Bollettino_Salesiano_198006


Bollettino_Salesiano_198006

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BOLLETTINO
ANNO 104 N. 8 1' QUINDICINA • 1 APRILE 1880
SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPO 2° 1701
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN GIOVANNI BOSCO NEL 1877

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Sommario
1 APRILE 1980
ANNO 104 - NUMERO 6
Servizio di copertina: pag. 3-5
LE IDEE
Rettor Maggiore
Madre Teresa, nostra vicina di casa, 7
Convegno sul sistema preventivo
Don Bosco indicava la via diffici le, 17
Il giornale a scuola, ma anche a casa, 22
LE FORZE
Movimenti giovanlll
Cristo è la nostra festa, 3-5
Il manifesto dei giovani, 5
Servi di Dio. Il barone Petyx, un passo avanti, 30
L'AZIONE
Australia. Per attingere alle sorgenti, 27
Etiopia. Perché Joe e Zoe costruiscono compassi, 16
India. Chiuse le scuole a Dlbrugarh, 27
Mulino olandese al "Centro delle Beatitudini" , 27
Italia. Intervista della Terza B a Turi Ferro, 8-9
Ricercatori In blue jeans. 18-19
Anche nel Belice i bravi ragazzi, 27
Quell"amicizia breve ma sincera, Ivano, 29
Olanda. Tenga accesa la nostra fiamma! 6
Paraguay. E dopo il diluvio ricominciamo, 11 -15
I Moros: così erano (e in parte sono ancora). 12
I missionari sulle piste dei Moros. 14-15
Spagna. A tre del Don Bosco Il festival della canzone. 29
Stati Uniti. Ecco la nostra parrocchia di Harlem, 28
Thailandia. Cl siamo fatti un po· cambogiani, 10
IL PASSATO
Cent'anni la a Roma
Non volevano Don Bosco dal Papa, 20-22
Madre Morano. Era sindaco, parroco, vescovo e ministro,
23-26
Spagna. Quando madre Juana fu presa a pugni e calci, 28
RUBRICHE. Il successore di Don Bosco, 7 - Caro BS, 22 -
Brevi da tutto il mondo. 27 - In libreria, 30 - Ringraziano i
nostri santi, 31 Preghiamo per i nostri morti, 33 - Solidarietà
missionaria. 35.
VIGNETTA «10 E LODE»
IL FUTURO STA /
DAVANTI A NOI
,..,,..- - -,.
R.~-----·
2
. -...- -~.. ..
BOLLETTINO
SALESIANO
RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA
fondata da san Giovanni Bosco nel 1877
Quindicinale d'informazione e cu ltura religiosa
DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCO
Collaboratori. Giuliana Accornero - Pietro Ambrosia - Marco Bon-
gioanni - Teresio Bosco - Ella Ferrante - Domenica Grasslano -
Adolfo L'Arco
Fotografia Anto nio Gottardt
Archivio salesiano: Guido Cantoni - Arc hivio Audiovisivi LDC
DIHuslone Arnaldo Montecchio
Fotocomposizione e Impaginazione
Scuola Grafica Salesiana Pio Xl - Roma
Stampa Officine Grafiche SEI - Torino
Autorluazlone Tribunale d i Torino n. 403 del 16.2.1949
L'EDIZIONE DI META' MESE
del BS è particolarmente destinata al Cooperatori Salesiani.
Redattore don Armando Buttarelll, Viale dei Salesiani 9, 00175 Ro-
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SPAGNA* MOVIMENTI GIOVANILI
Cristo è
la nostra festa
Il movimento giovanile salesiano «Cristo Vive», sorto a Sevilla da
pochi anni, propone a migliaia di giovani una celebrazione della Pa-
squa che li porta a riscoprire la centralità di Cristo nella vita, il radicale
bisogno di liberazione per sè e per gli altri, e il senso cristiano di un
impegno nella società.
I n località dal curioso nome di Do:.
HermanaJ>, SeviJla, il collegio na•
scosto fra gli aranci carichi di zagare
si svuotò di ragazzi per lar poi.lo ai
giovani del movimento salesiano Cri•
sto Vive: era Pru.qua. tempo cli vacan-
za per gli uni. e cl 'impegno per gli altri.
I primi organi7,7.alori del movimcn•
10 arrivarono già il lunecfi; i.i i.u<l<li\\ i-
sero in gruppi di lavoro e lra<,forma-
rono il collegio. Decorazioni. luci, al-
toparlanti, uffici<> di segrclcria, :,aie
per gli incontri, cortili per le tende. Il
Venerdl i;anto era tutto pronto. Un
poster gigante con «Cristo Vive» i.ullu
facciata, lo strii.cione del benvenuto
all'ingrci.so. cartelli con db.egni e slo-
gan alle pareli, musiche di sollofondo.
Alle 11 i primi arri\\'i, e il gruppo ac-
coglienza ha subilo da fare per aC•
compagnarc gli ospili. Agli arrivati
una ragazza '>piega le finalità dell'in•
contro a cui parteciperanno, la sua
caraucristica «sfaccialamenle crii.tia•
na». Si formano i gruppi di rillessionc,
40 in lutto, che si sparpagliano da ogni
pane. Sono indtati a discutere il te•
ma: •Rimpintati di troppe cose, e
\\'UOli di amore». li pomeriggio si cari•
cano di una croce grossa e pesante, e
partecipano intensamente al miswro
della morte rt:ùentrice di Cristo. La
croce resterà là per tutti quei giorni
suggestiva, sollo gli occhi dei giovani.
Sabato santo; il tema da discutere è
«Crediamo, e perciò lottiamo». Poi i 40
piccoli gruppi si raccolgono in tre
grandi assise, e confrontano le con•
clm,ioni. A notte la veglia pil.!,qualc. la
benedi1ione del Cuoco, il rinnovo delle
promei.sc ballesimali. Da una parete
pende una lunga pergamena. su cui
durante il giorno si sono fissati gli im-
pegni scelli dai gruppi per la loro vita
criMiana, e ora ciascuno passa ad ap•
porre in calce la firma: ci si compro•
metLe da\\'anti ai compagni e davanti
al Signore. E è un'esplosione di gioia,
perché Cfr,to , i, e e si fa festa. I , ari
gruppi si esibiscono, gli applausi pio•
vono, le voci scandiscono: ~si vede, i.i
sente, che Cri:,10 è presente».
L'indomani. Pasqua di risurrelionc,
i 40 gruppi al I rontano il terzo tema:
«Lottiamo per I iempire il vuoto del-
l'uomo». E infine l'Eucaristia con Cri-
sto risorto...
Per la porta o per la fi nestra. Men•
tre questo incontl'o pasquale dello
gio\\'entù si s\\'olgcva nella Settimana
santa del 1979 a Dos Hermanas presso
Se,illa. in numeroi.e altre località del•
l'Andalusia e dcll'Estremadura si ri-
petevano scene simili, secondo che
suggeriva la fede e la fantasia al pote-
re: al Charco, i.opra uno spiazzo pres-
so il fiume, a Palmancs poco lontano
da Gibilterra, a fabugo, a La Orden...
li movimento Cristo Vire, nato li a
SeviIla. si è già dii fuso anche in altre
zone salesiane. Trecento giovani di
Cordoba hanno celebrato il loro in·
contro al Cerro Muriano, rifleuendo
sul loro ..desiderio e necessità di esse•
re uomini nuovi, né oppressi op-
pressori. ma giovani e ragazze che di-
ventano liberi in comunità, fino a
raggiungere la statura dell'uomo più
libero della storia. Gesù Cristo». Alla
fine hanno cmc!>so un comunicato in
c ui fanno appello ai loro genitori, a1
loro compagni. a tulli i cristiani.
L'ispcttoria di Lc6n Ila raccolto 250
dei suoi giovani più maturi a Avilés;
essi hanno scelto il tema «Cristo ci
riunisce» e hanno deciso di rendere
concreta la sua risurrezione suscitan-
do qualcosa di nuovo nel loro quar-
liere o parrocchia. Altri 250 giovani
dell'lspettoria di Madrid hanno pian•
tato le loro cinquanta tende ad Aré•
\\'alo negli ampi cortili della casa i.ale-
siana; altri in località La Andrada. Al-
tri di altre ispcuorie, a Barcelona, Bil·
bao, Valencia...
Che cosa sta !>Ucceùendo? Sembra
che questi giovani abbiano preso sul
scrio quanto diceva loro mom.. Osés.
vescovo di Hucsca: « Entrate nella
Chiesa! E se vi chiudono la porta,
passate per la finestra•.
Ragazzi inquieti. Non tutti i giovani
così riuniti per celebrare la P~qua
aderiscono al movimento Cristo Vive
(i 5.000 convocali l'anno scorso nei
Paesi Baschi. per esempio, aderiscono
all'Aclsis, altra initia1iva nata in am-
biente salesiano; altri ancora appar•
tengono al movimento Cristo Risusci-
tato). Ma il movimento Cristo Vive,
pur con pochi anni di esistenza, si sta
ramificando, da Scvilla tende a pene•
lrarc in tutta La Spagna salesiana. E
viene accolto anche in ambienti non
salesiani, da altri religiosi, in parroc•
chie, paesi e centri diversi. Un movi•
mento che ha fallo dcli'/ 11co11tro Pa-
squale dei Giovani il suo perno.
All'origine è un sacerdote andaluso
di 40 anni, padre Francisco Vazquez,
per gli amici Paco. Cominciò nel 1976,
con il suo centro giovanile. in am-
biente popolare frequentalo da ra-
gazzi di estrazione per lo più operarla.
Con i più impegnati lanciò il suo pri•
mo inconlro pasquale, assegnandogli
come tema «Cristo Vive», che è poi
diventato nome del movimento.
Che cos'è Cristo Vil•e.' Spiega Paco:
•E' una proposta di incontro gio,•ani-
lc, di riflessione e atione cristiana».
Una proposta, dite voi, sfacciatamen-
1e cristiana. «Non ~i tratta cli aggressi•
vità, ma di puntualiu:are lo specifico
del nostro intento. So1tolineiamo sol-
tanto la centralità, di Cristo: è l'asse
portante su cui siamo centrati; alla
luce della sua parola colta nel Vangelo
noi esaminiamo la vita, i talenti di
ciascuno, le proprie responsabilità•. E
questa idea della Pa!.qua? «Cristo è la
festa dei giovani. nesi.una festa può
essere paragonata a quella che Cristo
offre all'uomo con la sua morie e ri•
Suggestivo poster del movimento Cristo Vive.

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surrezione». Ma tutto si concentra nei
pochi giorni del triduo pasquale? «No,
noi vogliamo che il significato pa-
squale dell'impegno cristiano sia poi
vissuto dai giovani durante l'anno».
Quali giovani inquadra il movimen-
to? «Ragazzi e ragazze inquieti,
preoccupati di essere qualcosa in più
di semplici battezzati, perché incon-
trino in Cristo un motivo per vivere,
progettare, lottare, e dare così una ri-
sposta con la propria vila ». Che cosa
offrite in concreto a questi ragazzi?
«Noi creiamo il clima, l'ambiente
adatto, dove ciascuno possa vedere
quanto realizza nella vita, come im-
piega i suoi talenti. Nella misura in cui
ciascuno si lascia penetrare - sem-
plicemente e in piena libertà - dal-
l'azione di Dio, vedrà dove e come ha
da diventare, nel quotidiano di ogni
giorno, testimone di Cristo Vivo».
Un minimo di struttura. li movi-
mento Cristo Vive - spiega ancora
Paco - poggia su alcuni coordinatori
(Salesiani, Figlie di Maria Ausiliatri-
ce), e soprattutto su giovani animato-
ri, in base al principio proposto dal
Concilio, secondo cui i giovani devono
essere «gli immediati evangelizzatori
dei giovani». E si deve trattare di gio-
vani sul serio: non adolescenti con
meno di 16 anni, e neppure adulti. 1
coordinatori adulti svolgono solo Fun-
zione di suggerimento e stimolo, ma
lasciano che siano i giovani a condur-
re in proprio le iniziative. Coordinato-
ri e animatori mirano a coinvolgere gli
altri giovani, delle comunità parroc-
chiali, oratoriane, scolastiche ecc.
Esiste - spiega sempre Paco - un
minimo si sLruttura, una segreteria
incaricata della diffusione, coordina-
mento, contatto fra i gruppi; esistono
servizi di carattere generale come
produzione di manifesti, pieghevoli e
altro (la loro vendita serve anche al-
l'autofinanziamento). Ma il Lutto é
molto sobrio, e per nulla invadente.
Nell'ispeltoria di Sevilla si contano
già sette gruppi responsabili, che si
riuniscono una volta alla setlim<1na.
Quest'incontro è ritenuto fondamen-
tale, e in genere è aperto: con la poli-
tica del « tu per tu» si invitano nuovi
giovani, che a poco a poco si trovano
associati al movimento. Ogni mese si
tiene un inconLro giovanile anch'esso
aperto: di domenica, e dura l'intera
giornata. Ogni tre mesi un iveek end è
destinato a un cursillo su temi forti di
spisritualiLà, di teologia del laicato.
Obiellivo di questi incontri è la ce-
lebrazione annuale della Pasqua,
«momento forte di convocazione e
aggregazione». Incontri di preparà-
zione prima, e di revisione dopo. C'è
da scegliere i temi, e natuarlmente bi-
sogna approfondirli innanitutto per
sé. C'è da studiare e realizzare il piano
si sensibilizzazione tra i giovani: po-
sters, pieghevoli, fascicoli, assemblee,
interessamento della stampa e della
radio. A volte si riesce a ottenere spa-
zio in Tv, nelle trasmissioni regionali.
E' festa di liberazione. La preoccu-
pazione degli organizzatori non è di
fare proseliti. ma solo di annunciare.
Viene detto a quanti più giovani pos-
sibile: «Si sappia che esistono giovani
come voi che intendono vivere da cri-
stiani, e banno mc<:<:o la loro speranza
Allro poster: «Spalancale le porte a Cristo•.
e i loro progeui di futuro in Cristo vi-
vo. Si. sappia che essi invitano Lutti gli
altri giovani a celebrare insieme la
Pasqua come festa della liberazione
dell'uomo». E' un invito fondato sulla
persuasione che quanti hanno davve-
ro la fede, in una celebrazione auten-
tica della Pasqua finiscono per sco-
prire in l'impegno liberatore di Cri-
sto che urge dall'interno.
E di fatto i giovani reduci da queste
esperienze scrivono poi: «Ci scnliamo
ora impegnati nella liberazione no-
stra, e in quella di Lutti gli uomini del
mondo»; «Non possono celebrare la
propria fede tranquillamente e in pa-
ce quelli che non lottano per far mi-
gUore la società in cui vivono»; «Una
celebrazione senza impegno di libera-
zione è un inganno, un'alineaz.ione,
forse nicnl'allro che folklore».
La festa di liberazione ha quindi il
suo strascico - l'invito alla coerenza
- nei tempi successivi. Si Lralla di
verificare la ricchezza interiore di vita,
mettendola alla prova nell'azione. Nei
quartieri, nelle parrocchie, in qualsia-
si ambiente o comunità, si organizza
l'animazione degli oratori e dei centri
giovanili, attività del tempo libero, le
catechesi di confermazione, i gruppi
di. riflessione cristiana.
Una chiam ata da Don Bosco. Cristo
Vive risulta movimento salesiano non
solo di eticheua o per decisione dal-
l'alto, ma perché ha le caratteristiche
della salesianità. Anzitutto si presenta
come movimento non elitario e esclu-
sivista ma aperto a lutti i giovani. Poi
poggia su quattro pilastri - come li
chiama padre Vazquez - in cui Don
Bosco facilmente riconosce Hsuo me-
todo: la preghiera, l'Eucaristia, la
confessione, l'azione apostolica.
Preghiera anche personale, come
elemento di fedeltà al piano di Dio i.n
ciascuno; ma non meno comunitaria,
come momento privilegiato degli in-
contri. La messa è celebrata in stile
giovane, ma dando importanza più ai
contenuti - soprattutto all'Eucaristia
- che alla forma. La confessione è
proposta come esigenza di rinnova-
mento e di fedeltà. L'azione apostoli-
ca è vista come conseguenza dell'es-
sere cristiano.
Il movimento Cristo Vive è in certo
senso ufficiale per l'ispettoria di Se-
villa, e ciò gli assicura la buona acco-
glienza degli altri ambienti, sia sale-
siani che delle Figlie di Maria Ausilia-
trice, e quindi anche l'assegnazione di
coordinatori adulti che se ne occupi-
no. Ciò garantisce la sua durata nel
tempo. Non solo, ma la maggior parte
delle case dell'Ispettoria manda aJla
Pasqua giovanile i suoi giovani mi-
gliori. e sono sempre più numerosi j
salesiani che li accompagnano. «Poi i
giovani animatoti del movimento -
aggiunge padre Vazquez - o sono
Giovani Cooperatori, o lavorano nel
loro stile, e in questo impegno sco-
prono la propria vocazione salesiana.
La loro salesianità va crescendo a po-
co a poco, non per decreto legge, ma
per graduale scoperta di una respon-
sabilità e di una chiamata che giunge
da Don Bosco stesso». E così si forma
e cresce anche la Famiglia Salesiana.
Intanto noi camminiamo. Un bi-
lancio? Dice Paco: «Quauro anni di
vita sono pochi per fare una valuta-
zione. Credo che per la maturazione e
il consolidamento di un movimento
giovanile occorrano come minimo ot-
to o dieci anni. Intanto noi camminia-
mo. Sono migliaia i giovani già passati
attraverso la Pasqua Giovanile, che
hanno ricevuto un annuncio esplicilo
del Regno: non pochi di essi li sentia-
mo più vicini, più impegnali nel loro
ambiente, intenti a vivere più a fondo
le esigenze deJ loro cristianesimo. Altri
hanno abbandonato lungo il cammi-
no. Ma se le cifre dicono qualcosa, c'è
nella nostra Ispettoria un'otLantina di
Giovani Cooperatori che hanno sco-
perto la vocazione salesiana attraver-
so il movimento Cristo Vive, e ora
sentono la Famiglia salesiana come il
luogo in cui realizzano il loro essere
Chiesa».
E così, grazie al movimento Cristo
Vive. la Pasqua diventa davvero -
come sostiene padre Vazquez detto
Paco - «un momento privilegiato in
cui Dio agisce tra la gioventù».
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Il manifesto dei giovani
In ciascun "Incontro Pasquale della Gioventù
i giovani del movimento «Cristo Vive»
redigono e sottoscrivono Insieme
un Manifesto, dove è dato leggere
enunciati coraggiosi come questi (1979).
Siamo un gruppo di giovani inquieti, e ci siamo riuniti in
questa Settimana santa per celebrare la Pasqua in un am-
biente di giovani e di Impegno. Interpellali dal Vangelo, siamo
in cerca della Verità e testimoni che Cristo è risuscitato. E per
questo ci senlìemo profondamente Immersi nella realtà degli
uomini, ai quali vogliamo portare la nostra liberazione in Lui.
Come primo frutto delle nostre riflessioni e dell'esperienza
che abbiamo vissuto In comune. desideriamo rendere pub-
bliche queste nostre preoccupazioni.
* Le cose che constatiamo
Disorientamento grave di fronte all'esistenza. Troppi gio•
vani vivono in solitudine istituzionalizzata. senza coglie Il si•
gnlficato della loro vita e lasciandosi sommergere nel vuoto
pessimismo di un ambiente superficiale.
Passivlta davanti al problemi che si presentano. Prevalgono
apatia. indifferenza, disimpegno, Incostanza. Molti ambienti
giovanili mancano di stimolo e di ideali, temono ed evitano
tutto ciò che Implica lotta.
Manipolazione da parte di una società che negli ultimi anni
si è evoluta in modo brutale. Ci sentiamo sfruttati da una
società dei consumi In cui la solidarietà è assente e in cui ci
sentiamo emarginati. Siamo costretti a subire un mondo che
ha adottato la violenza come strumento di dominio, dove si
privilegiano I materiali da guerra a scapito della diffusione
della cultura
Allontanamento dalla Chiesa da parte di troppi giovani che
non trovano in essa l'agile ritmo nel sapersi orientare In con•
testi 0991 cosi d1ttorml, in situazioni così critiche, derivanti
dalle spinte storiche In atto. Una Chiesa tradizionale che non
sa tenere Il passo con la perdita di fede e con l'assenza di
giovani leaders, forti di coscienza e di impegno cristiano au-
tentico.
Assenza di comunità e gruppi In cui I giovani possano In•
serlrsi e formarsi. Sono necessari gruppi che dicano meno
parole e attuino invece una più concreta azione e donazione
tra tutti.
* Le cose che denunciamo
Gli adulti che dirigono il mondo d'oggi, dove la natura è
soffocata e i valori umani sono tagliati fuori. Si è costretti a
Un gruppo di giovani organluatorl del movimento Cristo Vive.
vivere in una società di discriminati, con sistemi di gestione
che favoriscono gli Interessi di certe categorie.
I partitipolitici, che spudoratamente fanno i propri interessi
favorendo il materialismo e instaurando metodi di manipola-
zione troppo distanti dagli obblighi che la situazione reale
impone loro.
La Chiesa In taluni suoi ampi settori operativi, dove invece
di lanciarci verso l'impegno si tende a addormentarci, e dove
taluni sacerdoti parlano molto più di quanto non realizzino
I giovani che collaborano con il commercio della droga,
della pornografia, dell'alcol: persone Irresponsabili, pavide e
comode, che si negano a ogni sacrificio e a ogni lotta.
Noi stessi per tutte le volle che manchiamo di sìncerìlà, di
correttezza, con la nostra buona dose di egoismo e comodità.
Disimpegnati e manchevoli di fede, non resta a noi stessi che
qualificarci come "codardi".
* Le cose che chiediamo
Una società pìiJ giusta, senza distinzione di classi. Dove
trovi comprensione e aiuto chi cade. Dove cl sia spazio per
una comune espressione di amore tra gli uomini, di massima
solidarietà, comunicazione e unità. Una società In cui l'uomo
sia Il principale protagonista, che consenta di guardare verso
Il futuro con ottimismo e gioia, frutti di una vita compartecl•
pala. Chiediamo insomma che lutto si traduca in fatti di giu-
stizia e di libertà.
Una gioventiJ coerente e coraggiosa, che partecipi solerte
alla lotta per un mondo migliore. Abbiamo perciò bisogno
dell'unionedi tutti e di un' educazione che ci insegni davvero a
vivere. Noi aspiriamo alla forza e al coraggio che ci lancino nel
testimoniare la nostra fede e nel dare I nostri fruiti di carità.
* La Chiesa che vogliamo costruire
Contemplativa, che vive di fede, che riflette, che prega.
Che lotta, osteggiata perché cerca la giustizia. Che sia so-
lidale, impegnata, ··compromessa" , latta di cristiani che te-
stimonino in questa lotta per l'amore e per l'uguaglianza.
Che evangelizza, traducendo in vita Il Vangelo e attuandolo
con fedeltà nella pratica. Che comprende con semplicità gli
altri, e annuncia loro il Vangelo In un dialogo reciproco, an•
teponendo I fatti alle parole.
Comunitaria, dove si vive In gruppi e comunità povere, gio-
vanili, spontanee, creative: comunità di tutti e per tutti, co-
municative, che sappiano evolversi e adattarsi agli ambienti
più diversi.
* Gli impegni che vogliamo assumere
Quesranallsl che cl spinge a lottare in difesa della fede, ci
suggerisce alcune Iniziative che ci Impegniamo ad attuare
negli ambienti In cui cl troviamo. Consci del ruolo che cl
compete come membri della Chiesa di annunciare ai giovani
la presenza di "Cristo Vivo", e di essere suol testimoni tra
loro. ci rendiamo conto di una duplice serie di necessità
A livello personale: eliminare ogni atteggiamento passivo, e
lottare dimentichi di noi stessi, dediti totalmente all'aiuto e al
servizio èlegli altri. Rafforzare la nostra scelta di Cristo e sfor•
zarcl di vivere coerentemente la nostra lede. Farci evangeliz-
zatori del compagni, annunciando con la nostra vita gioiosa
che ''Cristo vivei"
A livello di gruppo, stringerci in gruppi dovunque sia possi-
bile realizzarli, per-
a) approfondire la conoscenza della vita cristiana;
b) condividere la Parola e moltiplicare i nostri momenti di
Incontro con Dio;
c) sforzarci di realizzare autentiche comunità preoccupate
di risolvere i problemi che urgono e totalmente dedite a chi
abbia bisogno;
d) servire i giovani a livello formativo c ulturale e cristiano
(Incontri, convivenze, gruppi di revisione e riflessione, gruppi
del vangelo, momenti di preghiera, Eucaristia...).
Attueremo cosi ìl segno dell'unione, che secondo le parole
di Gesù è essenziale perché il mondo creda. Cristo vive! Cre-
diamo. e per questo lottiamo.
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1.6 Page 6

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OLANDA* APPELLO DEI GIOVANI AL PAPA
Tenga accesa
la nost a fiamma!
Poco prima che si aprisse il Sinodo dei Vescovi Olandesi, un gruppo
di giovani dell'Aia si riunirono in preghiera con padre Van Luyn,
membro del Sinodo stesso. Poi raccolsero in una lettera al Papa le
loro riflessioni, e gliele inviarono insieme col cero che aveva illumi-
nato il loro incontro. E Papa Wojtyla ha risposto...
e un passo, nell'omelia pronun-
ciata dal Papa il 31. 1. 1980 nella
Cappella Sistina davanti al Sinodo dei
Vescovi d'Olanda, che rischia di non
essere compreso nel suo pieno signi-
ficalo di dialogo e di risposta se non si
conosce il conlesLo da cui è nato: il
passo che riguarda i giovani. Ecco co-
me sono andate le cose.
Oltre ai cardinali e ai vescovi «sino-
dali», hanno partecipato ai lavori del
Sinodo anche due religiosi: un priore
benedettino, e padre Adriano Van
Luyn, superiore dei salesiani d'Olanda
e presidente della Conferenza dei su-
periori maggiori olandesi. Toccò pro-
prio a lui rendersi interprete dei gio-
vani presso il Papa.
Una lettera e un cero. «Un gruppo
di giovani della città dell'Aja - ha
raccontato padre Van Luyn - mi
aveva invitalo la domenica 6 gennaio
a una serata di preghiera per il Sino-
do. Oltre a questi c'era un loro ani-
matore, qualche adulto, e altri due
salesiani che svolgono compiti pasto-
rali tra i giovani. Mi avevano invitalo,
dissero, perché ero il più giovane
membro del Sinodo, e anche perché
vari di loro mi conoscevano».
Fu una serata di preghiera e di me-
ditazione attorno a un cero acceso.
Sul cero i ragazzi avevano scrillo in
lingua polacca, con riferimento a Cri-
sto, le parole: «Tu sei la luce del mon-
do». Era il tema del loro incontro,
della loro meditazione. «Abbiamo
pregato per il Sinodo - dice padre
Van Luyn - e abbiamo m editalo. Poi
ci siamo messi a discutere insieme, fi-
no a noue tarda: che cos'è un Sinodo,
perché questo Sinodo, che cosa pos-
sono attendersi i giovani da questo
Sinodo... Infine i giovani hanno deciso
di scrivere un breve riassu.nlo della
loro conversazione, in forma di lellera
da consegnare col cero al Papa».
Nella lettera, indirizzata a «Sua
Santità Giovanni Paolo Il», si legge:
«Alla vigilia del Sinodo Olandese noi.
gruppo di giovani, ci siamo radunati
attorno alla luce di un cero, all'Aia. Era
con noi il padre Van Luyn, membro del
Sinodo, al quale abbiamo consegnato il
cero perché lo porti a Vostra Samità.
Dopo una sosta di celebl'a;:.ione e di
1-iflessione abbiamo tenuto tra 11oi un
dialogo. Vogliamo farla partecipe di
alcune voci di questo dialogo. nella
speranza che esse riecheggino anche
nel suo colloquio con i nos1ri Vescovi.
Poiché noi avremmo voluto essere
asco/rati s111 nostro atteggiamento di
fede di fronte alla Chiesa. Desideriamo
qui esporre alcune idee alla sua allen-
tione.
I. E' nostro ardente desiderio che
nella Chiesa sia creato spazio dove
possano incontrarsi 1•ari gruppi e opi-
nioni e nel quale la donna trovi posto in
posizione di eguaglianza con l'uomo.
2. Dia a noi giovani la possibilità di
lavorare attivamente per la Chiesa di
Gesù Cristo di Nazareth.
3. Non ci respinga ai margini della
Chiesa: Santo Padre. ci ascolti...
Cappella Sistina: Il cero donato dal giovani
olandesi al Papa arde sell'altare.
6
4. Siamo p,·onti a collaborare con
una Chiesa «umana». Già lo faccia1110,
e desideriamo per questa Comunità
solloporre a discussione le nostre
iswnze. (...)
Le do111andiamo di dire ai 11os1n· Ve-
scovi, suoi fratelli. di venirci i11co11tro
q11ando ritorneranno a elisa. Abbiamo
la convinzione che nonoswnce ogni
difficoltà la Chiesa di Gesù di Nazareth
continuerà a crescere. Non spenga la
fiamma della luce che noi le inviamo in
offerta. Riceva da turti noi un saluto».
«Porterò questo cero e queste vo-
stre ziflessioni al Papa - promise pa-
dre Van Luyn -, e gli dirò di non
spegnere la vostra fiamma... ». Così il
cero e la lettera arrivarono a Roma e
furono consegnati a Papa Wojtyla.
E il Papa lo accese. Per qualche
giorno il cero stelle nello studio per-
sonale di Giovanni Paolo II. L'ultimo
giorno del Sinodo - il 3 1. 1. 1980, festa
di san Giovanni Bosco - esso cam-
peggiava nella Cappella Sistina a de-
stra dell'altare dove stavano per con-
celebrare la messa, insieme al Papa,
Lutti i padd sinodali. Era spento, ma
suggeriva in polacco le parole: "Tu sei
la luce del mondo». Ebbe inizio la
concelebrazione. Non senza sorpresa
degli astanti e agitazione di fotografi,
il Papa, dopo aver baciato e incensato
l'altare, andò verso il cero dei giovani
e con una fiamma lo accese. La messa
venne celebrata a lla luce e al calore di
quella piccola scintillante luce che un
gruppo di ragazzi olandesi aveva of-
ferto al Papa chiedendogli : «Per ra-
vore non spenga la nostra fiamma».
All'omelia il Papa parlò per conse-
guenza ai giovani d'Olanda. «Con una
confidenza del llllto speciale - disse -
voglio rivolgermi alla gioventù della
Chiesa dei Paesi Bassi. Durante la pre-
parazione del Sinodo un gnippu di
giovanidella cillà dell'Aia siè radunato
per pregare attomo a un cem, sirnbolo
della luce che è Cristo. e poi mi ha fatto
pervenire quel cero come segno del suo
impegno e della sua unione con il Si-
nodo. Giovani carissimi, la luce del
Crislo possa illuminare il vostro cam-
mino di cristia11i e le vostre aspirazioni:
esse certamente trovano il loro spazio
nella Chiesa. Siate certi che la vostra
generosità e il vostm senso di autenti-
ci.là aiuteranno la comunità intera a
fare le scelte che si impongono, e a fare
proprie le conseguenze che la fede i11
Gestì Cristo e l'appartenenza alla
Chiesa comportano... ».
r giovani olandesi, come tutti i gio-
vani del m ondo, sentira nno vicino più
d 'ogni a ltro cristiano questo tipico
«Papa dell'uomo», che all'alto senso
della sua missione sa unire con ta nto
a more l'alta sensibilità verso i segni
dei tempi.
Marco Bongioanni

