Bollettino_Salesiano_198009


Bollettino_Salesiano_198009

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ANNO 104 N 9 1• QUINDICINA 1 GIUGNO 1980
SPEOIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 170l
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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Sommario
1 GIUGNO 1980
ANNO 104 - NUMERO 9
Copertina: foto Luca Varvelli
Servizio di copertina: pag. 3-9
IL PAPA A VALDOCCO
Il successore di Don Bosco
Giovanni Paolo Il dalla parte del giovani, 3
Cronaca della visita Quelle due ore a Valdocco, 4
Il discorso In piazza Giovani, tornate alla scuola di Cristo! 5
Papa Wojtyla e i salesiani
Un Papa di casa, in casa Don Bosco, 6-7
I commenti in piazza Il Papa? formidabile! 8
LE FORZE
Flglle di Maria Aus. Don Bosco ci ha viste In sogno, 12-14
Missioni salesiane 109' spedizione e tante prospettive, 28
Postulazione generale
Aperto il processo a " d on.. Zatu, 28-29
L'AZIONE
Austria. Un tempio a Don Bosco, 31
Brasile. Nuovo vescovo: mons. Legai, 30
FIiippine. I ragazzi di Papua ci aspettano, 10-11
Haltf. Morto Il decano d el salesiani, 31
Iran. Tra I cristiani caldei i primi cooperatori, 29
Italia. Al Papa la copia numero un milione, 17
Gli scugnizzi sono ab aeterno, 28
Messico. Ecco i tuoi figli di Coacalco, 18-19
Storia di Leandro, ragazzo insopportabile, 31
Rep. Dominicana. 60 case ove passò il ciclone, 20
Spagna. Perché Il centenario risulti fruttuoso, 30
Thailandia. Lasceremo tutto nelle vostre mani, 15-16
Gli esercizi spirituali viaggiando, 29-30
IL PASSATO
Due attentati nel 1880
Scopo: tor di mezzo Il nostro Don Bosco, 21
In memoria di don Luigi Cocco - 2' parte
così Pare Koko divenne indio Guaica, 22-27
RUBRICHE. Il successore di Don Bosco, 3 - Libreria, 9 -
Ringraziano i nostri santi, 32 - Preghiamo per i nostri morti,
34 - Solidarietà missionaria, 35.
VIGNETTA .10 E LODE»
2
BOl~LETTINO
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cultura religiosa
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giullana Accornero - Pietro Ambrosio - Marco Bon-
gioanni - Teresio Bosco - Ella Ferrante - Domenica Grassiano -
Adolfo L"Arco
Fotografia Antonio Nosko
Archivio salesiano: Guido Cantoni - Archivio Audiovisivi LDC
Diffusione Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Autorizzazione Tribunale di Torino n. 403 del 16.2.1949
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Redattore don Armando Buttarelll, Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-
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Il successore di Don Bosco
Giovanni Paolo II
dalla parte dei giovani
Domanda. Accogliendo il Papa nella
Basilica di Maria Ausilia.trice, Lei il 13
aprile scorso lo ha salutato: «Benve-
nuto a Valdocco, a nome di Don Bo-
sco». Perché secondo lei il Papa in vi-
sita a Torino ha voluto fare una lunga
tappa a Valdocco?
Risposta. Anzitutto il Papa ha volu-
to fare visita alla Chiesa che è in Tori-
no. Dalle affem1azioni del card. Bal-
lestrero e poi da quelle dello stesso
Santo Padre si deduce chiaramente
un motivo centrale nel fallo - com-
plesso e dinamico - che la Torino di
oggi è diventata una città emblemati-
ca che interpella quotidianamente, in
quantità e qualità di problemi, la ca-
pacità pastorale di una comunità ec-
clesiale vivace, tutta tesa nello sforzo
di prendere sul serio e tradurre in
pratica il rinnovamento conciliare.
Intorno a questo motivo centrale ce
ne sono parecchi altri, che per parte
mia ho cercalo di prncisare in una
lunga conversazione di preparazione
dei torinesi all'arrivo del Papa (l'O~-
servatore Romano ne ha pubblicato la
parte pertinente sul numero speciale
dell' 11 aprile).
Quanto alla tappa del Papa a Val-
docco, è ovvio pensare che egli abbia
individuato nella culla dell'opera di
Don Bosco - santo della gioventù -
il posto più adatto per dialogare con i
giovani. Quei giovani che del resto so-
no i più investiti e colpiti dai gravi
problemi di Torino.
Crede nei giovani
D. L'incontro del Papa con i giovani
in piaua Maria Ausiliatrice ha rag-
giumo momenti di piena imesa, com-
mozione, entusiasmo, indimenticabili.
Perché questo impatto così efficace del
Papa con i giol'ani?
R. Non si può negare che tra i gio-
vani e questo Papa si sta verificando
un crescendo di sintonia fuori da tutti.
i quadri di ril.erimento. Vede in essi il
futuro dell'uomo, una forza innova-
trice dell'umanità; fa affidamento
s ulla loro generosità e sulla loro viva-
cità: li vuole impegnati in grandi
ideali, magnanimi ed esigemi, li esorta
a essere aperti all'Assoluto, a Cristo
cbe è chiave di lettura dell'intera loro
esistenza e storia.
Lo abbiamo udito in Messico: « Con
la vivacità cbe è propria della vostra
età, con l'entusiasmo generoso del
vostro cuore giovane, camminate in-
contro a Cristo: solo Lui è la solu7,ione
di tutti i vostri problemi, solo Lui è via,
verità e vita... La vostra sete di asso-
luto non può essere sa7,iata dai surro-
gati di ideologie che conducono all'o-
dio, alla violenza e alla disperaz.ione...
Giovani! impegnatevi umanamente e
cristianamente in cose che meritano
sforzo, disinteresse e generosità...
Tornando a casa, dite a tutti che il
Papa conta sui giovani».
E in Irlanda: ~Questa mattina il
Papa appartiene alla gioventù dell'Ir-
landa. Ho desiderato molto questo
momento. Io credo nella gioventù con
tutto il cuore e con tulla la forLa della
mia convinzione... Domani voi sarete
la forza vitale della vostra nazione:
domani voi avrete il potere di lare che
i sogni diventino realtà».
Così il Papa negli Stati Uniti, a Ca-
stel Gandolfo, a Roma nelle parroc-
chie: è un'immagine ormai familiare
vedere il Papa che prova gusto a stare
tra i giovani.
Il segreto di quest'amicizia
C'è mutua fiducia; mutua simpatia;
mutua ansia di trascendere l'attuale
cultura laicista o marxista; mutua fe-
de nella vita, neJJa sua bellèzza, nei
suoi compiti di storia: mutua condan-
na della violenza, degli scherni bellici,
dei totalitarismi schiaccianti e delle
egemonie plagiarie; mutuo amore alla
natura, all'audacia atletica, alla lealtà
sportiva, alla musica, al canto, all'arte
e a w, nuovo tipo di cultura rivolta
ali'uomo, senza illuminismi e senza
scientismi. ln una parola, direi che i
giovani e il Papa s i sentono scopritori
in piena sintonia delle attrattive, sem-
pre più ch iare e formidabili, del Cri-
sto.
Ecco. a mio avvi.so, il segreto e il
centro di questa ammirabile e cre-
scente amicizia tra il Papa e i giovani è
proprio il mistero di Gesù Cristo. A
Natale è nato l'Uomo! A Pasqua è sta-
to liberato l'Uomo! A Pentecoste è di-
vampato l'amore dell'Uomo! Come
far sì che queste tre feste siano il sup-
porto della vita umana e della sua più
genuina cultura?
Nel suo vibrante dialogo con i gio-
vani in piazza Maria Ausiliatrice il
Papa ha proclamato l'urgente respon-
sabilità per essi di saper trasmettere
alle fulllre generaLion.i il vero amore e
la vera libertà. Oggi inlatti nelle so-
cietà di consumo l'amore viene gros-
solanamente adulterato: e negli stati
marxisti la libertà viene perl'idamente
conculcata.
Cl Papa " lega'' con i giovani, e i gio-
vani si sentono affascinati dal Papa,
rerché entrambi avvertono di stare
vivendo insieme un'ora di Avvento, e
in sintonia di cuore vedono apparire
la meravigliosa Cigura del Cristo Re-
dentore sugli incerti orizzonti del
Duemila.
Imparare dal Papa
D, Che cos&1 possono imparnre i figli
di Don Bosco, gli educatori, i ge11ilori,
dal modo con cui il Papa tratta i giova-
ni?
R. Molto! TI senso viuorioso della
fede; la psicologia dell'Avvento; il sa-
crilicato dinamismo della speranza; la
visione realista della problematica e
dell'angustia sociale ed ecologica ri-
ferita al quadro oggettivo ed attuale
della Risurrezione: la robusta volontà
e capacità di prescindere dalle ege-
monie culturali orizzontaliste: il tutto
concentrato in una grazia di predile-
zione verso i giovani che ci richiama
fortemente all'oi-iginalità del carisma
di Don Bosco.
E' sintomatico che le fotografie
dello s todco incontro dei giovani col
Papa a Torino presentino il Santo Pa-
dre su di un pc>dio al cui centro sorride
la bronzea figura di Dun Bosco.
Don Egidio Viganò
Re.ttor Maggiore
3

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CRONACA DELLA VISITA DI GIOVANNI PAOLO Il
Quelle due ore
del Pa a a Valdocc
Dalle 16.30 alle 18.30 il Papa si è fermato a Valdocco, il 13 aprile
scorso, per incontrare le suore e la gioventù di Torino. Era il primo
Papa in visita a Valdocco. E' stata una festa senza uguali, che avrebbe
commosso Don Bosco, e che i suoi figli non potranno più dimenticare
P er il suo incontro con la gio-
ventù, Giovanni Paolo n ha
scc.lLO la cittadella di Don Bo-
sco. Scelta emblematica, anche se l'e-
pisodio è solo una rTarione di quell'e-
pica giornata il cui significato va ben
oltre la dimensione salesiana.
l Papi a Valdocco. E' la piima visita
di un Papa che viene da Papa nella
citladella di Don Bosco. Ma diversi dei
recenti Papi, prima di salire il soglio
pontificio, avevano fatto sosta a Val-
docco, e alcuni vi avevano anche in-
contrato Don Bosco.
Il 15.8.1875 il canonico Giuseppe
Sarto, poi Pio X, sedette a mensa
ospite cli Don Bosco. Nel 1883 il gio-
vane sacerdote Achille Ratti, poi Pio
Xl, si termò con Don Bosco due giorni
e vo!Je vedere e conoscere tutto di
Valdocco. Nel 191 ➔ un altro giovane
sacerdote, Angelo Roncalli, poi Gio-
vanni XXIII, era pellegrino a Maria
Ausiliatrice; e tornò nel '53 da car-
dinale. Don Albino Luciani, poi Gio-
vanni Paolo r, più volte si recò al Cot-
tolengo in visita a una sorella suo.-a:
non tralasciò certo di fare una capati-
na a Valdocco. Quanto a Papa Woity-
la, quand'era sacerdote-studente a
Roma venne a visitare Valclocco nel
1947 (compì in Torino un itinerario
abbastanza simile a quello de!J'aprile
scor~o); probabilmente tornò ancora
a Valdocco per ricerche d'archivio; di
sicuro venne l'1.9.1978, poco prima
d'essere eletto successore di Pietro. E
ora è tornato, il primo come Papa.
Benvenuto a Valdocco. A una visita
simile occorreva prepararsi; e infatti
la sera cieli' 11 aprile il Rettor Maggio-
re - dietro invito dell'arcivescovo di
Torino - parlò nel grande teatro di
Valdocco pieno di torinesi. Fu una
conferenza lunga, densa, seguita con
molta attenzione e molti applausi.
La sera del 12 tu appannaggio dei
giovani, che celebrarono la "veglia
della gioventù torinese". Molti veni•
vano da ruori città, con i sacchi a pelo
e le immancabili chitarre. La veglia si
wolsc nella basilica (parlò lo scrittore
Il Papa "di casa" a Valdocco, sotto lo sguardo
di Don Bosco e del card. Silva. (Foto T. Chiesa)
Giovanni Testori), e soprattutto in
pia1;7a dove furono accesi parecchi
ralò attorno ai quali i giovani canta•
rono e suonarono.
Il mattino seguente alle l l la piaua
Maria Ausiliatrice venne ~barrata con
transenne. Alle 14 lo spazio era tutto
occupato da 15-20 mila giovani.
fl Papa doveva arrivare alle 15.30,
arrivò alle 16.37. Per strada la sua jeep
bianca si e1·a fennata tu1li i momenti;
egli aveva stretto migliaia di mani
Sulla porta della basilica lo allen-
devano l'arcivescovo di Torino, il
Rettor Maggiore, il card. Silva
Henliqu~z. Quest'ultimo per quel
giorno aveva altri programmi, ma
giustificò la sua presenza così: « Sono
venulO apposta da Santiago del Cile
perché sono certo che al mio posto il
card. Cagliero, in un'occasione come
questa, sarebbe venuto a piedi».
4
Due radio torinesi, la salesiana Ra-
dio lncomri e la diocesana Radio Pro-
posta, avevano installaLO la loro po-
stazione su un terraao a fianco della
basilica. TI Rettor Maggiore dette al
Papa il « Benvenuto a Valdocco, a no-
me di Don Bosco».
La basilica era stipata di suore, e il
Papa la percorse nei due sensi per sa-
lutarne quante più poteva. Poi sostò
presso l'urna di Don Bosco, pregò in
silem.io, accese una lampada votiva.
DaU'alLare maggiore tenne un discor-
so che mandò le suore in visibilio: ap-
plaudirono una trentina di volte. Poi
col Papa recitarono un'Ave Maria al-
l'Ausiliatrice. Poi il Papa mentre ~tava
allontanandosi tornò indietro per dire
al microfono: « L'ultima volta che ho
visitalo Torino, il I" se1tembre I978,
mi sono trovato a pregare in un banco
di questa parte della chiesa». Grande
entusiasmo delle suore di quel settore.
Ma il Papa aggiunse: « Badate però
che si inginocchiano i peccatori, i
sami sono da quest'altra parte». E
l'entusiasmo cambiò di settore.
Cl aspetta a Roma. Sulla piazza, at-
torno al monumento di Don Bosco,
era stato allestito il palco. Esso lascia-
va emergere solo la figura suggestiva
di Don Bosco con i due ragazzi al suo
rianco. li Papa vi salì, accompagnato
dall arc1vcscovu Bal!c:.trero. dal card.
Pellegrino, dal card. Silva, dal Rettor
Maggiore (che durante il discorso si
sedetlero democraticamente sul pri-
mo gradino del palco). Almeno 500 tra
Figlie di Maria Ausiliatrice e loro al-
lieve guardavano dalla terrazza del
loro istituto affacciato sulla piazza.
U Papa e i giovani erano vicinissimi .
anche fisicamente. Il dialogo era di-
retto. Fu una grande festa, uno scam-
bio di ba1tute, di consensi, un mo-
mento di vita e di comunione.
Poi il Papa sulla jeep bianca passò
attraverso i cortili interni di Valdocco,
pieni cli ragazzi delle scuole elemen-
tari e medie. Sostò presso i bambini
malati giunti con le ca1·rozzclle. Un
bambino di J0 anni, colpilo da un
male incurabile, ollrì un mazzetto di
fiori. Da un piccolo palco un ragazzo
gli lesse un breve indirizzo: «Grazie
p~r essere venuto Ira noi... Noi sap-
piamo di essere la speranza della
Chiesa perché abbiamo spalancato a
Cristo le porte della nostra vita... ». Al-
la fine il Papa scambiò qualche parola
con il giovane speaker. «Che Li ha
detto?», gli domandarono i curiosi i
compagni. « Che mi aspetta a Roma,
che ci aspetta tutti a Roma perché
vuole ancora parlarci».
Erano le 18.30 circa, quando la
bianca jeep col Papa uscì dal cortile
interno sulla piazza Sassa1i, per rag-
giungere i 500 mila che allendevano in
piazza Vittorio. Tornerà ancora?

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Il DISCORSO DEL PAPA IN PIAZZA MARIA AUSILIATRICE
Ecco il testo del discorso pronunciato a Torino dal papa il pomeriggio del 13 aprile 1980, in una
piazza gremita di giovani e ragazzi ai limiti della capienza (e un po' oltre).
I I Papa fu accolto da grida e ap•
plau~i, e da 1111 ca/llO i11 polacco a
cui si 1111i ca111ando a piena voce
co11 i xiovani. Poi e:,ordì dicendo «Qui
mi trovo meglio che a Roma», e riuscì
a frenare /'e11wsias1110 aggiunKendo:
«Adesso dobbiamo metterci al lavo-
ro». Seguì il discorso di selle cartelle,
arricchito da ,·011ti111w i111erpola;;ioni, e
wol11nga10 da canti e applausi.
(I sottou'toli so110 della redazione).
Comincio con una domanda: pole•
,·a mancare, carissimi giovani della
Città e della Chiesa di Torino, uno
:,pecialc appuntamento con voi in oc-
casione di questa mia visita? Poteva
mancare o no? (l giovani: No!).
Allora co:-ì ci troviamo su un punto
li!>~o. E dobbiamo ringraziare gli or-
ganizzato1·i che hanno provveduto a
un tale appuntamento e a un tale pro-
gramma.
Trovandomi nella vostra terra, io ho
avvenito, più che la convenienza, la
neces~ità di rivolgen i la mia parola di
esortazione e di incita111cnto, anche
pt!r conlortare l::t speranza di quanti.
negli anni dil Licili che stiamo viventlo.
si rivolgono a voi cCJn rinnovata ridu-
cia.
Un primo nome: D on Bosco. Torino
è una città che nel seuorc religioso-
educativo ha Lradi1.ioni insigni e leue-
ralmente esemplari. Essa ci presenta
figure elci te di uominj e di giovani
che. pur essendo vissuti in età diversa
dalla nostra, dimosu·ano w,a sor-
prendente auuaJhà e possono orfrire
lezioni vaJi<li!>sime al mondo modcr·
no. Tra i tanti nomi, che potrei fare, ne
sceglierò solo due.
li primo è quello di san Giovanni
Bosco, che dei giovani fu ,m grande
educatore, al punto che la sua opera in
loro favore ha avuto una vasta irra-
dia.donc non soltanto qui e nella re-
gione circostante, ma anche nell'Italia
e nel mondo. Che cosa posso d ire della
mia Cracovia, della mia Polonia? Vi
sono tanti salesiani! lo sono vissu to in
una parrocchia salesiana per parecchi
anni. Allora non posso non parlare su
San Giovanni Bosco.
Ecco allora che io vorrei chiedere:
che cosa vuol dire essere un grande
educatore? Vuol d ire, prima di tulio,
e'ssere un uomo che sa « comprende-
re» i giovani. E inlaui nrn sappiamo
che Don Bosco aveva una particolare
intuil.Ìone dell'anima giovanile: egli
era -.cmpre pronto e anento nell'a-
scoltare e capire i giovru1i che a lui
accorrevano numerosi nell'oratori.o di
Valdocco e nel Santuario di Maria
Ausiliatrice. Ma. bisogna aggiungere
subito che la ragione di questa pecu-
liare prolondilà nel «compren'c.lcrc» i
gio,·ani fu che con altrettanta profon-
dità li «amava».
Co111p1'e11dere e amare: ecco l'insu-
perata formula pedagogica <li Don
Bosco, il quale - ic> penso - se oggi
fosse in mezzo a voi, con la sua matu-
ra esperienza di educatore e col suo
buon senso <li auLenLico piemontese,
saprebbe in voi ben individuare e di-
stinguere efficacemente l'eco, non
mai spenta, della parola che Cristo ri-
volge a chi Yuol C!>::.Crc suo discepolo:
«Vieni, seguimi». Segwmi con ledellà
e costanza; seguimi fin da quc~to mo-
mento: seguimi lungo le varie, possi-
bili vie della tua vita! Tutta l'a1Jone tU
5

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san Giovanni Bosco - a me sembra
- si riassume e si definisce in questo
suo riuscito e magistrale «avvio» dei
giovani a Cristo.
D secondo nome: Pier Giorgio. Il
secondo nome è quello di Pier Giorgio
Frassati, che è figura più vicina alla
nostra età (morì infatti nel 1925) e ci
mostra al vivo che cosa veramente si-
gnifichi, per un giovane laico, dare
una risposta concreta al « Vieni e se-
guimi». Basta dare uno sguardo sia
pure rapido alla sua vita, consumatasi
nell'arco di appena ventiquattro anni,
per capire quale fu la risposta che Pier
Giorgio seppe dare a Gesù Cristo: fu
quella di un giovane « moderno»,
aperto ai problemi della cultura, dello
sport (un alpinista tremendo), alle
questioni sociali, ai valori veri della
vita; e insieme di un uomo profonda-
mente credente, nutrito del messaggio
evangelico, solidissimo nel carattere
coerente, appassionato nel servire i
fratelli e consumato in un ardore di
carità che lo portava ad avvicinare,
secondo un ordine di preceden1.a as-
soluta, i pove1·i e i malati.
U valore di essere persona. Perché,
parlando ora a voi, ho voluto prendere
esempio da queste due [igure? Perché
esse sen1ono a dimostrare, in un certo
senso da due diversi lati, quel che è
essem:iale per la visio11e cristiana de/-
111101110. L'uno e l'altro - Don Bosco
come l'ero educalo1·e cristiano e Pier
Giorgio come vero giovane cristiano
- ci indicano che ciò che più conta in
tale visione è la persona e la sua vo-
cazione, così come è stata stabilita da
Dio. Voi sapete bene che è frequente
ormai da parte mia questo richiamo
alla persona, perché si u·atla vera-
mente di un dato fondamentale, da
cui non si potrà mai prescindere; e,
dicendo persona, non intendo fare un
discorso di un umanesimo autonomo
e circoscritto alle 1·ealtà di questa ter-
ra. L'uomo - giova ricordare - in se
s1esso ha un immenso vaJore, ma non
l'ha da se stesso perché l'ha ricevuto
da Dio, dal quale è stato creato «a sua
immagine e somiglianza». E non c'è
una definizione dell'uomo adeguata aJ
di fuori di questa! Questo valore è co-
me un« talento» e, secondo l'insegna-
mento della nota parabola, deve esse-
re amministrato bene: cioè, utilizzato
in modo che fruttifichi in abbondan-
w. Eccola, o giovani, la visione cri-
stiana dell'uomo, la quale, partendo
da Dio creatore e padre, fa scoprire la
persona in quel che è e in ql1el che
deve essere.
L'uomo deve trascendere se stesso.
Ho parlato di fruttificazione e mi soc-
corre anche in questo il Vangelo al-
lorché propone - è lettura che ab-
biamo incontrato di recente nella sa-
cra liturgia - la similitudine del fico
UN PAPA DI CASA IN CASA DON BOSCO
«lo sono vissuto in una parrocchia
salesiana per parecchi anni". questa la
confìdenza di Giovanni Paolo Il ai gio-
vani radunati in piazza Maria Ausiliatri-
ce. Esattamente gli anni sono stati otto:
dal 1938 al 1946, quelli - per cosl dire
- di competenza salesiana, cioè della
sua giovinezza. La parrocchia era quella
di San Stanislao Kostka a Krak6w, in
Polonia (e ora I salesiani anche in suo
onore stanno rimettendo a nuovo la
"sua• chiesa). Abitava in via Tyniecka
10. (BS di gennaio 1979, pag. 4-7).
1938. Karol (per gli amici Lolus, cioè
Carletto) a 18 anni va a Krak6w colpa-
dre, per frequentare l'unlversità (ma la
guerra troncherà i suoi studi). Nella par-
rocchia aderisce alla • Conferenza del
rosario vivente», un ce,acolo di spiri-
tualità giovanile che ha in un laico ec-
cezionale, il sarto Jan T~ranowski, Il suo
animatore e nel salesiano don Wincenty
Zaleskl l'assistente spirituale.
1943. Don Zaleskl annuncia ai giova-
ni dell'associazione che Karol e un suo
compagno entrano in seminarlo. • En-
trare» non è la parola giusta: per ordine
delle autorità più nessun giovane può
esservi accettato. e Karol lo frequenta In
forma clandestina. Per gll studi trova
aiuto ln parrocchia: un salesiano gli fa
scuola di latino, ha diviso con I mobili la
sua stanza in due parti ricavando un an-
golino tranquillo per Karol. E' ancora vi-
vo, si chiama don Zbigniew Baczkowski.
1946. Karol è ordinato sacerdote.
Celebra a Oswiecim (dove i salesiani
hanno la loro unica scuola in Polonia),
per la festa di Don Bosco. Testimonianza
del direttore: « Durante l'omelia rima-
nemmo gioiosamente colpiti nel sentirlo
dire che doveva la sua vocazione sacer-
dotale ai salesiani•.
1958, 5 settembre. I vescovi polacchi
chiedono alla Santa Sede - e ottengo-
no - che In Polonia nel giorno 24 mag-
gio si possa celebrare la "festa" di Maria
Ausiliatrice. Tra i firmatari figura Il nome
di Carolus Wojtyla, come vescovo ausi-
liare di Krak6w; nella foto di gruppo del
vescovi appare l'unico in semplice talare
di sacerdote: è già eletto vescovo, ma
non è ancora consacrato. Uno dei pri-
missimi atti del suo episcopato, forse il
primo, è questo omaggio reso alla Ma-
donna di Don Bosco.
Vescovo, arcivescovo, cardinale.
Nella sua diocesi di Krak6w i salesiani
hanno 4 parrocchie, 6 quasi-parrocchie
e 6 cappellanie: sono Isuol collaboratori
nell'attività pastorale, sovente si incon-
trano con lui, lo accolgono in casa.
Durante una visita alla «sua• parroc-
chia una volta • ringraziò tutta la comu-
nità parrocchiale per l'aiuto che aveva
ricevuto nel realizzare la sua vocazio-
ne». In altra occasione, parlando dal
pulpito e indicando l'altare laterale di
Maria Ausiliatrice, precisò: Qui davanti
a questo altare ho pregato la Madonna
chiedendo la grazia della vocazione sa-
cerdotale. E ora la ringrazio affettuosa-
mente per questa grazia».
1969. Il salesiano don Jan Palusinski
sterile che è minacciato di sradica-
mento.
L'uomo deve fruttificare nel tempo,
cioè durante la vita terrena, e non sol-
tanto per sé, ma anche per gli altri, per
la società di cui è parte integrante.
Tut1avia questo suo operare nel tem-
po, proprio perché egli è ''contenuto''
nel tempo, non deve fargli né dimen-
ticare né trascurare I' altra essenziale
sua dimensione, di essere che è orien-
tato verso l'eternità: l'uomo, dunque.
deve fruttificare simultaneamente
anche per l'eternità. E se togliamo
questa prospettiva all'uomo, egli ri-
marrà un fico sterile. ·
Da una parte, egli deve «riempire di
sé» il tempo in maniera creativa.
perché la dimensione ultraterrena
non lo dispensa certo dal dovere di
operare responsabilmente e original-
mente,partecipando con efficacia e in
collaborazione con tutti gli altri uo-
mini, all'edificazione della società, se-
condo le concrete esigenze del mo-
mento storico in cui si trova a vivere.
E', questo, il senso cristiano della
«storicità» dell'uomo.
D'altra parte, questo impegno di le-
de immerge il giovane in una con1em-
poraneilà1 che porta in se stessa, in un
ceno senso, una visione contraria al
cnsuanesimo. Questa anti-visione
presenta queste caratteristiche, che
ricordo in modo sia pure sommario.
All'uomo d'oggi manca spesso il senso
del trascendente, delle realtà sopran-
naturali, di qualche cosa che lo supe-
ra. L'uomo non può vivere senza
qualche cosa che vada più in là, che lo
superi. L'uomo vive se stesso se è
consapevole di questo, se sa che deve
sempre !.uperare se stesso, trascende-
re se stesso. Questa trascenden1.a è
inscritta profondamente nella costi-
tuzione umana della persona. Ecco,
nella antivisionc. come ho detto, con-
temporanea, il significato dell'esi-
sten1.a dell'uomo viene a esse1·c «de-
terminato» nell'ambito di una conce-
Lione materialistica in ordine ai vari
problemi, quali ad esempio quelli del-
la giustizia, del la,•oro ecc.: di qui sca-
LUriscono quei contrasti multifo1·mi
tTa le categorie sociali o tra le entità
nazionali, in cui si manifestano i vari
egoismi collettivi.
E' necessario invece superare tale
concezione chiusa, e in fondo alie-
nante, contrapponendo a essa quel più
1'as10 orizzonte che già la retta ragione
e ancor più la fede cristiana ci fanno
6

