Bollettino_Salesiano_197009


Bollettino_Salesiano_197009

1 Pages 1-10

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1.1 Page 1

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BIllEJTIN I SALESIAN I ORGANO DEI COOPERATORI SALESIANI
ANNO XCIV• N. 9 MAGGIO 1970
Spediz. in obbon. posL - Gruppo 2" (70) • 1 • quindicina
1-

1.2 Page 2

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IN QUESTO NUMERO
L'aureola del Santo a un grande amico di Don Bosco
I Vescovi di tutto il mondo unanimi col Papa difendono i valori de
celibato sacerdotale
Un monumento di bronzo e un monumento vivo
Divorzio: un rimedio peggiore del male
La prima enciclopedia della Bibbia in italiano
A Gerusalemme la Risurrezione ha un senso enorme
Padre dei ragazzi della strada
La mia stessa povertà
IN COPERTINA
Il monumento Don Bosco sulla
pl■zu di M•rl• AuslH•trice in To•
rlno h• cinqu•nt"•nnl. ec Questo mo•
numento - he eletto Il sen. Crispoltl
alla inaugurulone - non t I• glori•
ficaz.ione concluslv• dell'Opere di
Don Bosco; l la pietra miliare per
nuovo cammino... Il meuo secolo
trascorso 11II h• d•to regione.
3 maggio r970:
giorno di gloria e di gioia
per i Padri Giuseppini,
che vedono il loro
fondatore, teologo
Leonai·do llfu.rialdo,
onorato con l'aureola
dei Santi.
La Famiglia Salesiana
è in festa
con la Congregazione
di San Giuseppe,
ne condivide l'esultanza
e rievoca la figu.ra
del novello Santo
alla luce della, generosa
collahora,,-ione
da Lui prestata
a Don Bosco
e degli stretti vincoli
di amicizia
che hanno unito
i due g randi cuori.

1.3 Page 3

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l'aureola del Santo
a un grande amico
di Don Bosco
U n sacerdote torinese ogni sabato dalla città si recava fino alla vicina Rivoli. Nello scendere dal
treno aveva la sorpresa di trovarvi sempre in attesa fedele un gruppo di fanciulletti, che gli
facevano festa 'e lo accompagnavano per buon tratto della strada. Lieto di quella compagnia, egli
conversava con loro amabilmente: però non riusciva a capire perché all'improvviso e quasi a turno
qualcuno scomparisse andando a mettersi dietro alle sue spalle. Erano le madri a mandare i loro fi-
gliuoli incontro a quel prete: << Ascoltate bene quello che vi dice - insistevano - e quando sarete
grandi vi ricorderete di aver visto un santo ». E quegli innocenti obbedivano alla loro mamma, si
sentivano attirati dalle belle maniere del sacerdote, ma per quanto lo scrutassero di faccia e di spalle,
l'aureola, che secondo loro doveva recingere il capo di quel santo, non la vedevano.
Quel prete era il teologo Leonardo Murialdo. L'aureola della santità gli splendeva nell'anima,
tutta fuoco per Iddio e le anime giovanili. Ma quella, cercata invano dai bambini, gliel'ha posta at-
torno al capo Paolo VI, col decretargli solennemente gli onori degli altari. Con tale proclamazione
il Papa l'ha presentato al mondo come un perfetto imitatore di Gesù Cristo,·degno quindi che il po-
polo cristiano ne segua le virtù e ne implori l'intercessione.
In intima amicizia con Don Bosco
Il novello Santo nel marzo 1885 si trovava ad Alassio, ospite dei salesiani, per un periodo di con-
valescenza, dopo una malattia mortale. Al suo capezzale era accorso Don Bosco che, con una delle
sue benedizioni miracolose, aveva restituito alla vita il morente, poi con amorevole insistenza l'aveva
convinto a scendere in Liguria, a ripigliare vigore e forza.
Nel frattempo anche Don Bosco, sebbene tanto male in salute - i giornali ne avevano già an-
nunziato la morte - si era rimesso in viaggio verso la Francia in cerca di denaro per i suoi orfanelli.
Fece breve sosta ad Alassio, dove trovò l'amico e fu una festa per ambedue. Scriverà il Murialdo:
<< Don Bosco è sempre lo stesso. Non può quasi muòvere passo, ma seduto che è, racconta fatti e
storielle che pare l'uomo più disoccupato del mondo. Ieri sera dalle nove e mezzo ne raccontò fino
alle dieci e tre quarti. Mi comandò di stare qui fino alla fine di maggio; fortuna che non ho fatto a
lui il voto di obbedienza 1}.
Santa amabilità di Don Bosco I Si trovava in condizioni non migliori che l'amico, ma, per sol-
levarne lo spirito, non badava al suo personale sacrifizio.
Lo guarirà una seconda volta nel 1893, in occasione di una riuova grave ricaduta. Il Murialdo,
riconoscente, accompagnato dai suoi Artigianelli, si re,cherà a celebrare una messa di .ringraziamento
a Valsalice, sulla tomba dell'amico. E vi ritornerà con tutti i suoi ragazzi, nel 1897, quando per le
disperate condizioni finanziarie del suo Istituto, egli invocò nuovamente l'aiuto prodigioso di Don
Bosco. Questi, che di debiti se ne intendeva, perché erano stati il suo assillo per tutta la vita, inter-
venne sollecitamente a rimettere in sesto una barca prossima al naufragio.
1

1.4 Page 4

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Accanto a Don Bosco
per educare la gioventù
L'l}micizia affettuosa che legava
Don Bosco al Murialdo risa.liva ad
anni lontani.
Poco dopo il 1850, questi aveva ac-
cettato di dare una mano per i gio-
vani dell'Oratorio di Vanchiglia io
Torino, di cui Don Bosco aveva l'alta
sorveglianza. Vi si prestava alla do-
menica per l'assistenza e il catechismo.
Più tardi, Don Bosco, che lo cono-
sceva a fondo, gli offerse la direzione
del suo Oratorio di San Luigi. Il Mu-
rialdo accettò generosamente quel po-
sto di responsabilità e lo tenne fino al
1865, prestandovi un'opera preziosa e
sacrificata. Vi largheggiò del suo per
rendere più decorosi i locali, poveri
e disadorni. Si interessò per far sor-
gere una scuola, perché i suoi ragazzi
non si sentissero tentati di frequentare
quella gratuita, aperta poco distante
dai protestanti. Ad aiutarlo in que-
st'opera Don Bosco gli inviava i mi-
gliori tra i suoi chierici. Rua, Ca-
gliero, Albera, Lazzero, Cerruti, Du-
rando erano altamente ammii:ati nel
vedere il Murialdo, di fami~lia e di
educazione signorile, dedicarsi alla
cura di qtS-ei ragazzi rozzi e poveri,
ma tanto affezionati e generosi. Fu-
rono otto anni di lavoro intenso. Ar-
rivava alla sera delJa domenica che ap-
pena si reggeva in piedi, mentre anche
la sua veste portava i segni dei tanti
giovanetti che gli si stringevano at-
torno, come figli al padre. Ma egli
sembrava non sentire la fatica di quel
lavoro estenuante, lieto di veder pro-
gredire nella civile educazione e nella
pietà quei poveri ra&azzi, alcuni dei
quali, sotto la sua gU1da, vennero av-
viati al sacerdozio. Forse egli allor;a
non presagiva che in tal modo il Si-
gnore lo andava affinando per una più
vasta missione in mezzo alla gioventù.
« Facciamo e taciamo »
Il resto della settimana non veniva
passato in riposo. Oltre allo studio,
che tanto lo attirava, si prestava per
predicazioni, divenute sempre più fre-
quenti, perché la sua parola era gu-
stata e apprezzata. C'erano poi lunghe
o~e di confessionale presso vari isti-
tuti, catechismi a comunità religiose,
a classi di ragazzi, e perfino ai poveri
giovani reclusi nella casa di correzione
della Generala. IL santo Murialdo non
si risparmiava certo nel servizio sa-
cerdotale... Ma pure egli rimaneva in
attesa di un segno dall'alto, che gli si-
gnificasse meglio il volere divino.
E Dio non si fece attendere.
Dopo che il Murialdo ebbe tra-
scorso un anno di studio e di medita-
2 zione a Parigi nel seminario di
San Sulpizio, al suo ritorno a Torino
la Provvidenza gli mostrò il campo,
nel quale lo voleva solerte coltivatore.
Stava per riprendere la direzione
del San Luigi, ed ecco gli vien fatta
una proposta da far tremare anche
chi meglio di lui fosse stato esperto
di amministrazione. Il Collegio degli
Artigianelli, fondato da don Cocchi,
rischiava di restar travolto sotto un
cumulo di debiti. L'impresa si pre-
sentava disperata, e il Murialdo pru-
dentemente non si arrischiava a dir
di sì alle persone influenti che gliene
offrivano la direzione. Finalmente non
potendo resistere alle lagrime di chi
lo supplicava in ginocchio, accettò
provvisoriamente. Cioè, come spesso
avviene nel campo del Signore, per
34 lunghi anni, fino alla morte. Era il
novembre 1866. Volle· fare il suo in-
gresso sotto lo sguardo di Maria Im-
macolata 1'8 dicembre, e diede tosto
inizio al suo lavoro, facendo proprio
il motto dell'istituto: << Facciamo eta-
ciamo J), e lo praticò eroicamente, per-
ché parlare, ognun lo sa, è facile e
costa poco, mentre il tare è somma-
mente difficile. Pieno di fiducia nella
Provvidenza non aderì al consiglio di
diminuire il numero dei ricoverati per
mettere in sesto le finanze: sarebbe
stata la loro condanna all'ignorama e
al vizio. Se la cosa poteva arridere ad
un amministratore, ripugnava al suo
cuore di sacerdote e di padre.
Sotto la sua guida esperta il Col-
legio degli Artigianelli riprese vita e
divenne un centro vivo di educazione
cristiana. Un'educazione vigilante e
paterna, fatta di comprensione e bon-
tà, secondo un metodo che richiama
da vicino quello usato da Don Bosco.
Il giovane, sentendosi amato e pazien-
temente aiutato, accettava volentieri
l'azione educatrice e si assoggettava
più facilmente alla pratica religiosa,
amorevolmente insinuatagli, più che
imposta.·Il santo Murialdo tra i suoi
ragazzi era il padre buono in mezzo ai
figli, pronti a donargli una confidenza
piena e affettuosa.
La gioventù operaia·
L'ansia del bene spinse il Murialdo
ad ampliare la sua opera... Nel 1873
aprì la colonia agricola di Rivoli, men-
tre altre fondazioni sorgevano via via,
anche fuori del Piemonte.
Ma il suo interessamento si faceva
più intenso verso il mondo del lavoro.
L'ultima parte del secolo XIX fu ca-
ratterizzata in Italia dallo sviluppo
dell'azione sociale. I cattolici, impe-
diti di dedicarsi ali'attività politica,
svilupparono una fittissima rete di
opere sociali in favore del popolo e
della classe operaia, in pericolo di ca-
dere nelle mani dei seguaci di Carlo
Marx, i quali col pretesto di difen-
derne i diritti, ne avvelenavano con
l'odio la mente e il cuore. L'enciclica
Rerum novarmn di Leone XIII diede
nuovo incoraggiamento all'opera dei
cattolici.
Il santo Murialdo fu in prima linea
nel curare i diritti degli operai. Gli
stava soprattutto a cuore la condizione
dei suoi giovani artigianelli, a cui so-
leva dire: ~ Un buon mestiere è una
cascina su cui non graydina e non
tempesta: è una banca che non andrà
mai in fallimento>>.
Vedeva con preoccupazione i gio-
vani entrare nelle officine, che noo
erano le migliori scuole del beo vi-
vere. Egli avrà parole forti al riguardo,
valide anche oggigiorno. «L'officina,
diceva, corrompe la mentè e il cuore
del giovane. L'officina è una scuola
di immoralità: io aggiungo è una
scuola di irreligione e di empietà.
Essa sfibra il fisico e il carattere... >>.
È meraviglioso questo sacerdote.
che nel 1885 pr~senta al sindaco dr
Torino un progetto completo e parti-
colareggiato in cui, previo concorso,
dello Stato, chiede l'estensione del-
l'obbligo scolastico fino al dodicesimo,
o quattordicesimo anno di età; esen-
zione dal lavoro notturno in fabbrica
fino al sedicesimo; giornata lavora-
tiva di otto ore; completo riposo fe-
stivo; renolamentazione del salario:
legge dell apprendistato; creazione di
un ispettorato di vigilanza e di con-
trollo. Tutte proposte attuate per
legge molti anni dopo, e non ..empre·
con lo spirito illuminato di chi ha a
cuore, oltre che il benessere del corpo,
anche l'elevazione dello spirito. Ma
è vanto del Murialdo l'averlo enun-
ciato e proposto chiaramente, quando
lo Stato non aveva ancora capito l'im-
portanza della questione sociale.
Pianta rigogliosa
Il santo Murialdo moriva a 72 anni,.
il 28 marzo 19001 fra il dolore di quanti
ne avevano apprezzato la santità.
J\\,la con lui non moriva la sua opera_
Provvidenzialmente aveva dato vita
a una Famiglia religiosa - la Pia So-
cietà di San Giuseppe - improntata
del suo spirito e formata da generosi
che moltiplicarono le case, già nume-
rose alla morte del Fondatore.
Dinanzi a codesto così rapido svi-
luppo, vengono in mente le parole
pronunciate da Don Bosco, allorché
fu invitato a benedire il Murialdo, in-
fermo a morte. << Per questa volta
- disse - se la caverà, penso.. . Egli
deve ancora tirar su questa pianta... >l:
e alJudeva alla Fanùglia religiosa da
lui fondata.

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La pianta crebbe davvero e stese
rapidamente i suoi rami, simile al-
1'albero di cui parla il Signore, che
accoglie fra le sue fronde una molti-
tudine di uccelli Quanta gioventù
negli istituti, collegi, colonie agricole,
orfanotrofi, patronati e oratori diretti
dai Giuseppini, e quanta ancora nelle
lontane missioni di America I Alla
scuola del Murialdo e dei suoi figli
essa trova lavoro e pane, istruzione
ed educazione cristiana, un avvenire
sicuro e onorato.
Gioia fraterna di
due Famiglie religiose
L'amicizia cordialissima che in vita
legò Don Bosco al santo Murialdo,
unisce ancora le loro due Famiglie re-
ligiose. Il ven. Don Rua ci vedeva
anzi uno stretto vincolo di parentela,
quando chiamava la Società di
San Giuseppe: <1 cugina prima della
Congregazione salesiana>>. Per questo
motivo i dolori e le gioie dell'una si
riverberano fraternamente sull'altra.
Ma questa è l'ora della grande letizia,
e la Famiglia Salesiana è accanto ai
Padri Giuseppini per congratularsi e
formulare l'augurio di un sempre più
vasto sviluppo, quale Dio suole riser-
bare a un istituto religioso, quando il
Fondatore ascende alla gloria degli al-
tari, perché più viva e potente si fa
allora la sua intercessione. E pensiamo
che L'elogio, espresso dal cardinale
Alimonda quando chiamò il Murialdo
e Don Bosco «due gemme della dio-
cesi torinese», ora che ambedue ri-
splendono nel cielo dei Santi, debba
ampliarsi : essi sono << due gemme lu-
minose della Chiesa cattolica l>, elette
a rendere più sfavillante la corona di
Gesù Cristo, redentore e trionfatore.
Soprattutto colpisce l'attualità e la
modernità di questi due Santi, per lo
zelo con cui hanno cercato di d~e una
soluzione cristiana ai problemi del la-
voro e dell'educazione della gioventù,
così gravi al loro tempo e che ancora
sono causa di profonde apprensioni ai
nostri giorni.
Quello dei giovani, specialmente:
ine:erti e sbandati, in una società che
sembra offrire loro soltanto larga ab-
bondanza di beni di consumo, e de-
plorevole scarsezza di ideali civili e
religiosi.
I santi Murialdo e Don Bosco dalle
altezze dei cicli, con l'ansiosa preoc-
cupazione di quando erano fra noi,
ma in tono più alto e accorato, ci
vanno ripetendo il grido che ha impe-
gnato tutta la loro vita di apostoli e
di educatori: «Salviamo lagioventù I ».
Perché soltanto allora sarà salva la
nostra società.
II
29 maggio 1970
giubileo d'oro sacer·dotale
di PAOLO VI
La triplice famiglia clei Salesiani,
delle JNglie di .Maria Ausiliatrice
e dei Cooperatori,
con gli allievi e gli exallievi,
si unisce alla gioia
e all'au,g·urio del mondo intiero
per la f a11,Sta ricorrenza;
,·innov a la sua filiale adesione
al PAJJRE BUONO,
c71e in paziente e costante àialog<>
con tntti gli· 1wmini di buona volontà,
li invita a risc<>prire
nei valori eterni del V angelo
la solitzi<me ai drarnmatù:i problem1:
posti da 'ttn mondo
in vertiginosa evoluzione,
ne"{,la ricerca di q_1ielta pace che oggi
si chiama svil1tppo e gi1tstizia sociale.
Offre la s·ìta modesta
ma volenterosa collaborazione
al Suo instancabile lavoro
per ridare alla Chiesa cli Gesù Cristo
1m volto nuovo;
nientre amnifra e venera in L ui
il BUON PASTORE
che ogni giorno dona la sua vita
perché si compia
il piano divino di salvezza,
e <1 t1ttt'i siano mia cosa soZa >>.

1.6 Page 6

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DI TUTTO
Il MONDO
"Celibato: bene irrinunciabile per la Chiesa».
« Presidenza Conferenza Episcopale Italiana. riunita pre-
parazione Assemblea generale Episcopato prossimo aprile su
tema "Sacerdozio ministeriale··. accoglie con viva gratitu-
dine Vostri recenti insegnamenti su vita sacerdotale in genere
e celibato in particolare, conferma unanime ◄ decisione As-
semblea plenaria decorso anno essere celibato per nostra
Chiesa bene irrinunziabile del quale si avverte più che mai
necessità; e ben sapendo che intero contesto vita sacerdo-
tale per rispondere suoi altissimi fini bisogna sempre nuova
chi11rezza principi e fervore spirituale per fiorire in opere san-
tità e apostolato, Presidenza proponesi operare perché co-
munione Episcopato e Clero d.Italia prossima Assemblea sia
quasi rinnovato Cenacolo irradiante nuovo vigore su intera
comunità ecclesiale Italiana».
I Vescovi d'Italia
UNANIMI COL PAPA "Gli uomm, di oggi han bisogno di uomini
appassionatamente votati alla loro missione».
DIFENDONO IVALORI
DEL CELIBATO
SACERDOTALE
« La lettera di Paolo VI al Cardinale Segretario di Stato.
sul legame tra sacerdozio e celibato, costituisce per noi una
occasione per affermare la nostra comunione fraterna con
Il Successore di Pietro. I Vescovi di Francia, al pari di tutti
i Vescovi della Chiesa universale, saranno sempre disponi-
bili per lavorare insieme con colui che conferma i suoi fra-
telli nella fede.
In Francia, già da qualche tempo, sono stati fatti oggetto
di riflessione il ministero e la vita dei sacerdoti, come atte-
stano le assemblee di Lourdes del novembre scorso.
Torniamo ora a ripetere: noi non chiamiamo al sacerdozio
se non degli uomini decisi a vivere nel celibato consacrato;
i sacerdoti sciolfi dal loro impegni non possono esercitare il
ministero sacerdotale.
Gli uomini di oggì han bisogno di sacerdoti "appassiona-
tamente votati" alla loro missione al punto di abbandonare
tutto per seguire e annunciare il Cristo Salvatore».
I Vescovi di Francia
"Noi siamo decisi di ammettere al sacerdozio
soltanto coloro che abbracciano il carisma
del celibato».
«Il celibato sacerdotale, che la Chiesa custodisce
come fulgida gemma da secoli, conserva tutto il suo
valore anche nel nostro tempo, caratterizzato da
una profonda trasformazione di mentalità e di strut-
ture». I Vescovi di tutto il mondo hanno preso
posizione sullo scottante argomento del celibato,
« Per il carattere di testimonianza (del Celibato sacerdo-
tale), la Conferenza Episcopale tedesca rimane fedele al-
l'unione del celibato con il sacerdozio, confermando cosi
la decisione del Concilio Vaticano Il del 7 dicembre 1965,
e la propria dichiarazione del 28 dicembre 1963, nonché
l'affermazione fatta dal documento dottrinale dei Vescovi
tedeschi in data 11 novembre 1969. I Vescovi tedeschi ade-
riscono, inoltre. alle direttive di Paolo VI, espresse nella
lettera diretta al Cardinale Vìllot in data 2 febbraio 1970,
che riguardano l'osservanza del Celibato sacerdotale nelle
Chiesa latina.
Noi siamo pertanto decisi ad ammettere al sacerdozio,
anche in awenire, soltanto coloro che abbracciano il cari-
sma del Celibato per il Regno dei Cieli. Non permetteremo,
invece, che i sacerdoti che sono stati dispensati dai loro
impegni, continuino il loro servizio sacerdotale».
Vescovi della Germania Ovest
confermando unanimi questa affermazione di Pao-
lo VI sulla sua piena attualità. I brani che seguono
sono tolti dalle dichiarazioni che le Conferenze
Episcopali nazionali hanno inviato al Papa e che
"Oggi come sempre siamo unanimi con
Paolo VI intorno al problema del celibato».
1 Richiesti da più parti per una presa di posizione, in
quanto Vescovi vicini della Provincia ecclesiastica olandese,
«L·Osservatore Romano» ha pubblicato nei numeri noi 16 Vescovi ordinari e ausiliari dell'Episcopato del Reno
del 25 e 28 febbraio e del 4, 7, 13 e 27 marzo.
e del Nord-Westfalia, facciamo la seguente dichiarazione:
Il 7 dicembre 1965 il Concilio Vaticano Il ha deciso il
Basterà questo saggio per dimostrare quanto ten - mantenimento del celibato sacerdotale nella Chiesa latina
denziose siano le affermazioni di certa stampa su con una stragrande maggioranza d1 2390 voti favorevoli e
I presunti dissensi dell'Episcopato cattolico dal Papa
4 voti contrari. La Conferenza Episcopale tedesca ha di
nuovo professato questa decisione del Concilio il 28 dicem-
4 in materia di celibato.
bre 1968. Oggi come sempre noi stiamo a questa decisione

