Bollettino_Salesiano_199007


Bollettino_Salesiano_199007

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2 · 7 LUGLIO 1990
~ il
Rivista fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale di informazione e cultura religiosa edito
dalla Congregazione Salesiana di San Giovanni Bosco.
INDIRIZZO
Via della Pisana 1111 - Casella post. 9092 - 00163 Ro-
ma-Aurelio - Tel. 06/65.92.915.
Conto corr. post. n. 46.20.02 intestato a Direzione Ge-
nerale Opere Don Bosco , Roma.
DIRETTORE RESPONSABILE
GIUSEPPE COSTA
Redazione: Giuliana Accornero - Pierdante Giordano -
Gaetano Nanetti - Angelo Paoluzi - Cosimo Semeraro.
Collaboratori: Nino Barraco - Sergio Centofanti - Paolo
del Vaglio - Umberto De Vanna - Monica Ferrari - Maria
Galluzzo - Maurizio Nicita - Silvano Stracca.
Impaginazione: Ufficio Grafico SEI
Archivio: Guido Cantoni (Roma)
Diffusione: Arnaldo Montecchio (Torino)
Spedizione: Stabilimento Grafico SEI - Torino
Fotocomposizione, Stampa: ILTE - Torino
Registrazione: Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA
Il primo di ogni mese (undici numeri , eccetto agosto)
per tutti.
1115 del mese per i Cooperatori Salesiani.
Collaborazione: La Direzione invita a mandare notizie e
foto riguardanti la Famiglia Salesiana e s'impegna a
pubblicarle relativamente alle esigenze redazionali. Te-
sti e materiali inviati non vengono restituiti.
Edizione di metà mese. A cura dell'Ufficio Nazionale
Cooperatori (Alfano, Rinaldini) - Via Marsala 42 - 00185
Roma - Tel. (06) 49.50.185.
IL BOLLETTINO SALESIANO NEL MONDO
Il BS esce nel mondo in 39 edizioni nazionali e 18 lingue
diverse (tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in : An-
tille (a Santo Domingo) Argentina Australla -
Austria - Belgio (in fiammingo) - Bolivia - Brasile - Ca-
nada - Centro America (in Guatemala) - Cile - Cina (a
Hong Kong) - Colombia - Ecuador - Filippine - Francia
- Germania - Giappone - India (in inglese , malayalam ,
tamil e telugù) - Irlanda e Gran Bretagna - Italia - Jugo-
slavia (in croato e in sloveno) - Korea del Sud - Litua-
nia (edito a Roma) - Malta - Messico - Olanda - Para-
guay - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna - Stati Uni-
ti - Thailandia - Uruguay - Venezuela - Zaire.
DIFFUSIONE
Il BS è dono-omaggio di Don Bosco a chi lo richiede.
Copie arretrate o di propaganda: a richiesta, nei limiti
del possibile . ·
Cambio di Indirizzo: comunicare anche l'indirizzo vec-
chio .
SOMMARIO
3 CRONACHE SALESIANE
7 CAPITOLO GENERALE 23°
I giovani di fronte alla fede:
quali atteggiamenti?
servizio redazionale
11 EVANGELIZZAZIONE E SVILUPPO
«Sulla Terra siamo troppi" dicono i ricchi
ai poveri del Terzo Mondo
servizio redazionale
Europa del futuro senza giovani? Ma già
oggi, a Roma...
di Gaetano Nanetti
19 OBIETTIVO BS
Senza strabismo con un occhio
alle macchine e l'altro all'uomo
di Angelo Paoluzi
22 REPORTAGE
Alle sorgenti di Mornese dove donne sem-
plici pensarono cose grandi
di Giuseppe Costa
27 PROTAGONISTI
Il miracolo di Coloane
di Silvano Stracca
31 EDITORIA
Tra dubbio e speranze l'amore di due
giovani
servizio redazionale
34 PROBLEMI EDUCATIVI
Estate, giovani in viaggio ma come?
E con chi?
servizio redazionale
37 PROTAGONISTI
Il Presidente che amava i salesiani
di B. S.
40 STORIA SALESIANA
Mons. Selva missionario viaggiatore e
"Padre" dei poveri
di Monica Ferrari
RUBRICHE
Solidarietà, 43
1 Luglio 1990
Anno 114
Numero 13
In copertina:
Una veduta
panoramica
di Mornese
(Foto Archivio
F.M.A.)

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-- ----------5'1-
_1 LU_GLIO 1990 3
ITALIA
Commento al
Regolamento dei
Cooperatori
Dal febbraio 1990
l'Associazione dei
Cooperatori salesiani
dispone di un ampio e
qualificato commento al
proprio regolamento di vita
apostolica.
È stato infatti preparato dal
Dicastero per la Famiglia
Salesiana un volume di ben
463 pagine che raccoglie i
contributi di riflessione di
don Aubry Giuseppe, don
Mario Cogliandro, di don
Corner Josè, di don
Marcuzzi Piergiorgio, di don
Midali Mario, di, don
Reinoso Josè.
« L'intenzione dei
commentatori, ha scritto
nella presentazione l'ex
consigliere don Sergio
Cuevas Leòn, è di offrire
questo materiale per nutrire
spiritualmente e
apostolicamente il progetto
di vita, per stimolare le
REGOLAMENTO
D1 VITA APOSTOLICA
. ComnienH> umt'l11I
iniziative di servizio e i
rapporti fraterni, e per
potenziare la stessa
organizzazione in tutto il
mondo salesiano».
Il volume, in edizione
extracomrnerciale, può
essere richiesto alla
Segreteria generale
dell'Associazione (Via della
Pisana 1111 - 00163 Roma).
URUGUAY
Rinnovato il
Santuario Nazionale
di Villa Colon
Il 24 dello scorso mese di
maggio è stato consacrato il
nuovo altare del Santuario
nazionale di Maria
Ausiliatrice a Villa Colon in
Uruguay. Per l'occasione la
Famiglia salesiana del Paese
si è riunita per una grande
manifestazione di salesianità
e di devozione a Maria
Ausiliatrice.
La celebrazione è stata
presieduta dall'arcivescovo
di Montevideo monsignor
Gottardi presenti anche
l'arcivescovo emerito della
stessa città monsignor
Carlos Parteli, il vescovo di
Canelones monsignor
Orestes Nuti, il vescovo di
Mercedes monsignor Andrè's
Rubio, il vescovo monsignor
Orlando Romero, l'ispettore
dei salesiani don Victor
Reyes, don Carlos Techera
consigliere generale
incaricato per la Regione
Atlantica, moltissimi
sacerdoti e Figlie di Maria
Ausiliatrice.
La ragione di tanta solennità
è dovuta non soltanto
all'inaugurazione dell'altare
Nelle foto: Alcune immagini delle cerimonie di villa Colon.
e dei restauri nell'intera
chiesa ma al fatto che
questò santuario è
monumento nazionale e
rappresenta la culla
dell'opera salesiana in
Uruguay. Qui nel 1876
giunsero i primi salesiani
guidati da don Luigi
Lasagna. Accanto al
Santuario è il Collegio Pio
una scuola salesiana che ha
formato migliaia _di exallievi
oggi inseriti in numerosi
posti di responsabilità civile.
Alla cerimonia era fra gli
altri presente in
rappresentanza del Governo
il sottosegretario
all'Educazione e alla Cultura
Dr. Rodriguez Labruna
exallievo della stessa scuola.
Il Santuario fu eretto nel
1898. Da qui l'opera
salesiana si è sviluppata in
·Brasile e in Paraguay.

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4 1. WGL/0 1990
ITALIA
La Facoltà Auxilium
di Roma ricorda
Madre Canta
Il 9 maggio 1990 - (Il
9 maggio 1837 ricorda la
nascita di S. Maria
Domenica Mazzarello) - La
Facoltà di Scienze
dell'Educazione Auxilium di
Roma celebrando l'annuale
giornata della Facoltà, la
quarta, ha voluto ricordare
la figura di Madre Ersilia
Canta, superiora generale
delle FMA dal I969 al 198 I ,
recentemente scomparsa che
tanto ha fatto per lo
sviluppo della Facoltà oltre
che per l'intero Istituto delle
Figlie di Maria Ausiliatrice.
Il ricordo di Madre Ersilia
Canta è avvenuto nell'Aula
Magna alla presenza della
Madre generale suor
Marinella Castagno, di altre
Madri del Consiglio
Generalizio, di docenti,
studenti, e amici della
Facoltà. Erano presenti
anche le Novizie FMA di
Castelgandolfo. Introdotte
dalla preside suor Enrica
Rosanna, hanno portato la
loro testimonianza le
professoresse suor Ernestina
Marchisa, suor Maria
Marchi e suor Maria Ester
Posada.
Suor Ernestina Marchisa,
docente di metafisica e
teologia naturale, ha
ricordato l'opera di Madre
Canta per il riconoscimento
giuridico dell' Auxilium e-
soprattutto per il suo pieno
sviluppo.
Vera « generatrice di idee » e
«maestra perché discepola»,
ha detto suor Ernestina
parlando di Madre Canta,
seppe essere al tempo stesso
madre e sorella. Indicativi in
Nella foto: in primo piano suor Maria Marchi,
suor Ernestina Marchisa, suor Maria Ester Posada
tal senso possono
considerarsi gli incontri che
la prima Vice Gran
Cancelliere della Facoltà era
solita fare nel mese di
settembre con le insegnanti e
le lettere inviate ali' Istituto
dal 1969 al 1981.
La professoressa Marchisa
ha inoltre ricordato la storia
della Facoltà (la sua nascita
a Torino nel 1954, il vincolo
consociativo nel 1970 con
l'Università Pontificia
Salesiana, a sostegno dello
specifico femminile della
stessa Facoltà, il
trasferimento a Roma).
Quale fu l'elemento
unificante che caratterizzò
- -1 MISSIONARI SCRIVONO - - - - - - - - - - - -
Don Bosco celebrato in Addis Abeba
Anche se di proporzioni ridotte, si è celebrata quest'anno, per la prima volta nella
capitale etiopica, la festa del nostro fondatore . Essa ha assunto il significato d'un seme
nuovo che speriamo fruttifichi a speranza e salvezza di tanti giovani etiopici. Gli allie-
vi, profughi di Makalle ad Addis Abeba, e un gruppetto di exa!lievi pure di Makalle,
ora residenti in Addis Abeba per lavoro o per studio, si sono dati raduno nella nuova
residenza salesiana ove hanno assistito alla Santa Messa con tanto fervore e hanno ascol-
tato parole di incoraggiamento dal nostro vescovo salesiano Mons. Sebhat-Leab Worku.
Alla Santa Messa è seguita l'agape fraterna caratterizzata dalla gioia-che questi in-
contri sprigionano sempre anche nei cuori affranti dalla povertà e incertezza di futuro.
Onorificenza al salesiano Cesare Bullo
Il Presidente della Repubblica si è compiaciuto di conferire il grado di Cavaliere nel-
1'ordine al Merito della Repubblica italiana al salesiano Cesare Bullo.
L'ambasciatore d'ltalla ad Addis Abeba, Sua Ecc.za Sergio Angeletti e Signora An-
geletti, in un gesto dì stima e amicizia personale, hanno voluto che la cerimonia avve-
nisse nella residenza dell' Am.basciatore alla presenza di autorità italiane, etiopiche e
amici il 27 .2.90. Questo gesto è un ennesimo segno di riconoscimento per l'instancabile
lavoro che Cesare Bullo e i salesiani tutti coraggiosamente svolgono in questa terra se-
gnata da carestie, guerre e povertà.
Centro per handicappati ad Addis Abeba
L'istituzione internazionale per handicappati « Cheshire Home» riportava nel suo
bollettino la notizia che i salesiani hanno accettato di collaborare per la fondazione di
un nuovo centro di riabilitazione per ragazzi handicappati fisici nella capitale etiopica,
Addis Abebà. In questa prima fase si stanno completando le costruzioni degli ambierifr
che dovranno ospitare salesiani e giovani.

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-----------~-
1 LUGLIO 1990 ·5
Madre Canta? « La capacità
di cogliere prontamente
l'essenziale; una grande
libertà interiore, la
convinzione che la verità è
spesso scomoda per sé e per
gli altri».
La professoressa Maria
Marchi, docente di
Metodologia pedagogica,
partendo dalla sua personale
esperienza di una trentennale
frequentazione della Madre,
l'ha presentata come una
vera maestra di vita in cui si
realizzò una sintesi di unità
fra preghiera e lavoro,
azione e interiorità, ethos e
logos . Madre Ersilia Canta,
da educatrice, poi seppe
unire un continuo esercizio
di fede con il buon senso.
Educatrice straordinaria -
ha ancora sottolineato suor
Marchi, madre Canta era
capace di dare autentica
fiducia e al momento giusto
sapeva consegnare alla
propria libertà chiunque.
Una particolare attenzione
Ella riservò alla formazione
delle giovani suore per le
quali considerava essenziale
la creazione di un ambiente
con spessore formativo .
Suor Ester Posada, docente
di Storia della Spiritualità
dell'Istituto ha soffermato la
sua attenzione sui dodici
anni del servizio svolto da
Madre Canta come
Superiora generale. Un
periodo di dodici anni svolto
interamente durante il
Pontificato di Paolo VI, ed
un p_eriodo quindi
caratterizzato dai fermenti
del Concilio Vaticano 2°.
In conclusione ha preso la
parola Madre Marinella
Castagno.
« In una giornata "non
commemorativa", ha detto
la Superiora Generale delle
FMA è importante saper
cogliere l'essenziale e
continuare a viverlo: Madre
Ersilia fu soprattutto una
donna tutta fede, tutta
Chiesa e tutto Istituto» .
Addis Abeba 1990
Si intensificano
i rapporti con l'Est
Diventano sempre più
frequenti i contatti fra
l'Italia e i Paesi dell'Est così
come sono sempre più
numerosi gli Italiani che si
recano nei Paesi dell'ex
cortina di ferro.
Il fenomeno vede in prima
linea molti membri e amici
della Famiglia salesiana.
Recentemente, ad esempio,
un nutrito gruppo di allievi
ed exallievi dell'Istituto
Salesiano di
Torino/Valsalice si è recato
a Praga dove ha avuto il
piacere d'essere ricevuto dal
cardinale Tomacek.
La missione di Giggiga nell'Hararghe
La regione dell'Hararghe è la più grande provincia dell'Etiopia. Si estende dal deser-
to dei Dancali fino a raggiungere a Sud i confini con la Somalia. Una provincia arida,
con quasi completa assenza di piogge. La sua capitale è la storica città di Harar. La
sua posizione geografica la mise sempre in contatto con le influenze e le invasioni arabe
dello Yemen e dell'Arabia Saudita e fino ad oggi Harar è la più grande città mussulma-
na dell'Etiopia dove il cristianesimo è sempre riuscito, tra guerre e martirio, a respinge-
re la prepotenza mussulmana e restare la religione del popolo etiopico.
A Nord di questa grande e desertica provincia si trova Giggiga. Una piccola città
di casupole di fango e latta dove i bambini scalzi e mezzi nudi vanno e vengono, si rin-
corrono, giocano, piangono con l'intensità e il brusio di un alveare.
Sette mesi fa don Gianni Premoli fu chiamato dal Vicario apostolico a cooperare
in questa missione che è stata quasi completamente distrutta nell'ultima guerra tra So-
malia e Etiopia e il sacerdote vi manca da tre anni. Riorganizzando la parrocchia, il
Vicario apostolico, Mons. Weldetensaie ha chiamato le suore di Madre Teresa per l'as-
sistenza ai più poveri e ammalati, le suore cappuccine per l'asilo e la scuola e don Gian-
ni per la loro assistenza spirituale e materiale. Con il suo infaticabile zelo e forza fisica,
don Gianni si è buttato nella ristrutturazione degli ambienti.ormai tutti decrepiti e cadenti.
La povertà e indescrivibile. Ma una qualità del povero è quella di saper comprendere
le pene del più povero e amarlo. Padre Gianni ci racconta questo episodio molto signi-
ficativo: i 450 ragazzi della scuola - mussulmani e ortodossi - erano riusciti durante
la quaresima a raccogliere una piccola somma di denaro con i loro piccoli lavori retri-
buiti e sacrifici loro propri. Alla domanda della suora come spendere quei soldi, unani-
mamente i ragazzi proposero di comperare una tunica nuova al ragazzo più povero.
E questi era l'unico ragazzo cattolico della scuola.
Attorno a Giggiga c'è un mondo di profughi, di orfani e di bimbi abbandonati e solo
pochi religiosi che si curano di loro.
Salesiani
P .O. BOX 34137 Addis Abeba - ETIOPIA
Si svolgerà a
Taormina il VI
Eurobosco degli
exallievi salesiani
Il VI Eurobosco degli
exallievi salesiani si svolgerà
a Taormina e Messina nei
giorni 1/6 novembre 1990 e
coinvolgerà circa 600
delegati provenienti da 16
Paesi Europei.
Il Congresso che verrà
ospitato nel prestigioso
Palazzo dei Congressi della
celebre località turistica
siciliana, si propone uno
studio ben attento delle
problematiche emergenti
delle nuove realtà europee e
servirà a definire meglio il
significato e il valore
dell'essere exallievo di Don
Bosco nell'Europa unita.
Fra i relatori ricordiamo il
presidente italiano della
Corte Costituzionale S. E.

