dei guanachi
e gli stormi di struzzi.
Nel 1500 i primi coloni spagnoli
introdussero il cavallo, e la vita de-
gli Araucani cambiò radicalmente.
La pampa divenne in breve tempo la
landa dei cavalli bradi, che cresce-
vano selvaggiamente, liberi come
l'aria. Balzando in groppa a un pu-
ledro, l'araucano si trovò di colpo
sovrano indiscusso della sua terra.
I piccoli araucani venivano adde-
strati a sopportare la fame e la sete,
I Zeffirino, figlio del cacico Namuncurà in una foto ripresa a 19 anni, quando
viveva in Italia (Foto Archivio Salesiano).
·
a dormire per terra, ad affrontare la
pioggia e il vento, a bastare a se
stessi per lunghi periodi di tempo.
Crescevano vigili e forti, preparati a
una vita dura e disagiata. E cavalca-
vano . Fin da piccolissimi si arram-
picavano sul dorso dei cavalli e si
davano a corse sfrenate.
Le frecce incendiarie
contro i coloni
Ma con i cavalli, ai bordi della
pampa erano arrivati i bianchi. Nel
1536 i conquistatori spagnoli aveva-
no fondato la città di Buenos Aires,
e proprio in quell'anno si verifica-
rono i primi sanguinosi scontri tra
conquistadores e indios. I bianchi
tentavano di risalire i grandi fiumi
per piantarvi loro colop.ie, e gli in-
dios assaltavano le colonie e le di-
struggevano con le frecce incen-
diarie.
Lentamente ma inesorabilmente,
i bianchi (protetti dai loro soldati)
avanzavano nelle vallate dei fiumi.
E contro di loro gli araucani usava-
no la tattica del malòn. Retrocedeva-
no lentamente, per anni sembravano
rassegnati all'avanzata bianca, poi
all'improvviso si scatenavano. Spe-
1 GIUGNO 1992 37

4.8 Page 38

▲back to top
cialmente di notte, sui cavalli ve-
locissimi, penetravano nel territo-
rio bianco, circondavano le fatto-
rie, bruciavano e uccidevano. In po-
che ore devastavano un'intera re-
gione.
25 maggio 1810. L'Argentina si
stacca dalla Spagna e si dichiara sta-
to indipendente.
1833. Una potente colonna mili-
tare, al comando di Juan M. Rosas
punta verso il cuore della pampa e
inizia una guerra spietata contro gli
araucani. Cadono 1150 indios e 11
cacichi (capi). 400 indios, fatti pri-
gionieri, sono assegnati come servi
alle fattorie argentine.
MONSJCjNOl<.é,
Cf{IEDA ALSt(iNOR.E
E J\\l-LA MADONNA
CHE Ml FACCIANO
f CcVIIRlf<.E E POSSA
FAR.Ht P/<fT~.../
Gli anni di Calcufurà
Gli araucani lasciano placare la
terribile bufera e si riorganizzano.
Un guerriero gigantesco, forte e ter-
ribile come un toro, si pone alla te-
sta delle tribù superstiti. Si chiama
Calcufurà, e per 40 anni sarà il re
della grande pianura. Si scatena il
ma/6n che raggiunge il suo culmine
nel 1855. I villaggi dei bianchi sono
attaccati a uno a uno e saccheggiati.
Gli . incendi illuminano le grandi
praterie, mentre i coloni fuggono
disperati verso le città.
Il governo centrale tratta la pace
con Calcufurà, si torna ai vecchi e
incerti confini del 1833. Ma, battuti
dalle frecce, i bianchi vincono con
l'alcol. Ne regalano enormi quanti-
tà agli indios, che per quella vera
droga perderanno in breve il vigore
e l'indipendenza.
Nel 18,72 si riaccende la guerra.
Nella piana di San Carlos, in sei ore
di battaglia, il generale Rivas batte
il settantenne Calcufurà e uccide
più di mille araucani. È il disastro.
I bianchi li spingono sempre più
verso le cordigliere, recintando con
filo spinato zone sempre più vaste.
I superstiti indios sono cacciati tra
le aride montagne.
Nel 1875, disperati, gli araucani
eleggono un nuovo grande cacico
che spezzi i fili spinati e li conduca
di nuovo verso la fertile pianura. Il
cacico si chiama Manuel Namuncu-
rà, ed è il più giovane figlio del leg-
gendario Calcufurà. Si riaccende
improvviso il malòn. Scorrerie ful-
minee e feroci bruciano i raccolti,
33 - 1 GIUGNO 1992
Zeffirino in viaggio verso l'Italia con mons. Giovanni Cagliero.
incendiano le fattorie, uccidono gli
agricoltori e i gauchos.
Il generale Julio Rocas, ministro
della guerra, organizza un esercito
in quattro colonne. Ottomila uomi-
ni. Il suo piano prevede un rastrella-
mento metodico di tutta la pampa.
La parola d'ordine è: "Con gli in-
dios è ora di finirla per sempre".
L'esercito si muove da Buenos Ai-
res il 16 aprile 1879, martedì di Pa-
squa. Per gli araucani inizia l'ulti-
ma tragedia.
