Bollettino_Salesiano_201510

Bollettino_Salesiano_201510

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IL
OTTOBRE
2015
A tu per tu
José
Zanardini
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Le case
di don Bosco
San Zeno
L'invitato
Timothy
Ploch
Come don Bosco
con i giovani e per i giovani

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LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
Il somaro di Brina
Sono un somaro, lo ammetto, non godo
di buona fama, a torto, eppure mi riten-
go molto più intelligente del mio cugino
cavallo, tutto muscoli e poco cervello
che però si muove sempre circonfuso da
un’aureola di gloria.
Fu proprio grazie ad un cavallo molto pauroso che
ritrovai quella persona eccezionale di cui vi voglio
raccontare. In quell’anno 1841, c’era un giovane
prete, Giovanni Bosco, ordinato da poco, che
faceva da vice parroco.
Il giovane don Bosco era ricercatissimo per le
prediche e così era invitato in tutti i paesi dei
dintorni. Una domenica, per predicare in un
paese piuttosto lontano decise di servirsi di un
cavallo. Ma la sua cavalcata durò poco. Spaven-
tato da uno stormo di passeri, quello scemo di
un cavallo si imbizzarrì e scaricò don Bosco su
un mucchio di pietre. Dall’alto della mia collina,
me ne accorsi e ragliai più forte che potevo.
Il mio padrone accorse e
insieme portammo in
casa il povero don
Bosco privo di
sensi. Il padrone
lo adagiò su un
letto e cercò di
farlo rinvenire.
Don Bosco, ap-
pena aprì gli oc-
chi disse: «Dio
vi compensi di
tanta carità, o
mio buon ami-
co. Qui dove
mi trovo?».
«Ella è sulla
collina di Bersa-
La storia
Don Bosco racconta l'episodio nelle Memorie Biogra-
fiche II, 19-21.
no, in casa di Giovanni Calosso, soprannomina-
to Brina suo umile servitore. Ho anche io girato
pel mondo, ed anch’io ho avuto bisogno degli
altri. Parecchi anni or sono, di autunno, io era
andato ad Asti col mio somarello a fare provvi-
gioni per l’inverno. Nel ritorno, giunto nelle valli
di Morialdo, la mia povera bestia, carica assai,
cadde in un pantano e restò immobile in mezzo
la via. Ogni sforzo per rialzarla tornò inutile.
Era mezza notte, tempo oscurissimo e piovoso.
Non sapendo più che fare, mi diedi a gridare
chiamando aiuto. Dopo alcuni minuti, mi si
rispose dal vicino casolare. Vennero un chierico,
un suo fratello, con due altri uomini portando
fiaccole accese. Mi aiutarono a scaricare la giu-
menta, la tirarono fuori dal fango, e condussero
me e tutte le cose mie, in casa loro. Io era mezzo
morto; ogni cosa imbrattata di melma. Mi puli-
rono, mi ristorarono con una stupenda cena, poi
mi diedero un letto morbidissimo. Al mattino
prima di partire ho voluto dare compenso come
di dovere. Il chierico ricusò tutto dicendo: Può
darsi che domani noi abbiamo bisogno di voi! Se
sapessi che cosa fare per quella buona famiglia!
Che buona gente!»
«Come si chiamava» chiese il giovane prete
visibilmente emozionato.
«Famiglia Bosco, detta volgarmente Boschetti.
Ma perché si mostra tanto commosso? forse
conosce quella famiglia? Vive, sta bene quel
chierico?»
«Quel chierico, mio buon amico, è quel sacerdo-
te che state ricompensando mille volte di quanto
ha fatto per voi. È quello stesso che sta qui in
casa vostra, in questo letto. La divina Provviden-
za ha voluto farci conoscere con questo fatto, che
chi dona riceve».
Sarò solo un somaro, ma io l’avevo ricono-
sciuto.
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Ottobre 2015

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IL
OTTOBRE 2015
ANNO CXXXIX
Numero 9
IL
OTTOBRE
2015
A tu per tu
José
Zanardini
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Le case
di don Bosco
San Zeno
L'invitato
Timothy
Ploch
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
Come don Bosco
con i giovani e per i giovani
In copertina: Intorno al Rettor Maggiore
migliaia di giovani in festa per il Bicentenario
di don Bosco. (Foto di Andrea Cherchi).
Contiene un inserto pubblicitario
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 AVVENIMENTI
Sym
10 A TU PER TU
José Zanardini
14 L’INVITATO
Don Timothy Ploch
16 FINO AI CONFINI DEL MONDO
18 CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
Quelli che ringraziano
22 PER I PICCOLI
Laudato si’
24 INIZIATIVE
Don Bosco manga
26 LE CASE DI DON BOSCO
Verona “San Zeno”
30 SALESIANI NEL MONDO
La storia di Marino
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
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Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans,
Marino Bois, Pierluigi Cameroni,
Antonio Carriero, Roberto Desiderati,
Ángel Fernández Artime, Cesare
Lo Monaco, Carlo Giacomuzzi,
Alessandra Mastrodonato,
Francesco Motto, Pino Pellegrino,
Linda Perino, O. Pori Mecoi,
Pier Cesare Rivoltella, Luigi Zonta,
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Diffusione e Amministrazione:
Agustin Pacheco (Roma)
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DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
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Periodica Italiana

