Bollettino_Salesiano_201410

Bollettino_Salesiano_201410

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
IL
OTTOBRE
2014
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
PAOLO VI BEATO!
Lettere dall'Africa
Contro ebola
con il cuore
di don Bosco
L'invitato
Suor Chiara
Regolatrice
del Capitolo
generale
Le case di
don Bosco
Alassio

1.2 Page 2

▲back to top
LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
Il sistema
metrico decimale
Ero un piccolo libro tascabile, invecchiato
prima del tempo a causa del continuo via
vai cui mi obbligava il mio proprietario.
Ricordo bene quella piovosa domenica di
ottobre. Il mio proprietario, un giovane
muratore che lavorava dall’alba al tra-
monto, si alzò dal suo giaciglio molto presto,
nonostante non fosse giornata di lavoro. Non
smise un secondo di sillabare, nemmeno mentre
si lavava la faccia e le mani prendendo l’acqua da
una bacinella tutta arrugginita.
Prima di uscire in strada mi prese tra le mani,
piene di calli. Lesse ancora una volta il mio tito-
lo: “Sistema metrico decimale” e fece un ampio
sorriso. Mi collocò nel taschino della camicia di
flanella. Indossato il cappello da operaio, uscì e
si mise a correre tra i signorili portici della città
di Torino, cercando di evitare la pioggia che
iniziava a cadere. Con tutta la forza che avevo
mi afferrai a quella tasca.
Lasciato il centro della città, s’incamminò
per le strade piene di fango del quartie-
re di Valdocco. Saltellava,
cercando di evitare le
tantissime pozzanghere
e io, al riparo, ne senti-
vo di tanto in tanto il
fiato corto.
Arrivammo all’ora-
torio e qui si fermò.
Mentre il ragazzo cer-
cava con lo sguardo dove
(Traduzione di Deborah Contratto)
La storia
Maggio del 1849. Vista l’imminente entrata in vigore
del decreto che aboliva le antiche misure piemontesi e
instaurava il Sistema Metrico Decimale, don Bosco pub-
blica un piccolo libro, di ottanta pagine, per i suoi giovani
lavoratori”. Il suo “Sistema Metrico Decimale” sarà un
modello d’intuizione pedagogica, di semplicità e utilità.
(Memorie dell’Oratorio, terza decade, n. 3)
si trovasse don Bosco, respirai un poco. Il sacer-
dote lo vide e gli si avvicinò. Il mio padrone mi
sollevò in alto, come una persona che sventola la
bandiera della cultura e gridò a don Bosco: “Ci
sono riuscito... ufficiale di primo grado… e tutto
grazie a Lei e al suo libro! Dove lavoro sono
l’unico in grado di tradurre le misure antiche in
quelle nuove del sistema metrico decimale”.
Parlarono tra loro come due buoni amici. Mi
emozionai scoprendo che quel giovane sacerdote
era l’autore che aveva dato vita alle mie pagine.
Quante ore rubate al sonno per aiutare i suoi
giovani! Mi riempii di orgoglio quando valuta-
rono le mie tavole destinate a convertire tavole e
giornate in metri; once e rubbi in chili.
Don Bosco non riuscì a fare a meno di notare
le mie pagine rovinate, mi mise in tasca e diede
al giovane un volume del tutto nuovo, dicendo:
“Un ufficiale di primo grado deve giustamente
avere un libro nuovo. Questo lasciamelo, lo darò
a uno dei ragazzi che sta ancora imparando”.
Attualmente mi sveglio all’alba e ha inizio il mio
calvario nella tasca della giacca di un apprendi-
sta di undici anni. Le mie pagine continuano
a essere macchiate di calce, sabbia e sudore.
Nonostante i vari acciacchi, continuo a essere
fedele al mio autore,
sforzandomi di inse-
gnare tutti i segreti
che conosco al pic-
colo con cui lavoro.
E così anche lui, un
giorno, potrà dire
di essere un “buon
cristiano e onesto
cittadino”.
2
Ottobre 2014

1.3 Page 3

▲back to top
IL
OTTOBRE 2014
ANNO CXXXVIII
Numero 9
IL
OTTOBRE
2014
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
PAOLO VI BEATO!
Lettere dall'Africa
Contro ebola
con il cuore
di don Bosco
L'invitato
Suor Chiara
Regolatrice
del Capitolo
generale
Le case di
don Bosco
Alassio
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina : Sarà beatificato il 19 di questo mese
Paolo VI, il papa umile e forte, che ha segnato la storia
della Chiesa e del mondo e che era molto amico della
Famiglia Salesiana (Disegno di Stefano Pachì).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 LETTERE DALL'AFRICA
Contro ebola
con il cuore di don Bosco
10 L'INVITATO
Suor Chiara Cazzuola
14 I GRANDI AMICI
Paolo VI Beato
18 INVITO A MORNESE
22 LE CASE DI DON BOSCO
Alassio
26 A TU PER TU
29 INIZIATIVE
La corsa dei santi
30 SALESIANI NEL MONDO
Progetto Mamma Margherita
33 OPERE
La facciata della Basilica
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D'OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
6
10
30
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Enzo Baccini,
Pierluigi Cameroni, Gianni Caputa,
Maria Antonia Chinello, Roberto
Desiderati, Eligio Ermeti, Ángel
Fernández Artime, Vicenta Jaramillo,
Claudia Klinger, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, Francesco
Motto, Pino Pellegrino, Linda Perino,
O. Pori Mecoi, Antonio Miscio, Silvio
Roggia, Petra Slivinijek, Luigi Zonta,
Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
web: www.donbosconelmondo.org
CF 97210180580
Banca Intesa Sanpaolo
Fil. Roma 12
IBAN: IT 20 P030 6905 0640 0000 3263199
BIC: BCI TIT MM 058
Ccp 36885028
Progetto grafico: Andrea Morando
Impaginazione: Puntografica s.r.l.
- Torino
Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova
Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

1.4 Page 4

▲back to top
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
Messaggio d’apertura
dell’anno di celebrazione
del Bicentenario
Da questa finestra che il Bollettino
Salesiano mi dà ogni mese, mi
affaccio per salutare i miei fratelli
salesiani, tutti gli appartenenti alla
nostra famiglia allargata nel mondo,
e i tanti amici e amiche di don Bosco
che gli sono vicino e lo amano in
molte case salesiane
della nascita di don Bosco
Centonovantanove anni fa, un giorno
come oggi, veniva al mondo un bambi-
no, Giovanni Melchiorre Bosco, proprio
in queste stesse colline, figlio di umili
contadini.
Oggi noi, volendo iniziare il Bicentena-
rio di questo storico evento, rendiamo grazie a
Dio per il suo grande intervento nella Storia, e
ancora più in concreto in questa storia, iniziata
sulle colline dei Becchi.
In uno degli articoli delle Costituzioni della Con-
gregazione Salesiana, si dichiara che “Con senti-
menti di umile gratitudine, crediamo che la Società
di san Francesco di Sales non è solamente il frutto
di un’idea umana, ma di un’iniziativa di Dio... Lo
Spirito Santo ha ispirato, con l’intervento materno
di Maria, don Bosco. Ha formato in lui un cuore
di padre e maestro, capace di una donazione totale
(...), e la Chiesa ha riconosciuto l’azione di Dio, in
particolar modo approvando le Costituzioni e pro-
clamando Santo il nostro Fondatore.
Il carisma salesiano è un regalo che Dio, attraver-
so don Bosco, ha fatto alla Chiesa e al mondo. Si
è formato nel tempo, fin da quando stava seduto
sulle ginocchia di Mamma Margherita, poi con
l’amicizia di buoni maestri di vita e, in particolar
modo, nella vita quotidiana in mezzo ai giovani.
Oggi ci troviamo qui come Famiglia di don Bo-
sco, Famiglia Religiosa Salesiana, accompagnati
da tante autorità civili ed ecclesiastiche, ami-
ci di don Bosco, e giovani. Nelle stesse colline
che l’hanno visto nascere, per proclamare l’inizio
delle celebrazioni di questo Bicentenario della sua
nascita e che avrà, come punto di arrivo, dopo
tre anni di preparazione e uno di celebrazioni, il
prossimo 16 agosto del 2015 il festeggiamento
dei 200 anni della sua presenza nella Chiesa e nel
mondo intero, per il bene dei giovani.
Il Bicentenario della nascita di san Giovanni
Bosco è un anno giubilare, un “anno di Grazia”,
che vogliamo vivere come Famiglia Salesiana con
un grande senso di gratitudine al Signore, con
un senso di umiltà ma anche di grande allegria
perché è stato proprio il Signore a benedirci con
questo bellissimo movimento spirituale apostoli-
co fondato da don Bosco e sotto la guida di Maria
Ausiliatrice.
È un anno giubilare per più di trenta gruppi che
fanno già parte della nostra grande Famiglia, e
per molti altri che, ispirandosi a don Bosco, al suo
carisma, alla sua missione e spiritualità, sperano
presto di entrare a far parte di questa Famiglia.
4
Ottobre 2014

1.5 Page 5

▲back to top
È un anno giubilare per tutto il Movimento
Salesiano che, in un modo o nell’altro, fa rife-
rimento a don Bosco con le proprie iniziative,
azioni, proposte, e nel proprio cammino condivide
la spiritualità e gli sforzi per il bene dei giovani,
in particolar modo per quelli più sfortunati.
Questo Bicentenario vuole essere per tutti quanti
noi, e in particolar modo per il mondo salesiano,
non solo un momento di festa senza riferimen-
ti trascendentali, ma piuttosto una preziosa oc-
casione che ci è offerta per guardare al passato
con gratitudine, al presente con speranza, e per
sognare il futuro di missione evangelizzatrice
e educativa della nostra Famiglia Salesiana con
forza e novità evangelica, con coraggio e sguardo
profetico, lasciandoci guidare dallo Spirito che
sempre ci sarà accanto nella ricerca di Dio.
Crediamo che questo Bicentenario sarà una vera
opportunità di autentico rinnovamento spirituale
e pastorale per la nostra Famiglia, un’occasione per
rendere più vivo il carisma e rendere più attuale
don Bosco, come lo è sempre stato per i giovani.
Crediamo che sarà un’opportunità per vivere con
rinnovata convinzione e forza la Missione che ci
è stata affidata, sempre per il bene dei bambini e
delle bambine, degli adolescenti e dei giovani di
tutto il mondo, in special modo quelli che ne han-
no più bisogno, i più poveri e i più fragili.
Il Bicentenario sarà anche un tempo in cui, come
Famiglia Salesiana, continueremo, sull’esempio
di don Bosco, il nostro cammino verso le periferie
fisiche e umane della società e dei giovani.
Come già prima con don Bosco, l’anno del Bicen-
tenario, e il cammino successivo che dovremo per-
correre, deve essere per tutti noi, Famiglia Salesia-
na, un tempo in cui apportare con grande umiltà
quello che fa parte della nostra essenza carismati-
ca: il nostro impegno a leggere le realtà sociali, so-
prattutto quelle giovanili, che oggi ci coinvolgono;
il nostro impegno con intenzioni chiare a favore
dei giovani emarginati o che sono a rischio di es-
serlo; la nostra fede e piena fiducia in loro, in ogni
ragazzo e ragazza, nelle loro possibilità
e capacità; la nostra certezza della bon-
tà dei loro cuori, qualunque sia stato
il loro passato, l’opportunità
che hanno di essere pro-
prietari e protagonisti dei
loro sogni, stando loro
accanto se ce lo per-
mettono, per poterne
sviluppare al massimo i
talenti, la loro vocazio-
ne pienamente umana e
cristiana.
Infine, questo Bicente-
nario deve essere anche il ricordo di tante donne e
uomini che hanno partecipato con grande passione
a questo progetto, in modo eroico, magari dando la
vita per questo ideale, in condizioni spesso difficili
ed estreme tipiche di alcuni paesi del mondo, e per
questo sono un trionfo, un inestimabile tesoro che
solo Dio sa quanto vale veramente.
Con questa convinzione che abbiamo, ci sentia-
mo più animati non solo ad ammirare don Bosco,
non solo a percepire l’attualità di questa grandis-
sima figura, ma anche a sentire con grande for-
za l’irrinunciabile impegno a imitare chi, da
queste colline, arrivò fino alla periferia di Val-
docco, e anche alla periferia rurale di Mornese
per ampliare con sé e con altre persone quel de-
siderio di ricerca del bene dei giovani e perché
ognuno di quei ragazzi e ragazze potesse essere felice
ora e per l’eternità.
Da questa collina dei Becchi dichiariamo dunque
aperto l’anno della Celebrazione del Bicentenario
della Nascita di don Bosco.
Che don Bosco, dal Cielo, ci benedica e ci doni
la grazia di rendere concreto il nostro impegno
per la gioventù e che faccia in modo che questo
nostro sogno sia realtà.
BUON BICENTENARIO
A TUTTI!
Ottobre 2014
5

1.6 Page 6

▲back to top
LETTERE DALL’AFRICA
SILVIO ROGGIA
Contro ebola con
il cuore di don Bosco
La storia di Josephat e dei suoi amici
Josephat è nigeriano e vive a Monrovia,
in Liberia. Son sicuro che se anche non
avevate sentito parlare della Liberia negli
ultimi anni adesso è tra i titoli di coper-
tina di tg e giornali, insieme alla Guinea
e alla Sierra Leone, per via dell’ebola. Il
viaggio che Josephat mi racconta e che continua a
fare insieme a un gruppo di quattro giovani amici
è un viaggio dritto dentro questa tragedia.
Josephat e i suoi quattro giovani amici, due cri-
stiani e due musulmani, hanno fondato un grup-
po chiamato Dominic Savio and Don Bosco. «Bcz
I believe that what don Bosco did in his time
during the outbreak of cholera, he can still do
now through us». È come un frammento di un
manoscritto del vangelo che va letto in originale
prima di guardare alla traduzione: «Perché credo
che quello che don Bosco ha fatto ai suoi tempi
durante l’epidemia del colera possa ancora farlo
oggi attraverso di noi».
Credo che quello che don Bosco ha fatto
ai suoi tempi durante l’epidemia del colera
possa ancora farlo oggi attraverso di noi
6
Ottobre 2014

1.7 Page 7

▲back to top
Nel 1854 Torino fu colpita da un’epidemia di
colera che decimò la popolazione, soprattutto la
periferia povera delle basse della Dora, dove l’o-
ratorio di Valdocco era situato. Don Bosco corag-
giosamente propose ai suoi ragazzi più grandi di
mettersi a servizio dei colpiti che per lo più erano
abbandonati a se stessi per la paura di contagio.
Mamma Margherita non risparmiò neppure le
tovaglie dell’altare per farne bende e asciugamani.
Nessuno dei giovani che volontariamente si mise
a disposizione fu colpito dal morbo.
Il primo problema per Josephat e i suoi quat-
tro giovani volontari è stato convincere un ‘cab’
(pulmino-taxi, il mezzo di trasporto ordinario
in West Africa) di portarli nell’interno, a co-
minciare da un villaggio a tre ore e mezza dalla
capitale, dove una famiglia intera di sei persone
è morta a causa del virus – la notizia è arriva-
ta fino a Monrovia. Han cominciato da lì. A un
prezzo esorbitante per il trasporto sono riusciti a
raggiungere quell’area remota. La loro missione
non è di curare ma di aiutare a prevenire dando
quelle istruzioni base che il ministero della salute
cerca di diffondere ma che non raggiungono le
zone interne dove non c’è elettricità, televisione e
nessuno è disposto ad andare mettendo a repen-
taglio la sua salute per salvare quella di altri.
Insieme alla campagna fatta attraverso volantini
e poster distribuiti e spiegati al mercato locale e
casa per casa, il gruppo Dominic Savio and Don
Bosco distribuisce guanti, maglie dalle maniche
lunghe e disinfettanti a base di cloro. Il proble-
ma più urgente è infatti evitare il contatto con
chi giunge alla fase terminale della malattia: è lo
stadio più infettivo e pelle, sudore, sangue, anche
‘post mortem’ sono estremamente contagiosi.
Non è un’impresa facile creare questa consape-
volezza fino a farla diventare convinzione che
porta ad adottare tutte le precauzioni necessarie
per prevenire il contagio. Come in ogni cultura
gli usi e le tradizioni che si seguono quando un
congiunto muore hanno radici profonde, rese an-
cora più ferme dall’affetto e il dolore per il figlio
o la mamma, il papà, il fratello che tragicamen-
te e in pochi giorni è mancato (dal manifestarsi
dei sintomi peculiari dell’ebola – in particolare le
emorragie esterne ed interne – alla morte di so-
lito passa meno di una settimana). Non toccare
assolutamente il malato e il defunto se non con
misure protettive ad alta efficacia è già difficile in
ospedali specializzati. Come far sì che ciò avven-
ga nelle capanne di un villaggio rurale?
Un frammento di Vangelo
Ma c’è anche il rovescio della medaglia: la paura
può far scattare comportamenti che diventano le-
tali quando non ci sarebbe alcuna ‘ragione’ per mo-
rire. I primi sintomi dell’ebola sono quasi identici
a quelli della malaria, malattia perenne nell’Africa
sub sahariana: febbre, vomito, debolezza generale.
Se non è curata la malaria è mortale quanto l’ebola.
La vicina di casa di Josephat pochi giorni fa è mor-
ta di malaria cerebrale – fase acuta della malaria, a
cui si giunge quando non si interviene in tempo –
perché ha trovato tutte le porte chiuse di ospedali
e cliniche: chi ha febbre viene abbandonato a se
stesso per paura dell’ebola. E anche se le porte si
aprissero la prima cosa è l’isolamento per ventuno
giorni (tempo in cui l’ebola da incubazione passa
allo stadio finale). Se le strutture non sono adegua-
Josephat è il
secondo da
sinistra, proprio
sotto don Bosco.
Ottobre 2014
7

