Bollettino_Salesiano_199201


Bollettino_Salesiano_199201

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Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito dal-
la Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Roma-
Aurelio - Tel. 06/65.92.915 - Fax 06/65 .92.929.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugenio Fizzotti - Francesco Motto.
Collaboratori: Teresio Bosco - Michelino Davico - Moni-
ca Ferrari - Sergio Giordani - Pierdante Giordano - Mar-
gherita Maderni - Antonio Mélida - Jean-François Meurs
- Gaetano Nanetti - Nicola Palmisano - Angelo Paoluzi -
Cosimo Semeraro - Silvano Stracca - Stelvio Tonnini.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
·
Il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a pub-
blicarle relativamente alle esigenze redazionali. Testi e
materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Pasquale Massaro) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 44.60.945.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 40 edizioni nazionali e 19 lingue
diverse (tiratura annua oltre 1Omilioni di copie) in: Antille
(a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria -
Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Canada - Ce-
coslovacchia (in slovacco) - Centro America (in Guate-
mala) - Cile - Cina (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador
- Filippine Francia - Germania Giappone - India (in
inglese, mal11yalam , tamil e telugu) - Irlanda - Gran Bre-
tagna - Italia - Jugoslavia (in croato e in sloveno) - Korea
del Sud - Lituania (edito a Roma) - Malta - Messico -
Olanda - Paraguay - Perù - Polonia - Portogallo - Spa-
gna - Stati Uniti - Thailandia - Uruguay - Venezuela -
Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a ch i lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile.
Cambio indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vecchio.
2 - I GENNAIO 1992
SOMMARIO
3 IL RETTOR MAGGIORE
1992: un anno per l'impegno sociale
intervista a Don Egidio Viganò
1O FOTOSERVIZIO
L'ottavo Congresso Latino-Americano
degli exalli~vi
servizio redazionale
14 I 500 ANNI DI COLOMBO
Salesiani in America Latina
di Juan Bottasso
18 DAL SINODO EUROPEO
AL «CONFRONTO '92»
Gioventù della nuova Europa
di Silvano Stracca
22 POSTER
Tutti i bambini sono importanti
24 EDITORIA
Una forte carica di simpatia
di Gaetano Nanetti
26 ANNIVERSARI
Catechesi alle catacombe di san Callisto
di Antonio Baruffa
29 PROTAGONISTI
Suore, ovvero dalla parte della vita
di Margherita Dal Lago
32 DON VINCENZO CIMATTI
«Guarda Don Bosco!»
di Teresio Bosco
35 INTERVISTA
Uno Zairese alla guida dell'lspettoria
dell'Africa Centrale
di Umberto De Vanna
RUBRICHE
Attualità Salesiane, 6 - Lettere , 8 - Prima Pagi-
na, 9 - BS Domanda, 12 - Come Don Bosco, 13
- Libri , 21 - Il Diario di Andrea , 38 - Solidarietà,
40 - I Nostri Morti, 41 - I Nostri Santi, 42 - In Pri-
mo Piano, 43
1 Gennaio 199.2
Anno 116
Numero 1
In copertina:
A pag. 14
il nostro servizio
sui 500 anni
dell'America Latina
(foto Antonio Mélida)

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1992: UN ANNO
PER L:IMPEGNO SOCIALE
Intervista
a Don Egidio Viganò
La Strenna '92 per il
secondo anno
consecutivo fa
riferimento alla
dimensione socio-politica
della fede. Nell'intervista
che pubblichiamo il
Rettor Maggiore ne
anticipa i contenuti e
indica l'ambito dei
progetti.
A 1termine del Capitolo Genera-
le 23°, il Rettor Maggiore in-
vitava la Famiglia Salesiana a «pos-
sedere una vera competenza nella
Dottrina sociale della Chiesa», af-
fermando cha la nuova evangelizza-
zione andava di pari passo con la di-
mensione sociale della carità; e
esprimeva l'auspicio che in questo
ambito si progredisse e si facesse di
più. E il Capitolo nel suo documen-
to finale affermava: «Migliaia di sa-
lesiani ogni giorno sono sollecitati
dalla tragedia dei poveri, con essa si
confrontano e per i poveri danno la
vita. La sfida è continua, mentre
emergono nuovi problemi che ri-
chiedono la partecipazione attiva
dei singoli: la pace, l'ambiente, l'u
so dei beni, la questione morale, i
rapporti internazionali, i diritti del-
le persone indifese».
Per il secondo anno consecutivo
la Strenna del Rettor Maggiore fa
riferimento a questa dimensione del
carisma salesiano. L'anno scorso la
Famiglia Salesiana è stata invitata a
vivere «la dimensione sociale della
carità». La Strenna 1992 si colloca
sulla stessa linea. Afferma infatti:
«LA DOTTRINA SOCIALE DEL-
LA CHIESA È STRUMENTO NE-
CESSARIO DI EDUCAZIONE
ALLA FEDE». L'espressione è sta-
ta presa quasi di peso dalla Centesi-
mus annus. Abbiamo chiesto al Ret-
tor Maggiore se il riferimento a que-
sto importante documento ecclesia-
1 GENNAIO 1992 3

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le fosse intenzioi).ale. «Sì, certamen-
te», ha risposto il Rettor Maggiore.
«Quest'enciclica è veramente un
messaggio profet ico per i prossimi
decenni; ci incariunina a iniziare be-
ne il terzo millennio della fede . A
essa vanno aggiunti altri documenti
del Magistero, soprattutto l'encicli-
ca Sollicitudo rei socialis».
I giovani d'oggi si dicono indiffe-
renti alla politica, mentre molti
adulti prendono le distanze dagli uo-
mini che li governano e vedono la
politica come occasione di "arrivi-
smo, idolatria del potere, egoismo,
corruzione", come dice la Christifi-
deles laici, che però non giustifica
"lo scetticismo e l'assenteismo dei
cristiani per la cosa pubblica". Cosa
fare per ritrovare fiducia nell'impe-
gno politico?
«Sono convinto che si deve ap-
profittare precisamente dell'inse-
gnamento magisteriale per avere un
concetto genuino di una dimensione
così importante e indispensabile
qual è quella della politica.
Si obietta che essa si presenta di
fatto antipaticamente "sporca". È
ciò che succede con tanti altri valo-
ri. Prendiamo il Matrimonio. Per
valutarne la grandezza e per impe-
gnarsi a viverne integralmente il mi-
stero, non si parte da statistiche o
da "stelle" televisive, ma dal pro-
getto di Dio illuminato dal Vangelo
di Cristo e dagli insegnamenti della
Chiesa.
D'altra parte ci sono cristiani che
hanno vissuto e vivono l'impegno
strettamente politico (dell'esercizio
del potere e di iniziative partitiche)
con autenticità, nonostante le diffi-
coltà. Ma poi, "una politica per la
persona e per la società trova il suo
criterio basilare nel perseguimen-
to del bene comune, come bene di
tutti gli uomini e di tutto l'uomo"
(ChL 42).
La Famiglia Salesiana, in partico-
lare gli exallievi laici e i cooperatori:
hanno una presenza significativa e
un certo peso sociale oggi nella so-
cietà, a beneficio dei giovani? O de-
vono ancora conquistarselo?
«Ce ne sono di ottimi, che hanno
una presenza significativa. Certo bi-
sognerà aumentarne il numero, la
4 · 1 GENNAIO 1992
qualità e il peso sociale. A noi inte-
ressa soprattutto la formazione del-
le loro persone».
In che modo la Famiglia Salesiana
si sente oggi interpellata dal mondo
della emarginazione e del sottosvi-
luppo?
«La Congregazione è particolar-
mente presente nel Terzo Mondo a
servizio della gioventù bisognosa e
tra i ceti popolari delle sue numero-
se missioni. Si sta dedicando con
particolari iniziative ai ragazzi della
strada, a tanta gente emarginata e
dimenticata, e anche ai tossicodi-
pendenti e, in genere, alla gioventù
a rischio. L'opzione per i poveri
comporta inoltre preparare chi ne
possa risolvere socialmente i proble-
mi, educare i giovani del popolo al-
la cultura del lavoro e anche curare
e formare buone numerose vocazio-
ni per tale missione» .
La dottrina sociale
della Chiesa
La dottrina sociale come "stru-
mento" di educazione alla fede: po-
trebbe chiarirci meglio questo rap-
porto, soprattutto in una prospetti-
va educativa e pastorale?
«S. Paolo ha scritto ai Colossesi
che in Gesù Cristo solo vale la fede
che opera nella carità. Ciò significa
che la ~ede, per essere autentica, de-
ve divenire un atteggiamento vitale
e quotidiano dell'operosità "del cre-
dente. Non solo una accettazione
intellettuale delle verità rivelate,
magari senza conseguenze di vita,
ma una testimonianza permanente,
ossia una condotta, personale, fa-
miliare e sociale, mossa - nel Cri-
sto - dall'amore di carità verso gli
altri, soprattutto verso i più biso-
gnosi.
L'educazione alla fede, quindi,
non può essere semplice indottrina-
mento, ma un avvio pratico ad
esperienze di testimonianza e di ser-
.vizio. Così la fede dei credenti divie-
ne energia storica per il rinnova-
mento della società».
Don Bosco diceva: «È mio fermo
sistema tenermi estraneo a ogni cosa
che si riferisca alla politica. Non mai
pro e non mai contro». E a Mons.
Bonomelli chiariva il suo pensiero:
«Io mi accorsi che se volevo fare un
po' di bene dovevo mettere da parte
ogni politica». La "politica del Pa-
ter noster" di Don Bosco deve
orientare allo stesso modo anche la
Famiglia Salesiana oggi?
«Il concetto di politica di cui par-
lava Don Bosco non è quello che in-
tende oggi la Dottrina sociale della
Chiesa: c'è un salto di qualità nella
sua concezione culturale.
Ai tempi di Don Bosco in Pie-
monte non c'era "democrazia". La
politica si concentrava nell'esercizio
del potere e la faceva un gruppo di
privilegiati sociali ed era divenuta,
di fatto, fortemente anticlericale.
La risposta di vari credenti era in
conseguenza particolarmente pole-
mica.
Egli, preoccupato dell'educazio-
ne giovanile, non volle entrare in
quella mischia per non perdere la
possibilità di realizzare una missio-
IIl Rettor Maggiore in visita alle
opere del Progetto Africa:
«L'appello d~lla gioventù povera e
bisognosa c! deve interpellare e
muoverci a iniziative coraggiose...

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- - - - - - - - - ~ -- BS-
ne tanto urgente e fondamentale.
La sua prassi educativa, perciò,
era tutta orientata a formare, tra i
giovani del popolo (futura demo-
crazia!), degli "onesti cittadini".
La chiamò "politica del Pater no-
ster" perché intendeva realizzare il
disegno concreto del Vangelo. Oggi
la cultura sociale ha sviluppato la
consapevolezza del popolo, delle
sue responsabilità, del suo essere
portatore di sovranità e del signifi-
cato coinvolgente del bene comune.
In quanto alla politica partitica e
di esercizio del potere, il Magistero
e il nuovo Codice di Diritto canoni-
co stabiliscono per i preti e per i reli-
giosi, lo stesso tipo di atteggiamen-
to seguito da Don Bosco.
In molte nazioni i Salesiani sj
stanno occupando di preferenza dei
giovani più adulti. E nascono propo-
ste di volontariato, di servizi sociali,
di cooperazione, ecc. Si tratta, come
dice l'ultimo Capitolo Generale, «di
educare al valore della solidarietà,
preparando una generazione capace
di costruire un ordine sociale più
umano per tutti». I Salesiani sono
preparati a questo tipo di presenza e
di animazione?
«Il volontariato costituisce certa-
mente una iniziativa nuova e felice
per educare i giovani al servizio, al-
la cooperazione, alla solidarietà, al-
la conoscenza pratica del bisogno
dei più poveri. Il Papa ne ha lodato
più di una volta la positività.
La Famiglia salesiana si è già im-
pegnata da alcuni anni, sia in Italia
che in altri Paesi, con iniziative po-
sitive, fortunatamente in crescita».
Salesiani e politica
I professori Girardi, Lutte, il lea-
der haitiano Aristide e altri possono
essere considerati casi emblematici o
estremi di salesiani che si sono com-
promessi in politica fino a seguire
strade del tutto personali e incompa-
tibili con la vita religiosa. La Con-
gregazione salesiana avrebbe potuto
assumere un atteggiamento più ela-
stico nei loro confronti o non ha
nulla da rimproverarsi? che dire pe-
rò a chi frena ogni coinvolgimento
con i problemi reali della gente?
«Per me questi casi non si carat-
terizzano in primo luogo per un tipo
di impegno politico, bensì per un
profondo cambiamento vocaziona-
le. Perciò il discernimento corri-
spondente va fatto in dialogo perso-
nale e prolungato con ognuno degli
interessati.
A me è toccato solo farlo con
Aristide: è stato lungo, sofferto e
fraterno. Ho già scritto al riguardo
sul Bollettino Salesiano (aprile
1991). Per il bene di tutti, dell'inte-
ressato, della Congregazione sale-
siana -e della Chiesa locale, s'impo-
neva una conclusione di sincerità
espressa pubblicamente che aggiun-
gesse al dato di fatto, liberamente
consumato, la lealtà di riconoscerlo
nell'assemblea dei credenti. Tutto
con fraterna sincerità.
Io credo che la Congregazione sa-
lesiana (espressione qui alquanto
gonfiata perché la maggioranza dei
suoi membri non era a conoscenza
dei fatti) avrebbe da rimproverarsi
il non aver avuto la volontà di farlo,
lasciando prosperare attacchi gravi
all'essenza della vita religiosa e all'i-
dentità del proprio carisma.
Sempre le cose si possono fare
meglio, purché si trovi collabora-
zione; ma cercare d'insinuare difetti
dove c'è stato un meditato e santo
coraggio non mi sembra ricerca di
verità.
A chi frena, poi, ogni coinvolgi-
mento con i problemi reali della
gente, è facile dire che non hanno il
senso della vera fede che agisce co-
me fermento della storia».
In molte parti del mondo la situa-
zione sociale e politica esige cambia-
menti radicali in nome della giusti-
zia. I missionari vivono fianco a
fianco con q1.leste popolazioni e si
prendono cura dei loro figli. Quale
posizione assumere oggi davanti a
queste esigenze rivendicative?
«Bisogna sentirsi solidali con chi
ricerca la giustizia; essere espliciti
nel non accettare progetti èii violen-
za; collaborare con le forze della
Chiesa locale guidata dai Pastori.
I missionari della nostra Famiglia
sanno che questo atteggiamento im-
pegnato, ma equilibrato, lo si può
assumere, certamente con sacrificio
e costanza, quando si amano
"evangelicamente" i poveri, come
Dòn Bosco amava i giovani» .
;;~y}
Il Bollettino Salesiano esce dalla ti-
pografia dieci giorni prima del nuovo
mese e viene spedito con sollecitudi-
ne. Sappiamo purtroppo di notevoli ri-
tardi e di copie che vanno smarrite.
Ogni mese le poste ci restituiscono
alcune centinaia di copie che non so-
no state recapitate ai destinatari.
Questo causa a volte l'interruzione
dell'abbonamento, nonostante la no-
stra buona volontà.
Se qualcuno si vedesse interrom-
pere l'arrivo della rivista per due nu-
meri consecutivi, sarà sufficiente che
ce lo faccia sapere e rimetteremo im-
mediatamente in corso l'abbona-
mento.
Chi fosse a conoscenza di copie
che vanno smarrite o che non sono
desiderate; di doppioni; di lettori che
hanno cambiato indirizzo o che sono
deceduti , ci aiuti a risparmiare e ce lo
faccia sapere. Ci rimandi per favore
l'etichetta accompagnata dalla ne-
cessaria segnalazione.
Il Bollettino Salesiano viene invia-
to gratuitamente a chi ne fa ri-
chiesta. Dal 1877 è un dono di
Don Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra i gio-
vani. Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate subito il
cambio di indirizzo (mandando
sempre la vecchia etichetta).
Scrivete a:
Il Bollettino Salesiano
Diffusione
Casella Postale 9092
00163 ROMA
1 GENNAIO 1992 - 5

1.6 Page 6

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ttualità
KENYA
GIOVANI
INVENTORI
Un articolo elogiativo e una
grande foto annunciava
sullo Standard del 29 giugno
che la scuola professionale
Don Bosco di Embu, aveva
vinto a livello nazionale il
primo e il secondo premio
dello «Science Congress
1991 » e veniva dichiarata la
migliore scuola per la
sezione tecnica. Il cavallo
vincente è stato un tornio
per lavori in legno azionato
a pedale. Invenzione molto
pratica per il basso prezzo
del tornio costruito in legno
e per il fatto di non avere
bisogno di elettricità, col
vantaggio di poter essere
utilizzato in villaggi privi di
corrente. Il secondo premio
è andato a una piccola
falciatrice d'erba . Anche qui
niente motore! Le ruote del
Embu (Kenya). La banda musicale dei giovani
della scuola professionale.
carrello imprimono il moto
alle lame che tagliano l'erba.
La stampa ha elogiato anche
una spruzzatrice agricola
nella quale il moto delle
ruote del carrello mette in
azione la pompa che spruzza
la miscela chimica.
Felicitazioni, ripresa
televisiva, diplomi e coppa
per i geniali inventori. Ma i
salesiani di Embu si
augurano soprattutto che
l'inaspettata pubblicità aiuti
quei giovani a trovare un
buon impiego.
CAMBIA NOME IL
SOGGIORNO
ALPINO DI LES
COMBES
I responsabili della casa
alpina Don Bosco a Les
Combes di Introd hanno
cambiato nome all'edificio
che è stato messo a .
disposizione del Papa per le
sue brevi vacanze in Valle
d'Aosta. È stato ribattezzato
«Soggiorno Alpirto Giovanni
Paolo II» . Il Papa stesso ha
posato per i fotografi e la
televisione davanti alla
nuova targa di legno che
ricorderà questo
cambiamento. In questa casa
Giovanni Paolo II ha cenato
nel luglio scorso coi salesiani
e pochi intimi, in un
simpatico clima di famiglia.
E al termine della cena i
saluti di ringraziamento si
sono mescolati ai
tradizionali canti di
montagna.
ALBANIA
IMMINENTE
L'APERTURA
DELLE PRIME
OPERE
Tre salesiani dell' Ispettoria
Meridionale hanno
effettuato un sopralluogo in
Albania per verificare le
condizioni per aprire un
6 · 1 GENNAIO 1992
fronte salesiano in quel
paes.e. Hanno scritto nella
loro relazione: «Ci viene
offerto un grande campo di
lavoro. Oratori e scuole
professionali potrebbero
essere il campo specifico».
Quest'estate tre salesiani e
otto giovani erano stati per
20 giorni tra i giovani di
Scutari, aprendo un oratorio
volante che ha coinvolto
centinaia di ragazzi e
giovani . Le Figlie di Maria
I Scutari. Oratorio in
piazza e in chiesa, per
gli albanesi.
Ausiliatrice sembrano più
determinate dei Salesiani,
perché - dopo aver fatto
anch'esse un sopralluogo in
Albania - hanno già deciso
di aprire la prima opera a
Scutari. Tre FMA hanno già
ricevuto l'incarico e quanto
prima dovrebbero partire.
BIBLISTI
SALESIANI
D'EUROPA
Si è svolto a Lione in Fran-
cia il Convegno dei Biblisti
Salesiani d'Europa sul te-
ma: «Rassegna-confronto
di esperienze sull'uso del-
la Bibbia nell'evangelizza-
zione dei giovani». Le rela-
zioni sono state di Aram-
barri (Spagna), Bissoli (Ita-
lia), Wahl (Germania):
«L'uso della Bibbia nella
scuola»; Latorre (Spagna),
Mosetto e Perrenchio (Ita-
lia): «La Bibbia nei gruppi
giovanili»; Buzzetti e Fer-
rero (Italia), Toccali (Fran-
cia): «La Bibbia nella co-
municazione». L'incontro
si colloca come preludio e
preparazione al Convegno
mondiale dell 'Associazio-
ne Biblica Salesiana che
si celebrerà nel 1993 a
Guadalajara (Messico) sul
tema: «Parola di Dio ed
- evangelizzazione dei gio-
vani» .

