Bollettino_Salesiano_202311

Bollettino_Salesiano_202311

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Don Bosco
nel mondo
In missione
con APIS
L’invitato
Don Gildasio
Mendes
Le case di
don Bosco
Oropa
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
DICEMBRE 2023
Il nostro
Nobel
Don
Antonio
Polo
“Jo so
che verrà!„

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I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
L’epidemia di Lanzo
I
n una soleggiata giornata di
primavera del 1869, don
Bosco si recò a Lanzo con i
cantori e la banda dell’Oratorio per
celebrare in quel collegio la festa di
san Filippo Neri, titolare dell’Istitu-
to, e render più solenne la festa del
Corpus Domini in paese. Il collegio,
costruito a partire dal 1864, era
imponente ed era la prima struttura
salesiana fuori Torino. Don Bosco ne
era particolarmente orgoglioso. La
scuola godeva di grande stima.
Don Bosco andava spesso a visitar-
lo. Ma quel mattino di maggio, lo
attendeva una brutta notizia. In una
camera isolata dell’infermeria, erano
stati ricoverati sette allievi contagiati
dal terribile vaiolo.
Appena seppero che era arrivato don
Bosco, i sette, pieni di fiducia nella
benedizione di don Bosco, pregarono
il Direttore d’invitarlo a benedirli
non appena giunto: «Così, dicevano,
guariremo subito e potremo andare a
far festa con i compagni!».
A quella notizia, don Bosco esclamò:
«Già! festa e vaiolo non stanno insie-
me. Andate a preparare i loro abiti in
fondo al letto, che salirò a benedirli».
Alla vista di don Bosco, i malati
gridarono: «Don Bosco, don Bo-
sco, possiamo alzarci? Ci dia la sua
benedizione!»
«Avete fede nella Madonna?»
«Sì!»
«Recitiamo tutti insieme un’Ave
Maria!» e li benedisse.
I giovani, seduti sul letto, ricevet-
tero devotamente la benedizione,
quindi, tendendo con slancio
ambo le mani verso i vestiti,
insistettero: «Possiamo alzarci?»
«Ma avete proprio fede nella
Madonna?» «Sì... sì...» «Ebbene;
alzatevi!» disse il Santo.
In fretta e furia, incominciaro-
no a vestirsi. E poi si precipita-
rono in cortile.
Tutti e sette, meno uno, un
certo Baravalle, che, dubitando
di essere guarito veramente, per
precauzione rimase a letto.
Poco dopo il direttore li cercò
di nuovo e li trovò impegnati
in una calorosa partita di gioco
tra i compagni. Le “bolle” erano
scomparse, ma essendo una giornata
molto umida, i superiori, a dire il
vero, erano in qualche apprensione.
L’unica quasi-vittima di quel gior-
no di maggio 1869 fu il povero e
coscienzioso medico della scuola, che
per poco non ebbe un infarto quando
vide i malati di vaiolo “infettare”
l’intera scuola con una malattia spes-
so mortale. Pur essendo comprensi-
bilmente furioso, in realtà nessuno
contrasse la malattia.
Il dì seguente si compì la
distribuzione di premi speciali
di buona condotta a sei alunni,
giudicati i migliori, per votazione
degli stessi compagni. Era presente
anche il medico, dott. Magnetti.
Primo a essere nominato fu il giova-
ne De Magistris. «Infermo!» esclamò
il dottore.
«Presente!» esclamò più forte l’a-
lunno. Era uno degli ammalati. Il
secondo a essere proclamato fu Pas-
serini. «Infermo!» ripeté il dottore; e
il giovane ripeté più forte: «Presen-
te!». Era un altro degli ammalati.
Il buon medico s’inquietò; si mise
a gridare all’imprudenza, disse che
le “bolle” erano scomparse, ma che
quell’atto sarebbe stato fatale; e si
affrettò a recarsi nell’infermeria ove
non trovò che il Baravalle, il quale,
grazie alle sue cure, poté lasciare il
letto dopo venti giorni; mentre gli
altri, che avevano avuto fede in Ma-
ria Ausiliatrice e in don Bosco, erano
guariti all’istante.