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Francesco Saja, exallievo e il
dott. Enrico Vinci segretario
generale del Parlamento
Europeo .
A quest'ultimo che fu anche
collaboratore del Ministro
degli Esteri messinese
Gaetano Martino, è stato
affidato il compito di
ricordare il 35° anniversario
della nascita della CECA
avvenuta proprio a Messina
nel 1955. Il programma
dell'Eurobosco è arricchito
di numerose iniziative
culturali e ricreative. Sono
previsti fra l'altro visite ad
alcuni centri archeologici
siciliani, un concerto della
Banda dei Carabinieri che
verrà a Taormina per
l'occasione ed altre
iniziative.
Per gli appassionati di
filatelia e marcofilia le Poste
emetteranno uno speciale
annullo . Chi fosse
interessato a partecipare al
Congresso o volesse altre
informazioni può rivolgersi
al vicepresidente nazionale
degli exallievi italiani dottor
Ninì Cubeta (Via Longo Is.
390 scala B int. 12
98122 Messina -
Te!. 090/55275).
L'epica euronordica
tradotta in sussidio
estivo per ragazzi
« Cari Hobbìt, siamo in un
bel pasticcio»: partendo da
un lavoro dello scrittore
inglese sudafricano John
Ronald Tolkien, l'equipe di
pastorale giovanile
dell'ispettoria di Novara, ha
preparato un originale
· sussidio-libro che potrà
aiutare i ragazzi a riflettere.
Il sussidio si articola in otto
tappe e in un epilogo . Esso
è corredato da una serie di
informazioni e schede
sull'opera di Tolkien, sulla
psicologia del preadolescente
e su una serie di attività da
svolgere.
Esiste anche un volume di
preghiere e riflessioni più
specificamente religiose che i
redattori hanno voluto
pubblicare «separate» per·
risìettare il testo dell'Autore
al quale si sono ispirati.
Nuovi Cooperatori
tra i Salesiani di
Pietrasanta
Il Centro salesiano di
Pietrasanta in Toscana ha
accolto con gioia e simpatia
otto nuovi giovani
cooperatori che nel corso di
una « Festa Giovani»
salesiana a Livorno hanno
fatto la loro promessa di
impegno.
Gli .otto giovani di
Pietrasanta (eccoli nella
foto) si sono preparati alla
Promessa con una serie di
,incontri tenuti dal loro
direttore don Lucente e
dalla cooperatrice
professoressa Mancini.
erchiamo di capire
IL VANGELO DI TBLISI
Non mi sarà facile dimenticare lo sguardo di gioia di una
anziana donna di Tblisi, la capitale della Georgia sovietica,
quando capì che il libro deposto sotto lo scanno era per lei.
Una domenica di molti anni fa, forse quindici, un viaggio
ufficiale nell'URSS al seguito del presidente della
Repubblica Giovanni Leone. Aveva chiesto e ottenuto di
poter assistere alla Messa nell'unica chiesa cattolica ancora
in funzione e Tblisi, con un prete imbarazzato e sorpreso
di vedere tanta gente nell'angusto locale.
Mi ero portato un Vangelo illustrato che aveva anche
l'Ufficio della Messa e, nel piccolo edificio sacro alla peri-
feria della città, mi trovai accanto una vecchietta dagli occhi
vivi in un viso rugoso coperto da un fazzoletto annodato
sotto il mento . Guardava me e il libro che avevo in mano:
che cosa potesse comprendere in una lingua che non era la
sua e addirittura scritta in caratteri diversi soltanto lddio,
è il caso di dirlo, lo sapeva. Quando, alla fine della Messa,
lasciai il Vangelo un po' nascosto facendole un piccolo
cenno con la testa, credetti di comprendere, dal lampo dello
sguardo, che cosa potesse essere la potenza della Parola.
Erano gli anni in cui si partiva per l'Unione sovietica con
una piccola scorta di Bibbie, due o tre, per lasciarle sui
banchi degli aeroporti, alle guide che ti accompagnavano,
nelle camere degli alberghi. A qualcuno venivano sequestrate
all'ingresso, confiscate o restituite alla partenza, ma era
difficile che i bagagli di tutti fossero perquisiti. Così «il
Libro» riusciva a entrare, veniva tradotto, policopiato;
alcuni·appresero il latino, le lingue occidentali per poterlo
leggere. Questi segni la dicevano lunga sulla sete non spenta
di Dio anche in un Paese che si proclamava ateo.
Si tratta ormai di un ricordo . Certo, nell'URSS non si
stampano (per lo meno non ancora) Bibbie e Vangeli; ma gli
esemplari che arrivano, per posta o addirittura a pacchi in-
teri e destinati a chiese, conventi, istituzioni religiose, comu-
nità laiche, non vengono più sequestrati o, come nei tempi
peggiori, bruciati. Il risveglio della spiritualità popolare si
sostanzia in una continua richiesta del genere, alla quale.
ci si propone di rispondere da molte parti con l'invio di
traduzioni in russo con una decorosa veste editoriale.
Dall' Italia lo fanno tra gli altri i francescani, che hanno
approntato centomila copie della Bibbia, fi,dando sulla
solidarietà dei nostri cattolici i quali, se vorranno con-
tribuire, potranno farlo acquistando ogni copia al prezzo di
quindicimila lire e indicando il destinatario o lasciando fare
a chi ha avuto l'idea dell'iniziativa. Che del resto non è
isolata, poiché analoghe ne sono state assunte in altri Paesi.
Dovremmo cercare di capire, nella circostanza, quanto
forte sia la presenza del Signore, come lo Spirito vada
veramente dove vuole e riesca a superare tutte le barriere,
gli ostacoli, le frontiere, i fili spinati, le prigioni. Per alcuni
anni c'è stato un forsennato inseguimento al primato da
parte .delle opere di Marx e di Lenin, e a un certo punto
si cominciò a intravvedere il sorpasso (da mettere sempre
in dubbio, comunque, per la capacità di menzogna della
propaganda interessata). Ma Babele fu confusa. Per opera,
fra l'altro, di tante semplici donne anziane che, dall'Ucraina
alla Georgia, non hanno perso la capacità di sperare, di
rallegrarsi della Parola di Dio.
Angelo Paoluzi .

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-----------#1-
CAPITOLO GENERALE 23°
1 LUGLIO 1990 7
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L
QUALI ATTEGGIAMENTI?
Il 5 maggio 1990 cori
l'approvazione di un documento si è
concluso il 23 ° Capitolo Generale dei
salesiani.
L'Assemblea che si era aperta nel
mese di marzo ha consentito di ap-
profondire il tema dell'educazione
dei giovani alla fede oggi.
Il 23 ° Capitolo Generale ha anche
rinnovato il Consiglio Generalizio e
durante il suo svolgimento ha parte-
cipato alla cerimonia qi b~ati(icazio-
ne di don Filippo Rinaldi. E stato
anche ~morato dalla visita di Papa
Giovanni Paolo Il.
Dall'interessante documento con-
clusivo riportiamo per i nostri letto-
ri uno stralcio che fotografa alcuni
atteggiamenti giovanili nei confron-
ti del messaggio cristiano. Riportia-
mo anche l'ultima pagina dello stesso
documento che è un appello esorta-
tivo per tutti.
Come guardano i giovani alla fe-
de? Cosa si attendono da essa? Co-
sa Je chiedono?
Le loro attese e le loro speranze si
presentano diversificate.
Giovani lontani
Vi sono i «giovani lontani». È la
categoria più numerosa, ma dentro
il numero le radici della loro lonta-
nanza e le sue manifestazioni sono
diverse.
Alcuni son9 lontani perché, pur
essendo vissuti in famiglie fonda-
mentalmente sensibili al fatto religio-
so, a poco a poco, per influenza di
ambienti in progtessiva scristianizza-

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8 • 1 LUGLIO 1990
zione, si sono trovati ad aver persa
la fede senza che ne abbiano fatto un
rifiuto cosciente. È questo un allon-
tanamento silenzioso.
Ve ne sono altri che sono lontani,
semplicemente perché sono nati in
famiglie e in contesti culturali dove
il senso della vita, i suoi criteri, le ap-
partenenze sono autonomi e del tut-
to estranei ai valori religiosi.
Altri sono lontani perché, privi
delle condizioni fondamentali per vi-
vere, impoveriti ed emarginati, nep-
pure sanno che esistono valori
cristiani e religiosi; o, se lo sanno, li
sentono senza peso e significato per
la loro esperienza di vita presa dal-
1'assillo della sopravvivenza quo-
tidiana.
Alla categoria dei «lontani» ap-
partengono anche quei giovani che
escludono esplicitamente ogni riferi-
mento religioso. Educazioni sbaglia-
te possono averli fatti passare da una
religiosità intensa al suo rifiuto.
I motivi sono vari: o per testimo-
nianze negative; o perché di questa
religiosità non si è curata pedagogi-
camente la qualità, la gradualità e
l'assimilazione personale; o perché la
si è sostituita con l'adesione a siste-
mi di pensiero o a movimenti politi-
ci che non riconoscono la capacità
umanizzante dell'esperienza religio-
sa; o perché, più consumisticamen-
te, essi si sono messi sulla via
dell'accumulo del benessere e la fe-
de è diventata, per loro, irrilevante
e di ostacolo ...
Finalmente vi sono giovani che si
dicono lontani da Dio, perché lon-
tani dalle pratiche religiose e dalle
istituzioni ecclesiali o dal magistero,
non dall'impegno etico. Essi offro-
no una buona base e una sufficiente
disponibilità al dialogo.
Giovani aperti
al discorso religioso
Vi sono i « giovani aperti a una
certa partecipazione». Essi sentono
il bisogno reale, spesso confuso, di
un significato per la propria vita e di
valori per motivarne le scelte e le
azioni.
Sono un po' i « giovani del deside-
rio», sensibili agli stimoli religiosi.
Ma sostano anche facilmente in quel-
1' ambito di «religiosità» chiamata
I disegni di questo articolo sono tratti dalla mostra di Pastorale Giovanile
Salesiana realizzata da don Angel Larraiiaga per conto del Dicastero Centrale
per la Pastorale Giovanile
UNA MISSIONE RACCONTATA
Presentiamo l'ultima parte del documento Capitolare.
Essa è indicativa dello stile narrativo utilizzato dai
compilatori del documento. È la comunicazione di una
esperienza.
Abbiamo, idealmente, percorso con i nostri giovani
un viaggio verso la fede.
Lo abbiamo compiuto alla luce dello Spirito Santo
che ci ha aiutati a capire ed ascoltare
la sua voce nei giovani.
La fatica del percorso
è stata compensata dalla gioia della scoperta.
Se, dopo aver letto queste pagine,
qualcuno dicesse che, nell'insieme,
non contengono novità,
sotto certi aspetti, dice il vero.
Raccontano, infatti, della nostra missione di salesiani,
impegnati nell'educazione dei giovani alla fede:
della missione di ieri, dunque,
di oggi e di sempre,
finché ci saranno ragazzi e giovani.
Sono le cose essenziali
che vanno continuamente ripensate,
conservate nel cuore
e, soprattutto, praticate.
E se leggendo queste pagine
qualcuno si sentisse «uomo di poca fede»,
intimorito dal compito che gli si chiede,
sappia

1.9 Page 9

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----------s8-
1 LUGLIO 1990 9
« light » («leggera»), dove vivono
sprazzi di emozione e di pratica reli-
giosa in occasione dell'incontro con
persone o avvenimenti di eccezione.
Di fatto, non si preoccupano di una
conoscenza organica del mistero cri-
stiano, né di una pratica coerente con
gli insegnamenti della Chiesa.
Offrono però una qualche buona
disposizione al dialogo e all'appro-
fondimento.
che anche noi ci siamo sentiti uomini dalla fede piccola
come un granellino.
È il seme di senape,
affidato alla terra di Dio
perché cresca.
È un seme
che il logorio delle giornate di lavoro non potrà corrodere,
né il vento far volar via,
poiché la carità non potrà far difetto
finché Dio Trinità è amore.
Ci affidiamo, dunque, alla carità pastorale,
dono ed energia dell'amore del Padre,
significata a noi dal Cristo
ed effusa in noi dallo Spirito Santo.
L'amore è l'unica forza a cui nulla resiste.
Incoraggiandoci, Don ·Bosco ci dice:
«Se non si può compiere tutto l'alfabeto,
ma si può fare l'ABCD,
perché tralasciare di far questo poco?» (MB 12, 107).
Infine,
se leggendo queste pagine
alcuni di noi hanno riascoltato la voce di Don Bosco oggi,
e hanno provato la gioia e gusto .
··
·
di fronte a questa energia di Spirito Santo
che, per l'intervento. dl Maria Ausiliatrice,
si va diffondendo nella Chiesa;
se, dopo qualche esperienza di stanchezza,
intendono riprendere il cammino verso la missione,
allora
rallegriamoci tutti
perché il Signore si è fatto presente fra noi:
«Non ci ardeva forse il cuore nel petto .
mentre conversava con noi,
lungo il cammino... ?» (Le 24, 32)
Giovani
della pratica religiosa
In qualche modo somiglianti a
questi, sia pure con accentuazioni di-
verse, sono i «giovani della pratica
religiosa» non motivata, quelli che
compiono con regolarità i gesti reli-
giosi richiesti, ma senza viverne fa
qualità e la pienezza. E lo fanno più
in consonanza col costume sociale
che come espressione cosciente della
ricerca di Dio e dell'avvento del suo
Regno . Non si decidono e non si di-
spongono, di propria iniziativa, a
donarsi a Cristo e ai fratelli, anche
per l'insufficiente maturazione del-
la scelta religiosa.
Perciò la fede non esplica in loro
tutte le sue potenzialità, la vita cri-
stiana non viene accolta nei suoi
aspetti profetici di avventura origi-
nale, la carità non diventa donazio-
ne, testimonianza, servizio ecclesiale,
impegno sociopolitico.
Giovani impegnati
Quello dei «giovani impegnati» è
il cerchio più ristretto. Eppure la lo-
ro presenza è un vero segno di
speranza.
Per essi la fede è un dono: è una
scoperta, una sorpresa e sempre una
gioia. In loro la riflessione sul mi-
stero cristiano è continua, lo sforzo
di coerenza è permanente e le varie
forme d'impegno apostolico e socio-
politico e le diverse vocazioni, vissute
con generosità, danno vita a un'ap-
partenenza alla Chiesa sentita e mani-
festa.
E vi sono, fra questi, giovani che
hanno vissuto la loro vita semplice-
mente, nella bontà e nella dedizione
agli altri fino alla santità-. La nostra