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
FOTO DI ANDREA CHERCHI
Caro don Bosco,
ti voglio tanto bene
La bellissima, personale, sincera
e significativa testimonianza
di una nostra sorella.
Il mese di ottobre è dedicato
al Rosario. Nel bel ricordo
di Maria vi scrivo da Mor-
nese, culla di Santa Maria
Domenica Mazzarello, nel
giorno della professione re-
ligiosa perpetua di tre Figlie di
Maria Ausiliatrice. In questa bella
giornata di Famiglia Salesiana,
focalizzata sulle nostre sorelle
monumento vivente a Maria
Ausiliatrice, come ha volu-
to don Bosco, al termine
dell’Eucaristia una giovane
suora mi ha consegnato
una lettera, dicendomi che
era il suo regalo a don Bosco
nel bicentenario della sua
nascita, come ringrazia-
mento per tutto quello
che aveva significato nella
sua vita.
Lessi la lettera
in un momento
di calma e, man
mano che avan-
zavo nella lettura, si faceva sempre più viva in me
la certezza che il Signore comunica in modo reale
e continuo, nella vita di ciascuno di noi, anche se
attraverso tante mediazioni.
Chiesi alla sorella il permesso di pubblicare il suo
scritto in modo anonimo. Eccolo.
«Carissimo don Bosco, sono io, tu mi conosci.
Fra poco sarà la tua festa e milioni di persone ti
testimonieranno il loro amore di figli e figlie. In
questa immensa spiaggia io sono solo un minu-
scolo granello di sabbia. Anche così, però, oggi
voglio dirti il mio grazie.
Grazie, perché per dono di Dio ho sentito parla-
re di te. Cercavo di immaginare com’eri, mentre
leggevo la storia della tua vita. Poi ti ho cono-
sciuto realmente. Ti ho incontrato nel cortile del
Centro Giovanile nei tuoi figli salesiani. Ti ho
riconosciuto in quel cortile ampio pieno di bam-
bini, adolescenti e giovani e vedevo i salesiani
correre, giocare, ridere e ascoltare i giovani. Mi
sembrava il Cielo.
Sei comparso nella mia vita proprio quando ero
adolescente, quando tutto mi annoiava e non sape-
vo chi ero veramente. E poi, come un seme nel tuo
carisma, è entrato nella mia vita il Signore, che è
amore e gioia. Ricordo che un giorno sentii vivis-
simo in me il desiderio di essere “salesiano”. Essere
come te, senza mai smettere di essere felice. Far
conoscere Dio come facevi tu. Dico come te, per-
ché vedere un salesiano è sempre vedere te. Il tuo
stile e la tua personalità si adattavano a me come
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un abito su misura. A poco a poco, irresistibilmen-
te, Dio mi conquistò e così cominciò l’avventura.
La tua presenza paterna mi circondava sempre,
intensa soprattutto nel momento in cui Dio chia-
mò mio padre a stare con Lui. Dio era presente
nella presenza di ogni salesiano che accompagnò
me e i miei cari in quei difficili momenti.
Don Bosco, mi hai fatto gustare la presenza di
Dio, tanto che non potevo più tenerla tutta per
me, ma dovevo donarla agli altri. E così questo
Dio sorprendente è riuscito a guidare i miei passi
per diventare Figlia di Maria Ausiliatrice.
Oggi, ti dico nuovamente grazie. Grazie per la
presenza dei tuoi figli e delle tue figlie. Quando
il dolore del mio cuore era grande, incontrai qual-
cuno con cui parlare. Quando avevo momenti di
sconforto e di tristezza, incontrai chi mi diede
pace. Quando le mie mancanze gridavano la mia
fragilità, incontrai chi era mediazione della Mi-
sericordia di Dio. Quando ero in pericolo qualcu-
no diede la vita per me.
Non so, don Bosco, non so come dirti quanto sei
stato grande per me. Io non sarò la migliore delle
Figlie e dei Figli di Dio, ma ho un cuore che ti
ama tanto perché non sei un santo nato ed esistito
duecento anni fa. Sei un santo che condivide la
gioia di Dio in un carisma vivo, perché Dio è un
Dio vivente. Se tu sapessi veramente tutto quello
che sei per me! Mi hai avvicinato ad un Dio che
ha dato un senso alla mia vita e mi ha mostrato
quanto è bello dare la vita per Cristo. Tanti au-
guri, felice duecentesimo compleanno, caro don
Bosco. Vorrei abbracciarti e dirti: grazie, grazie
un milione di volte. Ti voglio tanto bene».
Questa la bellissima, personale, sincera e tra-
sparente testimonianza della nostra sorella. Un
messaggio splendido per tutta la Famiglia Sale-
siana. Ci interpella e ci provoca tutti, specialmen-
te i miei fratelli salesiani, perché tutti i giovani,
i giovani di oggi in particolare, hanno bisogno
che noi incarniamo don Bosco, che siamo più che
mai “don Bosco oggi”, vivendo come discepoli di
Gesù, nello spirito del carisma salesiano della no-
stra Famiglia.
E mi fa pensare come il nostro Dio stia toccando
i cuori di ciascuno dei nostri “figli” nel mondo,
e come il suo Spirito abbracci, accarezzi, provo-
chi e chiami, e come le mediazioni, come quella
mediazione, che possiamo essere noi per gli al-
tri, sono anche parola vivente di Dio presente ed
efficace per chi la voglia ascoltare.
Ti ringrazio, cara sorella, insieme a coloro che
leggeranno questa tua bella testimonianza. Con
te chiediamo a don Bosco di intercedere con il
Signore perché tanti altri giovani sentano il de-
siderio di seguire Gesù nelle diverse vocazioni
della nostra Famiglia Salesiana, che è prima di
tutto famiglia al servizio di tutta la Chiesa, con
il Papa e le chiese locali, come ha sempre voluto
don Bosco.
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AVVENIMENTI
ANTONIO CARRIERO
FOTO DI ANDREA CHERCHI
Sym Una settimana
come don Bosco
con i giovani e per i giovani
Sono stati i giovani a scrivere la parola “fine”
alle celebrazioni per i 200 anni dalla nascita
di don Bosco: gli ultimi sono diventati i “primi”
proprio allo scadere del bicentenario, come lo sono
sempre stati nei pensieri e nel cuore del loro santo.
Erano più di 5 mila, provenienti da 54 nazioni
che dal 6 al 16 agosto hanno festosamente invaso
la città di Torino richiamati dal “Sym don Bosco
2015”, il raduno del Movimento giovanile salesiano
(Sym - Mgs). Osservandoli, il Rettor Maggiore
don Ángel Artime, ha visto in essi «un’espressione
universale di come don Bosco continui a toccare
i cuori di tutti i giovani».
Insieme ai loro animatori ed educatori si sono
ritrovati là dove è incominciata l’avventura del
“prete di Valdocco”, la zona periferica di una
città che stava conoscendo la prima espansio-
ne industriale e che aveva iniziato ad attirare
ragazzi e giovani dalle valli piemontesi e lom-
barde in cerca di lavoro. Proprio qui il giovane
sacerdote aveva iniziato ad accoglierli e ad avviarli
a una professione e, ancor di più, alla vita. L’11
agosto a dare loro il benvenuto nel PalaRuffini è
stato un caro amico dei salesiani, monsignor Gui-
do Fiandino, vescovo ausiliare di Torino che ha
definito “moderno” don Bosco perché «il vangelo
è moderno». E per essere moderni come giovani,
ha aggiunto, «bisogna vivere in nome di tre prin-
cìpi fortemente salesiani: famiglia, festa e fede».
E su queste parole chiave si sono snodati gli altri
appuntamenti, dai momenti di festa a quelli di
rif lessione.
Europei, africani, latino-americani, asiati-
ci si sono confrontati in cinque intensi giorni
di dibattiti, confronti, scambio di esperienze
e momenti di preghiera. Nel linguaggio tipico
dell’amicizia, che supera facilmente le barriere
della lingua e delle tradizioni, hanno interpre-
tato il “Like, with, for: come don Bosco, con e
per i giovani”, riuscendo «a rafforzarsi nella loro
identità spirituale e carismatica», ha commen-
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tato don Fabio Attard, consigliere generale per
la pastorale. Non solo, ma sempre secondo don
Attard, «hanno rafforzato il loro impegno a fa-
vore di tanti altri giovani come loro attingendo
alla fonte della loro scelta, riscoperta sui luoghi
di don Bosco».
“Dovete sognare il futuro”
Uno dei momenti che ha sicuramente creato emo-
zioni indimenticabili è stato quello dello scambio
di esperienze vissute nei Paesi di provenienza,
soprattutto quelli devastati dalla guerra e dalla
fame, come la Siria o il Sudan. Tra le testimo-
nianze più toccanti, quella di Alfred Adetosoye
Adedayo, un giovane arrivato da una Nigeria ter-
rorizzata dai fanatici di Boko Haram.
«Una domenica mattina mi trovavo per la messa
nella chiesa cattolica di Cristo Re, a Zaria, nella
regione di Kaduna. Verso le 8, si è presentata una
Golf nera che ha provato a superare la cancella-
ta presidiata da alcuni giovani che smistavano
il traffico di chi usciva ed entrava. Insospettiti
dall’abbigliamento dell’autista, hanno cercato di
bloccarlo. Saputo che aveva una bomba, in set-
te si sono schierati davanti per ostruirgli il pas-
saggio e per evitare che piombasse sulla folla e
facesse una strage. Questione di attimi e saltano
in aria con il kamikaze e l’auto. Sono rimasto
impressionato dal loro coraggio. Ho chiesto a
Dio di avere la loro forza e fede per affrontare la
vita, con la speranza di costruire un domani un
futuro di pace».
Coraggio e forza sono stati proposti ai giovani del
Sym anche da monsignor Luc Van Looy, vescovo
di Gent (Belgio) e presidente di Caritas Europa,
già consigliere generale per la Pastorale giovanile
salesiana: «Dovete sognare il futuro, essere forti e
non avere paura», ha proposto loro.
Il Rettor Maggiore don Ángel Fernández Ar-
time, a sua volta, ha chiesto agli stessi giovani
di vivere nelle case salesiane «non solo per rice-
vere, ma anche per dare e per darsi. Sono con-
I giovani del Sym
(Salesian Youth
Movement) erano
migliaia il 16
agosto 2015 al
Colle don Bosco.
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AVVENIMENTI
In alto: Il lungo e
festoso serpentone
di giovani ha
percorso a piedi
la strada tra
Castelnuovo e il
Colle don Bosco.
Sotto: Il Rettor
Maggiore con
alcune giovani
del Sud Sudan.
vinto che voi siete qui perché avete una speciale
sensibilità: capire che molte migliaia di giovani
di tutto il mondo hanno bisogno di voi». E, ci-
tando il Papa, ha aggiunto: «Francesco ci invita
ad essere radicali. Il modo salesiano concreto di
essere radicali, voi e noi, è questo “essere-per-
gli-altri”, cercando di arrivare a chi è distante,
facendo scelte concrete e valide per i più pove-
ri, gli “scartati” delle nostre società. Dobbia-
mo sentirci a disagio mentre abbiamo i poveri
accanto a noi, o anche lontano da noi, persone
senzatetto, persone che soffrono per la violenza,
persone sfruttate».
Suor Yvonne Reungoat, Madre Generale del-
le Figlie di Maria Ausiliatrice, ha poi invitato i
giovani a sentirsi “un solo cuore” pur essendo in
5000, perché – ha precisato – «una persona non si
costruisce nell’individualismo, ma nella relazio-
ne. Relazione vuol anche dire aprire il dialogo a
tutte le culture, le razze, le religioni senza perdere
la propria identità, perché non devono esistere le
frontiere tra la gente».
Don Ángel Fernández Artime, infine, è tornato
sui temi a lui cari dello stile educativo salesiano
dopo che i giovani si sono esibiti in performan-
ces artistiche di alto livello: «Mi commuovono
la vostra gioia e la facilità con cui passate dalla
musica e la danza alla riflessione e alla preghie-
ra. Siate i protagonisti della vostra vita. Sogno
che nulla e nessuno soffochi o rubi i vostri so-
gni di bene, di bontà, di una umanità migliore.
Sogno che i giovani salesiani nel mondo siano
capaci di essere alternativa, di essere controcul-
turali in ciò per cui è importante e necessario
andare controcorrente. Sogno giovani che, dato
che pensano e sono giusti e hanno un grande
cuore, siano capaci di dire “sì” e di dire “no”,
con grande libertà. Non concepisco modo mi-
gliore di essere giovani salesiani se non offrendo
qualcosa di valido, essendo voce di chi non ha
voce».
Molto di ciò che don Ángel si attende dai gio-
vani viene già scritto e interpretato da molti di
loro soprattutto nelle zone di conflitto, il cui
eco è giunto sia nel palazzetto dello sport sia a
Valdocco e al Colle don Bosco. L’eco di questi
drammi universali si è risentito nelle parole di
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don Munir El Ra’i, ispettore del Medio Oriente:
«Come Salesiani siamo presenti in 7 nazioni del
Medio Oriente in cui un conflitto dettato dagli
interessi, non per l’umanità, non per la libertà o
la democrazia, altro non è se non un grande gio-
co, un “big game” molto complesso in cui chi ne
paga le conseguenze è il popolo, sono i giovani.
Noi Salesiani siamo presenti e abbiamo deciso di
rimanere nonostante le guerre e le difficoltà. Ci
sono Salesiani che piuttosto di lasciare quelle ter-
re sono pronti al martirio».
Giovani che oggi danno la vita
«Aleppo, la mia città, è, attualmente, la più col-
pita al mondo – prosegue il suo racconto con
visibile tensione. – Più di 3 000 000 di abitanti
sono colpiti dalla distruzione totale. Cionono-
stante, ho provato a chiedere ai giovani di Alep-
po se possono perdonare e amare il nemico. L’ho
chiesto a una ragazza rapita con la famiglia per
quattro mesi, a ragazzi a cui è stata distrutta la
casa, a una giovane maestra d’asilo a cui è morto
un bambino tra le braccia colpito da un cecchi-
no, a ragazzi che hanno perso famiglia e amici.
Tutti mi dicono che non possono perdonare, è
difficile. Non c’è odio, ma amare i nemici è una
follia, per il momento. Forse, mi dicono, per
saper perdonare dobbiamo essere santi. Forse,
più avanti riusciremo ma adesso è difficile. Ma,
nonostante tutto, molti in confessione chiedono
al Signore di aiutarli a perdonare! Un cammino
difficile, ma possibile. Sembra essere una follia.
Una follia chiedere di perdonare, ma che cos’è
la vita cristiana se non una vita di follia? Noi
abbiamo le nostre guerre, voi avete le vostre,
ma è necessario saper perdonare e amare fino
in fondo. Una follia, non c’è una logica umana
nel perdono. Ma stare con Cristo è essere paz-
zi, e insegna l’unico linguaggio universale che
è l’amore. E per stare con Cristo è necessario
essere preparati, nutriti bene. Siamo tutti invi-
tati a imparare il linguaggio dell’amore che va
ricercato su una frequenza speciale. E, allora, vi
invito a essere folli, essere folli con Cristo. È una
follia che richiede un grande sacrificio, anche il
sacrificio della vita. In questi giorni in Medio
Oriente, nonostante la sofferenza, tanti giovani
hanno donato la loro vita a Cristo, tante nuo-
ve ordinazioni sotto le bombe, giovani che oggi
danno la vita per servire il popolo siriano. Una
follia, ma hanno imparato bene il linguaggio
di Cristo. Vi invito ad essere folli, imparate il
linguaggio dell’amore, perdonate, siate pazzi di
Cristo e vi saranno aperte tutte le porte».
In alto: Madre
Yvonne, Superiora
Generale delle
Figlie di Maria
Ausiliatrice e,
sotto, il Rettor
Maggiore don
Ángel con giovani
partecipanti del
Sym.
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A TU PER TU
O. PORI MECOI
Per amore degli Ayoreo
e dell’umanità
Incontro con don Giuseppe Zanardini, salesiano, ingegnere
e antropologo, in Paraguay dal 1978. Ha diretto la scuola
tecnica salesiana, costruito villaggi popolari.
Dal 1985, segue direttamente la questione indigena (20
differenti popolazioni indigene suddivise in 400 comunità
per 120 mila persone) vivendo prima in una comunità
Ayoreo nel Chaco e poi nel Centro studi antropologici
dell’Università Cattolica (Ceaduc) di Asunción. Ha avuto
molti riconoscimenti nazionali e internazionali.
Qual è la parabola
della tua vita?
Sono un tipo di persona con molti in-
teressi e si vede dagli studi tanto di-
versi che ho fatto e dalle attività molto
diverse della mia vita. Mi piacciono le
diversità culturali dei popoli, mi piace
la natura in tutte le sue manifestazio-
ni, mi piace trascendere tutto ciò che è
materiale per arrivare allo spirito pro-
fondo delle persone e del cosmo.
Mi sono fatto salesiano per mezzo del
Bollettino Salesiano. Non sono mai
stato in Scuole o Parrocchie salesia-
ne. Son cresciuto in ambienti parroc-
chiali con preti diocesani, nell’Azione
Cattolica e quando ero universitario
nella . Ma da giovane arrivava a
casa il Bollettino Salesiano e vedevo
le notizie di che cosa facevano i Sale-
siani nel mondo: ricordo molti servizi
sui viaggi di don Ziggiotti in Ameri-
ca tra gli indios. E questi popoli mi
entusiasmavano e suscitavano in me il
desiderio di conoscerli da vicino, di-
ventare salesiano e fare qualcosa con
loro. Quindi un giorno parlai con il
direttore dei salesiani di Brescia, don
Sangalli, che mi diede il libro delle
Costituzioni Salesiane. Mi disse di
leggerle, e se mi piacevano di prende-
re decisioni. Fu così che dopo pochi
mesi entrai nel Noviziato di Missa-
glia senza avere mai passato un giorno
intero in una Casa Salesiana. Strana
vocazione!
Perché, dopo le lauree
in ingegneria e gli studi
di teologia, hai scelto
di “seppellirti” in una
foresta?
Durante gli studi di ingegneria al Po-
litecnico di Milano, dal 1965 al 1970,
ho potuto vivere quei momenti del
1968 conosciuti come la rivoluzio-
ne culturale che hanno segnato una
tappa socio-politica in molti paesi del
mondo, specialmente in Stati Uniti ed
Europa. Avevamo compagni di Uni-
versità che erano maoisti ed andavano
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sempre con il Libro Rosso di Mao Tse
Tung in mano, e che costituirono poi
le Brigate Rosse di triste memoria.
In quel tempo si accentuò in me l’in-
teresse per i problemi sociali, politici,
per le disuguaglianze socioeconomi-
che del mondo. Arrivavano notizie
dall’America Latina dove sorgevano
gruppi guerriglieri, come Sendero
Luminoso in Perù o in Colom-
bia, con il proposito di cambiare la
società attraverso metodi forti e lotta
armata. C’era molta confusione per-
sino nei cattolici sul modo di arrivare
ad una giustizia sociale che includesse
anche i poveri.
Negli studi di teologia successivi sono
entrato in contatto a Roma, Univer-
sità Salesiana, con studenti di Ame-
rica Latina con cui cercavo di capire
che cosa può e deve fare un cristiano
in queste situazioni. Si parlava mol-
to della Teologia della Liberazione e
delle comunità di Base che nascevano
specialmente in Brasile.
Dopo l’ordinazione sacerdotale sono
stato tre anni a Bologna, la città più
comunista d’Italia in quel tempo.
Insegnavo materie scientifiche e tec-
niche all’Istituto Tecnico Industriale
Don Bosco. Fu lì che iniziai a cullare
l’idea dell’America Latina per capire
i problemi della povertà, degli indios
e per cercare di innestarmi nel gran-
de processo di liberazione integrale
dei popoli oppressi. E nel 1978 sono
partito con grande entusiasmo per il
Paraguay, dove mi aspettavano tre
settori di lavoro salesiano: la forma-
zione professionale di giovani lavora-
tori nelle scuole “notturne”, la costru-
zione di case popolari per senzatetto
mediante il sistema
dell’autocostruzione
con l’aiuto reciproco
e finalmente i popo-
li indigeni.
Sono andato a vivere
con gli indigeni della
selva Chaquena, che
è la parte occidentale
del Paraguay a ovest
del grande fiume Pa-
raguay che attraversa
tutto il paese da nord
a sud dividendolo in
due parti assai diverse geologicamente
e culturalmente. Nella foresta vissi con
gli indigeni e come gli indigeni per un
bisogno di sentirmi povero, semplice,
umile e disposto a condividere la loro
vita con le angustie, speranze, delusio-
ni e progetti.
Si deve essere “missionari”
in modo diverso, oggi?
La mia prima presenza tra gli indige-
ni fu nell’anno 1979, per un periodo
di tempo in una missione tra i Gua-
ranì nella regione orientale e poi per
vari anni in una missione salesiana
tra gli Ayoreo nella regione occiden-
tale chiamata Chaco. L’impostazione
era del tipo tradizionale, cioè il sa-
cerdote era il responsabile di tutta la
missione dal punto di vista materiale
e spirituale. Tutto funzionava rela-
Don Giuseppe Zanardini con alcuni
dei fieri abitanti del Chaco ai quali ha
dedicato la vita.
tivamente bene, ma il popolo era in
un certo modo passivo e dipendente
economicamente da progetti con de-
naro esterno, che generava situazio-
ni di paternalismo. Questo modello
era molto criticato dagli antropologi
e anche dai missionari più sensibili e
imbevuti dei Documenti del Concilio
Vaticano II, del Documento di Me-
dellin del 1968 e di Puebla del 1978.
Quindi ho capito che si doveva esse-
re missionari in una forma diversa da
quella tradizionale per vari secoli e
realizzata storicamente con la formula
delle Reducciones Gesuitiche.
Hai ottenuto una grande
onorificenza dello stato.
Che cosa significa?
Il Parlamento del Paraguay, riunito
in seduta solenne nella Sala Bicame-
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A TU PER TU
rale del Congresso, ha consegnato un
riconoscimento a me, per il lavoro
compiuto nell’educazione delle po-
polazioni indigene della regione del
Chaco. Si vuole con questo riconosce-
re pubblicamente il lavoro svolto dai
salesiani per vari decenni a favore dei
popoli indigeni nel campo dei diritti
collettivi, dell’educazione scolastica e
del ricupero dei territori tradizionali
delle diverse etnie. Ci sono in Para-
guay 20 popoli o etnie con 20 lingue e
culture diverse, sparsi in tutto il paese
in più di 500 villaggi. Si tratta quindi
di un immenso patrimonio culturale
che arricchisce grandemente la socie-
tà paraguaiana.
Nella Costituzione Nazionale del
1992 siamo riusciti a far approvare per
la prima volta nella storia del paese un
capitolo sui Popoli Indigeni, dove si
riconoscono a loro tutti i diritti col-
lettivi stabiliti universalmente: terri-
torio, sistema educativo, economico,
politico, giudiziale, religioso, sociale
conforme alle rispettive tradizioni
culturali. E sono riconosciuti come
popoli esistenti prima della formazio-
ne e organizzazione dello Stato para-
guaiano. Poi si sono approvate varie
leggi tra cui le più importanti sono la
Legge sull’Educazione Indigena nel
2007 e la Legge sull’uso delle Lingue
nel 2010.
Stai dedicando la vita
ad un popolo che rischia
di scomparire, perché?
I popoli indigeni, nonostante siano
una minoranza, non stanno scom-
parendo. Statisticamente sono in au-
mento con una crescita percentuale
superiore alla crescita dei paraguaiani
non-indigeni. Quello che sta cam-
biando sono alcuni elementi culturali
acquistati dall’inevitabile contatto
con i non-indigeni. Per poter soprav-
vivere come popoli sentono che devo-
no riadattare il loro modo di vivere e
pensare, facendo una sintesi culturale
tra il vecchio e il nuovo modo di vive-
re. D’altra parte questo processo è un
processo universale che tutti i popoli
nella storia hanno dovuto fare per po-
ter sopravvivere.
Parli di loro in libri
e conferenze in tutto
il mondo, si salveranno?
Sono stato invitato in Università o
Congressi Internazionali in tutti i pae-
si dell’America e anche in molti paesi
di Europa e Asia. Quello che più inte-
ressa è vedere che questi popoli consi-
derati ‘primitivi’ sono in realtà i popoli
Ci sono in Paraguay 20 popoli con 20 lingue e
culture diverse, sparsi in tutto il Paese in più di
500 villaggi.
che hanno custodito per millenni il
pianeta e sono gli alleati principali di
tutte le organizzazioni o partiti politici
che sostengono le politiche non conta-
minanti, lo sviluppo sostenibile, l’uso
di energie rinnovabili.
Che cosa ci insegnano
gli Ayoreo?
Gli Ayoreo sono l’unico popolo del
Cono Sud di America che ha ancora
piccoli gruppi di persone non contat-
tate da nessuno, che vivono come mi-
gliaia di anni fa nella profonda selva.
Non hanno contatti neppure con gli
altri Ayoreo che vivono stabilmente
nei villaggi. Sono nomadi in cerca di
spazi sicuri che si riducono sempre di
più a causa della tragica deforestazio-
ne galoppante.
Questi indigeni ci insegnano tante
cose: anzitutto hanno una profonda
spiritualità: tutto fa riferimento all’e-
sistenza di un Essere Superiore che è
origine e fonte di tutto e che, median-
te speciali riti e pratiche, mantiene
l’universo, le persone e tutta la realtà
in armonia e pace.
Ci insegnano la semplicità, l’essen-
zialità, la non accumulazione di beni
materiali, la solidarietà, il valore della
persona, della famiglia e del clan, il
rispetto per gli animali, le piante, la
terra, l’acqua, l’aria. Inoltre sono popo-
li molto allegri, amanti dell’armonia e
della pace. E quando ci sono proble-
mi sanno risolverli mediante lunghe
conversazioni in assemblee generali
dove si nota il desiderio di arrivare a
un consenso generale per non dividere
il gruppo in due parti, cioè quelli che
vincono e quelli che perdono.
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Ottobre 2015