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DICEMBRE 2023

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Don Bosco
nel mondo
In missione
con APIS
L’invitato
Don Gildasio
Mendes
Le case di
don Bosco
Oropa
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
DICEMBRE 2023
Il nostro
Nobel
Don
Antonio
Polo
“Jo so
che verrà!„
DICEMBRE 2023
ANNO CXLVII
NUMERO 11
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: «O Salvatore, squarcia i cieli e scendi!»
dice uno degli inni più belli dell’Avvento (Foto di
Everste/ iStock).
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 IL NOSTRO NOBEL
Don Antonio Polo
10 TEMPO DELLO SPIRITO
12 L’INVITATO
Don Gildasio Mendes
16 DON BOSCO NEL MONDO
In missione con APIS
20 LE CASE DI DON BOSCO
Oropa
24 SALESIANI
Ungheria
28 AVVENIMENTI
Nazareth
32 FMA
Istituto Paolo VI
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
Il riposo del viandante
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 IL CRUCIPUZZLE
43 LA BUONANOTTE
6
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24
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 64
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://bollettinosalesiano.it
Hanno collaborato a questo
numero: Federica Annibali, Agenzia
Ans, Ana Samaniego, Pierluigi Came-
roni, Gianni Caputa, Celine D.Cunha,
Roberto Desiderati, Ángel Fernández
Artime, Piero Grosso, Sarah Laporta,
Carmen Laval, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, Francesco
Motto, Marcella Orsini, Pino Pellegri-
no, O. Pori Mecoi, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Alberto Rodriguez M.
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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livello internazionale che tutelano le foreste, l’ambiente
e i lavoratori.

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
LaMcaesrtgahdei rMitaamma
Al termine di un anno, abbiamo tutti una cesta
della memoria nella nostra anima. Contiene
quello che abbiamo vissuto, un anno ricco,
pieno di ricordi piacevoli, ma anche di imprevisti.
Un anno in cui non sono mancate le sorprese.
C ari amici di don Bosco e del suo carisma,
al termine dell’anno 2023, mi è sembrato
interessante utilizzare la simbologia della
cesta che Mamma Margherita porta sem-
pre al braccio. Anche nel nuovo poster della stren-
na, il suo segno distintivo è la cesta appesa al brac-
cio. Siamo tutti abituati a vederla così, Mamma
Margherita. Senza la cesta, il fazzolettone in testa e
l’abito da povera contadina non ci sembrerebbe lei.
La cesta era fatta di vimini intrecciati con grande
cura. Aveva trasportato i corredini per i suoi nipoti-
ni, fragranti pagnotte appena sfornate e la bianche-
ria profumata di pulito.
Ma il 3 novembre 1846, come racconta don Bosco
nelle Memorie dell’Oratorio, quando lui e la mamma
scesero dai Becchi a Torino per accogliere i giovani
abbandonati della città, Mamma Margherita la riem-
pì con il suo corredo da sposa, attentamente ripiegato
e, nel mezzo, depositò alcuni mazzolini di lavanda.
Nel fondo, ben nascosto sotto il rivestimento della
stoffa, nascose il suo piccolo tesoro: un pacchettino
di velluto con due anelli e un ciondolo d’oro.
Con questi pochi beni riuscirono a fare fronte alle
prime necessità dell’Oratorio. Mamma Marghe-
rita aveva un cuore grande come tutte le colline
dell’astigiano e la biancheria iniziò a sparire, tra-
sformandosi in camicie e mutande per i ragazzi.
Curioso il destino dell’abito da sposa che divenne
la prima tovaglia dell’altare della Cappella Pinardi
e poi lenzuolo per un malato di colera.