1.7 Page 7

▲back to top
organizza a Krak6w il Sacrosong, «fe-
stival della canzone religiosa». Il card.
Wojtyla prende sotto il suo patrocinio
l'Iniziativa, e partecipa tutti gli anni alla
manifestazione. La definisce: .11 Sacro-
song è l'incontro della parola di Dio nel
canto, è Il vangelo che diventa canzo-
ne». (BS di aprile 1979, pag. 7-1 O)
1974. I salesiani polacchi celebrano il
75• della loro attività in Polonia, e met-
tono anche questa celebrazione sotto Il
patronato del card. Wojtyla: egli parteci-
pa alle manifestazioni, sembra il più In-
teressato al loro buon esito.
1977. Il card. Wojtyla torna alla sua
antica parrocchia per un mesto rito:
compie «Il dovere cristiano di seppellire
con pietà il sacerdote J6sef Matlak», il
suo vecchio parroco. ~ lo ho ben pre-
sente la sua figura, la sua benevolenza
sacerdotale, la sua premura paterna,
come pure Il suo comportamento genti-
le, da fratello maggiore, verso di me. Ri-
cordo le parole buone che mi diceva. Dio
lo ricompensi di tutto ciò di cui gll sono
debitore, specialmente nella mia ultima
tappa verso il sacerdozio».
1978, novembre. Da pochi giorni è
Papa, e cinque salesiani polacchi desi-
derano vederlo. La sua agenda è piena
di appuntamenti, proprio non sarà pos-
sibile. E lui li invita dopo cena, «durante
il mio tempo libero•·
1978, 21 dicembre. Il Papa riceve i
superiori salesiani in udienza privata.
Vuole sapere quanti sono i figli di Don
Bosco nel mondo, e esclama: • Ma siete
più potentì dell'Opus Dei!• Il Rettor
Maggiore cerca di ridimensionare le co-
se, ma il Papa ripetendo un concetto
espresso poco prima ai superiori dei
Domenicani: « No, no! Per realizzare il
bene ci vuole potenza. Lo diceva già san
Tommaso d'Aquino•· Il commiato del
Rettor Maggiore: «Santo Padre, Don
Bosco e I suoi figli saranno sempre con
Pietro». (BS di febbraio 1979, pag. 3-4).
1979, 14 gennaio. A Roma visita la
parrocchia salesiana del quartiere Te-
stacelo. Un ragazzo ricorda: « Ml ha det-
to che sono un bravo ragazzo»; poi con
stupore: « Ma è vero che Il Papa è infal-
libile? (BS di marzo 1979, pag. 8-9)
1979, S maggio. Trentamila ragazzi
delle opere salesiane si radunano in
piazza San Pietro per celebrare col Papa
Il 25° della canonizzazione del loro " a-
mico" Domenico Savio. Il Papa nel di-
scorso Il invita a crescere fiduciosi, uniti
e forti. (BS del luglio 1979, pag. 3-5)
1979, 2-10 giugno. li Papa visita la
Polonia, e i salesiani sì tanno in quattro
per festeggiarlo. Organizzano pellegri-
naggi, mettono le loro opere a disposi-
zione dei pellegrini (qualche chiesa in
quei giorni si trasforma In dormitorio...),
collaborano per il servizio d'ordine. Du-
rante il soggiorno a Krak6w, rgiovani del
Sacrosong (che avevano scelto come
tema per quell' anno le parole del Papa
« Spalancate le porte a Cristo.) tutte le
sere vanno sotto le sue finestre a canta-
re e suonare per lui. E lui più di una volta
si affaccia alla finestra e si unisce ai cori.
(BS di settembre 1979, pag. 29)
1980, 31 gennaio. A Roma si svolge il
" sinodo olandese". Un gruppo di gio-
vani d'Olanda manda un messaggio al
Papa, accompagnato da un cero. e affi-
da tutto al salesiano padre Adriano Van
Luyn che partecipa al sinodo. Nell' ultima
concelebrazione il Papa fa collocare li
cero sull'altare, e lo accende personal-
mente. Poi durante l'omella rivolge un
saluto a quei ragazzi. (BS d i aprile 1980.
pag. 6)
1980, 13 aprile. Il Papa è in visita a
Torino Valdocco.
Giovanni Paolo Il a tu per tu con Don Bosco, davanti alla sua urna, nella basilica. (Foto A. Mari)
intravedere. Li inta tti i problemi tro-
vano una soluzion e più pien a ; la
giuslizia assume completezza e allua-
Lione in tulli i su oi asp cLti ; i r apporti
umani, esclusa ogni forma di egoismo,
vengon o a corri sp ondere alla d ignità
dell'uomo, come persona sulla quale
risplende il volLo di Dio.
Cristo completa la vostra persona-
lità. D a LuLto ciò em erge l'importanza
di quella scelLa, che voi giovani d ovete
lare! F a tela co11 Crisro, seguendol o
animosamente e ad erendo al suo in-
segnamento, consapevoli d ell'eterno
am ore che in lui ha Lrovato la su a
espressione suprema e la sua d eriniti-
va testimonianza.
N el dirvi quesl o, i o n on p osso certo
ignorare gli ostacoli e i pericoli, pur-
u·oppo n é lievi né infrequenli, ch e a
voi si p resentano n ei diversi ambienti
dell'o dierno conLcs w sociale. M a n on
d ovet e lastiar v i sviare; non d ovete
m ai ced ere alla Lentazionc, so ttile e
per ci ò stesso più insidiosa, di p en sare
ch e una 1alc scelta possa contraddir e
alla form a1.i on e d ella vosLra·p erson a-
lità. Io n on esiLo ad afl erm are che
ques1a opinione è d el Lutto falsa: rite-
n ere ch e la vita uman a, nel p rocesso
della su a crescita e d ella sua matura-
Lion e, p ossa essere «diminuita » d al-
l'influ!>!>Od ella fed e in Crbto, è un ' idea
da respinger e. E' vero esatwmente il
con t rario: com e la civiltà sarebbe d e-
p auperata e m on ca senza la presen za
d ella compo nente religi osa, d ella
compon en le cristian a, così la vita d el
!>ingoio uom o, e segn a tam ente d el
giovane, sarebbe incompleta e caren-
Le sen za u n a forte esp erienza di fed e,
auinta d a un conla tto dirello con Cri-
sto CrociIisso e Risorto.
Il crlstia nesimo, la fede , credetemi,
giOl'ani, dà co111ple1e:.za e coro11am e11-
10 u llu 1•ost1·a personalità: esso, incen-
Lrato com 'è nell a figura di Cristo, ver o
Dio e vero Uom o , e com e tale red en -
wre dell'uomo, vi apre a lla consider a-
Lion e, alla compre nsion e, al gu sto d i
Lutto ciò ch e di grande, di bello e d i
nobile è n el m ondo e n ell'uomo. L'a-
d esion e a Cri st o n on compi-ime, m a
dilal a ed es~LL a le «spinte» ch e l a sa-
pienza di Dio CreaLore ha deposto
nelle vostre anime.
L 'ad esio11e a Cristo 110 11 m o rtifica,
111t1 irrobustisce il se11s0 del d overe
m orale, dtmdo ,•i il desiderio e la soddi-
sfa.:.ione di i111pegnarvi per «qllalcosa
e/te ,1er a111em e l'a le », d andovi, ripeto ,
il desiderio e l a soddb(azi on e di im-
pegn arvi così. E premunend o lo spiri-
10 contro le ten denze, oggi n on d i rado
affioranti nell'animo giovanile, a «l a-
sciar si andare » o n ella dire.Lione di
una irresp on sabile e n eghittosa abdi-
cazion e, o nella via della \\'iolenza cie-
ca e omicid a.
li cristianesimo è giofa. Soprallullo
- r icorda telo sempre - l'ad esion e a
Cristo sarà fon te di una gioia autenti-
ca. di una gi oia intima. Vi ripeto , l'a-
7

1.8 Page 8

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«Adesso proibito lare steechel» ha commentato il raga.zzo della chitarra. (Foto A. Mari)
IL PAPA? FORMIDABILE!
(I COMMENTI IN PIAZZA)
* Il Papa è appena sceso dal palco,
elevato in Piazza Maria Ausiliatrice al-
l'altezza del monumento a Don Bosco.
Solo Don Bosco, realtà e simbolo, è ri-
masto lassù con un ragazzo per mano.
Ma la piazza pullula ancora di giovani
accaldati, rochi dal tanto gridare, ap-
plaudire, partecipare. Giovanni Paolo Il
sale sulla sua jeep bianca levando in alto
una chitarra che un fortunato è riuscito a
"imprestargli". Scoppia lì intorno un si-
bisso di applausi. Afferro un quindicen-
ne che sguscia al seguito della jeep. E'
tutto agitato, rosso come un gambero.
Ml lasci andare. Mi lasci andareI•
Un attimo (gli metto il microfono sotto Il
naso). Che ne dici di questo Papa?»
*« Formidabile».
Il ragazzo è già scomparso dietro la
jeep, inghiottito dal seguito papale. Un
giovane di 17-18 anni se la ride accanto
a me, tra divertito e interessato. Forse
uno studente.
«Hai sentito il Papa?» «Certo che l' ho
sentito• «Cosa ti ha colpito di più? »
Quando si è messo a cantare con noi».
«Non il suo discorso? Voglio dire: le
cose che ha detto... • • Sl, le cose che ha
detto... Ma poi ha cantato con noi •.
«Allora?» «Allora mi ha convinto anche
per le cose che ha detto. Un Papa cosi è
del nostri: affronta i nostri problemi, ci
convince di quello che dice...,._
* Ml viene in mente Il Santo che è
rimasto lassù, sopra il palco. Amate le
cose che amano I giovani, e riuscirete a
convincerli». Papa Wojtyla è venuto a
dare una lezione di stile salesiano. Rag-
giungo l'altro giovane che è riuscito a
offrire la chitarra al Papa. «E adesso che
la tua chitarra è stata "toccata" dal Pa-
pa?,. «Niente. La suonerò come prima».
«Un bel ricordo, ammettilo•. • L' ammet-
to».
Cerca di mantenerla bene intona-
ta... •. Il giovanotto ride: Ah si. Non
potrò più stonare. Proibito fare stec-
che». «Anche nella vita».
Questa conclusione è mia, ma credo
*che il ragazzo ne fosse già convinto.
Giro intorno gli occhi, a caccia di
qualche altra impressione. Vedo un
quindicenne seduto a terra, sul gradino
di una fontana.
«Stanco?» «Be', un pochino•. Guar-
do l'orologio: sono le sei pomeridiane, i
ragazzi sono li da cinque ore! • Allora
non sei contento?• «Sono contentissi-
mo. Che c'entra? Passerei un'altra gior-
nata così... ».
«Che cosa ricordi del discorso del
Papa?» Mah... Ha parlato di Don Bo-
sco, di Pier Giorgio Frassati... Ha detto
che bisogna comprendere e amare I
giovani... che I giovani devono essere
creativi... superare se stessi... scegliere
Cristo... Poi ha detto: voglio arrivare alla
parola "gioia". Cose cosi. Mi è piaciuto
molto •. «Hai una buona memoria. An-
che a scuola?• Non c'è male. Riesco
abbastanza bene». Lascio il mio interlo-
cutore con tanti auguri.
.,. Fendo la calca. Raggiungo un gio-
vanotto probabile studente universitario.
Lo vedo ridere mentre sto armeggiando
con il registratore tascabile, il pfù sem-
plice che abbia potuto trovare.
Senti. Il Papa ha posto un dilemma:
da una parte un po' di beni materiali, con
l'aggiunta magari di cultura. scienza e
tecnologia più progredite: dall'altra i be-
ni di ordine spirituale, che si chiamano
amore e libertà, pace e giustizia, intesi
nel senso dei Vangelo e della Fede. Tu
sei d'accordo?» «Sì. Ma il Papa non ha
posto un dilemma. Ha messo le due cose
Insieme, come valori da possedere e da
trasmettere. Sono perfettamente d'ac-
cordo in questo senso».
Ho l'impressione che I giovani abbia-
no ascoltato e capito il Papa più di
quanto noi adulti •preparati•, anziani
«scaltriti•, supponiamo con una certa
fretta. Chiudo Il mio registratore. Tutto è
già registrato nell'animo di questi ra-
gazzi, che forse ricorderanno per l'Intera
vita li loro incontro con il Papa.
Marco Bongioanni
<lesione a Cristo è tonte di una gioia
che il mondo non può dm·e, e che -
come egli stesso preannunciò aj suoi
discepoli - nessuno potrà mai to-
gliervj anche essendo nel mondo.
Questa gioia. come rrutto di una fc.
de pasquale e [rullo «di conta110» con
Cristo, come dono ineffabile dd suo
Spirito, vuol essere il punto d'aJTivo
<lell'odicrno mio coUoquio con voi.
Voglio anivarc a questa parola :
«gioia». Voglio arrivare a questa pa-
rola, perché viviamo la senimana pa-
squale.
Il cris1ia11esi1110 è gioia, e chi lo pro-
lessa e lo fa trasparire nella propria
l'ila ha il dovere cli testimoniarla, di
comunicarla e diffonderla intorno a
sé. Ecco perché ho citato quelle due
rigure. Don Bosco: sono andato anco-
ra a trovare la sua tomba, e mi è sem-
brato che è ~empre gioioso, è sempre
8
sorndente. E Pier Giorgio: era un gio-
vane di una gioia traboccante, una
gioia che superava anche tante difli-
coltà della sua vita (perché il periodo
giovanile è sempre, anche, un periodo
di prova delle l'orze). _
Tornate alla scuola d i Cris to. Come
giovani, 1·oi l'i preparate a costrnire
11011 solo il vos1ro avvenire, 11w anche
quello delle xe11ern::io11i /11!11re: che
cosa trasmettere a esse? Vi tlovele
porre questa domanda. Solo dei beni
materiali, con l'aggiunta magari di
una più ricca cultura, di una scienza
più progredita, di una tecnologia più
avanzala? Oppure, oltre a questo, an,:i
prima ancora di questo, non volete
forse trasmcllcre quella superiore
prospettiva, alla quale ho accennato,
quei beni di ordine spirituale, che si
chiamano amore e libertà?
\\/ero amore, 1•era libertà. vi dico,
perché st possono lac1lmenle ,.[rutta-
re queste grandissime parole: amore e
libertà. Si possono faci lmente sfrutta-
re. Nella nostra epoca no i siamo te»Li-
moni di uno sfruttamento terribile di
queste parole: amore e liberLà.
Vi dico: dovete torna1·c al Vangelo.
Dovete tornare alla scuola di Cristo.
Trasmet1e1·ete poi questi beni tli ordi-
ne spirituale: ~enso della giustjzia in
tutti i rapporti umani, promozione e
tutela della pace.
E, vi dico di nuovo, sono parole
sfruttale, molte, molte volte sfruttate.
Si deve scmp1·e tornare alla scuola di
Cristo, per ritrovare il vero, pieno,
profondo signi ricato di queste parole.
ll necessario supporto per questi va-
lori non sta che nel possesso di una
fede sicura e sincera. ti.i una fede che
abbracci Dio e l'uomo, l'uomo in Dio.
Don: c'è Dio e dove c'è Gesù Cristo.

1.9 Page 9

▲back to top
:,uo Figlio, un tale fondamento è ben
saldo; è profondo, è profondissimo.
No11 c'è una dimensione più adeguata,
più profonda da dare a questa parola
« uomo», a questa parola «amore», a
questa parola «libertà». a questa pa-
rola « pace» e «giusli7ja »: altra non
c'è, non c'è che Cristo. Allora, tornan-
do sempre a questa scuola, ecco la d-
cerca di quei doni pre1,ìosi che voi
giovani dovete o-a.smettere alle gene-
razioni future, al mondo di domani;
sarà con Lui più facile, e non potrà
non riuscire.
Date una prospettiva cristiana al
mondo. (A questo pumo il Papa ac-
cenna li concludere il disc:orso:) Come
avete visto, ho parlato dalla carta, ho
parlato [uori carta, devo già termina-
re. (I giovani: No!) Sono convinto che
si potrebbe continuare, ch e si potreb-
be testimoniare di più, ma io lo faccio
da questa mattina, dalla maltina avcle
ascoltato il Papa, non si può ascoltare
sem;a fine... Basta! (A n cora proteste e
applausi dei giovani, e cami).
Allora, se volete ancora sentirmi,
dovete andare sulla piaua non so co-
m e si chiama, pia7.za Gran Madre <li
Dio... Qua sono state sette pagine con
alcune aggiunte, sarann o 14 pa1:,>inc.
Ma non ho ancora terminato ... (E ri-
prende la letturn.)
Sul punto di congedarmi da voi, io
desidero sollevarvi a questa vision e di
trascendente bellezza, onde la vostra
vita cristiana acqL1is ti solidità e cresca
«di virtù in virtù» (come dice il Salmo
83), e fi orisca- perché si ete giovani, e
dovete fiorire - fiorisca in opere, che
anche per la società terre na s iano
premessa e promessa di un avvenire
più umano , e perciò più sereno. E'
l'imperativo maggiore di questa no-
stra epoca che diventa triste, e sarà
ancora più triste. più tragica, se non
vedsà queUa pros pettiva che sola-
m ente voi giovani potete dare a essa.
al n ostro secolo . al nostro m ondo!
(Si susseguono applausi e canti, tm
cui 11110 in polacc:o e un Afleluja, tilt/i
acco111pagnuti dul Papa co11 la sua forte
voce. Poi il Papa rivolge parole scJier•
.:ose all'indirizzo del Cardinale di To-
rino, e i ragaui riprendono a cantare.
l11fi11e il Papa uccen,w agli Ìlllpegni ch e
wKora lo attemlono: « Io <;on o un u o-
mo onesto, - dice, picchiettando col
dito sul 1•et1'0 dell'orologio - , non
posso mancare agli appuntamenti», e
co11clude:)
E ora, facciamo venire i Cardinali, i
Vescovi. Diamo la benedizione a que-
sti giovani. Ecco, diciamo una pre-
ghiera, il Padre Nostro, e poi, poi da-
remo una benedizione a voi tutti qui
presemi, i V escovi insieme con il Ve-
scovo di Roma, oggi pelJegrino a To-
rino. Sia lodato Gesì:t Cristo. Arrive-
derci!
ILibreria
ALUFFI ALDO
Tutto per la comunicazione
nel sogno di Papa Woìtyla
Ed. Elle Di Ci 1980. Pag. 360, lire 6. 000
Accanto a tante altre conclamate teolo-
gia (della liberazione, della rivoluzione
ecc.), è stata elaborata da tempo anche
una teologia della comunicazione. Ma chi
se ne dà per inteso e si preoccupa di ap-
profondirla? Eppure i motivi per farlo non
mancano. L'epoca attuale si definisce co-
me epoca della comunicazione. E proba-
bilmente solo quando le realtà umane ed
ecclesiali saranno riconsiderate alla luce
di una teologia della comunicazione si
comprenderà esattamente l'uomo e la
Chiesa oggi.
Questo Papa Wojtyla che tanto interes-
se suscita, appare a chi ben lo considera
soprattutto un "uomo di comunicazione",
e perciò si offre come spunto ideale per un
ripensamento del ruolo della comunica-
zione nella vita cristiana. Uno spunto che
è stato ben utilizzato dall'autore per ripro-
porre con molta opportunità la sua rifles-
sione sulla teologia della comunicazione.
TERLOUWJAN
Come si diventa re
Ed. Sei 1979. Pag. 184. /Ire 3.500
Romanzo per ra-
gazzi, della fortunata
collana "I nuovi
adulti". La cornice
esterna è quella della
fiaba: In un paese
immaginario si deve
eleggere il nuovo re,
e un ragazzo chiede
l'investitura. Per ot-
tenerla dovrà affron-
tare sette dlfflclli
prove. Ma ecco l'ele-
mento nuovo: le prove a cui viene sotto-
posto sono ispirate al problemi ecologici
moderni, quelli che Inquietano i respon-
sabili della nostra società. Il racconto,
spigliato e piacevole, è scritto da uno stu-
dioso dell'uso pacìfico dell'energia atomi-
ca e membro del parlamento olandese, e è
già stato tradotto nelle principali lingue.
PEREZ JOSE' LUIS
Gioventù e Impegno della lede
Ed. Elle Di Ci 1980. Pag. 176, Jlrè 4.000
L'autore è noto come fondatore del
movimento Adsis costituito da "comunità
di giovani dirigenti laici", una delle pre-
senze giovanili oggi più vive In Spagna. Il
libro è una raccolta di articoli econferenze
su argomenti omogenei, centrati sulla fi-
gura del giovane nella Chiesa, sulla ne-
cessità e i modi di crescerlo nella fede.
L'avvicinamento del giovane alla Parola di
Dio, la preghiera del giovane, ii colloquio
spirituale, la scuola, l'associazionismo
cristiano, la comunità testimone, sono al-
cuni del temi affrontati. La riflessione tec-
nica trova In essi Il robusto sostegno del-
l'esperienza dell'autore, maturata in una
vita di impegno con la gioventù.
I
NATTA ENZO
Film Cronache
Ed. Elle Di Ci 1979. Pag. 368, lìre 5.200
Il volume è anzitutto una raccolta di
schede dei film più interessanti e cultural-
mente impegnati usciti negli ultimi sei an-
ni. In più l'autore - noto critico cinema-
tografico - ha condensato nelle pagine
iniziali delle utili Indicazioni per la lettura
del film, e in quelle finali una proposta di
"cicli per cineforum". Si vede subito l'o-
rientamento pratico dell'opera, che se può
tornare utile a chiunque voglia affrontare Il
mondo della celluloide con spirito critico,
è soprattutto uno strumento di lavoro utile
in mano a operatori culturali. Specie se
impegnati fra la gioventù.
MEDI ENRICO
In faccia al mistero di Dio
Ed. Elle Di Ci, 1980. Pag. 260, lire 4. 600
Enrico Medi fu illustre scienziato, uomo
politico, e soprattutto uomo di fede. A sei
anni dalla morte la sua figura continua a
suscitare ìnteresse e cosi pure ì suoi
scritti. Questa nuova pubblicazione rac-
coglie le sue meditazioni sulle letture del
messale, artìcolate secondo I tempi litur-
gici. E I lettori vi ritroveranno la sua ricca
esperienza umana, la sua ricerca appas-
sionata di Dio, la ricchezza della sua ani-
ma nutrita di fede.
CASALE UMBERTO
Introduzione alla tede
Breve corso teologico per catechisti
Ed. LDC 1979. Pag. 104, lire 2.200
E' logico aspettarsi da un catechista
(ma non meno da chiunque faccia aperta
professione di impegno cristiano) che ab-
bia per sè e per gli altri una chiara consa-
pevolezza della propria scelta di fede. Il
libro porta ìl lettore alla conclusione che si
può «credere in maniera intellettualmente
onesta., che si può «rischiare la propria
esistenza per Gesù di Nazareth, Dio-uomo
crocifisso e risorto•.
LADRIERE JEAN
I rischi della razionalità
Ed. Sei 1978. Pag. 228, lire 6.000
L'autore, docente all'università dì Lova-
nio, è considerato ìl maggior studioso di
filosofia della scienza d'impostazione cri-
stiana. La sua opera affronta uno degli
aspetti nevralgici della crisi del pensiero
moderno, vale a dire - come suggerisce
lo stesso sottotitolo del libro - "la sfida
della scienza e della tecnologia alle cultu-
re ". E' una sfida che tocca da vicino tutti I
popoli, poiché l'attuale potere della
scienza e della tecnologia ha una tale
portata che può cambiare il destino del
mondo intero. La trattazione di Ladrière
porta a riconoscere - come tentativo di
soluzione - una funzione decisiva all'a-
zione, intesa come elemento unificante tra
scienza e tecnica da una parte, e le culture
dall'altra.
Per richieste, pagina 2 colonna 2.
9

1.10 Page 10

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FILIPPINE*
I ragazzi cli Papua ci aspetta-
( ( no». Lui li ha visti bene, a
scuola senza scarpe, senza li-
bri e con una biro. Lui, padre Valeria-
no Barbero, è andato là sul posto, a
visitare la missione di Araimiri che il
vescovo ora affida ai salesiani. C'è ri-
masto per una settimana, a provare, e
ha riferito: « E' stata una settimana
decisamente dura: ero solo e in un
certo senso impreparato. L'esperienza
mi sarà utile per quando tornerò defi-
nitivamente. Allora il lavoro non
mancherà, e dopo i p1imi entusiasmi
non sarà senza sacrificio». Torna a
metà giugno 1980, con altri cinque sa-
lesiani, per pn,ndere in mano la mis-
sione che ha assoluto bisogno cli forze
nuove per andare avanti.
Questi filippini straripanti. L'ini-
ziativa è partita nel gennaio 1978 da
mons. Virgil Copas, vescovo di Kere-
ma, sul cui territorio si tTova la mis-
sione. PeT essere più persuasivo egli
ha interessato a Roma la Sacra Con-
gregazione per l'evangelizzazione dei
popoli, e insieme si sono 1ivolti al
Rettor Maggiore. Ad agosto un supe-
riore saJesiano, don Williams, era sul
posto e dava giudizio positivo. Allora
don Viganò invitava i salesiani delle
Filippine, l'ispetloria vicina più di-
sponibile, a farci un pensierino. Nel
'79 anche l'ispettore lilippino padre
José Carbonell ha fatto una visita a ha
concluso: « Credo che Araimiri sia un
campo di lavoro veramente adauo ai
missionari salesiani». Poi all'inizio del
1980 vi ha accompagnato padre Vale-
riano perché provasse per sette giorni.
I salesiani delle Filippine si rivelano
straripanti: 30 anni fa, in quella na-
zione non si sapeva chi fosse Don Bo-
sco, ora le vocazioni salesiane sono
tanle che oltre a badare alle proprie
opere in continua crescita essi aprono
anche missioni all'estero. Sette sale-
siani l'ilippini sono già missionari in
Thailandia, e due in Etiopia; ora per
l'appunto aJtri sei andranno ad Arai-
miri.
E fanno bene, è veramente terra
di missione.
Un paese giovane. La Papua New
Guinea comprende la parte orientale
della Nuova Guinea (la più grande
isola del Pacifico, 160 km a nord del
continente australiano), più l'arcipe-
lago Bismarck e varie isole minori. E'
vasto una volta e mezza l'Italia
(461.000 kmq) ma raggiunge s1 e no gli
abitanti cli Roma (2.900.000). E' uno
stato di recente indipendenza (1975),
membro del Commonwealth britan-
nico. E' una democrazia parlamenta-
re, in cui la Chiesa ha grande influen-
za: la sua costituzione è stata scritta
da un prete, e molti dei suoi attuali
I ragazzi di Papua
c1aspettano
Sei salesiani delle Filippine questo mese si recano ad Araimiri per
prendersi cura della parrocchia e della scuola. Araimirl è un villaggio
o poco più, la popolazione è a metà strada fra l'età della pietra e le
condizioni del Terzo Mondo, i ragazzi sono bisognosi di tutto.
governanti provengono dalle scuole
delle missioni.
La capitale Port Moresby è in verti-
ginosa crescita: si avvicina ai 150.000
abitanti, mentre dieci anni fa non ne
aveva la metà. Dai villaggi arrivano
famiglie intere e a volte interi clan. Un
giorno sarà una grande metropoli?
Fuori della capitaJe si incontrano po-
chi piccoli centri qua e là, e qualcosa
come 14.000 villaggi.
La gente lungo le coste, specie a sud
del paese, vive in condizioni da terzo e
quarto mondo. Nell'interno monta-
gnoso ci sono ancora tribù primitive
dove tutto l'abbigliamento consiste
nel coprirsi i fianchi, e ci sono zone
ancora inesplorate. Un mosaico di 50
lingue vere e proprie, e di 700 dialetti.
rende difficile tulto, anche l'evange-
lizzazione. Ma l'avvenire. del paese
non è poi disperante: il sottosuolo na-
sconde oro, argento, manganese, pla-
tino, cobaJto; e il terreno fertile pro-
duce in abbondanza noce di cocco,
caffè, gomma, cacao, arachidi. Pian-
tateci quel che volete, e viene su.
Una Chiesa giovane. L'isola era
stata scoperta nel 1521, e conobbe
l'occupazione di olandesi, inglesi, te-
deschi. E dei giapponesi durante l'ul-
timo conflilto. Il primo annuncio di
Cristo vi fu portato da anglicani, lute-
rani e metodisti. La Chiesa è al lavoro
in forma sistematica solo daJ 1881, ma
ha già conseguito buoni risultati: nel
1977 si contavano 815.000 cattolici,
pari al 28,1% della popolazione. E'
dunque una Chiesa giovane e in pieno
sviluppo.
I buoni risuJtati sono stati conse-
guiti grazie a un pugno di missionari
coraggiosi (Missionari deJ Sacro Cuo-
re, Missionari del Verbo Divino, Mari-
sti) che per decenni si prodigarono in
un lavoro generoso e sacrificato. 1n
seguito aJtre congregazioni si sono
aggiunte, è sorto il clero cliocesano, e
nel 1966 il Papa J1a istituito la gerar-
chia ecclesiastica. Ora (i dati più re•
centi sono del '77) nel paese si contano
tre arcidiocesi da cui dipendono 13
diocesi, con 243 parrocchie e altri
1.212 centri pastorali. I sacerdoti sono
480 (per ora solo 52 diocesani, tutti gli
altri appartengono a congregazioni), i
religiosi laici sono 280. le suore 927.
Il lavoro dei missionari è stato pre-
miato anche dal sorgere delle voca-
zioni locali. l sacerdoti papuasiani so-
no una sessantina, e quattro sono ve-
scovi. n primo vescovo autoctono fu
consacrato nel 1970 da Paolo VI du-
rante il suo viaggio in Australia.
Tra cauolki e fratelli separati c'è un
clima abbastanza cordiale; solo aJcu-
ne denominazioni portate aJ fanati-
smo, come i Testimoni di Jeova, cau-
sano lo scompiglio dove arrivano (e
arrivano un po' dappertutto). Ma le
difficoltà di questa giovane Chiesa
sono molte aJtre: comunicazioni diffi-
cili (fuori delle città quasi non esisto-
no strade), troppe lingue, mancanza
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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DA GIUGNO IN MISSIONE NELLA NEW GUINEA
ha 21 anni appena, e è anche lui fresco
di studi di meccanica.
di scrittura, vita primitiva di molti vere in quella maniera? Mi dicevano L' Is pettore padre Carbonell ha in-
abitanti.
che a Papua si è ancora all'età della contrato una difficoltà nel formare
La doccia nella palude. La Papua pietra e io non volevo crederci, ma a l'équipe dei missionari. L'anno scorso,
New Guinea è un paese in cerca di vedere la condizione di quelle povere poco dopo aver lanciato la proposta
idenlità. L'analfabetismo che rag- donne, il pozzo dove la gente va a be- della nuova opera, doveva confessare:
giunge il 67% della popolazione adulta re, i maiali così importanti nella vita «Sul mio tavolo giace ora una lunga
è il vero nemico da combattere, e in del villaggio, mi dicevo: Valeriano, lista di confratelli generosi che si sono
questo campo le congregazioni mis- dove sci venuto a finire?»
offerti volontali. C'è vero spirito mis-
sionarie stanno svolgendo un lavoro Dovremo cominciare d al n ulla . Pa- sionario nei nostri giovani confratel-
prezioso. Nei centri la gioventù è del dre Valeriano, un novarese di 42 anni li». La sua difficoltà è consistita nel
tutto abbandonala, e quindi il campo partito missionario nel 1962, dal '76 dover scartare quelli in più. e nello
per i figli di Don Bosco è pronto.
con cittadinanza filippina, ha conclu- spiegare i no che era costretto a dire. Il
La diocesi di Kerema, a cui appar- so le sue considerazioni su quei selle 7.12.1979 i sei prescel1j hanno ricevuto
tiene la missione di Araimiri, sorge giorni passati ad Araimiri dicendo: il crocefisso missionario. Il vescovo di
nella zona più sottosviluppata, più bi- «Però mi sono sentito veramente Kerema li attende cQn impazienza, le
sognosa e più missionaria del paese. U missionario». E per questo torna. At- autorità civili pure. Vam10 a insegnare
vescovo ha sotto di sé dodici preti in tualmente è economo ispettoriale a ai ragazzi un mestiere che possano
tutto. La missione affidata ai salesiani Manila, ma lascerà i comodi della davvero esercitare nei loro villaggi.
conta su trenta ettari di te1Teno, in grande capitale filippina per lavorare Falegnameria, riparazioni ai motori
parte coltivato a noce di cocco e in sodo tra quella gente povera e primi- delle barche e delle auto, installazioni
parte ancora foresta vergine e palude. tiva. Con lui partono un altro sacer- elettriche, impianti idraulici. Sarebbe
Padre Valeriano vi ha trovato le dote, un coadiutore e tre chierici. Il bello formare muratori capaci di co-
scuole del vescovo, la cappella di le- sacerdote, padre Rolando Fernandez, struiTe facili case. Di sicuro verrà av-
gno, una casa di legno occupata dai ha 36 anni; è filippino e ha un fratello viata la scuola agricola. E poi Lm
maestri e da alcuni volontari, i donni- salesiano. Nei sette anni dalla sua or- ospedale per la gente del posto. E
tori per i ragazzi, due jeep, un trattore, dinazione ha lavorato come animato- poi...
e alcune mucche. I maestri sono del re spirituale della gioventù in vari «Dovremo cominciare dal nulla -
posto, i volontari vengono dalla Gran centri giovanili e come coordinatore prevede padre Valeriano che parte
Bretagna, e sia gli uni che gli altri sono dell'auività catechistica. In Papua con i gradi di capo spedizione-. Do-
troppo giovani per mandare avanti da non gli mancherà il lavoro.
vremo farci su la casa, coltivarci la
soli una scuola. Poco lontano c'è
qualcosa di simile per le ragazze, una
scuola tenuta da volontruie.
La scuola maschile, con i corsi
post-elementari, è un internato con
cento posti-letto (che potranno diven-
tare 150 se i letti si po,·teranno da due
a tre piani). Gli allievi attuali sono
trecento (un po' meno le allieve). In
parte i ragazzi sono interni, in parte
vengono da Araimiri, e altri arrivano
dai villaggi vicini.
Le aule, sistemate in moderni pre-
fabbricati, contengono solo rozzi
banchi, e hanno come unica attrezza-
tura scolastica la lavagna. Non ci sono
libri, solo qualche quaderno e una bi-
ro per ciascun ragazzo. La cucina è
fornita di un'unica grande pentola in
cui viene fatto bollire il riso. L'ali-
mento base per tutti i pasti è riso con
sardine. A volte i pasti sono rallegrati
da torteUe di farina e lalle di cocco, E quando va bene c l sono le tortellé cotte au piastra di metallo. Sopra Il tllolo: ragazzi Papua.
cotte sopra una lastra di ferro. Dice
padre Valeriano: «In una seuimana li nonno della spedizione, ma gio- terra, disboscare la zona, bonificare
ho perso due chili, e dire che mangia- vanissimo di spirito, è il coadiutore almeno vicino alla scuola per com-
vo con i volontari». Per la doccia i ra- Giuseppe K.rarnar, jugoslavo di 61 an- battere le zanzare e la malaria. Quel
gazzi utilizzano una palude, come ni, nato a Ljubljana. Capolaboratorio che ora è solo un bel sogno, a poco a
servizi igieniciil bush (cioèin mezzo ai di falegnameria, animatore di centri poco diventerà reallà. E si chiamerà
cespugli). Zanzare dappertuno e giovanili, ha un tale fascino che di- "il Don Bosco di Araimiri"».
quindi malaria.
versi ragazzi si sono fatti salesiani per Il trasferimento prevede queste
Araimiri è anche parrocchia, o al- lavorare tra i giovani come lui.
tappe: 12 giugno 1980 partenza da
meno lo diventerà. «Ho visitato i due I tre chie1ici sono giovani filipph1i, Manila; 13 giugno arrivo in aereo alla
villaggi più vicini che faranno parte alla loro prima grande avventura. He- capitale Port Moresby; 14 giugno
della nostra parrocchia - ha raccon- riberto Cord6n ha 23 anni e ha appena viaggio prima in barca e poi in tratto-
tato padre Valeriano-. A quanto mi terminato gli studi, specializzandosi re, e arrivo alla sospirata missione
hanno riferito sono anchei villaggi più in meccanica. Ramon de la Cruz ha 22 dove i ragazzi di Papua li attendono
civili. Mio Dio! Come può la gente vi- anni, è un artista nato. Levy Lanaria ciascuno con la sua biro.
11