1.8 Page 8

▲back to top
SALESIANI NEL MONDO
I SALESIANI CONTRO EBOLA
In Sierra Leone e
Liberia, i bambini
sono allegri e
vivaci come tutti
i bambini del
mondo. Ma la
minaccia di ebola
è terribile.
te e già altri pazienti sono stati isolati nello stesso
‘lazzaretto’ la probabilità di un passaggio infettivo
da malaria a ebola diventa un ulteriore incubo, ol-
tre al fatto di essere praticamente lasciati a se stessi
e senza alcuna assistenza per la paura di contagio.
Questa è la missione del Dominic Savio and Don
Bosco group. Ovviamente chi vive nel villaggio
deve continuare a portare avanti le sue attività
che sono già per lo più di pura sussistenza: se non
porti i prodotti al mercato – i più deperibili – in
breve tempo la tua famiglia fa la fame... Ecco il
perché delle maniche lunghe e dei guanti che il
ministero della salute raccomanda, per evitare il
più possibile il contatto fisico soprattutto durante
i viaggi, stipati su vecchi pullman che trasportano
gente e mercanzie in un ‘unicum’ che si muove per
ore tra polvere e sobbalzi sotto il sole dei tropici.
Dove trovare i disinfettanti, i guanti, le maglie,
i soldi per il trasporto? Josephat e i suoi ragazzi
fanno come don Bosco, bussando alle porte della
capitale per trovare aiuti per la periferia rurale.
Ma anche lì la paura sta chiudendo la gente in se
stessa. Josephat ha qualche amico in Nigeria che
sta dando una mano. In base a quanto riescono a
raccogliere organizzano le loro missioni di pre-
venzione e distribuzione di aiuti.
L’ho invitato a essere molto prudente: di fatto la
percentuale più alta di vittime è proprio tra chi
L’ispettore dell’AFW, don Jorge Crisafulli, ha comunicato
la situazione dei salesiani e il loro impegno nelle zone più
colpite: «Noi crediamo che i numeri sono sottostimati e
poco realistici: il numero delle persone infette e dei deces-
si è decisamente superiore. Molte persone non denuncia-
no i casi e così possono seppellire i corpi; ciò è estrema-
mente pericoloso. Le famiglie non denunciano nuovi casi
per paura della discriminazione associata al virus. Molti
muoiono nel paese a causa della mancanza di cure, spesso
a causa di altre malattie non correlate all’ebola.
L’epidemia di ebola non è solo una sfida sanitaria; sta cau-
sando profonde e gravi conseguenze sociali, economiche
e politiche. Molti mercati e negozi hanno chiuso. Tutti i
prezzi sono aumentati, in particolare quelli relativi al cibo e
ai disinfettanti che sono insufficienti. I confini sono chiusi
e le compagnie aeree hanno sospeso i voli da e verso i
paesi colpiti. Le grandi aziende hanno cessato l’attività e
ritirano il personale per motivi di sicurezza. La criminalità
è in aumento e il coprifuoco è stato imposto per mantenere
l’ordine e la sicurezza.
Diversi ospedali e cliniche sono chiusi. Medici e infermieri
sono riluttanti a presentarsi al lavoro per paura del conta-
gio. Il senso di isolamento è in aumento.
I salesiani non hanno lasciato le opere, e rimangono vi-
cini alla popolazione. Si è coordinato il lavoro attraverso
gruppi che a livello ispettoriale e nazionale collegano i
soccorsi. Gli interventi si concentrano principalmente nei
settori dell’istruzione, della prevenzione e di azioni specifi-
che organizzate come segue:
Ghana: l’attenzione si concentra sulla prevenzione.
In dialogo con il Ministero della Salute, il Don Bosco
Redes Juveniles (DBYN) – la nostra ONG locale – sta
si è preso cura dei malati. Qui c’è un altro fram-
mento evangelico che non posso fare a meno di
citare in originale, così come si legge sul whatsapp
del cellulare: “Qualcuno fa pressione perché io ri-
torni in Nigeria ma io lo vedo come un imbroglio
verso Dio”.
Gli ho chiesto di spiegarsi meglio. “Anche se que-
sta fosse l’unica carità che faccio in tutta la mia vita
sarei felicissimo di portarla a termine. È Dio che
mi ha dato vita e salute: devo usarle per servire”.
Foto Shutterstock
«Nessuno sa quanto bene fa
il bene che fa»
L’ebola è una minaccia di proporzioni ‘tsunami-
che’ anche se c’è una certa speranza di riuscire a
creare consapevolezza, convinzioni e comporta-
8
Ottobre 2014

1.9 Page 9

▲back to top
organizzando una campagna di prevenzione nazionale
per educare le persone mediante video, audio, adesivi,
cartelloni, messaggi di testo, ecc.
Nigeria: i Salesiani sono focalizzati nell’informazione, e
soprattutto nel sensibilizzare ed educare le persone della
regione per prevenire la diffusione della malattia.
Liberia: la situazione sta peggiorando. Le restrizioni agli
incontri e alla circolazione delle persone stanno ostaco-
lando le operazioni di soccorso. Tuttavia, le persone hanno
grande bisogno di cibo e di materiale sanitario. I Salesiani
stanno organizzando un programma per sfamare più di
500 famiglie, fornendo scorte mediche necessarie (cloro,
disinfettanti, dispositivi di protezione, ecc.)
Sierra Leone: la situazione anche qui sta peggiorando.
Il Governo ha chiesto ai salesiani di farsi carico di un
numero crescente di orfani. Sono avanzati i preparativi
per implementare un centro di assistenza per ricevere
120 bambini colpiti dall’epidemia dell’ebola. I salesiani di
don Bosco saranno incaricati di effettuare una ricerca, in
accordo con l’UNICEF e il Ministero della Salute».
Don Jorge conclude sottolineando: «Siamo molto grati a tutti
coloro che hanno mostrato preoccupazione per noi e per la
nostra gente in questi tempi difficili, specialmente le nostre
Procure, alcune ispettorie, salesiani, amici e singoli benefat-
tori che ci hanno offerto il loro sostegno e l’aiuto concreto».
menti corretti in tempo, prima che esploda in cit-
tà come Lagos (megalopoli dell’Africa con quasi
20 milioni di persone).
È una sfida titanica per i governi, che non hanno
mezzi adatti per emergenze di questo tipo. È una
messa alla prova della solidarietà internaziona-
le a livello di governi e grandi istituzioni come
l’oms e a livello di organismi non governativi (i
più stanno facendo le valigie dalla Sierra Leone
e dalla Liberia, che con Ghana e Nigeria sono i
paesi dove siamo presenti come salesiani operanti
nell’Africa occidentale anglofona).
Si spera e si prega che si riesca a porre un argine
ed evitare il peggio.
Josephat e i suoi quattro Dominic Savio musul-
mani e cristiani sono un fascio di luce purissima
che non potevo tenere per me e così come l’ho
ricevuto ve lo trasmetto.
Mi sento proprio piccolo di fronte a
mio fratello Josephat ma sono fiero di
lui. È bellissimo vedere che don Bosco
ha figli africani di questa tempra. Vuol dire
che don Bosco è davvero diventato africano
al 100%, e che questa è casa sua. Il 16 agosto
2014 si è aperto il bicentenario della sua na-
scita: Josephat sta celebrando questo giubileo
meglio di qualunque altro al mondo.
Anche se tremo per il rischio immenso che
abbiamo dietro la porta (soprattutto dietro
alle porte dei più poveri) sono immensamen-
te felice nel cuore per questo seme nasco-
sto di Vangelo che Josephat sta donando.
“Nessuno sa quanto bene fa il bene che fa”
(don Bosco).
Ottobre 2014
9

1.10 Page 10

▲back to top
L’INVITATO
MARIA ANTONIA CHINELLO
Costruiremo una casa aperta
per i giovani di tutto il mondo
Il XXIII Capitolo generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice
Incontro con
suor Chiara Cazzuola,
regolatrice del capitolo
Dal 22 settembre
al 15 novembre 2014,
194 Figlie di Maria Ausiliatrice,
rappresentanti delle FMA operanti
in 94 nazioni, vivranno a Roma
il 23° Capitolo generale.
Un tempo di verifica e di rilancio
per attualizzare la passione del
da mihi animas cetera tolle,
ricevuta in consegna da don
Bosco e da madre Mazzarello.
Un’opportunità per rinnovarsi
nel cammino di fedeltà
al Signore e alla missione
educativa.
Che significato ha
un Capitolo generale
in questo momento storico?
La celebrazione dei Capitoli genera-
li segue un cammino che dal 1872,
anno della fondazione dell’Istituto,
continua nel tempo. La domanda
che orienta sempre questo processo
è: che cosa vuole il Signore da noi,
dall’Istituto in questo momento della
storia? Sicuramente il Capitolo non
risolverà tutti i problemi, ma darà
uno spirito nuovo per affrontarli con
cuore evangelico e salesiano, perché
favorirà una forma partecipativa nel
confronto, nella discussione, nel dia-
logo, nella ricerca di ciò che sostiene
la fedeltà al carisma nell’oggi e di ciò
che accresce la vitalità dell’Istituto
per essere risposta alle attese delle
giovani e dei giovani.
10
Ottobre 2014

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
Considerando la realtà
mondiale, quali sono i
segni di speranza e quali
le sfide che interpellano le
FMA alle soglie del CG 23?
Dalla vita dell’Istituto si coglie un
futuro ricco di speranza che orienta
a essere con i giovani casa che evange-
lizza. Non è un dato scontato: que-
sta dimensione presuppone comu-
nità disposte a “svegliare il mondo”,
desiderose di ritornare a “stare con i
giovani” e di annunciare Gesù alle
nuove generazioni. Lo slancio del
da mihi animas cetera tolle esige una
conversione pastorale autentica, per-
ché i giovani tornino a essere, come
indica papa Francesco, non solo la
nostra preoccupazione, ma la nostra
principale occupazione pastorale.
Questo ci sfida a costruire una casa
in uscita missionaria che testimonia e
annuncia Gesù con i giovani e per i
giovani, specialmente i più poveri, a
un mondo che ha sete di Lui e del suo
Vangelo. L’aumento della povertà, il
fenomeno migratorio e il moltiplicarsi
di nuovi poveri sono una forte chia-
mata a vivere la beatitudine evange-
lica della povertà; una provocazione a
essere sempre più creative con forme
di gestione nuove e trasparenti. La
realtà del mondo ci sfida a essere es-
senziali, libere, semplici, centrate su
ciò che conta e quindi coinvolte nella
missione dando vita a nuove risposte
di solidarietà, anche quando non ci è
possibile contare sulla sicurezza eco-
nomica.
Come è stato recepito
dalle FMA e dalle comunità
educanti il tema del CG 23
«Essere con i giovani casa
che evangelizza»?
La nostalgia della casa è tipica del no-
stro tempo ed è espressa, nel contesto
in cui viviamo, dal bisogno di ritrova-
re riferimenti significativi, legami au-
tentici e relazioni fedeli, a cominciare
dalla famiglia. È un invito a lasciarci
evangelizzare perché la nostra vita di-
venti evangelizzatrice a partire dalla
propria coerenza, dallo stile delle re-
lazioni comunitarie, dall’opzione dei
più poveri.
Sperimentiamo la crescita del senso
della comunità educante con laici e
laiche che condividono il dono del Si-
stema preventivo, educhiamo i giova-
ni nella reciprocità, sostenendoci nel
vivere con coerenza la pluralità delle
vocazioni a cui siamo chiamati, anche
se talvolta troviamo faticoso collabo-
rare alla pari. In molte comunità si
vive l’ecumenismo e il dialogo inter-
religioso come testimonianza di acco-
glienza e via di evangelizzazione. In
altre, che abitano zone dove il cristia-
nesimo è minoranza, il nucleo ani-
matore delle fma è forza irradiante
di annuncio di Gesù nel quotidiano
e il carisma salesiano opportunità di
coesione pur nella diversità di religio-
ne e di cultura.
A pagina precedente : Suor Chiara.
Sotto: L’attuale Consiglio Generale delle Figlie di
Maria Ausiliatrice.
Ottobre 2014
11

2.2 Page 12

▲back to top
L’INVITATO
Perché la scelta del brano
evangelico dei discepoli
di Emmaus come metafora
del cammino capitolare
e chiave di lettura della
presenza dell’Istituto in
tante “storie” del mondo?
La situazione dei due discepoli che
fuggono da Gerusalemme sfiduciati e
lungo il cammino incontrano Gesù e
lo riconoscono allo spezzare del pane,
rispecchia la condizione di tanti gio-
vani e famiglie che, lungo le strade del
mondo, sono in cerca di una casa che
li accolga, di relazioni che scaldino il
cuore e di una vita più dignitosa e sere-
na. Come i discepoli, che nell’incontro
con Gesù hanno vissuto un’esperienza
trasformante, anche noi avvertiamo
il bisogno di aderire totalmente alla
sua persona e di assumere, con gioia,
la missione che Egli ci affida. Lo sti-
le itinerante del Maestro, che fa della
strada la sua casa e il luogo dell’evan-
gelizzazione, ci sollecita a vivere come
discepole missionarie, per creare un
ambiente di famiglia, per riconoscere
nella relazione con i giovani il luogo
dell’incontro con Gesù.
Quali implicanze ha
la scelta di adottare la
categoria delle “periferie”
per il discernimento
durante i lavori capitolari
e per la missione
quotidiana delle FMA?
Vogliamo guardare la realtà in cui vi-
viamo, in particolare quella presenta-
ta dalle ispettorie, non per fare delle
analisi sociologiche, ma per discernere
dal punto di vista del Vangelo i segni
dei tempi e le chiamate del Signore.
Per noi la periferia è una prospettiva
evangelica e carismatica: don Bosco
e madre Mazzarello erano persone
che hanno saputo abitare le periferie
geografiche ed esistenziali del loro
tempo. Dal punto di vista sociale e
storico comprendiamo che il modello
di sviluppo non può essere quello della
conquista del benessere legato all’ac-
cumulo di ricchezza, ma la possibilità
di vivere dignitosamente, nella sobrie-
tà e nella condivisione. La stessa vita
consacrata sta vivendo in molte forme
l’esperienza della minorità, questo ci
sollecita a situarci da povere nelle pe-
riferie, specialmente quelle abitate dai
giovani, ad esprimere in modo nuovo
la sua significatività nella realtà odier-
na, nelle periferie della vita e di ogni
sorta di povertà, ad amare e servire
negli ambiti in cui la vita è più fragile
e minacciata. Anche la famiglia fonda-
ta sul matrimonio oggi è una periferia
esistenziale di cui avere cura.
Quale profezia può nascere
per l’Istituto dal Capitolo
generale?
Nella Chiesa e con l’umanità stiamo
dalla parte dei giovani che sono il teso-
ro più grande che Dio ci affida. È con i
giovani che possiamo vivere il carisma
della preventività, ravvivando la no-
stra stessa speranza. Stando in mezzo
a loro, ci lasciamo interpellare anche
In alto: Suor Chiara a Porto Alegre. Sopra: FMA
in azione in Zambia.
12
Ottobre 2014