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Foto A. Mari
UN ADEGUAMENTO RIUSCITO
Il card. Castillo Lara ha
consacrato il nuovo alta-
re della basilica S. Gio-
vanni Bosco a Roma. Il
nuovo altare è stato volu-
to con tenacia dal parre-
co don Panfilo, perché
fosse adeguato alle nor-
me liturgiche e allo spirito
del Concilio. Progettato
dal francescano padre
Costantino Ruggieri, è sta-
to realizzato usando un
linguaggio attuale, pur ri-
spettando i toni cromatici
della Basilica. L'altare è
un monoblocco di 1O ton-
nellate. La funzione è sta-
ta animata dai giovani: es-
si costituiscono la parte vi-
va dei 70.000 abitanti del
«Quartiere Don Bosco».
Les Combes (Aosta). Il Papa presso il
soggiorno alpino che porta oggi il suo nome.
MOZAMBICO
ARTIGIANI IN ERBA
Dalla capitale Maputo
scrivono le Figlie di Maria
Ausiliatrice: «Il numero dei
ragazzi della strada che
vengono alla nostra casa
nelle ore libere dal lavoro
(sono piccoli venditori
ambulanti occasionali) è in
continuo aumento. Stiamo
compilando schede personali
con i dati essenziali. Ora
hanno tutti un'ora di lezione
e una ventina di loro
frequentano regolarmente la
scuola. È stata una dura
impresa ottenere questo, ma
adesso sono tutti contenti.
Per i ragazzi più grandi
abbiamo dato inizio a un
piccolo laboratorio di
legatoria: i "lavoratori"
sono interessati e impegnati
e ci vengono già
commissionati dei lavori.
Intanto ci diamo da fare per
costruire una casa di
accoglienza che ci consenta
di occuparci anche delle
bambine. Gli aiuti
cominciano ad arrivare. Per
parte nostra cerchiamo di
esigere da ogni ragazzo tutto
quello che può fare: è un
continuo discorso educativo
che si interrompe soltanto
per cinque-sei ore di notte,
quando essi dormono con
una coperta e una stuoia
sotto la tettoia di fronte alla
casa. Siamo molto contente
di trovarci con questi
ragazzini poveri, ma felici ,
sofferenti e coraggiosi. Sono
assai simili a Michele
Magone. Don Bosco ci aiuti
ad aiutarli, a essere per loro
padre e madre» .
Maputo. «Artigiani in erba,, con i loro strumenti di lavoro .
Torino. Le camerette di Don Bosco hanno accolto
questi 22 salesiani convenuti anche da lontano
per ringraziare il Signore per i 50 anni di professione
religiosa. Essi rappresentavano i professi del 1941 di tre
Noviziati: Villa Moglia, Castelnuovo Don Bosco
e Monte Oliveto.
1 GENNAIO 1992- 7

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Lettere
NOTIZIA DI FAMIGLIA. Il
13 settembre scorso i miei ge-
nitori hanno celebrato 50 anni
di matrimonio: anni trascorsi
insieme nel nome del Signore.
I miei genitori ripetono sem-
pre che Dio si è servito di Don
Bosco per fare sentire la sua
presenza nella nostra fami-
glia, specialmente nei mo-
menti critici. Nel 1953 infatti,
mio padre perdeva completa-
mente la vista e si affidava al
Santo dei giovani per condur-
re cristianamente la famiglia.
Alla mia nascita awenuta nel
'59, papà ormai cieco, mi po-
neva ''nelle mani di Don Bo-
sco", come egli stesso ama af-
fermare . Nel luglio scorso sia-
mo riusciti a radunare tutta la
famiglia per far festa e dire
grazie. Siamo quattro fratelli.
A me il Signore ha concesso il
dono della vocazione salesia-
na e sacerdotale».
Don Giuseppe Ruta, Messina.
UNA TV TARGATA DON
BOSCO? . «Ho letto con vivo
piacere l'articolo di Menico
Corrente «L'antenna è il loro
campanile» (cf. BS/ottobre
1991). L'idea di usare i mass
media per "propagandare" la
parola di Dio ed i metodi di
Don Bosco è, decisamente,
degna di ammirazione: gior-
nali, radio e televisione esisto-
no e sono un indiscutibile po-
lo di attrazione soprattutto
per i giovani. Mi sono chiesta,
però: è sufficiente gestire del-
le radio? Non sarebbe ancora
più utile arrivare ad avere una
televisione cattolicà, magari
salesiana? Sento molto il pro-
blema dell'educazione giova-
nile; sono una mamma ed
un'aspirante cooperatrice e
vivo , insieme a mio marito,
un rapporto conflittuale con
la televisione. Dire che non
attragga anche me sarebbe
mentire: nelle serate di neb-
bia, in un paese che non offre
molti momenti di aggregazio-
ne sociale, con un buon bic-
a - 1 GENNAIO 1992
o
C:,.A7'7o Nt
- Poi anche loro diventeranno "grandi" -
chiere di vino ed una fetta di
focaccia, è estremamente pia-
cevòle sedersi sul divano e ve-
dersi il mondo sfilare innanzi.
Ma quando mia figlia prende
il telecomando in mano tremo
come quando mette una spina
nella presa: mi siedo accanto
e sono pronta ad intervenire
per cambiare i canali. Non vi
è, infatti, a mio avviso, nes-
sun criterio educativo che sta
alla base delle programmazio-
ni, anche - ahimè - della
RAI: violenza, sesso e qua-
lunquismo vengono propinati
inopinatamente ed anzi con
una tale abitualità che fa pas-
sare chi si ribella dalla parte
del torto . Mi chiedo allora:
cosa avrebbe fatto Don Bo-
sco, se fosse stato al posto di
noi, educatori di oggi, nei
confronti della televisione?
Avrebbe obbligato i suoi gio-
vani a condannarla in tutto,
avrebbe litigato con i respon-
sabili, come farei io quotidia-
namente, o avrebbe fatto in
modo di far arrivare il suo
dolce sorriso anche attraverso
il teleschermo? Credo che per
la congregazione salesiana,
realizzare anche questa meta
sarebbe - certamente - uno
scherzo da bambini. Perché
non ci mettiamo al lavoro?» .
Mariagrazia Marmi/e
Pavarin, Lendinara (RO).
DIECI ALBERI PER DON
MARCO. «Vi mando la lette-
ra che il signor Daniel Vogel-
mann, ebreo e traduttore de Il
processo di Shamgorod di
Wiesel, mi ha fatto pervenire.
Credo sia una testimonianza
significativa. "Mi è dispiaciu-
to apprendere della scompar-
sa di Marco Borigioanni: ri-
corderò sempre quella memo-
rabile serata a San Miniato
con Elie Wiesel, che lui volle
con tanto coraggio. So che
Marco Bongioanni era since-
ro amico degli ebrei, per cui
ho pensato di ricordarlo pian-
tando dieci alberi in Israele al-
la sua memoria"».
Andreina Rulji,
Sommariva Bosco (CN).
LE SUORE NON CI SONO
ANCORA . «Bene se in ogni
numero c'è un articolo sulle
Figlie di Maria Ausiliatrice. A
proposito del dossier sulla
MISSIONE ANDIJ"fA (cf.
BS/ ottobre 1991): non ci so-
no le Figlie di Maria Ausilia-
trice? Però magnifico l'arti-
colo su -suor Georgina! E
quello su suor Eusebia Palo-
mino ! Bravissimi!».
Suor Imelda Baratto,
Conegliano (TV).
CERCO AMICI. «Sono un
giovane "impiegato" e mi
piacerebbe fare amicizia con
giovani e meno giovani per
confronto e scambio di since-
ra amicizia. Con simpatia vi
ricordo nella preghiera».
Claudio Gritti,
Borgata Chianavasso, 1,
10063 Pomaretto (TO}.
IN UNO SCANTINATO.
«Ho ricevuto per la prima
volta il numero di ottobre del-
la vostra rivista e vi ringrazio.
Ho conosciuto il Bollettino
Salesiano, è il caso di dirlo, in
uno scantinato dove ero an-
dato con alcuni amici a cerca-
re del ferro e dell'alluminio.
Perché quando si è giovani e
non si ha lavoro e si è onesti
tutto deve essere fatto per aiu-
tare la famiglia. Mi creda,
non immagina la "voglia"
che ho di sapere, di conosce-
re, di leggere cose utili. Vege-
to, è il caso di dirlo, in un pic-
colo paese e sembra che qui a
nessuno interessi vivere la vita
e non subirla».
Silvano Baldini,
Sant'Egidio, Teramo.

1.9 Page 9

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di Michelino Davico
PRESENTI INSIEME NELLA SOCIETÀ
Renzo Romor fa parte da sempre
dell'Unione exallievi di Pordeno-
ne. Dopo l'Eurobosco di Lovanio
è diventato presidente exallievi
dell'lspettoria Veneta est. Negli
ultimi cinque anni è stato vice-
presidente nazionale. Nel 33°
consiglio nazionale svoltosi a Ca-
gliari nel settembre scorso, è sta-
to eletto nuovo presidente degli
exallievi italiani.
Classe 1923, allievo del ginna-
sio al Collegio Don Bosco di Por-
denone, dottore in farmacia, spo-
sato con la signora Rosa, padre
di due figli (Gino e Emilia, en-
trambi exallievi e farmacisti),
Renzo Romor è apprezzato per
la sua signorilità e cordialità. Di-
screto e giovanile, sostituisce
nell'incarico il bolognese Walter
Sudanese e sarà coadiuvato nel-
la presidenza da tre vice: il mar-
chigiano Giorgio Bruno, il sardo
Giangaetano Pittaluga e il giova-
ne torinese Stefano Gallarato.
«La serietà e l'entusiasmo», ha
dichiarato subito dopo l'elezione,
«saranno le caratteristiche con
cui cercherò di animare la nuova
Presidenza. Sono anche le carat-
teristiche indispensabili ed es-
senziali per stare con i giovani e
voler loro bene nel tentativo di re-
stituire qualcosa di quanto si è ri-
cevuto dai salesiani».
Interessanti le prerogative e le
linee operative con cui ha dichia-
rato di voler rilanciare l'Associa-
zione per renderla più risponden-
te ai «segni dei tempi» in un'epo-
ca di grandi cambiamenti e tra-
sformazioni sociali e culturali.
«Essere exallievi vuol dire com-
portarsi nella vita secondo un
certo stile, impegnandoci a tutto
campo. Gli exallievi sono perso-
ne attive nella Vita sociale, che vi-
vono coerentemente la loro quo-
tidianità nel lavoro, nella famiglia
e nella Chiesa traducendo, ag-
giornando ed ampliando quell'e-
ducazione ricevuta anche all'e-
sterno del mondo salesiano».
Cagliari. Il neo-eletto presidente
degli exallievi italiani (foto Davico).
NON TRADIRE LE NOSTRE
ORIGINI. Aggiunge Renzo Ro-
mor che gli exallievi devono cer-
tamente essere presenti nella so-
cietà con la loro identità persona-
le, ma non è ancora sufficiente.
Perché l'espansione nel sociale
deve avvenire attraverso l'Asso-
ciazione, nella sua totalità, parte-
cipando insieme alla vita cultura-
le, civile e politica dei nostri gior-
ni. «Insieme dobbiamo dire qual-
cosa di fronte alle urgenze sociali
che drammaticamente interpella-
no la nostra società. Stiamo at-
traversando un momento critico
per quanto riguarda il sociale ed
il politico, ed è giusto che la no-
stra Associazione si esprima.
Non ci interessano tanto le per-
sone o le correnti di potere. Noi
intendiamo difendere la nostra
indipendenza e la nostra libertà e
nello stesso tempo sottolineare
con decisione che siamo per l'o-
nestà e per la chiarezza della ge-
stione sociale e politica. Abbia-
mo un pensiero ben preciso che
deriva dal Vangelo e non possia-
mo disconoscere la nostra origi-
ne. Don Bosco è stato un santo
sociale: ha firmato i primi contrat-
ti di lavoro, ha avuto a che fare
con la politica, si è interessato
del benessere dei suoi ragazzi.
Anche noi dobbiamo maturare
una sensibilità sociale nuova».
BREVI =-== -- ~_ __,
Scrive don Mario Besnate: «A Faenza
ho avuto come allievo un adolescente di
nome Pio Laghi. Anni 1935-37. Avevo
26 anni e insegnavo lettere in gjnnasio .
I miei allievi erano tutti interni, ad ecce-
zione di Pio Laghi, che tornava a casa
dopo le lezioni . Per la sua bontà e bra-
vura, il direttore aveva fatto una dero-
ga. Ho ben chiaro nella memoria la sua
serenità, la sua discrezione e, soprattut-
to, il suo sguardo limpido. Del resto an-
che gli altri suoi condiscepoli posso dire
che erano bravi ragazzi . La riuscita sco-
lastica di Pio Laghi era splendida. Il mi-
gliore della classe. Un giorno mi balenò
nella mente il desiderio di dirgli: "La-
ghi, fatti salesiano" . Ma mi trattenni,
perché il direttore mi aveva detto che sa-
rebbe andato in seminario. E fu un pe-
ne! La sua attività nella Chiesa come
Nunzio in Palestina, in Argentina e p.e-
gli Stati Uniti, l'odierno suo prestigioso
incarico nella Chiesa, non sarebbero!».
Recentemente Madre Teresa si è recata
nello Yemen. Le sue Missionarie della
Carità hanno in questo Stato tre case in
tre grandi città dando testimonianza di
amore in un paese fortemente mussul-
mano. A Sana'a e a Hodeidah hanno
opere per i più poveri e abbandonati, a
Taiz si prendono cura di un lebbrosario.
Madre Teresa è stata accolta ovunque
con grande affetto e venerazione. Cap-
p~llani delle tre comunità di Madre Te-
resa sono tre salesiani indiani dell'Ispet-
toria di Bangalore. Nel suo viaggio Ma-
dre Teresa è stata accompagnata dal mi-
nistro della sanità e dagli ambasciatori
indiano e italiano. Quest'ultimo è exal-
lievo dell'istituto salesiano di Alessan-
dria d'Egitto, ed è di grande aiuto al
parroco salesiano.
t~p ~ 'i-~
~, ~ = - , .,
◊~! ~r
, ""P·
,A,
:''l:) '' """li
(<"~;~)
,, '
~):!)
,,.t.:::: ,.,,.:,.
Il card. Saldarini, arcivescovo di Tori-
no, vice presidente della CEI, diventan-
do cardinale ha chiesto il titolo della Ba-
silica del Sacro Cuore a Roma «per una
comunione di spirito tra la Chiesa di
Torino e il tempio-santuario di Roma,
quali luoghi privilegiati della presenza e
testimonianza della santità di Don Bo-
sco» . Per l' occasione la basilica del S.
Cuore di Roma è stati! elevata al titolo
di chiesa presbiteriale.
1 GENNA,10 1992 9

1.10 Page 10

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FOTOSERVIZIO
~OTTAVO CONGRESSO
LATINO-AMERICANO
DEGLI EXALLIEVI
S i è tenuto a Caracas in Venezue-
la il Congresso latino-america-
no degli exallievi. Presenti i rappre-
sentanti di tutta l'America del sud e
del centro e una folta delegazione
europea, ha visto i 350 partecipanti
vivamente cointeressati al tema:
«La realtà latino-americana: una sfi-
da per l;exallievo e la exallieva di
Don Bosco oggi».
Le conferenze sono state affidate
al dott. Nazario Vivero, professore
di sociologia, e alla exallieva Olga
de Curriel, senatrice e presidente
dell'Ateneo di Coro. Al Convegno
sono stati presenti Giuseppe Castelli
e Rosadele Regge, presidenti confe-
derali, e i delegati centrali, don
Charles Cini e suor Teresita Osio.
Vi erano anche don Martinelli, con-
.sigliere generale della Famiglia Sale-
siana, i due superiori regionali dòn
Techera e don Garcia, e don Van
Looy, superiore generale per la pa-
storale giovanile, soprattutto per
salutare i giovani exallievi. Dice il
segretario generale dott. Tommaso
Natale: «Vivace è stato il dialogo
con i presidenti e delegati presenti:
desiderano più coordinamento e più
aggancio con il centro. Ma le di-
stanze creano difficoltà non indiffè-
renti. Sono state sollecitate, inoltre,
le candidature dell'America Latina
per la nuova presidenza confedera-
le, che sarà eletta a Roma nel mag-
gio 1992».
Ha presieduto la solenne Eucare-
stia di apertura il card . Castillo La-
ra, mentre in qualche modo si sono
resi presenti tutti i vescovi del po-
sto, oltre allo stesso Cardinale di
Caracas.
10 · 1 GENNAIO 1992
Il dottor Castelli, presidente mondiale degli exallievi, riceve dalla federazione
venezuelana il distintivo d'oro. In alto, un momento dei lavori di gruppo.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
----------BS-
Servizio Fotografico di Maurizio Urso.
I La Presidente mondiale delle
exallieve FMA.
I Caracas (Venezuela). Congresso
latino-americano degli exallievi.
Il tavolo della Presidenza.
Nel corso del Convegno i parteci-
panti hanno visitato in pullman le
zone povere della città, quasi per
prendere simbolicamente coscienza
dei grossi problemi sociali dell' A-
merica Latina. «Ciò che mi ha im-
pressionato di più», ha detto don
Cini, «è che il laico exallievo sale-
siano sta assumendo sempre più
una sua propria fisionomia nell'am-
biente socio-politico-culturale dove
vive. La sua non è quindi una iden-
tità debole o superficiale, ma arric-
Dal 30 aprile al 6 maggio 1992 si terrà
a Roma la prima Assemblea Mondiale
Confederale degli Exallievi ed Exal-
lieve di Don Bosco. A questa Assem-
blea parteciperanno i dirigenti nazio-
nali di 11 Opaesi del mondo dove i no-
ve .m.ilioni di exallievi vivono e opera-
no. E la prima volta che tale Assem-
blea viene organizzata secondo il
nuovo Statuto approvato nel gennaio
1990. Scopo principale di tale assise
mondiale, è quello di fare le elezioni
per la nuova Presidenza. Attualmen-
te il Presidente è uno svizzero, il
dott. Giuseppe Castelli, che guida la
Confederazione Mondiale da 11 anni.
Folklore venezuelano e allegria salesiana.
chita ormai da tante esperienze di-
rette che lo mettono a contatto con
realtà brucianti che lo interpellano,
soprattutto per il bene dei giovani».
Le richieste più insistenti sono
state le solite: delegati salesiani più
qualificati e più attenti alle esigenze
degli exallievi, una spiritualità laica-
le più rinnovata secondo gli statuti
e gli ultimi documenti ecclesiali,
una assunzione più convinta del si-
sterna preventivo. Al termine dei la-
vori al dott. Castelli e a don Cini è
stata conferita da parte del ministro
di giustizia venezuelano Alfredo
Ducharne Alanza, l'alta onorificen-
za «Francisco Miranda». L'arrive-
derci è tra quattro anni in Para-
guay. Il convegno sarà organizzato
assieme alle exallieve delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
1 GENNAIO 1992· 11

2.2 Page 12

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* Parroco di S. Maria della Speranza in Roma
a cura di don Stelvio*
«QUANDO IL PAPA
VIAGGIA
FA IL TURISTA?»
Le prime uscite di un Papa pos-
siamo riferirle a Giovanni XXIII. A
suo tempo si diceva con una punta
di sana ironia che dal Vaticano era
uscito di più Papa Giovanni in dieci
giorni di pontificato che Pio Xli in
dieci anni. Ricorderete le visite ai
carcerati, alla Madonna di Loreto,
ad Assisi. Fu poi la volta di Paolo VI:
memorabile il bagno di folla a Geru-
salemme in Terra Santa poi in India.
Ma certamente il grande pellegrino
è l'attuale Pontefice Giovanni Paolo
Il. Non posso nemmeno tentare di
fare un rapido consuntivo di tutti gli
itinerari pastorali del Papa nel mon-
do. Cerco però di dare una corretta
interpretazione. Egli si riferisce al
mandato di Cristo che ha detto agli
Apostoli e ai suoi successori: «Anda-
te in t1:1tto il mondo, predicate il Van-
12 - 1 GENNAIO 1992
gelo ad ogni creatura». Quindi Karol
Wojtyla è consequenziale: dicono
che intende prendere impegni pa-
storali a lungo termine. Evangelizza-
zione e promozione umana. Dovun-
que c'è da portare il messaggio
evangelico in difesa dei poveri , dei
perseguitati, dove c'è da difendere
«l'uomo» c'è la sua presenza e la
sua voce'autorevole. Si sente il par-
roco del mondo. Viaggi faticosi: ba-
sta pensare alle differenze dei fusi
orari, dieci, quindici, venti discorsi
impegnativi per tutte le categorie di
persone: uomini della cultura, politi-
ci, ammalati. Se c'è da privilegiare
una categoria questa ~ la massa dei
giovani che affollano pacificamente
gli stadi per interrogarlo e ascoltar-
lo. Basta uno sguardo alla TV: folle
sterminate, ryiilioni di persone dinan-
zi al Papa. E fare del turismo tutto
ciò? Non l'avete visto qualche volta
appoggiare stanco e pensoso la sua
testa sul caratteristico pastorale che
lo accompagna nelle ~ue visite? H?
imparato diverse lingµe per farsi piu
facilmente ascoltare: convoca a Ro-
ma i Vescovi e tutti gli organizzatori
coinvolti negli itinerari pastorali per-
ché tutto sia ben preparato per una
riuscita ottimale. Non è turismo
quindi, ma ansia apostolica. Deside-
ro concludere con una immagine.
Ecco Giovanni Paolo Il che a S.
Francisco in America abbraccia gli
ammalati di AIDS e in India i lebbro-
si. Non è solo un gesto formale: si
tratta di vero amore per l'umanità,
tutta l'umanità, quell'umanità per la
quale Cristo è morto e risorto. Que-
sti sono i viaggi del Papa: mi levo
tanto di cappello. Ctte ne dite?
«È PECCATO
RUBARE AL
SUPERMERCATO?»
Sono rimasto particolarmente col-
pito nel vedere ultimamente una
scena ... singolare alla TV. Una in-
traprendente e sveglia ragazzina di
scuola media dimostra la sua bravu-
ra a un occasionale amichetto rove-
sciando dalla sua casacca occhiali
da sole, una maglietta, collane e og-
gettini vari ... prelevati durante la vi-
sita fatta insieme al supermercato: il
tutto con grande disinvoltura e natu-
ralezza anche quando il ragazzotto
le d_ice: «Ma tu hai rubato!». Proprio
cosi, oggi si sta consolidando una
certa cultura dell'anonimato che
tende a deresponsabilizzare coloro
che fanno i cosiddetti «piccoli furti».
Diceva una persona anziana: «Ho
preso un pacchetto di pasta al su-
permercato senza pagarlo... Con
tanti soldi che incassano che male
c'è? Per un pacchetto?.. .». La mia
risposta è questa: «Quante migliaia
di persone passano in un giorno in
quel grande negozio? Moltiplichia-
mole per il pacchetto ... e vedremo
quale danno ne viene fuori! E poi c'è
il fattore morale: poco o molto quel
gesto è un furto. Il comandamento
di Dio dice di non rubare» . Si comin-
cia con le piccole cose e poi chissà
dove si va a finire. Anche i ladri pro-
fessionisti hanno cominciato così.
Per dieci anni ho cercato di aiutare
i detenuti di un carcere romano e
posso confermare tale affermazio-
ne. La disonestà del commerciante
(se ci fosse) non può giustificare il
furto del cliente.
a