2.2 Page 12

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FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE
Don Bosco
ci ha viste
1n sogno
Nei tanti «sogni» di Don Bosco, qual-
che volta fa capolino anche l'abito
bianco e nero delle sue suore. C'è poi
un sogno, detto delle castagne, tutto
dedicato al loro Istituto: quasi un trat-
tatello ascetico, sviluppato in forma di
garbate metafore.
U n giorno Don Bosco parlò delle
« missioni in Cina, accennando
al Fiume Giallo sulle cui spon-
de avrebbero lavorato salesiani e suo-
re». Chi lo stava ascoltando. per un
complesso di singolari circostanze
avvertiva « di essere vicino al sopran-
naturale». Certo quelle parole ebbero
effetto corroborante sulle FMA reca-
tesi nel 1923 in Cina, e sulle prime
giovani cinesi che andarono.a rinlor-
o1:arc le loro file: dicevano di se stesse
«Don Bosco ci ha vedute in so1;no».
Ma le altre FMA hanno non minore
diritto di affermare per la stessa
cosa: in più occasioni i sogni di Don
Bosco sono stati ingentiliti dalla pre-
senza delle sue suore.
Che valore si debba dare a questi
mg11i è - e probabilmente resterà -
un problema aperto. Don Bosco stes-
so li valutò in modo diametralmente
opposto. Un giorno scriveva a mons.
Cagliero: «Non credere a tmto ciò che
dicono i miei sogni». e in altra occa-
~ionc confidava allo stesso Cagliero:
« Fra tulle le congregazioni e ordini
religiosi, forse la nostra ru q uella che
ebbe più parola di Dio». Un altro
giorno, ri[ercndosi ad alcuni sogni
fatti attorno al 1844, cioè agli iniLi del
sut> apostolato, precisò: « Da quel
momento io camminai sul sicuro... Fu
dopo aver visto (in sogno) chiese, ca-
~e. cortili, giovani, chierici e preti che
mi aiutavano. e il modo di condurre
avanti il tutto, che io ne parlavo con
altri e raccontavo la cosa come se
losse già fatLa. E è per questo che
molti credevano che io sragionassi, e
fui tenuto per folle... ».
Qualunque valore si voglia attribui-
r·e oggi a qucst i sogni, resta il fatto che
Don Bosco si affidò ai loro messaggi, e
così lecero anche i suoi tigli spirituali.
Sogni che riguardaYano la missione di
Don Bosco. i suoi giovani, la sua con-
gregazione, il suo la\\'oro !Ta i pagani.
E alcuni sogni. pochi ma significativi,
concernenti anche le FMA e il loro
apostolato fra la gioventù femminile.
C-Ome vedi, siamo abbando nale.
Don Bosco, sanlo dei ragazzi. lu chia-
mato anche a ll'apo<;tolato Ira la gio-
ventù femminile? n suo biografo don
Lcmoyne ritenne scn/ahro di sì, an-
che se Don Bosco affrontò questo im-
pegno molto tardi e non direttamente
ma attraverso le sue suore. Anzi, don
Lemoyne 1i1cnnc quc..~to apostolato
già contonuto in germe nello stesso
sogno deì 1101•e mmi, quel sogno degli
animali selvatici da cambinre in
agnelli, che visitò più volle Don Bosco
durante la sua \\'Ìta anicchen<losi man
mano di particolari nuovi e sugge!:>tivi.
Dice quell'allento biografo: « Noi rite-
niamo che fin dalla prima scena (del
sogno dei nove anni) gli venisse indi-
calo che insieme con i ranciulli anche
le fanciulle erano raccomandate alla
sua carità... ln alcune sue narrazioni
emergono vari particolari: che ci fan-
no credere essergli stato pure indicato
che la sua missione avrebbe dovuto
abbracciare - oltre che i fanciulli -
anche le fanciulle».
Le conferme non mancano. Uno dei
primi salesiani, d on Francesia. ha
messo per iscritto un sogno racconta-
to più tardi da Don Bosco ma risalente
al 1860-62. 1n esso Don Bosco si trova
a Torino in piazza Vittorio, dove un
gran numero di ragazz~ giocano e
schiamazzano, abbandonate a se
stesse. Appena lo vedono gli corrono
incontro e lo supplicano di prendersi
cura di loro. Don Bosco si schermisce
12
dicendo che non può, m a le pit'.1 grandi
insistono: «Come vedi, siamo abban-
donate». Ed ceco il personaggio con-
sueto nei suoi sogni: una nobile si-
gnora risplendente in volto, che gli di-
ce e gli ripete: «Abbine cura, sono mie
figlie».
In altro \\Ogno datato con precisione
(noue del 6-7 luglio 1862) Don Bosco si
trova accanto quella marchesa di Ba-
rolo nei cui istituti aveva lavorato da
giovane sacerdote. Passeggiano su
una piaaa piena di gioventù che gioca
allegramente, e la marchesa dice: «Va
tanto bene che ella si occupi dei gio-
vani ma lasci a me soltanto la cura di
occuparmi delle ragazze; così andre-
mo d'accordo». Ma Don Bosco non è
per nulla d'accordo: « Nostro Signore
è venuto al mondo solo per redimere i
giovanetti, o non anche le ragazze?» E
dopo la risposta scontala conclude:
« Ebbene. io devo procurare che il suo
sangue non sia sparso inutilmente,
tanto per i giovani quanto per le fan-
ciulle».
Un altro sogno datato 17-18 luglio
1885, quindi appena due anni e mezzo
prima della sua morte, ripropone cir-
costanze simili a quelle esposte <la
don Francesia (personaggi, ambienti e
temi si ripetono sovente nei sog111).
Don Ho~co cammina in via Oora
Grossa (oggi via Garibaldi), e qualcu-
no indicandogli un gruppo di ragazze
che giocano in una piazzetla presso
via Po lo consiglia: « In queste parti lei
dovrebbe fondare un oratorio per le
ragazze». Esse stesse insistono: « Ci
aiuti, ci ricoveri sotto il manto del-
l'Ausiliatrice». Nel sogno gli viene in-
dicato perfino il caseggiato, e la per-
sona che dovrebbe mettere a disposi-
1.ione i locali (i salesiani andranno a

2.3 Page 13

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vedere, troveranno il ca:,eggiato, ma
la persona risulterà :,conosciuta).
Il sogno delle castagne. Le prime
FMA erano persuase - e come dar
loro torlo? - che Don Bosco agisse in
tutto, e in particolare riguardo al loro
Istituto, d'inte1-,a con la Madonna. Nel
1877 la giovane congregazione aveva
aperto una decina di case in ltalia, e
dietro l'incoraggiamento di Don Bo-
sco si impegnava a estendere la sua
presenza in Europa e nelle missioni
dell'America Latina. Ma secondo al-
CLtne suore, la prud.cnza sembrava in-
vece consigliare che !>i dovesse so-
prassedere, rcrché al gionmc Is tituto
mancava anèora tanto dell'esperienza
necessaria. Fu allora che math·e Maz-
zarello vinse ogni paura dichiarando:
«Se Don Bosco parla così, è perché la
Madonna ha rarlato a lui. E la Ma-
donna -.a di che figlie dispone per le
opere del suo divin Figliolo».
Quattro anni più tardi madre Maz-
zarcllo aveva abbandonalo le sue
suore per il cielo, il 14 maggio. La
congregazione non aveva dieci anni
di vita, la nuova superiora madre Ca-
terina Daghern aveva appena 25 anni,
le case continuavano a moltiplicarsi
n,a tulio sembrava fragile. E Don Bo-
sco rincuorò le suore con un sogno che
sarà consideraLo "un bel regalo del
cielo".
I l sogno avvenne sulla fine d i di-
cembre e - fallo non insolito - «per
una settimana intera crasi rinnovato
tulle le not ti, bastando che Don Bosco
si addormentasse perché subito gli si
parasse dinanzi la scena». Don Bosco
raccontò lutto a don Lcmovne, che
subito mise il racconto in bella copia
su poche pagine di quaderno, gli delle
il titolo "sogno delle castagne", e per
ordine di Don Bosco ste)so andò a
NiLZa per esporlo alle suore.
Lo espose il 6 gennaio 1882, e u.na
suora all'annuncio del titolo subito
domandò: «Siamo noi le castagne di
Don Bosco?» Sì, erano loro. O anche,
secondo i momenti, le loro case.
ll peso di 504 case. Don Bosco pos-
sedeva un castagneto presso Castel-
nuovo. Nel sog110 vi si ritrova, intento
a raccogUere le castagne. Ce ne sono
molte, belle e grosse, spane sul prato.
Ed ecco apparire una donna, che si
mene a raccogliere le sue castagne e le
pone in un canestro. Don Bosco con-
trarialO le domanda con quale dirino
raccoglie Le sue castagne suJ suo ter-
reno: e la donna: « Ma io raccolgo ca-
stagne anche per Le». Riempilo il ca-
nestro, la donna gli domanda se sa
quanle caslagne contiene. Lui non lo
sa, ma lei lo intarma (sono 504), e an-
cora gli domanda l>e sa cosa simbo-
leggino. Don Bosco ignora anche
questo, e la donna: «Le case delle fi-
glie d i Mada Ausiliatrice».
Le suore di Nizza, che hanno già
qualche pratica dei sogni di Don Bo-
sco, sanno che questa donna è la Ma-
donna, e trovano suggestivo il fatto
che la Madonna non solo lavoti sul
campo di Don Bosco, ma propiio per
lui.
Quanto alle 504 castagne o case, è
un numero che inquieta la giovane
superiora di 25 anni. Madre Ma.zza-
rello morendo gliene aveva lasciate
sulle spalle 26, e lei aveva già il suo da
l'.:irc a seguirle tutte. Ma seguirne 504!
La "Cronistoria" dell'fs tituto delle
FMA riporla il commento rilasciaLO in
proposito da madre Daghero in quella
circostanza: «Se si andrà avanti di
questo passo, con Don Bosco faremo
presto ad a1Tivare a questo numero di
case. E quella poverina (cioè la supé-
riora) che dovrà portarsi poi un così
dolce peso sulle spalle, poverina! po-
verina!» Quasi a dire: meno male che
questo peso non toccherà a me.
Infatti. Madre Daghero morì nel
1924, dopo 43 anni di governo ininter-
rotLo della sua congregazio.ne; il pri-
mo gennaio di quell'anno le case delle
FMA risultavano 484. Le succedette
macfre Vaschetti; e guarda caso, dico-
no le statistiche che le case aperte in
data J gennaio 1925 risultano proprio
504. Poverina. poverina madre Va-
scheni. E madre Daghero era sfuggita
a quel «docile peso» proprio all'ulti-
mo momento...
Le castagne bacate. Il sogno delle
castagne però non era tutto lì. Don
Lcmovne raccontò alle suore una se-
conda pane, che comincia con Don
Bosco lutto fntento a scrutare quelle
castagne belle e grosse nel canestro.
Osservando meglio scopre che alcune
hanno «il buco fauo dal verme». E
domanda alla donna accanto a lui:
«Che ne laremo di q ueste che hanno il
baco?» Risposta: «Bisogna scartarle,
perché non guastino le sane». Poi
d'improvviso la sua interlocutrice
esce di meLalora e soggiunge: «Biso-
gna mandare via quelle figlie che non
sono buone, che non hanno lo spirito
della casa perché il baco della super-
bia o di ,e.Itri vizi le rode».
Ora le castagne indicano non più le
case, ma le 5,uore. Don Bosco ne LogUc
dal canestro alcune guaste, e nota che
non sono poi molte. La donna: «Credi
tu che le rimanenti siano tutte buone?
Non ce ne saranno col baco dentro,
senza che si veda di fuori?» L'osser-
vazione è così sensata che Don Bosco
subito vuole sapere: «Ma allora come
fare a scoprirle?" E la risposta è
pronta: «C'è un solo mezzo: mettile
alla prova e tienile d 'occhio».
Il personaggio mislel'ioso propone
allora a Don Bosco diversi Lipidi pro-
ve, a quanto pare non tutti insieme ma
in sogni diversi. Una volta gli dice:
« Mettile alla prova della santa Regola.
Vedrai così chi abbia o no lo spirito di
Dio». Un'altra volta: «Fa' la prova a
mellerle nell'acqua dentro la pe111ola.
La prova è l'obbedienza. Falle cuoce-
re. Le marce, se si premono con le
dita, schizzano fuori il brutto umore
che hanno denLTO».
Ma la pentola serve anche a scopri-
A Barcellona le FMA hanno oggi nove opera, e
tra l'altro una scuola professionale con (loto
sopra) speclallzz.azlone In chimica. Foto ac-
canto al titolo: un particolare della cupola nella
baslllca di Maria Auslllatrlce.
13

2.4 Page 14

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re le suore vane: «Levane. cioè vuole,
salgono a galla. Sotto con le altre non
stanno, ma vogliono in qualche modo
emergere. Tu prendile con lo schiu-
matoio e buttale... ».
E la casistica delle castagne non
buone continua attraverso altre mc-
Lafore curiose ed efficaci. Dice la Cro-
nistoria che le suore trovarono nel so-
gno « tanta esperienza pratica, e lo ri-
tennero, quale è, un dono veramente
celeste. E senza parole, con devozione
e commozione, si passavano quelle
pagine benedeue, col proposito di
conservarle come ammonimenti pre-
z.iosi ».
Tu comprerai quella villa. Nel 1886
Don Bosco era in Spagna tra i primi
salesiani di Barcclona, e qualche mese
più tardi vi avrebbe mandato anche le
sue suore. Le circostanze di questa
nuova fondazione furono tali che il
don Branda - ma la guardò bene,
mosse più volte il capo come per as-
sentire di averla già vista, e poi disse:
«Proprio quella! Proprio quella!
verranno le Figlie di Maria Ausilìatri-
ce ». Poi rivolto a mc soggiunse: «Tu,
don Branda, comprerai quella villa e
io manderò le Figlie di Maria Ausilia-
trice».
Don Branda più tardi chiese infor-
mazioni: il proprietario a tutto pensa-
va tranne che a vendere quella casa.
Anzi, richiesto se lo avrebbe fatto,
andò sulle furie. Don Branda concluse
che questa volta Don Bosco si era
sbagliato: « Pensai che anche i santi
hanno le loro stranezze•. Però rice-
vette le FMA a Barcclona, e trovò per
loro una sistemazione di fortuna. Ma
poco dopo delle circostanze impreve-
dibili rendevano la casa disponibile, e
a un prezzo incredibilmente basso.
Don Bosco cl ha viste In Cina-: quest11 convinzione ha sostenuto e sostiene le Flglle di Marta
Ausiliatrice che anche oggi lavorano sulla costa cinese, a Hong Kong e Macau.
salesiano più coinvolto nella vicenda
- don Giovanni Branda - collegò
tutto a una visione di Don Bosco.
Don Branda era il direllore della
casa salesiana; la sera del 3 maggio
trovò Don Bosco sul punlo di piange-
re, e cercando di fargli animo ottenne
il risultato che si mettesse a singhioz-
zare. Allora chiamò don Rua, e il santo
non poté fare a meno di aprire il suo
cuore. « Bisogna che racconti una vi-
sione avuta, non so se sognando o
stando sveglio... ». In realtà Don Bosco
disse poche cose; accennò a vari
«centri di opere dall'oriente all'occi-
dente, dai quali si dirameranno molli
salesiani e molte suore, e faranno del
gran bene», e non aggiunse altro.
A sera però Don Bosco in compa-
gnia di don Branda passeggiava nel-
l'orto «con le mani dietro la schiena»;
a un tr atto alzò gli occhi e li posò su
una casa poco lontana che era «la vil-
leggiatura di un liceo signore». Non
chiese di chi fosse - ril'ert più tardi
Non solo, ma si trnvò pure chi si offrì
perpagare l'acquisto.
A un anno esauo dal sogno o visione
di Don Bosco le sue suore erano nella
casa da ltù "vista" e ci sono ancora
oggi. Con le scuole, l'oratorio, i cate-
chismi e un sacco di altre auività.
Sul Fiume Giallo. L'abito bianco e
nero delle sue suore fece ca.potino più
volte anche nei sogni missionari di
Don Bosco. A volte era una breve
comparsa, come nel sogno del 29 ago-
sto 1883, 1itenuto da Don Bosco così
imponante che volle raccontarlo ai
salesiani riuniti in Capitolo Generale.
Un fantastico treno a vapore lo tra-
sportava in visita ai diversi paesi del-
l'America Latina; giunto in Patagonia,
«discesi dal vapore e trovai subito i
salesiani. Ivi erano molte case... chie-
se, scuole, vari ospizi di giovanetti e
adulti, artigiani e coltivatori, e un
educandato cli figlie (ragazze) che si
occupavano in svariali lavori dome-
stici... » .
Nel J886 vide in Cina il Fiume Giallo
(lo Huang Ho, lungo sette volte il Po,
nel cui bacino vivono cento e più mi-
lioni di persone). f1 fatto fu narTato da
don Arturo Conelli, che rutti poi riten-
nero destinato a guidare i salesiani nel
Celeste Impero. Don Bosco un giorno
a San Benigno parlò a lungo con lui,
«in tono vibrato, ansioso»; e quando
tacque, parve tornare in da una
contemplazione mistica. Dopo un
istante di pausa gli domandò: «Che
cosa ho detto?», e don Conelli dovellc
riassumere le sue parole. Allora ripre-
se: «Oh, non badar-e. Don Bosco fab-
brica sempre al suo solito castelli in
aria». E subito convalidò la tesi oppo-
sta: «Del resto, anche quando volevo
andare in Patagonia, i cardinali dice-
vano cheDon Bosco era pazzo. Invece
si è visto».
Bene, secondo quanto 1ife1ì don
Concili, Don Bosco vide che sulle
sponde del Fiume Giallo «avrebbero
lavorato salesiani e suor-e».
Illus trazioni nel tes to. Al termine di
un altro sogno missionario, datato 31
gennaio 1885, Don Bosco concluse la
sua solita scorribanda per i vari con-
tinenti sostando in compagnia cli
mons. Cagliero in un'immensa pianu-
ra piena di popoli e missionari. «E ec-
co - il racconto è molto lungo, qui se
ne presenta qualche spizzico - in
quel momento la pianura divenire una
grande sala... L'ampiezza era tale che
non si riusciva a vederne le mura, la
volta terminava con archi altissimi,
sembrava che la cupola losse di un
candiclissimo lino. Una gran quantità
di tavole in forma di mensa concorre-
vano a un centro solo... Cominciò a
entrare gente, tutta vestita di bianco,
andavano a sedersi cantando... Altre
schiere più numerose si alzavano
canlando, ogni gruppo che entrava
erano altrellante nazioni.. ».
Ed eccola sorpresa: «Dato un colpo
d'occhio a quelle mense interminabili,
conobbi che sedute e cantando vi
erano molte nostre suore, e un gran
numero cli nostri confratelli.Non ave-
vano alcun distintivo di essere preti,
chierici o suore, ma come gli altri
avevano la veste bianca... ». Poi vide i
loro aiLrtanli nelle missioni, e i loro
ragazzi «con aspetto rozzo e strano»...
E infine un'apoteosi di musiche e
canti, finché ,do caddi in ginocchio
esclamando: "Oh, Cagliern! Ma noi
siamo in paradiso!"».
Qualcuno ha definito i sogni « un
dormire con molte illustrazioni nel te-
sto». Le Figlie Maria Ausiliatrice,
ben contente di trovarsi nelle illustra-
zioni che decorano il riposo del loro
santo fondatore, possono dire con
piena liducia: « Don Bosco ci ha viste
in sogno,,.
.
.
Ferruccio Vo ghno
14

2.5 Page 15

▲back to top
* THAILANDIA UN PICCOLO SEMINARIO PIENO DI FUTURO
Lasceremo tutto
nelle vostre mani
Da quattro anni nella diocesi missionaria di Surat Thanl è stato aperto
un piccolo " seminario minore" per ragazzi thai che si Interrogano
sulla loro vocazione. Da questo seminario usciranno i primi sacerdoti
della diocesi, a cui i missionari salesiani un giorno consegneranno le
loro opere e la diocesi stessa. Perché è proprio questo - aprire nuove
strade e poi ritirarsi - il difficile compito di quelle truppe d'assalto
della Chiesa che sono i missionari.
U n bianco edificio a tre piani,
moderno ma piccolo. in grado
di accogliere 30 ragazzi e biso-
gnoso di ampliamenti se si volesse
mcuerne uno i.n più. I ragazzi in divisa
scolasùca con camicetta bianca e cal-
zoncini azzurri circolano sui lucidi
pavimenti sempre scalzi secondo il
costume thai, e i missionari fanno al-
trettanto. Le scarpe restano fuori, co-
me in Italia si parcheggiano le auto-
mobili. Poi quando c'è da andare a
scuola, eccoli prima tu tti seduti sul
gradino a infilarsi le scarpe, e poi via
di corsa. I 24 ragazzi (finora la casa
non è staia riempita) affrontano la
scuola esterna f'ra gli altri ragazzi, con
un gus10 e un puntiglio eccezionaJe: ci
tengono a essere i primi, e di fatto so-
no i primi delle varie classi.
Hanno vari stimoli a primeggiare.
Tra gli altri, quello di dover succedere
un giorno - se le cose andranno se-
condo i piani prestabiliti - ai vecchi
missionari salesiani, e di prendere in
mano la loro diocesi. Padre Ugo San-
na, vicario della diocesi e responsabile
del piccolo seminario. ogni tanto lo
ricorda ai ragazzi. L'edi(icio sorge a
Surat Thani, centro della diocesi di
mons. Pietro Carretto, vicino alla cat-
tedrale e alla residenza vescovile. Ci
!>0no anche le scuole elemenlari e
medie, e il circolo giovanile, frequen-
tato dai ragau.i cattolici (pochini) e da
quelli buddisti. E ogni tanto arrivano
da lontano i missiona1i: ,·engono a
parlare al Vescovo, o per I n l1n spiri-
tuali. E alcuni sono proprio anziani,
con la barba bianca, la pelle tirata di
chi non ha mai avuto tempo a mettere
su polpa, il passo deciso di chi è supe-
rallenaLo, ma pesante per la stan-
chezza. Padre Ugo chiama i ragaz,:i e
glieli indica: « Vedete come sono an-
Liani? Un giorno o L'altro se ne an-
dranno, sta a voi crescere in fretta e
prendere il loro posto».
Anziani, non vecchi. Sono davvero
anziani (non vecchi. perché i missio-
nari non invecchiano). ma giovani pe1-
Nelle mani di questi ragani è posto l'avvenire
della diocesi di Surat Thanl.
la vita alliva che si ostinano a con-
durre. Padre Andrea Vilrano, per
esempio: ha 78 anni. Nel L926 era no-
vizio a Macau (Cina) e si preparava
per la Thailandia. E' in Thailandia da
53 anni. Gli affidarono la piccola co-
munità cristiana di Lak Ha, e lui in un
luogo dove i banditi teneva,no il loro
covo ha costruito la sua chiesa. E' pit-
tore, e l'ha illustrata da cima a fondo
con splendidi affreschi. Poi i suoi su-
periori hanno deciso di regalare la
chiesa al clero della diocesi, e l'hanno
mandalo a Prachuab: è daJ 1975, e
ha costruito un'altra chiesa. un po' più
piccola ma affrescata da cima a fondo
con i misteri del rosario. E vive solo.
con i suoi 78 anni, e con la sua piccola
comunità cristiana.
Oppure padre Pietro Jellici, 75 anni,
novizio in Thailandia nel 1930. poi di-
rettore, ispettore. vicario della diocesi.
Adesso lavora tutto solo a Ron Phi-
bun, dove ha messo su le scuole e un
curioso laboratorio per artigiani. Gio-
va11i cristiani erano costretti a lasciare
il loro villaggio in cerca di lavoro, e lui
ha offerto un lavoro che possono
svolgere anche in casa: la fabbrica-
zione di speciali tappeti. E' tullo una
sua invenzione: si prendono le fibre
della noce di cocco e si sistemano in
uno stampo, si butta sopra la gomma,
e poi vengono 1uori o tlimi tappeti che
si collocano sul mercato con facilità. I
cristiani lavorano, e tanti problemi
sono così risolti.
O padre Domenico DeUa Ferrera, 74
anni, novizio a Macau nel 1926, ora
tutto solo a Pranburi con la sua co-
munità. Ancora qualche anno fa.
quando lavorava a Huey Kra Bok, i
suoi cristiani si sentivano umiliati:
avevano per chiesa poco più che una
baracca, e i buddisti dalle splendide
pagode li deridevano: «Abita lì il vo-
stro Dio?» Tra i ci-istiani c'era un ricco
proprietario che teneva tutto il denaro
per sè; padre Domenico pregò santa
Teresina la patrona delle missioni
finché ottenne la grazia. Un giorno
corse dal suo vescovo a mostrargli
l'assegno che il ricco cristiano aveva
compilato e donalo. La cifra era CO!>Ì
al ta che il vescovo lo guardò sceltico:
« Va' in banca e vedi se le lo cambiano;
allora ci crederò». Glielo cambiarono,
e i cristiani di Huev Kra Bok ebbero
una chiesa che regge il confronto con
le pagode.
O ancora padre Luigi Fogliati. 73
anni di cui 51in missione, che a Thavà
da solo manda avanti la chiesa, il leb-
brosario, e visita puntuaJmente i vil-
laggi intorno. O padre Ettore Frigerio.
anni 70 di cui 51 in missione. che f'u
direttore e ispettore... In tutto sono
nove i missionari salesiani, su 26 al
lavoro in diocesi, che hanno raggiunto
il traguardo della settantina. E padre
Ugo li addita ai ragazzi, spiega come
sovente mandano avanti la missione
da soli, spiega il loro coraggio, la loro
tenacia, l'entusiasmo inesauribile con
cui tengono le posizioni in prima linea
e non Vlìgliono arrendersi.
I ragazzi - sono tutti bravi. ben
scelti - si fanno pensierosi e sognano
un domani pieno di dedi.1.ione e di
apostolato.
F iero di scortare il vescovo. li Joro
seminario minore non ha ancora
quattro anni di vita. Si cominciò a co-
struirlo nel '75, e lo si tnaugurò il 20
giugno 1976 come dono a mons. Car-
rello per il 25mo di episcopato. AJlura
andarono a stabilirvisi in 14, e qual-
cuno dei più grandi è già passato al
seminario nazionale: uno è a due anni
dal sacerdo.1.io, un alLro ha cominciato
gli studi teologici, altri cinque fre-
quentano il ginnasio.
l n genere questi ragaz.1.i provengo-
no da famiglie che hanno abbracciato
15

