Bollettino_Salesiano_199103


Bollettino_Salesiano_199103

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ANNO 115. N. 5 1 a Quindicina M
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2 1 MARZO 1991
s = il
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 18n
Quindicinale dì informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana dì San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/65.92.915.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco, Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
UMBERTO DE VANNA
Redazione: Margherita Dal Lago - Giancarlo De Nicolò -
Eugenio Fizzottì - Francesco Motto.
Collaboratori: Giuliana Accornero - Teresio Bosco - Pao-
lo del Vaglio - Monica Ferrarì - Sergio Giordani - Pìerdan-
te Giordano - Antonio Mélìda - Gaetano Nanetti - Maurizio
Nìcìta - Nicola Palmisano - Angelo Paoluzi - Cosimo Se-
meraro - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa : ILTE -Torino
Registrazione: Trìb_unale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto)
per tutti.
Il 15 del mese per ì Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldìnì) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lìngue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni dì copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia -
Austria - Belgio (ìn fiammingo) - Bolivia - Braslle - Ca-
nada - Centro America (ìn Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - ·coiombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (ìn inglese, malayalam,
tamil e telugu) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (ìn croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede .
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei lìmìtì
del possibile.
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio .
SOMMARIO
3 SUI SENTIERI DEL TEMPO
150 anni Sacerdozio per i giovani
di Don Egidio Viganò
1O ATTUALITÀ ECCLESIALE
Europa dell'Est: tempo Pasqua dopo gli
anni oscuri
di Angelo Paoluzi
15 OBIETTIVO es
Servire la Patria educando i giovani
di Gaetano Nanetti
19 DOSSIER - I RAGAZZI DELLA STRADA
• La risposta di Don Bosco
• Il «Centre des jeunes» di Gatenga
di Vincenzo Si/va
• Don Bosco R6ga
di Antonio Mélida
• I ragazzi del mercato di Kara
di José Rodrigueze Juan Ruiz
27 ANNIVERSARI
La storia giovane di «San Merone»
di Monica Ferrari
30 STORIA SALESIANA
I Ragazzi di Don Bosco nel «grande gioco»
di Valdocco
di Marco Bongioanni
34 I NOSTRI SANTI
Domenico Savio, un ragazzo che parlava
con Dio
di Teresio Bosco
39 EDITORIA
Nasce il club del libro per la famiglia
di Sergio Giordani
RUBRICHE
Lettere, 4 - Attualità Salesiane, 5 - Padre e mae-
stro dei giovani, 18 - I Missionari scrivono, 38
Libri , 41 - I Nostri Santi, 42 - I Nostri Morti, 43
1 Marzo 1991
Anno 115
Numero 5
In copertina:
Tempo di Pasqua
per l'Europa
dell'Est
(servizio
a pag. 10)

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----------s/J-
&sentieri
1 MARZO 1991 3
del'J;mpo
Don Egidio Viganò
150 anni di Sacerdozio
per i giovani
1841: anno decisivo nella vita di Don Bosco.
Il sabato 5 giugno, vigilia della festa della SS. Trini-
tà, egli veniva consacrato prete dall'arcivescovo Mons.
Luigi Fransoni nell'episcopio di Torino.
Pochi mesi dopo, 1'8 dicembre dello stesso anno, so-
lennità dell'Immacolata Concezione di Maria, aveva
luogo il famoso incontro di lui, ancora prete novello,
con il giovane Bartolomeo Garelli.
Il 5 giugno e 1'8 dicembre sono due eventi che han-
no inciso sulla vocazione di Don Bosco Fondatore; da
essi si sprigiona per noi un intenso bagliore per capire
la sua missione nella Chiesa.
Il giovedì 10 giugno - festa del Corpus Domini -
egli cantò la Messa e presiedette la processione nella
sua parrocchia di Castelnuovo. Alla sera si recò ai Bec-
chi dove, rivedendo il luogo del sogno dei 9 anni, pianse
di commozione pensando agli arcani disegni della Prov-
videnza e al futuro che l'aspettava.
Tornato a Torino, invece d'impegnarsi subito in
qualche ministero sacerdotale, seguì il consiglio di Don
Cafasso di entrare al Convitto per una formazione pa-
storale più adeguata. Qui, presso la chiesa di S. Fran-
cesco d'Assisi, approdò, dopo attento discernimento,
al suo progetto definitivo di vita che vide simboleggia-
to appunto in quell'incontro dell'8 dicembre. Donato-
si ai giovani, con loro capì, nella convivenza oratoriana,
che era imprescindibile fare la scelta del campo educa-
tivo con le sue svariate esigenze concrete, se voleva es-
sere il loro evangelizzatore efficace. Cercò, a tal fine,
molti collaboratori, laici e consacrati, per dar corpo
a un tipo orginale di pastorale pedagogica che sapesse
riunire in sintesi vitale di fede i differenti compiti cul-
turali dell'educazione.
Noi siamo oggi a 150 anni da quei due eventi. Vo-
gliamo ricordarli e celebrarli come due fari che emet-
tono, insieme, in un unico sprazzo, la luce ché rischiara
l'indole propria dell'eredità carismatica di Don Bosco.
La storia suole offrire la chiave di lettura dei grandi
carismi che lo Spirito suscita lungo i secoli. La vita della
Chiesa ci mostra, e il Concilio Ecumenico Vaticano II
lo riconosce esplicitamente, che, sebbene sia vero c.he
i preti devono essere tutti dei collaboratori dell'Episco-
pato nel ministero pastorale, di fatto lo sono in modi
differenti. L'edificazione del Corpo di Cristo, in effetti,
esige molteplici funzioni e sempre nuovi adattamenti
ai tempi (cf. PO 8).
Don Bosco, «prete dei giovani», ha fondato un'in-
tera Famiglia di gruppi differenziati che collaborano
Don Viganò nella camera di Don Bosco a Valdocco
con l'Episcopato . L'originalità del loro progetto sale-
siano comporta: - una spiritualità apostolica che guar-
da più ai pastori che agli eremiti e ai monaci; - una
metodologia di azione, animata e purificata dall'asce-
si del « farsi amare», capace di portare i giovani alle
vette della carità; - una sensibilità culturale centrata
sulle esigenze proprie dell'educazione con l'acquisizione
di una professionalità pedagogica; - una formazione
appropriata, differente da altre appunto per l'origina-
lità del carisma.
A 150 anni di distanza ne possiamo ammirare la va-
sta fecondità, mentre ci sentiamo stimolati a incremen-
tarne i valori.
D

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4 • 1 MARZO 1991
J.sttere
« Ho avuto tra le mani il Bollettino Sa-
lesiano del novembre '88 . Quanti ricor-
di! Sono Flato in via Filippini, poi via
Don Bosco e oggi via San Giovanni Bo-
sco. Quando sono nato (1927) era in co-
struzione la sede di via Teatro Greco a
Catania. La mia fanciullezza e l'adole-
scenza le ho passate all'oratorio salesia-
no . I miei ricordi vanno a quel magnifico
direttore che fu Don Bologna, a Don
Maugeri e a tutti gli altri salesiani di cui
mi sfugge il nome. L'anno scorso, duran-
te le celebrazioni per il Centenario, nella
Cattedrale di Catania ho rivisto un mio
carissimo amico: l'ho chiamato per no-
me: erano anni che non ci vedevamo e
ci siamo . abbracciati. Una maledetta
bomba del 1943 ha colpito la sede di via
Teatro Greco, che era prospiciente late-
ralmente a casé). mia . Lo sfollamento, il
militare e il matrimonio mi hanno allon-
tanato dai Salesiani, ma non da Don Bo-
sco. Lo prego sempre, anche se sono
lontano dalle sedi salesiane» .
Rosario Denaro,
Gravina di Catania
« Sono una appassio•nata lettrice del
Bollettino Salesiano che a intervalli mi
impresta una dipendente. Ho letto che a
chi lo desidera viene spedito. Io lo deside-
ro molto, ma sono una suora infermiera
e non posso far altro che pregare. Se me
lo possono inviare vi sarei molto grata e
prometto di pregare per le vostre opere».
Sr. A.M. ,
Bergamo
« Comunico alla Famiglia Salesiana la
scomparsa della mamma, Iolanda Busel-
li, avvenuta il 26 maggio 1990. Il vostro
Bollettino Salesiano le è stato compagno
dalla sua giovinezza fino agli ulti!Tii gior-
ni della sua vita. Che dirvi della mia
mamma? Una grande donna, un grande
esempio; il sorriso e lo spirito di Don Bo-
sco, una fede di granito, una fiducia nella
Provvidenza come quella di' Mamma
Margherita. Salesiana fin nel profondo
del suo cuore. Durante la lunga malat-
tia, mai un gesto di insofferenza, sempre
col sorriso sulle labbra . Ci lascia una
grande ricchezza spirituale. Vi prego ora
di spedire a me il Bollettino Salesiano:
ogni volta che lo riceverò, sarà come ri-
trovare il suo sorriso».
Liana Buselli,
Volterra (Pisa)
«Sono un tuo anziano lettore, nonché
collaboratore presso l'Istituto Salesiano
Villa Ranchibile di Palermo. Ricevo da
data immemorabile la rivista a casa dei
miei genitori, e ora, essendo prossimo al-
le nozze, desidererei che il Bollettino, a
cui sono molto affezionato, arrivasse an-
che al mio nuovo indirizzo . Ringrazio per
i bei momenti che la rivista mi fa
passare».
Nicola Puleo,
90143 Palermo
« Ricevo mensilmente il Bollettino da
22 anni e prima di me per tanti anni lo
riceveva mia suocera. Vi ringrazio di cuo-
re: mi dà tanta gioia il leggere le belle cose
che i salesiani fanno in tutto il mondo».
Vitalina Missana,
33034 Fagagna (Udine)
«Posso testimoniare con piacere il gra-
dimento dei lettori del Bollettino fonda-
to da Don Bosco: l'ho verificato
attraverso il parere di numerosi coope-
ratori, ex-alunni e amici.
Sono grato per il tono fraterno che lo
distingue. È con orgoglio che vi faccio sa-
pere che il Bollettino Salesiano giunge re-
golarmente nella nostra famiglia dai
tempi della mia nascita, grazie alla gran-
de devozione di mia mamma alla figura
di Don Bosco. Ancora oggi lo leggiamo
con interesse e frutto spirituale».
Sac. Sebastiano Corsanego,
Ciltà del Vaticano
« Vorrei che il Bollettino Salesiano nar-
rasse (cantasse) il carisma di Don Bosco,
non con divagazioni teoriche, ma col rac-
conto del lavoro salesiano nel mondo,
nella sua molteplicità di attuazioni, di
ambienti, di culture. Ma sempre orien-
tato alla grande meta salesiana: la gio-
ventù da salvare (da educare, da
evangelizzare, da proteggere, da guida-
re, da aiutare socialmente) . Insomma, il
Bollettino è una rivista speciale che nar-
ra ciò che i salesiani fanno per i giovani
sotto ogni cielo, e lo narra in modo po-
polare, attraente, proponendo anche so-
luzioni, problemi, direzioni, ma mai
teoricamente, ma attraverso l'esperienza
vissuta di opere e di persone. Ci sono tan-
te meraviglie da raccontare di ciò che i
salesiani fanno in ogni parte del mondo!
Bisogna poi che il Bollettino Salesiano ar-
rivi ad ogni exallievo. Chi più vicini a noi,
di questi nostri "figli", anche se cre-
sciuti?».
D. Vincenzo Donati SDB,
Kenya
«Sono un giovane bellunese, profon-
damente cattolico. Sono un uomo sem-
plice e penso che perché l'esistenza abbia
valore non si possa vivere senza fede. Og-
gi sembra che molti ci riescano, ma io
non ce la farei. La mia parrocchia mi ha
fatto conoscere il Bollettino Salesiano e
vorrei riceverlo regolarmente. Esistono in
commercio tante riviste, ma penso che la
vostra mi potrà essere utile».
Edoardo Zuanon,
Belluno
« Ricevo puntualmente il vostro Bol-
lettino Salesiano, sempre così attuale sui
problemi del nostro tempo. Quanto c'è
da fare, specie per venire in aiuto ai gio-
vani come era desiderio di Don Bosco.
Ha fatto tanto quando era qui e ora -da
lassù interceda presso il Padre affinché
i ragazzi non si perdano per strada o si
lascino convincere da persone senza Dio,
perciò senza nulla».
Jna Bolpagni Gazich,
Brescia
Grazie per i complimenti e so-
prattulto per le osservazioni. Non
entriamo nel merito delle singole
lettere. Siamo però disponibili a
offrire il nostro spazio a chi vo-
lesse replicare, e soprattutto siamo
riconoscenti a chi vorrà ampliare
il terreno delle osservazioni e dei
suggerimenti.

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----------'---------s'l-
At,ualità
~siane
1 MARZO 1991 5
ITALIA ---~-----
Costa Rica
La mia parrocchia
è la fabbrica
Una strada dedicata a
Suor Maria Romero Meneses
A 85 anni Don Natale
Cignatta è ancora una
presenza familiare tra gli
operai della Fiat di Torino.
Missionario in India e
cappellano nei campi di
prigionia, da mezzo secolo è
stato presenza abituale negli
stabilimenti dell'Auto ed
oggi viene festeggiato per i
suor 60 anni di sacerdozio .
« Non ho mai cercato di
convertire nessuno», dice,
« e forse per questo ,-ni
hanno accettato fin dai
primi giorni». Ha
cominciato a entrare alle
fonderie Mirafiori attorno
alla Pasqua del '45.
L'esperienza missionaria in
India .era durata dieci anni.
« I più begli anni della mia
vita», dice adesso. Era stato
costretto a rientrare perché
si era ammalato di tifo.
Ricorda il primo impatto
con gli operai; all'ora di
pranzo erano seduti per
Le autorità municipali di San José, capitale del Costa
Rica, hanno dedicato una via alla Figlia di Maria Au-
siliatrice Suor Maria Romero Meneses. Si tratta di un
tratto di strada che Suor Maria ha tante volte attra-
versato per dar vita a grandiose opere i;ociali, anima-
te dal sup grande amore ai poveri. Suor Maria, che
morì nel 19n in fama di santità, è ricori:fata soprat-
tutto per la sua personalità interiore. Un'amica scris-
se di lei: « Il suo modo di ridere era cristallino, fine,
delicato e il suo sguardo prendeva il brillio proprio dei
bimbi, ricchi di candore e di freschezza». Sulla targa,
oltre alla dicitura «Via suor Maria Romero Meneses»,
si legge: «Alla grande benefattrice della Patria, la Ser-
va di Dio suor Maria Romero Meneses, S. Ecc. il Pre-
sidente della Repubblica Rafael A. Calder6n Fournier,
la Municipalità di San José, il Ministero della gioven-
tù, dèlla cultura e dello sport, 4 settembre 1990»:
terra. « Chi sei?», gli hanno
detto. «Sono un prete».
Hanno cominciato a parlare.
Aveva in tasca delle
medagliette e le ha
distribuite. Quando stava
per venire via, gli dicono:
«Tornerai domani?».
Qualche giorno dopo fu
chiamato dal direttore:
« Che cosa fa lei qui? ». Ma
da allora nessuno gli ha mai
impedito di entrare. « La
mia famiglia sono gli operai.
Ormai ho visto tre
generazioni e spesso i nipoti
mi dicono: Le porto i saluti
di mio nonno. Sono un po'
come un parroco che sta
quarant'anni nello stesso
posto: Ii conosco tutti,
indovino i loro pensieri» .
giustizia sociale. In questo
mese di marzo
l'appuntamento è ancora a
La Spezia per affrontare un
altro tema di particolare
impegno: « Educare alla
partecipazione socio-
politica» .
300- giovani
a La Spezia
per parlare
di impegno
soc~o-politico
Provenienti dalle comunità
salesiane della Toscana e
della Liguria, trecento
giovani, tutti al di sopra dei
18 anni, hanno partecipato
nell'ottobre scorso a un
convegno interregionale
presso l'oratorio salesiano di
La Spezia per parlare di
« nuovi valori»: la pace, la
tutela dell'ambiente, la
Confronto
Europeo 1992
Nei giorni 3-6 gennaio 1991
si sono dati convegno a
Roma i rappresentanti della
pastorale giovanile salesiana
delle varie ispettorie
d'Europa, per organizzare il
Confronto Europeo, che
dovrebbe svolgersi nell'estate
'92 al Colle Don Bosco e
Mornese. Sarà un Confronto
al quale saranno invitati
almeno 1500 giovani dai 18
ai 25 anni, impegnati nella
realtà locale europea, allo
scopo di dare impulso a una
nuova evangelizzazione dei
giovani in Europa.

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6 1 MARZO 1991
À!fualità
Sa,esiane
L'abbraccio del Rettor Maggiore
con la Famiglia Salesiana del Veneto
Ogni anno, il Rettor Maggiore con il suo
Consiglio Generale, viene festeggiato da una
diversa regione dove operano i Salesiani.
Quest'anno è toccato al Veneto, dove vi sono
quattro ispettorie, due dei Salesiani,
e due delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
Nell'incontro della Famiglia Salesiana con il Rettor Maggiore
nel pomeriggio del 15 dicembre a Padova, si è toccato con ma-
no la originalità e la validità dell'idea ispiratrice di don Bosco,
nel volere accanto ai Salesiani, in piena collaborazione, le Figlie
di Maria Ausiliatrice, i Cooperatori e gli Exallievi.
Lo,ha sottolinealto l'Ispettore di Verona, don Gianantonio Bo-
nato, ricordando anche la generosità delle genti venete verso l'o-
pera di don Bosco.
È stato quindi proiettato un videotape, prodotto per l'occa-
sione dal CGS-Veneto, con momenti ed iniziative di vita salesia-
na delle ispettorie. Si apriva con la «Festa dei Giovani» a Verona
nel 1989 alla presenza del Papa e toccava rapidamente le opere
più significative: le case per tossicodipendenti, le missioni all'e-
stero, la «Estate Insieme» degli Oratori, gli incontri del Movi-
mento Giovanile Salesiano, i campi-scuola per animatori, oltre
all'attività quotidiana nelle parrocchie, nelle scuole, nei centri gio-
vanili.
La Famiglia Salesiana per l'Est europeo
Il momento più espressivo della manifestazione è stato quan-
do i rappresentanti delle componenti della Famiglia Salesiana han-
no offerto al Rettor Maggiore i doni, un aiuto per le comunità
salesiane dei paesi dell'Est europeo.
Relazione ufficiale di Don Viganò nell'aula magna (a sinistra).
Inaugurazione dell'Istituto San Marco di Mestre.
In ql\\esto clima ha preso la parola il Rettor Maggiore. Com-
piacendosi e ringraziando per quell'incontro, segno di unità e di
ricchezza, proveniente da diversità di situazioni - uomini e don-
ne, laici e religiosi, giovani ed anziani - ha lasciato a tutti que-
sto messaggio-ricordo: dare spazio ai laici, valorizzare di più gli
ExaJlievi e i Cooperatori, che hanno per il battesimo ed il cari-
sma salesiano una propria spiritualità ed un proprio insostituti-
bile ruolo nella Congregazione e nella Chiesa.
L'inaugurazione del nuovo Istituto «San Marco» a Mestre
Al mattino, vi era stata l'inaugurazione del nuovo Istituto «San
Marco» di Mestre, nella zona periferica occidentale della città,
chiamata «Gazzera». Alla presenza delle autorità il Rettor Mag-
giore ha tagliato il nastro di questa nuova opera, che continua,
rinnovata, il Centro di Formazione Professionale dell'Isola di San
Giorgio Maggiore di Venezia, con un programma più ampio e
più vario di corsi di qualificazione a diversi livelli, con apertura
a settori ed applicazioni più moderne nel campo della meccanica
e della grafica, con l'ausilio dell'informatica, dell'automazione

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-----------s/J-
1 MARZO 1991 7
e di nuove tecniche di apprendimento. Il nuovo istituto sarà inoltre
aperto ad incontri, seminari, convegni, mostre per la promozio-
ne di una «cultura del lavoro». Fra gli interventi, il Card. Mar-
co Cé, Patriarca di Venezia, il sindaco Ugo Bergamo.
L'Assessore Regionale all'Istruzione e Formazione professio-
nale Carlo Alberto Tesserin, che ha indicato nella situazione at-
tuale del Veneto le condizioni mature per un'urgente risposta e
nei salesiani le forze per attuare un progetto di formazione pro-
fessionale rinnovato e funzionale ai tempi.
Don Giovanni Fedrigotti,
regionale d'Italia
e Medio Oriente,
ha espresso con particolare
intensità le motivazioni
profonde di quel fare festa
attorno al Rettor Maggiore,
successore di Don Bosco
e simbolo della paternità
nella Famiglia Salesiana.
Un cortile dell'Istituto (In alto)
un momento del recital «Caino e Abeleu.
L'incontro con il Movimento Giovanile Salesiano
Domenica 16 dicembre, incontro con i rappresentanti dei gruppi
del Movimento Giovanile Salesiano nella palestra del Collegio
«Astori» di Mogliano Veneto, dove Don Viganò ha risposto ad
alcune loro domande sui pi:.oblemi del mondo giovanile. Dopo
la rappresentazione scenica allestita dal Gruppo «Teatro Dan-
za» dell'Istituto Salesiano « Bearzi » di Udine, si è avuta la con-
celebrazione eucaristica, presieduta dal Rettor Maggiore,
accompagnato dai salesiani del Consiglio Generale, dagli Ispet-
tori d'Italia e dai giovani, con la professione religiosa di tre gio-
vani salesiani dell'lspettoria « San Marco».
(a cura di Severino Cagnin)
Celebriamo la festa del Rettor Maggiore
per riconoscere in Lui
il «Successore di Don Bosco,,
e il «Padre della Famiglia Salesiana».
Celebriamo il legame fra il Padre e il Territorio.
Per questo onoriamo la tradizione
che vuole il Rettor Maggiore presente
sul suolo, ove operano le diverse ispettorie,
evangelizzando la Terra,
per la salvezza dei giovani
e del popolo di Dio.
Celebriamo la relazione splrltuale
fra il Rettor maggiore e noi.
Perché noi siamo le pietré vive
che rifondano la Famiglia Salesiana
ad ogni generazione.
Noi siamoi i fratelli,
che in forza di un unico Padre,
si riconoscono reciprocamente
e si sostengono.
Noi siamo gli eredi
di un patrimonio, che va custodito
per essere ancora trasmesso:
come spirito,
arte educativa
campo giovanile di elezione.
Noi siamo coloro che, insieme,
condividono quella ricchezza
ch'è dono di Dio alla Chiesa
e, dalle mani e dal cuore del Padre,
per mezzo di noi
vuol giungere al Mondo.
Celebriamo un rendimento di grazie
ove si esprime la gioia
di incontrare un Padre,
per cui siamo figli,
e fratelli.
don Giovanni Fedrigotti