1.7 Page 7

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IIl successore di Don Bosco
I
Madre Teresa
nostra vicina di casa
A colloquio con don Egidio Viganò
li Retlor Maggiore con Madre Teresa.
Domanda. / salesiani hanno delle opere
a Calcutta, e quindi hanno " una vicina di
casa ·• che si chiama Madre Teresa. pre-
mio Nobel per la pace In che cosa consi-
ste questo loro " vicinato " ?
Risposta. Sl, sono vicini di casa ed evi-
dentemente anche di simpatia e di col-
laborazione. La stessa Madre Teresa me
ne ha parlato, piena di gratitudine per I
servizi prestati, particolarmente dal bene-
mento nostro missionario don Attilio Co-
lussi. Ero andato a trovarla proprio con
don Colussl, esattamente Il giorno prima
che le assegnassero il premio Nobel per la
pace. Al suo ringraziamento risposi assi-
curando che quanto da lei riceviamo era
assai più di quanto doniamo.
SERVIRE SORRIDENDO
D. Che impressione ha riportato da
questo Incontro che ha avuto con Madre
Teresa?
R. E' stato come un flash abbagliante.
Ho visto con chiarezza gli estremi oriz-
zonti del "sacramento·· e della " kenosi ".
Sono due parole difficili, ma •• tanno cen-
tro", e le spiego.
L'incontro con Madre Teresa ml ha fatto
palpare lo spessore vivo della santità. Dio
è trascendente, ma si fa presente tra noi
attraverso persone permeate dallo Spirito
Santo. Non ci si spiega la vita e le scelte di
MadreTeresa senza la presenza di Dio nel
suo cuore e nel suo quotidiano. Credo
d'aver sperimentato ciò che a Valdocco
sentirono I ragazzi nei contatti con Don
Bosco: la posslbllltà di lettura di un sacra-
mento vivo.
Inoltre. se Dio è amore e se per estasi di
carità si è dimenticato di sé questa la
kenosi) fino a rivestirsi della povertà uma-
na, In quell'incontro ho sentito palpitare Il
cuore del Signore in mezzo ai più misera-
bili. E' davvero impressionante: considero
lmposslblle un progetto permanente di vi-
ta per servire sorridendo al più bisognosi,
al più svestiti di dignità umana (anche
questo e kenosl), al grado più basso di
povertà, se non si parte dal grado più alto
di ricchezza spirituale: l'amor che muove!
Ecco perché dico che nell'Incontro con
Madre Teresa ho sperimentato la densità
del sacramento e la testimonianza della
kenosl.
D. C'e un " segreto di Madre Teresa "
che spieghi la sua popolarità, il suo suc-
cesso, il ruolo che tutti le riconoscono
nella Chiesa oggi?
R. Quando chiesi a Madre Teresa come
spiegasse il numero straordinario delle
sue novizie (ben più di 400) e quali metodi
pastorali usasse per riunire tante candi-
date al suo d1tt1clle progetto di vita evan-
gehca, mi rispose scrollando il capo con
un somso espressivo e puntando gli occhi
e Il dito In su: solo Lui lo sa; è un lavoro del
suo Spirito.
Vede - ml diceva - ogni giorno fac-
ciamo tutte almeno due ore di adorazione.
Il nostro è Il "love In actlon"; noi non sia-
mo semplici lavoratricisociali. A New York
abbiamo anche una comunità contempla-
tiva: pregano sempre; loro escono soltan-
to due ore al giorno per effondere l'amore
che hanno accumulato In sè nell'ascolto e
nella preghiera..
Parlava in modo semplice, sorridendo
sempre, quasi sprizzando grazia. Poi cl
portò al primo piano a visitare la vasta e
povera cappella: era piena di novizie ac-
coccolate per terra In adorazione davanti
al Santissimo esposto, In un'atmosfera di
lellcltà. E' il che scoprii definitivamente "Il
segreto di Madre Teresa".
UN PROGETTO CRISTIANO
D. Madre Teresa. da 51 anni in India, ha
fondato due congregazioni, le " Mtssiona-
r,e della cantà .. (1500 suore) e I " Fratelfl
missionari della carlté .. (quasi trecento
religiosi): In più è sostenuta ·nella sua
az,one da 40.000 /a/cl detti "collaborato-
ri" (co-workers).
E è ormai presente ,n tutti i continenti.
Sembra di poter vedere ,n ciò un para/lelt-
smo con la realtà a cu, ha dato vffa Don
Bosco, cioè un progetto cristiano da rea-
lizzare nella società, e il coagularsi di nu-
merose persone In forme associative varie
per dare compimento a questo progetto
nella Chiesa. E' cosl?
R. Penso che tra I santi fondaton, spe-
cialmente tra i più dediti a missioni apo-
stoliche. ci sia nel fondo un gran paralleli-
smo nonostante le differenze di stile e di
settori d'azione.
Quando lo Spirito del Signore suscita un
vero "fondatore", lo arricchisce di uno
speciale carisma, complesso e dinamico,
che lo fa divenire ··maestro" e " guida" di
tantl discepoli In strutture anche differen-
ziate: ha inizio così una grande Famiglia
spirituale. con svariati gruppi In plurifor-
mità di vita evangelica.
In tal senso c davvero un certo paral-
lelismo tra ciò che ha fatto Don Bosco co-
me fondatore e ciò che ha Iniziato Madre
Teresa.
QUARTO VOTO
D. Le suore e I religiosi di Madre Teresa
nel consacrarsi a Dio aggiungono al tre
voti consueti un quarto voto, di "cordiale
servizio ai più poveri dei pover, ". Non
pensa che anche ,n questi tempi Isalesiani
avrebbero bisogno di un quarto voto, ma-
gari quello -par usare parole di Don Bo-
sco - di servire la " gioventù povera e
abbandonata "?
R. Il quarto voto del Salesiani, diceva
don Caviglia, dovrebbe essere quello della
" bontà"; l'ho ricordato nella mia circolare
sul Sistema Preventivo. Anzi. sappiamo
che dopo la famosa lettera di Don Bosco
nell'agosto del 1885 a don Giacomo Co-
stamagna (Eplst. 4,332), in Argentina al-
cuni confratelli, «sentendosi più In difetto
o provando maggior ditflcoltà a essere
caritatevoli e pazienti, vi si obbligarono
con voto, che rinnovavano ogni mese nel-
l'esercizio de/fa buona morte•.
lo sono convinto che la Fam1gha Sale-
siana deve sapersi preoccupare sempre
più concretamente della gioventù povera
e abbandonata; in più di un caso alcuni
membri e alcune comunità dovranno an-
che programmare dei passi di conversio-
ne al riguardo, non mossi da motivazioni
semplicemente sociali ma per vero amore
evangelico di fedeltà al progetto di Don
Bosco; ma se si volesse parlare di un
quarto voto io non esiterei a schierarmi
con don Caviglia e farlo consistere nel si-
stema Preventivo.
Quanto al quarto voto delle suore e dei
religiosi di Madre Teresa. quale ..cordiale
servizio ai più poveri del poveri". è vera-
mente caratterizzante e caratteristico del
loro carisma di fondSZJone. Cosl c resce la
bellezza della Chiesa nelle varietà della
sua sacramentalità di salvezza.
Don Egidio Viganò
7

1.8 Page 8

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ITALIA* RISPONDE L'ATTORE TURI FERRO
L'intervista
della Terza B
Il simpatico mattatore catanese, che cominciò a recitare nel teatrino
salesiano di Catania, ha passato una giornata con una classe della
scuola media di Bologna. A farli incontrare è stato don Vasco Tassi-
nari, l' insegnante dei ragazzi, che un tempo fu anche il primo regista
dell'attore. Dall' inc ontro è venuta fuori una vivace intervista.
S i esibiva con la sua compagnia al
teatro Duse di Bologna, e ha vo-
luto passare una giornata con il suo
vecchio regista: un regista imprevedi-
bile, ora in clergyman e un tempo in
lunga talare nera, don Vasco Tassina-
ri. Da molto don Vasco non fa più il
regista, sono passati per sempre gli
anni favolosi della guerra e del dopo-
guerra, quando il Turi Ferro era l'atlor
giovane della sua filodrammatica:
dopo di allora egli è stato direttore in
varie case salesiane e ora è frenalo dai
malanni ma ancora insegna. Insegna
lettere alla Terza B nella scuola media
salesiana di Bologna, e quando Turi
pieno di nostalgia è venuto a trovarlo,
lo ha presentato ai suoi ragazzi.
Ha ricordato con lui e con loro i
duri anni 1944-'48, quando facevano
parte della «Filodrammatica San Ge-
nesio» oltre a Turi anche il padre Gu-
glil'lmo Ferro e, nella filodrammatica
giovanile, un ragazzi.no alle primissi-
me armi di nome - chi potrebbe im-
maginarlo? - Pippo Baudo. La filo-
drammatica aveva una sala propria di
300 posti, e rappresentava pezzi im-
pegnati di Pirandello, Martoglio, R us-
so Giusti, Capriolo. E pezzi scritti ap-
positamente da don Vasco. Agli attori
fissi a volte si associavano grossi no-
mi, come Annibale Nincbi e Polidor. E
don Vasco regalava a Turi le sigarette
(allora erano razionate, ma don Vasco
faceva incetta delle tessere tra i sale-
siani che non fumavano, poi compe-
rava le sigarette e le distribuiva ai suoi
attori: a Turi più che agli. altri. perché
era il più bravo e se le meritava).
Turi Ferro con la sua carica di
umanità e simpatia ha subito conqui-
stalo i ragazzi della Terza B. E loro
hanno tiralo fuori le domande, una
ciascuno, sugli argomenti più vari,
porgendogliele con tono professiona-
le. E registrando le risposte.
ricorda il suo incontro con i Salesiani.
e che 11e pensa del nostro professore
che fu suo primo regista?
I miei ricordi non possono essere
che dolcissimi, perché don Tassinari
per me non è stato solo un educatore
ma un fratello, vicino a tutti i miei
primi passi e vicino nel teatro. Non
solo mi ha dato delle storie da rac-
contare al pubblico scritte da lui, mi
ha dato anche la forza di fare l'attore
- come dite voi - mondiale...
Ricorda volentieri i /empi de/l'o1•aw-
rio e tiella sua prima esperie11za teatra-
le? Mi piacerebbe tornare indietro,
anche se ciò signi[icherebbe tornare
in tempi di crisi. Ma sarebbe sempre
in letizia, perché il solo fatto di di-
spensare gioia a un pubblico è pur
sempre una bella cosa. Riandare ai
miei primi passi con i salesiani, è per
me un bel ricordo.
Lei è sposaro e ha dei figli. Qual è il
Lei, Turi Ferro, è considerato un
grande del teatro mondiale. Sappiamo
che di recente ha ricevuto in Argentina
un premio come miglior attore. Come
Turi Ferro è tornato a trovare Il regista del suoi
anni verdi, don Vasco Tassinari (a sinistra).
suo concet10 di famiglia? Vedete, Turi
Ferro oggi gira il mondo, eppure è le-
gato costantemente alla sua famiglia.
O se la porta appresso, oppure fa
quallro o cinque telefonate al giorno
per parlare alla sua piccola Francesca,
alla moglie, per raggiungere il suo nu-
cleo familiare. Ritengo la famiglia l'u-
nica forza che ci tiene uniti, la sola
cosa concreta che dia senso alla vita.
Che cosa pensa. in questo tempo di
confusione, della crisi dei valori del-
l'uomo? E' un fallo storico, che tocca
tutto il mondo. Forse il mondo è vec-
chio. Cerchiamo di renderlo giovane
rimanendo giovani noi, con la nostra
pulizia, con la nostra buona fede.
Le piace Papa Karol Wojtyla? Lo
giudico un grande uomo. Mi piace
anche perché lo vedo dalla mia ango-
lazione: oltre a essere un Papa uma-
nissimo, in lui c'è anche la fantasia di
un uomo cbe appartiene al mio mon-
do, cioè a l teatro. Sappiamo che il no-
stro Papa è stato un autore, è stato un
attore, e quindi un uomo pieno d'in-
teressi, un uomo vero.
Pema qualche volta alla morte? Per
me, è sempre dietro l'angolo. Tutto
sommato so che c'è, e quando verrà
saprà dove trovarmi.
Ma la vede come la fine di tutto o il
principio di tutto? Come principio. In
ognuno di noi c'è sempre Lma crisi, c'è
sempre un momento in cui ci ripensi.
Io mi fido di quella parte di me che mi
porta a credere che la morte non è la
fine di tutto.
Girando il mondo, quale pane l'ha
più impressionata? Le «favelas» del
Sud America. Mi sono reso conto che
nel mondo molti ancora soffrono.
Ritiene che per noi ragazz i ci sia un
futuro facile? Siete voi giovani che
dovete renderlo facile. Però non credo
che lo sarà. Bisogna tenersi slrelli, te-
nersi uniti, perché il futuro non ci ri-
servi degli choc peggiori.
li progresso tecnico n'uscirà a farci
felici? li progresso tecnico e la matu-
razione umana devono camminare
parallelamente, non ognuno per conto
suo.
La macchina potrà darci la feliciM?
O saranno i valori dello spirito? Sa-
ranno indubbiamente i valori dello
spmto: la macchina non basta. La
macchina, a volte, stritola.
Perché preferisce il cemro al cinema?
Perché il teatro pone un rapporto di-
retto, un rapporto con un interlocuto-
re che palpita con Le, attimo per atti-
mo. Il cinema è un prodotto commer-
ciale, un prodollo più freddo, già
confezionato. Non è in assoluto
un'arte che possa educare: può anche
guastare.
Il teatro può trovare una rivi11cita sul
cinema? Il teatro l'ha già trovata, la
rivincita sLÙ cinema. Se il cinema non
8

1.9 Page 9

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si affretta a risollevarsi trova ndo idee
e persone che non siano soltanto degli
speculatori, vivrà momenti ancor più
difficili, nel confronto con il teatro.
Un suo giudizio sul cinema erotico?
E" la ricerca di una emozione dal
niente. Forse non vale niente e non c'è
ragione di preoccuparsene troppo: è il
segno del vuoto. Come la droga, dove
molti cercano un'evasione, una libe-
razione. Ma non sarà la droga né il
cinema erotico a tirarci fuori.
Lei si sente cristiano? Certo, mi sen-
ro cristiano. Anche se - lo debbo d ire
-la mia professione mi porta a essere
praticante solo fin dove posso. Avrei
bisogno di un don Tassinari che mi
portasse per mano, che mi fosse ogni
tanto vicino.
Nel teatro corne vive il suo senso re-
viviere solo fra il camerino e il palco-
scenico. Ma me li porto appresso lutti.
Se avesse cinque minuti di potere
assoluto, che cosa farebbe? Vorrei che
tutti giocassero, che tutti fossero feli-
ci. Insomma, vivere in letizia, vivere
ridendo. A volte qualcuno mi rimpro-
vera, qualcuno ha quasi paura che a
teatro si rida... Questo è un pericolo.
Don Bosco il teatro lo voleva per la
gioia, per la felicità, per la fraternità.
Vero don Tassinari?
Pensa che la vita sia un dovere, come
dice Manzoni, o un piacere come dice
D'Annunzio?
E' certo un dovere, anche se un po'
di piacere ci sta bene. La mia vita è
stata un sacrificio per la famiglia, per
la professione; ma un sacrificio che
bo fatto sempre in buona fede e con
Turi Ferro ai suol lnlervistatori « Don Bosco voleva Il tealro per la gioia, la fellcllà, la lratemllà •.
ligioso? Ho cercato sempre nella mia
tenuta di attore, di avere questo rap-
porto con il mio pubblico, al quale ho
voluto dare un messaggio di amore,
stabilire un rapporto di simpatia. Nel
mondo dello spettacolo avviene come
nel mondo in generale: è un mondo
che va alla deriva. Momenti di confu-
sione, di smarrimento, di crisi. Anche
per i valori religiosi siamo in piena
crisi.
Allora Dio è morto? Dio è troppo
grande perché possa morire: il mira-
colo che noi facciamo di trasportare il
nostro essere in scena per un annun-
cio d'amore, da qualche parte sicura-
mente ci viene dato: c'è Qualcuno che
ci sorregge.
Lei si sente più atlore o pi.Lì uomo?
Tutti i problemi sociali, politici, fami-
liari, e le vicende di oggi, io li posso
amore.
Girando per il mondo, quale pubbli-
co le è piaciuto di pilP Il pubblico piu
distratto, a Parigi; più benevolo e
qualificato, diciamo a Londra; più
entusiasta, visceralmente vicino, è da
sempre quello del Sud America: Rio
de Janeiro, Sii.o Paulo, Buenos Aires.
E Mosca? Direi un pubblico compe-
tente, conscio della fatica dell'attore.
E' stato in Germania? Sì, con Streh-
ler, recitando «l giganti della monta-
gna» di Pirandello, nel 1968. Sono
stato anche a Vienna, dove il pubblico
ci ha applaudito per venti minuti. A
Berlino, invece, per quaranta minuti,
quanto dura un atto.
Come è iniziato il suo successo tea-
irale? A Roma, con « Liolà» di Piran-
dello. Avevo 37 a nni. Molli si chiede-
vano da dove ci-a venuto quell'attore.
Da quale scuola. Ma io venivo dal
profondo Sud: da Catania. Non ho
mai frequentato scuola di recitazione.
To vengo da un uomo: mio padre, Gu-
gliemo Ferro, che era (dice don Tassi-
nari che lo ha diretto) molto più bravo
di me, ma non faceva l'attore di pro-
fessione. Non mi fu facile sfondare.
Fatica tanta, tanta.
Quando ha iniziaro. aveva paura del
pubblico? Ecco, questo mai: sono sta-
to forse insolente, ma non ho mai
avulo paura del pubblico. Perché do-
vrei avere paura? lo non credo di far
paura al pubblico. quindi non ho
paura di lui.
Cosa prova un attore come lei a siare
in meu.o a ragazzi come noi? Una
gioia. lo sono in mezzo ai ragazzi.
Pensate, io ho una bambina di sei an-
ni, ho figli giovanissimi. Quindi figu-
ratevi la gioia che ho a stare con voi
oggi.
Fra gliattori di oggi chi le piacerebbe
impersonare? Ha amici tra loro? Io
amo i miei colleghi: un attore è sem-
pre uno che li somiglia. Amici? Ce ne
sono tanti: da Randone, a Enrico Ma-
ria Salerno, a Moriconi, da Strebler a
Enriquez, a Squarzina. Mi amano e mi
considerano un professionista. Però io
amo fare l'attore Ferro. Sarò egoista,
ma io so quello che voglio fare. Non
posso entrare nel cervello degli altri.
Ricorda con simpatia le prime com-
medie alla «San Genesio»? Ho fatto
con don Tassinari le commedie d'ini-
zio, e forse era il vero teatro. Così co-
me si dice che le cose migliori di
Strehler sono quelle che preparava in
una settimana, senza un soldo, cose
rimaste nella storia del teatro. La par-
te più vera, la parte più turgida è
quella che ho fatto agli inizi, appunto
«ai Salesiani», dove il nostro teatro -
con don Tassinari che ci scriveva le
storie, ci dirigeva, ci guidava - ci
portò ad avere belle soddisfazioni.
Anche se con un pubblico ristretto.
Le piacerebbe ancora come 1-egista
don Tassinari e come compagni d'arte
quelli di allora? Magari, sarebbe stu-
pendo.
Lei ha un'indole modesta; i suoi nu-
merosi successi non l'hanno mutata?
No: non hanno mutato niente. Non mi
vesto da auo,·e. fo sono rimaslo Turi.
Perciò sono qui con voi, e ne sono fe.
!ice.
(L'ultima domanda la pone don
Tassinari) Allora sei contento d'aver
trovato sulla tua strada Don Bosco?
Certo! Forse è stata proprio la parten-
za. Qualche giornalista ha scritto:
«Tud Ferro nelle sue storie vive in le-
tizia, cioè ha la gioia di dare. Quando è
in scena si diverte anche lui, per di-
vertire il pubblico». Questa è lma cosa
che mi porto appresso, e posso dire
che c'entra Don Bosco.
9

1.10 Page 10

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* THAILANDIA AL CAMPO PROFUGHI DI SAKEO
Ci siamo fatti
un po' cambogiani
Un missionario ha portato un gruppo di giovani salesiani thailandesi a
trascorrere le " vacanze" di Natale nel campo dei profughi cambo-
giani di Sakeo presso Bangkok.
I n vari posti nell'Estre1110 Oriente
sorgono i campi dei profughi ca111-
boghmi, ma quello di Sakeo vicino a
Ba11gkok è quasi 11na città: conta
35.000 scampati, uo111i11i, clon11e e
bambini, che portano mzcora negli oc-
chi la visione di soffere11ze e crudeltà
disumane. Don Ivano Pertile. missio-
nario che lavora nella casa di forma-
zione salesiana a Sa111prc111, d11ra11te le
vacanze 11alali;;ie ha rec/11/ato i suoi
novizi e studenti di teologia e li ha por-
tati nel ca111po. Ecco la sua relazione.
Dal 26 dicembre al 6 gennaio 1980,
insieme ai nostti chierici leologi pri-
ma, e novizi poj, ho avuto modo di
farmi un po' cambogiano in me;,;zo ai
35.000 cambogiani del campo di Sa-
keu. Si era andati con la previsione di
lavorare tra i quasi 400 orfanelli di
quel campo, che hanno perso i geni-
tori e tutti i loro parenti. Per un insie-
me di_ moti_vi le autorità non ci per-
misero di fare nulla per loro, e ci sug-
gerirono mvece di andare all'inlerno
del campo a vedere che cosa poteva-
mo fare per il grandissimo numero di
bambini e giovani sparsi sotto le len-
de.
Era una sfida. Avevamo già fallo
un giro nel campo, e avevamo trovalo
volti lrisli e iliffidenù; e poi non si
poleva comunicare, data la differenza
della lingua. Come fare?
Con due o tre palloni. Avevamo con
noi l'occorrente per tagliare i capelli,
avevamo pallonj, una chitarra, una fi.
sam1onica, due cornelle, un tamburo
e tanle caramelle. E ciò fu la nostra
salvezza. li gruppcuo dei barbieri
riusd a sistemarsi davanti a una Lcn-
da, e con l'aiuto di un mezzo inlerpre-
te incominciò a lavorare sodo, cer-
cando di chiudere un occhio per non
vedere le squadriglie di pidocchi che
si destavano dalla loro qwete fino al-
lora indisLUrbala.
Un a ltro gruppeno prese a girare
per le lende distribuendo qua e là una
maglia, una camicia, w, pruo di pan-
taloni, e addolcendo la bocca dei
bambini con qualche caramella.
Gli altri chierici, ai quali mi unii an-
ch'io, s'inollrarono lungo la via prin-
Il campo profughi è pieno di mamme e bambini
(gll uomini. molti, sono In guerra).
cipale del campo con due o lrc palloni,
che si rivelarono presto delle calamile
per i molti ragazzetli. Nel primo
spiazzo libero che si lrovò. piantam-
mo i pali delle porle. Fu un'impresa
spiegare che non si doveva prendere il
pallone con le mani ma calciarlo con i
piedi. Poveri ragazzi, non avevano
toccato un pallone da cinque anni.
Dimenticare per qualche istante. Si
era cominciato con una ventina di ra-
gazzi, ma in pochi. minuti erano già
più di cenlo.. E alle prime caramelle
distt·ibuite ai vincitori, il numero dei
conlcndenli si Lriplicò. Così pure gli
spcltalori adulti, che dapprima si era-
no avvicinatj con aria sospctla.
Avevamo rotto il ghiaccio; la cbi-
lan-a, la fisarmonica e gli altri stru-
menli fecero il resto. Rfosdmmo ara-
dunare a ltri ragazri e a ltri adulti, che
si misero a cantare e danzare secondo
il costume cambogiano (molto sm1ile
a quello thailandese). Non sapendo
alcun canto in cambogiano, l'i11du-
stria personale ci suggerì di usare le
prime due parole imparate «tuat bai!»
(calciare la palla), applicandole a me-
lodie allegre e facili. Anch'io m1 im-
provvisai danzatore, e vi assicuro che
1-u uno spettacolo.
Siamo riusciti cosl a far dimenticare
per qualche istante i ricordi lristi, a
far fiorire di nuovo il sorriso su lanti
volti affranù. Non abbiamo ritenulo
tempo perso lrascorrere quelle due
scLtimane impegnati da matli_no a sera
in questo genere di attività pretta-
mente salesiana. E abbiamo toccato
con mano l'efficacia del sistema edu-
cativo di Don Bosco, che riesce a far
breccia anche lra quesli poveri cam-
bogiani. Facendoci come loro, condi-
videndo con loro per seue ore al gior-
no il sole spie ta LO, la sete, la polvere,
ne abbiamo conquistato il cuore.
L'ultima sera, quando dovevamo
lasciarci. era ben visibile sul loro volto
un senso di mestizia. Formammo un
ampio cerchio. Un giovanollo in se-
gno dj riconoscenza offerse in nostro
onore un breve speLLacolo: era un
provetto mangiafuoco, melleva in
bocca pezzi di straccio intrisi di pe-
trolio e se li pappava...
[I sole slava lramonlando. Pensavo
tra me: voglia U Signore che questo
geslo di spegnere il fuoco, mentre al-
l'orizzonte il sole Lramonta, sia segno
della fine di un'era ili odio, di soffe-
renza e di_ morte. Spunti finalmente
un'era di pace, amore, speranza. Non
atlendono altro questi giovani che mi
slanno intorno, dalla cui bocca ho
sentilo racconti tanlo raccapriccianti.
Il cuore tagliato a pezzi. In Cambo-
gia, da cinque anni a questa parLc, i
bambini all'età di selle anni venivano
divisi dai genitori e obbligali a lavora-
re da mallina a sera. Mangiavano
qualche pugno di riso e basta. Di slu-
diare, neppure sognarselo. Chi si la-
mentava, veniva eliminalo in modo
barbaro. Coloro che possedevano
qualcosa in più degli a ltri, che avesse-
ro frequentalo le scuole s uperiori o
peggio l'università, non avevano dirit-
to di esislere. Per questo molti figli
avevano assistito al macabro spetta-
colo dell'uccisione dei loro genitori. A
volte le vittime erano s tate squartate;
si era estrallo loro il cuore, cbe taglia-
to a pez:t.i era poi s talo mangiato.
Come non lenlare la fuga, di fronle
a tali orrendi speuacoH? Meglio m01i-
re schele triti dalla fame, i_n fuga attra-
verso le foreste, cbe finire in quel mo-
do. Di selle milioni d'abitanti circa che
aveva la Cambogia, si parla di tre mi-
lioni che avrebbero perso la vita.
E cosa sarà di quanti banno cercato
la libertà e sono ora in campi come
quello di Sakeo? Dio ha voluto servirsi
anche delle noslre mani per far rifio-
rire un po' di gioia e di speranza nelle
loro vile. Gesù in questi cambogiani ci
dice: ho bisogno di voL
Don Ivano Pertile
10

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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PARAGUAY* 6 MISSIONARI, 350 MOROS
Padre Luigi Nardon, da quattro anni responsabile della missione salesiana fra gli Indi Moros, ha
condiviso con loro i rischi di una inondazione «come non si ricordava a memoria d'uomo». Ora
sta mettendo a punto nuovi programmi per riorganizzare il villaggio e assicurare un futuro al
piccolo gruppo etnico minacciato di scomparire.
, inondazione dalle nol>lre
« L parti è periodica, è prevù.1a, è
attesa. Se ne conosce anche l'ahcua.
Ma quella del 1979 è stata gonlia come
non si ricordava a memoria d'uomo. E
quel che è peggio, è sta ta un metro più
alta di quanto avevano previsw gli
esperti; cosi tutti i nos1ri proge!li per
mettere uomini, animali e colle al lii•
curo sono andati all'aria. O meglio,
nell'acqua•. Chi raccon1a è padre
Luigi Nardon il missionario salei.iano
che ha la responsabilità dei 350 indi
Moros di Puerlo Maria Auxiliadora.
«Succede cosl - spiega ancora -.
Piove molto lontano da noi, su nel
Malo Grosso, i1, pieno Brasile. Di Il le
acque mollo lemameme scendono giù
verso l'Oceano Atlantico, con\\"ogliate
dai grandi fiumi, che confluiscono
tutti nel Rio Paraguay. Dopo tre o
quattro me!>i, arrivano a noi. Giungo
no calme, tranquille, marciando a 4
km all'ora. A scnembrc-ouobre co-
mincia a piovere nel Mato Gros~o. a
gennaio-febbraio arrivano le prime
piene da noi. Quando le piene sono
normali, ce ne stiamo tranquilli nel
nostro villaggio. Quando salgono un
po' Lroppo dobbiamo sloggiare.
Quando esagerano. be' qucMa volta
siamo dovu1i stare fuori villaggio ad-
dirittura per sci mesi•.
Padre Nardon è un lipo atletico. E'
di Schio, ha 45 anni, viene dalla buona
terra e sembra fatto su misura per
quel duro lavoro mi!,~ionario in piena
zona tropicale, con 1.:alura snen anle,
dove la vita è lolla e ogni passo avan1i
è una conquista sofferta. Le acque
hanno demolito,. spa1.1.ato via, e lui è
tornato in Europa a cercare i meni
per ricominciare. Fisicamente è qui.
ma si vede che ccin la testa e il cuore è
rimasto laggiù in quell'incredibile vil-
laggio, fra quei .150 Moros che \\'CO·
t'anni fa erano ancora nella selva, in
visibili, ina\\'vicinabili, e nemici giurati
dei bianchi.
L'incrediblJc villaggio. Due salesia-
ni, quallro Figlie di Maria Aw,iliat1 ice,
350 Moro!>, 700 bovini scampali al di-
luvio, il pollaio, gli oni, un paio di
tra11ori. una pi,w per piccoli aerei,
una barca a motore, il gruppo auto-
geno per la coi rcnte eleLtricà (fun,io•
namento due 01 e al gioi no per ricari-
care i serbatoi dell'acqua potabile). il
ponte radio con le vicine mi!>sioni i.a-
lcsiane. E' tulio. In più, il coraggio di
viverci.
ll villaggio Pucrto Maria Auxiliado-
ra sorge prcl!so il fiume Paraguay, nel
trano che segna il confine con il Bra-
sile. E' a 6 km da Colonia Peraha. 1.500
abitanti, parroco salesiano. In un pri-
mo tempo il dllaggio era troppo , ici-
no al fiume, in ,cguito è stato trasfc-
riLo più all'interno, :.u terreni ele, ati.
ma ciò non è ba:.tato a evitare la
grande inondaLi0ne. E' piuttosto iso-
lato dai coloni bianchi, per evitare ai
Moros un contatto a cui non sono an-
cora preparali. A sud c'è Puerto Casa-
do, altra parrocchia !>alc:.iana, a nord
ruerle Olimpo, sede del Vicariato
apostolico, con vescovo salesiano.
Sono piccoli cen tri agricoli, di 3-4 mila
abiianLi, per ora scn,m prospeuive di
sviluppo.
Ora il viUaggio conta già due edifici
con le pareli a blocchi di cemento;
1u11i gli altri - re~iden,a dei salesiani
e delle FMA, chi~e11a, ca:.etce dei
Moros - sono costruiti con quebra-
cho e tronchi di palma. li quebracho è
il pregialo legno da cui si ricava il
tannino; è resistentissimo, e serve per
fare l'intelaiatura delle case. Le pareti
sono fatte con i tronchi lunghi e dùitli
della palma caranda,. Spaccati se-
condo la lunghezza, quc\\ti tronchi di-
ventano Legolt: per il tello, lunghe an-
che Lre metri.
Nelle caselle dei Moros non c'è pa-
vimento: non saprebbero tenerlo pu-
lito, e quind i è meglio la terra che bene
o male assorbe tullo. Ma le casette si
stanno popolando di mobili e di og-
getti. In quasi tulle c'i.l il letto, anche
!>C è... scomodo. I Moros lo usano, ma
quando sono mala11 e vogliono ripo-
l!are bene, allora ci sono di quelli che
preferiscono dormire per terra.
Ambiziosi e incostanti. I Moros so-
no ambiziosi, ci tengono a vestire be-
ne. Belle camicie, pantaloni eleganti,
scarpelle cli gomma. Si vestono a
11