2.6 Page 16

▲back to top
la lede da alcune generazioni e la vi-
vono in profondità. Sono mandati a
Surat Thani dai parroci, che scelgono
u·a i più dotali. Du rante l'estate i ra-
gazzi sono raccolti in un "campo vo-
cazionale" perché imparino a cono-
scersi meglio e comincino a inLcrro-
garsi !:-Ul loro futuro.
Nel seminario minore ricevono una
101 mazione sana in ambieme al-
legro. Ialta di studio, di preghiera e di
gioco !,Ccondo lo stile di Don Bosco. I
missionari non hanno molto tempo
per organin:arc la loro \\'ita. e ciò
acuisce il loro senso di responsabilità:
imparnno ad autogovernarsi. a fare di
tulio. Molto dotati per la musica. al-
lietano le fun.i:ioni con l'organo e le
chitarre. Alla domenica, nella clùesa
pubblica, ru.!>ieurano il servizio litur-
gico e sono tieri di scortare il vcsco\\'u
nelle cerimonie. Nella loro casetta
hanno una piccola cappella in cui
spesso si recano a pregare da soli, se-
guendo l"ispirazione della loro anima
1/iai fonemente religiosa. In lcmpo <.li
vacanze tornano ndlc loro famiglie,
nelle comunità cristiane da cui pro-
vengono, e sanno rendersi utili al
Uanco dei missionari paiToci che li
hanno scc:ILi.
La casetta piena di futuro_ I mi!>-
sionari sanno bene che il loro compito
- in Thailandia come altrove - è
aprire la strada, cominciare la Chiesa,
e poi per così dire consegnarla al clero
diocesano. In Thailandia l'hanno già
rarto una volta. nel 1969.
Essi sono al lavoro in questa diffi-
cilissima missione dal 1927: aprena il
tempo di imparare la lingua, e il Papa
a!Tidal'a loro la «missione sui ju1-i~ di
Ratburi» vicino a Bang Kok (1 18.000
kmq. 12.500.000 abitanti, <.li cui arpe-
na 6.600 cattolici). Due anni dopo
giungevano al loro nanco le Figlie di
Maria Ausiliatrice.
La missione lentamente cresceva,
veniva elevata a Prelcttura Apostoli-
<.:a, a Vicarialo. Ed ceco il primo ve-
scovo salesiano: mom. Pasolli. Ma poi
la seconda guerra mondiale, la parali-
si c.lelle auività, l'occupar.ione giappo-
nese, e dii ficollà d 'ogni gem:re. Nel
J951 don Pietro Ca1Tetlo, il fratello di
·· Frate! Carlo", alla morte di mons.
PasotLi diventa vescovo. Ancora 18
anni di lavoro, i cristiani si sono più
che triplicati. e il Papa invita i salesia-
ni della diocesi a lascia1·e le opere al
clero autoctono cbe essi ~i erano tirato
su, e a ricominciare nella parte sud del
paese, dove la fede ha compiuto ap-
pena i primi passi. Così nel 1969 co-
minciarono a lavorare nella nuova
diocesi di Sural Thani, la parte meri-
dionale tiella Thailandia (76.450 kmq .
5 milioni di abitanti. di cui S mila cri-
5Liani). Perché i missionari sono come
i marines, truppe da sbarco che la
Chiesa manda un po' allo sbaraglio, a
dissodare i lerreni incolti. E ora che-
dopo J I anni tli lavoro - qualcosa
comincia a germinare anche nella
nuova dioce5,i, questi missionari da
sbarco si preoccupano già di far sor-
gere il nuovo clero auloclono dioce-
!>ano a cui domani consegnare le ope-
re e la vigna del Signore dissodata.
E così nel seminario minore i rnis-
!,itmari preparano i loro successori. I.I
piccolo edificio da qucsl'anno ospi-
terà 30 ragaai, quanLi ce ne possono
stare. Padre Ugo, additando loro i
missionari anziani continua a dire:
«Essi preparano la Chiesa per voi, sa-
rele voi a prendere in mano tuLLo, a
continuare il loro lavoro». Mentre i
capelli sul capo <li quei missionari ~i
I.anno più bianchi e il passo pii'.1 sten-
tato, il piccolo seminario cresce. E
pieno di futuro, è il cuore della spe-
ranza per la rede cristiana nel profon-
do sud della Thailandia.
Da una conver sazione
con padre Ugo Sanna
Vicario della diocesi
di Surat Thani
Padre Ugo Sanna con alcuni ragazzi del seminarlo minore di Surat Thanl: sono ben scelll, e bravi.
ITALIA*
L a milionesima copia l'hanno
spiattellata lì. sollo gli occhi di
Giovanni Paolo lI, dono tutto
speciale per lui. così come poco più di
tre anni prima era stata donata a
Paolo Vl I.a copia numero uno. L'u-
dienza si è svolta il 20 marzo scorso.
nella Sala del Trono, presenti molli di
quanti hanno lavorato per la tradu-
zione, stampa e diffusione di questo
libro che in termini complicati si
chiama «Traduzione interconfessio-
nale del Nuovo Testamento in lingua
corrente», e che in pratica ha il titolo
semplice Parola del Signore.
Fame e sete della Parola. TI Papa ha
gradito molto quella milionesima co-
pia: « Mi congratulo con tuui voi non
solo per questo evento editoriale, ma
soprattutto per ciò cbe e!,S0 significa,,.
E in realtà signilica molte cose, che il
Papa stesso ha evidenziato nel suo
breve discorso.
Il successo di ven<.lita, ha os~ervato
Papa Wojt_vla, è anzitutto «segno
confortante di quella fame e sete della
parola di Dio di cui parlava già il pro-
feta Amos, e che è sempre garanLia
sicura di rinnovamento e rafforza-
men 10 nella fede». Non va dimentica-
to che quest'ultima versione del Nuo-
vo Testamento non ha soppiantato le
altre già presenti in libreria, ma si è
solo mes!,a al loro fianco. C'è dunque
neU'uomo d'oggi, in Italia probabil-
mente non meno che altrove, un au-
tentico bisogno della Parola di Dio. E
tutto questo si traduce in un arricchi-
mento spirituale della Chiesa.
Uniti dalla Parola. li Papa ba poi
visto, nel modo in cui la traduzione è
stata realiaata, un chiaro passo verso
l'unione dei cristiani, oggi ancora di-
visi tra loro da profonde franure.
Questa traduzione si chiama i111er-
confessio1wle perché a compierla so-
no stati gli studiosi appartenenti a di-
verse c:011fessio11i, cioè cattolici e fra-
telli separaU_ Otto secoli la si aprirono
nell'unità <.lella Chiesa le prime crepe
profonde, lacerazioni che sembrava-
no insanabili, ed ecco che dopo otto
secoli teologi delle opposte sponde si
~ono seduti attorno a un tavolo e si
sono intesi. Di comune accordo hanno
-,cclto i \\'ocanoli <.lclla num a traduLio-
ne, e la Parola di Dio è diventata oc-
casione non più di dispu Le ma di co-
munione. La stessa pubblicazione del
libro è avvenuta sotto l'egida di due
case adilrici associale insieme, la cat-
tolica LDC e l'ABU (Associazione Bi-
blica Universale) protestante.
E' pure significativo che a offrire la
milionesima copia a Giovanni Paolo li
s ia stato il pastore RenLO Bertalol. Il
Papa ha subito rilevalo «l'impegno
ecumenico con cui è stata condoua

2.7 Page 17

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PIENO SUCCESSO DI «PAROLA DEL SIGNORE»
Al Papa la copia
numer un milione
La prima copia della « Traduzione interconfessionale in lingua cor-
rente» del Nuovo Testamento era stata donata poco più di tre anni fa a
Paolo VI. Ora il milione di copie vendute in cosi breve tempo meritava
di essere festeggiato. E Giovanni Paolo Il ha detto la sua «gioia
sincera e ringraziamento»
Il Papa con don Mario Fllippl, direttore della LDC che ha pubblicato " Parola del Signore".
l'iniziativa», ha osservato che «la Pa-
rola del Signore è unica per tutte k
Chiese, e queste potranno sempre più
avvicinarsi tra loro nella misura in cui
si porranno insieme in religioso
ascolto di quella stessa Parola».
E' un fatto: cattolici e fratelli sepa•
rati si sono trovati unili, se non ancora
nell'interpretazione, già nella tradu-
t.ione della Parola, e hanno realizzato
un nuovo affiatamento fra le diverse
Chiese. Qualche barriera è caduta, e
gli studiosi che banno realizzato la
traduzione sono decisi ad andare ol-
tre. Lo ha detto al Papo il pastore
Bertalot: «Guardiamo con grande
speranze al Signore che regge la sto-
ria. La sua Parola può oggi ancora
raccogliere i dispersi, per farne il po-
polo che in Lui solo spera».
Con le parole d 'oggi. Parnla del Si-
gnore ha trovato un altro motivo di
successo nel tipo di traduzione realiz~
✓.ato: è davvero un Nuovo Testamento
« in lingua corrente». Lo hanno rile-
\\"ato i giornali intitolando i loro servi•
1.i: « La Parola di Dio con le parole di
oggi». « ti Nuovo Testamento alla
portala di tutti». Si è osservato che
tanti cristiani hanno letto il Nuovo
Testamento tutto intero per la prima
volta, perché trascinati dalla facilità
della lingua.
Non è state! impresa agevole: tanti
tennini hanno cambiatodisignificato,
e così diversa è la mentalità di chi
leggeva il Vangelo appena redatto e di
chi lo legge oggi. Un esempio aiuta a
capire. Nel testo greco si trova nume-
rose volte il termine sarx, la cui tradu-
zione più ovvia è carne: ma·in tantis-
sinli testi, soprattullo di san Paolo,
questo termine nella lingua italiana
d'oggi non ra più senso. Una tradu-
zione letterale, in un punto della pri-
ma lettera ai Corinti, dice «sapienti
secondo la carne», invece la nuova
traduzione dice «sapienti dal punto di
vista umano». fn altri casi essa ha
tradotto sm:~ con: t111ti gli uomù1i, o
debolezza umana, o i miei connaz.io-
11ali, o semplicemente con io. E queste
[rasi risultano rinalmente comprensi-
bili a tutti.
U difficile per i tradu1tori è consi-
stito nel rimanere fedeli al vero signi-
Beato del testo originale greco, ma
anche fedeli ai destinatari d'oggi. E si
può dire che ci sono riusciti.
Camminano per il mondo. Altri
motivi non trascurabili di successo: il
pre7.1.o e i formati. I formati sono i più
vali, e i prezzi anche: dall'edizione
economica all'edizione regalo. C'è an-
che il formalo tascabile (lire 2.000), il
formato normale a 2.500 (cartonato
lire 4.000), l'edizione per anziani con
caralleri grandi a 4.000 (canonato
6.000), e l'edizione illustrala a 10.000
(cartonato 12.000). Ognuno trova il
suo libro, e per questo lo acquista, lo
legge, lo colloca nella biblioteca fami-
liare, lo regala.
U gruppo dei tradulto.-i ha trovato
in questo buon esito un motivo in più
per lavorare con maggiore impegno.
Gli sono giunte osscrvrudoni e critiche
sul testo alluale, e proposte su come
migliorarlo. Lo faranno. Intanto si so-
no buuati a capofitto in un'impresa
anche più difficile: la traduzione del-
l'Antico Testamento. La traduzione
del Nuovo aveva richiesto tre anni di
lavoro, questa ne richiederà non me-
no di cinque o sci. Ma ne vale la pena.
Anche perché la Parola del Sig1w1·e
in oltre 150 tTaduzioni simili a quella
italiana, frullo sempre di collabora-
zione interconfossionale, sta ora cam-
minando per tulto il mondo.
Apostolato popolare. Questa felice
iniziativa di Chiesa ha trovato pronti
alla piena collaborazione i figli di Don
Bosco. Non solo è salesiana una delle
due editrici, ma ha lavorato nel comi-
tato di redazione come revisore della
traduzione iJ salesiano don Mario Ga-
lizzi, biblista del Ccnlro Catechistico
salesiano. E anche questa traduzione
«in lingua corrente» è in piena armo-
nia con l'impegno di apostolato po-
polare voluto da Don Bosco per i suoi
figli. Quel Don Bosco che sosteneva la
necessità di rendersi popolari, di non
aver paura d 'essere facili, che si face-
va revisionare le sue prediche da
mamma Margherita («Il Clavigcro? -
lo interrompeva la sua santa 111amma
- , Che roba è?», e insieme cercavano
la parola comprensibile per tutti).
li 20 mano scorso nella Sala del
Trono, a consegnare la milionesima
copia al Papa, i salesiani della LDC
erano forse il gruppo più numeroso. I
giornali che hanno riportato la noti1Ja
- preoccupali di elencare tutti i ve-
scovi e monsignori cattolici e le per-
sonalità equivalenti sul versante pro-
testante - banno sorvolato su questo
putioo~re.maquivari~rilliChe
cioè i salesiani impegnati nella lavo-
razione della Parola del Signore erano
Lutti democraticamente presenti da-
vanti al Papa e ugual men Le fieri di sé;
dal direttore della LDC fino al coa-
diutore che fa i pacchi.
17

2.8 Page 18

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MESSICO
Ecco i tuoi figli
di Coacalco
C'è una colllna appena fuori Coacalco: 25 anni fa I
saleslanl collocarono sulla cima una statua di Ma-
ria Auslllatrice, e ora hanno aggiunto una grande
Croce bianca. Ora la collina è suggestiva e Ispira-
trice, come un giorno lontano il Golgota.
e oacalco sorge pochi chilometl"i a nord della capila/e
Città del Messico: è rm piccolo centro agricolo sulle
soglie dell'indus1rialiuazione, con molti problemi di
so11owi/11ppo e situazioni di emarginazione. l Salesiani,
presemi dal 1952 con una ceua di formazione, s0110 impe-
gnali nel/"ammazione della gioventù. Quel Golgow sugge-
s1ivo che hanno realizzato sulla collina è ora w, pu1110 d1
riferi111e1110 spirituale: sostìe11e i fedeli nella dura lotta per la
vita, e incoraggia non meno i salesiani nel loro apos10lato.
Ecco, in una relazione di Veronica Vidaria, la si11golare
storia della "collina di Maria Ausiliatrice".
La ··operazione form ica" cominciò,
e più di 300 persone - padri ùi fami-
glia, gio, ani, donne e bambini - sali-
rono fin sulla cima della "collina di
Maria Ausiliatrice··, appl.!na fuori
Coacalco, per avviare la costru,done
della croce accanto alla sta!Ua della
Madonna. Ciascuno portava qualcosa
dell'occorrente a l nuovo monumento:
malloni, calce, cemento, subbia,
ghiaia, acqua... Poi un potente trattore
con tre viaggi trascinò fino ìn cima le
parti pe~anti della croce e il nuovo
picdbtallo per la Madonna. Poi ci voi-
le quasi un mc~e di lavoro perché la
zona fosse adeguatamente sistemata,
collocato il basamento, e issata la
croce alta 8 metri e pesante 4 lonnel-
late. Ora essa domina con le sue brac-
cia aperte !"intera valle di Coacalco. E
accanto alla croce, la statua di Maria
Ausiliatrice che copre col suo manto
protettore Lutti i fedeli dalla e.ima del-
la sua collina.
Lo hanno notato subito: si sta ripe-
tendo la scena suggestiva del Calvario.
Si ha l'imprcs'>ionc che Gesù dall'alto
della sua croce bianca dica a Maria:
L"hanno chiamata " operazione formica ": In più di 300, un g iorno al preaaro aulle spalle I mallonl, le
calce, le ubbia, 18 ghiaia, e In llla coma tante formiche portarono tutto au In cima aJla c ollina.
•Donna, ecco i tuoi figli», e indican-
dola a lutti noi che viviamo in questa
\\alle: •Figli, ecco la ,·ostra madre».
Da 25 anni l'Ausiliatrice ci protegge
dall'alto della collina: da quando i
novizi salesiani la portarono lassù il 24
maggio 1954, e la collina che un tempo
..i chiam ava Xolo, d'in tesa con le au-
torità cominciò a chiamarsi "Cerro dc
Maria Auxiliadora". Tanti giovani sa-
lesiani su questa collina si sono in-
conrrati con la Madonna e hanno rin-
novato il loro impegno di donazione ai
giovani. Tanti fedeli di Coacalco, e dt:i
borghi tutto intorno, sono venuti [in
quassù a chiedere l'niuto di Maria. Da
allora l'immagine della Madonna è
passata pellegrina di cosa in casa, di
villaggio i.n villaggio, portando alle fa-
m iglie u n messaggio di pace e di vita
cristiana. Da allora le feste della Ma-
donna sono state pa1 tecipale con più
impegno e affetto.
La statua collocata 25 anni fa è un
bel blocco monolitico di granito. Ora è
s1ato rinnovato il basamento. e c'è in
più la bella croce bianca. Tutti hanno
da10 la loro adesione all'iniziativa: le
l'amiglie, le associazioni. i gruppi gio-
vanili, anche la locale squadra di cal-
cio. E sono state giomate in1ense di
lavoro, tanti si offrivano volontari,
tanti hanno condiviso il ~udorc, la
polvere. il sole cocente. Anche i chie-
rici salesiani lascia, ano (magari ,·o-
lenticri) i Ubri di rilo~ona e correvano
su perché i lavori finìsscro in tempo. li
direl!Ore della casa, padre Argeo Co-
18

2.9 Page 19

▲back to top
Cl sono voluti potenti carrucole, cavi robusti, e I calcoli di un Ingegnere, E Il giorno della festa di nuovo le " lormlche" tutte au verso la cima della
per Issare la croce e darle stabllltà anc he contro I veni.I dell'Inverno.
collina, precedute dal vispi ragazzi del piccolo clero.
•J
'\\'
A benedire la croce e Incoronare la Madonna nel giorno della festa fu
chiamalo Il vescovo salesiano del Ml~es, mons. Braulio Sanchez.
Da quel giorno tanta gente, e I salesiani con I loro ragazzi per primi, si
arrampicano fin lassù per rendere omaggio a Gesù e alla sua mamma.
rona, coordinava l'impegno di tu Lli,
provvedeva all'acquisto del materiale,
a chiamare i muratori. Un giovane in-
gegnere del movimento giovanile sa-
lesiano, Armando de la Rosa, Ieee il
progetto e prese su di sé la responsa-
bilidella costruzione (che doveva
risulLare particolarmenle robusta per
sopportare lassù da sola la furia dei
venti invcmali). Alcuni padri di fami-
glia procurarono le gru, i cavi, le car-
rucole e tutto l'annamentario occor-
rente per issare la croce. Ci vollero due
giornate di faticoso lavoro, perché la
croce fosse assicw·ata al suo solido
basamento.
Poi venne il vescovo salesiano dei
Mixes, mons. Braulio Sanchez, che
benedisse la croce e ornò il capo della
Madonna con una nuova corona. Di-
scorsi, canti, fiori, allegria, e i bambini
della prima comunione vestiti di
bianco. Sette giorni dopo venne il ve-
scovo locale mons. Samaniego, da
pochi giorni eletto a capo della dioce-
si, e volle mettere la diocesi sono la
protezione di Maria Ausiliatrice. Si
cantò il Magnificat con Maria, la ban•
da musicale si fece onore. la sera i
fuochi d'artificio. Quella sera siamo
tornati a casa con la gioia di sentire
che la croce in cima alla collina era un
segno di benedizione per tutti noi, era
un richiamo costante a vivere secondo
le leggi della fede e dell'amore. E si
sentiva che Gesù indicando gli abi-
tanti di Coacalco a Mada le diceva
come un tempo: « Ecco i tuoi figli».
Veronica Vidaiia
19

2.10 Page 20

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mano d'opera generica fornita gratb
dalia stessa popolazione.
Venne lanciato l'appello, e i primi
Sessanta ca e
aiuti cominciarono ad arrivare. Dalla
Repubblica Dominicana, da enti in-
ternazionali. dalle r,iù varie parti del
ove passò il ciclone mondo. Molli alllici di Don Bosco
hanno comribui10, anche dall'lLalia.
Tuuo fu deposilaLO presso una cassa
di rispam1io, a formare un fondo con-
sistente. Visto LI buon e:,ito dell'inizia-
A Don Gregorio, dove il ciclone David aveva distrutto il paese, sono
state ultimate le prime case secondo il piano di ricostruzione lanciato
dal Figli di Don Bosco e attuato con l'aiuto della popolazione.
liva, il 22 novembre si scavavano le
fondamenta per le prime due case, il
25 per altre, e il 26 si collocavano i
primi blocchi per i primi muri. Sono
case modeste, di Lrc ambienti più ser-
S e le scaden,:e vengono rispetlate
- ma la voglia di ricostruire è
tanta che forse vengono antici-
ammucchiati in rifugi di l'ortwrn,
aspe!lando un po' di cibo dagli enti
assistenziali.
vizi per famiglia, ma a prova di ura-
gano. Si costruisce l'essemiale, la-
sciando a ciascun nucleo familiare di
pate - le prime venti case per 40 fa- Il 13 settembre il Consiglio lspetto- completare le rifiniture secondo il
miglie sono già ricostruite. E così, do- riale salesiano si riunì a Santo Do- proprio gusto.
ve il ciclone David aveva seminato la mingo, e prese la decisione: si sarebbe ll progetto è stato raddoppiato. Le
de!>olazione, la vita si riorganizza. La mobilitata la famiglia salesiana per iniziative concrete in1saprese hanno
località è un piccolo centro della Re- ricostruire in Don Gregorio quame messo in movimento un po' tulli. E'
pubblica Dominicana a 60 chilometri più case possibili. Ci voleva concre- sorta un'« Associa,:ione cristiana de.Ila
dalla capitale. dove i Salesiani e le Fi- tezza e senso pratico, e perciò l'inizia- gioventù» che persegue un progetto di
glie di Maria Ausiliatrice avevano tiva è stata affidata all'economo «s\\iluppo integrale della comunità»
amici: si trova sulla riva del mare in ispetloriale padre Je~us Pérez. Pochi puntando sui valori sociali e spirituali.
provincia cli Peravia, e pona il curioso giorni dopo, i suoi dépliant e le sue Lavora a suscitare sen~o di responsa-
nome di San Gregorio.
fotografie giravano già il mondo, elo- bilità nell'assolvimento degli impegni
Solo 7 case indenni. La vicenda di quentissime.
comw1i, coordina le a11..ività economi-
San Gregorio è cominciata dramma- Un ufficio per lo sviluppo. Sapendo che; e poiché tanti giovani di Don
ticamente il 31 agosto deU'anno scor- che non meno importante era la rico- Gregorio vorrebbero fuggire nei sob-
so. quando il ciclone David si abballè struzione morale di quella piccola co- borghi intasati della capilale, cerca
rovinosamente- con raffiche di ven- munità, si cercò di coinvolgere il r,iù posti cli la, oro ai giovani di!>occupati.
to a 240 km orari - sulla Repubblica r,ossibile nell"iniziativa gli abitanti. Insomma la vita riprende a Don
Dominicana (e 5 giorni dopo il ciclone Così è staio formalo w, 'U Lficio S\\"i- Gregorio. Le prime 20 ca~e dm rebbe-
Frederic completò l'opera). li catacli- luppo della comunità", che ha prepa- ro essere già ultimate. E il progetlo,
sma lasciò dietro di sè 1.200 morti, al- rato i piani e ora !:>Orveglia i lavori e che iniz.ialmente comprendeva 30 ca-
treuan1i dispersi, e decine di migliaia retribuisce le maestranze. Al progetto se in lullo, gra,:ie agli aiuti raccolti è
di senzatetto. J Figli di Don Bosco, che di ricostruzione fu dappt'ima asse- ~lato raddoppialo: ci sono i fondi per
dal I934 lavorano per la gioventù cli gnato il traguardo di 30 case, per 60 costruire 60 case, per 120 lamiglie. Ma
questa piccola repubblica nel mar dei famìglic. Le case sarebbero costate i salesiani e la gente del po~to vorreb-
Caraibi, dettero subilo il loro contri- 1.800 dollari l'una (poco più di un mi- bero lare di più: guardano alle 181
buto di braccia e di mezzi per soccor- lione e mezzo cli lire), grazie all'acqui- case andate distrutle, e si dicono che
rere i sinistrali, Dalla capitale i s11le- :,tq all'ingrosso del materiale, e alla raddoppiare non basta.
siani e i ragazzi più grandi elci collegi e
circoli giovanili si sono portati sui
luoghi più disastrati aiutando a di-
stribuire i primi soccorsi. Avendo a
Don Gregorio dei giovani amici, ra-
gazzi che sovente panecipavano alle
loro iniziative come la Pasqua giova-
11ife, i salesiani andarono a trovarli.
Di 35 l case, solo 7, le più :.olidc,
erano uscite indenni; 163 erano state
fortemente danneggiate, 18 1 distrutte
o talmente sq uassatc che occorreva
demolirle. Di molte case era rimasto
solo il pavimento: spariti i tclli, delle
mura qualche rnderc alla base, porle e
finestre scaraventate chissà dove dal-
la furia degli clementi. E naturalmen-
te le case più danneggiate erano quel-
le più fragili, quelle dei più poveri. li
centro era abi tato da 2.600 persone,
gente abituata alla fatica e alla solle-
rcnza, agricoltori e pescatori che vi-
vevano del duro lavoro delle loro ma-
ni. E avevano perso lutto. Stavano Una delle 60 case. Dove è passato Il ciclone ora passa una forza ancora maggiore: la solidarietà.
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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STORIA SALESIANA* DUE ATTENTATI NEL 1880
Pistole, c:oltelll, bastoni, veleno: le armi usate In varie circostanze da assassini prezzola!! per
ucc idere Don Bosco, In una ricostruzi one del lologralo Leonard Von Matt.
Scopo: tor di mezzo
il nostro Do Bosco
Racconta lo storico salesiano Eugenio Ceria che cent'anni fa esatti
«ben due attentati, forse connessi tra loro, vennero orditi dai settari
per tor di mezzo violentemente il nostro buon padre Don Bosco»
,noto /'at1eggiamenro u.ss111110
nel secolo scorso dalla 11w.%0•
E neria nei con(ro111i della Chic-
ascritto alla massoneria; la sella ave-
' a condannalo Don Bosco alla morte;
dodici uomini erano stati estratti a
w1, non solo i11 Italia. /11 Torino i ·'::.et- ~orte; dodici indil'.idui dovevano <,uc-
rari · sopporwnmo male il fascino ere• cedersi con quell'ordine, a eseguire la
~crmte di Don Bost.:o, e lo co111ra,\\tal'a• "enten1a. «A me è toccato di essere il
110 più che po1e1·c1110. C tìmsero a col- primo, proprio a mc! E sono \\"enuto
locare giol'w1i di lom (idttcia 11elf'Ora- per que~to!... lo non larò mai un'azio-
1orio per co111rol/are qtiamo ,,; uccade- ne simile. Mi tirerò addosso la ven-
1·u e 01 gcmi::.,~«r<' campc1g11e di swmpa <let1a degli altri; svelare il segreto è la
comm Don Bosa,. Giunsero Cl decre- mia morte, io sono perduto, lo so: ma
wre la sua 111011e 11iolenw: 1111 m1e11ww io uccidere Don Bosco, mai!» Ciò del-
a1•ve1me md Ki1tg110 1880. forse tmc:1111 lo, lnt~se fuori l'arma nascosta e la
1111 \\econdo nel dic:e111/Jre dello s1e.\\so <;cagliò a lCrTa.
anno ebhe i 11ws.~011i per 11wm/c1111i.
Don Bosco lo rialzò. cercò cli cal-
Co~ì le "Memorie Biografiche" di D011 marlo, di rassi<.:urarlo. ma tutto ru
Bosco mcco11ta110 quei 11wlinco11ic1 inulilc:: il pove1·etto uscì a precipizio
futti, oggi appena credibili.
dall~t camera, come chi sia spinto da
li primo colpo gli doveva e5.sere \\'i- !orza misteriosa verso l'abisso. Don
brato in una tlellc ultime sC'ltimane e.li Bosco "c1io;se s ubilo un biglicllo al
giugno da un exallicvo dell'Oratorio. padre, uomo assai prudente, invitan-
che :.i chiamava Alessandro Dasso e dolo d'urgenza aJl'Orato1io, dove gli
che \\ i\\ e\\'a in Torino. Si presentò egli conlidò ogni cosa. Ma suo figlio, stra-
alla rortineria chiedendo di parlare a 1.iato dai rimorsi, il 23 giugno. si buttò
Don Bosco. Essl·ndo pralico cJella ca- \\'èstito nelle acque del Po. Le guardie
-,a. ne tro\\'ò da :.è la sLanLa, nella quale <la.1.iarie, ghermitolo in lempo. lo cun-
fu introdotto. Aveva gli occhi !>Lrmolti ~cgnarnno a due poliziotti, che lo me-
e sembrava un uomo astratto e narnno a casa sua. Di Il a due giorni il
preoccupalo di tutt'altro che di chi gli padre scrisse a Don Bosco per rac-
~lava davanti. Don Bosco lo accobe conta 1·gli l'accaduto e invocare 5.0C·
con la ~olita amorevole/la; ma poiché corso. « RevlTendo padre dei figli Ira-
il giova11ot10 tace1·a e un'agila7ionl ~ iati - gli diceva - alla sua inesarni-
crescente rareva metterlo in orgasmo bile carità, raccomando mio figlio».
,•gli domandò: «Che cosa 1uoi da me.
Dot1 Bosco 1i1 ide più volte questo
Parla! Lo sai che Don Bm,co ti vuoJ padre disgraziato. col quale concertò
bene». Egli allora si gettò in ginoc- la maniera ,U ridurne il figlio sul buon
chio, ruppe in lacrime, e singhiozzan- ~enliern, soLU·aendolo in pari tempo
do gli narrò la bru Ila s!Clria.
alla vendetta elci complici. Inlatti, do-
sono perduto. 11 giovane si era po averlo largamente :,occorso. gli
potè agevolare la fuga all'c:.lero, pro-
curandogli un asilo sicuro, in cui viss1c·
sconosciuto fino al termine dei suoi
giorni.
"E' que sto l'arnese?" U secondo
attentato avvenne in forma più tragi-
ca, nel dicembre successivo. Un gio-
vane sui venticinque anni fece visita a
Don Bosco, che gli accennò cortese-
mente di sedere accanto a sul diva-
no. Aveva una faccia che fin dalle pri-
me ispirò ben poca confidenza; spe-
cialmente gli lampeggiava negli occhi
un che cl.i sinistro, che consigliò subito
a Don Bosco di mettersi in guardia e di
sorvegliarne le mossi:. Un mal ,·epres-
,;o nervosismo lo agitava. Così seduto
parlava, saltando di palo in frasca, La•
lora scaldandosi e gesticolando a gui-
sa di un esaltato. Ed ecco ncll'agita-
1Jone scivolargli d i tasca sul divano
una piccola rivoltella a sei colpi. Don
Bosco, senza che egli se n'avvt:desse.
destramente vi pose la mano ~opra e
adagio adagio se la intascò. Quegli nel
·mo inconcludente parlare era anche
U!>CÌlo it1 !rasi provocan.ti, quasi aves-
se voglia di attaccar briga. A un certo
punto gira [ulmineamente gli occhi
intorno. caccia la cJestra nella saccoc-
cia, Cruga e rifruga con segn i di mera-
l'iglia e di dbpetto, balza in piedi. os-
,;erva di qua e di là, e non sa darsi
pace.
Don Bosco pure si era al1.ato da se-
dere e, mentre l'altro continuarn nelle
,;ue trenetiche ricerche. con tutta
tranquillità gli domandè>: «Che cosa
i:erca. !>lgnore?» « Ave\\ o una co~a.
qui, in tasca... Chi sa come... Ma dove
,;arà andata?•
Don Bosco, a,\\ icinatosi rapida-
mente all'uscio e portala la sini~Lra
alla maniglia per essere pronto ad
aprire, puntò l'arma contro di lui e
,-em:.;1 scomrorsi gli disse: «E' quesLo
l'arne~c che cercava, non è vero?»
A Lai vista il ribaldo restò di sasso;
poi voleva impadronirsi della sua ri-
voltella. Ma Don Bosco in tono ener-
gico gl'intimò: « Orsù, esca subito tlì
qui! E Dio le usi misericordia!» ln
quella aprl l'uscio, e ad alcuni che
erano nell'anticamera dis!>e di ac-
compagnare il signore in portineria.
L'a<;sa:,sino esitava; ma Don Boi.co gli
replicò : « Esca, e non ritorni più!» Fi-
nalmente usci.
Due della casa. che capirono di chC'
si traltava, lo accompagnarono fin
sulla :.tracia, dovc lo atlcndeva un
gruppo di giovinas1ri che parhwano
so11ovocc prC!òso una carrona. Com-
pre!>o che il colpo era falli10 . par·te
saltarono sulla vettura che in un bale-
no cfoparve. e parte batterono i lac-
chi; l'amico mogio mogio prosegui
per via Couolengo...
21