2.3 Page 13

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«Continuerò a lavorare con e per i popoli
indigeni, per rafforzare la loro cultura destinata a
cambiare perché il cambio non sia traumatico».
In quali campi agiscono
i Salesiani del Paraguay?
Oltre al lavoro in Missioni indigene
nel Chaco, con etnie di varie lingue e
culture, i Salesiani in Paraguay si dedi-
cano ad alcune opere specifiche come
il Don Bosco Roga che è un Centro
che accoglie i bambini della strada,
una Scuola agricola per formare tec-
nici capaci di innovare e migliorare
la produzione agricola con mentalità
cooperativista, una Scuola professio-
nale per giovani desiderosi di imparare
un mestiere che permetta loro di gua-
dagnarsi il pane, varie Scuole elemen-
tari e Medie superiori sparse in diverse
parti del paese, un Istituto Superiore di
Studi equiparato a un’Università con
specializzazione in Scienze Sociali,
Educative e Filosofiche che funziona
nella Capitale ma anche con varie sedi
nell’interno del paese, numerose Ope-
re Sociali, Parrocchie, Oratori ecc.
Che cos’è esattamente
il Chaco paraguayo?
Il Gran Chaco è una regione piana
che si estende anche in Argentina e
Bolivia. La parte che sta in Paraguay
si conosce come Chaco paraguaiano
ed è quella parte del Paraguay che si
estende a ovest del fiume Paraguay. È
poco popolata e ci sono grandi esten-
sioni senza gente con grandi latifon-
di. Ci vivono indigeni di 16 culture e
lingue differenti. Ci sono tre grandi
colonie di Mennoniti che parlano il
tedesco, pochi paesi con popolazione
paraguaiana, molte fattorie di alleva-
menti di bestiame posseduti da pa-
raguaiani e anche stranieri di diversi
paesi europei.
Quali sono le prospettive
del tuo lavoro?
Continuerò a lavorare con e per i
popoli indigeni, preoccupato di raf-
forzare la loro cultura destinata a
cambiare, affinché il cambio non sia
traumatico e permetta loro di for-
marsi in scuole indigene intercultu-
rali e bilingui, cioè nella loro lingua
materna e nello spagnolo. La forma-
zione deve essere integrale come esi-
ge l’interculturalità e questa permet-
te anche di formarsi per poter vivere
nel complesso mondo globalizzato
come indigeni armonizzati nel nuovo
mondo, dove possano vivere degna-
mente, superare la povertà e assume-
re le proprie decisioni religiose senza
paternalismi o pressioni esterne. L’e-
vangelizzazione è anzitutto testimo-
nianza della carità e della libertà e
va unita con la proposta di una vita
umanamente dignitosa.
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L’INVITATO
O. PORI MECOI
Traduzione di Marisa Patarino
Don Timothy Ploch
Consigliere per la Regione Interamerica
La Regione Interamerica comprende 13 Ispettorie,
che si estendono dal Canada alla Bolivia.
«Uno dei nostri progetti più ambiziosi consiste
nell’accogliere il fenomeno dei numerosi emigranti
che si dirigono verso nord, negli Stati Uniti,
affrontando grandi pericoli».
Può autopresentarsi?
Sono don Timothy Ploch, Salesia-
no di don Bosco, Consigliere per la
Regione Interamerica. Sono origina-
rio di Paterson, nel New Jersey, ne-
gli Stati Uniti. Ero stato Consigliere
Ispettoriale dell’Ispettoria di New
Rochelle ( - Stati Uniti Est) ne-
gli anni 1991-1997 e dell’Ispettoria
di San Francisco ( - Stati Uniti
Ovest) negli anni 2009-2014, finché
sono stato eletto membro del Consi-
glio Generale nel 27° Capitolo Gene-
rale.
Com’è nata la sua
vocazione salesiana?
Mia madre, che era rimasta orfana
all’età di 5 anni, fu allevata dalle
Figlie di Maria Ausiliatrice di Ha-
ledon, nel New Jersey. Nella mia fa-
miglia regnava dunque una forte at-
mosfera salesiana. In qualche modo
il desiderio di diventare sacerdote
mi ha sempre accompagnato, fin da
quando ero giovanissimo. Volevo
però essere un sacerdote diocesano,
come i preti della mia parrocchia.
Non avevo mai incontrato un sacer-
dote salesiano fino all’età di 14 anni,
quando partecipai a un fine settima-
na di ritiro presso un Seminario Sa-
lesiano. Cominciai poi a frequentare
il liceo presso il Seminario Salesiano
di Goshen, New York, e da allora
ho sempre avuto la certezza che Dio
stesse preparando la mia strada di
sacerdote nella Congregazione Sa-
lesiana.
Lei è Consigliere Regionale
per l’Interamerica. La sua
è una Regione vastissima.
Come riesce a tenere
i contatti con tutte
le Ispettorie?
La Regione Interamerica comprende
13 Ispettorie, che si estendono dal Ca-
nada alla Bolivia. Per otto mesi l’anno
viaggio nelle varie zone della Regione
e sono sempre presente in una delle
Ispettorie. Come Consigliere Genera-
le, trascorro a Roma solo 4 mesi l’anno.
È inoltre possibile mantenere frequen-
ti contatti tramite e-mail, condivisio-
ne di foto, Facebook ecc. Gli Ispettori
responsabili delle varie Ispettorie della
Regione si incontrano poi una volta
l’anno per un’intera settimana.
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Don Timothy con il Rettor Maggiore: «Uno dei nostri progetti
più ambiziosi consiste nell’accogliere il fenomeno dei numerosi
emigranti che si dirigono a Nord».
Quali sono i problemi
comuni della Regione?
Quali sono le Ispettorie
che sentono maggiormente
le crisi del nostro tempo?
Le vocazioni costituiscono uno tra i
problemi più comuni di questa Re-
gione. Viviamo la difficoltà della di-
minuzione del numero di giovani che
rispondono alla chiamata del Signore
a seguirlo sulle orme di don Bosco.
C’è anche il problema del sostegno
e dell’accompagnamento delle voca-
zioni, perché in questa Regione si ri-
scontra una limitata perseveranza.
Quali sono le sfide
più urgenti?
Come in tutta la Congregazione Sa-
lesiana, anche nella Regione Intera-
merica siamo interessati dalla sfida di
essere e vivere come Salesiani, per i
quali Dio è veramente al primo posto,
di testimoniare la comunione d’amore
tra noi e con tutti, di essere e vivere,
per riprendere le parole della Strenna
di quest’anno, come don Bosco, con i
giovani, per i giovani.
Quali sono i progetti più
ambiziosi delle Ispettorie
della Regione?
Uno dei nostri progetti più ambizio-
si consiste nell’accogliere il fenomeno
dei numerosi emigranti che si dirigono
verso nord, negli Stati Uniti, affron-
tando grandi pericoli. Tra loro vi sono
minorenni non accompagnati. Questa
è una responsabilità di tutta la nostra
Regione, non solo dell’America Cen-
trale, del Messico e degli Stati Uniti. Il
nostro sogno è che quando questi im-
migrati arrivano negli Stati Uniti trovi-
no Salesiani originari dei loro Paesi che
si prendano cura di loro come pastori
ed educatori nello stile di don Bosco.
Quali sono gli incontri
o le situazioni che l’hanno
meravigliata di più?
Rimango sorpreso dal numero di
bambini che sono così minacciati dalla
violenza nei loro Paesi da essere dispo-
sti a correre il rischio di compiere il
pericoloso viaggio che li porta ad at-
traversare il confine con gli Stati Uniti.
Che cosa vorrebbe dire
alla Famiglia Salesiana?
La Famiglia Salesiana è forte nella
Regione Interamerica. Uniamo le for-
ze tutti noi Salesiani, sacerdoti e laici,
per proporre ai giovani della nostra
Regione, in particolare ai più poveri,
la speranza offerta da don Bosco: solo
in Gesù e nel suo Vangelo troveranno
un significato per la loro vita.
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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
MAROCCO
Don Bosco
in arabo
La scuola salesiana di
Kenitra, in Marocco,
ha pubblicato un libro dal titolo “L’uomo
che ha dato la sua vita per i giovani”. È stato
scritto in arabo da un insegnante di arabo,
Mohamed Habhouh. «Il libro del professor
Habhouh è un libro originale. Ha lo stile
dei ‘fioretti’ e può essere letto dai bambini
come dagli adulti che vogliono conoscere i
principi educativi di don Bosco. Vogliamo
che questo libro sia conosciuto e utilizzato
come riferimento per vivere lo spirito di don
Bosco in un contesto culturale molto diverso
da quello in cui egli visse», ha detto don José
Vega, Direttore della comunità di Kenitra,
che ha chiesto al prof. Habhouh: «Lei è un
insegnante arabo e musulmano. Qual è il
contributo di don Bosco all’educazione dei
bambini musulmani?» «L’amore a Dio, il
dialogo, la presenza dell’educatore, la gioia,
la tolleranza, l’affidabilità, il Sistema Preven-
tivo».
BRASILE
700 giovani
alla Settimana
Missionaria
La Settimana Missio-
naria, ideata dall’attuale
ispettore dei Salesiani,
don Edson Donizetti
Castilho, è giunta ormai
alla 21ª edizione. I giovani
missionari appartengono
a vari gruppi salesiani:
giovani orientati verso la
vita consacrata, i gruppi
di lavoro sociale, i ragazzi
degli istituti della Rete
di Scuole Salesiane
(RSE), delle parrocchie
e giovani della Pastorale
Universitaria del Centro
Universitario Salesiano di
San Paolo (UNISAL).
L’arrivo dei giovani mis-
sionari smuove le comu-
nità ospitanti, che parteci-
pano come evangelizzate
ed evangelizzatrici, in uno
scambio di esperienze
e di esperienze di fede,
mediante celebrazioni
eucaristiche, momenti
mistici e spirituali, visite
familiari, tornei organizza-
ti, laboratori e momenti di
formazione.
MYANMAR
Inondazioni
devastano
il paese
Le piogge intense cadute per 2 settimane
hanno generato delle violente inondazioni in
Myanmar e causato almeno 46 morti e circa
215 mila sfollati. L’opera salesiana di Kalay,
nello Stato di Chin, si trova al centro di un’area
tra le più devastate dalle alluvioni, ma miraco-
losamente non ha subito danni. La comunità
è già impegnata nelle operazioni di primo
soccorso e prevede di aiutare la popolazione
colpita anche con iniziative di lungo periodo.
“Abbiamo deciso di unirci alle autorità locali,
sia civili sia della Chiesa, nel servizio di assi-
stenza alle vittime. Ora che tutti sono frene-
ticamente impegnati ad aiutare qua e là, noi
Salesiani stiamo studiando quale sarà il miglior
e più efficace modo per raggiungere diretta-
mente i più bisognosi” spiega don Charles Saw,
Superiore della Visitatoria del Myanmar.
Don Saw ha anche invitato e Procure
Missionarie salesiane a mettersi in moto, così
che tutto sia già pronto quando s’inizierà a
rispondere alle esigenze locali. “Noi Salesiani
stiamo analizzando dove agire in primo luo-
go. E apprezziamo molto il senso di solida-
rietà da parte dei nostri confratelli salesiani
in tutto il mondo”.
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2.7 Page 17

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INDIA
Educare
al don Bosco
Navajeevan
ANGOLA
Con don Bosco
e con la musica
Il centro “Don Bosco
Navajeevan Bridge School”, popolarmente
conosciuto come “Beach Blossoms” è un cen-
tro educativo avviato presso la sala della Co-
munità dei Pescatori di Jalaripeta. In media,
da allora fino ad oggi, ha accolto 60 bambini
all’anno. L’opera si occupa anche delle esi-
genze nutrizionali dei bambini, offrendo loro
il pranzo, e fornisce zaini, quaderni e oggetti
di cancelleria. Presso la struttura salesiana il
metodo di insegnamento non è quello tradi-
zionale: i maestri cantano, ballano e giocano
con i bambini, cosicché i piccoli sono ben di-
sposti ad imparare la Matematica, le Scienze
e le altre materie. Molti di loro frequentano
la scuola per la prima volta, ed esprimono i
loro talenti attraverso esibizioni artistiche,
la pittura, la danza, il canto, la recitazione.
L’apprendimento diventa così un’attività pia-
cevole e i bambini non scappano dalla scuola,
ma corrono verso la scuola. Gli insegnanti e i
volontari non sono temute autorità, ma amici
dei bambini, i quali inizialmente magari non
vanno a scuola per imparare, ma per incon-
trare gli insegnanti che amano e da cui sanno
di essere amati.
ETIOPIA
Realizzazione
diffusa di pozzi
a pompa
Dal giugno 2011 l’Etiopia è
flagellata da una per-
sistente siccità che ha
danneggiato la produzione
agricola nazionale e che ha
contribuito ad aggravare
il bilancio dei casi di
malnutrizione, soprattutto
tra le fasce più vulnera-
bili della popolazione.
L’associazione “Missioni
Don Bosco” di Torino ha
programmato di realizzare
nella regione del Tigray
un progetto di costruzione
diffusa di pozzi a pompa,
ciascuno del costo di circa
10 000 euro.
L’impegno dell’associa-
zione garantisce l’impiego
di tecniche di costruzione
compatibili con le tradi-
zioni culturali, gli usi e i
costumi della popolazio-
ne, e l’utilizzo di materiali
locali. Il progetto prevede,
inoltre, l’istituzione di
comitati di villaggio per
la gestione del sistema
di raccolta di acqua e dei
pozzi stessi.
Andrés Randisi, salesiano coadiutore di 73
anni, è uno dei responsabili dell’educazione dei
giovani della scuola “Don Bosco Sambizanga”
in Angola. Con la Banda Don Bosco ha saputo
catturare l’attenzione di molti giovani che
hanno scoperto la loro passione per la musica.
Giovani che ora testimoniano come la musica –
sia attraverso il canto, sia con gli strumenti – è
stata un cammino concreto per incontrare Dio
e se stessi. Uno di loro ha detto: “se Andrés
non mi avesse avvicinato un giorno alla tromba
la mia vita oggi sarebbe totalmente diversa.
Ho scoperto la mia passione per la musica quel
giorno e in quell’incontro con Andrés”.
La Banda Don Bosco si trova a “Lixeira”,
uno dei quartieri più popolari e svantaggiati
di Luanda (Lixeira, in portoghese signi-
fica “spazzatura”, nome dovuto all’enorme
quantità di spazzatura lì presente). La scuola
Don Bosco accoglie giornalmente migliaia di
questi giovani dei quali molti ormai fuori dal
sistema scolastico.
Con poco più di 95 strumenti si continua a
fare miracoli quotidianamente; “un giovane
in meno nella strada è un giovane in più per
Dio”, testimonia il signor Randisi.
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2.8 Page 18

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CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
B.F.
Quelli che
Francesco, undici anni di
guida della Confederazione
Mondiale. Come definiresti
tutti questi anni?
Ricordando una celebre canzone, di-
ringraziano rei “meravigliosi”. Se volessi breve-
mente ripercorrerli direi che l’inizio
è stato a dir poco travolgente. Sono
stato nominato alla guida della con-
federazione a soli 37 anni: potete ben
immaginare quale sia stata la mera-
viglia nel momento in cui mi andavo
Exallievi ed exallieve di don Bosco presentando nei vari continenti per
l’animazione. Molti ritenevano fossi
il Vice Presidente Gex e mi chiede-
vano chi fosse il Presidente. Ho ini-
Conosciamo questo importante gruppo della Famiglia
Salesiana attraverso le parole preziose di Francesco
Muceo, presidente confederale dall’aprile 2004
all’ottobre del 2015.
Francesco è stato allievo dell’Istituto Villa Ranchibile
ziato nel primo biennio un vero “tour
de force”, percorrendo l’Italia da nord
a sud, sia per farmi conoscere sia per
il nostro progetto nell’ambito dell’As-
sociazione, che oltretutto ha dovuto
affrontare immediatamente il mare
in tempesta a causa degli strascichi
di Palermo, è laureato in Giurisprudenza, coniugato,
e funzionario di un grande gruppo bancario italiano.
dell’Assemblea del 2004 ove le mire
personalistiche di qualcuno stavano
portando alla deriva quanto di buono
Ha dedicato all’Associazione degli exallievi ed exallieve
di don Bosco vita, competenza ed energie.
era stato costruito dalla Presidenza
uscente, capitanata dall’amico Anto-
nio Pires.
Che cosa ha caratterizzato
il tuo operato?
Mi sono proposto alcuni obiettivi
essenziali: la stretta collaborazio-
ne con la Confederazione Mondiale
delle , in questo particolarmen-
te facilitato dalla conterraneità con la
Presidente Carolina Fiorica; l’avvio
in modo strutturato delle Scuole di
Leaders, dapprima in America Lati-
na e successivamente in Europa per la
formazione dei giovani; questa la de-
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2.9 Page 19