2.2 Page 12

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nuovo per una festa, fanno la loro
bella figura alla messa, e poi portano
gli indumenti finché vanno a pezzi. Si
comperano anche radioline e regi-
stratori (tutti a batteria), e ne vanno
fieri. Tutto questo perché lavorano e
guadagnano. Non che abbiano una
visione altamente morale del lavoro,
ma si sono accorti che padre Nardon
loro dei pezzi di carta con cui po~-
sono comperare quegli oggetti mera-
vigliosi. «Se ne sono accorti: più lavo-
ro, più denaro, più cose belle. E co-
minciano ad alzarsi al mattino pre-
sto».
A loro piace lavorare nella selva, e
non resta che accontentarli. Del resto
proprio nella selva c'è tanto da fare.
C'è un progetto che padre Nardon
rcalizi.a d'intesa con quelli della Jvlise-
reor, che lo finanziano: l'allevamento
del bestiame. La Misereor si è impe-
gnata a forn ire per quatLro anni di se-
guito 40 bovini da riproduzione; i
Moros si sono impe_gnali a disboscare
per sci anni 80 eLtari all'anno, da de-
stinare al pascolo. E lo fanno. Hanno i
loro capi squadra, che al sabato rife-
riscono a l missionario il lavoro ese-
guito, ·e dicono quanto ha guadagnato
ciascuno.
Quando padre Nardon arrivò, c'era
un solo boss chiamato pomposamente
maggiordomo, ma i Moros non erano
contenti di lui. Ques Lioni quasi sinda-
cali. Don Nardon lo sostituì con sei
capisquadra che cambiano perjodica-
mente, e ora le cose vanno meglio. Ma
non ancora bene riguardo alla pro-
duttività: i Moros risultano piuttosto
incostanti. Mentre stanno disboscan-
do, capita che passi un cinghiale e al-
lora piantano gli strumenti e lo inse-
guono finché non lo canurano. Gli al-
beri non scappano, il ..:inghiale sì, dun-
que il disbo~camento può aspellarc.
IJel resto i Moros a volte organizza-
no vere e proprie battute di caccia,
Lutti d'accordo, e restano fuori anche
una sellimana. La selvaggina non
manca: ci sono due o tre razze di cin-
ghiale, si aggirano a mandrie anche di
300 capi. Bisogna lasciar passare la
mandria e tirare sugli ultimi, per evi-
tare la carica pericolosissima del
branco. E comunque tenersi vicino a
qualche grosso a lbero su cui arrampi-
carsi quando le cose si mettono male.
Ci sono daini, formichleri, armadilli,
grosse e gustose tartarughe. I Moros
hanno fucili e carabine, e con quelli
vanno a caccia. Sanno anche usare
arco e freccia, ma lo [anno solo per
ruvertire eventuali turisti. Partono
provvisti di una spessa zanzariera per
ripararsi la notte, tornano carichi di
preda, miele, piume di pappagallo.
Anche le donne lavorano: da una
pianta che cresce abbondante nella
zona, il caraguatà, ricavano delle soli-
de fibre, le filano, le tessono, e co-
struiscono tessuti dai colori accesi e
dai disegni geometrici. Ne ricavano
robusti vestiti, belle borse. Da qualche
tempo un comitato fo1matosi nella
capitale si incarica di vendere questi
prodotti d 'artigianato.
Ogni famiglia ha anche un appez-
zamento di terreno proprio, coltivato
a ono. Padre Nardon passa col u·atto-
re a smuovere la terra per tulli, e loro
poi ci seminano quel che vogliono. Le
donne più intraprendenti hanno an-
che un po' di pollame.
Il miracolo delle piantine. Pollame
e m-ti sono affari delle donne, e le
donne Moros in ogni cosa fanno ri[e-
rimento costante alle quattro FMA
Festa del battesimi: padre Nardon trasforma i piccoli Moros In tanti piccoli cristiani.
che vivono con loro: suor Teresa, suor
Ottilia, suor Antolina, suor Giacinta.
Quante sfumature appena percettibi-
li, nella lenta ma continua trasforma-
zione degli indios, si deve a loro. Dal
1969 mandano avanti la scuola (le
prime guatLro classi elementari, le-
galmente riconosciute, per un centi-
naio di marmoccbietti), il provviden-
ziale dispensario medico, i catcchismj
per giovani e adulti, il laboratorio per
le donne.
Una pazienza infinita, soprallutto
agli inizi. « Le ragazzine - scriveva
nei primi anni una FMA - hanno
scoperto con enorme meraviglia che
se mettono nel Lerreno un seme, pos-
sono veder spuntare una loro pianta.
Abituate prima a strappare dal terre-
no ciò che cresce spontaneamente,
non avevano mai immaginato di poter
far nascere delle piante utili. Ora
stanno a contemplare le loro piantine
come si guarda un miracolo•· Da quel
miracolo a poco a poco sono nati gli
orti, che migliorano di molto il vitto
famiUare. Le ragazze e le donne stan-
no volent.ieri con le suore: sedute sul-
l'erba, imparano a cucire; le giovani si
preparano un piccolo corredo da spo-
sa.
Ora i bambini sono tanto numerosi,
ma untempo quei Moros quasi non ne
avevano più. li missionario che nel
1962 incontrò il primo gruppo, notò
con doloroso stupore che quei cin-
quanta adulLi, con le relative mogli,
avevano in tuLtO due o tre bambini. Al
missionario che più tardi chiedeva
perché non tenessero i loro piccoli, le
donne risposero: «Quando ci trovere-
mo in un posto dove possiamo rima-
nere al sicuro, non li faremo più mo-
rire•· E è davvero così. L'asilo ora è
tutto un cinguetlio ru bimbetti paffuti
e simpatici. Gli scolaretti sono u.n
centinaio. La nuova generazione -
inondazione permettendo - cresce
serena. Le mamme vogliono bene ai
loro piccoli, e imparano dalle suore
come accudirli. E' un altro miracolo
delle piantine.
Sopravvivranno. I 350 Moros sono
ormai agganciati stabilmente alla
missione, ci vuole poco a scommelle-
re che non la lasceranno più. In pas-
sato ci furono delle secessioni, grup-
pelli di insoddisfatti che tornavano
nella selva. E poi, Fatto iJ confronto fra
i due tipi di vita, magari ritornavano.
Un tempo i Moros erano descritti
come feroci e intrattabili, ora invece si
rivelano aperti, espansivi, allegri.
Hanno uno spiccalo senso comunita-
rio, si sentono tutti fratelli, si vogliono
bene: battezzati e non battezzati (ma
in maggioranza lo sono già), non con-
ducono vita a sè ma tutti in gruppo. 1
missionari sono riusciti a tenerli lon-
tani dall'alcool, che risulta la rovina di
12

2.3 Page 13

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I ragazzi Moros sono oggi numerosi nella missione salesiana di Puerto Maria Auxllladora,
Il loro gruppo etnico, ritengono i missionari, sopravviverà.
I MOROS: COSI' ERANO
(E IN PARTE SONO ANCORA)
Il nome. Forse Moros è di origine spa-
gnola, e dovuto al colore scuro della loro
pelle. In realtà essi chiamano se stessi
Ayoveo, forse Ayoreo (la R deriverebbe
da rotacismo), parola che significhereb-
be "gente". Come un po' tutti I popoli
primitivi, anche i Moros considerano se
stessi come gli unici veri uomini.
Quanti sono. Si sa di gruppi che vivo-
no ancora Isolati nella selva, e è impos-
sibile dire quanti siano con precisione.
La stima degli studiosi va da un massimo
di 4 mila a un minimo al disotto dei 2 mila.
In parte ora sono raccolti In centri mis-
sionari: cattolici e anche protestanti, in
Paraguay e nella confinante Bolivia.
Gruppi e clan. Si conoscono diversi
gruppi di Moros, dal nomi curiosi:
Gente del paese, Gente del buco,
Gente della casa, Gente della Pampa,
Gente che vive più in là, Gente del
maiale... •· Almeno otto altri gruppi a
causa dell'alta mortalità sono scomparsi
o sono stati assorbiti.
Ulteriore suddivisione sono i clan. Essi
formano una maglia di parentali, in ge-
nere esogamicl. Ogni clan ha un suo to-
tem e si autodlchlara padrone di un
gruppo di oggetti naturali che costitui-
scono la sua carta d'identità. Il clan può
lasciare come segno della sua presenza
alcuni di questi oggetti, per esempio le
piume dei pappagalli.
Aggregazione al clan. Per incorporare
al clan un nuovo individuo, lo sottopon-
gono a bagno rituale. Anche I missionari
all'inizio vennero sottoposti al bagno,
lavati, dipinti, verniciati.
L'autorità. Il capo tribù viene scelto tra
quanti possiedono qualcuna di queste
qualità: Asuté l'uomo che ha ucciso
altri uomini, guerriero degno di rispetto);
Edugenay (l'uomo più alto e imponente
per statura e taglia atletica); Angaranl
(l'uomo degno di essere ascoltato
perché buon parlatore).
Il nome. Ognuno ha il proprio nome
individuale, ma il maschio adulto porta
pure una specie di cognome formato col
nome del primo figlio seguito dal suffisso
che significa padre di. Per esempio
chi abbia un figlio di nome Pahei, avrà di
conseguenza Il cognome Paheidé.
Il matrimonio. I Moros si sposano gio-
vanissimi, e non sempre i matrimoni so-
no stabili. E' la donna che sceglie il ma-
rito, e questi va a vivere In casa della
moglie. Un ruolo Importante è affidato
alla suocera; quando l'uomo porta la
cacciagione a casa, la porzione migliore
è per lel (l'ultima per il cacciatore).
Morte. Forse a causa della dura vita
nomade, I Moros nella selva sopprime-
vano numerosi neonati, seppellendoli
vivi: tutti i gemelli, e tutte le femminucce
primogenite. Seppellivano vivi anche gli
anziani incapaci di seguire ìl gruppo nei
suoi spostamenti.
L'aldilà. I Moros credono In una vita
ultraterrena, con premi e castighi. li luo-
go di soggiorno dei morti si chiama
Narépie, cioè "Acque bianche''..
Religione. I Moros credono in un ente
superiore che pare identifichino nel sole
(la sua immagine viene raffigurata In
forme rudimentali sui loro oggetti). Cre-
dono nell'esistenza di spiriti cattivi che
causano le malattie e la morte; cercano
di esorciz.zarli ricorrendo a stregoni e
piantando pali dipinti di nero davanti alle
capanne. Suggestivi i riti con cui espri-
mono la loro religiosità, invocando la
pioggia e la buona caccia, impetrando la
remissione delle colpe. Su alcuni riti
però, pesava l'ombra dei sacrifici umani.
tanti altri gruppi di indios. Essi hanno
un sacro terrore degli alcoolici, ve-
dendo qualche volta un ubriaco sen-
tenziano saggiamente: « Ma quello è
matto». E fortunati loro finché la
penseranno così.
Hanno un'anima naturalmente re-
ligiosa, soprattutto gli uomini (pare
impossibile, eppure risultano più por-
tati alla preghiera che le donne). Tn
chiesa non si vedono uomini distratti.
« Potrei parlare per due ore di segui-
to», dice padre Nardon. Vanno al ca-
techismo, alla funzione, tutti quanti:
battezzati e no. E cantano, il missio-
nario dice: « Oggi è festa, fate un bel
canto pieno di gioia», e subito Io sco-
vano dal loro repertorio antico. La
lingua è ancora una difficoltà; i mis-
sionari la studiano, ma ci vuole tem-
po. Per fortuna moltissimi Moros or-
mai conoscono il castigliano, e poi ci
sono tra loro i primi catechisti che
quando occorre tTaducono. f Moros
accellano con semplicità le verità del-
la fede, ma il missionario va adagio
nell'amministrare il battesimo, e più
ancora il matrimonio cristiano.
A poco a poco i l\\lroros abbandona-
no le antiche consuetudini e incon-
sciamente si preparano all'inevitabile
confronto con i coloni bianchi, in un
mondo dove non ci sarà più posto per
la vita aUo stato brado. E diversa-
mente da tanti altri gruppi che sono
scomparsi o in via di liqu_idazione, i
Moros anche se sono pochi forse so-
pravvivranno: questa è la persuasione
del missionario. Risulta che quelli an-
cora nella selva continuano ad avere
pochissimi bambini, e il loro destino
sembra segnato; invece le famiglie di
Puerto Maria Auxiliadora banno an-
che 4 o 5 bambini ciascuna. I missio-
nari le aiutano.
In passato si faceva larga distribu-
zione di generi di prima necessità, ma
ora non è più così necessario e padre
Nardon tende a lesinare in doni. Nel
loro interesse, li aiuta invece a lavora-
re e a guadagnare, perché un giorno
sappiano essere autonomi. Essi intuì-
scono più o meno chiaramente che il
loro futuro è nella missione. A volte
si mettono in cerca dei loro compagni
sparsi per la selva, e Ii invitano a unirsi
con loro. A volte quelli accettano e
vengono a vivere nel villaggio. Dopo
qualche tempo si presemano alla
suora perché tagli i loro lunghi capelli:
e il segno che hanno deciso di rima-
nere definitivamente.
Un giorno i Moros del villaggio ave-
vano deciso addirillura di costringere
gli altri a venire nella missione con la
forza, e padre Nardon ha dovuto op-
porsi. Se verranno, ha spiegato, lo fa-
ranno da uomini liberi.
Del cristianesimo, i Mores hanno
accettato davvero Io spirito. Un giorno
arrivarono dalla foresta alcuni Moros
a chiedere il loro aiuto " militare"
contro un altro gruppo. Parte dei Mo-
ros pagani del villaggio accettarono di
unirsi alla spedizione di guerra, ma
non i battezzati. Questi ultimi si erano
riuniti a discutere, e avevano risolto il
problema in forma cristallina: «Noi
13

2.4 Page 14

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non andremo in guerra, perché ora
siamo cristiani e non voglia mo ucci-
dere più>1.
Un uccellaccio fragoroso. Il villag-
gio Puerto Maria Auxiliadora era sor-
lo nel I963. Al primo gruppo di Moros
ogni tanto se ne aggiungeva qualche
altro. Vivevano in grande libertà, pas-
sando la giornata a caccia; tornavano
adorni di piume dei pappagalli. Le
donne tentavano le prime esperienze
di cucito.
Ogni tanto scoppiavano fra loro
risse furibonde (gli uomini litigavano
con gli uomini, le donne con le ùonne.
mai frammischiati). Una volta i mis-
sionari corsero un serio pericolo: un
gruppetto aveva deciso di ammazzar-
li. Gli altri però si opposero, ingaggia-
rono una violenta zu[fa, e per fortuna
ebbero la meglio. I dissidenti durante
la notte lasciarono spontaneamente il
villaggio con le loro famiglie. Da allora
i rimasti si strinsero ancor più al loro
missionario.
Poi vennero i primi bauesimi, e un
lavoro strano da fare: si abbattevano
gli alberi, e non si seminava nulla nè si
costruiva. Poi ecco la cosa incredibile:
dove avevano sgomberato il terreno
venne a posarsi un uccellaccio frago-
roso. Immaginate la loro meraviglia a
vedere il primo aereo da vicino, a toc-
carlo, montarci su. Poi furono portati
grossi recipienti che potevano conte-
nere nella loro pancia qualcosa come
I5 mila litri di acqua. Essi non ne ca-
pirono mai bene l\\1tililà, di fatto però
con quell'acqua potabile le malattie
diminuirono e i loro bambini crebbero
più sani.
Come Noè dall'arca. Dunque la
piena del 1979 ha invaso e quasi som-
merso il villaggio. E dire che era stato
ricostruito in zona elevata. «Nella
parte più alta avevamo collocato l'in-
fermeria, in modo da mettere al sicuro
le preziosissime medicine. Ebbene,
l'acqua nell'infermeria è arrivata a un
metro e mezzo. Delle case, qualcuna
emergeva col letto e le altre rimasero
completamente sommerse».
Dice ancora padre Nardon: «L'ac-
qua del fiume in tempo normale su-
pera di poco il livello dei tre metri.
Questa inonda:;,Jone, annunciata co-
me eccezionale, doveva raggiungere i
metri 8, 17, e in base a questo dato che
ci era stato fornito dai tecnici aveva-
mo preso i provvedimenti. Invece ar-
rivò a 9, 13, un metro in più, e i nostri
provvedimenti non servirono a nien-
te».
Erano i primi di maggio quando i
missionari e i Morus lasciarono il vil-
laggio. Prima di evacuare collocarono
sui tetti Lutli gli oggetti che non pote-
vano portarsi dietro, nella speranza
che sopra sarebbero rimasti al si-
curo. Anche gli animali vennero tra-
14
sponau m zone ritenute sufficiente-
mente aJte perché rimanessero all'a-
sciutto e avessero erba da mangiare.
Dal vicino Brasile i militari avevano
donato alla missione due grosse ten-
de, lunghe metri I00x8, che sarebbero
bastate come rifugio provvisorio per
tutti i Moros.
Raggiunta la zona ritenuta sicura,
furono piantate le due grosse tende, e
venne costruita una casetta per le
suore. «Da una ventina di giorni ci
eravamo sistemati - racconta padre
Nardon - e ci ritenevamo al sicuro,
quando ci accorgemmo che l'acqua
stava penetrando sotto una delle ten-
de. Poi entrò in crisi la casa delle suo-
re, e ci affrettammo a trasfe1'irla 500
metri più lontano. Era il 22 maggio, e
avevamo deciso di spostare le due
tende l'indomani. Intanto si era alzato
un Corte vento. Nella notte facemmo
un giro di ispezione per cercare il
nuovo posto adatto, e a un tratto
fummo raggiunti da alcuni Moros al-
larmati: ci dissero che il vento aveva
buttato giù le tende».
Niente di peggio che il vento, in
quelle circostanze. Le acque dell'i-
nondazione scorrono lente e tranquil-
le come un lago; ma il vento le incre-
spa, suscita le onde e le onde investo-
no quanto incontrano minacciando di
travolgere tutto. Proprio questo stava
accadendo ai 350 sotto le tende...
« Tornammo indietro, mentre anche
pioveva. Trovammo le tende abbattu-
te, la gente bagnata e intirizzita dal
freddo. Distribuimmo le poche coper-
te che avevamo di scorta. C'erano
delle lamiere e costruimmo alla me-
glio dei ripari contro il vento che sof-
fiava dal sud. Come Dio volle spuntò
l'alba del 23 maggio; trasportammo
una tenda in zona più sicura, e poi
l'altra. Una fatica durata 1utta la gior-
nata, ma eravamo finalmente sulla
terra asciutta. L'indomani, 24 maggio,
abbiamo fallo la processione di Maria
Ausiliatrice, girando attorno alle no-
stre tende... »
A Iiae maggio l'acqua raggiunse il
livello più alto, l'inondazione sembra-
va non finire più. Poi lenlaH1en1c pre-
se a scendere. Come Noè dall'arca,
anche padre Nardon di tanto in tanto
mandava giù in basso a controllare la
siLua7jone. A ottobre le acque si erano
ritirate, a fine mese il terreno era
asciutto, e dopo sei mesi di esilio i
Moros poterono finalmente tornare al
loro villaggio.
E ora, dopo il diluvio. Il bilancio
risultò pesante: le case gravemente
danneggiate, in particolare quella del
missionario che era stata costruita da
molto tempo. Quel metro e più di ac-
qua imprevista aveva anche giocato
un brullo tiro agli animali: almeno 200
bovini morirono. [I bel piano della
I MISSIONARI
SULLE PISTE DEI MOROS
Come una patllna di mercurio. Scri-
veva nel 1958 mons. Angelo Muzzolon,
vicario apostolico del Chaco Paraguayo.
« I Moros sono invisibili. Hanno lo
straordinario dono di sfuggire sempre.
Come una pallina di mercurio che vi sci-
voli tra le dita.
Tentammo già tre spedizioni missio-
narie per agganciarli: tre spedizioni im-
portano spesa e rischio, voi lo potete
credere. Ebbene, per tre volte i nostri,
addentratisi nelle selve là dove le Indi-
cazioni migliori segnalavano la loro pre-
senza, non trovarono a ltro che capanne
deserte e neppure un'anima viva. Solo
un po' di cenere calda sotto cui guizzava
l'ultimo scintillio delle braci, e avanzi di
cibo abbandonati per terra in tutta fretta.
Ma i Moros? Scomparsi, dileguati come
nebbia. Ci venne il sospetto che forse ci
stavano sorvegliando e spiando, o ci se-
guivano con quel loro cautissimo passo
fe lpato» .
Se vengo anch'io non vi mangeranno.
Ancora mons. Muzzolon, nel 1958.
Vorrei farvi conoscere un indietto di 12
anni: si chiama José, delle tribù dei Mo-
ros. Rimase in mano di alcuni cacciatori
paraguayani, dopo un breve scambio di
colpi d'arma da fuoco contro le loro
frecce. I Moros hanno la terribile fama di
essere feroci, di odiare i bianchi e di es-
sere cannibali. Ma con José è un'altra
cosa. L'indietto giunse alla missione
spaurito come un uccello implume. Lo
circondammo di affetto e di cure. Si aprì
subito: gli occhi abbandonarono ogni
espressione di diffidenza e di sospetto.
Cominciò a sorriderci.
Ormai è con noi da due anni e ci si è
affezionato. Si dimostra docile e ubbi-
diente. Ha imparato a parlare s pagnolo,
mangia educatamente e vuole rendersi
utile. Noi stiamo preparando la quarta
esplorazione alla ricerca dei suoi fratelli
nella selva. José mi viene spesso vicino
e ml dice: « Portami con te, padre, quan-
do andrai tra I miei fratelli Moros. Se io
vengo con te non ti ammazzeranno non
mangeranno•·
La lancia mi trapassò Il braccio. Una
nuova spedizione fu organizzata nei
1960, e per poco non ebbe conclusione
tragica. Vi prendevano parte don Dotto e
il coadiutore Roggero, più un autista col
camion. Tre giorni di sentiero acciden-
tato, poi il camion puntò nel fitto della
foresta: una gimcana che mise a du ra
prova autista e passeggeri. Trecento
Misereor per l'allevamento del bestia-
me era da riprendere da capo...
Per questo padre Nardon è tornato
in Europa. E" stato ad Aquisgrana e ha
combinato con gli amici della Mise-
reor un prolungamento del piano per
un paio d'anni.Ha visto anche l'Italia,
questa benedetta Italia dalle crisi ri-
correnti, e gli pare di non capi.ria più.
«Gente che ha tutto e è scontenta -
dice -. I miei indios non hanno ncp-
pUTe la centesima parte di quel che si

2.5 Page 15

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Primi tempi nella missione: I volti del Moros
sono ancora tesi, provati dalla sotlerenza.
chilometri cosi. Poi una radura, e Il, co-
me ad attenderli, erano i Moros.
Fissarono Il camion In sllenzio spun-
tando tra te erbe neri e spinosi come
cactus viventi. I due salesiani provarono
una scossa: i Moros erano li! Il camion si
fermò, don Dotto scese e avanzò verso
di loro, seguito a pochi passi da Rogge-
ro. I Moros non fuggirono.
La distanza - ricorda Roggero -
era poca, e presto arrivammo a pochi
metri da loro. Facce fiere, selvatiche e
ingenue insieme. I sottili occhi mongoli-
ci, le labbra grandi e compatte, le narici
dilatate, le strisce rosse orizzontali trac-
ciate sulla faccia, cerchi neri dipinti sul
mento sulla fronte sulle spalle, collari di
penne verdi, gialle, rosse e blu.
Padre Dotto sorrise e porse alcuni
regali, per far capire che le sue inten-
zioni erano pacifiche. Anche qualche
Moro sorrise. Cl scambiammo I regall: lo
consegnai la mia camicia, e ricevetti un
pennacchio di piume. Gli indios ci acca-
rezzavano, ci pitturavano la faccia di
nero e di rosso. Noi lasciavamo fare•.
Ma ci fu un leggero rumore e tutto
cambiò in un lampo. «Saltò fuori dal bo-
sco un gruppo che impugnava archi e
frecce. Mi vidi a tre passi una faccia or-
ribile che brandiva una lancia e la pun-
tava verso di me: veniva diritto al cuore.
Invocai Maria Ausiliatrice, alzai il braccio
per difendermi, e la lancia mi trapassò il
braccio da parte a parte. Ml gettai fra I
cespugli, mentre i Moros circondavano
padre Dotto. L'autista, che aveva visto
tutto, estrasse la pistola e sparò in aria:
Ecco José, Il ragazzo cheha lacllltato l'Incontro
del Moros con I missionari salesiani.
le detonazioni misero In fuga gli Indi.
Padre Dotto era miracolosamente Il-
leso... Due giorni dopo eravamo nuova-
mente a Puerto Casado. Ma ritornere-
mo!»
La grande giornata di José. 1120 luglio
1962 fu la grande giornata di José. E dei
suoi fratelli Mores. Qualche giorno pri-
ma, alcune famiglie Mores erano state
scorte presso la stazione militare "Te-
niente Martinez". Il Dipartimento lndi-
genista del Paraguay, Informato, orga-
nizzò subito una spedizione, e mons.
Muzzolon mandò un missionario e il
giovane José perché vi prendessero
parte. E il loro contributo fu decisivo.
Giunti a Teniente Martinez, non trova-
rono i Mores. La spedizione puntò verso
la foresta, più a nord. José era sul primo
camion, e scrutava attentamente ogni
particolare. A un tratto scorse tra I rami
uno del Moros, e si slanciò Immediata-
mente dal camion gridando alla loro
maniera. Subito una decina di Moros ar-
mati sbucarono dalla foresta e circon-
darono José. Questi cl mise tutta la sua
buona volontà per spiegare le intenzioni
pacifiche di quel bianchi. Dopo un lungo
confabulare, «ecco il miracolo - rac-
contò poi il missionario -: a un cenno
del capo gli indios gettano a terra lance,
archi e frecce, si prostrano, si alzano,
saltano, gridano... Il capo si awiclna a
me, e José traduce le sue parole: "Noi
molto cercare te. Vedere te dormire fo-
resta, mangiare come noi. V~dere te
cercare acqua. Noi uccidere molti bian-
chi. Te no, non uccidere, noi amici tuoi" .
Erano una cinquantina; poco dopo
apparvero anche le loro donne. Ci ac-
campammo in una radura, e celebrai la
santa messa. Potete immaginare con
quali sentimenti. Alla fine il capo tribù
sentenziò: "Quest'uomo viene dal cie-
lo". Diedi loro la buona notte come si
usa nelle case di Don Bosco, e José tra-
duceva le mie parole. Ma quella notte
non si dormì: i canti e le danze dei Moros
cessarono solo con l'alba... •·
La prima residenza dei Moros. Ancora
mons. Muzzolon. «Subito pensammo a
organizzare una spedizione che ci desse
la possibilità di aprire una prima resi-
denza missionaria tra i Mores. Il 22 ago-
sto partimmo da Asunci6n con tre ca-
mion carichi del necessario per comin-
ciare. Dopo 616 chilometri giungemmo a
Teniente Martinez e trovammo gli indi ad
attenderci. L'indomani, accompagnati
dagli indios, continuammo il nostro
viaggio verso il nord In cerca del luogo
adatto; scoprimmo la traccia di un'anti-
ca strada resa invisibile dalla vegetazio-
ne, vi entrammo e dopo venti minuti
avemmo la gioia di trovare, nascosta
dalla boscaglia, una bella laguna di ac-
qua potabile e dolce.
Maria Ausiliatrice cl aveva guidati a
quel luogo, chiamato Madrejoncito, in
piena selva. Con lamiere scanalate che
avevamo portato con noi, improvvisam-
mo la prima residenza missionaria.
La residenza stabile. A Madrejencito ìl
terreno risultò sterile e si passò a Fortln
Batista. Si erano già radunati dai dintorni
200 indlos, quando scoppiò una tre-
menda epidemia che seminò la paura e
fece fuggire molti nella foresta. Bisognò
ricominciare da capo, e In una zona di-
versa, che non eccitasse la paura in-
controllata dei Moros.
Nuove tappe del pellegrinaggio nella
selva furono Fortfn Montania, Fort!n
Martinez e Cauce Indio. Alla fine. I mis-
sionari si convinsero che se si voleva
una residenza stabile bisognava scen-
dere in riva al fiume Paraguay. Con
l'aiuto concreto della Santa Sede mons.
Muzzolon comperò un terreno vasto e
fiorente a nord di Puerto Casado e a sud
di Puerto Olimpo. La località fu battez-
zata Puerto Maria Auxiliadora. Qui si
costruirono case per le famiglie indie.
una chiesetta, una residenza centrale
per salesiani e Figlie di Maria Ausiliatri-
ce. Il primo gruppo di Moros arrivò risa-
lendo Il fiume.
(Brani tolti da relazioni apparse
sul BS nel vari anni)
ha qui, e sono contenti. Qui invece c'è
tutlo, e ci si lamenta sempre». Intanto
lui si preoccupa di portare i suoi in-
dios a compiere un altro passo fuori
deU'età della pietra: l'agricoltura. Pri-
ma occorre però lirar su l'acqua dal
fiume, occorrono le motopompe per
l'irrigazione artificiale.
Ha fretta di tornare, laggiù c'è tanto
da fare. Anzi, da rifare. I suoi amici
Moros lo aspettano con impazienza.
Sono nella foresta, intenti a disbo-
scare. Magari in questo momento
passa un cinghiale e loro abbandona-
no gli strumenti e corrono a dargli la
caccia. Poi al sabaLo tornano a casa
soddisfatti e si preparano per la fesla.
Con i piccoli guadagni comperano la
camicia nuova, le scarpelle di gomma,
il presligioso transistor. E la domenica
mattina tulti a messa: alcuni ci vanno
da bravi cristiani, altri da pagani non
meno bravi.
Ma prima di entrare in chiesa c'è la
bella cerimonia sulla piazza del vil-
laggio: l'alzabandiera. Le bandiere
che vengono issate sono due: c'è
quella del. Paraguay, perché anche i
Moros sono paraguayani anche se
non sanno bene cosa voglia dire, e la
bandiera bianca e gialla del Papa,
perché il papa ha mandato i missio-
nari. Ora che il diluvio è passalo, a
Pueno Maria Aux.iliadora si ricomin-
cia daccapo.
Enzo Bianco
15