3.2 Page 22

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Alto Orinoco 1951-1974: cinque anni per ambientarsi, e poi 17 anni nella capanna tra gli indios
vestiti di aria e di sole. Confesserà nel suo libro di studi etnografici: « Per i miei bravi indios ho
dato tutto; e se dovessi nascere un'altra volta, darei di nuovo tutto per loro»
3. Gigante con piedi enormi
e barba lunga fino a terra
«Avevo strappato il permesso di
partire per le missioni a 4 1 anni, ab-
bandonando tanti amici. Ero appena
anivato in Venezuela dove conoscevo
nessuno, quando sentii uno che dice-
va in spagnolo (credendo che non ca-
pissi): "Se lo hanno mandato qui, è
perché non sapevano che larsene là".
E' stata una colLellata. Ho mandato
giù a denti stretti, ho olfcrto l'umilia-
zione al Signore. Ma è stata <lura».
Così è cominciato alla fine del 1951
il rude tiTOcinio missionario di don
Cocco, appena sbarcato oltre oceano.
Aveva chiesto di lavorare in mezzo ai
primitivi, e lo mandarono nell'Alto
Orinoco, nel Vicariato apostolico di
Puerto Ayacucho che da una ventina
d'anni la Santa Sede aveva affidato ai
salesiani.
li Vicariato è enorme ( 175 mila
kmq., più di mezza Italia) ma conta
poco più di 40 mila abitanti. Laggiù in
fondo, dove l'Orinoco nasce, ci sono
gli indios Yanomarni, un po' di qua e
un po' di del confine col Brasile. E
quanti siano di prnciso non ~i sa.
perché la foresta ancora nasconde
gruppi restii a farsi incontrare. Ma a
Puerto Avacucho, centro del Vicaria-
lo. è facile contarsi: ci sono i creoli
22
(discendenti di immigrati europei). gll
indigeni acculturati. i meùcci. Un pri-
mo assaggio di ciò che don Cocco è
venuto a cercare.
Nel '5➔ lo mandano a San Fernando
de Atabapo. che è la postazione allora
più avanzata lungo il fiume Orinoco,
un cenLro di 500 abitanti, o meglio
pionieri. Pii:1 in là, lungo il fiume, si
spingono solo i commercianLi che con
i barconi vanno a fare il carico di le-
gname o banane, facendosi aiulare
dagli indigeni. Li ricambiano con
qualche specchio, amo da pesca. ma-
chete (il lcmibilc spadone con cui ci si
apre la strada nella forcs1a, si uccido-
no gli animali selvatici, e quando oc-
corre si accoppano i nemici). A fine
anno don Cocco è stremato, l'impatto
è stato troppo duro, rientra.a Caracas.
Un anno di lavoro tranquillo in col-
legio, ma appena ha tempo lu.i corre al
Coche, una zona di periieria. Ll c'è un
mercato popolare e un sacco di pove-
racci. Par.-oco senza parrocchia, cele-
bra sulla piazza o in un capannone,
diventa .l'amico di tutti gli sradicati.
Ma nel '56 è di nuovo al centro della
missione: è direttore della scuola, che
ha un internato per inclietti orfani.
L'anno dopo è anche parroco. Ma non
finirà l'anno: i Guaicac; o Iyewei-teri,
della tribù degli Yanornami, lo aspet-
tano nella foresta.
Vestiti di aria e di sole. «Ai primi di
luglio 1957 - ha raccontato don Coc-
co - 11 mio vescovo mons. Garda mi
chiama insieme con don Alfredo
Bonvecchio, economo del collegio, e a
bruciapelo ci propone: "Se ve la sen-
tite, fate una puntata esplorativa nella
regione dei Guaicas, e \\·cdctc se ci so-
no possibilità di lomlarn una missio-
ne. Poi tornate e mi riferite".
« lo guardai don Bonvccchio, don
Bonvècchio gua1·dò mc. Ci fu suffi-
ciente quell'occhiata. Risposi: "Se
proprio vuole... ", ma il cuore mi
scoppiava per il desiderio di corren:
finalmente Lra quei primitivi».
I due missionari prepararnno con
cura la spe<lilione. Un negoziante di
legname e il cacico d i un gruppo di
indigeni acculturati si appresta\\'ano a
risalire l'Orinoco, e i due si unirono a
loro. La navigazione fu tranquilla: la
sera del 24 luglio giunsero a ll'angolo
formato dalla confluenza dell'Ocamo.
In quel punto sorgeva una capanna, e
30 indios sembrava li aspettassero.
« Erano vestiti di aria e di sole, agita-
vano gH archi e le lunghe frecce di
canna. Notai la statura piccola di
questi aborigeni, il labbro inferiore
sporgente, la testa tonsurata. Guarda-
vano in tono di timida curiosi1à. Sem-
brava ci chiedessero: "Che cosa volete
da noi? Avete almeno portato molta
roba?"; e di fatto scesero nella barca,
la ispezionarono per bene, e i,embr~1-
rono soddisfatti nel \\'edere la gran
quantità di oggetti che speravano <li

3.3 Page 23

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* IN MEMORIA DI DON LUIGI COCCO 2• PARTE
ricevere in dono... ,,.
Sembrava anche che dicessero:
«Rimanete con noi», e - aggiunge
don Cocco - ,,noi accettammo quel-
l'invito. Don Bonvccchio prefetì dor-
mire all'aperto. lo osai dormire nella
grande capanna. Dorn1ii così la mia
prima notte sotto il povero ma gene-
roso Letto dei Guaicas, avvolto nella
mia amaca, tra le volute di fumo che
salivano dai loro braceri. Noue indi-
men ticabile, piena di timori, sorprese,
strani rumori, sogni interrotti... Il
mattino seguente celebrammo la
messa, la prima messa fra gU Yano-
mami dell'Alto Orinoco».
L"indomani prosegufrono. Quel
viaggio d'ispezione durò 28 giorni, al
termine i missionari avevano disui-
buito tutti i loro doni (forbici, coltelli,
fiammiferi, machete, pantaloni, ca-
micie); avevano fallo amicizia con sei
gruppi di indios, si erano irnpegnati -
con i gesti - a tornare. E il cacico del
p,·irno gruppo incontrato a sua volta
aveva promesso - con i gesti - che
"'nel tempo di una luna" avrebbe co-
struito una capanna per loro.
Fu di parola: il 15 onobre i due
missionari erano di nuovo là, decisi a
fermarsi, e la loro capanna era quasi
u1Limata. Ripresero tutti con hma il
lavoro, alla capanna aggiunsero an-
che una chiesetta, e battezzarono quel
luogo col nome solenne di Santa Ma-
ria de los Guaicas. Lì don Cocco sa-
rebbe rimasto, salvo brevi interruzio-
ni, per J7 lunghi anni.
Li vedo infelici. Il villaggio comin-
cia a crescere. Giw1gono altri Guaica~.
si fanno case più solide, si semina, si
alleva qualche gallina. 11 Vescovo
manda una dinamo, degli amici man-
dano strumenti per una piccola fa le•
gnameria. Ci sono altri gruppi di in-
dios intorno, e i missionari vanno a
metter su una capanna lra loro: una a
Platanal, una a La Esmeralda (oggi
sono piccoli centri missionari). E cosa
più im portante: i missionari a poco a
poco imparano la lingua.
Qualche incauto pensatore di altri
tempi aveva avanLato l'ipotesi del sel-
vaggio felice, nel paradiso terrestre
della natura inc()ntaminata. Lì la na-
tura è incontaminata, ma è quasi un
inferno. « I miei Guaicas, io li vedo
certamente infelici. E' gente che crepa
di fame, che piange per le morti con-
tinue. Il loro mondo è dominato da
spiriti che sono nell'aria e nelle cose, e
che possono fare del male; per q uesto
hanno sempre paura. Le donne non
sono padrone dei loro affetti, sono
destinate fin da bambine a sposare un
uomo che non hanno scelto. In certe
circostanLe non hanno letteralmente
nulla da mangiare. Quando la siccità
impedisce la maturazione delle bana-
ne, non hanno altre risorse e i più de-
boli muoiono di fame».
La vita della foresta è dura per tutti,
anche per i missionari. Nelle acque ci
si imbatte in pesci carnivori come
l'aimara, il paxara, e nei ca111ia11i lun-
ghi 4 metri. Ci sono i serpenti ancicon-
da, anch'essi nell'acqua, lunghi fino a
10 metri. Sulla terra il serpente boa, e
il terribile quai111api11a...
E la malaria. Un vero Oagello, con
cui don Cocco impegna una lotla
spietata (e alla fine soccomberà). La
malaria indebolisce gli indios. stronca
i più deboli. Ci vorrebbero q uintali di
chinino.
Nel febbraio del '59 il male colpisce
ancora don Cocco: un calcolo renale
così violento che sviene. Quando ria-
pre gli occhi, trova i suoi Guaicas tutti
intorno a lui, che gli soffiano addosso
per liberarlo dagli spiriti cattivi. ln
qualche modo riesce a ricoverarsi a
Caracas, subisce una prima operazio-
ne (ne subirà varie altre), e poi torna.
-'
Ragazzo Gualca con pappagalllno addomestl•
cato. Nella pagina accanto, don Cocco, le tre
coraggiose FMA della missione, alcuni Guai-
cas, e un anaconda ormai non più pericoloso.
Ma quello svenimento è slato pc1· lui
provviden2iale, perché gli ha permes-
so di sapere che tra gli indios può
contare su un amico per la pelle.
L 'amico Abbe. Chi più soffiava per
cacciare via gli spiriti era lui, Abbe lo
stregone. Ciò faceva parte della sua
prorcssione, ma era anche segno della
sua amicizia.
Ha raccontato don Cocco : « Dalle
varie parti qua attorno, se qualcuno si
ammala lo portano subito da lui,
pe1·ché lo insuffli. E se non basta sof-
fiare, ricorre a grida, urla, minacce,
colpi, a tutto ciò che secondo lui può
spaventare gH spirili e cacciarli via».
La cultura medica dei Guaicas è tutta
qui: «Se un indio si ammala o muore o
resta vi ttima di una disgrazia, è certa-
mente perché un suo nemico gli ha
soffiato in corpo uno spirito cattivo,
causa d i ogni male. Il compito dello
stregone consiste allora nel togliere
dal corpo del malato, o allontanare
dalle vicinanze di casa s ua, questo
spirito». In realtà «dissenteria, cosli-
pazioni torlissime, malaria, sono le
malattie più comuni fra questa povera
gente, e fanno vere stragi specie tra i
bambini».
Perciò don Cocco si è messo anche
lui a curare, ma « da principio f u im-
possibile somministrare medicine per
via orale: neppure una semplice pa-
stiglia riuscivano a ingoiare o ritenere.
Non mi rimaneva che p1·ovare con le
iniezioni. Ma se le sarebbero lasciate
fare? Fu proprio il mio amico Abbe
che anche senza volerlo mi r.isolse il
problema».
Andò così. Da cinque giorni Abbe
stava soffiando e facendo scongiuri s u
un povero malato ridotto a pelle e os-
sa; alla line, sconfortato, lo aveva ab-
bandonato al suo destino. «Abbe,
perché non annusi il yopo e non soffi,
oggi?» Il yopo è una sostanza a lluci-
nogena. Rispose: « Perché lo spirito
che tiene Posicagua è maligno, non se
ne va». Allora don Cocco tirò fuori la
siringa. «Perché non lenti ancora? Tu
soffi, e io con questo ago lo punzec-
chio: chissà che lo spirito non si spa-
venti». Abbe acceuò la collaborazio-
ne; soffiò e urlò per tre ore, poi
chiamò don Cocco che amministrò al
malato una buona dose di canfoeme-
tina. L'indomani l'ammalalo era mi.-
gliorato. Da allora Abbe cura i suoi
pazienti con la collaborazione del
missionario, e la sua fama di gua1·itore
è molto aumentata. « Unica d ifficoltà
- precisa don Cocco - è questa: lai
comprendere che non è necessario
fare l'iniezione nella pane maiala.
Perfino nell'occhio qualcun<> preten-
deva che piantassi il mio ago!»
Abbe è aero della missione. Se arri-
vano indios di altre tribi:1, si trasforma
in cicerone. « Li porta a vedere le gal-
line, i conigli, il gatto, spiega come sa
la luce delle lampadine elettriche e la
macchina che taglia la legna, e poi fa
vedere l'ombrello: stare sotto il pa-
racqua è la sua felicità.
Ebbene Abbe, il giorno in cui don
Cocco svenne, al risveglio lo confortt>
così: «Ora tu muori perché sei pallido,
lreddo e sudato. Tu non hai parenti
qui Ira noi, ma sta' tranquillo: noi Li
vogliamo molto bene e non ti abban-
doniamo. Già abbiamo combinato: ti
bruceremo con molta legna e mange-
remo con 1,>Tossc banane le tue ceneri
23

3.4 Page 24

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tutti quanti insieme, come se rossi un
parente nostro». E questo lo diceva
con tanta dolcezza, e insieme con
tanto dolore, da non lasciare il mini-
mo dubbio sulla sincerità del suo af-
l'euo.
I ricordi di suor Maddalena. I gior-
ni passano all'apparenza monotoni
nella roresta. Don Cocco ha una lunga
barba sempre in tempesta. i piedi
scalzi nelle ciabaue, e un eterno son-i-
so. Nel 1960 si stabiliscono a Santa
Maria dc los Guaicas tre Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, e la missione cambia
volto. Le donne Guaica trovano nelle
suore un aiuto provvidenziale, impa-
rano un'infinità di cose; i bambini so-
no più accuditi, crescono sanj e amati.
« I primi tempi rutono duri - ha
riferito suoi· Maddalena Mosso che
passò nove anni accanto a don Cocco
- . ma le tante difficoltà furono supe-
rate dalla sua grande fede, dalla sua
speranza che confinava con il cielo.
Nel silenzio della noue, sollo le ma-
gnifiche s telle fitte fiLte. che in quel
ciclo terso sembravano a noi così vi-
cine, vedevo padre Cocco con la sua
barba incolta penetrare nella piccola
cappella che aveva costruito con lan-
go e paglia. Aveva una candela in ma-
no, anelava a pregare. Mentre nelle
capanne tutti dormivano, don Cocco
pregava per i suoi indios, per noi, per
tulli ».
Suor Maddalena ricorda la sua po-
venà: « Era povero come i suoi indios .
Quando gli occorreva qualche capo di
vestiario lo cercava nei cassoni dove si
riponeva quanto era stato donato per
gli indios. Nella sua povera capanna,
testimone di lante privazioni e sacri-
fici, quando noi arrivammo non aveva
ancora il letto: dormiva per tCITa.
Quella stanza gli serviva per tutti gli
usi: ufficio, sala da pranzo, camera da
letto, deposito per gli indios.
Ricorda ancora suor Maddalena:
« L'ordine - eccetto che nelle idee -
non era la s ua dote pdncipalc. ma sa-
peva trovare sempre e subito quanto
occorreva. Passava lunghe ore in
mezzo alla sua gente assediato da lo-
ro: tante volte l'ho visto mangiare con
lo stregone. Alla missione tulli pote-
vano accedere con libenà di spirito: a
nessuno veniva chiesto qual era il suo
credo religio~o, e lutti venivano ac-
colti sempre con identico amore: in-
dios, studiosi, tudsti. Estremamente
pratico, con poche parole sapeva do-
minare le situazioni più clifficiH.
« Don Cocco - ha testimoniato an-
cora suor Maddalena- era stimato e
apprezzato non solo dagli indios che
tanto lo amavano, ma anche da.Ile au-
torità, civili e religiose, vicine e lonta-
ne, e dallo stesso Presidemc della re-
pubblica. Dopo le visite cli personaggi
illustri, si sentivano sempre cspre!:.-
4. Questi i Guaiscas
o figli della luna
Il nome. Guaica nella loro lingua si-
gnifica guerriero; ma è nome improprio,
usato dai bianchi per indicare una parte
degli aborigeni dell'Alto Orinoco. Il
gruppo etnico a cui appartengono è la
tribù degli Yanomami (probabile signifi-
cato: casalingo, amico della casa . che
costruisce e abita la casa). Una loro
sotto-tribù è quella degli lyewei-teri (let-
teralmente, gente del torrente insangui-
nato): il nome Guaica viene ap plicato a
una parte di questa sotto-tribù.
Quanti sono. Gli Yanomami risultano
circa 40.000; un quarto di essi fanno
parte della sotto-tribù degli lyewei-teri.
Dove vivono. Gli Yanomami occupano
una zona di circa centomila kmq, parte
In Venezuela e parte in Brasile.
Caratteristiche. Si tratta di una popo-
lazione mongolide: gli occhi denotano
una marcata plica mongolica, il naso è
piuttosto schiacciato, mai grande. Por-
tano Icapelli a caschetto, e una grande
tonsura circolare (che realizzano con
affilati steli di bambù), Di indole sono
piuttosto diffidenti, ma fatta amicizia si
rivelano arrendevoli, calmi, tranquilli.
Consuetudini. I Guaicas si costrui-
scono una casa rudimentale consistente
in un tetto spiovente di legno e foglie
intrecciate, sostenuto da pali. I tetti ven-
gono addossati l'uno all'altro lungo una
linea ovale, e tutti insieme formano il sa-
pono o villaggio.
I Gualcas vivono di caccia e pesca, e
di frutta (soprattutto banane) che rac-
colgono senza coltivare. Cacciano con
archi e frecce, le cui punte sono dilegno
indurito al fuoco, e avvelenate. Fabbri-
cano pe ntole coniche, a forma di cam-
pana rovesciata: le fissano al suolo e
accendono il fuoco attorno.
Fanno uso di tabacco e di sostanze
stupefacenti. Collocano il tabacco in
bocca senza masticarlo, tra la gengiva e
il labbro inferiori. Usano inalare Il yopo
(sostanza allucinogena. ricavata dalla
pianta omonima) su per le narici, per
mezzo della cerbottana; il primo effetto
dello yopo è vomito e perdita dei sensi;
subito dopo. uno stato di euforia.
Amano dipingersi Il corpo con arabe-
schi e geroglifici colorati, che disegnano
con grande abilità sulla pelle. Praticano
la poligamia, uccidono i bambini gracili,
e uno del due gemelli
~ioni piene di ammirazione. Ricordo
l'ambasciatore d'llalia in Venezuela,
venuto fino a noi; se ne andò dicendo:
"Di questa visita avrò un ricordo gra-
to, una luce che mi accompagnerà per
tulla la vita·•».
Un fuc ile ro tto e un piccolo forno.
Non che don Cocco tosse l'arrende-
volezza in persona, tutt'altro. Rico,rda
suor Maddalena: «Lottò sempre con-
u-o ogni ingiustizia cli cui fossero vitti-
me i suoi fratelli Guaicas. Li vedeva
deboli e sentiva il sacro dovere di
proteggerli: se qualche volta lui così
mite fece la voce grossa, era la voce di
un popolo che gridava attraverso a
lui». E racconta <li un commerciante
di banane che Ieee lare la raccolta dei
frutti agli indigeni, e dopo aver riem-
pito la barca li ripagò con un fucile
rotto. « Padre Cocco fece ~caricare
tullo, controllò ogni cosa, e li fece ri-
111tmerare in maniera adeguata. Rim-
proverava quel commerciante: "Sia-
mo noi che dobbiamo esercitare la
giustizia. Loro non sanno. on ingan-
niamoli!
Ma suor Maddalena ricorda soprat-
tutto il suo modo di fare disarmante:
« Don Cocco a volte otteneva quanto
umanamente sembrava impossibile.
Noi desideravamo un piccolo fo1110,
per confezionare un po' di pane. Ci
informarono che una famiglia di ita-
liani a Caracas ne aveva uno e inten-
deva venderlo: don Cocco in una visi-
ta a Caracas andò a trovare quella fa-
miglia. Che cosa abbia dello, non lo
so; so che gli risposero: " Torni doma-
ni, e vedremo di combinare''. L'indo-
mani tornò, e la signora: "Padre Coc-
co, sapesse. Mio marito ùa tanto tem-
po era lontano dalla Chiesa. Ma dopo
che ha parlalo con lei, è andato a
confessarsi e ha fatto la comunione.
Padre Cocco, il forno lo prenda, glielo
regaliamo"».
P are Koko è un gigante. Nel 1968
arrivò a Santa Maria de Los Guaica:,
una spedizione di studiosi italiani,
guidati dal prof. Paolo Vercellone. La
spedizione si chiama\\a "Ocamo '68"
perché intendeva risalire questo ar-
nucnte <lcll'Orinocu fino alle sorgenti
e prendere contatto con i gruppi di
primitivi ancora sconosciuti che vive-
vano in quel bacino. Le difficoltà ri-
sultarono superiori a l previsto, n on
ultima un attacco cli malaria che tenne
don Cocco inchiodato a leuo per di-
versi giorni. Le sorgenti non furono
raggiunte, ma i primitivi sì: furono
incontrati cinque gruppi che non a\\'c-
van(J mai visto un uomo bianco.
« Sono piccoli gruppi di circa cento
individui ciascuno - ha riferito il
pro!. Vcrcellone -. Sono disseminati
nella selva e sui monti, alcuni sulla
riva dei fiumi. Hanno tra loro rapporti
sporadici che il più delle volte si con-
cretano in guerra, sport nazionale di
questi indios. Dire che sono all'età
della pietra è una inesattezza: infatti
nella selva non hanno pietre, e n()n
conoscono altro strumento salvo i
denti ùegli animali, i rami, le liane».
Anche se quegli indios non avevano
mai visto don Cocco, ne avevano però
24

3.5 Page 25

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Religione. I guaicas hanno un'idea di
Dio embrionale e confusa. Si ritengono
figli della luna. Credono nell'esistenza
dell'anima e nella sua sopravvivenza
nell'aldilà, con premi e castighi. La virtù
per eccellenza è la generosità, il peccato
peggiore l'avarizia.
Bruciano i cadaveri e ne mangiano le
ceneri impastate con polpa di banana: è
questa la condizione perché l'anima del
defunto lasci in pace i vivi sulla terra e
vada a raggiungere l"aldllà. Qualcuno ha
detto che ~ i Guaicas vivono per man-
giare e muoiono per essere mangiati••
ma è un giudizio sup.erficiale. In realtà
essi hanno un mondo spirituale ricchis-
simo. GII insegnamenti della loro vita
morale e sociale sono racchiusi sotto
forma di miti molto belli e originali.
residenza [issa di FMA, che sono so-
relle, mamme, infermiere, catechiste,
tutto (credo sia la cosa più concreta
che sono riuscilo a reali;,;zare). Poi ho
costruito un campo di aviazione, per-
menendo un contatto rapido e co-
stante col mondo civilizzato (i malati
gravi riescono a raggiungere gli ospe•
dali di Caracas in aereo; in caso di
epidemia i medici e le medicine pos-
sono arrivare con rapidità). Recente-
mente abbiamo costruito un dispen-
sario e una scuola, che cominciano a
dare i primi frutti...». Nel suo elenco di
realizzazioni don Cocco ha dimenLi•
calo di dire che i Guaicas hanno fi.
nalmcntc Lro\\·ato qualcuno che li
ama.
·.' ~ ~ -
- ~~
/.
.,;
Due Gualca si soHlano nel naso, attrave rso la lunga cerbottana, un alluc inogeno In polve re: Il yopo.
sentito parlare e subìto il ra:.cin<>.
l< Pare Koko pei-nwsci paia!», diceva-
no. E cioè « Padre Cocco è un gigante
con i' piedi enormi». Non solo, ma «è
alto come un albero, e si trascina die-
tro una barba lunga t'ino a Lena». Nel
riferire questo ritratto singolare, lo
studioso Paolo Henry della spedizione
Ocamo spiegava: «Non si può dislin·
guerc fino a che punto ci credano sul
seriò, e fino a che punto sia un loro
modo di dire. La logica di quei popoli
ha un rapporto con la realtà mollo di-
verso dal nostro».
Il bilancio. .I giorni passano all'ap-
parenza monotoni; gli episodi si suc-
cedono e si climenLicano. La malaria
infie1isce anche contro don Cocco, la
s ua ~alute scricchiola. Ogni tanto egli
scende a Caracas, si mette nelle mani
dei medici, sollo i fc1Ti dei chirurghi,
alla fine le operazioni subite saranno
sette.
Nel I972 facendo il bilancio della
!>Ua presenza tTa i Guaicas scriveva:
«Sono riuscito a stabilire tra loro una
5 Mio compito fu seminare
altri raccoglieranno
« Parlando con don Cocco - scrisse
lo studioso Paolo Hcnry della spedi-
zione " Ocamo '68" -, la pr·ima cosa
che balza agli occhi è che quando dice
noi11on intende dire noi europei, o noi
bianchi, o noi preti. Dice noi ya11oma-
111i, noi guaicas. Con un"ident.ilicaz.io-
ne totale che le prime volle ci faceva
sorridere, poi ci s LUpiva, poi ci com-
muoveva».
Rosa-rosae a 18 anni. Il s uo primo
atto d'amore verso i suoi indios lu di
studiarli a rondo, con pazienza e al•
tcnzione, per capirli. E «nel suo amo-
revole lavoro don Cocco djvenne -
sen;,;a saperlo - uno scienziato»
(questo riconoscimento è di Pietro
Scotti, dell'Università di Genova).
Davvero scienziato, in grado di discu-
tere da pari con gli etnologi che anda-
vano a trovarlo, in grado di scrivere
libri che <>ra fanno testo.
Eppure... se mai c·era qualcuno a].
l'apparenza negato alla ricerca scien-
Lifica, doveva essere lui. Dopo le ele-
mentari aveva intetTono gli studi per
cinque o sci anni, quanto basta di so-
lito perché ceni ingranaggi si arruggi-
niscano per sempre. A 18 anni comin-
ciò a sillabare il rosa-rosae del primo
latino, ma era Lardi. Durante la prc•
parazione al sacerdozio si lamentava:
«Trovo difficoltà neUo studio, e mi
scoraggio... Non devo farlo, ma confi-
dare nel Signore. Procurerò di occu-
par bene il tempo, ricordando che la-
voro per il Signore».
Trovò difficile imparare lo spagno-
lo, a volte commetteva errori che su-
scitavano benevola ilarità. A Caracas
in un'omelia annunciò ai fedeH che il
Papa era stato colpito da una malattia
e che bisognava pregare per la maJat-
tia del Papa. .Malattia in spagnolo si
dice enfermedad, mentre "mala t.ia ''
- come dovevano intendere i suoi
uditori - significa"cattiva zia". Cosìi
fedeli se ne uscirono di chiesa preoc-
cupati che il Papa venisse colpilo da
una cattiva zia, e persuasi che biso-
gnava davvero pregare per questa
cattiva zia del Papa.
Ma nel 1973 usciva in spagnolo un
grosso volume di 500 pagine intitolato
" lyewei-Le1i, LS anni b·a gli Yanoma-
mr·, a firma Luigi Cocco. Capitava
nelle mani di un etnologo di fama
mondiale, il francese Jacques Lizol,
che stupcfallo lo inviava sul tavolo ciel
re degli etnologi Claude Lévi-Strauss.
L'elogio di Lévi-Strauss. Poco dopo
don Cocco riceveva questa lettera:
«Stimato padre, Jacques Lizot di Ji.
torno da Caracas mi ha consegnato il
suo libro. Da quel momento non mi
sono stancato di ammirare quest'ope•
ra, le sue illustrazioni di straordinaria
ricchezza, la quantità prodigiosa di
infonnazioni etnografiche che wrn
permanenza di quindici anni fra gli
Yanomami le ha permesso di mettere
insieme.
«E' un vero tesoro scicntilico che lei
mette a disposizione degli etnologi,
una summa paragonabile all'opera
che un altro membro del suo ordine, il
padre Cesare Albiselti (del quale mi
onoro di essere amico), ha n:alirzato
con la sua " Enciclopctli.a Bororo".
Ancora una volta i salesiani danno
prova dello spirito scientifico che li
anima, e del rispello col quale sanno
u·a1tare le società dove svolgono il lo-
ro ministero. li suo libro trova posto
lra i grandi testi dell'eLnografia sud-
americana: resterà come un classico
dei nostri studi... ».
Quanti studiosi si acconLcntcrebbc-
ro della decima parte di questo elogio
di Lévi-Strauss. Ma don Cocco non
aveva ambiz.ioni in questo campo.
Tradusse il libro in italiano pubbli-
25