1.10 Page 10

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Giovani
delle altre religioni
tradizione li ha conosciuti: Domeni-
co Savio, Laura Vicuna, Ceferino
Namuncurà, ed altri.
Don Bosco li ha fatti protagonisti
straordinari dell'evangelizzazione de-
gli altri giovani. I nostri documenti
li indicano come « meta di pienezza
dell'evangelizzazione » (cf. CG21 ,
27) .
Sono presi da Dio e posti al servi-
zio dei propri compagni e della co-
munità. La loro esistenza palesa
molti aspetti della forza operativa
dello Spirito, ed è uno stimolo per le
stesse comunità salesiane.
L'incontro con i giovani apparte
nenti alle varie denominazioni cristiane
non è più oggi per noi un fatto ecce-
zionale. La Congregazione si è inserita
in aree geografiche tradizionalmente
legate a tale confessioni. E s~mpre più
spesso ragazzi e giovani di diverse con-
fessioni frequentano le nostre opere.
Si è instaurato recentemente, uR
po' dovunque, un nuovo clima, con
il movimento ecumenico, la tolleran-
za religiosa e il diffuso desiderio di
unità che caratterizza la nostra epo-
ca, per influsso del Concilio Ecmme-
nico Vaticano II.
Questi giovani, in ragione della lo-
ro fede, riflettono e vivono una ten-
sione spirituale ed esigenze morali
per molti aspetti coincidenti con
quelle del mondo cattolico.
Vengono da noi con simpatia, o
per scelta personale, o perché le lo-
ro famiglie trovano attraente il cli-
ma dei nostri ambienti, o per ragioni
di convenienza.
C'è tra loro chi è aperto al dialo-
go sui valori religiosi, e disponibile
a operare insieme a noi per il Regno.
Per il reciproco rispetto e la valo-
rizzazione della scelta religiosa, si
possono superare la diffidenza e la
contrapposizione. Ci si stima di più,
si solidarizza nella realizzazione di
progetti comuni.
Ciò non accade, invece, con le set-
te fondamentaliste, diffuse in diver~
si contesti.
I «giovani delle altre religioni» si
presentano anch'essi con le caratte-
ristiche proprie dei «tipi» descritti,
dai «lontani» agli «impegnati».
Molti fra loro ammirano Gesù, ma
la maggioranza di essi non sceglie di
aderire al cristianesimo.
Le ragioni sono tante: la paura
che, diventando cristiani, debbano
separarsi dalla cultura e dalla tradi-
zione del proprio gruppo sociale; il
sentimento radicato che il cristiane-
simo sia depositario di una fede im-
portata e straniera; in alcuni paesi
anche la mancanza di libertà reli-
giosa.
Influisce anche il fatto che molti
cristiani non si impegnano ed offro-
no una testimonianza poco credibi-
le, lottando tra loro pur
richiamandosi al medesimo Cristo.
Tutto questo pesa, e condiziona i
primi movimenti verso la fede.
Si aggiunge l'interpretazione che
viene data alla crisi morale e religio-
sa dei paesi tradizionalmente cristia-
ni, quasi che fosse il risultato di un
colossale fallimento del cristianesi-
mo, tanto che presso questi popoli si
recano anche giovani dell'Occidente
in cerca di pace, di armonia, di illu-
minazione. Il cristianesimo sembra
aver poco o niente da offrire, che
non si trovi già nelle loro reli-
gioni.
L'autosufficienza, nata dall'inter-
pretazione - in parte vera e ip par-
te opinabile - di questi fatti , si
presenta come difficoltà al dialogo e
come impedimento ad accogliere con
cuore povero lo scandalo del
Vangelo.
Nell'insieme, però, queste religio-
ni offrono una buona base di con-
fronto con il cristianesimo. Si
tratterà di aiutare a scoprire e au-
mentare la loro capacità di aprirsi a
Dio e alla proposta di fede; di facili-
tare il discernimento del vero e del-
l'autentico dal falso e dall'illusorio;
di accompagnare i giovani nell'in-
contro di comunione con Dio, utiliz-
zando il bene che è nella loro fede e
nei loro desideri.

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

▲back to top
E invece di concreta
solidarietà offrono
controlli coercitivi
delle nascite. -
A preoccuparli è·la ·
tendenza a tina non
lontana crescita zero.
- Discutibile
rapporto ONU.
Il panorama è, a dir
poco, catastrofico. A tratteggiarlo è
il Fondo delle Nazioni Unite per la
popolazione (UNPFA). Secondo il
suo ultimo rapporto, la Terra è
ormai sovraffollata, e lo sarà anco-
ra di più nei prossimi decenni, e non
riuscirà a nutrire tutti i suoi abitanti,

2.2 Page 12

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12 1 LUGLIO 1990
i quali saranno asfissiati dall'inqui-
namento, sommersi dai rifiuti e in
preda all'ignoranza. Chi riuscirà a
scamparla vedrà massicci sposta-
menti di uomini affamati, preda
delle malattie e della miseria. -Salte-
rà l'ecosistema del pianeta, coinvol-
gendo nel disastro fiumi, foreste,
oceani ...
Auarmismo
interessato
Con la freddezza degli operatori al
computer, gli esperti dell'ONU sfor-
nano cifre su cifre, ne traggono le lo-
ro previsioni da « si salvi chi può» e
poi tranquillamente spengono le lo-
ro macchine. Senza chiedersi quali
siano le cause dei fenomeni che de-
scrivono. Unico scopo del loro allar-
mismo sembra essere quello di
riproporre politiche di pianificazione
familiare già più volte tentate e risol-
tesi in clamorosi fallimenti. E anche
senza tenere nel ben che minimo
Dopo aver tracciato l'apocalittico
quadretto da fine del mondo, il rap-
porto ONU punta il dito sull'unico
responsabile: l'incremento demogra-
fico . Ovvero, siamo troppi. E men-
tre finisce indirettamente per distri-
buire certificati di buona condotta al-
le Nazioni ricche, che notoriamente
sono proiettate verso una crescita ze-
ro o addirittura sottozero, infila nella
gabbia degli imputati i Paesi in via
di sviluppo, colpevoli di mettere al
mondo troppi figli. Africa e Asia so-
no i maggiori indiziati di reato.

2.3 Page 13

▲back to top
-----------~-
conto certe conclusioni cui sono per-
venute indagini realizzate da istitu-
zioni sorelle, come la FAO, l'orga-
nizzazione d~lle Nazioni Unite per
l'alimentazione e l'agricoltura. La
quale, per esempio, sostiene che in
America Latina la disponibilità di
terre coltivabili consente di affron-
tare un tasso di crescita demografica
pei. Spagna e Grecia hanno visto
calare paurosamente la natalità e le
famiglie numerose sono scomparse
da almeno un decennio. In Danimar-
ca, la mortalità supera dello 0,8 per
cento la natalità, in Germania si re-
gistra un meno 1,9 di differenza fra
decessi e nascite, in Belgio è di solo
0,3 a favore delle nascite. Fa eccezio-
1 LUGLIO 1990 13
all'l,52 del 1983, per arrivare all'l,29
nel 1987.
Se si proseguirà con i ritmi attua-
li, l'Istituto centrale di statistica pre-
vede per il 1993 la crescita zero per
il nostro Paese. Del resto, la denata-
lità innesca inevitabilmente un pro-
cesso a catena. Se nel 1988 sono nati
577 .856 italiani, nel 2008 avremo al
che può superare senza problemi di
ben il 60 per cento la popolazione
prevista per il Duemila. Dunque, il
pane c'è.- La questione, semmai è
un'altra: come creare le condizioni
per un saggio ed efficace sfruttamen-
to delle terre, le cui risorse, come tut-
ti sanno, non sono illimitate. Ma
allora ad essere chiamata in causa è
la buona volontà degli uomini, non
il numero di bocche da sfamare.
Il rapporto delle Nazioni Unite ha
avuto - sia pure per un solo giorno
- vastissimo eco sui mezzi d'infor-
mazione nel mondo industrializzato.
Compresa, naturalmente l'Italia. La
quale, se ha motivi di preoccupa-
zione, li deve semmai ricercare nel
calo delle nascite, di anno in anno
sempre più marcato. E non solo l'I-
talia, ma gran parte dei Paesi euro-
ne l'Irlanda, con 18,2 nati contro 9,3
decessi. Il saldo attivo più alto è pe-
rò detenuto dall'Unione Sovietica,
col 19,6.
Per quanto riguarda in particola-
re l'Italia, dopo il forte calo delle na-
scite registrato nel 1987, c'è stata una
inversione di tendenza all'inizio del
1988, tanto che si è parlato di un
« baby boom». Ma alla fine dello
stesso anno il tasso di crescita era di
1,33. L'indice di fecondità, cioè il
numero di nascite per donna, è rap-
presentato da una curva discenden-
te, che dal 2,20 del 1975 piomba
massimo 577.856 ventenni . E se,
come genitori, avranno meno figli,
dopo vent'anni ci saranno meno
genitori, e, presumibilmente, meno
figli ancora. E così via. Sempre
secondo l'Istat, fra un trentennio il
numero degli italiani potrebbe dimi-
nuire di poco più 5 milioni. Ci saran-
no meno scuole (già sono in
diminuzione le iscrizioni alle elemen-
tari e alla scuola dell'obbligo, men-
tre gli insegnanti sono in so-
vrannumero), la popolazione attiva
scenderà di 28 mila unità l'anno (nel-
la CEE calerà di 67 mila unità),

2.4 Page 14

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14 · 1 LUGLIO 1990
e i vuoti saranno colmati dall'afflus-
so di immigrati dal Terzo Mondo. Se
già oggi sono in tanti a lamentarsi
per la presenza di extracomunitari e
serpeggiano forme di razzismo, ci si
può immaginare che cosa potrà ac-
cadere in futuro ... Ma ci si dovrà an-
che chiedere a chi attribuire le
responsabilità.
Appello del Papa
· Tutto ciò avviene fra l'indifferen-
za della classe politica di fronte ai
problemi demografici. È sceso in
campo di recente anchè il Papa, che
ha richiamato la comunità politica al
dovere di «attuare quelle molteplici
e forme di sostegno alla famiglia, che
esprimono rispetto verso di essa che
le permettono di mettersi al servizio
della vita umana in ogni necessità e
dimensione». Giovanni Paolo II ha
al tempo stesso rivolto un appello al-
le giovani coppie perché dimostrino
un più generoso amore per la vita, in-
nanzitutto accogliendo, con senso di
responsabilità non disgiunto da sere-
na fiducia, i figli che il Signore vor-
rà donare.
.Verso un'Europa con sempre me-
no giovani, dunque? È una eventua-
lità che al solo enunciarla provoca
angoscia. Verrebbe infatti a ridursi
quella sorgente di vitalità che nasce
proprio dai giovani e che anche di re-
cente ha dato prove straordinarie.
Basterà pensare a ciò che è accaduto
nell'Est europeo negli ultimi mesi del
1989 e nei primi del '90. Non c'è dub-
bio che l'impulso ai cambiamenti di
portata storica destinati a incidere
sull'ultimo decennio del secolo, è ve-
nuto dai giovani.
Resta il fatto che a furia di parla-
re di « bomba demografica» si è fi-
nito per non fare più figli. E ora si
denuncia la « carestia delle nascite».
È la stessa linea che oggi si vorrebbe
imporre ai Paèsi del Terzo Mondo.
Meno figli, sollecita l'ONU. L'esor-
o(.)
..J
o
if
EuROPA DEL FUTURO
SENZA GLO__llANl-1
MA GIÀ OGGI, A ROMA•••
Ci sono quartieri dove
il rapporto è di un
giovane per sei anziani.
Intervista a
don Renato Mion
sulla denatalità
in Occidente e
sul rapporto dell'ONU.
,Con una espressione un
po' paradossale, ma non troppo, si
parla di una futura « Europa senza
giovani». Don Mion, che impressio-
ne le fa sentire questa previsione?
« Lei dice "futura Europa senza
giovani" . Ma guardi che già oggi,
qui a Roma, abbiamo interi quartie-
ri senza giovani. Il quartiere Trieste,
per esempio, dove c'è un giovane per
sei anziani, vale a dire un quattordi-
cenne per sei ultrasessantacin-
quenni ».
Don Renato Mion è uno che se ne
intende. Insegna sociologia della gio-
ventù e .della famiglia all'Università
pontificia salesiana e, nell'ambito
dello stesso Ateneo, è Direttore del-
l'Osservatorio della gioventù, un
centro che con l'attività di documen-
un tazione e di ricerca e con la f ornitis-
sima banca dati è ormai punto di .
riferimento obbligato a livello nazio-
nale per quanti - studiosi, esperti,
istituzioni pubbliche - si occupano
della condizione giovanile.
« Per tornare alla sua domanda:
che impressione mi fa? Agghiaccian-
te. È una situazione che, oltre al re-
sto, rende anche più difficile
l'educazione di quei pochi giovani ·
che ci sono, ai quali finisce per man-
care ogni stimolo creativo . Sono gio-
vani che perdono la loro giovinezza

2.5 Page 15

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~ - - - -- - -------;-------s/1-
tazione non è tanto a una paternità
responsabile, quanto un esplicito in-
vito a ricorrere a un controllo coer-
citivo delle nascite. Si ha quasi la
penosa impressione che il mondo ric-
co rimpianga i tempi in cui i poveri
morivano più di quanto accada oggi
perché non esistevano ancora le cam-
pagne di vaccinazione di massa.
Quanto ai temutissimi riflessi della
sovrappopolazione sull'ambiente,
perché non ci si chiede quanto inqui-
nano i 441 milioni di abitanti stipanti
nella piccola Eur_opa a confronto con
i 559 milioni di abitanti della stermi-
nata Africa?
Il mondo contemporaneo non ha
bisogno di propaganda in favore del-
l'egoismo, ma, al contrario, ha ne-
cessità di attivare forme concrete di
generosità, di solidarietà, di coope-
razione. A parere di molti scienzia-
ti , la Terra può tranquillamente
sfamare un numero di persone ben
più alto degli attuali cinque miliardi
di abitanti del pianeta. Basta che si
instauri un nuovo ordine nei rapporti
interna~ionali, che i ricchi, anziché
cercare di diventare sempre più ric-
chi, sappiano aiutare i popoli poveri
a sviluppare le loro economie, a da-
re istruzione a quanti oggi sono anal-
fabeti, a creare lavoro per chi è
disoccupato. Se miglioreranno le
condizioni di vita, saranno le fami-
glie stesse del Terzo mondo a porsi il
1 LUGLIO 1990 15
problema di mettere al mondo figli
~el numero che responsabilmente
'avranno valutato compatibile con le
loro possibilità di mantenerli e di
educarli. Per ottenere questo, occor-
re che si ponga fine a forme di sfrut-
tamento delle risorse dei Paesi
poveri, che si eliminino le guerre e si
taglino drasticamente le spese per le
armi, che si riducano almeno gli
sprechi. Possono s~mbrare aspirazio-
ni utopistiche, ma non per questo ci
si deve arrendere. Altrimenti non re-
sta che seguire gli aridi suggerimenti
dell'ONU, accettandoli per quello
che in realtà sono, e cioè lesivi della
dignità e della libertà delle persone.