2.6 Page 16

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ETIOPIA
Joe, coadiutore salesiano, era
..
andato in missione con progetti
grandiosi. Poi suor Zoe gli pre-
'
sentò la piccola Salamaweet bi-
sognosa di stampelle, e Joe
cambiò i suoi progetti. Ora deci-
ne di bambini nella clinica di suor
Zoe si esercitano a camminare
con i suol rudimentali ma provvi-
denziali " compassi''.
Perché Joe e Zoe
fanno i compassi
Joe prende le misure alla piccola Salamaweek, rifugiata Ira le braccia della mamma.
J oe Reza, salesiano coadiutore, la-
sciando gli Stati uniti per l'Etio-
pia sognava di diventare ardito mis-
sionario, fondatore di scuole profes-
sionali. Non poteva immaginare che si
sarebbe messo ad aiutare suor Zoe,
medico in una clinica missionaria, a
far camminare i suoi mutilatini.
Salamaweet era una bimba di tre
anni e mezzo (il suo nome significa
«pacifica»). Quando suor Zoe O'Neil
si presentò aUa scuola professionale
Don Bosco appena inaugurata a Ma-
kallè, e ottenne di parlare con Joc, gli
lanciò un irresistibile appello in nome
di Salamaweet e di do27.ine di altri
piccoletti colpiti dalla poliomielite, da
tare genetiche, dai postumi dei più di-
versi incidenti traumatici. «Fratello
Joe, potrebbe per favore aiutare qual-
cuno dei miei malatini?», gli disse. E
come la maggior parte dei missionari
che dicono di sì prima ancora di aver
soppesato le difficoltà, fratello Joe ri-
spose a sorella Zoe: «Naturalmente!»
Solo quando ci ripensò si accorse che
non sapeva assolutamente nulla di
ortopedia. Anzi, in medicina, egli si ri-
tiene di quelli che «curano il mal di
gola con i cerotti».
Ma suor Zoe gli spiegò bene il pro-
blema. J bambini della clinica stavano
crescendo, mentre invece i loro arti
ortopedici (che in Etiopia chiamano
compassi) restavano piccoli, e a un
certo punto non servivano più a cam-
minare. C'erano poi anche bambini
che non avevano mai posseduto arli
ortopedici fatti su misura per loro,
bambini costretti a trascinarsi sulle
mani e sulle ginocchia, o che si spin-
gevano in giro su rudimentali sedie a
rotelle. Joe sapeva lavorare il legno e i
metalli, lui e la scuola professionale
Don Bosco avrebbero potuto di sicuro
aiutare quei bambini.
Con la sua consumata arte di per-
suadere suor Zoe ebbe subito l'effelto
sperato. Per essere sicura che fratello
Joe avesse capito bene, gli raccontò
caso per caso le storie dei suoi bam-
bini, che appoggiati a stampelle tra-
ballanti aspettavano il suo aiuto. Suor
Zoe giunse a promettergli tutta l'assi-
stenza tecnica necessaria: lei che sa-
peva, gli avrebbe spiegato come otte-
nere arti ortopedici adatti. ,,Non si
preoccupi - gli disse infine -, creda
pure che per questi ragazzi non c'è
altra scelta: o gli arnesi che saprà
fabbricare lei, oppure niente».
Non era proprio un complimento.
Ma il mattino seguente suor Zoe
piombò nel cortile della scuola sale-
siana rombando con la sua macchina
in piena velocità, e riuscì a frenare
appena in tempo per non sbucare
fuori dall'altra parte del garage. Con
lei scesero dalla macchina Salama-
weet e la sua mamma.
Joe ha raccontanto così il resto della
storia. «Ho fatto accomodare tutti nel
parlatorio, e sono andato a prendere
gli strumenti: il metro a nastro, la
matita, un blocco per appunti; poi mi
sono avvicinato a Salamaweel. Non
l'avessi mai fatto: la piccola piantò un
urlo disperato, poi corse a precipizio a
nascondersi fra le braccia della mam-
ma. Salamaweet mi aveva scambiato
per un medico, e l'universale terrore
infantile per le iniezioni aveva fatto il
resto.
«Anche in mezzo ai suoi strilli fra-
gorosi riuscii in qualche modo a
prendere le misure necessarie, e poi
mi fu abbastanza facile costruire l'in-
telaiatura metallica. Purtroppo, dopo
una prova di collaudo vedemmo che
bisognava portare molli cambiamen-
ti. Buttai il mio primo compasso fra i
rottami, e ne costruii un secondo.
Neanche questo era un capolavoro,
ma poteva funzionare.
«Il passo successivo fu presso una
calzoleria, dove il ciabattino adauò le
scarpette di Salamaweet. All'alteu.a
del ginocchio fu applicata all'arto or-
topedico un'imbottitura protetta da
cuoio, per evitare il contatto direuo
del ginocchio col metallo. Avevo fini-
to, il lavoro non era poi cosl difficile
come temevo. Suor Zoe guardò Sala-
rnaweet che provava a camminare, e
mi ripete: «C'è poco da scegliere: o
questi arnesi che riesce a fare lei, o
niente».
Con queste parole - ha commen-
tato fratello Joe - la suora in un certo
senso ha descritto i compiti del mis-
sionario. Ciò che egli riesce a fare, po-
co o molto che sia, è spesso lutto
l'aiuto che la gente in terra di missione
può ricevere».
Oggi Salamaweet e molti suoi pic-
coli compagni neUa clinica di sorella
Zoe stanno imparando a camminare
perchè un salesiano coadiutore è in
missione ad aiutarli. Riflettendo sulla
storia di Salamaweet, Joe è giunto a
questa realistica conclusione: «Credo
che per il futuro non mi riprometterò
più di compiere grandi imprese im-
possibili, ma solo di dare una mano,
meglio che posso, alla gente».
(Dal BS degli S tati Uniti)
16

2.7 Page 17

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CONVEGNO A ROMA SUL SISTEMA PREVENTIVO
Don Bosco
indicava
la via difficile
Il marchletto del convegno:
I ragazzi attorno a Don Bosco.
La settima "Settimana di spiritualità salesiana "
ha avuto per argomento il metodo educativo di
Don Bosco, visto come " cammino di santità sale-
siana". Ecco in breve i dati del convegno e il suo
filo conduttore attraverso le relazioni.
,, I I sistema di Don Bosco fa il buon
,,
allievo, perché fa prima il
buon cducawre», sosteneva lo stu-
dioso di cose salesiane don Eugenio
Ceria. E la «Settimana di spiritualità»
svoltasi nel gennaio scorso mirava a
mettere in evidenza come il sistema
preventivo per sua natura coinvolga
sia educatori che ragazzi a un Livello
profondo di spiri.tualità, anzi di san-
tità, personale. Non si tratta dunque di
qualcosa d'esteriore, di un congegno
meccanico più o meno complicato,
con le sue« norme per l'uso» che basta
conoscere bene perché lullo runzioni.
Il «sistema dì Don Bosco» fa riferi-
mento esplicito a uno stile di vila to-
talizzante, di cui Don Bosco stesso è
stato - prima ancora che il teorizza-
tore - il modello incarnato.
Su queste idee di base si è svolta la
densa Settimana di spiritualità.
I giovani, luogo d'incontro con Dio.
Il nesso tra il metodo pedagogico e gli
atteggiamenti profondi della persona
- ha notato in apertura dei lavori il
Consigliere per la pastorale giovanile
don Vecchi - è «un nesso così in-
scindibile, e la coerenza tra i due ele-
menti è così stretta, che non si può
spiegare né vivere l'uno senza l'altro».
Don Aubry con la prima relazione ha
dcscriuo a l riguardo l'esperienza fon-
damentale di Don Bosco: egli «aveva
la coscienza viva di essere delegato»
dal Padre, da Gesù Cdsto, da Maria (il
riferimento è al sogno dei nove anm) a
«incarnare concretamente in sè il loro
amore salvifico per i giovani»; la sua è
stata perciò una presenza mediatrice,
sacramenlale, di trasparenza, un pre-
senza religiosa nel senso pieno della
parola». «Da questo tipo di presenza
- ha osservato don Aubry - è sorto il
sistema preventivo, il quale può esse-
re dello, nella sua realtà più profonda,
la santità vissuta di Don Bosco tra i
giovani».
La seconda relazione del convegno,
affidata a don Tonelli, ha applicato
queste considerazioni all'educatore
concreto che intenda Lavorare nello
stile di Don Bosco: costui troverà
proplio nell'attività formativa e pa-
storale fra i giovani «il suo luogo abi-
tuale di incontro con Dio».
A questo punto affiora un itinerario
TUTTI I DATI
SUL CONVEGNO
«Il sistema preventivo vissuto co-
me cammino di santità salesiana.
era Il tema della settimana di spiri-
tualità svoltasi al Salesianum pres-
so la Casa Generalizia di Roma dal
21 al 25 gennaio 1980.
Organizzazione. Era atfidata al
dicastero salesiano della Pastorale
giovanile.
Partecipanti. VI hanno preso
parte 145 membri invitati (salesiani,
FMA, Volontarie di Don Bosco,
Suore Salesiane Oblate, Coopera-
tori, Exallievi), appartenenti a 31
nazioni diverse, più una ventina fra
organinatori, relatori e addetti.
Obiettivi. Tre sono stati indicati:
- riflettere Insieme sul sistema
pfeventivo come proposta di si:,lri-
tualltà;
- promuovere uno scambio di
esperienze nella comune vocazio-
ne salesiana;
- favorire la coscienza che il
sistema preventivo è itinerario di
santità.
Svolgimento. Nei cinque giorni
pieni del convegno si sono tenute
cinque relazioni, una comunica-
zione, due panel con presentazio-
ne di esperienze dal vivo, tre tavole
rotonde seguite da dibattito, e nu-
merose riunioni del gruppi di stu-
dio. Gli Incontri liturgici, l'udienza
dal Papa, le serate di fraternità
hanno avuto un ruolo caratteriz-
zante.
di ascesi: la disponibilità, l'oblatività,
anche l'acquisizione di una compe-
tenza educativa. Ne ha parlato nella
terza relazione madre Michelina Sec-
co, facendo riferimento ancora al so-
gno dei nove anni Giovannino, per
potersi mettere a capo dei ragazzi di-
scoli del sogno, dovette rendersi forte,
obbediente, dovelle mettersi alla
scuola di LLna «maestra».
Don Martinelli ha invece affrontato
«la santità giovanile nelle biografie
scritte da Don Bosco», giungendo alla
conclusione che la santità dell'educa-
tore è passata da Don Bosco ai Savio,
ai Magone, ai Besucco, che è quindi
trasmissibile, e va trasmessa: come
per Don Bosco, attraverso i luoghi e i
modi propri dell'allività salesiana, il
cortile, l'allegria, il dovere, la vita sa-
crame11tale, l'impegno di apostolato.
Difficile ma suggestivo. Puntando
decisamente all'oggi, il sociologo don
Milanesi ha illustrato «la domanda
religiosa dei giovani», mettendone in
evidenza i nuovi aspetti e i modi pro-
blematici in rapporto alla santità gio-
vanile. Nell'ultima relazione don Co-
lomer ha presentato il sistema preven-
tivo come «proposta e itinerario di
santità» attuali, per i giovani.
«Poco tempo fa a Barcellona - ha
concluso Colomer - un salesiano ha
fatto una lunga predica sulla preghie-
ra a un gruppo di giovani. Alla fine
uno di loro gli ha detto: «Tu ci hai
parlalo per tre quarli d'ora di che cosa
sia la preghiera, dei molivi e delle dif-
ficoltà per pregare. Adesso in cinque
minuti dimmi come preghi tu». Do-
mani torneremo alle nostre ispettorie,
comunità, famiglie. Forse i giovani ci
diranno: «Avete parlato della santità
salesiana per una settimana. A noi in-
teressa molto di più vedere che tipo di
santi siete». Sarà veramente dram-
matico se non abbiamo niente da co-
municare loro».
17

2.8 Page 18

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...
- Sesto San Giovanni: li lab oratorio di scienze dove gli allievi di don Tarcisio Meronl svolgono le loro attività di ricerca sclentlllca.
Ricercatori in blue jeans
A Sesto San Giovanni (MIiano) un In-
traprendente insegnante di osservazioni
scientifiche, don Tarcisio Meroni, riesce a
trascinare I suol ragazzi in appassionanti
richerche, e ogni anno Il porta a vincere
qualcuno del concorsi che i vari enti Indi-
cano appositamente per le scuole (BS ne
ha già parlato: si veda In febbraio 1979,
pag. 5-7).
Don Meroni aveva cominciato nel 1973,
vincendo con i suoi ragaz.zi un concorso
indetto dal quotidiano Avvenire: essi ave-
vano studiato le piante fossili, «le piante
maledette della droga», l'arrossamento
del lago Tovel. L'anno successivo si piaz-
zavano secondi nel concorso Philips «per
giovani inventori e ricercatori•; nel '75 ri-
petevano la prova e arrivavano primi.
(Oggetto del loro Interesse era stata la
Pingulcola, l'unica pianta carnivora che
cresce in Italia).
Nel '78 studiavano gli effetti dell'inqui-
namento sul miele prodotto in zone indu-
striali, e giungevano secondi nel concorso
«le api nostre amiche»; quanto a don
Meroni, veniva Inviato gratis al «Simposio
internazionale di aplterapia» di Bucarest
Nel '77 i suoi ragazzi vincevano il primo
premio al concorso Bonomelli «Le erbe
nostre amiche», e - denunciando le
tante piccole Seveso• che avevano sco-
perto nel loro ambiente - ottenevano un
altro primo premio al concorso «Lombar-
dia inquinata».
Nel '78 si dedicavano ai motori e otte-
nevano la visita-premio a Maranello, l'in-
contro con l'ingegner Ferrari e la cono-
scenza da vicino del bolide di Niki Lauda.
Nel '79 secondo premio al concorso « Il
vostro quartiere ieri e oggi», nell'80 Il pri-
mo premio sul tema «E' possibile la con-
vivenza di autodromo e parco a Monza?»
Indetto dall'Assessorato allo sport della
Regione Lombarda...
E la lista delle partecipazioni e delle vit-
torie è incompleta. Resta da parlare dei
giornali che si interessano di loro e pub-
blicano le notizie (giornali locali, ma anche
il Corriere della Sera, Famiglia Cristiana.
Domenica del Corriere); resta da parlare
della visita fatta ai ragazzi dalla televisione
Italiana. E delle mostre itineranti: una for-
ma di propaganda, anche didattica, ri-
sultata molto efficace. Le altre scuole imi-
tano, cercano di fare meglio.
Soprattutto va detto il segreto di don
Meroni: la sua fiducia nei ragazzi. « Devo-
no essere messi - egli dice - nelle con-
dizioni di ricercare e scoprire qualcosa.
Mandati a caccia di esemplari veri, posti
davanti a un microscopio, si trasformano.
E una volta sviluppato l'interesse, difficil-
mente poi si riesce a fermarli».
.== Maranello 1978: I ragazzi di don Meronl, vincitori del concorso, visitano la fabbrica dove nascono I bolldl, e si compllmentano con quello di Nlkl Lauda.
===
r.

2.9 Page 19

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Sesto San Giovanni: un'ala della scuola.
Val Malenco, Sondrio. Don Meronl con I suoi ragazzi setaccia una cava In cerca di demantoldl.
La Mostra Ecologica: la gente guarda curiosa l'arnia sperimentale con le api e sua maestà la regina.
Maurizio Bruni, vincitore del concorso Alitalla, pronto a volare In visita-premio negli Slatl Unili.
Jj
Quante bestioline e cose curiose si posso-
no vedere con un semplice mlcroscoplol

2.10 Page 20

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STORIA SALESIANA* CENT'ANNI FA IL SANTO A ROMA PER LA 16' VOLTA
Non volevano
Don Bosco dal Papa
Sullo sfondo di quel viaggio ci furono incomprensioni e ostilità. Ma
intanto Don Bosco gettò le basi per la gerarchia ecclesiastica nelle
missioni di Patagonia, e si caricò sulle spalle ormai logore il grave
peso di costruire sull' Esquilino il tempio al Sacro Cuore.
« D a nove giorni ho domandato
la necessaria udienza. Mi fu
risposlo che per questa settimana non
ci avessi neanche a pensare; quasi
nessuna speranza mi si diede per la
settimana prossima... Sono passato
più volle, ho pure fatto domanda per
iscritto, ma fino a oggi non ho spe-
ranza di poter ottenere udienza. E
dovendo in qualche modo rispondere
alle proposte del governo argenli-
no...». Così si lamentava per lettera
Don Bosco il 22.3.1880, rivolto al suo
aulico card. Nina con calda insistenza,
perché «quando si ba bisogno di
qualche grazia straordinaria si deve
ricorrere a qualche santo che in para-
diso sia molto vicino al Signore».
Nei giorni precedenti Don Bosco
aveva chiesto anche di parlare con il
card. Ferrieri, sette volle si era presen-
tato a casa sua, «senza però avere il
bene di una udienza qualsiasi» nep-
pure da lui. Quella setlima volta il do-
mestico del cardinale slava spiegando
a Don Bosco che sua Eminer,za aveva
molle occupazi.onL quando apparve
anche il segretario e Don Bosco otte-
nuto ancora un diniego quasi perse le
staffe: «Ma dunque questi capi delle
Sacre Congrega;;ioni non sono posti a
trattare gli affari della Chiesa? E se li
trattano, dove e quando li trattano? »
Ma poi l'udienza col Papa gli fu fissata
per il 5 maggio, e il sorriso Lornò sulle
labbra di Don Bosco...
li terre moto in Vaticano. Egli aveva
davvero bisogno di parlare col Papa,
su problemi seri per l'avvenire della
sua opera. Era stato alcuni mesi in
Francia per rafforzare le case aperte
in quel paese, e pur desiderando tor-
nare al suo nido di Valdocco proseguì
da Nizza lungo la Riviera ligure per
raggiungere Roma. Lasciava la Fran-
cia inquieto perché erano nell'aria
leggi che presto avrebbero colpito
duramente le congregazioni religiose
e le loro scuole, ma aveva lasciato i
suoi salesiani con w1 pensiero di spe-
ranza: «Sopprimere le congregazioni
è come battere le mani per cacciare
via gli uccelli scesi a beccare il grano
sull'aia. Gli uccelli scappano subilo,
ma poi uno dopo l'altro rilomano...
Allo stesso modo i religiosi, passato il
momento della soppressione, a poco a
poco rietrano e ripigliano il lavoro».
Prima Lappa della sua pacifica
marcia su Roma fu Vallecrosia, dove il
7 marzo lo attendevano per la posa
angolare della chiesa a Maria Ausilia-
trice. Poi eccolo a Sampierdarcna;
l'indomani dell'arrivo, sceso di came-
ra, vede in cortile l'addetto alla pulizia
che scopa con indolen7.a e inettitudine
evidente; gli prende la scopa di mano,
dice« Vuoi vedere come si fa a scopare
bene»? E pian piano gli fa un terzo del
porticato. Poi restituisce l'arnese con
un bel «Hai visto come si fa?», e va a
celebrare la messa.
Il 12 marzo il treno lo porta diritlo a
Roma, col suo segretario don Gioac-
chino Berto. L'indomani chiede l'u-
dienza del Papa, ma dovrà anendere a
lungo. lntanto ha tante persone con
cui parlare, e ne incontra ancor più
che vogliono parlare con lui. Visite e
invilì senza sosta. E lettere.
A Torino è morto il capo della fa-
miglia Fortis, in passato generoso con
Don Bosco, e llLi scrive al figlio: «Mio
caro Riccardo, il nostro buon papà
non c'è più... In questo doloroso fran-
gente noi callolici abbiamo un grande
conforto, che è il solo vero conforto:
finché si vive, pregare e fare opere
buone in suffragio dell'anima del de-
l unto. E intanto consolarci nella fer-
ma ~peranza che lo ri, edrcmo, forse
presto, in uno stalo assai m~gliorc che
non era nella vita presente».
[I 24 marzo Don Bosco sospira an-
cora l'udienza. Si reca in Vaticano a
visitare il card. Nina, e mentre attende
sopraggiunge un pellegrinaggio fran-
cese. Qualche pellegrino lo riconosce.
dice agli altri: « Il y a Don Bosco!» e
tuui gli corrono incontro, si inginoc-
chiano, chiedono la sua benedizione.
Quella manovra dì massa ha fauo
Lraballarc i.I pavimento, e dalle stanze
alligue si è avuta l'impressione di un
terremoto; dal piano di sopra scendo-
no alcuni monsignori, anche il card.
Nina si affaccia, e trova Don Bosco
intento a spiegare che non può im-
parLire la benedizione perché in Vati-
cano è un dirillo riservato al solo Pa-
pa. Il cardinale commosso e divertito
interviene: «Li benedica, Don Bosco,
altrimenti non si alzano più». E Don
Bosco obbedisce...
Quella sera Don Bosco si incontra
col cardinale vicario di Roma che gli
fa una proposta inquietante: impe-
gnarsi di portare a termine la costru-
zione del tempio al Sacro Cuore, ini-
ziata al Castro Pretorio sull'Esquilino.
«Non ha scienza sautità». Tante
cose che stavano a cuore a Don Bosco
dipendevano dal card. Ferricri, allora
Prefetto della Sacra Congregazione
che si occupava dei religiosi, e costui
era tipo ruvido, severo, per di più male
informato. Le info1mazioni distorte
gli giLtngevano da Torino, dove non
tutti capivano Don Bosco. E non po-
tendo parlare nemmeno con lui, Don
Bosco gli mandò un suo salesiano,
don Francesco Dalmazzo. Il cardinale
lo accolse in malo modo: «Ma insom-
ma, che vuole Don Bosco? Non ha
scienza, non ha santità. Avrebbe fatto
meglio se si fosse limitato a dirigere il
suo oratorio, senza ostinarsi a fondare
una Congregazione». Don Dalmazzo
gli spiegava che lui e gli altri salesiani
avevano opinioni ben diverse su Don
Bosco, e il cardinale se la prese anche
Don Bosco In tenuta da viaggio.
con loro: «Voi fareste meglio a uscire
dalla sua direzione, rientrare nei vo-
stri seminari diocesani e mettervi a
disposizione dei vostri vescovi. Don
Bosco non è l'uomo da fondare Con-
gregazioni».
Sempre continuando ad aspettare
d'essere ricevuto, Don Bosco il 28
marzo incontrò di nuovo il cardinale
vicario che insistette sulla faccenda
del tempio, ma era impresa tale che
Don Bosco esitava ad accettare. In-
20

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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tanto qualcuno lo attendeva a Napoli,
e lui il 29 marzo ci andò (il percorso
era atlora piuttosto tortuoso, il treno
impiegò - come assicurò iJ preciso
segretario - 7 ore e 10 minuti).
A Napoli lo auendeva la marche-
sa Gargallo, intenzionata dj affidargli
un'opera a Siracusa in Sicilia: doveva
essere una colonia agricola, o un isti-
tuto di arti e mestieri; ma non sarà
possibile venire a un'intesa. T suoi
ospiti volevano condurlo a visitare la
città ma egli fece notare che non era
per quello; visitò invece a lcune case di
educazione, e alcune comunità reli-
giose. Al monastero della Visitazione
gli presentarono le suore malate
perché le benerucesse e magari le
guarisse. Alla prima, afflitta da persi-
stenti mali di capo, disse: «Gesù la
vuole compagna nella sua coronazio-
ne di spine. Tuuavia lavorerà molto
per questa casa». Infatti visse anco-
ra quarant'anni, occupando le mag-
giori cariche, e sempre travagliala dal
suo male. Don Bosco benedisse anche
la seconda suora, animandola a sop-
portare la sofferenza con coraggio; in
disparte disse però alla superiora: «E'
matura per il cielo». La suora mori
pochi mesi dopo.
Napoli sarà la ciLLà più meridionale
d' Ita lia visitata da Don Bosco: più a
sud si recherà solo "in sogno". TI 31
mar1.o la gente venula ad accomiatar-
si da lui era tanta, Don Bosco arrivò in
Medaglione di Papa Leone Xlii.
ritardo a prendere il treno; dovetle
tornare a Roma nella notte, via mare,
col vapore. E quanto a lle sue udienze,
ancora nessuna novità.
Non era in disgrazja, Don Bosco
ormai pensava di «essere caduto in
disgrazia» presso il Papa. Il 5 aprile
decise di mettere in chiaro le cose e
scrisse direllamente a Leone XITI. In
un amen ebbe la risposta: il Papa lo
attendeva quella sera stessa, alle
18,45; dunque non era in disgrazia.
Prese un biglietto, scrisse con cura i
cinque argomenti che voleva trauare,
e le loro sudruvisioni.
Quella sera, per le 16, aveva già
programmato un incontro con i Coo-
peratori salesiani di Roma; e ci andò.
Erano presenti anche tre cardinali.
lieti di essere annoverati tra i Coope-
ratori. Don Bosco parlò per mezz'ora
spiegando quanto era stato fauo e
quanto sperava di fare in Italia, Euro-
pa, America. Poi prese a parlare il
card. Alimonda, che spiegò l'idea
espressa da San Paolo con le parole
«siamo Cooperatori ili Dio». Alla fine
llllli volevano salutare di persona Don
Bosco, dirgli almeno una parola. E lui
di corsa a prendere il ferraio lo, la
mantelletta di rigore per i sacerdoti
dell'epoca, per con-ere dal Papa.
Accompagnato da don Berto e don
Dalmazzo, giunse a ppena in tempo.
ma le udienze precedenti andavano
per le lunghe e quindi dovette atten-
dere. Fu inlrodolLO da solo. Leone
Xlll per prima cosa disse il suo di-
sappunto per non essere stato infor-
mato della lunga a ttesa: «Immaginale
se non vi avrei ricevuto? Tutti i giorni
ricevo persone che non hanno nessun
affare, gente che viene solo a prendere
notizie sul Papa, a bacianni la ma-
no... ». e gli lasciò un consiglio per
l'avvenire: « Un'altra volta fate così:
venite a ll'udienza pubblica. e veden-
dovi vi fisserò l'udienza privala io
stesso».
Don Bosco vedendo Leone XITJ
così ben dispos to gli chiese tanti pic-
colo favori, tra cui il titolo di monsi-
gnore per il parroco argentino che si
era fatto in quattro per favorire la
prima spedizione missionaria salesia-
na. Ma trattò anche i grossi problemi.
Gli stava a cu ore che la Santa Sede si
accordasse col governo argentino per
l'istitu;,;ione della gerarchia ecclesia-
stica in Patagonia, che comportava
quasi automaticamente la nomina a
vescovo per il capo della spedizione
salesiana, don Giovanni Cagliero. (Di-
venterà anche cardinale). Intanto,
sette giorni più lardi, Don Bosco scri-
veva familiarmente al fido -Don Rua:
« Ho affari mollo gravi per le mani;
preparo una trama contro don Ca-
gliero». La frase era scherzosa, ma
don Rua ne capiva bene il significalo.
«Crescere, lavorare, perseverare».
E' probabile thc Don Bosco ab-
bia parlato a l Papa delle difficoltà che
ancora incon trava presso certi am-
bienti in Torino, e delle ripercussioni
negative che gli procuravano poi
presso la Santa Sede. E' sicuro invece
che il Papa affrontò l'argomento del
tempio al Sacro Cuore. Gli disse che
sarebbe stato molto contento se Don
Bosco se ne fosse occupato. E don
Bosco rompendo ogni indugio: « TI
-. -
•••
Ingresso del convento Tor de' Specchi, che of•
friva ospitalità a Don Bosco durante i suoi nu-
merosi soggiorni romani.
desiderio del Papa è per me un co-
mando; accetlo l'incarico che vostra
santità ha la bontà d i affidarmi».
Questo è Io slile dei santi. A un trat-
to la conversazione fu interroua per
l'arrivo del card. Manning dall'Inghil-
terra. Secondo la prassi, i cardinali
non facevano anticamera, e Manning
enn-ò accompagnato dal monsignore
di servizio. Don Bosco si a lzò per ce-
dere il posto, ma il Papa lo afferrò per
una mano dicendogli: «State qui, sta-
te qui». li monsignore afferrò Don
Bosco per la Lalare e cominciò a tirar-
gliela dicendo sotlovoce: «Don Bosco,
esca». Ma il Papa lo teneva ancor più
streuo, e Don Bosco confuso da quel
tira e molla non sapeva che fare. In-
tanto Leone xrn fissò col cardina le
l'udienza per un altro giorno. e Man-
ning uscì.
Così poterono esaurire i cinque
punti del pro-memoria. Poi vennero
fatti entrare i due accompagnatori di
Don Bosco, e la conversazione riprese
su argom enti meno impegnativi. Infi-
ne Leone XTTl accomiatò tutti con una
benedizionc-discorsetto che gli ac-
compagnatoti di Don Bosco banno ri-
coslruito.
«Benedico voi, i parenti vostri, la
vostra congregazione, gli ammalati,
soprattutto i vostri allievi e i missio-
nari. Possiate crescere di numero, e
corrispondere al fine della Congrega-
zione a cui appartenente, che fu ispi-
rata da Dio e si sviluppò già in modo
prodigioso. Possiate lavorare costan-
temente per la gloria di Dio e per il
bene della Chiesa, siate disposti a fare
qualunque sacri(icio , anche della vita,
per questa Chiesa, e possiate sempre
promuovere il bene e la gloria di Dio, e
21