2.3 Page 13

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di Nicola Palmisano
NON-VIOLENTI
IN SERVIZIO CIVILE
IN LIBRERIA - - - -
Filosefia
della religione
Tanti giovani assolvono oggi agli
obblighi di leva scegliendo il servizio
civile alternativo. E così li vediamo
impegnati nelle «Caritas», nei centri
di accoglienza, nelle comunità tera-
peutiche, al servizio degli anziani ,
dei disabili, dei tossicodipendenti. E
sono presenti anche in tante opere
salesiane al servizio dei giovani ne-
gli oratori, tra i minori a rischio, tra i
ragazzi in difficoltà. Questi giovani
costituiscono per tutti un segno pro-
fetico di un avvenire di pace: hanno
fatto una scelta di non-violenza ap-
prezzato dalla società e condiviso
dalla Chiesa.
I giornali nei mesi scorsi hanno
dato ampio spazio alla polemica sul-
la non-violenza e sul pacifismo, che
qualcuno avrebbe definito «antie-
vangelici». Non vogliamo entrare
anche noi nella mischia, ma ci limi-
tiamo a esporre il nostro parere, ap-
poggiandolo autorevolmente a quel-
lo di Don Bosco.
Don Bosco ha condannato la
guerra come «cosa d'orrore» e «ve-
ramente contraria alla carità». Si è
esposto a ogni sorta di rischi e di
conflitti per schierarsi dalla parte dei
giovani poveri, violati nei loro diritti,
li ha difesi con l'arma della giustizia
e della carità. Di ben altro tipo è l'i-
dentikit del «pacifista» che evita ogni
contrasto, e vuole la pace a ogni co-
sto e a ogni prezzo.
Don Bosco ha educato schiere di
giovani a una concezione coraggio-
sa della vita, forte del senso della
giustizia, della dignità, del sacrificio,
della solidarietà, dei valori tipici di
quella che oggi viene definita «cultu-
ra della non-violenza evangelica».
La non-violenza infatti diventa un
valore concreto e non un'utopia,
nella misura in cui con la forza della
fede si fa spazio al dinamismo della
carità nella sua dimensione sociale.
Nella nota biografica di Domenico
Savio, Don Bosco descrive questo
adolescente di quindici anni che ha
il coraggio di mettersi tra due ragaz-
zi intenzionati a duellare a colpi di
pietra. Domenico, col crocifisso alla
mano, invita quei due a scagliare le
pietre su di lui per primo, pur di aiu-
tarli a prendere coscienza della paz-
zia che stavano compiendo. Risulta-
I Il volontariato giovanile trova oggi
molte espressioni di solidarietà.
to: i due ragazzi lasciano cadere a
terra le pietre e si riconciliano. Lo
spirito di vendetta fu così sconfitto e
il contrasto tu risolto senza violenza.
La dolcezza di Don Bosco non
tragga però in inganno: egli si espo-
se sempre e il suo pacifismo di fon-
do era accompagnato da un dinami-
smo inarrestabile nel costruire posi-
tivamente il bene. La sua non fu mai
debolezza o viltà, neutralità qualun-
quistica. Altrimenti non si spieghe-
rebbero le minacce di morte e gli at-
tentati che subì con fucile, pistola,
coltello, bastoni, veleno... , per stra-
da e in casa. In una di queste ag-
gressioni subite a Valdocco, raccon-
ta egli stesso: «Mi alzai, misi la sedia
tra me e loro dicendo: "Se volessi
usare la forza non temerei le vostre
minacce, ma la forza del prete sta
nella pazienza e nel perdono"».
Filosofia della religione
di ADRIANO ALESSI
Pagg. 336, Lire 30.000
Oggi ci si interroga radicalmente
sul valore effettivo della religione
e sulla sua funzione in ordine al
conseguimento dei fini ultimi
dell'umanità. Il libro è una pon-
derata risposta a questi. interro-
gativi di fondo.
LETTERE
e IUII di REMO Il RACCH I
Lettere
di DON GIUSEPPE QUADRIO
Pag. 379, Lire 20.000
Il volume, curato da Remo Brac-
chi, raccoglie tutte le lettere di
don Quadrio. Scritte in momenti
storici molto diversi, aiutano a
conoscere il suo processo di ma-
turazione. Queste lettere, ha
scritto Sabino Palumbieri, «fan-
no entrare aria di primavera, ca-
rica dell'ossigeno della spe-
ranza».
Presso le librerie cattoliche
o direttamente alla:
EDITRICE LAS
Piazza dell'Ateneo Salesiano, 1
00139 ROMA
Tel. 06/88.12.140
c/c Postale 57492001
1 GENNAIO 1992-13

2.4 Page 14

▲back to top
I 500 ANNI DI COLOMBO
SALESIANI
IN AMERICA
LATINA
di Juan Bottasso
500 anni fa Colombo
sbarcava nel continente
latino-americano. Si
inginocchiava e baciava
quella terra di cui
entrava in possesso.
Nelle comunità latino-
americane, ma anche in
quelle del «vecchio
continente» è già acceso
il dibattito sul significato
di questo anniversario.
L' Europa, schematizzando un
po', fu evangelizzata dai Be-
nedettini e l'America Latina dai
grandi Ordini Mendicanti, cui si è
aggiunta la,Compagnia di Gesù con
un po' di ritardo, compensato dal-
l'audacia e dalla chiaroveggenza
dell ' azione. La storia di vari paesi è
stata indelebilmente segnata dall'at-
tività missionaria di alcuni Ordini .
Pensiamo ai Gesuiti nel Paraguay.
Pensiamo ai toponimi della Califor-
nia, così tipicamente francescani:
Los Angeles (Santa Maria degli An-
geli), S. Francisco, S. Diego, S. Ber-
nardino ...
I Salesiani sono apparsi sulla sce-
na latino-americana dopo quasi
quattro secoli e questo farebbe sup-
14 · 1 GENNAIO 1992
porre che la ricorrenza del V Cente-
nario non li riguarda. Sarebbe cosi
se nel 1992 si ricordasse solo la
«scoperta» dell'America, ma quello
che si vuole fare è rileggerne la sto-
ria ed allora la presenza salesiana
non può essere ignorata. Oggi si
tratta della Congregazione più nu-
merosa del Continente e questo si-
gnifica pure qualche cosa.
Le missioni salesiane
Quando, nel 1875, i Salesiani ar-
rivarono in Argentina, l'America
non era più quella che aveva trovato
Cristoforo Colombo . L'ultima gi-
gantesca ondata di immigrazione
europea era in piena espansione. Gli
indigeni (chiamati indios da Colom-
bo che credeva di essere arrivato in
Asia) erano ormai dappertutto po-
poli a brandelli, marginati, sfruttati
o minacciati. Proprio in Argentina i
Salesiani furono testimoni impoten-
ti della «soluzione finale» del pro-
blema indigeno intrapresa dal gen.
Roca con la Guerra del Deserto,
mentre il Cile organizzava l'offensi-
va definitiva contro gli Araucani.
In tutte le repubbliche, nate dallo
smembramento degli Imperi Iberici,
arrivavano al potere governi libera-
li, che facevano del «progresso»
una specie di religione. Un aspetto
della nuova visione delle cose fu lo
sforzo generalizzato per cancellare
le ultime reliquie di un passato rite-
I Ragazzina Bororo di Meruri
abbigliata per la danza.
nuto arcaico e scomodo, civilizzan-
do i selvaggi superstiti. Non ci furo-
no eccezioni. L'impresa risultava
difficile, perché erano poche le per-
sone disposte al sacrificio di vivere
isolate, in climi malsani, in mezzo a
gente ritenuta pericolosa. Ed allora i
governi, anche anticlericali, non si
fecero scrupolo di richiedere l'ap-
poggio della Chiesa per ammansire i
barbari. Fu l' epoca in cui si moltipli-
carono i Vicariati Apostolici, istitu-
zione nata in Asia e del tutto estra-
nea alla storia latino-americana.
I missionari, evidentemente, non
si limitarono ad essere ingenui stru-
menti di governi che li usavano per
difendere le frontiere e per assimila-
re gli ultimi Amerindi liberi: a loro
premeva evangelizzare. Ma non po-
tevano evitare di essere figli del loro
tempo, convinti che la cristianizza-
zione si otteneva civilizzando, cioè
sottraendo gli indigeni ai loro costu-
mi ancestrali, per inserirli nei modi
di vita occidentali.

2.5 Page 15

▲back to top
----------BS-
trattò di una svolta nella sua attivi-
tà. Le missioni non aprirono un
campo nuovo al lavoro salesiano:
allargarono quello che esisteva.
Nell'art. 7 delle Costituzioni che
lasciò ai suoi religiosi, scrisse che i
Salesiani dovevano aprire scuole e
collegi per coloro che non potevano
Si collaudano a Valdocco
I Salesiani non solo non furono
un'eccezione, ma portarono nel-
l'impresa la foga propria di una
Congregazione giovane e in piena
ascesa. La loro storia li orientava in
questo senso.
Don Bosco, il fondatore, per sal-
vare i giovani aveva utilizzato gli
strumenti più diversi, ma aveva fini-
to per priorizzare quello dell'educa-
zione, specialmente scolastica. Egli
aveva sofferto il problema nella
·propria carne. Nato in un ambiente
povero, aveva capito, molto meglio
dei suoi due fratelli, che l'educazio-
ne e la scuola erano la strada per en-
trare nel mondo nuovo che stava
sorgendo . A Torino era stato testi-
mone dell'euforia con cui una socie-
tà si modernizzava, industrializzan-
dosi ed urbanizzandosi. Aveva an-
che avuto sott'occhio i disastri che il
processo causava, producendo
un'alta percentuale di disadattati e
di sfruttati, però non aveva sentito
nostalgia della terra né aveva predi-
cato di ritornarvi. Nato contadino,
non aveva mai nascosto le sue origi-
ni, anzi, ne andava orgoglioso, però
non aveva mai nascosto di essere un
prete di campagna come quelli che
aveva conosciuto da ragazzo. Don
Bosco lavorò con ex-contadini, con
immigrati che avevano lasciato la
campagna, ma si dedicò ai problemi
della città. Appena sacerdote vide
che la gioventù che affluiva alla ca-
pitale del Piemonte dagli angoli più
remoti, non era attrezzata per af-
frontare la situazione, cominciando
dal problema linguistico. Col passa-
re degli anni e con l'esperienza ac-
cumulata, vide nell'istruzione e nel-
l'educazione lo strumento privile-
giato per offrire ai giovani la possi-
bilità di un posto dignitoso nel
mondo.
Negli ultimi quindici anni della
sua vita dedicò uno spazio notevole
al lavoro missionario, ma non si
111 duro cammino del popolo latino-
americano: le lotte per
il progresso socio-politico
e la giustizia.
studiare altrove a causa della loro
povertà, ed aggiungeva immediata-
mente: «Siccome sono degni della
maggior compassione i giovani a
cui, con le loro famiglie e popoli,
non è arrivata la luce del Vangelo, i
Soci si dedicheranno a lavorare nel-
le missioni degli infedeli».
I selvaggi
Don Bosco si occupa di giovani
poveri e parla spesso di infedeli e di
selvaggi, come di destinatari privile-
giati, in quanto doppiamente pove-
ri: perché non conoscono il vero
Dio e perché sono privi dei vantaggi
della civiltà. Questa mentalità, assai
comune ai suoi tempi, ha alle spalle
1 GENNAIO 1992- 15

2.6 Page 16

▲back to top
un,' antropologia molto semplice: la
cultura umana è una sola, ma ha
gradi di sviluppo diversi. Gli euro-
pei, che hanno raggiunto lo stadio
più alto, devono aiutare gli altri a
salire. Don Bosco crede che tutti gli
esseri umani sono educabili ed è
convinto che, come attraverso i suoi
centri educativi ha convertito giova-
ni sbandati in membri utili della so-
cietà, così la sua pedagogia, appli-
cata a tempo, può civilizzare i po-
poli primitivi.
Poste queste premesse si chiari-
scono molte cose: il tono della lette-
ratura missionaria, che oggi fa un
po' rabbrividire gli antropologi;
l'immagine dell'indio che viene dif-
fusa, con l'occhio ai benefattori e
alle possibili reclute; gli schemi che
si seguono per formare i giovani
missionari, basati sull'ascesi, più
che sull'inserimento nei costumi di
un popolo.
È semplice e chiara anche la sua
teologia missionaria: salvare anime.
Cristo è morto per tutti, ma molti si
perdono, perché nessuno ha annun-
ciato loro la salvezza. Bisogna dun-
que partire. Se salvi 'Un'anima assi-
cuti la salvezza della tua.
' mo solo sa quanti eroismi ha
is[lirato questa teologia, ma neppu-
re si può negare che implica una vi-
sione della salvezza individualista e
tutta spirituale. La grande preoccu-
pazione è che le anime siano purifi-
cate dal battesimo, prima che
muoiano i corpi che le contengono.
Clie questa morte sia dovuta alle
malattie portate dai bianchi, oppure
dalle armi dei soldati o dei grandi
terratenenti, causa tristezza, ma
non conduce ad un giudizio radicale
sulla società da cui parte l'iniziativa
missionaria.
Le frontiere più avanzate
Con queste premesse sono sorte
decine di missioni_tra i popoli consi-
derati più primitivi. Pensiamo ai
Fueghini del Sud argentino, ai Bo-
rotos del Brasile, ai Jivaros (Shuar)
deh'Ecuador e, più tardi, ai popoli
dei Rio Negro, il Vaupés e l'Orino-
co. Missionari itcl.liani, spagnoli, te-
deschi, lituani, slovacchi, polac-
chi. .. fecero miracoli di attività e di
altruismo: abbatterono foreste,
aprirono strade, fecero ponti e di-
16 - 1 GENNAIO 1992
ghe, montarono turbine, dissodaro-
no savane, scrissero grammatiche e
dizionari, costruirono laboratori,
ospedali e cattedrali.
L'obiettivo era quello di integrare
quei popoli primitivi e quei pagani
alla civiltà e alla Chiesa; lo strumen-
to non c'era bisogno di inventarlo,
perché era già stato collaudato con
i poveri di Torino:
- cominciare dai bambini e dai
giovani ancora malleabili;
- stabilire scuole e collegi per rice-
verli come interni;
- fare un uso discreto, ma costan-
te, della disciplina e del lavoro;
- impartire una catechesi sistema-
tica.
A questo si aggiungeva l'iniziati-
va di organizzare colonie, perché le
giovani coppie, uscite dalle missio-
ni, potessero vivere e prosperare,
lontano dai luoghi di origine, consi-
derati selvaggi e corrotti. Sul mo-
mento tutto questo ricevette l'ap-
plauso dei settori più disparati della
società, ma, verso gli anni sessanta,
cominciò ad attrarre critiche feroci,
anche dagli stessi indigeni.
La svolta
Oggi la polemica è un po' scesa di
tono e nessuna persona onesta met-
te in dubbio, non solo la buona vo-
lontà che fu il movente di quelle ini-
ziative, ma gli stessi risultati ottenu-
ti. Però non si possono nemmeno
chiudere gli occhi sui limiti di quel
sistema. Vediamone alcuni.
Si parla di salvare anime, o anche
persone; quasi mai si parla di popoli
con una storia, una cultura, uno
spazio o un diritto che fu loro usur-
pato.
Non si dà valore al gruppo e alla
famiglia. Questa è spesso vista co-
me un ambiente malsano da cui bi-
sogna allontanare i bambini, prima
che si corrompano.
Generalmente non si riconosce
che i destinatari siano portatori di
valori apprezzabili.. Essi devono
semplicemente convertirsi, lasciare
di essere come sono, per ricevere i
benefici della civiltà.
D'accordo con una mentalità che
affonda le radici nei secoli passati,
l'amerindio è visto come un mino-
renne, un essere che non è capace di
autogestirsi ed ha bisogno di un tu-
tore. Pensiamo alla pellicola «Mis-
sion», con quei Gesuiti così eroici e
generosi. La «riduzione» funziona
come un orologio, ma la decisione è
solo in mano ai Padri.
Cos'è cambiato negli ultimi anni?
Quasi tutto, ma la situazione degli
indios non è migliorata di sicuro.
Oggi essi costituiscono meno del
10% della popolazione sudamerica-
na. Ancora in questo secolo molti
popoli sono spariti e gli altri, anche
se aumentano demograficamente, si
stanno convertendo in gruppi sem-
pre più minoritari, assediati da una
società insaziabile, che ha gli occhi
puntati sulle loro terre. In molti
paesi la popolazione si raddoppia
ogni vent'anni, ma le risorse e la
terra non si moltiplicano e le conse-
guenze sono evidenti.
La situazione degli indios è sem-
pre più simile a quella dei Patàgoni
aggrediti dal gen. Roca o degli in-
diani delle praterie nordamericane
ai tempi della febbre dell'oro, del-
l'espansione della ferrovia e l'im-
placabile avanzare della «nuova
frontiera». In altre parole: una si-
tuazione di una gravità estrema.
Una nuova proposta
Quanto ai missionari, essi conti-
nuano al loro posto, anche se meno
numerosi ed alquanto invecchiati.
In questi venticinque anni di post-

2.7 Page 17

▲back to top
concilio essi si sono sforzati di rece-
pire i mutamenti avvenuti e di ap-
profondire alcune riflessioni. Come
queste.
Il valore dell'individuo si misura
in base al suo inserimento nel grup-
e po e alla capacità di assumere la cul-
tura che dà coesione forza al grup-
po stesso.
Il canale della trasmissione cultu-
rale era sempre stato l'anziano, co-
lui che, con gli anni, aveva imma-
gazzinato la maggior quantità di
esperienza e di saggezza. Ma la mo-
dernizzazione gli ha sottratto gli
ascoltatori, trasferendoli alla scuo-
la, dove spesso il linguaggio, la
mentalità del maestro, i programmi
I Indi Ayoveos della missione
salesiana del Chaco (Paraguay).
sono assolutamente estranei alla tra-
dizione. La scuola può essere il defi-
nitivo e più efficace sistema di ag-
gressione, se si propone semplice-
mente di assimilare l'indio alla co-
siddetta società nazionale, perché
riempie i ragazzi di complessi ed uc-
cide in loro la memoria. O si ripensa
la scuola o si è complici di etnocidio.
Assimilazione significa distruzio-
ne dell'indio come indio: egli do-
vrebbe sparire in quanto tale e di-
ventare un generico. Prospettiva
poco lµsinghiera, quando una delle
grandi minacce del nostro tempo è
proprio il livellamento e la massifi-
cazione generalizzata.
La difesa degli interessi delle mi-
noranze non possono assumerla dei
·tutori: sono i popoli stessi che devo-
no prendersi a carico questo ruolo,
rafforzando le loro organizzazioni,
con l'orgoglio dell'appartenenza al
gruppo e con i valori della propria
cultura e tradizione.
Per predicare il Vangelo non è ne-
cessario far piazza pulita di tutte le
credenze e le forme culturali esisten-
ti. Si tratta di scoprire la presenza di
Dio, già esistente nel cuore di ogni
popolo e di illuminarne la storia e le
profonde aspirazioni con l'annun-
cio esplicito di Gesù Cristo.
Tutto questo si fa in fretta a dir-
lo, ma nella pratica ha provocato
cambiamenti radicali, lacerazioni,
crisi di coscienza e tensioni non an-
cora del tutto superate. Ma per il
momento non si vede alcun'altra
strada perché gli indigeni possano
ricuperare una tale fiducia in se
stessi da potersi aprire uno spazio in
seno ad una società pluralista ma
intollerante.
Comunque non si tratta di pro-
muovere l'isolamento e !'immobili- .
smo. Anche se qualcuno se lo pro-
ponesse, questo risulterebbe impos-
sibile, perché le culture sono dina-
miche ed il contatto le modifica e le
arricchisce. D'altra parte bisogna
anche aiutare l'indigeno perché pos-
sa avere una visione complessiva
della società che lo circonda (le sue
leggi, la sua lingua, il suo sistema di
potere ...) altrimenti il contatto lo
aliena e lo schiaccia.
Dal momento che il destino delle
minoranze etniche lo si gioca in
gran parte in lontani centri di pote-
re, è indispensabile essere presenti
anche là dove si prendono le inizia-
tive che decidono il loro futuro. Co-
sì pure ci vuole una presenza, e non
solo occasionale, a livello di istanze
culturali (università, centri di ricer-
ca...) e di informazione, che svolgo-
no un ruolo fondamentale nel crea-
re l'opinione. Non sempre gli indi-
geni ce la fanno da soli a coprire
queste aree e sono grati a chi offre
collaborazione.
Finalmente bisogna aggiungere
che questa nuova visione obbliga il
missionario a rivedere il linguaggio
che utilizza per rivolgersi all'opinio-
ne pubblica. Basta con le foto e gli _
articoli «commoventi», destinati a
sollevare ondate di commozione e
raccogliere aiuti, ma poco obiettivi.
L'informazione deve essere seria e
non deve ferire la sensibilità di colo-
ro che vuole aiutare.
In Amerindia come
dappertutto
Se in tutto il mondo è scoppiata
la febbre delle autonomie e delle ri-
vendicazioni etniche non dev'essere
perché qualcuno l'ha programmata
per creare problemi ad altri, ma
semplicemente perché le diversità
c'erano ed erano state lungamente
represse. Questo doloroso travaglio
darà luogo ad un altro modello di
relazione tra i popoli.
In nome di chi o di che cosa po-
tremmo negare ai più antichi abi-
tanti dell'America il diritto di vivere
come decidono loro? Non certo in
nome del Vangelo.
Juan Bottasso
(continua)
1 GENNAIO 1992 17