La guerriglia e la resa
La marcia dei militari durò quat-
tro mesi. Praticamente disarmati,
gli indios poterono opporre poca re-
sistenza. Manuel Namuncurà sfuggi
alla cattura fuggendo verso la cordi-
gliera andina con piccole unità di
indios decisi a combattere fino alla
fine. E di lassù diede inizio a una
sanguinosa guerriglia. Le sue orde
si abbattevano di notte sulle fattorie
e sugli accampamenti militari, ucci-
devano e bruciavano senza pietà.
Per anni così. Poi, in una vasta
retata condotta dal generale Ville-
gas, furono catturati duemila arau-
cani. Tra essi Manuel Namuncurà,
sua moglie e quattro figli. Occorre-
va trattare la.resa, perché gli arau-
cani non finissero tutti massacrati.
Namuncurà aveva un'invincibile
diffidenza. Di uno solo si fidava,
don Milanesio. Questo instancabile
missionario salesiano, amico e di-
fensore degli indios, ne aveva impa-
rato la lingua, e superava a cavallo
immense distanze per difendere un
araucano maltrattato o per dare un
battesimo.
I salesiani di Don Bosco erano ar-
rivati in Argentina sette anni prima,

4.9 Page 39

▲back to top
----------BS-
capeggiati da don Giovanni Caglie-
ro. Don Milanesio persuase Na-
muncurà a presentarsi di persona al
generale Villegas, garantendone
l'immunità. Il 5 maggio 1882 entrò
nel forte Roca accompagnato da
nove cacichi. Diede la parola che
non avrebbe mai più combattuto
l'esercito argentino. In cambio ebbe
titolo, divisa e stipendio di colon-
nello argentino. Alla sua tribù fu
assegnato un vasto territorio fertile
nella vallata del Rio Negro. Altri
territori furono assegnati alle altre
tribù. Ma 12 anni dopo, tradendo la
parola data, i militari comunicaro-
no a Namuncurà che doveva trasfe-
rirsi con la sua gente nell'alta valle
dell'Aluminé, tra i picchi nevosi
delle Ande. Vecchio e avvilito, Na-
muncurà partì 'con i suoi verso la
"riserva". Accanto a lui sgambetta-
va un bambino di otto anni. Era il
sesto dei suoi dodici figli. Lo aveva
chiamato Morales, ma presto gli
avrebbe cambiato nome, chiaman-
dolo Zeffirino.
Un notevole "salto di qualità" si
verificò in lui nel settembre 1898. Si
accostò alla prima Comunione. Con
la lealtà caratteristica della sua gen-
te, il dodicenne araucano considerò
quell'avvenimento un impegno asso-
luto per tutta la vita. Accettando di
incontrarsi con Gesù "amico e fra-
tello" , s'impegnò a vivere come suo
"alleato" per sempre. Alla vigilia,
facendo violenza al suo tempera-
mento, andò a chiedere perdono a
un compagno che aveva offeso.
I momenti più belli, Zeffirino li
passava quando veniva a trovarlo
don Milanesio, portandogli notizie
della sua famiglia e della sua tribù.
Fu in quegli inc.ontri che Zeffirino
cominciò a sognare di diventare non
un politico o un militare, ma un sa-
cerdote come don Milanesio.
Avrebbe difeso la sua gente dai
bianchi e dal loro alcol (che li stava
sterminando), e dalle barbare abitu-
dini che consideravano sacra la ven-
detta e onorevole l'uccisione del ne-
mico.
ll lungo viaggio di Zeffirino Riabbracciò il vecchio padre
1897. Dopo aver discusso con gli
anziani della tribù, il vecchio cacico
annuncia a Zeffirino che faranno
un lungo viaggio: «Ti porterò a
Buenos Aires, alla scuola dei bian-
chi. Tu sei intelligente e sei l'ultima
speranza della nostra gente. Se di- .
venterai un militare o un politico
potrai difendere i diritti degli arau-
cani. Altrimenti per la nostra razza
sarà finita per sempre».
A Buenos Aires, Namuncurà por-
tò il figlio di 11 anni alla Scuola Mi-
litare. Ma in pochi giorni la discipli-
na ferrea e gli scherzi crudeli dei
compagni terrorizzarono Zeffirino.
Pregò il padre di portarlo via. Su
suggerimento del presidente della
Repubblica, Namuncurà lo portò al
collegio Pio IX dei Salesiani, dove
in quei giorni si trovava il vescovo
Giovanni Cagliero . Zeffirino si tro-
vò abbastanza bene. Dimostrò subi-
to una tenace volontà, ma insieme
un forte istinto alla libertà totale e
prepotente. Per alcuni mesi rifiutò
di mettersi in fila con gli altri. A
scuola imparò a leggere in pochissi-
mo tempo, e acquistò una calligra-
fia nitida e slanciata.
Ma proprio in quegli anni del suo
sviluppo fisico, si affacciò la grave
minaccia che stava facendo strage
tra gli indios più sani dell'America
del Sud. Fortissimi nel loro ambien-
te, il loro organismo si rivelava indi-
feso contro i germi delle comuni
malattie portate dai bianchi: raf-
freddori e bronchiti si trasformava-
no rapidamente in tubercolosi, che
li stroncava. Al quarto anno di Bue-
nos Aires, mentre si faceva un gio-
vanotto alto e massiccio, Zeffirino
cominciò ad avere una tosse conti-
nua e ribelle ad ogni cura.