3.6 Page 26

▲back to top
calo dalla editrice dell'università sale-
siana, sotto il titolo ''Parima, dove la
terra non accoglie i morti", e conLinuò
tranquillo a lavorare per i Guaicas.
Non sono cavie da studio. Nel suo
impegno per i Guaicas don Cocco do-
vette riù volte prendere posizione nei
confronti di persone che nonostante
la buona volontà avrebbero potuto
combinare non pochi guai. E' stato ù1
polemica con numerosi etnologi.
«Vorrebbero che gli indios fossero
chiusi in una specie di parco zoologi-
co, dove poter venire anche fra cin-
quant'anni a studiarli come oggetti,
come an imali. lo vorr·ci ricordare che
gli studi sono importanti, ma più im•
ponanti sono gli uomini. Questi indios
hanno una dignità umana che dev'es-
sere rispettata. Non possono essere
traLLali come cavie da studio».
Nel libro, riferendosi a un scminal"io
di studi avvenuto Ùl quegli anni, don
Cocco bolla quel « gruppo di antropo-
logi d'accademia, sdraiati su poltrone
odorose a Coppertone, che hanno
preteso mettere fine a ogni attività
missionaria... Dio sa quali dolorose
autocritiche noi stiamo [acendo circa
il modo e il senso della nostra presen-
za in mezzo agli indios. Ma non penso
che si possano collocare sullo stesso
piano il lavoro di chi dedica tutta la
vita in condizioni durissime a gruppi
così inermi e sempre più minacciati, e
la critica di chi sta seduto a tavolino,
oppure come passatempo va a esplo-
rare, senza porsi il problema dei pro-
pri giudizi e atteggiamenti».
Giudizi per esempio riguardo ai ve-
stiti. Ci sono etnologi cbe accusano i
missionari di facile moralismo, soste-
nendo con una punta di sarcasmo che
l'unica opera di carità che i missionari
sanno esercitare è" vestire gli ignudi".
« Noi - ha replicato in un'intervista
don Cocco - non imponiamo il vesti-
to agli indios. Molti ce lo chiedono per
difendersi dagli insetti che mordono
molto sul scrio, per proteggersi quan-
do lavorano nella selva tra arbusti e
rami taglienti. Se ce lo chiedono, noi
lo diamo. Come diamo il sapone per
lavarlo e tenerlo pulito.
Di qui il suo appello: «Chiediamo la
collaborazione di antropologi co-
scienti, cristiani, in una parola umani.
Un'umanità che si riso.Iva nell'amore e
nel riconoscere nell'indio un autentico
fratello, e non solamente un oggetto di
studio pér una laurea».
li peggior nemico, il turista. Nel suo
libro, lui così mite, ha scl"itto parole di
fuoco contro la pericolosa superficia-
lità di troppi turisti. « Il peggior nemi-
co è il turista, che sorridente e aperto
arriva come un amico, pacche ca-
meratesche sulle spalle. e regala senza
difficoltà. Anche se non ha intenzione
esplicita, converte fatalmente l'indio
26
in fenomeno da baraccone». Denun-
cia i turisti che «pagano gli indios
perché posino senza vestiti davanti
alla loro macchina fotografica. E' cii-
minale accusare noi missionari di fa-
cile moralismo, e poi violare la dignità
di questi uomini per sbandierare una
fotografia audace davanti agli amici».
Ancora: «E' uno spettacolo triste, ma
sempre più lrequente, vedere degli
Yanornami il cui mestiere è fare i sel-
vaggi per essere scoperti, descritti, fo-
tografati e rìlmati. Insomma, prosti-
tuirsi. Così tutto diventa vile, perché
tutto diventa merce: i loro antichi co-
stumi, la loro nudità prima decorosa, i
rili e le fe!>te che scandivano il ritmo
della loro vita e le davano un senso.
Tullo questo ormai lo offrono come
svago esotico, e poi stendono la mano
per chiedere una moneta. E' la sLrada
Alla scuola delle suore le bimbe, con gll stec-
chini della moda gualca, Imparano a scrivere.
della degradazione. Tra quelle che
conducono all'estinzione, è la più tri-
ste. E' l'etnocidio più raffinato».
Salvare l'uomo guaica. Nella sua
preoccupazione per l'uorno guaica,
don Cocco si trovò di frùntc all'incon-
trastabile avanzata dell'uomo bianco.
Avevano commciato i negozianti di
legname o banane, risalendo J'Orino-
co con barche sempre più grosse. E
qualche n1ro antropologo. E poi i tu-
risti armati di macchme fotografiche e
cineprese. Ma ora in prospettiva c'è da
attendersi i coloni, le strade, gli aerei,
le città. li progresso dell'uomo bianco
~i imporrà.
Don Cocco ba provveduto a tra-
mandare la c11/tura guaica con i 5uoi
Libri "a futura memoria". Ma a lui sta
a cuore f'uo1110 guaica, quello concre-
10, che può uscire dall'incontro o
scontro con l'uomo bianco completa-
mente frastornato, destabilizzato, an-
nientato. «Non c'è tempo da perdere
- ha scritto prima di tutto per sé -,
perché la civiltà bianca è frettolosa,
drastica, travolgente». Se nella vita
dell'indio qualcosa deve cambiare,
dovrà essere però lui a capire, a sce-
gliere, a adattarsi. JI cambiamento
deve avvenire dall'interno. «Se credo-
no in certe cose - spiega ancora don
Cocco - qualche motivo ci dev'esse-
re. E bisogna prima di tulio che io
modifichi queste motivazioni se vo-
glio 1iuscii-e a propo1Tc qualcosa di
diverso». Don Cocco aveva imparato
a comunica,·e come i Guaicas, quando
parlava con loro saltellava a piedi nu-
di e gridava come loro, per· farsi capi-
re. Ma nello stcs:.o tempo mise su la
scuola perché i ragazzi guaica impa-
rassero lo spagnolo, imparassero a
scrivere. «Specialmente i bambini
cinguettano già - anche se con qual-
che improprietà- la lingua spagnola.
Durante il mio LLltimo soggiorno in
Italia 1·iccvetti lettere dei ragau.i piene
di sgrammalicature, ma olezzanli di
preziosa ingenuità, gratitudine e otti-
mismo».
I Guaicas sono generosi per natura,
mettono tullo in comune. «Non si
vedrà mai un bambino indio mangia-
re una banana accanto a un altro che
non ha nulla: gliene darà sempre un
pezzo». Questa virtù sociale diventerà
addirillura pericolosa nel contatto
con i bianchi che regolano tutto sul do
lll des, e don Cocco ha dovuto far ac-
cettare ai suoi Guaicas, accanto alla
generosità, anche il concetto di scam-
bio (in pratica lo scambio dei prodotti
della foresta, delle banane, con gli
strumenti dei bianchi: ami per la pe-
sca, armi da caccia, motori). Ma per la
sopravvivenza degli indios è necessa-
ria una collaborazione generosa dei
bianchi. «E' già molto - ha dello in
un'altra intervista - che questo po-
polo, convinto di essere figlio della
luna, abbia conservato la propria cul-
tw-a e lingua nel tempo in cui i bianchi
sono calati sulla luna stessa. Ora
perché si sviluppino culturalmente e
diventino cconomicamenlc autono-
mi, occorre che al loro sfo170 si unisca
il nostro».
Seminatore, non mietitore. Don
Cocco aveva attraversato l'oceano e
accettalo di vivere per 17 anni in una
capanna in mezzo alla foresta, per
portare ai Guaicas il dono della fede.
Ebbene, a conti fal'ti, ha ballczzato
quasi nessuno. Solo bambini in punto
di morte, qualche ragazzino orfano
che sarebbe andato a studiare in
scuole salesiane e quindi aveva pro-
babilità di crescere nella l'ede. Qual-
che anziano malato da lui sommaria-

3.7 Page 27

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mente istruito, e ormai vicino al tra-
guardo della morte, Sembra un in-
successo.
«Ceno, io desidero che diventino
crist iani, proprio perché voglio loro
bene - spiegava-. Per mc clivenLare
figli di Dio e fratelli di Gesù Cristo,
avere la fede e la carità, è il valore più
grande che un uomo possa avere. Per
questo desidero tali valori anche per i
Guaicas. Ma la prima virtù che il cri-
stianesimo insegna è il rispetto degli
altri, e io rispetto la loro coscienza e le
loro scelte». Infatti, secondo la loro
coscienza e le loro scelte, ancora non
erano pronti a diventare cristiani.
Messi davanti a un crocefisso, non
riuscivano a capire come un uomo
possa lasciarsi ammazzare a quel mo-
do, ed essere considerato degno di
ammirazione: gli eroi dei loro miti
se non si offre anche concretamenle il
modo di allevarli, la rhclazione di
quella colpa li avrebbe gettati in un
tunnel di disperazione senza uscila.
« Nella loro morale - sosteneva
don Cocco - riesco a farli comportare
bene: nella mia dovrei costringerli, e
non so se ce la farei. Meglio lasciargli
la loro, e creargli a p()CO a poco dal di
dentro le esigenze della nostra. E'
questione di tempo, di molto tempo».
Così don Coccù quasi non battezzò,
non riempì di nomi il registro dei bat-
tesimi. Sapeva che a quel rito cristia-
no non sarebbe succeduta una vila
cristiana. Suo compito fu cominciare
a preparare alla lonlana le condizioni.
Co:.ì per 17 anni non [u mietitore, ma
solo aratore e seminatore.
Se nascessi un'altra volta. L'antro-
pologo Jacques LiLol andò a vivere
Nel 1972 don Cocco ha accompagnato In Europa Il capo del suol Gualcas, Il caclco Jodlne Justo
Nuiiez.. Ricevuti da Paolo VI, gll hanno donato un variopinto pappagallo delle loro foreste.
erano dei vincitori, non dei miserabili
sconfitti.
I Guaicas non erano in grado di ac-
cettare un a moraJe più matura Quelle
bambine vendute all'età di Ire o quat-
tro anni come spose a uomini magari
già sposati e con più di una moglie:
come far capire che la donna al pari
dell'uomo ha diritto di scegliere, e a
suo tempo, la persona con cui unirsi in
matrimonio? Uccidevano i bambini
fragili perché sarebbero stati cli peso
insopportabile per la famiglia; ucci-
devano uno dei due gemelli perché la
mamma guaica con due figli da al-
levare, appesi uno per fianco, non
avrebbe più potuto lavorare e la vila
fanùliare sarebbe diventata impossi-
bile. Certo si poteva dire loro che uc-
cidere i figli è una colpa orrenda, ma
per qualche mese con don Cocco. Alla
fine 1iconobbe: « Solo voi missionari
potete fare un lavoro serio fra gli in-
dfos, perché solo voi li amate sul serio.
Non come oggeLLo di studio, ma come
persone».
Nel 1972 don Cocco tornato in Ita lia
era intervi~tato da Teresio Bosco. Do-
manda: gli inùios che cosa pensano di
lei? « Mi considerano uno di loro. Uno
che è più che un amico, è un fratello
maggiore. Sanno che vivo per servirli
e aiutarli. E che laccio questo perché
mi ~ento loro fratello in Dio». E lei
come si definisce? Cosa posso dire?
Sono uno che cerca di fare tullo il be-
ne possibile. Sono un sacerdote che si
spende per gli altri. anche se c'è peri-
colo per la mia vita». Lei è un bianco:
perché è andato a insegnare agli in-
dios a vivere come i bianchi? «lo non
sono andato come bianco ma come
cristiano, a portare il messaggio di
pace e di amore di Gesù Cristo. E so
che questo messaggio può essere ac-
cettato o rifiutato da chiunque: dal
bianco dell'Europa, come daU'indio
dell'Orinoco. lo l'ho acce!Lato, e l'of-
Lro a quesli indios. Ecco tutto».
E' stato un lavoro duro, doloroso, lo
ha ammesso nel suo libro: «Tra gli
indios ho dovuto disimpegnare parti
ben poco gradevoli, non poche volte
su piani di convivenza abbastanza
umilianti per un e uropeo. H o condi-
viso con loro il mio cibo, ho cura io le
loro forite, li ho pacificati nelle fre-
quenti liti, ho tollerato i loro capricci
come se fossero bambini viziati e pre-
potenti, ho trangugiato l'amara pillola
della loro derisione e commiserazio-
ne... Adesso posso gloriarmi di essere
cittadino Jyewei-teri».
Nel l 974 era tornalo in Italia con la
salute de[initivamente compromessa.
ln seguito, i numerosi ricoveri in
ospedale non hanno potuto nulla
contro la malaria che gli aveva deva-
~tato il fegato. Lavorò nella sua patria
come animatore missionario finché
gli ressero le forze. Si è arreso a 70
anni meno un giorno. Se avesse potu-
to parlare ancora una volta ai suoi
Guaicas lontani, li avrebbe assicurati
della sua gioia nel recarsi al "paese
delle anime". Avrebbe usato le parole
del loro mito: «Le termiti alate mi
hanno chiamato e io le ho seguite.
State tranqu illi e non piangete. Le
anime vivono ancora tutte, non la-
mentatevi inulilmente. Esse sono im-
mortali e tengono beo all'erta i loro
occhi... ».
Se avesse potuto parlare ai missio-
nrui che gli sono succeduti a Santa
Maria de los Guaicas, avrebbe detto
come neU'tùtima intervista a Marco
Bongioanni: « Il mio desiderio più
grande è che gli Yanomami siano
amati come e più di quanto ho potuto
amarli io. Che siano salvati con quel-
l'amore cristiano che è lungo, che non
improvvisa niente, che si affida molto
al Padre che è nei cieli».
Lascerebbe come testamento spiri-
tuale parole come queste (e le ha
scritte nel suo libro): «Una cosa è cer-
ta e mi rallegra quando la penso: un
bel giorno gli Yanomami, resi [edeli
alla patria e alla religione, inietteran-
no nel sangue venezuelano e nella
cullur-a latino-american a il prezioso
apporto della loro inedita potenzialità
etnica. Sogno questo senza pon-e date
al com pimento. Non mi affanna il
raccolto... Per i miei bravi indios Ive-
wei-teri ho dato tutto; e se dovessi
nascere un'altra volta, darei di nuovo
Lutto per loro».
Enzo Bianco
27

3.8 Page 28

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Brevi da tutto il mondo
* MISSIONI LA 109" SPEDIZIONE
E TANTE NUOVE PROSPETTIVE
La spedizione missionaria del 1979,
esattamente la 109" a partire da quelle
compiute da Don Bosco nel secolo scor-
so, ha visto 45 salesiani ricevere il croce-
fisso del missionario. E salvo alcuni che
incontrano difficoltà per Il visto d'entrata,
sono già In territorio di missione.
In questi ultimi anni l'impegno missio-
nario salesiano si è Intensificato, e ha
portato la presenza dei fìgll di Don Bosco
in diverse nazioni dove non lavoravano
ancora. Vale la pena elencarle.
Nel 1975 cominciarono a lavorare in
Etiopia: aprirono una scuoia professiona-
le e opere sociali a Makallé nei Tigray; ora
si dispongono ad aprire una seconda
opera forse nella capitale.
Nel 1978 era la volta della Costa d'Avo-
rio, con un'opera singolare per giovani
che si specializzano nell'agricoltura e al
tempo stesso nella catechesi.
Nel 1979 due salesiani aprirono un cen-
tro giovanile a Curaçao nelle Antllle Olan-
desi, di fronte al Venezuela. Nella Liberia
si stanno impostando due opere tra la
gioventù. Nelle Samoa Occidentali
(Oceania) è stata presa la responsabilità di
una scuola della diocesi di Apia.
Anche nel 1980 molte novità. I salesiani
sono tornati in sette nella Guinea Equato-
riale (da cui erano stati cacciati nel 1976),
e altri missionari sono attesi per tre fon-
dazioni. Con loro sono entrate per la prima
volta anche le Figlie di Maria Ausilìatrlce.
A pag. 10-11 di questo fascicolo si illu-
stra la nuova presenza nella Papua-New
Guinea (Arcipelago Indonesiano). Dalla
* ITALJA GLI SCUGNIZZI
SONO AB AETERNO
E' un gruppo scultoreo, opera del sale-
siano don Tommaso Facchino. E è stato
donato al Rettor Maggiore, durante la vi-
sita a Napoli nel marzo scorso. Accompa-
gnava Il dono una garbata descrizione
dell'opera, che cominciava spiegando:
« Tre teste di ragazzi a grandezza naturale,
a tutto tondo, ancorati su base di pietra
lavica del Vesuvio». E proseguiva: «Scu-
gnizzi '80: del 1880, o del 1980? gli scu-
gnizzi sono ab aeterno, come il sole, come
Il mare, al di sopra e al di fuori di ogni
tempo. Gli scugnizzi sono reperti di storia
umana calati da sempre nella storia napo-
letana ».
Il Rettor Maggiore era a Napoli per ce-
lebrare con la Famiglia Salesiana dell'Ita-
lia Meridionale Il centenario della visita di
Don Bosco alla città del Vesuvio. Gli han-
no fatto molte feste. E soprattutto l'hanno
28
Spagna alcuni salesiani sono partiti per il
Senegal: stanno studiando la lingua locale
e attendono rinforzi per assumere poi la
responsabilità di una missione e di una
scuola professionale. Da gennaio c'è un
salesiano In Kenya intento a imparare an-
che lui la lingua, e a sondare le possibilità
concrete di lavoro: altri più tardi lo rag-
giungeranno.
Intanto si prepara il terreno per nuove
fondazioni. Un salesiano destinato ad
aprire agli altri la strada del Sudan è ora In
Egitto alle prese con l'arabo. In Brasile 25
salesiani si sono offerti per l'Angola (dove
si parla portoghese): sei sono stati scelti e
ora attendono il visto d'ingresso; apriran-
no due missioni. Le c,nque lspettorie del-
l'India hanno designato tre salesiani cia-
scuna - scegliendo fra Itanti che si erano
offerti - per le nuove missioni africane
(tra l'altro, potrebbero svolgere un utilis-
simo lavoro fra i loro compatrioti emigrati
In Africa). All'Africa guardano anche i sa-
lesiani di Argentina e di altre zone, dove sì
stanno raccogliendo i nomi dei volontari e
preparando i progetti.
Quanto poi ai vescovi del continente
nero, hanno sollecitato la presenza sale-
siana da almeno nove altri stati: Afar e Issa
(già Somalia Francese), Benin (già Daho-
mey), Chad, Ghana, Madagascar, Rep_
portato a vedere I veri scugnizzi, non solo
quelli scolpiti a grandezza naturale, ma
quelli che frequentano l'oratorio di Tarsia,
quelli del rione Amicizia. E così ha potuto
rendersi conto che sono davvero I ragazzi
su misura per i figli d i Don Bosco.
Centroafricana, Tanzania, Uganda, Zam-
bia.
In tutte le località raggiunte di recente
dai missionari salesiani c'è solo un inizio
di impegno missionario, come il piccolo
granello di senape nascosto nella zolla.
Occorre rafforzare queste presenze inci-
pienti. Intanto il Rettor Maggiore ha co-
municato che durante l' anno 1979 sono
arrivate sul suo tavolo qualcosa come 149
lettere di salesiani che si offrono per par-
tire. Non che da oggi a domani possano
prendere il volo, la selezione e la prepara-
zione è lunga (12 lettere giungono da gio-
vani novizi che dovranno mangiare ancora
molto pane di Don Bosco prima di potersi
rimboccare le maniche e mettersi al lavo-
ro). Ma è un fatto: da molti anni, da prima
della crisi che ha investito la vita religiosa,
non sì verificavano tante domande.
Segno che qualcosa sta cambiando.
* ARGENTINA APERTO IL PROCESSO
PER LA CAUSA D I • DON• ZATTI
Il 22.3.1980 è stato aperto a Viedma in
Patagonia il processo per la causa di ca-
nonizzazione del servo di Dio Artemide
Zatti, il simpatico salesiano coadiutore
che per 50 anni fu infermiere e ammini-
stratore dell'ospedale San José (il primo
della Patagonia). La cerimonia, che si è
svolta nella chiesa cattedrale, fu come
una grande assemblea religiosa cittadina;
vi presero parte Il Vescovo di Vfedma,
/'arcivescovo salesiano di Salta, e i/ Po-
stulatore delle Cause salesiane giunto per
l'occasione da Roma.
La cerimonia - ha riferito il Pastulatore
don Luigi Fiora - ha assunto particolare
rflievo anche per una coincidenza che tutti
hanno ritenuto significativa. Cent'anni fa
esatti I salesiani - che nel 1879 avevano
già compiuto una prima rapida esplora-
zione in Patagonia - si insediavano a
Vledma in forma stabile. Fu appunto nel
1880 che quattro salesiani e quattro FMA,
guidati da mons. Fagnano, vennero a sta-
bilirsi nella vicina parrocchia di Carmen di
Patagones, di fronte a Viedma sull'altra
sponda dei Rio Negro.
Su questi avvenimenti abbiamo posto
alcune domande a don Fiora.
Domanda. Quale significato è stato dato
a Viedma a questa coincidenza?
Don Fiora. Veniva spontaneo in tutti ri-
levare che li fatto di iniziare la causa di
canonizzazione d'un salesiano in tale cir-
costanza era un premio e un gesto di pre-
dilezione da parte del Signore, per quello
che I figli di Don Bosco avevano realizzato
in cent'anni di evangelizzazione in Pata-
gonia. Era cioè il riconoscimento, fatto at-
traverso lo splendore della santità, del
buon spirito che aveva animato I primi
missionari della Patagonia. Artemide Zatti,

3.9 Page 29

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con la sua modestia operosa, è stato visto
come Il rappresentante di tanti altri figli di
Don Bosco - alcuni ben noti e stimati,
altri nascosti e senza fama - che avevano
lavorato come lui e nel suo spirito per
realizzare i sogni missionari di Don Bosco.
Si è cosi constatato che Il Signore, co-
me avviene spesso nella storia del Popolo
di Dio, ha scelto e propone come modello
di santità, vissuta nell'amore di Dio e nel
servizio degli uomini, Il più umile di tanti
generosi pionieri.
Domanda. Ricordano ancora Zatti nella
Viedma di oggi?
Don Flora. Sì, e li fatto ha dello straordi•
narlo. Don latti (tutti lo chiamavano così)
morl nel 1951, e a trent'anni quasi dalla
morte la sua memoria si è mantenuta viva,
entusiastica e commossa. Tutti qui lo ri-
cordano in camice bianco, nel suo ospe-
dale o In bicicletta per le vie della città,
pronto a ogni opera di carità verso i poveri.
La sua immagine è passata nella storia e
quasi nella leggenda di Viedma, che da
piccolo avamposto militare è ora diventata
la capitale del Rio Negro. Ora la città ha le
sue nuove strutture civili e i suoi edifici
moderni; le sue vie larghe sono percorse
da gente che viene da regioni lontane; le
sue attività hanno preso un ritmo soste-
nuto. eppure la figura di Zatti non ha perso
nulla della sua freschezza e del suo fasci-
no: si ritrova presente nel ricordo di tutti
per la sua bontà generosa, intraprenden-
te, umile, festosa. Quelli che l'hanno co-
nosciuto mi volevano parlare di lui che di
domenica giocava alle bocce al circolo,
che contagiava col canto e la preghiera
quanti andavano In chiesa, che è ricordato
come esempio di buon samaritano all'o-
spedale...
Domanda. Di Zatti e rimasto qualche
segno concreto nella città?
Don Flora. Sì, la sua presenza va ben al
di là del semplice ricordo affidato al filo
della memoria. A latti è stato eretto un bel
monumento in uno dei crocevia centrali di
Viedma; portano Il suo nome Il nuovo
ospedale, una delle vie di maggior traffico,
un quartiere della periferia; ogni anno una
··commissione permanente" prepara
commemorazioni religiose e civili alla sua
memoria. E ora quelli che l'hanno cono-
sciuto chiedono di aver l'onore di testi-
moniare al processo: hanno dei preziosi
ricordi personali, e non vogliono lasciarli
cadere nel dimenticatoio.
Domanda. Quale messaggio riscoprono
in Zattl gli abitanti di Viedma oggi?
Don Flora. A Viedma si constata l'effi-
cacia dell'autentica testimonianza cristia-
na, anche quando è vissuta nelle giornate
faticose di un modesto infermiere. I fedeli
vi riscoprono Il senso vero della vita, i suoi
valori essenziali, il suo conforto e la sua
forza.
Don Zatti vive a Viedma certamente per
la simpatia del suo ricordo e per I ricono-
scimenti che gli sono stati tributati. Ma più
ancora per la sua lezione di vita, che con-
tinua a consolare e a elevare gli animi dei
suoi concittadini. "Don Zatti è un santo
vero•· dicono tutti; e la santità, vissuta da
lui con tanta serena semplicità, è diventata
un richiamo simpatico e un traguardo alla
portata di tutti.
(Il BS ha dedicato alla figura diArtemide
Zatti un ampio servizio apparso sul fasci-
coli di novembre e dicembre 1977).
Vledma: bassorlllevo sul monumento d i Arte-
mide Zatti. Eccolo con l'inseparabile bicicletta,
con i poveri e malat l che ogni giorno visitava.
* IRAN TRA I CRISTIANI CALDEI
IL PRIMO CENTRO COOPERATORI
Un sacerdote cooperatore nell'aprile
scorso ha fondato nella sua diocesi di Te-
heran dei Caldei un centro di Giovani
Cooperatori salesiani: è il primo gruppo di
Cooperatori di rito caldeo, a quanto pare il
primo tra I cattolici di rito non latino.
L'iniziat1va di questo centro è stata pre•
sa da don Antonio Sandre, già salesiano
coadiutore, che pochi anni fa è stato ordi-
nato sacerdote nella Chiesa Caldea, e che
ora continua il suo Impegno nella famiglia
di Don Bosco come affezionato e attivo
cooperatore. Egli infatti lavora nella sua
parrocchia con "cuore oratoriano", so-
prattutto alla ricerca della gioventù.
I suoi fedeli sono pochi e sparsi In un
territorio vastissimo. Eppure tra I rari gio-
vani che può incontrare è riuscito ad
amalgamarne una trentina, disponendoli a
fare proprio il "Da mihi animas" di Don
Bosco. Ha cominciato a raccoglierli attra-
verso una serie di incontri realizzati con
grandi sacrifici, date le distanze e data
anche la profonda diversità di mentalità
che rende difficile in un paese come l'Iran
entrare nell'idea di un impegno apostolico
laicale. Ma grazJe anche all'appoggio del
suo vescovo (mons. Youhannan Semman
lssay, che parla di don Antonio e delle sue
realizzazioni con grande entusiasmo), è
riuscito a formare questo primo gruppo di
trenta Giovani Cooperatori.
Durante la settimana santa don Antonio
li ha radunati In un ritiro spirituale d i tre
giorni presso le case che salesiani e FMA
hanno a Teheran. Quei giovani hanno po-
tuto così immergersi nel clima salesiano
come in un nuovo battesimo, e al termine
del ritiro hanno pronunciato la loro pro-
messa di Giovani Cooperatori. Ora gli so-
no di valido aiuto anche nel ministero sa-
cerdotale.
Nell'Iran - l'antica Persia, da cui se-
condo la tradizione partirono i Magi in
cerca del nato Messia - I salesiani lavo-
rano da 47 anni. Hanno nella capitale la
Parrocchia latina e un grande collegio, più
una parrocchia a Abadan nella zona calda
del petrolio. Le FMA hanno anch'esse
un'opera nella capitale. Le comunità sale-
siane dell'Iran appartengono all'lspettoria
del Medio Oriente con sede a Betlemmme,
dove i Magi trovarono Il Messia.
L'antichissima Chiesa Caldea, fondata
nel primi tempi dall'apostolo Giuda Tad-
deo, nel secolo si era staccata da Roma
per aderire all'eresia nestoriana. In segui•
to conobbe un periodo di grande espan-
sione missionaria, spingendosi a quanto
pare fino In Cina; poi fu quasi cancellata
dall'ondata incontenibile dell'Islam. In se-
coli recenti I Caldei sono ritornati all'unio-
ne con Roma. Oggi sono poco più di cen-
tomila, quasi tutti cattolici (i nestoriani so-
no sul punto di scomparire), ma nella li-
turgia conservano il rito caldeo. Tra loro
lavora don Antonio Sandra, e tra loro è
sorto questo singolare ma promettente
centro di Giovani Cooperatori salesiani.
* THAILANDIA ABBIAMO FATTO
"ESERCIZI SPIRITUALI VIAGGIANDO"
Una singolare esperienza estata tentata
- pare con buon esito - dai salesiani
de/l'Istituto tecnico professionale Don
Bosco di Bang Kok: gli "esercizi spirituali
viaggiando". I ragazzi cattolici e buddisti
che hanno scelto di partecipare, sono stati
organizzati In sei turni di 50 ciascuno,
quanti ne stanno su/l'autobus della scuo-
la, e accompagnati in escursioni lungo un
itinerario che offriva la possibilità di vede-
re luoghi. incontrare persone, ascoltare
conversazioni ut/11 per una riflessione
orientatrice. Ecco in condensato /a de-
scrizione che fa dell'esperimento don An-
gelo Regazzo. vicario della comunità sa-
lesiana.
Perché "esercizi spirituali viaggiando"?
Perché ben dieci ore saranno trascorse in
bus: nel bus si canta, si prega, si gioca. sì
predica, si intervista, si fanno tante altre
attività interessanti (naturalmente prepa-
rate prima a tavolino dagli incaricati).
Dunque alle otto del sabato mattino si
sale a bordo dell'autobus, e si fa la prima
puntatina alla scuola professionale che
sta sorgendo a Ban Pong. Foto ricordo
sotto le capriate di ferro, che sono frutto
del lavoro dei nostri ragazzi. Un breve tra-
gitto e si è già al Sarasit College (scuola
diurna e serale dalle elementari alla soglia
dell'università, parrocchia, oratorio ecc).
Subito tutti in chiesa per un saluto al Si-
gnore. poi visita veloce alla bellissima bi-
blioteca, poi don Colombini rivolge al ra-
gazzl un pensiero di meditazione. Tornati
sul bus, si riflette in comune su quanto
udito.
La tappa seguente è Ratchaburi, presso
la bella scuola delle FMA. Le suore hanno
preparato il pranzetto a base di kao phat
(risotto piccante thailandese); poi dopo
29