2.6 Page 16

▲back to top
16 I LUGLIO 1990
perché costretti a vivere in un mon-
do di adulti. Come in una famiglia
il figlio unico si trova sempre ad es-
sere in relazione con gli adulti per-
ché non ha intorno a sé dei fratelli,
e solo nella scuola trova l'unico mo-
mento di socializzazione, così il gio-
vane solo in un mondo di adulti
manca di tanti parametri educativi,
quelli che gli consentono di far cre-
scere le qualità indispensabili per una
vita comunitaria. Non riesce ad
esprimere il senso della solidarietà
fraterna, perde in creatività, fanta-
sia, spirito di avventura, gusto della
vita. Tutto è programmato dall'adul-
to e i ragazzi stessi diventano ragazzi-
adulti, con tragiche conseguenze sul
piano della socializzazione».
In che senso?
« Vede, la socializzazione, il pas-
saggio dei valori hanno bisogno di
essere interiorizzati. Invece finisco-
no per essere imposti da condizioni
esterne, non assorbiti a livello di co-
munità adolescenziale. Oggi, per ra-
gioni di vario genere, magari anche
non desiderate, i genitori sono spes-
so fuori casa. Ciò non contribuisce
a creare l'unità della famiglia e il fi-
glio percepisce il genitore come uno
qualsiasi. È una forma di distacco
oggettivo, abbastanza frequente, che
porta il ragazzo a diventare autosuf-
ficient~ già all'età di otto-nove anni.
Se questo genere di autosufficienza
si manifesta in modo molto eviden-
te, mi chiedo: quale rapporto verrà
a instaurarsi con la madre e con il
padre?».
E qual è la risposta?
« La risposta è la seguente: si in-
staurerà un rapporto di tipo funzio-
nale, non più .di tipo affettivo come
quello che si registrava in passato
quando il rapporto genitori-figli era
più stretto. E ai genitori dico: voi
eravate legati a vostro padre e a vo-
stra madre, magari vi siete sacrifica-
ti per assisterli, curarli. Ma i vostri
figli, come si comporteranno con voi
quando sia venuto meno quel calore
familiare, quella vita di relazione che
sono il cemento su cui si fonda l'u-
nità della famiglia? Se non c'è rela-
zione affettiva e a sostituirla è una
relazione di tipo funzionale in vista
di determinate prestazioni, se non si
presta attenzione al senso della vita,
al recupero delle relazioni inter-
personali, di cui peraltro i ragazzi
Foio LDC
sono affamati, del senso dell'amici-
zia, si finisce per dare spazio a un
malinteso senso di autosufficienza,
cosicché nessuno ha più bisogno di
nessuno».
Previsioni sbagliate
Don Mion, se questo è ilpoco con-
i orlante panorama che lei ci ha aiu-
tato ad osservare e che si riferisce al
mondo industrializzato, cioè quello
ricco, l'altro versante, quello dei
Paesi sottosviluppati, è messo in evi-
denza per via di ciò che è considera-
to un eccesso di natalità. Che cosa
pensa del recente rapporto dell'ONU
sulla cosiddetta esplosione demogra-
fica e delle relative immancabili ri-·
cette per il controllo delle nascite?
« Sono forme di controllo che han-
no il principale difetto di essere im-
poste, addirittura spesso come
contropartita di certi interventi del-
l'ONU in favore dei Paesi in via di
sviluppo. Una specie di commercia-
lizzazione, allo scopo di ottenere un
controllo per via diretta e immedia-
ta. Il rapporto dell'ONU ha fatto
scalpore... ».
Ma è stato anche contestato.. .
« Certo, perché già nel passato so-
no state fatte previsioni che poi non
si sono attuate. Inoltre, il tipo di let-
tura della realtà - orientato al ca-
tastrofismo - ha in sé delle palesi
contraddizioni in quanto il futuro
non è determinato dai semplici pa-
rametri che vengono indicati e che si
legano in modo meccanicistico, prag-
matico al rapporto fra produzione di
alimenti e bocche da sfamare. Esisto-
no invece molte variabili esterne, che

2.7 Page 17

▲back to top
-----------~-
1 LUGLIO 1990 17
incidono sulla stessa previsione. Va-
riabili umane, ·soprattutto. Nessuno
nega che le risorse della Terra siano
limitate, ma è altrettanto vero che la
qualità della vita non può essere ri-
ferita ai parametri adottati dall'O-
NU. Le politiche demografiche
hanno finito per provocare nel mon-
do occidentale il crollo della natali-
tà e il restringimento della famiglia
e adesso ci si preoccupa. Ma c'è di
più. Quelle politiche hanno dimo-
strato di essere molto poco efficaci
ai fini di un miglioramento qualita-
tivo della vita. In altri termini, una
vita migliore non nasce puramente e
semplicemente dal fatto che c'è un
minor numero di persone. Almeno
nei Paesi occidentali, assistiamo di-
fatti a una continua esasperazione
delle attese, che finiscono per non es-
sere mai soddisfatte».
E adesso si torna alla carica pun-
tando ai Paesi in via di sviluppo.
«Esattamente. Trascurando il fat-
to che già in passato certe politiche
demografiche si sono risolte in un
fallimento. Basti pensare alla Cina, .
all'India e ad altri Paesi dell'Orien-
te. Voglio dire, insomma, che ci so-
no variabili ce,ntrate sull'uomo, che
sono molto più incisive delle pretese
pianificaziqni familiari».
Il fatto di mettere in primo piano
il Terzo Mondo per indurlo a imboc-
care la strada della denatalità, non
segnala una forma di egoismo del
mondo ricco, che teme di essere pri-
ma o poi« invaso» dall'emigrazione
terzomondiale? Non è una specie di
alibi dietro cui nascondere le man-
chevolezze e i ritardi sul piano dal-
1'aiuto allo sviluppo?
~< Quello adottato dall'ONU è un
modo di affrontare la questione de-
mografica con la mentalità del
primo mondo. Bisognerebbe sapere
come la pensa il Terzo Mondo. È già
accaduto che la spaccatura fra Nord
e Sud su queste tematiche sia venuto
in chiara evidenza. Il fatto è che
sia gli stimoli diretti a ridurre la
natalità, quali la contraccezione, la
sterilizzazione, ecc., sia quelli che
vorrebbero incentivare la natalità
laddove oggi è scarsa, si dimostrano
entrambi inutili. La fase, diciamo co-
sì, "esaltante", cioè rivolta a sti-
molare la natalità e la fase "deter-
rente'', ossia diretta a scoraggiare
la natalità, non si sono rivelate ef-
ficaci. Nel primo caso si è ormai
creata una mentalità che fa temere
di perdere i "vantaggi" già acqui-
siti.
Nel secondo .giocano altri fattori
altrettanto consolidati, che è diffici-
le rimuovere perché propri del Ter-
zo Mondo».

2.8 Page 18

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18 · 1 LUGLIO 1990
Foto Loc
La via dell'educazione
E allora qual è la via da seguire?
«Penso che la strada percorribile
sia quella dell'educazione, un'educa-
zione familiare, più ancora che una
politica familiare. Certo, l'azione
educativa è più lenta, più faticosa, i
risultati non si conseguono da un an-
no all'altro. Per il Terzo Mondo si
pensa allora alla scorciatoia della ste-
rilizzazione, dell'imposizione di per-
corsi obbligati. La · scelta
dell'educazione ha bisogno di crea-
re una cultura della vita, entro cui si
può consolidare anche il senso della
solidarietà, che ci porta a dedicare
maggiore attenzione a chi è nel biso-
gno. Nelle condizioni in cui si trova-
no attualmente a vivere i popoli
ricchi è difficile crç.are consenso per
aiutare coloro che sono più poveri.
Oggi pochi da noi sentono il bisogno
di solidarizzare con i popoli in via di
sviluppo».
E difatti non sija molto per loro.
« Tanto è vero che quando ci
preoccupiamo di accrescere da noi il
tasso di natalità sceso troppo in bas-
so, lo facciamo egoisticamente per
noi stessi, perché ci accorgiamo che
fasce di popolazione rimarranno
vuote, e ci irrita pensare che saran-
no i terzomondiali a riempirle. Ma
ad aiutarli a vivere meglio nei loro
Paesi ci pensiamo poco».
Sotto il profilo della denatalità,
quale ruolo hanno giocato la secola-
rizzazione, l'abbassamento del tono
religioso?
« Hanno .provocato la perdita del
valore del figlio, del valore della
nascita nel senso quasi sacrale che
aveva in passato. L'eccesso di razio-
nalità ha portato la -nascita a livello
di altre funzioni meno significative.
Quindi, anche il figlio viene valoriz-
zato se diventa efficace per la realiz-
zazione dei coniugi e per questo ne
basta uno, due al massimo. Non vo-
glio mitizzare il passato dicendo che
un tempo fosse generalizzata una so-
lida cultura della vita. Ma è indub-
bio che allora si nutriva di stima,
dedizione, affetto, senso di corre-
sponsabilità. Ciò contribuiva ad ali-
mentare un calore familiare che
scaturiva anche dalla dimensione re-
ligiosa. Per questo si accettavano i
disagi, il servizio, la dedizione al fi-
glfo che aveva più bisogno. Oggi, ri-
dottasi la dimensione religiosa, tutto
questo in molti casi è venuto meno».
Gaetano Nanetti

2.9 Page 19

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-
---------'------~-
OBIETTIVO BS
Verona
1 LUGLIO 1990 19
ENZA STRABISMO
CON UN .OCCHIO
ALLE MACCHINE
E L'ALTRO ALL'UOMO
La scuola grafica
di S. Zeno - Verona
vero fiore all'occhiello
della grafica italiana.
Una visita del nostro
inviato.
Nel 1991 si compirà un
secolo da quando i salesiani sono
presenti a Verona: vi arrivarono nel
1891 e nel 1893 fondarono un Istitu-
to tecnico-professionale, prima in
città, successivamente trasferitosi in
periferia per esigenze di maggiori
spazi. Il Centro Professionale Ora-
fico « San Zeno» ne è oggi una par-
te e costituisce, nella nuova sede co-
struita nel 1964, una delle più
importanti realtà di istruzione nel
settore, in una pur operosa Verona,
all'avanguardia in Italia e, senza ti-
more di smentite, in Europa.
Il prodotto culturale della scuola

2.10 Page 20

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20 7 LUGLIO 1990
è di prim'ordine, se per cultura si
intende quell'insieme di capacità
intellettuali e operative che permet-
tono a un giovane di inserirsi nei
ritmi del proprio tempo. Produttivi,
certo, ma non soltanto produttivi,
sulla scia dell'insegnamento di Don
Bosco che voleva uomini, cristiani e
maturi. I risultati di quell'impegno
educativo mi vengono illustrati nei
vari padiglioni dei quali si compone
l'intero Istituto, che non si limita alla
parte grafica ma è completato dai
settori meccanico ed elettromec-
canico.
È un pomeriggio relativamente
tranquillo, soltanto un piccolo
gruppo di alunni ha il «ritorno» e
perciò le mie guide possono dilun-
garsi nella descrizione dell'attività
scolastica. Prima Luigi Meda, ·sdb,
anni 76, che ha insegnato a lungo
fotoriproduzione e che ora mi con-
duce attraverso i laboratori silen-
ziosi, con cento dettagli sui giovani
che li frequentano, le attività che vi
si svolgono, i macchinari che ven-
gono utilizzati. Poi il prof. Pietro
Chasseur, sdb, il responsabile del
Centro Grafico.
Dalla loro testimonianza si
esprime e vive un mondo che attra-
versa la tecnica e l'istruzione per for-
mare uomini. Con l'orgoglio, tutto
salesiano, che siano uomini utili alla
società nella storia dei nostri giorni.
Quando il Prof. Chasseur illustra un
grafico che sintetizza il cammino di
una vita professionale, sono impor-
tanti, certo, i particolari che svilup-
pano quell'itinerario, ma altrettanto
e più la ferma fede nella capacità dei
giovani che si preparano a San Zeno.
Se ne ricava il ritratto di chi, attra-
verso un preciso e serio curricolo di
studi e di pratiche manuali, non
approda all'esistenza professionale
munito soltanto di nozioni, ma
anche motivato da dentro, spiri-
tualmente.
210 metalmeccanici, 105 elettro-
meccanici, 170 grafici, quanti cioè
seguono quest'anno l'ordine degli
studi, lo fanno in una realtà non sta-
tica o astratta, ma aperta ai muta-
menti, in collegamento con il mondo
e le sue evoluzioni, senza « pro-
grammi fossili», come dice Chas-
seur. Qualsiasi descrizione del croni-
sta, del resto, rischia di essere molto
al di sotto di una capacità operativa·
che spinge, ad esempio, un consi-
stente gruppo di giovani lavoratori a
seguire .i corsi serali. E si tratta di
gente (fra essi un gruppo di convit-
tori dello stesso San Zeno) che alla
mattina parte per una giornata di
attività e impiega le proprie serate in
una preparazione al futuro.
Mi ha colpito, durante la visita,
l'assenza di ogni tipo di retorica deJ
lavoro. Il lavoro in funzione del-
l'uomo, a cominciare dai locali e
dalle attrezzature: gli spazi, la luce,
la pulizia, la funzionalità dei banchi,
degli strumenti. Gli strumenti, ap-
punto: videoterminali, fotocomposi-
trici, selezionatrici di colori, rotative.
E nei reparti Gabriele Cipriani, 23
anni, fotocomposizione, Daniele
Brunessi, elioclisciografo (sono ex
allievi rimasti a insegnare), e all'off-
set Federico Rota sbd, da trent'anni
al lavoro a Verona proveniente da
Torino, e che ha visto nascere il San
Zeno settore per settore.
In fondo, a me la spiegazione tec-
nica poteva risultare arida. Ma il
modo con cui Chasseur, Meda, Rota
mi introducevano in quel mondo
salesiano di lavoro e anima, ecco, era
quello che altrove raramente ho tro-
vato. Si parlava finalmente degli stu-
denti come persone, non come indi-
vidui (la fondamentale distinzione
che purtroppo si fa sempre più rara).
Le vittorie, i successi, le affermazioni
degli ex allievi sono spiritualmente
sentite come il contributo dell'inse-
gnamento di Don Bosco alla crescita
della storia, in un mondo che oggi si
tinge di tecnica e che come tale va
affrontato e, vorremmo aggiungere,
rispettato.
La garanzia è reciproca. Le tecno-
logie più sofisticate rispondono alla
preparazione dell'homo faber. Il 14
giugno scorso il cardinale Alfons
Maria Stickler ha inaugurato !'atti-