Il vescovo monsignor Cagliero,
informato, fece tornare Zeffirino a
Viedma, dove egli risiedeva, città
dal clima molto più fresco, di lo
fece accompagnare tra la sua gente,
nell'alta valle dell' Aluminé. Il quin-
dicenne riabbracciò il vecchio padre
e i fratelli. Per trenta giorni respirò
l'aria sottile delle Ande, strappò coi
denti la carne della selvaggina ab-
brustolita sui fuochi del campo,
dormì nelle baracche ravvolto nella
calda pelle del guanaco. Si sentì me-
glio, ma la tosse non scomparve. I
polmoni erano ormai intaccati, e il
freddo delle notti finì per peggiora-
re la situazione.
Nel 1904 monsignor Cagliero fu
nominato arcivescovo e fu chiama-
to a Roma dal Papa. Zeffirino, che
l'anno prima aveva avuto un crollo
di salute sopportato con amore
grande per il Signore, lo pregò di
portarlo con sé. Cagliero sapeva che
in Europa la medicina era molto più
specializzata che nell'Argentina di
quegli anni. Ma sapeva anche che
contro la tbc non esistevano cure ef-
ficaci. Consultò il vecchio Namun-
curà. Solo dopo il suo consenso ac-
contentò Zeffirino.
Morire tra gli ulivi di Roma
Sbarcarono a Genova nel torrido
agosto 1904. Salirono a Torino do-
ve li accolse paternamente don Rua,
successore di Don Bosco e oggi Bea-
to. Scesero a Roma a incontrare il
Papa. Pio X ebbe un momento di
intensa commozione nel guardare
quel giovane araucano, che anche
esternamente sembrava un angelo
dalla faccia scura.
All'arrivo dell'inverno, Zeffirino
tentò di riprendere i suoi studi nella
scuola salesiana di Villa Sara, tra gli
ulivi e le vigne della mite campagna
romana. Un suo compagno di studi
ricorda: «Era sempre serio, quasi
mesto. Ma il sorriso brillava nei
suoi occhi. In chiesa tutti lo ricorda-
no raccolto in preghiera come un
angelo» .
.Le cure non servirono più ·che
tanto. Nella primavera del 1905 la
febbre lo consumò giorno per gior-
no, fino a togliergli ogni forza. Bi-
sbigliava: «Pregate per me, che pos-
sa guarire, diventare sacerdote... se
piace al Signore». In aprile fu tra-
sportato all'ospedale romano dell'i-
sola tiberina. Zeffirino sapeva di
star morendo, e chiese di ricevere
ancora Gesù Eucarestia, !"'allea-
to" a cui era rimasto totalmente fe-
dele. Si spense nel mattino dell' 11
maggio 1905 .
Oggi i suoi resti mortali riposano
nella cappella di Fortin Mercedes,
sul Rio Colorado. E le folle di ra-
gazzi che si recano a pregare sulla
sua tomba, pregano perché il primo
santo argentino sia quel ragazzo
araucano.
Teresio Bosco
1 GIUGNO 1992 - 39

4.10 Page 40

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Borsa: in memoria di suor Orsi
nel 50° della morte, a cura di
don Battista Ravini, L.
1.000.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice e S. Giovanni Bosco,
in memoria dei genitori Luigi e
Sabina, a cura di N.N., L.
1.000.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice, ringraziando e invo-
cando continua protezione per
la famiglia, a cura di Giussani
Delia, L. 1.000.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice, in memoria
dei genitori e del fratello Alear-
do, a cura di Manfredi Wilma,
L. 1.000.000 - Borsa: in me-
moria di Giudice Nino Scopelli-
ti, a cura della sorella ed amici
e di T. Di Francesco e Zoccali,
L. 1.000.000 - Borsa: Madre
Mazzarello, a cura di N.N., L.
600 .000 - Borsa: S. Domenico
Savio, ringraziando per guari-
gione della sorella e per aiuto a
vecchi e ammalati, a cura di Er-
nestina P., L. 500.000 - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice, Santi
Salesiani, in ringraziamento
per grazia ricevuta, a cura di
Maria Antonietta e Carloni, L.
500.000 - Borsa: S. Domenico
Savio, in memoria di don Carlo
Vinciguerra, salesiano, a cura
delle sorelle Teresa e Giovanna,
L. 500.000 - Borsa: Vittorio
Talarico, a cura di Liliana Ta-
larico, L. 500.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice, per ringra-
ziamento e protezione della fa-
miglia, a cura di Renato e Car-
lo Bertoglio, L. 300.000 -
Borsa: S. Domenico Savio, per
ringraziamento e protezione, a
cura di Gerolamo Lanata, L.