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8 1 MARZO 1991
Àftualità
Silesiane
GABON
Una pastorale
di taglio giovanile
La parocchia di Port-Gentil,
animata da due ,salesiani
francesi dell ' lspettoria di
Parigi, ha dato vita a una
pastorale davvero di taglio
giovanile: sport, catechesi,
gruppi associativi: tutto è
incentrato s'ui giovani, anche
con l'aiuto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice e la
solidarietà dei parroci vicini.
Le Figlie di Maria
Ausiliatrice si occupano con
molta efficacia anche dei
ragazzi della strada.
Una delegazione
di Exallievi ricevuta
da Andreotti
Per la presentazione del
libro « Gozo the roots of an
Island », di cui Giulio
Andreotti ha scritto la
prefazione, Don Charles
Cini, delegato mondiale
Exallievi, accompagnato dal
segretario confederale dott.
Tommaso Natale, è stato
Don Odorico con i ragazzi dell'oratorio
parrocchiale di Port-Gentil.
ITALIA
A Bari una nuova
parrocchia dedicata a
S. Giovanni Bosco
parrocchia - ha detto
Magrassi - è di aggregare
la gioventù, di diventare un
punto di incontro per i
giovani».
Bari ha una nuova
parrocchia dedicata a San
Giovanni Bosco.
Mons . Magrassi ha
sottolineato che si tratta
della prima volta in cui una
nuova chiesa viene affidata
a due diaconi.
La scelta di intitolare la
nuova chiesa a «San
Giovanni Bosco » non è
casuale: si tratta di un santo
che ha dedicato la sua
esistenza all'educazione dei
giovani. E questo resta il
fine principale. « Fine della
A1 Colle
Don Bosco
8000 ragazzi dell 'Azione
Cattolica hanno invaso il
Colle Don Bosco per
l'ànnuale « Festa del Ciao ».
Durante l'iritera giornata
giochi a gruppi hanno
ritmato una grande idea:
« Insieme si sta bene.
Teniamoci uniti» . Poi la
gioiosa Eucaristia nel
piazzale (foto) per sentirsi
sempre di pìù Chiesa.
Il 1990 per le Volontarie
di Don Bosco
Qualcuno ha detto che il 1990 è stato per le Volonta-
rie di Don Bosco (VDB) un vero «Anno Santo» e la
definizione non è azzardata. Infatti quest'anno, que-
sto ramo della Famiglia Salesiana ha vissuto due au-
tentici eventi di grazia: la solenne beatificazione del
fondatore don Filippo Rinaldi e l'approvazione, da par-
te della Chiesa, delle Costituzioni definitive, uscite dal-
1'Assemblea Generale nel luglio '89.
La beatificazione di don Rinaldi le ha convocate a Ro-
ma da tutta l'Europa il 29 aprile, per vivere in prima
persona la solenne celebrazione in piazza S. Pietro
e partecipare alla festa di tutta la Famiglia Salesiana.
Il momento particolare per celebrare don Rinaldi Beato
è stato poi il Convegno di studio sul tema «Don Ri-
naldi, Padre Maestro Fondatore» che si è tenuto a
Roma, presso la Domus Pacis il 9-10 giugno scorsi.
In un clima di gioia e di fraternità, Volontarie prove-
nienti da tutta italia, e anche dall'estero: Francia, Bel-
gio, Jugoslavia e alcune dell'America Latina, si sono
impegnate a riscoprire e approfondire, aiutate da quat-
tro relazioni, la grande personalità del loro Fondatore:
la sua ricca umanità, che lo portava a riferirsi abi-
tu~lmente agli altri mediante un rapporto che partiva
pnma dal cuore ct,e dalla conoscenza, è stato il tema
sviluppato da don Aldo Fantozzi;
la sua profonda spiritualità è stata invece racchiu-
sa dal Rettor Maggiore nel quadrinomio interiorità, pe-
dagogia, bontà, secolarità;
la continuità storica del suo progetto nell'attuale
Istituto Secolare VDB è stato l'argomento sviluppa-
to dalla VDB Clara B. mediante un interessante pa-
rallelo tra le conferenze di don Rinaldi alle prime
Volontarie e le due ultime edizioni delle Costituzioni.
Infine la Responsabile Maggiore delle VDB ha tratteg-

1.9 Page 9

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1 MARZO 1991 9
ricevuto a Palazzo Chigi .
All'incontro era presente
anche il Console di Mt.).lta a
Roma. Il libro , che è stato
pubblicato a cura degli
Exallievi salesiani, è
corredato da splendide
fotografie, opera di
Maurizio Urso (nella foto,
con Don Cini, mentre
Andreotti firma una copia
del libro).
giato il Cammino dell'Istituto da Don Rinaldi a og-
gi, ponendo l'accento soprattutto sulle nuove Costi-
tuzioni.
Pochi giorni dopo quel Convegno, precisamente il 14
giugno, solennità del Corpo e del Sangue del Signo-
re, la Chiesa approvava definitivamente le Costituzioni
che la Responsabile Maggiore ha promulgato per tutto
l'Istituto il giorno 24 dello stesso mese.
La consegna solenne delle Costituzioni è stato il mo-
mento forte di un altro Convegno a livello europeo per
le Responsabili VDB, che si sono ritrovate 1'1 -4 no-
vembre a Candia Canavese. Tema del Convegno:
« Valori fondamentali delle Costituzioni».
Il clima dei quattro giorni è stato caratterizzato dalla
consapevolezza di vivere un avvenimento importan-
te ed unico, come testimoniava anche la «colorata»
presenza dei circa 100 partecipanti tra Volontarie e
Assistenti di Italia, Spagna, Francia, Belgio, Jugosla-
via, Europa orientale e America Latina.
Culmine del Convegno è stata la solenne Celebrazio-
ne della Parola, nella chiesa di San Francesco di Sa-
les a Valdocco, presieduta dall'Ispettore don Basset,
alla presenza dell'Assistente Centrale VDB, don Val-
lino, e della Responsabile Maggiore, Gianna Martinelli.
In un clima di festa e di commozione, ogni Volontaria
ha ricevuto le Costituzioni rinnovando il proprio im-
pegno di fedeltà alla Vocazione Secolare Salesiana.
o
HONDURAS
Il nuovo "Santuario
della Gioventù,,
a Tegucigalpa.
Nuovo tempio
a Don Bosco
A Tegucigalpa, capitale
dell'Honduras, è stato
consacrato il nuovo
« Santuario della Gioventù,
San Giovanni Bosco ». Ha
presieduto la cerimonia
l'arcivescovo metropolitano
di Tegucigalpa, Mons .
Héctor Enrique Santos,
accompagnato dal nipote
Mons . Luis Alfonso Santos,
vescovo di Santa Rosa de
Copan e da Mons . Oscar
Andrés Rodriguez, vescovo
ausiliare di Tegucigalpa e
segretario generale del
Celam. Tre vescovi salesiani.
Lo splendido e grandioso
Santuario della Gioventù,
sorto accanto all' Istituto
Salesiano San Miguel , è
stato voluto per ricordare gli
80 anni dell'arrivo dei
salesiani in Honduras : segno
di continuità dinamica e
degno monumento a San
Giovanni Bosco.
PER L'ESTATE
DEI RAGAZZI
Dopo due anni di espe-
rienza nella produzione
di sussidi estivi, anche
quest'anno l'équipe or-
ganizzativa dei giovani
salesiani , forte del suc-
cesso ottenuto, si è but-
tata in un nuovo stru-
mento per animare l'e-
state dei ragazzi. Si trat-
ta di una nuova storia di
animali : La collina dei
conigli. Chi è interessa-
to si prenoti presso Mar-
co Bernardi, Baluardo
Lamarmora, 14, 28100
Novara. Oltre al testo,
saranno a disposizione
magliette e cassette dei
canti. È previsto anche
un centro-fax come ca-
nale di comunicazione
continuo fra i vari centri
estivi.

1.10 Page 10

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10 • 1 MARZO 1991
ATTUALITÀ ECCLESIALE
Foto Archivio SEI - Oulevant
EuROPA DELL'EST:
TEMPO DI PASQUA
DOPO GLI ANNI
OSCURI
di Angelo Paoluzi
La pacifica rivoluzioné
dei Paesi dell'Est ha
fatto uscire anche la
Chiesa dagli anni oscuri.
Ma la ripresa appare
sempre più segnata da
un faticoso lavoro di
ricomposizione.
Ci manca tutto: chiese,
scuole, seminari, aule, banchi, bib-
bie, libri, catechismi, quaderni, mati-
te. Usciamo appeIJ.a dalle catacombe.
Anche i candidati al sacerdozio (il cui
numero è un dono di Dio) devono
cominciare dalle nozioni più elemen-
tari perché per. oltre quarant'anni è
stata impedita ogni forma di cateche-
si - non dièiamo di insegnamento
teologico - o, nei casi più fortuna-
ti, strettamente limitata. Ma il Signo-
re ci apre il futuro, la nostra fede, le
nostre sofferenze sono state ricom-
pensate.
Così hanno detto i vescovi del-
l'Est, emersi da persecuzioni, violen-
ze e prigione, negli interventi - ai
quali forse non si è prestata sufficien-
te attenzione - durante il Sinodo
sulla condizione del sacerdote svol-
tosi a Roma lo scorso ottobre. Nes-
suno di loro avrebbe creduto di
parlare quando il Sinodo venne con-
vocato, ma le ruote della storia si so-
.no messe in movimento al di là da
ogni speranza. Come ha detto Gio-
vanni Paolo II nel Messaggio della
Giornata mondiale della pace dedi-
cato a « Se vuoi la pace, rispetta la
coscienza di ogni uomo»: quei « ra-
pidi cambiamenti attestano in manie-
ra assai chiara che la persona non
può essere trattata come una specie
di oggetto, governato esclusivamen-
te da forze al di fuori del suo con-
trollo», perché, aveva detto prima,
« gli avvenimenti dell'anno scor-
so ... hanno conferito una nuova ur-
genza al bisogno di intraprendere
passi concreti al fine di assicurare il
pieno rispetto della libertà di coscien-
za, tanto sul piano legale'quanto su
quello delle relazioni umane» .
Basta comporre un piccolo quadro

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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-----------#1-
1 MARZO 1991 11
di ciò che sta avvenendo nell'Euro-
pa orientale. L'Unione Sovietica ha
approvato il 1° ottobre 1990 una leg-
ge sulla libertà religiosa che permet-
te, oltre alla pratica del culto, la
possibilità dell'educazione e del pro-
selitismo confessionale, anche attra-
verso i mass media e persino nelle
forze armate. L'appartenenza a una
Chiesa non sarà più, come per il pas-
sato, motivo di discriminazi_one nel
godimento dei diritti civili. I cristia-
ni ucraini di rito cattolico, noti an-
che come «uniati», potranno riavere
le loro chiese che, nel 1948, furono
confiscate e attribuite agli ortodos-
si. Non sono pochi: si tratta di alme-
no cinque milioni di fedeli (sui dodici
milioni di cattolici dell'URSS) pas-
sati attraverso sette decenni di duris-
sime persecuzioni. Restituita la
possibilità di essere credenti alla lu-
ce del sole anche ai cattolici latirii del-
la Lituania, in grande maggioranza
nella popolazione, e a quelli armeni,
dispersi in varie aree.
Se passiamo alle « province del-
l'impero» comunista, anche vedia-
mo rifiorire la libertà. In Romania
il 67 per cento dei 23 milioni di abi-
tanti è di rito greco-ortodosso. C'e-
rano, nel 1948, poco più di un
milione e mezzo di greco-cattolici e
qualche due-trecentomila latino-
cattolici. I primi furono costretti nel
dicembre' di quell'anno a chiedere la
«riunione» con gli ortodossi attra-
verso un simulacro di« sinodo», i cui
rappresentanti erano stati sottoposti
a gràvi minacce. La Chiesa seppe
soffrire: dei dodici vescovi cinque so-
no morti in carcere o per i postumi
delle privazioni subite, decine i preti
e i fedeli condannati, per un totale
complessivo di oltre mille anni diga-
lera, e molti di loro deceduti dietro
le sbarre. Ma anche negli anni della
persecuzione duecento sono stati i sa-
cerdoti consacrati clandestinamente:
« i seminari delle catacombe romene
del ventesimo secolo», li ha definiti
Mons. Alexandru Todea, Arcivesco-
vo metropolita di Fagaras e Alba
Julia.
In Ungheria, con circa sette milio-
ni di cattolici sugli oltre dieci milio-
ni di abitanti, c'è una drammatica
carenza di sacerdoti: quelli presenti,
tremila circa, sono per lo più in età
avanzata, anche qui perché il regime
comunista - molto duro sino agli

2.2 Page 12

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- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -- -
1!
I
- - - - - -- - - - - - -- - - -- - - - - - - -1
I
ì
12 1 MARZO 1991
inizi degli anni settanta - aveva
ostacolato e limitato in ogni modo il
reclutamento dei seminaristi. Nelle
scuole, soltanto il dieci per cento dei
ragazzi (quelli che potevano frequen-
tare le scuole confessionali) hanno
seguito un corso di catechismo. I cat-
tolici hanno quindi bisogno di rico-
minciare dall'educazione religiosa, e
di ricostituire il tessuto laicale che
animi le parrocchie e si traduca an-
che in impegno sociale e politico:
compito della Chiesa, ha detto il ve-
scovo di Szeged, Mons. Endre Gyu-
lay, in una recente intervista, sarà
anche quello di assicurare una pre-
senza attiva nella vita politica, « non
pér impartire direttive, ma per ricor-
dare i valori cristiani che si im-
pongono».
Il caso più clamoroso di interven-
to delle Chiese lo troviamo nella Ger-
mania comunista: il famigerato
muro di Berlino poté essere abbattu-
to nel novembre del 1989 perché i cri-
stiani organizzarono una resistenza
morale non violenta alle pretese del
regime. Pretese di imporre l'eserci-
zio delle armi come materia obbliga-
toria nelle scuole a ragazzi e ragazze,
di somministrare una specie di « cre-
sima laica» come passaggio alla ma-
turità (nette e rischiose furono, a
questo proposito, le prese di posizio-
ne del vescovo di Erfurt, Mons . Joa-
chim Wanke, che aveva pubblica-
mente respinto ambedue le imposi-
zioni), di banalizzare l'aborto, di
rendere sempre più invivibile l'esi-
stenza di tutti attraverso uno sfrut-
tamento cieco della natura (la Ger-
mania orientale è la parte d'Europa
nella quale i danni all'ambiente so-
no più evidenti e drammatici). Ma
anche ora, a libertà riconquistata, si
fa la conta dei disastri morali indot-
ti dal marxismo e amplificati dall'ir-
ruzione dei peggiori modelli di con-
sumismo occidentale.
Potremmo ancora proseguire in
questa registrazione di risalita dagli
inferi. L' ultima dimostrazione viene
dall'Albania, sino a poche settima-
ne fa baluardo del comunismo in-
transigente e dell'ateismo come
dottrina di stato. Anche sono ca-
dute le statue dei tiranni e la religio-
ne è stata riabilitata. Del resto lo
stesso presidente Ramiz Alia aveva
ricevuto suor Teresa di Calcutta ono-
randola come «eletta figlia d'Alba-
Il vento dell'Est ha investito anche Tournai, una cittadina a un'ora di treno
da Bruxelles, dove ogni due anni gli editori cristiani europe,i si ritrovano per
la «Biennale del libro religioso». La settima edizione, svoltasi a fine novem-
bre 1990, ha registrato la presenza di una quarantina di editori provenienti
dall'Est europeo.
Granpe vetrina mondiale dell 'editoria religiosa, la Biennale di Tournai non
è semplicemente un supermercato dove librai e editori cristiani si incontrano
per scambiarsi esperienze e prodotti. Essa rappresenta un punto di riferimento
culturale: per due giorni, aiutati da teologi e studiosi del mondo contempora-
neo, gli editori cattolici si sono confrontati su un tema impegnativo: «La se-
conda evangelizzazione dell'Europa di domani».
Gli editori dell'Est sono giunti a Tournai grazie all'aiuto di quelli dell'Ovest,
che si sono sobbarcati tutte le spese della trasferta. Lo scopo di q11esta ini-
ziativa è ambizioso: si tratta di costruire una rete di rapporti fra gli editori cri-
stiani dell'Est, perché possano iniziare la loro attività. Impedita dai regimi
comunisti, l'editoria religiosa dell'Est non ha mai potuto decollare.
Un professore georgiano, cristiano ortodosso, invitato a Tournai ha spiega-
to: «Da noi il mondo dell'editoria religiosa non esiste. Voi occidentali potete
valorizzare le vostre esperienze. In questi giorni ho scoperto un mondo sco-
nosciuto. In una libreria di Lovanio ho trovato opere scritte in _inglese sulla
Chiesa ortodossa russa di cui ignoravo totalmente l'esistenz?. E stato mera-
viglioso. Da noi la Chiesa ortodossa è molto povera, non può aiutare gli editori».
Aggiunge: «Siamo venuti in Belgio per scoprire che cosa rappresenti il mon-
do dell'editoria religiosa».
La situazione è variegata. La Polonia ha venticinque case editrici , che non
hanno però mezzi econ~mici sufficienti alla loro attività. La Russia non ha né
denaro né strutture editoriali. In Albania esiste una casa editrice. La Jugosla-
via, con cinque repubbliche e due territori autonomi, ha una quindicina di ca-
se editrici. Non è ancora possibile fare un inventario dettagliato dell'editoria
cristiana operante all'Est. La situazione è in movimento. Un dato è certo: il
. circuito del libro è tutto da inventare, dalla consegna del manoscritto alla di-
stribuzione del libro stampato.
All'Est, la domanda di libri religiosi è enorme. Decenni di proibizionismo
hanno alimentato una grande fame di conoscenze religiose. Chiedono Bib-
bie e libri che aiutino a comprendere il libro sacro, libri di formazione e cate-
chesi, testi liturgici e traduzione di opere dei Padri della Chiesa.
Una processione in onore di Maria Ausiliatrice a Lubiana-Rakovnic.