1.7 Page 7

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e ci poniamo unanimemente dietro la dichiarazione di Paolo VI
i ntorno al problema del celibato...
Noi siamo fiduciosi che Dio darà la vocazione al celibato
sacerdotale a un sufficiente numero di uomini, se tutta la
Chiesa, "umilmente e incessantemente", prega per questo
scopo (Decreto sul Sacerdozio, 16) ».
I Vescovi del Reno e Nord-Westfalia
"Celibato: un argomento sul quale il Concilio
Vaticano Il si è già espresso in modo impe-
gnativo».
« Dopo che la quinta sessione plenaria del Concilio pa-
storale olandese ha votato per l'abolizione del celibato, i
Vescovi olandesi, nel loro comunicato del 19 g_ennaio 1970,
hanno qualificato tale richiesta come desiderio di una parte
della comunità dei fedeli d'Olanda, che i Vescovi intendono
esaminare con Il Santo Padre. Nel loro comunicato essi
accennano al fatto che la questione è di importanza non
solo per la Chiesa locale, ma per la Chiesa universale.
La pubblica dichiarazione dei Vescovi olandesi induce alla
seguente presa di posizione.
La responsabilità per tutta la Chiesa, derivante dall'unione
collegiale di tutti i Vescovi col Papa non è affatto tutelata
informando il Papa circa desideri presenti all'interno di una
Chiesa locale, se questi vengono resi di pubblica ragione
come decisioni di un Concilio pastorale. La collegialità esige
inoltre che, in decisioni di principio, abbiano luogo delle
consultazioni almeno con le Conferenze Episcopali dei Paesi
confinanti. Proprio questi contatti vennero richiesti più volte
e con insistenza nel Sinodo dei Vescovi, tenutosi a Roma
nell'ottobre 1969.
~ necessario inoltre ricordare che il progettato esame
della questione con il Santo Padre riguarda un argomento,
sul quale il Concilio Vaticano Il. col voto di tutti i Vescovi,
si è già espresso in modo impegnativo... »
I Vescovi della Germania Es1
"Piena adesione alle reiterate determinazioni
del Santo Padre sul celibato sacerdotale JJ.
(< La Conferenza Episcopale spagnola, col voto unanime
dei suoi novantacinque membri, in comunione obbediente
col Successore di San Pietro, Capo visibile della Chiesa
universale, partecipi delle afflizioni che gli hanno procurato
le dichiarazioni perturbatrici divulgate pochi giorni o r sono,
manifesta la sua piena adesione alle reiterate determinazioni
del Santo Padre sul celibato sacerdotale. Ringrazia per la
chiarezza e fermezza con le q uali Sua Santità difende questo
bene prezioso, tanto grato al Cuore di Cristo. È disposta
a collaborare con Sua Santità perché con la stessa chiarezza
e fermezza si promuova in tutti i campi dell'azione aposto-
lica tutto ciò che intensifichi la dedizione verginale e feconda
della Chiesa alla sua vocazione e alla sua missione divina».
I Vescovi della Spagna
"La fedeltà del prete a/l'impegno preso è
simile alla fedeltà all'impegno assunto dagli
sposiJJ.
« La fedeltà del prete all'impegno liberamente assunto ieri
resta imperativa. Questa fedeltà del prete all'impegno preso
è simile alla fedeltà all'impegno assunto dagli sposi. Benché
differente, la fedeltà all' impegno sacerdotale ha nessi con
il problema dell'indissolubilità del matrimonio. Si tratta di
un valore evangelico da non perdere a nessun costo. Si
tratta di un tesoro inestimabile. Se ne possono rivedere le
motivazioni, sforzarsi. soprattutto, di scoprirne le ragioni
profonde. Nella Chiesa. il celibato sacerdotale è una vera
pietra angolare.
La pratica delle Chiese orientali e ortodosse sottolinea
fortemente il valore del celibato consacrato. Il Patriarca di
Mosca, per esempio, ordina soltanto preti che hanno accet-
tato il celibato consacrato. Il regime limita Il numero dei preti.
Questa limitazione impone una scelta, e questa scelta si fa
a favore del celibato».
Card1"na1e
s uenens
-
se
I
9
·
1
0
"Nel mondo di oggi il celibato è un segno
che noi prendiamo il Cristianesimo sul serio JJ.
« L'Episcopato austriaco deplora la decisione sul celibato
del Concilio Pastorale olandese e approva le chiarificatrici
parole del Santo Padre, non ultime quelle della sua lettera
al Cardinale Villot. Esse sono una nuova conferma del Con-
cilio Ecumenico Vaticano Il, che ha decretato: "Questo Sa-
crosanto Sinodo torna ad approvare e confermare tale legi-
slazione (sul celibato) per quanto riguarda coloro che sono
destinati al Presbiterato, avendo piena certezza nello Spirito
che il dono del celibato cosi confacente al Sacerdozio della
Nuova Legge, viene concesso in grande misura dal Padre,
a condizione che tutti coloro che partecipano del Sacerdozio
di Cristo con il Sacramento dell' Ordine, anzi la Chiesa in-
tera. lo richiedano con umiltà e insistenza'" (Decreto sul
ministero e la vita sacerdotale). Il Concilio che ha cosi de-
ciso voleva il rinnovamento della Chiesa. Nel mondo di
oggi il celibato volontariamente accettato è un segno che
noi prendiamo il Cristianesimo sul serio».
I Vescovi dell'Austria
"Difficilmente la carità può espandersi sul
terreno circostante quando ha il dovere di
riempire prima il proprio pozzo,,_
<< La Chiesa non fa del celibato un articolo di fede. Si ac-
contenta di affermare che i sacerdoti sono in grado di ser-
vire meglio Gesù Cristo con amore indiviso se sono legati
alla castità. Sono più liberi d1 dedicarsi al servizio di Dio e
degli uomini. Anche quanti sono fuori della Chiesa riescono
a vedere i l valore pratico del celibato. Il saggio di Bacone
"Del matrimonio e della vita celibe" dice: "Una vita da celibe
ben si addice agli uomini di Chiesa : poiché difficilmente la
carità può espandersi sul terreno circostante quando ha il
dovere di riempire prima il proprio pozzo"...
La riduzione di vocazioni non proviene dal celibato, ma
dalla mancanza di fede religiosa e di spirito di sacrificio.
Non sarebbe l'abolizione del celibato a produrre i sacerdoti
necessari alla Chiesa pellegrina. La Chiesa sarà benedetta
da voèazioni arrendendosi non al mondo, ma al Cristo che
porta la croce».
I Vescovi d'Inghilterra
"Il Celibato sacerdotale nella luce del Van-
gelo».
« Rimaniamo pienamente fedeli e coerent i alla dottrina
del Concilio Vaticano 11 sul celibato. Con cuore sincero e
con piena fiducia nei nostri sacerdoti accettiamo i motivi
con i quali Papa Paolo VI, in qualità di successore di San
Pietro e Sommo Pastore di tutta la Chiesa, spiega la giustifi-
cazione e il valore del celibato sacerdotale nella luce del
Vangelo e nella dottrina del Concilio».
I Vescovi della Jugoslavia
Sostengono il celibato, " che ha servito cosi
bene il sacerdozio e la Chiesa».
« Santissimo Padre, nel novembre 1967 e nel novembre
1969 i Vescovi degli Stati Uniti riaffermavano la posizione
della Chiesa riguardo alla legge del celibato. Nel contesto
di questa ferma posizione i Vescovi di questo Paese di t utto
cuore si associano a Vostra Santità nel sostenere ancora
gli ideali e la disciplina del celibato consacrato che ha ser-
vito il sacerdozio e la Chiesa così bene. A loro nome esprimo
a Vostra Santità i sentimenti della nostra lealtà, affezione e
stima l>..
I I Vescovi degli Stati Uniti 5

1.8 Page 8

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ISono col Papa "in tutto ciò che riguarda
la legge venerabile del celibato ecclesiastico JJ.
« In occasione della riunione plenaria dell'Assemblea epi-
scopale del Québec, i venticinque Vescovi presenti desi-
derano dichiarare quanto segue: essi si rammaricano viva-
mente che una certa stampa abbia attribuito a S. E. Mons.
Plourde, Arcivescovo di Ottawa, e a tutta la Conf erenza
Episcopale del Canada da lui presieduta, una posizione con-
traria al pensiero della Santità Vostra sul celibato. posizione
che non è della Conferenza né del suo Presidente per tutto
ciò che riguarda la vita e il ministero dei presbiteri e, in par-
ticolare. la legge venerabile del celibato ecclesiastico».
I V escovi del Canada
Il celibato: testimonianza di una opzione to-
tale di Dio, imitazione più perfetta di Ges ù
Cristo, libertà per meglio servire gli uomini.
« Nell'aprile del 1969, tutto l'Episcopato Argentino, riunito
in Assemblea plenaria. ha riaffermato l'alto va lore ecclesiale
del celibato - "prezioso dono divino" - e il suo valore per-
manente come testimonianza di una opzione totale di Dio.
imitazione più perfetta di Gesù Cristo, libertà per meglio
servire gli uomini e anticipazione della vita celeste.
Sollecitati dai fatti nuovi, noi, Vescovi Argentini, torniamo
a proclamare la dottrina sul celibato. nobilitato dalla Chiesa
di Oriente e di Occidente e alla quale gli ultimi documenti
solenni di Vostra Santità hanno dato carattere definitivo».
I Vescovi dell'Argentina
Vogliono stringersi intorno al Papa "come
a un'ancora di salvezza», sull'esempio di
San Giovanni Bosco.
<< A nome mio e a nome dei Vescovi dell'Honduras. desi-
dero esprimere a Vostra Santità tutto il nostro affetto filiale
e Il sentimento di profonda tristezza che ci pervade per le
sofferenze che angustiano il Vostro cuore di Padre in que-
st'ora, a causa, soprattutto, delle spiacevoli vicende della
Chiesa in Olanda.
Noi, come disse S. Giovanni Bosco a Pio IX. in ogni in-
certezza. in ogni pericolo desideriamo ricorrere a Voi, Bea-
tissimo Padre, come a un'àncora di salvezza, ad un maestro
infallibile... Noi vogliamo assicurarci il cammino che con-
duce al possesso della vera felicità; perciò ci stringiamo
intorno a Voi, come ad un Padre amoroso e ad un Maestro
infallibile. La Vostra parola guida i nostri passi e regola le
nostre azioni. I Vostri pensieri e i Vostri scritti saranno sem-
pre accolti con la massima venerazione e diffusi con viva
sollecitudine. Le Vostre gioie saranno anche le gioie di questi
umili Vostri figli; le Vostre pene e preoccupazioni saranno
ugualmente da noi condivise».
I Vescovi dell'Honduras
impossibile che la Suprema Gerarchia,
nel proporre con tanta unanimità questo in-
segnamento, non interprèti la volontà di Gesù
Cristo».
Senza risalire ai secoli passati. rileviamo che San Pio X
nell'Esortazione Haerent animo, Benedetto XV in una espressa
allocuzione concistoriale, Pio Xl nell'Enciclica Ad cathofici
Sacerdotii. Pio Xli nella Menti Nostrae e Giovanni XXIII in
un discorso al Sinodo Romano, unanimemente tributarono
altissime lodi al celibato sacerdotale e manifestarono la loro
volontà di mantenere ferma questa legge nella Chiesa latina.
Il Vaticano 11 ha ripetuto ta.lì elogi ed ha ratificato detta di-
sciplina. La Santità Vostra. poi, oltre numerose allocuzioni,
ha consacrato alla esposizione di questa materia l'Enciclica
summenzionata. È impossibile presumere che la Suprema
Gerarchia. nel proporre con tanta frequenza e con tanta una-
nimità questo insegnamento. non interpreti la volontà di Nostro
Signore Gesù Cristo, se si ammette - come non può non fare
chi ha fede - che lo Spirito Santo guida la Chiesa militante
nel i;uo pellegrinaggio nel mondo.
I Vescovi del Venezuela
"Unanime e fervida adesione" al celibato,
•(( bene sommamente prezioso e insostituibile
per la vita della Chièsa JJ.
« Dopo aver considerato "il bene sommamente prezioso
e insostituibile che costituisce per la vita della Chiesa il
legame tra il Sacerdozio e il celibato, stabilito da secoli
nella Ctiiesa latina", come esprimeva Vostra Santità, noi
Vescovi di Cuba, "in perfetta comunione" con il Sommo
Pontefice e con la Chiesa universale. vogliamo manifestare
la nostra unanime e fervida adesione a quanto è affermato
nel documento e alla Vostra Persona, principio e fondamento
visibile della unità della Chiesa di Cristo>>.
6
I Vescovi di Cuba
"Cris to, vergine e nato da una Vergine»,
scelse uomini che abbandonarono tutto per
vivere " come visse il Signore"·
« Cristo ci consiglia povertà, castità, obbedienza. Da chi
può Egli attendersi l'accettazione di questi consigli, se non
dai Sacerdoti, plasmatori di Cristo nei loro fratelli? Il celibato
vissuto realizza l'ideale della donazione personale a Dio e
alla sua opera divina sulla terra, col minimo di divisione del
cuore e co·n la maggior libertà possibile di fronte alle neces-
sità temporali, inevitabili e imprescindibili nello stato matri-
moniale. La Chiesa sa che Gesù Cristo preferisce nei suoi
ministri la consacrazione verginale e la libertà di fronte alle

1.9 Page 9

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dichiarazioni provenienti da altre parti. Nella mia comuni-
cazione ai Vescovi, io mi richiamai non solo a tutte le sublimi
considerazioni esposte dal Santo Padre nella sua lettera
enciclica sul celibato sacerdotale, ma anche al profondo,
pratico e solido buonsenso insito nella nostra disciplina tra-
dizionale, la quale ha giovato a far comprendere al nostro
popolo che un sacerdote che consacra la sua vita per svol-
gere un ministero in suo servizio non può, se cessa di restar
celibe, servire con pari dedizione due padroni; ossia, da
una pa'rte, il gregge affidato alle sue cure, e, dall'altra, una
famiglia. Una tale situazione non gioverebbe né al gregge
né alla famiglia; e, in verità, come può un uomo adempiere
due vocazioni, senza venir meno all'una o all'altra, o forse
a tutt'e due?».
Cardinale Gracias - India
,Mi sono !at(o tutto a /urti per /utli lare salvi» (San Paolo).
Il sacerdole cattolico rinuncia a una paternità
c11coscri11a alla famiglia, per una pa1ernl1à che non
conosce limi1i. Sono innumerevoli i giovani
che hanno trovato e trovano in Don Bosco un padre
"In un paese nel quale il celibato è osservato
da molti bonzi, si è circondati dal rispetto e
dall'onore da parte degli stessinon cristiani"·
« I dieci Vescovi della Thailandia, con cuore unanime, vo-
gliono sottolineare la loro ammirazione senza riserve per
l'Enciclica dedicata al celibato dei sacerdoti. Due anni e
mezzo sono trascorsi dalla pubblicazione dl questo docu.-
mento capitale, tanto chiaroveggente sulle possibilità umane
sostenute ed alimentate dalla grazia di Dio, animata da un
grande afflato evangelico; e sempre più opportuno e salutare
appare il richiamo alla conven ienza profonda che unisce la
castità sacerdotalt! al dono che il prete fa di se stesso a Cristo,
alla Chiesa, al popolo d 1 Dio.
In un Paese in cui il celibato è osservato da molti bonzi
in virtù di princlpl ascetici di un'altra religione, si è circondati
dal rispetto e dall'onore da parte degli stessi non cristiani:
la castità del prete, oltre ai valori che derivano dalla natura
e dal m1mstero del sacerdozio cattolico, rimane il sostegno
più sicuro della testimonianza che il prete deve rendere tra
queste popolazioni e della realtà intima della sua unione a
Gesù Cristo>>.
I Vescovi della Thailandia
necessità che vincolano alle cose temporali. Egli, vergine e
nato da una vergine, per la fondazione e la continuazione "Noi Vescovi della Cina stimiamo che il ce-
dell'opera sua scelse "uomini inviati", che, sebbene uniti
in matrimonio, quando giunse l'ora d'impegnarsi per il Re-
gno di Dio, abbandonarono tutto per "vivere come visse il
Signore". Tale fu la figura iniziale dol Sacerdote-apostolo
libato non debba assolutamente esser messo
in discussione JJ.
« I Vescovi della Cina. come tutti gli altri Vescovi della
e tale sarà quella definitiva nel Regno del Padre, di cui i Chiesa universal-?, sono e saranno sempre pronti a colla-
Sacerdoti debbono essere, fin d'ora, i testimoni».
borare con Colui che "fortiter confirmat in fide" i suoi fratelli.
Noi Vescovi accettiamo tutti, con animo gioioso, la men-
I Vescovi dell' Ecuador z10nata lettera (sul cel ibato); e stimiamo che il celibato sa-
cerdotale debba assolutamente essere mantenuto, e non
debba assolutamente essere messo in discuss,one; altrimenti
"Nonostante la scarsità del nostro clero, ne deriverebbe alla Chiesa un danno irreparabile, e si pro-
non vediamo né la necessità né l'utilità del- durrebbe una incomprensibile confusione soprattutto tra i
l'ordinazione di uomini maturi sposati11.
Siamo interamente favorevoli alla legge ecclesiastica del
celibato; legge vetusta, provata e approvata; e siamo certi
d'interpretare non solo il nostro sentire personale, ma anche
cristiani. Essi, infatti, non possono vedere non solo il prete
cattolico sposato, ma neppure i bonzi buddisti coniugati.
senza perdere per i medesimi ogni stima».
I Vescovi della Cina
quello della maggioranza del nostro clero e del nostro po-
polo fedele. D'altra parte, nonostante la scarsità del nostro
clero, non vediamo, sinceramente. né la necessità né l'uti-
lità dell'ordinazione di uomini maturi sposati, anche s1-1 con-
ducessero una degnissima vita cristiana. Riteniamo anzi che
ciò risulterebbe dannoso per l'esercizio dell'azione pasto-
" Il nostro mondo ha bisogno della nostra
fedeltà al celibato per vivere a sua volta i
suoi impegni umani, in particolare quelli del
matrimonio».
rale e per le stesse vocazioni ecclesiastiche».
<< Noi pensiamo che queste voci non sono certamente
I Vescovi di Brasilia Brasile quelle dello spirito di Cristo, e temiamo che siano dettate
da passioni inconfessabili, nella preoccupazione di' cercare
con ogni mezzo più il piacere, che di "fare la Verità nel-
"Un sacerdote non può servire con pari de-
dizione due padroni».
l'Amore": spirito e aneggiamento tanto più da lamentare in
quanto il mondo d'oggi desidera ancora testimoni gioiosi
della vita sacerdotale consacrata dalla continenza. Il nostro
<< Come Presidente della Conferenza dei Vescovi cattolici
dell'India, giudicai mio dovere di esortare tutti i miei Con-
fratelli nell'Episcopato in India a inviare messaggi di solida•
rietà al Santo Padre, essendo vivamente convinto che un
tale appoggio proveniente da un Paese importante come
mondo, in effetti. ha bisogno della nostra fedeltà al celibato
per vivere con serietà e con fervore la sua vocazione al-
l'amore e per va lorizzare a sua volta tutti i suoi impegni umani,
in particolare quelli del matrimonio, la qualità e gravità dei
quali è tanto legata ai nostri l>.
l'India avrebbe giovato a controbilanciare i cattivi effetti di
I Vescovi della Guinea 7

1.10 Page 10

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N el 1868 Don Bosco era riuscito a
portare a termine la costruzione
della chiesa dedicata a Maria Ausi-
liatrice.
Aveva cominciato l'impresa con
pochi soldi in tasca e con un solo cal-
colo preventivo: l'opera era certa-
mente voluta da Dio, quindi i mezzi
per realizzarla glieli avrebbe forniti
Dio. Sono le certezze della fede.
Non pochi l'avevano accusato di
imprudenza, e dal punto di vista
umano avevano ragione. A impresa
compiuta, la comune ammirazione
trovò la sua più felice espressione in
queste parole del teol. Margotti:
<< C'è un miracolo che io sfido chiun-
que a negare: ed è questa chiesa di
Maria Ausiliatrice, venuta su in tre
anni e senza mezzi; una chiesa che
costa un milione!>>.
Don Bosco usciva talvolta sullo
spiazzo ancora informe antistante alla
chiesa, e ne osservava con viva com-
piacenza la facciata. Un giorno disse
a don Garino che lo accompagnava:
«Qui in mezzo mi piacerebbe innal-
zare un monumento che rappresen-
tasse Mosè in atto di percuotere la
rupe e da questa far zampillare una
vena d'acqua che venisse raccolta in
una vasca».
Ma gli anni passarono e Don Bosco,
assorbito da problemi sempre-più gravi,
morì senza realizzare il suo desiderio.
Un regalo per don Rua
L'idea rinacque molti anni dopo,
quando il suo successore, don Mi-
chele Rua, stava per celebrare il giu-
bileo d'oro sacerdotale. Sotto il suo
governo la Congregazione si era dila-
tata in modo sorprendente: le case si
erano moltiplicate da 57 a 345, e i
salesiani da 774 a 4000, con centinaia
di novizi.
Gli alunni usciti dalle case salesiane
si contavano ormai a migliaia. Don
Bosco usava chiamarli i suoi «sale-
siani il nel mondo; ed essi a loro volta
si chiamavano «figli ed exallievi di
Don Bosco >l.
Ogni tanto tornavano a ritrovare il
Padre, finché il 24 giugno del 1870
decisero di parteciJ?are in gruppo alla
sua festa onomastica. Il movimento
dégli exallievi si fa risalire a quella
data. 11 numero crebbe di anno in
anno, finché essi stessi ritennero ne-
cessario unirsi in una organizzazione.
Nacquero cosl le associazioni locali,
mentre poco alla volta si faceva strada
l'idea di federazioni nazionali e inter-
nazionali. Esse avrebbero reso possi-
bile un costante rapporto pastorale
tra i salesiani e i loro ex:ùlievi.
Verso il 1910 questo progetto,
8 nuovo nella storia degli istituti educa-
UN MONUMENTO
DI BRONZO
EUN MONUMENTO