2.8 Page 18

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DAL SINODO EUROPEO
.AL «CONFRONTO '92n
GIOVENTU'
DELLA NUOVA
EUROPA
di Silvano Stracca
Quel milione di giovani venuti a Czestochowa
nell'agosto scorso, provenienti soprattutto
dall'Europa centrale e orientale,
è stato veramente un «segno dei tempi».
Il Papa affida ai giovani la nuova Europa.
E rana passati solo pochi giorni
dallo straordinario incontro di
metà agosto nel cuore dell'Europa,
con più di un milione di giovani del-
l'Ovest e dell'Est riuniti per la pri-
ma volta attorno al Papa a Czesto-
chowa, quando dopo Varsavia,
Berlino, Budapest, Praga, Buca-
rest, Sofia, Tirana, il lungo pellegri-
naggio dei popoli dell'Est verso la
libertà arrivava anche alla tappa di
Mosca.
«Ciò che in questo continente,
per lunghe decine di anni, era stato
forzatamente diviso», aveva detto
Giovanni Paolo II la sera di Czesto-
chowa, «deve ora avvicinarsi dall'u-
na e dall'altra parte, affinché l'Eu-
ropa cerchi l'unità per il suo futuro
e per il bene dell'intera famiglia
umana, ritornando alle proprie ra-
dici cristiane. Tali radici si trovano
sia nell'Occidente che nell'O-
riente».
La «sera dell'incubo», quel 19 di
agosto, quando il golpe della banda
degli «otto boiardi» sembrò prean-
1B · 1 GENNAIO 1992
nunciare il ritorno alle «cortine di
ferro» e la fine della «primavera»
per tutto l'Est, il Papa era di nuovo
tra i giovani. Tra i giovani di un
paese che sta faticosamente co-
struendo la sua democrazia sulle ro-
vine dei muri crollati: l'Ungheria,
dove già nel lontano '56 una folla
disarmata aveva invano cercato di
far argine ai carri armati, come con
successo è riuscito alla folla di Mo-
sca. nel '91.
Czestochowa, un segno
dei tempi
Czestochowa, con quel milione di
giovani venuti soprattutto dall'Eu-
ropa centrale ed orientale, è stata
veramente un «segno dei tempi»,
dei tempi nuovi che maturano nella
storia europea e mondiale. Da parte
dei credenti si è vista la realizzazio-
ne di una certezza, di una fede. Da
parte dei non credenti, dei non bat-
tezzati, c'è stata la possibilità di

2.9 Page 19

▲back to top
----------BS-
cessore di Pietro non vi hanno mai
dimenticati. Ora potete offrire al
mondo la pubblica attestazione del-
la vostra appartençnza a Cristo e
della vostra comunione con la Chie-
sa... Su voi, giovani dell'Est e del-
l'Ovest, il vecchio continente conta
per costruire quella "casa comune"
da cui s'attende ,un futuro di solida-
rietà e di pace. Su voi conta la
Chiesa».
constatare l'esistenza di valori di
ancoraggio, magari non ancora co-
nosciuti né verificati dell' esperien-
za, ma che ci sono. E la conoscenza
diventa spunto alla riflessione.
Come non riconoscere un «gran-
de dono dello Spirito Santo», s'era
chiesto il Papa, nella presenza a
Czestochowa di tanti giovani di
paesi sino ad ieri marxisti ed atei?
«Dopo il lungo periodo delle fron-
tiere praticamente invalicabili»,
aveva sottolineato con gioia per
quell'incontro inimmaginabile solo
pochi anni orsono, «la Chiesa di
Europa può ora respirare libera-
mente con ambedue i suoi polmo-
ni», l'occidentale e l'orientale.
«La vostra presenza», aveva af-
fermato rivolgendosi ai giovani del-
1'Est, «appare particolarmente si-
gnificativa. La Chiesa universale ha
bisogno del tesoro prezioso della
vostra testimonianza cristiana: una
testimonianza per la quale è stato
necessario pagare un prezzo a volte
molto alto di sofferenza nell'emar-
ginazione, nella perse~uzione, nella
stessa prigionia».
«Finalmente è giunta la vostra
ora», soggiunse il Papa rassicuran-
do i giovani dell'Est: «Negli anni
duri della prova, la Chiesa e il sue-
Nuovi valori per arginare
il «grande vuoto»
Giovanni Paolo II ha colto il sen-
so di «grande vuoto» che il crollo
delle ideologie ha lasciato nei giova-
ni dell'Est e dell'Ovest assieme, li
ha chiamati ad assicurare nel mon-
do di domani la presenza di valori
quali la libertà religiosa, il rispetto
della dimensione personalistica del-
lo sviluppo, la tutela del diritto alla
vita, la difesa della famiglia, la va-
lorizzazione delle diversità cultura-
li, la salvaguardia dell'equilibrio
ecologico minacciato da rischi sem-
pre più gravi.
Coerenza, forza, coraggio: ecco
le qualità che - secondo Giovanni
Paolo II - occorrono ai giovani
che escono da un regime d'oppres-
sione per far fronte a quei diffusi
sintomi di malessere sociale che so-
no nei paesi ex comunisti la man-
canza di lavoro, la carenza di allog-
gi, le difficoltà economiche, l'incre-
mento della delinquenza, l'evasione
nella droga, la solitudine, l'incomu-
nicabilità.
«Affrontate i disagi causati dal
cambiamento sociale in atto con co-
raggio e pazienza», raccomandò il
Papa ai giovani magiari nella dram-
matica sera di Budapest. «Riscopri-
te le vostre radici e fate quanto è in
vostro potere per costruire un futu-
ro più degno. Inseritevi di nuovo
nel fiume della storia di questo con-
tinente, non come gli ultimi che
chiedano di essere accettati, ma co-
me portatori di una grande tradizio-
ne europea che ha le sue origini nel
cristianesimo. Non aspettate che al-
tri provvedano a ciò di cui voi avete
bisogno. La vostra casa sarà vera-
mente vostra, se sar.ete voi a co-
struirla».
1 GENNAIO 1992 - 19

2.10 Page 20

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I Il Papa ha affidato ai giovani la
nuova Europa.
n Sinodo europeo e il
Confronto '92
Le attese, le difficoltà, i proble-
mi, le speranze dei giovani dell'Est
sono rimbalzate - anche attraverso
la voce del Rettor Maggiore, don
Viganò - nell'aula del Sinodo dei
vescovi in Vaticano, dove i Pastori
di tutta l'Europa assieme al Papa si
sono interrogati sulle nuove strade
per la rievangelizzazione del vecchio
continente. Il nuovo assetto del-
l'Europa può infatti rappresentare
per la Chiesa un «kairos», il «tem-
po favorevole» offerto da Dio per-
ché ne faccia buon uso.
E Giovanni Paolo II ha chiamato
i giovani ad essere gli «apostoli»
della nuova evangelizzazione. «A
voi spetta - confidò alla gioventù
ungherese - , in quest'ultimo de-
cennio del secolo ventesimo, il com-
pito di recare l'annuncio evangelico
ai vostri coetanei e a chiunque in-
contrate; a voi è domandato di far
fermentare la società con .il lievito
della fede rinnovatrice. Solo Cristo
Il crollo delle ideologie del passato ha lasciato i giovani nel
rischio di un «grande vuoto».
20 - 1 GENNAIO 1992
è la luce che rischiara la notte della
solitudine umana, solo Lui è la spe-
ranza che rincuora gli umani vian-
danti in cerca di felicità».
Anche la Famiglia Salesiana
guarda al nuovo assetto dell'Euro-
pa, al «kairos» che rappresenta pu-
re per essa. Nell'agosto del 1992, a
Valdocco, ci sarà un grande incon-
tro di millecinquecento giovani del-
l'Est e dell'Ovest, del Nord e del
Sud, sul tema «La solidarietà via di
educazione alla fede per una nuova
Europa». Per una settimana giova-
ni di tutti i paesi europei si confron-
teranno tra loro per trovare le radici
evangeliche della solidarietà e quelle
umane, per riscoprire la dimensione
educativa della solidarietà come
apertura agli altri, alla diversità, al-
1'accettazione delle differenze cultu-
rali e religiose.
Il confronto favorirà certamente
la maturazione di una nuova consa-
pevolezza ecclesiale e salesiana nella
«comune casa europea», un rinno-
vato impegno per quella «nuova
evangelizzazione» del continente a
cui invita senza posa il Papa, una
maggiore attenzione ai giovani che
vivono ai margini dell'esperienza
cristiana, un più intenso contributo
alla costruzione di un'Europa senza
frontiere che riscopra le proprie ra-
dici cristiane.
Silvano Stracca

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ihri
a cura di Eugenio Fizzotti
RANIERO CANTALAMESSA
I misteri di Cristo
nella vita della Chiesa,
Milano, Editrice Ancora, 1991,
pp. 532, lire 49.000
Nei misteri della vita di Cristo,
meditati personalmente e cele•
brati comunitariamente nella li•
turgia, il credente incontra oggi,
nello Spirito e mediante la fede,
Gesù Risorto in persona. Si trat-
ta di un cammino spesso fatico-
so e che chiede di essere ac-
compagnato da adeguati stru-
menti. Tra essi si colloca mcilto
opportunamente questo volume
che raccoglie le prediche tenutè
dall'autore alla Casa Pontificia
nel decennio 1980-1990.
I temi trattati ripercorrono le
tappe principali della vita di Ge•
sù e mettono in luce il loro signi•
ficato attuale per la vita della
Chiesa e di ogni çredente. Si
tratta quindi di un tentativo di ri•
vitalizzare il genere tradizionale
.della «meditazione dei misteri di
Cristo», tenendo conto dei più
recenti sviluppi dell'esegesi e
della teologia del nostro tempo.
-
NAZARENO FABBRETTI
Alberi amici miei,
Roma, Edizioni Paoline, 1991,
pp. 137, lire 20.000
Gli alberi, insieme alla terra,
all'acqua, al fuoco, sono le
«grandi creature» che nutrono,
difendono, proteggono e sfida·
no la creatura umana, stimolan•
dola a riprendere coscienza di
sé e della vita, dell'adesso e del
dopo, delle sorprese che riser-
vano e delle responsabilità che
impongono a ogni uomo che na•
sce in questo mondo.
Raccogliendo con la mente e
con il cuore tutta la sua esisten•
za, padre Fabbretti rivisita in
questo originale volume tutti gli
alberi che gli hanno permesso
di crescere e di vivere, gli hanno
prestato conforto e fatto compa-
gnia. Occorre allora ascoltare
anche gli alberi, amarli, stimarli,
curarli, accudirli. In essi è ripor·
tata la nostra storia e da essi le
generazioni future impareranno
il grado di civiltà e di cultura che
abbiamo saputo raggiungere
oggi.
G.R.I.S.
Il destino dell'uomo
secondo i cattolici
e secondo le sètte,
Leumann (Torino),
Elle Di Ci, 1991,
pp. 253, lire 20.000
Il sorgere di numerose sètte o
movimenti religiosi alternativi
pone ai cristiani continue provo-
cazioni, particolarmente circa i
profondi enigmi della condizio•
ne umana, lo scopo della vita,
l'al di là. Sempre più numerosi
sono infatti coloro che procla•
mano di aver ricevuto visioni e
rivelazioni e propugnano mes-
saggi variopinti e talvolta avvin·
canti, trovando facile accoglien•
za tra coloro che non hanno suf•
ficienti informazioni e mancano
di una fede solida.
Il Gruppo di Ricerca e Infor-
mazione sulle Sètte, che da an-
ni sta conducendo una preziosa
opera di sensibilizzazione in
merito, ha raccolto in questo vo-
lume i contributi portati da vari
relatori a un recente convegno
nazionale. Senza toni da crocia-
ta, ma con spirito di autentico e
sereno dialogo, al lettore sono
ANTONIO
MISCIO
Firenze
e Don Bosco
1848-1888
Firenze, Libreria Editrice Salesiana, 1991
pp. 362, lire 35. 000
Fra le decine di volumi dedicati al rapporto fra Don
Bosco ed una città, quello del salesiano don A. Mi•
scio si candida decisamente fra quelli meglio riusciti.
Don Bosco e Firenze: un rapporto coltivato per 22
anni, con ben 23 sue soste in città e centinaia di let-
tere ad amici e ad estimatori. Sulla base di fonti scrit-
te rintracciate negli archivi e di testimonianze orali
recuperate in un lungo pellegrinare per vie e palazzi
di Firenze, l'autore ci offre uno spaccato di quella
che fu nei secondi anni 60 del secolo scorso la capi-
tale d'Italia, entro cui situa la vicenda di Don Bosco
e della fondazione dell'opera salesiana. L'opera, go-
dibilissima anche sotto il profilo letterario, si pone co-
me degna celebrazione dei 100 anni dell'apertura
della libreria salesiana della stessa città. li libro va ri-
chiesto alla LES, via Gioberti, 39 - 50121 Firenze.
fornite abbondantì notizie sulle
varie interpretazioni dell'al di là,
così da consentirgli di accostare
gli aderenti alle sètte non con un
atteggiamento di inferiorità o di
rivalsa, ma con quello di chi è
ben consapevole dei contenuti
di fede di cui è portatore e che
non intende affatto rinnegare.
PIER ANGELO
BERTO LOTTI
278 - L'universo
di un condannato a morte,
Firenze, L'Autore Libri, 1991,
pp. 62, lire 21.500
Scritto con stile avvincente,
questo breve volumetto intende
dimostrare come la pena di mor•
te non rappresenti in alcun mo-
do una soluzione al problema
della delinquenza, ma esprima
soltanto il rifiuto, da parte della
società, di comprendere le moti-
vazioni di un gesto assurdo e in-
giustificato senz'altro, ma pur
sempre posto in atto da una per-
sona sulla cui strada si sono in•
crociate magari delusioni, falli•
menti, incomprensioni, tristez-
ze, abbandoni, solitudini.
Il fondatore di Amnesty Inter•
national ha incoraggiato l'auto•
re ad affidare alla stampa la sto•
ria commovente del prigioniero
278 e il cammino da lui percorso
verso l'interiorità e il gusto della
vita. E la sua insistenza era ben
fondata. Ci auguriamo che ogni
lettore possa restare positiva-
mente colpito da questo testo e
avverta l'esigenza di fare suo
l'appello alla difesa della vita,
anche' quando essa si è resa
colpevole della morte di altre
vite.
L'indirizzo dell'editore è:
Via delle Nazioni Unite, 6
5001 O Firenze Badia a Settimo
1 GENNAIO 1992 - 21

3.2 Page 22

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22 - I GENNAIO 1992

3.3 Page 23

▲back to top
----------BS-
TUTTI I BAMBINI
SONO
IMPORTANTI
«Miei cari fanciulli,
Quante volte nella mia vita
ho letto e ascoltato le parole di
Nostro Signore che dicevano
che se "non diventerete come i
bambini, non entrerete nel
regno dei cieli" (Mt 18, 3),
e che "chi invece scandalizza
anche uno solo di questi piccoli
che credono in me, sarebbe
meglio per lui che gli fosse
appesa al collo una macina
girata da asino, e fosse gettato
negli abissi del mare" (Mt 18, 6).
Quando volevano allontanare
da Lui i bambini, reclamò:
"Lasciate che i bambini
vengano a me" (Mt 19, 14).
Ecco perché io, che sono
indegno discepolo di Gesù e
faccio le sue veci nella Chiesa,
sono stato felice quando
ho saputo che i bambini del
Brasile volevano incontrarmi.
Ho detto: "Lasciate che essi
vengano dal Papa!".
Siete il futuro
Voglio dirvi, innanzitutto,
che voi siete molto importanti
per il Papa. Importanti perché
qui, in Brasile, siete tanti e
formate gran parte della
popolazione. Lo sapevate?
Importanti perché siete il
futuro del Brasile, il futuro della
Nazione, importanti perchè
siete anche il futuro della
Chiesa. Lo sapevate? Dovete
esserne consapevoli sempre più.
Ciò che è bello in voi è che
ognuno guarda gli altri bambini
e dà loro la mano, senza
differenza di colore,
di condizione sociale,
di religione. Voi vi date la mano
gli uni con gli altri. Magari gli
adulti facessero come voi e
la smettessero con tutte
le discriminazioni. Solo così
il mondo potrebbe trovare
la pace.
In una famiglia unita
Per essere veramente
importanti, avete bisogno di
una famiglia, di genitori uniti,
di un'atmosfera di amore
e di pace. Bisogna aiutare
i bambini che nascono e
crescono al di fuori di una vera
famiglia. Ma bisogna fare
qualcosa anche perché tutti
i bambini vedano rispettato
il loro diritto ad avere genitori
uniti, fratelli che si amano,
una casa armoniosa e felice.
Per essere importanti, avete
bisogno di scuole dove tutti,
senza eccezione, imparino a
leggere e a scrivere, a contare e
a fare tutto ciò che è necessa-
rio per crescere.
Per essere importanti, dovete
conoscere Gesù Cristo, avete
bisogno di amarlo come il vo-
stro migliore amico,
pregarlo sempre, ogni giorno.
Dovete anche imparare
il catechismo in casa, a scuola
e in chiesa, prepararvi
alla Prima Comunione
e alla Cresima.
Mai più bambini in strada
Se essere bambini è tanto
importante, allora tutti
i bambini sono importanti. Tutti
i bambini sono importanti, tutti.
Non possono né devono esserci
bambini abbandonati.
Né bambini senza famiglia.
Né bambini o bambine di
strada. Non possono né devono
esserci bambini usati dagli
adulti a scopi immorali, per
il traffico di droga, per i .piccoli
e grandi crimini, per praticare
il vizio. Non possono né devono
esserci bambini nei riformatori
e nelle case di correzione, dove
non riescono ad avere una vera
educazione. Non possono né
devono esserci, è il Papa a
chiederlo e ad esigerlo in nome
di Dio e di suo Figlio, che è
stato bambino, Gesù, non
possono né devono esserci
bambini assassinati, eliminati
con il pretesto di prevenire
i crimini, segnati a morte».
Giovanni Paolo II ai 30.000 bambini
brasiliani che si sono incontrati con lui
nella «Baixa do Bonfim» di Salvador il
20 ottobre scorso.
1 GENNAIO 1992. 23

3.4 Page 24

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EDITORIA
«Don Bosco in terza
pagina», cµrato da
Giuseppe Costa, offre un
quadro notevole della
personalità del Fondatore
dei Salesiani e permette
una rilettura ragionata
dell'anno centenario.
<<G ode di buona stampa». È
un'espressione usata nel
linguaggio comune per dire di una
persona considerata in modo positi-
vo, affidabile, che dà garanzie, sim-
paticamente nota. A Don Bosco es-
sa si attaglia alla perfezione non sol-
tanto nel suo significato allusivo,
ma anche in quello letterale. Se ne
ha la riprova scorrendo un volume
che raccoglie una selezione di arti-
coli comparsi su quotidiani; setti-
manali e periodici specializzati in
occasione del centenario della mor-
te (1988).
Se ogni giorno è buono per co-
gliere qua e là sulla stampa un rife-
rimento a Pippo Baudo che in gio-
ventù frequentò l'oratorio salesiano
di Catania, all'ex commissario tec-
nico della Nazionale di calcio Enzo
Bearzot, che ha tirato i primi calci
al pallone nel collegio salesiano di
Trieste, a Diego Novelli, ex sindaco
comunista di Torino, anch'egli fre-
quentatore dell'oratorio, a Sandro
Pertini che mantenne una affettuo-
sa corrispondenza con i suoi inse-
gnanti salesiani, se tutto ciò è pane
quotidiano, quando si profila
un'occasione particolare allora è ve-
ramente un diluvio di articoli a in-
vadere le pagine dei giornali.
Don Giuseppe Costa, che all'epo-
ca delle celebrazioni centenarie era
il direttore del «Bollettino Salesia-
no» e aveva la non lieve responsabi-
lità di curare i rapporti con la stam-
pa per la Direzione generale Opera
Don Bosco, ha passato in rassegna
tutto l'immenso materiale, centi-
naia di articoli, notizie, commenti,
l'ha selezionato e ne ha raccolto una
parte nel libro «Don Bosco in terza
pagina», pubblìcato nella collana
24 · 1 GENNAIO 1992
A
RTE
CARICA
DI SIMPATIA
di Gaetano Nanetti
«Convegni - ricerche - atti» dell'I-
stituto teologico S. Tommaso di
Messina. Solo una parte, è bene ri-
badirlo, e anche minima in rappor-
to alla quantità di «pezzi» disponi-
bile, ma sufficiente a dare un pano-
rama esaustivo dell'interesse con
cui la stampa ha seguito l'avveni-
mento del 1988.
Nessuno si è tirato indietro
La celebrazione centenaria è stata
la molla che ha fatto scattare i gior-
nali, ma al centro di tutti, o quasi,
gli articoli c'è lui, Don Bosco, con
la sua poliedrica personalità, il suo
carisma, il suo metodo pedagogico.
L'approccio, in generale, è di gran-
de simpatia per il Santo, per la sua
opera, per i suoi successi, per le sue
intuizioni. L'eccezione più vistosa è
un acido articolo comparso sul quo-
tidiano socialista «Avanti!».
Nessun giornale si è tirato indie-
tro, dai quotidiani nazionali ai fogli
di provincia, dai settimanali impe-
gnati a quelli popolari, dagli organi
di partito ai giornali sportivi. Natu-
ralmente al diverso indirizzo edito-
riale dei singoli giornali corrisponde
un diverso taglio nella trattazione
del tema. La biografia del Santo
con il ricco apparato aneddotico
che la caratterizza, fa la parte del
leone sui settimanali popolari ad al-
ta tiratura, come «Grand Hotel».
Biografico, ma con la sottolineatura
di quella che l'articolista definisce
«l'imprenditorialità di Don Bosco»,