2.3 Page 13

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t----r----=:=---------s/1-
Vignetta
di Forattini
pubblicata
da una
rivista polacca.
"Fine della corsa.
Si scendei",
dice ·Gorbaciov.
La Biennale 1990 si è data due obiettivi principali. Jean-Marie Jamoulle,
presidente degli Editori cattolici europei e organizzatore dell'incontro di Tour-
nai, li sintetizza così: «Intendiamo innanzitutto promuovere l'incontra tra Est
e Ovest nell'ambito dell'editoria religiosa. Dopo gli avvenimenti dell'autunno
1989, molti editori si sono precipitati all'Est, in modo particolare in Germania
Orientale e Russia, per osservare, per essere commercialmente presenti nel
momento in cui la creatività orientale inizia a esprimersi. La Biennale ha volu-
to essere qualche cosa di più di una iniziativa commerciale: era nostra inten-
zione farne un avvenimento religioso, una occasione di contatti, di fede nello
Spirito che può esprimersi anche attraverso la comunicazione scritta, di ami-
cizia con i fratelli dell'Est. Ci eràvamo proposti un secondo obiettivo: riflettere
sulla situazione di ciascun Paese, metterla a fuoco e quindi intuire quale può
essere il contributo che l'Occidente può dare a questi nostri fratelli. Alcune
soluzioni sono già allo studio: creare società cooperative, aiutare le diocesi
a realizzare una loro rete editoriale, promuovere collaborazione fra editori del-
l'Est e dell'Ovest, invitarne alcuni a apprendere il lavoro, cedere alcuni diritti
di traduzione .... ».
Gli editori religiosi occidentali non si nascondono le difficoltà: essi non in-
tendono colonizzare l'Est. Jamoulle ha chiesto agli editori dell'Ovest e del-
l'Est di operare in spirito ecumenico. Se è vero che quelli dell'Ovest possono
offrire aiuti economici e risorse tecniche, quelli dell'Est sono il tramite di un
patrimonio spirituale e culturale non ancora esplorato. Ora che possono dare
libera espressione alla loro memoria, i popoli dell'Est hanno la grande oppor-
tunità di arricchire l'Ovest della loro spiritualità, resa adulta da decenni di inin-
terrotta sofferenza che non ha piegato la fede dei credenti.
Sergio Giordani
Ragazzi lituani nei loro tipici costumi e strumenti.
1 MARZO 1991 13
nia » (come si sa, è originaria della
minoranza albanese del Kosovo in
Jugoslavia).
Dopo 23 anni, a Scutari è stata ce-
lebrata una messa da padre Zen Si-
moni, sino a poche settimane prima
ospite delle prigioni albanesi, alla
presenza di almeno cinquemila per-
sone. Ma le difficoltà dei sedici pre-
ti, dei nove francescani e del vescovo
che erano stati liberati sino dal mag-
gio scorso non sono finite perché
nessuno di loro ha ancora trovato,
al momento in cui scriviamo, un'a-
bitazione degna di questo nome
(chiese, canoniche e seminari sono
stati confiscati da quarant'anni) e, a
Scutari, si sono adattati ad abitare in
una capanna. Situazione penosa,
considerando che il più giovane di lo-
ro ha 67 anni e il più vecchio 85.
Il primo volto presentato oggi al-
l'Europa orientale è quello delle dif-
ficoltà che sarà necessario superare
per ricostruire un ambiente ecclesial-
mente vivibile: gli ostacoli materiali
non sono forse l'aspetto peggiore in
quanto si sa come la Chiesa sia ca-
pace di slanci di solidarietà nei con-
fronti dei fratelli che chiedono aiuto,
e poi anche perché i governi hanno
tutto l'interesse a favorire la restau-
razione del patrimonio morale, an-
tropologico e sociale che accompa-
gna ovunque l'azione dei cattolici.
Sarà invece meno agevole abbat-
tere quello che è stato chiamato il
« muro psicologico» dell'indifferen-
tismo, delle abitudini materialistiche,
dell'assenza di prospettive spirituali
che poi si traduce in opacità cultu-
rali e in mancanza di una visione glo-
bale di civiltà: si pensi soltanto ai
guasti della legislazione che ha mina-
to l'istituto della famiglia attraverso
facili soluzioni come il divorzio, l'a-
borto, la contraccezione, l'indeboli-
mento della patria potestà.
E tuttavia un elemento di speran-
za viene proprio da quella pianta tan-
to tenacemente coltivata dai cattolici,
sacerdoti e fedeli, testimoni o clan-
destini, dei valori di solidarietà, nel~
la preghiera e nella carità. Si è così
riscoperto un popolo sopravvissuto
nella fede e formicolante là dove
un'ideologia munita di tutti i poteri
non è riuscita a estirparlo. Oggi è
forse troppo presto per redigere un
bilancio esauriente delle forze pre-
senti nella terra dell'« hic sunt leo-

2.4 Page 14

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DON BOSCO
UN SOGNO
CHE CONTINUA
Chi annuncerà
Cristo _ai giovani
nel 2000?
Milioni di giovani vogliono
dare un significato al pro-
priò vivere, attendono una
parola di speranza, l'aiuto
per vincere la loro soli-
tudine.
I SALESIANI
DI DON BOSCO
Oltre 35.000 sacerdoti , suore
e religiosi laici che da oltre 100
anni come Don Bosco hanno
scelto come programma di vita
quello di portare ai giovani l'amo-
re di Dio in tutte le nazioni del
mondo.
Se la proposta ti interessa e
vuoi saperne di più, eccoti qual-
che riferimento telefonico:
Piemonte:
D. Francesco Lotto (011) 26.61 .60
D. Pietro Migliasso (0321) 27.166
O. Luigi Prunotto (0161) 64.705
O. Alberto Zanini (011) 52.24.514
Lombardia:
O. Virginio Ferrari (0363) 49.255
Emilia-Romagna
O. Maurizio Spreafico (051) 35.85.01
Veneto:
O. Gigetta De Liberali (045) 56.30.44
O. Carlo Susana (045) 56.30.44
D. Claudio Filippin (04) 59.02.338
Liguria-Toscana:
O. Ermanno Branchetti (010) 64.69.288
Zona centro-est
O. Alvaro Forcellini (085) 90.63.330
Lazio:
O. Maurizio Verlezza (06) 780.68.41
Sardegna:
O. Salvatore Cossu (070) 65.86.53
Zona Sud:
D. Tobia Carotenuto (081) 75.11 .029
Sicilia:
D. Vincenzo Grosso (095) 72.11.569
I
Il complesso musicale del salesiano Janos Dauner
nella chiesa universitaria di Budapest.
nes »: non si conosce il numero esat-
to dei cattolici dei vari riti all'Est e,
fra i battezzati, dei praticanti; si co-
mincia soltanto ora ad avere un'idea
approssimativa dei preti, dei religio-
si e delle religiose.
Per fare un discorso di casa no-
stra, secondo una relazione di don
Augusto Dziedziel, delegato del Ret-
tor Maggiore per la Polonia, ci sono
nei Paesi dell'Europa orientale più di
duemila salesiani, circa seicento Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, addirittu-
ra oltre duecento Volontarie di Don
Bosco, mentre sono numerosi i cen-
tri di cooperatori salesiani e gli exal-
lievi (in cifre non ancora quantifi-
cabili).
Da Paese a Paese, certamente, dif-
ferivano le situazioni. In Polonia e
Jugoslavia è stato possibile far fun-
zionare le comunità di formazione e
mandare avanti il lavoro parrocchia-
le. Al punto che le lspettorie sono
passate, in Polonia, da due a quat-
tro e nel 1982 quella delle FMA si è
sdoppiata, mentre in Jugoslavia era-
.no diventate due già dal 1972. Inve-
ce in Cecoslovacchia, in Unione
Sovietica e in Ungheria (qui con un
più elastico margine di tolleranza)
non sono state permesse attività or-
ganizzate. Notevole l'attività missio-
naria di salesiani e salesiane della
Polonia sviluppata nell'arco degli ul-
timi anni, mentre si cominciano a
contare vocazioni anche in quelle zo-
ne dove le difficoltà sembravano ren-
derle improbabili, addirittura nella
stessa URSS.
È passato poco più di un anno dal-
1'inizio della «rivoluzione dolce» nei
Paesi dell'Est e si sono susseguiti tan-
ti di quei fatti politici che è quasi im-
possibili tenerne il conto . La
geografia dell'Europa è mutata. Toc-
ca ai cristiani riportare a Oriente il
messaggio e la testimonianza dello
spiritò.
Angelo Paoluzi

2.5 Page 15

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----------#1-
OBIETTIVO BS
1 MARZO 1991 15
SERVIRE LA PATRIA
EDUCANDO
I GIOVANI
di Gaetano Nanetti
400 obiettori di
coscienza hanno scelto
di « servire la Patria»
educando i giovani nelle
case di Don Bosco.
Un 'esperienza positiva._
Colloquio con Don
Angelo Lagorio,
responsabile nazionale.
L'obiezione di coscienza
passa anche per le lspettorie salesia-
ne e vi si ferma per svolgere il servi-
zio civile educativo. Ma non è tutto.
« Molti giovani obiettori - ci dice
don Angelo Lagorio - dopo l'espe-
rienza fatta con noi rimangono ne-
gli oratori o nei centri giovanili come
animatori o aiuto-educatori. È sta-
ta, questa, una gradevole sorpresa.
Ci hanno conosciuto da vicino, han-
no apprezzato la proposta di vita sa-
lesiana e hanno sentito maturare in
loro il çlesiderio di collaborare. Per
qualcuno si è trattato di una auten-
tica scoperta vocazionale».
Don Lagorio gli obiettori di co-
scienza li conosce bene perché ci la-
vora in mezzo da parecchi anni. È
un'attività cui si dedica con appas-
sionata convinzione, alternandola al-
i' impegno. nel settore del turismo
giovanile salesiano oggi in fase di
grande sviluppo (il poco tempo libe-
ro che gli resta lo riserva alla musi-
ca, suo amore di sempre). Conosce
altrettanto bene i problemi che si agi-
tano attorno ai giovani obiettori per-
ché per un triennio ha ricoperto l'in-
carico di segretario della Consulta
nazionale degli Enti interessati all'o-
biezione di coscienza e al servizio ci-
vile. La Consulta raccoglie i rappre-
sentanti delle ACLI, del WWF, del-
!'Arei, di Italia Nostra, della Caritas
ecc. e coordina le iniziative a soste-
gno del movimento presentandosi
come organismo unitario agli incon-
tri con la Pubblica Amministrazio-
ne preposta a questo settore. La sede
è addirittura nell'ufficio di don La-
gorio, in via Marsala a Roma, pres-
Foto Lagorio
so la parrocchia salesiana del Sacro
Cuore, a due passi dalla stazione
Termini. Ed è lì che sono stati redatti
i documenti su cui si sono poi fon-
date le decisioni a livello legislativo.
/ settori di attività
Chi sono gli obiettori di coscien-
za? È forse il caso di ricordarlo per-
ché - come sottolinea don Lagorio
- in questo cai;npo l'opinione pub-

2.6 Page 16

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16 1 MARZO 1991
blica è disinformata. La grande
stampa dimostra un sovrano disinte-
resse dopo il clamore sollevato dai
primi casi di obiezione, in tempi or-
mai lontani, quando imboccare que-
sta strada voleva dire affrontare
processi, finire in un carcere milita-
re e sentirsi affibbiare l'etichetta di
« traditore della Patria». Obiettore è
colui che rifiuta in coscienza di pre-
stare servizio sotto le armi sceglien-
do di svolgere un servizio ·alternativo.
Le cose sono cambiate rispetto al
passato, almeno sul piano legale,
perché oggi c'è una accresciuta con-
sapevolezza del ruolo sociale svolto
dal servizio civile, e dell'obiezione si
riconosce non solo la legittimità ma
anche l'intrinseco valore. Lo ha sta-
bilito la stessa Cotte Costituzionale
con una sentenza che equipara la du-
rata del servizio civile a quella del
servizio militare. Insomma, si serve
la Patria anche compiendo opere di
pace, di solidarietà, di amore, allo
stesso modo di chi compie il proprio
dovere vestendo una divisa.
I campi in cui operano i giovani
obiettori vanno dall'assistenza (agli
handicappati, agli anziani, ai carce-
rati, ecc.) al servizio educativo e alle
forme di animazione sul territorio .
Nel caso specifico dei salesiani il set-
tore che vede all'opera gli obiettori
è quello dell'educazione, con qualche
appendice nel campo delle comuni-
tà terapeutiche per tossicodipenden-
ti e dell'assistenza. I giovani vengono
impegnati nelle aree dove è diffusa
la delinquenza giovanile, sono collo-
cati negli oratori con il compito di
educare i ragazzi più «lontani», op-
pure nelle associazioni come anima-
tori o, aiicora, nelle strutture
scolastiche con ruoli di recupero cul-
turale per i più bisognosi.
Sono tutti settori, siano essi assi-
stenziali o educativi, che richiedono
un forte impegno di lavoro: « Noi sa-
lesiani - fa notare don Lagorio -
abbiamo con i giovani obiettori un
contatto preliminare per valutarne la
capacità di assolvere al servizio nel
campo educativo . Una delle avver-
tenze che mettiano in chiaro subito
è questa: se vengono a lavorare con
noi non debbono guardare all'orolo-
gio . Si debbono adeguare ai nostri
tempi, che non sono certo marcati da
orari fissi. Anzi, direi che talvolta si
esagera nelle pretese. Però constatia-
mo che quando un giovane viene pie-
namente e responsabilmente inserito
nelle nostre comunità è egli stesso
spronato a dare di più. In ogni caso,
questi giovani non sono di sicuro im-
pegnati meno di quanto è richiesto
a chi svolge il servizio militare. Non
è fatica lieve dedicarsi agli anziani,
agli handicappati, ai ragazzi dif-
ficili... »
Totale dedizione
Don Lagorio ne può dare testimo-
nianza diretta per aver lavorato pa-
recchi anni, prima di trasferirsi a
Roma, al Centro salesiano di recu-
pero di ragazzi disadattati ad Arese.
« Tutti ragazzi che ci vengono affi-
dati da giudici minorili, quindi con
pendenze giudiziarie, sono perciò bi-
sognosi di particolari attenzioni. Il
Centro di Arese è stato la prima ope-
ra salesiana a convenzionarsi con il
Ministero della Difesa, nel 1974, al-
lo scopo di accogliere obiettori in ser-
vizio civile . Ebbene ho sperimentato
di persona la totale dedizione di que-
sti giovani, parecchi dei quali, ulti-

2.7 Page 17

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-----------5'1-
1 MARZO 1991 17
mato il servizio, sono rimasti al Cen-
tro,,mettendo la loro professionali-
tà a disposizione dei ragazzi. Altri si
sono sposati e hanno aperto la fami-
glia ai ragazzi il sabato e la domeni-
ca o durante le vacanze. Agli incontri
mensili di formazione degli obietto-
ri - e questo lo vediamo in molte
lspettorie - assieme ai giovani in
servizio partecipano quelli che han-
no concluso la loro esperienza, ma
vogliono mantenere un legame con
noi e con i loro colleghi».
Don Lagorio - lo abbiamo detto
- conosce bene i problemi dell'obie-
zione. Non sono né pochi né di po-
co conto. Con in più qualche
mistero. Infatti non si riesce a capi-
re perché 89 parlamentari di vari par-
titi abbiano richiesto di trasferire
nell'aula di Montecitorio la discus-
sione della legge di riforma della 772
(la legge che regola l'obiezione dico-
scienza) sottraendola alla Commis-
sione Difesa che l'aveva esaminata in
sede deliberante. Al di là degli aspetti
tecnici, la gravità della iniziativa ri-
siede nel fatto che essa comporterà
inevitabilmente l'allungamento dei
tempi di approvazione di una rifor-
ma ritenuta necessaria e sulla cui im-
postazione c'era il sostanziale accor-
do di tutti i partiti.
Ma parliamo, sia pure per sommi
· capi, di questa legge di riforma. Don
Lagorio ci segnala quattro punti fon-
damentali: il passaggio delle compe-
tenze in materia di obiezione e di
servizio civile dal Ministero della Di-
fesa alla Presidenza del Consiglio dei
ministri («è l'acquisizione politica
più importante perché istituisce il
Servizio civile nazionale»); il supe-
ramento definitivo del concetto che
faceva dell'obiezione un beneficio
accordato e il riconoscimento che si
tratta invece di un diritto; la defini-
zione di un periodo di preparazione
al servizio civile; la partecipazione
del sociale alla gestione di questa at-
tività, attraverso la Consulta degli
Enti.
Quando l'obiettore ha capito
l'importanza della sua attività,
si inserisce nella comunità
educativa
praticamente a tempo pieno.
Gli obiettori salesiani svolgono
il loro servizio tra i ragazzi,
soprattutto tra i più bisognosi
di ricupero.
Stretta collaborazione
« Gli ostacoli frapposti all'appro-
vazione della legge - osserva don
Lagorio - mi sembrano indicativi di
una mentalità a livello di Ammini-
strazione pubblica restia ad accoglie-
re come positiva la collaborazione
che gli Enti disposti ad accogliere gli
obiettori hanno sempre offerto e pra-
ticato, nel rispetto delle prerogative
dello Stato. Ci attendiamo che lo
Stato cerchi a sua volta questa col-
laborazione, con Enti che lui stesso
riconosce abilitati a svolgere un de-
terminato compito. Solo con una
stretta collaborazione si possono uti-
lizzare·al meglio le singole competen-
ze presso l'Ente più idoneo a
recepirle. Bisogna convincersi che si
tratta di un servizio reso alla collet-
tività e non un servizio che fa como-
do all'ente. Naturalmente mi
riferisco a enti seri, in grado di for-
nire tutte le garanzie, capaci di ri-
chiamare all'ordine chi non fa il
proprio dovere, che non tollerano i
furbi».
· L'Amministrazione Pubblica do-
vrebbe anche sforzarsi di superare di-
sfunzioni gravi, come quella che
causa la lunghissima attesa - anche
15 mesi - cui è costretto un giova-
ne prima di sapere se la sua doman-
da è stata accolta.
A don Lagorio chiediamo una
considerazione conclusiva. « In gene-
rale, direi che è importante perveni-
·re al più presto all'approvazione
della riforma e noi ci siamo già mossi
in questo senso. È importante anche
recuperare all'obiezione di coscien-
za le motivazioni e la carica non vio-
lenta in adesione a una cultura di
pace, per non ridurla a un pur bene-
merito volontariato. Quanto -alla
presenza salesiana, credo che sia or-
mai un'esperienza consolidata. È
una proposta che vorremmo raggiun-
gesse tutti i giovani laici che fanno
un cammino all'interno della Con-
gregazione e che a un dato momen-
to si troveranno davanti a questo
tipo di scelta. Essi possono trovare
attraverso il servizio civile educativo
lo sbocco verso un itinerario di cre-
scita e di formazione».
Gaetano Nanetti

2.8 Page 18

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18 · 1 MARZO 1991
-----------~------~/'ìdµieIi.gre1.oevamna1.estro----~~-------
di Antonio Martinelli
EDUCATORE O PRETE?
L'interrogativo potrebbe avere
l'apparenza di una domanda un po'
sciocca o almeno superflua se non
mettesse in evidenza un tipico tratto
della storia e dell'esperienza di don
Bosco. La lettera di Giovanni Paolo
Il se ne rende interprete.
FIN DA RAGAZZO
Fin da ragazzo Giovannino Bosco
aveva immaginato di diventare prete.
L'aveva, persino, sognato: così pro-
fondamente erano in lui radicati il de-
siderio e l'aspirazione al sacerdozio.
Da adolescente lottò con tutte le for-
ze per non lasciarsi domare dalle dif-
ficoltà che gli si pararono dinanzi:
difficoltà economiche e familiari, dif-
ficoltà per l'ambiente circostante e di
orientamento personale. Il compi-
mento della sua vocazione « di prete»
diresse, perciò, i lunghi passi della
preparazione. Intanto, da ragazzo
realizzava i primi «esperimenti» del
suo« fare il prete», ripetendo lepre-
diche ascoltate dal prevosto; racco-
gliendo gli amici, picc.pli e grandi, per
la recita del rosario della Vergine Ma-
ria; esprimendo, con molto anticipo
sulla vita reale, i propositi che da pre-
te avrebbe formulato per un sacerdo-
zio ricco di grazia e di attività tra i
giovani.
Fin da ragazzo Giovannino Bosco
aveva esercitato il suo fascino di pic-
colo «maestro» ed «educatore». Le
circostanze e il carisma personale lo
portarono spesso a metter in luce la
capacità e le virtù proprie di un ·lea-
der. Gli altri ragazzi della sua età e
i giovani più maturi d'anni lo consi-
derarono spesso arbitro e mediatore
di contese, persona di fiducia a cui ri-
correre per consiglio, dotato di rap-
porti facili e profondi. Sapeva vincere
le gare atletiche con professionisti nel-
la corsa e in esercizi ginnici. Non ri-
sultava secondo a nessuno
nell'approfondimento delle discipline
scolastiche. Si rendeva cosi atto ad
aiutare gli altri più pigri nell'appren-
dere o meno fortunati nel ritenere.
Passava tra gli amici come un « edu-
catore nato».
Sognava essere, un giorno, prete.
Non di meno desiderava essere, subi-
to, educatore. Non aveva, però, di-
nanzi a sé modelli da ricopiare.
Che fare?
Inventare una strada nuova per far
crescere insieme l'educatore e il sa-
cerdote!
Operare una nuova sintesi in cui
promozione del giovane attraverso
l'impegno educativo e annuncio evan-
gelico della salvezza nella crescita e
nello sviluppo quotidiano del ragaz-
zo esprimessero l'unica e identica do-
nazione a Gesù, signore della vita.
« Proprio un tale interscambio tra
"educazione" e "sanità" è l'aspetto
caratteristico della sua (don Bosco) fi-
gura: egli è un "educatore santo", si
ispira a un "modello santo" - Fran-
cesco di Sales -, è discepolo di un
"maestro spirituale santo" - Giu-
seppe Cafasso -, e sa formare tra i
suoi giovani un' "educando santo"
- Domenico Savio». (Lettera di Gio-
vanni Paolo II n. 5).
IL SANTO DEI GIOVANI
«L'originalità e l'audacia della pro-
posta di una ''santità giovanile'' è in-
trinseca all'arte educativa di questo
grande Santo, che può essere giusta-
mente definito "maestro di spiritua-
lità giovanile".
Il suo particolare segreto fu quello
di non deludere le aspirazioni profon-
de dei giovani (bisogno di vita, di
amore, di espansione, di gioia, di li-
bertà, di futuro), e insieme di portarli
gradualmente e realisticamente a spe-
rimentare che solo nella ''vita di gra-
zia", cioè nell'amicizia con Cristo, si
attuano in pieno gli ideali più auten-
tici». (Iuvenum Patris n. 16).
L'aver fatto dell'educazione una
ragion d'essere della vita, non ha di-
stolto il prete Giovanni Bosco dai do-
veri che chiamiamo «sacerdotali».
Che anzi i « La sua educazione è un
"itinerario di preghiera, di liturgia, di
vita sacramentale, di direzione spiri-
tuale"; per alcuni, risposta alla voca-
zione di speciale consacrazione
(quanti Sacerdoti e Religiosi si forma-
rono nelle case del Santo!); per tutti,
la prospettiva e il conseguimento della
santità» (Iuvenum Patris n. 11).
La simpatia che suscita don Bosco
tra i giovani è effetto naturale della
simpatia che lega don Bosco ai gio-
vani stessi.
Essere educatore è farsi amico mae-
stro e padre. È ripercorrere con i gio-
vani il cammino della vita. È inte-
ressarsi e sostenere il processo di cre-
scita materiale intellettuale e spirituale
dell'educando. È condividere gioie e
tristezze, ansie e conquiste. È rendersi
disponibile sempre.
Essere prete tra i giovani è infon-
dere fiducia e speranza. È svelare la
ricchezza del Signore nella storia e
nella vita. È dare ragioni per vivere.
È offrire come centro e certezza del
futuro la persona del Signore. È ma-
turare il cittadino che ha fede e che
mette al centro della propria esperien-
za l'uomo nuovo proclamato dal
Vangelo.
«Essere educatore oggi comporta
una vera e propria scelta di vita, a cui
è doveroso dare riconoscimento ed
aiuto da parte di quanti hanno auto-
rità nelle Comunità ecclesiali e civi-
li» (Iuvenum Patris n. 17).