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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VIVO
Nel maggio del 1920
gli Exallievi salesiani di
tutto il mondo vollero
esprimere la loro rico-
noscenza a Don Bosco
innalzandogli un monu-
mento in Torino davan-
ti alla Basilica di Maria
Ausiliatrice.
Dopo cinquant'anni gli
Exallievi di tutto il mon-
do tornano a riunirsi in
Torino per celebrare il
primo centenario della
loro Unione.
tivi, era ormai maturo per la sua at-
tuazione, e don Filippo Rinaldi, vi-
cario di don Rua e anima dei festeg-
giamenti per il suo giubileo, pensò
che la costituzione di una Federa-
zione Internazionale degli Exallievi
sarebbe stato un dono quanto mai op-
portuno e gradito.
Un altro progetto stava a cuore a
don Rinaldi: riprendere l'idea di
Don .Bosco di un monumento davanti
alla Basilica. Lo richiedevano buone
ragioni estetiche (e il Comune di To-
rino aveva aderito alla sua richiesta
concedendo l'area necessaria con de-
liherazionc del 4 gennaio I909); ed
era evidente che non poteva essere
inn:ilzato se non a Don Bosco.
L'affettuosa riconoscenza verso il
Santo si sarebbe così espressa ed eter-
nata in un duplice monumento: quello
vivente degli exallievi, e quello in
bronzo sulla piazza della Basilica.
Le proposte di don Rinaldi furono
accolte con entusiasmo, e già se ne
studiava la realizzazione, quando
l'inattesa morte di don Rua, il
6 aprile 1910, interruppe ogni ini-
ziativa.
Un fatto nuovo nella storia
della pedagogia
Il 16 agosto 1910 veniva cleno come
successore di don Rua don Paolo Al-
bera. Don Filippo Rin,aldi, confer-
mato nella carica di prefetto generale,
si ùedicò con rinnovata energia aJ-
l'organi.zzazione degli Exallicvi, e per
il settembre del 191 r indisse a Torino
il I Congresso Internazionale del-
l'Unio11e. Il quotidiano torinese << La
Stampa >> poteva affennarc che una
manifestazione di quel tipo, così vasta
<: solenne, rappresentava un fatto
nuovo nella storia della pedagogia.
Effettivamente era la prima volta che
più di mille uomini di varie nazioni
(ve ne erano rapptesentate 22) e di
ambienti sociali diversissimi, torna-
vano a ritrovare i loro educatori, mos-
si da profondi sentimenti di affetto e
di riconoscenza.
Presidente del Congresso doveva
essere l'on. Giuseppe Micheli; ma
proprio in quei giorni si manifesta-
rono nel suo collegio elettorale peri-
colosi focolai di colera, ed e~li stimò
suo dovere fermarsi per le mtsurc ne-
cessarie al caso. Si rese tuttavia pre-
sente con un telegramma di saluto e
di augurio, nel quale, tra l'altro, for-
mulava il voto che il Congresso deli-
berasse l'erezione di un monumento
a Don Bosco da inaugurarsi nel 1915,
primo centcHario deUa sua nascita.
La proposta fu accolta dalle accla-
mazioni dell'assemblea degli ExaJlievi,
che vollero assumersi in pieno l'onore 9

2.2 Page 12

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di realizzarla. Doa Riaaldi vedeva fi-
nalmente concretarsi quella iniziativa
di cui era stato lungimirante e pa-
ziente fautore.
Il significato del monumento
Si costituirono due comitati: il pri-
mo fissò Le no.rme generali per il con-
corso da lanciare tra gli artisti di tutto
il mondo, e nominò una giuria esami-
natrice; il secondo si incaricava di rac-
cogliere i fondi necessari e preparare
i festeggiamenti.
Erano gli anni in cui si poteva par-
lare di <• prosperità mondiale>>. Anche
l'Italia era in pieno sviluppo econo-
mico, e il suo bilancio era in attivo.
Nonostante il forte esodo migratorio,
la pClpolazione era cresciuta rapida-
mente fino a 34 milioni. Con il papato
di San Pio ){ anche le relazioni tra lo
Stato e la Chiesa erano notevolmente
migliorate.
Le offerte cominciarono ad affluire,
diligentemente registrate da «Fede-
razione 1>, organo della commissione
per il monumento. Il Municipio di
Torino non volle rimanere estraneo
a una iniziativa che onorava la città,
e su proposta del sinùaco Teofilo
Rossi, approvò un contributo di ven-
timila lire, cifra rilevante a quei tempi.
l\\1a ci fu un fatto più significativo: io
quell'occasione tutto il Consiglio Co-
munale, senza distinzioni ideologiche,
espresse stima e ammirazione per la
memoria di Don Bosco e per la sua
opera. Clu non ne accettava i valori
soprannaturali, riconosceva in lui
l'uomo ùal cuore grande, il filantropo,
un benefattore dell'umanità.
La sottoscrizione dava risultati sod-
disfacenti, e soprattutto aveva quel
carattere pC>polare che gli organizza-
tori desideravano: il periodico poté
registrare le offerte di oltre 300.000
oblatori ùi ogni parte del mondo, di
ogni età e ceto sociale, fino ai pochi
centesimi offerti dai ragazzi.
Meno faticoso, ma certamente più
arJuo fu il compito della cornn,is-
sione artistica. Nell'aprile del 1912
aveva lanciato il concorso per un
gruppo in bronzo, con carattere sim-
bolico o realistico, che esprimesse ef-
ficacemente la grandezza della figura
e dell'opera di Don Bosco. li monu-
mento non doveva essere soltanto un
pubblico riconoscimento a uno dc::i
più grandi benefattori dell'umanità,
ma anche un simbolo di unione e di
richiamo per gli Exallievi sparsi in
tutto il mondo.
Un anno dopo, la principessa Maria
Letizia di Savoia- lapoleone inaugu-
rava in Valdocco l'esposizione di
62 bozzetti presentati da 59 artisti.
10 La mo.stra attirò l'attenzione di mi-
gliaia ùi visitatori, e stimolò l'inte-
resse dei critici sulla stampa di ogni
colore.
La giuria esaminatrice, dopo aver
lungamente e attentamente vagliato i
singoli bozzetti, senza fare una pre-
cisa graduatoria, indicb quelli che a
suo giudizio erano i migliori: cinque,
tra i quali si bandì un nuovo concorso
perché fussero convenientemente:: per-
f1..-zionati. Solo quattro concorrenti si
ripresenrarono. Dopo ripetuti e in-
fruttuosi tentativi di scelta, la nuova
giuria lasciò l'ultima parol., al Comi-
tato esecutiYo. Questo si proounciil
in favore del progetto prerentato dallo
scultore Gaetarto Cellini di Torino,
che sembrava essersi meglio attenuto
alle norme del programma. L'autore
illustrava il sui> bozzetto in questi ter-
mini: << Ho voluto che la figura di
Don Bosco si innalzasse tra un gruppo
di ragazzi, perché Oon Bosco fu so-
prattutto un grande benc::fattore della
gioventù. Da lui poi si dipartono tani i
altri bencfic.iti, per raccogliersi divoti
sotto la protezione ùella l\\laJonna
Ausiliatrice e <li Gesù Sacramentato...
A tergo, ho ricordato le manifesta-
zioni più importanti della grande
opera benefica, con i bassorilievi... i>.
Alla fine del r914 si diede inizio
ai lavori, sebbene fosse già scoppiata
la prima guerra mondiale. :\\1a quando
anche l'Italia scese io campo, si vide
chiaramente che il monumento non
avrebbe potuto essere inaugurato ,ùla
data prefissa. Tuttavia, il Cellini poté
continuare il suo lavoro per vari mesi:
il 23 giugno 1916 la statua di Don
Bosco venne collocata sulla base, e si
aggiunsero anche alcuni bassorilievi.
l\\la poi lo stc::sso scultore dovette ve-
stire il grigioverde e il bronzo venne
riservato unicamente alle necessità
della guerra. Così, ancora una voltii,
il progetto veniva rimandato.
La Societ à delle N azioni
Passato il flagello della guerra, g_li
uomini si rimi~ero con fervore a ri-
costruire quello che avevano distrutto.
[ salesiani ripresero a pieno ritmo la
loro .,tùvità educativa, e vollero rin-
saldare i vincoli che li legavano ai loro
collaboratori esterni, gli Exallievi, le
Exallicvc e i Cooperatori. Don Ri-
naldi, l'instancahile braccio destro di
don Albera, lanciò l'idea di un triplice
congresso per studiare, come lo stesso
don Albera aveva suggerito, il modo
pratico di vi,·ere e diffondere nel
mondo lo spirito di Dt.>n Bosco.
A solenne conclusione del Con-
gresso, ecco finalmente in programma
l'inaugurazione del monumento per
la domenica 23 maggio, vigilia della
festa di l\\laria Ausiliatrice.
J\\:on è compito nostro dare una re-
lazione, per quanto sommaria, del la-
voro compiuto dai congr.:ssistì, af-
Auiti da ogni parte del mondo. Ma
non è esagerato affermare che quelli
furono giorni ùi gloria per l'umile
Santo piemontese. Nell'adunam;a con-
clusiva di tutti i congressisti riuniti,

2.3 Page 13

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I 62 bouettl presen-
tati dai 59 artisti, che
avevano partecipato
al concorso per un
monumento a Don
Bosco sulla piana
Maria Ausiliatrice,
esposti nell'antico
teatro di Valdocco
(anno 1913).
Torino Valdocco
23 maggio 1920:
è immonente lo sco-
primento del Monu-
mento. Assiste una
folla internazionale,
ansiosa di vedere il
volto sorridente di
Don Bosco. A destra,
spazio hbero e palco
per le Autorità.
un sacerdote genovese, don G. B. Ze-
rollo, parlando a nome dei Coopera-
tori, rilevò come allora suscitasse vivo
interesse l'idea di una Società delle
Nazioni. Don Bosco, che aveva un
sincero amore verso il prossimo, era
già riuscito a realizzare la società delle
Nazioni, dal momento eh.e si trova-
vano li riuniti in cordiale amicizia
nella sua casa diventata troppo pic-
cola, i rappresentanti di 23 nazioni,
all'indomani di una guerra spaven-
tosa che li aveva scagliati gli uni con-
tro gli altri.
E proprio un tedesco, il prof. Ha-
brich di Colonia, studioso di Don Bo-
sco, affermava che il merito del Santo
come educatore: non consisteva tanto
nei suoi scritti, quanto nell'esempio
pratico di amore che aveva costante-
mente dato: «La potenza stragrande
del bunn esempio, ecco - diceva -
quello che la pedagogia teorica ha pur-
troppo perduto di vista n.
Se ne aveva in Valdocco una con-
ferma nella grandiosa mostra profes-
sionale e agricola, allestita allo scopo
di illustrare concretamente ai visita-
tori, che affluirono numerosissimi,
non solo quanto i salesiani avevano
già fatto per la elevazione materiale e
morale dei giovani lavoratori, ma più
ancora quello che progettavano di fare
in avvenire: il vero amore per la gio-
ventù, che è la caratteristica del si-
stema educativo di Don Bosco, li spin-
geva ad adeguare i criteri edilizi,didat-
tici e professionali dei loro istituti
alle esigenze del progresso incalzante.
23 maggio 1920
Le conseguenze della guerra ave-
vano pesato anche sulla costruzione
del monumento in modo tale che alla
vigilia dell'inaugurazione i lavori non
erano ancora finiti: alcuni altorilievi
erano arrivati assai tardi, e non pote-
rono essere collocati che in forma
provvisoria. li Cellini, aiutato da un
gruppo di volonterosi, lavorò turta la
notte, anche sotto un temporale che
scoppiò improvviso, per dare al mo-
numento l'aspetto di un'opera finita.
All'ora stabilita per la cerimonia,
la piazza Maria Ausiliatrice era gre-
mita da una folla strabocchevole.
Giunte le autorità, uno squillo di
tromba impose il silenzio, cadde la
tela che velava il monumento e la 6.-
guradi Don Bosco apparve sorridente
sulla iolla in delirio. Da un coro im-
menso di voci giovanili scoppiò l'inno
composto da don Ruffìno' e musicato
dal maestro don Pagella : «Cantiam
di Don Bosco, fratelli'., le glorie... •>.
Il futuro storico della Congrega-
zione, don Eugenio Ceria, presente
alla cerimonia, scriveva negli A1111ali:
<( La folla internazionale puntava gli
sguardi sull'effigie venerata di colui
che fu detto autore di una internazio-
nale della bontà. La sua figura, dal-
l'alto del piedestallo, attorniato da
fanciulli e col capo lievemente chino,
sembrava accogliere l'immensa ova-
zione dicendo: Ion per me, ma per
queste creature ».
Seguirono i discorsi ufficiali: del
senatore conte Eugenio Rebaudengo,
presidente del Comirato esecutivo;
del comm. Paolo Taddei, prefetto
della città e delegato del Presidente
del Consiglio on. ~irti; del marchese
Filippo Crispolti; e del conte Oigiati,
Commissario regio, che prese in con-
segna il monumento. Voci diverse, ma
tutte concordi nell'esprimere la gioia
pcr un'opera finalmente realizzata,
dopo tante traversie, a gloria di un
uomo veramente benemerito del-
l'umanità.
Il viavai della folla continuò fino a
notte, quando una fantastica illumi-
nazione esaltò la piazza, la chiesa e il
monumento.
Era la veglia santa in preparazione
alla festa di Maria Ausiliatrice. Con
essa avevano la loro solenne conclu-
sione quei giorni memorabili. Ma,
come aveva detto il Crispolti nel suo
discorso, non era la glorificazione con-
clusiva di Don Bosco, era la pietra
miliare per un nuovo cammino.
Dopo cinquant'anni gli exallievi
torneranno a Valdocco, la terra santa
salesiana. I loro occhi si fisseranno
sulla Basilica e sul monumento e al
di del marmo o del bronzo ve-
dranno Colei che fu ]'ispiratrice e co-
lui che fu l'esecutore di un grande
piano di salvezza per la gioventù. Da
questa divina realtà che i simboli
umani rendono in qualche modo vi-
sibile, attingeranno la fede e l'entu-
siasmo neces=i al nuovo cammino. 11

2.4 Page 14

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DIVORZIO: u
«T 'esperierzza, scientificamente accertata, dei Paesi che
Lhan,10 una legislazione divorzista dimostra che nessun
male sociale (figli illegittimi, delinquenza minorile, aborto,
adulterio ecc.) viene sanato con l'introduzione del divorzio.
Questi mali, che venivano spiegati come conseguenze del
matrimonio i11dissolubilP, sono anzi aumentati.
Il divorzio legalizzato favorisce d'altra parte il diffon-
dersi di una mentalità divorzista, che aumenta i casi di di-
vorzio e pregiudica, soprattutto nei giovani, la coscienza
delle responsabilità propriP dello stato coniugale efa111iliare».
Cosi si esprimono i Vescovi delle Tre Venezie,, della
Lombardia e del Piemonte nella loro dichiarazione
sull'introduzione del divorzio nell.'ordinamento giuri-
dic;> italiano.
Quanto affermato dall'Episcopato, non riflette opi-
nioni personali di chi è pur particolarmente attento e
sensibile al bene della persona umana e della società
tutta, ovvero opinioni di determinati gruppi legati a
credenze religiose, o a ideologie politiche contrarie al
divorzio, ma rispecchia una realtà di fatto incontesta-
bile e incontestata da nessun divorzista serio e obiettivo.
È innegabile, infatti, che in concreto - e le esperienze
dei Paesi in cui vige il divorzio lo dimostrano larga-
mente - tale istituto non ha mai raggiunto gli scopi
che si proponevano i suoi fautori, e cioè principal-
mente: la eliminazione o, almeno, la riduzione dei fal-
limenti coniugali; la diminuzione dei figli illegittimi;
l'eliminazione delle unioni concubinarie.
A più di un secolo di distanza dai loro colleghi stra-
nieri, i divorzisti nostrani ripetono instancabilmente le
stesse argomentazioni, senza tener conto delle espe-
rienze fatte altrove. Insieme a certa stampa -sapiente-
mente ammaestrata, vogliono far credere che, in Italia,
iJ numero degli illegittimi salga :ille stelle, rispetto agli
altri Paesi; quello dei cosiddetti falliti o forzati dal ma-
trimonio costituisca una grossa fetta della popolazione
italiana; la percentuale delle unioni concubinarie non
abbia confronti con quelle dei Paesi divorzisti. Eppure
anche in questo settore le statistiche parlano chiaro!
Le esperienze di tutti i Paesi che hauno adottato,
per risolvere le crisi della famiglia, iJ divorzio, dimo-
strano chiaramente che tali crisi non solo non sono
diminuite numericamente ma, anzi, sono aumentate, e
che quindi l'esistenza della possibilità di divorziare
provoca divorzi a catena. Basterebbe leggere, a questo
proposito, le statistiche sui matrimoni, sui divorzi, e
12 sui relativi tassi di matrimonialità e di divorzialità nei
diversi Paesi, contenute nelle varie edizioni dell'Annuario
demografico ONU (cfr. anche l'ottimo studio D elfina
D onata Cappelli: Il divorzio nel mondo contemporaneo,
in « Iustitia •>, n. 4/67). Tra il 1962 e il 1964, ad esem-
pio, i divorzi annui sono aumentati in Austria da 7969
a 8930; in Francia da 30.586 a 33.250; nella Germania
Federale da 45 .144 a 50.817; nella Germania Orien-
tale da 21.841 a 23.772; in Svezia da 8849 a 9169; in
Olanda da 5711 a 6203. Mentre, dunque, le separazioni
documentate in Italia oscillano annualmt:nte tra l'r per
cento e il 2 per cento dei matrimoni, in Francia, in
Inghilterra, in Germania il 10 per cento dei matrimoni
finiscono con il divorzio, negli Stati Uniti il numero
dei divorzi raggiunge, nella media nazionale, il 23 per
cento dei matrimoni (in alcune città tocca il 50 per
cento), nell'Unione Sovietica supera il 30 per cento
dei matrimoni. È Vero che, come giustamente si af-
frettano a osservare i divorzisti italiani, la percentuale
sopra riferita delle separazioni in Italia riguarda le
separazioni avvenute con provvedimento del giudice,
che sono poi le sole documentabili. non potendosi cal-
colare le separazioni di fatto, ma è vero altresì che dalla
cifra totale dei separati bisogna sottrarre queUa, parimen-
ti non documentabile, dei coniugi riconciliati sia durante
lo stesso processo di separazione sia dopo l'intervento
del giudice che ha sancito la separazione stessa. Bisogna
inoltre considerare che, di fronte ai separati di fatto ita-
liani, esistono anche, e in misura rilevante, i separati
di fatto non divorziati nei Paesi in cui vige iJ divorzio.
A questo punto si inserisce naturalmente il discorso
sulla incapacità del divor-,do di eliminare le pnioni con-
cubinarie, perché è dimostrato che tali unioni conti-
nuano ad esistere numerosissime anche nei Paesi che
ammettono quell'Istituto. Si legga, a questo proposito,
la n :lazione della Commissione britannica per il di-
vorzio, in cui è detto tra l'altro: «Le statistiche dispo-
nibili non consentono tli fare alcuna stima del numero
totale delle unioni illecite e di quelli che non possono
regolarizzarle, perché una delle parli (o entrambe) è
già coniugata e non può, secondo il presente stato della
legge, ottenere il divorzio>> (cfr. The Law Commissio11,
Reform of lite Grounds of divorce, London, 1966, p . 18).
Ancora: parlando alla Camera dei Comuni in favore
della legge - recentemente approvata - che prevede
il divorzio consensuale e automatico, il deputato labu-
rista Abse affermava : << La legge è una legge coraggiosa
e radicale, anche se fondata sul consenso. È quella