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finirei la vera carta vincente del nuovo
volto della Confederazione Mondiale;
la stretta collaborazione con i Supe-
riori Salesiani, intensificatasi in par-
ticolare nell’ultimo periodo con l’ele-
zione del Rettor Maggiore don Ángel
e del suo Vicario don Francesco, ciò
attraverso i Delegati Mondiali suc-
cedutisi: da don Jeronimo Monteiro
ed adesso don Josè Pastor Ramirez;
l’impegno nell’ambito socio-politico
ed una maggiore visibilità all’esterno
dell’Associazione. A tal proposito vo-
glio ricordare il recentissimo incontro
tenutosi il 15 luglio alla Camera dei
Deputati dove abbiamo radunato gli
exallievi parlamentari per discutere su
tale tema.
E ora?
Congedarsi a 48 anni non vuol dire
andare in pensione, vuol dire sempli-
cemente ringraziare Dio, don Bosco
e Maria Ausiliatrice per essermi stati
accanto soprattutto nei momenti più
difficili della mia Presidenza, per
avermi dato una moglie che mi ha
sempre incoraggiato, dei veri amici
nella Presidenza Mondiale con cui
abbiamo intensamente lavorato, e
soprattutto per avere cercato di far sì
che la grande famiglia degli exallievi
di don Bosco del 2004 sia ancora oggi
viva e presente nel 2015.
Più in generale, qual è
l’identità degli exallievi
e come sono organizzati?
L’identità è un concetto straripetuto e
credo oramai chiaro: gli exallievi sono
i figli di don Bosco che, come i primi
che si recarono dal padre e maestro
nel 1884, oggi proseguono a diffon-
dere nel mondo i valori che hanno ri-
cevuto in una scuola e in un oratorio.
Essi sono i figli dei Salesiani, che per
loro si sono spesi cercando di formarli
“buoni cristiani ed onesti cittadini” e
A pagina precedente : Francesco Muceo con
il Rettor Maggiore e, sopra, ad un incontro di
exallievi in Slovacchia.
che, riconoscenti, sono pronti a soste-
nerli in qualsivoglia iniziativa, in pri-
mis nel campo del volontariato secon-
do il concetto del “mutuo soccorso”
e secondo il principio evangelico del
“donare ciò che si è ricevuto”. Oggi,
nel 2015 lo devono fare con una mag-
giore “coscienza morale” ed una più
ampia “competenza professionale”. E
lo devono fare con una più articolata
organizzazione, a partire dalle Unio-
ni locali sino alle Federazioni Nazio-
nali, con regolamenti propri che li
identifichino e li qualifichino, in di-
verse circostanze anche sotto la veste
“pubblica”. Un unico concetto è rima-
sto immutato e credo che sarà sempre
così rispetto ai tempi di don Bosco:
gli exallievi lavorano bene ed han-
no un’identità matura quando sono
accompagnati bene dai Delegati Sa-
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2.10 Page 20

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CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
In tutte le parti del mondo, gli exallievi
manifestano con fierezza la loro identità.
lesiani e quando in piena autonomia
e nel rispetto dei ruoli si comprende
l’importanza del loro ruolo nell’ambi-
to delle realtà salesiane.
Come si collocano
nella Famiglia Salesiana?
Si collocano come una parte molto
attiva sia numericamente sia qualitati-
vamente e in diversi casi assumono la
responsabilità della guida delle Con-
sulte, ponendosi quali promotori del
“sistema preventivo” ad ampio raggio
nell’ambito delle opere dove si collabo-
ra insieme ma, soprattutto, nelle ini-
ziative a carattere sociale che si realiz-
zano nell’ambito ecclesiastico e civile.
Che cosa progettano
per il futuro?
Per il futuro ritengo che sia indi-
spensabile una migliore formazio-
ne dei leaders, dare realizzazione al
cambiamento dello Statuto Confe-
derale ancora più consono alle nuove
esigenze multiculturali ed, infine,
una più forte comunicazione ad am-
pio raggio.
C’è un episodio particolare
che vorresti ricordare,
nel corso delle tue
innumerevoli visite in ogni
angolo del pianeta?
Di episodi ce ne sono innumerevoli.
Il tratto che li denota tutti è il volto
delle persone che ho incontrato in
giro per il mondo, le strette di mano
e di recente i “selfie”… che inonda-
no i miei ricordi. Ma mi soffermo su
quelli che sicuramente mi hanno col-
pito: il contatto con i giovani più bi-
sognosi. Episodi avvenuti a Lubum-
bashi nella Repubblica Democratica
del Congo ed a Calcutta. In entram-
bi i casi nelle case di accoglienza di
bambini di strada non potrò mai più
dimenticare il sorriso di quei ragazzi
che in un batter d’occhio circondaro-
no con gioia ed entusiasmo me e mia
moglie che mi accompagnava. Più
strettamente dal punto di vista asso-
ciativo la Messa al Colle Don Bosco
in occasione del Bicentenario e l’assai
emozionante consegna della luce con
la fiammella dell’entusiasmo degli
exallievi di don Bosco che deve irra-
diare il mondo.
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Ottobre 2015

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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IDENTITÀ E MISSIONE
Exallievi ed exallieve di don Bosco sono coloro che, per aver fre-
quentato un oratorio, una scuola o una qualsiasi altra opera salesia-
na, hanno ricevuto in essa una preparazione per la vita con gradi e
modalità differenti secondo le culture, le religioni, la qualità educati-
va dell’opera, la capacità di ricezione dei singoli seguendo i principi
del Sistema Preventivo di don Bosco.
La Confederazione Mondiale degli Exallievi ed Exallieve di don Bo-
sco è un’Associazione laicale senza scopo di lucro. Come tale fa
parte della Famiglia Salesiana, nella quale il Rettor Maggiore – suc-
cessore di don Bosco – è padre e centro di unità.
Perché l’amore per don Bosco
continua nella vita?
Non vorrei ripetere quanto di bello abbiamo ascoltato
particolarmente in quest’ultimo anno. Direi sempli-
cemente perché fu un uomo “vero”, un uomo che sino
all’ultimo dei suoi giorni si è speso per i suoi giovani.
Cari amici, anche noi oggi “con i giovani e per i giovani”
lasciamoci guidare dal suo coraggio, dalla fiducia che
egli ha sempre avuto. Amiamolo e lasciamoci amare.
Che cosa vorresti dire a tutti gli exallievi,
al termine del tuo mandato?
Riassumerei il mio messaggio in un parola che ha sem-
pre contraddistinto il mio operato: Coraggio e, come
dice anche don Ángel, non lamentiamoci. Abbiamo
tante cose da fare bene in Italia, abbiamo tanti giovani
da seguire nel cammino della vita. Non resta che andare
sempre e con coraggio “salesiano”.
La gratitudine porta exallievi ed exallieve a partecipare, a livelli e gra-
di diversi, alla missione salesiana nel mondo, assumendo, secondo
il proprio stato, responsabilità di collaborazione e complemento del
progetto educativo salesiano.
L’exallievo/exallieva cristiano/a vive seriamente le promesse del Bat-
tesimo e della Cresima, caratterizzandole con l’originale carisma di
don Bosco. Tale carisma si concretizza in uno stile di vita apostoli-
camente impegnato fondato su ragione, religione e amorevolezza,
orientato ai giovani e coerente con la gioia che consegue dall’essere
discepolo di Cristo.
L’exallievo/exallieva di altre religioni partecipa agli ideali di don
Bosco, condivide i valori educativi culturali, spirituali e sociali del
suo Sistema Educativo e li riconosce come patrimonio comune della
famiglia umana. Si fa dispensatore di questi beni nei suoi ambienti
di vita e di lavoro, e li sostiene anche con quanto suggerisce la sua
religione e cultura.
Gli exallievi ed exallieve tutti, considerando l’urgenza dei problemi
giovanili, sono concretamente operativi per rispondere, anche a tito-
lo personale, alle esigenze educative e a tutte quelle iniziative cultu-
rali e formative che interessano i giovani, aiutandoli nella crescita e
ad assumere responsabilità a tutti i livelli.
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3.2 Page 22

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Laudato
L’enciclica di papa Francesco, raccontat
«Laudato si’, mi’ Signore, per sora nost
ne sustenta et governa, et produce div
flori et herba», cantava san Fran
In questo bel cantico ci ricordava che
casa comune, è come una madre b
tra le sue braccia, ma
è un bellissimo do
dioovMrcierobelbc'daaeocvroeeocmvhsiDseeeciotrrl',ueeaarptiaau.ra,
lo EcrDeidoodaicnec:h'io.
Preghiera per la nostra terra
Dio Onnipotente, che sei presente in tutto l’universo
e nella più piccola delle tue creature,
Tu che circondi con la tua tenerezza
tutto quanto esiste,
riversa in noi la forza del tuo amore
Mio caro Dio,
io credo che
ci si dovrebbe
prendere cura
del mondo
proprio come
tu volevi.
doivorecl'brMhbeacideoioomcecrcsaeeshraeteoutraeDl'.aipoc,uqluitaa,
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Ottobre 2015
lo cEreDdoio adnicche':io.
affinché ci prendiamo cura della v
Inondaci di pace, perché viviamo
e sorelle senza nuocere a nessuno
O Dio dei poveri, aiutaci a riscatta
e i dimenticati di questa terra
che tanto valgono ai tuoi occ
Risana la nostra vita,
affinché proteggiamo il m
affinché seminiamo bellez
e non inquinamento e d
Insegnaci a scoprire il valore di o
a contemplare con stupor
a riconoscere che siamo
con tutte le creature
nel nostro cammino ver

3.3 Page 23

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o si’
ta semplicemente ai piccoli
tra matre Terra, la quale
versi fructi con coloriti
ncesco d’Assisi.
e il mondo è la nostra
bella che ci accoglie
a soprattutto
ono di Dio.
Mio
iotcrcoarmtetptuedraoovrupocncrliihaeolev'fiucadnocmomhlvi'eegraclelaitamrr,oomDo io,
facessimo.
E Dio
dice:
laoncchr'eiod.o
Grazie perché sei con noi
tutti i giorni.
Sostienici, per favore,
nella nostra lotta
per la giustizia, l’amore e la pace.
E Dio dice:
lo credo anch'io.
vita e della bellezza.
come fratelli
o.
are gli abbandonati
a
chi.
mondo e non lo deprediamo,
zza
distruzione.
ogni cosa,
re,
profondamente uniti
rso la tua luce infinita.
mEitsoueatclttaloourroaqc,urDeeidso,ti o,
chneontuc'pèosnsiaenftaere?
E Dio dice:
l'ho già fatto.
Ho creato te.
Testo di Julie Hanna, illustrazioni di Chiara Amata, grazie a Fr Sereno Baiardi, OFM.
Ottobre 2015
23

3.4 Page 24

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INIZIATIVE
LINDA PERINO
Domn aBnogsaco
L’editrice salesiana giapponese “Don Bosco Sha” ha pubblicato
un fumetto manga” su don Bosco, intitolato “Coraggio! Il sogno
di don Bosco continua”. Abbiamo incontrato il supervisore editoriale,
don Shinjiro Urata, un dinamico giovane salesiano laureato
in Teologia e specializzato negli studi su don Bosco.
Puoi autopresentarti?
Sono Shinjiro Urata, sacerdote
salesiano del Giappone. Ora sono in-
caricato di una casa per gli esercizi e
mi occupo anche di scrivere e di altre
cose, di un po’ di tutto.
Com’è nata
la tua vocazione?
Sono nato in una famiglia cattolica
e la mia zia era una fedele “appassio-
nata”. Quando ancora io ero piccolo,
forse avevo 7 o 8 anni, questa zia un
giorno mi ha parlato della storia del
santo Massimiliano Kolbe, un santo
che ha lavorato anche in Giappone.
La storia mi ha colpito e lì mi è nata
l’idea di diventare sacerdote. Quando
ho deciso di diventarlo, lei mi ha pre-
sentato l’aspirantato salesiano.
specifica. Loro apprezzano un po’ di
tutte le religioni. Ecco la difficoltà
della missione in Giappone. Comun-
que la gente ha generalmente un certo
rispetto ed un concetto di “Dio”.
Come sono i giovani
giapponesi?
Normalmente sono vivaci, allegri,
hanno tanta voglia di divertirsi, come
tutti i giovani nel mondo. Ma forse
sono un po’ più riservati, disciplina-
ti. Parlando dei giovani di oggi, noto
che sono piuttosto realistici, invece di
cercare grandi successi cercano la vita
stabile, non vogliono spendere tanti
soldi. Amano naturalmente molto il
mondo di internet.
Nel ricco e potente
Giappone che posto
può occupare Dio?
Innanzitutto, il Giappone ricco e po-
tente è un po’ scaduto. Tanta gente vive
nella situazione precaria. Comunque
rimane il fatto che il popolo giappone-
se non è affatto religioso, o come dire,
loro non vogliono avere una religione
Che cosa possono dare
i Salesiani?
Come in tutto il mondo, anche in Giap-
pone noi possiamo dare loro il modo di
vivere come don Bosco, cioè apprezzare
certi valori, condividere, offrirsi per gli
altri, sentire la gioia di vivere cristiana-
mente e dargli la gioia di qualche adulto
che cammina insieme con loro.
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Ottobre 2015

3.5 Page 25

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Perché un “manga”
su don Bosco?
I giovani di oggi non leggono tanto i li-
bri. Allora per dare loro qualche risor-
sa spirituale, abbiamo deciso di pub-
blicare qualcosa nel format di manga.
E per celebrare il bicentenario della
nascita di don Bosco abbiamo trovato
nel manga il miglior modo di farlo co-
noscere ai giovani. Ma il manga deve
essere di qualità, un manga che può
sopportare gli occhi critici degli adole-
scenti. In più abbiamo pensato anche a
tutto il mondo. La cultura del manga è
forte e piuttosto matura in Giappone,
perciò il manga su don Bosco fatto in
Giappone può dare un contributo per
il mondo salesiano degli altri paesi.
Come lo presenteresti
ai nostri lettori?
Un elemento caratteristico di que-
sto manga è che non si tratta di una
biografia semplice che presenta la
magnifica storia del santo. Ma si trat-
ta di un incontro tra don Bosco e i
giovani di oggi. I personaggi princi-
pali, due adolescenti di oggi, Riku e
Mana, vengono trasportati indietro
Don Shinjiro (terzo da destra) con un confratello
salesiano e alcuni dei suoi giovani.
nel tempo ai giorni in cui veniva fon-
dato l’Oratorio di don Bosco. Riku e
Mana sono ragazzi tipici di oggi, che
trovano difficoltà a immaginare il
proprio futuro con speranze e sogni,
e subiscono delle frustrazioni nelle
relazioni. I due incontrano i giovani
dell’Oratorio, vengono coinvolti in
diverse situazioni e attraverso delle
esperienze che gli aprono gli occhi,
sono aiutati a crescere. Alla fine, ri-
tornano alla loro vita nel presente
con uno sguardo positivo sulla vita,
che hanno imparato da don Bosco.
Il messaggio centrale è avere fiducia
in qualcuno e avere qualcuno che ab-
bia fiducia in te, e la chiave di tutto
questo è data dallo “stare insieme”. È
proprio un’esperienza dell’Oratorio
da parte dei ragazzi moderni, quindi
dei lettori moderni.
Chi è il disegnatore?
Il disegnatore, Guri Suzuki, è un
fumettista 38enne, che ha accompa-
gnato un gruppo di giovani salesiani
giapponesi nel loro pellegrinaggio/
percorso di ricerca su don Bosco. Di-
venuto amico dei Salesiani, ha visita-
to anch’egli i luoghi di don Bosco e
l’esperienza d’incontro con don Bosco
che ha avuto traspare dal suo lavoro.
Com’è stato accettato
dal pubblico?
In Giappone piuttosto bene. Due
giornali cristiani (uno non cattolico)
hanno pubblicato articoli speciali su
questo manga. Anche i giovani lo ap-
prezzano molto. Mi hanno dato una
consolazione grande quando ho sen-
tito che alcuni ragazzi non cristiani o
che non vanno in chiesa si sono com-
mossi dopo averlo letto.
Come vedi il futuro
dei Salesiani in Giappone?
Come ho già accennato, anche in
Giappone sta crescendo il divario tra
i ricchi e i poveri. Dicono che un sesto
dei ragazzi viva nella condizione pre-
caria. Ecco tocca a noi. Noi Salesiani
possiamo dirigerci verso questi ragaz-
zi più poveri. Per questo forse noi do-
vremmo fare certe scelte importanti e
avere il coraggio di lasciare certe cose
per vivere proprio come don Bosco ci
ha mostrato.
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3.6 Page 26