3.10 Page 30

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un'appassionata ricreazione don Sanit
parla ai ragazzi per una buona mezz'ora.
Cose Interessanti, su cui riflettere e di-
scutere cammln facendo.
Venti chilometri di strada, ed eccoci al
Bupha Savan, una località a dir poco sin-
golare un centro per così dire ecume-
nico: un Insieme di colline sulle cui cime
sono state collocate le statue di Budda,
Maometto, Confucio, e Cristo Re). La gui-
da spiega tutto ai ragazzi, poi le nostre
gambe sono messe a dura prova su è giù
per quelle colline. Ai piedi della statua di
Cristo Re sorge una grotta profonda e in-
disturbata, e lì cl raccogliamo a meditare.
Poi via di nuovo col bus, verso Hua Hin. Si
passa lungo il mare. e se ne profitta per
fare un bagnetto e una partita a rugby
sulla spiaggia.
Intanto a Hua Hin (casa salesiana,
scuole elementari e secondarie, centri
missionari) le cuoche preparano la cena.
Prima, per I ragaul cristiani, una bella
messa; nel frattempo i loro compagni
buddisti generosamente preparano le
mense. Dopo cena, per digerire, si va sul
molo per un'intervista con i pescatori: I
ragazzi si rendono conto di quanto è dura
la vita sul mare. Dalle 21 a mezzanotte
serata allegra, con attività ricreative e for-
mative sulla falsariga del falò degli scouts.
* SPAGNA PERCHE' IL CENTENARIO
RISULTI FRUTTUOSO
« Qui forse si sono formati di noi un
ideale troppo grande », scrisse nel 1881 da
Utrera (Siviglia) a Torino Valdocco don
Cagllero, il futuro cardinale.
Aveva accompagnato a Utrera I primi sei
salesiani Inviati da Don Bosco a comin-
ciare la sua opera in Spagna, e li aveva
visti accolti con tanta cordialità e fiducia
da averne quasi paura. E se le attese non
fossero state appagate? In realtà era la
Spagna cristiana che accoglieva Don Bo-
sco, faceva propria la sua Inquietudine per
I giovani, Il suo metodo educativo, il suo
stile di dedizione.
I primi sei salesiani arrivarono a Utrera il
16.2.1981, e giustamente la Famiglia Sa-
lesiana di Spagna si prepara a celebrare
questo centenario. SI tratta di fare un bi-
lancio sereno e chiaro d'un secolo di sto-
ria, di ringraziare li Signore per quanto di
buono è stato compiuto, e proiettare nel
futuro le esperienze maturate. A questo
scopo è stato costituito per tempo un
« comitato pro centenario», che ha trac-
ciato gli orientamenti generali e program-
mato le Iniziative.
Tra gli obiettivi da perseguire: migliore
conoscenza del carisma salesiano e del
sistema educativo di Don Bosco; maggior
impegno nella missione giovanile e popo-
lare; più intensa animazione dei vari grup-
pi della Famiglia Salesiana; rilancio della
devozione a Maria Ausiliatrice; più sol-
lecitudine nella cura delle vocazioni; col-
laborazione generosa al progetto missio-
nario In Africa.
La "commissione pro centenario" ha
poi Programmato una serie di manifesta-
zioni in grado di coinvolgere tutti. Le prin-
cipali sono: un concorso nazionale lette-
rario e,un altro con l'Impiego degli audlo-
E poi tutti a nanna: dopo una simile gior-
nata, non occorrono sonniferi.
L' indomani domenica, levata alle 6,30;
poi mezz'ora di preghiera e meditazione in
comune. Dopo colazione s· raccolgono I
frutti del ritiro con una veglia penitenziale
e le confessioni, seguite dalla messa in-
sieme ai fedeli della parrocchia. E adesso,
con la coscienza a posto e sprizzanti di
gioia, tutti gambe in spalla; due collinette
prospicienti il mare attendono gli intrepidi
turisti scalatori. Si torna per il pranzo, si
ringraziano le cuoche, si spendono al
mercato gli ultimi spiccioli per avere qual-
cosa da rosicchiare lungo il ritorno. E si
torna...
L'ultima parte del viaggio è riservata alle
interviste: a turno i ragazzi, col microfono
in mano, dicono Il loro parere sull'espe-
rienza vissuta. Gli organizzatori sono
stanchi morti, ma stanno con le orecchie
dritte per scoprire eventuali errori e cor-
reggerli alla prossima occasione. Ma I ra-
gazzi ringraziano molto contenti, il che
vuol dire due cose: che l'iniziativa è pia-
ciuta, e che sono bravi ragazzi. Poi, man
mano che si passa vicino alla casa di
qualcuno, Il bus ferma e lo scodella giù in
un fragore di salutì. E per i salesiani orga-
nizzatori, il sabato successivo un'altra in-
fornata di altri 50 ragazzi...
La Spagna salesiana, mentre.si appresta a
celebrare Il suo primo secolo di vila, si stringe
anche attorno a don Modesto Bellido (nella fo-
to) per Il suo so• di sacerdozio. Dice un antico
proverbio che frate Modesto non fu mal prio-
re», ma per lui è stata Infranta fa tradizione: è
stato il primo salesiano di Spagna chiamato al
Consiglio superiore, a condividere cioè col
Retlormaggloreleresponsabilità digoverno. Per
17 anni tu conslgllere per le missioni, per alfrl
sei direttore splrlfuale della congregazione. Dal
1972 - fedele al suo nome - è rientrato nel
ranghi e spende I suol ultimi anni nella Procura
di Madrid a servizio del missionari spagnoli.
visivi su " Don Bosco e la storia salesiana
in Spagna"; un convegno nazional_e sulla
catechesi oggi, e un altro sulla pedagogia
salesiana; assemblee nazionali degli
Exallievl, dei Cooperatori e dei devoti di
Maria Ausiliatrice; un documentario filma-
to sulla presenza salesiana In Spagna;
stampa di poster e francobolli commemo-
rativi; mostra missionaria; numeri speciali
delle riviste salesiane; pubblicazione di
monografie storiche sulle varie case sale-
siane, e di un volume commemorativo re-
datto in stile giornalistico.
La " commissione pro centenario" ha
pure fissato le prime date per le diverse
manifestazioni. L'anno sarà aperto in eia•
scuna ispettoria il 31 .1.1981, festa di san
Giovanni Bosco. Il 16 febbraio sarà « gior-
nata di preghiera e di gratitudine al Si-
gnore per il dono della Congregazione alla
Chiesa e alla gioventù in Spagna».
In maggio altre celebrazioni, presente Il
Rettor Maggiore. il 14, che è anche ricor-
renza centenaria della morte di santa Ma-
ria Mazzarello, sarà dedicato all'omaggio
nazionale alle Figlìe di Maria Ausiliatrice.
Nel giorno seguente il Rettor Maggiore e I
rappresentanti del diversi gruppi della Fa-
miglia Salesiana saranno ricevuti dal re di
Spagna (che In un certo senso è exalllevo.
avendo avuto da ragazzo tra i suoi pre-
cettori il salesiano padre Alfonso Nacher,
oggi missionario a Timor). Il 17 maggio
sarà giornata conclusiva di alcune mani-
festazioni a livello nazionale. come gare
sportive, festival di musica giovanile, con-
corsi di pittura. disegno, scultura e foto-
grafia.
Il motivo di queste celebrazioni è più
che legittimo: la Famiglia Salesiana è oggi
In Spagna una confortante realtà. I sale-
siani sono 2.079 In 147 opere; le Figlie di
Maria Ausìliatrice sono 1182 In 82 opere
(senza contare quanti sono partiti per le
missioni). Anche le Volontarie di Don Bo-
sco, sorte nel 1963, sono già numerose:
cinquanta in 5 gruppi. E poi I Cooperatori,
nati cent'anni fa con la prima casa di
Utrera; e gli exallievi al solito difficili da
calcolare...
Il centenario di Don Bosco In Spagna
sarà dunque l'occasione per contarsi, fare
un consuntivo, e - poiché la gioventù at-
tende anche oggi un orientamento cri-
stiano - programmare il futuro.
(Da una relazione di Angel Martin)
* BRASILE MONS. FERNANDO LEGAL
NUOVO VESCOVO SALESIANO
Don Fernando Legai Il 2.4.1980 è stato
nominato vescovo dal Papa, e preposto
alla diocesi di ltapeva (arcidiocesi di Sào
Paulo). Mons. Legai ha 49 anni; nato a Sào
Paulo nel 1931, a 19 anni era salesiano, a
29 sacerdote, a 37 direttore della casa in
cui si formano i sacerdoti salesiani, a 45
superiore dell'lspettoria di Sào Paulo.
La diocesi di ltapeva che gli è stata affi-
data è vasta 16.500 kmq (quasi quanto Il
Lazio), ma conta solo 320.000 abitanti,
battezzati al 90%. Comprende 20 parroc-
chie, e può contare sul lavoro di una tren-
tina di sacerdoti (19 religiosi). tre diaconi
permanenti, 1O religiosi laici e 40 suore.
Non ha sul suo territorio case salesiane.
Ma di solìto i vescovi salesiani in tali con-
dizioni si danno da tare finché... riescono
a farne aprire una. Mons. Legai è Il 116°
vescovo scelto dai Papi nelle file salesia-
ne, il terzo nominato da Giovanni Paolo Il.
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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anno di età. «Mentre stava conversando
con i suoi confratelli andati a trovarlo in
camera, alle 8 del mattino, il bravo vec-
chietto è partito per la casa del Padre. L'ha
fatto senza sofferenza né agonia, come
per non disturbare nessuno, secondo
quella delicatezza che lo aveva sempre
caratterizzato». Così i suol confratelli. Po-
chi mesi prima il Rettor Maggiore di pas-
saggio in Haiti lo aveva trovato ancora vi-
spo e Intraprendente.
E' una grave perdita per i salesiani delle
Antille: père Gimbert è stato li fondatore
dell'opera di Don Bosco in quelle isole, e
la sua presenza era per tutti un incorag-
giamento (BS gli ha dedicato un breve
profilo nel gennaio scorso, a pag. 28).
Ora la fiaccola della longevità passa a
padre Galdino Bardelli di quasi 97 anni,
missionario a Hong Kong.
11 progetto del suggestivo templo a Don Bosco che pr&Sto sarà costruito a Klagenlurt (Austria).
* AUSTRIA UN MODERNO TEMPIO
SARA' DEDICATO A DON BOSCO
I salesiani dell'Austria Intendono ricor-
dare il 75• della loro lspettoria costruendo
a Klagenfurt un moderno tempio che sarà
dedicato a Don Bosco. Il progetto (nella
foto) è dovuto ai due valenti architetti
Schmiedhofer e Orlessnig. La chiesa sor-
gerà nella parrocchia San G_i~seppe già
affidata ai salesiani; negli ed1flc1 annessi
troveranno nuova sistemazione anche
l'oratorio quotidiano e Il centro giovanile.
Questa di San Giuseppe non è l'unica
parrocchia affidata ai figli di Don Bosco: le
loro quattro comunità che lavorano nel
capoluogo della Carinzia mandano avanti
tre parrocchie, due oratori quotidiani, due
centri giovanili e due pensionati. Anche le
Figlie di Maria Ausiliatrice hanno un'ope-
ra, con oratorio, scuola materna, associ~-
zioni varie e catechismi. La posa della pri-
ma pietra del nuovo templo sarà compi uta
il prossimo 16 agosto, giorno della nascita
di Don Bosco.
* MESSICO LA STORIA DI LEANDRO
RAGAZZO INSOPPORTABILE
Era maestra nelle scuole statali; la chia-
meremo semplicemente signora Maria
perché non vuole che si dica Il suo vero
nome. Ora è in pensione e ha tempo di
scrivere le sue memorie. Tra l'altro ha rac-
contato la storia di Leandro, che aveva
incontrato nel primi anni d'insegnamento.
Presentandole la sua nuova classe l'ave-
vano avV8rtita: « I bambini di queste parti
sono molto docili, studiosi, facili da tenere.
L'unico difficile è Leandro: capriccioso,
ribelle e maleducato. Ha solo otto anni, ma
è già ii tipo del ragazzo Insopportabile.
Con lui non si riesce a combinare niente,
l'unica è lasciarlo da parte•.
La signora Maria sapeva ,che - com?
insegna Don Bosco - con I amore si puo
ottenere tutto. Il primo giorno di scuola
assegnò a Leandro un problema molto fa-
cile Facendo finta di niente si mise alle
sue· spalle e lo aiutò a risolverlo; poi si
complimentò: • Hai visto come l' hai risolto
in fretta? Ora te ne do un altro perché lo
risolva da solo•. Glielo assegnò, e conti-
nuò a stargli alle spalle osservando come
se la cavava. Lo risolse bene. Allora gli
prese la testa fra le mani e gli dette un
bacio sulla fronte. Lui si voltò di scatto, la
fissò un momento in silenzio, poi disse con
voce commossa: «E' Il primo bacio che
ricevo nella mia vita•·
La signora Maria gli domandò stupefat-
ta: «Bambino mio, non hai una mamma?•
«No». «E il papà?• «Sl, ìl papà ce l'ho».
« E non ti vuole bene? Non ti ha mai dato
un bacio?• «Ml dà solo delle botte». E la
signora Maria: « lo non ti darò mal botte. TI
voglio bene, e tu farai il bravo••
Le cose poi andarono davvero così:
Leandro si corresse; studiava,arrivava per
tempo a scuola, si prestava per piccoli la-
vori. Era tanto affettuoso che non si stac-
cava mai dalla sua maestra. E negli studi
riusciva bene come gli altri.
Il racconto della signora Maria si con-
cluse così: Leandro continuò gli studi e
veniva sovente a trovarmi. Durante Il ser-
vizio militare mi scriveva. Poi passarono
gli anni e lo persi di vista. Ma un giorno
ricevetti una sua lettera. Diceva che si era
o;oosato. aveva alcuni figli, era felice. E mi
invitava qualche giorno a casa sua,
·•a vedere che educo i mie, frgli con molto
affetto. Perché non ho dimenticato il primo
bacio che ho ricevuto nella mia vita"•.
(Dal BS del Messico)
* HA!TI DECEDUTO
IL DECANO DEI SALESIANI
11 21 .2.1980 è deceduto a Pétlon VIiie
(Port-au-Prince) il decano dei salesiani,
père Pierre Gimbert: era entrato nel 99°
BREVISSIME
,. Il Governo clandestino dell'Alta Ita-
lia verso la fine della seconda guerra
mondiale si riuniva a Milano nella casa
salesiana di Via Copernico: lo ha ricordato
Il 25 aprile scorso Il Presidente Pertini, in
visita a quell'opera. Pertinl, che è exallievo
di Varazze e Alassio, si è fermato a lungo a
conversare con I ragazzi d i via Copernico.
Il BS nel fascicolo di luglio ricorderà que-
sta visita significativa, Insieme con le vi-
cende calde dei drammatici anni di guerra
1944-45.
* Gli istituti religiosi saranno presenti
al prossimo Sinodo del Vescovi con dieci
loro rappresentanti, e il Rettor Maggiore
don Egidio Viganò è uno di essi. La scelta
del dieci nomi è avvenuta per votazione
presso l'Unione Superiori Generali, e è
stata confermata dal Papa. Il Sinodo, che
si svolgerà in autunno a Roma, ha come
tema « I compiti della Famiglia Cristiana
nel mondo contemporaneo": tema che
interessa da vicino i salesiani, perché tra i
compiti fondamentali riconosciuti alla fa-
miglia figura l'educazione dei ragazzi.
* Al volume " Pastorale Giovanile og-
gi" di Riccardo Tonelli è stato assegnato Il
premio "Paola Malipiero per la ricerca
teologica 1980 " . Il premio, patrocina!~
dall'Antoniano di Bologna, ha lo scopo dI
stimolare la ricerca e la riflessione teolo-
gica; l'apposita giuria si era riunita il
13.2.1980, e - come si legge nel verbale
- «dopo ampia discussione e un accura-
to esame delle opere finaliste fra le 51
pervenute, ha assegnato all'unanimità il
premio» all'opera del noto studioso sale-
siano. Don Tonelli attualmente è direttore
della rivista "Note di Pastorale giovanile"'
e docente presso l'Università Pontificia
Salesiana.
., Esercizi splrituall 1980: ai 30 corsi
per Cooperatori salesiani segnalati dal BS
di maggio (pag. 21), vanno aggiunti altri
quattro corsi la cui segnalazione è giunta
in ritardo. Essi sono:
- per Cooperatrici: a Torre Canavese
il 6-10 agosto, a Muzzano Biellese il 6-10
agosto e 1-5 settembre;
- misti per Cooperatorlt tr/ci e Exallle-
vile, a Muzzano Biellese 11-15 agosto.
31

4.2 Page 32

▲back to top
Ringraziano i nostri santi
IL MIO PENSIERO CORSE SUBITO
ALLE PAGINE DEL BOL" ETT" ·o
1126 agosto 1979 la
mia cara mamma fu
colta da violenti do-
lori al punto che fu
necessario portarla
all'ospedale. Ma le
cure furono lnutili, e
dopo tre giorni era
diventata tutta gialla.
I medici ci dissero
che si trattava di un
calcolo al coledoco
che non lasciava passare più niente; se
non si operava la morte era certa a breve
scadenza, se si operava la possibilità di
salvarla era una su mille, dato anche Il suo
stato diabetico e il cuore in cattive condi-
zioni. Decidemmo di tentare quest'unica
via di salvezza, e Il mio pensiero corse su-
bito alle pagine del Bollettino ove sono
pubblicate le grazie deì cari Santi Salesia-
ni, invocandoli di tutto cuore.
L'operazione durò oltre 6 ore. I medici
cl dissero che era riuscita. però la pro-
gnosi restava riservata. Infatti il giorno
dopo subentrò un blocco renale. Corsi al-
l'ospedale e trovai la mamma in condizioni
disperate. Ma non ml rassegnai. Misi le
immagini di Maria Auslllatrlce, Don Bosco
e Domenico Savio sotto Il materasso e con
mia sorella mi recai nella chiesina dell' o-
spedale Invocando tra le lacrime il loro
aiuto. Ebbene, quando tornai su, la mam-
ma aveva superato il blocco con stupore
dei medici e dei parenti.
Sembrava che tutto andasse bene, ma
dopo soli 4 giorni Intervennero complica-
zioni al cuore, e la mamma dovette essere
ricoverata in sala di rianimazione. « E' fini-
ta•, mi disse con un fi l di voce quando
riuscii a vederla. « No, mamma - le risposi
- : è l'ultima prova, poi torni a casa• . In-
fatti. due giorni dopo fu riportata nella sua
stanza. e lentamente si riprese. Il 29 otto-
bre lasciava l'ospedale, e ora sta bene:
nonostante l'età e gli acciacchi è ancora
aut osufficiente.
Montodine (CR)
Angela M. Sca/vlni
RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICE
001'1 qosco"' I SA~'TI SALE51ANI
Beltritti Giulia (Cuneo) per la soluzione
di una grave difficoltà. dopo ferventi pre-
ghiere.
Codegani Giuse (Besate, Ml) per la
guarigione ottenuta da lei, dalla cognata,
e In attesa di altra grazia a favore di un'al-
tra persona della famiglia.
Oefend/ Ubbia/i Clara (Treviglio, BG) per
Il miglioramento della sorella e per la gua-
rigione sua, dopo giorni di angoscia e
preoccupazione.
Dola Adele (Sondrio) per grazie varie a
vantaggio della famiglia, e soprattutto per
la guarigione del papà.
E C. (Torino) per essere guarita anni fa
da un'ulcera perforata che l'aveva ridotta
In fin di vita, e recentemente da un altro
male preoccupante. Ora invoca una gra-
zia per suo marito.
Lazzarato Ines (Venezia) perché il fra-
tello, dopo un delicato Intervento al cuore,
è guarito e è tornato alla vita normale.
Levi Lena (Imperia) per aver ottenuto la
salute alla cara nonna dopo aver tanto
pregato.
Masi Maria e Gerarda per l'aiuto loro
accordato in un momento particolarmente
difficile.
Musatti Velia e Maria, FMA (Reggio E.).
per la guarigione della vecchia mamma,
ritenuta «prodigiosa" dallo stesso profes-
sore curante.
Parodi Adele (Albenga, IM) per la guari-
gione del piccolo Davide, dopo due ope-
razioni da cui stentava a riprendersi.
Rapisarda Domonlco (Pedara, CT) per
una grazia Invocata per quattro anni, e In
attesa di un'altra grazia speciale.
Ruggeri Rina (Iseo, BS) per la guarigio-
ne della piccola nipotina senza cure trop-
po penose.
Urso Vicari Pasqualina (San Cataldo,
CL) per aver superato felicemente un'o-
perazione in difficili condizioni psicologi-
che; mentre Invoca preghiere per supera-
re lo stato depressivo in cui l'ha gettata
l'immatura perdita del marito.
C. Giovanni (Torino) per essere guarito
In forma quasi miracolosa da una soffe-
renza vertebrale per la quale sembrava
necessario almeno un busto ortopedico.
Cappa Rina (Torino) per la buona riu-
scita dell'operazione subita dalla nuora.
Casa/,no Pierluigi (Laigueglia, SV) per
aver salvato il papà da morte sicura, e per
gli altri favori ottenuti ai suoi cari.
Gianna O. (Tortona, AL) per aver ritro-
vato un anello che costituisce per lei un
caro ricordo.
TAiii 10 ::,PA'lc.rHO e DQC-1\\f"LE
Mia figlia col mari-
to e un tenero figlio-
letto di 15 mesi viag-
giavano in macchina
quando un' altra ta-
gliò loro improvvisa-
mente la strada, e si
rovesciarono in un
fosso. Papà e mam-
ma abbracciarono Il
bambino, disposti a
morire pur di salvare
la vita a lui. Ma I' Ausillatrlce, Don Bosco e
i Santi salesianl, che sempre invocano
con fiducia, li salvarono: se la cavarono
con tanto spavento e poco male, e il pic-
colo neanche un graffio
Santhià (VC)
Caterina Bria Burdino
PREGAVA: FRA NOI PICCOLI
Cl DOBBIAMO AIUTARE
Il mio bambino di 7
anni giocando cadde
e ne riportò una seria
orchite. Il dottore or-
dinò delle iniezioni,
che non ebbero nes-
sun risultato. Un
professore cl disse
che biso9nava ope-
rarlo, asportando la
parie malata. Ma io
ml rivolsi a San Do-
menico Savio, e anche il mio bambino lo
pregava dicendo: • Mi devi far guarire
senza operazione. perché fra noi piccoli ci
dobbiamo aiutare». E promise di mandare
tutti i suoi risparmi alle opere di don Bo-
sco. Ma le cure sembravano Inutili, e dopo
un mese lo riportai dal professore per l'o-
perazione. Egli lo visitò attentamente, e
poi mi domandò se credevo ai miracoli:
trovava Il bambino del tutto guarito, e
questo per lui era un miracolo. Così lo ri-
mandò a casa. Incoraggiandolo a mante-
nere la promessa fatta.
Palermo
Rosalba Tanti/lo
QUESTA BAMBINA STA v1vENDO
l N eR~ IVffCIA-o' -
Il 1• maggio 1979 la mia cara nipotina
Silvia di 13 mesi fu coinvolta In un inci-
dente stradale e ridotta In gravi condizioni.
Portata immediatamente all'ospedale, il
professore affermò che le restavano po-
che ore dì vita. Ma con amore e compe-
tenza vennero apprestate tutte le cure ne-
cessarie, mentre tutti i membri della fami-
glia si raccolsero in fervida preghiera, af-
fidando la bambina alla protezione di San
Domenico Savio.
La situazione perdurò gravissima fino af
mattino del 6 maggio, festa liturgica di san
Domenico Savio. Intensificammo la pre-
ghiera, con la promessa di rendere pub-
blica la grazia. Proprio quel giorno s1 av-
vertì il primo lievissimo ma chiaro miglio-
ramento. Nei giorni successivi il migliora-
mento continuò lentamente, ma in modo
sicuro, tanto che i medici affermavano:
«Questa bambina sta vivendo un vero mi-
racolo». Il 1O giugno fu restituita alla fa-
miglia pienamente guarita.
Mappano (Tonno) Bono Irma e tam1g11a
D, CVRAGGIO
t: E n-conRC ~ 10LTO
invio questa lettera al Bollettino per
adempiere alla promessa fatta all'inizio
della gravidanza, quando lo attendevo con
ansia per poter trovare coraggio nelle let-
tere scritte In ringraziamento alla Vergine
e ai cari Santi salesiani. Perché di corag-
gio me ne occorreva molto per portare
avanti una gravidanza tanto desiderata ma
sconsigliata da alcuni medici a causa del
farmaci presi nel primo mese, quando an-
cora non sapevo di essere in attesa. La
paura di avere un bambino menomato ml
terrorizzava e la scienza non poteva far
nulla per tranquillizzarmi. I medici ne par-
lavano freddamente, come non si trattasse
di una creatura, ma di un oggetto da te-
nere o meno. Mi raccomandai tanto alla
32