2.5 Page 15

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rimedio neuuiore del male
che aspettano decine di migliaia di uomini e donne...
Poi c'è la questione di roo.000- 200.000 bambini ille-
gittimi nati da unioni concubinarie» (cfr. House of
Commons, officiai re:port, 9 febbraio 1968, pp. 902-903).
Da quanto riferito si deduce, pertanto, che anche il
terzo scopo del divorzio addotto dai suoi sostenitori,
e cioè quello relativo alla eliminazione degli illegittimi,
si dimostra fallace. << Secondo i dati degli annuari de-
mografici dell'ONU (1957 e 1963) - ha scritto recen-
temente Franco Ligi - in Inghilterra e nel Galles gli
illegittimi su cento nati vivi erano nel 1950 il 5,02 per
cento e nel r962 il 6,55 per cento. In Svizzera abbiamo
nel 1950 il 3,79 per cento e nel 1962 il 4,22 per cento.
Negli Stati Uniti, nel 1950, il 3,88 per cento e nel 1963
il 6,35 per cento. In Svezia, nel 1950, abbiamo il 9,32
per cento nelle zone rurali, i] 9,75 per cento nelle zone
urbane, mentre ne] 1963 la percentuale sale al 12,24
per cento. Questa cifra record della Svezia è impressio-
nante, se si pensa all'uso cosl diffuso in quel Paese del-
l'aborto e degli anticoncezionali. 1n Francia la per-
centuale si mantiene più o meno costante, dal 1950 al
1963, sul 6 per cento. In Italia, nel 1953 abbiamo il
3,40 per cento; nel 1963 il 2,20 per cento. Nella Spa-
gna non divorzista, nel 1960 il 2,3 per cento e nel 1963
1'1,9 per cento (cfr. Franco Ligi, Divorzio dibattito
all'italiana, Padova, Cedam, 1969, pp. 85-86).
Si può quindi concludere con assoluta certezza che
il divorzio non ha sanato la piaga sociale degli illegit-
timi, ma che anzi il loro numero è ovunque in aumento
e sempre superiore alla decrescente percentuale italiana.
Se il divorzio non raggiunge gli scopi per cui è stato
o vuole essere introdotto in un ordinamento giuridico,
bisogna allo stesso tempo riconoscere che esso provoca
sempre un allargamento delle crisi familiari e l'aumento
degli altri mali sociali, quali la delinquenza minorile,
il suicidio, le malattie mentali, il malcostume.
«Le statistiche dimostrano - $i legge io una inchiesta
pubblicata dal periodico Newsweek - che sei su sette
persone divorziate contraggono un nuovo matrimonio...
Due su cinque però finiscono per divorziare per una
seconda volta... Fra queste, quelle che non si rasse-
gnano e cercano di sposarsi ancora sono generalmente
delle persone illuse e negate per il matrimonio: otto
su dieci intatti divorziano per Ìa terza volta 1> (cfr. Pa-
norama, 25 ma~gio r967). La stessa inchiesta ha di-
mostrato che più della metà dei divorziati intervistati
erano a loro volta figli di divorziati, dal che si deduce
che il figlio dei divorziati è più predisposto al divorzio.
Il moltiplicarsi dei divorzi nei Paesi che lo ammet-
tono, dovuto ai continui e inevitabili cedimenti della
legge e del giudice di fronte agli interessi privati, dimo-
stra che il divorzio non rende più consapevoli, liberi,
maturi coloro che si sposano - come si pretende da
alcuni - ma provoca al contrario una leggerezza, una
incoscienza, una irresponsabilità sempre maggiori nel
contrarre il matrimonio, in quanto si è consapevoli di
potervi ricorrere.
11 divorzio, inoltre, mentre non elimina né riduce
- come si è visto - il numero dei figli illegittimi,
crea una nuova piaga sociale, costituita dai figli dei di-
vorziati, il cui numero sale vertiginosamente con l'au-
mentare dei divorzi, che si vengono così a trovare senza
una famiglia, con conseguenze psicologiche e sociali
disastrose. Basti pensare che nei Paesi divorzisti - come
ha messo in luce l'on. Sorgi alla Camera, intervenendo
nella discussione sul divorzio - una grossa percen-
tuale dei minori delinquenti, dei minori socialmente
disadattati, dei minori affetti da malattie mentali è costi-
tuita dai fì~li dei divorziati. Ma anche la delinquenza
in genere, il malcostume, le malattie mentali, i suicidi
ed altri mali personali e sociali del genere mietono tra i
divorziati ste'5si un altissimo numero di vittime (ctr.
il citato discorso dell'on. Sorgi, del 3 luglio 1969).
Questi sono, sostanzialmente, i motivi per cui ogni
retto e onesto cittadino non può essere favorevole al
divorzio. Al di fuori di considerazioni di carattere mo-
rale e religioso - non condivise da chi non crede - ,
di c~rattere eminentemente giuridico - che finiscono
per porre un falso problema, dato anche il fatto che
le leggi possono essere mutate o, più semplicemente,
violate! - , se si esamina obiettivamente, come sem-
plici cittadini desiderosi del bene comune, il problema
dell'introduzione del divorzio, la soluzione non può
essere che una. L'esperienza dimostra, infatti, che il
divorzio è un rimedio di ~ran lunga peggiore del male
che si vuole guarire: anziché favorire quella difesa e
quella tutela dell'integrità dell'istituto familiare per cui
si vuole la sua introduzione (cfr. la relazione illustra-
tiva della proposta di legge dell'on. Fortuna, in P.
Fortuna, L. Jorio, A. Pandini, Rapporto sul divorzio
in Italia, Milano, Longanesi, 1968, p . 202), provoca
ed accelera la crisi delle famiglie e la loro disgregazione.
GIUSEPPE DAL~ TORJIE jr. 13

2.6 Page 16

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La Editrice L.D.C. presenta al pub-
blico itaJiano l'Enciclopedia della
Bibbia in sei grossi volumi, defi-
nita « uno dei principali avveni -
menti di editoria biblica e religiosa
di questi tempi». Studiosi e ricer-
catori di Scienze bibliche d'ogni
parte del mondo hanno collabo-
rato a interpretare e approfondire
il messaggio che Dio ha rivolto
agli uomini di ogni tempo. Quello
che la Bibbia può dire all'uomo
moderno nel campo teologico, sto-
rico, geografico, etnografico e li-
turgico, è qui raccolto e aggior-
nato alle ultime scoperte archeo-
logiche, filologiche e scientifiche.
A serv1z10 della pastorale
Attualmente, al Corso che si tiene
nella Chiesa
nell'Istituto salesiano, accanto alla
nuova sede della Libreria Dottrina
Il Concilio ha detto chiaramente Cristiana di Milano, sono iscritti
che ogni cristiano, in forza della sua 130 corsisti appartenenti a 36 diocesi
stessa vocazione scaturita dal Batte- e a diverse congregazioni religiose.
simo e confermata dalla Cresima, è Altre attività: corsi, convegni, set-
responsabile di trasmettere agli altri timane di aggiornamento tenuti da do-
la verità ricevuta, secondo le partico- centi del Centro in tutte le regioni
lari situazioni in cui vive e opera.
Il Documento Base della C.E.I. sul
d'Italia per un complesso di 627 gior-
.nate, che hanno impegnato uno o più
<< Rinnovamento della Catechesi>>, af-
ferma che ogni membro del popolo di
membri durante tutto l'anno.
Dio << è per sua natura un catechista: Nel campo editoriale, accanto alle
deve perciò prendere coscienza della ristampe di 68 opere, lo scorso anno
sua responsabilità e deve essere esor- sono stati editi 69 volumi nuovi nei
tato e preparato a esercitarla» (Arti- vari settori della catechetica, pasto-
colo 138). Si sa, Don Bosco cominciò
la sua opera con una lezione di cate-
rale, liturgia, ecclesiologia, oltre a nu-
merosi sussidi per coloro che operano
chismo impartita al giovane Bartolo-
meo Garelli, che viveva nella più gran-
nel campo dell'infanzia, della fanciul-
lezza, dell'adolescenza.
de ignoranza religiosa, e volle che i Alla diffusione del materiale L.D.C.
suoi figli si dedicassero con partico-
lare cura alla catechesi della gioventù
provvedono 7 Filiali e le Librerie sa-
le$iane; collaborano fraternamente le
più povera e abbandonata.
83 Librerie delle Suore di S. Paolo
Il Centro Catechistico Salesiano,
voluto dal compianto rettor maggiore
e un centinaio di Librerie sparse in
ogni zona della Penisola.
don Ricaldone quasi trent'anni or
sono, è sorto proprio per rendere un
servizio a tutti coloro che nella Chiesa
sono impegnati nella pastorale cate-
chistica.
Una « Enciclopedia
della Bibbia»
Fanno capo a specialisti del Centro Tra le pubblicazioni di .maggior ri-
diverse riviste: Catechesi, che inizia lievo, i primi volumi della Enciclo-
il suo trentanovesimo anno di vita ed pedia della Bibbia, definita «uno
esce in cinque differenti fascicoli che dei principali avvenimenti di editoria
abbracciano tutto l'arco dell'età evo- biblica e religiosa di questi tempi n
lutiva; Rivista liturgica, Note di (Idea, n. 12, 1969).
Pastorale giovanile, Armonia dì Il Concilio ha vigorosamente esor-
voci.
tato i cattolici ad accostarsi diretta-
Altro lavoro molto impegnativo del mente alla Ilibbia, per troppo tempo
Centro è il Corso biennale <1 Esperti rimasta privilegio di pochi: << Perché
in pastorale catechistica>>, iniziato nel la mensa della Parola di Dio - dice
1967 a Torino con l'approvazione e la Costituzione sulla Liturgia - sia
l'incoraggiamento della Commissione preparata ai fedeli con maggior ab-
per la catechesi della Conferenza bondanza, vengano aperti più larga-
14
Episcopale I taliana.
mente i tesori della Bibbia•> (Art. 51).
L,__ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _....!..__ _ _ _ _ _ _ _ _ __ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ _ __

2.7 Page 17

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A PRIMA
NCICLOPEDI
ELLA BIBBIA
IN ITALIANO
Il libro di Dio torna a essere sor- grafia, l'archeologia, discipline che il-
gente inesauribile e feconda dell'azio- lustrano e precisano i dati biblici; non
ne pastorale, della catechesi e della si prescinde dalle conoscenze etno-
predicazione, che devono attingere grafiche e giuridiche e nemmeno dalle
<< alle fonti della Sacra Scrittura e della- scienze naturali, richieste per i libri
Liturgia, quasi annunzio delle mira- biblici, e si il massimo rilievo agli
bili opere di Dio nella storia della sal- studi sul pensiero liturgico, filosofico
vezza, ossia nel mistero di Cristo, mi- e teologico delle Sacre Scritture, alla
stero che è in noi sempre presente e luce delle direttive del Concilio Vati-
operante, soprattutto nelle celebra- cano IL
zioni liturgiche>> (Costit. sulla S. Li- Le carte geografiche, i disegni, le
turgia, Art. 35).
fotografie, le illustrazioni hanno lo
La parola di Dio, che per secoli è scopo di illuminare conoscenze e pro-
stata segno di lotta e di divisione tra blemi, e sono state scelte con criteri
le diverse confessioni religiose (catto- scientifici e pastorali insieme.
lici, protestanti, ortodossi, ebrei), di- L'Enciclopedia, uscita in prima edi-
venta oggi il simbolo e la piattaforma zione in lingua spagnola, è stata
per l'unità di tutti i credenti. Così il completamente riveduta e rinnovata
libro più antico rimane il più mo- nell'edizione italiana con la collabo-
derno e il più attuale, perché rac- razione dei biblisti italiani. Essa è
chiude la storia passata, presente e l'unica Enciclopedia in lingua italiana
futura di ogni uomo, a qualsiasi oggi a disposizione del pubblico. Vi
gruppo etnico o confessione religiosa hanno collaborato oltre 300 specia-
appartenga. In esso può trovare la ri- listi, studiosi di 22 nazioni, apparte-
sposta esauriente e convincente ai suoi nenti alle tre confessioni: cattolici,
più importanti problemi.
protestanti, ebrei.
Oggi gli studi biblici hanno rag- La presentazione in forma di dizio-
giunto un'ampiezza e una profondità nario, corredato da un ampio indice
mai raggiunte finora. Per questo si analitico, rende questa Enciclopedia
sentiva la necessità di un'opera che della Bibbia un facile strumento di
passasse in rassegna i valori acquisiti consultazione e di lavoro per quanti
nei secoli e li presentasse, -vagliati alla sono chiamati a presentare il << mes-
1.uce delle più recenti scoperte, all'at- saggio della .salvezza >> all'uomo mo-
tenzione generale.
derno, che nell'èra della tecnica e delle
È l'obiettivo che ha guidato la conquiste spaziali sente più vivo il ri-
L.D.C. a varare la prima Enciclope-- chiamo ai supremi valori dello spirit.o.
dia della Bibbia in italiano, riu- Sarà utilissima agli insegnanti di
nendo, ai fini dello studio e dell'apo- Religione nelle scuole superiori, agli
stolato, le diverse forme con le quali uomini di cultura desiderosi di ap-
sono enunciate le più svariate cono- profondire e risolvere i problemi che
scenze hibliche.
la lettura della Bibbia suscita, ai sa-
L'opera che esce in sei grossi vo- cerdoti che del messaggio divino con-
lumi, comprende l'onomastica, la to- tenuto nella Bibbia sono i più quali-
ponimia, la linguistica, la letteratura ficati cultori e trasmettitori al Popolo
biblica, come pure la storia, la geo- di Dio.
15

2.8 Page 18

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DAL NOSTRO INVIATO DON CARLO DE AMBROGIO
AGerusalemme la Risurrezione ha
G erus~lemme è una città che bisogna ascoltare e
resptrare.
n - Guardi, - mi dice don Andrea Ceci, - ecco la
Basilica del Santo Sepolcro. luogo dove Gesù venne
rroci.fisso e sepolto è stato ricoperto, fin dal secolo IV,
da imponenti costruzioni. Sona in corso i lavori di re-
stauro. Quando tutto sarà finito, allora (gli occhi di
don Ceci si illuminano) sarà una risurrezione.
Don Andrea Ceci conosce bene l'ebraico antico e
moderno, frequenta l'Università ebraica, sta allestendo
a Crcmisan (dove è lo studentato teologico salesiano)
un museo di archeologia che sarà un gioiello; ha rac-
colto per conto proprio dei saggi interessantissimi di
reperti che sa Jeg~ere e decifrare con rara competenza.
Parliamo della nsurrezione, mentre le cupole del Santo
Sepolcro si stampano alte nel cielo dov'è un immenso
peso di azzurro. Tutta la città di Gerusalemme sembra
macerarsi in Wla luce trasparente come olio fine.
Da un pugno di discepoli, ecco la Chiesa
Il cristianesimo ha conquistato il mondo con la fede
nella risurrezione di Gesù. È una costatazione. Se noi
si risale indietro nella predicazione primitiva, la fede
nella risurrezione la ritroviamo tutta intera come un
blocco di granito. Essa anima la catechesi e il <i kè-
rigma » degli apostoli. Da un pugno di discepoli avvi-
liti e scoraggiati ha fatto, senza esitazione e senza in-
dugio, una Chiesa che rovescerà e sfalderà l'Impero
Romano e distruggerà i molteplici paganesimi. Per un
incredulo o per uno spirito che voglia rimanere neutro
davanti ai documenti, l'enigma è sconvolgente. Gli
succede come se una bussola impazzita avvertisse il navi-
gatore che si trova in prossimità di un'immensa cosa di
cui è incapace, con gh strumenti di bordo, di deterrni-
16 nare l'identità e di cui non riesce affatto a sbarazzarsi.
A colloquio con don Charbel
Non molto lontano da Gerusalemme, ecco lo Stu-
dentato Teologico Salesiano d i Cremisan. Cremisan non
dista troppo da Betlemme. A piedi, dalla casa ispetto-
riale di Betlemme a Cremisan non ci si impiega più
di un'ora. Il direttore dello Studentato è don Mario
Grussu. Conserva un anin10 giovanile, nonostante la
capigliatura candida come di seta bianca. Mi presenta
a don Antonio Charbel: è un btasiliano che dalle prime
battute di conversazione trasuda esegèsi biblica fin dai
pori della pelle. Mi riferisce in pochi cenni il vasto
lavoro di penetrazione della Parola di Dio, da lui com-
piuto in Brasile. Ha al suo attivo parecchie pubblica-
zioni di accurata indagine scritturistica. Ci avviamo
verso la collina, mentre il tramonto suUa Giudea si
incendia di colori. Scendono le ombre, il paesaggio si
fa lievemente romantico; Gerusalemme di fronte a noi
accende le sue luci.
Parliamo insaziabilmente del Vangelo, in questi luoghi
che sono sovraccarichi di storia biblica. Mi dice (e io
mi ~etto a imprimere nella memoria le sue preziose
indicazioni):
- L'esperienza che si può avere delle letterature
mondiali nei loro più sublimi momenti di genio (sup-
poniamo il momento di Omero, di Eschilo, di Platone,
di Virgilio, di Dante, del teatro elisabettiano, di Sha-
kespeare, di Goethe, di Dostoievski), tutto ciò che è
considerevole in dignità, in peso poetico, in risonanza,
scolorisce di fronte al Vangelo. Io mi trovo davanti
a un l::SSERE che mi è contemporaneamente più intimo
di qualsiasi altro e che nello stesso tempo mi straripa
da ogni parte. Io mi sento letto, nello stesso tempo
che leggo. Veramente mi trovo davanti all'Emmanuele,
cioè al Dio-con-noi.
- Allora, secondo lei, il Vangelo è scritto con l'arte
più umanamente splendida?

2.9 Page 19

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ed ecumeniche che lo Studentato vuole perseguire e
accentuare. In un primo tempo lo Studentato doveva
sorgere a Tantùr, in forza di una convenzione valevole
per 30 anni col Sovrano Militare Ordine di Malta.
Ma saputo che il Papa desiderava acquistare un ter-
reno nei dintorni di Gerusalemme per l'erezione di un
Istituto Ecumenico di Ricerche Teologiche, l'Ispettore
don Laconi rinunciò al progetto e ripiegò su Crem.isan.
Oggi Io Studentato mira a ottenere l'aggregazione al
Pontificio Ateneo con un ordinamento di studi a li-
vello universitario, che gli dia la possibilità di confe-
rire anche la Licenza. Gli allievi avrebhero quindi la
facilitazione ad accedere a un perfezionamento biblico,
teologico e pastorale al Pontificio Istituto Biblico di
Roma, all'École Biblique dei Domenicani di Gerusa-
lemme, al Centro Ecumenico di Tantur (che disporrà
di una biblioteca specializzata di 100.000 volumi) e
all'Università Ebraica di Gerusalemme.
un senso enorme
- Certamente. È un capolavoro insuperabile. E
questo capolavoro non è soltanto un oggetto ammire-
vole situato io piena luce, ma è piuttosto simile a un
sole; voglio dire che è una sorgente di luce per qual-
siasi spirito umano. Ogni scena del Vangelo, alla ma-
niera di uno specchio attorniato da altri specchi, o
piuttosto alla maniera di una pupilla in cui si concen-
trano altre pupille, racchiude e condensa tutto. Io non
ho mai definito iperbolico l'ultimo periodo del Vangelo
di San Giovanni che dice: <r Vi sono poi mollt> altre
cose fatte da Gesù. Se si scrivessero una per una, penso
che neppure il mondo potrebbe contenere tutti i libri che
si dovrebbero scrivere>>. Il Vangelo di San Giovanni
riferisce solo sette miracoli di Gesù; ma il lettore ha
l'impressione che San Giovanni abbia trascelto nell'in-
finito.
Perché è dedicato a San Paolo
D iamo un rapido sguardo, appena scesi dalla collina,
all'edificio che ospita gli allievi di teologia, abbastanza
funzionale, dopo i lavori di ampliamento. Attualmente
- mi riferiscono - è lo Studentato più numeroso di
tutto il Medio Oriente: la Facoltà Teologica dell'Uni-
versità St. Joseph di Beirut, per esempio, non conta
più di 42 allievi. In data 29 settembre 1966, l'Istituto
Teologico Salesiano di Crernisan venne affiliato alla
facoltà teologica del Pontificio Ateneo Salesiano di Roma:
ha la possibilità quindi di conferire agli alunni il grado
accademico del baccalaureato, alla fine del corso di
teologia.
È stato il Santo Padre Paolo VI a esprimere il desi-
derio che lo Studentato prendesse il nome di San Paolo,
apostolo delle genti, e ciò in vista delle finalità bibliche
Risalire alla sorgente
Quest'anno lo Studentato Teologico Salesiano di
Cremisan conta fra i suoi studenti un gruppetto di
chierici che vengono dalla Thailandia e tre chierici
che vengono dalla Cina.
Viene da riflettere. Tra le parole antiche che la no-
stra epoca ha caricato di un valore nuovo, c'è la parola
«sorgente >>. Tutti noi ci vogliamo rinfrescare tornando
alle sorgenti, come la Samaritana che attingeva l'acqua
dal pozzo profondo. A dire il vero, l'umanità ha sempre
manifestato il desiderio di ritornare al luogo di origine,
di risalire le acque del fiume. I pellegrinaggi medioe-
vali che spingevano le masse umane come correnti mi-
gratorie verso la tomba di San Giacomo di Cornpo-
stella, verso Roma, verso Gerusalemme, erano causati
dal desiderio di risalire alla sorgente da dove sgocciola
il tempo che na-sce dall'Eternità.
Oggi Gerusalemme è separata da Hong Kong o da
Bangkok soltanto da un colpo d'ala; o meglio da un
aviogetto. Conviene quindi che gli studenti di teo-
logia salesiani risalgano a Gerusalemme e vengano qui
a Cremisan a riallacciarsi alla Chiesa nei luoghi stessi
dove la Chiesa ebbe la sua nascita. La sorgente è il
sangue di Gesù. Il Vangelo di San Giovanni lo sotto-
linea opportunamente: la Chiesa nacque dal Cuore di
Gesù trafitto dal colpo di lancia; da zampillarono e
zampillano tuttora l'acqua battesimale, l'acqua viva che
è lo Spirito Santo e i1 Sangue eucaristico.
Con don Andrea Ceci ripercorro la strada di Em-
maus. Mi viene in mente l'episodio di Gesù che si
unisce ai due discepoli. Mi ricorda.i che il patriarca
Atenagora, quando incontrò il Santo Padre Paolo VI
a Gerusalemme, gli disse: << Ecco che dopo di aver
cercato di riunirci, abbiamo trovato insieme il Signore.
Seguiamo dunque la via sacra che si apre dinanzi a
noi. E Lui verrà a congiungersi al nostro cammino,
come lo fece la sera del giorno di risurrezione con i due
discepoli che andavano a Em.maus: ci indicherà la
strada da seguire sospingendo i nosui passi verso la
meta alla quale aspiriamo 1>. Ci fu uno scambio di doni
simbolici: Paolo VI offrì al Patriarca un calice; Ate-
nagora offri l'engolpion, l'immagine cioè della Madonna
che il vescovo di Oriente porta sul suo cuore. Infatti
la Vergine nella tradizione orientale è la figura della
Chiesa perfetta, totalmente compiuta, immacolata. 17