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LE CASE DI DON BOSCO
CARLO GIACOMUZZI
Il mitico “San Zeno”
Germinato dalla prima opera dei Salesiani
a Verona, questo Istituto si è conquistato
la meritata fama di polo di eccellenza
per la formazione umana e professionale.
Grazie ai Salesiani che operano con la passione
di don Bosco per la riuscita cristiana,
sociale e lavorativa dei giovani.
Ogni mattina dal nostro cancello in meno
di mezz’ora, con motorini, o smontando
da una decina di grossi bus del trasporto
pubblico, o arrivando in macchina con
i genitori o in bicicletta, entrano 1450
giovani. È una folla di ragazzi e ragaz-
ze, dai 15 ai 20 anni di età, che la Provvidenza
ci affida. Rimangono da noi tre, o cinque, o sei
anni secondo il percorso professionale o tecnico
scelto. Ogni mattina si rinnova in noi il senso
di responsabilità di fronte a loro, alle famiglie,
alla società e soprattutto al Signore che ce li in-
via per cercare di fare di loro i “buoni cristiani
e gli onesti cittadini” come voleva don Bosco.
A San Zeno, patrono di Verona, è dedicato il gran-
de Istituto staccatosi nel 1964 dalla prima Opera
dei salesiani giunti in questa città nel 1897 e che
fondarono il Collegio Don Bosco vicino alla fa-
mosa Arena di Verona, celebre per le stagioni an-
nuali delle rappresentazioni delle grandi Opere.
Nell’anno scolastico 1962-63, al Don Bosco gli
allievi avevano raggiunto il migliaio. Già nel
1960 anche a richiesta di autorità ed exallievi si
pensò di sdoppiare quell’Istituto, costruendone
un secondo, nella periferia ovest della città, desti-
nato ad accogliere tutte le attività di formazione
professionale e l’incipiente Istituto Tecnico Indu-
striale serale e poi diurno.
Il terreno sul quale costruire fu donato dal Co-
mune di Verona che, in pieno “miracolo eco-
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Ottobre 2015

3.7 Page 27

▲back to top
nomico”, vedeva come provvidenziale la nuova
scuola tecnico-professionale dei Salesiani. L’a-
rea sulla quale sorge l’Istituto è di 90 000 metri
quadri. Poi non mancarono generosi benefattori
che capirono subito la validità educativa e cri-
stiana del grande complesso del nuovo Istituto e
vollero contribuire generosamente alla sua rea-
lizzazione.
Il “San Zeno” fu inaugurato il 14 novembre del
1964. Inizialmente, dal Don Bosco, vi si trasferì
la scuola di meccanica, ma in pochi anni seguiro-
no l’ serale per periti meccanici, la scuola gra-
fica e la scuola di elettrotecnica.
Negli ultimi 20 anni l’Istituto si è arricchito di
servizi complementari per la scuola e per altre at-
tività, come Centro Congressi, strutture sportive
e di accoglienza a beneficio del territorio e 6 sale
destinate ad eventi come seminari e workshop.
I tre fattori del successo
La nuova scuola, fin dall’inizio, risultò avvantag-
giata perché costruita senza vincoli di spazio e,
sull’esperienza maturata in 70 anni di attività al
“Don Bosco”, soprattutto poté godere dell’eccel-
lente tradizione didattica, del buon nome e della
stima presso le famiglie, gli imprenditori e i tec-
nici del territorio.
Tutto ciò era frutto del lavoro dei decenni prece-
denti soprattutto da parte di bravissimi salesiani
laici, che anticamente erano stati chiamati da don
Bosco con il nome generico di “coadiutori sale-
siani”.
Molti degli antichi allievi del Don Bosco, nel
frattempo, erano diventati essi stessi imprenditori
ed estimatori dell’opera e di quanto i salesiani vi
facevano.
In questi 51 anni di attività il “San Zeno” si è sa-
puto adeguare alle richieste di formazione nei vari
campi. Avendo iniziato l’attività con edifici ed
impianti nuovi, ha potuto, specialmente nei primi
decenni, concentrare gli sforzi economici sulla for-
mazione del personale e sull’acquisizione di nuove
tecnologie. Ciò ha consentito di realizzare un vero
centro di eccellenza riconosciuto dalle autorità, dal
mondo del lavoro e, soprattutto, dalle famiglie de-
gli allievi. Prova ne sia che il “San Zeno”, dalla sua
apertura ad oggi, ha sempre avuto sovrabbondanza
di iscrizioni in ogni suo settore, senza dover fare la
minima propaganda delle proprie attività.
A che cosa attribuire questo “successo”? Essen-
zialmente a tre fattori: la chiarezza della propo-
sta educativa che, con un’esplicita impostazione
cristiana e salesiana, piace ai giovani e alle loro
famiglie; un’impostazione didattica ben collegata
al mondo del lavoro e professionale, che facendo
leva sull’impegno personale, motiva i giovani allo
studio e alla collaborazione; un corpo docente
iniziale di Salesiani Laici ben preparati, animato
dallo spirito di don Bosco, e in continua forma-
zione che, applicando il sistema preventivo del
Santo, sapeva entrare in sintonia con gli allievi
e con le famiglie che si sentivano partecipi della
vita scolastica. Tanti allievi di ieri sono poi diven-
tati i formatori di oggi.
Ogni mattina,
l’Istituto
Salesiano San
Zeno di Verona
accoglie quasi
millecinquecento
giovani.
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3.8 Page 28

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LE CASE DI DON BOSCO
Laboratori, chiesa
e soprattutto un
ampio cortile:
gli elementi del
sistema educativo
di don Bosco ci
sono tutti.
Lo straordinario arcobaleno
delle possibilità
Attualmente, il “San Zeno” opera in tre diversi
comparti: il Centro di Formazione Professionale
triennale, l’Istituto Tecnico Tecnologico e la For-
mazione Continua e Superiore.
I Corsi di formazione professionale,
CFP, fortunatamente sono finanziati dalla Re-
gione Veneto e furono la scelta primaria del “San
Zeno”. Possiamo ben dire che i corsi costitui-
scono un’attività formativa con impronta marca-
tamente salesiana. Si rivolgono infatti a ragazzi
che, finita la scuola media, per vari motivi, sono
alla ricerca di un’istituzione formativa che sia
“poco scuola teorica” e più “uso dell’intelligenza
delle mani”.
Spieghiamo: molti ragazzi dopo le Medie sono
alla ricerca di un percorso formativo più impo-
stato sul “fare”, sugli aspetti tecnico-pratici per
i quali pensano di essere maggiormente portati,
più che sul solo sentire, leggere e pensare.
Questa loro convinzione spesso è poco fondata,
ma con il rappresenta, se ben gestita, un pun-
to di partenza nuovo e più motivante. Dall’intel-
ligenza delle mani, in via induttiva, si ricupera
piano piano anche il bisogno della formazione
teorica.
E qui sta la speciale “salesianità” del nostro
servizio, perché tenendo conto della criticità
dell’età evolutiva, con appropriate scelte di-
dattiche, metodologiche e soprattutto motiva-
zionali, si incoraggiano quegli allievi che nel
primo anno si dimostrano effettivamente o
potenzialmente più attivi, ad intraprendere un
percorso integrativo che consentirà loro, dopo
il conseguimento della qualifica professionale,
di inserirsi nel percorso dell’Istituto Tecnico
Tecnologico presente nello stesso San Zeno e
ottenere poi il diploma tecnico, coerente con la
qualifica professionale.
Ogni anno sono molti gli allievi del – circa
il 60% – che, opportunamente seguiti, colgono
questa occasione, rivedono i propri obiettivi e de-
cidono di completare in modo eccellente la loro
formazione nell’Istituto Tecnico Tecnologico. I
nostri educatori considerano il mantenimento di
questa “passerella” una peculiarità del “San Zeno”
che ci caratterizza fin dai primi anni e costituisce
una valida azione di promozione umana e socia-
le, poi molto apprezzata dagli allievi e dalle loro
famiglie.
28
Ottobre 2015

3.9 Page 29

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Gli allievi del Centro di Formazione Professionale
sono attualmente quasi 700, articolati in 30 corsi
e suddivisi in tre aree: Meccanica industriale e auto
motive; Elettrico ed energia; Grafica e comunicazione.
L’Istituto Tecnico Tecnologico
Oltre agli allievi che scelgono da subito, dopo le
Medie, l’Istituto Tecnico Tecnologico, quelli che
provengono dal , e si inseriscono nelle classi
terze, se inizialmente debbono fare un genero-
so sforzo per mettersi teoricamente alla pari con
quelli che arrivano dal biennio iniziale, dopo poco
tempo si sentono molto avvantaggiati perché han-
no, di fronte ai loro compagni, una migliore o una
eccellente formazione pratica e di laboratorio.
Il percorso dell’Istituto Tecnico Tecnologico è
quinquennale per chi viene dal biennio iniziale e
di 6 anni per chi si inserisce provenendo dal CFP.
Attualmente sono circa 750 allievi e 28 classi,
con il biennio comune e il triennio articolato nelle
tre aree: meccanica, meccatronica ed energia, che si
articola negli indirizzi di “meccanica-meccatro-
nica” ed “energia”; elettrica ed elettrotecnica, con
indirizzo “elettrotecnica”; grafica e comunicazione
con indirizzo unico.
Molti ragazzi, ottenuta la licenza superiore, oltre
a trovare presto un buon lavoro, decidono di af-
frontare anche percorsi universitari, e molti degli
allievi antichi sono oggi gli operai specializzati o
i dirigenti di tante imprese della città e dintorni,
che mandano i loro figli al “San Zeno”!
La Formazione Continua e Superiore
Si tratta di un’attività formativa che si può con-
siderare uno “specifico” del “San Zeno”; attività
che lo ha sempre contraddistinto ponendolo in
stretto contatto con il mondo del lavoro. Oltre
alla formazione di base per i giovani, fin dai primi
anni ’70 abbiamo continuamente svolto un’inten-
sa e diversificata attività di formazione continua
rispondendo direttamente ai bisogni di aggiorna-
mento dei lavoratori e delle aziende del territo-
rio. Abbiamo a catalogo quasi duecento corsi di
diversa durata, calendarizzati lungo tutto l’anno,
che si attivano a richiesta degli utenti. Spesso
progettiamo e svolgiamo interventi formativi su
misura per specifici bisogni di aziende dei vari
settori. La formazione continua post qualifica
e post diploma costituisce sicuramente uno dei
fattori di successo della nostra scuola perché, of-
frendo “aggiornamento” a personale già occupato
e alle aziende, ci mantiene costantemente foca-
lizzati sulle nuove tecnologie. Possiamo ben dire
che quest’attività di formazione continua che si
effettua in molteplici settori professionali ha con-
tribuito notevolmente a diffondere l’immagine di
eccellenza della nostra scuola.
L’Istituto svolge
un’intensa e
diversificata
attività di
formazione
continua
rispondendo
direttamente
ai bisogni di
aggiornamento
dei lavoratori e
delle aziende del
territorio.
Ottobre 2015
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3.10 Page 30

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SALESIANI NEL MONDO
MARINO BOIS
La storia di Marino
I miracoli di una vocazione “normale”
Come sono nate, in tutto il mondo, quelle case salesiane
tanto stimate e ricercate? Alla loro radice c’è sempre
qualcuno che ha fatto da “buon seme”, donando la vita
con semplicità e generosità. Come nel caso del salesiano
coadiutore Marino Bois.
Bambini della
scuola d’infanzia
del Centro
di Seoul.
Sotto il titolo:
Il salesiano
coadiutore
Marino Bois.
«Mi chiamo Marino Bois, nato
a Valgrisanche, Valle d’Ao-
sta, nel 1942. Ho imparato
le basi della meccanica nella
Scuola Professionale sale-
siana di Chatillon. Il terzo
anno la tentazione di diventare salesiano in me di-
venne sempre più forte, volevo parlarne con il di-
rettore, il carissimo don Agnelet, ma temevo una
risposta poco incoraggiante del
tipo: «I salesiani hanno bisogno
di giovani pieni di energia, tu
non sai neppure dare un calcio al
pallone come si deve, poi stonato
come sei che leadership puoi ave-
re sui giovani?».
Finalmente mi decisi. La ri-
sposto fu fulminea, l’opposto di
quello che temevo: “Bravo Mari-
no, io lo sognavo questo! In agosto devi entrare in
noviziato. Domani devo andare a Torino, ti porto
con me a salutare l’Ispettore, così puoi anche vede-
re Valdocco e, mi raccomando, questo è un segreto
tra noi due”.
Dopo il noviziato, tre anni al Rebaudengo con
insegnanti meravigliosi, tecnici di valore ricono-
sciuti in tutta Torino e religiosi tutti di un pezzo.
Poi la tentazione della missione: oltre la metà dei
30
Ottobre 2015

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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compagni di classe fece la domanda e la feci an-
che io. Nessuna risposta. Non mi meravigliai, tra
coloro che avevano chiesto di partire per la Corea
c’erano molti più quotati di me. Mi inviarono a
San Benigno come insegnante di meccanica.
Dopo Natale mi arriva una lettera dal consiglie-
re per le missioni don Bellido: “Il candidato che
avevamo scelto per la Corea non può partire, sei
disposto a sostituirlo?”.
La chiesa era già chiusa, mi fermai un bel mo-
mento davanti alla porta per ringraziare il Signo-
re. Pensavo che anche Lui stesse facendo cose
strane, alla fine aggiunsi: Gesù, spero che Tu non
ti debba pentire.
Nel giugno 1963 partii da Genova in nave, viag-
gio di tre settimane fino ad Hong Kong, due
settimane per avere il visto per la Corea, poi il
volo verso Seoul. Abbiamo iniziato a insegnare
il mestiere con macchinari di ricupero altamen-
te primitivi. Nel ’72 con l’aiuto della Germania
abbiamo aperto l’attuale centro di addestramento
nel Centro giovanile Don Bosco.
Allora eravamo veramente in periferia. Le ultime
case della città erano a circa un chilometro a est e
il primo villaggio tipico di campagna, dove le case
avevano i tetti di paglia, era a circa un chilometro
più a ovest. Noi eravamo soli tra le risaie, attaccati
alla strada nazionale 1, che allora era l’unica strada
che collegava la capitale con le città del Sud. Ci
siamo sentiti presto circondati: i primi tempi dagli
sfollati dalla città poi da ogni sorta di piccole fab-
briche che in seguito hanno lasciato il posto a case
popolari; ora siamo soffocati dai grandi palazzi.
L’inno della scuola, composto dai primi ragazzi,
canta il loro desiderio di avere ideali alti come il
Kuan Hak San, la montagna che avevamo ogni
giorno davanti agli occhi. Oggi, malgrado che
viviamo in un palazzo di sei piani, i nostri vicini
sono parecchio più alti di noi e ci interdicono quel
meraviglioso scenario. I nostri giovani continuano
a cantare l’inno della scuola con entusiasmo, anche
loro sono tra quelli che credono senza vedere!
L’avventura africana
Nel 1989 don Van Loy, Delegato per le missio-
ni, mi chiese di collaborare al Progetto Africa
per due anni: «Tutti i vescovi, in Africa, vogliono
scuole professionali e i confratelli competenti sono
sempre meno». Misi le mani avanti: due anni sì,
ma non penso di avere la vocazione per una vita
in Africa. Mi disse che questo pericolo non esiste-
va. Nel 1990 in maggio partii con don Chávez per
l’avventura “Africa”. Don Chávez, il futuro Rettor
Maggiore, allora Ispettore del Messico, era incari-
cato delle nuove missioni in Guinea Conakry.
I confratelli avevano lavorato a lungo per ripulire
la scuola fondata dai missionari francesi e confi-
scata dal governo comunista e ridata alla chiesa
dal presidente del nuovo regime, un musulmano.
Le aule erano state trasformate in stalle per i qua-
drupedi del villaggio. I confratelli avevano fatto
un gran lavoro per ripulire, ma non sapevano da
dove cominciare a mettere le mani per iniziare
una scuola professionale.
I locali vecchi erano tutti da ripristinare. Di mac-
chine non c’era neppure ombra, erano rimasti
rottami e un’infinità di slogans della rivoluzione
culturale. Don Chávez prese la grande decisione:
«Marino», mi disse, «tu dalla Corea hai portato
20 mila dollari. Parti per Torino, in un mese rac-
cogli tutto quello che puoi, torna, mettiamo in
ordine e iniziamo la scuola».
Il Centro
Professionale
di Seoul è uno
dei più qualificati
e stimati della
nazione.
Era stato aperto
con macchinari
di ricupero.
Ottobre 2015
31