2.3 Page 13

▲back to top
DENTRO AL CG 23
dalle situazioni difficili che attraver-
sa la società: la crisi della famiglia, la
violenza contro le donne e i bambini,
il traffico di esseri umani, il fenomeno
migratorio, la corruzione. La gioia di
stare con Gesù, ma anche la gioia di
stare con le giovani e i giovani diventa
contagiosa profezia di speranza in un
mondo in cui cerchiamo di leggere i
segni della presenza di Dio.
A Valdocco e a Mornese si respirava
aria di famiglia, si vivevano relazioni
fortemente umanizzanti, si sperimen-
tava il fascino della chiamata vocazio-
nale e la passione del da mihi animas
cetera tolle. Don Bosco e madre Maz-
zarello erano consapevoli di aver ri-
cevuto il dono della predilezione per i
giovani nella stessa missione educativa
attraverso l’intervento diretto di Maria
e lo vivevano con grande disponibilità.
Per questo motivo la relazione nello
spirito di famiglia, vissuta come comu-
nità educante, diventa profezia di un
modo diverso di vivere, di esprimersi,
di aprirsi agli altri, persino di struttu-
rare la propria identità. Siamo chiama-
ti a ravvivare la profezia della frater-
nità e a fare in modo che raggiunga le
periferie esistenziali in cui si svolge la
nostra vita e missione con la generosità
di chi accoglie la chiamata a prendersi
cura, con compassione e misericordia,
soprattutto dei giovani poveri.
Sono 195 le FMA che partecipano al Capitolo generale 23°: 18 provengono dall’Africa, 65
dall’America, 35 dall’Asia, 58 dall’Europa e 2 dall’Oceania. A queste si aggiungono la Madre
e i membri del Consiglio generale (16).
L’assemblea capitolare è giovane: 56,42 anni è l’età media, mentre 32,4 è la media degli anni
di professione religiosa. 113 FMA vi partecipano per la prima volta, 41 per la seconda, 20
per la terza volta. La veterana è una FMA dell’America: ha al suo attivo la partecipazione a
ben 7 capitoli.
è essenziale. Desideriamo conoscere
le loro attese, le speranze, i motivi di
preoccupazione. Chiediamo che si
sentano con noi responsabili nella co-
struzione di un futuro di giustizia, di
pace, di accoglienza delle differenze,
nell’appartenenza alla Famiglia sale-
siana nata dal cuore di don Bosco e
nello stile educativo che i nostri Fon-
datori ci hanno trasmesso. Chiediamo
loro di aiutarci a continuare il sogno
di don Bosco e di madre Mazzarello
in questa nostra storia, drammatica e
complessa, ma certamente abitata dal-
lo Spirito Santo.
Quale apporto può dare
il Capitolo alla missione
della Famiglia Salesiana?
Molto semplicemente, può contribuire
a rendere più luminosa la missione
della Famiglia Salesiana che, in un
tempo di complessità e di debole spe-
ranza, può rispondere agli appelli dei
giovani, avvicinarsi a loro senza pau-
ra, intraprendere con loro la strada
della nuova evangelizzazione. Come
Famiglia Salesiana siamo chiamati a
stare con i giovani, a essere presenza
educativa che accoglie. L’accoglienza
è una delle parole chiave del metodo
educativo ed è la logica strategica della
ricerca del punto accessibile al bene in
ogni persona. È questo che fa rinascere
alla speranza e può divenire concreta
possibilità di evangelizzazione.
Un laboratorio tessile delle Figlie di Maria
Ausiliatrice in Thailandia.
I giovani saranno presenti
e avranno “voce” attiva
nel Capitolo?
I giovani sono il cuore della nostra
missione ma anche i primi collabora-
tori nella costruzione della casa dell’u-
manità. Il confronto con loro per noi
Ottobre 2014
13

2.4 Page 14

▲back to top
I GRANDI AMICI
GIANNI CAPUTA
Paolo VI Beato!
Il papa che amava i salesiani
«Io ricordo che nello studio di mio padre c’era
un angolino che stava a fianco della scrivania,
dove era appeso un quadretto di don Bosco»
Un intenso ritratto
di papa Paolo VI
del grande pittore
Michele De Meo.
Giovanni Battista Montini divenne papa
Paolo VI alle 11.20 del venerdì 21 giu-
gno 1963, tre mesi prima di compiere i
67 anni. Il conclave era durato appena 36
ore; uno dei più brevi.
Il cardinale Alfredo Ottaviani diede la
notizia ufficiale a mezzogiorno. Gli bastò pro-
nunciare il nome di battesimo: Joannem Bapti-
stam... per suscitare l’applauso più lungo. Non
c’era più bisogno del cognome.
Disse: “Mi chiamerò Paolo”, e tutti pensarono
all’Apostolo delle genti, il grande missionario che
aveva portato la fede cristiana all’Occidente pa-
gano. Il paganesimo stava tornando e davvero era
necessario un nuovo Paolo.
Subito dopo egli disse che il Concilio Vaticano II
sarebbe continuato, riprendendo regolarmente i
lavori il 29 settembre. Fu questo l’impegno più
grande, in cui Paolo VI profuse tutte le sue forze
e la sua intelligenza. Presiedette il Concilio con
mano delicata e ferma nella seconda, terza, quarta
ed ultima sessione, fino alla sua chiusura, celebra-
ta l’8 dicembre 1965.
In tutta la sua vita, Paolo VI dimostrò sempre un
forte affetto per la famiglia salesiana.
Giovanni Battista Montini (Concesio [Brescia],
26 settembre 1897) conobbe la figura di don
Bosco nell’ambiente della casa paterna. Il padre,
Giorgio Montini, nutriva una grande devozione
per don Bosco. Nell’udienza concessa il 26 gen-
naio 1978 ai capitolari salesiani, Paolo VI comin-
ciò con un discorso denso e pieno di concetti,
degno di un Capitolo Generale, ma d’improvviso
abbandonò il testo scritto: «E qui saremmo ten-
tati di aprire una chiosa marginale... ». Così Pao-
lo VI raccontò al suo uditorio attentissimo «i titoli
14
Ottobre 2014

2.5 Page 15

▲back to top
personali che abbiamo per avere cara, per avere
vicina, la vostra famiglia religiosa».
«Io ricordo che nello studio di mio padre c’era
un angolino che stava a fianco della scrivania,
dove era appeso un quadretto di don Bosco. C’era
scritto sotto, credo per mano di don Bosco, que-
ste parole che sono impresse nella mia memoria:
In morte si raccoglie il frutto delle opere buone. È un
detto di don Bosco. E io tutte le volte che mi av-
vicinavo allo studio di mio padre, andavo a dare
un’occhiata al quadro con sotto scritto quelle pa-
role. Che mi rimasero, ripeto, testualmente im-
presse nel cuore».
Nel maggio 1920 venne ordinato sacerdote. Fu
nel periodo immediatamente successivo che co-
nobbe don Antonio Cojazzi, allora uno dei sale-
siani più noti in Italia. Don Cojazzi ebbe il me-
rito, ricordava Paolo VI, di scuotere la pigrizia di
un suo cugino, Luigi, aiutandolo a maturare una
vocazione salesiana e missionaria. Fu lui, giovane
prete, ad accompagnare il cugino dai salesiani di
Valdocco, poi lo seguì sempre con grande interes-
se durante gli anni di Missione e si sentì legato a
don Bosco e alla sua Famiglia da una «affezione
parentale».
Durante la breve parentesi polacca (giugno-
ottobre 1923, come addetto alla Nunziatura di
Varsavia) don Montini ebbe modo di ammirare il
lavoro dei salesiani in quella terra.
L’11 agosto 1923, monsignor Montini si recò a
Oswiecim per l’inaugurazione di quella scuola
salesiana e nel viaggio di rientro sostò a Craco-
via ospite dei salesiani, nella futura parrocchia di
Karol Wojtyla. Dei salesiani incontrati diceva che
erano “preti di stampo nostro”.
A Roma i legami con i Figli di don Bosco pre-
sero a intensificarsi quando, nel 1924, venne no-
minato Assistente del Circolo degli Universitari
Cattolici, in sostituzione del salesiano don Dante
Munerati. Per anni ebbe contatti cordiali con i
confratelli addetti alla procura presso la S. Sede
e con alcune comunità dei Castelli romani. Don
«Gibiemme», come era chiamato e come si fir-
mava sulla rivista Studium, divenne una presenza
familiare e desiderata.
Con gli sciuscià
a fianco dei salesiani
Fu in questi anni che Montini maturò la sua vo-
cazione di apostolo-educatore che aveva avuto il
«rodaggio» a Brescia. Essa darà un tono distin-
tivo a tutta la sua successiva attività pastorale,
caratterizzata da grande affetto ai giovani e da
acuta sensibilità ai problemi pedagogici e cul-
turali.
Con gli amici salesiani condivise la gioia per la
beatificazione (1929) e canonizzazione di don
Bosco (1934). Dopo le amarezze della destitu-
zione dall’incarico di Assistente Generale della
Federazione degli Universitari Cattolici (1933),
Tabgha,
Terrasanta:
nella chiesa del
primato di Pietro,
questo mosaico
ricorda il viaggio
di Paolo VI.
Ottobre 2014
15

2.6 Page 16

▲back to top
I GRANDI AMICI
Il Centro Paolo VI,
a Concesio, paese
natale di Paolo VI.
È animato dalle
Figlie di Maria
Ausiliatrice.
iniziarono a giungere le responsabilità a livello di
Curia: il 16 dicembre 1937 fu nominato Sostituto
alla Segreteria di Stato, sezione Affari Ordinari,
alle dirette dipendenze del Segretario cardinal
Eugenio Pacelli. Aveva solo 40 anni.
Durante il conflitto mondiale gli vennero affida-
te l’organizzazione del Servizio Ricerche e Infor-
mazioni sui prigionieri di guerra e la Commissio-
ne per i Soccorsi (la futura p.o.a.). Fu in questa
veste che si trovò nuovamente a fianco dei Figli
di don Bosco.
Nell’immediato dopoguerra, salesiani e Figlie di
Maria Ausiliatrice si erano dati premura di cercare
e assistere ragazzi e ragazze particolarmente biso-
gnosi (orfani, randagi, piccoli delinquenti, i famosi
«sciuscià»), organizzando per essi ben 14 Centri.
Presto ci si accorse che occorrevano strutture più
adeguate ad assicurare un’azione continuata. Nac-
que l’idea del «Borgo Ragazzi don Bosco»: le ba-
racche del Forte Prenestino divennero il quartiere
generale dell’operazione. Discreto ma efficace,
«Monsignor Sostituto» ebbe per questi ragazzi una
vera predilezione, divenendo «la mano provviden-
ziale di Sua Santità Pio XII». Di tanto in tanto
“Monsignor Sostituto” si presentava al direttore e
chiedeva di poter prendere con sé alcuni ragazzi
per una passeggiata nella campagna o sui Castelli
romani.
Nel 1950, monsignor Montini diresse l’orga-
nizzazione dell’Anno Santo. Quell’anno, il 25
marzo, veniva beatificato Domenico Savio, ca-
nonizzato tre anni più tardi e nel 1951 veniva
canonizzata Maria Domenica Mazzarello. Fu
un avvenimento ecclesiale di notevole rilievo, al
quale monsignor Montini guardò non distratta-
mente ma con intensa partecipazione, penetran-
done l’alto valore educativo e pastorale. Difatti,
appena giunto nella nuova sede di Milano, pregò
insistentemente i salesiani perché concedessero
le reliquie del santo adolescente alla venerazio-
ne della Chiesa milanese: era una dimostrazione
pratica di quell’amore preferenziale ai giovani
che dal primo incontro aveva loro dichiarato. In
quell’occasione, dichiarò: «A Roma frequentavo
l’Istituto Salesiano al Prenestino, il Borgo, dove
sono alloggiati un migliaio di ragazzi. Sovente
li visitavo e prima di lasciare la città eterna ho
regalato loro un busto di don Bosco che mi era
molto caro. Venendo a Milano sento che amerò
d’oggi in avanti con lo stesso affetto tutti i giova-
ni dell’Istituto e della parrocchia di Sant’Agosti-
no. Viva don Bosco!»
Un riformatorio ai salesiani
Un altro rilevante segno di stima per i salesia-
ni e di amore ai giovani bisognosi fu la decisione
di affidare ai Figli di don Bosco il riformatorio
minorile «Cesare Beccaria» di Arese. Si trattò
di un’impresa ardua. Anche a distanza di anni
chiedeva quasi scusa per la pesante responsabilità
addossata; ma non si stancava di ringraziare com-
mosso e di lodare compiaciuto per i felici risultati
ottenuti con quei ragazzi che considerò sempre
suoi carissimi amici.
Nella vasta arcidiocesi, monsignor Montini tro-
vava l’opera salesiana in espansione; egli stesso
contribuì a potenziarla sostenendola in ogni cir-
costanza e affidandole una nuova parrocchia de-
16
Ottobre 2014

2.7 Page 17

▲back to top
SIATE BENEDETTI, SIATE DAVVERO SALESIANI!
dicata a san Domenico Savio. Anche le Figlie di
Maria Ausiliatrice erano presenti a Milano e pro-
vincia, come pure nel Varesotto, con una molte-
plicità di opere piccole e grandi fiorenti di vitalità
e fervore religioso.
I contatti con gli ambienti salesiani divennero
frequenti, sia in occasione delle visite pastorali
o per l’amministrazione delle Cresime, sia per
l’appuntamento annuale del 31 gennaio, festa di
san Giovanni Bosco, che per l’arcivescovo era una
giornata interamente salesiana: al mattino cele-
brava la santa Messa per la gioventù maschile
riunita nella parrocchia di Sant’Agostino; nel po-
meriggio partecipava all’accademia e presiedeva
la premiazione delle allieve delle Figlie di Maria
Ausiliatrice nella casa ispettoriale di via Bonvesin
de la Riva. I discorsi che ci sono stati conservati
attestano con sorprendente freschezza la sintonia
di spiriti, il clima d’intimità familiare e la profon-
dità spirituale di questi incontri.
Da papa, Montini ebbe modo di misurare più
estesamente (anche in occasione dei viaggi in
Medio Oriente, America Latina, Asia) le dimen-
sioni mondiali («ecumeniche» disse nel 1962)
dell’opera salesiana e constatare l’attualità del
metodo di don Bosco per i bisogni della gioventù
contemporanea, mentre s’intensificarono anche
le relazioni possiamo dire «familiari»: egli sente i
salesiani «di casa», alla Poliglotta Vaticana come
alla Biblioteca Apostolica, alle Catacombe di san
Callisto o nella parrocchia di Castelgandolfo.
Con puntuali interventi, Paolo VI orienta e so-
stiene il delicato lavoro di rinnovamento che la
Congregazione affronta specialmente nei due
Capitoli Generali del 1971 e 1977; incita a osa-
re imprese più ardue, ma esorta a mantenere fe-
deltà piena alla tradizione educativa e spirituale
salesiana, mettendo severamente in guardia da
possibili deviazioni; con attestati di straordina-
ria benevolenza conferma la fiducia della Chiesa
nell’opera evangelizzatrice e umanizzatrice: esal-
ta la «formula di don Bosco» che vede fruttificare
Al termine della sua vita, Paolo VI si rivolse così ai membri del Capitolo Ge-
nerale XXI dei salesiani: «Siate benedetti, siate davvero capiti, siate sorretti,
siate colmati dalle grazie che il Signore ci fa desiderare per voi, e per il mondo
e per la Chiesa! E che la Famiglia Salesiana sia sempre alla testa della Chiesa
viva, di quella che sta con i problemi vitali, contingenti, sì, e passeggeri e
fluenti in tante fenomenologie diverse, ma sempre
umani, sempre cristiani. Siate davvero salesia-
ni! Se sapeste quante persone, quante occasioni,
quanti incontri passati intorno a noi; ma il vostro
ci commuove in una ma-
niera particolare e ci dà
la gioia e la speranza che
davvero la Chiesa oggi
sia quella di don Bosco,
la Chiesa viva». (Discorso
del 26-1-1978 in CAPUTA G.
(a cura), Con le mani e il cuore
di don Bosco... Discorsi di Papa
Montini alla Famiglia Salesiana)
copiosamente nei vari campi della catechesi, della
scuola, delle Missioni.
Ultimo atto «salesiano»: 15 giorni prima della
morte firma il Decreto con il quale approva l’e-
rezione a diritto pontificio dell’Istituto Secolare
«Volontarie di don Bosco».
Oggi, sono le Figlie di Maria Ausiliatrice che
“custodiscono” la memoria di Paolo VI. Suor Te-
resina Rosanna da 5 anni ha in mano le chiavi
che permettono ai visitatori di accedere alla casa
dove il 26 settembre del 1897 nacque Giovanni
Battista Montini.
È stato osservato che una qualità psicologica di
Montini era «il donarsi a ogni persona non al cin-
que per cento, ma totalmente». Nei riguardi dei
membri della Famiglia Salesiana, questo è un dato
di fatto. Per cui possiamo concludere che Giovan-
ni Battista Montini, l’exalunno dei Gesuiti, l’ado-
lescente che avrebbe sognato di farsi Benedettino,
l’amico intimo e figlio spirituale del Filippino
P. Bevilacqua è stato anche «totalmente» il Papa
dei salesiani, un Padre pieno di benevolenza ed
affetto. I salesiani hanno spesso avuto l’impres-
sione di essere oggetto di un amore di preferenza
ed egli stesso ha esplicitamente affermato trovarsi
in questi sentimenti la giusta chiave di lettura dei
suoi messaggi, anche i più ufficiali.
Ottobre 2014
17

2.8 Page 18

▲back to top
INVITO A MORNESE
VICENTA JARAMILLO
Sui passi di Madre Mazzarello
Mornese
Mornese (Al) è un paese
situato sulle ultime colline
dell’Alto Monferrato.
2
1
Mornese è come Valdocco.
Là nacquero i salesiani,
qui nacquero le Figlie di
Maria Ausiliatrice. Don
Bosco trovò qui la “pietra
viva” per quel monumen-
to che voleva innalzare alla Vergine
Ausiliatrice. Tra le Figlie dell’Im-
macolata, un gruppo nato dallo zelo
apostolico di don Pestarino, vi era
Maria Domenica Mazzarello, la pri-
ma e fondante pietra del monumento
a Maria che sono le Figlie di Maria
Ausiliatrice.
Vogliamo percorrere alcuni luoghi si-
gnificativi di questo paese, lasciandoci
penetrare dai ricordi e dai messaggi
che essi ci comunicano.
1. La casa nativa
La casa in cui nacque Maria Mazza-
rello era modesta, ma discretamente
ampia, circondata da campi e vigneti
di proprietà della famiglia.
Maria Domenica nacque
il 9 maggio 1837 e fu battezzata nello
stesso giorno. Era la prima di 13 fi-
gli. Questa “grande famiglia” ebbe una
particolare incidenza sulla formazione
della santa.
Ai Mazzarelli, Maria Domenica ri-
mase fino ai 10 o 11 anni (la fami-
glia si sposta alla Valponasca intorno
al 1849). Qui tornò a curare i parenti
malati di tifo e qui lo contrasse ella
stessa. La casetta natia è così luo-
go della nascita e anche del gratuito
“dono di sé”.
2. La chiesetta
di Maria Ausiliatrice
A breve distanza dalla casa nativa si
trova una chiesetta dedicata a Maria
Ausiliatrice. L’avevano costruita gli
abitanti della zona come ringrazia-
mento a Maria per averli protetti dal
colera. La prima pietra viene posta
nel 1837, anno di nascita di Madre
Mazzarello! La vita di questa san-
ta è segnata dalla continua presenza
della Madonna: venerata come aiuto
dei cristiani. La chiesetta verrà bene-
detta nel 1843, e certamente Maria
Domenica avrà detto i primi Rosari
lì dentro. L’edificio, con il passare
del tempo, andò quasi distrutto. Nel
1964, centenario del primo incontro
di don Bosco con Maria Mazzarello,
è stato restaurato.
3. Sentiero antico
Partendo dalla Casa natia verso il pae-
se (strada provinciale 170, via Roma),
attraversandolo tutto fino a piazza Do-
ria e proseguendo su via Doria si giunge
18
Ottobre 2014