2.10 Page 20

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Il 1° maggio ricorre il 20° anniversario della morte
di don Pietro Berruti, prefetto generale dei salesiani
dal 1932 al 1950. Di questa luminosa figura
di salesiano presentiamo l'aspetto che lo caratterizza:
l'amore per i ragazzi più poveri e più abbandonati.
PADRE
DEI RAGAZZI
DELIA SI A
18
D on Berruti, sacerdote novello,
aveva scelto come motto-pro-
gramma del suo sacerdozi.o le parole
cli Isaia: 4 Il Sig11ore mi ha ma11d-010
a,L a11nu11ziare la buofla ruwella ai po-
veri •· Durante la seconda guerra
mondiale, quando la gioventù povera
e abbandonata parve inondare le vie
e le piazze delle città d'Italia e cli gran
parte del mondo, egli, chiamato dalla
Provvidenza a rappresentare Don Bo-
sco al centro della cattolicità, rivelò
di possederne il cuore.
Oltre la cura degli orfani - scri-
veva ai salesiani il 24 gennaio 1945 -
un altro compito è assegnato ai figli
di Don Bosco per la ricostruzione mo-
rale dell'umanità sconvolta: la sal-
vezza di quella infelice gioventù che
oggi si suole indicare con la denomi-
nazione cli "ragazzi della strada".
Le distruzioni e gli sbandamenti
causati da un fronte che avanza e re-
trocede come rullo compressore sulla
superfice di quasi tutta l'Europa,
hanno dato origine a tale somma di
mali e di miserie che non vi è l'uguale
nelJa storia. :.\\1a di tutti questi disastri
il più deplorevole e di maggiore riper-
cussione nelJ'avvenirc è senza dubbio
quello dei ragazzi abbandonati a se
stessi, che passano tutto il giorno
nelle strade in cerca di un mezzo per
campare la vita. f!: spaventosa la con-
dizione morale di molti di essi: squa-
dre organizzate agli ordini di capi
spregiudicati, addestramento al fm;to
e al delitto, bestemmia e turpiloquio
abituale, scuola di malfare e di ban-
ditismo cagionano a un gran numero
di ragazzi una irreparabile rovina ci-
vile e morale; altri sono in pericolo di
cadere in queste reti diaboliche; tutti
poi trovano pericoli e incentivi al male
nell'ozio, nei discorsi e nella vita im-
morale che si svolge quotidianamente
dinanzi ai loro occhi •·
cc Ci vorrebbe Don Bosco »
Davanti a questo fenomeno deso-
lante e preoccupante, don Berruti
lanciò un primo appello per mobili-
tare le energie saJes1ane a favore dei
ragazzi della strada: • S/a11ciamoci al
salvataggio di questa povera gioventù:
facciamo quaflto è possibile - e per i

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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figli di Don Bosco in questo campo sono
possibili anche i prodigi - per togliere
i ragazzi dalla strada, sia pur solo
qualche ora alla settimana... >>.
A questo appello Dio stesso parve
mettere la fuma per mano del suo Vi-
cario. Proprio in quei giorni Pio Xll
inviava il principe Carlo Pacelli a co-
municare a don Berruti il suo deside-
rio che i salesiani scendessero sulla
strada a rinnovare i prodigi di trasfor-
mazione operati da Don Bosco tra la
gioventù abbandonata di Valdocco.
Cominciarono anche gli allarmi del-
la stampa: (( Poveri fanciulli - scri-
veva un periodico romano - hanno
sonno, hanno freddo, hanno fame: e
non sanno dove dormire, come co-
prirsi, come sfamarsi. Tutti i lavori
sono buoni per questi ragazzi, anche
quelli che la morale definisce cattivi.
Di buon mattino sono già per le stra-
de, aggrappati a una circolare, a un
carro, a un camion, con le dita vetri-
ficate dal freddo . Brigano, corrono,
trafficano tutto il giorno e la scelta
del mestiere non è sempre rigorosa.
Li trovi impegnati in ogni imbroglio,
inseriti in ogni sudiceria. Piccoli e
sguscianti come sono, rappresentano
gli ausiliari ideali della delinquenza.
In una società ben regolata andreb-
bero a scuola; invece rubano, "com-
merciano", truffano, rapinano. An-
dranno domani a infoltire le schiere
dei criminali; saranno domani i co-
siddetti rifiuti della società. I cittadini
dovrebbero rabbrividire di paura ve-
dendo questi ragazzi che si aggirano
famelici come lupi, cne incollano il
naso sui vetri delle rosticcerie di lusso,
che procedono scalzi sull'asfalto ge-
lato. Nei loro occhi infossati, nelle
loro livide gote incavate, sulle loro
labbra spente c'è la rivoluzione, c'è
la sommossa che domani, forse, in-
sanguinerà ancora una volta le nostre
contrade».
E dopo aver deplorato il poco o
nulla che si era fatto fino allora per
ovviare a una situazione cosl allar-
mante, l'articolista prm,eguiva: (( Ci
vorrebbe Don Bosco. Egli non pro-
moverebbe comitati, non stampe-
rebbe manifesti, non terrebbe confe-
renze. Andrebbe per le strade ùi
Roma e accoglierebbe due ragazzi,
dieci ragazzi, cento ragazzi, e li por-
terebbe a casa, in una casa. I conti li
farebbe dopo: c'è sempre tempo a
fare i conti. E non gli importerebbe
nulla di non avere soldi abbastanza,
perché i soldi, quando occorrono ve-
ramente per un'opera buona, piovono
dal cielo... Ci vorrebbe Don Bosco 1>.
Don Berruti commentava: << Vi
confesso che c'è da sentirsi confusi
dinanzi alla manifestazione vlebisci-
taria di illimitata fiducia net poveri
salesiani che ci fanno pervenire il Vi-
cario di Cristo, le più alte autorità ec-
clesiastiche e civili, la stampa, i par-
titi, e gli stessi ragazzi, i quali corri-
spondono già con affettuosa dedizione
ai salesiani che hanno cominciato a
occuparsi di essi. Don Bosco non po-
teva farci conoscere la volontà di Dio
in una forma più autentica. L'invito
personale del Sommo Pontefice ce la
manifesta in forma perentoria e in-
dubbia: Dio vuole che ci prendiamo
cura di questa gioventù abbando11ata e
affida in modo del tutto speda/e a noi
questa missione. Dunque mettiamoci al
lavoro! ~-
E i salesiani lo assecondarono con
una generosità commovente.
I salesiani scendono
sulle piazze
A Napoli un gruppo di chierici,
preparatisi nella preghiera e nel sa-
crificio, scesero sulle piazze il 29 gen-
naio 1945. Decisi di non fermarsi tra
i giovani ben vestiti, ma di frammi-
schiarsi agli straccioni, cominciarono
a organizzare un po' di gioco. Allo
scetticismo e alla diffidenza sottentrò
la cu6osità, poi l'interesse. Gli spet-
tatori, al vedere quei preti giocare in
mezzo alla strada con simili «lazza-
roni >>, non furono avari di frizzi e di
sarcasmi, ma presto passarono all'am-
mirazione.
A Roma, dopo vari tentativi, il mo-
mento della prima conquista giunse
il 13 marzo 1945. A leggere la pagina
della Tribuna del Popolo che rjferisce
lo storico avvenimento, par di rileg-
gere nelle Memorie Biografiche le gesta
primitive delle conquiste di Don Bo-
sco.
<< Quel giorno il pattuglione volante
della Questura, lanciata la rete agli
sciuscià nei pressi di Termini, vi pescò
anche un prete.
Che fa lei?
Certo noo vendo sigarette.
Le compra.
Nemmeno.
E allora?
- Cerco di comprare qualcosa di
meglio: le anime di questi poveri ra-
gazzi.
Il Commissario guarda, pensa e poi
capisce. Da quel giorno il prete ha
trovato in lui un amico. Il giovane sa-
cerdote ha infatti deciso di attuare un
progetto lungamente meditato.
Anche i preti hanno la loro tessera
dei tabacchi, e possono perciò prov-
vedersi di sigari e sigarette.
Non per fumarsele, ché i Salesiani
non fumano, ma per comperare ani-
me. li nostro pretinò infatti quel
giorno ha le tasche ben fornite di si-
gari e sigarette acquistate con la te:o;-
sera sua e dei colleghi, ai quali ha ri-
velato il suo piano di guerra, ottenen-
done unanime approvazione.
Eccolo dunque alla stazione Ter-
mini, deciso di darsi alla... borsa nera.
Cauto si infiltra nel formicaio dei
piccoli briganti, li esamina uno per
uno, sente che si chiamano, fissa la
sua attenzione sui più svelti o sui più
depravati. Non è uno spettacolo edi-
ficante vedere un prete m quel luogo,
un prete che vuol fare anche lui la
borsa nera.
Ma è così. I ragazzi lo sbirciano dif-
fidenti e non a torto, bistrattati come
sono a casa, braccati dai poliziotti con
ogni accorgimento. l\\lia il prete sta là,
impavido, a sfidare tutti quegli occhi
inquieti. Quando gli pare che sia ve-
nuto il momento buono, afferra dol-
cemente un ragazzo per ·iI braccio, lo
trae in disparte, cava dalle tasche della
sottana mazzi di sigari e pacchetti di
sigarette, glieli mette in mano, e lo
prega di venderli. li ragazzo resta
senza fiato, sgrana gli occhi, ma na-
vigato ormai nel commercio e fiutato
il buon affare, non esita a dire di sì.
- Va bene- fa il prete. - Ma tu
devi venderli alla metà del prezzo le-
cito: quello delle tabaccherie.
Alla meraviglia, e questa volta pro-
fonda, del ragazzo, il prete, con
un'aria da furbacchione incalza:
- Quando avrai venduto tutto,
vieni all'Istituto qui vicino del Sacro
Cuore. Chiedi di don... Ti farò trova-
re una buona minestra calda e, se non
hai da dormire, il letto te lo procurerò
io. li guadagno dei sigari lo tieni per
te e lo darai ai tuoi genitori. Vieni a
trovarmi con i tuoi amici. Faremo
affari d'oro.
E se ne va. Ma un minuto dopo,
tutto il formicaio dei piccoli venditori
è messo a rumore dallo straordinario
avvenimento. Vivacissima discussio-
ne: pareri contrari, parole di diffi-
denza. Ma, nonostante le voci di op-
posizione, il piccolo commerciante ri-
spetta la promessa data, vende le si-
garette a metà del prezzo lecito, e quel
giorno stesso, nel pomeriggio, com- 19

3.2 Page 22

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pare al Sacro Cuore. Non è soJo però.
:E scortato da una ventina di compagni
che trovano, come lui, la minestra
promessa, un'accoglienza da grandi
amici, e la esortazione a tornare il
giorno dopo e sempre, finché vor-
ranno>>.
Il giorno dopo gli scittscià. (dall'in-
glese s/zoe shine: lustrascarpe) sono
già 42 e il r9 marzo, festa di san Giu-
seppe, 122.
Sono sempre loro, i ragazzi della
strada, e non si tratta certo di una
conversione in massa. La mattinata
per tutti questi poveri ragazzi tra-
scorre come prima, impegnati come
sono a esercitare i rispettivi mestieri
per le vie e le piazze della città; ma
dopo mezzogiorno abbandonano ogni
altra cosa e vengono solleciti dove
anche i preti giocano con essi al pal-
lone, e dove soprattutto all'una e
mezzo se magna gratis del tutto.
La risposta del Cielo
Al Sacro Cuore c'era lo studentato
teologico dei chierici. Tra quei gio-
vani apostoli sorse una nobile gara di
generosità nel collaborare alla reden-
zione di tanti piccoli sventurati fra-
telli. Don Bcrruti espresse loro più
volte la sua vivissima gioia e giunse
a dispensarli dall'obbligo di frequen-
tare qualche lezione, pur ili facilitare
loro il compito di cercare e raccogliere
quegli sbandati.
l\\la si lavorava attivamente anche
in tutti gli altri centri salesiani di
Roma, nei quali si era creata la se-
zione dei ragazzi della strada, che già
nei primi giorni di aprile, in una rela-
zione presentata da don Berruti al
Papa, raggiungevano la cifra di 1700.
Quando don Berruti era già a To-
rino, il 30 dicembre di quell'anno,
conversando col segretario, Vedi
- disse - la preghiera è onnipotente.
Quando a Roma i mali che affligge-
vano la città si moltiplicavano e con
essi la gioventù abbandonata, io ero
preoccupatissimo. Vedevo la neces-
sità di intervenire, ma non ne Yedevo
20 il come. Vedevo i confratelli tutti de-
diti agli interni, alla scuola, desiderosi
di non incomodarsi troppo... Era ne-
cessario che intervenisse D io a muo-
vere le volontà e a infiammare i cuori.
Non potendo comunicare col Rettor
Maggiore, avevo la responsabilità di
una Congregazione che è nata anzi-
tutto per la gioventù abbandonata e
non vedevo una soluzione aJ difficile
problema di avvicinare i ragazzi della
strada. Ci appigliammo allora alla pre-
ghiera: feci una conferenza a tutte le
case dei salesiani e delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, si scrisse a molti mo-
nasteri di clausura e si lanciò la pra-
tica del Rosario in famiglia. U Signore
fece lui, aprl la via. Si decise di scen-
dere sulle piaz7,c cd ebbe inizio la
grande opera dei ragazzi della strada •·
' oi possiamo aggiungere che fu la
fede di don Berruti a vincere ogni
ostacolo. Il direttore e l'ispettore erano
contrari perché mancava il pane ai
confratelli - e c'erano 180 giovani
chierici studenti! - e anche perché
quei poveri ragazzi portavano in casa
disordine, furti, sporcizia, insetti in
quantità. }.la don Berruti seppe tra-
sfondere in loro la sua fede aJ punto
che proprio il clirettore don Fanara e
l'ispettore don Berta divennero i suoi
più convinti collaboratori.
In quei giorni don Berruti invitò
un salesiano sacerdote a sospendere la
preparazione alla laurea per lau-
rearsi nell' arte di salvare anime giova-
nili •· e Occupati a trovare il pane a
questi poveri ragazzi - gli disse ;
ma soprattutto abbi fede. Dio non ci
chiede altro. Se avremo fede, la ri-
sposta del ciclo non mancherà: ora
lottiamo con lo spazio e ci conten-
diamo il centimetro; ma un giorno
verrà la risposta alla nostra lede e
avremo grandi ope re e vasti cortili •·
._ La risposta del Cielo - commenta
il confratello - venne quando i ra-
gazzi della strada, divenuti i "ragazzi
di Don Bosco", ebbero a loro dispo-
sizione i padiglioni e i vasti cortili del
Prenestino; ma Dio è munifico e noi
potemmo assistere stupefatti a un'al-
tra risposta del Cielo. Quando si inau-
gurarono le grandiose opere romane
di Cinecittà e di Ponte l\\lammolo,
quanti erano vissuti accanto a don
Berruti in quegli anni di miseria e di
fame e ne avevano misurato e condi-
viso la fede senza limiti, pensarono
che la risposta del Cielo era venuta
disponendo che si potessero realizzare
opere colossali e si avessero grandi
cortili e chilometrici campi sportivi
in quella Roma dove i salesiani, con
generosità eroica, avevano ceduto i
pochi metri di cortile e gli scarsi lo-
cali di cui disponevano, a tanti ra-
gazzi che, più poveri di loro, non ave-
vano che la strada •·
Una scena da filmare
.Kel maggio di quell'anno 1945,
don Berrutt, prossimo a far ritorno a
Torino, poteva presentare alla Con-
greg~ione un primo manipolo di
frutti.
Dal mare di odio che dila~ò sulla
terra emerge una mirabile fioritura di
opere di carità. l\\la l'opera che forse
raccoglie i risultati più meravi~liosi e
mostra in forma più impressionante
l'ammirabile slancio dei confratelli nel
soccorrere la gioventù abbandonata,
è quella dei "ragazzi della strada".
Cominciata per espresso desiderio del
Santo Padre, essa ha preso subito pro-
porzioni inattese a Roma, a ~apoli,
a 1\\lessina, a Palermo, a Bari e in molte
altre città...
Il Santo Padre è tenuto al corrente
dello sviluppo ùi quest'opera e ne è
assai contento. Le autorità ecclesia-
stiche e civili ammirano, lodano, in-
coraggiano; l'intera cittadinanza è at-
tonita dinanzi ai mirabili effetti otte-
nuti da questi nostri confratelli, che
in pochi mesi hanno trasformato dei
monelli in ragazzi buoni, religiosi, be-
neducati nonostante i vestiti laceri e
i piedi nudi; non hanno più lo sguarùo
torvo, ma un volto ilare e sereno; al
ghigno beffardo è succeduto un sor-
riso affettuoso, e invece di bestemmie
si sente per le strade il ''Sia lodato
Gesù Cristo"».
Don Ilerruti pellegrinò anche nel-
1'Italia meridionale per mobilitare per-
sonalmente la campagna a favore 1.!t:i
ragazzi della strada. Con quali frutti
lo dice, tra l'altro, una lettera dcl-
i'Ispettore don 1\\lanione al Rettor
l\\Iaggiore in data 7 aprile: L'opera
dei ragazzi della strada a Catania,
Messina, Palermo è fiorente: dapper-
tutto il catechismo è giornaliero; e ora
si fanno le preparazioni per le prime
Comunioni e per le Pasque. A Ca-
tania se ne ospita oltre 500, a J\\lcs-
sina circa 1000, e molti pure a Pa-
lermo.
Nel pomeriggio, per due ore una
buona parte dei teologi si occupa dei
ragazzi della strada. Sono divisi in
tante classi di catechismo: è una vera
palestra di apostolato tra i poveri; vi
sono degli effetti insperati.
Oggi verso le 11 si ritornava dalle
sacre Ordinazioni. I ragazzi della stra-

3.3 Page 23

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da si trovarono proprio lungo la strada
attendendo i loro catechisti: fu un ac-
compagnamento trionfale fino a Cifali
(l'Ordinazione avvenne a San Bene-
detto presso la Cattedrale). Molti con
mazzi di fiori, e li presentavano con
quelle loro vesti lacere, ma con una
espressione di commovente ricono-
scenza. Prima di entrare in casa, erano
oltre 300. La gente intorno si fermava
trasecolata: sono i miracoli della ca-
rità. E si deve dire che veramente vari
di questi nostri teologi non rispar-
miano sacrifici: lavorano proprio con
amore in questo campo, malgrado le
circostanze esterne ripugnanti e il pe-
ricolo di caricarsi di pidocchi, peri-
colo che spesso è realtà. Ho visto delle
persone piangere alla vista dello spet-
tacolo di oggi. Valeva la pena di fil-
mare la scena per un film sui ragazzi
della strada •>.
Don Ricaldone passò la lettera a
don Berruti, che nel suo viaggio in
Sicilia era stato acclamato << Padre dei_
ragazz i della strada ». Egli ne gioì, be-
nedisse il Signore e commentò: << Co-
me sono meravigliosi quei confratelli!
Il loro amore per la giO'Uentr't abbando-
nata è più ardente del fuoco del-
['Etna!... >>.
Le ragazze della strada
Accanto ai ragazzi della strada vi
erano le loro sorelle, le «ragazze della
strada », al pari di quelli sfollate, sini-
strate, sbattute dalla guerra dai paesi
del sud, dopo peregrinazioni e vi-
cende di ogni genere, reduci talora
dai campi di concentramento; sudice,
mal coperte, abbandonate a se stesse,
in giro tutto il giorno per la città in
cerca di un pane, non sempre onesta-
mente guadagnato. Don Berruti con
varie conferenze stimolò le Figlie di
Maria Ausiliatrice a prendersene cura.
Alle direttrici di Roma disse energi-
camente: «Conoscete lo stato mise-
rando di tante povere fanciulle : avete
cuore, avete fede, avete coscienza del
compito che Dio ci affida; non è Lui,
siete voi che dovete prendervene cura
e salvarle. Se fate voi, bene; se no,
si perderanno. Basta di lamenti e di
lacrime. Bisogna agire. Chiave di
tutto: un'anima di apostolo, che senta
la passione per le anime... >>.
Le suore si commossero, si mos-
sero, corrisposero con tanta genero-
sità e dedizione, che don Berruti poté
scrivere: «Le Figlie di Al.aria Ausilia-
trice a Roma fanno miracoli tra le ra-
gazze della strada i>.
Così, circondate di affettuosa bontà,
a poco a poco le indocili monelle
erano diventate buone, avevano im-
parato a pregare e ad accostarsi con-
vinte ai santi Sacramenti.
1\\lla avevano un modo tutto loro
proprio per manifestare la ricono-
scenza alle suore. Così un giorno,
dopo molto parlottare tra di loro, al-
cune si allontanarono ritornando poi
trionfanti con un gran mazzo di ca-
melie, che offrirono tutte contente.
- Le avete rubate ? - chiese la
suora.
- No - risposero a mezza voce
guardandosi di sottecchi. Ma quando
di ll a poco vennero ad avvertire la
suora che era attesa in portieria, in-
tuito il pericolo, la seguirono dicen-
dole : - Nasconda quelle rose (chia-
mavano così le camelie), altrimenti
quell' uomo se la prende anche con
lei!
Quell'uomo era il giardiniere della
villa <1 visitata» poco prima, e veniva
a protestare perché gli avevano rovi-
nato un albero di camelie, strappando
nella fretta anche le gemme appena
spuntate...
Eppure quello voleva essere un atto
gentile e delicato!
A poco a poco però le trasforma-
zioni che andavano operandosi al-
l'esterno diventarono indice di quelle
ben più profonde che si compivano
nelle loro anime.
Duemila « sciuscià »
in Vaticano
T utta la stampa quotidiana onesta
diede relazione dell'eccezionale udien-
za p ont ificia concessa il 20 otto-
bre 1945 da P io XII a 2000 sciuscià.
Fu per don Berruti il più ambito re-
galo. E godette di cuore nel sentir rac-
contare deilo schiamazzo prodotto in
Vaticano da quei ra~azzi, davanti ai
quali anche le guardle pontificie ave-
vano smesso la loro solita ritenutezza,
permettendo loro di rompere le regole
dell'etichetta usata. E il Papa aveva
parlato, e parlato a lungo, noncurante
del vociare dei ragazzi, felici di tro-
varsi alla presenza del Vicario di
Cristo.
Grande conforto provò pure quan-
do seEpe che il 24 febbraio del 1946
Pio XII aveva ricevuto sci sciuscià rap-
presentru1ti i loro compagni di Roma
e, rivolto ai salesiani, aveva detto:
«So quanto i salesiani fanno per que-
sti ragazzi... sono proprio contento...
Salutate i vostri collaboratori; portate
loro la mia benedizione e il mio com-
piacimento •>.
Don Berruti ebbe un sussulto di
gioia quando in una lettera di don Mi-
chele Valentini lesse questa notizia:
«!11 Vaticano sanno che i Salesiani sono
ali'avanguardia nel rispondere ali'Enci-
clica del Papa mi ragazzi po7.1eri e ab-
bandonati>>. Se ne compiacque mol-
tissimo anche perché nell'Enciclica ci-
tata egli aveva trovato la più autore-
vole sintesi dei concetti di cui era
stato banditore instancabile fi.n dal
sorgere deI triste fenomeno della gio-
ventù abbandonata.
Ma la consolazione forse più assa-
porata dal << Padre dei ragazzi della
strada >>fu quella che gli procurò nel
1948 la forma stabile e definitiva data
all'Opera con la tondazione del
"Borgo Ragazzi di Don Bosco" al
Forte Prenestino, posto tra i quartieri
più abbandonati e popolati di Roma.
« La gioia di don Berruti, - scrive
don Biavati che ne fu il primo diret-
tore, - fu grande. E quando final-
mente poté venire a farci visita, non
nascose la sua paterna soddisfazione.
Un migliaio di ragazzi, quel pome-
riggio - mi pare fosse esattamente
il giorno dell'Assunta del 1948 - ri-
cevette dalle sue mani un bel tòcco
di cioccolato. La faccenda rischiava
di durare a lungo e ricordo che a un
certo punto volevamo fare varie file,
con vari distributori: non acconsentì.
Volle _fa~e personalment~ il regalo e
a tutti nvolgere un sornso, una pa-
rola, un incitamento.
Fu l'ultima volta che Io vidi, ma la
sua i=agine mi è ancora negli occhi,
in mezzo al cortile assolato, in atto
di donare. Aveva sempre donato, e
sembrava fosse l'insegnamento per
noi salesiani del " Borgo": donate a
questi .figliuoli il pane, la grazia di
Dio, donate la vostra anima: essi sono
i prediletti, sono i veri ragazzi di
Don Bosco >>.
21