Ma la cesta non era vuota, conteneva il profumo di
tutte le cose belle e buone della sua vita.
Lo scrigno dei ricordi felici
Alla fine dell’anno, la dovremmo avere tutti una
cesta così. Appesa alla mente e al cuore. Una cesta
come scrigno di ricordi felici. Dovremmo riempirla
dello stupore della danza della vita che rapidamen-
te è passata: le persone che ci hanno fatto del bene,
gli avvenimenti di grazia, gli incontri che ci hanno
ridato fiato e coraggio, le certezze, le speranze e
sotto tutto l’oro prezioso della presenza di Dio.
Nella mia cesta ho trovato tante cose per cui ringra-
ziare il Signore della Vita, il nostro buon Dio e Padre.
E certamente, come accade nella vita di ogni perso-
na, anche in voi che mi leggete, non tutto quello che
si vive in un anno ha prodotto gioia. Ci sono anche
dolori, fatiche, richieste, perdite, ma tutto questo,
vissuto nella fede, si illumina in modo prezioso.
Nel mio cesto trovo tanti sforzi, sia personali
sia di chi mi aiuta nell’animazione e nel gover-
no della Congregazione, che sono serviti a dare
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DICEMBRE 2023

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vita, tanta vita: abbiamo potuto aiutare tante
persone, tanti bambini e giovani in tutto il mon-
do salesiano, incoraggiando i miei confratelli e la
Famiglia Salesiana a continuare un cammino di
fedeltà salesiana. Il cesto è pieno di tante dona-
zioni da parte di tante persone in tutto il mondo,
nelle 135 nazioni e nelle migliaia di opere di tut-
ta la famiglia salesiana nel mondo.
Nel mio cesto quest’anno c’è la visita di don Bo-
sco al centro per minori (la vecchia Generala che
don Bosco visitò con don Cafasso), e dalla quale
sono tornato a casa con il cuore pesante e pieno
di dolore per essermi trovato lì con quei giovani
(che spero superino presto questa situazione), ma
con la gioia di sapere che ce la faranno. Il saluto
del giovane che mi ha chiesto: “Quando torni?”
è impresso nella mia memoria. E tornerò presto.
Nel mio cestino c’è la gioia di tanti viaggi fatti
durante l’anno – questa volta di nuovo nei cinque
continenti, visto che sono tornato in Australia.
Potrei scrivere pagine su tutti i viaggi. Citerò solo
la mia visita in Perù, due volte a febbraio, sull’al-
topiano di Huancayo, con il suo freddo e le sue
colline e l’incontro con più di mille giovani, a
2500 metri di altitudine, e l’immenso caldo, del-
la città dell’eterno calore (come loro stessi amano
dire) che è Piura, dove ho trovato una devozione a
Maria Ausiliatrice che mi ha commosso.
Il mio cesto contiene la gioia di vedermi a Viedma
– Argentina cinque mesi dopo la canonizzazio-
ne del coadiutore salesiano sant’Artemide Zatti
e di ripercorrere le strade che lui ha percorso e di
vivere dove lui ha vissuto e ha reso la santità una
realtà nella vita di tutti i giorni.
E il cesto, nel profondo del mio cuore, contiene
quest’anno l’esperienza più profonda che un es-
sere umano possa fare. L’esperienza di perdere
la madre, soprattutto quando il padre è già an-
dato in cielo. Si sente davvero che il “cordone
ombelicale” che ti ha sostenuto non solo fino a
quando sei stato messo al mondo, ma per tutta
la vita, è definitivamente tagliato. Ma ho vissuto
anche questo, con la Grazia del Signore, come
una perdita, certo, ma piena di significato, piena
di speranza e con immensa gratitudine al Signo-
re della vita per una vita lunga e bella nel caso
sia di mio padre sia di mia madre. Come non
ringraziare il Signore per questo.