2.9 Page 19

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DOSSIER
MISSIONARIO
I RAGAZZI
DELLA STRADA
1 MARZO 1991 19
Dei due miliardi di bambini che costi-
tuiscono la popolazione infantile mondiale
circa 85 milioni sono effettivamente o vir-
tualmente senza famiglia. Questa cifra
comprende i 10 milioni di bambini che si
trovano in una situazione di abbandono
morale totale nei paesi industrializzati e i
72 milioni senza famiglia (bambini abban-
donati e della strada) nei Paesi in via di
sviluppo; di questi circa 20 milioni si tro-
vano in Asia, 1O milioni in Africa e nel
Medio Oriente e 50 milioni circa in Ame-
rica Latina.
Dai quartieri ghetto sorti come funghi
ai margini delle città, si spostano verso il
centro, nel cuore dell'economia urbana,
verso i mercati, le strade più trafficate, tor-
me di bambini abbandonati a se stessi. Per
loro non c'è scuola, né assistenza sanita-
ria, né affetto. Né una famiglia con un
reddito sicuro, spesso neanche una casa.
Genericamente vengono chiamati bambi-
ni della strada, con una definizione che ab-
braccia un po' tutti: bambine prostitute,
sciuscià dei semafori, piccoli ladruncoli già
avviati sulla via del crimine, venditori am-
bulanti. Molti di loro appartengono a mi-
noranze etniche, emarginati tra gli
emarginati; molti altri fanno uso di stu-
pefacenti cominciando a drogarsi fin dal-
la più tenera età.
Il mondo con cui questi bambini si muo-
vono è quello della violenza e della dura
vita urbana, dove aggressività e diffiden-
za fanno il paio con il profondo disprez-
zo che spesso si nutre nei confronti degli
altri e dei più deboli. Vittime della fame,
della povertà e dell'egoismo umano, essi
devono troppo spesso rinunciare a vede-
re rispettati i loro stessi diritti, a comin-
ciare da quello inalienabile della soprav-
vivenza.

2.10 Page 20

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- DOSSIER
20 1 MARZO 1991
LA RISPOSTA
DI DON BOSCO
Nel quadro generale delle loro opere assistenziali ,
i salesiani con la collaborazione dei membri della Fa-
miglia Salesiana, mandano avanti 90 Centri nei quali
accolgono e educano giovani emarginati, tra i quali
vi sono quelli di Gatenga e Kara in Africa, e « Don Bo-
sco R6ga» in America.
Centri e destinatari:
Opere per giovani in difficoltà
o «a rischio,,
Assistenza agli emigrati
Lebbrosari
Dispensari medici
Centri di promozione sociale vari
N. Centri N. destinatari
90
8.467
27 77.870
7
2.502
90 144.885
167 153.335
Personale impegnato:
SDB a tempo pieno
353
SDB a tempo parziale
248
altrì religiosi/e
157
membri Famiglia Salesiana
260
altri laici
2210
Africa Meri-
dionate
Africa Centrale
Antille
Argentina
Australia
Belgio
Bolivia
Brasile
Centro America
Korea
Equador
Filippine
Francia
Germania
Giappone
Gran Bretagna
Hong Kong
India
Irlanda
Italia
Medio Oriente
Messico
Paraguay
Perù
Portogallo
Spagna
Stati Uniti
Thailandia
Uruguay
Venezuela
Opere per
Centri
giovani
promozione
emarginati Destinatari sociale Destinatari
4
91
3
120
2
2.050
11
3.233
7
605
26
2.285
1
45
5
203
1
25
3
320
21
8.036
1
450
4
793
.1
39
1
90
47
11 .000
6
540
1
1.500
4
725
3
670
2
162
1
12
1
33
11
2.221
16
10.053
3
105
15
1.053
7
376
1
100.000
3
295
1
60
15
4.345
4
130
1
105
4
200
4
68
4
456
1
10
2
7.300
1
40
1
80
2
200
1
160
4
1.500

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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t----------sB-
1 MARZO 1991 21
IL <<CENTRE DES JEUNES>>
DIGATENGA
di Vincenzo Si/va
Don Vincent Si/va, un salesia-
no brasiliano che si è offerto
per un 'esperienza missionaria
africana, è vissuto per 13 anni
in Burundi. Ora lavora in
Ruanda, dove svolge un gene-
roso lavoro nel Centre des Jeu-
nes di Gatenga.
Nel settembre scorso Giovanni
Paolo II è stato nel Ruandà. Sono
stati tre giorni bellissimi. Mentre scri-
vo i giornali di tutto il mondo riferi-
scono di·un attacco militare contro
il presidente generale Juvénal Ha-
byarimana da parte di un gruppo di
ribelli ruandesi. Le formazioni dei ri-
belli sono essenzialmente composte
da Tutsis, etnia minoritaria (9% ),
mentre la maggioranza appartiene al-
l'etnia Hutu, che è quella del presi-
dente. In questa nazione, conosciuta
come il « Paese dalle mille colline e
delle montagne della luna», i Sale-
siani hanno sei opere.
Il «Centre des Jeunes»
Il nostro Centre des Jeunes di Ga-
tenga ospita 170 ragazzi che proven-
gono in gran parte da Kigali, la
capitale, 250.000 abitanti. Da noi
possono studiare e prepararsi a una
professione. Abbiamo laboratori di
falegnameria e di elettrotecnica. Gli
allievi che seguono l'intero program-
ma studiano per tre anni, dopo i qua-
li ottengono un diploma e possono
trovare lavoro nelle città o all'inter-
no del Paese.
Fino ad oggi il nostro Centro Gio-
vanile gode di un buon prestigio ed
è rispettato per la serietà dei pro-
grammi e soprattutto per i risultati
conseguiti dai nostri exallievi.
I Salesiani, che hanno aperto que-
sto Centro nel 1976, non si acconten-
tana dei risultati conseguiti, ma cer-
cano sempre di migliorare. Siamo ri-
conosciuti come scuola non statate e
siamo liberi di scegliere i maestri più
adatti e di svolgere i nostri program-
mi. Tutto questo è oneroso per noi,
ma lo facciamo perché ci garantisce
l'indipendenza da pressioni esterne.
Questi ragazzi per lo più sono cat-
e tolici, ma abbiamo anche un certo
numero di islamici, noi non faccia-
mo nessuna differenza. Molti ragazzi
cambiano vita: diventano studiosi e
lavoratori e si inseriscono positiva-
mente nella società. Alcuni matura-
no così bene che si fermano con noi
e fanno da animatori dei più picco-
li. Il « Centre des Jeunes » di Gaten-
ga è animato da tre sacerdoti, due
salesiani laici e da una giovane cop-
pia di volontari italiani.
Le nostre attività comprendono ol-
tre alla scuola anche lo sport, il tea-
tro, il cinema, il canto e la forma-
zione religiosa (celebriamo la Messa
in lingua kinyarwanda, anche per la
popolazione). Abbiamo un simpati-
co gruppo di acrobati e giocolieri,
che tra l'altro nell'88, in occasione
del Centenario di Don Bosco, è ve-
nuto in italia e ha ottenuto un gran-
de successo. La nostra orchestrina
Imena, insieme al gruppo degli acro-
bati, ha dato il benvenuto al Papa nel
suo recente viaggio in Ruanda.
I ragazzini del mercato
Un'altra attività che è ancora agli
inizi è quella a favore dei « ragazzi
della strada». Per loro stiamo co-
struendo una casa.
Abbiamo già un movimento di 80
ragazzi, di cui ci occupiamo in col-
laborazione con il Bureau Socia/ Ur-
bain. Ho incontrato molte volte
questi ragazzi che vivono al merca-
to, disponibili per ogni genere di la-

3.2 Page 22

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- D O S S I E R - - - - - - - - - - - - - - - -- - - -----1
22 1 MARZO 1991
Il Papa ai giovani ruandési pre-
senti nello stadio Amahoro:
«Ciò che Cristo propone a colo-
ro che vogliono seguirlo, voi lo tro-
vate riassunto nel cuore del
Vangelo, nelle Beatitudini. Le Bea-
titudini sono delle vie che condu-
cono aila felicità. Ce n'è una che
vorrei sottolineare perché sembr~
che i Ruandesi e le Ruandesi ab-
biano bisogno di ascoltare oggi. È
questa: "Beati gli operatori di pa-
ce". Gesù vuole dire con questo
che una delle strade della felicità
è lavorare per unire gli uomini e
edificare la pace tra di loro».
"Lasciatemi poi dire una parola
di incoraggiamento. Con l'aiuto
dei vostri pastori e dei vostri edu-
catori, mettete in piedi delle micro-
realizzazioni: del vostro Paese dal-
le mille colline e dei mille proble-
mi, fatè ùn Paese dai mille progetti
e dalle mille soluzioni».
D
zazione e cerchiamo di avviarli al la-
voro: possono imparare a fare i sal-
datori, i falegnami, i muratori, i
sarti, gli agricoltori e anche i gioco-
lieri (abbiamo un giovane istruttore
che si chiama Giovanni Bosco, che
ci sa fare ottimamente). Quando
hanno imparato il mestiere, siamo
poi noi a cercare il lavoro ai ragazzi.
Noi siamo impegnati soprattutto a
orientare pedagogicamente e ad ani-
mare spiritualmente otto giovani ani-
matori, che lavorano direttamente
con i ragazzi. Ma noi interveniamo
anche di persona nei mercati e nelle
strade accanto agli animatori.
Come si può immaginare, tutto il
nostro lavoro si svolge in un clima di
serenità e di gioia per mezzo di tante
attività sportive e ricreative. La dan-
za e la musica (amano il tam tam) of-
frono sempre degli ottimi agganci.
Amano le passeggiate, durante le
quali offriamo un panino, una coca,
una banana e soprattutto la nostra
amicizia, la nostra pazienza. Perché
voro: lavano le macchine, fanno i
facchini, caricano e scaricano le mer-
ci. Vendono di tutto, dalle sigarette
ai giornali. Questi ragazzi hanno
quasi sempre abbandonato la fami-
gl_ia e sono tollerati sia dai commer-
cianti, che li considerano dei
concorrenti che non pagano le tasse,
sia dalla polizia. La polizia è sempre
a controllare i documenti. Una vol-
ta ho visto un ragazzo a terra, con
le mani dietro la schiena. I poliziotti
lo stavano interrogando. Ho cerca-
to di difenderlo, volevo dirgli che po-
teva venire nella nostra casa, ma i
poliziotti mi hanno allontanato e lo
hanno portato via con il loro fur-
gone.
Stiamo operando per dar vita a un
organismo nazionale (una specie di
sindacato o di cooperativa), che ri-
lasci dei documenti riconosciuti dal-
lo Stato, in modo che i ragazzi
possano lavorare e vendere legalmen-
te e indisturbati.
Un prezioso lavoro
di reinserimento
Per i ragazzi della strada abbiamo
assunto due assistenti sociali e fac-
ciamo riferimento a un avvocato; che
all'occorrenza li difenda. Il nostro
scopo è di cercare di reinserire i ra-
gazzi nelle varie scuole esistenti e so-
prattutto di rimetterli a contatto con
le loro famiglie. Il senso familiare in
Africa è molto più vivo che in Euro-
pa, ma questi ragazzi si trovano per
le strade soprattutto per difficoltà fa-
migliari e per la povertà.
· Ci pccupiamo anche di alfabetiz-
non sono tutte pecorelle, ma qualcu-
no possiede gli artigli come un tigrot-
to e per diventare diverso deve
passare davanti alla Madonna come
i ragazzi del sogno dei 9 anni di Gio-
vannino Bosco.
Vincenzo Silva
Centre des Jeune de Gatenga
B.P. 468
Kigali - Rwanda

3.3 Page 23

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-------#1-
DON BOSCO ROGA
1 MARZO 1991 23
di Antonio Mélida
Una casa-famiglia per i ragaz-
zi della strada di Asunci6n
Saranno almeno 15.000 i ragazzi-
ni che g:ronzolano per le strade del-
la capit~,e del Paraguay alla ricerca
di qualcri e espediente per sopravvi-
vere. Si muovono per lo più nelle zo-
ne di periferia o nei paesini dei
dintorni di Asuncion. Sono poco più
che bambini, ma in questo modo pa-
recchi diventano il sostegno della lo-
ro famiglia, che soffre a causa della
povertà e dell'emarginazione.
Per i mercati, le piazze e negli in-
croci delle strade questi ragazzini
camminano e lavorano sfidando ogni
genere di pericoli, giocandosi senza
saperlo il futuro. Essi denunciano
con la loro presenza le ingiustizie so-
ciali di cui sono vittime, anche se so-
no osserv.ati con fastidio e guardati
come un pericolo, come un danno
per la tranquillità pubblica.
Salgono di buona mattina dalle lo-
ro baracche o dai loro rifugi dove
hanno dormito, e si adattano a ogni
genere di lavoro: lustrascarpe, ven-
ditori di giornali, caramelle e dolci;
lavano auto e parabrezza o sempli-
cemente chiedono l'elemosina. Sono
numerosi soprattutto nei mercati,
dove trasportano la merce, scarica-
no i camion, rubacchiano un po' di
tutto e cercano di rivenderlo. E se al-
la sera non hanno guadagnato a suf-
ficienza per i loro genitori, per paura
di essere bastonati il più delle volte
rimangono a dormire per la strada
con altri compagni, fino a quando
non si abituano.a vivere nella strada
e abbandonano la loro famiglia.
Per essi, i salesiani del Paraguay
hanno dato vita all'«Hogar Don Bo-
sco», in lingua Guarani « Don Bo-
sco Roga».
Don Martin Rodriguez è un sale-
siano che si considera fortunato per-
ché può dedicare giorno e notte a
questi ragazzi della strada. Gli abbia-
mo rivolto qualche domanda.
« Come è nata, Padre Mart(n, la
decisione di dar vita a una famiglia
e di costruire una casa per i ragazzi
della strada di Asunci6n?».
« L'idea è nata da lontano. Non fu
l'iniziativa geniale di un singolo, ma
la maturazione di un desiderio della
intera comunità ispettoriale che era
alla ricerca di una soluzione per soc-
correre questi ragazzi che negli ulti-
mi anni stanno aumentando pauro-
samente di numero. Nell'ultima riu-
..._
.
.
DONBOSèODOGA
OBRA I
SAL
ESl'~N
;
A.DEL
ME.NO
'
1.988 .çEtmllAIIIO OE SAN JUAII BOSCO
.'
nione ispettoriale abbiamo preso
l' impegno di intensificare il lavoro
che già si faceva tra i ragazzi della
strada e di dar vita a una nuova ope-
ra interamente destinata a loro. E
siamo qui!» .
<(Di quali ragazzini vi occupate?».
« Soltanto di quelli che non han-
no altra .casa che la strada. Non ac-
cogliamo quindi chi può fare
riferimento alla sua famiglia. Sono
ragazzi fuggiti di casa per un moti-
vo o per l'altro;. ragazzi che dormi-

3.4 Page 24

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-DOSSIER-------------------
24 1 MARZO 1991
vano sull'erba del giardino pubblico,
nel vano di qualche scala, sotto un
mucchio di giornali o di cartoni. In
Asunci6n ci sono tanti bambini po-
veri e abbandonati, però hanno una
casa dove vivono e dormono. Se
ospitassimo anche questi, i ragazzi~
ni della strada continuerebbero a vi-
vere per le strade. Per aver diritto a
entrare in questa casa, devono esse-
re vagabondi senza tetto».
« Bene, questi ragazzi ora hanno
una casa. Termina qui il vostro in-
tervento?».
« Al contrario. Il nostro impegno
vero comincia di qui. Se diamo loro
vitto e alloggio è per far sentire loro
il calore di una famiglia e per farli
maturare anche nella fede. Abbiamo
previsto un Progetto di ampio respi-
ro, che tiene conto di tutti gli inter-
venti educativi.
Nella prima fase i ragazzi vengo-
no a dormire da noi, ricevono vitto,
cure mediche e hanno la possibilità
di giocare con gli altri. Soprattutto
vivono fianco a fianco con noi: van-
no e vengono e cerchiamo di avere
molta pazienza con loro.
Quando desiderano vivere al
"Don Bosco Roga", comincia la se-
conda tappa, uno spazio di tempo in
cui si cerca di motivarli. Nella loro
stanza hanno il letto e l'armadio, a
cui devono badare personalmente;
imparano molti piccoli lavori e fan-
no qualche momento di scuola e un
po' di attività di gruppo. Ogni mat-
tina tuttavia continuano nei loro
consueti lavori di lustrascarpe, ven-
ditori di giornali, ecc.
Quando superano questo stadio, e
i più ce la fanno, arrivano alla tap-
pa della scolarizzazione. Sono invi-
tati a imparare un mestiere nei nostri
laboratori, che pur essendo per ora
molto rudimentali, permettono tut-
tavia di apprendere il mestiere di mu-
ratore, elettricista, idraulico, latto-
niere, ecc. con un sistema di rota-
zione.
Nella quarta tappa il ragazzo, che
non è più un bambino, deve impa-
rare a rendersi responsabile e a inte-
grarsi nella società, per questo gli si
prepara una borsa con gli attrezzi di
lavoro, un piccolo laboratorio in
proprio, ecc. sempre sostenuto dal-
1' aiuto e dal consiglio della "Don
Bosco Roga' '.
Per ora nessuno è arrivato alla
quinta e ultima tappa, nella quale il
giovane si ritrova in tutta la sua re-
sponsabilità e autonomia e deve pen-
sare a farsi una famiglia cristiana.».
« Padre Martin, so che questo Pro-
getto così ben articolato è comincia-
to con poco, e tu stesso hai dormito
con alcuni ragazzini della strada in
una stanza chiesta a prestito... ».
« È evidente, per arrivare a tutto
questo siamo partiti come Don Bo-
sco, guadagnandoci l'amicizia di
questi ragazzi. Fu una tappa dura
perché essi non capivano il nostro at-
teggiamento e le nostre intenzioni.
Quando avemmo un gnappetto di
amici, gli exallievi del nostro colle-
gio di "Salesianito" ci offrirono al-
cuni locali per un mese. Vi rimanem-
mo però cinque mesi, perché non
avevamo altri posti dove andare.
Quante ricerche e richieste di aiuto!
Ci vennero in soccorso i giovani
Cooperatori, che continuano anco-
ra oggi a collaborare con noi».
« Una domanda indiscreta: non ti
Che cosa fanno
Molti bambini di strada lavora-
no (alcuni vanno a scuola per me-
tà giornata). Un'inchiesta condotta
ad Asunciòn, Paraguay, ha chie-
sto ai bambini quali fossero le lo-
ro principali occupazioni:
Vendere giornali
27%
Lustrare scarpe
24%
Vendere alimentari e altri prodotti 33%
Pulire i vetri delle macchine
6%
Pulire e sorvegliare le macchine 1%
A~
1%
(Fonte: Gavi. of Paraguay)
pare esagerato quello che hai fatto?
C'era proprio bisogno di dormire
con loro per le strade?».
« No, non sarebbe stato necessario
(non era quindi una cosa così straor-
dinaria!); però era importante e op-
portuno, soprattutto all'inizio,
perché se i ragazzi si sistemano in
Roga è perché si sentono accompa-
gnati e amati sempre, anche quando
dormono. Non lo farebbe oggi Don
Bosco? Certamente sì».
« Termino qui con le mie doman-
de. Sono molte le soddisfazioni che
ti vengono da questo duro lavoro
educativo?».
« Molte. Oltre a sentire la presen-
za di Don Bosco tra noi, mi riempie
di entusiasmo l'amicizia di. questi ra-
gazzi, gioisco per il loro impegno di
fare bene, di apprendere, il loro at-
taccamento a "Roga". Mi accorgo
di appartenere a una stupenda fami-
glia di figli prediletti da Dio» .
Antonio Mélida

3.5 Page 25

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-------s/J-
1 MARZO 1991 25
I <<RAGAZZI DEL MERCATO>> DI KARA
di José Rodr{guez e Juan Ruiz
Li incontriamo frequentemente nel
mercato di Kara e nei dintorni. So-
no ragazzi e giovani tra i 9 e i 22 an-
ni, che per problemi di famiglia, di
povertà, di solitudine e di fame un
giorno hanno lasciato il loro villag-
gio per andare a cercare lavoro tra
i venditori e i compratori del merca-
to della città. Sporchi, affamati, ab-
brutiti, si uniscono a piccoli gruppi
e si prestano per trasportare sacchi,
pacchi o borse della spesa ai nume-
rosi clienti del mercato. E tutto ciò
per ottenere pochi spiccioli per so-
, pravvivere.
Dormono dove possono, manda-
no cattivo odore e si presentano an-
che peggio. Quando sono insieme
fanno paura, specie se sono in lotta
tra loro per qualche motivo. Con lo
sguardo triste e stanco per il peso del-
la vita, trascinano la loro esistenza nel
disprezzo degli altri. Finiscono per di-
ventare pericolosi. Quando la fame
stringe, non li ferma niente e nessu-
no, preoccupati soltanto di riempire
il buco dello stomaco e di sfuggire la
polizia e il Commissariato, per « evi-
tare una bastonatura certa».
Il sogno dei più giudiziosi è di usci-
re da questo labirinto, risparmiare un
certo gruzzolo per poter pagare qual-
cuno che gli insegni un mestiere e ini-
ziare finalmente una vita dignitosa:
ma come si può risparmiare in que-
ste condizioni?
Il mercato di Kara
Kara è una città del Togo, nell'A-
frica occidentale. Con i suoi 30.000
abitanti, si può considerare la capi-
tale del nord del Paese. I suoi abitan-
ti, in maggioranza «Karye »,
arrivano dalla montagna e dai paesi
vicini. È un centro di raccolta, essen-
dovi un grande movimento migrato-
rio, soprattutto di giovani. Una
realtà importante della città è il mer-
cato, molto frequentato dalla gente
della città e della regione.