3.4 Page 24

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NEL
---MSOANLDESOIA--N--O-----
M issione d i San M arco \\Malo Grosso • BrasOe) Il cardinale Agnelo
Rossi e il Comandante del a 1" Zone aerea di Rio de J aneiro, festosa-
menle ricevuti dagli indi Botoro nei loro costumi
LITURGIE E DANZE
TRA XAVANTE
E BORORO
Stampa, radio, televisione hanno messo in rilievo
una straordinaria cerimonia religiosa celebrata
dal card. Agnelo Rossi. arcivescovo di San Paolo
del Brasile, nella colonia indigena di San Marcos,
che fa parte della missione salesiana di Registro
do Araguaia nel Mato Grosso. Il card. Rossi ce-
lebrò la santa Messa alla presenza di 800 Xa-
vante e di 128 Bororo, delle colonie di San Mar-
cos e di Meruri. dirette dai salesiani e dalle Figlie
di Maria Ausiliatrice. Xavante e Bororo esegui-
rono i canti liturgici nelle loro lingue e in porto-
ghese, con vivo senso religioso. Un indio Xa-
vante e un Bororo assistettero il cardinale all'al-
tare. mostrando una conoscenza esatta delle
norme liturgiche.
All'introito un Bororo offrì al cardinale un pasto-
rale, vera opera d'arte indigena, fatto con il me-
desimo legno che usano per gli archi, ornato di
piume multicolori e sormontato da una croce.
All'offertorio un Xavante presentò una mitra,
22

3.5 Page 25

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intrecciata con le fibre che servono a confezio-
nare i cesti indigeni. Un altro offrì un'artistica
tiara per i l Santo Padre Paolo VI.
Il cardinale. commosso, usò il pastorale e la mitra
durante la Messa e promise di usarli nel primo
solenne pontificale che avrebbe tenuto nella cat-
tedrale di San Paolo. S'impegnò pure di conse -
gnare personalmente la tiara al Papa. Invitò
quindi Xavante e Bororo a ringraziare Dio di aver
mandato loro i missionari. « Quello stesso Padre
del cielo - disse - che ha creato la luce. la
terra, le stelle e gli uomini, ha mandato a voi.
con infinita tenerezza, i sacerdoti e le suore, che
vi hanno insegnato ad amare Dio e che vi hanno
amati, rispettati e aiutati come fratelli».
l'epistola fu letta in lingua portoghese da una
bimba di 8 anni. Il Vangelo fu annunziato in por-
toghese, ma un indio di 19 anni lo tradusse in
xavante. Dopo la consacrazione, la banda dei
Bororo attaccò l'inno nazionale, che fu eseguito
da un coro di circa mille voci.
Dopo la funzione Il cardinale visitò in macchina
aperta il villaggio e sostò presso la Missione.
lungo il giorno e in serata seguirono danze,
corse, canti, musiche e giochi.
NEL
MONDO
SALESIANO
Un Xavante offre al cardinale Rossi una artistica tiara di fattura indi•
gena per Paolo VI. Sotto a sinistra e .a destra: rappresentazione e danze
di giovanotti Xavante in onore degli ìllustri ospili
23

3.6 Page 26

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NEL
MOND-O-----------
SALESIANO
Due Cooperatrici salesiane
centenarie
A Viagrande (Catania) nella Scuola Professio- ~
nale « S. Mirone», diretta dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice, l'arcivescovo di Catania mons. Guido
Luigi Bentivogl10 ha celebrato una Messa so-
lenne di ringraziamento per i cento anni felice-
mente compiuti dalla Cooperatrice salesiana
Giuseppina Pat e rniti Anzalone, madre di due
Figlie di Maria Ausiliatrice, Sr. Teresina e Sr. Ro-
sina, direttrice della Scuola. La signora Giusep-
pina conserva una eccezionale lucidità di mente,
che rivela anche con le frequenti battute d1 spi-
rito. Nella foto: Mamma Giuseppina con mons.
Bentivoglio e 1 figli.
Anche a Brindisi b stata molto festeggiata un'altra
Cooperatrice e benefanrice centenaria, che com-
pare qui nella foto con il Delegato Cooperatori
don Francesco Esposito, con la figlia Sr. Maria
Ambrosina dell'Immacolata.
La Famiglta Salesiana si rallegra con le due Coo-
peratrici centenarie, che sono una conferma
della ((ricetta» che soleva dare Don Bosco ai
giovani come elisir di lunga vita : 1 coscienza
chiara; 2 mense frugale, 3 ° vtta attiva, 4 ° buone
compagnie e fuga dei viziosi.
Nuovo Vescovo salesiano
e nuovo Arcive scovo
Don Onofrio Candido Rosa, parroco di
Araxà, diocesi di Patos de Minas, nel Brasile,
è stato promosso alla Chiesa titolare di llli-
beri. e deputato Ausiliare di S. E. Mons. Al-
mir Marques Ferreira, Vescovo di Uberlandia.
Mons. Rosa ha 46 anni. È nato a Paraguacù
(Minas Gerais) 11 5 agosto 1924. Divenne sa-
lesiano nel 1948 e fu ordinato sacerdote a
San Paulo 1'8 dicembre 1957.
l'Osservatore Romano del 7 marzo scorso ri-
portava quest'altra lieta notizia per la nostra
Famiglia: « Il Santo Padre ha promosso alla
Chiesa metropolitana di Managua (Nicaragua)
Sua Ecc. Rev.ma Mons. Miguel Obando
Bra vo, Vescovo tttolare di Puz1a d1 Bizacena ».
Casale Monferrato Il Santuario
del Sacro Cuore eretto a Basilica
In seguito a richiesta di mons. Giuseppe An- ~
grisani, vescovo di Casale, interprete delle
preghiere e dei voti del Clero e della popola-
zione della diocesi, la Sacra Congregazione per
il Culto Divino, in forza delle speciali facoltà
a lei conferite da S. S. Paolo VI, ha insignito
del titolo e della dignità dì Basihca Minore la
Chiesa parrocchiale dedicata al Sacro Cuore
di Gesù nella città di Casale, con tutti i diritti
e le concessioni liturgiche che le competono.
Il Breve pontificio ne elenca I motivi: «Perché
San Giovanni Bosco predisse il sorgere di
quest'opera, per la rinomanza del Tempio e
24 per i frutti abbondanti che vi si raccolgono».

3.7 Page 27

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1A MIA APVERTII
«Nella 110 l te una donna Lornò dal•
la foresta. Venne a bussare alla
mia porta. Gridava. Quando aprji e
feci lul'e con una pila, vidi che aveva
al colJo un bambino chi' gemeva. Gli
toccai la fronte: la febbre era molto
alla. Mentre diceva rare parole nel
suo incomprensibile linguaggio (non
sono mai riuscito a capire del tutto
la lingua degli indios) quella donna
continuava a toccare il braccio del
bambino e a farmi cenno di entrare
nell'amh11Jatorio. Voleva dirmi che
dovevo fare un'iniezione endovenosa,
di quelle che "guariscono infaUibil-
mente" .
Probabilmente si Lrattava di pol•
monite. Il bambino avf'va pre1<0 fred-
do durante la "grande caccia'1 alla
quale stavano partecipando tutte le
fanuglie dei X.avante. Iniettai al pic-
colo• una grossa dose di penicillina.
Al mattino (lei aveva passato la notte
n ella sua capanna), rinnovai la dose.
Ma capii che era troppo tardi. Lo
battezzai.
U bambino morì verso Je undici.
La madre gridò come una belva fe-
rita. Gridò e ululò come solo sanno
farlo le mamme indie. Nel pomerig•
gio sca vò la fossa al s uo piccolo. Una
fossa rotonda. ColJocò il cadaverino
sul fondo. Poi prese una piccola zucca
vuota, vi spremette il latte, gliela col-
locò accanto. Fm io a coprire quella
tomba e ad allontanare la donna. Po-
che ore dopo, con i capelli rasa ti per
il lutto, era tornata nella foresta».
Don lnvcrnizzi, arrivato da poche
ore dal Norò-Est bras iliano, è seduto
dav anti a me, a 9000 km. dai suoi
indios. Racconta adagio, ogni tanto
passa una mano tra i capelli bianchi,
quasi cercasse le parole italiane che
gaUeggiano a stento tra le espressioni
portoghesi.
UNACASCATADIPELI BIANCID
Gli ho domandato un po' brutal-
mente se era andato in nussfone per•
ché gli piaceva la vita avventurosa.
Ha tentennato un po' la testa. 2

3.8 Page 28

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« Forsf'. Ma io volevo andare tra i
poveri, i più poveri del mondo, per-
ché sono stato povero. Sono andato
a chiedere l'elemosina, da ragazzo.
insieme a rnio fratello. La mla fami-
glia era venuta a Torirto dalla Lom-
bardia, e no11 avevamo 11iente. Mio
papà era disoccupato. Andavamo da
un convento di suore, il « San Sal-
vario », f' r.i davano un piatto cli mi-
nestra. Ricordo suor Maria. Me la ri-
cordo come una donnona ridente,
che qualchf' volta ci faceva entrar
dentro al caldo, e ci portava qua!:!i di
na~<:osto un piattino di dolci. P oi an-
davamo all'oratorio salesiano, il
« San Luigi >>. E (facevo la terza
elem entare} ascoltai il prinrn mis~io-
narjo: don Francesco Ruffini. con
un'enorme barba bianca. Non ricordo
assolutamente ciò chi: ci diceva, ma
quella barba bianca non la dimenti-
cherò mai. Quando aveva finito di
parlare, ci permetteva di andargli vi-
cino e di ficcare una mano dentro
quella cascata di peli hiancld. M.i
avessero domandato: tu da grande
cosa farai? Avrei risposto senza esi-
tazione: il missionario! ».
Ma per don lnvl!Tnizzi dovevano
passare ancora tanti anni. e tanta
fame. F u accettato in un collegio ma
quasi subito espulso per « cattiva
condotta» « Come mai?>> gli doman-
do. « Ci davano ogni rnese quattro
voti - racconta. - Voto d_i pietà,
studio, cond.otta e civiltà. La mia pietà
fu sempre giudicata molto scadente.
Un giorno, dopo averci fallo pregare a
lungo. ci distribuirono un'immagine.
Ero -talmente stauco di :,lar.- in gi-
nocchio che presi quel rettangolino
di carla e lo lanciai lontano, come se
fosse -una figurina di quelle con cui
si gioca. Ricevelli un castigo severo,
al quaJe mi ribellai. E così mi spedi-
rono via».
Papà e mamrua erano ~empre po•
veri, con il fratello più piccolo da
mantenere. Così si misero in giro a
cercare un altro istilulo Jisposlo a
ricevere il « di.scolo ». Un mese dopo
Giovanni lnvenùzzi entrava nel-
l'Istituto Sale~iano di Penango, tra
le silenziose colline d_el Monferrato.
GUERRA VUOL DIRE FAME
C'era un cortile grandissimo su cui
sfogarsi a correre e a saltare, ma c'era
26 anche la guerra. Andando a letto,
alla sera Giovanni guardava vfrso
Torino, e spesso vedeva il cielo illu-
minato dai bengala: bombardamento
sulla città, sulla sua casa, sul papà e
la mamma. Guerra voleva anche dire
fame. « La panetteria aveva due fi.
nestre che davano ~ul cortile infe-
riore. Si vedevano dei pard rotondi.
invitanti. Una volta non 11e potei pfo,
Rcovai una lunga canna, la appuntii,
e mentre gli altri andavano allo stu-
dio tentai: infilai quattro pani. uno
dopo l'altro. Uno lo .sbranai subito.
Gli altri li 6-ccai in un nasconruglio e
li mangiai poi con comodo».
Fu ancora la fame a giocargli un
brutto scherzo. Nell'orto, a fianco del
cortile, una pianta di ciliege amarene
era giunta a maturazione. Una mat-
tina. saltando la colazione, Giovanni
s'infilò nell'orlo insieme a un amico,
affamato come lui. Fecero man bassa:
raccolta totale e completa. Stavano
~civolando giù dai rami quaJttlo dal
rortile si affacciò un sacer<lotc. Si
gettarono con la faccia nell'erba.
« Ma ormai era troppo tardi - rac-
ronta sorridendo. - Ci chiamò pli'r
nome, ci fece una strigliata numero
uno, e in direzione si preparò la Jet·
tera per annunciare ai miei genitori
che ero "a,bolutamente irrecupera-
bile". Fortunatamente quella lett!'ra
n on partì mai. TI ùirettore, don Vesco,
mi chiamò. Aveva i capelli bianchi.
Mi disse: "Perchlf vuoi dare un di-
spiacere a tuo papà e a tua mamma?
Perché ]1ai combina1o ques1o pastic-
cio?". Gli risposi: ·' PerCbP avevo
fame". Stctte zitto un po', poi mor-
morò: "liai ragione. Potessi darvi da
manf!iare di più. Ma come fare?".
Stracciò la lettt>ra davanti a me.
Uscii ~enza nemmeno dovergU rin-
novare la solita e impossibile pro-
messa che "uon l'a,.,rni fatto più"».
UN'ENORME RADICE
DI MANDIOCA
Anche duranti.' la guerra bisognava
clare gli esami. Esami e farne. Cose
diflicili ò a mettere insif'me. « Stavo
crescendo - racconta con un velo dj
malinconia nella voce. - Diventavo
grande grande, e non resi1atevo a s tu•
diare. Un salesiano se ne accorsll. Mi
invitava a scendere nell'orto, mi dava
una zappa e m_j diceva: "Mi dài UJla
mano?". Zappavo un po', ma la fa.
tica mi pesava. Finivo ~empre per
andare a strappare qualche carota,
che pulivo in fretta con la manica
deUa camicia. e divoravo cruda. Lui
vedeva ma non diceva niente. Alla
fine trovavo nelle tasche della mia
giacca qualche uovo, un paio di mele,
una pagnotta.
Forse non lo ringraziai mai, quel
salesiano. Ma se ho potu1o dare degli
esami lo devo a lui. E forse anche se
l:'ono salesiauo e sacerdo te ».
Quello di Penango era un istituto
«speciale». un a~pirantato. Molti
ragazzi, finite le scuole, tnruavru10 in
famiglia. Ma qualcuno si faceva sale-
@iano e partiva per le missioni. Gi-
rando per l'America Latina se ne in-
contrano tanti, di quei vecchi ra-
gazzi, che ora s tanno dedicando ]a
vita ai più poveri tlci foro fratelli.
« Un giorno - racconta don lnver-
nizzi, - giunse per terterci una confe-
renza un missionario del Mato Grosso.
Ci p·roictlò delle diapositive sulla vita
dcgH indios. Ricordo c he a un tratto
apparve sullo sch ercn(l un indio che
stava addentando un'enorme radice
di mandioca.
Diedi una gomitata al mio VlCIIlO
e borbotta.i: " Devo proprio andare
missionario per togliermi la fame!'" ».
PAP:\\ E MAMMA
Sl MISERO A PIANGERE
A sedici anni Giovanni lnvernizzi
chiese di diventare salesiano e miR•
si01iario. Era p erò l'ultimo anno di
gue.rra, navi e aerei avevano altro da
fare che portare missionari in Ame-
dea Latina. E così i] sogno della Yita
missionaria parve svanire.
1948. A Torino sta sorgendo una
grande opera per i figli degli operai,
l' ··Agnelli". Scuole e laboratori in cui
lavorano der,inc ,li salesiani. TI chiP.•
rico lnvernizzi inizia B la s ua mis•
sione, a poche centinaia di metri dai
grandi stabilimenti FIAT. « Molti
erano poveri, com 'ero stato povero
io da ragazzo. Qualcuno doveva al-
zarsi alle quattro del mattino per ve•
ni.re alla mia scuola. A mezzogiorno
mangiavano nel gavettino, piccoli
operai ili 14 anni. Mi trovai bene tra
loro. Dimenticai a poco a poco gli
indios, e decisi ch e mi sarei laureato
al politecnico dedfoando ai figli degli
operai tutta la mia vita ».
Ma negli u.llici del « Centro Mis-
sioni Salesiane » giaceva sempre una

3.9 Page 29

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lettera di Giovanni Jnvernizzi, che
chiedeva di paTtire m issionario p<'r
il Malo Grosso. E così, quando ormai
lui non ci pensava più, giunse il per-
n1esso di partire.
« Ci pensai a lungo - mi dice. -
Ora non si trattava piì1 di mangiar
mandioca o di fare un viaggio cli av•
venture. Si trattava di andarP a spen-
dere Ja vita in una .nazione scono-
sciuta p1,r far del btn€' a dei .ragazzi
molto più poveri dei piccoli operai di
Torino. E decisi che sarei anùato.
Papà e mamma erano un po' invec-
chiati. Corue l'a, rebhero presa? Dissi
loro: "Parto per il Brasile, in mis-
sione". Si misero a piangere. Ma non
dissero una parola per cercare di trat-
tP11ermi. Capii in quel momento cl1e
iJ sacrificio più grande lo facevano
loro: io ero giovane, potevo costruirmi
la vit.i dovunque avessi deci~o di an-
elare. Loro in'Vece rimanevano quasi
soli ».
La nave che solca l'oceano verso
il Rrallile. Il treno che Mm.: verso
Campo Grande. La tena rossa, le
fazendas . E poi ~]j anni d.i prepara-
zione alla missione e al sacerdozio,
parlando un'altra lingua, respirando
un'aria diversa. Fiualmeute, il grande
giorno dell'ordinazione sacerdotale.
Giovanni lnvemizzi dice la sua pri-
ma Messa, e promeltc al Signore:
« Tu hai avuto fiducia in me. e iu ti
·- . -. -. . ' •'
,.... ....,•
_,;..;'-;.. ~~· ..l-._
Barra do Garças (Mato Grosso - Brasile)
«Garlmpeiros» Intenti a estrarre
dal fiume Garças sabbia diamantifera
ricambierò servendot; nei miei fra-
Lelli più abbandonati: gli irulios Xa-
1,·ante ».
UN CUOCO DI SETTE ANNI
Sulle sponde dd Rio das Mor tes,
nella zona dove anni prima i Xa-
vante avevano trucidato due missio-
nari salesiani, don Fuchs e don Sa-
cilotti, altri salesiani avevano co-
sLruito la missione dj « Santa Tere-
sina ». Un'aldea grande, cioè una fi la
di grosse capanne disposte a ferro di
cavallo, che guardavano il fiume.
Dietro le capanne, la foresta Yergine.
Don Invernizzi ricorda come un'av-
ventwa paurosa il lungo viaggio di
avvicinamento. 1600 chilometri a
bordo di omnibus !ìgangherati, poi di
un cam:ion guidato da Fritz, un Le•
de~co ubriaco regolarmenlè venti ore
su ventiq uattro. A bordo del camion,
lra le casse delle provviste, erano in
tre: don lnver1ùzzi, ùou Pie·tro Shar-
dcllotto e Antonio, di sette anni: un
ragazzino solo al mondo, che aveva
supplicato don ShardeUouo di por•
tarlo con sé. « Vi farò da cuoco »,
aveva promesso seriamente. La s t ra-
da, per un lungo tratto, era allagata.
Vi avevano gettato dei pali pn ren-
derla transitabile almeno a piedi.
Fritz su onò a ripetizione il clacson
e urlò a i passeggeri: « Tcnetcd forte
che andiamo!». Fu un balletto terri-
bile, con le ruole che scivolavano a
turno nell'acqua, Je casse che vola-
vano all'interno del camion, Fritz chll
imprecava in tedesco. l\\lla si passò.
L'asse delle ruote davanti si schiantò
poohi chilometri più in là, e Fritz
passò la notte cantando. con una bot-
tiglia di whisky e una candela, a so-
stituirlo con un asse di scorta che
aveva portato con sé.
L'ultimo tratto fu percorso suJ fiu-
me, con una harca a motore. Pioveva.
I due missionari si sdraiarono sul
tendone che copriva le provvis·te per
non farlo portar via dal vento.
« A Santa Teresina ebbi alcuni
giorni per tirare il fiato e cnrarnù le
gambe che erano gonfiate per le pia-
ghe tropicali. Una sera mi dissero:
"Sono arrivali i Xavante". Balzai
in piedi e corsi fuori . Avevo sempre
sognalo crueU'incontro: da ragazzo
avevo hnmaginato un abbraccio, una
fort e stretta cli mano. Provai invece
paura. Erano una cinquantina di uo•
mini, dipinti di rosso e di nero dalla
testa ai piedi. Si aggiravano tra le
capanne parlando ad alta voce, acca-
tastando le prede sanguinolenti del-
l'ultima caccia. Parlando agitavano
dei pali che maneggiavano con estre-
ma farilità: le loro mazze d.i caccia.
Nessuno venne a sal utarci. "Le donne
e i bambini aniveranno domani, -
mi disse un confratello. - Sono an-
cora nella foresta".
La mia prima attività tra loro fu
quella di meclico. Molti ragazzi ave-
vano tossi brutte, profonde. Durante
la caccia avevano dormito tra foglie
umide, si erano tuffati sudati nelle
acque fredde dei fìunu. Parecchi bam-
bini avevano il ventre gon6o e tur-
gido: solenni indigestioui di carne.
Piaghe nelle gambe e paludismo erano
malanni diffusi un po' fra tutti. Di-
sinfettavo, dis tribuivo pal't iglie, fa-
cevo iniezioni. Molti guarivano. Ep-
pure erano molto rari i sorrisi ricono-
scenti. Prendevano la medicina, mi
i:i;uardavano con aria indifferente e
~e ne andavaTLo )>.
LA GRANDE CACCIA
E L'INCENDIO DELLA FORESTA
« Ricordo il primo eme. Ero riusci-
lo a produrre currente elettrica con
un motore, e su un tendone bianco,
circondato davanti e dietro da t utti 27