3.2 Page 22

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la salute delle anime con coraggio e
forza, e perseverare costanti nel ser-
vizio di Dio e nella vocazione a cui
siete chiamati».
Non ci voleva altro per mandare in
visibilio Don Berto, don Dalmazzo, e
Don Bosco.
ll merlo fa ritorno al nido. Dopo
l'udienza, Don Bosco ebbe il suo da
fare per portare avanti i vari argo-
menti trauati, e si fermò a Roma a11-
cora due sellimane piene di visite e di
incontri. Tra l'altro inconu·ò un exal-
lievo del suo collegio di Valsalice, che
ben sapendo quante opere Don Bosco
stava costruendo uscì in questa bat-
tuta: «Alla prima crisi di governo io
proporrò lei come ministro delle fi-
nanze. Sono sicuro che in poco tempo
lei coprirebbe tutti i debiti della na-
zione». «Debiti non bisogna farne -
lo ammonì il santo-. Don Bosco ha
paura dei debiti: non lasciano dormi-
re». « Eppure - riprese il giovane -
lei ha costruito la chiesa di Maria Au-
siliatrice facendo un sacco di debiti».
Ma Don Bosco lo corresse saggia-
mente: «Non è così. Ho comincialo a
costruirla con pochissimi soldi in ta-
sca, e sono andato avanti sino alla lìne
senza spendere mai più di quello che
la Provvidenza mi mandava».
Spedì il solito sciame di lettere. Tra
l'altro una ai novizi salesiani, io bel
latino, che echeggiando san Paolo di-
ceva: «Miei cari figli, mio gaudio e mia
corona, prendete tutti lo scudo della
fede, per poter combattere contro le
insidie del diavolo. Ma lo stesso Si-
gnore Gesù si è fatto per noi obbe-
diente fino alla morte, aITinché noi
pure con la pratica dell'obbedienza e
della mortificazione possiamo entrare
con lui e per i meriti suoi nella gloria
del Padre nostro che è nei cieli. Aclun-
que lottate virilmente, per essere feli-
cemente coronati... La Grazia del Si-
gnore nostro Gesù Cristo sia sempre
con voi».
E un'altra lettera a un exallievo di
Valdocco, che dopo varie esperienze
gli esprimeva L'intenzione di diventare
salesiano: «Mio carissimo Ruffino
Giacomo, la tua mi recò una vera
consolazione. Il mio affetto per te fu
sempre grande, e ora che mostri il de-
siderio di tornare all'antico nido mi si
risvegliano le reminiscenze del passa-
lo, le con[idenze... Perciò, qualora tu ti
risolva a farti salesiano, non hai da
fare altro che venire all'oratorio e dir-
mi: ecco il merlo che fa ritorno al ni-
do. li resto sarà tutto come era e come
tu conosci...».
Volevano prendermi la pelle. Don
Bosco lasciò Roma il 20 aprile, e pun-
teggiò anche il ritorno di tante utili
fermate qua e là. La prima tappa fu
Magliano Romano, dove aveva una
casa e dove lo cinsero di affettuoso
assedio: lulli volevano confessarsi da
lui o parlargli in privato. Don Berto,
che riferì per lettera a Don Rua, scris-
se: «Papà è molto stanco; a Magliano
volevano prendergli la pelle».
Altre tappe a Firenze, a Lucca, Via-
reggio, Sampierdarena. Ogni volta, lra
l'altro c'era l'incontro con i Coopera-
tori. Il rientro all'OratOrio avvenne il 7
marzo verso le 12,30. Tuili, ragazzi e
salesiani, erano schierati, e la banda
rinfocolò l'allegria. « Papà» era stato
assente dall'Oratorio qu35i quattro
mesi, come dire un'eternità.
Don Bosco si sentiva stremato dalla
fatica, lo confessò in una lettera: «So-
A Torino Valdocco si conservano ancora gli in-
dumenti da viaggio usali da Don Bosco negli
ultimi tempi.
no giunto a Tori.110 molto stanco. In
ogni casa salesiana subilo una folla di
gente mi assediava e non mi lasciava
un momento di riposo. Tullavia ho
provato tante consolazioni...». Eppure
stando a Roma non era riuscito a
spiegarsi a fondo, a farsi accettare.
Oggi ci si chiede quasi increduli come
sia stato possibile. La spiegazione
forse è da cercarsi nelle parole con. cui
il biogra[o don Eugenio Ccria ha pun-
tualizzato quali avvenimenti: «Sono
crucci che Dio nei suoi imperscruta-
bili disegni ha pcnnesso che toccas-
sero più ò meno a tutti i grandi fon-
datori di ordini e congregazioni reti-
giose».
(Condensato dalle
«Memorie Biografiche
di san Giovanni Bosco»)
j Caro Bs...
IL GIORNALE A SCUOLA,
MA ANCHE A CASA!
Caro BS, ho letto con vivo interesse
l'articolo sul giornale nella scuola, e salvo
qualche dettaglio minore concordo con
quanto scritto. Ma il giornale nella scuola
non mi pare sufficente: io credo che prima
ancora esso debba essere utilizzato come
strumento educativo in famiglia, dai geni-
tori dei ragazzi.
E mi sia consentito di scomodare due
esempi illustri, che i figli di Don Bosco -
educatori nati - sapranno apprezzare.
Voglio dire il missionario protestante Al-
bert Schweitzer e John Kennedy con isuoi
tre famosi fratelli.
Leggevo tempo fa che ìl famoso medico
missionario, quand'era ragazzo undicen-
ne, viveva con una vecchia zia che cerca-
va di impedirgli la lettura del giornale
perché secondo lei avrebbe finito per In-
teressarsi solo al romanzi di appendice e
alla cronaca nera. Albert protestava assi-
curando che il suo interesse andava inve-
ce alla politica (o come la chiamerà più
tardi, alla •storia contemporanea»). La
vecchia zia aftfidò il grave problema allo
zio, che durante Il pasto serale apostrofò
Albert con severità e lo sottopose a un
esame estemporaneo.
Gli chiese a bruciapelo i nomi del so-
vrani balcanici e i componenti degli ultimi
tre governi francesi. Albert superò bene
l'esame, a cena. tra le patatine fritte e l'in-
salata. Da quel giorno lo trattarono da
adulto, gli riconobbero Il diritto al giorna-
le, e a tavola cominciarono a parlare dì
politica con lui.
In casa Kennedy invece erano gli adulti
a prendere l'iniziativa, nei confronti di quei
quattro ragazzi che il destino ha segnato
in modo così diverso: Joe, il piu vecchio,
morto in combattimento contro i tedeschi
durante la •Battaglia d'lnghìlterra». John
il presidente assassinato a Dallas; Bob Il
candidato alla presidenza pure fermato da
un'arma da fuoco; e l'ultimo, Ted, a sua
volta in corsa ora per la presidenza. Eb-
bene, alla base della loro vicenda c'è
questo significativo aneddoto raccontato
dalle biografie.
«Quando mamma dalla cucina gridava
che 'era in tavola', si partiva al galoppo. A
tavola papà Joseph prendeva in mano il
giornale e leggeva al ragazzi la pagina
politica. Poi, tra le pietanze robuste di
mamma Rose, le conversazioni non dove-
vano essere stupide e vuote, ma aggirarsi
sul discorso del presidente. lo sciopero
dei minatori, il colpo di stato in una nazio-
ne centro-americana....
Così i giovanissimi Kennedy comincia-
vano a rosicchiare i grossi problemi della
loro nazione, e diventavano a poco a poco
cittadini pronti a entrare nella vita politi-
ca».
Grazie per l'ospitalità.
Remo Deponll, Roma
Egrazie all'amico lettore perquesto suo
interessante intervento.
22

3.3 Page 23

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NEL CENTENARIO SALESIANO IN SICILIA * MADRE MADDALENA MORANO
Era sindaco parroco
vescovo e m1n1stro
L'attuale forte presenza delle FMA in Sicilia trova una spiegazione
anche in colei che fu nell'isola la prima superiora: madre Maddalena
Morano. Aveva nel " fagotto " il bastone del comando, ma volle essere
e fu soprattutto madre. E la Chiesa oggi la onora come Serva di Dio.
L e Figlie <li Maria Ausiliatrice
nella sola Sicilia hanno 1.129
suore. Impegnate negli asili, oratori,
catechismi, scuole d'oggi genere. A
questo numero già vistoso andrebbe-
ro aggiunte altre suore passate a la-
vorare sul continente, e soprallutto
quelle partite per le missioni. Una ci-
fra complessiva appena credibile, che
ha bisogno di qualche spiegazione.
Una prima fondamentale spiega-
zione è certo nella generosità delle
tante giovani siciliane che hanno ri-
sposto all'invito di Madre Mazzarello
a lavorare salesianamente tra la pro-
pria gente, e tra i più poveri. Ma un po'
di merito non andrà anche a chi seppe
agli inizi presentare così bene - nella
propria vita prima ancora che col'.l
parole - il progetto affascinante di
Don Bosco per la gioventù? Ecco: si
chiamava suor Maddalena Morano,
era chierese di nascita e siciliana di
adozione, e ora è serva di Dio.
Mamma, non piangere. Nel lontano
1855 Maddalena aveva 8 anni, quando
la falce della mo1-te già si era abbattu-
ta sulla sua famiglia rubandole il pa-
dre e lutti i fratelli e sorelle maggiori.
E la mamma piangeva. E lei, a otto
anni, la consolava: «Non piangere,
mamma, faui coraggio. Presto io sarò
grande e ù aiuterò come facevano
papà e Francesca». Davvero era di-
ventata presto grande, maturata alla
scuola della povertà e del dolore. E
interruppe l'altra scuola, quella ele-
mentare. per badare ai fratellini. Ma
poi riprese a studiare e a 14 anni il suo
parroco, a Butùgliera d'Asti, le af-
fidò l'asilo infantile. Allora nessuno
richiedeva titoli di sLUdio per questa
mansione, ma lei a 19 anni trovò modo
di strappare all'esame di stato la pa-
tente magistrale di grado inferiore, e
due anni dopo quella di grado supe-
riore. Intanto L'avevano invitata a
Montaldo Torinese come maestra co-
munale, e ci al'.ldò. Insegnò per 14 anni
ottenendo stima e rispeuo. Venne a
mancare il maestro dei ragazzi, e sin-
daco e parroco ritennero più sicuro
affidare i maschielli a lei. Fu falla
Lo sguardo torte e buono di madre Morano.
presidente delle Figlie di Maria. Ri-
corderà una compagna: «Sapeva im-
porsi a giovanotti e adulti, tanto che
bastava un suo cenno di capo perché
gli uomini che erano a chiaçchierare
sul piazzale della chiesa entrassero
svelti alla messa festiva».
E lesinando sul modesto stipendio
riuscì a realizzare un primo carissimo
sogno: comperò una minuscola casa e
la donò alla mamma per il suo avve-
nire. Poi, a 31 anni, decise di realizzare
il suo secondo sogno, donarsi al Si-
gnore nella viLa religiosa. Era educa-
trice nata, e la sua anima inconscia-
mente salesiana la portò nel J878 a
Mornese dove da sei anni appena era
sbocciato l'Jstillllo delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice.
Approdò a quel posto giusto per lei
quasi a caso: incontrò una FMA che la
mandò a Torino da Don Bosco, e Don
Bosco la presentò a don Giovanni Ca-
gliero (era il primo missionario sale-
siano, tornato in quei giorni dall'Ar-
gentina, e dirigeva ancora l'Istituto
delle FMA). Maddalena gli manifestò
qualche propensione per la clausura,
ma don Cagliero che ne aveva già
soppesato il carattere vivace e attivo
tagliò corto: «Suora di clausura? No!
Vi cadrebbe il Libro dell'Ufficio dalle
mani, perché non potreste stare fer-
ma».
La mamma quando seppe che par-
tiva scoppiò in un altro pianto. e il
parroco di Montaldo: «Oh, povero
me! Che mi dici? Vuoi farti suora? Sa-
rebbe meno danno per la parrocchia
se mi togliessero i.I viceparroco».
1n faccia il maestoso Etna. A Mor-
nese nel Monferrato la attendeva ma-
dre Maz7.arello, il noviziato. e un'au-
stera povertà a cui del resto era abi-
tuata. Le affidarono la scuola alle
aJunl'.le interne. La casa di Mornese
era ormai diventata piccola, e presto
tutte sciamarono a Nizza. Ogni tanto
faceva loro visita don Cagliero, venne
a predicare gli esercizi spiriLUali DoD
Bosco. Nel '79 Maddalena era Figlia di
Maria Ausiliatrice, e per altri due anni
continuò la scuola alle interne. Poi nel
1881 la prima vera «obbedienza», fat-
ta per metterla alla prova: lasciare il
nido di Nizza, la vicinanza della
mamma, cli Don Bosco (madre Maz-
zarello pochi mesi prima le aveva la-
sciate per il cielo), staccarsi anche dal
solido continente e volare lontano, di
là dal mare. in Sicilia.
Nel 1881 le FMA erano 167, e ave-
vano già case in Francia, Uruguay e
Argentina. L'anno prima avevano
aperto anche due opere in Sicilia, una
a Bronte e l'altra in Catania, che pre-
sto sarebbe stata chiusa. Ma il cardi-
nale di Catania offriva ora un'altra
opera a Trecastagni, nella sua diocesi,
e suor Maddalena fu m essa a capo del
quintetto di suore destinate a incari-
carsene. Da Roma a Messina compi-
rono la traversata in mare: «Salita sul
ponte me ne stetti quasi tutta la
notte a contemplare il magnifico
spettacolo delle onde inargentate dal-
la luna bianca».
E Trecastagni? «li paese - rac-
contò suor Maddalena in una lettera
- è montuoso, abitato da buona gen-
te, cristiani d'una volta, ma poco o
nulla istruiti. Le ragazze vivono ritira-
tissime, e dopo i 12 anni non è più
permesso uscire da sole senza avere
un grande scialle che le ricopra da ca-
po ai piedi. La nostra casa ha una
magnifica posizione: <la una pane la
vista del mare, dall'altra le sorge in
23

3.4 Page 24

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faccia il maestoso monte Etna. Di
tanto in tanto guizza fiamme dall'uno
o dall'altro dei lati, e pare ci dica: guai
a voi se non state all'ordine... Siamo
state accolte con entusiasmo (abbia-
mo già una lunga lista di cooperatori e
cooperau·ici) e siamo oggetto di gran-
de meraviglia. Non appena giunte ab-
biamo richiamato i mmatori, i fabbri,
gli imbianchini per adattare meglio iJ
collegio. Oltre alle interne abbiamo
aperto un laboratorio per le esterne,
ricche e povere. Accorrono con
un'ansia che innamora; gli adulti
· stessi, che ci credono esseri sopran-
naturali, ci ascoltano con fame spiri-
LUale». E conclude: «Penso di essere
qui per il Signore; nonostante il peso
che gravita sulle mie povere spalle io
godo di una pace che mai avrei so-
gnato».
Tutto questo era vero, ma non era
tutta la verità: le suore subentravano
ad a ltre educatrici, incontrarono dif-
Eidenze e gelosie, e anche ostilità. Ma
presto le prevenzioni caddero, e l'o-
pera passò da una vita anemica a una
splendida fioritura. Suor Maddalena
incarnava lo spirito di Mornese: au-
stera con sè, era tutta cuore per le sue
s uore, le alunne e le ragazze della zo-
na.
«Con l'oraLOrio si può fare un bene
radicale a un paese» aveva detto Don
Bosco, e suor Maddalena lo mise su.
All'oratorio le ragazze ci guazzavano,
ma i ragazzi morivano di invidia. E
suor Maddalena decise di accogliere
anche loro: ogni domenica fino alle
dieci le bambine, poi i maschietti. E
anche al pomeriggio, orario diviso.
Suoi· Maddalena si rivela subito su-
periora ideale. Ha nello zaino, anzi nel
fagotto (che era tutto l'equipaggia-
mento delle suore di allora), il bastone
di ma1·csciallo. E per lei sono anni
fantastici: fa da cuoca, infermiera,
sacrestana, portinaia, maestra, assi-
stente. E' instancabile. Si è fatta sici-
liana fin dal prin10 istante, e trova
nella gioventù di Sicilia la risposta più
schietta.
I ragaz:dni tirano sassi. Nel 1883
suor Maddalena tratla coa il cardinale
di Catania e l'arcivescovo di Messina,
e apre due nuove case: a Nunziata e
Cesarò. fntanlo a Tracaslagni alcune
ragazze si sono presentate alle suore
dicendo che voglio diventare come
loro. Madre Maddalena scrive, e da
Nizza rispondono: «Accettale, queste
buone figliole, e preparale tu stessa».
Così diventa anche maestra delle no-
vizie. Si sa il nome delle prime due, le
prime FMA cli Sicilia: suor Adele
Marchese, e suor Ignazia Camuto.
Poi l'obbedienza nel 1885 la chiama
a Torino, direltrice della prima casa
aperta dalle FMA in quella città; ma
dalla Sicilia giungono le più vive pro-
24
teste, e l'anno dopo le superiore la re-
stituiscono. E' di nuovo direllrice di
Trecastagni, ma anche superiora di
tutte le suore dell'isola. E' ispettrice, e
d'ora innanzi le compete il titolo di
madre. Un titolo che le sue suore tro-
vano quanto mai appropriato.
Madre Maddalena nell'88 apre una
nuova opera a Catania; l'anno dopo
organizza esercizi spirituali regolari
per le suore e anche per le giovani, e
ne raccoglie subito i frutti: le vocazio-
ni aumentano al punto che bisogna
provvedere a un grande noviziato. In-
tanto nel 1890 la sua salute deperisce.
e il medico le parla seriamente di in-
tervento chirurgico. Non ne vorrà mai
sapere. Invece va ad aprire la casa di
Alì Marina, e vi trasferisce il centro
dell'Ispeltoria. Internato, laboratorio
di cucito, oratorio (anzi due oratori,
uno per i ragazzi) e noviziato. L'unica
ricchezza materiale è l'orto. li paese
prende a celebrare la festa di Maria
Ausiliatrice con tanta partecipazione
che dopo qualche anno occorre farne
due: una festa interna, e l'altra per la
gente.
assistite per iJ catechismo raggiungo-
no il migliaio. Anche qui i ragazzi sono
gelosi, e vengono a tirare sassi: recla-
mano l'oratorio e bisogna accomen-
tarli.
Nel 1896 apre una nuova opera a
Messina, e un'altra a Catania, dove
trasferisce il centro dell'lspettoria.
Questo centro per i primi due anni è
una squallida stanza umida, con pa-
vimento in pietra: serve da ufficio e
anche per dormire. Nel 1899 va a
meller su casa a Barcellona: asilo, la-
boratorio, orato1-io.
Nell'estate 1900 il suo vecchio male
la visita: febbri altissime, in ottobre
sembra agli estremi; poi si riprende.
L'anno dopo trova in Catania una si-
stemazione migliore per le scuole ma-
gistrali e il centro ispeuoriale. Nel
1902 apre a Piazza Armerina (le iscri-
zioni arrivano presto a 1500); poi a
Biancavilla; nel I903 è la volta di Al-
tofonte e dJ Balestrate in provincia cli
Pa lermo. Poi depone l'abito di religio-
sa e si acconcia «come una vecchia
madama» per poter andare in Tuni-
sia; anche in quella colonia francese,
In un quadro del Crlda, Don Bosco a Mornese con le prime Flglle di Maria Auslllalrlce.
Nel 1894 va ad aprire casa a Marsala
e si ferma con la nuova comunità di
suore Iinchè l'opera non è bene av•
viala. E' un oratorio, e le suore le fan-
no notare che no n si è ancora scelto il
nome da dare all'opera. Madre Mad-
dalena dice: «Le daremo il nome della
prima bambina che entrerà», e va ad
aprire il portone. Poco dopo fa capo-
lino una ragazzina dall'aria curiosa e
lei le chiede: "Qual è il tuo nome?"
"Maria". "Suore! - grida madre
Maddalena -, si chiamerà oratorio
Maria Ausiliatrice».
Poco dopo apre la casa di Vizzini,
con oratorio, dove presto le ragazze
come in Francia, è proibito in quegli
anni l'abito religioso, ma anche si
sono aperte case delle FMA e sono
state aggragate alla sua ispettoria...
Un giorno raranno il calcolo delle
opere che madre Maddalena ha aper-
to io Sicilia: 19. Tanto lavoro, tante
opere realizzate, eppure ciò che io lei
impressionava non era la quantità.
Era il modo.
« Voi sie te un pezzo di legno». La
ragazza che con un cenno dJ capo
persuadeva gli uomini a entrare sol-
leciti in ch iesa per la messa, era dav-
vero fatta per il comando. Don Rua, il
successore di Don Bosco, si fermò

3.5 Page 25

▲back to top
pochi giorni ad Alì Marina quando
madre Maddalena vi era direttrice, ed
esclamò: «Ma voi siete il sindaco e il
parroco del paese! » li giudizio era per
difetto: una delle autorità localj an-
dava in giro dicendo: «E' una donna
straordinara, pou·ebbc fare il ministro
di stato». E una delle suore: «Madre
Maddalena avrebbe potuto essere ve-
scovo».
«Dotata di intuito meraviglioso -
dice un'altra testimonianza -, sapeva
subito classificare le persone, i carat-
teri, le capacità di rendimento; e as-
segnava a ciascuna suora lavori e
mansioni perfeuamente corrispon-
denti alle attitudini. Chiedeva poi con
tale dolcezza e tale energia, ma senza
autorità, che ciascuna si sentiva felice
di essere valutata, e capace degli sfor-
zi richiesti». Visitando le case control-
lava tutto. Sentiva tutte le suore, ma
era cauta nel giudicare. «Guardatevi
dalle zelanti della perfezione altrui»,
diceva sovente alle direttrici.
Sapeva parlare, le sue conferenze
erano allcsbsimc. «Erano conferenze
piane, adatte alla mentalità di tutte. E
pratiche, perché impr·ontate alla so-
stanza della vita religiosa e dettagliate
nelle applicazioni. Lasciavano tanto
fuoco nell'anima, che tullo in quei
giorru diventava facile a farsi, facile a
superarsi, facile ad accettarsi».
Diceva alle novizie molto esplicita-
mente: «Voi siete come un pezzo di
legno informe, rustico, appena preso
nel bosco del gran mondo, ma desti-
nalo a essere trasformato in una bella
statua di Maria Ausiliatrice. Come si
può operare questa trasformazione
senza ricorrere allo scalpello tagliente
e ai colpi di martello? Se il legno po-
tesse parlare e dicesse male della ma-
no dell'artista che lo lavora, che ve ne
pare? Sarebbe lamento ingiusto. Voi
dunque lasciatevi lavorare senza la-
menti, pensale a ciò che dovete di-
venta,·e».
Diceva ancora: «Il noviziato è come
il servizio militare in tempo di pace: vi
si fanno gli esercizi preparatori per la
guerra, qualche grossa manovra e
qualche finta battaglia. Ma nessuno
<lei soldati cade ferito o morto. Voi ora
siete nelle condizioni dei soldati in
tempo di pace, ma dopo La professio-
ne sarete in campo di vera battaglia».
Un giorno a tavola vengono servite
delle Fave fresche. Madre Maddalena
apre un baccello, vi trova tre fave
grosse e una piccolissima. Le mosm1
alle novizie e commenta: «Guardate
cosa capita! n Signore ha dato a que-
ste quattro fave la stessa pianta, la
stessa linfa, eppure tre si sono svilup-
pate e una è rimasta rachitica. Può
succedere anche in congregazione: la
stessa regola, gli stessi mezzi, la stessa
vocazione, la stessa grazia del Signo-
. 0 1tanto In lanto l'Etna guizza fiamme dal-
l'uno o dall'altro lato, e pare dica: g uai a voi
se non state all'ordine.....
LE TAPPE DELLA SUA VITA
Madre Maddalena Caterina Morano,
Flglla di Maria Ausll., Serva di Dio.
1847. 1115 novembre nasce a Chieri
(Torino) da Francesco e Caterina
Pangella, sesta di otto fratelli e sorelle.
Poi la fam iglia si trasferisce a Botti-
gliera d'Asti.
1856. Le muore il padre e interrompe
le scuole per aiutare in famiglia.
1862. A 14 anni Il parroco le affida
l'asilo infantile.
1866. Consegue la patente magi-
strale di grado inferiore, e si trasferisce
a Montaldo Torinese come maestra
comunale; due annidopo consegue la
patene di grado superiore.
1878. Entra a Mornese (Alessandria)
nel noviziato delle FMA.
1881 . E' inviata In Sicilia, direttrice
della te~a casa aperta nell'isola dalle
FMA.
1886. Dopo la parentesi di un anno
trascorso a Torino, ritorna in Sicilia
come superiora delle FMA dell'isola.
carica che terrà fino alla morte.
1908. Il 26 marzo muore di peritoni-
te, provocata da infermità a lungo tra-
scurate. Aveva 61 anni.
1935. E' aperto a Catania Il processo
informativo sulle sue virtù.
1958. La sua causa di beatificazione
viene portata a Roma.
1967. Decreto di Introduzione della
sua causa
Oggi. Si attende che siano ricono-
sciute le «virtù eroiche» di madre Mo-
rano, e con esse Il titolo di Venerabile.
re: mentre le une crescono in virtù, le
altre rimangono sparute...».
« Andate, istruite•. Era auentissima
all'educazione delle ragazze: «Visi-
tando le case passava in ogni classe e
interrogava le alunne. Se si accorgeva
di qualche deficenza di metodo, lene-
va lei ttna lezione aUa scolaresca, in-
cantando insegnante e allieve con la
sua straordinaria abilità».
Che cosa non fece perché le ragazze
fossero istruite nel catechismo? Volle
che fosse spiegaw ogni giorno per
mezz'ora, «dicendo che appunto per
questo ci saremmo distinte come se-
guaci di Don Bosco». A Catania man-
dava le sue suore a far catechismo
fuori nelle scuole e nelle parrocchie:
«Ci preparava ogni anno con una bel-
lissima conferenza, e alla fine ci ripe-
teva le parole di nostro Signore quan-
do mandò gli apostoli a predicare:
andate e istruite lutti nella santa reli-
gione, portale le arume al Signore».
Il cardinale di Catania la prepose
alla direzione delle scuole catechisti-
che diocesane, la invitava a parlare
nelle adunanze del suo clero. E lei or-
ganizzava i corsi, i concorsi, le gare, le
premiazioni. Di domenica ispezionava
quelle scuole, e per 13 anni girò a piedi
dall'una all'altra occupandosi in par-
ticolare dei bambini più rozzi e degli
analfabeti. Come se non bastasse, un
anno che i muratori lavoravano in ca-
sa andò a fare catechismo anche a lo-
ro, li preparò per Pasqua a fare una
bella comunione, e offri a tutti il
pranzo in collegio.
Ricordano quanto era delicata con
kalun~~~re~~w~ne~k~
e molte, nei suoi internanti dove i po-
sti erano a pagamento; una volta si
lamentò per leuera con una direttdce:
«Come? Appena 18 alunne gratis? A
costo di metterle a dormire sul nostro
letw. E' di U che deve venire la bene-
dizione del Signore sulla nostra casa».
E un giorno che le alunne più provvi-
ste della sua casa spendevano i loro
soldi alla loueria, lei chiamò a una a
una le squattrinate e distribuì gli
spiccioli perché comprassero an-
ch'esse i biglietti.
A una suora troppo severa nel suo
ruolo di maestra disse: •Ricordati di
essere mamma, più che maestra».
Raccontano della bambina che un
giorno di festa si versò sul grembiule
nuovo tutto il caffellatte. e la sua assi-
stente la minacciò di escluderla dalla
festa: madre Maddalena accolse la
bambina in lacrime, si foce dare il
grembiule, lo lavò, asciugò e slirò, e lo
restitul per la felicità della piccola.
«Vedi quanto poco ci vuole per far
felice una bambina!», esclamò alla fi-
ne soddisfatta.
Madre Maddalena "sape va". Sape-
va rimproverare con garbo, come
25