4.2 Page 32

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SALESIANI NEL MONDO
Ogni anno, escono
dalla scuola
del Don Bosco
una settantina
di giovani
che entrano
immediatamente
nel mondo del
lavoro.
Nella prima settimana ho girato tutte le nostre
scuole tecniche del Piemonte raccogliendo tutto
quello che potevo, era attrezzatura di ricupero
ma, in quelle circostanze, tutto poteva servire.
Nel frattempo i 20 mila dollari erano diventati
40 mila. La provvidenza mi aiutava a comperare
tutte le cose essenziali.
Mi capitò di partecipare alla festa degli exallievi
del Rebaudengo. La mia storia li aveva impres-
sionati. Mi diedero quello che avevano raccolto
per la beneficienza e anche la bicicletta messa
al sorteggio. Un exallievo mi condusse nella sua
officina e mi fece scegliere materiale di acciaio
che mi poteva servire. Un altro telefonò a un suo
amico che aveva un grande magazzino di barre di
acciaio e me ne fece inviare uno stock.
Gli ultimi 10 giorni riuscii a riempire 3 container,
fare le pratiche e spedire tutto, prima che il bi-
glietto scontato andata e ritorno scadesse.
Tutto andò veloce, almeno così dicevano quelli
già abituati ai tempi dell’Africa. In ottobre ci fu
l’inaugurazione della scuola. Il Vescovo venne
appositamente dalla capitale, 800 chilometri di
strade orribili. Ero veramente emozionato.
Nel frattempo il superiore per le missioni era di-
ventato don Odorico e venne a farci visita. Prima
di partire mi disse: «Tu hai fatto un bel lavoro qui,
ma dovresti essere in Sudan; sei qui solo perché
non ci hanno ancora dato il visto richiesto per te
un anno fa».
Io caddi dalle nuvole, mi chiedevo se don Odori-
co era ancora in salute o era stato punto da qual-
che zanzara maligna. Con il passare dei giorni
riuscii a convincermi che quel visto non sarebbe
mai arrivato.
Dopo qualche mese, un giorno molto vicino al Ve-
nerdì Santo, mi arriva una lettera, fenomeno rarissi-
mo in quella zona sperduta. Don Odorico mi diceva
di andare in Sudan a fare quello che avevo fatto in
Guinea, nel viaggio dovevo passare per Roma.
Turbato al massimo, mostro la lettera al direttore,
sperando ancora di trovare qualche scappatoia. Il
direttore legge la lettera e mi dice: «Marino que-
sta è obbedienza, devi andare».
Dopo un periodo in Sudan per rendermi conto
della situazione e fare i piani, ritorno a Torino,
don Odorico aveva messo a mia disposizione
50 000 dollari. Visito tutti i magazzini di mac-
chine di seconda mano a Torino, faccio le dovute
scelte, riempio 4 container e faccio le pratiche. I
container partono.
32
Ottobre 2015

4.3 Page 33

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DUE ANNI CONSECUTIVI DI MEDAGLIA DEL PRESIDENTE AL CENTRO GIOVANILE
L’attività principale del Don Bosco di Seoul è il Centro di addestramento professionale nel
quale da quarantotto anni si continua a insegnare meccanica.
Al Ministero del Lavoro si meravigliano come la nostra scuola, ogni anno, possa far entrare
nel mondo del lavoro una settantina di giovani qualificati in meccanica di precisione, dopo
aver fatto solo un anno del corso che loro sovvenzionano. Dopo una visita alla nostra scuo-
la, un alto ufficiale del Ministero disse: “Di queste scuole ce ne vorrebbe una in ogni rione”.
Un alto ufficiale del Ministero Coreano consegna,
per il secondo anno consecutivo, la Medaglia del
Presidente al Direttore del Centro Professionale
Don Bosco.
«Scusate il ritardo»
Don Odorico mi telefona dicendo di partire in
settembre dopo aver presentato una domanda di
aiuto ad una Ong italiana che si occupava di scuole
tecniche. Grazie all’aiuto di mia sorella che era già
in pensione, abbiamo messo a posto i documenti e
goduto di una vacanza inaspettata.
In settembre dopo aver presentato la domanda
parto per Khartoum. All’aeroporto non c’era nes-
suno ad attendermi, non avevano ricevuto il mio
telegramma (fenomeno del tutto normale in quei
tempi). Prendo un taxi ed entro nella scuola, vedo
nel cortile i container che erano già arrivati. Un
vero miracolo: mi avevano detto che tra viaggio e
dogana ci sarebbero voluti 6 mesi. Entro in refet-
torio, i confratelli stavano pranzando, mi guarda-
no con stupore, io dico: «Scusate il ritardo stavo
dormendo e sono uscito solo adesso dai container».
In breve tempo le attrezzature sono sistemate,
viene il vescovo che aveva tanto desiderato la
scuola professionale per una solenne inaugura-
zione. I miei due anni di Africa stavano per sca-
dere e anche le mie forze erano esaurite, questo
mi diede la forza di rifiutare il generoso con-
siglio di don Odorico di lasciar perdere la Co-
rea e rimanere in Africa. Il mio rifiuto fu molto
gentile e ho anche suggerito la persona giusta
che poteva continuare il lavoro a Khartoum.
Così nell’agosto del 1992 ero nuovamente in Co-
rea. Dopo alcuni anni il Rettor Maggiore, don
Viganò chiese al nostro ispettore di studiare la
possibilità di prendere un impegno missionario
fuori dalla Corea. Le circostanze portarono a un
progetto di scuola tecnica in una zona marginale
della nazione. Il nostro carissimo ispettore don
Vaclav si preoccupò di tenermi informato sul pro-
getto. Mi disse che era difficile trovare insegnanti
nel campo tecnico, io gli consigliai di pregare. Un
bel giorno mi chiamò dicendomi: «Dopo Pasqua
devo visitare la nuova missione, vieni con me “a
vedere” cosa fanno i confratelli». Andai e rimasi
là a vedere quasi per 17 anni.
Alla fine, non mi restava che tornare a Seoul,
dove sono trattato da principe. Cerco di aiutare
per quello che posso nella scuola. I giovani con-
fratelli coreani vogliono conoscere il passato. In
ispettoria siamo rimasti solo quattro “missiona-
ri” della prima ora, di cui sono il solo italiano e
l’unico che ha vissuto dall’inizio in quest’opera.
Sono incaricato degli exallievi e di raccogliere le
memorie del passato. Il lavoro procede bene, spe-
riamo che sia un buon aiuto in questo paese per
far conoscere meglio lo spirito salesiano e l’amore
di don Bosco per i giovani.
Ottobre 2015
33

4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
Gal u“ceorsrias2mo” PINOPELLEGRINO
Abbiamo dimostrato che
il “cosismo” è un virus che insidia
alla radice l’educazione. Dobbiamo
difenderci, ad ogni costo. Per
riuscire nell’impresa proponiamo
due strategie concrete:
il rafforzamento del cervello
e il rilancio della sobrietà.
Il rafforzamento
del cervello
È spiegabile che questa debba essere
la prima mossa per battere il “cosi-
smo”. Di fronte al prevalere dell’og-
getto è da saggi rafforzare il soggetto.
Ebbene, trattandosi di educazione,
rafforzare l’uomo significa, per prima
cosa, rafforzargli il cervello. Datemi
un ragazzo che sia davvero convinto
dell’inganno del “cosismo”, e mi date
un ragazzo che non si lascerà infinoc-
chiare neanche dal più abile venditore.
Ecco: a questo mira il bravo educato-
re: a formare cervelli che non si ac-
contentino di conoscere il prezzo del-
le cose, ma anche il loro valore.
Per esempio, possiamo far notare
al figlio che le cose ci possono dare
molto, ma non ciò che conta davve-
ro: il letto ci dà comfort, ma non il
sonno; il cibo ci dà il gusto, ma non
l’appetito; il denaro ci dà la casa, ma
non il focolare. Possiamo lanciare al
figlio messaggi brevi, sostanziosi, ac-
cattivanti:
Non è il computer che fa lo scrit-
tore.
Le cose occupano il cuore, ma non
lo riempiono.
Avere non è peccato. È tenere che è
peccato.
La felicità non sta nel catalogo del
supermarket.
A che serve avere due paia di
scarpe quando abbiamo solo due
piedi?
La cosa meno intelligente è vivere
per poter essere l’uomo più ricco del
cimitero!
Bentornata sobrietà!
Il rilancio della sobrietà è la seconda
strategia che proponiamo per contra-
stare l’insidia del “cosismo”. Quando
si parla di sobrietà, non si parla di
cose di poco conto.
La sobrietà protegge la salute.
Tutti gli oncologi sostengono che i
tumori si sconfiggono anche a tavola.
Tutti i medici, poi, aggiungono che si
invecchia più lentamente mangiando
di meno.
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Ottobre 2015

4.5 Page 35

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LA SOBRIETÀ È GIUSTIZIA
IL CORVO
Non è giusto che le famiglie italiane, ogni anno, buttino via l’equivalente di 450 euro per
lo spreco.
Non è giusto che un miliardo e trecento milioni di tonnellate di alimenti finiscano nelle
discariche di tutto il mondo ogni anno.
Non è giusto che oggi i giornali abbiano sessanta pagine a fronte delle quattro di qualche
tempo fa: forse che nel mondo succedono più cose?
Non è giusto (o almeno è discutibile) che, mediamente, nella borsetta di una donna euro-
pea vi sia merce pari a 1400 euro (lo rivelano ultime indagini).
A questo punto non pare esagerato sostenere che il lusso è un insulto! Già lo sosteneva
con forza un grande Padre della Chiesa, san Basilio (330-379), il quale parlando ai ricchi
diceva: «Il pane che a voi sopravanza è dell’affamato; la tunica appesa nel vostro armadio
è la tunica di colui che è nudo; le scarpe che voi non portate sono le scarpe di chi è scalzo;
il denaro che tenete nascosto è del povero; le opere di carità che voi non compite sono
altrettante ingiustizie che voi commettete!».
La sobrietà è libertà, è aria
allo spirito. Aveva tutte le ragioni
il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche
(1844-1900) a sostenere che “quan-
to meno si possiede, tanto meno si è
posseduti!”.
La sobrietà forgia il carattere.
I botanici sostengono che le querce
robuste crescono nel magro.
Lo stesso vale per l’uomo. La sobrietà
porta la volontà in palestra, irrobusti-
sce lo spirito, ripristina la sovranità
del soggetto. Il più grande problema
pedagogico d’oggi, infatti, non è il
bullismo, ma lo spegnimento quasi
totale della capacità di combattere dei
nostri ragazzi.
È la prova che troppo benessere non è
progresso: è trappola!
“Chi pensa solo ai soldi, finisce con
l’essere un salvadanaio!”.
“L’avaro è come l’asino: porta il
vino e beve l’acqua!”.
“Si può essere eleganti anche con
poco”.
“Se siamo tutti fratelli, perché le bor-
se non dovrebbero essere sorelle?”.
Passiamo, poi, agli esercizi di sobrietà.
Siamo al supermarket. Il figlio chie-
de questo e quello. Ad un certo pun-
to diciamogli: “Basta!”. “È troppo!”.
Mettere il calmiere alle continue ri-
chieste è il primo esempio di esercizi
di sobrietà.
Una volta un corvo volò in cielo con un
buon pezzo di carne nel becco. Venti corvi
si misero ad inseguirlo e ad attaccarlo rab-
biosamente. Alla fine il corvo lasciò cade-
re il pezzo di carne che teneva nel becco. I
suoi inseguitori si precipitarono strillando
sulla carne. Allora il corvo esclamò: “Che
pace adesso! Il cielo è tutto mio!”.
Altri possono essere:
invece di bere l’acqua in bottiglia,
bere l’acqua del rubinetto.
invece di prendere l’ascensore, fare
le scale.
invece della festa del compleanno
che sembra un matrimonio, accon-
tentarsi di una buona merenda a
base di pizze, patatine fritte e bibite
con le bollicine.
invece dello zainetto firmato, ac-
cettare il tipo più funzionale, anche
se fuori moda.
Terminiamo con l’augurio che il raf-
finato pensatore latino, Lucio Anneo
Seneca (40 a.C.-65 d.C.), dettava agli
amici per collocarlo sulla porta d’in-
gresso della loro casa: «Chi entra in
casa nostra, ammiri noi e non i mobili»
(“Qui domi intraverit, nos potius mire-
tur quam supellectilem nostram”).
Educare un figlio
alla sobrietà
Possiamo iniziare con il mettere in
circolazione frasi mirate. Le parole
sono indispensabili per diventare so-
bri per convinzione, non per necessi-
tà. Dunque possiamo dire al figlio:
“Prima di spendere dieci euro, im-
para come si guadagnano!”.
Ottobre 2015
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4.6 Page 36

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LA LINEA D'OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Looking for
my Island
C i sono luoghi in cui la nostra anima si sen-
te al sicuro. Luoghi familiari, densi di si-
gnificati, spesso idealizzati dalla forza tra-
sfigurante del ricordo, percepiti come un
“porto riparato” in cui trovare ristoro dalle
asperità della navigazione quotidiana.
Nel turbinio vorticoso delle occupazioni giorna-
liere, questi luoghi diventano la meta agognata di
ogni tentativo di evasione, il punto di arrivo di
ogni potenziale ricerca, la destinazione privile-
giata verso cui indirizzare i voli della mente, in
Progredendo nel cammino
verso l’adultità, con i suoi bivi
e le sue inevitabili deviazioni,
il bisogno di cercare rifugio
in un luogo sicuro e lontano
dalle rotte più frequentate
si fa via via sempre più forte,
di pari passo con il crescere
delle difficoltà e delle incertezze.
Forse il destino della gente
è quello di viaggiare sempre
e di non fermarsi mai,
ogni giorno andare in posti sconosciuti
in cui non siamo stati mai.
È così che mi sento anch’io,
con lo zaino in spalla io
guardo lontano e vado via.
Forse in un porto,
con un forte odore di gasolio,
indeciso mi fermerò,
guarderò il mare, studierò il vento,
salirò a bordo, poi di sicuro io salperò.
Sai come mi sento io,
con una mela in tasca io,
guardo le stelle e vado via...
cerca di un po’ di pace e di quiete. Nei momenti
di disorientamento, rappresentano la stella pola-
re da seguire per ritrovare la strada smarrita. Nel
bel mezzo delle più perigliose tempeste, l’idea di
potervi presto approdare infonde coraggio e spe-
ranza anche ai naviganti più sfiduciati.
Progredendo nel cammino verso l’adultità, con i
suoi bivi e le sue inevitabili deviazioni, il bisogno
di cercare rifugio in un luogo sicuro e lontano
dalle rotte più frequentate si fa via via sempre più
forte, di pari passo con il crescere delle difficoltà
e delle incertezze, mentre quella del “viaggiato-
re errante” diventa una condizione esistenziale,
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Ottobre 2015