3.5 Page 25

▲back to top
----------BS-
è il lungo "pezzo" pubblicato dal
giornale economico «Il Sole - 24
ore». Stessa scelta, ma calcando sui
passaggi storici più significativi del-
la vita del Santo, ha fatto il mensile
«Historia».
Diversi articoli si allargano a co-
gliere la ricchezza culturale, profeti-
ca, ministeriale di Don Bosco . Ad
aprire la serie è uno scritto del Ret-
tor Maggiore don Egidio Viganò,
comparso sul quotidiano della San-
ta Sede «L'Osservatore Romano».
«Don Bosco - scrive - è un Santo
che sfida i pensatori, incoraggia i
pastori, entusiasma i giovani . Egli è
testimone di quella carità che non si
accontenta di interpretare il mondo,
ma lo vuole trasformare».
In profondità si spinge anche l'a-
nalisi che sulla rivista «Docete» Jo-
seph Aubry conduce sulla figura di
Don Bosco come maestro dei giova-
ni e come «promotore della paterni-
tà in ciò che essa ha di più vero». A
sua volta, Romano Cammarata
esplora in un meditato articolo per
la rivista «Rinnovarsi» le innova-
zioni e l'impostazione didattica del-
l'azione di Don Bosco, giungendo
alla conclusione che «quando apre
le sue prime scuole lo fa con il co-
raggio e l'ostinazione della dispera-
zione, pensando che sia l'unico mo-
do di salvare i giovani dall'ignoran-
za e dal bisogno, e con la convinzio-
ne di "dover fare scuola" in manie-
ra nuova, originale e coerente con la
sua concezione della vita e dei rap-
porti umani». Luca Borgomeo, su
«Jesus», si sofferma sul ruolo di
precursore svolto dal Santo nel set-
tore dell'istruzione professionale,
mentre Franco Peradotto, in un
lungo articolo su «Terzafase», pro-
pone un accurato profilo di Don
Bosco come «educatore tramite la
"cultura popolare" nella sua acce-
zione più vasta».
Firme illustri
Molte le firme illustri che com-
paiono in calce agli articoli: Carlo
Bo, che definisce il Santo «grande
scrittore» (Corriere della Sera), En-
zo Biagi, che Io colloca fra i «preti
coraggiosi» (Repubblica), Giuseppe
Galasso che ne fa «una potenza del
bene» (Mattino), Nazzareno Fab-
bretti, «santo giovane» (La Stam-
pa), Armando Rigabello, «fece del-
la bontà il centro focale della perso-
na» (L'Osservatore Romano) e altri
ancora.
In tutti gli articoli (o quasi) si co-
glie, come abbiamo detto, una forte
carica di simpatia per Don Bosco.
Ciò nonostante non è tutto oro quel
che luccica, come suol dirsi. Nel
merito, sia che si tratti di approfon-
dimenti storiografici o di reinterpre-
tazioni del cosiddetto «mistero Don
Bosco» (Sergio Quinzio), ciò che è
stato scritto non si dispone sempre
in linea con l'interpretazione sale-
siana. Talvolta si va al di sopra, con
slanci trionfalistici, tal altra si devia
per strade non praticabili alla luce
della realtà storica e della verità. E
difatti il curatore della rassegna,
nella nota introduttiva, prende le
distanze da certi scritti.
Allargando le sue considerazioni
al più ampio tema del rapporto fra
mass-media e informazione religio-
sa, Costa osserva che dal Concilio
Vaticano II è nata «una informazio-
ne religiosa certamente nuova, nel
bene e nel male, che rispecchia gli
umori e la ricchezza della svolta an-
tropocentrica ed ecclesiologica del
Concilio stesso». Ciò non toglie che
ci sia ancora molta strada da fare in
questo settore, sia in campo cattoli-
co che in quello laico. Analizzando
in particolare gli articoli presentati,
Costa osserva che a un certo «agio-
grafismo di maniera» si contrap-
pongono puntate di «un anticlerica-
lismo vecchio stampo». Non sem-
pre si è data dimostrazione di origi-
nalità e talvolta ci si è lasciati pren-
dere la mano dalla superficialità de-
nunciando scarsa documentazione.
Nell'insieme, tuttavia, don Costa
può a. buon diritto dirsi soddisfatto
dei risultati ottenuti con il lavoro di
stimolo e di attenzione che egli, all'e-
poca, ha rivolto ai giornali. Gli arti-
coli presentano nel complesso un
quadro notevole del Fondatore dei
Salesiani. Se ripercorsi con vigile spi-
rito critico, essi possono offrire un'u-
tile rilettura dell' anno centenario.
Don Bosco in te.rza pagina
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1 GENNAIO 1992 - 25

3.6 Page 26

▲back to top
ANNIVERSARI
CATECHESI
ALLE CATACOMBE
DI SAN CALLISTO
di Antonio Baruffa
60 anni fa Pio XI
affidava alla guida dei
Salesiani le Catacombe
di San Callisto. Visitate
ogni anno da
quattrocentomila turisti-
pellegrini rappresentano
un'esperienza di fede e
di catechesi.
Servizio fotografico di Guerino Pera
R orna, anno 1849. Giovanni
Battista de Rossi, 27 anni, ap-
passionato archeologo, entra nella
vigna situata tra l'Appia e l'Ardea-
tina alla ricerca di antichità cristia-
ne. Il suo occhio esperto si posa su
una lastra di marmo spezzata, che
era servita da gradino a una scala.
La lapide scheggiata recava la scrit-
ta «NELIVS MARTYR» . Subito il
de Rossi intui la parte mancante del
nome. Completò la scritta in COR-
NELIUS e comprese che si trattava
di una parte notevole dell'iscrizione
sepolcrale del Papa martire san
Cornelio , morto a Civitavecchia nel
253 e sepolto qualche anno dopo vi-
cino al cimitero di san Callisto. Da
quel giorno un pensiero fisso tor-
mentò il grande archeologo: sotto
quella vigna si dovevano trovare le
catacombe di san Callisto, cioè il ci-
mitero ufficiale della Chiesa di Ro-
ma del terzo secolo . Per averne la
certezza bisognava iniziare gli scavi,
ma era necessario prima acquistare
26 - I GENNAIO 1992
Roma. Catacombe di san Callisto. Il Cristo della cripta di santa Cecilia.
Sopra, la cripta dei Papi.

3.7 Page 27

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----------BS-
il terreno. Il de Rossi si recò dal Pa-
pa Pio IX e gli parlò delle scoperte
fatte: sotto c'erano probabilmen-
te la Cripta dei Papi e il sepolcro di
santa Cecilia. Il Papa lo assecondò:
acquistò la vigna e affidò allo stesso
de Rossi lo studio della Roma sot-
terranea cristiana.
Nello spazio di mezzo secolo il de
Rossi fece numerose scoperte. Nel
1852 ritrovò la tomba di san Corne-
lio e questa -gli diede la certezza as-
soluta che il cimitero che stava
esplorando era quello di san Calli-
sto. La scoperta più sensazionale la
ebbe però nel 1854, quando ritrovò
la Cripta dei Papi, dove erano stati
sepolti nove Pontefici. Quasi con-
temporaneamente scoprì la cripta di
santa Cecilia, annessa a quella dei
Papi. Qualche giorno dopo, Pio IX,
presente il de Rossi, faceva la sua
prima visita a quelle catacombe,
prendendo con commozione tra le
mani le lapidi che portavano i nomi
dei suoi predecessori martiri. Nel
1856 il de Rossi individuò altre due
tombe di Papi: quella di sant'Euse-
bio martire e quella del Papa san
Gaio.
Viaggio nelle Catacombe
Nei primi cento anni della Chiesa
i cristiani romani venivano sepolti
in cimiteri comuni, insieme ai paga-
ni. Alcuni cristiani invece, persone
facoltose convertitesi al cristianesi-
mo, vollero il proprio sepolcro in
terreni di loro proprietà, fuori della
città muraria. Col tempo questa se-
poltura venne estesa anche agli altri
fratelli nella fede, dando origine ai
primi cimiteri cristiani. È questa
_l'origine delle catacombe, che nac-
. quero dal desiderio dei primi cristia-
ni di essere sepolti insieme. Voleva-
no poter pregare liberamente presso
le loro tombe e, soprattutto se si
trattava della sepoltura di un marti-
re, sentivano il bisogno di praticar-
ne il culto. Alle catacombe i primi
cristiani venivano a ricaricarsi spiri-
tualmente e a trovare la forza di
imitare il martire nei momenti diffi-
cili, per vivere con la stessa intensità
la propria fede. Nel dies natalis, il
giorno della sepoltura del martire,
veniva anche celebrata l'Eucaristia
sulla sua tomba. Tra grandi e picco-
le sono state identificate topografi-
camente a Roma circa sessanta ca-
tacombe cristiane: una rete intrica-
tissima di sotterranei, ricuperati con
un lavoro pazientissimo e faticoso
al lume di lucernette a olio. L'intera
area del san Callisto consta di quat-
tro catacombe che si snodano attra-
verso una ventina di chilometri di
gallerie e raggiungono in alcune zo-
ne i quattro piani. Naturalmente
non tutto è visitabile perché c'è un
percorso obbligatorio ben illumina-
to. Interessante è il simbolismo che
Catacombe di san Callisto. Sopra,
i santi Cornelio e Cipriano (particolare).
si ritrova nell'iconografia tipica del-
le catacombe. Le immagini più ri-
prodotte sono quelle del Buon Pa-
store e dell'Orante. L'immagine del
Cristo che prende sulle spalle la pe-
corella si rifà evidentemente al van-
gelo di Giovanni: Gesù ha preso su
di sé l'anima, che raggiunge grazie a
questo la salvezza. L'Orante, altra
figura molto rappresentata, ha le
braccia alzate non tanto perché è in
preghiera, quanto per raffigurare
l'anima che partecipa alla visione
beatifica e si trova già nella pace di
Dio. Alcune volte le immagini si
differenziano per l'acconciatura dei
capelli, per una collana, ecc.; in
questo caso non sono soltanto figu-
re simboliche, ma personaggi ben
definiti. Altri simboli molto usati
sono il pesce, simbolo di Gesù Fi-
glio di Dio Salvatore, la colomba,
ecc.
Alcuni santi sono stati particolar-
mente sensibili a queste testimo-
nianze della Chiesa primitiva. Don
Bosco insieme a Don Rua visitò le
catacombe di san Pancrazio, di san
Callisto e di san Sebastiano nel 1858
e vi rimase dalle otto del mattino al-
le sei di sera, facendo il pranzo pres-
so i Francescani, ancora oggi custo-
di delle catacombe di San Sebastia-
no. La giovane santa Teresa di Li-
sieux ·visitò le catacombe di San
Callisto nel 1887 e disse che pur es-
sendovi rimasta un intero pomerig-
gio, le sembrò di esservi discesa solo
da pochi istanti. Giunse alle cata-
combe di San Callisto anche santa
Maria Domentsa Mazzarello. La
santa era andata a Roma per la par-
tenza delle prime suore salesiane per
l'America. Insieme erano andate
dal Papa e quindi erano andate a vi-
sitare le catacombe. Le cronache
raccontano che era novembre e fa-
ceva freddo . La santa si accorse che
un giovane chierico salesiano tre-
mava dal freddo e gli diede il suo
scialle.
Le Catacombe di San Callisto
Le catacombe di san Callisto so-
no state affidate ai salesiani esatta-
mente sessant'anni fa. Prima c'era-
no i padri Trappisti, che erano stati
chiamati dal Belgio nel 1884 dal de
Rossi, che li volle come custodi del-
le catacombe e si occupassero degli
scavi. A quel tempo le catacombe
erano visitate soltanto da pochissi-
1 GENNAIO 1992· 27

3.8 Page 28

▲back to top
NOVITÀ
S. Giovanni Bosco
Vita del giovanetto
Domenico Savio
Trascrizione e complementi
di TERESIO Bosco
Pagg. 224, lire 16.000
Dalla prefazione:
«Don Bosco scrisse un libro storico,
non una telenovela. Ma Dcin Bosco
non si interessò di ciò che accade-
va " attorno" alla vita di Domenico.
Le campane che Domenico sentiva
andando alla scuola del Bonzanino,
accompagnavano i funerali delle re-
gine che morivano mentre nel Par-
lamento di Palazzo Madama si di-
scute~a la legge Rattazzi sulla sop-
pressione degli ordini religiosi. Il
soldato per cui Domenico stese per
terra il suo fazzoletto, era uno dei
tanti soldati ammassati in Torino
nell'imminenza della guerra di Cri-
mea. I ragazzi di oggi, che studiano
a scuola questa storia hanno inte-
resse per questi particolari. E an-
che alla gente comune piace che
una vicenda sia raccontata nel suo
scenario storico.
C'era una sola maniera per non
stravolgere la narrazione di Don Bo-
sco: aggiungere al termine di ogni
suo capitoletto le Cose che Don Bo-
sco non raccontò. Ho lavorato così
e al termine ho tracciato .un quadr~
degli avvenimenti contemporanei,
perché ogni lettore possa vedere
che cosa capitò in ognuno degli an-
ni in cui visse Domenico».
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28 - l GENNAIO 1992
Roma. Catacombe di san Callisto. Un gruppo di pellegrini fiamminghi.
mi studiosi, ma col tempo aumenta-
rono i pellegrini e i Trappisti si sen-
tirono disturbati nei loro ritmi di si-
lenzio, lavoro e preghiera e decisero
di trasferirsi alle Frattocchie, a ven-
ti chilometri da Roma. Il papa Pio
XI pensò allora di affidarle ai sale-
siani. Essi, molti dei quali erano
stati in terra di missione, conosce-
vano bene le lingue e sarebbero stati
in grado di accogliere adeguatamen-
te i pellegrini. Non mancò qualche
perplessità da parte della congrega-
zione, perché l'opera sembrava esu-
lare dalle sue finalità, ma alla fine
don Rinaldi non si sentì di dire di no
al «Papa di Don Bosco». Qualche
tempo dopo, il Papa volle salutare
in udienza particolare tutte le guide,
ed esclamò compiaciuto: «Ma que-
sta è una vera Pentecoste!».
Le catacombe di san Callisto na-
turalmente sono state visitate da
molti Papi e da illustri personalità
del nostro secolo. Si ricorda in mo-
do particolare la visita di Giovanni
XXIII che fu particolarissima:
escluse i fedeli e volle rimanere con
pochi intimi a pregare. Giovanni
Paolo II nell'84 volle aprire la pri-
ma stazione quaresimale a San Cal-
listo, invitando tutta la gioventù
delle parrocchie romane. I giovani
presenti furono circa quindicimila.
Iniziative in linea catechistica
Oggi le lingue parlate dalle guide
sono sette, ma con l'ausilio delle
cassette registrate, possono rendersi
utili ii. pellegrini di quaranta lingue.
Si tratta di un servizio preziosissimo
e la comunità delle guide è ben con-
sapevole che la visita diventa una
vera occasione di catechesi. Eviden-
temente il nemico numero uno di
questa · visita-pellegrinaggio è la
fretta. Le agenzie inseriscono la vi-
sita in un giro turistico ampio per la
città di Roma, dove le cose interes-
santi da vedere sono moltissime. I
salesiani oggi sono impegnati a cu-
rare soprattutto il momento dell'ac-
coglienza, e stanno realizzando una
serie di pannelli illustrati da porre
lungo il viale di accesso, che spie-
ghino in modo visivo ciò che verrà
visto. Il progetto prevede anche un
luogo al coperto che per mezzo di
videocassette e u"n max.i-schermo of-
fra le immagini e i contenuti giusti
per comprendere le catacombe ·e ri-
portarne il frutto pieno. È un fatto
che la visita alle catacombe per mol-
ti equivale al classico ritiro spiritua-
le. Arrivano anche l'ateo o lo scetti-
co, ma molto spesso se ne partono
toccati dalla fede .
Antonio Baruffa

3.9 Page 29

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----------BS-
PROTAGONISTI
SUORE, OVVERO DONNE
DALLA PARTE
DELLA VITA
di Margherita Dal Lago
Partendo dal best-seller
di Mariapia Bonanate,
incontriamo suor Silvia e
suor Maria /sabei: due
suore che hann·o scelto la
via dell'educazione pe/
incontrare i giovani e
promuovere la vita della
loro gente.
S uore. Al di là delle grate nei mo-
nasteri del Duemila: un libro
di Mariapia Bonanate, edito da Riz-
zali nel maggio scorso, che è ormai
un best-seller.
Sembrava, qualche anno fa, che
l'interesse per la vita religiosa, so-
prattutto femminile, fosse scarso,
che l'opinione pubblica pensasse al-
le suore come a «donne di basso
profilo», prive di fascino. Di colpo
questo libro rivela che, invece, c'è
una cutiosità nuova per la vita «ol-
tre le grate». C'è voglia di conosce-
re e sperimentare la strana esistenza
dentro i monasteri e le case religio-
se. C'è tanta nostalgia di gioia e di
pace nel nostro cuore. E quando si
incontrano alcune di queste donne
da vicino, c'è la scoperta che la vita
appartiene anche a loro. Ed è fecon-
da e inedita.
Ci si accorge che dietro l'abito, a
volte decisamente fuori moda, ci so-
no creature che vivono le ansie e le
speranze del nostro tempo; che die-
tro le grate arrivano i problemi in
Suor Maria Vackter tra gli Yanomami. (FMA Archivio Fotografico)
cui ci si imbatte tutti i giorni; che
nella loro preghiera e nella loro pa-
rola c'è un'immensa voglia di co-
munione e di pace.
Marco ha appena toccato ferro,
con i suoi amici. Non conosce le
suore da vicino. E confessa, un po'
vergognoso, che lo ha fatto perché
«lo fanno tutti». «Sono persone
che, in un certo senso, mi fanno
paura, perché mi richiamano qual-
cosa che io vivo male, in maniera
superficiale».
Grazia, invece, ha 15 anni e afferma
decisa che si «farà suora da qualche
parte». Sente che le canta dentro
qualcosa di grande ed è disposta a
cercare.
Paola, 25 anni, ha deciso di farsi
suora dopo molti anni inquieti.
«Facevo animazione nei gruppi. Ho
cercato di insegnare, di buttarmi nel
volontariato, ma dentro di me re-
stava come un filo di nostalgia, di
insoddisfazione. Da quando ho de-
ciso di andare è cambiato tutto».
Il viaggio di Mariapia Bonanate
ha fatto conoscere molti volti e no-
mi e, attraverso di essi, un arcipela-
go di case, tante porte pronte a spa-
lancarsi, tanta gente che vive in
mezzo a noi, su questo mondo, con
una segreta felicità: quella di ama-
re. Anche noi abbiamo girato un
poco tra le suore che vivono nello
stile di Don Bosco. E abbiamo in-
contrato gente che non si può di-
menticare. Gente dal cuore giovane,
capace di inesauribile sorriso, che
non rinuncia alla vita.
·1 GENNAIO 1992 - 29

3.10 Page 30

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Ai giovani che toccano ferro o in-
crociano le dita, e agli altri che ai
margini della storia si lasciano an-
dare senza più speranza possiamo
solo augurare di trovare suore come
quelle di cui racconterò, che per i
giovani sono pronte a tutto.
Il Mato Grosso di
suor Silvia
La città di Campo Grande (Brasi-
le) è alle spalle. Là sono i rumori
delle strade affollate, le fabbriche,
le macchine e... anche il grigio del
cemento.
Qui è tutto verde. Piccole case
bianche disperse tra gli alberi, che
salvano la privacy di ciascuna. In
fondo al vialetto acciottolato c'è la
casa delle suore. Sono solo tre per Mavaca (Alto Orinoco). Suor Maria !sabei Eguillar a Shapono.
questa piccola città dei lebbrosi lin-
da e silenziosa, che non assomiglia
per niente ai nostri ospedali. Suor
Silvia mi viene incontro. Parla un
italiano rapido, impastato di brasi-
liano, con qualche accento del Ca-
dore. È un'italiana che da più di 30
anni vive nel Mato Grosso. Mi ha
parlato molte volte di lei Maddale-
na che, prima di sposarsi, ha fatto
qui un tempo di volontariato. Le
porto per prima cosa i saluti degli
amici italiani: sono tanti. Ragazzi e
ragazze, adulti e parenti... Gli occhi
chiari di suor Silvia -si illuminano.
Li ricorda ad uno ad uno e mi dice:
«Maddalena ha fatto questo . Qui
Franco ha disegnato questo padi-
glione. Laggiù abitano le famigliole
dei volontari italiani che hanno scel-
to un servizio più lungo .. .». Mi ac-
corgo che attorno al Mato Grosso
di suor Silvia c'è un grande cerchio
di solidarietà. «30 anni fa i lebbrosi
qui facevano una vita dura: la pau-
ra, l'ignoranza, la povertà rendeva-
no insopportabile la sofferenza. Po-
che medicine. Tanta solitudine. Po-
che baracche. Molta trascuratezza.
Uomini, donne e bambini erano ab-
bandonati al loro destino. Dispera-
tamente. Io non so rassegnarmi.
Non sono mai stata una donna ras-
segnata. Quando noi siamo arrivate
in questo ospedale 25 anni fa, ho
cominciato a lanciare i miei s.o.s.
Sono tornata in Italia per domanda-
re aiuti. Il regalo più bello sono stati
i giovani quando sono venuti qui a
stare con noi e con i poveri, quelli
che la società conduce sempre di più
ai margini». È schiva. Non mi parla
di se stessa. Preferisce parlarmi e
mostrarmi le mille cose che gli altri
hanno fatto.
«Silvia, come mai sei capitata
qui?». Un gesto. Una risata distesa.
Le suore che Don Bosco ha voluto perché facessero tra le ragazze
E... «È tutto molto normale. Arri-
quello che egli faceva tra I giovani, portano un nome che nella tradizio-
vata in Brasile, qui c'era bisogno di
ne salesiana è molto bello: Flglle di Maria Auslllatrlce.
un'infermiera. E ti assicuro che ci
In tutto il mondo sono più di 17.000. In Italia sono presenti in tutte le
sto bene. Da allora».
regioni, con scuole, Centri Giovanili, nelle parrocchie. Dal 1982 anche
«Ma non è una vita un po' troppo
per loro è iniziato il Progetto Africa e oggi, a distanza di quasi dieci
dura?». «È la vita di tante suore.
anni sono più di 20 le comunità che prestano il proprio servizio in 12
Semplice. Molto quotidiana. Ci · si
Paesi africani grazie alla solidarietà di suore Italiane, brasiliane, spa-
alza presto. Preghiamo insieme pri-
gnole, argentine.
ma che la vita della nostra gente co-
Anche l'Africa ha dato la sua prima vocazione missionaria: suor Ana
minci. Il dispensario non dà pace fi-
Maria. È un seme che crescerà poco per volta perché i giovani possa-
no al pomeriggio. E poi c'è la cate-
no trovare sempre chi si mette in cammino con loro, chi è amico e fra-
chesi e mille altre cose. La nostr:;t
tello, chi apre la casa e il cuore.
giornata è nell'incontro con tante
A Roma, presso la Facoltà Auxilium, le Figlie di Maria Ausiliatrice for-
storie di sofferenza e povertà: è lì la
mano molte giovani suore di tutte le nazioni e le preparano a vivere
nostra preghiera vera perché spesso
la missione educativa. È l'unica Facoltà Pontificia di Scienze dell'Edu-
le nostre mani che accarezzano e le
cazione diretta da suore: un impegno verso la Chiesa. Un gesto di
nostre pillole possono fare ben po-
amore per le giovani donne che In tutto il mondo sono in cerca di au-
co. E quando voglio divertirmi va-
tenticità e domandano cultura, istruzione, dignità.
do dai bambini».
Chiacchierando, Silvia mi porta
in una casetta poco lontana: ci
30 · 1 GENNAIO 1992