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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'------s/1-
1 LUGLIO 1990 21
giovani insegnanti che, come ho già
scritto, provenivano dalla stessà
scuola, secondo l'abitudine salesiana
di utilizzare gli ex. In una continuità
di indirizzo che non trascura i fon-
damentali aspetti spirituali dell'edu-
cazione. Certo, oggi è difficile per-
petuare la tradizione donboschiana
della «buonanotte». Ma quel pen-
siero serale è stato sostituito da uno
mattutino a cura dell'animatore che
si trova in ogni classe. Un quarto
d'ora quotidiano di programma edu-
cativo che si intreccia con la Messa
del giovedì e un ritiro mensile fuori
dall'ambito scolastico. La persi-
stenza dei valori viene confermata
dall'attenzione, attraverso confe-
renze, incontri, dibattiti, ai grandi
problemi della società, dalla droga al
sesso, dalla partecipazione alta soli-
darietà.
Un gruppo di giovani si stava eser-
citando alla tastiera del videotermi-
nale, alcune ragazze fra loro (alla
grafica ce ne sono 25); qualche
donna anche nel corpo insegnante.
Quelli che facevano pratica erano gli
alunni del primo di tre anni di corso.
Al terzo anno, i - diciamo -
L'istituto San Zeno di Verona
e alcune immagini
delle sue attività
·«maturandi» si impratichiscono in
uno «stage» di quindici giorni presso
ditte esterne: anche in questo caso,
spesso, di ex allievi, nel simpatico
scambio delle solidarietà salesiane.
Dà San Zeno si può partire certa-
vità di una rotativa a quattro colori,
l'ultimo prodotto della Mare Roland
di Offenbach sul Meno. Lasciamo
stare il costo del «mostruoso» appa-
recchio che mette assieme, seleziona ·
e programma i colori con una fedeltà
vicinissima all'originale e a velocità
di stampa da record. Quando Rota
ha cercato di spiegarmene il funzio-
namento (sfiorava ogni tasto come
una mamma la testa del suo bam-
bino), devo confessare di essere
rimasto un po' frastornato, se non
altro rendendomi conto della neces-
sità di sapienza tecnica che sta die-
tro al risultato. Che soltanto l'uomo
può codificare e raggiungere.
La rotativa della Roland ha una
duplice funzione. Da una parte come
strumento didattico per gli alunni
degli ultimi corsi, dall'altra ad utilità
dei clienti che volessero dimostra-
zioni pratiche. Da quèsta specie di
sponsorizzazione nasce un risultato
educativo, in primo luogo; collateral-
mente, l'inserimento nella concre-
tezza dei processi tecnologici e pro-
duttivi. Tutto ciò all'interno di una
logica interamente disposta a favore
dello ·studente.
La conclusione di un ciclo di studi
che non potrebbe essere più severo
è nei risultati. Senza entrare nel det-
taglio dei programmi (che hanno.
anche uno spessore diciamo umani-
stico), le 32 ore di studio, fra teorico
e pratico, la serie di esami da supe-
rare, l'ingresso nella mentalizzazione
di un sistema integrato, le possibilità
di periodi di prova verso la fine dei
corsi, presso ditte specializzate, tutto
questo conduce a esiti che non pos-
sono non essere definiti come lusin-
ghieri. Se non altro, per il cento per
cento di occupazione per i giovani
diplomati.
Durante la visita nei vari reparti mi
sono state fornite informazioni da
mente per un mestiere soddisfacente
e decoroso, spesso per gratificanti
carriere. Il livello di apprendimento
è alto e corrisponde, oltre che alle
rapide mutazioni della tecnologia, a
quanto di meglio c'è in Europa. Non
si tratta di un meccanico itinerario di
studi che poi va a finire alla meno
peggio, in un «posto» qualsiasi, ma
di uno sforzo di comprensione della
realtà nel tempo. Si organizzano
corsi di aggiornamento e riqualifica-
zione, anche per «esterni», del per-
sonale di aziende, corsi individuali e
di integrazione in uno spirito che,
umanamente competitivo, è anche
offerta di servizio, di utilità sociale.
Il Centro di Formazione professio-
nale grafica di San Zeno guarda con
un occhio alle tecniche più recenti e
qualificanti, con un altro all'Europa
dalle strutture sofisticate. Con i suoi
ragazzi, vuole offrire anche un'a-
nima al lavoro .
Angelo Paoluzi

3.2 Page 22

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22 · 1 LUGLIO 1990
REPORTAGE
Viaggio alla riscoperta
dei luoghi che videro
l'avventura umana di
Maria Domenica
Mazzarello.
Fatti come sono di cielo
e di terra, i santi, non sono facili da
capire. Ecco perché un viaggio ai
luoghi che furono da loro abitati ci
aiuta a conoscerli meglio.
Convinto di ciò e scettico quanto
basta per assicurare un servizio gior-
nalistico sono andato a Mornese, cit-
tadina con meno di mille abitanti
dove nacque e visse santa Maria
Domenica Mazzarello e dove l'Isti-
tuto de]Je Figlie di Maria Ausiliatrice
ha mosso i primi passi. Per giungervi
mi erano state date indicazioni pre-
cise: autostrada Torino-Genova,
uscita per Ovada. A dieci chilometri
circa ecco Mornese. Per chi conosce
questa parte d'Italia è facile accor-
gersi che qui è zona di frontiera fra
il Piemonte e la Liguria. Del resto
uno sguardo al paesaggio e alla stessa
toponomastica ne dà la conferma.
Tagliolo, Silvano d'Orba, Montal-
deo, Lerma, Casaleggio Boiro, Mor-
nese: formano una specie ·di costel-
lazione dove finisce il Monferrato e
incomincia l'Appennino Ligure.
I paesi hanno tutti un aspetto
moderno anche se. castelli, torri e
campanili dei secoli passati ne
segnano il paesaggio.
È così anche Mornese.
Si estende lungo il pere.orso della
statale Ovada-Gavi-Busalla. Qui, al-
la frazione Mazzarelli, ecco im-
provvisa la casa dove nacque Maria
Domenica Mazzarello: vi.sono affian-
cati di seguito la grande Casa per eser-
cizi e ritiri spirituali delle suore: il
tempio, a Lei dedicato; e a poco più
di cinquanta metri, la piccola chiesa
eretta in onore dell'Ausiliatrice sin
dal 1843.

3.3 Page 23

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-----------#1-
1 LUGLIO 1990 23
La casa dove nacque la Mazzarello
è oggi un piccolo museo, semplice e
significativo. Oggetti appartenuti alla
Santa, qualche rara foto, me·ssaggi e
indicazioni alle pareti. Due frasi ne
tratteggiano il profilo: « Volto
austero, mani volitive, aspetto sem-
plice, sereno» ed ancora « Carattere
forte e umile, ardente nella fede,
fedele nella donazione».
La Mazzarello, prima di dieci figli,
vi nacque il 9 maggio 1837. Il padre
si chiamava Giuseppe e la madre
Maria Maddalena Calcagno. Il
primo, annota don Macconò che fu
vicepostulatore della causa di beati-
- ficazione, era « uomo di fede e di
stampo antico, d'un naturale calmo
e serio», mentre la madre «aveva
carattere piuttosto focoso, un'indole
faceta e usciva spesso in detti lepidi
e spiritosi».
Qui la santa visse fino al 1849. Nel
vicino tempio poi eretto anche con
il contributo delle ex allieve nell'anno
centenario di fondazione dell'Istituto
(1872-1972) si conserva come reliquia
una sua vertebra. È posta proprio
sotto l'altare. La chiesa dalle linee
architettoniche semplici e classicheg-
gianti, ha una luminosità intensa e
raccolta dominata da un grande
affresco centrale del pittore Caffaro
Rore raffigurante Maria Ausiliatrice
e Maria Domenica Mazzarello: le
due figure frl;l loro convergenti sem-
brano avvolte da una tensione unica
verso Dio. Alle pareti laterali sono
poste dodici lampade torciate che
richiamano quelle delle Vergini evan-
geliche mentre in fondo, sotto lo
stemma dell'Istituto dal 1972 una
lampada sempre ardente, ricorda
l'impegno di migliaia di donne:
« Rimanere con Maria per progredire
e perseverare».
Dalla casa de' Mazzarelli, Maria
Domenica si trasferì alla Valponasca.
Aveva poco più di dodici anni e vi
abiterà per quasi un decennio.
La Valponasca, una cascina presa
dai Mazzarello in affitto dai Mar-
chesi Doria, si trova a circa mezz'ora
di strada dal centro abitato. Per rag-
giungerla si prende la provinciale
Mornese-Mont~deo. Si trova su un
colle panoramico dal quale è possibile
v~ere la chiesa parrocchiale. Attorno,
aricor oggi vi prosperano vigneti,
frutteti con prevalenza di ciliegi e
boschi di acacie, pini e noccioli.

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24 · 1 LUGLIO 1990
La cascina da qualche anno acqui- vegliò sull'eroismo quotidiano nella
stata dalle Figlie di Maria Ausilia- Casa dell'Immacolata trasfiguran- .
trice ha subito un intelligente dolo in gioia effusiva e conquista-
restauro. Il silenzio dei campi e l'in- trice; dal 1872 seminò di speranze e
tensità del verde circostante ne fanno di certezze radiose il primo fiorire
un luogo dallo spessore contempla- dell'Istituto a Mornese; dal 1879 si
tivo. Qui la Mazzarello visse l'intera ·venera nella casa madre di Nizza
adolescenza e parte della giovinezza. Monferrato».
Per andare a Messa ogni mattina e Il piazzale della Valponasca con-
prestissimo doveva attraversare sen- serva ancora uno dei due pozzi, l'al-
tieri e pendii. Soltanto dopo esserci tro è giù nel vallone. Qui la Mazza-
stati si comprende quanto scrive il rello, volitiva e semplice ragazza dei
Maccono a proposito di una accor- campi, attingeva l'acqua per le muc-
ciatoia che abbreviava il percorso che. Dal 1858 i Mazzarello lascia-
mattutino di Maria Domenica: « Il rono la Valponasca per trasferirsi al
sentiero discende ripido il monti- n. 19 di Via Valgelata: in questa casa
cello, su cui sorge la cascina, attra- nel 1860 visse il periodo della malat-
versa un piccolo piano erboso, pieno tia del tifo e nelle vicinanze, durante
di arboscelli, sale e gira sul fianco di la convalescenza confidò all'amica
altri piccoli poggi coltivati a vigneti, Petronilla il suo ardente desiderio di
e, ora discendendo ed ora salendo, dedicarsi al servizio educativo delle
porta sulla strada comunale, non giovani·. Sulla stessa strada è la casa
molto distante dal paese. Se il tempo che appartenne al sarto Valentino
è bello e non è piovuto, cotesto sen- Campi che Maria Domenica fre-
tiero si percorre senza gravi difficoltà quentò per imparare il mestiere di
e serve per un po' di ginnastica; ma sarta.
di notte si corre anche pericolo di Sulla via che porta alla Chiesa par-
fare qualche spiacevole capitombolo. rocchiale troviamo l'antica casa di
Se poi è piovuto o nevicato, il discen- Teresa Pampuro dove nel 1862 fu
dere o arrampicarsi per esso è una
bella impresa: il-tufo si attacca tena-
cemente alle scarpe, il piede scivola
qua e là, si barcolla, e non sempre
l'equilibrio viene ristabilito a
tempo». La cameretta dove dormiva
Maria Domenica è posta in alto, si
direbbe una soffitta ma dalla sua
finestra poteva contemplare il cielo,
avviato un piccolo laboratorio di sar-
toria, la casa del fratello di Angela
Maccagno e la Casa Bodrato sede del
Iprimo orfanotrofio.
Nelle foto gentilmente forniteci
dall'Archivio Fotografico delle
F.M.A. alcune immagini
di Mornese.
In particolare, sotto, la
l'Appennino, la Chiesa parrocchiale
con quel suo Gesù tanto agognato e
Valponasca e a destra la casa
nativa
amato. Qui anche il visitatore è por-
tato a pregare. Molto opportuna-
mente su una parete sono state poste
le parole del Salmista: « O Dio, tu sei
il mio Dio, all'aurora ti cerco, di te
ha sete l'anima mia, a te anela la mia
carne come terra deserta, arida sen-
z' acqua... ».
Alla Valponasca si trova anche
una cappellina: è arredata con
sobrietà.
All'altare fa da sfondo il verde dei
campi e su una pai·ete c'è una copia
del quadro dell'Immacolata fatto
dipingere da don Pestarino per le
Figlie della Pia Unione di Mornese.
«Fu richiamo perenne - annota una
guida - ad un ideale luminoso del
1854, negli anni sereni della Valpo-
nasca, affascinò la limpida adole-
scenza della Mazzarello; dal 1865

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1 LUGLIO 1990 25
Sulla piazzetta della parrocchia c'è
ancora la Casa dell'Immacolata dove
dal 1867 Maria Domenica, Petronilla
Mazzarello, ·Giovanna Ferrettino e
Teresa Pampuro iniziarono a far vita
comune rimanendovi fino al 1872.
Nei pressi della Rocca feudale pos-
seduta dalla famiglia Daria, c'è il
Collegio.
Costruito sul terreno del generoso
don Pestarino dal 1872 divenne sede
del nascente Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice. Madre Mazza-
rello vi rimase fino al 1879. La
costruzione ha le caratteristiche del-
l'architettura educativa ottocentesca.
In essa tutt'oggi vi si svolgono corsi
di formazione professionale per le
ragazze momesine e svariate altre ini-
ziative. Appena entrati l'attenzione
è attratta dal pozzo che è nel cortile
da dove quel primo manipolo di
donne coraggiose prendeva l'acqua
e dalla cappella in fondo all'antico
portico. Costruita in sostituzione
della chiesa primitiva crollata
durante i lavori di restauro, essa
ricorda fra l'altro la messa celebrata
da Don Bosco il 13 dicembre 1867.
Qui il 5 agosto del 1872 Maria Do-
menica Mazzarello e le sue compagne
si consacrarono a Dio nell'Istituto
appena nato. Con il vescovo di Acqui
monsignor Sciandra era presente
anche Don Bosco.
Al primo piano del Collegio poi è
situata la cameretta dove per sette
anni abitò Madre Mazzarello.
Ancora a Mornese è d'obbligo una
visita al torrente Roverno dove le
suore erano solite recarsi per il
bucato del Collegio.
L'acqua del Roverno dà all'in-
sieme del paesaggio un tocco di fre-
schezza raro ormai a trovarsi.
Andando verso Lerma c'è il san-
tuario di N.S. della Rocchetta: su
questa strada Madre Mazzarello
riempì di doni una povera bambina.
Più su all'orizzonte si intravede
anche il santuario mariano di Gavi.
A Mornese ho visto che le organiz-
zazioni ambientali hanno realizzato
un percorso ecologico o, almeno,
così indica la segnaletica stradale.
Non l'ho percorso. Esiste certamente
- un piccolo..-. - itinerario -l'am-
biente e i luoghi _parlano in tal senso
- che porta a scoprire una parte del ·
mistero di Santa Maria Domenica
Mazzarello; la straordinaria rie-

3.6 Page 26

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26 · 1 LUGLIO 1990
I Il collegio
e il famoso
pozzo
chezza della sua semplice vita nei
campi e tra la gente, la sua grande
e feconda capacità d'amare che le
fece riassumere tutto in Dio, la sua
identificazione con Maria di Naza-
reth nella triplice dimensione di
Addolorata, Immacolata e Ausi-
liatrice.
Quando il 4 febbraio del 1879 la
Santa si stabilirà a Nizza Monferrato
per morirvi il 14 maggio del 1881 non
farà che trasferire la sua autenticità
mornesina. Un episodio ne è elo-
quente testimonianza: « A quel
tempo, a Nizza, dichiarò una suora
al processo informativo per la beati-
ficazione, non avevamo ancora la
lavanderia, ma solo una vasca in
mezzo al cortile, e ·anche nel crudo
inverno si lavava colà. Nel giorno del
bucato la Madre era la prima a pren-
dersi il posto. Quante volte l'ho sen-
tita allegra e felice dire: « Su sorelle,
oggi è per noi giorno di vendemmia;
coraggio! Il Paradiso è bello; gio-
chiamo a chi può farsi maggiori
meriti».
Per anni i biografi hanno sottoli-
neato la fatica di Maria Domenica ad
apprendere il « saper leggere e scri-
vere»; «a far di conti», annotano
era brava. Che sciocchezze. La vita
di questa donna sa di Mistero e di
Sapienza e veramente «l'altra inetà»
del carisma salesiano si rivela una
fonte inesauribile a cui attingere.
Giuseppe Costa

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--~--------s/J-
PROTAGONISTI
1 l,UGL/0 1990 , 27
IL MIRACOLO DI COLOANE
L'attività di don
Gaetano Nicosia e
dei Salesiani a Macao.
Si guarda al futuro
con speranza.
Il sole è tramontato sul
vasto impero coloniale portoghese,
ma Macao, piccola enclave di sei chi-
lometri quadrati alla foce del Fiume
delle Perle, nella Cina meridionale,
sembra rimasta quella di una volta:
ogni mattina, sulla cittadella che
domina il porto, vengono issati i
colori verde e rosso del Portogallo.
Sarà così sino al 20 dicembre del
1999, quando sul vecchio forte verrà
ammainata per l'ultima volta quella
bandiera e questo fazzoletto di terra
tornerà alla madrepatria. L'accordo
tra Pe.chino e il governo portoghese
è stato sottoscritto soltanto nel
marzo di tre anni orsono. Ma già nel
1975, Macau, come suona il suo
nome in lingua lusitana, era stato
dichiarato da Lisbona « territorio