4.7 Page 37

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Tra le onde di una tempesta
stringerò i denti, ma di sicuro ce la farò;
poi solo mare, poi sole e sale,
la prua a ovest, verso il tramonto navigherò…
Verso una terra di ombra
e di sole azzurro e arancione;
il cielo che mi aspetta là,
vento dolce, lino e cotone,
voci lontane, sere di stelle, le vedo già.
Ecco come mi sento io,
apro gli occhi io,
e vedo la mia isola:
terra di metri poco quadrati,
angoli smussati, poco appuntiti.
La bacerò, l’abbraccerò,
terra di tempo poco preciso,
poco scandito, poco contato,
l’abbraccerò, la bacerò.
Ecco come mi sento io,
apro gli occhi io,
ecco la mia isola...
(Luca Carboni, La mia isola, 2006)
frutto di una precarietà che non lascia respiro e
non concede soste. Con la valigia sempre pron-
ta e gli scatoloni mai disfatti, i giovani del terzo
millennio sono spesso costretti ad un perenne
nomadismo, ad un continuo attraversamento dei
“confini” che implica anche la capacità di uscire da
se stessi, di oltrepassare i propri limiti, di vincere
le proprie paure.
In questo permanente “sconfinare” è forte il ri-
schio di smarrirsi, di girare a vuoto, di perdere
di vista la meta verso cui si sta viaggiando; ma
la ricerca di nuovi orizzonti è anche la molla che
spinge ad esplorare l’intero universo del possibi-
le, a mettere in gioco tutte le proprie risorse per
cercare di orientarsi in una realtà spesso priva di
punti di riferimento. E in questo le nuove gene-
razioni sono molto meno sprovvedute di quel che
spesso si crede.
A differenza del vagabondo, il noma-
de non gira a caso. Egli sceglie un percor-
so disegnato da una finalità precisa: trovare le
risorse che consentano di “crescere” ed, even-
tualmente, imbattersi nel “posto giusto” dove
potersi stanziare. Nella misura in cui gli scenari
stessi del quotidiano sono mutevoli e impreve-
dibili, i giovani sono consapevoli che per tro-
vare la propria “oasi di pace” devono procedere
per approssimazioni successive, attraverso una
continua negoziazione del senso delle proprie
scelte. Devono imparare a formulare progetti
“a geometria variabile”, muovendo da ipotesi
necessariamente provvisorie, da sottoporre alla
prova della realtà e da rimodulare in itinere.
Ma soprattutto devono prendere coscienza che
la propria “isola felice” non è solo una meta
fuori di sé, un luogo idilliaco da raggiungere
al prezzo di incessanti peregrinazioni: è anche
un “luogo interiore” da ricercare dentro di
, un angolo nascosto dell’anima in cui speri-
mentare una profonda comunione con se stessi
e con il mondo, un “giardino segreto” sottratto
a sguardi indiscreti da custodire e coltivare con
infinita pazienza e sollecitudine.
Ottobre 2015
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
IN MARGINE ALL’EXPO
I salesiani e l’amore per la terra
Un milione e mezzo di arance all’anno
nella terra degli Incas
“Desideriamo che i no-
stri allievi e le no-
stre allieve amino la
loro terra; sono figli
di campesinos; desi-
deriamo che amino
la terra, la natura e che amino Dio”.
È questo il desiderio degli educatori
salesiani di Monte Salvado, forse la
più recente scuola agropecuaria, per
maschi e femmine, sorta nella con-
gregazione salesiana presso Quebrada
Honda, nel distretto di Yanatale, a
circa 130 km da Cusco, fra il Machu
Pichu e il parco nazionale del Manu.
Nata nel 1985 come “Centro de ca-
pacitación campesina”, è ora conver-
tita in “Collegio sperimentale agro-
pecuario” a servizio di 160 alunni ed
alunne, di cui 70 interni. Attraverso
normali corsi della scuola seconda-
ria e non poche ore di studi tecnici
agropecuari o di industrie alimentari,
in pochi anni la scuola ha raggiunto
un livello tale di formazione da poter
dare agli allievi un certificato di edu-
cazione tecnica basica riconosciuto
dalla Direzione Regionale di Cusco
e dalla
(Unidad de Gestión
Educativa Local) di Calca.
Non solo. Monte Salvado è stato
certificato come Fundo Verde (parte
della convenzione sul cambia-
mento climatico), un titolo apprezza-
to a livello internazionale concesso ai
produttori che preservano le risorse
naturali e l’ambiente con l’uso di ma-
teriali organici e realizzano il con-
trollo biologico delle malattie delle
piante. A Monte Salvado lo si è fatto
grazie anche alla diffusione di insetti
benefici scoperti nella zona. Recente-
mente poi ha pure ricevuto il certifi-
cato di qualità per il caffè che coltiva.
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Ottobre 2015

4.9 Page 39

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OSSERVATORI METEOROLOGICI SPARSI DAL 1882
Ma la sua fama maggiore è dovuta
alla sua produzione di arance Wa-
shington Navel (con l’“ombelico”),
la più succosa e gustosa della fami-
glia dell’agrume. Le novemila piante
sparse in venti ettari di terra produ-
cono annualmente un milione e mez-
zo di arance. Vi si aggiunga un orto
di quattro ettari, con coltivazione di
pomodori, melanzane ed altri ortag-
gi. Ovviamente è attiva una stalla con
maiali e mucche da latte (per bevan-
de, yogurt e formaggi) e non manca-
no strutture per pollame, conigli, api.
In questi ultimi tempi a Monte Sal-
vado ci si sta attrezzando per col-
tivazioni in idroponia (in acqua,
senza suolo), metodo che stimola la
crescita delle piante, la qualità e la
massimizzazione della produzione,
controllando la quantità di acqua,
sali minerali e, più importante di
Per lo sviluppo delle fonti alimentari a servizio della vita sul pianeta è necessaria la pre-
via conoscenza delle condizioni atmosferiche e climatiche delle diverse aree geografiche.
Nell’Ottocento tale ruolo informativo veniva svolto soprattutto dagli Osservatori meteoro-
logici sparsi nei vari paesi. Ma in ambito salesiano si continuò ancora nella prima metà
del secolo XX, se è vero che torrette con apposita sala con quattro finestre per i rilievi sono
tuttora presenti non solo ad Alassio, il primo in assoluto di tutti gli osservatori salesiani, ma
anche a Pordenone, a Villa Sora di Frascati (Roma) ed altrove.
In America Latina una trentina di tali osservatori furono impiantati dai salesiani, ad iniziare
da quello inaugurato il 7 ottobre 1882 a Villa Colón (Montevideo) da don Luigi Lasagna. Il
futuro vescovo missionario rimpatriato in Italia dall’Uruguay per un intervento chirurgico,
ebbe modo di incontrarsi con il famoso padre barnabita Francesco Denza, direttore dell’Os-
servatorio meteorologico del Real Collegio Carlo Alberto di Moncalieri (Torino). Nei loro
colloqui l’iniziale progetto di un Osservatorio a Villa Colón si sviluppò fino ad arrivare ad un
programma di osservatori nell’immensa Patagonia. Tale programma, approvato nel 1881 dal
terzo Congresso internazionale di Geografia, fu condiviso da don Bosco, il quale, attraverso
i suoi missionari che via via venivano preparati ad hoc, riuscì nell’impresa di costruire una
rete di osservatori che copriva sia i due grandi paesi di Argentina e Brasile (con una ventina
di stazioni), sia i più piccoli paesi quali Uruguay, Cile, El Salvador, Ecuador ecc…
I dati raccolti localmente più volte al giorno con strumentazione scientifica talora di grande
valore erano rapidamente mandati in Europa ed altrove e venivano successivamente diffusi
attraverso riviste specializzate.
Uno dei primi e forse il più importante per la sua posizione “alla fine del mondo” fu certa-
mente quello, elevato presto al rango di osservatorio di prima classe, di Punta Arenas (Cile),
che trasmetteva i dati ufficiali al
Bollettino Internazionale Polare di
Pietroburgo e a quello della So-
cietà Geografica Italiana. Nel 1898
fu anche in grado di pubblicare un
proprio bollettino locale e di redi-
gere sintetiche informazioni sulle
più prestigiose riviste scientifiche
dell’epoca. Fra l’altro offriva indi-
cazioni per la navigazione aerea.
Nel 1946 fu aggiunta una stazione
sismologica.
tutto, l’ossigeno disciolto. Si tratta
di bilanciare la loro combinazione,
secondo le necessità delle piante,
prendendo in considerazione diver-
si parametri: temperatura, umidità,
A Monte Salvado,
novemila piante
producono
annualmente
un milione e mezzo
di arance.
livello di 2, intensità luminosa,
ventilazione e costituzione genetica
della pianta.
Molti sono exallievi della Scuola,
specialmente quelli usciti negli anni
più recenti, che diventati ingegneri
in agronomia, agronomi, zootecnici,
biologi, sono impegnati in prima per-
sona nella preservazione delle risorse
naturali e nella protezione dell’am-
biente, intenti pure a sviluppare pro-
getti che migliorino la qualità di vita
delle popolazioni locali e promuova-
no una gestione olistica delle risorse
naturali.
Ottobre 2015
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
CAECSUARRAE DBISPSIEORLLIUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione dei nostri beati, venerabili
e servi di Dio, sono pregati di segnalarlo a postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di ottobre preghiamo il venerabile don Vincenzo Cimatti,
salesiano missionario in Giappone, di cui ricorre quest’anno il 50° della morte.
Vero romagnolo di Faenza, proviene da una fami-
glia di santi: dei tre figli superstiti, lui è venerabile;
la sorella, suor Maria Raffaella, della Congrega-
zione delle Suore Ospedaliere della Misericordia,
è stata beatificata il 12 maggio 1996; Luigi, Sale-
siano coadiutore e missionario in America Latina,
morì in concetto di santità.
A 3 anni il piccolo Vincenzo è già orfano di padre.
Pochi giorni dopo è portato dalla mamma nella
chiesa parrocchiale dove predica don Bosco: “Vin-
cenzino, guarda, guarda don Bosco!” e lo tiene
sopra la testa di tutti. Salesiano a 17 anni, prete a
24, Vincenzo accumula titoli di studio: diploma di
composizione presso il Conservatorio di Parma,
laurea in agraria, in filosofia e pedagogia a Torino.
Per 20 anni è insegnante e brillantissimo composi-
tore nel collegio di Valsalice. Natale 1925: il Rettor
Maggiore don Rinaldi lo manda come capogruppo
a fondare la missione e l’opera salesiana in Giap-
pone. Vi lavorerà 40 anni. Conquista il cuore dei
giapponesi con la sua finezza, con il suo talento
artistico: dirige concerti con strepitoso successo
e più ancora con la sua bontà. Va ai più poveri, ai
bimbi, ai vecchi, ai malati. Apre orfanotrofi, oratori,
scuole professionali. Mette in piedi a Tokyo un’edi-
trice. Nel 1935 la missione di Miyazaki-Oita viene
eretta in Prefettura Apostolica e don Cimatti diven-
ta il primo superiore con il titolo di Monsignore.
“Ma perché volete avvelenarmi il sangue? – scrive
subito a Torino – Lasciatemi lavorare tranquillo
e senza fronzoli. Lo immaginate don Bosco con
i fiocchi e le frange?”. E agli amici d’Italia che gli
hanno inviato il corredo da Monsignore spedisce
indietro tutto: “Vendete e mandatemi i soldi per i
miei poveri”. Diventa poi Ispettore. Dopo la terribile
prova della guerra, ricostruisce con un coraggio
raddoppiato. E poi si ritira per fare posto ai giova-
ni. Morì a 86 anni il 6 ottobre 1965. Aveva detto:
“Vorrei morire qui per diventare terra giapponese”.
È stato dichiarato venerabile il 21 dicembre 1991.
PREGHIERA
O Gesù, mite ed umile di cuore,
che mediante il tuo fedele servo,
il Venerabile Vincenzo Cimatti,
hai voluto manifestarci la bontà del Padre celeste,
concedici a sua imitazione una santa allegria,
fedeltà nell’esecuzione del nostro dovere
e un’attiva unione fra noi e con te
nella carità e nella preghiera.
Ti supplichiamo, per l’intercessione della tua Santissima Madre
[Maria Ausiliatrice,
di affrettare la glorificazione del tuo servo fedele
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo...
Amen.
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non firmate e senza
recapito. Su richiesta
si potrà omettere
l’indicazione del nome.
Ringraziano
Durante un forte temporale mio
figlio entrò in una cabina elet-
trica per staccare la corrente.
Io ero appena rientrata in casa,
quando un fulmine facendo
ponte sui fili ad alta tensione
per ben tre volte scaricava un’e-
norme quantità di energia sulla
cabina elettrica, provocando
fiammate. Non oso nemmeno
pensare che cosa sarebbe suc-
cesso a mio figlio se in quel
momento si fosse ancora trova-
to all’interno della cabina. Cre-
do che don Bosco e Maria
Ausiliatrice, di cui sono mol-
to devota e ai quali sempre mi
affido soprattutto nei momenti
difficili, ci abbiano salvato da
un grave pericolo oltre che da
un danno economico.
Ferraris Maria Rita,
Vercelli
A mia nipotina, cui era stata
diagnosticata una broncopol-
monite avanzata, il medico
prescrisse una terapia per via
orale e, in caso di persistenza di
febbre, anche intramuscolare.
Allora mi sono rivolto con una
novena a Maria Ausiliatrice,
don Bosco e alla venerabile
Mamma Margherita. Alla
bambina non è più comparsa
febbre; trascorsi cinque giorni
il medico constatò che era gua-
rita e non era necessario ese-
guire la radiografia.
G. R.,
San Marino
Intendo tener fede ad una mia
promessa di segnalare la grazia
della mia guarigione da un tu-
more all’intestino. Unitamente a
mio marito, alle figlie e ai nipoti,
esprimo il mio ringraziamento al
Signore che per l’intercessione
di Maria Ausiliatrice e di san
Giovanni Bosco ha esaudito le
preghiere della nostra comunità
parrocchiale e della Famiglia sa-
lesiana.
Lorenzi Loredana,
Musile di Piave (VE)
Al settimo mese di gravidanza
mia moglie, che stava già indos-
sando con fede l’abitino di san
Domenico Savio, contrasse il
virus della varicella. Ringraziamo
san Domenico Savio perché
grazie alla sua protezione la no-
stra bella bambina Chiara è nata
sana il 30 giugno 2008 ed è la
nostra gioia.
Alessio Canale Clapetto,
Andrate (To)
40
Ottobre 2015