2.9 Page 19

▲back to top
all’attuale sede del Comune di Morne-
se. Proseguendo sulla stessa strada che
prende il nome di via Alcide De Ga-
speri, si giunge alla cappella dedicata a
san Rocco. Dopo poco più di 300 m si
incrocia sulla destra l’uscita per il sen-
tiero antico verso la Valponasca.
Questo sentiero veniva percorso da
Maria Mazzarello quasi ogni giorno
e a volte più volte al giorno per rag-
giungere il paese dalla Valponasca e
poter partecipare alla preghiera della
comunità cristiana di Mornese ani-
mata dal fervente sacerdote e anima-
tore spirituale don Pestarino. Main,
così la chiamavano in paese, percor-
reva questo sentiero anche per andare
alle riunioni delle Figlie
dell’Immacolata che si tenevano pres-
so la casa di Angela Maccagno, una
donna determinata e con chiare idee
di animazione e formazione cristiana
delle giovani donne del paese.
Oggi lo si percorre facendo memo-
ria dell’ardore eucaristico di Madre
Mazzarello e del suo forte desiderio
di servire Dio nei piccoli e poveri del
suo tempo.
4. La Valponasca
Sulla strada provinciale che conduce
da Mornese a Montaldeo, dopo circa
tre quarti d’ora di cammino a piedi, si
trova la cascina della Valponasca. Giu-
seppe Mazzarello, tra il 1848 e il 1849,
la prese in comodato dai marchesi
Doria, con i terreni circostanti, e vi
si trasferì con la famiglia. Vi rimasero
quasi dieci anni. Maria Domenica
vi arrivò fanciulla, e vi tra-
scorse l’adolescenza e
la giovinezza. Qui temprò la sua per-
sonalità nel lavoro e nel servizio gioio-
so alla famiglia. Qui il suo sguardo co-
minciò ad allenarsi ai grandi orizzonti,
al “guardare oltre”, qui il suo desiderio
divenne fiamma di amore e di attesa.
Qui imparò che amare Dio e pregare
non si può mai disgiungere dal servi-
re e faticare. Qui intuì e sperimentò
la pienezza di vita che solo Gesù può
dare e a Lui si consacrò per sempre.
C’è un posto alla Valponasca che è
testimone della vita interiore di Ma-
ria Domenica: la finestrella, simbolo
incontestabile del suo ardente deside-
rio di Dio e della comunità cristiana.
Per raggiungere la chiesa per la messa
e la comunione e condividere con le
sue amiche il suo sogno, affrontava le
strade della campagna e la dura salita,
con qualunque tempo. Non potendo
recarsi spesso alla chiesa parrocchiale,
alla sera dopo il lavoro, si abbandonava
al desiderio di Dio lì, davanti alla fine-
stra, che provvidenzialmente è collo-
cata nel lato occidentale della cascina,
proprio nella direzione della
parrocchia. Un poco alla
volta la finestrella
diventa l’altare della
sua famiglia dove si
raduna per la preghiera della sera.
4
4
Ottobre 2014
19

2.10 Page 20

▲back to top
INVITO A MORNESE
5
6
5. Mornese: casa
di via Valgelata,
oggi via Mario Ferrettino
Arrivando a Mornese da Via Andrea
Doria e percorrendola fino a Piazza
della Loggia, si può svoltare a destra
verso quella che un tempo era via di
Valgelata, oggi via Mario Ferrettino,
mentre proseguendo ancora diritto si è
in via di Borgo Alto, strada che oggi
costeggia il Castello Doria. Fu su que-
sta via che Maria Domenica, fiaccata
dal tifo contratto nell’accudire i paren-
ti malati, sentì la voce che le diceva:
“A te le affido”. E alla voce si univa la
visione di giovanette allegre in un gran
cortile a portici.
La casa in via di Valgelata n. 19 era
stata acquistata dal padre di Maria nel
1858, dopo il grave furto subito alla
Valponasca. Maria aveva 21 anni e vi
rimase fino ai 30, nel 1867. In questa
casa, nel 1860, visse il periodo della
malattia del tifo contratto, come ab-
biamo già detto, assistendo i parenti
colpiti dallo stesso male. Per due mesi
combatté tra la vita e la morte. Ne uscì
guarita ma prostrata di forze.
6. Mornese:
via della Chiesa
Tornando sulla piazza della Loggia per
via Ferrettino, si ha dinanzi via della
Chiesa, e proprio all’inizio della strada,
sulla destra, si incontra l’antica casa di
Teresa Pampuro. Qui nel 1862 Ma-
ria Domenica e Petronilla, sua amica,
iniziarono un minuscolo laboratorio e
accolsero le prime ragazze di Mornese.
Trovarono infine la prima sede stabile
nella casa del fratello di Angela Mac-
cagno, pure localizzata in via della
Chiesa sulla destra, quasi vicino alla
parrocchia. Il fratello di Angela nel
1863 offrì a Maria Mazzarello una
stanza ampia e luminosa a pianterreno,
adatta per il laboratorio, e in seguito il
cortiletto nel quale ebbe origine il pri-
mo oratorio.
Di fronte a Casa Maccagno è situata
casa Bodrato. Nel 1863 le due camere
a pianterreno divennero sede del pri-
mo orfanotrofio.
7. Casa dell’Immacolata
Sulla piazzetta antistante la Chiesa, a
sinistra di chi giunge dal paese, si tro-
va la casa dell’Immacolata,
una costruzione abbastan-
za ampia, a due piani.
Abitata inizialmente da don Pestari-
no, venne in seguito da lui offerta alle
Figlie dell’Immacolata.
Nell’ottobre 1867 traslocò qui il picco-
lo mondo di Casa Maccagno e Casa
Bodrato.
Le prime Figlie dell’Immacolata ospi-
ti della nuova abitazione furono Maria
Domenica (che si staccò definitiva-
mente dalla famiglia), Petronilla Maz-
zarello, Giovanna Ferrettino, Teresa
Pampuro.
In questa casa, dove ebbe inizio la vita
comune, le Figlie dell’Immacolata ri-
masero fino al momento del passag-
gio al Collegio, maggio 1872.
8. Il Collegio
Riprendendo da piazza della Loggia
via Ferrettino si sale verso il Collegio.
Il terreno su cui sorge era di proprietà
di don Pestarino, animatore spirituale
di Mornese e amministratore dei beni
della sua famiglia. Aveva conosciuto
don Bosco a Torino, ne era rimasto
20
Ottobre 2014

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
ammirato e pensava di poter edifica-
re anche a Mornese una pia opera di
bene per prevenire il disagio giovanile.
Così con tutti i permessi del vescovo e
con l’aiuto dei mornesini aveva inizia-
to la costruzione di un luogo dove si
sarebbe potuto fare del bene ai giova-
ni. C’era già in paese quel bel gruppo
7
di giovani donne che, a loro insaputa,
stavano facendo quello che don Bosco
faceva per i giovani di Torino.
È quel primo gruppetto di giovani
donne “alternative”, “molto diverse”
dalle altre giovani di Mornese, per
nulla preoccupate di accasarsi trovan-
do marito (unica via di realizzazione
per una donna in un piccolo paese del-
la metà del 1800) che abiterà il Col-
legio, o il Palazzo, come veniva chia-
mato. Quando don Bosco le incontra
in una delle sue dieci visite a Mornese,
comprende che misteriosamente quel-
lo è il gruppo che la Madonna gli ha
preparato perché realizzi quanto ha in
cuore: un istituto di suore che sia mo-
8
numento vivo della sua riconoscenza a
Maria Ausiliatrice.
Così, nel 1872, il Collegio diviene
sede del nascente Istituto delle fma.
Maria Mazzarello e il gruppo delle
Figlie dell’Immacolata andarono ad
abitarvi il 23 maggio 1872. Le prime
fma vi rimasero fino al 1879, anno
in cui la Casa Madre si trasferì nella
nuova sede di Nizza Monferrato. Nel
Collegio, oggi restaurato e ampliato,
rimangono luoghi significativi dei
primi tempi. Ricordiamo:
L’altare e la balaustra della cap-
pella antica. Sorgeva dove oggi si
trovano le ultime arcate del portico.
Davanti a questo altare e inginocchia-
ta a quella balaustra, il 5 agosto 1872
Maria Mazzarello e le sue compagne
si consacrarono a Dio con i primi voti.
Nasceva così l’Istituto delle fma.
Il pozzo. Si presenta abbellito, ma
è l’antico pozzo, con le stesse dimen-
sioni. A esso attinse acqua la prima
comunità delle fma.
La cameretta di Madre Maz-
zarello. È situata al primo piano, di
fronte alla scala. La Madre vi abitò per
7 anni, dal 1872 al 1879. Qui imparò
a scrivere e da qui inviò i suoi scritti
semplici ma ardenti alle sue sorelle già
partite per l’Italia, l’Europa e l’Ameri-
ca Latina.
9. Il tempio di santa Maria
Domenica Mazzarello
Nella frazione dei Mazzarelli si innal-
za oggi il tempio dedicato alla Santa.
Costruito con il contributo delle exal-
lieve di tutto il mondo, fu consacrato
9
nel 1972, anno centenario della fonda-
zione dell’Istituto delle fma.
Ottobre 2014
21

3.2 Page 22

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
ANTONIO MISCIO*
Alassio La “perla” rivierasca
di don Bosco
È la prima casa salesiana fuori del Piemonte,
sempre cara al cuore di don Bosco. Ha formato
generazioni di uomini e donne pienamente
convinti della loro missione umana e cristiana.
Qui sono nate le Ispettorie salesiane.
(*) Autore
del libro
“Da Alassio
– Don Bosco
e i Salesiani
in Italia e
nel mondo”,
SEI, Torino.
Il grande cortile
d’ingresso della
casa di Alassio.
«Ora considerando che molti de’
ricoverati nello stabilimento di
Torino e molte dimande pro-
vengono dalla Riviera Ligure,
l’esponente vorrebbe studiar
modo di aprire una casa là dove
maggiore è il bisogno. Di aprirla cioè nella città
di Alassio che si può considerare come il punto
medio tra Genova e la riviera di Nizza. Locale
opportuno sarebbe l’edifizio, sito e chiesa, non
sotto al nome di casa del Seminario, già conven-
to di N. S. degli Angeli appartenente ai Minori
Riformati».
È il 17 aprile 1870 e don Bosco vuole “uscire” dal
Piemonte. Il 20 settembre, mentre i bersaglieri
entrano in Roma dalla breccia di Porta Pia, don
Bosco sborsa al canonico Ampugnani 25 mila
lire, per essere unico proprietario di Santa Maria
degli Angeli. Così don Bosco fonda il primo col-
legio fuori dal Piemonte.
Perché ad Alassio il primo istituto di don Bosco
fuori dal Piemonte?
Dal Piemonte gli sguardi vanno naturalmente
verso il mare, verso il sole, come da sempre dal
Nord ci si protende al Sud, verso il sole, verso il
mare, verso il caldo. La Liguria è Regno di Pie-
monte, di Liguria, di Sardegna.
Noi vediamo nell’arco dei dieci anni che vanno
dal 1870 al 1880 accendersi delle luci; ad Alassio
nel 1870, a Genova Marassi e poi subito a Geno-
va Sampierdarena nel 1871. Senza perdere il filo
dello sguardo, altra luce si accende a Varazze nel
1871, nel 1876 a ponente al roccione di Bordighe-
ra ai Piani di Vallecrosia e infine a La Spezia nel
1877. E le accende don Bosco queste luci.
Aule, chiesa, cortili e spiaggia
In quegli anni, la parte occidentale di Alassio,
dove sorgeva la nuova scuola dei salesiani, era col-
tivata ad orto, con ricchezza di agrumeti, di giar-
dini ben irrigati e con abbondanza di prodotti, che
venivano portati su altri mercati fuori di Alassio.
E anche l’orto dei salesiani, divenuto ormai esteso,
produceva verdura, frutta, agrumi, legumi, carciofi
e uva sufficienti per le necessità dell’Internato dei
Salesiani, dell’educandato delle suore di S. Vincen-
zo e perfino per i mercati di Savona e di Oneglia.
Tutto questo lavorare, costruire, allargare, ac-
quistare non aveva lo scopo del lucro, dell’arric-
chimento. Nessun salesiano mai si è arricchito.
La ricchezza dei salesiani è la loro povertà, è
22
Ottobre 2014

3.3 Page 23

▲back to top
costruita sulla povertà dei singoli solennemente
professata. Lo scopo era di poter accogliere più
giovani, poter rispondere alle richieste sempre più
numerose e pressanti, dare comodità di studio a
sempre maggior numero di ragazzi, di Alassio,
e più ancora provenienti dal di fuori di Alassio,
dalle località vicine della Liguria, e poi, soprat-
tutto per frequentare il liceo, da località anche
lontane, persino dal Meridione e dalla Sardegna,
man mano che il liceo di Alassio acquistava fama
per la serietà degli studi, per gli esiti brillanti con-
seguiti all’esame di licenza ginnasiale e liceale.
E poi la salubrità dell’aria, e la posizione incan-
tevole sul mare, e il clima al riparo dai venti.
Cosicché la presenza dei salesiani in quegli anni
Settanta, Ottanta favorì anche l’inizio e l’incre-
mento del turismo, perché non era raro il caso
che si mettessero in collegio i figli e li si seguisse,
prendendo dimora talvolta anche stabile, per lo
più periodica o per passare l’inverno o per fre-
quentare il mare e la spiaggia.
Anche la spiaggia, certo. Il primo stabilimento
balneare fu impiantato ad Alassio nella zona dove
adesso è la piazza Partigiani. Accanto a questo
stabilimento balneare sorse uno stabilimento bal-
neare più modesto, quello del Collegio Munici-
pale di don Bosco.
È un’altra delle intuizioni formidabili di don Bo-
sco: per la ricreazione dei suoi ragazzi pensò che
un bel pezzo di spiaggia era necessario. E se lo
fece mettere nel contratto del comune. Così don
Bosco ottenne la “Concessione N. 1”. I “Bagni
don Bosco” fanno ancora oggi la loro bella figura
per qualità e spirito di accoglienza.
Personaggio singolare fu il primo bagnino, un
certo Damonte Antonio, detto «Caramadre» di
professione calzolaio, che, avendo la bottega nel
«Caruggin» con uscita sulla spiaggia dove sorge-
va lo stabilimento balneare dei salesiani, poteva
aggiustare le scarpe dei superiori e dei convittori
del Collegio e badare alle cabine, alla spiaggia e
ai bagni dei giovani.
Nel 1876, santa Maria Mazzarello accompagna
le sue suore, le Figlie di Maria Ausiliatrice ad
Alassio. Presto avranno anche loro un magnifico
istituto.
Nel 1879, il 6 febbraio, don Bosco convoca ad
Alassio i suoi principali collaboratori. Organizza
l’attività della Congregazione Salesiana creando
le Ispettorie. Le prime sono quattro: Piemontese,
affidata al governo di don Francesia, diretto-
re della casa di Varazze; Ligure, affidata a don
Cerruti direttore di Alassio; Americana con don
Bodrato, primo prefetto di Alassio e la Romana.
Nel 1893 muore santamente a Villa Martini, vi-
cina all’Istituto salesiano, il Principe polacco don
Augusto Czartoryski, sacerdote salesiano. La sua
vocazione salesiana, riconosciuta e raccomanda-
ta a don Bosco dal papa, attirerà al nostro Santo
tanti giovani polacchi, uno di questi sarà il se-
condo cardinale salesiano Augusto Hlond. Del
principe Czartoryski è in corso il processo di bea-
tificazione.
L’Osservatorio sul campanile
Intanto a testimonianza del genio di don Bosco,
proprio ad Alassio, fiorisce un’altra iniziativa.
«Di tutti i santi canonizzati don Bosco è il primo
che si sia interessato di meteorologia. Pur aven-
do in cima a tutti i suoi pensieri la salvezza delle
La chiesa di Santa
Maria degli Angeli,
frequentatissima
anche dai turisti.
Ottobre 2014
23