3.8 Page 28

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28 7 LUGLIO 1990
cinese sotto amministrazione porto-
ghese». La «rivoluzione dei garo-
fani» dell'anno prima aveva infatti
accelerato la dissoluzione del-
l'impero.
Per la verità, i militari che avevano
preso' il potere a Lisbona, e che
s'erano ritirati dalle colonie africane,
si limitarono ad accordare all'antica
colonia asiatica uno statuto partico-
lare: l'autonomia. E Pechino, che
pure nel 1966 aveva mandato le
« guardie rosse» ad agitare minaccio-
samente il libretto di Mao sul con-
finé, approvò la soluzione. In realtà,
Macao, lontana da Lisbona e dal
vento della storia, era rimasta allora
portoghese solamente perché la
Cina, dovendo ancora risolvere con
l'Inghilterra la questione più spinosa
di Hong Kong, non aveva fretta di
riavere questo pezzo di terra. Del
resto, perché aver fretta?
Ancor più che a Hong Kong che
tornerà a Pechino due anni e mezzo
prima di.Macao, qui la Cina è onni-
presente. Il suo territorio si stende
appena oltre le acque del Fiume delle
Perle. Lo si può vedere distintamente
attraverso la facciata fatiscente della
chiesa di San Paolo, distrutta da un
incendio provocato da un tifone.
IAlcuni fedeli
davanti alla chiesa
del villaggio di
Nostra Signora
a Coloane
Una lunga strada alberata porta nel . grande missionario, il gesuita Mat-
continente. L'acqua viene di e il teo Ricci, che indicava le vie del dia-
mattino, alla frontiera (una vera logo e del rispetto delle culture alle
porta di pietra divide l'enclave dalla centinaia e centinaia di evengelizza-
Cina popolare, la Porta do Cerco), tori che sogneranno di battezzare le
ci sono file di camion con la targa moltitudini dell'Asia.
nera che portano le derrate alimen- Non c'è quindi da stupirsi se i por-
tari senza le quali Macao non toghesi considerano tuttora Macao
potrebbe vivere.
parte viva della loro storia. E
Una manciata di giorni prima del Lisbona, prima di ritirarsi, vuol assi-
Duemila, dunque, la parola «fine» curare all'antico e glorioso avampo-
scenderà su una pagina di storia sto un avvenire, a dispetto della sua
incominciata nel 1513, allorché Jorge fragile economia. Si punta così a
Alvarez, il primo navigatore euro- farne la principale via d'accesso alla
peo, gettò l'ancora di fronte alla Cina continentale per gli investimenti
costa cinese. A quel tempo, l'isola di stranieri in concorrenza con la vicina
Hong Kong era solo un roccione Hong Kong. E si lavora giorno e
deserto in mezzo al Pacifico . Per tre notte per strappare altra terra al
secoli Macao fu l'unico porto della mare per costruire un grosso centro
regione aperto agli stranieri. E l'at- industriale, un grande aeroporto e,
tività commerciale andò a gonfie vele soprattutto, un porto modernissimo
fino a quando la sua baia non iniziò nellà verde isola di Coloane di fronte
ad insabbiarsi. Allora il commercio al vecchio centrò coloniale.
fu sostituito dal traffico dell'oro e Proprio Coloane occupa un posto
dell'oppio, dal gioco d'azzardo, dal particolare nella storia salesiana di
turismo.
Macao, così ricca di ricordi perché
Per secoli, Macao era stata anche di qui partirono i primi missionari di
una testa di ponte della penetrazione Don Bosco per la Cina. Oggi un
mis~ionaria in Estrémo Oriente. Non lungo ponte in cemento unisce l'isola
lontano di qui, nell'isola di Sanciàn, alla terraferma e alla città. Prima
morì nel 1552 San Francesco Save- occorrevano anche tre quarti d'ora
rio che, tre anni prima, era sbarcato per attraversare quel braccio di mare,
dell'arcipelago giapponese. E di qui, su un battello sempre zeppo di pen-
trent'anni dopo la scomparsa del dolari e di casalinghe. Tra quella
grande missionario spagnolo, partì gente don Gaetano Nicosia ciondo-
alla volta del Celeste Impero un altro lava di solito stranito dalla stan-
chezza e dal sonno. La strada
odierna gli risparmia quella perdita
di tempo, ma anche quel po' di
riposo strappato a ore di alacre ope-
rosità.
Don Nicosia è un simpatico sale-
siano sicilano, che gira ancora con la
veccl)ia veste talare e il collarino
romano. Conosce tutti e da tutti è
conosciuto, perché da più di cinque
lustri lavora tra i lebbrosi relegati
all'estremità orientale di Coloane.
Sprizza vitalità da ogni gesto e,
quando parla dei suoi « cari ragazzi»
come chiama i lebbrosi, l'accento -
nonostante 55 anni di Cina - tradi-
sce ancora le origini catanesi. Più
volte al giorno lo si vede sfrecciare
per le tortuose vie di Macao al
volante di un pullmino, che guida
con la sicurezza d'un giovanotto, per
portare avanti e indietro i ragazzi
dalla scuola che occupa il suo tempo
assieme alla cura di « Vila Nossa Sen-
hora », il lebbrosario.

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-----------5'1-
Quella di quest'arzillo prete di 74 vescovo cercava un sacerdote che si
anni è davvero una storia affasci- prendesse cura di quei poveretti iso-
nante. Missionario a poco più di 20 lati da tutto e da tutti. E natural-
nell'ex Celeste Impero, gli anni della mente fu felice quando i salesiani gli
sua giovinezza scorrono in Cina tra offrirono un confratello volontario .
le vicissitudini della gÙerra col Giap- « Prima di me - ricorda don
pone e le prove del primo periodo di Nicosia - non c'era mai stato un
comunismo. Stabilitosi alle porte d~l sacerdote o un religioso fisso. Sol-
continente, a Hong Kong, consuma tanto di tanto in tanto, nelle grandi
il suo tempo tra i giovani della co1o- feste, qualche' padre ·oqualche reli-
nia britannica e sogna di realizzare giosa venivano a visitare questi nostri
la speranza che coltivava sin da fratelli e sorelle. Fra quelli che anda-
ragazzo: lavorare tra i lebbrosi. Ma vano, i Salesiani tenevano comunque
non osa manifestare il suo desiderio il primo posto. Don Luigi Montini,
per scrupolo di non essere all'altezza. che durante la guerra era a Coloane,
Finché un giorno si decide e pensa di in una colonia agricola che adesso
partire per un grande lebbrosario non esiste più, salvò molti di quei
dell'America Latina . Ma non malati che allora pativano la fame.
sarebbe stato necessario andar così Fu in sua memoria che Paolo VI, di
lontano.
cui don Montini era cugino, ci donò
« Il tempo è passato così in fretta la chiesa del villaggio, costruita in
qui a Coloane che nemmeno me ne parte dagli stessi lebbrosi, che spia-
sono accorto», racconta don Nico- narono la collina e portarono la sab-
sia guardando la grande croce di bia, i mattoni, ecc.
legno fatta dai suoi lebbrosi, che « Quando arrivai», dice ancora
tiene accanto al letto . «Il 12 di ago- don Nicosia, « il solo contatto con
sto , primo giorno del triduo dell'As- l'esterno si aveva una volta alla set-
sunta, saranno 27 anni esatti dal timana, il lunedì, quando una barca
giorno in cui misi piede per la prima . veniva a portare carne e verdura. C'è
volta qua dentro. Da quella sera, ancora la scala di pietra sino al mare,
durante la benedizione, questo luogo dove i malati andavano a prendere
non si chiama più lebbrosario. il mangiare. L'ambiente era poveris-
Assieme ai malati l'abbiamo ribat- simo materialmente, ma ancor più
tezzato col bel nome di « Villaggio povero spiritualmente e moralmente.
dell'Addolorata ». Da tempo, il La disperazione, i suicidi, specie delle
1 LUGLIO 1990 29
giovani, non erano una cosa rara·.
Mancava la fede, una guida, un con-
forto, la giustizia; regnava la prepo-
tenza. Con pazienza, dedizione,
amore, il villaggio dopo due anni
cambiò aspetto. La bella chiesa del-
!'Addolorata divenne il simbolo di
una trasformazione non solo
esteriore».
Don Nicosia fa' una pausa nel rac-
conto di quei tempi. Dalla finestra
della sua stanza lo sguardo si spinge
sugli alberi di pino piantati dai
malati, ben tremila, sul viale princi-
pale pieno di fiori, sulle rose che for-
mano la meraviglia di tutti coloro
che visitano questo luogo. In alcuni
armadi sonò riposte con cura le
migliaia di lettere di amici scono-
sciuti di tutto il mondo che hanno
aiutato e reso possibile il miracolo di
Coloane. La facciata della chiesa è
sovrastata da un grande crocifis~o in
bronzo, opera di Francesco Messina,
dono del grande scultore siciliano al
conterraneo missionario alle porte
della Cina.
La vita dei lebbrosi di« Vila Nossa
Senhora» si svolge ancora attorno ad
un ampio cortile sparso di casette di
tipo coloniale. Essi si ritrovano a
fumare insieme, a giocare a « mah-
jong », o se ne stanno seduti in silen-
zio, meditando sul triste destino che
li strappò decine di anni fa dai loro
familiari ed amici e li fece vittime di
una delle più terribili malattie di tutti
i tempi. Molti di loro arrivarono qui
prima di don Nicosia, altri dopo. Di
un centinaio che erano un tempo,
sono rimasti solo poco più di
quaranta.
I più anziani sono morti. Altri -
quelli ad uno stadio meno avanzato
del male - sono guariti e hanno
lasciato il villaggio, imparato un
mestiere; fanno i meccanici o i tassi-
sti e aiutano coi loro guadagni quelli
che sono rimasti dentro. Per fortuna,
non c'è stato un ricambio. I nuovi
malati di lebbra ora vengono curati
in ospedale, come gli altri ammalati.
Così, dopo un secolo, il lebbrosario
di Coloane sta per uscire dalla sua
triste ed isolata condizione. Il villag-
gio sarà rinnovato, diverrà più acco-
gliente per gli attuali residenti ed
ospiterà degli anziani che non hanno
una casa. Ciò significa che per i leb-
brosi di «Villa Nossa. Senhora »
finirà la segregazione dal mon'do.

3.10 Page 30

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30 1 LUGLIO 1990
Don Nicosia si commuove
dicendo: « Il dottore è sicuro che
sono guariti. Non sono più dei leb-
brosi. Sono ormai soltanto dei vec-
chi e degli anziani handicappati. Su
di loro sono però rimasti i segni del
male. Alcuni devono far uso di arti
artificiali, altri camminano sulle
ginocchia. Ed è inevitabile che le lun-
ghe ore di cammino sul duro terreno
facciano sanguinare le ginocchia.
Noi cerchiamo di sollevare le loro
sofferenze spirituali e corporali. Il
90% sono cattolici, e quasi tutti fre-
quentano la chiesa ogni giorno.
Accettano con rassegnazione il
dolore, in alcuni casi anche con
gioia. Ormai nessuno va più alla rupe
della morte per buttarsi giù, in un
abisso che si sprofonda nel mare, in
mezzo agli scogli».
Per il salesiano siciliano però non
c'è pace, ma ancora lavoro: altri leb-
brosi dietro la« cortina di bambù ».
Anche loro, come un tempo quelli di
Coloane, relegati lungi dal mondo in
un'isola o tra i monti. Con i medici
dell'associazione « Amici di Raoul
Foolereau » di Bologna, e con altre
persone di buona volontà di Macao,
questo sacerdote che non ha mai
avuto paura del contagio, ha fatto un
patto, un'alleanza, una scommessa.
Debellare la lébbra anche in Cina.
Entro il Duemila, quando Macao
tornerà alla madrepatria.
Silvano Stracca

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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-----------~-
EDITORIA
1 LUGLIO 1990 31
.
Gianni
6
i.o,1r'0, iannli
l
\\
l
11011 uc.c.10 I\\
\\.I\\ f l\\llfl\\~~amo>"
. spet-anza,
Tra d11bbto e
.
TRA DUBBIO
ESPERANZA
L'AMORE DI DUE GIOVANI
Con il romanzo «Non
uccidere la farfalla»,
Gianni Giorgianni
si conferma scrittore
solido e profondo.
Come se la caverà un
prete - gesuita - alle prese con un
r.omanzo incentrato sulla storia
d'amore fra due giovani? La curio-
sità, implicita nella domanda, ha
assalito padre Ferdinando Castelli
quando si è trovato fra le mani il
libro «Non uccidere la farfalla>> di
Gianni Giorgianni, un confratello
appartenente alla stessa Congrega-
zione di Sant'lgnazio. Una curiosità
più che giustificata, anche perché
l'impianto narrativo prevede che i
due protagonisti - Laura e Lorenzo
- parlino in prima persona alternan-
dosi nel racconto delle vicende che li
vedono coinvolti sia singolarmente
che come coppia. È vero che nella
biografia di Giorgianni ci sono studi
di psicologia, ma non c'è dubbio che,
per un uomo, calarsi nella persona-
lità di una donna per poi esternarla
e farla giungere al lettore, non è
impresa da poco.

4.2 Page 32

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32 · 1 LUGLIO 1990
Ad ogni modo, la risposta di padre
Castelli alla domanda iniziale è stata
questa: il gesuita Giorgianni se l'è
cavata benissimo. E ci tiene a dichia-
rare che il suo non è un giudizio
viziato dall'appartenenza alla stessa
famiglia religiosa, bensì la valuta-
zione rigorosa del critico letterario di
una rivista senza indulgenze qual è
« Civiltà cattolica». E in questa sua
veste ha espresso la convinzione che
il romanzo di Giorgianni sia provvi-
sto di « un segno di grandezza lette-
raria». Si è spinto ancora più in là
dicendo che il lavoro di Giorgianni
suona secca smentita alla « penosa
insinuazione» di Carducci, secondo
cui i sacerdoti non sono capaci di
fare poesia o di scrivere romanzi.
Il fatto è - insulsaggine carduc-
ciana a parte - che da noi, in Ita-
lia, la letteratura di ispirazione cri-
stiana è come messa al bando, gli
autori - e ci sono fior di autori -
ignorati dal grande pubblico, al
quale peraltro vengono spesso pro-
posti, con gran frastuono pubblici-
tario, romàòzi di second'ordine, nio, la nascita del figlio Luca e la sua
quelli « cotti e mangiati», che non morte a soli tre anni, la separazione
fanno pensare e non lasciano traccia ·tra i due sotto lo stordimento del-
né di memoria né di sentimento. l'immenso dolore, e poi il loro ricer-
Invece, la dimensione religiosa è di carsi nella lontananza. Alla fine, la
grande aiuto alla letteratura, la speranza è espressa nella frase con-
esalta, prende il lettore e lo pone din- clusiva di lui: « Io aspetto che si apra
nanzi a tematiche che sono n'ella sua · la porta». Il lato complicato, se così
coscienza anche quando non ne ha si può dire, è l'introspezione psico-
la percezione immediata.
logica dei personaggi, l'analisi delle
Il romanzo di Giorg_ianni si inse- loro diverse sensibilità, del loro
risce in modo vivo in questo filone, modo di atteggiarsi verso la vita, con
coµie già era accaduto con i suoi pre- le incertezze, la felicità, le angosciè,
cedenti romanzi «Col cielo addosso » i rimorsi, le ambiguità, la gioia, il
e «Il grido delle pietre», pubblicati, dolore.
come quest'ultimo, dalla « Varia - Il carattere di Laura rivela spigo-
SEI». Siciliano, l'autore vive a losità aguzze, perfino urtanti, che
Roma, dove lavora ai programmi provocano nella coppia scontri,
culturali della radio vaticana. Per la ritorsioni, ondate di orgoglio, e
stessa emittente segue come inviato anche odio, una parola, questa, che
speciale i viaggi apostolici di Gio- risuona spesso quando a raccontare
vanni Paolo Il.
è lei. E tuttavia Lorenzo può tran-
Che cosa racconta « Non uccidere quillamente dire: « Laura e io senti-
la farfalla»? La trama del romanzo vamo la necessità l'uno dell'altro e
è ad un tempo semplice e complicata. godevamo di un rapporto che ci col-
Il lato semplice narra l'incontro di mava di gioia, ma non escludeva i
Laura con Lorenzo, il loro matrimo- malintesi e le liti. Iri realtà, eravamo

4.3 Page 33

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- - - --
------s/1-
1 LUGLIO 1990 33
L'autore del libro,
in occasione della serata
di presentazione del volume,
presso la libreria Croce.
Alla serata
hanno partecipato
padre Castelli
di Civiltà Cattolica,
lo scrittore Fortunato Pasqualino,
il prof.re Mercadante
e Franca Salerno che ha letto
alcune pagine del romanzo
amici. L'amicizia creava uno spazio
di sicurezza che ognuno sapeva
garantito dal!' altro». E in effetti la
scena del romanzo è dominata, in
tutta la sua larghezza, dall'amore,
sopra tutto e nonostante tutto, come
legge essenziale della vita. È questa
una delle «idee» su cui si fonda il
romanzo. Ma molti altri sono i filoni
della ricerca appassionata di Gior-
gianni all'interno del cuore umano,
per rispondere, attraverso gli affanni
e le gioie dei protagonisti, le loro ric-
chezze spirituali e le loro miserie, le
loro conquiste e i loro errori, alle
domande inquietanti di sempre: chi
siamo, che cosa ci portiamo dentro,
da dove traggono origine le nostre
scelte, chi è Dio, qual è il significato
del dolore, come si conquista la
fede?
Seguire Giorgianni lungo questo
itinerario, viverlo dall'interno di per-
sonaggi che sono della nostra epoca
e nei quali, chi per un verso chi per
l'altro, tutti - nel bene e nel male
- possiamo riconoscerci, vuol dire
non solo essere avvinti dal serrato
succedersi delle vicende narrate, ma
anche raggiungere una migliore
conoscenza di noi stessi.