3.6 Page 26

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- D O S S I E R - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - --------1
26 1 MARZO 1991
La presenza salesiana
Nel 1918 il Vescovo di Sokodé
pensò ai salesiani per dirigere in Ka-
ra un Centro di formazione profes-
sionale. Nel settembre del 1985
arrivarono a Kara i primi tre salesiani
e presero seriamente in considerazio-
ne la proposta del Vescovo. Visita-
rono la regione e elaborarono un
progetto alternativo, adattato ai ra-
gazzi abbandonati e alle necessità
reali della zona. Sorse così il Centro
di sviluppo artigianale per i ragazzi
della strada. Fu l'inizio.
Don Bosco si apre la strada
Non fu difficile riempire la casa-
centro, ancora in costruzione, con i
« ragazzi del mercato».
È una scena che si è ripetuta tante
volte, sin dall'inizio.
È tardi in Kara e gli abitanti del
« Centro Don Bosco» stanno già
dormendo, poiché il giorno dopo il
lavoro sarà duro; però vi è sempre
qualcuno che tarda a spegnere la lu-
ce della sua camera. Si sentono alcu-
ni colpi alla porta.
- Avanti!
Due ragazzi entrano timidamente.
- Desiderate qualcosa?
- Siamo « ragazzi del mercato»
e vogliamo restare per lavorare con
te ...
- Dove avete le vostre cose?
- Non abbiamo niente. Fuori ci
sono altri che vogliono restare qui.
E ne entrano uno, due, tre... do-
dici! Li facciamo passare, senza pro-
blemi di valigie o di pacchi. Essi
impazienti vanno a cercare un posto
nella loro nuova casa: hanno imme-
diatamente trovato dei genitori, dei
fratelli e un futuro davanti a sé. Die-
tro lasciano il mercato e le sue mise-
rie. la tristezza, la solitudine.
Un progetto che si va facendo
realtà
Con la necessità impellente di tro-
vare risposta per tutte le necessità di
questi ragazzi, i salesiani di Kara
stanno concretando un Progetto, che
è già realtà in quasi tutte le sue fasi.
Non si può fare un progetto senza te-
nere in considerazione in primo luo-
go la situazione spirituale e materiale
di questi ragazzi e le loro possibilità
di futuro nella regione. Non voglia-
mo preparare dei futuri emigranti.
Abbiamo già scritto il Progetto,
ma spesso lo rivediamo per renderlo
sempre più concreto. Ciò che tenia-
mo fermi sono i grandi obiettivi, che
possiamo riassumere così:
- Dare risposta alle necessità
concrete dei ragazzi senza casa di Ka-
ra e dintorni.
- Inserire questi giovani nei cir-
cuiti economici e sociali della regio-
ne, in strutture già esistenti e in
quelle di nuova creazione, come co-
munità artigianali e agricole, picco-
le cooperative, ecc.
- Offrire loro una formazione
adeguata, tenendo conto del loro li-
vello di preparazione.
- Contribuire a frenare l'esodo
dalla campagna.
- Realizzare un Centro di svilup-
po artigianale sufficientemente fles-
Un'inchiesta condotta a Mapu-
to in Mozambico chiedeva ai bam-
bini perché essi si trovassero per
la strada. Queste sono le risposte:
Fame e povertà a casa 27%
Maltrattamenti a casa
27%
Nient'altro da fare
27%
Mandati dalla famiglia
9%
Abbandonati dalla famiglia 9%
Seguendo altri bambini
1%
(Fonte: Mozambique Mln. of Heailh)
sibile per poterlo adattare continua-
mente alle necessità insorgenti.
- Sviluppare il Progetto per tap-
pe, in modo che permetta una buo-
na intesa tra i ragazzi e i loro
educatori .
- Mettere in conto anche la no-
stra possibilità di offerta di lavoro,
per esempio nella costruzione delle
casette che stiamo programmando.
- Tutti, ragazzi, salesiani e col-
laboratori partecipano alla struttura-
zione, realizzazione e verifica del
progetto.
- Fare di questi ragazzi africani
dei degni cittadini, che collaborino
con forza al progresso del loro Pae-
se; ma anche dei bravi cristiani, ca-
paci di formare famiglie dove si viva
il Vangelo con allegria e responsa-
bilità.
Un altro anello
Al nord di Togo, nella frontiera
con il Ghana e il Burkina-Faso, la
città di Cinkassé sta ricevendo i frutti
del« Progetto Kara». Alcuni giova-
ni del nostro Centro, infatti, insieme
a tre salesiani si sono lanciati alla
conquista dei ragazzi del mercato di
Cinkassé.
Don Bosco continua il suo cammi-
no verso i ragazzi africani. O
P. José A. Rodrfguez Bejarano
D . Juan Ruiz Cayuela
Centre Salésien Don Bosco
B.P. 189 KARA (Togo)

3.7 Page 27

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- - - -- ------5'1-
ANNIVERSARI
1 MARZO 1991 27
LA STORIA GIOVANE
DI S11 AN MARONE11
di Monica Ferrari
L'umile e quotidiana
«epopea» di un
gruppo di salesiani,
---- da 40 anni YJel popoloso
quartiere « San Marone»
a Civitanova Marche.
8 settembre 1951: arriva
a Civitanova Marche un camion ca-
rico di vecchio mobilio, poche cas-
sapanche, qualche sedia polverosa.
Più quattro preti. Il camion si ferma
davanti alla chiesetta mezzo abban-
donata di S. Marane e i preti, tirata
su la tonaca, si improvvisano facchi-
ni. Alcuni visi curiosi, sbucati d'in-
canto, fissano i nuovi arrivati.
« Arrivati per restare», si va sussur-
rando. È l'inizio di ima lunga storia,
la storia della vita salesiana a Civi-
tanova Marche. Ecco i nomi dei « pa-
dri fondatori»: don Tarcisio Ciur-
ciola, direttore-parroco, don Luigi
Colucci, per l'oratorio, don Marco
Perego, vice-parroco, don Emilio
Giancola, assistente-chierico, infine
il Signor Valentino Giovagnoli « tut-
. to fare», cioè sacrista, cuoco, eco-
nomo ... Possiamo dire, senza cadere
nella retorica, che furono inizi eroi-
' ci? Decisamente sì. La guerra era
passata come un ciclone e aveva fat-
to scempio di tutto, ma a S. Marane
erano arrivati preti da battaglia,
pronti a rimboccarsi le maniche, pie-
ni di speranza e che non si scoraggia-
vano facilmente anche se per scal-
-""'------ '""-"----- ...f.r..". ;.n-,
darsi, quell'inverno, furono costret-
ti a bruciare i vecchi candelieri della
it.'. chiesa rovinati dalla guerra. D'al-
'°-· tronde, i risultati si fecero vedere su-
bito e la più importante delle con-
quiste fu quella « alla Don Bosco»:
la prima domenica, ventitré ragazzi,
due mesi dopo, centosettanta.

3.8 Page 28

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28 • 1 MARZO 1991
pRcl~llcgs~sniyrco1n.
Insegnanti
IPRIMI
EDUCATORI
DEL BAMBINO
I primi educatori
del bambino
di BASSANO S TAFFIERI. Pagine 48. Li-
re 2.400. Editrice LDC.
Riflessioni per genitori e insegnanti,
sulla formazione del bambino nella
scuola materna.
Con nostro figlio
al catechismo
di R. GIORDANO e M. CosTA. Pagine
64. Lire 3.000. Editrice LDC
Guida per i genitori che chiedono i sa-
cramenti per i loro figli e intendono
entrare consapevolmente in rapporto
con la comunità di fede.
Beati gli invitati
alla cena del Signore
Per preparare nella famiglia la Prima
comunione dei fanciulli. Pagine 32.
Lire 500. Editrice LDC.
« Quaderno attivo », illustrato a 4 co-
lori, che richiede dal fanciullo il com-
pletamento con foto, disegni e scritte.
Passa in rassegna le prime fondamen-
tali esperienze del fanciullo, portan-
dolo a riflettere sul significato del suo
primo incontro"eucaristico .
CORSO FRANCIA 214 • 10096 LEUMANN TO
TELEF. 011/95.91.091 • CC POSTALE 8128
«Lungo il fiume»
Sono passati quasi quaranta anni,
ed è bello tornare col ricordo a quel
periodo, rammentare chi c'era, cosa
faceva. «Lungo il fiume», il libro
che don Giancarlo Manieri ha scrit-
to sui quarant'anni di vita salesiana
a Civitanova Marche non è mai agio-
grafico, mai retorico: è una narrazio-
ne fluida, ironica, sorridente, alla
« Guareschi», che racconta con gra-
zia l'umile e quotidiana «epopea »
della comunità salesiana. Un libro
che nasce, come si legge nella presen-
tazione di Gaetano Galbusera, ispet-
tore salesiano di Ancona, « dalla
celebrazione del primo centenario
della morte di Don Bosco, occasio-
ne propizia per riandare con la me-
moria alle proprie origini. Si è sentita
la necessità di attingere alla sorgen-
te genuina degli inizi quell'entusia-
smo e quella creatività tutta salesiana
che caratterizza, da sempre, ogni no-
stra nuova opera». Le pagine di don
Manieri sanno riportare con brio e
scanzohato umorismo, lo spirito di
quei giorni e di tutta una comunità
che, d'altra parte, ha ampiamente
collaborato alla stesura del testo .
L'immagine del fiume dal titolo pas-
sa attraverso tutte le pagine del libro
come un motivo conduttore, dalle
sorgenti degli inizi alle rapide delle
difficoltà, agli incontri resi possibili
dalle anse fino all'arrivo al mare dei
progetti e del futuro.
Ma torniamo agli inizi. Il lavoro
era intenso e Messe, benedizioni e
novene si alternavano con recite, tor-
nei e schiamazzi, « ingredienti tipici
del piatto pastorale salesiano». La
prima festa venne organizzata in un
magazzino di frutta preso in presti-
to e si recitò tra cavoli accatastati e
cassette di lattuga che, come da co-
pione, la seconda sera franarono sµl
pubblico, già piegato in due per le
troppe risate. Ben presto si vennero
formando numerose associazioni,
ma mancavano le sedi dove ospitar-
le e soprattutto mancavano le sedie!
Basti pensare che ogni volta che c'e-
ra qualche riunione più numerosa del
solito, don Luigi si faceva il giro di
tutti i bar di Civitanova, chiedeva in
prestito alcune seggiole - fino ad ar-
rivare persino a cinquecento - le ca-
ricava, poche alla volta, sulla
bicicletta che era ·naturalmente sgan-
gherata, le sistemava in sala, poi, do-
po la rappresentazione o la riunione,
le riportava ai legittimi proprietari,
seguendo gli appunti di un libretto:
questo quattro al bar X, queste cin-
que al bar Y... fino a cinquecento!
Anche il
«pony express»
Le iniziative si moltiplicavano. La
Pasqua del 1952 fu solennizzata con
la prima uscita della parrocchia: in
quattrocento si recarono a Perugia ,e'
ad Assisi, con sei pullman e tanta
buona volontà (non esistevano cer-
to i Motel Agip!); Si lavorava per ri-
strutturare la chiesa e per sistemare
il terreno e le sale per l'Oratorio. In
quanti aiutarono, collaborarono! Il
libro di don Giancarlo ricorda tante
figure di preti e di laici che non si ri-
sparmiarono certo. C'era persino chi
si improvvisava... antesignano dei

3.9 Page 29

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-----------~-
Le foto di questa
pagina sono tratte
dal volume
Lungo il fiume
1 MARZO 1991 29
repertorio più serio: don Franco Lu-
chetta ha organizzato per diversi anni
la recita della Passione, mentre i ra-
gazzi dell'Oratorio, guidati da don
Alvaro Porcellini, hanno presentato,
nel musical «Caino e Abele», i
drammi dell'alba dell'umanità e il
desiderio mai sopito di una redenzio-
ne universale. La musica è diventata
a San Marane una tradizione ormai
consolidata dai tempi in cui don Lui-
gi riuscì a far cantare la « Missa pon-
tificalis » di Lorenzo Perosi a un coro
di volenterosi dilettanti.
La chitarra
di don Giorgio
Poi venne don Giorgio Rossi, che
con la sua chitarra portava la musi-
ca - di tipo diverso, naturalmente!
- ovunque, persino nelle scuole.
Don Bosco diceva « un Oratorio sen-
za musica è come un corpo senza ani-
ma» e don Giorgio, con la sua
chitarra, viveva nel « campet_to » del-
1'Oratorio. Era il suo ufficio, la sua
. sala adunanze, la sua chiesa. In quei
Civitanova Marche. La tradizionale festa
di San Marone e (a destra)
tempi l'Oratorio si riempì di attività
sportive: calcio, basket, tennis, vol-
la colonia diurna che fu
una delle più apprezzate
iniziative dei primordi.
ley, pattinaggio, persino il minigolf!
Tutte ini~iative nuove per Civitano-
va, tutti primati per l'Oratorio.
Siamo così arrivati al mare, il ma-
=
« pony-express ». Una domenica, per
il cronico disservizio delle poste-ita-
la festa dell'uva, la festa missiona-
ria, la festa della comunità. Duran-
re dei progetti, degli impegni presenti
e futuri della comunità salesiana di
liane, la pellicola destinata al cinema- te la festa dell'uva giovani e adulti Civitanova Marche: il nuovo Orato-
tografo dei ragazzi non giunse in invadono a centinaia Villa Conti per rio, le missioni... Il libro di don
tempo utile. Don Mario allora spedì passare insieme qualche ora e gode- Giancarlo si conclude con un suo so-
Gigino Ercoli, un ciclista dilettante
che pedalava come un motorino e
re del tepore dell'ultimo sole. L'idea
venne a don Franco Luchetta, in ri-
gno, il sogno di un dialogo che forse
è avvenuto su, nel cielo, tra San Ma-
che riuscì a coprire la distanza cordo delle famose passeggiate au- rane, il vecchio martire romano del-
Civitanova-Ancona e ritorno in
tempo-record. Al suo arrivo fu ac-
tunnali tli Don Bosco e del suo
codazzo di giovani sulle colline del
la chiesetta, e Don Bosco:
« - Adesso ho capito quasi tutto,
colto da un'ovazione tonante dei ra- Monferrato.
dei tuoi figli, caro reverendo. Tutto
gazzi che vedevano così assicurato il
loro settimanale duello indiani-
cowboys.
Come si vede, fervore e operosità
si alternavano a momenti di festa,
La festa della comunità è quella
che riceve più consensi. Strutturata
alla maniera delle antiche feste
paesane-contadine, ha il suo punto
di forza nelle «Riviste», sketchs,
no, perché le cose i salesiani le fan-
no un po' complicate... tutti quei
gruppi ti fanno girare la testa. Pe-
rò sono a buon punto. Ecco, vor-
rei... cioè, stavo pensando ... cioè,
tanto che all'inizio qualcuno storse
f0rse un po' il naso. I salesiani, si sa,
sono gente di festa e le feste sono
sempre il simbolo dell'impegno
gioioso verso la vita. Ben presto tut-
ti ne furono catturati. Oltre alle fe-
monologhi, mimi, parodie, in cui
vengono « messi in piazza» eventi
della vita quotidiana della città, fa-
cendo sfacciatamente nomi, cogno-
mi e, quel che è peggio, soprannomi.
Tra i mitici animatori delle serate,
insomma ...
- Toh, - fa Don Bosco - il tuo
linguaggio comincia a farsi gio-
vanile!
-Ecco, per l'appunto... stavo per
chiederti di diventare salesiano!».
ste classiche e a quella in onore di ancora si ricorda Orfeo Nataloni. La
San Marane c'erano - e ci sono - comunità si è anche cimentata in un
Monica Ferrari

3.10 Page 30

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30 1 MARZO 1991
STORIA SALESIANA
IRAGAZZI DI DON BOSCO
NEL G 11 RANDE GIOCO11
DIVALDOCCO
di Marco Bongioanni
L'esperienza di
Valdocco assunse per
Don Bosco e i suoi
ragazzi anche le tonalità
di un «grande gioco».
Ma anche le dimensioni
di uno «spettacolo»,
dove la commedia della
vita trovava espressione
spontanea nelle
manifestazioni gioiose di
ogni giorno e nelle
avventurose passeggiate.
Il teatro «esistenziale»
del primo Oratorio era quello a noi
noto della · baraonda in camera di
Don Bosco, dove uno vuole accen-
dere il fuoco e l'altro Io vuole spe-
gnere, e v'è chi porta legna, chi.
acqua, chi secchia o scarpe o libri o
fogli ... o quant'altro. Oppure quel-
lo del trasloco, con una festa di ra-
gazzi che afferrano panche inginoc-
chiato i candelieri sedie croci quadrfe
quadretti, e ciascuno portap.do l'og-
getto di cui è capace, fra risa e schia-
mazzi si trasmigra a una nuova sede.
O anche quello della fantesca che
scaccia la masnada giovanile dalla
chiesina di S. Pietro, con la conse-
cutiva diffidenza dei« mugnai» di .S.
Martino ai Molassi. O ancora, quel-

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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-----------~-
È uscito fresco di stampa il
secondo volume della collana
"Don Bosco comunicatore
educatore» di Marco Bon-
gioanni. Questo suo ultimo li-
bro, portato in tipografia
pochi giorni prima della sua
scomparsa, ci fa sentire an-
cora una volta la sua fresca
simpatia per Don Bosco, ac-
compagnata da una straordi-
naria affinità, che lo aiuta a
penetrare facilmente nella
sua persona,lità. Don Marco
considera in queste pagine la
disponibilità, anzi la predispo-
sizione di Don Bosco per
I' «espressività teatrale», che
coinvolgeva i giovani in tanti
giochi spontanei nei cortili di
Valdocco e nel rito festoso di
indimenticabili passeggiate.
lo delle gite avventurose per campa-
gne e colli torinesi, da Superga alla
Sagra di S. Michele, dai Cappuccini
alla Madonna di Campagna... E via
discorrendo con il teatro del vissuto
tra approcci a tu Qer tu e testimo-
nianze per la città. E una vistosa gal-
leria drammaturgica, dove certo si
sprigiona a proprio agio l'indole tea-
trale di Don Bosco, però in risposta
a un'esigenza sociale di popolo e di
giovani. Va infatti tenuto presente
che non è Don Bosco a imporre o
proporre le sceneggiate, ma sono i
ragazzi e il bisogno culturale (giova-
nile e popolare) dell'epoca a solleci-
tare in risposta il suo intervento
animatore, ben sintonizzato e pro-
porzionato.
Davanti alle nuove «generazioni
contro», Don Bosco si fece non op- .
positore ma complice, attingendo an-
1 MARZO 1991 31
che da se stesso e dalle proprie espe- correre.
rienze giovanili un codice di compor- «Adunque la seconda domenica di
tamento. Egli passò dalla parte dei ottobre 1844, sacra alla Maternità di
giovàni con equilibrato criterio, im- Maria santissima, Don Bosco parte-
brigliando talune intemperanze ma cipò alla turba dei suoi alunni il tra-
condividendo la sostanza innovativa sferimento dell'Oratorio presso al
che da quella sponda emergeva. An- Rifugio (Barolo), sua nuova dimora.
dò a sedere sulla pubblica piazza, da- Al primo annunzio i giovani ne pro-
vanti alla cittadella, mettendo in varono turbamento; ma quando per
allarme lo stesso Vicario di città mar- acquietarli egli disse loro che li con-
chese Michele di Cavour, che inter- durrebbe ad un altro S. Francesco
detto si chiese se portarlo in più grande, più bello, più comodo,
manicomio o in prigione. Ma capar- e che in quelle parti avrebbero potu-
bio, se ne stette là seduto per terra, to cantare, correre, saltare, e ricrearsi
in mezzo alla scanzonata « pleba- a loro bell'agio, furono ricolmi di
glia» di cui raccolse la sfida. Fu con- . gioia ed ognuno attendeva impazien-
quista spirituale e salvezza, ma fu te la domenica successiva per vedere
anche drammaturgia come pista di la novità che la giovanile fantasia gli
salvazione. Santità e allegria si fuse- andava rappresentando. Furono av-
ro in un tuttuno, al punto che egli vertiti che per motivi speciali non vi
osò la formula: santità è allegria. si portassero al mattino ma dopo
Forse nessun santo sospinse la san- mezzogiorno.
tità fino a quei limiti.
Ed ecco pertanto la terza domeni-
ca di ottobre, poco dopo il meriggio,
Un trasloco
memorabile
una turba di giovanetti di varia età
e condizione correre giù in Valdoc-
co in cerca di Don Bosco e dell'Ora-
torio novello. - Dov'è Don Bosco?
Dov'è l'Oratorio? ... Don Bosco,
Il suo Oratorio prese a recitare sce- Don Bosco!. .. - andavano chia-
neggiate immediatamente, ai primor- mando a gran voce. A queste grida
di, come si trova attestato in gli abitanti delle case vicine usciro-
memorie ineccepibili. Fin d'allora no spaventati: temevano infatti che
Don Bosco si accorse che senza bel- si fossero riversf!ti colà con qualche
le trovate e canti e svaghi il raduno mala intenzione. Siccome in qµel vi-
dei ragazzi sarebbe stato « come un cinato non si era ancora udito par-
corpo senza vita». Ideò il coro di Lo- lare né di Don Bosco né di Oratorio,
date Maria e d'altre oneste canzoni, · così la gente indispettita rispondeva:
e vi aggiunse un contorno di scenet- - Che Don Bosco? Che Oratorio?
te e dialoghi, ricavati dalle vicissitu- Via di qua, ragazzacci! - I giovani,
dini quotidiane degli stessi ragazzi. credendosi burlati, alzavano mag-
Già con Garelli aveva abbinato la giormente la voce e le pretese. Gli
recita dell'Ave Maria con l'incorag- altri, giudicandosi insultati, oppone-
giamento a fisclilettare: Sas'tu su- vano minacce e percosse. Le cose co-
bié?... Pochi mesi dopo, al trasloco minciavano a prendere una brutta
dell'Oratorio da S. Francesco all'O- piega, quando Don Bosco, udendo
spedaletto Barolo, aperse il sipario gli schiamazzi, si accorse che erano
(si fa per dire) su una rappresenta- i suoi giovani amici venuti in cerca
zione all'aperto inventata (lui com- di lui e del nuovo Oratorio. Li udiva
plice) e messa spassosamente in scena ripetere: - Eppure ha detto che ve-
dai suoi giovanotti. Si tratta della nissimo qui... Dove sarà la sua por-
e prima «recita» di cui resta una pro- ta? - E un giovane indicava con
va agli atti, si noti bene: essa risale voce stentorea la porta gridando: -
a fine ottobre 1844. Non ne posse- Don Bosco è qui, venite! - In quel-
diamo il testo, ma il contesto vissuto l'istante Don Bosco uscì di casa.
da cui venne tratto (come si soleva) Al suo primo apparire di levò da
il gioco scenico è assai vivacemente tutti un grido unanime: - Don Bo-
descritto da Don Bosco nelle sue sco, Don Bosco, dov'è l'Oratorio? ...
« Memorie dell'Oratorio» e ridescrit- - e correvano tutti in folla attorno
to dal biografo G. B. Lemoyne in a lui, smettendo ogni alterco. A que-
una pagina che vale la pena riper- sto mutamento di scena, la gente