300.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bosco, in
memoria e suffragio dei genito-
ri Cherubina e Antonio Repos-
si, a cura della figlia Rosina Re-
possi, L. 300.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per grazia ricevuta, a cura
di Lasagna Renata, L. 300.000
- Borsa: Don Bosco, a cura di
Grossi Evelina, L . 300.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, Domenico Savio, per
ringraziamento, a cura di Re-
nata Martini, L. 300.000 -
Borsa: S. Domenico Savio, in-
vocando protezione sul piccolo
Jacopo, a cura di Nicastro Ma-
tilde, L. 250.000 - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, per ringrazia-
mento e protezione della fami-
glia, a cura di Calcagno Maria,
L. 250.000 - Borsa: Maria
borse di studio
per giovani missionari
pervenute
alla direzione
opere Don Bosco
:, I .J I
,
Vyasarpady (Madras). Casa per gli anziani
dell'opera padre Mantovani .
Ausiliatrice e S. Giovanni Bo-
sco, a cura di Zanin Ivana, L.
250.000 - Borsa: S. Domenico
Savio, a cura di N.N., L.
250.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bosco, in
memoria e suffragio di mia ni-
pote Amalia, a cura di Fulvia
De Marco, L. 200.000 - Bor-
sa: S. Domenico Savio, a cura
degli Alunni di 3• e 4• elemen-
tare dell'Istituto S.G. Bosco di
Canalicchio, CT, L. 200.000 -
Borsa: suor Eusebia Palomino,
per grazia ricevuta, a cura di
N.N., Trento, L. 200.000 -
Borsa: Beato F. Rinaldi, per
grazia ricevuta, a cura di Tam-
burini Anna, L. 200.000 -
Borsa: Don Bosco, in suffragio
dei defunti, a cura di lnchingo-
lo Altomare, L. 200.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, in suffragio
Anime del Purgatorio e invo-
cando protezione, a cura di
Liantonio Marianna, L.
200.000 - Borsa: Don Bosco e
Santi Salesiani, a cura di Rina
Agabio, L. 200.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice, a cura di De
Intinis Teresa, L. 200.000 -
Borsa: Don Bosco, invocando
preghiere per la figlia Elena e
per tutta la famiglia, a cura di
Roveda Giovanni, L. 200.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, per grazia ricevuta,
a cura di N.N., L. 200.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, rin-
graziando e in suffragio dei
miei defunti, a cura di Macchi
Armanda, L. 150.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di
Bellone Margherita, L. 150.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
Santi Salesiani: pregate per noi,
a cura di A .O ., L. 150.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, rin-
graziando e invocando prote-
zione, a cura di Aragona Anto-
nio, L. 150.000 - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, proteggetemi, a cura di
Galeazzi Rosa, L. 150.000 -
Borsa: S. Giovanni Bosco e
Santi Salesiani, a cura di Co-
lombano Renzo, L. 150.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, Domenico Savio, per
protezione, a cura di Pellegrino
Maria ved. Garis, L. 110.000
Borse Missionarie da
L. 100.000
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Don Bosco, per aiuto e prote-
zione, a cura di Castagno Enri-
co e Valeria - Borsa: Maria
Ausiliatrice e S. Giovanni Bo-
sco, in suffragio del def. Piero
e per protezione della famiglia,
a cura di Pittarello - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, in suffragio
della mamma Giambera Rosa,
a cura di Rosina e Calogero
Narese. - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, Don Bosco, Domenico
Savio, ringraziando e invocan-
do protezione sulla famiglia bi-
sognosa di aiuto, a cura d'una
mamma - Borsa: S. Domenico
Savio, invocando protezione
sulla famiglia, a cura di Ex al-
lieva N.N. Calani - Borsa:
Maria Ausiliatrice, per grazia
ricevuta, a cura di Beano Ser-
gio - Borsa: Maria Ausiliatri-
ce, Don Bosco, Don Rua per
grazia ricevuta, a cura di Ceci-
lia Zavattaro - Borsa: Maria
Ausiliatrice, invocando prote-
zione, a cura di Poggese Salva-
tore - Borsa: Don Bosco, a cu-
ra di Casolo Rita - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice invocando pro-
tezione, a cura di Maria S. -
Borsa: S. Giovanni Bosco, in
suffragio di Francesco e per
protezione della famiglia, a cu-
ra di Ellena Maria - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, ringraziando e invocando
protezione a cura di Maria B.
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
Don Bosco, ringraziando e in°
vocando protezione sui nipoti
Barbara e Cristian, a cura di
Bruno Maddalena - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, a cura di Fani Francesco e
Rita - Borsa: Maria Ausilia-
trice e Don Bosco, in memoria
di Giacomo Montagna, a cura
di Montagna Ennio - Borsa:
Maria Ausiliatrice, Don Bosco,
per grazia ricevuta, a cura di
N.N. - Borsa: Maria Ausilia-
trice per ringraziamento, a cura
di Daglis Deidda Anna - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, per protezione dei fami-
liari, a cura di N.N. - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Santi Sale-
siani, a cura di Giorgio e Ivana
Mensitieri - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Don Bosco, invocan-
do grazie, a cura di Mario Roc-
cataglia - Borsa: Don Bosco,
in suffragio di Domenica e Sera-
fino Spandri, a cura di Spandri
Adele - Borsa: Maria Ausilia-
trice, Don Bosco, Domenico Sa-
vio, invocando aiuto, a cura di
N.N. - Borsa: Maria Ausilia-
trice e Don Bosco, in suffragio
dei defunti e invocando prote-
zione sulla famiglia, a cura di
Anna M. - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, in suffra-
gio dei defunti genitori, a cura
di Anzalone Drago Maria -
Borsa: S. Cuore di Gesù e Ma-
ria Ausiliatrice, a cura di N.N .