3.6 Page 26

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quando disse a una suora che indos-
sava l'abito pieno di macchie: «Dcvi
aver fatto qualcosa di grande, tu, per
essere stata decorata così». Sapeva
perdonare: al primo segno di ricono•
scimcnto d'un errore. si affrclta\\·a a
concludere: «Ho capito, non pensia-
moci più•. Una \\'Olta disse a una gio-
vane suora: « La congregazione ti per-
dona perché sci ancora bambina, e
anche Gesù ti perdona perché spera di
vederli migliore».
Sapeva confortare le malate: en•
trancio in una casa, la sua prima visita
era al Signore e la seconda all'infer-
meria. Un giorno in tempo di ricrea-
zione conversava in cortile con alcune
giovani suore, quando di1-sc: «Noi ce
ne stiamo qui sane e allegre, mentre la
povera suor X è a letto e forse senle la
malinconia della solitudine. Su, fac-
ciamole un'improvvisata che le pro-
curi un po' di buonumore». Corse a
prendere una latta di petrolio, diede
due coperchi di pentola a una ~uora,
un tamburo a un'altra, un mandolino
a una terLa, poi tulle su. al passo ca•
denzato n<:lla camera dell'ammalata.
l'obbedienza ti chiede. E anch'io lo
pregherò».
Maddalena cercava Gesù. Madre
Maddalena sapeva anche essere al-
legra. In tempi in cui la luce elettrica
era considerata un prodigio diceva:
• Un sorriso costa meno dell'ele11ri-
cità, e dona altrellanta luce». Dice, a
alle direttrici: «Non mostrate mai la
faccia seria!" Diceva ancora: « La vera
allegria è fonte di bene. L'allegria è il
mezzo più indispensabile per la for-
mazione del caranere delle alunne.
Chi non è disposta a stare sempre al-
legra, rinunci all'educazione della
gioventù•. E quando poteva prendeva
parte alle ricrca1ioni, le animava gio-
cando.
La sua gioia nasceva dalla 5Ua fa.
miliarità c<>n Dio. Nella preghiera era
assorta, le allieve - tremende osscr-
vatrici - un giorno a vederla raccolta
corumenu1rono: Madre Maddalena
, ede il paradi.,o, parla con gli angeli.
Chissà quante belle cose dice in que•
sto momento al Signore•. In occasio-
ne del suo onomastico le suore ogni
anno facevano festa, e si può dire ogni
Un angolo suggestivo del " Colleglo Maria Ausiliatrice" di Catania, ancora oggi casa ispellorlale.
Sape,,a confortare. A una suora fa-
cile alle lacnme disse: «Figlia mia, so-
lo quel offende il Signore deve farti
piangere•. E quando doveue propor-
re a un'altra suora un'obbedion1.a dif-
ficile e anche questa scoppiò a pian-
gere, lei la guardò ua istante poi uscì
in uno di quei gesti imprevedibili che
tanto spesso capovolgono le silualÌO·
ni. Afferrò i bordi del suo grembiule,
lo alzò lino al viso della suorina, glielo
mise come un so11ogola lungo il men-
to, e le dis!>e: «Su. versa qui tutte le tue
lacrime fino a non averne più. Poi an-
drai a pregare Gesù perché ti dia la
l'orza di fare volentieri il sacrificio che
26
anno lei, nel ringra.ciare. prendeva lo
spunto dal suo nome per ricordare a
IULLe: « La Maddalena del ,•angelo
cercava sempre e solo Gesù•. Era il
suo programma. Diceva: «Un'anima
senza comunione, è come una giorna-
t.a senza sole». Diceva: «Suore, vi rac-
comando il buon Gesù: andate a 1ro-
varlo più che potete. Ricordatevi che è
in casa vostra per voi•.
27 anni di gioia. Nel 1907 madre
Maddalena apri una nuova casa a Ca-
tania, poi un'altra a Palagonìa. Du-
rante l'estate partecipò al Capitolo
Generale dell'lstiluto, e le sue suore
temevano che venisse eleua a cariche
più importanti e lasciasse la Sicilia.
Infatti stava per accadere, rna madre
Maddalena dipinse la sua salute a tin•
te così fosche che la candidatura cad-
de. Tornata in Sicilia dovclle però de•
ludere le attese delle sue suore: le su-
periore pensavano di destinarla a
un'altra ispeuoria. Ma il Signore ave-
va altri disegni ancora: nel marzo 1908
madre Maddak:na fu ripresa dal suo
male in forma assai più grave che in
passato, al punto da non poterli na-
scondere.
Il medico le ordinò assolutamente il
lcllo. Lei passò in ufficio e scrisse
l'ultima lettera a madre Daghero, la
,;urcriora a Torino: «Sono alla fine dei
miei 27 anni di gioia :.alesiana in Sici-
lia». E accennò a un vago desiderio di
riposo: «Galline, conocchia, fuso, non
verrete dunque mai?» Pochi giorni
dopo raccolse le lo11.e rimaste, si alzò
e andò alla prefettura di Catania per
ottenere una ridu,ione di imposte;
disse: «In casa no~tra non c'è ric-
che7.7,a mobile ma <,olo povertà ~rabi-
lc•, cd era vero. E ottenne una ragiu♦
nevole riduzione.
Tornò a casa !>finita; durante la
notte chiamarono d'urgenza il medi-
co, che si lanu:ntò: «Voi mi chiamate
per una morta•. Al mattino le suore
erano attorno a lei quando suonò una
delle tante campane dell'orario. «An-
date dove il dovere vi chiama. Trova-
tevi voi per prime, dal momento che
non posso andare io•. Saputo dal me-
dico la gravità del suo male, disse aUe
suore: • Tenetelo caro il dottor Zangrl
perché è stato sincero. m1 ha detto la
verità». Accolse con gioia il confesso-
re: «Non mi importa di vivere, mi im-
porta solo di [aie una buona morte•.
Dopo la comunione - la sua ultima
comunione- fece chiudere le tendine
attorno al letto, per rimanere sola con
quel Gesù che Maddalena aveva tanto
cercato.
Perduto lo stampo? Per le sue suore
e la famiglia salesiana in Sicilia madre
Maddalena era stata davvero sindaco,
parroco, vescovo, mìnistro di stato.
Più ancora, era stata madre: d'una
maternità spirituale che - come è
:.lato detto - traeva luce, ispirazione
e grazia dal cuore materno di Maria
Ausiliatrice•.
Aveva chiuso gli occhi il 26 mano
J908. Madre Daghero a Torino, subito
avvertita, lamentò mestamente: «Con
la morte di madre Maddalena abbia-
mo perduto lo stampo». Ma è proprio
vero? I suoi esempi. i suoi insegna-
menti, il suo stile di dona;,ione - im-
parati alla scuola direua di santa Ma-
ria Mazzarello e san Giovanni Bosco
- si sono prolungati nel tempo e sono
ora eredità delle 1129 suore salesiane
di Sicilia.
Ferruccio Voglino

3.7 Page 27

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Brevi da tutto il mondo
* AUSTRALIA PER ATTINGERE
AUE SORGENTI DELLE ORIGINI
A Scoresby (Victoria), dove sorge il no-
viziato delle FMA d 'Australia, è stato co-
struito un pozzo identico a quello caratte-
ristico di Mornese, la culla della Congre-
gazione. Quel pozzo, a cui tante volte
santa Maria Mazzarello attinse l'acqua, è
* ITALIA ANCHE NEL BELICE
I BRAVI RAGAZZI
I bravi ragazzi sono dappertutto, anche
nell'Alto Belice visitato dal terremoto, ba-
sta saperli cercare. E poiché di solito si
preferiscono le noti.zie truculente o pruri-
ginose, don Natale Zuccaro con la sua
benemerita "Coppa della bontà" fa in
modo che almeno una volta all'anno ven-
gano all'onore della cronaca anche i ra-
gazzi bravi del Belice.
Quest'anno la sua Coppa è stata asse-
gnata a una bambina delle baracche di
Contrada Serpi, la tredicenne Anna Di
Salvo. Anna un giorno incontrò per strada
"la Rosetta", una povera vecchia piena
d'acciacchi, mezza cieca e appena capa-
ce di trascinarsi. La accompagnò a casa, e
si rese conto che viveva sola come un ca-
ne. Tornò per rimettere ordine nella stan-
zetta e farle compagnia. Ottenne dalla
mamma di portarle a pranzo e cena un po'
di roba calda. Andò a trovarla anche di
buon mattino, per comperare il latte e farlo
bollire prima di correre a scuola. Un gior-
no la Rosetta stava male e Anna corse fino
al paese, quattro chilometri a piedi, a
chiamare il medico. Se un giorno una lon-
tana parente non si fosse ricordata della
Rosetta e non fosse venuta a prendersela,
Anna continuerebbe anche adesso a oc-
per le FMA un caro ricordo storico, come
per I salesiani la casetta di Don Bosco sul
colle dei Becchi. E come i Salesiani hanno
ricostruito qua e là per li mondo la casetta
dei Becchi, così anche le FMA ricostrui-
scono il pozzo di Mornese. « Per attingere
ogni giorno alle pure sorgenti delle origi-
ni•, dicono le novizie australiane fotogra-
fate attorno al pozzo.
cuparsl di lei.
Meritavano un premio tanti altri ragazzi,
giustamente segnalati da Don Zuccaro.
Per esempio Giusto, 14 anni, a cui una
bambina di dieci anni chiese l'elemosina.
Era senza papà, e con la mamma all'o-
spedale. Giusto la portò in pizzeria e le
tolse la fame, poi la salutò. Poi tornò in-
dietro, le disse di venire a casa sua, e a
casa la trattò come una sorellina. Sette
giorni dopo la mamma uscì dall'ospedale
ma aveva bisogno di cure, e in casa di
Giusto ci fu posto anche per lei. Quando
mamma e bambina tornarono a casa loro,
Giusto svuotò Il salvadanaio e gli regalò Il
contenuto.
Anche Santina svuotò il suo salvada-
naio. Una vicina di casa aveva li bambino
malato, voleva dargli qualcosa di buono
da mangiare, e bussò perqualche soldo In
prestito. Santina era sola in casa, e le
consegnò i suol tesori: 5.000 lire. Quella
mamma qualche giorno dopo volle resti-
tuire la sommetta, ma Santina disse di no:
«Comperi qualche altra cosa buona per il
suo bambino».
E poi cl sarebbero le storie di Ottavio, di
Calogero, di Cinzia; ma a che scopo rac-
contarle, finché la gente crede che le no-
tizie importanti sono i cannor'li ohe tuona-
no nell'Afganistan?
* INDIA CHIUSE LE SCUOLE
NELLA DIOCESI DI DIBRUGARH
Da qualche tempo le scuole cattoliche
della diocesi di Dibrugarh in Assam (India
Nord-Est) sono chiuse, e anzialcune sono
state anche danneggiate. Questo è il ri-
sultato di una forte tensione che regna in
Assam fra i vari gruppi etnici e religiosi. Ne
ha riferito in una lettera il vescovo sale-
siano di Dibrugarh mons. RobertKerketta,
in questi termini drammatici.
• Le scuole cattoliche sono state attac-
cate ovunque, specie nella nostra diocesi.
In particolare è stata attaccata la Scuola
superiore Don Bosco, distrutte le sue at-
trezzature, danneggiato l'edificio. Il presi-
de, salesiano. è stato assediato da facino-
rosi nel suo ufficio, e minacciato. La stes-
sa sorte, sia pure con minore virulenza, ha
sublto la Scuola delle FMA di Dlbrugarh.
Grazie a Dio nulla è accaduto a danno
delle persone fisiche (altrove ci sono stati
dei morti).
Ora tutte le scuole cattoliche sono
chiuse, e non sappiamo quando potremo
riaprirle. La situazione è molto tesa. Chie-
diamo preghiere per noi e la nostra mis-
sione».
L'informazione giunta dal vescovo di
Dibrugarh - precisa /'Agenzia Notizie
Salesiane - suppone note le cause della
situazione che si è andata producendo
nello stato indiano dell'Assam. Il radicato
senso tribale, la forte immigrazione ben-
galese, la spiccata autonomia e divisione
culturale, la radicalizzazione delle divisio-
ni nelle istituzioni pubbliche comprese
quelle scolastiche, le diverse Ideologie,
sono giunte a provocare situazioni del
genere. I missionari, annunciatori di fra-
ternità e libertà evangelica, le scontano
pagando il più delle volle di pèrsona. Dio
aiuti l'India a superare, con la sua antica
saggezza e grande cultura, le ricorrenti
crisi della sua attuale povertà.
* INDIA MULINO OLANDESE
A.L "CENTRO DELLE BEATITUDINI"
Alcuni giovani olandesi hanf!o Impian-
tato vicino Vyasarpady (Madras) un mu/1-
no a vento che aspira l'acqua di un tor-
rente e permette di irrorare I campi. Ne da
notizia padre Francis Schlooz, direttore
del "Centro delle Beatitudini" , ringra-
ziando pubblicamente quei suoi intra-
prendenti amici.
Tra i volontari che sono venuti a dare
una mano al nostro Centro negli anni
scorsi, c'era un giovane ingegnere olan-
dese, Jaap Schiere, 31 anni, che voleva
incrementare lo sviluppo dei nostri campi
presso Il villaggio di Mathur. L'acqua dei
pozzi nella zona è piuttosto salina, ma
ogni anno una quantità di acqua dolce
piovana ci viene fornita da un piccolo tor-
27

3.8 Page 28

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Lo sperlcolato Gerard de Jough, fiero del
suo mulino e vento costruito In India.
rente, che però scorre a un livello mollo
più basso dei campi.
Alcuni anni prima un altro giovane en-
tusiasta aveva messo su un piccolo muli-
no. che però non si era dimostrato molto
pratico. Per lo meno esso suggerì a Jaap
l'idea di cercare qualcosa di meglio. Tor-
nato in Olanda, ne parlò con alcuni suol
amici impegnati nell'aiuto al terzo mondo,
ed esperti in mulini a vento. Essi comin-
ciarono col raccogliere informazioni a de-
stra e a sinistra, ottennero dal dipartimen-
to meteorologico I dati riguardanti il vento
* SPAGNA QUANDO MADRE JUANA
FU PRESA A PUGNI E CALCI
Le FMA dì Madrid hanno rimpianto la
recente perdita di madre Juana Vicente.
una coraggiosa suora che con le sue
consorelle, al tempo della guerra civile,
conobbe la persecuzione della teppaglia.
Madre Juana era direttrice della casa di
Vìllaami/ (Madrid) quando. il 4.5. 1936, le
truppe repubblicane occuparono il col-
legio e ne scacciarono le 14 suore. Quel-
l'opera allora comprendeva il giardino
d'infanzia, una scuoia diurna e serale
(gratis per chi non poteva pagare), dei
corsi di avviamento al lavoro, i catechismi
e l'oratorio. Risulta un po' difficile capire
oggi per quale di questi "delitti" le suore
vennero punite. Comunque, appena but-
tate fuori dì casa loro, dovettero fare i
conti con la marmaglia che era scesa in
strada e si assiepava tutto intorno alla ca-
sa delle FMA. Riferisce la cronaca.
L'assalto alla casa ebbe Inizio nelle ore
pomeridiane. Intuito il pericolo imminente,
madre Juana aveva più volte telefonato
alla polizia chiedendo l'intervento delle
forze dell'ordine: le risposte erano state
evasive. Quando i primi scalmanati balza-
rono in cortile e forzata una finestra en-
trarono in casa, madre Juana affrontò
quello che sembrava il capo e chiese
spiegazione di quanto avveniva: rispose
che occupava l'edificio in nome della Re-
pubblica. La coraggiosa direttrice trovò le
28
nella zona di Madras, e giunsero fino a
costruire a Delft in Olanda un mulino a
vento sperimentale, di sette metri e mezzo
di diametro e dieci di altezza. Tutto a loro
spese. Lo chiamarono" progetto Mathur",
dal nome del nostro villaggio dove pensa-
vano d'Impiantarlo.
L'esperimento funzionava. Allora Jaap
partì dall'Olanda e il 1O dicembre scorso
era qui a Vyasarpady. Il giorno dopo co-
minciava a tare gli acquisti necessari, e il
18 dicembre a realizzare il progetto. Esat-
tamente si trattava di un mulino a vento a
bassa velocità per pompare l'acqua. Il la-
boratorio della casa salesiana servl otti-
mamente per le parti da costruire sul po-
sto.
Il 26 dicembre arrivava dall'Olanda un
suo amico, Gerard De Jough, 32 anni, ve-
nuto apposta a dargli una mano. Jaap do-
veva Infatti tornare In Olanda, ma Gerard
rimase fino alla fine dei lavori. Il progetto
era semplice, e facile da realizzare perfino
da chi non fosse molto esperto In questo
campo. Fatto sta che Il 22 gennaio, dopo
appena cinque settimane, Il mulino a ven-
to già funzionava. E sebbene quel giorno
ci fosse appena una bava di vento, di-
mostrò di funzionare bene. Il progetto ha
un grande vantaggio, il costo relativa-
mente basso dell'impianto: occorrono ap-
pena 4 o 5 mila rupie (4 o 500 mila lire),
cifra alla portata anche dei contadini della
zona.
I giovani olandesi che hanno realizzato
questo primo mulino, pensano ora di stu-
diare più a fondo il loro modello per ac-
crescere le sue possibilità concrete di ap-
plicazione qui da noi.
Padre Francis Schlooz
parole adatte per difendere la situazione,
e durante il dialogo stupì la cortesia, la
serenità e la dolcezza di lei, di fronte a
quegli invasori scor,postl e urlanti. Ma I
suoi argomenti non furono ascoltati. La
comunità venne spinta sulla strada, e si
rese subito conto di essere in balia della
marmaglia.
Qui ebbe Inizio ìl loro calvario. Le suore
vennero sommerse in quella marea di
gente, furono colpite con pietre, schiaffi,
pugni e calci, e attraverso questo cammi-
no doloroso dovettero avanzare da una via
all'altra.
La rabbia maggiore si sfogò su madre
Juana, molto nota per la lunga attività da
lei svolta fin dalla fondazione della casa
(1920). Fu la prima a versare ·sangue, per
una ferita causata dal lancio di una pietra.
Più di una volta la buttarono a terra con
violenza, tempestandola di calci. Un gio-
vinastro le tolse le scarpe e la costrinse a
camminare scalza; altri le tiravano i ca-
pelli, un uomo l'afferrò per la nuca e con
un sandalo di gomma la percosse in faccia
ripetutamente. Grondava sangue dalla
fronte, dalle narici e dalla bocca. Una
suora tentò di allontanare l'uomo, ma
questi le si rivolse contro e cominciò a
colpire anche lei.
La Madonna era certo accanto a cia-
scuna delle sue figlie, perché è straordi-
nario che in una situazione così grave,
protrattasi per più di un'ora, siano rimaste
tutte in vita.
Quando infine apparve un picchetto di
polizia, la folla mostrò un attimo di diso-
rientamento. Approfittando del momento
una suora spinse madre Juana al centro
del picchetto, fra i cavalli su cui montava-
no gli agenti, In modo che rimanesse dife-
sa dalla pressione e dagli insulti della tep-
paglia. Le altre suore. disperse tra la folla,
si orientarono anch'esse verso il gruppo, e
così scortate, giunsero come Dio volle al
commissariato di Polizia.
Fin qui la cronaca di quella giornata as-
surda. Madre Juana fu poi a lungo diret-
trice e Ispettrice; era benvoluta da tutti per
le sue grandi qualità di mente e di cuore.
* STATI UNITI ECCO LA NOSTRA
PARROCCHIA DI HARLEM
Il BS ha già dato la notizia (febbraio
1980, pag. 29-30): i salesiani nel novembre
scorso hanno preso in consegna la par-
rocchia San Tommaso nel quartiere df
Harlem, a New York. In una breve relazio-
ne don Anthony D'Angelo, il nuovo parro-
co, rende conto del difficile compito che la
Congregazione si è assunta in mezzo alla
popolazione.
Qui non c'è nessun bianco - dice il
parroco - . nè portoricano o di altro
gruppo etnico, ma solo neri: provenlentl
dagli Stati Uniti o dalle Antille. Ciò ml ri-
corda Don Bosco agli inizi del suo apo-
stolato nella periferia di Torino; con la dif-
ferenza che la nostra parrocchia è situata
proprio al centro del traffico della droga,
dove letteralmente migliaia (se non più) di
dollari sono barattati in cambio della dro-
ga (Il diavolo qui è davvero al lavoro 25 ore
al giorno). La zona è come dopo un vio-
lento bombardamento, con tutti gli edifici
distrutti e qualcuno ancora intento a bru-
ciare.
Tutto ciò è triste e deprimente? Le cose
cl appaiono così se le guardiamo con oc-
chio umano, ma con l'occhio della fede
vediamo Cristo in mezzo a noi. Il Cristo
sofferente, il Cristo affamato, il Cristo vit-
tima della droga, il Cristo che viene mal-
trattato e è odiato perché si è nascosto
sotto la pelle nera. Noi serviamo questo
Cristo perché proprio questo servizio egli
vuole dai figli di Don Bosco.
Un'altra parte del Corpo mistico di Cri-
sto che viene sfruttata e discriminata sono
I vecchi: essi sono picchiati e derubati
ogni giorno del poco che hanno. Noi sia-
mo riusciti a lavorare in mezzo a loro, e a
prestar loro un po' di sollievo e protezione.
Ogni mattina abbiamo una messa apposi-
ta per loro.
C'è poi un gruppo specialissimo, ancor
più vicino al cuore di Gesù, e sono gli an-
ziani colpiti dalla cecità. Ogni venerdì fac-
ciamo una liturgia della parola per loro, e
ogni primo venerdl una messa speciale;
c'è sempre chi si preoccupa di prendere
questi ciechi e accompagnarli in chiesa
per la messa. Essi sono per noi una vera
benedizione di Dio.
Quando slamo venuti qui nel novembre
scorso, lo ho messo tutto il nostro lavoro
salesiano ad Harlem sotto la protezione di
Maria Ausiliatrice. Lei non ci abbando-
nerà, e neppure la divina Prowidenza.
Fr. Anthony D 'Angelo. parroco.

3.9 Page 29

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* ITAUA QUELL'AMICIZIA
BREVE MA SINCERA, IVANO
I suoi compagni si sono accorti solo
dopo, « quanto valeva/ e quanto ti da-
va/ quell'amicizia breve/ ma sincera"· E
l'hanno cantato un anno fa durante la
messa per il loro compagno morto, Ivano
De Rigo. Uno di loro aveva composto pa-
role e musica, una ragazza cantava. Quei
versi li cantò perché erano i primi, poi la
commozione la prese e non riusci a anda-
re avanti.
Ivano era un ragazzo di Schio (Vicenza),
sportivo e canterino, amico di tutti. Non
aveva ancora 17 anni. Il 24 aprile scorso in
sella al ciclomotore stava andando all'o-
ratorio, quell'oratorio che frequentava
dalle elementari. Lo scontro frontale con
una 850 lo lasciò a terra con choc trau-
matico e coma profondo. La corsa da un
ospedale all'altro non servì a nulla: cinque
giorni dopo, Ivano si spegneva senza aver
ripreso conoscenza. La sua buona mam-
ma offrì i reni e le cornee del figlio per
aiutare altri a vivere e a vedere, ma nel suo
dolore non le fu concesso neppure questo
conforto, perché gli organi erano rimasti
lesionati dalla violenza dell'urto.
A condividere la sofferenza della fami-
glia sono stati i salesiani di Schio, in primo
luogo il direttore don Giulio Dorigoni, che
cosi descrive Ivano: ,Era entusiasta, al-
legro, pulito, semplice, generoso. Mai una
parola sgarbata o grossa. Non aveva ne-
mici, tutti gli volevano bene». All'inizio
dell'anno gli aveva domandato se si sen-
tisse di fare catechesi a un gruppo di ra-
gazzi del quinto anno: lui aveva accettato
con entusiasmo, e aveva continuato con
costanza nell'impegno. «Non più di un
mese prima - ricorda ancora don Dori-
goni - gli avevo domandato se voleva
farsi salesiano. "Perché no?", aveva ri-
sposto. Con la sciita confidenza ne aveva
parlato alla mamma, e aveva ricevuto un
prudente incoraggiamento».
Lo hanno rimpianto anche i giocatori,
SPAGNA * A TRE DEL " DON BO-
SCO"
IL FESTIVAL DELLA CANZONE
Tre ragazzi del collegio salesiano di
Cadlz hanno vinto il primo premio al "Fe-
stival della canzone infantile ibero-ameri-
cana" indetto per celebrare l'Anno del
Fanciullo. Il festiva l, a cui hanno parteci-
pato concorrenti di Spagna e di 14 paesi
d'• merica, ha avuto la sua fase nazionale
pt:, la Spagna a Barcelona, e poi la fase
Internazionale a Ma-rld, sotto le luci in-
crociate delle telecamere.
Vincitori sono risultali, con la "Canzone
del marinaio", José Monz6n Guerrero,
Antonio Fior Borrego e Juan Luis Guerre-
ro de la Mota {da sinistra a destra nella
foto· i tre fanno parte della "cantoria Don
Bosco". Essa è diretta dal maestro José
Antonio Galiana (a destra nella foto) au-
tore della musica. Sono pure state ap-
prezzate le parole della canzone (autore
Antonio Escobar Perera, nella foto tra i
primi due ragazzi) incentrate sulla figura
del bambino su cui era imperniata la ma-
nifestazione: Questo bambino che con
anima pura e semplice/ moltiplica per set-
te la speranza.I è la pace! E' la pace/ che
benedice ogni uomo / colraggio diluce del
suo mattino». Spiega infatti la canzone
che « quando un bambino ti sorride aper-
tamente, I un fiore germoglia alla speran-
za. I E' la pace! E' la pace! che germina
con amore/ da/l'aiuola delle speranze
d'ogni cuore».
I Ire ragazzi canterini dì Cadìz trovano
naturale l'aver vinto: Cadiz non è forse la
patria dì Manuel De Falla, il più grande dei
compositori di Spagna? I suol resti ripo-
sano nella grandiosa cattedrale, dove an-
che loro qualche volta vanno a cantare.
tecnici e dirigenti della squadra locale di
calcio, la"A.C. Schio", di cui Ivano faceva
già parte: pochi giorni prima dell'incldente
aveva disputato la sua prima partita in
maglia giallo-rossa. Ne era stato felicissi-
mo. Giocava bene, poteva avere un sicuro
avvenire sportivo. L'allenatore Sergio Ga-
sparin volle ricordare Ivano sul giornale:
TI ho voluto bene come a un figlio perché
non era possibile non volerti bene. Affabi-
le, buono, sorridente. Quei capelli biondi
come il grano, quegli occhi di un azzurro
mare che non brilleranno più nella gioia
della vittoria. Eri un ragazzo troppo buono
per essere di questo mondo».
Soprattutto I compagni l'hanno rim-
pianto, quella cinquantina di ragazzi come
lui che formavano il "gruppo giovanile"
dell'oratorio. Ricordano la sua "pacca
sulla spalle", le canzoni che imparava con
l'orecchio incollato alla radio e poi canta-
va in gruppo (g li altri a volte lo prendevano
in giro per questa sua mania canterina, ma
poi sentirono che senza di lui nel gruppo
era venuta a mancare la consueta al-
legria).
Quel giorno del funerale la cappella
dell'oratorio risultò piccola per il migliaio
di amici che erano andati a salutarlo. Al-
l'oratorio era stato preparato un grande
datzebao, su cui gli amici presero a scri-
*vere in libertà. Scrivevano cosi:
Caro Ivano, ci hai lasciato per primo
forse perché lo meritavi: il Signore ti ha
voluto con Sé perché eri il più degno di
conoscerlo. Eri giovane, e per questo vi-
vrai a lungo nei nostri cuori.
* Ivano, con la tua semplicità e sere-
nità hai saputo renderci sempre felici. An-
che nel giorno in cui il Signore ha voluto
prenderti con Sè, donaci la stessa gioia,
*perché tu vivi sempre in mezzo a noi.
Volevamo insegnarti qualcosa, e in-
vece ad apprendere siamo stati solo noi.
Dirigenti,
Schio.
tecnici
e
giocatori
della
A.te>.
29