4.2 Page 32

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32 · 1 MARZO 1991
cangiò la collera in meraviglia, e fa-
cevano tanto d'occhi, interrogando
chi fosse quel prete, chi mai quei gio-
vani, e via dicendo . Alla domanda
dove fosse l'Oratorio, il buono e abi-
le direttore rispose ... che non era an-
cora ultimato, che intanto venissero
in camera sua, la quale essendo ab-
bastanza spaziosa avrebbe servito.
Tutta quella turba si lanciò allora su
per la scala gareggiando ciascuno a
chi raggiungeva per primo la stanza
di Don Bosco. E qui, chi sedeva sul
letto, chi sul tavolino, chi per terra
e chi sul davanzale della finestra. Per
quella domenica le cose andarono
abbastanza bene. Un grande imbro-
glio cominciò la domenica appresso,
perché ai primi allievi se ne aggiun-
sero altri del vicinato e non si sape-
va più dove collocarli. Era un lepido
teatro vedere come vi facevano la ri-
creazione... » (MB. Il, 245-247). Qui
si colloca la baraonda di chi accen-
de il fuoco e chi lo spegne, di chi la-
va i piatti e chi li rompe, di chi
spolvera e chi impolvera... E Don
Bosco a dare lezione di catechismo
e di civismo, come nella più raccolta
delle atmosfere, divertito, soddisfat-
to di quell'immensa libertà.
.Brta Palazzo
e dintorni
Il mercato di Porta Palazzo, all'e-
poca, non è molto dissimile da quel-
lo odierno. Il biografo di Don Bosco
lo descrive come « piazza in cui a cen-
tinaia e centinaia sono i venditori, e
i compratori accorrono da ogni do-
ve per rifornirsi di viveri . Dal matti-
no alla sera vi regna un meraviglioso
e animatissimo via vai. Aggiungi gio-
colieri, i cantastorie, i ciarlatani e in
quei tempi gruppi di curiosi sfaccen-
dati, e le turbe di fanciulli scorraz-
zanti in ogni parte, ed eccone una
descrizione completa» (MB. Il,
311-313). Uno spettacolo. Al fasci-
no di questo «palcoscenico» non po-
té resistere il giovane Cagliero.. .
Giovanni Cagliero nel 1852 aveva
quattordici anni e da un anno si tro-
vava con Don Bosco. Non avendo
ancora scuole proprie, il santo man-
dava i suoi ragazzi in città, a lezione
da un certo prof. Giuseppe Bonza-
nirro. La casa di costui distava poche
centinaia di metri da Valdocco per
via breve, ma si poteva anche rag-
giungere per via di Porta Palazzo con
una lunga scorrazzata attraverso i
mercati. Precisamente questa·era la
via di Cagliero. Michele Rua, il ca-
posquadra quindicenne già vestito da
chierico, non riusciva a trattenerlo.
Appena fuori dall'Oratorio, il disco-
lo fuggiva di corsa a godersi in libertà
quei pochi attimi di ciarlatanerie e di
giochi, preludi alla scuola che poi
raggiungeva puntualissimo. Rua lo
rimbrottava: perché non vieni con
noi? O bella - rispondeva Cagliero
- perché mi piace così, e tu non
prendertene fastidio.
Tra Rua e Cagliero il più dombo-
schiano era Cagliero. Anche Don
Bosco aveva ceduto (ma non per di-
versivo) al medesimo richiamo. Fa-
scino di quella piazza! Vi aveva
addirittura giocato il ruolo del can-
tastorie, quando centinaia di monelli
erano là in attesa di spettacolo. « Sa-
liva - dice il biografo - su un gra-
dino o su qualche sedia tolta da una
bottega vicina, e subito più centinaia
di persone gli si stringevano attorno.
Persino i bottegai uscivano sulle por-
te dei negozi per ascoltarlo, e anche
le guardie di città, i carabinieri e i sol-
dati accorrevano ... Don Bosco nar-
rava qualche lepidezza, episodi
ameni, fatti morali di storia, esempi
di cronaca contemporanea o antica,
ricavandone massime salutari... Il
difficile veniva quando doveva allon-
tanarsi, perché tutti lo seguivano.
Perciò doveva ricorrere a stratagem-
mi : ora si chinava simulando di do-
ver raccattare ·il cappello e
sgattaiolava.via curvo tra l'uno e l'al-
tro; ora pregava un giovane d'impre-
stargli il berretto e se lo metteva in
capo per sparire rasente al muro die-
tro la barriera dei suoi monelli; ora
s'involava sotto i portici; ora entra-
va inosservato in una bottega e se ne
andava per una retroporta... La mas-
sa della folla restava ancora là, im-
mobile, per un po' di tempo e poi
vedendo che era sparito chiedeva:
dov'è? dov'è? ... Qualche buona
donna esclamava: se lo sono porta-
to via gli angeli!. .. Ed era divertente
ascoltare i commenti della gente sul-
le parole e sulla n·ovità dei modi di
quel prete. Quando poi Don Bosco
ritornava, non solo si rinnovava lo
spettacolo, ma la folla e specialmente
i giovani, finito di udire ciò che lui
diceva, se lo prendevano in mezzo e
lo accompagnavano a casa » (MB.
III, 48-49).
La grande vigilia
Don Bosco rispettò talmente le di-
mensioni giocose dei giovani, da sti-
molarne il bisogno e l'attesa. Non si
limitò a liberarli, volle coltivarne il
desiderio di libertà e di allegria. Per
lui fu così logico che il giovane Ca-
gliero desiderasse sgattaiolare tra i
giocolieri di Porta Palazzo, che
quando taluno suggerì il licenzia-
mento dell' «indisciplinato» ragazzo
non ne volle sapere e ne difese il bi-
sogno di schiettezza, fino a insegnar-
gli poi di persona i giochi musicali
che dovevano renderlo così celebre.
La medesima «complicità» mise in
atto nella preparazione delle passeg-
giate. Seppe valorizzare con sottile (e
sottesa) regia la carica elettrica dei
suoi -ragazzi in attesa dell'annuncio .
Vale la pena citare un'altra pagina
del Francesia in proposito. « Siamo
nell'anno 1862 ed un bel giorno di
agosto, un dopo pranzo, e Io ricor-
.do come se fosse oggi, Don Bosco ci
raccolse intorno a sé nel suo refetto-
rio e con soavissimo sorriso ci mani-
festò il piano di battaglia che noi
dovevamo eseguire nelle grandi ma-
novre dell'autunno. Quando ci dis-
se come e qualmente in quella
mattina stessa egli, nella sua came-
ra, guidato da una mente amorevo-

4.3 Page 33

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lissima, aveva fatto un bello e caro
viaggetto che noi avremmo dovuto
ripetere, si rideva, ci fregavamo le
mani, si gridava, si riempiva l'aria di
espressioni di meraviglia, di gioia, di
curiosità da non dirsi, e quasi da far
pentire Don Bosco di averci voluto
anticipare quella contentezza, con
quella eruzione vera di affetti. Intan-
to Dori Bosco, che ci aveva lasciati
sfogare e taceva, e rideva per quel su-
bisso di pazzerie che noi si faceva, a
dirci che la passeggiata che doveva
farsi era proprio importante, bella,
inarrivabile. E noi a cercar di indo-
vinare per quali vie si sarebbe anda-
ti, e quanto tempo avremmo dovuto
impiegare, e con quanti. Senza che
noi ce ne accorgessimo, Don Bosco
sapeva dilettarci con carità e rapir-
ci...». Non era solo suspence. Don
Bosco non aveva a che fare con ra-
gazzini, ma aveva nel gruppo qual-
che fior di giovanotto studente
medio superiore quasi « sulla soglia
dell'università» (Francesia). Alla
fantasia di tutti affidava senza pare-
re la stesura di un copione: che si
sbizzarrissero i giovani a progettare
e suggerire - liberamente a tutti -
desideri e preferenze da recepire nel
copione stesso. Il progetto nasceva
dal collettivo, sebbene quei giovani
così fortemente motivati diventasse-
ro nelle mani di Don Bosco una ma-
teria che il suo eccezionale carisma
riusciva «facilmente» e come nessun
altro a plasmare.
Una volta progettato l'evento, su-
bentrava il fervore della preparazio-
ne. Tutto l'Oratorio diventava allora
una specie di laboratorio in gioiosa
Don Bosco sin da
ragazzino frequentava le
feste
paesane per apprendere
l'arte dei giocolieri.
(Nella foto piccola) Si
partiva con armi e bagagli
con in testa
la banda (LDC-Musio).
frenesia di allestimenti. Teatranti di
testi o d'improvvisazioni, musici di
voce e di banda, si davano da fare
nella scelta dei rispettivi repertori te-
nendo presenti i programmi da ese-
guire all'entrata e all'uscita dei paesi,
oppure nelle soste e nelle feste sulle
piazze in sintonia con le popolazio-
ni locali. Giunta l'ora, si partiva con
armi e bagagli a spalla (indumenti
personali e attrezzature essenziali)
per una prima sosta sul colle dei Bec-
chi, a 30 km di marcia, dove si fe-
steggiava la Madonna del Rosario:
era l' «antifona» per ogni gita o, se
vogliamo, l'ingresso obbligatorio al
palcoscenico. Là v'era già da giorni
qualcuno, per ferie, o per studio, o
per predisposizione di cose. E di là
partiva poi la carovana...
La vestizione
di Francesia
Andiamo a cogliere il nostro Gio-
vanni Francesia nel 1853 quando,
quindicenne, gitante ai Becchi, fu
chiamato a vestire l'abito chiericale.
L'anno prima era stato vestito Mi-
chele Rua con molto maggior serie-
tà. Il «vissuto» del Francesia, data
l'indole di costui, fu meno liturgico
e un po' più giocoso. Vistosi traman-
dare l'orario della funzione, il ragaz-
zo se n'era andato a recitare la parte
dello spazzacamino in un bozzetto
1 MARZO 1991 33
che si rappresentava sull'aia del ca-
scinale, e ad ammirare i fuochi d'ar-
tificio che scoppiettavano sull'antico
prato del «pero martinello». Senon-
ché nel frattempo aveva avuto inizio
la funzione. A lui stesso cediamo la
parola.
<< In chiesa si cantava il Veni Crea-
tor, il Vicario era già accorso all'al-
tare, e mancava tuttavia l'amico ...
Finalmente ci arriva. Che faccia!
Che colore! Un momento prima ave-
va dovuto rappresentare sul teatrino
la parte dello spazzacamino, e quasi
senza avere avuto il tempo di nettar-
si compariva per indossare il nuovo
abito. Don Bosco quando lo vide con
quella faccia sorrise, sorrisero altri
più vicini, e se non fossero state le
pietose tenebre, il poveretto sarebbe
stato argomento di risa a tutti. Ebbe
poi a dire Don Bosco che uno dei
motivi che maggiormente influirono
sul prevosto (ndr: a sollecitare la fun-
zione) fu appunto l'avere saputo che
si doveva vestire chi aveva fatta la
parte dello spazzacamino. E il nostro
compagno così tramutato d'abiti fe-
ce meravigliare più d'uno quando
comparve in pubblico.
Oh! e quando fu così vestito?
Or ora.
Dove?
In chiesa.
E da chi?
Dal signor prevosto.
A sera poi, dopo cena, Don Bosco
volle che il nuovo chierico incomin-
ciasse la sua carriera e, quasi in pre-
sagio della sua missione, dicesse su
qualche cosa della Madonna. Egli
depose ogni timore, e fatto far silen-
zio in quella sala dove erano tutti
raccolti, declamò con garbo e direi
quasi a perfezione la nota poesia del
Petrarca sulla Madonna».
Ecco armonicamente fuse insieme
le due dimensioni della vita e del gio-
co, religiosità e allegria, realtà quo-
tidiana ed estro drammaturgico.
Nessun timore di contaminazione e
profanazione del sacro. Appare a
tutto tondo che l'interesse del neo-
chierico - un ragazzo quindicenne
- era sì rivolto alla chiesa e all'abi-
to da vestire, ma del pari ai fuochi
e ai falò, al palcoscenico, alla ma-
schera dello spazzacamino che non
smise nemmeno durante il «severo»
rito della vestizione.
Marco Bongioanni

4.4 Page 34

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34 · 1 MARZO 1991
I NOSTRI SANTI
La biografia
del primo ragazzo
santo a 15 anni.
Il 2 aprile '92
ricorderemo i 150 anni
della sua nascita.
Nella Vita del giovanet- bell'opera da fare.
to Savio Domenico pubblicata nel · - Dove vuoi condurmi? - gli
gennaio 1859 (ventun mesi dopo la chiesi.
morte del ragazzo), Don Bosco - .Faccia presto, soggiunse, fac-
scrive:
cia pre·sto.
«Voglio esporre fatti non comu- lo esitava tuttora, ma insistendo
ni, cose che ho vedute cogli occhi egli, ed avendo già provato altre vol-
miei. Assicuro che scrivo scrupolo- te l'importanza di tali inviti, accon-
samente la verità. Un giorno Do- discesi. Lo seguo. Esce di casa, passa
menico entrò nella mia camera . una contrada poi un'altra, ed un'al-
dicendo:
tra ancora, ma non si arresta né fa
- Presto, venga con me, c'è una parola; prende infine un'altra con-
trada, io lo accompagno di porta in
porta, finché si ferma, sale una sca-
la, monta al terzo piano e'suona una
forte scampanellata.
- È qua che deve entrare-, egli
dice, e tosto se ne parte.
Mi si apre. "Oh, presto, mi vien
detto, presto altrimenti non è più à
tempo. Mio marito ebbe la disgrazia
di farsi protestante; adesso è in pun-
to di morte e domanda per pietà di
poter morire da buon cattolico".

4.5 Page 35

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-
-
- - - - - - - - - - - - - - - - , - - - - - ~- -
lo mi recai tosto al letto di quel-
l'infermo, che mostrava viva ansie-
tà di dar assetto alle cose della sua
coscienza.
Un giorno ho voluto chiedere a
Domenico come egli avesse potuto
sapere che colà eravi un ammalato,
ed egli mi guardò con aria di dolore,
di poi si mise a piangere. Io non gli
ho più fatto ulteriore domanda».
(p. 95 ss.)
La sorella di Domenico Savio, Te-
resa, testimoniò sotto giuramento:
« Don Bosco, quando mi narrava
questo fatto, soggiungeva che non
era mai riuscito a comprendere co-
me Domenico avesse saputo guidar-
lo a notte oscura, attraverso le vie di
Torino che certamente gli dovevano
· essere ignote, e conchiudeva dicen-
do: - Si vede proprio che Domeni-
co era un giovanetto santo, e che
conosceva tante e tante cose».
Una lettera custodita
per 130 anni
Furol).o anche questi « fatti non
comuni», veramente inspiegabili in
un ragazzetto di appena 14-anni; che
spinsero Don Bosco, appena cono-
sciuta la notizia della morte, a scri-
verne subito la Vita. Per avere notizie
~bbondanti e sicure, domandò a tutti
gli amici di Domenico di scrivere i ri-
cordi chè avevano di lui. Fece la stes-
sa richiesta ai sacerdoti che l'avevano
conosciuto nella fanciullezza: don
Zucca a Murialdo, don Allora a Ca-
stelnuovo (dove Domenico si era re-
cato per alcuni mesi a scuola), don
Cugliero a Mondonio (dove Dome-
nico finì le elementari).
Il primo a rispondere fu don Gio-
vanni Zucca, cappellano di Morial-
do. La sua lettera è stata custodita
nell'Archivio Salesiano Centrale per
oltre 130 anni, piegata in quattro co-
me don Zucca la spedi, tanto che al-
cune parole smangiate dalla piega-
tura sono oggi quasi illeggibili. Ec-
cola:
« Murialdo, 5 Maggio 1857.
Caro Bosco, tu desideri qualche
cenno sul testé defunto Savio che a me
vicino abitava e frequentava la scuo-
la e la chiesa (campe)stre di S. Pie-
tro. Volentieri mi accingo a servirti.
Nei prill}i giorni che io fui a Muor
(=Moria/do) vedeva spesso un fi-
gliuolino di forse 5 anni venir in
compagnia della madre a pregare sul
limite della cappella, con un racco-
glimento veramente raro all'età (il-
leggibile). Nell'andata o ritorno
sovente incontrandomi mi salutava
rispettosamente talché da meraviglia
compreso e da rispetto, era ansioso
di sapere chi egli si fosse, e mi si dis-
se essere figlio del ferraio Savio, per
nome Minot (diminutivo piemonte-
se di Domenico).
Nel susseguente anno cominciò a
venire a scuola dimostrando assidui-
tà, docilità e diligenza.
Si confessava alquante volte fra
l' anno, ed appena era capace di di-
stinguere il pane celeste dal terreno
venne ammesso alla Comunione che
egli riceveva con una devozione in
quella.età ammirabile.
(...) Coi compagni di scuola non
mi consta che egli abbia avuto qual-
che seria contesa, e molto meno poi
che si sia lasciato trascinare dal loro
esempio a prendere divertimenti
smodati o pericolosi o indecenti. Nel
vederlo io ho più volte detto: ecco un
figlio di buone speranze. Il tuo caro
e devoto amico D. Zucca» .
1 MARZO 1991 35
L'episodio della stufa
Da Mondonio, il maestro don Cu-
gliero mandò una lunga lettera in cui
ricordava i nomi dei genitori, « Car-
lo e Brigida Agagliate, poveri ma
onesti contadini»; il giorno della na-
scita, « nacque il 2 aprile 1842»; e fa-
ceva un'affermazione notevole: «in
verità posso dire che in 20 anni dac"
ché attendo ad istruire ragazzi, mai
ne ebbi alcuno che.lo pareggiasse».
Ricorda inoltre l'episodio della stu-
fa, che lo riempì prima di amarezza,
poi di ammirazione: «Avendolo io
un giorno rimproverato aspramente
per una mancanza di cui era stato a
torto accusato, esso soffrì ogni cosa
pazientemente, non proferì parola e
come se fosse stato realmente colpe-
vole non si scolpò, portando in pace
la correzione per supposto fallo,
quale poscia venne a cognizione mia
essere stato commesso d'un altro suo
condiscepolo».
Il fatto fu poi narrato più in <liste-
Si ferma, sale una scala, monta
al terzo pianto e suona una forte
scampanellata. « È qua che
deve entrare", dice a Don Bosco
(dipinto di Caffaro Rore).