3.4 Page 24

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
Il magnifico
panorama di
Alassio, una delle
perle della Riviera
ligure.
anime, Egli... non disdegnò di favorire i progressi
di una scienza che era allora ai suoi primi passi».
Così scrive don Ceria nelle Memorie Biografiche
di don Bosco e si diffonde a narrare inizi e sviluppi
di quella rete di osservatori creata da don Bosco
nel Sud America, tanto ammirata negli ambienti
scientifici dell’epoca. Questa impresa scientifica,
gloriosa di sviluppi e meriti d’importanza storica,
cui non sono estranei il nome e l’opera dell’esplo-
ratore e geografo Alberto De Agostini, salesiano,
è legata nelle sue origini all’Osservatorio Meteo-
rologico di Alassio. Padre Denza, famosissimo
all’epoca, fondatore del primo centro Meteorolo-
gico ed Idrografico italiano nel Convitto Carlo
Alberto di Moncalieri, scriveva nel 1881: «Ora
stiamo coll’operosissimo don Bosco combinan-
do una delle più importanti reti meteorologiche
che si siano mai ordinate nel globo, nell’America
Latina». Così nasce l’osservatorio di Alassio, sul
campanile di Santa Maria degli Angeli. La stru-
mentazione è la più moderna possibile. Anche
questo ci conferma che don Bosco considerava
anche l’attività scientifica, in America come in
Italia, fra le opere e i modi di presenza e testimo-
nianza dei suoi salesiani nel mondo. Il primo di-
rettore dell’osservatorio, don Rocca, che sarà poi
anche economo generale della Congregazione,
diventa celebre. Quando, nel 1887, il terremoto
distrugge Diano Marina e Bussana, provocando
danni e sgomento in altre località rivierasche, su-
scita anche tanto panico ma danni relativamente
lievi ad Alassio e in Collegio. Per settimane nel
febbraio e marzo si dorme attendati nei cortili.
Don Rocca sale intrepido alla torre dell’Osser-
vatorio. Dice la gente: «Don Rocca è lassù... Lui
sa... possiamo tornare a dormire a casa nostra!».
Ancora oggi, dopo 140 anni, questa iniziativa
è portata avanti con competenza e passione dal
prof. don Natale Tedoldi, che rileva e trasmette i
dati al Servizio Nazionale di Meteorologia.
Oggi, nel segno
di una gloriosa tradizione
Con la ricostruzione del secondo dopoguerra,
anche la Casa di Alassio subirà quelle necessarie
trasformazioni, interne ed esterne, fondamentali
per l’adeguamento ai tempi che cambiano sem-
pre più rapidamente. Aprirà negli anni Sessanta
la Scuola Media unica, poi il Liceo Scientifico;
sarà consentita alla fine degli anni Settanta la fre-
quenza alle studentesse; cambierà la provenienza
geografica dell’utenza. Verranno aperti negli anni
Novanta nuovi indirizzi sperimentali, che otter-
ranno un gran riscontro presso le famiglie, fino ai
giorni nostri, nei quali l’Istituto sta affrontando le
nuove sfide di rinnovamento insite nella recente
riforma della Scuola di primo e secondo grado.
Oggi l’offerta consiste nella Scuola Secondaria
di primo grado e negli indirizzi classico, scien-
tifico, linguistico e delle scienze umane opzione
economico-sociale. L’alta tecnologia della scuola
offre un qualificato servizio per la didattica: piat-
taforma digitale, registro elettronico, tablet per i
docenti e alunni. Ogni aula è dotata di Lavagna
Interattiva Multimediale (lim), con accesso a in-
ternet, che consente l’approccio alle più moderne
tecniche multimediali di insegnamento. Inoltre
non mancano attività formative, culturali e ri-
24
Ottobre 2014

3.5 Page 25

▲back to top
creative, quali ritiri spirituali, gite d’istruzione,
teatro e allestimento annuale di un Musical che
coinvolge tutte le classi e i docenti.
Gli altri settori dell’opera salesiana di Alassio
sono: l’Oratorio - Centro Giovanile; l’Ostello per
soggiorni marini ad Alassio e soggiorni montani
a Col di Nava; la palestra “Paladonbosco”; l’Are-
na Estiva “Cinema don Bosco”; la Chiesa pubbli-
ca Santa Maria degli Angeli. Inoltre è inclusa la
spiaggia privata “Bagni don Bosco”.
Una presenza sempre più numerosa di insegnanti
ed operatori laici, molte figure rilevanti di grandi
educatori, tanti cambiamenti, ma sempre coeren-
ti con le linee del Sistema Preventivo di don Bo-
sco: “Vigila, pur mostrando sempre buona stima
di tutti e senza mai scoraggiare nessuno; ma non
stancarti di vigilare, di osservare, di comprende-
re, di soccorrere, di compatire. Lasciati guidare
sempre dalla ragione e non dalla passione”.
Per saperne di più: www.donboscoalassio.it
Agenda giornaliera 2015
a strappo
ogni giorno
un pensiero di don Bosco
La torre
campanaria che
è anche la sede
del prestigioso
Osservatorio
Meteorologico.
E la cameretta di
don Bosco.
formato: 11,5 x 11,5 cm, peso: 380 gr
usabile da scrivania o da muro
Per info e prenotazione
tel: 0115224203 (orario ufficio)
diffusione.rivista@ausiliatrice.net
www.donboscotorino.posteecommerce.it
Ottobre 2014
25

3.6 Page 26

▲back to top
A TU PER TU
O. PORI MECOI
Il difficile apostolato
di un salesiano discreto
Incontro con don Elio Lago
Missionario nell’isola “carcere”
Si vuole presentare?
Sono un Salesiano di Verona. Ho
studiato a Castello di Godego (TV),
un’opera nuova appena aperta proprio
in quel periodo, 1954. Sono sacerdote
dal 1967.
Dopo un periodo di formazione reli-
giosa, umana e culturale, molto utile
per me, mi sono diplomato in disegno
e storia dell’arte. Più tardi ho conse-
guito la laurea in teologia alla Ponti-
ficia Università Lateranense a Roma,
e la laurea in filosofia all’università
statale a Siena. Subito ho conseguito
l’abilitazione in Lettere.
Sono stato all’oratorio di Schio (VI)
dal 1971 al 1973 come responsabile
del Palazzetto dello sport, costruito
per rilanciare quel centro giovani-
le. Nel 1973 ho aderito alla proposta
dell’ispettoria salesiana del Veneto
per iniziare un’attività giovanile con
gli emigrati italiani in Germania.
Qui ho scoperto la ricchezza umana e
spirituale di tanti nostri connazionali
provenienti in gran parte dal Sud Ita-
lia. È una continua difesa della propria
libertà interiore e della propria cultura.
Per loro ho organizzato corsi di scuo-
la per conseguire un titolo di studio:
magistrali, segretari d’azienda, scuola
media. In Germania ho avvicinato il
mondo del carcere: mondo ignorato,
sconosciuto. È un’isola tabù, dove
hanno origine depressioni, suicidi,
solitudine.
L’immigrato detenuto in una casa
di pena è doppiamente penalizzato.
Come prete salesiano ho scoperto
un mondo da me totalmente ignora-
to. La conoscenza di tante tristi si-
tuazioni mi ha aiutato a ringraziare
Dio del grande dono della fede e di
essere salesiano. Ho scelto, così, di
occuparmi di più di queste persone. Il
dolore chiede sempre grande rispetto.
Mi ritengo veramente fortunato per
quanto mi è stato regalato nella vita:
una famiglia, una casa, la possibilità
di studiare, lo stile educativo di don
Bosco, la fede.
26
Ottobre 2014

3.7 Page 27

▲back to top
Con l’aiuto del Consolato e dell’Am-
basciata ho cercato di far convogliare
nella casa di detenzione a Remscheid
(nrw) i detenuti italiani interessa-
ti alla scuola. Agevolato anche dalla
mia posizione di insegnante di ruolo,
per 12 anni mi sono adoperato per
vari interventi scolastici.
Come mai questo aggancio
con il carcere?
È stato quasi casuale. Immergendo-
mi in un’esperienza umana, cristiana
e salesiana che mi ha coinvolto pro-
fondamente, ho capito che non basta
più l’ascolto, e che anche i forti spesso
hanno bisogno dei deboli.
L’episodio di don Bosco dopo la visita
al carcere “la Generala” di Torino nel
1848 e le sue parole, mi hanno im-
pressionato fin da giovane: “Giuro
che farò di tutto perché tanti giova-
ni non finiscano in questi luoghi”. Il
carcere in Italia per il 90% è popolato
di giovani dai 18 ai 26-27 anni. È un
mondo di giovani.
Tornato poi in Italia nel 1986 ho
continuato il mio servizio nel mondo
della detenzione nel carcere di Vene-
zia, di Vicenza, di Verona, dove opero
ancora oggi.
messe e le liturgie varie. A Verona ci
sono 800 detenuti al maschile, e 70
al femminile. Di questi il 33% sono
tossicodipendenti.
La sera, insegno all’Istituto Tecnico
serale San Zeno dei salesiani, qui a
Verona, mentre al mattino opero in
carcere dove, con l’aiuto di tanti vo-
lontari e dell’Associazione Arca ’93,
ho istituito corsi di scuola media, cor-
si professionali di meccanica, di giar-
dinaggio, di informatica, di sartoria
al femminile, di pittura e murales per
dare anche una nota di colore ai muri
freddi e tristi di una casa di pena.
In che cosa consiste
questa sua missione?
I corsi sollecitano un momento di
incontro e confronto con i vari inse-
gnanti, persone spiritualmente pre-
parate e motivate: queste figure sono
viste come persone al di fuori della
struttura organizzativa e giuridica ti-
pica del personale del carcere.
Con loro il detenuto o la detenuta
parlano volentieri, si confidano, si
aprono con loro e percepiscono che
questi docenti lavorano senza tanto
rumore, e, soprattutto, perché sanno
di non essere giudicati.
È un momento privilegiato oltre ai
colloqui, per parlare con animo aper-
to, per uscire dalla solitudine, per
creare ponti e ricucire affetti familiari
spesso logorati o interrotti.
Anche il tipo di corso è scelto per
imparare e suggerire manualità più
che lavoro di cervello. L’intervento,
quindi è in funzione di un’operatività
pratica e concreta del detenuto e della
detenuta.
Chi opera con lei
in questa esperienza?
È stato dato un volto giuridico a que-
sta attività: una quindicina di volon-
tari sono l’anima dell’Asssociazione
“Arca ’93”, costituita tutta da persone
che si alternano per i vari interven-
Com’è la sua giornata?
Cerco di lavorare senza troppo rumo-
re. Il riserbo spesso è quasi imposto
per la delicatezza di tante situazioni
difficili.
L’aiuto dei confratelli e dei superiori
mi hanno sempre incoraggiato. Ogni
domenica aiuto il cappellano per le
Alcuni soci dell’Associazione.
Ottobre 2014
27

3.8 Page 28

▲back to top
A TU PER TU
ti e servizi: colloqui su richiesta del
detenuto, momenti di catechesi o di
riflessione spirituale, aggancio, tra-
mite l’Associazione, con le famiglie
in particolari difficoltà economiche o
di alimenti. L’associazione usufruisce
del contributo di generi alimentari da
parte del Banco Alimentare regionale
di Verona.
La frequenza al carcere poi, ci ha resi
consapevoli della necessità di dare
un’assistenza ad alcuni di coloro che
a fine pena escono dal carcere e non
trovano nessun riferimento familiare
o sociale cui aggrapparsi per non ri-
cadere ancora in situazioni illegali. È
nata così una struttura di accoglienza
provvisoria.
un lavoro o un’abitazione per un rein-
serimento sociale.
Come vede il futuro?
Voglio sperare che il dibattito attuale
al parlamento italiano sulla giustizia
e sulla carcerazione contribuisca a ri-
solvere, almeno in parte, annosi pro-
blemi: il sovraffollamento nelle celle,
la carcerazione preventiva (oggi il
43% dei detenuti è in attesa di giudi-
zio) la dignità della persona da porre
sempre al primo posto. Sono valori
profondamente cristiani, alla base del
sistema educativo e formativo di don
Bosco. Come cristiano e prete a volte
mi sento disturbato da una mentalità
che vede nella detenzione la massima
sicurezza per la società.
La realtà, poi, dimostra il contrario:
la tenerezza sulla quale insiste papa
Francesco, la misericordia, sono note
che cambiano il cuore, perché sono
frutto di un atteggiamento buono,
non di compassione o di errata chiu-
sura degli occhi di fronte al male: la
pena deve tendere alla rieducazione
e alla socializzazione della persona
(Costituzione italiana art. 27), anche
di fronte a questa realtà scomoda.
Ostacoli che incontra?
È chiaro che non è tutto rose e fiori.
Da parte della direzione l’Associazio-
ne ha goduto sempre della massima
stima e approvazione su ogni attività
svolta. Si incontrano invece difficoltà
all’esterno del carcere quando si cerca
A sinistra: la maestra di taglio e cucito davanti al
portone di entrata del carcere di Verona-Montorio.
In alto: un momento della distribuzione degli
alimenti.
28
Ottobre 2014

3.9 Page 29

▲back to top
INIZIATIVE
ELIGIO ERMETI
Una corsa per salvare A Roma, il prossimo
primo novembre,
gli Indios dell’Amazzonia laVII“Corsadeisanti”
promossa dalla Fondazione
don Bosco nel Mondo.
Il primo novembre 2008 il Sindaco
di Roma Gianni Alemanno dava il
via, di fronte a Piazza San Pietro,
alla prima edizione della “Corsa
dei santi”. La vinse quel Daniele
Meucci, che quest’anno ha conqui-
stato la medaglia d’oro nella maratona
agli Europei di Atletica di Zurigo.
La manifestazione podistica nasceva
per iniziativa di una società romana
molto vicina al mondo cattolico, la
Prime Time Promotions, con alcune
finalità: portare le persone di ogni età,
cultura, religione e condizione sociale
a ritrovarsi per correre insieme e risco-
prire la bellezza del cuore della città
di Roma; rappresentare, nella festa di
Ognissanti, la comunità cristiana che
corre verso il papa per simboleggiare la
sua fedeltà e affermare e rendere visi-
bile la sua natura di comunità di santi.
Quest’ultima finalità è stata implicita-
mente riconosciuta sia da papa Bene-
detto XVI sia da papa Francesco che
ad ogni edizione hanno benedetto i
runner all’arrivo.
Un’ultima finalità era quella di utiliz-
zare l’evento per stimolare donazioni
a favore di un’iniziativa di solidarie-
tà. È a questo punto che Prime Time
Promotions propone l’evento alla
Fondazione Don Bosco nel Mondo
che accetta con entusiasmo di pro-
muovere l’iniziativa,
garantendo la con-
tinuità delle finalità
ideali e indicando di
volta in volta un pro-
getto dei missionari
salesiani bisognoso di
sostegno negli angoli
più remoti della terra.
Il primo novembre
prossimo si svolgerà
la vii edizione mantenendo le carat-
teristiche tecniche originali, e cioè
l’iscrizione al calendario fidal e lo
svolgimento all’interno della città di
Roma su due percorsi, uno di 10,5 km
per gli atleti e uno di 3,5 km per tutti
gli altri.
La finalità solidale riguarderà un pro-
getto dei missionari salesiani che ope-
rano nella regione brasiliana dell’A-
mazzonia, attorno al Rio Maraiuà e
ai suoi affluenti.
Le piccole donazioni che i telespet-
tatori italiani invieranno, invitati dai
giornalisti e dagli ospiti dello Specia-
le TG5, faranno sì che la “Corsa dei
santi” non sia solo un’esperienza di
fatica sportiva, ma uno strumento per
salvare, oltre alla foresta amazzonica
– che sta a cuore agli ecologisti – an-
che i piccoli indios Yanomami che la
abitano e che dovrebbero stare a cuore
a tutti.
Ottobre 2014
29

3.10 Page 30

▲back to top
SALESIANI NEL MONDO
PETRA SLIVNJEK, CLAUDIA KLINGER; foto: FMA
(Traduzione di Marisa Patarino)
Mamma Margherita
tra i poveri di Nairobi
P Tra povertà, droga e violenza, la vita
nelle baraccopoli dei dintorni di Nairobi,
la capitale del Kenia, è spesso una lotta
quotidiana per la sopravvivenza.
overe baracche costruite con lamiera on-
dulata e poco legno si affastellano le une
accanto alle altre. Lo spazio tra di esse è
invaso dal fango. Regna l’odore di fogna,
fumo e rifiuti. “Dagoretti Market” è una
delle oltre 140 baraccopoli sorte a Nairobi,
E la realtà è particolarmente difficile la capitale del Kenia. Mancano l’elettricità e l’ac-
per le donne e le ragazze. Per aiutarle, qua potabile e il sistema fognario funziona male.
Molti abitanti della zona attingono illegalmente
le suore di don Bosco hanno avviato l’acqua da bere dalle tubature della città. Chi può
il progetto “Mamma Margherita”. permetterselo acquista acqua fresca in taniche da
20 litri. La gente brucia i rifiuti con noncuranza o
li abbandona lungo la strada, perché non esiste un
servizio organizzato di smaltimento. Le baracche
sono piccole, misurano forse tre metri per tre, e
non dispongono né di elettricità, né di servizi igie-
nici. Spesso non c’è nemmeno una finestra, e non
è infrequente che in una di queste unità abitative
viva una famiglia di sei o sette persone.
In realtà, Nairobi è il centro economico e politico
del Kenya. Molte organizzazioni internazionali
hanno qui la loro sede. Per oltre metà dei suoi
circa tre milioni di abitanti, però, il paesaggio
familiare non è costituito dalle torri degli uffici
del centro della città o dal vicino Parco Nazio-
nale di Nairobi, ma dalle condizioni disumane
delle baraccopoli. È così anche per Rose. La gio-
30
Ottobre 2014
L’unione fa la forza: grazie al progetto “Mamma Margherita”
non si realizzano solo pregevoli manufatti, ma si stringono
anche nuove amicizie.