3.10 Page 30

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* Cantavi per farci capire che la vita è
tutta una canzone, e che bisogna sorride-
re sempre come facevi tu, anche nei mo-
menti dlfflclh. Sai, all'oratorio sentiamo la
tua mancanza. Cl mancano le tue canzoni,
la pacca sulla spalla, il tuo sorriso.
Dividere con gli amici ed essere parte
di loro: questo forse volevi insegnarci; e
come Gesù. te ne sei andato lasciandoci
un messaggio che noi dovremo decifrare.
Ce la faremo. Ciao, Ivano.
P.S. Prepàrati qualche battuta, per
quando cl ritroveremo tutti insieme.
Ora. a un anno di distanza, I suol com-
pagni si sono tassati e vogliono acquistare
il tabernacolo per la nuova cappella: cosi il
cuore dell'oratorio resterà per sempre le-
gato al nome del loro amico Ivano.
* SERVI DI DIO IL BARONE PETYX
UN PASSO AVANTI
La causa di un exallievo salesiano, il
Servo di Dio Nino Petyx, ha tatto un passo
avanti. la Sacra Congregazione per te
cause del santi ha fatto esaminare da due
teologi I suol scritti. e li ha trovati esem-
plari. Ha riferito uno dei due censori: Ho
trovato pagine sublimi, che mettono In
evidenza la sua vita santa... Egll scrisse
motto per necessità, convenienza. fini
apostolici: In ogni pagina si sente vibrare
la sua lede, Il suo amore per Dio, Il suo
Impegno per Il bene del prossimo. Lo ve-
diamo sempre sereno e gioioso. entusia-
sta di ogni opera buona, desideroso di
vedere familiari e amici innamorati di Dio•·
La pubblicazione del giudizi espressi dal
due teologl è un passo importante per il
proseguimento della sua causa.
E ne sono lieti anche gli Exalllevl di Si-
cilia, nell'anno centenario della presenza
salesiana sull'isola. Il barone Nino Petlx è
uno di loro: fu tra i primi alunni del collegio
di Randazzo, dove frequentò il ciclo delle
elementari; più tardi fu fondatore e primo
presidente dell'Unione exallievl del Sam-
polo (Palermo). Per questo nelle celebra-
zioni che I salesiani di Sicilia fanno per il
loro centenario, ricordano spesso e vo-
lentieri la sua bella figura di " amico dei
poveri".
La causa di beatificazione è patrocinata
dal Frati Minori (Petyx fu dall'età di 25 anni
terziarlo francescano); è però un exallievo
salesiano - il prof. Michele Gattuso - Il
presidente e animatore dell'assoclazlone
"Amici di Nino Petlx" che da Palermo fa
conoscere a tutti questa bella figura.
•Non c tristezza in un'anima che ser-
ve Dio•. scriveva Nino pochi mesi prima di
morire, e poteva scriverlo perché l'aveva
sperimentato durante tutta la vita.
* " Riconosciamoc i fra noi" è lo slo-
gan con cui un gruppo di Exallievi ha lan-
ciato la proposta di un adesivo riprodu-
cente Il loro distintivo. Esso può venire
applicato sul parabrezza dell'auto. sulla
porta d i casa, sulla motocicletta. sulla
scrivania d 'ufficio, sul telefono.. Gh ade-
sivi, estremamente economici, possono
essere richiesti all'Unione Exalllevl Don
Bosco, via G. Marconi, 14, • 36015 Schio
(VI),
j Libreria
.......,,,,,..
Il LINGUAGGIO
SEGRETO
DEL BAMBINO
LEWIS DAVIO
Il llngua9910 ..egreto del bambino
Ed. Sei 1979, Pag. 280. lire 7.500
Prima di cominciar a parlare, il bambino
cerca di farsi capire dagli altri mediante un
«linguaggio segreto• fatto di atteggia-
menti, espressioni, e anche silenzi. E' im-
pressionante il repertorio di gesti, movi-
menti del capo e mimica facciale che Il
bambino offre a chi lo deve comprendere
e aiutare. Il libro espone I rischi che il
bambino corre per l'lncomprensioone
dell'adulto, i meccanismi della comunica-
zione dei piccoli, la classificazione dei loro
comportamenti, ecc. L'opera ha riscosso
enorme successo In Gran Bretagna dove è
apparsa dapprima e non mancherà di ri-
scuotere successo anche in Italia.
BOSCO TERESIO
Viaggio ven-o la vita
Ed. Sei 1980. Pag. 264. lire 3.900.
E' uscito nella collana . scrittori per la
scuola•, ed è un'antologia di problemi
scottanti: la preadolescenza. il marxismo,
l'economia, la pubblicità, Il quartiere, i
partiti, l'europeismo, il giornale, il fammi•
nismo, l'emigrazione, la disoccupazione, Il
terrorismo, la droga. E la figura di Cristo,
.11 mistero più appassionante della sto-
ria». Ogni argomento è corredato di una
scheda di .-attività e ricerca• Lo stile è
piano e vivace. l'Impatto con 1 ragazzi si-
curo. GII educatori che osano portare
nella scuola l'attualità - e sono sempre
più numerosi - faranno ponti d'oro a
questo libro.
GIACCARIA B. - HEIDE A.
Geronimo )Cavante rdcconta
Miti. leggende. racconti e sogni
Ed. Las 1979. Pag 274.
Geronimo (si tratta di uno pseudonimo:
Il suo vero nome è Tsowa O) è 0991 11 più
vecchio degli Xavante, e racconta i miti
della sua tribu; sono testi che esprimono la
visione del mono e laconcezione della vita
così come la svilupparono gli antenati. Un
altro Xavante, Tserevatio, traduce I rac-
I
conti in nitidi disegni I due missionari sa-
lesiani autori del volume aggiungono I
commenti e le fotografie (In tutto quattro
inserti a colori, fuori testo, splendidi).
Questo volume ne completa uno precen-
dente, «Xavantes, uomini veri» pubblicato
dalla Sei di Torino nel 1971 . E le due ope-
re, che hanno ottenuto l'elogio incondi-
zionato degli antropologi, rappresentano
una documentazione senza uguale su un
patrimonio culturale che altrimenti forse
andrebbe perduto per sempre.
SINODO DEI VESCOVI 1980
I compili della lamlgli cristiana
nel mondo contemporaneo
Ed. E/ledici 1979. Pag. 64, lire 650.
L'opuscolo è piccolo ma Importante: è il
•documento preparatorio del Sinodo dei
Vescovi 1980». L'argomento di questo
quarto Sinodo era staio scelto dal Papa
stesso, e a ragione: tanti elementi in que-
sto periodo storico stanno Influendo pro-
fondamente sull'istituto familiare, e la cri-
stianità deve prenderne atto consapevol-
mente. Il documento è utticiale. e sugge-
risce una solida traccia a quanti nelle co-
munità cristiane intendono dare un con-
tributo di ricerca e approfondimento. Il te-
sto presenta le tesi fondamentali della
dottrina cristiana. ma soprattutto presenta
i problemi e gli interrogativi d 'oggi. Espo-
ne dapprima •la condizione della famiglia
nel mondo contemporaneo., quindi le
.questioni dottrinali circa Il matrimonio e
la famiglia•• infine"' compiti della famiglia
crlstrana•. Da valorizzare nelle comunità
capaci di dialogo.
BROCARDO PIETRO
Don Bosco Il ricord iamo
Ed. E/ledici 198p. Pag. 96, /Ire 2.200.
Resta ancora qualcosa da scoprire su
Don Bosco? Sì. Accanto alla tradizione
salesiana per così dire maggiore, e già
acquisita per la storia, sopravvive una tra-
dizione minore legata al filo della memo-
ria, o a fragili appunti personali, che sem-
bra però destinata a disperdersi presto, e
per sempre. L'autore, vissuto a contatto di
non pochi salesiani cresciuti alla scuoia
diretta dì Don Bosco, ha voluto raccoglie-
re In libro le loro testimonianze - le
«confidenze Inedite• come spiega nel
sottotitolo - di cui si sentiva depositarlo.
Opera tanto più valida in quanto le testi-
monianze così raccolte risultano tutt'altro
che marginali, e raccontano di un Don
Bosco ben vivo. sinceramente venerato e
amato dai suoi figli.
PASQUALE UMBERTO
Maria nella vita cristiana
Ed. E/ledici 1979. Pag 136, lire 2.000
In 31 capitoli, 31 riflessioni teologiche di
contenuto mariano. In armonia con I re-
centi documenti eccles,all Redatto con
voluta semplicità, il volumetto si presta
come valida catechesi mariana. Utile an-
che per un «mese di maggio• personale o
comunitario.
Per richieste vedere pag. 2, col. 2.
30

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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L'IMPALCATURA SI SFASCIO'
E PRECIPITAI NEL VUOTO
Il mio lavoro di
montatore di gru mi
mette sovente In pe-
ricolo. Un giorno mi
trovavo a 7 metri di
altezza, quando a un
tratto, forse per una
mossa sbagliata dal
basso, si sfasciò
l'impalcatura e io
precipitai nel vuoto.
Caddi a terra con un
colpo che poteva essere mortale. Invece
non perdetti neppure i sensi. Ma non riu-
scivo più a muovermi: ml si era insaccata
una vertebra lombare. Invocai di cuore
l'aiuto del Cielo, pensando a mia sorelle
FMA che ogni giorno raccomanda tutti i
fratelli al potente aiuto di Maria Auslllatri-
ce e di San Giovanni Bosco. Mia moglie le
telefonò immediatamente, e iniziammo
subito una fiduciosa novena alla Madon-
na: noi della famiglia e la comunità di mia
sorella. Venni Ingessato nel calore dell'e-
state, soffersi, offersi, pregai... Sei mesi
dopo potei tornare al lavoro, tra la gioia di
tutti.
Castelfranco (Treviso) Sisto Tarraran
UNA VOCE Ml DICEVA:
PERCHE' NON INVOCHI LA MADONNA?
Ero sul tram diretto a Valdocco, e giunto
alla fermata giusta volli scendere dalla
porta posteriore. Dimenticando che quella
si chiude automaticamente non appena
viene a mancare Il peso della persona, al-
lungai la mano per prendere la borsa ri-
masta sul tram, e il mio avambraccio ri-
mase bloccato tra i battenti. Il tram si rimi-
se in moto, e lo mi resi conto del pericolo
che stavo correndo, tanto più che mi tro-
vavo girato in direzione opposta alla mar-
cia del tram. E tuttavia rimasi prodigiosa-
mente calmo. Ml parve di sentire una voce
misteriosa e materna che ml diceva: «Su,
cammina svelto all'Indietro, a passetti
brevi e alzando bene i piedi». E subito do-
po: Perché non invochi la Madonna?• Lo
feci di tutto cuore con l'invocazione abi-
tuale: Maria aiuto dei cristiani, prega per
mel » In quel momento il tram si bloccò.
Evidentemente gli altri passeggeri e mac-
chine di passaggio avevano segnalato Il
fatto al tranviere. Cosl mi trovai sano e
salvo senza neppure un graffio, mentre
avrei potuto finire sotto le ruote.
Roma
Emilio Pelassa SDB
UNA DUPLICE GRAZIA
PER IL FIGLIO E LA MAMMA
Sono un' exallieva salesiana e assidua
lettrice del Bollettino Salesiano. Devo se-
gnalare una duplice grazia dovuta all'In-
tercessione di Maria Ausiliatrice e di san
Giovanni Bosco. Mio figlio quindicenne
fece una brutta caduta dalla motoretta e I
medici ritennero necessario un intervento
al ginocchio, con esito, tenevano a preci-
sare, alquanto incerto. Angustiata, mi ri-
volsi con grande fiducia all'Ausiliatrice e a
don Bosco, e sono stata esaudita In modo
insperato: il temuto Intervento non fu ne-
cessario, e dopo soli due mesi di semplice
ingessatura Il ragazzo ha ripreso a cam-
Ringraziano i nostri santi
minare benissimo.
Voglio anche ringrazlare per un favore
ottenuto tanti anni fa da mia madre. Una
notte, colpita da violentissimi dolori per un
calcolo renale, credette di morire, e In-
vocò disperatamente Maria, potente aiuto
dei cristiani. Furono ore di strazio, quando
all'improvviso espulse naturalmente un
grosso calcolo. Il medico, quando lo vide,
esclamò: «Lei è una miracolata!»
Noto (Siracusa)
Rosa di Rosa
LA PREGHIERA DI ANIME SANTE
Mia figlia era spastica e nessuna cura
era riuscita a guarirla. Si prospettava la
lriste necessità di metterla per sempre in
una casa per handicappati. L' ultima spe-
ranza era uno specialista di DUsseldorf,
ma anche le sue cure restarono senza
successo. Mi raccomandai a un bravo sa-
cerdote salesiano belga, che offrì le sue
preghiere e le sue sofferenze per la guari-
gione di mia fìglia. Anche la Vicaria Gene-
rale delle FMA e un altro sacerdote italiano
pregarono per noi. Intanto lo specialista
provò un'altra medicina, e questa ottenne
il miracolo. Ora mia figlia è guarita e la mia
riconoscenza è Immensa.
Bad Driburg (Germania)
lngeborg Zurbrilgg
ANCHE IL MEDICO DICE DI TIRAR FUORI
''QUELLA FACCIA GIOVANE"
Trascriviamo una
lettera che una Suo-
ra missionaria in Su-
dan scrive allo zio
salesiano:
Da
quando mi hai fatto
sapere quale aiuto ci
può dare San Dome-
nico Savio, tocco
con mano la sua
protezione, e ne rin-
grazio infinitamente
il Signore. Ogni volta che l'ho invocato mi
ha esaudito. Senti questa. Una notte viene
ricoverata una donna per un parto gemel-
lare. Al mattino lo smonto, e lascio le con-
segne alle sorelle che subentrano nel la-
voro. Verso le 10 la donna dà alla luce il
primo gemello. Ma per il secondo ogni
tentativo è inutile: il bambino muore, e per
salvare la mamma è necessaria un'opera-
zione. Al termine di essa, la donna soffre
una forte emorragia, e viene sottoposta a
cure di emergenza. Il dottore, se le cose
non cambiano, è propenso a un nuovo in-
tervento. Nel pomeriggio io riprendo il la-
voro e vado a trovare l'ammalata. Sento
quello che è successo, e le metto sotto il
cuscino l'immagine di san Domenico Sa-
vio. La donna comincia a migliorare, la
seconda operazione non si fa, e con sor-
presa di tutti dopo 8 giorni se ne torna a
casa con il suo meraviglioso bambino!
Non è che un caso tra I tanti. Mandami
tante Immaginette di san Domenico,
perché qui ce le rubiamo l'una con l'altra.
Anche il nostro medico, quando le cose
vanno male, ci dice di tirar fuori " quella
faccia giovane ". Non so perché, secondo
lui la faccia di Domenico Savio è strana!
Fatto sta che a lui ricorre».
Khartoum (Sudan)
Erminia Petrogalli della Nigrizia
UN BIMBO DI NOME SAVIANO
Erano già passati otto anni dal nostro
matrimonio, ma nessun bimbo era venuto
ad allietarci. Una signora consigliò mia
moglie di rivolgersi a san Domenico Sa vio
con I~ novena e l'abitino. E la grazia ven~
ne: mia moglie s'accorse d'essere in atte-
sa. La protezione del santo giovanetto
continuò durante I primi mesi, quando la
fiducia in lui e la preghiera fecero più della
scienza. Frattanto si pensava come chia-
mare il nascituro. Per esprimere, più an-
cora che la protezione, l'appartenenza al
Santo, cl venne in mente di creare il pa-
tronimico di Savio: lo chiamammo Savia-
no. Perché? cl chiedevano meravigliali.
Proprio per esprimere nel modo migliore
la nostra riconoscenza al piccolo Santo.
Pulsano (Taranto) Vittorio Nazzareno
MA COME! NON Ml DAI
IL PRIMO NIPOTINO?•
Sono sempre stata devota di san Do-
menico Savio, e ho distribuito centinaia
abitini alle mamme in attesa. Cinque anni
fa era la volta di mia cognata. Era già in
sala parto, io la stavo assistendo appog-
giata alla finestra. Accanto al cancello,
dove avevo parcheggiato la macchina, mi
parve di vedere un giovane che vi si ap-
poggiava. Ed ecco che Il bimbo nasce, ma
completamente asfittico. Ml rivolsi dispe-
rata a san Domenico: Ma come! lo ti fac-
cio tanto conoscere, ti porto a tante mam-
me, e tu non ml dài il primo nipotino?»
Intanto I medici si prodigavano: respiro a
bocca a bocca. ossigeno, stimolazione...
A un tratto il blmbo emette un vagito e
prende vita. Guardo dalla finestra: quel
giovane è sparito.
Sono passati 5 anni. Oggi il bimbo sta
benisslmo, e vuole tanto bene a Domenico
Savio. Ha già avuto la gioia di essere ab-
bracciato dal Papa, è stato a Torino a tro-
vare Don Bosco e il suo santo alunno.
Quando aveva due anni gli è nata una so-
rellina, e anche allora mi parve di vedere
un giovane appoggiato alla mia macchina.
Ora questi due nipotini, che sono un vero
terremoto, sono la gioia di tutta la famig lia.
San Cataldo
Lina Giumetto
RINGRAZIANO INOLTRE
SAN DOMENICO SAVIO
Abis Carla (Lunamatrona, Cagliari) per il
fratello uscito illeso da un incidente stra-
31

4.2 Page 32

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E' LUI, MAMMA!
PERO' NON COSI' VECCHIETTO
A mio figlio Fabiano i medici riscon-
trarono la progressiva decalcificazio-
ne dell'anca destra, per cui si rendeva
necessario Ingessarlo dal pello al piedi
per due o tre anni. Nel nostro dolore
lemevamo oltre tutto che Il ragazzo
non sopportasse tale penitenza, data
le sua Indole vivace e giocherellona,
perciò ci raccomandammo fervorosa-
mente a san Giovanni Bosco L'Inges-
satura fu operata il 19 maggio, e con
sorpresa di tutti il ragazzo l' accettò
con molta calma, senza un lamento. Il
22 uscii un momento di casa. Al ritorno
Fabiano ml disse: « Siediti qui, mamma.
Raccontami una storia». Gli raccontai
qualcosa della vita di Santa Teresa,
mellendo in risalto che fece sempre la
volontà di Dio. Poi mi venne di dirgli:
«Adesso raccontami qualcosa tu•. E
lui: Pensa, mamma, che ho avuto una
visita Poco fa è venuto un signore, si è
fermato sulla porta e mi ha detto:
Comportali bene. Fabiano. Molto pre-
sto ti sentirai sollevato•. «Ah si? Eco-
m'era?. «Non molto alto, con una ve-
ste nera e una cosa bianca attorno al
collo•. Rimasi impressionata.
Alcuni giorni dopo cl arrivò Il Bollet-
tino Salesiano messicano di giugno:
sulla copertina c'era il volto di Don
Bosco. Al vederlo, Fabiano esclamò
con gI0Ia: •E' lui, mamma, il signore
che è venuto a 1rovarmil Però più gio-
vane, non cosi vecchietto!•
Non esitammo a credere che si trai•
tava di una delicatezza del Santo dei
ragazzi; tanto più che col passar delle
settimane Il ragazzo sembrava trasfor-
mato: sereno, tranquillo, non si la-
mentava del prurito, del freddo o del
caldo... Il dottore volle fare un control-
lo radiografico, e con sorpresa notò
che il male era quasi completamente
scomparso. Dopo meno di cinque mesi
Fabiano è slato liberato dal gesso, e
ora gioca e corre come tutti gli altri
ragazzi. I dottori. che conservano tutte
le radiografie, giudicano il fatto " Ine-
splicabile".
Le6n (Messico)
Maria de Lourdes Reynoso Meza
N ella lo to: Il Don Bosco non a bb astanza
es giovane p ubblicato del mess icano.
dale che poteva essere mortale; e perché
la sorella ha potuto avere la gioia di un
bellissimo e vivace maschietto.
Germi Marisa (Colzate, Bergamo)
perché ha potuto iscrivere la figlia al Con•
servatorio. quando ormai ogni speranza
pareva perduta.
Ghetti Elda (MIiano) per la sorella colpi-
ta da emorragia e guarita mentre Il medico
giudicava che solo un miracolo poteva
salvarla.
Gaflizio Fiorenza e Carlo (Diano d 'Alba,
Cuneo) per il superamento di due dlttìcill
gravidanze. e per la guarigione della bim-
ba gravemente ustionata dall'acqua bol-
lente.
Maria Antonina Amato per aver potuto
superare gravi difficoltà in famiglia e per Il
bambino.
Silvio e Virginia Mantegazza (Rho, Mila-
no) per la felice nascita del figlio Giorgio
Domenico.
SOCCHIUSI GLI OCCHI
E CADDI IN UN SONNO PROFONDO
~,
Ho atteso alcuni
annl prima di deci-
dermi a segnalare
una intercessione
che ritengo miraco-
losa. Ormai piuttosto
anziano, già da di-
versi anni mi sveglia-
vo sempre nel cuore
della notte e non riu-
scivo più a riprende-
re sonno. Più volle
arrivavo, sempre desto, fino all'ora di al-
zarmi. Non giovavano i farmaci. L'Insonnia
influiva sulla salute, sul sistema nervoso,
sulle capacita intellettive; mi sentivo
spesso stanco ed ero oltremodo Irritabile.
Ciò naturalmente. mi preoccupava molto.
Un giorno- non ricordo in che modo -
trovai sulla mia scrivania tra alcune carte,
un foglietto piegato In tre con il ritratto del
beato Michele Rua e una sua breve bio-
grafia. Stavo andando a letto. Misi Il fo-
glietto per segno In un libro che tra l'altro,
non era un libro "castigato", piuttosto fri-
volo, e mi serviva perleggere a letto avanti
il primo sonno. Poco dopo mi addormentai
e verso le tre, come al solito, mi svegliai.
Temevo di arrivare al mattino nella mia
esasperante msonnia. Aprii il libro per
tentare di leggere, ma tul subilo attratto
dal foglietto di don Rua. Osservai attenta-
mente con Interesse l'effige del sacerdote
e poi lessi la sua biografia. Pensai: chissà
che non ml guarisca dall'insonnia! Mentre
avevo ancora In mano Il foglietto, provai
una sensazione di vuoto nella mente e
socchiusi gli occhi Senza accorgermi
caddi in un sonno profondo.
Quando ml svegliai erano le sette del
mattino. Non cl feci molto caso. La notte
seguente ml svegliaI, come al solito, verso
le tre. Mi venne allora l'idea di pregare don
Rua di darmi Il sonno. Dopo breve tempo
mi riaddormentai. Ora da quel tempo
quando ml sveglio nella notte rivolgo una
breve preghiera a don Rua ed egli con
tanta bontà ml concede la grazia. Non
faccio commenti. Scettico come sono per
natura, non posso fare a meno, dopo tanta
prova, di credere a un miracolo. Un mira-
colo che forse io non meritavo e che solo
l'infinita bontà poteva darmi. Desidero ri-
manere del tutto Incognito.
Un exallievo salesiano
32
Caldara Rossana (Bergamo) ha chiesto
con fede l'intercessione di Don Rua per la
sua salute, e ora segnala con riconoscen-
za di essere stata esaudita.
MENTRE I MEDICI
NON SAPEVANO COSA FARE
ti 13 dicembre
1978 suor Rosetta
Glunla accusava
uno strano dolore In-
testinale: fu aiutata
con qualche sedati-
vo, perché non pote-
va prendere nulla.
All'Indomani, alcuni
sorsi d'acqua le sti-
molarono il vomito
continuo, per cui Il
giorno seguente fu necessario ricoverarla
al Pronto soccorso dell'ospedale di Ra-
gusa. Qui, dopo analisi e radiografie, ri-
scontrato il blocco Intestinale con forte
azotemia e pressione bassa, Il primario
decise di operarla. Ma di a tre giorni,
appena sorbito qualche sorso d'acqua, ri-
tornò Il dolore e Il vomito, che si protrasse
per otto giorni. Il blocco si era spostato. e l
medici non sapevano più cosa fare.
Mentre i vecchi genitori piangevano de-
solati, cl venne consigliato di affidare il
caso a suor Eusebia Palomlno, e s'inco-
minciò subito una r,ovena In tutta l'ìspet-
toria. Già il giorno seguente si notò nella
malata un repentino miglioramento che si
rese sempre più sensibile.
In seguito dalle radiografie non venne
più riscontrata alcuna aderenza; e di a
una ventina d1 gIorm suor Rosetta veniva
dimessa dall'ospedale come •la suora
miracolata». Due mesi dopo poteva ri-
prendere in pieno le sue attività di econo-
ma della casa. con l'energia di prima.
Di gran cuore ringraziamo il Signore che
volle consolarci per mezzo della sua umile
serva suor Eusebia.
Modica Alta (Ragusa)
Direttrice e Comunità FMA
HANNO PURE SEGNALATO GRAZIE
Alb•nese Margherita Americo Concettina · Barbero
PJera Bas,l e Francesco BasaIno Rosetta - Bettega
Celesllno • Bogglo Margherita Boslo Mario Brotto
Ro&a Brun Ester. Cadei Pia Calllerl SIivana • Oapagnl
Mariangela. Castelnuovo Giulio . Castiglione Vito• Cel9I
Lucrezia· CernicchlaroMaria Clampollnl Bruna• CloHo
Graziella· Colombo Luigia Comml$SO Raffaella• Crlp-
pa Rosa Danieli Giorgio Degeno Adelchi Demichelil
Giuseppe• Di Gregorio v,noenzo 01 Rosa Giuseppina•
Elia Maria T - Fadda Dina Fallone Giuseppe - Favre
Melania Favre Palmira Fenogllo Rosa - Ferran, Anlo-
n1na • Fentana Anglohna - Frea R,ia Frencta Mirella
Fngerio Maria • G11I Serena - Gatlt Vally - Glacchlno
Maria Gunsteth Dr AngelO GUQ9Ino Sebashna - Gull
Calogera • Lai Pierina• Ledda Glollanna • Uottl Grazia
llpan Sanuna - Lopngo Rosetta - Losl M,refla • Lo Vec-
chio Teresa Lunardi Oretta Meculotll Angela - Man•
gano Vincenza• Mallese Francesco . Malpassuto Maria
Morcone Anita Mascheroni Tina Mazzanll Giovanna
Manollo Maria Luisa - Mlnagllo Bernardo Moghin,
Margherita - (Sviuera) Molé Rosa Montona1I Maria
Morgavl Ennio • Moclnello Grazia MaJ1Chlo Teresa
Nafera Alba - Nurra Pepplna Odorlzzl Ellglo Orrù
Battistina Ottonello Anna - Papa Angelina• Papa Fran-
cesco • Pale,mo TeresB PatOdl O Pietro • Parrinello
Annunziata - Perret O,na Penet Cloron<la - Peuucchi
Goovanna • Pighin Vmorla- Pistone Mario• Piazzarli, Gea
Pluchlnotto Conceltll. Polese coronna Ravara l\\gnese
e Rda - Rtzzo Angelll Aizzo Nelhna • Rivetti Carlo
Robblano Alla Aolettt Ines Rovera SIivia Scartata
Lulgl Sch,avetta Antonietta Stambelllnl Ononna
Tesanl F. Rosa Tasta Rina -Tlnusl Merghe11ta-Tonon1
Bice Tosco Antonietta Trlbocco Giuseppe Triolo
Gioconda Valenti Rosa Valenllnl Donatella • Viganò
Carlo - Volpato Corinna - Zucchl Sotla.

4.3 Page 33

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Preghiamo per i nostri morti
APRA' LUIGI cooperatore
t a Verzuolo (CN) a 89 anni
lavoro non diceva mai di no. anche In pre---
carie condizioni di salule. Ordine e preci-
Dedicò la sua vita alla ramiglla e al lavoro, sione erano la sua caratteristica; ne fanno
DI temperamento forte, ma di cuore buono fede I vastissimi schedari per l'insegna-
e retto, amò soprattutto l'onestà; la sua mento e la predicazione: qualunque Inca-
preoccupazione era di esse.re giusto. SI rico aftldatogll si traduceva subito In ordi-
preparò all'Incontro con Il Signore dando nata programmazione e organizzazione.
una viva testimonianza di fede. Lo affidano Ma soprattutto viveva una spiritualità pro~
alle preghiere della Famiglia Salesiana il fonda: un voluminoso diario molto lnlfmo,
figlio salesiano don Giulio e la liglia suor trovato tra le sue cane, testimonia una
Rosina. FMA.
costante un,one con Olo e un esemplare
BURLINA aac. BENEDETTO salesiano
t a Cumiana (TO) a 64 anni
Trascorse quasi tutta la vita salesiana
nelle case cli formazione del Piemonte,
come Insegnante e con altri Incarichi di
responsabilità. Chi lo conobbe ne ricorda
la vivacità, l'Intraprendenza la cordialità e
la solerte presenza tra I giovani. Era dlret•
tore d'anlme assai ricercato. vero uomo di
Dlo. Vari mail Incurabili lo portarono trop-
po presto alla fine. Lascia tre fratelli. di cui
due sacerdoll salesoanl. a testimoniare Il
buon ceppo della sua famiglia.
spirito di tede.
CRIVELLARO STEFANO salesiano coa-
t diutore a Lecce a 60 anni
Era Il quinto tra 15 tratelll, di cui due sale-
siani e una suora, Serva di Maria. Diven-
tato salesiano, ru prima sarto e poI elet·
tromeccamco La sua passione era stare
coi giovani per renderli abili professionisti
e cristiani conv-lntl. Perciòera Instancabile
nel mlgllorarelestrutture dellaboratori, gli
orari e le condizioni di lavoro del suol ap-
prendisti. Era membro della Ccmmisslone
della Regione Puglia per preparare nuovi
CANCELLIER LUIGI salesiano coadiutole
t a Udine a 67 anni
A 50 anni volle consacrarsi a Dio nella vìta
salesiana, pur sapendo quanto gli sarebbe
costato a quell'età un lale cambio di abl·
ludinl. .sono perplesso - scriveva - ,
programmi, nuove dldattlc/le e metodolo-
gie per I Cen1rl di Formazione Professio-
nale: era Il più esperto nel settore, e al
corrente dei problemi sindacali. Soprat-
tutto era stimato come salesiano esem..
plare e ottimo educatore.
non perché dublll della voo-azlone ma per
li !alto che la mia età avanzata non ml GIORGIS CELESTE ved. FERRERO
consente di dfventare un salesiano piena- cooperatrice t Bra (Cune<>)
mente operoso e utHe•. Fu accolto come Oopo una vita di Intenso lavoro e di dona-
un fratello, e per 15 anni si adoprò In tutti I zione al marllo e al ligll, trascorse gli ultimi
modi possibili per Il bene delle comunità ,n due anni nella Quiete delle Ca.sa delle
cui visse. Cosi, questo operalo dell'ultlma Mamme del Salesiani, fa\\1a oggetto dl at-
ora cl ha preceduti per ricevere la nostra tente premure da parte delle FMA lvi
stessa ricompensa dal Padrone della vi- emersero In forma non comune le doti di
gna
cul Dio raveva arricchita: spirito di pre--
CAVALLARO PIETRO salesiano coadiu-
tore t a Cumiana (TO) a 49 anni
Diventato salesiano a 22 anni, dimostrò
un'Indole semplice, docile e laboriosa,
sensibile e non superllclale. Rivelò la sua
statura morale quando gli fu riscontrata
una nooplasia al torace. ribelle a ogni cu-
ra; accolse la sentenza con naturaleua,
come se la morte tosse uno degh avvenl•
menti più naturali della vita, come cambiar
casa. Virtù non comune, frutto di una co-
scienza fedele e lineare, ablluata al pronto
e totale si al Signore In ogni circostanza
della vita.
CESARIN aac. PIETRO salesiano
t a Pordenone a 61 anni
Laurealo in scienze naturall, dedicò Ja vita
all'Insegnamento. Era di o-arattere aperto.
facile all'approccio con I giovani e gli
esterni. costantemente allegro. Viveva In~
tensamente la gioia del nostro spirito di
famlglia, e soffriva quando era costretto
ad assentarsi dalla comunità. Gli u!Uml
mesi hanno rivelato la solidità della sua
vita Interiore; si è preparato con serietà e
con serenità all'Incontro col Signore, of-
frendo la sua vita per la Chiesa, la Con-
gregaz.lone, le vocazioni.
ghiera. amore all'Ausiliatrice e a Don Bo-
sco, affeltuosa gratitudine per tutti. e In-
tenso ricordo del llgll, In particolare di don
Agostino, sacerdote salesiano. Fu una
mamma affettuosissima: la tenerezza del
suo cuore si esprimeva, nello sguardo
chiaro e luminoso con cui avvolgeva 1utti,
fino all'ultimo ,stante della vita. Con questi
occhi ora c, guarda dal Cielo.
GIUNTRA HC. COSIMO salesiano
t a Palermo a 72 anni
Amò la Congregazione tino al totale sa-
crificio di sé; fu direttore prudente e sag•
glo, economo fedele e distaccato. Nel tra-
gici eventi bellici che si abbatterono su
Messina, si distinse nel soccorso ai con-
fratelli e al concittadlnf, e nella rtcostru·
zlone degli lslitutl. Apprezzatissimo dalle
autorità religiose e civiche, assicurò a Don
GRASSI Sac. VITTORIO salesiano
t Roma a 64 annl
Maturò la sua vocazione salesiana all'O-
ratono Sacro Cuore di Roma e intraprese
11 lavoro tra 1 giovani con lo slancio della
tede, corredato di soda virtù e di buona
cultura tilosoflca e dogmatica, di cul però
non fece mal ostentazione. La scuota lo
coinvolse ln un ritmo serrato ed efficace,
con un metodo fatto di chiarezza e di sa-
leslana comunicativa: ma soprattutto l'o-
ratorio fu la palestra In cui emersero le sue
doti umane e salesiane; I ragazzi erano Il
suo ,esp1ro, la sua gioia, e anche i plù
scompaginati ne restavano awlnti. Sul
palcoscenico Il suo brio trasclnalore re-
galava ore di fragorosa gaiezza Un male
rlbelle lo spense lentamente. Nella soffe-
renza sr lllumlneva al pensiero delle realtà
celesti, quasi pregusiasse l'esperienza di•
retta di Dio.
Bosco larghe schiere di exalllevl sempre
rfconoscenti per Il bene rlcevuI0.
LA MANNA aac. TERESIO salesiano
t a Torino a.55 anni
Mori al Cottolengo, vittima di un male in-
curablle, mentre le campane annunciava-
no l'Angelus del mezzogiorno. Aveva la-
vorato come Insegnante, aveva coperto
cariche di responsabilità, e ultimamente
era stato assegnato al Centro Mariano di
Valdocco. Ma vl partecipò per un giorno
solo Resosi conto della sua situazione.
dettò un luminoso testamento spirituale.
soffuso di serenità e di speranz.a, tessuto
di gratitudine e di solidarietà.
lO PICCOLO GIUSEPPE salesiano coa-
diutore t Jau areté (Brasile) a 70 anni
Divenlato salesiano e compiuta la forma•
zlone religiosa, fu destlnàto al Brasile, e vl
lavorò per 50 anni, fino alla morte. SI de-
dicò all'educazione dal ragazzi "indlos"
con tale passione da fargli rlflutare ogni
Invito a ritornare In patria. Animato da un
profondo spirito di servizio, umile e sag-
gio, dijfondeva alterno a un'aria di se-
renità e di allegria, un senso di coraggio e
di fiducia, che attingeva dalla sua p<ofon-
da fede In Dto. La sua ultima sera è stata
come tante altre: si diverti ad assistere a
una partita di campionato giocata dal suol
lndios, vide ta proiezione di una filmina sul
rosario. e poi si rttlrò per Il riposo. Il Si-
gnore venne da lui net sllenzlo della notte
per riportarlo con Sé, oltre le stelle della
Croce del Sud che brlllavano In cielo.
MARRO RAFFAELE cooperatore
t a Terracina (LT) a 105 anni
Lo chiamavano Il "nonno d'ltalla", e llnoa
pochi mlnull prima della morte conservò
una lucidità di mente e una serenità di
spirito straordinari. Dopo tanti anni di la-
voro come coltivatore diretto pregava
cosi: •Signore, chiama.mi a Te qualora
cominciassi a essere di peso a qualcuno...
Trattienimi pure. finché posso sbrigarmela
da solo•. Viva testimonianza del suo pro-
fondo spirito di fede sono due llgll sale-
siani, don Erminio e don Liberato.
MAZZARELLO NICOLA cooperatore
t a Mornese (AL) a 95 anni
Nacque e visse per vari anni neJla casa
che vlde nascere Marla M8tt9.rello, dJ cui
efa cugino In secondo grado. Per lunghi
anni ebbe In custodia la casa e I Ierrenl
circostanti, dividendo a metà con le Suore
il frutto delle sue fatiche. mentre la moglie
(mancata 12 anni la) attendeva alle pulitle
e alla guida da, visitatori lleta di deporre
poi nella cassetta delle offerte le mance
che riceveva a titolo personale. Nicola
continuò anche in vecchiaia a sostenere
le opere salesiane nonostante l'esiguità
della sua pensione. Mlgllafa di suore lo
ricorderanno puntuale alla prima messa
del mattino, e poi affacciato al terrazzo in
ammirata contemplazione. Ora lo pensla-
mo in Cielo, In compagnia della santa cu•
glna.
CIAPPEI sac. CARLO salesiano
t a Ge-Samplerdarena a 66 anni
Fu 1nsegnante dì matematica e scienze,
ricopri cariche d1 varia responsabilltà. Al
MOTTO IRMA cooperatrice
t Missaglia (CO) a 66 anni
Consegnava la sua a.nlma a Dio nell'lstan--
te stesso In cui Il figlio, sacerdote salasla-
33