4.6 Page 36

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36 1 MARZO 1991
so da un compagno di classe di Do-
menico, Carlo Savio, che nel 1912 di-
venterà consigliere comunale di
Mondonio. Durante l'inverno
1853-54, gli scolari dovevano porta-
re a scuola oltre che i libri un pezzo
di legno per accendere la stufa. Un
giorno due maleducati non solo non
portarono il pezzo di legno, ma riem-
pirono la stufa di neve. Don Cuglie-
ro, arrivato in ritardo, andò sulle
furie, e cercò il colpevole. Quei due
accusarono Domenico, che non ne
sapeva niente. Nella furia, don Cu-
gliero sgridò Domenico e lo mise in
ginocchio nella scuola gelida. Davan-
ti a quell'ingiustizia qualcuno reagi,
e alla fine .della mattinata indicò a
don Cugliero i veri colpevoli. Il
prete-maestro rimase senza fiato.
Domandò a Domenico perché non si
era difeso, e si sentì rispondere con
semplicità: «Anche il Signore è sta-
to calunniato ingiustamente. E non
si è mica ribellato» . Carlo Savio te-
stimoniò sotto giuramento: «A que-
sto fatto io fui presente».
Don Cugliero fu così impressiona-
to che - racconta Don Bosco -
« venne a parlarmi di un suo allievo
per ingegno e per pietà degno di par-
ticolare riguardo. "Qui in sua casa,
egli diceva, può aver giovani uguali,
ma difficilmente avrà chi lo superi in
talento e virtù. Ne faccia la prova,
e troverà un san Luigi". Fummo in-
tesi che me lo avrebbe mandato a
Murialdo all'occasione che sono so-
lito di trovarmi colà coi giovani di
questa casa a celebrare la solennità
della Madonna del Rosario».
La prima traduzione
dal latino
Domenico accompagnato da suo
papà e Don Bosco, si incontrarono
nel cortile, davanti alla casetta dei
Becchi il 2 ottobre 1854. Parlarono
a lungo, poi Domenico domandò:
«Allora, che cosa pensa di me? Mi
porterà a Torino per studiare?».
Don Bosco aveva saputo da don Cu-
gliero che la mamma di Domenico
faceva la sarta, e rispose: « Mi pare
che in te ci sia della buona stoffa».
« A che può servire questa stoffa?».
Indicando chiaramente la possibili-
tà che Domenico diventasse un sacer-
dote, Don Bosco rispose: « Questa
stoffa può servire a fare un bell'abi-
to da regalare al Signore». Domeni-
co capì, e con gioia disse: « Dunque
io sono la stoffa. Lei ne sia il sarto.
Dunque mi prenda con lei e farà un
bell'abito per il Signore».
Domenico Savio arrivò a Torino
il 29 ottobre I854. Nell'ufficio di
Don Bosco fece la sua prima tradu-
zione dal latino. Alla parete c'era un
grosso cartello con cinque parole mi-
steriose: Da mihi animas, coetera tol-
te. Don Bosco lo aiutò a tradurre:
« Dammi le anime e prendi tutte le al-
tre cose». Era fa parola d'ordine, il
motto che Don Bosco aveva preso di-
ventando prete. Domenico commen-
tò: «Ho capito. Qui non si cerca
denaro . Qui si cercano anime per il
Signore. Spero che anche la mia ani-
ma sarà del Signore».
In quei mesi il Piemonte si prepa-
rava a mandare un « corpo di spedi-
zione militare» in Crimea. I soldati
si preparavano: sarebbero partiti nel
maggio successivo. I ragazzi di Don
Bosco, a cento metri dai quartieri mi-
litari, andavano a scuola. Domeni-
co si trovò con Michele Rua,
Giovanni Cagliero, Giovanni B.
Francesia, Giovanni Bonetti, Fran-
cesco Cerruti : ragazzi che Don Bo-
sco preparava senza rumore ad essere
i primi Salesiani.
Alla domenica, e anche nel pome-
riggio dei giorni feriali, i prati intor-
no alla casa di Don Bosco erano
invasi da centinaia di ragazzi: veni-
vano a imparare a leggere e scrivere,
a giocare, a stare con Don Bosco. Al-
cuni erano sporchi e maleducati,
pronti a divorare la pagnotta della
merenda e a scappare quando Don
Bosco chiam~va in chiesa per un po'
di catechismo. Giovanni Bonetti ri-
cordava: « Domenico divenne amico
di tanti. Faceva il catechismo ai più
piccoli, e tutti lo ascoltavano vo-
lentieri ».
Nella prima festa di Maria Imma-
colata trascorsa con Don Bosco, Do-
menico si consacrò alla Madonna
con una preghiera che aveva scritto
su un biglietto, e che diventerà famo-
sa in tutte le case salesiane: « Maria,
vi dono il mio cuore; fate che sia
sempre vostro. Gesù e Maria, siate
voi sempre gli amici miei; ma per pie-
tà fatemi morire piuttosto che mi ac-
cada la disgrazia di commettere un
solo peccato».
Cnque parole
per un regalo
Il 24 giugno era l'onomastico di
Don Bosco, e all'Oratorio si faceva
festa . Quell'anno, anche se si trova-
va col portafoglio vuoto, Don Bosco
si fece forza e disse sorridendo: «Co-
me festeggiato, devo pagare la festa.
Ognuno scriva su un biglietto il re-
galo che desidera. Se non mi chiede-
te il Palazzo Reale, cercherò di
accontentare tutti». Ci furono do-
mande serie e domande bizzarre.
Giovanni Roda chiese una tromba da
bersaglieri (e Don Bosco gliela pro-
curò). Domenico fece la sua doman-
da in cinque parole: « Mi aiuti a
farmi santo». Un ragazzo così biso-
gna prenderlo sul serio, pensò Don
Bosco. E lo chiamò. «Mi hai chie-
sto un bel regalo. E io ti aiuterò. Per
. . __ _..,.:1,\\'!
La fondazione della «Compagnia
dell'Immacolata» (LDC-Musio).
farsi santi, Domenico, occorre una
ricetta. Proprio come quando tua
mamma fa una torta: legge su unari-
cetta gli ingredienti da mescolare (uo-
va, farina, lievito ...), li mescola e fa
la torta. Gli ingredienti da mescola-
re per farsi santi sono tre: Allegria.
Ciò che ti rende triste, ciò che ti tur-

4.7 Page 37

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ba, caccialo via. I tuoi doveri di stu-
dio e di preghiera. Stai attento a
scuola, fai bene i compiti, studia le
lezioni, e quando ti invito a pregare,
prega volentieri. Far del bene agli al-
tri. C'è sempre qualcuno che ha bi-
sogno di aiuto, vicino a te. Dagli una
mano, anche se ti costa un po'. Se
mescoli bene questi tre ingredienti,
diventi santo sul serio».
Domenico ci pensò. I primi due
«ingredienti» gli pareva di averli
sempre avuti. Nel far del bene agli al-
tri, invece, forse poteva fare, inven-
tare qualcosa di più. Ci provò. Diede
una mano a chi al mattino non riu-
sciva a farsi il letto o a lucidarsi le
scarpe, andò a tener compagnia a chi
era ammalato, studiò le lezioni insie-
me a chi non aveva capito bene.
Stracciò anche, con coraggio, i gior-
nalacci che un ragazzo aveva porta-
to all'Oratorio, e che potevano fare
del male. Ma si accorse che da solo
poteva fare poco.
Nella primavera del 1856 ebbe
un'idea. Perché non mettersi insie-
me, tutti i giovani più volenterosi,
per « far del bene insieme»? Ne par-
lò con alcuni. Ci stavano. Fondaro-
no una specie di società. La
chiamarono «Compagnia dell'Im-
macolata». Don Bosco l'approvò.
Don Bosco stesso ricorda che l'en-
trata in azione della Compagnia mi-
gliorò decisamente la vita del suo
Oratorio. Fino a quel momento era
praticamente solo a badare a quella
folla di ragazzi. I «soci» da quel mo-
mento furono pronti a intervenire nei
« punti caldi» dove volavano insulti
e schiaffi, a difendere i più deboli,
a moderare i prepotenti. I nuovi ar-
rivati nella scuola di Don Bosco par-
lavano solo il dialetto del loro paese,
avevano nostalgia, erano bravi ra-
gazzi ma non sapevano cavarsela in
tante cose: i «soci» li prendevano
sotto la loro ala protettrice e li aiu-
tavano ad ambientarsi. La « Compa-
gnia» fu il capolavoro di Domenico.
Anastasia Molino,
vicina di casa
Ma la salute del ragazzo declina-
va rapidamente. Due suoi fratellini,
a Mondonio, erano morti in teneris-
sima età, e anche lui manifestava una
costituzione molto debole. Nel feb-
braio 1857 una tosse cominciò a tor-
mentarlo e gli diede una febbre che
lo consumava. Don Bosco decise di
Domenico, accompagnato dal papà,
viene presentato a Don Bosco
(LDC-M usio).
1 MARZO 1991 37
fargli interrompere gli studi e di far-
lo tornare in famiglia durante l'inver-
no. Domenico lo ascoltò, poi lo fissò
con i suoi occhi grandi e scosse la
testa:
- Io vado e non tornerò più.
Don Bosco, è l'ultima volta che pos-
siamo parlarci. Mi dica, cosa posso
fare ancora per il Signore?
Offrigli le tue sofferenze.
- E cos'altro ancora?
- Offrigli la tua vita-. La voce
di Don Bosco si era fatta grave: sa-
peva che quell'offerta sarebbe stata
accettata.
A Mondonio, papà e mamma lo
avvolsero nel loro affetto. Il medico
lo visitò e diagnosticò « infiammazio-
ne polmonare», il nome ,che allora
si dava alla polmonite. Domenico si
spense quasi all'improvviso il 9 mar-
zo 1857.
Come furono gli ultimi momenti
della vita di Domenico?
Ricostruire parole e gesti di un ra-
gazzo che muore è difficile. Chi l'ha
visto ricorda specialmente ciò che
l'ha iµipressionato, e raccontando fi-
nisce per tralasciare il resto. Così don
Allora, che fu insegnante di Dome-
nico, racconta che morì invocando i
nomi di Gesù, Giuseppe e Maria. Mi-
chele Rua attesta che, negli ultimi
momenti,· Domenico cercava di ri-
cordare le belle parole che poco pri-
ma gli aveva suggerito il parroco.
Don Bosco scrive che morì dicendo:
« Che !;,ella cosa io vedo». Una per-
sona, però, che insieme al papà e al-
la mamma era presente alla morte di
Domenico, è la signora Anastasia
Molino, vicina di casa. Ecco la sua
testimonianza, deposta sotto giura-
mento: « Ho veduto sovente Dome-
nico durante la sua ultima malattia.
Negli ultimi giorni, aggravandosi il
male e vedendo sua madre afflitta,
le faceva coraggio dicendole: "Mam-
ma, non piangere, io vado in Para-
diso". Diceva anche di vedere la
Madonna e i Santi. Io fui presente
agli ultimi momenti, e ricordo che
mentre un buon vecchio .gli racco-
mandava l'anima, egli lo fissava e ac-
compagnava col cuore le sue pre-
ghiere. Spirò placidamente».
Gli anni son.o volati. Il 2 aprile
1992 celebreremo il 150° anniversa-
rio della nascita di San Domenico Sa-
vio, il primo santo di 15 anni.
Teresio Bosco

4.8 Page 38

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38 · 1 MARZO 1991
l1v.~ss1onan
scnvono
UNA FAMIGLIA MISSIONARIA
Oltre le Ande, verso il Brasile, al sud del Perù, in una
zona dove la coltivazione della coca è quasi l'unica possi-
bilità sicura per· sopravvivere, i Salesiani hanno iniziato
un'opera per l'educazione e la formazione agric;ola di gio-
vani contadini poveri della zona .
In quelle lontaJie regioni si tratta di dare loro una educa-
zione cristiana ed anche di aiutarli a migliorare i metodi pri-
mitivi dell'agricoltura locale, trovare tecniche per aumentare
i prodotti, per trasformarli, conservarli e venderli. Con il
tempo, l'educazione e la pazienza, si potrà trovare la pos-
sibilità di vivere senza dover coltivare e vendere le foglie
di coca... con tutte le sue funeste conseguenze. ·
Per raggiungere quella incipiente scuola agricola, biso-
gna partire da Cusco, l'antica capitale dell'Impero Inca, a
3400 m. Si attraversa la fertile Valle Sacra degli Incas, a
2900 m, si raggiunge il Passo di Amparaes a 4700 mdi al-
titudine, percorrendo la fredda Puna, intorno ai 4000 m,
dove si vedono pascere rare pecore o le lanose « llamas »,
per scendere poi oltre le Ande.
Con il camioncino, si attraversano, senza ponti, torrenti
impetuosi, schivando frequenti slavine, fiancheggiando pre-
cipizi sopra un fiume pericoloso, fino alla Valle del Yana-
tile, zona con il clima mite e terre molto adatte per
l'agricoltura subtropicale. In questo posto è sorto Monte
Salvado, la incipiente scuola agricola diretta dai salesiani.
Ma il miglioramento dell'agricoltura subandina, la spe-
cializzazione nella coltivazione del caffè, del cacao, la tra-
sformazione e conservazione dei prodotti per una migliore
commercializzazione esigono competenza, preparazione tec-
nica, e poi un metodo pedagogico per insegnarle ai ragazzi.
Provvidenza volle che una brava giovane cooperatrice,
Lina Huaco, al prendere brillantemente la laurea in Chi-
mica industriale all'Università di Piura, sentisse la vocazione
missionaria laicale. Allora partì per Monte Salvado per aiu-
tare i salesiani nella scuola agricola. Da 4 anni lavora in
quella missione. I ragazzi le vogliono bene perché insegna
loro dal modo di fare il pane fino alla trasformazione dei
diversi frutti della zona in pregiate marmellate. Dalla rac-
colta del frutto della pianta del cacao, del caffè... fino alla
preparazione della pasta di cioccolato... alla miglior forma
di torrefazione all'italiana. E poi fa l'infermiera, la
maestra ...
Ma non bastano la scienza e' la tecnica , ci vuole anche
una buona pedagogia. Ed ecco che sua sorella, Carmen,
l'anno seguente prende la laurea proprio in Pedagogia, sente
la vocazione missionaria e parte per Monte Salvado.
In una scu0la agricola bisogna organizzare la coltivazio-
ne della terra, le piantagioni, i frutteti, curare l'allevamen-
to del bestiame... in tutto ciò non basta la buona volontà,
né la Pastorale né la Pedagogia, ci vuole la scienza e la tec-
nica agronomica. Ed allora ecco che anche il padre delle
due giovani, l'ingegnere agrario José Huaco , che ha molta
esperienza nel campo agricolo, lascia la sua fattoria in ma-
no al figlio universitario, e parte per Monte Salvado, come
Da sinistra a destra: Lina, José Huaco e Carmen.
missionario laico, per dirigere tutta l'agricoltura del nostro
centro educativo transandino.
Una grossa comunità di giovani adolescenti, raccolti nella
simpatica e povera opera missionaria di Monte Salvado, ha
pure bisogno di una madre sollecfta, che quale nuova mam-
ma Margherita metta un po' di cuore in tutto e per tutti.
Ecco che anche la mamma sta preparando la valigia per rag-
giungere Monte Salvado, per unirsi alle due figlie ed al ma-
rito per diventare così UNA BELLA FAMIGLIA
MISSIONARIA DI COOPERATORI che realizzano la mis-
sione e l'ideale del cooperatore nel modo più radicale e sim-
patico.
È un esempjo degno di esser conosciuto ed apprezzato.
Così Monte Salvadp è diventata una Missione proprio
in mano alla Famiglia Salesiana.
Valdocco non è stato qualcosa di simile nel secolo scorso?
Lo Spirito che guidò le persone verso la primitiva tettoia
Pinardi è lo stesso che 145 anni dopo suscita vocazioni sa-
cerdotali, -religiose, laicali, missionarie per la necessaria
evangelizzazione ed educazione di adolescenti in quelle lon-
tane e povere zone, oltre le Ande, nel sud del Perù.
P. Carlo Giacomuzzi, ispettore

4.9 Page 39

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- ~-
- -- - -- - -~
-
EDITORIA
NASCE IL
DEL LIBRO
LA FAMIGLI
Nel novembre scorso
Mondadori, Edizioni
Paoline e Società
Editrice Internazionale
(SEI) hanno costituito
una società che gestirà
una iniziativa destinata
alle famiglie.
Editoria laica e cattolica
si sono alleate per fondare un club
del libro aperto alle necessità cultu-
rali, religiose, formative e informa-
tive delle famiglie e in generale dei
lettori che si ispirano ai valori cri-
stiani.
La maggioranza azionaria della
nuova società è in mano agli editori
cattolici, che detengono il 550Jo del
capitale così ripartito: 17% Edizio-
ni Paoline, 17% gruppo San Paolo
editore di Famiglia cristiana, 21 %
editrice salesiana SEI, 45% Club de-
gli Editori dell~ Mondadori. Ai soci
cattolici spetta il controllo del pro-
gramma editoriale, mentre il Club
degli Editori, che nel mercato della
vendita per corrispondenza ha una
quota di mercato superiore al 50%,
•porta in dote tutta la sua organizza-
zione e esperienza.
L'iniziativa ha suscitato interesse
e reazioni positive. Abbiamo chiesto
a don Giorgio Colajacomo, diretto-
re editoriale della SEI, di spiegare ai
lettori del Bollettino Salesiano il si-
gnificato e il valore del neonato Club
della Famiglia, che vede l'importan-
te partecipazione di una editrice sa-
lesiana.
Quali motivi hanno determinato la
partecipazione della SEI al « Club
della Famiglia»?
La SEI ha concorso al costituirsi
del Club della Famiglia per fedeltà
alla sua matrice culturale e alla tra-
dizione educativa salesiana, che pun-
ta a diffondere la cultura, a
risvegliare la voglia di leggere, so-
prattutto nei giovani, a favorire la
crescita culturale della gente. Il club
intende diffondere libri che abbiano
qualcosa da insegnare per la vita,
aiutino a riflettere e a porsi proble-
mi, siano portatori di valori.
Tutto questo è in sintonia con la
linea culturale della nostra casa edi-
trice, così come si esprime attraver-
so · la sua intensa produzione
scolastica, che ne ha fatto una edi-
trice leader, e nella "varia" per
mezzo di libri attenti alla saggistica
religiosa; storica, educativa e, di re-
cente, morale.
La SEI ha sempre perseguito una
linea culturale tesa al dialogo e al
confronto, senza integrismi o chiu-
sure, con la cultura laica. Questo stile
ci ha messo nelle condizioni migliori
per essere aperti a una iniziativa che
vede la nostra collaborazione con un
grande editore laico e un altro gran-
de editore cattolico che esprime, fra
l'altro, uno dei periodici più d~ffusi,
Famiglia cristiana.
Il nostro intento è di favorire la
diffusione del libro portatore di va-
lori e offrire un esempio di collabo-
razione fra editrici con progetti
editoriali diversi.
Quali sono i criteri ispiratori del
club?
Si tratta di un club, cioè di una
vendita per corrispondenza rivolta
alle famiglie. Si propone di scegliere
libri che una famiglia può accettare
e di promuovere positiv.amente i va-

4.10 Page 40

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40 1 MARZO 1991
;---.__
La sede centrale della SEI a Torino
lori familiari. I criteri ispiratori so-
no dati da una fedeltà sostanziale ai
valori umani e cristiani.
Questa fedeltà è garantita da un
comitato di direzione editoriale com-
posto dai quattro partner, in cui la
maggioranza appartiene agli editori
cattolici, come lo è a livello di azio-
ni. Ospiteremo libri di editori catto-
lici e laici, ma sempre attenti che essi
orientino positivamente nella vita.
Come si esprimerà il contributo
della SEI?
La SEI partecipa con la sua quota
UN SALESIANO SPECIALE
Don James Oravunkachalil è un salesiano speciale: fa il prestigiato-
re. Quando va per i villaggi, insieme al necessario per dire la Messa,
si porta dietro gli attrezzi per fare i suoi giochi di prestigio, che piaccio-
no molto soprattutto ai giovani. In questi villaggi non è ancora arrivata
la luce elettrica: niente cinema e TV, quindi. E per la gente questi spet-
tacoli sono una gradita novità. Del resto i suoi giochi servono soprattut-
to a rompere il ghiaccio prima della preghiera e dell'annuncio del
Vangelo. Don James, che ha 35 anni, ha cominciato per hobby, ma og-
gi è in grado di allestire uno spettacolo completo di oltre due ore. In
una intervista per il« The Herald » gli è stato chiesto: «Non vede incom-
patibilità tra la vita religiosa e questo tipo di attività?». Rispose : «Alcu..
ni anni fa la Chiesa ha dichiarato Don Bosco patrono dei prestigiatori.
Egli da ragazzino ha usato questi giochi per attirare i giovani. Perché
non posso farlo io oggi per lo stesso scopo?». Nel 1987 era stato in
California per.frequentare un corso annuale di spiritualità e qui si era
incontrato con dei preti che si occupavano dei lavoratori del circo. Di-
ce: «Dobbiamo usare tutti i mezzi possibili per annunciare l'amore del
Signore verso tutti, specialmente per i giovani». Don James è del di-
stretto di Ernakulam in Kerala. A 12 anni entrò nella scuola di Shillong
e ben presto fu introdotto alle arti magiche da un salesiano laico. Si
perfezionò preparando giochi di prestigio per i compagni. Oggi è diret-
tore del Salesian Training Centre di Shillong e di qui continua il suo
apostolato tra i giovani della città e dei villaggi vicini.
azionaria, è quindi presente nella ge-
stione economica, con il suo direttore
editoriale, membro del comitato di
direzione editoriale, e l'apporto di un
supervisore che analizzerà le singole
schede di lettura per forni re un pri-
mo parere al suddetto comitato.
Sarà un contributo attivo e propo-
sitivo, insieme a un concorso diretto
con propri titoli, scelti fra le sue ope-
re migliori. Basti pensare che già nel
primo catalogo ci saranno Messori,
Quoist, Frossard.
Quali sono gli obiettivi che il club
si propone?
Gli obiettivi corrispondono ai cri-
teri ispiratori: promuovere la cultu-
ra e diffondere il libro. Noi vediamo
l'iniziativa inserita nel progetto cui-.
turale e educativo salesiano. Ci sem-
bra un servizio che afferma il valore
della cultura cattolica, spesso sotto-
valutata. La cultura cattolica, con
questa iniziativa, si presenta a testa
alta al dialogo culturale e editoriale
italiano.
Questa iniziativa come viene vista
dagli altri editori cattolici?
La nascita del Club della Famiglia
è stata recepita molto favorevolmen-
te. Gli editori cattolici avvertono da
tempo l' esigenza di una collaborazio-
ne tra loro e di una migliore distri-
buzione delle loro opere.
Gli editori cattolici fanno opere
splendide che non sempre vengono
valorizzate adeguatamente nella di-
stribuzione in libreria. Questo nuo-
vo canale permetterà loro di
affiancare le loro oper,e a quelle de-
gli editori laici con pari dignità e di
entrare in un circuito diverso da
quello delle librerie, allargando la lo-
ro presenza.
Insieme al rappresentante del Club
degli Editori, ho personalmente in-
contrato molti editori cattolici e ho
riscontrato grande interesse e atten-
zione per la nostra iniziativa. Noi
contiamo di rendere presenti nel pri-
mo catalogo tutti gli editori cattolici
con una loro opera significativa. Il
club è aperto al loro contributo e noi
vogliamo che esso sia rappresentati-
vo del mondo cattolico in tutta la sua
varietà. La nostra iniziativa nasce al-
i' insegna del pluralismo e del
dialogo.
Sergio Giordani