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
vane donna è cresciuta a “Dagoretti Market”, in
mezzo alla miseria, alla disperazione e alla vio-
lenza. “Quando avevo quattro anni, mia madre
si è impiccata”, dice. “Non conosco mio padre.
Improvvisamente, i miei due fratelli e io ci siamo
ritrovati soli. Il mio fratello maggiore è riuscito a
provvedere a tutti noi con i proventi di qualche
lavoro saltuario. In qualche modo riuscivamo a
pagare l’affitto e ad acquistare qualcosa da man-
giare. I miei fratelli e io non abbiamo ricevuto
nessuna forma di educazione o di istruzione. Del
resto, come sarebbe stato possibile? Mio fratello
era costantemente impegnato a cercare di garan-
tire la nostra sopravvivenza”.
La maggior parte dei residenti di Dagoretti Mar-
ket e delle altre baraccopoli nei dintorni di Nairo-
bi non ha un’istruzione o è comunque a un livel-
lo molto basso di scolarizzazione. Dato che non
hanno altre prospettive, molti giovani entrano a
far parte delle bande che controllano le baracco-
poli. Violenza e abuso di droga sono all’ordine del
giorno. Per le donne e le ragazze gestire la propria
vita risulta particolarmente difficile. Molto spes-
so sono vittime di violenze e abusi sessuali. Molte
diventano madri quando sono poco più che bam-
bine e rimangono sole con il figlio, perché il pa-
dre semplicemente si dilegua o perché muore pre-
sto per l’aids. Spesso le donne vedono solo una
strada per provvedere ai figli: prostituirsi. Alcune
di loro sono così sopraffatte dalla situazione che
Artigianato invece
della prostituzione:
con il loro lavoro,
le donne come Rose
acquisiscono non
solo denaro, ma
anche autostima.
sono costrette a vivere da cadere in depressione.
Si rifugiano allora nell’alcool e nella droga e non
sono più in grado di prendersi cura dei figli.
Questa è stata l’esperienza anche di Rose. Quan-
do il suo fratello maggiore si sposò e si trasferì con
la moglie nella vicina Tanzania, Rose rimase con
i suoi fratelli più piccoli. Sulla strada conobbe un
ragazzo con il quale sperò di costruire una fami-
glia felice e presto rimase incinta. Il padre del suo
bambino però la lasciò mentre era ancora in stato
interessante. Rose spiega: “Allora ho cominciato
ad andare nei bar, per guadagnare un po’ di dena-
ro. Andavo regolarmente con uomini dietro com-
penso. Che altro avrei potuto fare, per provvedere
a me e al bambino?”. Nel frattempo, la giovane
ha avuto quattro figli da altrettanti uomini e uno
dei suoi partner le ha trasmesso il virus dell’aids.
Rose si è ammalata gravemente, ha perso peso e
a malapena riusciva a camminare. Ha però avu-
to un’opportunità: il suo figlio maggiore è stato
accolto nel centro delle Suore di don Bosco che
si trova a Dagoretti Market. Tramite il bambino,
Baracche di
lamiera nello
slum “Dagoretti
Market”.
Ottobre 2014
31

4.2 Page 32

▲back to top
SALESIANI NEL MONDO
TRENT’ANNI IN KENYA
Le donne del
progetto “Mamma
Margherita” sono
sulla buona strada
per un futuro
migliore.
Rose ha conosciuto suor Lucy Wegoki e il pro-
getto “Mamma Margherita” destinato alle donne
che le suore hanno avviato nel febbraio 2011. Con
questa iniziativa, suor Lucia Wegoki e le sue con-
sorelle si propongono di aiutare le donne come
Rose a uscire dal mondo della droga e della pro-
stituzione, ad acquisire una loro autonomia e of-
frire un futuro migliore ai loro figli. Attualmen-
te, circa 50 donne e ragazze ricevono assistenza
e formazione nell’ambito del progetto “Mamma
Margherita”. Le donne portatrici del virus hiv
sono regolarmente seguite da medici o vengono
loro somministrati i farmaci adatti. Nella scuola
professionale imparano a utilizzare le macchine
da cucire e le macchine per maglieria. Potranno
così diventare magliaie o sarte. Nel frattempo i
loro bambini sono accuditi dalle suore al centro
“Don Bosco”. I bambini più grandi possono an-
dare a scuola.
190 donne hanno finora partecipato con successo
a questo progetto e conducono una vita più libera e
più consapevole. Dopo aver seguito il programma,
alcune di loro lavorano come formatrici nell’am-
bito dello stesso progetto. Altre lavorano o hanno
Le suore di don Bosco hanno stabilito la loro prima co-
munità in Kenya, a Nairobi, nel 1984. Attualmente vivono
e lavorano in Kenya 47 suore e 11 novizie raggruppate
in otto comunità. Oltre a gestire scuole, convitti e centri
di educazione familiare, le suore di don Bosco offrono
un supporto alle famiglie locali e avviano, tra l’altro, pro-
grammi di alfabetizzazione. Spesso pongono le donne
al centro del loro impegno, come accade nel caso del
progetto “Mamma Margherita”.
addirittura avviato una piccola impresa. Il progetto
è strutturato in modo tale da permettere alle don-
ne seguite dalle suore di don Bosco di avere buo-
ne probabilità di guadagnarsi da vivere, dopo aver
completato un corso presso la scuola professionale.
Queste donne superano l’angoscia esistenziale e la
depressione, quando acquistano fiducia in se stesse
e riescono finalmente a prendere la vita nelle loro
mani e a offrire una vita regolare ai loro figli. L’uso
di droghe e la prostituzione non hanno dunque più
spazio nella loro esistenza.
Inoltre, il Centro offre alle donne uno spazio si-
curo per discutere con altre persone che si trova-
no in situazioni simili alla loro. Le suore si im-
pegnano sempre per fare in modo che i colloqui
all’interno del gruppo contribuiscano a ridurre
lo stress. In questo contesto nascono nuove ami-
cizie e la fiducia in se stesse di queste ragazze e
donne si rafforza ulteriormente. “Ci riuniamo e
parliamo dei nostri problemi. Questa esperien-
za mi infonde coraggio”, dice Rose. “In questo
momento mi sento serena, effettuo regolarmente
check-up e ho anche imparato a usare la macchi-
na per maglieria”. Non va sempre tutto bene, a
livello fisico e mentale. “A volte ho ancora qual-
che difficoltà e mi sento incapace di affrontare la
mia situazione, ma le suore mi aiutano sempre”.
Il progetto “Mamma Margherita” è ormai noto in
tutto il quartiere e molte giovani donne in difficol-
tà si presentano da sole per cercare aiuto da parte
delle suore di don Bosco. Suor Lucia Wegoki e
le sue consorelle percorrono però anche le strade
fangose di Dagoretti Market per raggiungere le
donne che non riescono a trovare da sé la forza per
cercare una via d’uscita dalla miseria.
32
Ottobre 2014

4.3 Page 33

▲back to top
OPERE
GIAN PIERO ZONCU
Tornerà a risplendere
il volto della Basilica
Un intenso lavoro di pulizia e restauro della facciata della Basilica
di Maria Ausiliatrice è in corso per ridare nitore originale alle sculture
e al rivestimento.
Ottobre 2014
33

4.4 Page 34

▲back to top
COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Le malattie dell’educazione
3. La ’sclerocardia’
(la durezza di cuore)
Se la malattia della
‘figliolite’ può avere
una giustificazione nella
sensibilità delle mamme,
se la ‘tarantolite’ si può
spiegare in tempi di
crisi come i nostri, la
‘sclerocardia’ (‘durezza
di cuore’) sulla quale
vogliamo fermarci in
questo mese, non ha
giustificazione alcuna,
tanto è cattiva e disgustosa
Non è forse vero che non
amare i figli è da crudeli?
Da sadici? Eppure oggi,
mentre la Terra si riscal-
da, i cuori si raffreddano,
l’analfabetismo affettivo si
diffonde sempre più; la mancanza di
tenerezza pare ai minimi storici.
No, non è allarmismo esagerato: è rea-
lismo pedagogico! Quando parliamo
di ‘durezza di cuore’ non siamo nel re-
gno della fantasia. Quando parliamo
di ‘sclerocardia’ non parliamo di una
malattia esotica, di terre lontane. La
‘sclerocardia’ abita qui!
Lo avvertono tutti gli spiriti più sen-
sibili e attenti.
Lo psichiatra Paolo Crepet (1951) è
molto chiaro: “Dietro migliaia di luci
accese nei condomini delle nostre città si
nascondono solitudini, rancori, latitanze
affettive”.
Non meno esplicito era il nostro più
noto pediatra del secolo scorso, Mar-
cello Bernardi (1922-2001): “Vivia-
mo in un mondo sempre più povero di
amore. Questo è il grande rischio che
vedo davanti ai nostri bambini!”.
Anche l’educatore Antonio Mazzi
(1929) è sulla stessa linea: “La crisi più
34
Ottobre 2014

4.5 Page 35

▲back to top
PRENDO NOTA
MEDITATE, GENTE!
Una parola calda riscalda tre stagioni
fredde.
Il rimprovero fa bene, l’incoraggiamento
di più!
Nulla rende più ansioso il figlio che sen-
tirsi dire da mamma e papà che potreb-
be fare di più!
La pecora che bela perde il boccone:
non è da intelligenti dedicarsi ai lamenti!
Dare tutto al figlio è preparare un infeli-
ce: il passero ubriaco trova amare per-
sino le ciliegie!
Briglia sciolta, un po’ alla volta. Quando
il dentifricio è uscito dal tubetto, chi rie-
sce ancora a farlo rientrare?
profonda oggi parte dalla mancanza di
abbracci, di relazioni, di amicizia, di
tenerezza”.
Niente sarebbe più facile che conti-
nuare a snocciolare conferme auto-
revoli sul nostro inverno pedagogico,
ma il lettore sa che non è nel nostro
stile persistere nel mettere il dito sulle
piaghe: preferiamo curarle!
Ebbene diciamo subito che anche alla
‘sclerocardia’ si possono tranquilla-
mente tagliare le unghie.
Le strategie non mancano. Ci limitia-
mo a tre.
La ‘sclerocardia’ si combatte
mettendo in circolazione pa-
role di seta.
È noto a tutti che vi sono parole che
gelano i cuori, altre che li riscaldano;
parole che schiacciano e parole che
innalzano; parole che mordono e pa-
role che guariscono.
Ditemi se non sono vitamine psico-
logiche parole come queste, dette al
figlio: “Sei favoloso!”. “Siamo orgogliosi
di te!”. “È bello averti come figlio!”?
Queste sono parole terapeutiche. Pri-
vare di esse il figlio, è come disidra-
targli l’anima, è devitalizzarlo. Non
usiamole con il contagocce: quelle
“I bambini di oggi sembrano sapere tante cose – e le sanno –, ma sotto il bambino tecno-
logico vi è il bambino eterno che non può vivere senza l’affetto e l’amore di qualcuno che
lo aiuti a crescere” (Mario Lodi, maestro e scrittore, vivente).
“Se amassimo davvero i nostri figli, non li costringeremmo a passare le giornate tra scuo-
la, piscina, lezioni di nuoto o di violino, palestra, corsi di computer, con il solo scopo di
annichilirli!” (Paolo Crepet, psichiatra, vivente).
“Viene ripetuto in continuazione: ‘I giovani sono maleducati, avidi violenti!’. Però nessuno
dice: ‘Perché sono così?’. Fin dalla nascita, li abbiamo coperti di spazzatura e adesso ci
lamentiamo del loro cattivo odore!” (Susanna Tamaro, scrittrice, vivente).
sono parole benedette!
Gli studiosi stanno ancora cercando
una medicina più efficace delle parole
di seta!
La ‘sclerocardia’ si combatte
con le coccole.
Alcuni anni fa era in circolazione un
magnifico lavoro intitolato “La terapia
delle coccole”. L’autore, Piero Balestro,
provava che il contatto pelle a pelle ha
effetti prodigiosi: giova alla crescita,
previene le malattie, migliora l’umo-
re, stabilizza le funzioni cardiache.
È certo: cinque secondi di carezze co-
municano più salute che un’ora di pa-
role! Coccolare è baciare l’anima! Lo
sapeva Gesù stesso che non per nulla
praticava il linguaggio dell’abbraccio
(Mc 10,16).
Linguaggio, dissennatamente, di-
menticato! Troppi sono oggi i piccoli
che soffrono di reumatismi psicolo-
gici contratti in quelle famiglie nelle
quali si ha paura a lasciarsi andare alle
carezze.
Finalmente, la ‘sclerocardia’ si
combatte regalando gentilezze.
Il famosissimo pediatra americano
Benjamin Spok (1903-1998) era soli-
to ricordare alle mamme che “La cura
amorevole data con gentilezza ai figli
vale cento volte di più di un pannolino
messo alla perfezione”.
Regalare gentilezze è addolcire il cuo-
re. È togliere i viveri alla ‘sclerocardia’!
Regalare gentilezze è cortesia, at-
tenzione, premura: è accompagnare
il bambino a letto e non mandarlo;
è fargli una sorpresa; è preparargli la
pietanza che gli piace tanto; è parteci-
pare alla recita scolastica di fine anno,
anche a costo di lasciare un impegno
importante. Sì, per tutta la vita il fi-
glio si ricorderà che avete preferito lui
ai vostri impegni.
Per tutta la vita si ricorderà d’aver
avuto genitori che con il loro alto
voltaggio emotivo riscaldavano sem-
pre la casa anche con i termosifoni
spenti.
QUESTO DICO AL FIGLIO ADOLESCENTE
“Se non puoi crescere in altezza, cresci in simpatia!”.
L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro, non sulla statura.
Mostra la testa, prima dell’ombelico!
Rifiuta d’essere un lavandino nel quale passa tutto: hai pure la tua dignità!
Aspettati grandi cose dal tuo cervello: non ti deluderà!
Ottobre 2014
35

4.6 Page 36

▲back to top
LA LINEA D'OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Perennemente
insoddisfatti?
Tanti giovani sperimentano dolorosamente
un corrosivo sentimento di scontento,
la difficoltà di gioire e di provare gratitudine
per le piccole cose, l’impossibilità di vivere
pienamente qui e ora, il pervicace e
frustrante desiderio di essere altrove,
di vivere una vita diversa da quella ricevuta
in dono, di essere differenti da come sono.
Una perenne insoddisfazione. Secondo al-
cune recenti ricerche si tratta di una “ma-
lattia” assai diffusa tra i giovani italiani,
spesso alle prese con lavori precari e poco
gratificanti, un vissuto sentimentale de-
ludente, un senso di inadeguatezza che
parte dalla sfera più intima del rapporto con se
stessi e si allarga a macchia d’olio fino a coinvol-
Tutto questo tempo a chiedermi
cos'è che non mi lascia in pace.
Tutti questi anni a chiedermi
se vado veramente bene
così come sono, così...
E la verità è che
ho aspettato a lungo
qualcosa che non c'è,
invece di guardare il sole sorgere...
gere ogni relazione, ogni esperienza di vita, ogni
ambito dell’esistenza.
Inquieti, scontenti, irrisolti: appaiono così i gio-
vani del terzo millennio, impegnati nella quo-
tidiana e faticosa ricerca di una più compiuta
realizzazione delle proprie aspettative, di una
serenità interiore costantemente inseguita e mai
pienamente raggiunta, di risposte convincen-
ti alle proprie martellanti domande di senso.
Un’insoddisfazione endemica, radicata, difficile
da spiegare; quasi un rumore di sottofondo che
accompagna immancabilmente le loro giornate.
Un’insoddisfazione che diviene “male di vivere”
quando impedisce persino di godere del presente,
di mettere a fuoco le proprie aspirazioni più au-
tentiche, di intravedere la bellezza stessa dell’esi-
stenza, svuotando di senso ogni gesto, ogni scel-
ta, ogni possibile opzione esistenziale.
Avviene così che tanti giovani sperimentino do-
36
Ottobre 2014