40 · 1 GIUGNO 1992

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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MOTTO Giulio, cooperatore, t Missaglia (Co-
mo) il 22/2/1992 a 80 anni.
Di famiglia profondamente cristiana, che aveva
dato alla Chiesa quattro sorelle religiose e uno
zio sacerdote salesiano missionario in Brasile, ha
dedicato tutta la sua vita al lavoro e alla numero-
sa famiglia. Il Signore gli ha chiesto il sacrificio di
12 anni di vedovanza, ma lo ha premiato con
un'invidiabile forza d'animo e un'ottima salute.
Cooperatore salesiano fin dagli anni '50, allorché
le FMA e poi i salesiani ;:iprirono in paese il novi-
ziato, era felice e orgoglioso di aver donato una
figlia all'Istituto della Riparazione e un figlio, sa-
cerdote, a Don Bosco. Sentiva e comunicava a
tutti lo spirito salesiano fatto di fede, onestà, im-
pegno, serenità e gioia di vivere. Devotissimo del-
la Madonna, la morte lo colse all'alba di un saba-
to, e I funerali ebbero luogo nella basilica-
santuario mariano di Missaglia, che non poté
contenere tutta la folla dei partecipanti e la stam-
pa locale ne dovette registrare l'eco.
VERONESE suor Maria, Figlia di Maria Ausilia-
trice, t Rosa (Vicenza) il 3/1/1992 a 77 anni.
Con la sorella Ernesta e il fratello Giuseppe,
missionario in Brasile, ha condiviso l'ideale sale-
siano, trasmettendolo anche ai due r,ipoti. L'ora-
torio e la catechesi sono stati la sua passione. Fi-
no a quando la malattia non la bloccò rimase in
mezzo ai ragazzi con una incredibile vivacità. Ne-
gli ultimi anni fu costretta alla carrozzina, ma il
suo cuore rimase vigile e attivo.
MORBELLO suor Maria Luisa, Figlia di Maria
Ausiliatrice, t Tortona (Alessandria) 1'11/1/1992
a 63 anni.
Fu educatrice salesiana nella stessa scuola
(Torino) in cui era fiorita la sua infanzia. Quando
dovette lasciare l'insegnamento, svolto sempre
con serietà e impegno professionale, conservò vi-
vissimo il ricordo dei suoi alunni. Negli ultimi dieci
anni fu responsabile deli;:i scuola di Tortona, dove
si conquistò la fiducia di tutti: genitori, insegnanti,
allievi. L'ultimo suo gesto fu un'adesione piena al
Signore amato nel silenzio, nella semplicità e nel-
la vita faticosa della croce.
MUSIOL suor Edvige, Figlia di Maria Ausiliatri-
ce, t a Cremisan il 26/12/1991 a 81 anni.
Nata in una famiglia molto povera dell'Alta Sle-
sia (Germania) entrò nell'Istituto ancora giovane,
appena la famiglia, emigrata in Baviera, conobbe
le Figlie di Maria Ausiliatrice. Subito dopo la pro-
fessione partl per l'Egitto come missionaria e a
Heliopolis lavorò apostolicamente per 57 anni.
Con la sensibilità dell'artista - era insegnante di
disegno - riusciva a parlare di Dio. Smise di di-
pingere solo dopo che la vista cedette. Negli ulti-
mi anni trovò conforto nella contemplazione: cro-
cifissa da un'artrosi deformante, offrl tutto al Si-
gnore per la salvezza dei giovani.
VALLEBUONA MEREA monsignor Emilio, sa-
lesiano, t Lima (Perù) Il 28/11/1991 a 61 anni.
Nacque a Lima (Perù) da genitori di origine li-
gure, che fecero studiare i loro figlioli nel collegio
dei Fratelli delle Scuole Cristiane della città. A 16
anni divenne salesiano e fu inviato a studiare in
Italia. A 39 anni, dopo un'intensa e qualificata at-
tività pastorale, fu nominato ispettore. Divenne
quindi vescovo ausiliare e poi vicario della diocesi
di Piura; e nel 1978 fu promosso vescovo di Hua-
raz, una diocesi andina a più di 3.000 metri sul
mare. I frequenti, lunghi e pesanti viaggi, il lavoro
intenso e non privo di ostacoli, le azioni di violen-
za e di disturbo del gruppo terrorista "Sendero
Luminoso" gli rovinarono la salute. Di carattere
fermo e deciso, poté apparire a volte inflessibile
e quasi rigido . In realtà ogni giorno faceva sua
una lunga preghiera, nella quale diceva: «Inse-
gnami, Signore, a essere dolce e delicato in tutte
le vicende della vita. Aiutami a rendermi più soa-
ve, paziente, non irritabile, generoso nel perdo-
no, non meschino, arrogante e insofferente.. ·"·
Due mesi prima di morire aveva partecipato con
il Rettor Maggiore ai grandi festeggiamenti per il
centenario dell'arrivo dei salesiani in Perù .