3.10 Page 30

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gli indios, proiettai una comica cli
Charlot. L'attore entrava i.u. una gah-
bia di leoni, poi fuggiva con le belve
alle ca1cagna. A un tratto un leone,
in primo piano, allargava la bocca,
l'allargava tanto che i dentie la bocca
occupavano tutto lo schermo. Gli
indios, impressionatissimi, si misero
a urlare di paw-a e a scappare. I bam-
bini piangevano. Fu un mezzo caos,
in quella notte.
Una mattina uscii dalla baracca, e
non vidi più nessuno. Mi dissero che
erano partiti per la caccia. Li avrei
poi visti partire infinite altre volte.
I Xavante, come tutti gli ùulios, ri-
mangono solo per brevi periodi nelle
capanne. Poi ripartono per la foresta.
La "grande caccia", cui partecipa
tu.tta la famiglia, e che dura a volte
dei mesi. si fa col fuoco. Incendiano
a cerchio una vasta estensione di fo-
resta, lasciando solo una piccola via
d'uscita. Qui a8pettano al varco gli
animali in fuga, e ne fanno btrage
con le frecce e i pali. Quando hanno
divorato la preda, si spostano in
un'altra zona della foresta, e di nuovo
incendiano a cerchio.
Per vivere solo di caccia, una tribù
ha così bisogno di vastissime esten-
sioni di territorio.
Ma ora le fazendas si estendono.
La foresta viene lentamente disbo-
scata e abitata dai coloni, i territori
di caccia si riducono sempre pit1. I
grandi incendi appiccati dagli indios
minacciano case e fattorie. Per que-
sto a volte, tra loro e i f azendeiros
scoppiano battaglie sanguinose, con
frecce e fucili.
Per le tribù della foresta sta suo•
nando la campana: o si adattano a
vivere in riserve, dedicandosi all'al-
levamento e alla coltivazione, o an•
dranno lentamente, inesorabilmente
scomparendo.
Questo era il primo scopo pn il
quale noi eravamo lì. Avevamo tra-
sformato le rive del fiume in campi
di riso, e aiutavamo i Xavante a im-
parare l'uso della zappa, della se-
mente, dei concimi chimici. Li ri-
compensavamo per ogni lavoro che
facevano, eravamo sempre in testa
alla fila dei lavoratorj, Io lavoravo
nei campi nord, ci davo dentro dal
mattino alla sera: sapevo che solo
vedendomi sudare mi venivano die-
tro. Bastava che m'interrompessi per
un attimo, per vederli seduti. E farli
28 ricominciare era un problema...
La rnia speranza erano i ragazzi:
una ventina di diavolotti color rame
ai quali avevo insegnato a tirar calci
a un pallone, e che mi stavano inse-
gnando il difficile dialetto xavante.
Ma un giorno tutte le famiglie par-
tirono per la grande caccia. Piovve
quasi all'improvviso, forse qualche
fiume della foresta straripò. Quando
tornarono, molte donne avevano i
capelli rasati: segno cli lutto. Cercai
i ragazzi. Ne trovai solo qualcu.no,
dallo sguardo tornato indifferente. Il
capo del gruppo, Pepetiuo, venue di-
rhto verso di me. Mi disse: "Hai
visto che i tuoi piccoli amicinon sono
tornat.i?". Gli chiesi come mai. Ri-
spose soltanto: "L'acqua li ha uc-
cisi". Fu una botta molto dura. Per
di più, proprio in quei giorni scoppiò
un'epidemia. In porhi giorni l'aldea
si spopolò. Alcuni si erano rifugiati a
nord; altri erano tornati alla selva».
I POVERI PIÙ POVERI
DEL MONDO
Ora don Iuveruizzi è sce~o 100 chi-
lometri più a sud, sulle rive del Gar•
ças. È: parroco di Barra, w1a località
sperduta neJla vasta carta geografica
del Brasile. Ventidue anni fa c'e-ra
un brrumo di baracclu• sulla riva del
fiume. Poi si diffu..se come una folata
di vento la notizia: nella sabbia del
Ga-rças ci sono i diamanti. C'è stata
la corsa degli avventucieri, dei falliti,
degli uomini peTduti. Hanno co-
struito case come fungaie lu.ngo le
rive, hanno consumato i ginocchi a
setacciare migliaia di to1mellate di
sabbia. Qualcuno ha trovato la pie-
tra scintillante, migliaia di altri si
sono ricoperti di debiti e di miseria,
un cumulo da cni non usciranno mai
più. Eppure allre crùgliaia continuano
ad arrivare, a picconare, a setacciare.
Diecimila abitanti, a ·nana. Don
Invernfazi per i poveri è parroco, me-
dico, insegnante. Ra aperto uua
scuola parrocchiale dove s'ammuc-
cbil!no quattrocento bambini. La-
vora insieme ad altri due salesiani,
don Maurizio e don Vittorio. « I
Xavante sono poveri - mormora.
- Ma questi sono sotto-poveri. Ra-
gazzi che vengono a scuola senza
scarpe, senza libri, infagottati in una
camicia sdruscita. Che non riescono
a stare attenti perché pensano al
papà che si sta ubriacando all'oste-
ria, alla madre che si spacca la schiena
nel campo. I poveri più poveri del
mon41o li ho incontrati in quelle oste-
rie: uomini che vuotavano bicchieri
di alcool per darsi la forza di sperare
ancora nel aiamante, che non spunta
m.ai tra la sahbia sgocciolante. Li ho
visti sulle stradr.: a piedi, contadhti
senza terra, <'he vanno da una fo.·
zenda all'altra in cerca di lavoro.
Portano con sé tutta la loro ricchezza:
due pentole, una zappa, un sacchetto
di. riso. un nugolo di figli e una mo-
glie sfinita».
« Un giorno, a scuola. ho visto un
ragazzo sbiancare e afflosciarsi sve-
nuto. Lo portai fuori, gli feci bere
qual{'Osa. Gli domandai: ''Hai man-
gia lo stama1tina?". Scossr la testa.
"E ieri?". Soo~se di nuovo la testa.
''Ma non mangi mai?". "Qualche
volta - mormorò - quando la mam-
ma riesce a portare a cai,a una bana-
na, o un po' di pane. Le altre volte,
quando ho fame, la mamma mi dice
di bere acqua, che passa...".
Io lo s•> che cos'è la fame - mi
dice Lriste don lnvcrnizzi, - per
questo voglio rimanere tra qu.ei ra-
gazz'i, dividere con loro 6.nu l'ultimo
pezzo di pane. Ma sovente non .ab-
biamo niente nemmeno noi».
Quando riesce a strappare qualche
giorno alle altre occu.pazioni, don In-
vemizzi sale su una vecchia jeep e
gira per le fazerulas. Stringe le mani,
battezza dei Lamhini, dice una pa-
Tola buona a genle chP non vede un
sacerdote da anni.
« I11 una fattoria mi capitò una
specie di miracolo. Incontrai un gio-
vanotto che veniva dal sud. Mi sa-
lutò "Viva Maria". Mi presentò al-
cuui ragazzi ai quali in~egnava il ca-
techismo. "Se lei vuole, alla sera poti•
so raccontart' la vita di Gesì1 a tutti
i ragazzi della fattoria". Lo abbrac-
ciai. Tornai laggiì1 cinque m1.>Si dopo:
stava preparando alla prima Comn•
nione tlll {:.'l'uppo di 26 ragazzi. G-li
promisi che sarei tornalo presto. Ma
non, son.o ]>ÌÙ tvrnato. E sono passaLi
tanti mesi. E ora qui, nella nostra
bella cit Là, ripenso a quei 26 ragazzi,
che non hanno mai visto una scuola,
che aspettano un prete. Lo aspetle-
ranno ancora? Non si saranno stan-
cati ormai?».
Don Giovanni Tnvcrnizzi è ripar•
Lito per Barra do Garças il 24 feb-
braio.
DON TERESIO BOSCO

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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PER
INTERCESSIONE
DI
MARIA
AUSILIAT RICE
E DEL
SUO APOSTOLO
SAN
GIOVANNI
BO SCO
LA LESIONE AL CUORE
DA QUEL MOMENTO
Maria Ausiliatrice e San Giovanni Bo-
ERA SCOMPARSA
COMINCIÒ A MIGLI ORARE
sco, promettendo che se avesse supe-
Dovevo subire un intervento chirurgico,
che si presentava molto difficile. Ag-
gravava la situazione il fatto che lo
specialista si rifiutava di operarmi per-
ché aveva notato una lesione al cuore,
Mi era stata affidata per un certo pe-
riodo di tempo una mia nipotina di
quattordici mesi. Ammalatasi di una forte
intossicazione, li suo stato divenne di-
sperato. Soltanto un miracolo - mi si
rato l'operazione e fosse sopravvissuto
almeno qualche mese, avremmo reso
pubblica la grazia. A sei anni di distanza
il babbo sta bene. Sento quindi il do-
vere di far pubblicare questa relazione.
che secondo lui era inguaribile. Allora disse - avrebbe potuto salvarla. Allora Grlnzano di Cervere (Cuneo) FRANCA GAVEGL/0
mi affidai a Maria Ausiliatrice chieden- mi rivolsi con grande fiducia a Maria
dole che mi guarisse il cuore per avere Ausiliatrice e alla serva di Dio Laura
la possibilità di essere operata. Promisi Vicuna, chiedendo la guarigione della
un'offerta per le vocazioni salesiane e nipotina. Da quel momento le sue con -
per i ragazzi poveri raccolti negli istituti dizioni cominciarono a migliorare e con-
MARIA
di Don Bosco. La mia gioia fu grande tinuarono fino alla completa guarigione.
quando, in un successivo controllo, lo Oggi, col cuore pieno di riconoscenza,
specialista trovò che la lesione al cuore rendo pubblica la grazia, che attribuisco
AUSILIATRICE
IN LITUANIA
era scomparsa. Potei quindi essere ope- alla miracolosa intercessione di Maria
rata con esito felice e riacquistare la
salute. Riconoscente a Maria Ausilia-
trice, adempio le mie promesse.
Madrid (Spagna) M , CONSUHO FERNÀNDEZ
ERA STATO DIMESSO
DALL'OSPEDALE PERCHÉ IL CASO
ERA DISPERATO
Ero affetto da ulcera duodenale. Da qual-
Ausiliatrice e d i Laura Vlcuna.
Momepaone (Catanzaro)
SALVATORINA VISCAMI
TRE MESI TRA LA VITA
E LA MORTE
Maria Ausiliatrice e San Giovanni Bosco
hanno salvato una mia cognata, che si
era ammalata di pemfigo, malattia ra-
Dal nuovo Centro Lituano di-
retto dai salesiani a Frascati
riceviamo: «Nel 1967 la Con-
ferenza Episcopale Lituana, do-
ve oggi solo due Vescovi sono
nell'esercizio del loro sacro mi-
IÙstero, ottenne dalla Santa
Sede l'approvazione. per la
che tempo il male si era talmente aggra- rissima e mortale. I professori che la
stampa di un Manuale di pre-
vato da costringermi all'operazione, che
avvenne nel settembre del 1968. Per
causa d i aderenze verificatesi, fui co-
stretto a subire un secondo intervento
curavano la diedero per spacciata; tut-
tavia tentarono una cura a base di cor-
tisone, per la quale si temeva una rea-
zione che poteva essere disastrosa. Tra
ghiere liturgiche. In esso si può
rilevare come sia diffusa in
Lituania la devozione alla Ma-
con gravi conseguenze, tant'è che mi con- sofferenze atroci, con piaghe in tutto il donna col titolo di <1 Aiuto dei
sigliarono il ritorno a casa, essendo il mio corpo, comprese la bocca, la lingua e
Cristiani ,>. Dopo la Novena
caso ormai disperato. Ma la Vergine e la gola, si da non potere né mangiare
San Giovanni Bosco, che durante il né parlare, dopo essere stata tre mesi
corso della malattia abbiamo sempre in- tra la vita e la morte In seguito a emor-
della Madonna, che è unica
per tutte le devozioni, assieme
vocato con preghiere e con la celebra- ragia cerebrale in conseguenza delle con la preghiera Memorare di
zione di sante Messe, vennero in mio
aiuto e mi salvarono. Dovetti ancora su-
bire due altri interventi, ma tutto andò
bene, e dopo due mesi ritornai in fa-
forti dosi di cortisone, già sul punto di
morire e ricevuta l'Unzione dei malati,
con sorpresa di tutti, superò la crisi.
Maria Ausiliatrice e San Giovanni Bo-
San Bernardo, viene sugge-
rita l'invocazione« Maria, aiuto
dei cristiani, prega per noi >>.
miglia guarito.
sco ebbero pietà di due teneri figli, Così pure per il Rosario: alla
Cerreto d'Asti
EMILIO FASOL/0 exsllievo
GUARITO DA LEUCEMIA
del marito e di noi tutti che piangevamo
e pregavamo per lei. La malattia non
è ancora scomparsa del tutto, ma siamo
tranquilli perché in tutto "Ciò abbiamo
fine di ogni decade è indicata
l'invocazione a scelta: <1 Maria,
concepita senza peccato, ecc.,»
Un mio cugino cadde gravemente in-
fermo. In un primo tempo si credette
si trattasse di una infezione al sangue,
ma gli esami eseguiti in clinica diedero
come risultato: leucemia. Venne ad ag-
gravare la situazione una trombosi.
Stette tre mesi tra la vita e la morte. I
medici ci dichiararono che umanamente
non c'era speranza di guarigione. In-
vocammo con fede Maria Ausiliatrice e
le sorti del malato sì mutarono al punto
visto la mano di Dio. Anche i medici
hanno affermato che si tratta di un
miracolo, perciò viviamo con la certeua
di una guarigione completa.
Nicastro (Catanzaro)
TINA CATALDI
A SEI ANNI DI DISTANZA
Mio padre era stato colpito da un male
inguaribile. Dietro suggerimento dei me-
dici lo facemmo operare allo scopo di
oppure: «Maria, aiuto dei cri-
stiani, prega per noi>>.
I fedeli della Lituania, nelle
presenti dolorose circostanze,
realizzano un'affermazione sem-
pre attuale di Don Bosco:
«La Madonna vuole che la
onoriamo sotto il titolo di Maria
Ausiliatnce: i tempi corrono
che presto si profilò la guarigione e oggi potergli allungare la vita di qualche così tristi che abbiamo bisogno
il cugino ha ripreso il suo lavoro. Esprimo mese. L'operazione si presentò più dif-
che la Vergine SS. ci aiuti a
la mia riconoscenza inviando un'offerta. ficile di quanto si pensava, infatti mio
Valdedsvìda - Le6n (Spagna}
- GEMMA AMPUDIA DIEZ
padre rimase in sala operatoria per
5 ore. Nella lunga attesa invocammo
conservare e difendere la fede
cristia1w •>.
29

4.2 Page 32

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PER
INTERCESSIONE
DI
SANTA MARIA
MAZZARELLO
MAGGIO
6 maggio
RICUPERA LA V I STA
Il 17 ottobre la nostra cara Direttrice
accusò un malessere con la perdita
della vista all'occhio sinistro. Messasi a
letto, la mattina seguente s1 trovò con
l'occhio completamente chiuso e cieco.
Il medico curante disse trattarsi di pa-
resi al nervo ottico e ordinò l'Immediato
ricovero all'ospedale. per cui la si portò
al Policlinico '"Gemelli" di Roma. I pro-
fessori non nascosero la gravità del male.
La paziente fu sottoposta a moltissime
analisi dolorose. senza che si riuscisse
l a identificare la causa del male miste-
rioso. Intanto la malattia progrediva mi-
nacciando di estendersi anche all'oc•
l chio destro. Fortemente angosciate ci
aggrappammo alla preghiera, rivolgen-
docì con grande fede a Santa Maria
Mauarello. Con noi pregavano i bimbi
dell'asilo, le loro famiglie, e tutte le
Suore dell'lspettoria, impegnate dalla
Madre Ispettrice a ottenere la grazia.
Con meraviglia degli stessi professori,
l'occhio cominciò ad aprirsi senza in-
tervento chirurgico fino a completa gua-
rigione e col ricupero della vista per-
duta. Cosi la nostra Direttrice poté far
ritorno a casa e riprendere le sue man-
sioni. Grate alla nostre Santa, adem-
piamo la promessa di pubblicare la
grazia.
Gioia del M•tsl (L'Aquila)
LA COMUNITA
era proprio la scrittura di mia sorella
che mi raccontava l'accaduto.
Sono ormai trascorsi parecchi mesi: la
care sorella attende ai suoi doveri fa-
miliari serena, tranquilla e molto rico-
noscente a Madre Mazzarello. Menda la
promessa offerta e desidera sia pubbli-
cata la straordinaria grazia affinché altre
persone conoscano questa cara Santa e
ricorrano alla sua intercessione.
lima (Petù) CLORINDA MORA DE LAZARO
OPERATA D I CANCRO
SETTE ANNI FA
La nostra carissima mamma venne ope-
rata per cancro diffuso. Ci raccoman-
dammo con fede a Santa Maria Maz-
zarello, affinché - se era volontà di
Dio - ce la conservasse in vita.
E siamo stati esauditi. perché ora, dopo
sette anni dall'operazione, e benché il
male non possa dirsi del tutto vinto, la
mamm" senza essere mai stata a letto,
si sente relativamente bene, e continua
serena e fiduciosa.
Grati, mandiamo una piccola offerta,
confidando che la Santa vorrà conti-
nuarci la sua valida protezione.
S. Jasé de Cost8 Rica
F•mlglis CASTILLO SOLANO
'
I MEDIC I LO RITENNERO
UN MIRACOLO
GUARISCE ALLA COLONNA
VERTEBRALE
Mia sorella Hortencla Mora de Torres, Per un male originato da un difetto con-
madre di famiglia, cadde gravemente genito alla colonna vertebrale. avrei do-
inferma. A nulla giovavano le cure me- vuto subire un difficile intervento chi-
diche; andava anzi peggiorando di rurgico di innesto fra le vertebre. Non
giorno in giorno, finché si ridusse inva- sapevo decidermi: intanto le mie con-
lida e Incapace di qualsiasi movimento. dizioni peggioravano sempre più, cau-
Quando ricevetti la triste notizia della sandomi dolori acutissimi e lasciandomi
gravità del suo male. mi trovavo in alle volte rigida senza potere né cammi-
Lima. Mi avevano appena donato una nare né muovermi. In tale stato iniziai
reliquia di Santa Maria Mazzarello; e, con grande fiducia una novena a Santa
scrivendo alla cara sorella, gliela mandai, Maria Mazzarello, mentre le Suore del
invitando tutti di casa a pregare, con Collegio Maria Ausiliatrice pregavano
tanta fede, la cara Santa.
con me. Senza essere stata sottoposta
Appena i familiari misero la reliquia in- all'operazione ritenuta necessaria, i do-
dosso all'ammalata - che era quasi in- lori scomparvero, né sono più ritornati.
cosciente - tutto ad un tratto questa
senti come un brivido in tutto il corpo,
incominciò a muoversi, si sedette sul
letto e infine si alzò, con grande stupore
dei presenti e dei medici stessi, che ne
constatarono la guarigione.
E oggi, dopo sedici mesi, mi sento com-
pletamente guarita. La grazia fu rite-
nuta un miracolo. Come prova unisco
le radiografie. Con cuore riboccante di
gratitudine ringrazio Dio e la mia Pro-
tettrice.
Mi scrisse subito una lettera. lo non Campo Grande (Brasile)
30 potevo credere a me stessa, ma quella
ANTONIA MARIA ds CRUZ
FESTA DI
SAN DOMENICO SAVIO
Il Ragazzo Santo, il Santo
dei ragazzi, il Santo delle
mamme e delle culle, il Pa-
trono dei «Pueri Cantores »,
proclamato tale da Pio XII.
14 maggio
SANTA
MARIA DOME)l"ICA
MAZZARELLO
Confondatrice con D on Bo-
sco delle Figlie di Maria
Ausiliatrice e prima Supe-
riora Generale dell'Istituto.
24 1naggio
SOLEN.VITÀ DI Mi!RIA.
SS. AUSILIATRICE
O Mariti, Vergine potente:
Tu, gra11de e illustre presidio
lklla Chiesa: Tu, aiuto me-
ravigliow dei Cristiani: Tu,
terribile come esercito schie-
rato a battaglia: Tu, sola,
hai distrutto og11i eresia in
tutto il mon/ÙJ: Ttt, nelle an~
gustie, 1Zelle lotte, nelle stret-
tezze difendici dal nemico, e
1zell'ora lklla morte accogli
I'anima nostra in Paradiso.
DON BOSCO
(Dal DO.I..Ll!'ITlNO SALESIANO,
febbraio 18851 vivente Don Bosco)