4.7 Page 37

▲back to top
lorosamente un corrosivo sentimento di sconten-
to, la difficoltà di gioire e di provare gratitudine
per le piccole cose, l’impossibilità di vivere pie-
namente qui e ora, il pervicace e frustrante desi-
derio di essere altrove, di vivere una vita diversa
da quella ricevuta in dono, di essere differenti da
come sono. E mentre sono impegnati a vagheg-
giare un’esistenza altra e in grado di appagare
la loro inesauribile sete di felicità, finiscono per
perdere l’occasione irripetibile di vivere appieno il
loro presente, di dare un senso più profondo alla
loro quotidianità, di riconoscere ciò che vi è di
bello e di straordinario nella loro vita.
Quale, allora, il rimedio possibile per non lasciar-
si sopraffare da questo perenne stato di insoddi-
sfazione? Forse quello di accontentarsi della pro-
pria condizione presente, senza tendere a nulla di
più, senza desiderare niente di più grande, met-
tendo a tacere quella voce interiore che incoraggia
a ricercare una felicità più piena?
Forse, tra questi due estremi, tra l’incapacità di
godere del presente nella spasmodica e irrequieta
ricerca di un orizzonte di vita altro e la tentazione
di “volare basso” rinunciando a priori a inseguire
i propri sogni e le proprie aspirazioni più profon-
de, esiste una strada intermedia. Quando non di-
venta distruttiva, l’insoddisfazione – questa salu-
tare inquietudine che si sostanzia nella costante
tensione verso l’appagamento del proprio innato
desiderio di qualcosa di “più” – può diventare
motore di cambiamento, stimolo a porsi di fronte
alla realtà in modo creativo e propositivo, spinta
verso la piena valorizzazione delle proprie aspira-
zioni personali, impegno a rimboccarsi le mani-
che e darsi da fare per costruire una quotidianità
davvero vivibile. Quando non si riduce a sterile
velleitarismo o ad esasperata conflittualità con se
stessi e con il mondo esterno, ma viene ammi-
nistrata positivamente, può tradursi nell’“utopia
concreta” di un’esistenza più piena ed appagan-
te. E, se non si limita ad esprimere un’esigenza
soggettiva, ma diviene una forza che aggrega i
E miracolosamente
non ho smesso di sognare,
e miracolosamente
non riesco a non sperare.
E se c'è un segreto
è fare tutto come
se vedessi solo il sole.
Un segreto è fare tutto
come se vedessi solo il sole
e non qualcosa che non c'è...
(Elisa, Qualcosa che non c'è, 2006)
bisogni propri ed altrui, decantandoli di tutti
quegli elementi egoistici che mirano solo all’af-
fermazione di sé, può essere persino foriera della
messa a fuoco di una progettazione condivisa che
sia davvero capace di migliorare e trasfigurare la
realtà.
Ottobre 2014
37

4.8 Page 38

▲back to top
LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Una vita quotidiana
fatta di sorprese
Nella “storia sconosciuta di
don Bosco”, come s’intitola
questa nostra rubrica, ab-
biamo ultimamente docu-
mentato come il santo abbia
scritto pagine significative
di storia civile e di storia della chiesa,
tanto in Italia che all’estero. In questa
occasione, invece, vogliamo soffer-
marci su tre semplici episodi che di
certo non finiranno mai nei
libri di storia e neppure nel-
le biografie di don Bosco, ma
che pure rappresentano pic-
colissimi tasselli di quell’im-
menso mosaico di microsto-
rie di cui è costituita la vita
di don Bosco. Li prendiamo
dalle lettere inedite del volu-
me VI dell’epistolario di don
Bosco appena uscito, quello
di cui si pubblica la coperti-
na e l’intrigante dedica a papa
Francesco.
Il brevetto
non restituito
Un certo Giuseppe Rua –
niente a che vedere con don
Rua – aveva inventato un apparecchio
con cui si poteva elevare l’ostensorio
sopra l’altare e poi abbassarlo sulla
mensa, facendo contemporaneamente
scendere e risalire la croce. L’invenzio-
ne aveva riscosso giudizi positivi tra i
sacerdoti che l’avevano vista in azione
e lo stesso don Bosco sembra l’abbia
pure sperimentata in qualche chiesa.
A lui si rivolse nel novembre 1877 il
Rua, forse nell’intento che acquistas-
se i diritti del brevetto. Don Bosco gli
rispose che lo avrebbe fatto volentieri
qualora non si trovasse, come invece
era in quel momento, “nelle massime
strettezze” economiche. Comunque
avrebbe tenuto presente la richiesta e
l’avrebbe raccomandata alle persone
che gli fossero sembrate opportune.
Quasi certamente pensava alle sue
tante conoscenze in Roma.
Sapeva però, per esperienza
personale, che senza qualche
autorevole “commendatizia”
le speranze di successo erano
minime. Per cui dovette con-
sigliare il Rua di raccogliere
in un registro un certo nu-
mero di raccomandazioni di
sacerdoti e vescovi favorevoli
all’invenzione. Ciò fatto, a
nome dell’inventore, lo fece
rapidamente pervenire al se-
gretario della S. Congrega-
zione dei Riti, mons. Placido
Ralli, assieme ai disegni del
manufatto. Da Roma non
pervenne risposta alcuna, per
cui il 29 aprile 1878, sempre
su sollecitazione dell’inven-
38
Ottobre 2014

4.9 Page 39

▲back to top
tore, don Bosco chiese al Ralli la
restituzione dei disegni ed anche del
suddetto registro, onde poterli pre-
sentarle altrove. Ma dalla S. Congre-
gazione non pervenne nulla. L’inven-
tore allora, sentitosi danneggiato, ne
attribuì la responsabilità a don Bosco
e, tramite la magistratura, gli chiese
un forte risarcimento. Fortunatamen-
te per don Bosco il magistrato archi-
viò la denuncia. Paradossalmente una
cortesia si sarebbe trasformata non
solo in una beffa, ma addirittura in
un danno economico.
La concessione scaduta
e non rinnovata
Fin dagli anni Sessanta don Bosco ed
il suo segretario avevano goduto di bi-
glietti di viaggio gratuiti sulle Ferro-
vie piemontesi prima e dell’Alta Italia
poi. Alla scadenza – di solito annuale
– egli rinnovava la richiesta che veni-
va rapidamente accolta. Lo stesso fece
il 9 luglio 1878. Ovviamente ne riba-
diva con forza la motivazione, vale a
dire “l’accettazione di più centinaia di
poveri fanciulli di applicati alle ferro-
vie, i quali erano accolti nelle nostre
scuole e non pochi ricoverati gratui-
tamente in diversi nostri pii ospizi.
La medesima beneficenza si conti-
nuerà assai di buon grado, né altro si
dimanda che di poter viaggiare senza
dispendio a pro di questi medesimi
giovanetti”.
Ma quale fu la sorpresa quando da
Milano arrivò a inizio agosto la ri-
sposta negativa. Il Consiglio delle
Ferrovie aveva infatti deliberato di
non concedere più biglietti di favore a
Il volume VI delle lettere di don Bosco
e la singolare dedica a papa Francesco.
persone estranee alle Ferrovie stesse.
Evidentemente con la salita al potere
della Sinistra Storica, più anticlericale
e massonica della Destra, gli orien-
tamenti politici si erano modificati.
Don Bosco dovette prenderne atto;
fortunatamente continuarono ancora
le riduzioni ferroviarie per i ragazzi e
gli insegnanti delle case salesiane, alla
solita condizione di accogliere gratui-
tamente o a pensione molto modesta
gli orfani del personale delle Ferrovie.
Una lotteria…
finita da 15 anni
L’avvocato Massimiliano Gardini di
Bologna nel novembre 1879 scriveva
a don Bosco se per caso avesse vinto
qualche premio della lotteria di cui
conservava dei biglietti.
Don Bosco in tutta tranquillità gli
rispose a stretto giro di posta: “Chia-
rissimo Sig. Avvocato, chi tardi arriva
male alloggia, dice il proverbio. La
lotteria di cui accenna i biglietti è fi-
nita da circa quindici anni e non ne
rimane più traccia”.
Volendo conservare cordiali rappor-
ti con il suo ritardatario benefattore,
soggiungeva: “Tuttavia godo assai
dell’occasione, che mi rammentò al
suo buon cuore e grata memoria. Le
mando il diploma di cooperatore sa-
lesiano e la prego volerlo gradire.”
Non contento di ciò, oltre a chiedergli
un favore a proposito di una famiglia
bolognese presso cui aveva alloggia-
to alcuni anni prima, gli rilanciò un
particolare invito: “All’occasione mi
faccia il favore di ossequiare da parte
mia i signori Lanzarini. Le offro di
buon grado questa casa in ogni cosa la
potessimo servire”.
Non c’è dubbio che l’avvocato avrà
sorriso del proprio ritardo, ma avrà
anche apprezzato l’estrema cortesia e
sincerità di don Bosco. Chissà se poi
avrà accettato l’invito di andarlo a
trovare a Torino!
Ottobre 2014
39

4.10 Page 40

▲back to top
I NOSTRI SANTI
CAECSUARRAE DBISPSIEORLLIUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Coloro che ricevessero grazie o favori per
intercessione dei nostri beati, venerabili e servi di Dio,
sono pregati di segnalarlo a postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di ottobre preghiamo per la beatificazione
del Servo di Dio don Carlo Della Torre
Don Carlo Della Torre, nato a Cernusco sul Naviglio, in provincia
di Milano, il 9 luglio 1900, compì gli studi ginnasiali nel Collegio
salesiano missionario “Cardinal Cagliero” di Ivrea. Venne inviato
prima in Cina, e poi in Thailandia, dove emise la prima professione
religiosa a Bang Nok Khuek, la casa madre della missione salesiana
thailandese. Nel 1954 fondò le Figlie della Regalità di Maria Imma-
colata, Istituto religioso di diritto diocesano. Ebbe molto a soffrire
per la sua fondazione, al punto che dovette lasciare per trent’anni la
Congregazione Salesiana. Morì a Bangkok, da salesiano, all’età di
82 anni. (cfr http://www.c-dellatorre.org)
PREGHIERA PER LA GLORIFICAZIONE
DI DON CARLO DELLA TORRE
Dio Padre, fonte di amore e di misericordia.
Tu hai creato l’uomo a tua Immagine e l’hai fatto tuo figlio.
Tu chiami tutti ad essere santi come tu sei santo.
Molti ti hanno risposto a questa chiamata
e diventati santi in modo mirabile
vengono proposti come modelli della santità nella chiesa.
Don Carlo Della Torre, religioso e sacerdote
e fondatore della Congregazione delle Figlie della Regalità di Maria
[Immacolata,
ha risposto alla tua chiamata alla santità,
vivendo la sua vita in forma esemplarmente virtuosa
e compiendo la tua santa volontà con fermezza, fedeltà e
[perseveranza.
Per questo ti preghiamo affinché gli conceda l’onore e gloria in
[paradiso.
E se è tua volontà gli conceda l’onore di essere
modello di santità per tutti i cristiani.
Per sua intercessione concedici la grazia di.......
Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.
(Con l’approvazione dell’Arcidiocesi di Bangkok)
Grazie segnalate
per intercessione
di Maria Ausiliatrice
Nostra figlia... assistita da Maria...
sempre. Siamo una splendida fa-
miglia, abbiamo due bimbe, la
grande di quasi 5 anni e la piccola
di 2. È passato un anno da quan-
do abbiamo trascorso quindici
lunghissimi giorni in ospedale,
ma il ricordo persiste ancora
fervido nelle nostre menti. I fatti
risalgono al mese di maggio del
2013. Parecchi compagni di clas-
se di nostra figlia avevano avuto
il classico virus intestinale, come
del resto lo contrasse anche no-
stra figlia. Dopo circa due giorni
dal rientro dalla scuola e precisa-
mente venerdì 24 maggio, giorno
dedicato alla B.V. Maria Ausiliatri-
ce, nostra figlia avvertì un fortis-
simo mal di testa con una febbre
che saliva vertiginosamente. Io e
mia moglie, già reduci dei sintomi
dei giorni precedenti, pensammo
ad una ricaduta dell’infezione
intestinale. Sabato pomeriggio
iniziammo ad allarmarci ancor di
più quando la bambina lamentò
nuovamente e insistentemente
mal di testa e febbre, senza dare
cenni di calo, che le immobiliz-
zarono la funzione della palpebra
dell’occhio sinistro; fu in quel
momento che decidemmo di por-
tarla di corsa in ospedale. Fu un
sabato pomeriggio lunghissimo e
prima di darci una diagnosi fum-
mo sballottati ripetutamente di
reparto in reparto. Non mollai mia
figlia per un attimo, la tenni stretta
a me più che potei, anche durante
la TAC, sì la TAC, perché la pedia-
tra dell’ospedale, illuminata da
Dio e da Maria Ausiliatrice, volle
insistentemente approfondire gli
esami dai quali risultò poi che
mia figlia aveva in corso un’infe-
zione da meningite. Non so come
feci a mantenere la calma quando
mi riferirono la diagnosi, forse per
non fare ancora più paura a mia
figlia, già abbastanza sofferente
e fortemente provata dagli esami
particolari a cui era stata sotto-
posta, ma in quel momento mi
ripetevo continuamente: “Andrà
tutto bene... Dio e la Madonna la
aiuteranno”. Vista la gravità del-
la situazione ci trasferirono con
ambulanza presso l’ospedale del
capoluogo, provvisto del reparto
più attrezzato per questi casi. Già
le luci del reparto erano spente,
ma in mezzo a quella penombra
distinsi pienamente la statua di
Maria Ausiliatrice posta pro-
prio accanto alla nostra porta. Non
riuscii a soffermarmi nemmeno
un istante, ma camminando la
guardai dicendo tra me e me: Ma-
ria aiutala! Ci dissero che prima
Cronaca della
Postulazione
19.06.2014 a Girardot (Co-
lombia), chiusura dell’in-
chiesta diocesana della
causa di beatificazione e
canonizzazione della Serva
di Dio Ana María Lozano
Dìaz, cofondatrice dell’Istitu-
to delle Figlie dei Sacri Cuori
di Gesù e di Maria, fondato
dal beato Luigi Variara. Eletta
a 23 anni Superiora Genera-
le, divenne la discepola più
vicina al fondatore, l’erede,
ma anche la responsabile di
trasmettere lo spirito proprio
dell’Istituto, di farlo crescere e
mantenerlo fedele alle radici.
delle 72 ore non avrebbero sciolto
la prognosi, ma Dio, la Madonna
e Padre Pio vollero che dopo 48
ore nostra figlia dimostrasse rile-
vanti segni di miglioramento, per
cui sciolsero la prognosi, dicen-
doci che, anche se le cure previ-
ste erano ancora molto lunghe e
dovevamo attendere gli sviluppi
del caso e l’esito di altre analisi,
era comunque fuori pericolo di
vita. Quel giorno avvertimmo una
gioia ancora più grande del gior-
no in cui nacque: per noi era rina-
ta una seconda volta! E un’infinita
gratitudine è e sarà sempre rivolta
alla Madonna e a Padre Pio, che
ci assistettero continuamente per
tutti quei giorni, e che grazie alla
loro intercessione presso Dio no-
stra figlia è ancora tra noi sana e
piena di vita.
I genitori: G. e V. Modica - Ragusa
Desidero ringraziare Maria Au-
siliatrice. Nel 2012 sono stata
urgentemente operata per un tu-
more maligno. Ho fatto nove mesi
di chemio e pensavo di non riu-
scire a superarla, ma grazie alla
Madonna tutto è andato bene.
Longhitano Nunzia - Bronte
40
Ottobre 2014