PICCO PAVESIO Elena, cooperatrice, t Pia-
nezza il 18/1-2/1991 .
Dotata di una fede profonda, di grande forza
d'animo e di bontà semplice e generosa, fu a lun-
go attivissima presidente della San Vincenzo par-
rocchiale. Fu collaboratrice del Laboratorio Mam-
ma Margherita, dove per anni le sue abili mani
hanno cucito, rammendato e ricamato paramenti
sacerdotali. Lascia il ricordo di tanti insegnamenti
preziosi, accompagnati da un intraducibile sorri-
so, che illuminava e confortava. Al termine della
corsa, ha raggiunto ora il Signore, e si è riunita al
compagno di 60 anni della sua vita.
RUBATTO architetto Giovanni, salesiano, t
Roma-Casa Generalizia I' 1/3/1992.
Capo Ufficio Tecnico dell'Economato generale,
è rimasto al suo posto di lavoro fino a pochi giorni
prima di morire. Allievo, collaboratore e poi suc-
cessore dell'architetto Giulio Valletti a Valdocco,
ne aveva mutuato anche le numerose virtù. Lavo-
rò a molti progetti edilizi, ma il suo capolavoro fu
il tempio di Don Bosco al Colle, di cui diresse i la-
vori, apportando anche opportune modifiche al
progetto iniziale dell'ingegner Ronca. Appassio-
nato di Don Bosco e della sua vocazione, fu un
salesiano laico come voleva Don Bosco: uomo di
fede e laborioso, fedele alle pratiche di pietà, pru-
dente nel tratto e nelle parole, amante della vita
di comunità.
MAPELLI sacerdote Aurelio, salesiano, t
Cuenca (Ecuador) il 4/9/1991 a 80 anni.
Nato a Pagnano (Merate), ha vissuto l'ideale
missionario di Don Bosco in Ecuador, in forma
ininterrotta per più di 50 anni. Apostolo dei giova-
ni, li ha formati soprattutto attraverso la scuola
agricola, nella quale si è rivelato geniale creatore
e propulsore infaticabile.
D'ANTONI Eros, cooperatrice t Roma il
18/11/1991 a 66 anni.
Di vita cristiana esemplare, generosa nel servi-
zio verso gli altri, superò con esemplare fortezza
le numerose prove che segnarono dolorosamen-
te la sua esistenza. Di carattere aperto e gioviale,
creava rapporto di amicizia con chiunque, diffon-
dendo gioia e speranza. Si sentiva veramente
"salesiana", vivendo come cooperatrice lo spirito
del Fondatore e partecipando assiduamente ai
momenti formativi e di attività dell'associazione.
GILABERT sacerdote Oscar Juan Carlos, sale-
siano, t Ramallo (Buenos Aires) il 29/12/1991 a
63 anni.
Era economo ispettoriale, incarico che svolge-
va con responsabilità e spirito di servizio. Fu un
uomo di preghiera e di profonda vita spirituale,
che si dedicava con passione alle attività pastora-
li e ai ministero sacerdotale. È morto in un inci-
dente automobilistico, scontrandosi con un ca-
mion lungo la strada che va da Buenos Aires a
Rosario. Era stato direttore a Rosario e a San-
ta Fe.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
«... lascio alla Direzione Generale
Opere Don·Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati:
«... annullq ogni mi~
· precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)
1 GIUGNO 1992 - 41

5.2 Page 42

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l
r lO E LA MIA
BAMBINA
PREGAMMO
INTENSAMENTE
La mia bambina di otto anni si
era ferita al pollice chiudendo-
selo in una pesante botola di
ferro. Al "pronto soccorso" ci
dissero che c'era una probabi-
le lesione del tendine. In atte-
sa dell'arrivo dell'ortopedico,
io e la mia bambina pregam-
mo intensamente Maria Ausi-
liatrice. Quando l'ortopedico
chiese alla mia figliuola di pie-
gare il pollice, questo, pur
martoriato, rispose al movi-
mento. Ci sembrò un mira-
colo!
Di Salvo Nella,
Patagonia (CT)
r DAL PROFONDO
DEL CUORE DICO
GRAZIE
Qualche mese fa, son ricorsa
con tanta fiducia a Don Bosco
perché la prognosi diagnosti-
cata dai dottori per un mio fi-
glio risultasse benigna. Cosl
in realtà è stato, per cui dal
profondo del mio cuore dico
Grazie a questo potente inter-
cessore.
A.L., Cuorgnè (TO)
r NON FINIRÒ MAI
DI RINGRAZIARE
Un anno fa, in circostanze tra-
giche, nacque la mia nipotina,
al settimo mese di gestazione.
Secondo i medici, le possibili-
tà di sopravvivenza erano po-
che e nell'eventualità fosse
sopravvissuta era improbabile
che crescesse normale. Mi af-
fidai con fiducia a Maria Ausi-
liatrice. A distanza di un an-
42 · 1 GIUGNO 1992
no, la mia nipotina sta bene ed
io non finirò mai di ringraziare
la cara Ausiliatrice.