4.3 Page 33

▲back to top
tra i Figli di Don Bosco. Dopo qualche
giorno cominciai a vedere un po' di luce,
poi a distinguere le cose e le persone che
mi stavano accanto, e riacquistai la paro-
la. Allora presi a narrare a tutti Il sogno
fatto, ed ero così entusiasta di Zeffirino
che i professori non mi chiamavano più
suor Maria, ma suor Zeffirlna. Giorno dopo
giorno il cervello e i sensi ripresero a fun-
zionare. Continuai a pregare il ven. Zeffi-
rino finché potei ritornare alla mia casa
religiosa e riprendere il lavoro. Ora prego Il
principe araucano, Il «giglio della pampa
patagonica», perché mi ottenga una santa
morte, quando piacerà al Signore chia-
marmi asé.
Torino
Suor Maria Colomba FMA
Brasilia: Interno del templo che Il presidente Kubltschek volle dedicato a San Giovanni Bosco.
Vergine e al santo protettore delle culle,
Domenico Savio; e dopo nove mesi sono
diventata una mamma felice: un parto
normale, sereno, con un bel bambino sa-
no e robusto.
So che tante donne hanno vissuto
un' esperienza simile alla mia, perciò vor-
rei dedicare questa lettera a chi è nel
dubbio, a chi non ha il coraggio di sperare,
a chi ha già deciso; vorrei che desse con-
forto e speranza, ma soprattutto fede in
Colui che di lassù cl vede e ci ama.
Alessandr,a
Omei/a Bianchi
Corvo Giuseppina P. (Pietraperzia, EN)
per aver scongiurato una grave anemia al
suo bambino, messo sotto la protezione
del Santo ancor prima della nascita.
Cultrera sac. Salvatore (Pedara, CT) per
la sorella allietata dalla nascita di una
bambina tanto attesa.
Ferrari-Crive//i Anna e Damiano (Mas-
sagno) per la felice nascita della piccola
Francesca Maria nonostante I tìmori che
precedettero Il parto.
Guazzotti Lauretta (Alessandria) per
aver ottenuto un bambino sano e buono
contro tutte le difficoltà dell'attesa.
Ricoverato d'urgenza all'ospedale per
un'ìmprowisa emorragia dovuta a gastrite
Intestinale, di cui soffrivo da tempo, i me-
dici volevano tentare un'operazione, del
cuì esito dubitavano. A chi potevo rivol-
germi se non a san Domenico Savio, che
già altre volte si era mostrato valido inter-
cessore presso Dio? Assieme ai miei, feci
così come potei una fervorosa novena al
caro Santo. I giorni passavano nell'incer-
tezza e nell'ansia, ma alla fine i medici
constatarono con meraviglia che non solo
non c'era più bisogno di operazione, ma
che ero perfettamente guarito.
San Cataldo (CL)
Antonino Calà
RINGRAZIANO ANCORA
SA - 1MrN"G'> <::.fJ.V C
Sette/lino Gina (Alba, CN) per una gra-
zia già ricevuta e per un'altra dì ordine
spirituale che le sta ancora più a cuore.
Sgobbi Beniamino e Annamaria Trom-
bin (Fontanafredda, PN) per la perfetta
guarigione della loro piccola dopo una
grave caduta.
Simonetti Russo Maria (Bari) per essere
stata liberata da una penosa situazione di
malevolenza dopo fervide preghiere a Don
Bosco.
Stagno Carmelo (Trapani) per aver feli-
cemente risolto una difficoltà di ordine In-
teriore.
Coha Angelo e Maria (Torino) per la fe-
lice nascita d1 Luciano dopo due gravi-
danze non portate a termine.
111-DI-, ••I,-• .,A~.~\\/t..,o
'>UOR ZEFFIRINA
Parecchio tempo
fa ero r coverata al-
l'ospedale San Vito
di Torino. Avevo su-
bito un intervento
chirurgico, e già da
qualche giorno ml
alzavo quando un
mattino venni colpita
improvvisamente da
un « Ictus» cerebrale
che come un fulmine
guizzante mi accecò, mi fece perdere I
sensi e non capire più nulla. Come un
globo di fuoco, con tutti I colori dell'iride,
mi aveva attraversato il cervello e spenti
tutti i sensi. Stetti per una settimana tra la
vita e la morte senza capire·né vedere
nulla. curata però da valenti professori
che si prodigarono per salvarmi.
Una notte feci un sogno strano. Vidi
l'America meridionale con la sua meravi-
gliosa flora dai colori bellissimi, dominata
da una grande fascia luminosa che l'at-
traversava dall'Atlantico al Pacifico, e sul-
la quale era scritto a caratteri cubltall:
Zeffirino Namuncurà. Quando avevo già
udito quel nome? Al risveglio ebbi la sor-
presa di sentire che stavo lentamente ri-
prendendo coscienza: mi ricordai dov'ero,
capivo qualcosa, ma gli occhi continua-
vano a essere colpiti da scotomi che mi
Impedivano di vedere. Ml tornò In mente Il
sogno, e cominciai a raccomandarmi al
figlio del grande cacico. giunto alla santità
Proprio mentre
mia figlia era novizia
delle FMA, mio mari-
to si ammalò di sili-
cosi, dopo 22 anni
che lavorava in una
cava di cemento.
Voleva licenziarsi,
ma come trovare al-
tro lavoro? Una suo-
ra di Lu, il paese di
Don Rinaldl, ml con-
sigliò di rivolgermi a lui. Don FIiippo Rl-
naldi ci ha ascoltati: mio marito è riuscito a
trovare un altro lavoro confacente alla sua
salute. Lo ringrazio anche per mio figlio,
eXallievo del Colle Don Bosco, che è riu-
scito a trovare lavoro mentre continua gli
studi.
Grazzano (Asti)
Mariuccia Alasio
r Il t 11 ~IA O a\\ C RA Cl" INr I D
Cangemi Maria Costa (Barcellona, ME)
per la pace e la serenità tornata tornata in
famiglia grazie alla sistemazione definitiva
del figlio nell'Insegnamento.
Ceppi G. (Lecco, CO) per la guarigione
di un fratello che• solo un miracolo poteva
salvare,. perché i medici l'avevano ormai
spacciato.
!ANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Amato Crocn,ssa - Augello Salvatnce - Batti Daniele Te-
resa • earacco Anna e Pina - Battista Concettina • Be-
chelll Rosina Berard Luìsa - Berthod Chabod Anna
Maria - Boerls Rita - BonfanUo Marina - Borgna Federloo
Bruni Mery. Buratti Anna Ma,la - Cacloli $ira - Cam<>-
nlta Antonino Camusso Virginia - Capriogllo Eugenia
Carplnello Carla - Carullo Vittore- Cavagliano Rosanna
Colablanchl ved. Giulie Maneja • Comoll SJMa • Della
G~lda Maria Alllonletta - Daro Peter e Carolina • De
Campo Maria - De Giorg1 Maria - De G1orgl Clelia • Del~
$ani! Rosa - Delladlo Rosina • Oemartlnf Rosetta • DI
Cieco M ìchele e Antonletta Oi Piazza Giuseppe Ori-
saldi Rina - Fedalto Bruna- Gaggloli Angelina-Gagliardi
Gina • Garuffl Giuseppe Gastaldl Antonio • Gonella
Maria Grande Marìaguasch1 S1efano Gutlilla Serafina•
La Corte Giuseppa - Lento Stefania • Lo monaco Angela
- Lucconl Maria Lurgo Giovanni - Magni Monica -
Mambrln Vittorio - Matangonl Lino - Marsegl!a Gisella
Marseglla Fraziella - Marlinotti Canulla • Meli Ros<na
Merlo Rosa - Messina Francesca - Mangiavi Marìanna -
Mo,andl Irene. Morello Maria - Motta Giovanni - Musu-
raca Cecilia - Nicola Pasqualina - PASERO Maria - Pelle
Adelina • Pintavalle Franca - Pivella Flora Poli Mario
Porètto Caterina Prandinl Orsola - Raimondl O. Glu•
seppe Randan:o Maria Felice Rava-sio Bastesin
Ronco Giuseppina v. Rubino - Rosln Maddalena Ros-
selll Rosa - Salvo Giuseppa Sandronl Alba - Saporiti
Giuditta - Scaccabarossi Carta - Scrlbano Mana - Sea-
lena Vicuna - Serianl Silvana - Spelli Ernestina - Taldone
Angela - Terzl Atmlda - Torriglia Franca - Vletto Adelina -
Vizzini Carmela Zmgales Nancy
33

4.4 Page 34

▲back to top
Preghiamo per i nostri morti
pegno di vita e di azione, e ne diede prova
nell'eserclz10 del suo lavoro quo1idlano &
nella donazione entusiasta a ogni opera di
bene. specie ali'OFTAL, che ebbe In lui
non solo un barelliere insuperabile., ma
anche un apostolo Infaticabile e ottimista
ARDU VINCENZO saleslano coadlulo.-
t11 Gualdo Tadlno (PG) a 72 ann1
Avrebbe desiderato diventare sacerdote,
ma disturbi v1siv1 che lo tormentarono per
tutta la vita ghelo Impedirono. Scelse al-
lora la vocazione del coadiutore, e si donò
con amore al vari utlicl che gli furono alfi.
dati, dimostrando un profondo attacca·
mento alla Congregazione. Organizzò
Scouts, tu abile capocomico e possedeva
una facile vena poetica che espresse nelle
più diverse occasioni oome svago educa-
tivo. La sua morte fu serena e dolce come
la sua vita.
BENVENUTI VITTORIO salesiano coa•
dlutoNI t a Milano a 67 anni
Fu un lavoratore silenzioso e forte Per
ben 43 anni fu Il sacrestano, cioè Il custo-
de delle cose sacre. nella basllica di San•
l'Agos11no a Molano. Ha falioato, sofferto.
gioito: ha esercitato un vero ministero; ha
incontrato tanta gente, lieta e triste, l'ha
Incoraggiata, l'ha Indirizzata al confesso-
re, ne ha ascoltato le necessità, si è unito
nella preghiera. Sempre In compagnia del
Signore: l'occhio attento a IUtto, Il cuore
rivolto a Dio,
BERETTA GIUSEPPE salesiano coa-
diutore t a Novara a 65 anni
DI origine bergamasca, era enlrato In
Congregazione In età adulta La sua vita
religiosa ru animata da profondo spirito dr
pietà liturgica e di devozione al Papa. DI
animo sempHce, sempre disponibile al
servizio, accettò l dlsagl della salute ca-
g,onevole, solo preoccupato di non recar
disturbo. Il Signore lo chiamò all'lmprov-
v1so, ma preparato. dalla mensa terrena
alla men.sa celeste.
BONGIANINO MARIA MADDALENA
t cooperatrice a Roppolo (VC)
Ottima madre dl famiglia, educò cristiana-
mente I suol figli, ed ebbe la gioia di ve-
derne una tra le FMA. suor Maria Fu assaJ
generosa verso le opere e le missioni sa-
lesiane. In particolare aiutò la casa di
Vercelli nei gravosi lavori degli lnl zi, e la
casa di Cogne, coadiuvata dal marito, Il
buon "papà Vico" Passò gli uJUml aMI
nella casa di Roppolo. nella preghiera e
nel raccoglimento. La mortela colse dOpo
che si era preparata partecipando con
tervore agli Esercizi Spirltuah delle FMA.
CASALEGNO COSTANZA cooperatrice
t a Torino a 90 anni
Fu sempre anlmatàde grande fedeIn Dio e
da fervida devozione per l'Austlialrice e
Don Bosco. Fu una cooperàtrlce genero-
sa; Imo all'ultimo si donò alla sorella Luisa
e al laboratorio "Mamma Marghenta" In
un amen volò al Padre, \\asc,andoc1 l'im•
maglna sorridente della bontà semplice e
dell'umlllà gentile
CAVANNA mons. NICOLA, vescovo di
Asti t ad Asti a 64 anni
Ebbe un cuore grande per IutU. profondo
rjspetto per ogni persona, generosità In•
stancabile nel servizio pastorale. Il sorriso
che glì era abhuale manifestava la serenità
e l'ottimismo del suo animo. Cooperatore
di Don Bosco. ne possedéva quasi per
natura lo spirito1 e di esso improntò la sua
vita di paslore: come parrooo ad Alessan-
dria. poi vescovo a Rieti e Asti, seguendo
sempre le in1z,ative del Centro Coopera•
toro, partecipando alle conferenze annuali
a alla festa di Don Bosco
CORRAOO ANTONIO sale•lano coad,
t a Castellammare (NA) a 57 anni
,Signore Dio. prima di ogni altra cosa sia
falla la tua Volonta, sempre e In IU!to, lu Il
programma della sua vita, che si tradusse
In un'atbvità lnstancabtle, nonostante I
continui disturbi di salute. I conrratelll lo
ricordano sempre al servizio deglf altri,
scegliendo per sé l'ultimo poslo, la fatica
non appariscente, l' umile presen~a nel la-
voro materiale. E poi li suo stile Immediato
di ringrazia.mento per tutti quelli che gli
rendevano anche il più piccolo favore.
.i Qualunque lavoro onesto dè a Dio glona
ea noi grazia ., lasciò scrltlo. Per lui, ora.
la grazia del premio eterno.
DE SANTI$ MARIA BDSAGINE coope-
ratrice t a Teano (CE) a 82 anni
Visse per Dio e per la famlglla, sostenuta
da una lede Incrollabile e dalla recita
quotidiana del rosario. La sua opera be-
nefica era tutta dedicata a Don Bosco, di
cui era tanto devota, e si esprimeva In
modo particolare nell'aiuto alle persone
più povere e t>lsognose
FONTANA MARIA cooperatrice
t a Borgomanero (NO) a 74 anni
Donna serena e generosa, umile e attiva,
fu sempre disponibile anche al servizio
della parrocchia~ Irrobustiva fa sua vita
relIgIosa con fa parteclpaZ1one assidua
agli Esercizi Spirituali.
PADULA GEMMA ved. GRECO coope-
ratrice t A Gaeta (LT) a 80 anni
Fu zelante e affezionata cooperalrlce del-
l'opera di Gaeta fin dal suol Inizi. Fece
propri gli ideali di Don Bosco e ne portò lo
splrllo nel mondo della scuola, campo del
suo apostolato per motti anni La sua pietà
protonda sl esprimeva nella preghiera e
nella pratica sacramentale, nelta devozi(r
ne ali'Auslllatrfce e a Don Bosco.
PELIZZARI FRANCESCO
t cooperatore ad Acqui (AL)
Era venuto su .dalla gavetta• , come di-
ceva lui Con lavoro duro e assiduo giunse
a posti di alta responsabilità, e legò Il suo
nome allo sviluppo della Banca Popolare
di Novara nella sede di Acqui. In campo
bancario fu un vero esperto. Ma fu anche
un uomo di chiara fede, orgoglioso di ap-
partenete all'Azione Cattolica pauoc-
chiare, al gruppo del Cooperatori sa1esia•
nl, e di avere una sorella FMA.
PELLEGRINO GIOVANNA VED. RE
cooperatrice
t a Dronero (CN) a 90 ann,
Educò ben 11 figli con i-esempio e la pa-
rola, vlwndo In pienezza Il suo credo cri-
stiano. Al Signore consacrò lietamente sr
Angela, sr. Lucia e sr. Lea nell'lstftu10
delle FIAA, e per questo merilò uno spe-
ciale diploma con medaglia di cooperatrl•
ce dal Rettor M..ggiore don Renato Zig-
glottL La sua vita si svolse nel duro lavoro
dei campi, neu·attenzlone premurosa alla
numercse tamigHa e nella preghiera, da
cui attingeva la for2a per superare le prove
e le sofferenze immancabili della vita.
Trasco,se gli ulumI t O anni In casa dI ri-
poso, cercando ancora di rendersr utile, e
soprattulto pregando, nell'attesa quasi
Impaziente d, conglungersJ con Dio
PUNZI MONS. QUIRICO cooperalore
t a Clstemlno(BA) a 99 anni
Famoso latinista, medaglia d'Oro al merito
della Pubblica Istruzione. spese la sua vita
per la E1oventù studiosa Per offrire al ligll
delle classi più umili la possibilità di slu•
dlare donò tulio, anche la casa costruita
de sùo padre, Fu così tra I fonç!atorl llell'~
slltuto salesiano della città, e poi di una
rinomata scuola magistrale. Amava I'Au--
sl11alrlce e Don Bosco. e le sue ultime pa,.
rote furono sulla fortuna di Cistern1no di
ospitare un'opera salestana.
SALA VILLA EUGENIA coOJ)eralrlce
t a Milano a BO anni
Rimasta vedova ancor giovane con 4 figU
piccoli, non si perse d'animo ma oon co-
raggio e 1iducia nell'aiuto di Dio altrontò
un faticoso lavoro per dare al suol fogli una
decorosa sistemalione. E proprio quando
poleva godere I rruu/ delle sue fatiche, un
male poco noto la pcrtò alla tomba, ass;..
stila dal figli e dalla sorella FMA. La Ma-
donna, di c-ul era tanto devola, e Don Bo-
sco di cui alulò sempre le opere, l'hanno
condona alla Casa del Padre per Il prem,o
plu grande.
SCAMPINI uc. GIUSEPPE aalealano
t a Roma a 46 anni
La sua famiglia ere profondamente crf-
stiana (altri due suol fratello. su tre. segu~
rono la vocazìone sacerdotale), Volte es-
sere tiglio d, Don Bosco e chiese la gra-
zia d, andare In missione, dove e quando I
superiori avessero voluto •· Essi lo trova-
rono maturo e lo mandarono dlclasset•
tenne nel Malo Grosso (Brasile), Negli an-
ni di formazione lo incaricarono di
.orientare e dirigere come assistente e
guida I suol compagni di studio•. Com-
pletò la formazione fllosoffca e teologica
In llalla; tornato In Brasile, dapprima si
occupò della formazione del salesiani; poi
lavorò nella scuota superiore dl Llns e In,.
fine a Campo Grande dove diede Il meglio
di se. Fu preside della facoltà salesiana dI
Diritto, e tondatore e preside della facoltà
r11 Servmo Soc1a1e. «Era un collega più
che un superiore. Riusciva sempre a tro-
vare una soluzlone mettendo d'accordo
greci e troiani•· Fu anche apostolo dei
carcerati; fondò un' associazione che si
preoccupava del loro ricupero: chiamò a
lavorare In essa docenti e studenti della
sua università; ottenne una riforma del si•
sterna carcerario "Difendeva Il colpevole,
senza difendere la colpa •.• con padre
Scamplnr - ha detto un carcerato - ho
imparato che Cristo vive anche qui, dentro
questa prigione, e dentro Il mio cuore • ·
Poi un male incurabUe per due anni to as-
sociò alla passl,one di Cristo.• 11 mio desi•
derio è tornar a lavorare tre 1glovanl, il mio
cuore è nel collegio Don Bosco• Ma ac•
cetto dal Signore la difficile rinuncia. e le--
ce della malattia una lezione di lede e di
amore. Alla prima messa aveva scelto Il
motto: , Signore. tu sai che ti amo,. Le sue
utt1me parole lurono quelle dell'apostolo
Giovanni· Vieni, Signore Gesù
ROSINA GIOVANNI er.alllevo e coope-
ratore t Acqui Terme (AL) a 67 anni
Formò I~ sua giovinezza alla scuola di Don
Bosco nelrislituto di Novara, e divenne
animatore operoso del Centro Coopera•
tori di AcquiTerme Era un cristiano senza
complessJ e senza bigottismi, oonvmto
delle proprie scelte, fedele alla Chiesa
Sent1 Il suo •·essere cnstiano" come lm•
VALENTINI ANNUNZIATA VED, DE
PADLIS cooperatrice
Grande devota dI Don Bosco, mise sotto
la sua protezione fin dall'lnfan2ia I suo, tre
figli due del quali divennero sacerdoti Fu
coope.ratnce ledete e beneraurlce 9ene•
rosa sla con offerte continue (anche sul
letto d, morte). sia e più ancora, con la sua
preghiera e Il suo sacrificio.
A quanti hanno chiesto onformaz1oni, annunciamo che LA DIRE·
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, rocono--
sciuta giuridicamente oon D P del 2·9·1971 n 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede In TORINO, avente perso•
nalit.à giuridica per Decreto 13-1-1924 n 22. possono legalmente ri-
cevere Legati ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato . ...lascio alla Direzione Generale Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all'lst1tuto Salesiano per le
missioni con sede In Torino) a titolo di legato la somma di lire....
(oppure) l'immobile sito In... per gll scopi perseguiti dall'Ente. e parti·
co larmente di assistenza e benel,cenza, dI Istruzione e educazione. di
culto e d1 religione.
- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno o
!"altro del due Enti su rndicatl
, ...annullo ogni mia precedente d1spos1zione testamentaria. Nomi-
no m o erede universale la Direziona Generale Opere Don Bosco con
sede m Roma (oppure l'lsf,tuto Sa/esrano per le Missioni con sede In
Torino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo. per
gli soop, perseguiti dall'Enle, e particolarmente di assistenza e bene-
hcenia, di istruzione e educazione, di culto e di religione, .
(luogo e data)
(firma per disteso)
34

4.5 Page 35

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Borsa: tn sullrag,o di Felicina, Salvatore e
Solidarietà missionaria Giosue. a cura dI Costagllola Nicola, Pro-
cida (NA) L. 500.000
Borsa: Mari a Auslllatrlce e Don Basco,
per grazie ricevute, a cura dell'exalllevo
T O L, 500.000
B0n>a: A sUlfragio di mamma Irma Motto,
a cura degli ex-allievi del liglio Don Fran-
cesco L 300.000
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Bo rsa: Don luigi Nano, per riconoscenza,
a cura di un exallievo L 250.000
Borsa: Mari a Ausiliatrice e S. Domenico
Savio, per graz,e. ricevute e mvOGando
protezione per la fam,glla. a c ura dì N .N.
(Aquila) L 250.000
BOfsa: St. Onorina Lanfranco, a cura di
Lanfranco Luigi, Torino L. 200.000
Borsa: Don Antomo Ress1co, a cura di
Lanfranco Lufgl, Torino L 200 000
Bon.a; Don Bosco e Don Rua, a aura di
MaroaRosetta e L uciano (TO) L. 200.000
Borsa: A ricordo d1 Don G,B, Mag,srre/11,
salesiano, a cura delle Cooperatrlct sale--
slane di Modena L 200.000
Borsa: S. Domenico Savio e Santi Sal&-
sfanl, chiedendo ancora protezione, a cu-
ra di E.F Reg gio Emilia L 200.000
Bon a: Maria Ausilialrfce e S. Giovanni
Bosco, m suffragio dell'eK a llievo Seratml
Allonso, a cura degli ex allievi di Biella L
150.000
grazia particolare, a c ura di Pugliesi Alina,
Nepi (VT) L 100,000
Borsa: Maria Auslllatrlce, implorando una
particolare benedl:iìone sulla mia fam,gUa,
a cur-a di Rocco Rosa, S Dona1o MIianese
L 100.000
Borsa: SS. Cuori di Gesù e di Maria e
Santi Saleslan f, In ringraziamento e per la
salute dell'amma e del corpo, a cura di
Monsorno Rosa. Cavalese (TN) L. 100,000
Borsa: Don Bosco, In ringraziamento a
Invocando prorezfor1e, a cura di Fantlnato
Uno, Gallarate (VA) L. 100.000
Borsa: Don Bo sco, invocando grande
grazra. a c ura di Cap1sano Una, Saluggia
(VC) L 100000
8 0 1'$8: A Dio, nosrro Creatore e Salvatore,
rmgraZJando per la graz,e rice11ute ad In~
rsrcess1one di Maria Ausiliatrice e del
Sanrl Sates,anl. a c ura di Nicola Giovanni,
Torino L, 100.000
Borsa: Maria Auslllalrk;e, Don Bosco e
Domenico Savio , invocando protezione, a
cura di Vlnante Pierino e Alla, Tesero (TN)
L 120.000
Borsa: Divina Provvidenza, a c ura di Bo--
gllone Francesco, Torino L 120.000
Borsa: Mar ta Auslllatr~e, m suffragro del-
ta mogi/e Giovanna, a cura di Pellloc1on1
Giovanni, L ucca L 60.000
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, In suJfrag,o df Paolo Gaminsna, a
cura del cognail G.N. L. 60.000
Bona: Don Bosco, a cura di Sardelll Anna,
Pagani (SA) L. 100.000
BORSE 01 LIRE 50.000
Borsa: Gesù Sacramentato, Maria Au.sJ..
liatrice, Sanlf Saleslanl, per Impetrare
grazm. a cura di Viben.1~Cerri-La MOf'ra
(CN) L 100.000
Borsa: Maria Ausllfalrlce e Sanlf Salesia-
ni, In suffragio del miei defunti e Invocan-
do grazie per la famiglia, a cura di $oliai
Crisilloro Iglesias (CA) L 100.000
801'$8: Maria Ausfllalrlce e S. Giovanni
Bosco, proteggete me 9 1m,e, can, a c ure
di Celllnl Rino. Bologna L. 100.000
Borsa: Maria Ausilialrlce e S. Giovanni
Bosco, in ringraziamento e Jmplorando
Borsa: S. Giovanni Bosco e Don ClmaHI,
alutat.,mi, a cura di Carobbio Camllla
Borsa: Marta Auslllatrice e SanH Sale-sla-
nl, ,mplorBndo graz,e, a cura di N.N , Poi-
rino
Borsa:Marla Ausilialrlce e SanU Satesla-
n f, 1mptorando grazre perla ilglla, a cura di
Nizza Orsolina In Allasina, Venasca (CN)
Borsa: Maria Auslllalrlce e Don Atnaldl, rn
rmgraz,amento, a cura di SoUna Angela,
L 1vo,no
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Scolaretta alricana attenta alla lezione. (Foto Unesco)
Bosco, In ringraziamento e m sutiraglo cura di Galli Teodora, Varese
della mamma e del fratello Ello, a cura di
Nlcolussl Nella In Greco
Borsa: Maria Ausiliatrice e Don Bosco, m
Borsa: Maria Ausiliatrice, tienfci sempre
rutti nel tuo cuore diMadre. a c ura di Merlo
Maria L. Ponte tloi Roma
rmgraz1amento e invocando protezione
per part,calare grazia, a cura d1 TeaJdi
Prof Clelia, M endovi (CN)
Borsa: Maria Auslllalrlce, in memoria e
suffragio dBImio c;aro papa Angelo Galla.
Borsa: In sulfragro del d e/unti Ca/cagno-
Maragliano, a cura del coniugi Vllo Cal•
cagno e M aria Maragllano.
Borsa: In memor,a e suffragio di Maroso
s~ Alfonso, nel 1 anmversano dalla morte,
Borsa: Maria Auslllalrlce e Don Rlnaldl, a cura della Famlgha Maroso,
Invocando protezione sulla tamigha, a cu-- Borsa: In memoria di Don Luigi Farac1, a
ra di Savio E., Chal lllon (AO)
c ura del professori dell'ls1iluto Salesiano
Borsa: Moria Aualllatrlce, S. Giovanni di Caserta
Bosco e S. Domenico Savio, invocando Borsa: Don Bosco, proteggi noi tutti, a
protezione e grazie, a cu ra d ella Famlglla cura di Marchese Cristina e A , Genova
Gas1afd1, Fossan o (CN)
Borsa: Mada Auslflatrlce e S. Domenico
Borsa: S. Domenico Savio, ringraziando e Savio. In suffragio di mio marito, a cura di
Invocando protezione, a c ura della mam- N,N . Cuneo
ma Delia Mlola e della nonna Pina Nosen- Borsa; Aleaandrlna da Cos.ta, a cura d ella
za
Fam,glla G.R
Borsa: Jn ricordo de, nostri parent i e amtct,
a cu ra dI Calvi Dr, Alfonso e Maria, $ . Ma•
ria Maggiore (NO)
Borsa; S.a Marta M.azzarello, per grazia
rtcevuta e Invocando protezione, a cura dl
Caporah 8 Rosina, Roma
Borsa: Ma,la Auslllatrlce e SanU Salesla-
nl, in ringraziamento e Invocando prot~
z,ona, a delle Sorelle Aymonln. Torino
Borsa: Maria Auslllalrlce e S. Giovanni
Bo.aco, a c ura d1 Pugno Ines. Torino
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Boaco e
Don Rua, per mtercess,one di grezlé e In
suffragio dei defunti, a c ura di L D.T, To-
nno.
Borsa: Maria Ausllfalrlce e Santi Salesia-
n i, In ringraziamento, a c ura di C.M.T e
VM
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Giovanni
Bosco, per grazia ricevuta, a cu ra d1 Al•
l redl Edoardo, Torino
Botsa: Maria Auxlllum Christlanorum, ora
pro nob,s, a cura di N.N., Viarigi (AL)
Borsa: Don Bosco, a cura di Sltà Fauslo.
Tonno
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. Domenico
Savio, per gra-r/a ricevuta e invocando
protezione per Nico/etra. a cura della Fa-
mlgha Bassi
Borsa: Don Rua, In suffragio dei mie, g e-
mtori Anton,o e Palmina, a cura di Para-
secoli don Nazzareno, F1I011rano (AN)
Borsa: Maria Auslllatrlce, Don Bosco,
Don Rua, Jn ringraziamento e Jnvocando
proiezione, a cura di Brusasc~etto Agne-
se, Vlllad eatf (AL)
Borsa: Maria Ausiflalrlce e Santi Salesia• Borsa: Maria Auslllalrlce e Sanli Salesia-
nl, a cu ra di N.N., San Cristoforo (AL).
ni. Invocando protezione, a cura dl 0on-
80,sa: Maria Auslllatrlce e S. Giovanni guzzl 8, Luigi, Dan1a di Cadore (BL)
Bosco. a c ura delle Sorelle Rssore
Bors a: S. GJo\\lannl Bosco, per grazia ri-
Borsa, In sulfra9to di Cot9na11 Fr~nce- cevuta, a cura Ili Baron,elll Famlgfla
sco-Agata e Spassino Paolo. a cura di Borsa: Maria AusUlalrlce e Don Bo&eo, ,n
N N.• Santhià
suffragio del defunti e invocando benedì•
Borsa: Maria Auslllalrlce e S. Giovanni ,1on1 sulla tam/glia, a cura di Girelli M, Lina
Bosco, in ricordo del papà Gwseppe, a Borsa: Don Rua, Don Rlnaldl, In sulfraglo
cura della ~glia Ferrando Adriana, Torino delm16J defunti e per una grazia, a cura di
Borsa: Maria Auslllalrlce e S. Giovanni Paltoni Ersilia, Gravellona Toce (NO)
Bosco, a suffragio di Garrone Andrea e
Corbellaro Mana, a cura della Famiglia
Casella
Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria Auslllafrf-
ce, S. Giovanni Bosco. per graz ia rfcevu-
ta, a cura di Gugllucci Goffredo, Salerno
Borsa: Don Bosco e Don Aua. m suffragio
d1 Garrone Andrea e Corbellaro Maria, a
cura della Famigl ia Casella
Borsa: Maria Ausiliatrice e Sani! Salesia-
ni, per grazie e prof9~/one, a cura di O.
Prosper1na Spina
Borsa: Don Boeco. chiedendo protezione
per1 mie, l1gtl, a cura di G.G.B., Catania
Borsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco. S,
Domenico Savio, per grazia rie-avu ta, a
cura di Cavlgloll Annamaria, Gonano
(NO)
Borsa: Don Bosco. a cura di Rigt,i Augu- Borsa: S. Domenico Sa·vlo, a cura di
sto, Mod ena
Grasso Anl onlo con amici ed exallievl,
Borsa: Maria Auslllatrlce, Santi Saleslanl, Caserta
Papa Giovanni, in suffragio dei miei de-
funti, a cura d i Mon11 Vìlto rina v Butfalora,
S. Salvatore Monf.
Borsa: Maria Ausilialrlce, S. Giovanni
Bosco e S. Domenico Savio, proteggete I
mie, nlpormt Stefa no e Serena, a c ura di
Borsa: S. Domenico Savio, rn ringrazia~ Fermenti Luisa, Sacconago (VA)
mento e m Yocando protezione, a cura di Borsa: In memoria e suffragio d1 Glan-
Ettore e Maria Pellzza
nanton,o Berretta, a cura di Annoni Virgi-
Borsa: Maria Auslllalrlce e Santi Salesla- nia, Aqnica (BG)
nl, implorafldo proiezione e ,n memor;a di Borsa: S. Cuore di Gesù, Marta Ausilialri-
Giovanni Nltofra, a cura della moglie
ce., Papa Giovanni. pcoteggere 1I mio nf-
Borsa: Maria Ausilialrfce e S, Giovanni potmo Paolo, a cura d1 Clenc1 Fortunato,
Bosco, ,nv'Jcando grazia particolare. a Dronero (CN)
35

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oe
~
Spedìz. In abbon. postale • Gruppo 2° (70) - 1a quindicina
AVVISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TORINO
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
TERESIO BOSCO
VIAGGIO
VERSO LA VITA
Nel suo viaggio verso la vita il pre -
adolescente si trova ad affrontare nu -
merosi ed inquietanti problemi : primi
fra tutti, la conoscenza di se stesso
dal punto di vista psicologico, affet-
tivo, intellettuale; la scelta di un mo-
dello di vita a cui ispirarsi (cristiano,
marxista o consumista) ; il modo con
cui inserirsi attivamente nella società
(partecipare ai consigli di classe, ai
movimenti di quartiere, alla vita po-
litica del Paese).
A tutto questo il ragazzo giunge spes -
so sprovveduto, disorientato, assillato
da innumerevoli dubbi. Con questo
libro Teresio Bosco vuole aiutarlo a
vederci più chiaro, a leggere meglio
in se stesso, a comprendere i difficili
meccanismi che regolano la società,
la politica, l'economia, i mass-media,
il potere. Affronta temi come l'infla -
zione, la disoccupazione, il te.rrorismo,
l'emigrazione, il femminismo, la dro-
ga. Traccia una breve storia dei partiti
italiani, dei loro leaders, delle diverse
linee politiche ; spiega perché è giu-
sto che si lotti per abbattere i con-
fini, per costruire un' Europa unita.
Con poche parole concise, semplici
e chiare, egli risponde alle domande
sommesse che, quotidianamente, leg-
ge negli occhi dei giovani.
L. 3.900
SOCIETA EDITRICE
INTERNAZIONALE
TORINO