Il mio cestino di quest’anno contiene l’immensa
gioia dei preziosi giorni trascorsi a Lisbona in
occasione della Giornata Mondiale della Gio-
ventù. Più di un milione di giovani hanno dato
una preziosa testimonianza di umanità e uma-
nesimo, di capacità di vivere in armonia, amici-
zia e pace pur essendo molto diversi, differenti,
provenienti da ogni parte del mondo. Che gran-
de lezione ci insegnano.
E infine, il mio cesto di quest’anno contiene un
profondo atto di fede e di obbedienza. Senza
dubbio per fede il Santo Padre lo ha fatto no-
minandomi Cardinale di Santa Romana Chie-
sa. E certamente per fede, e con la certezza che
il nostro Dio accompagna la vita di ciascuno di
noi nel modo unico che solo Lui conosce, ho
accettato questo disegno e questa obbedienza.
Certamente con gratitudine e con la promessa di
fedeltà e lealtà al Vicario di Cristo, come ci viene
dichiarato quando riceviamo l’anello cardinali-
zio. Solo nella fede si può vivere degnamente
una cosa del genere.
Come potete vedere, amici miei, la mia cesta
è colma. Sono sicuro che è così anche nel-
la vita di ognuno di voi. Questo è il grande
dono della vita da parte di Dio.
Vi auguro un tempo benedetto in questo
mese. E vi auguro che, nell’attesa della
venuta di Gesù Cristo, continuiate a
operare come Famiglia Salesiana per
far sì che il nostro mondo sia
purificato dall’odio
e dalla discordia e sia
riempito dallo spirito cristiano,
in modo che tutti possiamo vivere
sempre in pace tra di noi.
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IL NOSTRO NOBEL
Ana Samaniego
Don Antonio Polo
Nobel dei missionari 2023
Salinas, paese della speranza.
«Tutto ha per me un piacevole sapore di fatica e
gioia, di un rinnovato rapporto con il cielo e con
un impegno per l’integrazione qui sulla Terra».
La 33a edizione “Premio Cuore Amico” – il cosiddetto
“Premio Nobel” dei missionari – è stato consegnato
CXuoXrXeIaIImPirceomio
Istituito da don Mario Pasini
come da tradizione a Brescia, alla
vigilia della Giornata Missionaria
Mondiale – sabato 21 ottobre 2023.
Grande è stato il riconoscimento
offerto quest’anno alla Famiglia Sa-
lesiana, con il “Premio Cuore Ami-
doSnaAcenrdtooteniinoEcPuoadloor
sMuiosrsiAondaerialein
Brambilla
Giordania
MMisasuiorniazriiooinBHaairticaro
co” assegnato a don Antonio Polo,
SDB, missionario in Ecuador; e con
un’ulteriore attestazione, la quinta
edizione del “Premio Carlo Marchi-
ni”, assegnata nella stessa occasio-
Suor
sabato 21 ottobre 2023 in
GBriuasseilpep| iPnraeCmaiornCoavralloi,
MSuaorcrahiSnia2le0s2i3ana
ore 9.30
Brescia - Auditorium Capretti pressinogIrsetsitsuotoinAratuigtoiadnaelvliiadiBvriiagiGdiaoAvavnongiaPdiraom2a3rta 6
ne a suor Giuseppina Carnovali,
missionaria delle Figlie di Maria
Ausiliatrice in Brasile.
A Salinas de Guaranda il tempo può es-
sere impietoso. Le mattine piene di sole
e caldo sono talvolta accompagnate da
pomeriggi freddi e forti piogge. Questo
cambiamento di temperatura non altera le attività
produttive che svolgono i suoi abitanti. Con il vul-
cano Chimborazo come vicino, questa popolazione
di Bolívar è diventata un punto di riferimento per
l’imprenditorialità in Ecuador negli ultimi 40 anni.