4.3 Page 33

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PER
INTERCESSIONE
DI
SAN DOMENICO
SAVIO
DISSE CHE SOLO DIO POTEVA I previsioni - non aveva risentito nulla il bimbo. Chiesi e ottenni l'abitino del
FARE I L RESTO
delle mie sofferenze. Anch'io mi ripresi piccolo Santo e pregai per tutta l'attesa
A soli dieci giorni dalla nascita la mia
bambina è stata operata all'ospedale di
Mestre (Venezia). Ricoverata al quinto
giorno per vomito infrenabile. e riscon-
trata all'esame radiografico una malfor-
mazione al duodeno con ostruzione, era
data perduta. Tuttavia il chirurgo dello
stesso ospedale decise di operarla ed
esegul una gastroenteroanastomasi. Fi-
nito !"intervento, disse che solo Dio po-
con una rapidità che sbalordì gli stessi
medici.
Palermo
LINA e ELIO TROVATO
Sento il bisogno di ringraz.iare San Do-
menico Savio per la perfetta guarigione
di mia figlia Maria di anni 6, che da due
anni soffriva di emorragia capillare. Era-
vamo in preda a profondo sconforto
con vivissima fede e speranza. Il 13 ot-
tobre veniva al mondo il mio bambino
che ho chiamato Domenico Giorgio in
onore del Santo. Al più presto mi recherò
nella Basilica di Maria Ausiliatrice a rin-
graziare personalmente, fiduciosa che
San Domenico Savio protegga ora e sem-
pre il mio bimbo e tutti i miei cari.
Torino
ISABELLA GUASCHINO
teva fare il resto. Le applicai una reliquia
di San Domenico Savio e tutto si risolse
bene: la bambina si nutre e cresce sana.
Chioggia (Venezia)
GIORGIO VAL TOLINA
COLPITA DA VIRUS FULMINANTE
La mia nipotina Vivien Nichele di 7 anni
il 13 dicembre u. s. fu colpita all'improv-
viso da febbre altissima. Ricoverata al-
l'ospedale di Castelfranco, i professori di-
chiararono il caso disperato perché col-
pita da un virus fulminante. Invitai i pa-
renti a ricorrere a San Domenico Savio.
Alle preghiere si uni anche la mia Comu-
nità e le orfane. E la grazia venne. Nel giro
quando mia suocera seppe di questo Quando, circa nove anni or sono. ero in
I grande Santo e delle meraviglie che com-
pie per aiutare le mamme. Con sollecitu-
dine mi procurò l'abitino e noi affidammo
la bimba a San Domenico Savio. 11 caro
Santo ci ha esauditi. La bimba oggi si
trova bene e ringrazia con noi San Do-
attesa per la mia seconda creatura, corsi
il pericolo di perderla. Angosciata, invocai
con fede San Domenico Savio ingerendo
una sua reliquia. Dopo pochi mesi venne
alla luce un bimbo sano e robusto, che
chiamammo Maurizio Domenico.
menico Savio.
Nel settembre ultimo scorso una grave
Manduria (Taranto)
1 ANTONIETTA SIRSI malattia mi costrinse ad allontanarmi
Idalla famiglia per curarmi. Oggi. mentrel
sono in viaggio per ritornare felice tra i
Dopo due maternità interrotte con molto miei cari, sento il dovere di soffermarmi!'
dolore e disperazione, a febbraio del 1969 ai piedi dell"Ausiliatrice e di Don Bosco
rimasi nuovamente in attesa. Ma anche perché essi. invocati con tanta fede, mi
questa volta la maternità si annunciò male hanno ottenuto un grands miglioramento. ,
con dolori e continue minacce di perdere San Crlstoforo (Alessandria)
GINA 80S10
di 12 giorni la piccola Vivien non solo
guarl. ma riprese la sua scuola e ora con-
tinua bene. I parenti ringraziano e inviano T orino Basilica di Maria Ausiliatrice. L'antica tomba di San Domenico Savio, dove
offerta con preghiera di pubblicare la si accumulano, sempre più numerosi, i segni della riconoscenza di tante mamme
grazia.
Montebelluna (Traviso)
SR. GILDA NICHELE F.M.A.
MAMME PREMIATE NELLA
LORO FEDE
Perdetti la mia prima bambina al sesto
mese. Per me fu un dolore indicibile.
Malgrado i medici mi consigliassero di
attendere un paio d'anni prima di intra-
prendere una nuova eventuale maternità,
non era trascorso un anno, che fui nuo-
vamente in attesa. Ma dopo sei mesi si
ripresentò la stessa situazione della prima
volta, anzi ancora più grave. Il ginecologo
che mi aveva in cura declinò ogni respon -
sabilità. Mio marito e io eravamo umana-
mente disperati. I medici avevano detto
chiaramente a mio marito che questa
volta rischiavo la vita io, oltre che il bam-
bino. Un professore da noi consultato mi
ordinò subito il ricovero in ospedale. Il
giorno prima del ricovero una mia vicina
mi fece avere un abitino di San Domenico
Savio. Me lo misi subito al collo e fidu-
ciosa iniziai la novena. Le peripezie e le
sofferenze furono ancora molte; ma, a
farla breve, piansi di gioia quando nacque
un bambino sano e roseo che - contro le
31
l____

4.4 Page 34

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PREGHIAMO PER I NOSTRI MORTI
SALESIANI DEFUNTI
Don Giuseppe campanlnl t a Torino 86 anni.
A diciassette anni parti per il Cile, dove lavorò intensamente per- tren-
tatré anni. Ritornato in Italia. fu confessore in varie case di forma-
zione, soprattutto all'lstituto Rebaudengo di •rorino. Era l'immagine
della semplicità e della bontà con un inalterabile sorriso sulle lo.bbra
e una cordiale comprensione per tutti, confratelli e giovani, speciaJ-
mente i più piccoli. Visse cli preghiera e di fedele presenza a tutt.i
gli atti della comunità; nel ministero delle confessioni con l'ardore
spontaneo e infiammato de11s sua parola fu il consolatore delle anime
e il vero sostegno spirituale dc.Un comunità.
Don Mattia Kreuuer t • Monaco (Germanio) • 65 anni.
L'ideale missjonnrio lo attra."'se alla fami_glia di Don Bosco all'ca\\ di
venticinque annj. Partiro per la Cina, svolse la sua attività nclJa casa
di Shanghai e in molte nitre case dèlla Cina, oggi nelle mani dei e-o•
munisti. Come economo ispettoriale e poi vicario is.pettorìa)e delle
case sctténtrionati della Cina, vide con g.rande dolore jl 1-equeatro delle
case e jJ martirio dei confratelli migliori. La salute ne risenti. Dopo
un breve pt:riudo di riposo in patria, tornò a lavorare nelle Filippine:
come direttore a Dacolud e a Victoriat. Nel 1()57 dovette arrendersi
ùl male che lo minacdava e tornò defirucivamente in Germania dove,
in piena cionsapevulezza, si offri vittima per le anime.
Sac. Giuseppe Cont t a Albaré (Verona) a 86 anni.
Coad. Federiço Susterslc t a Lubiana (Iugoslavia) a 84 anni.
Sac. Calogero DI Glorgl t a Santiago {Cile:) a 84 anni.
Sac. Alessandro Labancz t • Pannonba!ma (Ungheria) a 69 anni.
Sac. Pietro Saracino t o Bari a 67 •nni.
Sac. Luigi Fedele Pedotti t a Buenos Aires (Ar11entina) a 66 annL
Sac. Eugenio Oh t a Corrientes (Argentina) a 65 anni.
Sac. Eberardo W irde.ler t Heuisch- Llchtenau (Ge.rm.onia) a 64 anni.
Coad. Romano Miche lettl t Bologna a 63 anni,
Coad. Nicola Plerro t a New York (USA) • 61 anni.
Sac. Ceslao Madej t a Lodz (Polonia) a 60 anni.
Sac. Giuseppe Nemcek t a Santiago {Cile) a 54 anni.
Sa c. Cllrlo Giovanni Stramucci t lluenos Aires a sz anni.
COOPERATORI DEFUNTI
Don Giuseppe Costa t a Conselve (Padova) n 86 anni.
11 Signore lo cbian,I> " appena terminata lll santa Mcaaa. Nel
auo zelo sacerdotale vive..·a il problema missionario e aiutava con ge-
nerosità Ja nostre Missioni deH' lndia.
Ugo Errlco t a J3rindisi.
r Cooperatori di Brindisi hanno perduto in lui uno caro fratello, che
[u anche per molti nn.ni presidente della. Giunta Parrocc hiale. S~mpre
attivamente presente ll tutte le feste salesiane, diede a quanti lo CO·
nobbero l'esempio dc.ila sua testimonianza cristiana.
P. Adolfo DI Blasio d. O. t a Guudia Sanfrnmondi (Benevento)
a 83 anni.
E~emplore figlio di Son Filippo Neri, fu pastore di anime ricco di
carità sacerdotale e di zelo intraprendente. Le opere ecdesiali e sociali
da lui promosse nella sua Parrocchia ne rendono duratura la memori.a.
Ernesto Todesco t a Aosta.
Figu-ra cristiana luminosa di fede e di pratica religiosa, hA saputo ren-
de.re s-traordinarin la fedeltà quotidiana alla suu. missione di lavorn....
tare cristiano e di padre di famiglia. Dio l'ha benedetto anche con
la graiia di tre vocazioni reli~iose trtt i suoi figli: un sacerdote tra i
Missionari O.M.1. e due Figlie di 1\\lforia Ausilìattice. Ammalato da
anni, ne.ll'appl"endere che il figlio sacerdote, padre Giancarlo, era
stato destinnro aJJa difficile missione dt:l Laosw ai confini c:on la Cin..,
comunista, esclamò: ~ Che bcUa grazia ci ba fatto il Signore!•·
Paolo Giuseppe Vesco t a Torino a 74 anni.
Donò alla C.,ngreg~zione salesiana l'unico figlio don Aristide e da
quel giorno non visse e lavorb che per l'Opera. di Don Bosco, in par-
ticolare neWOratorio San Paolo di Torino. Uonto dì fede sic-un., so-
stenuta da pietà che sarebbe 1tata mirabile in tin'a.nima. consacrato,
chinò Ja fronte dinanzi alla rragtca prematura morte del figlio, avve-
num tre aruù fa, e andò incontro a Dio purificato da tanto dolore.
cario Mantovan t a Brugine {l'adova) a 82 anni.
Uomo di fede profonda e di vita laboriosa, ebbe il conforto di vedere
fa suà vita intén$amenté cristiana prolunJarsi nei figli: An tonio. ooa-
ditttore salesiono: suor Giovanna, Domerucana; Leonilda, valido aiuto
d.l ucerdoti in opere parrocchiali e missioni; Anselmo, padre esemplare.
Silvia Truffo t a Cascine Vie• (Rivoli - Torino) a 68 anni.
Svolse u.n intenso apostolato 1n ogni C'ampo: poJitico. sindncale, SO·
ciale, religioso, rendendolo accetto n tutti con la sua incantevole urn.Htà.
Fedele agli insegn•mcnti del servo di Dio don Rina!di, che ebbe modo
di avvicin11re più volte, p rofes.sb pi\\.1 tardi ncll' Istituto secolare delle
Volontarie di Don Bosc..o, dove ravvivò l'antica fiamm:a e sulJ'csempio
del santo Fondatore, amò tutti e si Cece amore da tutti. specialmente
dai più pove&i e bisognosi.
Irene Minervinl In Sasso t a Molfetta o 76 nnni.
Donna. di nobili sentim~nti cristiani e. molto devota a Don Bosco e
alla sua o·pera in Molfetta. fu sempre presente a tutte le manifesta-
zio1ti salesiane. Ancora sul tetto di morte giol alla notizia che la fio-
rente Scuola Media di Molfetta, diretta dal marito prof. Sergio, era
stara intitolata a San Don,en..ico Savio.
Gilda Anartta t a Molfetta (Bari) a 6s anni.
Con il consorte fu affezionata all'Opera Salesiana di MoHettn, che
alutò fin dalla fondazione. NeJJe opere di bene fu mossa da vivo
senso di fede e di concretezza. Amò tutti con una carirA pronta al
sacrificio~ che attingeva a Gesù Rucaristico e a !\\otaria Ausiliatrice.
N. D. Bianca Maria Tognl Corbln t a Roma a so anni.
Era consorte del senatore Giuseppe Togni1 nostro Cooperatoret Dama
del Santo Sepolcro e di San Vincen,r.o, n1en1bro del Comitato pro
cancerosi•· Ammirata nei ricevimenti deJJc alte Magistrature, la si
vedeva poi nei treni bianchi diretti a Lourdes, china sui pii.I sofferen ti
per animarli con la parola e il sorriso pieni di luce e di fede. Negli
ambienri pill poveri della capita.le era sempre attesa con il suo ricco
soccorso e soprattutto per la sua s-piritualità.
AJ senatore Giuseppe Togni e alln .figlia Tatiana ~posata Elmi, presi•
dente della Canfedèrozionc mondìale delle Exallieve delle Figlie di
Mario Ausiliatrice, porgiamo sentite condoglianze.
Insegnante Fiorentina Pisani t a Soverato a 77 anni.
Oiffuse la luce della fede e l'ardore della carità tra i suoi cari, gJi
nllievi e le nnime che ebbero la fortuna di. avvicinarla. Amava tanto
Maria Au.siliatTite e Don Dosco, da considerare s ue le opere s.alesiane.
Fu la pri mn Cooperatrice dj Sove.rato. Quando i salesiani vi inizia-
rono la loro opera nel l909, sj prodigò in mii.le modi per alleviarne
gli inevitabili disagi. Per suo n1eriro sorse il Centro Cooperatori e il
fiorente Laboratorio 1Vlissionario per la prepnrez.ione di paramenti
sacri per le Missioni e di indumenti per le famiglie bisognose. Fu
anche presidente di A. C. La forza per tutte queste. attività l'attingeva
ogni giorno all'Eucaristia.
Amelia San Fior t a Mestre (Venezia) a 69 anni.
Fu una delle prirne e più affezionate Cooperat rici di Conegliano V.
(Treviso}, assidua alle riunioni che si tenevano presso il Collegio Im-
macolata. ll Sig:norc la provò con la morte del marito, nella salute e
anche nei suoi beni. Mn la fede- in Dio e la fiducia ne:lla Provvidenza,
in Ma.ria Au.siliatrice e in Don Rqsc6 non le vennero mai mcnb. Offrì
le molte soffe<enze fisiche e morali per il Papa, per la Chiesa e per la
triplice Fornigliu Salesiana.
Maria Luigia Barbero ve d. Corlno t a Villafranca d'Asti a 75 anni.
La viva devozione o Ma.ria Ausiliatrice che la sostenne neUe prove
in vit·a, le fu premio jn morte. lnvoc:andola fino all'ultimo come Madre
e Aiuto. spirò col suo nome sulle labbra e con u.on tranquiWtà invi•
dia bile.
Lucia Mastrodonato ved. Paolone t a S. Severo (Foggia) a 68 anni.
Vedova n ventotto anni, ma fiduciosa nello Provvidenza, indirizzò il
figlio allo srudio e gli diede una professione, è la figlìa Sr. Maria alle
Figlie di Maria Ausiliatrice. Compiuta In sua missione ma·terna, si de-
dicò tutta 111l'apostohi'to proprio dei Cooperatori, dando es-empio di
lavoro e di letizia salesiana.
·
Anna Dentale ved. Cena t Orio n 76 anni.
Cooperatrice ricca di fedi: e di preghiera, amante del lavoro silenzioso
e dél sacrificio, ebbe un culto pe, la casa di Dio. Dal Signore ebbe in
dono un .figlio sa<;;erdote, l'attuale parroco di Orio. con il quale oon•
divise le ansie dc.ll'apostolato. Con la sua bontà s erena e comunica...
tiva, infondeva g-ioia in quanti avvicinava..
ALTRI COOPERATORI DEFUNTI
Actis Cnrlo - Aira!di Emanuele - /\\lberio Concetta • Anselmo Ro-
mana • Avola ·Giovanna ved. Cassonello - B•••ignana Michele -
Baudino Paola - Ilonavia Giov. Battista - Ca lvi Giuseppina - Colza
Antonio - Canova Emma - Cbisvaro Gra.z.ia - Coccolo Mnrgherita ...
Conti f:usebio • G,Jletto Cormela - Guirlielmi Core Teresa - Marengo
don Francesco . Martinelli suor Pia - Masino Olga - Nannìni rDl('. Gino
• Petrino Ticci Elvira - Politi Luigi • Raimondo Maria • lhpisarda
don Giuseppe - Reisi Angelina - Sivieri ltalll - Succo Celestino -
Tarallo Carmela Trnveno Vanda Zorzi Angelina fu Antonio.
L"ISTITUTO SALESIANO PER LI: MISSIONI con sede i n TORINO, eretto In Ente Morale con Decreto 12 gennaio 1924, n. 22, può legalmente rice-
vere Legati ed Eroditi!. Ad evitare posslbìli contastazionì si consigliano le seguenti formule:
Se trattasi d"un legato: «••. fascio ell"lsrituto Salesiano per le Missioni con sede In Torino a titolo di legato la somma di lire..• (oppure) l'lmmobile
s ito in..• ».
Se trattasi, invece, di nominare erede di ogni sostanza l' Istituto, la formula potrebbe essere questa:
, - · Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale l'Istituto Sales/ano per IB Mlssfonl con sede In Torino
lesciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo».
(luogo B data)
32
(firma pBr esteso)

4.5 Page 35

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CROCIATA
MISSIONARIA
T OTALE MINIMO P ER BORS A
L. 50 .000 Avvertiamo che la
pubblicaz.ione di una Borsa in•
completa si e ffettua quando Il
versame nto Iniziale rag g iunge
la s omma di L. 25.000, ovvero
quando tale somma v ien e r ag ..
g iunta con o ffe rte s u cc,essive..
Non potendo formare una Borsa, si
può contribuire con qualsiasi som•
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in memoria, a curo del fratello Agostinan,1elo Coc-
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naldi, ir,. n·ngta:Jiamento, a cura delle sorelle
Bressan (Este • Padova). L. 100.000.
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lievi Ispettoria SubRlpina (Torino). L. so.ooo.
Borsa: Don Bosco, a cura degli Exallicvi bpet-
toria Centrale (l'orino). L. 50.000.
Bo.rsa: Maria Auslllatdce, a cura di Marisa
e Tancredi Brandone (Pezzolo Valle Uzzone -
Cuneo). L. 50.000.
Borsa: San Giovanni Bosco, a cura di Marisa
e Tancredi Brnndonc (Pezzolo Valle Uzzone
Cuneo). L. 50.000.
Borsa: Don Glov11n.DI Demicbell, a cura di
Clotilde D=icbcli (Roma). L. 67.000.
Borsa: Giuseppe Cavenna, in m~moria e suffragio,
a cura della sorella Leonilda e delle nipoti Giu•
seppìnn e Gian.nn Ravenna (Genova). L. 65.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e Santi Salesiani,
i11 "umwn·a a s1'1fragio di Mario Rmoglio, a cura
del marito e della figlia Giovanna (Torino).
L. 60.000.
Borsa: Maria Au siliatrice, in suffragio e ricordo
dei propn" def1mti, o cura di E. C:>SSinclli (San
Fr.inciaco • California), L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice, continua ad aiutarci!,
a cura di Cecilia Pilino (Torino). L. 50.000.
Borsa: Divina Provvidenza. a. cura di Francesco
l3oglione ('Torino). L. 50.000.
Borsa: Maria Ausiliatrice e S. G. Bosco, ""''·
dit~ l~ mit prcghiere/1 a eurn di Battista Scb.invino
(Costigliole d'Asti). L. 50.000.
Borsa: Don Bosco, cura di Luigi Lanfranco
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Mario Ruffini (Torino). L. 50.000.
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LII/la la famiglia, curo. di Nemesio Mosconi
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trlce e S. G. Bosco.. i11 suffragio d~ nostri cari
defunti l implorando prorez'ion~ i,, utta e i11 morte,
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(Borgill • Catanzaro). L. 50.000.
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siliatrice, 32 - 10100 Torino - Tel. 48.29.24
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Intestato a: Direz:. Generale Opere Don Bosco - Torino
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PER VOI CHE SAPETE CHI LEGGERE
lè=l
il pèriplo
Capire le cose vuol dire anche guardarle da p1u
punti di vista: perciò in questa collana si troverà
molta varietà di temi e di posizioni, anche in con-
trasto tra loro. Questa pretesa di obiettività, questo
lasciar parlare voci diverse, è ancora, come dicono
alcuni, un atteggiamento di parte? Se cosi fosse,
siamo lieti che questa «parzialità» sia la nostra.
Jean Guilton
PENSIERO E GUERRA
Pag. 224 · L. 1.500
Storia di quella generazione che non ha partecipato alla guerra del 'I4, ma
a quella strana guerra del 1940 che ha visto apparire nuove forme di urto,
in cui il più potente è stato sconfitto dal meno potente; guerra parados-
sale, che i potenti hanno chiamato sovversiva; quella che ha collegato,
prima di qualsiasi altra, la guerra nazionale alla guerra sociale, forse alla
guerra civile; quella che ha visto l'intervento dell'arma assoluta, capace di
sopprimere la guerra, ma anche l'umanità.
La guerra: divenuta una prospettiva sempre più angosciosa, sollecita oggi
più di un tempo il nostro pensiero.
Un libro audace, che imposta il problema della guerra nella sua vera di-
mensione.
•- - ~••-·•-•-·••--•·-•·•-••···------•-·••••·-··••···-I - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
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