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
PIER CESARE RIVOLTELLA
DON GIROLAMO MAINO
Morto a Treviglio, il 21 aprile 2015, a 94 anni
L’affettuoso ricordo di Pier Ce-
sare Rivoltella, insigne profes-
sore dell’Università Cattolica,
comincia così: «“L’appuntamento
è qui!” era scritto sul “fotostati-
co” (così chiamava le fotocopie
di cui era solito riempirci a ogni
lezione) che don Maino ci distri-
buì pochi giorni dopo la morte di
don Smiderle. Lui e don Placido
erano stati inseparabili per anni:
il gatto e la volpe, li chiamavamo.
Tra loro un sodalizio umano fatto
di stima, dialogo culturale, amore
per i giovani. Smiderle ci aveva
lasciati quando il più sembrava
fatto, l’intervento al cuore alle
spalle e la strada tranquilla della
riabilitazione davanti. Consigliere
del liceo di Treviglio e professo-
re di latino, don Placido aveva
passato tante estati con noi a Pré
Saint Didier, nella vecchia caser-
ma sabauda che era la sede del
soggiorno dei Salesiani. Quella
scritta – “L’appuntamento è qui!”
– risaliva a quegli anni: serviva
probabilmente ad accordarsi con
gli altri educatori in escursione
sulle montagne della Val d’Aosta
per capire dove incontrarsi. Don
Maino la leggeva in un altro sen-
so. Era un altro l’appuntamento
che don Placido dava a lui e a
tutti noi: l’appuntamento è qui, in
Paradiso!
Appena saputo della morte di
don Maino, la memoria è corsa
istintivamente a quell’episodio;
ho pensato che finalmente si
dovevano essere incontrati e che
adesso avranno ripreso a girare
attorno a un campo sportivo – ce
ne saranno, pure, in Paradiso! –
discutendo di politica, del desti-
no della cultura nel moderno, dei
loro ragazzi.
Don Girolamo Maino (Gimo,
come affettuosamente tutti lo
chiamavamo), nato a Lugo Vicen-
tino nel 1920, aveva legato il suo
nome al liceo di Treviglio. Laurea
in filosofia e in lettere classiche,
aveva insegnato greco e italiano
per anni, a generazioni e genera-
zioni di studenti. Era amatissimo,
don Maino, e allo stesso tempo
preso di mira. La voce roca e
sottile, l’andatura claudicante,
la bontà estrema ne facevano il
bersaglio ideale della goliardia
di classi, le nostre, ancora tutte
maschili. Ma questa voglia di
divertirsi con lui non era motivo
perché venisse meno il rispetto e,
tanto meno, l’affetto. Don Maino
era l’incarnazione del salesiano
che si dona ai suoi giovani: noi
lo sapevamo bene. Quel che in
quegli anni non riuscivamo inve-
ce ad apprezzare fino in fondo era
il suo profilo di intellettuale raffi-
nato, sempre impegnato nell’ag-
giornamento e nella riflessione,
con uno spirito di curiosità e di
ricerca sempre intatti. Fu questo
spirito che lo portò a imparare a
usare il computer a settant’anni.
Ci scrisse il suo libro su Luzi (Il
Messaggero, 2006) e quello che
si può ritenere il suo testamento
spirituale, Vivere come se Dio ci
fosse (Il Messaggero, 2009). Me
lo regalò quando nel 2010 con la
mia classe ci stringemmo intorno
a lui per i suoi novant’anni. Lo
tengo sulla mia scrivania. La de-
dica: “A Pier Cesare, solidali nel
servire la verità, don Girolamo
Maino”, restituisce il senso del
suo essere maestro ed educatore,
nella semplicità e nell’impegno.
Celebrammo con lui la Messa:
fece l’omelia a braccio, senza una
ripetizione, senza una sbavatura.
Non c’erano dubbi: era più lucido
di noi, nonostante i novant’anni!
Adesso siamo tutti convinti che
lassù ci accompagni con il suo
sguardo sorridente e gioviale e ce
lo immaginiamo mentre ci sus-
surra: “L’appuntamento è qui!”.
Il professor Gianni Mussini dell’U-
niversità di Pavia scrive: «Ho co-
nosciuto don Maino dopo la metà
degli anni Settanta, a Courma-
yeur. Tramite dell’incontro fu un
altro prete che frequentavo da
qualche anno, don Sandro Mag-
giolini. Dei due sacerdoti, don
Maino era quello più tranquillo e
posato; oltre a tutto dimostrava
più dell’età che aveva. In monta-
gna però (l’apparenza inganna)
arrivava dappertutto con quel suo
passo di scoiattolo, mentre il più
giovane don Sandro arrancava in
retrovia, sudando e sbuffando. Mi
accorgo che da sempre ho chia-
mato l’uno “don Maino” e l’altro
“don Sandro”, come fossero due
nomi di battesimo e quasi esistes-
se a questo mondo un san Maino
di cui festeggiare la liturgia. Da
quel momento don Maino non
mancò di farsi vivo, ogni tanto,
per chiedere qualche chiarimen-
to critico o, magari, l’esegesi di
un passo particolarmente oscu-
ro. Ricambiava generosamente,
mandandomi ponderose dispense
che preparava per i suoi ragazzi
dell’Istituto Salesiano di Treviglio:
dispense affollatissime di schemi,
esempi, richiami interdisciplinari.
A strizzarli, venivano fuori tesori
di pura didattica, frutto di espe-
rienza e passione pedagogica,
oltre che naturalmente ispirati da
amore per le buone lettere.
Mi colpiva, in particolare, l’attitu-
dine a spremere da ogni pagina,
da ogni autore, un messaggio sa-
pienziale buono per far crescere
i suoi giovanotti prima di tutto
come uomini.
Salesiano non per caso, don
Maino sa che i ragazzi vanno gui-
dati mettendosi alla loro altezza,
quasi contrabbandando appunti,
schemi e dispense, da cui far
balzare fuori non allusioni dotte
e confuse ma indicazioni chia-
re e perentorie. Per questo ciò
che scrive “è per l’azione”, come
diceva ancora Dante della sua
Commedia: ha un fine pratico,
operativo; e propone al lettore un
cambiamento interiore, da condi-
videre, accettare o eventualmente
respingere. Mai da ignorare.
Ottobre 2015
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
UN GRANDE ISPIRATORE
È considerato il padre della spiritualità moderna, eccezionale ed infa-
ticabile predicatore cattolico ha influenzato le maggiori figure non solo
del grand siècle francese, ma anche di tutto il Seicento europeo, riuscendo
a convertire al cattolicesimo addirittura alcuni esponenti del calvinismo.
Nato in Francia a Thorens-Glières nel 1567, XXX ricevette una raffinata
educazione, studiò all’Università di Padova e prese la decisione di diven-
tare sacerdote. Ordinato, fu inviato nella regione del Chiablese dominata
dalle idee della riforma calvinista e lì adottò i metodi del dialogo e dei suoi
proverbiali “manifesti”, fogli volanti pubblicati e diffusi da lui stesso in
conseguenza degli scarsi risultati ottenuti dal pulpito, per salvaguardare
i principi cristiani. I suoi insegnamenti erano famosi per la dolcezza, la carità e la comprensione di cui
erano pervasi e grazie a questo fece breccia nell’animo di tanti fedeli. Gli sforzi enormi e i successi
ottenuti furono premiati e gli valsero la nomina a vescovo dopo soli nove anni di sacerdozio. No-
nostante ciò la sua diocesi rimase calvinista e lui dovette trasferirsi ad Annecy. Fondò l’Ordine della
Visitazione e, a Thonon, la sezione locale della Congregazione dell’Oratorio (dall’opera di san Filippo
Neri) convinto che la “santità” dovesse essere l’impegno
di tutti i cristiani e non solo di quelli consacrati. Fu procla-
mato santo nel 1665 da papa Alessandro VII (in seguito ad
alcuni miracoli eclatanti) e per le sue illuminate dottrine è
uno dei Dottori della Chiesa. Viene considerato il “san Carlo
piemontese” perché il suo culto si sviluppò quanto quello di
san Carlo Borromeo (lombardo). È il Santo patrono del Pie-
monte ed anche il patrono degli scrittori e dei giornalisti. A
lui si sono ispirate numerose congregazioni, ma soprattutto
quelle della grande famiglia Salesiana di don Bosco.
Definizioni
ORIZZONTALI. 2. Riferibile al
secolo XVIII - 13. Il Ricci ideatore
di Striscia la notizia (iniz.) - 15.
Viene dopo il bis - 16. A questo
punto… - 17. Un avverbio che nega
- 18. Sono contrari agli interventisti
- 22. Insieme a - 23. XXX - 26.
Li rispettano i treni - 27. Nell’au-
to e nel kart - 28. Una gemma di
colore rosso - 29. Si citano con i
“quali” - 30. Lode, encomio - 32.
Un fallo del tennista - 33. Un po’
di riguardo - 34. Istituto Nazionale
Trasporti (sigla) - 35. La regina tra
i fiori - 37. Appassionare, esaltare
- 43. Il percorso compiuto da una
pratica - 45. La trama di un romanzo
o di un film - 46. Una rivista che
esce due volte l’anno.
VERTICALI. 1. XXX - 3. Mi-
sure terriere - 4. Si prendono al
lotto - 5. Così è detto il panico
dell’attore esordiente - 6. Il Reden-
tore - 7. Ben conosciuti - 8. Ciclo
di tre giorni di preghiere - 9. La
Morante scrittrice (iniz.) - 10. Lo
stadio chiamato Meazza dal 1980 -
11. A noi - 12. Una celebre statua
di Rodin - 14. Ritornello… france-
se - 17. Fu padre di Cam, Sem e
Iafet - 19. Un grande fiume russo
- 20. Fedeltà, sincerità - 21. Cam-
biano il casco in sacco - 22. Foto-
copiata… geneticamente! - 24. Le
iniziali della Bergman - 25. Ancona
- 26. Un contenitore in pelle per
liquidi - 30. L’ente che promuove il
turismo (sigla) - 31. Alla fine è…
over ! - 34. Prefisso di uguaglian-
za - 35. La “cosa” dei latini - 36.
Titolo che spetta al baronetto - 38.
Doppie nei rattoppi - 39. Formula
senza forma - 40. Spietate milizie
naziste - 41. Aeronautica Militare
(sigla) - 42. Monarca - 44. In fon-
do al tunnel.
42
Ottobre 2015

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Disegno di Fabrizio Zubani
Un povero vecchio
C’era una volta un vecchio
che non era mai stato
giovane. In tutta la sua
vita, in realtà, non aveva
mai imparato a vivere. E
non avendo imparato a
vivere, non riusciva neppure a morire.
Non aveva speranze né turbamenti;
non sapeva né piangere né sorridere.
Tutto ciò che succedeva nel mondo
non lo addolorava e neppure lo stu-
piva. Passava le sue giornate oziando
sulla soglia della sua capanna, senza
degnare di uno sguardo il cielo, l’im-
menso cristallo azzurro che, anche
per lui, il Signore ogni giorno puliva
con la soffice bambagia delle nuvole.
Qualche viandante lo interrogava.
Era così carico d’anni che la gente lo
credeva molto saggio e cercava di far
tesoro della sua secolare esperienza.
«Che cosa dobbiamo fare per rag-
giungere la felicità?» chiedevano i
giovani. «La felicità è un’invenzione
degli stupidi» rispondeva il vecchio.
Passavano uomini dall’animo nobile,
desiderosi di rendersi utili al prossimo.
«In che modo possiamo sacrificarci
per aiutare i nostri fratelli?» chiede-
vano. «Chi si sacrifica per l’umanità
è un pazzo» rispondeva il vecchio,
con un ghigno sinistro.
«Come possiamo indirizzare i nostri
figli sulla via del bene?» gli domanda-
vano i genitori. «I figli sono serpenti»
rispondeva il vecchio. «Da essi ci si
possono aspettare solo morsi velenosi».
Anche gli artisti e i poeti si recavano
a consultare il vecchio che tutti crede-
vano saggio. «Insegnaci ad esprimere
i sentimenti che abbiamo nell’anima»
gli dicevano. «Fareste meglio a tacere»
brontolava il vecchio.
Poco alla volta, le sue idee maligne
e tristi influenzarono il mondo. Dal
suo angolo squallido, dove non cre-
scevano fiori e non cantavano uccelli,
Pessimismo (perché questo era il
nome del vecchio malvagio) faceva
giungere un vento gelido sulla bontà,
l’amore, la generosità che, investiti
da quel soffio mortifero, appassivano
e seccavano. Tutto questo dispiacque
molto al Signore, che deci-
se di rimediare.
Chiamò un bambino e gli disse:
«Va’ a dare un bacio a quel povero
vecchio».
Il bambino obbedì. Circondò con le
sue braccia tenere e paffute il collo
del vecchio e gli stampò un bacio
umido e rumoroso sulla faccia ru-
gosa. Per la prima volta il vecchio si
stupì. I suoi occhi torbidi divennero
di colpo limpidi. Perché nessuno lo
aveva mai baciato.
Così aperse gli occhi alla vita e poi
morì, sorridendo.
A volte, davvero, basta un
bacio. Un «Ti voglio bene»,
anche solo sussurrato. Un
timido «Grazie». Un apprez-
zamento sincero. È così facile
far felice un altro. Allora,
perché non lo facciamo?
Ottobre 2015
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Senza di voi Questo
non possiamo
numero
contiene
fare nulla! un inserto
pubblicitario
Nel prossimo numero
Il Messaggio del Rettor Maggiore
Speciale:
Il Calendario del 2016
Bspvaiieasratctmeahigéciaohsiovesanaviioi
Don Bosco
17 Dom 2a del tempo ordinario
s. Antonio abate
1 Ven Maternità di Maria
2 Sab ss. Basilio
e Gregorio
Nazianzeno
3 Dom 2a del tempo
SS. Nome di
di Natale
Gesù - s.
Genoveffa
4 Lun s. Elisabetta Selon
s. Ermete
5 s. Amelia
Mar s. Edoardo
6 Mer
7 Gio
Es.pGifauneirarindoeldSiiSginoonre
s. Raimondo de Peñafort
s. Luciano
8 Ven s.
s.
Severino
Massimo
di
Pavia
9 Sab s.
s.
Giuliano
Adriano
di
Canterbury
10 Dom Bs.aAttledsoim-os.dPiiGetersoùOrseolo
11 s. Igino papa
Lun s. Salvio
12 Mar s.
s.
Modesto
Antonio M.
Pucci
13 Mer
14 Gio
s. Ilario
b. Veronica
da
Binasco
s. Felice da Nola
s. Bianca
18 Lun s. Liberata
s. Margherita
d’Ungheria
19 s. Mario
Mar s. Pia
20 s. Sebastiano
Mer s. Fabiano
21 Gio
22 Ven
s. Agnese
b. Cristiana
di
Assisi
bs..VLinacuernazVoiPcaulñloatti
s. Emerenziana
23 Sab s. Ildefonso
3a
24 Dom s.
dFreal ntecmespcooodrdiiSnaarlieos
(patrono
giornalisti)
Conversione di s. Paolo
25 Lun s. Demetrio
26 ss.Timoteo eTito
Mar s. Paola
27 s. Angela Merici
Mer s. Marino
28 Gio s.Tommaso
s. Giuliano
d’Aquino
di Cuenca
s. Valerio
29 Ven s. Costanzo
b.
30 Sab s.
MMaarrtkiniaew- ibc.zSBebroanstiisalnaooV.
4a
31 Dom s.
del tempo
Giovanni
ordinario
Bosco - s.
Ciro
15 Ven bss..LMuaiguiroVaerPialaracido
16 s. Marcello I
Sab s.Tiziano
LCLcEbaoOadunvsNèiSstlaaapGTrvaèEelaRlSciralÙiiseElpua,topomàNregdteroaNincoctddearAiormonviaeegmmnltiiocnuacitimtuneoosmdirseieiimnoguoepiomzdlciaaeoavnl.nlvToaieu.cnvthtittuiearcacdoiondsveoielslpoclroieaSmspSeiporniirttboaiten!onoea. gqisuceestea,
esperienza,
in libertà,
ALrfcniainvhNaeometluaidèNsraiealullrOesnipuc,raofooamdrtfadotoemoinarldoeddlori“aievtDdeicsMeniocolelemerIrneeaSvozlienszqEc”auèe.ReePrluelrIdonoCip’vidcediOieorenumaiRenl appdpsDartaasorlsdIalpi’rotiArnetinaoteei,mm,fdidgoaiiliucoiunno.ndaÈmaumvelrgeeaeuradnanltrzmàesaeeccennohttdneiemicsripleieencctraaotdosmcooopnmdrnooui.cofdouivrnioedEngool,i
vpsBieiaaarsmtcethiaégaicsoiohsvaeani vioi
Don Bosco
1 s. Verdiana
Lun b. Anna Michelotti
2 Presentazione
Mar s. Caterina de’
del Signore
Ricci
s. Biagio
3 Mer s. Oscar - s. Cinzia
4 s. Gilberto
Gio s. Andrea Corsini
s. Agata
5 Ven s. Alice
6 Sab s. Paolo Miki
s. Dorotea
e
compagni
5a del
7 Dom b. Pio
tempo
IX - s.
ordinario
Teodoro
s.
8 Lun s.
GGiiruosleapmpoinEamBialiakhniita
9 b. Eusebia
Mar s. Apollonia
Palomino
1 Le Ceneri
0 Mer s. Scolastica - s. Arnaldo
11 M. di Lourdes
Gio s. Pasquale I - s. Dante
1 s. Eulalia
2 Ven s. Damiano
1 s. Fosca
3 Sab s. Maura
14 I Quaresima
Dom ss. Cirillo e Metodio (patroni d’Europa) - s. Valentino
15 Lun ss. Faustino e Giovita
16 s. Giuliana
Mar b. Giuseppe Allamano
17 Mer ss.sD. 7onfoantodatori OSM
18 s. Simeone
Gio b. Angelico
s.
19 Ven s.
MCoarnrsaudeotoCo-nsf.aTluolnliioeri
20 s. Giordano
Sab s. Eleuterio - s. Silvano
21 II Quaresima
Dom s. Pier Damiani - s. Eleonora
22 Cattedra di s.
Lun s. Margherita
Pietro
23 s. Policarpo
Mar s. Romana - s. Renzo
2 s. Sergio
4 Mer s. Adolfo
25 Gio
26 Ven
ss. Versiglia
s. Cesario
e
Caravario
s. Nestore
s. Romeo
27 Sab s. Gabriele
s. Leandro
dell’Addolorata
28 Dom II Quaresima
s. Romano - s. Candida
29 Lun
pQvIeCnLiaurOgcuaegonsNitraaSartGemoTerErsaeiSpRn,ÙuecieEarn,ripp’eaaNientvroavzcnNeaondndreotArelulialdramaceltalornlmeaeinmlgtlusoioiitnertSominpaaeicrbtiielbtiaoliilvanu.vmmeconuintiauaanrbnacbehdileaecmllaloeposiSrpppeeeirrrciichteooen!rzcsaoodslaiuenpsgushòeersedigidsnteiafiinczaere.
sruecaIAmlhcgpoegaNeinnuoldlongeoNgngèeirleriOupneneparlgrapsdogoeiPpoelnolreairèlegtlcrauafoionnSmroaMsznpeectigh,eIanueSnoanpeERppelleoeaRrcclmlsoueIualgrCiarareeireOneisuanignsnRotgeaeigloDlnsn’.AtzirIanaa.AlndLtoaraofSvinliautonaotgaèool,lua,pnoemgrpcneehutlaélneoagègrdoiicnogoanvgnragaàtiaodc.Aoeelmnlc’cepahsimeesremperei,enro
BspaviseaDiorttanceamBhogciséihcoaoievsoasnvoai ii
1
VeSnab ss. .UsIs.gr.FeoArnaPbenabcsoeqnsudcaoioidnaAPlba.iosPlaancrazio
16 Sab ss..BIVCse.irPrRniaaoascbdqoeeurt-attaos-.-BGsee.nsWùeadBneudttoaon-LPasa.bsArteonriceeto
11718290DLoMumMnareross..GsAs.a.mEslEs.dma.rAisnmdAms.do.igAaooaSnnlggiedsleivesisnielaGomedumoirkM.d’oAnotsetpaulciano
agheddu
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
IndltrVoloeceeuscntcntotphoaalèerecrgehouèsrceaonsphtlauaeeoermirrtrvfoilapivo’.cacralbiehelcbsiistoesoatnearnsetatfoiaalmilreBedeSni -
un’offerta.