Il marchio El Salinerito è una sorta di ambasciatore
di questa cittadina situata a 3500 metri sul livello
del mare. A 83 anni suonati, una lunga barba bian-
ca e un basco che si toglie solo per dir Messa, padre
Antonio Polo, un salesiano arrivato a Salinas nel
1970 con un incarico che gli avrebbe richiesto, in
linea di principio, quattro mesi, continua a fare il
parroco e a osservare, dalla scalinata della chiesa
di Salinas, il suo villaggio diventare una città.
Don Polo ha incontrato nei giorni scorsi i delegati
del Credito Cooperativo italiano e del Banco Co-
desarollo. Con lui, anche padre Pio Baschirotto,
un altro salesiano veneto, dal fisico possente e dal
sorriso contagioso. Missionari saliti sulle Ande a
conquistarsi la fiducia degli indios vivendo nelle loro
capanne, al gelo. Guide spirituali e sociali che hanno
accompagnato un popolo a diventare proprietario di
se stesso. Migliaia di indios strappati a condizioni di
vita durissime, migliaia di ettari comprati dalle co-
munità, centinaia di villaggi “liberati” dalla pover-
tà e dall’ignoranza nella Sierra che si estende tra le
due cordigliere, sopra i tremila metri, dove neanche i
conquistadores si spingevano volentieri.
Sei felice del premio che hai ricevuto?
Sì, molto felice, perché è il riconoscimento di un po-
polo di contadini, indigeni e meticci che sono riusciti
a superare la povertà e lo sfruttamento nella durez-
za degli altopiani ecuadoriani alla luce del Vangelo.
È un riconoscimento alla comunità salesiana che li
ha accompagnati, e continua ad accompagnarli, per
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più di mezzo secolo, condividendo sogni, sacrifici
e gioie.
Alcuni confratelli hanno già ricevuto il vero e de-
finitivo “Nobel” dalle mani di “Taita Dios” (Papà
Dio): monsignor Candido Rada, il vescovo sale-
siano che ci ha portato qui con lo slogan di an-
nunciare, celebrare e costruire il sogno di Gesù: il
suo Regno su questa terra. Dalla porta della chiesa
all’esterno, dobbiamo vivere con coerenza e gioia
ciò che viene annunciato e celebrato dalle porte
della chiesa all’interno. Ispirazione nella pastorale
e sostegno concreto attraverso il Fondo Ecuado-
riano Populorum Progressio e personale fortemente
motivato come Bepi Tonello nella sfida sociale”.
Padre Sandro Chiecca con la sua predilezione per i
più esclusi, gli indigeni, con la sua costante e amo-
revole vicinanza agli animatori e ai catechisti di
Simiatug.
Una sfida importante è quella di seguire le comu-
nità più lontane: più di cento nelle tre parrocchie
missionarie sotto la nostra cura. Questa cura è resa
possibile dall’incredibile lavoro di due fratelli sa-
lesiani, don Matteo e Damiano Panteghini, che
hanno aperto 180 km di strade sterrate, che per
anni hanno visto noi pellegrini a piedi per giorni
e giorni, in circostanze particolari di mancanza di
risorse.
Come è nata la tua
vocazione?
La mia vocazione è nata a Venezia,
dove sono nato e dove l’orato-
rio salesiano si trovava (e si
trova tuttora) proprio sot-
to casa mia. Quando mi
chiesero che cosa volessi
fare da grande, pensai al
mio papà, sempre serio e
lavoratore, e lo confron-
tai con i salesiani, sempre
allegri e... giocosi. “Voglio
essere un salesiano!” risposi.
Perché sei andato in missione?
Sono andato in missione perché, inaspettatamente,
mi è stata data la possibilità di provare a realizzare
un sogno nascosto che avevo fin da bambino. Al
vescovo Rada era stata affidata una diocesi comple-
tamente nuova che non aveva nulla. Passando per
l’Università Salesiana di Roma, inviò un messag-
gio: “Cerchiamo un sacerdote salesiano sociologo
per accompagnare, per quattro mesi, un gruppo di
volontari nell’Operazione Mato Grosso”.