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
ENZO BACCINI
1
SIGNOR
GUERRINO PERA
Morto a Torino
il 1° novembre 2013,
a 79 anni
Nel giorno della solennità di tutti
i Santi del 2013, nel primo pome-
riggio, il nostro confratello Guer-
rino Pera, salesiano coadiutore, ci
ha lasciati per andare a continuare
la festa con gli amici di Dio già
giunti a casa, insieme a don Bo-
sco, alla Madonna Ausiliatrice,
insieme a tanti salesiani da lui co-
nosciuti e ai tantissimi amici, che
nella vita ha incontrato e della cui
amicizia ha goduto. Fotoreporter e
pittore catecheta, ha usato la forza
delle immagini per annunciare il
Vangelo. Guerrino Pera si è con-
quistato un posto importante nel
campo della catechesi con i suoi
quadri e le sue diapositive, scrive
il Bollettino Salesiano in un’inter-
vista del 1992. Le sue tavole, così
caratteristiche, con un disegno
sintetico quasi schematico, hanno
fatto il giro del mondo.
Guerrino Pera era nato a Belve-
glio (Asti) il 5 ottobre 1934 e si
era formato nell’Istituto Bernardi
Semeria costruito negli anni Qua-
ranta del secolo scorso accanto
alla casetta del santo dei giovani.
Era, ed è ancora, una scuola che
prepara a varie professionalità,
tra le quali emergeva ed emerge
anche oggi l’arte grafica. Entra in
noviziato e, dopo un periodo di
perfezionamento, consegue nel
’62 il diploma di maestro d’arte.
Dopo questi studi, la vita di Guer-
rino Pera si svolge nella comunità
che ha cura della editrice Elledici,
a Torino Valdocco e a Rivoli-Ca-
scine Vica.
Fai il pittore catechista” gli aveva
detto l’ispettore. Ed è quello che
ha fatto. Con il pennello e con la
macchina fotografica.
Nei cinquant’anni circa trascorsi
alla Elledici, ha sviluppato uno
stile, un modo di comunicare pit-
toricamente il messaggio di gioia
e di salvezza, offerto dal Vangelo
di Gesù Cristo; ha saputo tra-
smettere la passione per la Parola
di Dio, che può essere veicolata
anche da immagini che narrino
la misericordia e la bontà di Dio,
specie per i piccoli e i semplici;
ha saputo esportare anche in altri
continenti l’attenzione all’imma-
gine per annunciare il vangelo.
Non per nulla il più diffuso gior-
nale cattolico indiano, annuncian-
do la sua morte, ebbe a scrivere:
“Catechista entusiasta e combat-
tivo, artista fecondo che ha unito
pittura e fotografia, fratel Guerrino
ha lavorato negli studi del Centro
Catechistico Salesiano di Torino
Leumann per oltre 40 anni. La Ni-
kita Don Bosco (l’editrice salesia-
na di Calcutta in India) lo ricorda
con affetto e gratitudine”.
Guerrino Pera guardava a Gesù
come al grande catecheta. Gesù
stesso era immagine del Padre e
si è servito abitualmente di tutto
ciò che gli capitava sott’occhio
e che era visibile ai suoi uditori
come parabola del Regno. Nulla
per lui era insignificante: dalla
torre che cade, all’uomo mezzo
morto, ai pesci buoni e cattivi, alle
reti, al grano e la zizzania. I cristia-
ni non sanno fare altrettanto.
«Oggi purtroppo chi evangelizza
e fa catechesi usa ancora so-
prattutto il mezzo principe che
è il pensiero e la parola. Invece
l’immagine aiuterebbe molto a
trasmettere colori, sensazioni,
sapori che spesso il catechista
non sa come comunicare».
L’evolversi delle tecnologie del-
la comunicazione aveva indotto
l’editrice Elledici a rivedere le
modalità di produzione delle dia-
positive che erano una parte pre-
ponderante del settore stesso;
alle diapositive quindi subentra-
rono le videocassette. Nel setto-
re “riviste” invece ci si concentrò
sempre più sulla fotografia.
Guerrino ben presto si rese conto
(anche attraverso le conversa-
zioni e le spinte di don Bartolini)
della grandissima efficacia didat-
tica della fotografia, e si dedicò
con lo stesso entusiasmo alla fo-
tografia. La sua innata sensibilità
di artista e l’esperienza di pittore
l’hanno aiutato tantissimo anche
in questo nuovo campo di lavoro.
L’occhio dell’obiettivo della sua
macchina fotografica dava all’in-
quadratura scelta una vita che
solo un artista sa dare.
Il desiderio esplosivo di co-
municare e di poter incontrare
le persone era la caratteristica
predominante della sua persona.
Aveva l’arte di mettere a proprio
agio le persone, ovunque le in-
contrasse: durante i viaggi, a in-
contri o congressi, a conferenze
culturali, o anche semplicemente
durante le pause di lavoro o nel-
le librerie della Elledici. Diverse
catechiste quando venivano alla
libreria chiedevano di lui e si
facevano aiutare nella scelta dei
libri e degli strumenti audiovisivi.
Guerrino era sempre a disposi-
zione: aveva il piacere di far dei
piaceri.
Era sempre il primo a intavolare
il discorso e aveva la capacità
di portare l’interlocutore su temi
grandi, su figure importanti non
solo bibliche ma anche moderne;
aveva modo di lasciare sempre un
messaggio, una parola di speran-
za, di serenità, di conforto. Attento
alle persone, cercava sempre di
comprendere e non di giudicare.
Alla base della sua donazione al
Signore e della sua continua vo-
glia di comunicare con tutti l’an-
nuncio di Gesù, c’era una solida
struttura spirituale che nutriva con
abbondanti dosi di letture. Medi-
tava e “parlava con il Signore” con
la matita in mano, allenato com’e-
ra a lavorare con matite e colori.
Ottobre 2014
41

5.2 Page 42

▲back to top
IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
UN MORBO TERRIBILE E UN SANTO RIMEDIO
Nel 1854 e anche negli anni seguenti tutti gli stati della peni-
sola italiana furono flagellati da un terribile morbo che mieté
decine e decine di migliaia di vittime. Il batterio che ne era
causa cominciò la sua diffusione nel 1817 a partire dall’In-
dia, a nord di Calcutta dove era endemico, facendo strage
tra gli abitanti e fra i soldati inglesi. I sopravvissuti infetti
furono vettori del morbo diffondendolo prima in molte aree
dell’Oriente e in Africa e poi in Europa dove le distanze tra le
città erano minori e più fitta la rete di comunicazioni. Quindi
nel 1835 si registrarono focolai in Olanda, Belgio e in Francia, a Parigi, Marsiglia e Nizza. Proprio da
quest’ultima città, nonostante le precauzioni sanitarie adottate alle frontiere, XXX giunse in Italia in sei
ondate epidemiche. La prima, iniziata nel luglio del 1835 scoppiò a Genova e poi prese la via di Torino e
Cuneo per poi dilagare altrove. L’epidemia successiva, scoppiata a Torino con il gran caldo dell’agosto
del 1854, vide protagonista pure don Bosco e i suoi giovani che furono tra i primi a prestare soccorso
agli ammalati. Il rischio che anche i ragazzi fossero preda della malattia era altissimo eppure nemmeno
uno di essi si ammalò. Don Bosco li esortava a prodigarsi e
li incitava a non avere paura anche se l’infezione faceva ogni
giorno più vittime e contagiati del giorno prima. Il Santo ave-
va già preannunciato l’arrivo del flagello, ma una sera, dopo
le consuete orazioni rassicurò con fermezza manifestando
la sua immensa fiducia nel Signore che nessuno si sarebbe
ammalato se avessero seguito i suoi consigli. “Cosa dob-
biamo fare?” gli chiesero, e lui disse semplicemente che se
avessero pregato e vissuto in grazia di Dio nessuno sarebbe
stato toccato. E così fu.
Definizioni
ORIZZONTALI. 1. Il capolavoro
di Chaplin del 1940 in cui si ridico-
lizzava Hitler - 16. È cittadino di una
nazione estera - 17. La città francese
dove terminava la via Aurelia - 18.
Irreprensibile - 20. Camera meno
cara! - 21. Quello custode ci proteg-
ge - 23. Il gol del rugby - 24. Il ce-
lebre Campeador protagonista della
Reconquista spagnola - 25. Io e te
- 26. XXX - 29. Li riscuote l’arma-
tore - 30. Il percorso di una pratica -
32. Asso senza uguali - 33. È oppo-
sto al nadir - 34. Como (sigla) - 35.
La fine dei marinai - 37. Costruisce
strumenti a corda - 41. Sono dispa-
ri nell’arcata - 42. È il fico egizia-
no - 44. Il prodigioso musicista di
Salisburgo - 46. L’immortale poema
trecentesco diviso in tre cantiche.
VERTICALI. 1. Genti di lingua
spagnola - 2. Alto in centro - 3.
nere né bianche - 4. Gracidano nello
stagno - 5. Ansanti, affannosi - 6. Il
santo patrono di Bari - 7. Decimale
(abbr.) - 8. Luogo solitario dove ci
si ritira in meditazione - 9. Deno-
minazione di Origine Protetta - 10.
L’osteria degli antichi romani - 11.
Detta e ridetta - 12. Una preposizio-
ne articolata - 13. Rose gialle - 14.
Sono doppie nei colossi - 15. Rice-
vuta… per successione - 19. Molto
profonde - 20. Pietre… lungo le
strade - 22. Una cittadina barocca in
prov. di Siracusa - 24. Scrisse Cuore
di Tenebra - 27. Pieni - 28. Il nome
della Pausini - 29. Due estremi della
bussola - 31. Un’ardita incursione -
33. Un tipo di obiettivo - 36. È stata
sostituita dall’IMU - 38. Il Tiriac del
tennis - 39. Un colpetto alla porta -
40. 1999 latini - 42. L’Accorsi attore
(iniz.) - 43. In mezzo al covo - 45.
La metà di zero.
42
Ottobre 2014

5.3 Page 43

▲back to top
LA BUONANOTTE
B.F.
Disegno di Fabrizio Zubani
La rete da pesca
Il fiordo era immerso nella
profonda tranquillità della notte
artica. L’acqua sciabordava leg-
gera sulla spiaggia. Avvolto dal
profumato tepore della sua casa
di legno, Hans il pescatore tesse-
va la rete della sua prossima stagione
di pesca. Era solo nell’angolo del
camino. La sua dolce sposa Ingrid
riposava nel piccolo cimitero di fian-
co alla chiesa. Improvvisamente però
risuonarono fresche risate gioiose.
La porta si aprì per lasciar passare
la bionda Guendalina, la sua caris-
sima figlia, che teneva per mano il
fratellino Eric.
«Guendalina, ora sei in
vacanza. Vuoi prendere
il mio posto a intrecciare la
rete da pesca nuova men-
tre io vado a riparare la
barca?».
«Oh sì, papà!».
Le ore passavano.
Guendalina lavorava
di buona lena, maglia
dopo maglia, nodo
dopo nodo. Ma i
giorni si aggiunge-
vano ai giorni. La
corda era scabra.
L’appretto per imper-
meabilizzarla ruvido,
le mani facevano
male. Le sue piccole
amiche si sporgevano
dalla porta: «Guen-
dalina, vieni a giocare con noi!». E le
maglie si allentavano sempre di più,
i nodi erano sempre meno stretti, la
corda sempre meno impermeabiliz-
zata.
Arrivò la primavera. Il fiordo s’il-
luminò ai primi raggi del sole. La
pesca riprese. Tutto fiero del lavoro
della sua figlia carissima, Hans il pe-
scatore imbarcò la sua rete da pesca
nuova sul suo fidato vecchio battello.
«Vieni con me, piccolo Eric, per la
nostra prima uscita!».
Pieno di gioia il ragazzino
saltò a bordo. La barca scivolò
nell’acqua. La rete affondò nelle
onde verdazzurre. Eric batteva le
mani vedendo i pesci argentati salta-
re e guizzare nella rete ben piena.
«Una pesca fantastica! Aiutami a
tirare su la rete, figliolo!».
Ed Eric tirava, tirava con tutte le
sue forze. Ma vinto dal peso, pluf!
piombò in acqua, proprio in mezzo
alla rete.
«Non è niente!», pensò papà Hans,
issando velocemente la rete a bor-
do. «La mia rete è solida! È la mia
Guendalina che l’ha tessuta con le
sue mani: Eric verrà su con i pesci!».
La rete uscì dall’acqua leggera.
Ahimè, al fondo aveva solo un
grande squarcio... I nodi stretti male
si erano allentati. Le
maglie mal fissate
si erano aperte. E il
piccolo Eric riposava
ormai in fondo al fiordo.
«Ah, se avessi intrec-
ciato ogni maglia con
amore e attenzione!»,
piangeva Guendalina.
È nel quotidiano
che si tesse la rete
dell’eternità.
Ogni giorno è un
nodo. Puoi non
pensarci, ma il
giorno della pesca
arriverà e dipende-
rà anche da quello
che avrai intrec-
ciato quaggiù,
oggi.
Ottobre 2014
43

5.4 Page 44

▲back to top
TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Il messaggio
del Rettor Maggiore
Il calendario 2015
I luoghi di don Bosco
I LUOGHI
DI DON BOSCO
Il pilone del sogno
Sorge sulla collina dei
Becchi a pochi metri
dalla “casetta”. Ricorda
il sogno che Giovannino
Bosco fece a nove anni
e che segnò la sua vita.
I LUOGHI
DI DON BOSCO
La casetta dei Becchi
In questa piccola casa.
Giovannino Bosco abitò
con la mamma, i fratelli
e la nonna dal novembre
del 1817 fino al 1831.
Istituto Don Bosco, Punta
Arenas (Cile).
GENNAIO 2015
1 Gio Maternità di Maria
17 Sab S. Antonio Abate
2 Ven ss. Basilio e Gregorio
Nazianzeno
18 Dom 2a del tempo ordinario
s. Liberata - s. Margherita d’Ungheria
3 Sab SS. Nome di Gesù
s. Genoveffa
19 Lun s. Mario
s. Pia
4 Dom 2a del tempo di Natale
s. Elisabetta Selon - s. Ermete
20 s. Sebastiano
Mar s. Fabiano
z
5 Lun s. Amelia
s. Edoardo
6 Mar Epifania del Signore
s. Guerino di Sion
|
21 Mer s. Agnese
b. Cristiana di Assisi
FEBBRAIO 2015 b.LauraVicuña
22 Gio s.Vincenzo Pallotti
7 Mer s. Raimondo de Peñafort
s. Luciano
8 Gio s. Severino
s. Massimo di Pavia
9 Ven s. Giuliano
s. Adriano di Canterbury
10 s. Aldo
Sab s. Pietro Orseolo
11 Dom Battesimo di Gesù
s. Igino papa - s. Savio
12 Lun s. Modesto
s. Antonio M. Pucci
23 Ven
1 Dom 24 Sab 4a del tempo ordinario
s.Verdiana - b. Anna Michelotti
s. Emerenziana
s. Ildefonso
s. Francesco di Sales
(patrono dei giornalisti)
2 Lun Presentazione del Signore
s. Caterina de’ Ricci
25 Dom 3a del tempo ordinario
Conversione di S. Paolo - s. Demetrio
3 Mar s. Biagio
s. Oscar - s. Cinzia
26 ss.Timoteo eTito
Lun s. Paola
4 Mer s. Gilberto
s. Andrea Corsini
27 s. Angela Merici
Mar s. Marino
|
5 Gio s. Agata
s. Alice
28 Mer s.Tommaso d’Aquino
s. Giuliano di Cuenca
15 Dom 6a del tempo ordinario
ss. Faustino e Giovita
16 Lun s. Giuliana
b. Giuseppe Allamano
17 Mar ss. 7 fondatori OSM
s. Donato
18 Mer
19 Gio
Le Ceneri
d s. Simeone - b. Angelico
s. Corrado Confalonieri
s. Mansueto - s.Tullio
13 Mar s. Ilario
b.Veronica da Binasco
6 Ven e s. Paolo Miki & c.
s. Dorotea
29 s.Valerio
Gio s. Costanzo
20 Ven s. Giordano
s. Eleuterio - s. Silvano
14 Mer s. Felice da Nola
s. Bianca
15 Gio b. Luigi Variara
ss. Mauro e Placido
7 Sab b. Pio IX
s. Teodoro
30 Ven
8 Dom 31 Sab 5a del tempo ordinario
s. Giuseppina Bakhita - s. Girolamo E.
b. Markiewicz Bronislao
s. Martina - b. Sebastiano V.
s. Giovanni Bosco
s. Ciro
21 Sab s. Pier Damiani
s. Eleonora
22 Dom I Quaresima - Cattedra di s. Pietro
s. Margherita
16 Ven s. Marcello I
s. Tiziano
9 Lun b. Eusebia Palomino
s. Apollonia
23 Lun s. Policarpo
s. Romana - s. Renzo
10 s. Scolastica
Mar s. Arnaldo
24 s. Sergio
Mar s. Adolfo
La strenna
Un pensiero di don Bosco
11 Mer La nostra Famiglia Salesiana si caratterizza per il fatto di essere, in Msp..rPidamisqLouoaulredeIs- s. Dante
25 Mer Abbi il coraggio della tua fede e delle tue convinzioni. Toccss.saC. Veaesiarrsciioagltitaivei Caravario
luogo, una famiglia carismatica, in cui il Primato di Dio-Comunione
tremare davanti ai buoni, e non ai buoni tremare davanti ai cattivi.
costituisce il cuore della mistica salesiana.
12 Gio s. Eulalia
s. Damiano
e
26 Gio s. Nestore
s. Romeo
13 s. Fosca
Ven s. Maura
27 Ven s. Gabriele dell’Addolorata
s. Leandro
14 Sab ss. Cirillo e Metodio (patrono d’Europa)
s. Valentino
28 Sab s. Romano
s. Candida
Istituto Salesiano, Ratisbonne,
Gerusalemme
z
d
La strenna
Il cuore di Gesù, Buon Pastore, contrassegna tutto il nostro agire pastorale
e costituisce un riferimento essenziale per noi. Allo stesso tempo, ne
troviamo la concretizzazione,‘alla maniera salesiana’, in Don Bosco
plasmato nel singolare spirito di Valdocco, o in quello similare di Mornese,
o in quel che è più tipico ad ogni gruppo della nostra Famiglia Salesiana.
Un pensiero di don Bosco
Si dovrà sudare e sudare molto per conservare la dolcezza, e talvolta si
dovrà spargere persino il sangue per non perderla.
I LUOGHI
DI DON BOSCO
Il santuarietto di
Maria Ausiliatrice
Fu iniziato esattamente
cento anni fa, per
celebrare il centenario
della nascita di don
Bosco.
La chiesa di Maria Ausiliatrice
a Santander (Spagna)
MARZO 2015
I LUOGHI
DI DON BOSCO
La Basilica di
Don Bosco al Colle
Sorge sul luogo dove
c’era la cascina
Biglione-Damevino,
in cui era nato
Giovanni Bosco.
Santuario di don Bosco
a Brasilia (Brasile)
I LUOGHI
DI DON BOSCO
Il duomo di Chieri
È una chiesa antica. Una
cappella è dedicata alla
Madonna delle Grazie.
Lo studente Giovanni
Bosco si fermava a
pregare qui, ogni giorno,
mattino e sera.
APRILE 2015
Don Bosco School, Park Circus,
Calcutta (India).
MAGGIO 2015
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
IndltrVoloeceeuscntcntotphoaalèerecrgehouèsrceaonsphtlauaeeoermirrtrvfoilapivo’.cacralbiehelcbsiistoesoatnearnsetatfoiaalmilreBedeSni -
un’offerta.