4.4 Page 34

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4.5 Page 35

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;--------------------5'1-
1 LUGLIO 1990 35.
Estate, tempo di viaggi,
di turismo per i giovani. Sì, ma quali
viaggi, quale turismo? In questo
campo il discorso sulla qualità è
molto importante. II viaggio estivo
del ragazzo può dar luogo a piccole
o grandi conflittualità a livello fami-
liare, quando si scontrano l'aspira-
zione dei genitori a trascorrere le
vacanze assieme ai figli e il desiderio
di questi ultimi di rispondere a sti-
moli che li spingono a fare, in prima
persona, nuove esperienze. Lo scon-
tro generazionale può trovare il
momento della compos1z10ne
quando, garantiti dal livello qualita-
tivo d,el viaggio proposto dal figlio,
i genitori possono serenamente riflet-
tere sui vantaggi che il ragazzo può
ricavare percorrendo nuovi itinerari.
Ma vediamo, per cominciare,
qualche interessante dato sull'entità
di un fenomeno - quello del turismo
giovanile - che ha assunto nella II costo medio di una, vacanza -
nostra epoca dimensioni impensabili le cifre disponibili sono riferite al
solo pochi decenni fa. Secondo gli 1988 - si aggira sulle 300-350 mila
ultimi dati disponibili, sono circa 7 lire per il « corto raggio», sulle
milioni i giovani italiani fra i 15 e i 850-950 mila lire per il « lungo rag~
24 anni che trascorrono le vacanze gio ». Risulta inoltre che la quasi
fuori casa, in Italia o all'estero. Di . totalità dei ragazzi provvede perso-
essi (come risulta da una indagine del nalmente o assieme ad amici a orga-
CENSIS) il 51 per cento va al mare, nizzare il viaggio, e solo il 3 per cento
il 22 per cento in montagna, il 17 per si rivolge ad agenzie. Il mezzo di tra-
cento preferisce le città d'arte. Mete sporto preferito è il treno, seguito dal
interne più battute, la Sardegna, la pullman. Il 5 per cento si affida
Valle d'Aosta e il Trentino, quelle all'autostop. Insomma, un turismo
estere la Grecia, la Jugoslavia, la in stretta economia e ciò spiega lo
Spagna, la Tunisia.
scarso interesse che le organizzazioni
Le vacanze-studio, soprattutto al di viaggio in genere riservano ai gio-
fine di apprendere le lingue, hanno vani (con l'eccezione, ovviamente, di
conosciuto un vero e proprio quelle speciàlizzate).
«boom»: il numero di coloro che ne
hanno usufruito si è raddopppiato
negli ultimi tre anni. La più « getto-
nata» è l'Inghilterra, scelta dal 90
per cento. Il 5 per cento ha soggior-
nato in Francia, il 3 per cento negfi
Stati Uniti e il due per cento in Ger-
mania. Per quanto riguarda le città
d'arte, Firenze è in testa alla classi-
fica, seguita da Roma, Venezia,
Pisa, Siena. Il 35 per cento dei turi-
sti giovani ha alloggiato in albergo,
ma la metà si è accontentata di alber-
ghi a una stella, cioè poco più di sem-
plici pensioncine. II 26 per cento si
è sistemato presso amici o parenti, il
18 in case d'affitto, il 14 utilizza i
campeggi, il 6 dorme nel sacco a
pelo, l' 1 per cento va negli ostelli
della gioventù.
Vacanza, studio, svago. Ma la
molla comune che spinge i giovani a
viaggiare è soprattutto la voglia di
scoprire nuove località, nuovi Paesi,
di incontrare altra gente, di vivere
emozioni nuove. Secondo un'inda-
gine condotta dall'Università Boc-
coni di Milano, i giovani dai 15 ai 20
anni considerano il non poter viag-
giare una delle privazioni più insop-
portabili. Li fa sentire - dicono -
« diversi dagli altri». Ed è purtroppo
una privazione che colpisce - è un
altro dato del CENSIS - quasi il 40
per cento dei giovani italiani. La
causa prima è la mancanza dei mezzi
finanziari necessari.
È certo che la pratica del viaggiare
per turismo contiene un elemento
educativo. Forse non tutti i giovani
se ne rendono conto, ma sia pure
insensibilmente finiscono· per
fruirne. Non si tratta solo di raggiun-
gere una più vasta conoscenza del
mondo, dei popoli con i loro usi e
costumi, delle diverse civiltà e cul-
ture. C'è anche una ricerca di spazi
di autonomia per lo sviluppo della
propria personalità. È un aspetto di
cui dovrebbero tener conto i genitori
che si. disperano quando un figlio
esprime il proposito di fare vacanze
per conto proprio. Dovrebbero, in
altre parole, capire che quel deside-
rio altro non è .che un momento di
crescita del ragazzo.
Certo, a questo punto ritorna la
domanda iniziale: quali viaggi, quale

4.6 Page 36

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36 I LUGLIO 1990
turismo? La dimensione educativa -
nel più ampio quadro dell'associa-
zionismo, assurto ormai in Italia a
un ruolo primario è privilegiata dal
Turismo giovanile e sociale salesiano
(TGS). Esso vi si colloca per scelta
convenzionale, indirizzata - come
ha detto il presidente del TCS Giu-
seppe Giannantonio all'assemblea
nazionale di Montecatini lo scorso
novembre - «alla realizzazione di
un completo e armonico sviluppo
~ '--
1 UXELLE
VIA MONS
moderna, dinamica, sempre più inte-
ressante per i giovani di oggi e di
'domani».
Di certo si può dire che un TGS
forte e dinamico può contribuire,
assieme ad altre associazioni del set-
tore, a smuovere gli organi pubblici
dall'indifferenza che dimostrano nei
confronti del turismo giovanile.
Come ha rilevato il dott. Antonio
Tràmacere all'assemblea di Monte-
catini « non esiste nel nostro Paese
una politica in favore del turismo
giovanile». Tutto ciò che si è fatto
della personalità del giovàne ». In smo giovanile l'occasione di una vera si riduce a qualche agevolazione per
altri termini, si tratta di rispondere formazione. In questo quadro, nulla i viaggi ferroviari. Le richieste rivolte
a bisogni educativi e formativi dei avrebbero da temere i genitori ansiosi agli organi dello Stato sono ben più
ragazzi.
lasciando i loro figli liberi di fare la consistenti. Per esempio la creazione
Di conseguenza occorre fornire vacanza lontani dalla famiglia. Anzi, di una Agenzia nazionale per il turi-
una adeguata informazione ed espe- potrebbero trarne motivo di compia- smo giovanile, che coordini, pro-
rienze attraenti, che portino i giovani cimento.
grammi e incentivi tutti gli interventi
a scoprire nuovi ambienti e nuove Il TGS è nato da pochi anni, ha in questo campo. E, ancora, organici
persone per fare nuove amicizie fatto un buon cammino di crescita interventi finanziari per creare strut-
capaci di aiutarli a maturare; educare · pur conoscendo momenti di sosta e ture ricettive per i giovani, quali
a una cultura dell'accoglienza; di incertezza. Il Presidente considera alberghi della gioventù, ostelli, case
offrire strutture moralmente in grado comunque « conquiste fondamen- vacanze, ecc.
di prevenire le deviazioni alle quali tali» quelle raggiunte sul piano for- Sono esigenze che si andranno
i giovani potrebbero andare incontro mativo, organizzativo e di sensibiliz- facendo più pressanti con l'avvici-
nelle loro esperienze di turismo, pur zazione, tutte rivolte a costituire un narsi della scadenza del 1993,
rispettando il loro bisogno di auto- « organismo sano, pronto, scat- quando in Europa cadranno le bar-
nomia; ricercare · un rapporto più tante». Dall'assemblea di Monteca- riere e i ragazzi della Comunità si
equilibrato con la natura mediante tini e sulla base di una « Proposta sentiranno più che mai cittadini
l'impegno ecologico; suscitare richie- culturale» elaborata nell'anno cen- europei, e quindi portati a conoscersi
ste di cultura. E altre cose ancora, tenario di Don Bosco, il TGS si è · meglio tra loro, in uno scambio con-
come esperienze di solidarietà, messo ora sulla strada di un grande tinuo destinato a rafforzare la pace
ricerca di autonomia, di responsabi- rilancio, per crescere e irrobustirsi e tra i popoli.
lizzazione. Il tutto per fare del turi- diventare una associazione « viva,
o

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-------------s/1-
PROTAGONISTI
1 LUGLIO 1990 37
IL PRESIDENTE
CHE AMAVA
I SALESIANI
Sandro Pertini
non dimenticò mai
il collegio di Varazze,
dove aveva studiato,
e i suoi maestri.
In particolare,
don Barella, mirabile
figura di insegnante.
A Sandro Pertini sa-
rebbe sicuramente piaciuto vedere gli
«azzurri» della squadra di calcio
riconquistare la Coppa di campioni
al recente «Mondiale 90». Nel 1982,
in Spagna, aveva voluto essere pre-
sente alla finalissima che vide il
trionfo dell'Italia. Quell'immagine
del Presidente che nella tribuna
d'onore riceve le felicitazioni del re
Juan Carlcis è .una delle tante che sincero hanno percorso da un capo
hanno accompagnato il settennato all'altro la Penisola. Quel primato,
trascorso al. Quirinale, e che rimar- Pertini se lo era conquistato facendo
ranno a lungo impresse nella memo- fruttare la sua innata capacità di
ria degli italiani. Questo perché sono entrare in sintonia con la gente
immagini piaciute non solo agli comune. Il «Palazzo» lo ha amato
_adulti, ma anche ai giovani con i un po' meno, per via di certi suoi
quali Pertini amava intrattenersi . atteggiamenti improntati a un ferreo
come un nonno sempre disposto al rigore morale, che dava fastidio a chi
diàlogo.
aveva meno scrupoli nel trattare gli
Quanto a popolarità, sarà impresa affari di Stato. Naturalmente anche
non facile per chiunque battere il pri- Pertini era un uomo, quindi tutt'al-
mato di Pertini. Alla sua morte, nel tro che perfetto. Errori ne ha fatti,
febbraio scorso, tristezza e dolore non sempre è rimasto nell'alveo delle
funzioni che la Costituzione assegna
al Presidente della Repubblica. E ciò
spesso a causa del suo carattere indi-
pendente e anche un po' spigoloso.
A equa passata
Lo sanno tutti: in gioventù amava
atteggiarsi a «mangiapreti», come
del resto volevano i tempi e le batta-
glie politiche di allora e in aderenza
all'atteggiamento tipico dei socialisti

4.8 Page 38

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38 · 1 LUGLIO 1990
•1/f: J,YJ,U ?-U-(P t/-f e,,,;1,; W .i-J{ 0 } itt,~ l _______j
l7v~' t1 ,i!Ml/41 wz1?lli.._ffù. /.¼'tM.
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W,t,b ,/WJ1ud, i11fl(~;'l./;/1t VI/I/ '2Mli.t, tl,IJ /icu~ o~ rfo Jii/fr!lv Jt°Jl w.o f
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rJW.. k t/rJ !_'Ut,li ~ (ll-/eu ? ~'Q _JPUQ /tilttv
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i~l' tlut4k. _ ·.t1,1v/1tvft ·':'~u.,; .
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UJJ.' J ~ ,;ti! t);'zt/J,u
,;,f,f_ lfdP1::_&·
-t'rlJ?. , ,adV.iMfd!1J .
della sua generazione. Ma egli stesso
considerava tutto ciò acqua passata,
tanto è vero che proprio lui, il « man-
giapreti» ha finito per intendersi a
meraviglia con il... «capo» dei preti,
diventandone uno dei più grandi esti-
matori. Ricambiato, peraltro, da
Giovanni Paolo II. fra i due si era
instaurata una grande simpatia
umana, che si nutriva di visite fre-
quenti, di inviti a cena, di gite in
montagna, di colloqui amichevoli.
Quando accadeva qualcosa che r1en-
sava avesse addolorato il Papa, i"er-
tini si attaccava al telefono ed espri-
meva al Pontefice la sua par-
tecipazione. Accadde, ad esempio, in
occasione dell'uccisione di Padre
Popieluszko in Polonia. « Ho
espresso al Papa tutta la mia solida-
rietà cristiana - disse poi - per un
misfatto che ha colpito un prete
impegnato a predicare parole di
libertà».
Dopo il ferimento di Giovanni
Paolo II in piazza San Pietro, nel
1981, Pertini fu tra i primi ad accor-
rere al Policlinico Gemelli. A sua
volta, il Papa andò a visitare Pertini
ricoverato nel 1987 al Policlinico
Umberto I. Insomma, il Presidente
socialista ce la mise tutta per annul-
lare un passato di stampo risorgi.:
mentale, anticlericale e antipapista.
Questo tuttavia non gli impedì di
professarsi non credente, ma quando
gli accadeva di manifestare questo
suo convincimento, lo faceva con
l'aria di chi si sente che gli manca
qualcosa di importante. E aggiun-
geva sempre di sentirsi uno spirito
religioso. A modo suo, certo, ma con
convinzione.
Don Bosco a Varazze
Pertini è entrato anche nella sto-
ria salesiana. Ci è entrato quando la
madre, Maria Muzio vedova Pertini,