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Mato Grosso (Brasile). Suor Silvia Vecellio con un lebbroso di S. Juliao.
stanno i figli dei lebbrosi. È un
convitto-famiglia. È scuola. È...
una casa salesiana come tante altre
se non mi ricordassi che sono a
Campo Grande, in un ospedale.
La vocazione salesiana Silvia,
Maria e Luigia la incarnano in que-
sto modo: pensando ai malati. Ma
anche ai loro figli che possono cre-
scere sani. E penso. Anche Don Bo-
sco direbbe che tutti hanno diritto
alla vita.
Scelgo di andare avanti
Mi avevano avvisata che per arri-
vare fin qui ci voleva... una vita.
Sono due giorni che non si vede al-
tro ch,.e l'acqua del fiume e che si
sente solo il motore della barca che
grida nel silenzio. So che ci sono tre
comunità di suore abbastanza vici-
ne. Non ho idea di quale incontrerò
per prima. Penso a chi resta così
lontano da tutto per anni: cosa si-
gnifica una barca in arrivo? Quan-
do arriva una lettera? Che impres-
sione fa sentire le notizie alla radio?
E con il telefono cosa capita?
Mavaca ce l'ho in testa per quello
che ho letto e che ho visto, ma le co-
se in videocassetta non sono esatta-
mente come nella realtà. Si sarebbe
potuti arrivare qui da Porto Ayacu-
cho: due ore su un piccolo aereo.
Invece ci arrivo da sud, dal Brasile.
Gli indi Yanomami hanno scelto
uno scenario indescrivibile per vive-
re: tanto verde, sole e montagne. Si-
lenzio e musica. Saltando giù dalla
barca non faccio nessuna fatica a
individuare le suore: hanno un ve-
stito bianco, come una tunica. Nes-
sun tatuaggio. Nessuna corona di
penne variopinte. Clara, Maria Isa-
bel e Albertina sono tre suore sale-
siane che condividono questa vita
che mi riporta indietro di secoli.
Maria Isabel fa gli onori di casa. Le
suore hanno una piccola casa. Gli
indi vivono in gruppo: come in un
grande accampamento dove ogni
nucleo familiare ha un proprio
spazio.
«Sono tornata qui, dopo un pe-
riodo passato in Spagna. Avevo già
fatto una lunga esperienza tra gli
Yanomami. Del resto ci vuole un
po' di tempo per capire quello che
facciamo, per capire come rispetta-
re la cultura yanomami e come of-
frire agli indi gli strumenti che per-
mettono loro di dialogare con il re-
sto del mondo».
Laureata in antropologia, Maria
Isabel sta portando avanti l'idea di
insegnare a leggere e a scrivere ai ra-
gazzi yanomami. «Nella cultura in-
dia ci sono molte cose che vanno di-
fese. Ma, oggi, non ci si può difen-
dere se non si sa quali sono i grandi
interessi della politica e dell'econo-
mia. Serve a questo saper leggere e
serivere» .
Mi colpisce questa dorina alla so-
glia della maturità. Gli occhi mi
guardano dentro per capire cosa
penso, come mi trovo in questo cli-
ma caldo, senza ventilatori, con gli
insetti che si fanno vivi da tutte le
parti. «Non ti senti un po' sprecata,
qui?», insinuo. «Come antropologa
potevi fare qualcosa di diverso .. .».
«Io sono un'antropologa sperimen-
tale. Ti par poco? Verifico conti-
nuamente quello che faccio e che
penso. È una fortuna. E poi la cosa
che più mi importa è riuscire a con-
dividere con questa gente il cammi-
no verso una vita più dignitosa, più
umana. Il Dio che io amo è il Dio
della libertà e io qui lo incontro
dappertutto. In Europa si parla di
parità tra uomo e donna, ma qui la
strada è appena agli inizi. È difficile
spiegarti perché sono felice». Nella
cappella dove i vasti orizzonti sono
al di là della piccola finestra, la no-
stra sosta in preghiera è molto sem-
plice e fraterna. «È qui che incon-
triamo il mondo . A Mavaca arriva
solo l'eco di quello che succede e
tuttavia lo viviamo con intensità. È
qui che domandiamo al Signore,
tutti i giorni, di insegnarci le parole
per raccontare di lui con gesti e se-
gni vicini alla cultura degli indi. E
sentiamo che il mistero di Dio che si
fa vicino all'uomo si ripete nella no-
stra vita».
«Non ti viene mai la voglia di tor-
nare a una vita più normale?», le
chiedo, prima di partire. «Io scelgo
di andare avanti. Al resto ci pensa-
no tutti». Una stretta di mano forte
mi dice che le parole sono vere.
Ho incontrato suor Nicolina in
India, suor Esterina a Bangkok,
suor Orsolina a Manila, suor Adria-
na a Seoul, suor Marisa a Tokyo.
Ho parlato a lungo con suor Laura,
suor Giustina .. . Tanti cieli, tante
culture, tante diversità. Al di là del-
le apparenze legate alla persona, al-
1' ambiente, alle condizioni sociali,
s·ono donne giovani, mature o già
avanti negli anni, che stanno dalla
parte della vita, che si fermano per
poter camminare al passo dei giova-
ni, che guardano avanti per poter
intravvedere nuove mete. Perché
l'educazione è la loro via concreta
di santità e sanno che dove i giovani
domandano «presenze educative»
esse hanno Ùn appuntamento con
Dio.
Margherita Dal Lago
1 GENNAIO 1992- 31

4.2 Page 32

▲back to top
DON CIMATTI ccVENERABILE,,
«GUARDA DON BOSCO!»
di Teresio Bosco
È stata riconosciuta
ufficialmente l'eroicità
delle virtù di don
Vincenzo Cimatti: il
figlio santo di una madre
santa. La lunga nascita
dei salesiani in
Giappone. L'atomica
sulla cattedrale cattolica.
I dieci salesiani travolti
dalla guerra.
Foto Archivio
Salesiano Centrale
A !l'inizio ci fu una mamma cri-
stiana, Rosa Pasi che sposò
Giacomo Cimatti il 10 novembre
1859. A Faenza cristiani e anticri-
stiani si contrapponevano violente-
mente. In una piazza, Ferdinando
Mazzotti era stato abbattuto a col-
tellate da .un gruppo di sicari perché
"cattolico intransigente". Poi i si-
cari avevano fatto cerchio intorno,
perché "morisse come un cane",
mentre lui chiedeva come ultima ca-
rità di potersi confessare da un pre-
te. Allora un gruppo di ragazze co-
raggiose si era buttato avanti, aveva
sfondato il cerchio con graffi e mor-
si. E aveva fatto scudo attorno al
moribondo mentre un prete gli dava
gli ultimi Sacramenti. Una di quelle
ragazze era Rosa Pasi.
Nel maggio 1882 a Faenza arrivò
Don Bosco (i suoi salesiani erano
arrivati un anno prima, e avevano
aperto l'Oratorio subito allagato da
un mare di ragazzi). Parlò alla gente
in una delle chiese più grandi della
città. Tra quella gente c'era Rosa,
che reggeva in braccio l'ultimo fi-
gliolino di tre anni, Vincenzo.
32 - 1 GENNAIO 1992
Don Cimatti:
cela musica
è mezzo
di propaganda
religiosa
missionaria.
Alla musica
nessuno
dice mai di no».
Quando Don Bosco ebbe finito e
disse che voleva benedire tutti a no-
me della Madonna, Rosa alzò riso-
luta Vincenzo e gli disse: «Guarda
Don Bosco! Guarda Don Bosco!».
In quei giorni Rosa vestiva a lut-
to, perché da un mese appena gli era
morto il marito a soli 46 anni. Dei
sei figli che aveva avuto da lui, glie
ne rimanevano tre: Santina di 19
anni, Luigi di 15, Vincenzo di 3.
Avrebbe continuato ad allevarli e a
nutrirli lei, lavorando dall'alba al
tramonto al telaio che s'era messa
in casa.
Vincenzo va dai salesiani portato
sulle spalle dal fratello Luigi. L'O-
ratorio diventa la sua seconda casa.
Partite clamorose, canti, teatro. Le
luci e i vestiti scintillanti del teatro,
specialmente, con la musica di sot-
tofondo, fanno su Vincenzo un'im-
pressione enorme. Dopo l'Oratorio
i salesiani aprono a Faenza anche la
scuola, e per sette anni Vincenzo la
frequenta senza una bocciatura.
Non affonda però nella trincea dei
libri: gli piace scherzare, ridere, fare
musica. Mette su un complesso di
"ocarine", strumenti poveri in ter-

4.3 Page 33

▲back to top
----------BS-
racotta in cui dieci ragazzi allegri
come lui soffiano marcette e ritmi
gioiosi, scritti dal "maestro Vincen-
zo Cimatti"
Sei figli regalati al Signore
16 anni. Bisogna pensare seria-
mente alla vita. Che farà Vincenzo?
Santina ha lasciato da alcuni anni la
casa ed è entrata suora in convento.
Luigi, dopo una mezza sbandata
giovanile, ha deciso di diventare sa-
lesiano ed è entrato tra i figli di Don
Bosco. Nella casa è rimasta solo la
mamma che spinge senza posa il suo
telaio per mantenere sé e Vincenzo,
e alla sera fa scorrere tra le dita
stanche la corona del ·Rosario. Vin-
cenzo vorrebbe entrare anche lui tra
i salesiani, ma non osa dirlò a sua
madre. È lei a capirlo e a parlargli
con una fede grande come le monta-
gne: «Se il Signore ti chiama, sono
contenta di regalarti a lui».
Ha 57 anni la vedova Rosa Ci-
matti, quando Vincenzo parte per
Torino, per diventare salesiano. È
un sedicenne intelligente e sensibile,
e capisce che l'eroe di questa gior-
nata non è lui, con tutta la vita spa-
lancata davanti. È quella donna che
rimane sola nella casa, un telaio da
far andare su e giù, e il ricordo di sei
figli tutti chiamati da Dio, tre in Pa-
radiso e tre con la vocazione religio-
sa. Oggi due di quei figli stanno per
diventare santi, venerati sugli altari
di tutto il mondo: Santina e Vincen-
zo. Ma la radice di questa santità bi-
sogna ricercarla in quella casa,
oscura come quella di Nazareth.
Il 4 ottobre 1896, dopo un anno
di noviziato, Vincenzo diventa sale-
siano. Il 18 marzo 1905, il grande
missionario salesiano Mons. Caglie-
ro lo ordina sacerdote. In quei nove
anni, Vincenzo Cimatti non ha per-
so tempo: si è laureato in scienze
naturali, poi in filosofia-pedagogia,
quindi al Conservatorio di Parma
ha conseguito il diploma in compo-
sizione musicale. Come tutti i sale-
siani di quel tempo, non ha potuto
permettersi il lusso di dedicarsi solo
agli studi. Mentre studiava e dava
esami, insegnava italiano, latino, fi-
sica, chimica, scienze, pedagogia ai
giovani chierici nella casa salesiana
di Valsalice, sulla collina di Torino .
Un alunno di quei tempi ricordava:
«Appena entrava lui in classe, svani-
vano tutte le noie, le irritazioni, le
contestazioni. Ci sentivamo bene con
lui, come fratelli. Non diede mai un
castigo. Il castigo piu grande era la
scompars~ del suo sorriso: allora ci
sentivamo tutti a disagio, lui per pri-
mo. E la cosa durava sempre poco».
Marzo 1921. Don Cimatti corre a
Faenza. La sua mamma sta moren-
do. Ha appena il tempo di parlare
un poco con lei, di darle la Comu-
nione come Viatico. Quella piccola
donna gli stringe le mani, e mormo-
ra: «Io ti ho preparato alla prima
Comunione. Adesso, prima di par-
tire da questo mondo, è da te che ho
potuto ricevere il Viatico. Sono
contenta».
Nuovi pensieri: il Giafpone
Al superiore generale dei salesia-
ni, don Filippo Rinaldi, arriva una
lettera di don Cimatti. Scrive: «Mi
trovi un posto nella missione più
povera, più faticosa, più abbando-
nata. Nelle comodità, sia pur relati-
ve, non rpi ci trovo . Mi esaudisca
una buona volta!» . Luigi Cimatti, il
fratello maggiore di Vincenzo, è
missionario da tanti anni. E il desi-
derio di essere missionario è sempre
stato anche nel cuore di don Vin-
cenzo. Fino alla morte della mam-
ma, non aveva osato premere trop-
po, ma ora ripete la sua domanda
insistentemente. Proprio in quel
1923 il Papa ha mandato al Supe-
riore dei salesiani una richiesta ri-
servatissima: il Giappone sta esten-
dendo la sua influenza su tutta l'A-
sia, e occorre estendere le missioni
cattoliche in terra giapponese. Il
Papa chiede ai salesiani di aprire
una missione nelle province di
Miyazachi e Oita: un milione e mez-
zo di giapponesi, di cui solo 300 cri-
stiani. Il Superiore generale rispon-
de chiedendo al Vaticano un anno
di tempo per preparare le persone.
Poi chiama a sé, per un colloquio
privato e segreto, don Cimatti.
Febbraio 1926. I nove missionari
salesiani arrivano a Miyazachi. Nel-
la casetta preparata per loro si sfila-
no le scarpe e infilano le pantofole
su cui devono scivolare goffamente
di stanzetta in stanzetta (come ogni
giapponese) senza scuotere troppo
le sottili pareti di legno.
Don Cimatti visita per la prima
volta le famiglie cristiane, quasi tut-
te poverissime. Scrive al Superiore
generale: «Vedesse certe stamber-
ghe! Neppure Gesù nella capanna di
Betlemme. Bene, ora siamo a casa
nostra, e ci metteremo subito a
evangelizzare i poveri».
Problemi numero uno: la lingua.
Viene un maestro elementare cri-
stiano, con i libri dei bambini. La
lavagna è posta sul tavolo da pran-
zo, i nove missionari si siedono in-
torno attentissimi. «Nove scolaretti
con barba», annota don Cimatti.
La lingua stenta ad arrivare. Ira-
gazzi invece arrivano subito. Due li
hanno visti arrivare e inchinandosi
hanno detto "Banzai!" (viva!). So-
no aumentati di giorno in giorno, e
hanno dato una mano a trasforma-
re il bellissimo giardino che affian-
cava la casa in cortile. Fanno le pri-
me corse, le prime risate. A un sale-
siano che ''non sa come fare'', don
Cimatti dice: «Facciamo come Don
Bosco: oratorio, musica, e appena
possibile un po' di scuola».
Nel 1920, all'improvviso, si spa-
lanca la porta della musica. Per il
settimo centenario della morte di S.
Francesco, i Francescani preparano
una festa grande, e chiamano don
Cimatti a dare un concerto. Con
l'aiuto di don Margiaria e di don Li-
viabella (due splendide voci ben im-
postate) il concerto è un successo ta-
le che da uno si moltiplica in cin-
que. Don Cimatti e la musica euro-
pea reggono le prime pagine dei
giornali nazionali. Arrivano inviti
per concerti dalle principali città
nipponiche. Negli intervalli della
sua normale attività missionaria•tra
i ragazzi e la gente semplice, don Ci-
matti accetta. Alla fine del 1935, ti-
rando i conti, si accorgerà di aver
dato 800 concerti. Soldi non ne ha
guadagnati, ma la simpatia per i
catto\\ici e specialmente per i salesia-
ni è salita di parecchi gradi.
«Se vi occupate di ragazzi poveri,
dovete venire a Tokio», hanno det-
to i Francescani a don Cimatti. Ci
va in esplorazione. La capitale del
Giappone è già in quegli anni una
delle più vaste e caotiche città del
mondo. Distese sterminate di case,
edifici industriali giganteschi che si
spingono verso la costa..del Pacifi-
1 GENNAIO 1992 33

4.4 Page 34

▲back to top
co. E accanto alla ricchezza, le cin-
ture nere della miseria. «II quartiere
di Mikawagina è poverissimo - an-
nota don Cimatti -. È giudicata la
zona più misera della città. Migliaia
di ragazzini per le strade. Verremo
qui».
Arrivano alla fine del gennaio
1933. «Don Bosco andava a cercare
per le vie di Torino i suoi ragazzi -
scrive don Cimatti -. Qui sono i
ragazzi a cercare i salesiani. Non
p·ar loro vero di avere a disposizione
un bel cortile dove scorrazzare. E
non par vero neppure a noi di aver
potuto realizzare con tanta facilità
l'inizio di quello che i;ioi chiamiamo
oratorio».
Il 19 marzo 1939, don Cimatti vi-
ve una delle sue giornate più belle:
accanto al vescovo stende le mani
sopra la testa di un giovane giappo-
nese. È il primo sacerdote salesiano
nato in terra giappònese. Racconta
quel sacerdote: «Durante la funzio-
ne della consacrazione lo vidi pian-
gere per la commozione. Alla fine
per primo venne a inginocchiarsi
davanti a me e chiese la mia benedi-
zione».
Gli anni della guerra
Ma già in quel 1939 in tutto il
mondo si parla di guerra. Nel 1941
anche il Giappone entra nella terri-
bile seconda guerra mondiale. Qua-
ranta giovani salesiani sono chia-
mati alle armi. Quando gli portano
la notizia, don Cimatti è in chiesa.
Abbassa la testa con profonda tri-
stezza.
Cominciano gli anni neri, semprp
più neri. Fame e freddo. Bombar-
damenti. Notizie tragiche dai lonta-
nissimi fronti. Il cibo è razionato ri-
gorosa.Jl\\ente: deve servire ai solda-
ti. Il carbone è requisito: deve servi-
re alle n~vi e all'industria di guerra.
I bambini degli asili tremano. Don
Cimatti passa ore a fare il boscaiolo
per portare legna ai piccoli. E va a
tenerli allegri suonando per loro.
Una suora racconta: «Ero m:,ia bam-
bina di terza elementare. Quando
veniva don Cimatti cercavo sempre
un posto vicino al piano . Me ne ri-
manevo , incantata a sentirlo e a
guardarlb. Non mi parlò mai. Però
quel breve tempo formava la gioia
della mii giornata».
Le notizie tragiche fanno scop-
piare il cuore. Gregorio Tateishi, il
primo salesiano giapponese, muore
a Kumamoto. Aveva appena scrit-
to: «Il Capodanno l'ho passato in
battaglia. Quando potrò cantare di
nuovo con voi? Pregate per me. An-
ch'io sono un figlio di Don Bosco».
Il chierico Tarcisio Kai cade sul
fronte del Pacifico a 22 anni, sale-
siano appena da dodici mesi. Una
nave di truppe è silurata: su di essa
c'è il chierico Sebasti~no Maki, 32
Chofu. Don Cimatti tra i ragiizzi del Youth Center.
(Foto Archivio Salesiano Centrale)
34 · 1 GENNAIO 1992
anni. A Manila, muore in ospedale
Giovanni Nishimura: · aveva 30 an-
ni, stava per diventare sacerdote.
Aveva scritto poco prima a don Ci-
matti: «La ferita mi fa soffrire pa-
recchio, ma ho il Rosario con me.
L'ho recitato al fronte, durante la
battaglia. Preghi per me».
Don Cimatti li aveva accettati ra-
gazzi dalle loro famiglie, li aveva se-
guiti come figli . Le notizie della lo-
ro morte (saranno dieci alla fine
della guerra) lo lasciano come
stroncato. ·
Poi, nell ' agosto 1945, le bombe
atomiche. La seconda viene lanciata
sulla verticale della cattearale catto-
lica di Nagasaki, sull'urtico quartie-
re cattolico di tutto il Giappone. Il
15 agosto il Giappone si arrende. La
guerra è finita con un disastro im-
menso. Turbe di ragazzi senza fami-
glia vagano tra le rovine. Dive:µtano
lustrascarpe, garzoni, vagabondi,
ladri, saccheggiatori. La polizia,
esasperata, spara. Don Tassinari,
direttore della casa salesiana di To-
kio, inizia la «Città dei ragazzi»:
260 orfani, con scuole elementari,
medie e professionali. Don Cimatti
gli scrive: «Lavora come un buon
soldato di Cristo. Serviti di chi e di
quanti credi opportuno per la riu-
scita. Ti verrò in aiuto in tutte le
forme possibili».
Gli anni della ricostruzione esigo-
no un lavoro immenso. I missionari
cattolici sono ammirati e aiutati da
tutti. Gli aiuti sono persino eccessi-
vi, e don Cimatti (che ha sempre
lottato per i soldi scarsi) ammonisce
i suoi salesiani: «Non lanciamoci in
opere troppo grandiose. Non sarà il
cemento armato a salvare la gioven-
tù giapponese». Vede lungo, come
sempre.
1949. Don Cimatti compie 70 an-
ni e ottiene, dopo energiche doman-
de, che la direzione generale delle
opere salesiane giapponesi sia affi-
data ad altra persona. Vive gli anni
che seguono alla periferia di Tokio,
tra i chierici che si preparano al sa-
cerdozio: giardiniere, insegnante,
confessore, per qualche anno anche
direttore. Gli ultimi anni si consu-
mano lentamente: il sorriso sulle
labbra, il Rosario tra le mani. Dio
venne a prenderlo il 6 ottobre 1965.
Teresio Bosco