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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------------,--------sll-
1 MARZO 1991 41
Sentieri nel mondo. Le Beatitu-
dini per i ragazzi del pianeta ter-
ra, Bologna, EMI, 1990, pp. 96,
lire 22.000.
È importante che i ragazzi ab-
biano tra mano sempre qualco-
sa che riesca a coniugare
insieme due aspetti: un contenu-
to eh~ sia significativo e ricco di
valori da una parte, e una meto-
dologia ·di comunicazione che
tenga conto delle loro capacità
Tcofanc il Mmmm
Fiabe dal
Monastero Magico
l'knl (irlbc1udll'dllor\\•
Il «sale della terra » non è fatto
allora da grandi eventi , da gesta
eclatanti, da manifestazioni mas-
sicce. Sono le piccole cose che,
facendo scoprire la presenza dif-
fusa e amorevole di Dio, permet-
tono di guardarè al futuro con
speranza ed entusiasmo.
IDE PASCAL
incertezze, problemi, crisi , vuoti ,
incomprensioni ... Ed allora? Sfo-
gliamo con gusto queste pagine,
soffermiamoci sulle sue propo-
ste, impariamo a sorridere, ad es-
sere teneri , a crescere in
simpatia. Chissà che qualcosa
non cambi dentro di noi e il volto
- specchio dei sentimenti più
profondi - diventerà canale di
autentiça comunicazione e sor-
gente di coniuniç>ne e di amicizia.
recettive, delle loro disposizioni,
delle loro esigenze dall 'altra. In
questo agile volumetto, edito a
cura dell'Associazione Italiana
Amici di Raoul Follereau e arric-
chito da una notevole documen-
tazione fotografica a colori, essi
possono proprio trovare una fe-
lice sintesi di questi due elementi.
L'argomento è il messaggio
evangelico contenuto nelle otto
beatitudini. Il metodo seguito è
semplice e originale: breve infor-
mazione contenutistica sui singoli
temi, invito a scrivere esempi che
vengono in mente, chiarimenti
sul senso della beatitudine, attua-
lizzazione.
giunge al cuore, laddove c'è lo
spazio per inventare, per sorride-
re, per abbandonarsi alla vera
sapienza. Ogni favola, opportu-
namente illustrata e con protago-
nista sempre un monaco, lancia
un messaggio, invita ad andare
oltre le apparenze, a guardarsi
negli occhi, ad esprimere deside-
ri e aspettative. E il lettore atten-
to comprend13rà immediatamente
che da esse si possono benissi-
mo ricavare autentiche lezioni di
vita, proposte di impegno, itine-
rari di riflessione e di cambiamen-
to. Ad un solo patto, però: essere
disposto a saper ridere di sé e dei
propri errori e, soprattutto, a non
prendersi troppo sul serio.
JEAN-MARIE GUILLAUME
Il sapore del sale. Fatti di vita in
terra d 'Africa, Bologna, EMI,
1990, pp. 149, lire 15.000.
Studiare con metodo. Guida per
lo studente cristiano, Torino, Gri-
baudi, 1989, pp. 181, lire 12.000.
"Dimmi come studi e ti dirò chi
sei! ». È vero: saper studiare è ne-
cessario, oltre che utile, per co-
struire una personalità armonica;
ad un patto però: possedere un
metodo di studio, grazie al qua-
le saper prendere appunti, riusci-
re a memorizzare, .prepararsi
adeguatamente agli esami. È
possibile raggiungere ciò? Que-
sto volumetto, scritto con stile fre-
sco e brioso, intende raggiungere
un tale scopo e offre a studenti
medi e liceali, ma anche a quelli
universitari - e con essi a geni-
tori e ad educatori - suggeri-
menti, tecniche e consigli pratici
per rendere la vita intellettuale
più vivace e feconda.
KOCH-COLÒN
Essere cristiani oggi. Gli inter-
rogativi della fede, Roma, Città
Nuova, 1990, pp. 149, lire
11.000 .
Che cosa significa essere cri-
stiani? Il cristiano deve credere
alla risurrezione? Sono le doman-
de alle quali questo libro cerca di
rispondere, sottoponendole a
un'analisi accurata e offrendo
Autori vari
Essere
cristiani
oggi
çiÌi interro(?ativi della fede
TEOFANO IL MONACO
Fiabe dal Mo11astero Magico.
Torino, Gribaudi, 1988, pp. 95, li-
re 15.000.
Ecco un libro originale, simpa-
tico, veramente nuovo, che vie-
ne incontro alle esigenze del
pubblico che è stufo di cose che
si ripetono con monotonia. È un
libro che parte dalla fantasia e
Leggendo questo simpatico
volume di un missionario della
Società delle Missioni Africane si
resta semplicemente ma positiva-
mente meravigliati. In esso, infat-
ti, viene indicato come sia
possibile che un piccolo episodio,
un fatto apparentemente banale,
una notizia di poco valore, un ge-
sto silenzioso di bontà riescano
a fornire una forza tale da far af-
frontare con più gioia e con mag-
gior coraggio le difficoltà della
vita quotidiana.
L'arte della coccola. Come far,
come riceverne, come evitarle,
Torino, Gribaudi, 1990, pp. 103,
lire 9.000.
«Dobbiamo andare a scuola di
sorriso, di benevolenza, di gesti
teneri e di parole dolci », sc;rive
l'autore nelle prime pagine di
questo incomparabile volumetto.
Ed è proprio vero, soprattutto in
un 'epoca - come quella in cui
viviamo - che è attraversata da
precise indicazioni dal punto di
vista biblico, storico, filosofico e
teologico. Suoi destinatari privi-
legiati sono i catechisti e gli ani-
matori di gruppo, ma di grande
utilità lo troveranno, grazie anche
al linguaggio semplice, tutti quei
giovani e quegli adulti che desi-
derano precisare a se stessi in
che cosa credono e perché
credono .

5.2 Page 42

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42 · 1 MARZO 1991
sJtrn
IL CASO
ERA DISPERATO
E ro addoloratissima perché
mia sorella accusava fortis-
simi dolori a una gamba, tanto da
non potersi reggere in piedi. Do-
po essere stata curata al nervo
sciatico senza risultati, l'esame
radiologico diagnosticò fibroma
calcifico. Il caso era disperato ed
io mi rivolsi con fiducia a San Do-
menico Savio. Con meraviglia
dei medici e del familiari, quasi
improwisamente mia sorella poté
muoversi e camminare. Chiedo di
pubblicare questa grazia. Siamo
sorelle di un salesiano missio-
nario.
Olga Tiberi, Roma
TEMEVO
UN COLLASSO
S Domenico Savio è la se-
• conda volta che mi aiuta
nelle situazioni più difficili. Una
mia nipotina ebbe un attacco di
acetone ed era ormai totalmen-
te digiuna da una settimana, con
vomito e febbre. Temevo un col-
lasso dato la sua fragile costitu-
zione. Iniziai una novena, ma fini
·senza miglioramento. Con viva
fede esposi l'immagine di S. Do-
menico Savio con un cero acce-
so e durante la giornata la
bambina bevve e cominciò a mi-
gliorare .
Maria Nastri
Torre Annunziata (NA)
ILLESO IN UN
GRAVE INCIDENTE
S ono la mamma di un exal-
lievo salesiano e desidero
ringraziare Maria Ausiliatrice,
Don Bosco e San Domenico Sa•
vlo, che Invochiamo con fede
ogni giorno, perché mio figlio, in-
vestito In pieno da un'auto che
andava a gran velocità, ebbe so-
lo un dito fratturato, mentre. la
macchina è andata distrutta.
Emilia Nino, Ivrea
PER IL BENE
DELLA PICCOLA
ALESSIA
G razie all'intercessione del-
la Madonna è nata felice-
mente Alessia e sono migliorata
dai miei problemi fisici e psicolo-
gici. Aspetto di guarire del tutto,
per poter essere una buona
mamma, perché sono certa che
la Madonna non fa le ·grazie a
metà.
Mortillaro Corrada, Noto (SR)
SBLOCCATA DA UN
PROBLEMA DI SALUTE
S ono un'exallieva salesiana
di 22 anni. Vorrei ringra-
ziare Don Bosco per a11ermi aiu-
lato a risolvere un problema di
salute che mi impediva di prati-
care sport, cosa per me molto im-
portante. Ringrazio anche il
Bollettino che mi dà la possibili-
tà di rendere pubblica la mia gra-
titudine .
Lettera firmata , Cagliari
LO CHIAMIAMO
FAMILIARMENTE
DON BOSCO
D on Bosco mi ha sempre
protetto nelle situazioni dif-
ficili. Desidero ringraziarlo pubbli-
camente perché per una mia si-
tuazione di salute preoccupante
e una difficile operazione subita
da mia moglie abbiamo sentito
Don Bosco vegliare paternamen-
te su di noi.
Giuseppe Gambino
Fontanarosa (A V)
IN ATTESA
DI LAVORO
S eguo il Bollettino con sim-
patia da quando ero picco-
la e mi fa piacere ritrovarlo men-
silmente tra la mia posta,
Ora scrivo per ringraziare Maria
Ausiliatrice per varie grazie che
mi ha concesso .
Chiedo ancora il suo aiuto perché
interceda per un lavoro.
G.B., Messina
HANNO OTTENUTO
«GRAZIE»
Adamo Orazio
Aspesi Giovanna
Baiardi Grazia
Banchio Angela
Bardeglianu Maria
Barone Giovanna
Bianca Giuseppe
Barbieri Orsolina
Ballotti Maria
Benedetti Colomba
Bentlvegna Carmela
Berterelli Laura
Boccardini Giuseppina
Boffa Francesca
Bonacossa Giuseppe
Bozzone Maria
Carnia Maddalena
Cosentina Rita
Dall'Alba Ornella
Dall'Alba Silvio
D'Angelo Gaspare
De Paoli Franco
Destrada Liliana
Di Rosa Giovanna
Camerino Luigia
Conti Giuseppina
Fantolino Carmela
Troncon Clara
TurellCÌ Maria Bianca
Vacca Ines Tarditi
Vagoglia Anita
Vero Pierina
Vetrano Fiorenza
Vinai Fulvia
Viretto Petronilla
Zafarana Carmela
Zucco Tonino
Zuech Sofia
Per fa pubblicazione non
si tiene conto delle lette-
re non firmate e senza re-
capito. Su richiesta si
potrà _omettere l'indica-
zione del nome.

5.3 Page 43

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-------#-
1 MARZO 1991 43 ·
M»-ti
PER SOSTENERE
LE OPERE SALESIANE
FANTINI Slg. Ottavio, salesiano, t a Hong Kong ZORZI Suor Irma, Figlia di Maria Ausiliatrice, t
il 23/11/1990 a 98 anni.
a Campo Grande (Brasile) il 13 aprile 1990.
Era nato a Marradì (Firenze) nel 1892. Rimasto
orfano sin dai primi anni di vita, fu affidato ai non-
ni. Alla morte dì questi, alcune buone famiglie del
paese lo affidarono ai salesiani di Faenza. Otta-
vio aveva 12 anni. Imparò il mestiere dì calzolaio
e ottenne il diploma. Frequentò quindi il noviziato
a San Benigno, dove ebbe come maestro dì musi-
ca il celebre salesiano sig . Scarzanella. Ben pre-
sto imparò a suonare tutti gli strumenti della banda,
e diventò maestro di ginnastica. Per queste sue
buone qualità, Don Rinaldi lo mandò missionario
in Cina. Ottavio arrivò a Macao con la terza spedi-
zione missionaria e incontrò Don Versiglia. I primi
anni furono durissimi, a causa della povertà e del-
l'enorme lavoro sia come calzolaio e assistente,
sia poi come maestro di banda e insegnante di gin-
nastica. Fu un salesiano umile, gran lavoratore,
osservante e dotato di grande senso di responsa-
bilità. Lavorò praticamente fino ai 93 anni. La sa-
lute -lo mise lungamente alla prova.
Il suo funerale non si svolse in un clima di lutto:
per i cinesi infatti morire anziani è motivo di gioia.
Per questo motivo i suoi exallievi bandisti hanno
voluto accompagnarlo al cimitero suonando per lui
musica gioiosa.
Il Notiziaro delle FMA ricorda Suor Irma Zorzi,
una tempra di missionaria coraggiosa, dal cuore
traboccante di carità. Diventata suora a 21 anni,
due anni dopo abbandonava il Trentino per le mis-
sioni del Malo Grosso. Dopo molti anni di insegna-
mento, sempre sensibile ai ragazzi bisognosi o
disadattati, a 61 anni compiuti cominciò a opera-
re nelle carceri della città. Fra i carcerati diventò
madre e consulente, catechista e disponibile per
ogni situazione di emergenza. Un'attività che la fe-
ce sentire ancor più missionaria, anche se le fece
correre dei rischi, come quando nel 1986 venne
presa in ostaggio da un gruppo di carcerati che
intendevano coprirsi l'evasione per mezzo di lei e
del cappellano. Fu una corsa pazza per la città su
un furgoncino inseguito, trattenendo il respiro, ri-
trovandosi poi sul ciglio di una strada a ringrazia-
re il Signore e Laura Vicui'ia. Ha raggiunto il suo
Signore il 13 aprile di quest'anno, dopo aver an-
cora celebrato con i suoi ragazzi la Giornata Mon-
diale della Gioventù la domenica delle Palme.
BARDINI Erminia Merletto, cooperatrice, t a
Moncalvo (AT) il 26/6/1990.
COCCHI Sac. Allghlerl Dante, salesiano, t a Or-
tona (CH) il 30/1/1990 a 77 anni.
Nacque a Rimini e frequentò il locale oratorio sa-
lesiano, militando nell'Azione Cattolica accanto al
Venerabile Alberto Marvelli. A 26 anni, ormai di-
plomato e laureato, matura la decisione di farsi sa-
lesiano. A Ortona rimase 25 anni, svolgendo con
entusiasmo il ruolo di insegnante e di animatore
dei giovani. Fino agli ultimi anni, nonostante la pre-
carietà di salute, non aveva rinunciato alle lezioni
di teologia alla scuola diocesana di formazione per
catechisti , agli incontri mensili con i catechisti della
parrocchia, agli incontri settimanali con gli sporti-
vi delle PGS , all'assistenza spirituale degli adulti
del Movimento Scout. Credeva fermamente nella
validità di ogni tipo di associazionismo educativo
a favore dei giovani.
Donna ricca di fede, di amore, di coraggio e di
semplicità. Ha compreso che la felicità è rinchiu-
sa nella donazione agli altri. Hanno sperimentato
la sua bontà i bambini della scuola materna, gli an-
ziani, gli ammalati. In qualunque necessità era
sempre disponibile.
NOVENTA Vittorie, cooperatrice, t a Padova il
4/8/1990 a 85 anni.
Donna di grande fede, cooperatrice salesiana
assidua, caritatevole con tutti. Visse gli ultimi .me-
si di vita nel pensionato Opera Immacolata Con-
cezione , offrendo al Signore le sue sofferenze.
Al funerale c'è stata la fraterna rappresentanza dei
Cooperatori salesiani del Veneto .
SOUKUP JENICEK Sac. Varoslav, salesiano, t
a Lima (Perù) il 14/11/1989 a 87 anni.
MARTANO Sac. Angelo, salesiano, t a Torino
il 2/4/1990 a 85 anni .
Giunse all'Oratorio Michele Rua nell 'immedia-
to dopoguerra e apparve subito come un prete un
po' particolare, col viso lungo e le mani grandi, an-
dando per le vie della barriera con un motorino
scassato . Da allora nessun ragazzino deWOrato-
rio poté fare a meno di lui. Sempre disponibile, un
po' schivo, quasi burbero, aveva con ciascun ra-
gazzo, specie con i più piccoli, un rapporto perso-
nalissimo. Per il suo funerale la chiesa non è
bastata e c'è voluto il cortile, quel cortile che lui
percorreva in lungo e in largo, dal mattino prestis-
simo fino a notte inoltrata, quando lo si poteva tro-
vare addormentato su una panchina. Il Vicario
episcopale lo ha definito • un uomo che nel silen-
zio, senza particolari incarichi nella Congregazio-
ne, ha avuto sempre e solo un desiderio: vivere
minuto per minuto il motto di Don Bosco, modula-
to sulle parole di Gesù: " Lasciate che i fanciulli
vengano a me!"•.
Nacque in Cecoslovacchia. A 24 anni conobbe
a Torino il salesiano Don Chirichigno, che sareb-
be diventato vescovo di Piura, e che lo convinse
ad andare con lui in Perù. Due anni dopo divenne
salesiano. Fu sacerdote e insegnante esemplare,
ma si rese celebre per le sue competenze nella
Entomologia e nella Botanica, di cui fu senza dub-
bio una delle personalità di maggior rilievo del Pe-
. Fondò la rivista Flora y Fauna Peruanas e
si occupò del Vocabolario dei nomi volgari della
flora peruana •. Fu in relazione con il Museo di Sto-
ria Naturale della Università di San Marco e i suoi
studi furono pubblicati nel Bollettino ufficiale inin-
terrottamente dal 1937 al 1946. Nel 1954 fondò la
rivista Biota •. Nel 1965 il Ministero dell'Educa-
zione gli conferì la Palma Magisteriale. Ebbe rico-
noscimenti da vari musei e centri di studio europei
e americani. Giunto in Perù come missionario, fu
un eccellente maestro, un prezioso consigliere dei
giovani. Riusci a incarnarsi con naturalezza e ri-
spetto nella sua Patria di adozione, che onorò con
le sue competenze.
A quanti hanno chiesto
informazioni, annunciamo che
LA DIREZIONE GENERALE
OPERE DON BOSCO con sede
in ROMA, riconosciuta
giuridicamente con D.P. del
2-9-1971 n. 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE
MISSIONI con sede in TORINO,
avente personalità giuridica per
Decreto 13-1-1924 n. 22, possono
legalmente ricevere Legati ed
Eredità.
Formule valide sono:
- se sì tratta d'un legato:
<<... lascio alla Direzione Generale
Opere Don·Bosco con sede in
Roma (oppure all'Istituto
Salesiano per le missioni con
sede in Torino) a titolo dì legato
la somma di lire..., (oppure)
l'immobile sito in... per gli scopi
perseguiti dall'Ente, e
particolarmente per l'esercizio
del culto, per la formazione del
Clero e dei Religiosi, per scopi
missionari e per l'educazione
cristiana.
- se si tratta invece dì
nominare erede dì ogni sostanza
l'uno o l'altro dei due Enti su
indicati :
<<.•• annullo ogni mi~
precedente disposizione
testamentaria Nomino mio
erede universale la Direzione
Generale Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l1stituto
Salesiano pe.- le Missioni con
sede in Torino) lasciando ad esso
quanto mi appartiene a qualsiasi
titolo, per gli scopi perseguiti
dall'Ente, e particolarmente per
l'esercizio del culto, per la
formazione del Clero e dei
Religiosi, per scopi missionari e
per l'educazione cristiana.
(luogo e data)
(firma per disteso)

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TAXEPERçUE
TASSA RISCOSSA
TORINO FERROVIA
éèn SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Gianni Giorgianni
Non uccidere la farfalla
Tra dubbio e speranza,
un amore
Romanzo, pag. 156, rii. , L. 18.000
Una storia d'amore,
con l'ansià bruciante di vivere,
il tormento di dare un senso
all 'esistenza, il dramma umano
della perdita d'un figlio ,
i traumi della separazione ...
Gianni Giorgianni
NON UCCIDERE
LA FARFALLA
Tra dubbio e speranza, un amore
Premio Internazionale
per la Narrativa
città di Reggio Calabria 1990
IX Edizione