4.4 Page 34

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no, offriva Il pane e Il vino dell'Eucarlslla_
Le solenni ricorrenze Uturgiche, da lei vis•
sute in pienezza In tempo disalute hanno
1
segnato le tappe della sua malattia: a Pa-
squa scopriva Il maJe Incurabile. a Natale
veniva costretta a letto. la domenica della
Sacra Famiglia celebrava Il 42" di matri-
monio ricevendo col marito l'Unzione d~
glì Infermi, e la domenica dell'Epifania
partecipava attivamente all"ultima Messa
ricevendo Il viatico. Davvero Il vuoto la•
sciato In famiglia dal figlio sacerdote è
stato riempito dalla presenza di Gesù
stesso! Interamente dedita alla famiglia,
educò 7 figli e ne regalò due al Signore
nella vita rellglo••· Seppe molto amare.
anche nelle prove che la vita le òservò.
L'espressione «Oueno che Dìo vuole non
è mal troppo•, che continuamente le fio-
riva sulle labbra, costituisce Il suo testa-
mento più vero.
NADALINI MARIA In DORIGONI coopera-
trice t a Civezzano (TN) a 92 a.nnl
IlSignore l'hadotata di una fede semplice
e vera_ Ha amato la vita, ha creduto nel
valore del lavoro. ha pensato che siamo su
questa terra per fare qualcosa di grande e
di bello. Ha amato Maria Ausillalrice e Don
Bosco, ha donalo uno del suol figli alla
Congregazione Salesiana. Si Interessava
di tutti I problemi e falli del giorno per
presentarli al Signore e alla Madonna nel
rosario che aveva sempre con sé. Fino aJ-
l'ultimo ha lottato contro Il male e la morte,
Invocando con passione il nome del Si-
gnore,
NECCHI PIETRO salesiano coadiutore
t Ananlndeua (Brasile) a 67 anni
Era natoIn provincia di Pavia, e a 20 parti
per Il Brasile ove divenne salesiano e la-
vorò lìno alla morte. Sue caratteristiche
erano la semplicità del tratto, la povertà
totale, Il senso di gratitudine che sapeva
manifestare anche al più giovani. e lo spi-
rito di preghiera. La casa In cui mori
(Centro vocazionale salesiano) lo ebbe
per un solo anno; ma quello fu sufficiente
per deslare nel giovani profonda simpatia
per la voca~lone di salesiano coadiutore
Molti di loro, Interrogati perché volessero
diventare tali, rispondevano: • Per diven~
tare come I coadiutori che hanno lavorato
In questa casa, e specialmente come Il si-
gnor Pietro,
OSELLA CATERINA cooperatrice
t a Castagnole (TO) a 70 anni
Era una donna di lede profonda. di Euca-
r1Stia quotidiana, di grande amore per
l'Ausiliatrice e Don Bosco. La pialli si
concrelò nella sua vita di cooperatrice.
attiva e zelante. Offerse la sua vita, mi nata
da un male doloroso e Inguaribile, per le
vocazioni ecclesiastiche.
PERISSINOTTO aac, GIUSEPPE salesia-
no t Torino a 78 anni
Salesiano a 16 anni, compi con serietà la
preparazione al sacerdozio e all'Insegna-
mento. Dal 1934 alla morte fu al Liceo
Valsallce di Torino, titolare della cattedra
di lettere Italiane e Ialine flncné le for2e ro La sua bOntà e competenza gli apriva-
glielo permisero. Fu pure preside per 9 no le porte di ogni ceto di persone, dalle
anni, e lenne alto Il prestigio del suo Liceo.
Possedeva un' Intelligenza vivace, acuto
spirito dl osservazione, non comune gen•
mezza di tratto. Il suo carattere timido e
riservato parve soffuso di una lenue om-
più umili alle altolocate A noi resta so-
prattutto Il ricordo della sua vita religiosa
vissuta in piena fedeltà agli Ideali evange-
lici e salesiani proposti da Don Bosco.
bra di maJinconia e di pessimismo. ma
l'Inquietudine si placava nel flducioso ri•
corso a Dio. Migliaia di exalllevl lo ricor-
dano •con lntinf1a gratitudine .., come
scrive uno di loro; e un altro gli lascia
quesJa Incomparabile testimonianza: Ha
seminalo nel mio cuore una dolcissima
lame di Dio•·
PERTUSATI TERESA ved. SCARRDNE
cooperatrice t a 86 anni
Era un·anima umHe e buona, serena an•
RAMPININI ANNA ZAFFARDNt coope-
ratrice t Legnano (Milano) a 80 anni
Era ,scritta tra I cooperatori lin dal 1923, e
lu profondamente devota del Sacro Cuore
di Gesu, e di Marra Ausillalrice. Negli strazi
di un male Inesorabile che la fece soffrire
per lunghi anni Jtunico suo lamento era:
"Ouanto fastidio do a, miei earl!.. E ad-
se ditando I' Auslllatnce: • non ci rosse
leil• Suo sollievo era la recita del rosano.
che oftOva 1n modo speciale per , sacer•
che nelle difficoltà e ricca di una g,ola in- doti, i salesfanl e per le voc-az1on1
tenore che diffondeva con espansività at-
torno a sé. Amava molto Maria Ausiliatrice
e Don Bosco, e col suo rosario sempre In
mano pregava per tutti. Mamma di 4 rlgli,
seppe educarli al vero amore di Dio e del
prossimo, e fu lieta di donare la prima al-
l'Istituto delle FMA .
RISATTI Sac. GIUSEPPE saleslano
t Alessandria d'Egitto a 79 anni
Na10 In provincie di Trento, e diventato
salesiano, parli nel 1921 per il Medio
Oriente. Svolse attivita diverse e d1 note-
vole responsablllta. ma s, dedicò soprat-
PISANI MARIA cooperatrice
t Rovereto Trentino a 82 anni
tutlo all'insegnamento e al mfntstero sa~
cerdotale. V~se le due guerre mondlah e
Rinunciò al matrimonio per dedicarsi al le dure vicende belliche del Medio Orler1-
genitori e a, nipotJ. esprimendo Il suo af- te, sofferse lrequenll disturbi di salute,
fetto nella donailone completa a quanf, cosicché maturò nella capacllà d1 soffrire
a1revano bisogno del suo aiuto Fu coope- e nella convinzione che perguada.9nare le
ratrice convinta. e si dedicò e vane att,vlt/1 anime bisogna • pagare d i persona . Per•
apostoliche Visse gli ultlmi anni m un letto ctò fu eslgente con se stesso e con glialrn,
tti dolore, ma conservo Intatta la serenità, pur mostrandosi largo e comprensivo d1
~erché abbandonata all'amore d o Cristo fronte alle <lllbolezze e al llm1h umani Cosi
che aveva solferio per lei"
abituò , giovani confratelli ad alfrontare
qualsiasi difficoltà con coraggio ott,ml-
PLACIDIA SANTA cooperatrice
t a Castelrosso (TO) a 85 anni
Imparò a conoscere e amare Don Bosco e
ca,. . fa sua opera a Ivrea, ove don Ettore
smo e fiducia Anche I cooperatori h vole-
va ad allo livello di vita crlstlana, disposti a
Javornre fino ar sacr,Hcio per glì altri, con
sule. sal esiano
nevati impegnava anime generose aJla
preghiera e al sacrificio. Dedicò tutte la ROBA2ZA GIACINTO exalllevo e coope-
sua vita al servizio di una famiglia: oltre 60 ratore t a Biella a 81 anni
anni d i prestazione generosa e disinteres- A 18 anni combatté nella prima guerra
sata, Ma non fu una vita chiusa e solitaria: mondiale, poi tornò nella sua Biella e nel
la sua gioia erano i due nipoti•ligliocci che 1921 fondò con altri l'Unione Exalllevl Don
orientò alla vocazoone religiosa, 8d ebbe la Bosco. di cui fu conslgllere per quasi
soddisfazione di vederli entrambi salesla- mezzo secolo. Fu validissimo collaborato·
nI, uno sacerdote e l'altro coadiutore. E te della parrocchia salesiana. valente at•
pai partecipava a tutte le iniziative par- tore e allenatore della cslcislìca "Don
rocchlali, più che serena. raggiante dI Bosco", Nella collabOrazlone della moglle
luce di cielo •. sempre pronta a Incorag- trovò un costante aiuto per ogni opera di
giare e anche a correggere con delicatez- bene. Fino all'ultimo volle ogni tanto rive-
za. condividendo sinceramente J dolori e dere quegli ambienti, quei cortili che l'a-
le gioie altrui.
vevano visto Instancabile cooperatore di
PUGLISI sac. PAOLO salesiano
t a Roma a 70 anni
Dopo aver molto lavorato nella sua nàUva
Don Bosco.
SAVARE· seo. TARCISIO salesiano
t a Torino a 71 anni
Sicilia, fu trasferito a Roma, e per oltre 20 A 14 anni parti per Il CIie, ove percorse le
anni dedico le sue energie all'Istituto Ge- tappe della formazlOne salesiana. Tornato
nni, sia come Insegnante, sla come dele- in llalla, fu segretarlo del Rettor Maggiore
gato regionale del CNOS Alla sua intra- don Pietro Ricaldone fino alla sua morte. e
prendenza si devono In gran parte le suc• pal assolse con la stessa docilità e com-
cesslve trasformazJonl scolastiche dell'l- petenza uffici diversi. Era un"anima tutta
sliluto Un lavoro arduo e complesso, di• raccolta in-O10: la sua calma. la sua sag-
retto unicamente al bene del giovani; gezza Infondevano fiducia, Invitavano alla
qualificarli professionalmente e cristiana- riflessione, alla pleta. Fu franco a corag-
mente per Immetterli nel mondo del lavo- gioso nel difendere I valori lrrlnuncleblll da
frettolose e mallntese lnno'laz,oni ; perciò
la sua conversazione ere sempre stimo-
lante e arricchente. lntul l'avvicinarsi dell•
morte e vi si preparò Intensificando la sua
lenslone spirituale, piena di nos1algia per
il Cielo.
SERAFINI ALFONSO exalllevo e coope-
ratore t a Biella a 69 anni
Fino a 19 anni frequentò il collegio sale-
siano d1 San Benigno Canavese, poi tornò
a Biella ove fu assiduo all'oratorio. col-
labOrando specialmente alla fllodramma,
Uca come regista e attore, Fu esempio di
vita cristiana e di laborlosltè.. Era orgo-
glioso dl avere uno zio sacerdote salesla•
no e due zie suore di M.A.
SERRA sac. GIUSEPPE salesiano
t a Parma a 89 anni
Scrive di lui Umberto PasinL e Eri piccolo!
Una statura da bambino per portare 89
anni di vita, nascosti sotto una. talare di
vecchio prete e la berre"a a tricorno che
forse cl faceva sorridere... Ma eri tu il sor-
riso. che donavi agli altri nell a consuma-
zione del giorni uguali. Eri una mano be-
nedlcenie nel buio del confessionale, un
piede Incerto per portare Dio a chi solo da
le riusciva ad accettarlo Eri vicino al gio-
vani perché eri Il dialogo, eri la nostalgia
del paradiso nelle rughe del tuo volto che
sapeva di preghiere e di mortlf!cazlonl. Sei
stato un sacerdote vero perché sei staio
soprattutto un uomo buono.,
ZEDURI DtOTAVELLI exalllevo e coope-
ratore t a Bergamo a 90 anni
Fu alla scuola di Don Bosco pdma a Tori-
no-Vatdocco e poi a Valsahce, dove ebbe
come direttore e preside don Vincenzo
C,mattl Divenuto maestro e poi direttore
didattico. si senfi sempre " figlio di Dio In
Don Bosco" Meditava Il Bollettino Sale-
siano come un direttorio di vita crislla-
na ", impegnandosi costantemente ad
aiutare le vocazioni sacerdotali e le mls·
sionl più povere. In pieno accordo con la
sua degna consorte, la maestra e coope•
ratrice salesiana Maria Mori, rlserva\\18
Ogni mese uno <lei due stipendi per Il
mantenimento di due chierici salesiani e
per la missione segnalata dal Bollettino,
pur allevando ben cinque flglL Dimostrò la
for2a della sua fede specialmente nel
1944, quando la guerra gli stroncò i pnm,
due Ogll nel giro di 6 mesi Come presl-
den,e degli e)(allievl di Treviso, Ieee di
quell'Unione una delle più organizzata
d'Italia Era assessore provinciale ali'~
struzione_. e sindaco a Trescore; come dl9
rettore didattico animò cristianamente
tutti I circoli scolasllcf della clltà e provin-
cia. Nel 1960 meritò la Medaglia d'Oro dal
Ministero della P.I. Fu presidente degli
Exalllevl, degll Esploralori cattollcl, del
Combattenti e reduci, delle San Vincenzo,
e Segretarlo della pubblfca moralità- Ri-
marràprototipo di''salesiano nel secoio··.
per la dlHusione nella scuola della peda-
gogia di Don Bosco, per la predilezione
verso gli umili e i b1Sognos1. e per la co-
raggiosa professione dei principi cristiaru.
A quanti hanno chiesto lnlormaz,ono, annunciamo che LA DIRE-
ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, ricono-
sciuta giuridicamente con D .P. del 2- 9-lg71 n 959, e L'ISTITUTO
SALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-
nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n. 22. possono legalmente ri-
cevere Lega/1 ed Eredità.
Formule valide sono:
- se si tratta d'un legato: ...lascio alla Direzione Generate Opere
Don Bosco con sede in Roma (oppure all' /sfiruto Salesiano per /e
missioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma d i lire ,
(oppure) l'Immobile sito m... per g li scopi perseguiti dall'Ente, e parti-
colarmente di assistenza e beneficenza, di Istruz.1one e educazione, di
cullo e di religione• .
- se si tratta invece di nomina.re erede di ogn, sostanza l'uno o
l'altro de, due Enti su Indicati·
• ...annullo ogni m,a precedente d1spos1zIone testamentaria. Noml-
no mio erede universale la O/raziona Generala Opere Don Bosco con
sede in Roma (oppure l'ls/Jtuto Salesiano par re Missioni con seda In
Torrno) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, per
gli scopi perseguili dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-
ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione•.
(luogo e data)
(firma par disteso)
34

4.5 Page 35

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Boraa: Maria Au111lalrlce, a cura dì Zlnl
Maria L 500 000
Bo.u: Maria Au1lllalrlce, S. Giovanni Bo-
lCO e Don Rua. In su"rag,o cte/ miei d9-
/utlN e 111vocendo PIOtulone. a cura di
Gallolll Mana .,.., Maggi, Milano L
500000
Bor1a: S. Cuore di Gn ù, Maria Aualllatrf.
ce e S. Giovanni Booco, ,n sul/rag/o del
lrstel/o BaW,ra, a cura di N,N L 400.000
Solidarietà missionaria
Borse di studio per giovani missionari salesiani
pervenute alla Direzione Generale Opere Don Bosco
Boroa: Don Clmattl, In memoria e surtre-
glo di mio Irato/lo M Don Luigi e famr//arl,
a cura di Ines Lç,sa L. 300.000
8 - Benedel Marhenta. ,n s~rag,o de,
defunti della Famiglia Senedel a cura d,
Mattina R11a, Bibiana (TO) L 250.000
Boraa: Mal11na AlelUndro, In su"raglO
dftJ defunti ~la Fam,pùa Martina. a cura
d1 Mar11n.a Rita, Bibiana (TO) L 250.000
eor.-, Alla memoria del Coad. Signorino
Giovanni, a cura del lamlliarl L 250.000
Boroa: A auttraglo di Giorgio Maria Del-
monlo, a cura della mamma L. 150.000
Boria: Merla Auafllatrlce ,enti Salesia-
ni. a suffragio drsr Carolina Clgu1111iFMA.
miulOnar/a In Cina a cura del parenll e
amiche diSlfl!Tlbl.no L 150 000
eo..a: Maria A"'lflalflce S. Giovanni
Bosco, In sullrag,o di mio marito Gaspare
e ..vocendo pioteziona. a cura di Almlno
Orsolina ved Follts. Reggio Emff1' L
120 000
Bo,sa: S. Domenico Savio, per grazie r,.
cevure e mvocandone alrre. a cura di N.N..
Varese L 100.000
Borp: S. Cuore di Geaù e Maria Ausllla-
ll'a, in rlngrazlamenro e invocando pto--
tezione. a cura del coniugi B G.., Orlo(TO)
L 100000
Boru: A oullraglo CMI defunti dJtll a Faml-
glla M. G., Vlgone L 100 000
Bona: Maria Auslllalrlca e SanU Salai..
n~ implorando pro1ttzlont1. a cura di M A
Maggiora (NO) L 100.000
Bor11: Don Vincenzo Cl mattl, a cura di
Visetti Mario, Torino L 100 000
Bo,.■: s. Domenico Savio, In suffragio di
Costa Tereso Carolina e Alo/ Rosa e Invo-
cando protezione, a cura del figlio e mari-
to. Tonno L 100 000
Bona: Don Vi ncenzo Sfnlll, neJ p,tmo
annivetsaoo dl1/la morte, a cura del Coo-
peratori del Sania Lucia. Palermo L
100 000
Bo,sa: Maria Aullllatrlce Don Bosco, In
su/fregio di Aehlrlo Trebakll, a cura della
Famiglia Gulnardl L 100.000
Borp: Maria Aualllalrlce e S. Giovanni
Bosco. Invocando protezione sulla tam~
gita, e cura di Rambaudl Giovanni. Bra
(CN) L 100 000
eoraa Gaetano Donato. Salesiano Coa-
drurore. a cura del Salesiani dt Messi. S
Luogl L I 00 000
8olSa: Maria Aualllalflce • Don eo..:o, a
cura d1 Pennl Francesco, Adro (BS) L
100000
s. Bona: Metla Au1111a1r1ee e Giovanni
Bo•co, In rln9ru1smento lnvocsndo pro-
tezione per me e I mie, csrl, a cura di
Ugol,nl C Rosanna, Rimini (FO) L,
100.000
Bo!Sa: Maria Aualllaltlce e Santi Salnla-
nl. In flngra11amen1O o rmplorendo prolf>-
zlonttperimiele•"• a cura di Tararu Luisa.
L Aquffa L 100 000
8orsa: Alle memoria del marito Galjlare.
a cura di La S.rbere Catenna. Palermo L
100 000
Borsa; Don Botco e Domenico Savio, rin•
graziando pe1 grazJa ricevuta, a cura di
Cluttettl Elena, Terni L. 100.000
Bo,sa: S. Cuore di Gesù, Maria Auolllatrl-
ce, Don Boaco, In sul/rag/o del matlro
FranCNCO e Invocandoprotezione, a cu111
di Valli Giovanna Urbino L 100.000
-
Maria Aualllalrice e Don Bosco,
lmploranao l)lotez,one sulla mia ramlgl,.,
a cura di Aymonmo Ester. Sanremo (IM) L
100000
Boru: M1rla Auslllalrlce S. Giovanni
Bo1eo, In memoria e suffragio di Peveratl
Enro, a cura della vedova e del llgll L
100.000
Boru: Miria Aualllabice e S. Glov1nnl
Boaco, p(ir grazie rlcavutao In sul/rag/o
der miei delunrl, 11 cura dì A.A Maria. C•·
Sletnlno (BR) L 100.000
Bo,sa: In memoria cll Editta HOd..-11, 8
cura di HOderas Luciana. Ba!Onzona
(Svizzera) L 75.000
Bona:Don Calllalo Caravarlo, In sul/rag/o
de, genltor, dli/unti e invocando ptr,tezk>-
ne. a cura di N N , Cooperatncl di Cuoron•
(TO) L. 60,000
Boroa: Maria Aualllatrlce Don Boaco, in
rlngrazlamonro e Invocando protor,one
sul f,g/1, a cura Magnoni G.. Milano L
60000
Boraa: S. Giovanni Bo1eo Pepa G iovan•
nl, per grazia rloavuta. a cura di Robblano
Alla, Chlavari (GE) L 60 000
BORSE DI LIRE 50.000
Bo,sa: Maria Auallialr1ce, S.a Merla Mu-
u rttllo e Bealo Moocall, a cura di E.P
(CE)
Borae: S. Domenico Savio, a cure di
Santamarla Franoa, MIiano
Boraa: Maria Auolllatrlce, ,n sul/rag/o de,
da/unii, a cura di Gllardonl Clotilde. Bel-
klg'<J (CO)
Bo,sa: Marta Auslllalr1ce e s. Giovanni
Boaco. pergrazia. lmp/Ofll/lf cura di Fa-
11iglia Corona Lol Anna Barltardo (NU)
Bona: Maria Auslllatra, don 8 - o, don
Alneldt 1l utaleml upmra, cura di Ca-
robbio Camilla, Colule (BG)
Boraa: SanU Salnlanl, In sul/regio di
Antonietta Di Girolama tnvooondo ur-
genti grazie, a c ura di Errera Vincenza,
Marsala (TP)
8or11: S. Giovanni Boaco, In su"rag/0 de/
Papà Luigi. a cura cr, Zazo Oou Franco,
Fl,enz:e
IO<M: Maria Aullllalrle• Don S...co, In
sullrBglo e ric<Hdo dr rara G,ov1nna a
cura della figlia Francesca
Boroa: Don Bolco, a cura di Bercniera
G10vanna ved. Salvi. Torino
Borp: Don Calllalo Ceravarlo nel so· del
auo martirio, in ringraz!amenro per la par-
Hcolare protezione, a oura di Perotll Con-
cetta, Cuorgnè (TO)
Boraa: Mam Aualllatrlce, Don Boaco
Oon Rua, ,n memorra deJ Ca• Trancesco
Lant/ert, a cura della Famiglia
8o1Sa: Maria Aualllalric9, In sullrag,o dt
Persieo Marghertra a cura della Fam,gh.a
Penico
8orA: s. Giovanni Boaco, ,n aullraglo di
Persico Domenico, a cura della Famiglia
Bor11: Don FIiippo Rlnaldl, a suflragro d1
Gilio Adele, a cura della Farnlglla Persico
lk>r11: Maria Aualllalrlce, In sulfrsg/o di
Follo Mario 11 Invocando grazia, a cura di
Follo Maria Giuseppina, Asll
Bonra: S. Dolpenlco Savio, prolftfl/18 I mi,,,
nlporr. a cura dl Voarlno Mana. Torino
8ofu: Marta A..-111atra. s . Giovanni
Bosco e s. Domenico Sa•lo, cura di
Monllcone Andrea, Tormo
Boraa: S. Domenico Savio, a cura di Sl-
inone Maria, Torino
ao,.a: Maria Auslllatrlc• e santi Saleola•
nl. !n suffragio di mio mamo. noi dec,mo
innNersario di sua mone, cura di Ca•
altero Mana. Tonno
lk,,u; S. Cuore di GeaO. Maria A"'lllalrl-
ce. S. Domenico Savio, In ringraziamento
a wtfra9io de, miei defunti, a cu,s di
M G O , Novello (CN)
&«aa: S. G ~ e Don F. Rlnaldl, In
rlngru,amento, a cura di N N
fiorii:: Maria Auslll1tr1ce • don Boaco, a
protezione della mia lam/gll/J, a cura di
$chiavi no Ballista, Asll
Borsa: Maria Aualllalrlce, don Bosco, Do-
menico Savio, per grazia ricevuta e lnvo-
cancJo protezione. e cura di Ferrarls Ester,
Maslo(AL)
eo..a: Don A. llellraml, a cura della Fa-
m,gha Salesiana di Borgomanero (NO)
Bona: Matla AusUlalrlce, a cura di G P
Boraa: In mltnlOf'la • auffraglo di La Mura
Marta, a cura di La Mura \\lìsoontl Celesti-
na. Piacenza
8oraa: Maria Au1llletrlce e s. Domenico
Savio, invocando ,olute fHir Il figi/o Da-
niele, a cura di De Amici$ Domenica, Ve-
nosa (PZ)
Borsa: Maria Aualllatrlee Don 801lco, In
suffragio del miti delunr, e tnvocando
pror&riona •ul mlii l,g/1. cura di Zanella
Ludovica. Bracciano
Borsa·: s. Gluuppe. ,,.nutec, YOi e aJu.
fateci sempre. a cura det conrugr Mlcel,
s. Borsa: Domenico Savio, protegg, I ml91
nipoti, a cura d1 Mlchell Bernardina (Arez-
io)
Bo,sa: Marill Aualllatrlce e Santi Salesla-
n ~ ,n su/fregio dr Marra e Bagnese; a cura
di Llotta Rosaria, Termini lmerese (PA)
Borsa: Maria Auolllalrlce e S. Giovanni
Bosco, lnVOC11ndo prorezlone. a cura di
Arosio Maria, Lissone ~I)
Bo<U: Maria A"'lllall'lcl e S. Giovanni
Boaco, su"ragio di Susa Marta a cura
delma1110
Borp: Maria Auslllatrlce, don Bosco.
Alexandrlna Da COita, Invocando protf>-
zione. a cura di Noncln1 Laura, Colle Val
d'Elsa (SI)
Borsa: Ma,fa Ausllletrlce S. Giovanni
Boaco, a cure di Nal Ruscone Paola,
Gambolò (PV)
Borwa: Maria Aual111lrlce S. Giovanni
Bosco. a sullr1g/o deJ gennon e sorella
Grusepp,na e 1nvocalldo protezione. a cu-
ra Barone S e C., Catania
Boru: Maria Auollletrlce, In memoria di
Adele Garri. a cura di N N
Borsa: Maria Autlllatr'lca, a cura dì Ma_g-
gioni Tlnucola, Besana Br (Ml)
Boria: Maria Aualllatrlce • Santi Salesia-
ni, per grazie rlcevvta o invocando p1O11>-
l10nesu Clolla e taml/1811. o cure di Dìemoz
Mana. Chambave C,.0)
8orH: Marta Auslllatrlce • S. Domenico
Savio, per grazia ricevuta, a cura di Ta-
buechl Orsola, TIClneto(AL)
Born: Maria Auslllairlca e S. Giovanni
Boaco, per grilli r/Cavura. a cura di Ola·
banani Sandra. Ottlda (AP)
Bo,sa: Maria Auolflalrlce e S. Giovanni
Bosco, in su/frag10 del /amr/larl defunti, a
cura di Ciabattoni Sandra, Offida tAP)
Borsa: Merla Aualllalrlc:e. in memoria e
sulfragio del Pep! e di Aldo, Invocando
protezione su l1ml(llla o su Gabriele. a
cura di Fols Sebashano
Boru: N, Signora della Neve • Beato Ml-
chele Rua, 111-ndo protrwone per se e
per la /amrg/ia. a cura di N N , La Spella
Borsa: Maria Au1lllalrlce, don Boaco, Pa-
pa Giovanni, In wlfraglO dei parenti morti
nel/'al/uvions del 1979, a cura di Carelll
Giuseppina. Toceno (N O)
35

4.6 Page 36

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Spedlz. in abbon. postele • Gruppo 2° (70) 1 • quindicina
AWISO PER IL
PORTALETTERE
In caso di
MANCATO RECAPITO
inviare a:
TOR IN O
CENTRO CORRISPONDENZA
per la restituzione al mittente
LA VITA
PUO'
RICOMINCIARE
Ferito da un colpo di pistola, Patrick Segai, 24 anni, perde
l'uso delle gambe. Condannato sulla sedia a rotelle, Patrici<
non si rassegna: decide di diventare fotoreporter e, un
anno dopo, si imbarca per la Cina. Questa è la sua
straordinaria biografia; la storia, giorno per giorno, del
suo coraggioso ritorno alla vita. È un libro che porta un
messaggio di speranza, di fiducia, di fede.
L. 6.000
SOCIET~ EDITRICE INTERNAZIONALE