4.5 Page 35

▲back to top
----------BS-
Jean-Pierre Tafunga, superiore dell'ispettoria dell'Africa centrale.
UNO ZAIRESE ALLA
GUIDA DELL'ISPETTORIA
DELL'AFRICA CENTRALE
di Umberto De Vanna
Lo zairese don Jean-
Pierre Tafunga è il
primo ispettore salesiano
africano. È il segnale di
un 'Africa che chiede di
diventare protagonista
del suo futuro.
J ean-Pierre Tafunga, allievo in
una scuola tecnica, pensava se-
riamente alla sua vita. E non gli sa-
rebbe spiaciuto impegnarsi al servi-
zio della Chiesa come sacerdote.
Nei primi anni di scuola erano stati
i francescani a interessarlo, poi ne-
gli ultimi due anni delle tecniche
venne a contatto con i salesiani. La
visione del film Don Bosco gli diede
la risposta che cercava e pensò che
san;bbe stato bello dedicarsi ai gio-
vani. Il primo incontro confidenzia-
le lo ebbe con un salesiano ingegne-
re che gli tolse gli ultimi dubbi.
Jean-Pièrre ·a 18 anni credeva di es-
sere già troppo vecchio per farsi sa-
lesiano. «Ma io lo sono diventato
quando avevo ormai quasi trent' an-
ni!», gli disse_ l'altro sorridendo .
Jean-Pierre ne parlò col padre. La
madre Sofia erla morta l'anno pre-
cedente; era figlio unico e pensava
che il padre avesse delle attese su di
lui. Ma gli rispose: «Anch'io sono
figlio unico. Da noi questo vuol dire
1 GENNAIO 1992- 35

4.6 Page 36

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Lubumbashi. La ccCité des Jeunes11. (Foto Archivio Salesiano Centrale)
sentirsi responsabili delle proprie
scelte. La decisione la devi prendere
tu». E Io lasciò libero.
Nel frattempo con la maturità
tecnica in tasca Jean-Pierre trovò
facilmente un posto di lavoro in una
importante azienda mineraria. Era
l'unico africano nel suo reparto ad
avere un titolo di studio. Per questo
lasciò tutti sorpresi, quando un an-
no dopo abbandonò l'impiego per
entrare in una casa salesiana a fare
il periodo di preparazione al novi-
ziato.
Da salesiano Jean-Pierre trascor-
se alcuni anni in Europa, in Belgio
e in Italia. A Liegi si specializzò in
elettrotecnica. Tornato nello Zaire,
divenne presto direttore deUa scuola
tecnica di Goma e nel 1990 fu eletto
rappresentante della sua ispettoria
al Capitolo generale 23 °.
Nel nome di
una svolta africana
«Don Tafunga, cosa si prova ad
essere il primo ispettore africano?».
«Quando il Rettor Maggiore mi
diede quest'obbedienza, esitai mol-
to. Sapevo che la mia ispettoria (220
salesiani) è per ì due terzi composta
di belgi, di europei. Il rischio era
che né io né loro ci sentissimo a
nostro agio. È poi prevalsa l'obbe-
dienza. E sono certo che i superiori
con una scelta coraggiosa hanno vo-
luto far compiere un passo signifi-
cativo alla Congregazione salesiana
36 · 1 GENNAIO 1992
Lubumbashi. Ragazzi della ccCité des Jeunes11,
e a destra della ccMaison Magone11.
in Africa. Perché si tratta certamen-
te di una svolta. Almeno nel signifi-
cato. I belgi guidano Io Zaire da 80
anni. lo sono il sesto ispettore, gli
altri cinque sono stati tutti europei.
Aver scelto me, significa in qualche
modo voler passare la mano agli
africani, perché siano loro ad «afri-
canizzare» Don Bosco. È in qualche
modo un segno profetico: aver mes-
so la prima pietra di una realtà nuo-
va. Da qualche tempo si parla neUa
nostra Congregazione di fare del-
!'Africa salesiana una regione auto-
noma, ma per fare questo è indi-
spensabile prima di tutto preparare
il personale».
L 'Ispettoria
dell'Africa centrale
L'lspettoria dell'Africa centrale è
nata giuridicamente nel 1959, quan-
do l'Ispettoria del Belgio diede ori-
gine a tre ispettorie: Belgio nord
(fiamminghi), Belgio sud e Africa
centrale. In realtà i salesiani sono in
Zaire da 80 anni e sono tra i primi
salesiani ad essere andati in Africa.
Per quasi un secolo Io Zaire salesia-
no ha preso una netta impronta
«fiamminga», essendo i salesiani
per gran parte belgi del nord. Qui
hanno aperto molte scuole di taglio
europeo, accogliendo giovani di

4.7 Page 37

▲back to top
ogni estrazione sociale, anche delle
classi più bisognose. Oggi in Zaire
tutti quelli che occupano posti di ri-
lievo nella società hanno frequenta-
to la scuola cattolica. L'ultimo pri-
mo ministro, ora dimissionario, era
exallievo salesiano, orgoglioso di
esserlo.
«Le scuole vanno bene e dobbia-
mo conservarle», dice don Tafun-
ga, «ma pensiamo che sia giunto il
tempo di "cambiare fucile", come
si dice. Vogliamo dare più spazio al-
le opere tipicamente salesiane, come
l'oratorio e le case per i ragazzi po-
veri e difficili. Vogliamo opere più
leggere, più accoglienti, più popo-
lari».
I ragazzi africani, specialmente i
più poveri, hanno bisogno di una
scuola che si prenda cura di loro
tutto il giorno e la notte. Oggi però
i salesiani non hanno le risorse per
provvedere a loro in questo modo.
Il rischio è dunque quello di aprire
le porte solo a chi può pagarsi la ret-
ta. «Finora siamo stati aiutati dal-
l'estero, dai benefattori del Belgio e
dell'Olanda soprattutto, e dalla so-
lidarietà della Congregazione sale-
siana. Ma nonostante questo non ce
la facciamo a far funzionare gratui-
tamente le scuole».
Evangelizzazione e sviluppo
«La nostra pastorale», dice don
Tafunga, «si ispira agli orientamen-
ti dei Vescovi: occuparsi insieme
dell'evangelizzazione e dello svilup-
po della nostra gente: sviluppo de-
mocratico, sviluppo economico,
sviluppo agricolo, perché la gente
ha bisogno prima di tutto di nutrir-
si. E ai missionari chiedono di far
spazio a opere che favoriscano lo
.sviluppo sociale.' Lo Zaire è un pae-
se ricco di risorse, ma si tratta di po-
tenzialità poco sfruttate. Il popolo
poi è tagliato fuori quasi del tutto
da queste fonti di ricchezza e non
conosce benessere. Esiste invece,
accanto alla grande ricchezza, la
povertà più nera, la grande povertà.
Non c'è condivisione, intercomuni-
cazione. Per fortuna il popolo zai-
rese è un popolo pacifico, perché se
fosse violento avrebbe da tempo
fatto la rivoluzione. È in questo am-
biente che dobbiamo seminare lo
spirito del Vangelo, che è anche se-
me di progresso e di maggior giusti-
zia sociale».
In Zaire i salesiani sono partico-
larmente orgogliosi di due opere
molto popolari: la Cité des Jeunes
(la Città dei Ragazzi) e la Maison
des Jeunes (la Casa della Gioventù)
entrambe a Lubumbashi. Ma ac-
canto alla Cité des Jeunes, è sorta
ormai da dieci anni la Maison Ma-
gone. Dieci anni fa un salesiano
aveva visitato la prigione dei minori
ed era rimasto sconvolto dalla situa-
zione in cui quei ragazzi si trovava-
no: denutrizione, inerzia totale,
consumo di droga anche all'età di
sette-otto anni, promiscuità con gli
adulti. Decise di fare qualcosa per
loro. Fu allestita una piccola casa
con due ettari di terreno e comincia-
rono a ospitare i giovani ex carcera-
ti che si dimostravano più ben di-
sposti. Si cominciò con dieci ragazzi
(otto venivano dalla prigione, due
dalla strada). Oggi la Maison Mago-
ne ospita 52 ragazzi interni e 30
esterni. I salesiani li aiutano a inte-
grarsi, studiano e vengono avviati al
lavoro. La casa però non può con-
tare su alcun aiuto economico uffi-
ciale e tira avanti esclusivamente
con le offerte dei benefattori euro-
pei. La casa ha bisogno di tutto: si
tratta di renderla sempre più uma-
namente abitabile e più utile sul pia-
no del ricupero e dell'apprendimen-
to. Oltre a dover trovare il necessa-
rio per sfamare ogni giorno un cen-
tinaio di persone.
In cerca di futuro
«Nell'ex colonia belga, il rappor-
to tra gli ex colonizzatori e gli zaire-
si è simile a quello di una coppia di
coniugi anziani», dice don Tafunga
sorridendo: «si sta insieme senza
scossoni, si conoscono bene e han-
no imparato a tollerarsi». Ma spes-
so la presenza degli stranieri si è ri-
velata provvidenziale, perché sono
stati da sempre testimoni scomodi
degli abusi da parte del potere. C'è
chi ha detto che quando due mesi fa
Bruxelles e Parigi hanno paracadu-
tato i loro soldati per proteggere i
connazionali in Zaire, hanno evita-
to con la loro presenza iI bagno di
sangue che ci sarebbe sicuramente
stato nella piazza tra la gente che
chiedeva la svolta democratica del
paese. Negli ultimi mesi numerosi
europei di fronte agli scontri arma-
ti, alle distruzioni e ai saccheggi
hanno preferito prendere il largo e
ritornare in Europa. Mentre la gen-
te continua a chiedere il cambia-
mento della politica: multipartiti-
smo, costituzione dello stato di di-
ritto. «II nostro è un popolo pacifi-
co», ripete don Tafunga, «ma desi-
dera finalmente una svolta demo-
cratica».
Grande quasi otto volte l'Italia,
coperto per tre quarti da una fore-
sta immensa che potrebbe offrire ri-
sorse straordinarie, ricco di minera-
li preziosi e di parchi, lo Zaire è oggi
un paese devastato dalla cattiva am-
ministrazione, dall'anarchia socia-
le, e occupa immeritatamente uno
degli ultimi posti nella scala mon-
diale del progresso e dello sviluppo
economico. Ma è in atto per i re-
sponsabili il tempo della resa dei
conti. Ci auguriamo che non sia il
sacrificio deJ popolo a dover pagare
il prezzo di un futuro diverso.
Umberto De Vanna
1 GENNAIO 1992 37

4.8 Page 38

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il iario di ?1.=n=f:=.:;tn;==~=a=============;::::======
di Jean-François Meurs
SPRAY
PER SENTIRSI
VIVI
Venerdì 26 aprile. Sono rimasto 15
giorni senza scrivere, ma credo di
avere delle cose da raccontare . Già
venerdì scorso avevamo individuato
il luogo e ci siamo ritornati sabato e
mercoledì per vedere: è un luogo
tranquillo, non vi è nessun altro che
sappia cosa vogliamo fare . Domani
si passa all'azione. Sergio ha voluto
che io lo accompagnassi, soprattut-
to per fare la spia. E poi, dato che il
muro è piuttosto grande, ci vuole
molto spray per fare un bel disegno,
e io ne ho comprato alcune bombo-
lette con i miei soldi. Sono già tutto
agitato. Sarà qualcosa di straordi-
nario.
38 - 1 GENNAIO 1992
Andrea e Sergio impegnati e soddisfatti per il loro graffito
(Andrea è a destra, senza occhiali).
Domenica 28 aprile. Incredibile!
Questo devo scriverlo assolutamen-
te! Tutto è andato liscio. Sergio è
abituato, poiché da cinque anni scri-
ve e fa disegni sui muri. Avevamo
messo dei berretti da base-ball, de-
gli occhiali neri, un foulard davanti
alla bocca, e tutto il resto in nero.
Valerio mi ha passato il suo motori-
no. Credo che lui si sia accorto di
qualcosa quando mi ha visto tutto
nero. Ma è stato al gioco e non mi
ha chiesto niente. Arrivati al ponte,
Sergio ha cominciato subito: prima
le grandi linee. Un omone, con la te-
sta piccola e i denti grandi, e uno
sguardo da scemo. Una collana di
pezzi d'oro e il suo pancione ripu-
gnante. Poi ha scritto a lettere molto
grandi: «Business Man». Dietro, la
città, e in basso, una grande pioggia
di dollari che l'affarista raccoglie tra
le sue braccia. lo facevo la spia, ma
era tutto tranquillo. Quando tutto era
stato ben delineato mi ha chiamato
per gettare il colore sulle grandi su-
perfici. Il cielo tutto rosso dietro i tet-
ti neri, i palazzi viola e i dollari che
cadono tutti verdi. lo non sporcavo
troppo facendo scorrere il colore e
Sergio mi faceva OK con il pollice.
Sergio parla poco, per questo ha
sempre il suo walk-man attaccato al-

4.9 Page 39

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r=====================================:::::::::::==============;;:===========BS -
le orecchie e dipinge danzando
sulle musiche Rap.
Avevamo quasi finito, quando so-
no passati dei giovani. Si sono fer-
mati a guardare e si sono messi a
parlare. Anch'essi amano il Rap,
perché è una musica che racconta
Per un adolescente mettere
una scritta su un muro è come
lasciarci la propria firma, sentir-
si vivo. Correre il rischio di es-
sere multato, sfidare la polizia,
è sfidare la società vista come
un padre prepotente, e che non
pensa a ciò che porti dentro di
più profondo. Sporcare la stra-
da o trattare male la propria ma-
dre può nascere dallo stesso
spirito di ribellione. È giusto tut-
to questo? Gli adolescenti a vol-
te hanno bisogno di passare
per queste strade per maturare,
cosi come i fiori hanno bisogno
di concime per fiorire. Ma un di-
segno su un muro può significa-
re anche un flash che illumina
la strada di speranza. In una
cultura cosmopolita dove è diffi-
cile essere giovane, qualcosa si
costruisce malgrado tutto.
la nostra storia. I nostri disegni e le
scritte sui muri sono il giornale
parlato della periferia. Nei grandi
giornali qu~ste cose non le dicono
perché hanno paura di noi. Ma noi
non siamo marmaglia, amiamo ciò
che è bello, a i nostri disegni e le
scritte hanno qualcosa da dire alla
gente. Non è possibile che essi non
si fermino e che non dicano: è vero,
è questo sporco danaro che ci
prende la testa e ci fonde il cervello.
Senza i soldi e i poliziotti alle cal-
cagna noi saremmo tutti fratelli,
bianchi e neri, curdi e iracheni,
giudei e palestinesi. Ciò che noi
vogliamo è la gioia di vivere.
Sergio scrive sempre «stop the
violence». Ne sa qualcosa, lui che
è un esule cileno. Ha sempre pau-
ra che la terra salti in aria. Dise-
gnare per lui è una questione di
sopravvivenza. Peace and love,
fratello mio!
1 GENNAIO 1992 39

4.10 Page 40

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olidarietà
borse di studio
per giovani missionari
Borsa: Don Mario Rizzini,
pervenute
Missionario Salesiano, a cura
alla direzione
di Don Felice Rizzini L.
opere Don Bosco
3.500.000 - Borsa: Maria Au-
siliatrice, Don Bosco, Mamma
Margherita, a cura di P.G .R.
L. 2.000.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, Don Bosco, Do-
menico Savio, per grazia rice-·
vuta, a cura di N.N . L.
1.000.000 - Borsa: In suffra-
gio di Dario Di Nardo e Giacin-
ta Santilli, a cura di Di Nardo
Prof. Ubaldo L. 1.000.000 -
Borsa: Sr. Eusebia Palomino,
per grazia ricevuta e costante
protezione, a cura di Ri zzato
Roschiero Maria L. 1.000.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice, a
cura di Tardio M . Antonietta
L 750.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, Don Bosco, Don
Rinaldi, per ringraziamento e
protezione, a cura di A.R. L.
500.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, in ringraziamento e a t-
tesa di una grande grazia e in
memoria di Mamma Angela, a
cura di N.N. L. 500.000 - Bor-
sa: Don Bosco, ringraziando e
invocando protezione per la fa-
miglia, a cura di Rosa di Rosa
L. 500.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, a cura di Visconti
Paolo L. 500 .000 - Borsa:
Don Bosco, per grazia ricevuta,
India. Salesiani dell'ispettoria di Calcutta con Madre
Teresa (in primo piano don Dino Colussi).
a cura di Angeloni Ubaldo L.
500.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, Don Bosco, Sr. Euse-
bia, ringraziando e invocando
continua protazione, a cura di
Molinari W.E.F. L. 500.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice , San-
ti Salesiani, invocando prote-
zione per salute e prosperità e
in suffragio dei defunti, a cura
di C. e G.F. L. 300.000 - Bor-
sa: Pietro Robaldo, a cura della
Famiglia Bo, Ciriè L. 300.000
- Borsa: Marra Ausiliatrice e
Don Bosco, per la laurea di
Emanuela, a cura di mamma e
papà, Ghemme L. 300.000 -
Borsa: Don Bosco, in ringra-
ziamento, a cura di Bertoluzzi
Luisanna L. 250.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Alberto
Marvelli, a cura di Vettorello
Renzo L. 250.000 - Borsa:
Don Bosco, a cura di Don Car-
mine Ciccarelli L. 230.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco; grazie per il
battesimo dei miei nipoti, a cu-
ra di N.N. L. 200.000- Borsa:
200.000 - Borsa: Maria Ansi-
liatrice e S. Giovanni Bosco, in
memoria e suffragio di Angelo
Palladino, a cura della moglie
L. 200.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice, a cura di Scortega-
gna Bruno L. 200.000 - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, a cura di Montaiuti Giu-
lia L. 200.000 - Borsa: Maria
Ausiliatrice in suffragio di Vit-
torio e Paolo Gargiulo, a cura
di Sandra Gargiulo L. 200.000
- Borsa: Maria Ausiliatrice, e
S. Giovanni Bosco, a cura di
Adriano Ponte L. 200.000 -
Borsa: S. Domenico Savio, in-
vocando continua protezione, a
cura di Cagnazzo Angelo L.
200.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice, Don Bosco, Don Rinal-
di, per grazia ricevuta, a cura di
Scupelli Rosa L. 200.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Giovanni Bosco, in ringrazia-
mento, a cura di Predonzani
Bruna L. 200.000 - Borsa: SS.
ria Ausiliatrice, Don Bosco,
Domenico Savio, per ringrazia-
mento e protezione, a cura di
Pellegrino Maria ved . Garis L.
180.000 - Borsa: Don Bosco,
a cura e intenzione di N.N. L.
150.000 - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, per grazia
ricevuta, a cura di Vallar Elena
L. 150.000- Borsa: Cuore Im-
macolato di Maria, a cura di G.
Bertero L. 150.000 - Borsa:
Maria Ausiliatrice e Don Bo-
sco, per ringraziamento e' pro-
tezione e suffragio di Giuseppe,
a cura di Cerutti L. 150.000 -
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don
Bosco, Don Rinaldi, in ringra-
ziamento, a cura delle sorelle
Scudo L. 150.000 - Borsa: S.
Giovanni Bosco, in memoria
del Dott. Nencini Giovanni, a
cura di Pepi Egidio L. 150.000.
Borse Missionarie da
L. 100.000
Cuore Immacolato di Maria: ti Cuore di Gesù e di Maria e Don
consacro mio figlio e la sua Bosco, a cura di Zucca Elvira Borsa: Maria 'Ausiliatrice e S.
famiglia, a cura di N.N . L. Bovi L. 200 .000 - Borsa: Ma- Giovanni Bosco, per protezione
40 - 1 GENNAIO 1992
della famiglia, a cura di Brevi
Mario - Borsa: Maria Ausilia-
trice e Beato Michele Rua, per
la guarigione del mio parroco,
a cura di N.N . - Borsa: in suf-
fragio di Don Meliga Giacomo,
a cura di N .N. - Borsa: Sacro
Cuore di Gesù, Maria Ausilia-
trice, Don Bosco, per protezio-
ne della famiglia e ritorno del
figlio alla fede, a cura di N.N.
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, ringrazian-
do e invocando protezione per
le mie famiglie, a cura di
C.T.P. - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e Don Bosco, ringra-
ziando e invocando protezione
per la famiglia e i nipoti, a cura
di B.P .E. - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Beato Don Rinaldi,
in ringraziamento, a cura di
N .N. - Borsa: San Giovanni
Bosco, a cura di Bogino Lina
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
S. Giovanni Bosco, in ringra-
ziamento, a cura di Olga B.L.
- Borsa: Maria Ausiliatrice e
Santi Salesiani, per protezione
sulla famiglia e sul lavoro, a cu-
ra di N.N . - Borsa: Don Bo-
sco, a cura di Legé Rotondo -
Borsa: Maria Ausiliatrice e S.
Domenico Savio, a cura di
D!Amico Pina - Borsa: Don
Bosco, per protezione della fa-
miglia, a cura di Roccatagliata
Mario - Borsa: Maria Ausilia-
trice, Don Bosco, Domenico
Savio, in suffragio del marito e
protezione della famiglia, a cu-
ra di N.N., Retorbido - Bor-
sa: S. Cuore di Gesù, Maria
Ausiliatrice, Don Bosco, rin-
graziando e invocando prote-
zione sulla famiglia, a cura di
Ex allieva di Retorbido - Bor-
sa: San Domenico Savio, a cura
di Achini Franéo - Borsa: Ma-
ria Ausiliatrice, Santi Salesiani,
a cura di Rallo Grazia - Bor-
sa: Maria Ausiliatrice e Don
Bosco, a cura di Guglielmetti
Celestina - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Don Bosco, per gra-
zia ricevuta, a cura di D'Osual-
do Silvana - Borsa: Maria Au-
siliatrice e Don Bosco, per rin-
graziamento, a cura Ideale Se-
reni - Borsa: Santi Salesiani, a
cura di Solesini Maria - Bor-
sa: S. Cuore di Gesù e Santi Sa-
lesiani, a cura di Dal Pane
Adriana - Borsa: Maria Ausi-
liatrice e S. Giovanni Bosco, in-
vocando protezione, a cura di
Bruno Maddalena - Borsa:
Don Bosco, a cura di P. Pietro .