Buselli Rosina,
Orciano (PI)
r ERO DIVENTATO
CIECO
Sono appena uscito dal perio-
do più difficile della mia vita.
Una degenerazione della reti-
na mi ha portato sull'orlo della
cecità completa. Stavo lottan-
do contro tale evenienza
quando mi giunse una lettera
di una signora conosciuta
molti anni prima in treno. Era
venuta a sapere il mio caso e
p,i invitava a raccomandarmi
a Don Bosco. Così ho fatto,
con tutta la fiducia a me possi-
bile. Una sera - ero a letto -
sentii come due mani leggere
posarsi sui miei occhi e mi ad-
dormentai. A cominciare dal
giorno seguente il migliora-
mento divenne sempre più ac-
centuato sino a raggiungere
un livello che io non mi sarei
mai aspettato. Non ho che da
esprimere tutta la mia com-
mossa gratitudine.
Sisto Cicoria,
Montefiascone (VT)
r COL CUORE
APERTO ALLA
RICONOSCENZA
Ho 77 anni di età. Dovendo
subire un pericoloso interven-
to chirurgico ho invocato con
fiducia il Venerabile Andrea
Beltrami di cui, in un caso
precedente, avevo già esperi-
mentato la potente interces-
sione. Tutto è andato per il
meglio. Son tornato a godere
buona salute col cuore aperto
alla riconoscenza.
Gaeta Manfredo,
Lanciano (CH)
r NON FA STREPITI
MA FA COSE
STREPITOSE
Un mio congiunto si trovava in
una situazione molto doloro-
sa, con gravi risvolti in campo
spirituale e materiale. Con tut-
ti i famigliari ci siamo affidati a
suor Eusebia Palomino pre- HANNO OTTENUTO
gandola ogni giorno. La situa~
"GRAZIE":
zione peggiorava sempre più.
Ma quando tutto sembrava
inutile, avvenne qualcosa che
soltanto con la fede si può
Rosso Giovanna - Vercelli
(per intercessione di don
Rinaldi) / Maria Ferrara -
Torino (per intercessione
spiegare: le difficoltà sono di Don Bosco)/ Elsa Datti-
man mano scomparse ed è
tornata la gioia e la serenità in
tutti. Suor Eusebia non fa stre-
piti ma fa cose strepitose.
lo - Torino (per intercessio-
ne di suor Eusebia Palomi-
no) / Iva Carapelli - _Siena
(per intercessione di Don
Bosco) / Riccardo Chieco -
P.M., ,Torino
Ruvo (BA) (per intercessio-
ne di Don Bosco) / Bocca
Maria - Torino (per inter-
cessione di Don Bosco) /
Paola Torretta - Torino (per
intercessione di Maria Au-
siliatrice) / Crotta Romana
- Pratiglione (TO) (per in-
tercessione di San Dome-
nico Savio) / Maggio Giu-
seppe - Ovada (AL) (per in-
tercessione di Don Bosco)
/ Brunello Ivana - Luino
(VA) (per intercessione di
San Domenico Savio) /
r DOMENICO SAVIO
'NON Ml HA
DELUSO
Baima Maria - Noie Cana-
vese (TO) (per intercessio-
ne di Don Bosco) / Masili
Francesco - Guasila (CA)
(per intercessione di Don
Bosco)/ Pagani Piera - Mi-
lano (per intercessione di
Il 7 agosto 1990 nasceva Ma-
ria Domenica. Al momento
Don Bosco) / Baldi Elena -
Capranica (VT) (per inter-
cessione di Don Bosco) /
della nascita, i medici decise- Costanza Carmelina - Fa-
ro per il taglio cesareo perc!Jé
la bambina era podalica con
due giri di cordone ombelica-
le. Per me, già operata di altri
due cesarei, poteva essere
vara (AG) (per intercessio-
ne di San Domenico Sa-
vio) / Perito Danilo - Bolo-
gna (per intercessio·ne di
San Domenico Savio) /
Manganotti Renata - Vero-
molto pericoloso. Mi affidai al- na (per intercessione di
l'intercessione di Domenico
Savio. Mi procurai il suo abiti-
no che portai sempre al collo.
Egli non mi ha deluso. Tutto
don Rinaldi) / Livia e Piero
<3. - Pianezza (TO) (per in-
tercessione di San Dome-
nico Savio).
infatti è andato bene e il nome
dato alla bambina è l'espres-
sione della nostra ricono- Domenico Savio e mi racco-
scenza.
mandai a lui con tutta l'anima.
Giovanardi Marisa,
Quattro Castel/a (RE)
Oggi sono madre di una bella
bambina cui abbiamo dato il
nome di Barbara Domenica.
r CONOBBI
DOMENICO SAVIO
lnfantino Maria Pia,
Villarosa (EN)
Dopo varie gravidanze invo-
lontariamente interrotte, quan-
do ormai si faceva strada lo
sconforto e la tristezza, una
mia nonna materna, molto reli-
giosa, mi inviò l'abitino di Do-
menico Savio. Conobbi così
Per lapubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza
recapito. Su richiesta si
potrà omettere l'indica-
zione del nome.