4.9 Page 39

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------------,------sll-
lo iscrisse alle scuole elementari nel
collegio di Varazze. Il collegio era
una delle opere salesiane in Liguria
che più direttamente si collegava a
Don Bo~co. Fu istituito dopo che nel
1871 arrivarono a conclusione le trat-
tative fra Don Bosco e le autorità
civili della cittadina per dar vita alla
scuola elementare, a un corso tecnico
completo e al ginnasio. Nel dicem-
bre di q4ello stesso anno, Don Bosco
soggiornò nel collegio per rimettersi
in forza in quanto stava attraver-
sando un periodo di non buone con.-
dizioni di salute. Ne approfittò per
stabilire cordialissime relazioni con
molti abitanti di Varazze, che ricor-
revano a lui per chiedere consiglio e
preghjera.
Pertini non perdeva occasione per
ricordare a tutti di essere stato edu-
cato in quel collegio. «L'ambiente
salesiano - confidò un giorno a un
suo stretto collaboratore, Mario Gui-
dotti, giornalista cattolico che fu
capo ufficio stampa di Pertini
durante la presidenza della Camera
- era straordinariamente gioioso.
Lo ricordo sempre con letizia». E al
cardinale Poletti, Vicario del Papa e
presidente della CEI, disse, con quel
suo caratteristico tono di voce secco
e scattante: « Che non mi tocchino i
salesiani! I sentimenti di giustizia, di
Foto A. Mari
libertà li ho appresi da loro, dal loro
metodo educativo».
Ma Pertini rimase in modo specia-
lissimo affezionato a una mirabile
figura dì sacerdote salesiano, don
Umberto Borella, il suQ « esperto e
insuperabile maestro di quinta ele-
mentare », come egli ~tesso lo definì.
Con lui intrattenne una fitta corri-
spondenza, molto affettuosa. « Mio
caro don Barella - scrisse nel 1946
- questa sua cartolina ha ridestato
in me i dolci ricordi della mia prima
adolescenza trascorsa tra codeste
mura. Mi rivedo adolescente pensoso
vicino a lei, mio caro Don Barella,
vicino a tutti i miei buoni maestri
salesiani e una profonda commo-
zione scende nel mio animo. Ormai
i capelli sono grigi, ma l'animo mio
è sempre quello che ella ha cono-
sciuto allora... ».
Qualche mese dopo, dall'Assem-
blea costituente, Pertini scrisse
ancora al «caro Don Borella ~> : « Il
ricordo dei giorni trascorsi vicino a
lei vive sempre nel mio animo. Oggi
comprendo che l'amore senza limiti
che io sento per tutti gli oppressi, per
tutti i miseri ha cominciato a sorgere
in me in codesto posto di pace (il col-
legio di Varazze, ndr). La mirabile
vita del loro Santo mi ha iniziato a
questo amore. San Giovanni Bosco,
1 LUGLIO. 1990 39
come San Francesco d'Assisi, ha
amato come noi amiamo gli
oppressi, i diseredati, ed a costoro
tutta la sua esistenza ha genero-
samente sacrificata. Come vede,
siamo più vicini di quanto le appa-
renze e i fumi della politica ci lascino
vedere. Siamo vicini come eravamo
vicini allora. Che nostalgia di quel
tempo io spesso sento! ... Non mi
dimentichi, amico carissimo. E alla
sua Congregazione i più fervidi
auguri ... ».
Per manifestargli il suo affetto,
Pertini sollecitò per Don Barella la
nomina a cavaliere della Repubblica
per meriti scolastici (cinquant'anni
dedicati all'insegnamento). L'allora
ministro della Pubblica Istruzione,
sen. Medici, rimase colpito dalla
richiestaie osservò: « Se proprio tu lo
vuoi cafaliere, deve proprio essere un
prete speciale... ».
Pertini, nel 1945, frequentò un
altro collegio salesiano, natural-
mente non come allievo, ma come
membro del Comitato di liberazione
Alta Italia. I dirigenti del CLNAI si
riunivano clandestinamente nell'Isti-
tuto S. Ambrogio di via Copernico
a Milano. «Eravamo un po' più al
sicuro - ricordò Pertini 35 anni
dopo, quando tornò nella scuola
salesiana come Presidente della
Repubblica - perché i tedeschi non
potevano pensare che noi ci riunis-
simo in una scuola di una Congrega-
zione religiosa. E loro, i salesiani -
bisogna dargliene atto - ebbero
molto coraggio. Perché se avessero
scoperto le riunioni, il loro istituto
sarebbe stato distrutto e loro stessi
arrestati ».
Pertini ebbe sempre una grande
attenzione per i giovani. Riceveva
intere scolaresche quando era presi-
dente della Camera e continuò ad
accoglierle al Quirinale. Lo ricordò
in una lettera al rettor Maggiore Don
Viganò che gli aveva inviato una bio-
grafia di Don Bosco: « Lei può
immaginare quanto il libro mi giunga
gradito, non solo quale ex allievo
salesiano,.ma soprattutto per il pro-
fondo rispetto che nutro verso la
grande figura del Santo (qui non
c'entra essere o meno credenti). E c'è
un motivo in più: anch'io credo fer-
mamente nei giovani e ad essi guardo
con speranza e fiducia».
B.S.

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40 1 LUGLIO 1990
STORIA SALESIANA
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"
A dorso di mulo
percorse in lungo e
in largo per 50 anni
il Mato Grosso,
in Brasile, per essere
vicino alla gente umile.
Il suo paese natale,
Cortenova, gli ha
dedicato una biografia.
La foto sulla copertina è Nel libro biografico che il suo
forse la più eloquente: a cavall9 di paese natale, Cortenova (Lecco), gli
un mulo, con stivaloni, fazzoletto ha dedicato in occasione dell'inaugu-
annodato al collo e cappello a larghe razione di una strada intitolata all'il-
falde ben calcato sulla testa . per lustre concittadino, don Guido
difendersi dal sole cocente. In effetti, Borra, in quel tempo Ispettore sale-
dei cinquanta anni che mons. Giu- siano del Mato Grosso ne traccia
seppe Selva trascorse in Brasile, la questo ritratto: «Mons. Selva fu un
maggior parte li passò a dorso di eroico e sacrificato missionario itine-
cavallo, percorrendo in lungo e in rante. Per molti anni viaggiò inces-
largo il territorio affidato alle sue · santemente perché con queste enormi
cure, prima di sacerdote missionario distanze se non è i-1 missionario a
salesiano, poi di vescovo del Mato muoversi in cerca dei fedeli, questi
Grosso.
non si muovono. Solo chi conosce

5 Pages 41-50

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1 LUGLIO 1990 41
chiamò le prime due fattorie realiz-
zate nella sua diocesi Mors Volt e
Mors Bass, dal nome di due località
cortenovesi. Le fattorie producevano
il latte di cui beneficiavano i trecento
ragazzi che frequentavano i collegi
salesiani.
Le opere volute dal Mons. Selva
riuscirono a risolvere almeno in parte
la grave situazione di indigenza in cui
si trovavano le popolazioni: sorsero
così fabbriche di mattoni, officine di
falegnameria e di lavorazione dei
l'ambiente, le insidie della natura, la
stanchezza del continuo cavalcare
e del dormire sulla rete può farsi
un'idea delle fatiche apostoliche di
Monsignore».
Entrato nel 1900, a quattordici
anni, nel Collegio salesiano di
Lanzo, mons. Selva ricevette l'abito
religioso da novizio dalle mani del
Beato don Rua e pronunciò la sua
prima professione il 1° ottobre 1904.
Laureato in filosofia all'Università
Gregoriana di Roma, scelse di par-
tire per il Brasile dove fu consacrato
sacerdote nel '14". Qui si distinse dap-
prima come educatore religioso in
qualità di direttore del Ginnasio
Maria Ausiliatrice di Aracaju; per sei
anni fu poi Ispettore di Recife fino
a che, nel '37, gli giunse la nomina
a Vescovo titolare di Metre e Prelato
di Registro do Araguaya nel Mato
Grosso.
Don Faresin, suo coadiutore e poi
successore, riferisce in una com-
mossa testimonianza che « la sua
caratteristica fu la semplicità del
tratto e della vita, unita a una bontà
di cuore inesauribile e a uno spirito
di sacrificio eccezionale». Il suo stile
di vita era tanto essenziale e povero
che, nel giorno della sua consacra-
zione episcopale, era sprovvisto degli
indumenti richiesti, che gli vennero
prestati a gara dagli altri Vescovi
salesiani. Lui stesso, ricordando
scherzosamente l'episodio, raccon-
tava: «Ero il Vescovo meglio vestito
di tutti i presenti!».
Fattorie e officine
Tanta semplicità, sostenuta da una
forte fede, era necessaria per soppor-
tare i disagi di una vita non facile.
Mons. Selva fu un apostolo tenace
e nascosto; dormiva in qualunque
posto, mangiava come poteva,
restava fuori casa mesi e mesi di
seguito, sotto la canicola e sotto le
pioggie torrenziali che, con la loro
violenza devastano a turno larghe
zone di quella regione. Partiva a
piedi, a cavallo, in canoa alla ricerca
di anime, senza compagnia, solo con
il cibo sufficiente per il viaggio,
attraverso le foreste del Mato
Grosso. La sua attività era incessante
e numerose furono le opere a cu{Ìl
Vescovo riuscì a dar vita. Per l'af-
fetto che Io legava al suo paese natale
prodotti locali come caffè e canna da
zucchero. Tra le realizzazioni più
importanti, il canale che per otto chi-
lometri, di cui cinque all'interno
della foresta, trasportava l'acqua del
fiume Mortandade, rendendo possi-
bile l'irrigazione dei campi e il fun-
zionamento di alcune officine.
Importanti quanto le grandi opere
che ha lasciato erano la sua presenza,
il suo paterno sorriso, l'aiuto e l'in-
teresse amorevole rivolto anche ai
piccoli aspetti del vivere quotidiano.
Prese molto a cuore la triste sorte
degli indios, e Ii difese dai cacciatori
che ancora nei primi decenni del
secolo collezionavano le loro teste a
mo' di trofeo. Mostrò anche una
spontanea simpatia per i « garimpei-
ros », i cercatori di diamanti, uomini
di ventura arrivati da tutto il mondo,
senza più leggi, né di Dio né degli
uomini, la cui giustizia era rappre-
sentata dall'immancabile revolver.

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42 1 LUGLIO 1990
calda di foglie di limone". Ne aveva
visto infatti una pianta presso la
capanna. La donna si presentò poco
dopo con la tisana in una piccola
latta da conserva e nel porgergliela
si scusò: "Mi perdoni, padre, non ho
in casa nemmeno un poco di zuc-
chero, ho soltanto della rapadura
(zucchero iµipuro )". "Oh, benissimo
- rispose il Vescovo, centellinando
la bevanda, - per questa infusione
la rapadura è molto meglio dello
zucchero"».
Come si legge nel volume biogra-
fico curato dalla Biblioteca comunale
di Cortenova (arricchito da interes-
santi foto d'epoca), mons . Selva era
un uomo di molti fatti, ma pochi
scritti. Fedele alla sua massima « Il
Vangelo già dice molte cose, è suffi-
ciente per tutti», mons. Selva.non ci
ha lasciato testimonianze scritte, ma
ha voluto comunque promuovere
, un'opera di grande interesse cult~-
rale. Attento alle realtà antropologi-
che, ha avviato e sostenuto la pub-
blicazione di uno studio a carattere
enciclopedico sulla popolazione dei
Mons. Selva con fare bonario si prete « che si faceva capire», capace Bororo, per preservare e far cono-
intratteneva con loro e, battendo di ritardare la celebrazione della scere la loro cultura e le loro tradi-
sulle spalle dell'uno, scherzando Messa per dar tempo a tutti i lavo- zioni. L'opera presentata da Levi-
amabilmente con l'altro, sapeva cat- ratori di intervenire. Vicino al suo Strauss, uno dei più rinomati studiosi
turarne la fiducia e ridestare in loro popolo, ne conosceva la povertà, le in questo campo, è presente e apprez-
i sentimenti religiosi e del vivere preoccupazioni e con grande discre-
sociale. Tante le testimonianze della zione e sensibilità riusciva a far di
sua sensibilità e delicatezza d'animo ogni incontro unmoment.o indimen-
che la dignità episcopale metteva ticabile nella vita della gente. Don
ancora maggiormente in evidenza. Cesare Albisetti, suo compagno di
Ricorda suor Margherita Albatti, missione, in una commossa rievoca-
della comunità delle FMA di Sangra- zione ricorda questo semplice ma
duoro: « Durante una sua visita, indicativo episodio: «Le sue cure più
mons. Selva si accorse che eravamo paterne erano per i derelitti, e quanti
sprovviste di zucchero. Senza dire ce ne erano disseminati nel vastis0
nulla in proposito, ripartì per la sua simo territorio! Abitavano umilis-
missione. Dopo soli otto giorni, un sime capanne di foglie di palma e
inaspettatq ritorno: era mons. Selva vivevano nella massima povertà. A
che portava con sé due sacchi di zuc- . queste sue umili pecorelle, colpite
zata nelle più importanti università.
Una vita così intensa e spossante,
vissuta da mons. Selv& senza ,mai
risparmiarsi, aveva messo a dura
prova il suo pur forte fisico. Nel giu-
gno 1952 fu colto da congestic;me
cerebrale: quella data segnò pur-
troppo la fine della prodigiosa atti-
vità del Prelato e gli anni che segui-
rono furono una palestra di
sofferenza, fino alla.morte avvenuta
l' 11 agosto 1956. Mons . Selva venne
assistito dai nipoti salesiani don Pie-
chero e che ci raccomandò di non dalla rassomiglianza che vedevano tro Melesi e suor Angela Melesi,
farci mancare il necessario per l'ali-
mentazione "per poter avere la forza
fra la loro povertà e quella del loro ·
Vescovo, mons. Selva sapeva risol-
FMA, oltre che dall'affetto di tutti
i confratelli e dei suoi poveri. I biso-
di portare avanti l'opera"».
vere delicatamente anche l'umilia- gnosi, i mendicanti, i bambini anda-
zione di certe situazioni critiche. Una vano incessantemente ad informarsi
volta, durante un giorno di marcia, sulla sua salute, e la frase più ricor-
stanchi e spossati arrivammo a una rente era: « Come state, padre
Si faceva capire
capanna, i cui ab,itanti ci accolsero mio?». Per loro infatti Mons. Selva
con gioia ma anche con un indefini- non era mai stato « Signore, Eccel-
bile imbarazzo. Non avevano nulla lenza», termini che indicano e man-
Mons. Selva era amato dal popolo da offrire, neppure un poco di caffè. tengono una certa distanza, ma sem-
per la sua cordialità, per la sua sem- Monsignore, allora, _con tutta sem-. pre, soltanto e semplicemente
plicità e per le parole semplici e toc- piicità, esclamò: "Miei cari, . mi «Padre».
canti che sapeva pronunciare. Era un farebbe tanto bene un'infusione ben
Monica Ferrari

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- - - -- - - 5 ' 1 -
1 LUGLIO 1990 43
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lCn SOCIETÀ EDITRICE
Z/ INTERNAZIONALE
corso Regina Margherita, 176
10152 Torino
Antonio Cojazzi
Pier Giorgio Frassati
Il libro che lo ha fatto conoscere
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Religione, pag. 208, L. 24. 000
Non si tratta di una biografia, ma
di testimonianze che don Cojazzi
raccolse subito dopo la morte
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numerose edizioni successive del
suo libro. A quasi sessanta anni
dalla prima stesura, e a
quarantacinque dall 'ultima
edizione curata personalmente
dall 'Autore, l'opera di don Cojazzi
conserva il va!ore di
testimonianza fresca e genuina.
Per mettere in evidenza
le peculiarità dell 'opera di
Cojazzi , e per dare della figura
di Frassati un ritratto quanto
più verosimile e attuale, un 'ampia
postfazione e una prefazione di
Francesco Traniello propongono
una lettura critica del testo,
e fanno il punto su una figura
giustamente proposta a modello
delle nuove generazioni.
Antonio Cojazzi
PIER GIORGIO
FRASSATI
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