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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-===. l~'-====~,-/a.========-- - - B S -
1
BELLONI comm. Arnaldo, cooperatore , t Niz-
za Monferrato (AT) il 25/7/1991 .
Affezionatissimo a Don Bosco , ne assorbì lo
spirito e ne fece un emblema di vita cristiana e
evangelica. Si prodigava a quanti ricorrevano a
lui senza limiti e distinzioni. Sempre pronto e di-
sponibile, per gli altri non calpolava tempo e disa-
gi. Nella sua vita dovette affrontare grandi sacrifi-
ci, e questo gli fece comprendere i bisogni altrui.
Ha dato lezione di vita profondamente cristiana,
visibile, genuina, spoglia di ogn i apparenza e
pubblicità.
CIURCIOLA sac.Alberto, salesiano, t Macerata
il 19/6/1991 a 76 anni.
Il padre Gino, convinto repubblicano-mazzi-
niano, si era rifugiato in Argentina per non_presta-
re servizio militare nel regio esercito. L1 si era
sposato, poi si era trasferito in Paraguay. Ad
Asuncion divenne amico dei salesiani , che lo ri-
portarono alla fede e alla celebrazione religiosa
del matrimonio. I primi due figli, Tarcisio e Alber-
to , che diventeranno entrambi sacerdoti salesia-
ni, frequentarono sin da bambini il locale oratorio.
Nel 1924 la famiglia ritornò in Italia, a Macerata.
Alberto intanto si awiava alla vita salesiana e ve-
niva ordinato sacerdote nel 1944. Don Alberto
trascorse metà della sua vita nella casa salesiana
di Macerata. Fu docente e preside, e fece della
scuola la sua vita, la sua passione. Ma aveva del-
la scuola un alto concetto: una scuola che educa
e evangelìzza insieme. Offrì la sua competenza
come delegato ispettoriale per la scuola e come
presidente regionale della Fidae. Visse una reli-
giosità convinta, semplice e profonda. Fu un uo-
mo buono, calmo, sereno, tollerante, per dote na-
turale ma anche per paziente costruzione di sé.
REZZARO suor Eleonora, Figlia di Maria Ausi-
liatrice, t Torino il 31/3/1991 a 62 anni.
Apparteneva a una famiglia cristiana, dove i
genitori seppero inculcare con la vita una fede
profonda nel cuore dei loro cinque figli , di cui uno
si fece salesiano e due Figlie di Maria Ausiliatri-
ce. Suor Eleonora lavorò per molti anni come cu-
citrice e ricamatrice, poi , piuttosto delicata in sa-
lute, fu chiamata a offrire al Signore le sue soffe-
renze. Di carattere dolce e buono , sapeva vedere
in tutto e in tutti il bello e il buono. Amò la Madon-
na e l'Eucaristia. Cosciente d~I suo male, era ri-
conoscente per ogni cura. Mon proprio il mattino
di Pasqua. Due giorni prima aveva detto alla sua
direttrice: «Grazie, perché mi avete voluto bene• .
PAOLI sac. Gino, salesiano, t Cuba il 21/6/1991
a 77 anni.
Missionario per 56 anni a Cuba, si era laureato
in teologia, psicologia, diritto canonico e civile e
aveva esercitato per alcuni anni il delicato servi-
zio di giudice nel tribunale dell'Avana. Figura
semplice e sch iva, aveva fatto di Gesù e dei po-
veri la sua scelta personale di vita. Come cittadi-
no cubano di adozione aveva tutte le carte in re-
gola per far valere le sue capacità, il suo poten-
ziale culturale, umano e religioso. Ma ha preferito
il silenzio, la sofferenza, il nascondimento per es-
sere con la sua gente, con quanti nell'isolamento
e nella persecuzione mantenevano la «lucerna
accesa... Essere missionario a Cuba significò per
·lui lasciarsi travolgere dal mistero della croce, ve-
der cadere opere e iniziative pastorali , sp6gliarsi
di_tutto per essere solo uomo di Dio in mezzo a
altri uomini. Il consigliere regionale Don Guiller-
mo Garcia ricorda «l'amore che avevano per lui i
ragazzi dell'oratorio e gli adulti, il suo spirito di fe-
de e la sua perseveranza che lo portarono a con-
servare vivo il fuoco della fede in alcune braci sot-
to la cenere».
RANDELLINI mons. Mario, cooperatore, t
Arezzo il 13/10/1991 a 74 anni.
È salito al Padre dopo aver sopportato con ras-
segnazione le ultime prolungate sofferenze . Per
lunghi anni ha svolto il suo ministero nella parroc-
chia cittadina di Sant'Agostino, facendosi ap-
prezzare e amare. Tra le.numerose attività, è sta-
to direttore dell'Ufficio Missionario e della Caritas
diocesane. Ospitava il gruppo degli exallievi e
cooperatori per i loro incontri ed era il loro anima-
tore.
MAGNANI rag. Ilda, cooperatrice, t Avigliana il
25/11/1990 a 82 anni.
Dalla natia Ala di Trento venne ad Avigliana do-
po la prima guerra mondiale per accompagnare
il padre qui trasferito come pubblico impiegato.
Passò qui tutta la sua vita in una apprezzata atti-
vità di commercialista. Non si formò una famiglia,
ma si sentl parte viva della Famiglia Salesiana,
che ora la ricorda con gratitudine per la testimo-
nianza della sua fede, del suo attaccamento a
Don Bosco , della sua generosità e della sua lun-
ga ed Ol?erosa presenza accanto al Santuario del-
la Madonna dei Laghi. Dio la chiamò a sé il 25 no-
vembre, anniversario della morte di Mamma Mar-
gherita, quasi a sottolinearne la premura materna
nei confronti dell 'Opera Salesiana.
PRISCO Prisca Stella in Bosello, cooperatrice ,
t Camposampiero (PD) il 29/3/1991 a 85 anni.
Madre di dieci figli, d f cui uno , don Ferdinando,
sacerdote salesiano, ha lasciato ai suoi familiari
e a quanti le vollero bene una testimonianza di
amore e di dedizione alla famiglia non comuni.
Nella malattia e nella morte, vissute con semplici-
tà e umiltà, seppe dimostrare che la fede cristia-
na sostiene sempre, l'uomo, nella gioia come nel
dolore.
BALDI Maria, exallieva e cooperatrice, t Occi-
miano (AL) il 26/8/1991 a 81 anni.
Devota di Maria e dei nostri Santi, fedelissima
al suo oratorio che sosteneva con generosità, fu
una donna di fede, di preghiera e di apostolato.
L'Eucaristia che è sempre stata il suo sostegno,
è stata anche la sua forza nell 'ultimo scorcio di
vita .
RIBALDONE Antonia, ved. Scarrone, exallieva
e cooperatrice, t Occimiano il 1/9/1991 a 92
anni.
La sua giornata era intessuta di preghiera e di
letture salesiane. Tutta dedita alla famglia, era
generosa in opere buone.
Ricordiamo anche BOCCALATTE CECILIA in
GINELLI. Era salesiana di animo da sempre e ha
svolto opere pie e di misericordia pensando agli
insegnamenti di Don Bosco. Nata a Lu Monferra-
to, due anni fa fu pervasa da grande gioia al pen-
siero che un suo compaesano, don Rinaldi, veni-
va beatificato. Da alcuni mesi aveva compiuto i
95 anni.
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato:
<<.•• lascio alla Direzione Generale
Opere Don Bosco con sede in
Roma (oppure ali'Istitu,to
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) a titolo di legato
la somma di lire...,(oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece di
nominare erede di ogni sostanza
l'uno o l'altro dei d'ue Enti su
indicati :
«... annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria. Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano per le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(fùma per disteso)
1 GENNAIO 1992 - 41

5.2 Page 42

▲back to top
l
r PER INTERVENTO
SPECIALE
DI DON RINALDI
A luglio mio marito ha accusato
un dolore al rene sinistro. L'eco-
grafia ha mostrato un tumore di
3 cm . Il medico diceva che biso-
gnava asportare il rene e non si
sapev§l che cosa avrebbero tro-
vato. E stato sottoposto ad ogni
tipo di studio là dove era stato
localizzato il tumore. Disperata
sono ricorsa a Don Rinaldi, per-
ché sul Bollettino Salesiano
avevo letto che aveva guarito
una suora che stava molto male.
Gli ho promesso che se mio ma-
rito guariva, avrebbe portato
sempre lo scapolare con la sua
immagine. Prima dell 'operazio-
ne fanno un 'altra ecografia
computerizzata e nel rene non
trovano più niente. I medici non
possono crederci. Uno di questi,
in partenza per gli Stati Uniti per
partecipare ad un convegno, mi
disse che ne avrebbe parlato. Il
tumore è scomparso . Mio marito
sta bene , grazie a Dio e a Don
Rinaldi. Le chiedo di mandarmi
un 'immagine con la sua reli-
qu ia.
Miria Vera de Moreno,
Mendoza (Argentina)
r UN DIFFICILE
INTERVENTO
Mio marito ha dovuto subire un
difficile intervento all'aorta. Ho
pregato con tanta fede Don Bo-
sco, perché riuscisse tutto be-
ne. È cosi è statò. Ora mio mari-
to è a casa e si sta riprendendo
pian piano.
Lina Ferra,
Gaeta (LT)
r SONO DEBITRICE
A DON RINALDI
Anche se son passati vari anni ,
desidero render nota una grazia
ricevuta da mia madre per inter-
cessione di Don Rinaldi. Mia
madre ebbe un caso gravissimo
di emorragia interna. Ricoverata
in ospedale tutto sembrò inutile.
I medici non sapevano più che
cosa fare. Si temeva la morte da
un momento all'altro. Ricorsi ad
una suora salesiana del mio
paese (io sono un'ex-allieva) e
lei mi diede un'immagine di Don
Rinaldi con reliquia. Andai subi-
to in ospedale e gliela posi sul
petto. L'emorragia cominciò a
fermarsi e pur essendo avvenu-
te altre complicazioni nelle due
settimane successive, la mam-
ma guarì perfettamente con
grande meraviglia dei medici.
Lettera firmata,
Caluso (TO)
r AVREI POTUTO
SOCCOMBERE
Pranzai con un leggero males-
sere allo stomaco, ma niente mi
faceva pensare al peggio. Im-
provvisamente però caddi a ter-
ra e persi conoscenza. Fui tra-
sportata d'urgenza all'ospedale
in sala di rianimazione. Solo a
sera mi risvegliai senza tuttavia
rendermi conto di quanto mi era
capitato . Durante la degenza al-
l'ospedale ho continuato ad affi-
darmi con grande fiducia alla
cara Ausiliatrice. Nel giro di po-
chi giorni lasciai la camera di
rianimazione e poi l'ospedale e
potei tornare in comunità. Seppi
più tardi che la causa di quel
malore era stato un infarto cere-
brale e che avrei potuto soc-
combere. Sono ormai trascorsi
alcuni mesi e mi sento bene.
Sr. Felicita Bonizzoni,
Busto di Varese
r L'HANNO
CHIAMATO
DOMENICO
Una coppia era molto infelice
perché i loro dieci anni di matri-
monio non erano ancora stati al-
lietati dal dono dei figli. Quando
io ne venni a conoscenza, parlai
loro di Domenico Savio e della
sua potente intercessione in
questo campo. Essi iniziarono
subito una novena. Oggi la loro
fede è stata premiata con la na-
scita di un bel bambino a cui
hanno posto il nome di Dome-
nico.
Grazia Petralia,
S. Maria di Licodia (CT)
r DUE SPLENDIDI
BAMBINI
Dopo cinque anni di matrimo-
nio, nessun bambino era ancora
venuto ad allietare e render fe-
conda la nostra unione e già
avevamo subito due aborti
spontanei. Ci siamo rivolti a Do-
menico Savio, che abbiamo im-
plorato per tutta la durata della
successiva gravidanza, recitan-
do quotidianamente con devo-
zione, la sua novena. Domenico
Savio ha interceduto per noi
presso il Signore che ci ha do-
nato prima Federica e poi Lo-
renzo, due splendidi bambini.
Mimmo e Pierangela Vallico,
Torino
r GRAZIE,
DON BOSCO!
Tre mesi fa, ho avuto in quattro
giorni due infarti gravi e un at-
tacco fortissimo di angina pec-
toris con blocco totale com'è do-
cumentato. È stato tanto grave
da non aver avuto neppure la
forza di invocare Don Bosco, co-
me sempre avevo fatto nei mo-
menti difficili della mia vita. Ma
qualcuno dei miei cari l'ha fatto
per me. E Don Bosco, ancora
una volta, mi ha aiutata. Sono
guarita. Ho potuto recarmi a To-
rino per ringraziare e toccare
l'urna del Santo.
Veglio Lucia, Torino
r SI RIVELA MOLTO
INTELLIGENTE
Una mia nipotina Federica era
nata con seri problemi e i medici
avevano detto ai genitori : lavo-
stra vita sarà casa e ospedale e
Federica non camminerà mai.
Con grande fede abbiamo pre-
gato e fatto pregare San Dome-
nico Savio. Ora Federica ha tre
anni, cammina e si rivela una
bambina molto intelligente.
Clelia Bertotti, Torino
42 - 1 GENNAIO 1992
HANNO OTTENUTO
ccGRAZIE»:
Gai Franca - Bardonecchia
(per intercessione di Do-
menico Savio) - Faginoli
Michele - Caselle (per in-
tercessione di Don Bosco)
- Ciamei Irma - Taglia-
cozzo (per intercessione di
Domenico Savio) - Lava
Margherita - Trofarello (per
intercessione di Maria Au-
siliatrice) - Beica Elisa -
Alessandria (per interces-
sione di Maria Ausiliatrice)
- Filippini Beatrice - Ceto
(per intercessione di Maria
Ausiliatrice) - Girotti Pie-
ra - Genova (per interces-
sione di Don Rinaldi) -
Perri Rosy - Gattinara (per
intercessione di Don Bo-
sco) - Concedda Marian-
gela - Collinas (per inter-
cessione di Maria Ausilia-
trice) - Solito Assunta -
Martina Franca (per inter-
cessione di Domenico Sa-
vio) - Nasonte Maria Cri-
stina - Favara (per inter-
cessione di Domenico Sa-
vio) - Vigna Laura - Tori-
no (per intercessione di
Don Bosco) - Cavalieri
Cesarina - Bologna (per in-
tercessione di Don Bosco)
- Romano Francesco -
Scisciano (per intercessio-
ne di Domenico Savio) -
Fam . Mussardo - Lecce
(per intercessione di Do-
menico Savio) - Bacchelli
Elvira - Roma (per inter-
cessione di Maria Ausilia-
trice) - ,Pucci Cesare - S.
Vito Ionio (per intercessio-
ne di Don Bosco) - Sr.
Maria Teresa Neira - Bogo-
tà (per intercessione di
Maria Ausiliatrice)- Fam .
Aruta - Torino (per inter-
cessione di Maria Ausilia-
trice) - Casadei Giuseppe
- Mosciano (per interces-
sione di Don Bosco) - Ru-
lini Gabriella - Forll (per in-
tercessione di S. Maria
Dom . Mazzarello).
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle·lette-
re non firmate e senza re-
capito. Su richiesta si
potrà omettere l'indica-
zione del nome.

5.3 Page 43

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Nato a: Entrambosrios
(Orense Spagna)
Età: 55
Attività: Delegato centrale
cooperatori salesiani
Città dell'attuale residenza:Roma
Altre notizie utili: missionario
nelle Filippine dal 1966 all'87.
Il più bel ricordo di quando era
bambino?
La visita al santuario della Madonna
di Fatima
Una caratteristica del suo tempera-
mento?
Affrontare le cose che sono «in sa-
lita»
La virtù che più apprezza in chi le
sta vicino?
La bontà di cuore
Il difetto che perdona più f aci/-
mente?
La mancanza di attenzione nei miei
riguardi
Il periodo storico in cui le sarebbe
piaciuto vivere?
Il presente
Il personaggio vivente che più af}1-
mira?
Forse, il Papa
Se per un giorno f asse Dio.. .?
Capirei ciò che adesso non capisco
Il libro che sta leggendo?
«Psicologia e formazione: strutture
e dinamismi» di Cencini Manenti
Il romanzo che le è piaciuto di più?
Leggo cose di attualità .. . non leggo
romanzi
Il suo scrittore preferito?
Sant' Agostino
Un suo obiettivo preciso?
Aiutare i cooperatori a diventare
una forza viva nella Chiesa
La qualità umana che vorrebbe
avere?
Capacità di fare felici tutti quelli che
vivono accanto a me
Un motto per la sua vita?
«Vivere con semplicità e autenticità»
Una frase che vorrebbe sentirsi dire?
Non ha mai approfittato di nessuno
L'ultimo programma televisivo
visto?
L'Achille Lauro
Qual è l'invenzione tecnica che più
ammira?
Non so, ma forse il computer perché
mi è utile
·
Qual è il maggior problema dei gio-
vani d'oggi?
Credo che sia quello della loro ide11-
tità
La più bella qualità di una ragazza?
La nobiltà nell'amore
Cosa vorrebbe per la fa miglia
d'oggi?
L'armonia
Quale quotidiano legge?
La Repubblica e il Corriere della
Sera
Qual è il suo settimanale?
Time Magazine
Quale periodo della sua vita ricorda
con maggiore soddisfazione?
Forse il lavoro all'oratorio
Che cosa avrebbe fatto nella vita se
non si fosse fatto salesiano?
Mi piacevano l'agricoltura, la tecni-
ca, la politica. Veramente non so co-
sa avrei fatto
Quanti sono i Cooperatori nel
mondo?
Siamo sui 53.000
E in Italia?
16.841
Quanti gruppi complessivamente?
Sono oltre mille (li chiamiamo
«Centri»)
In quali nazioni sono sorti quest'an-
no nuovi gruppi di Cooperatori?
Ultimamente hanno fatto la promes-
sa un gruppo di Cooperatori in Haiti
e un altro nel Togo
Cosa vorrebbe per i suoi Coopera-
tori?
Non sono «miei». Vorrei che Dele-
gati/e si prendessero più cura di loro
HANNO DETTO
«Se potessi darei un mappa-
mondo a ogni bambino, magari
anche un mappamondo lumino-
so, nella speranza di risvegliare
interesse e amore per tutti i po-
poli, tutte le razze, tutte le lin-
gue, tutte le religioni».
(Helder Camara)
«L'elezione del Papa polacco
Giovanni Paolo Il è stata la pri-
ma scossa che ha fatto crollare,
a mano a mano, l'immensa
struttura comunista».
(Abbé Pierre)
« Trascurare la comunicazione
"nuova" in tutte le sue possibi-
lità, è rinunciare a/l'efficacia
educativa, è perdere un'occa-
sione di educazione alla fede».
(Don Antonio Martinelli)
«I racconti a puntate televisivi,
le telenovelas, sembrano inno-
cui e di fatto sono un passatem-
po, soprattutto per persone an-
ziane, ma in realtà diventano
scuola di vita e finiscono per
creare un costume».
(Card. Carlo Maria Martini)
, «La via evangelica è stretta e
nessun mutamento socio-cultu-
rale la può cambiare».
(Madre Marinella Castagno)
LA BUONA NOTIZIA
Quest'anno ventotto giovani ro-
mani sono entrati in seminario.
Una crescita notevole e un cambia-
mento di tendenza promettente,
secondo il rettore mons. Luigi
Conti: «Su cento seminaristi solo
58 arriveranno al sacerdozio. Ma
anche la "perseveranza" va au-
mentando e le defezioni dei preti,
che negli anni settanta erano il 10
per cento, sono oramai inesi-
stenti».
«Iddio proporziona
le vocazioni alle necessità».
Don Bosco.
1 GENNAIO 1992 - 43

5.4 Page 44

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TAXE PERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO FERROVIA
Un SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Collana I COMPAGNI DI VITA
Quella del «compagno di vita»
è una funzione antica del libro,
che oggi torna di attualità
per il crescente bisogno dell 'uomo
moderno di riflessione, conforto
e dialogo interiore.
La SEI ha pensato di selezionare
una serie di «compagni», -
ricercandoli tra le voci antiche
e recenti che meglio hanno saputo
interpretare il bisogno di verità
dell 'uomo.
F. d'Assisi
I Fioretti
pag. 256, L. 20.000
Giovanni XXIII
Un fratello che parla a voi
da Il Giornale dell'anima e dai discorsi
pag. 640, L. 32.000
K. Gibran
Frammenti ritmati
Il Profeta e Sabbia e schiuma
pag. 224, L. 18.000
FRANCESCO
D'ASSISI
I FIORETTI
In trod uzione cli
Nazareno
Fa b b re tt i