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Nome: Luigi Zonta
Nato a: Romano d'Ezzelino (VI)
Età: 56
Attività: Salesiano laico
Grafico-progettista-pittore
Attuale residenza: Leumann(Torino)
Notizie utili: Ha eseguito i dipinti al
Tempio Don Bosco al Colle.
Quale periodo della sua vita ricor-
da con maggior soddisfazione?
La mia giovinezza perché lineare e
piena di entusiasmo.
Una caratteristica del suo tempe-
ramento:
La disponibilità.
Il più bel ricordo di quando era
bambino:
La vita serena e laboriosa dei
campi.
La virtù che più apprezza in chi le
sta vicino:
La discrezione.
Il difetto che perdona più f acil-
mente:
La presunzione.
Il periodo storico in cui le sarebbe
piaciuto vivere:
L'attuale.
Il personaggio vivente che più am-
mira:
Per la solidarietà, Giovanni Pao-
lo II. Per il coraggio Gorbaciov.
Se per un giorno f asse Dio...
Mi sentirei più responsabile.
Il libro che sta leggendo:
«Don Bosco ritorna», di don Vi-
ganò.
Un suo obiettivo preciso?
Dare una mano a costruire il fu-
turo.
Un motto per la sua vita:
Progettare l'avvenire.
Una frase che vorrebbe sentirsi
dire?
Che il mio pensiero è comprensibi-
le e comunicativo.
L'ultimo programma televisivo
visto:
Seguo l'attualità e qualche sceneg-
giato .
Qual è l'invenzione tecnica che più
ammira?
Gli strumenti che riducono i tempi
di lavorazione.
Qual è il suo artista preferito?
Picasso. Per la scultura, tutti i ro-
manici.
Qual è il maggior problema dei
giovani d'oggi?
Conservare il cuore senza malizia.
La più bella qualità di una ra-
gazza?
Essere donna in positivo.
Quale quotidiano legge?
La Stampa, La Repubblica, l'Av-
venire.
Qual è il suo settimanale?
Ne curioso vari.
Cosa avrebbe fatto nella vita se
non 'Si fosse fatto salesiano?
L'operaio.
Qual è l'opera artistica che le ha
dato maggior soddisfazione?
La decorazione di alcune chiese.
Lei lavora nel mondo della comu-
nicazione. Quale giudizio ne dà?
Il linguaggio audiovisivo è straor-
dinario. Purtroppo è ancora molto
costoso .
Cosa vorrebbe dire ai giovani
d'oggi?
Non perdete tempo in cose banali.
Vi ritrovereste vuoti.
HANNO DETTO
«Quando sento gli amici dire
che sperano di risparmiare ai ti-
gli le privazioni che essi hanno
conosciuto, non sono d'accor-
do con loro. Sono quelle priva-
zioni che ci hanno fatto diventa-
re quel che siamo. Si può parti-
re svantaggiati in molti modi
nella vita, e uno di questi può
essere il fatto di aver avuto la vi-
ta troppo facile».
(William M. Batten
su Fortune)
«L'atteggiamento nei con-
fronti degli anziani dice vera-
mente quanto vale una civiltà».
(Abbé Pierre)
«Astenersi dalla televisione
volontariamente in certi periodi
e come esercizio ascetico è una
pratica da raccomandare».
(Claudio Sorgi)
LA BUONA NOTIZIA
I preti piacciono agli italiani.
Nella classifica delle categorie più
amate seguono a ruota polizia, ca-
rabinieri e insegnanti, distanzian-
do di molte lunghezze giudici,
giornalisti e industriali. Il dato è ri-
cavato da un doppio sondaggio
commissionato alla Doxa nel 1990.
I sacerdoti godono di " considera-
zione medio alta", tanto che il 32
per cento degli intervistati gradi-
rebbe un prete per amico. E il 35
per cento sarebbe contento se un
figlio o un nipote si facesse prete (il
25 per cento non lo vorrebbe, men-
tre il 40 per cento è indifferente).
Che cosa si attendono gli italiani
dai sacerdoti? «La capacità di ca-
pire i bisogni e le difficoltà della
gente», prima di tutto, e poi «amo-
re, carità», e, naturalmente, «di-
sponibilità».
«Un prete in paradiso
o all'inferno non ci va
mai solo».
Don Bosco
1 GIUGNO 1992 - 43

5.4 Page 44

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TORINO C,M,P. ,,
écn SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Giacomo Dacquino
Libertà di invecchiare
Educare al futuro , pag. 232, rii., L. 23.000
'. l
Una delle sfide più impegnative
ché si pone oggi alla società è
quella del suo progressivo
invecchiamento, determinato
dall '.àumento delle prospettive di
vita e dal calo della natalità.
Psicologicamente impreparati e
culturalmente sprovveduti ad
affrontare il·fenomeno, abbiamo
bisogno di «capire» che cosa
succede e di «comprendere»
l'anziano.
Il libro è una buona guida per
raggiungere questi obiettivi e
tradurli in un «fare» significativo.
Giacomo Dacquino
Un'arte che si impara
aJì SOCIETÀ
Z/ EOITRICE
lt-lTERNAZJONALE
TORINO