L’anno era il 1970. L’obiettivo ufficiale dei quattro
mesi era la costruzione della casa comunitaria. La
festa di inaugurazione fu accompagnata dalle
lacrime della popolazione: “La casa è bella, è
quello di cui abbiamo bisogno. Ma se te ne
vai, anche questa apparterrà al ‘capo’:
perché non resti, piccolo padre”?
È quello che mi aspettavo di
sentire: sono rimasto. Non
sapevamo nemmeno da dove
cominciare, ma la casetta
serviva per incontrarsi, per
pensare e sognare: la libertà
dalla hacienda, la salute, le
scuole, le fonti di lavoro... il
pane quotidiano che nasce alla
luce del pane della Parola di
Dio e del pane dell’Eucaristia.
Don Antonio
con i suoi
parrocchiani e
il Chimborazo
che fa
capolino.
Il momento
della consegna
del “Nobel
dei missionari”
a don Antonio,
che non
abbandona
il suo basco.
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IL NOSTRO NOBEL
A Salinas e poco a poco nelle comunità che si sta-
vano formando allo stesso modo: la Messa, l’incon-
tro, la minga (lavoro collettivo gratuito), la scuola,
la casa comune, la cappella e... il caseificio comu-
nitario.
Momenti della
infaticabile vita
parrocchiale di
don Antonio.
Qual è il tuo lavoro in Ecuador?
Quanto detto sopra mostra il lavoro che è stato fat-
to. Per il futuro, è necessario colmare le lacune e le
sfide accumulate lungo il cammino (“strada facen-
do si aggiusta il carico”, come diceva il nostro caro
monsignore): rafforzare le équipe pastorali in ogni
comunità (si sta cercando l’aiuto di volontari pasto-
rali laici Fidei donum), creare nuove opportunità per
i giovani (molto diversi dai primi che abbiamo in-
contrato) puntando a un nuovo stile di evangelizza-
zione; un giovane salesiano indigeno, vocazione di
padre Pio a Zumbahua, che si è recentemente unito
alla comunità, è un grande appassionato di musica
e ha una buona padronanza dei social media.
Anche i giovani sono alla ricerca di lavoro e sono
molto attratti da ciò che è direttamente legato alla
natura e alla cultura: il Salinas Yuyay (la memo-
ria di Salinas) è sulla strada giusta e con il premio
Cuore Amico, ora abbiamo nuove risorse per rea­
lizzare i nostri sogni. La Casa della Gioventù “S.D.
Savio” sarà potenziata e speriamo di vincere un’ul-
teriore sfida: in sinergia con il Progetto Salesiano
Don Bosco per i giovani in difficoltà (già noto
come “Bambini di strada”), accogliere nel nostro
tranquillo angolo andino i ragazzi minacciati dalle
bande nelle città della costa, offrendo pace, studio
e formazione.
Quali sono le tue più grandi
soddisfazioni?
Le Messe domenicali nel villaggio e, periodica-
mente, nelle comunità, la riflessione all’inizio della
settimana a turno nelle associazioni, i bambini che
possono muoversi liberamente come re nella cal-
ma di un popolo solidale e che mi corrono incontro
per abbracciarmi con gioia. La natura un tempo
distrutta e ora rigogliosa, le visite quotidiane di
contadini e studenti in cerca di speranza. Aver as-
sicurato l’istruzione e il pane quotidiano, attraverso
il lavoro comunitario, a migliaia di famiglie prima
povere e sfruttate.
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Aver diffuso, con la parola e con l’esempio concre-
to, la pratica di dare valore aggiunto a tante materie
prime di cui l’Ecuador è così ricco (ma rimane po-
vero consegnando i suoi preziosi prodotti naturali
allo stato grezzo). Il sale, il latte, la carne, il cacao,
la frutta, il miele, i funghi, le erbe aromatiche, la
lana, la paglia e molti altri sono diventati prodotti
di qualità ben accolti sul mercato nazionale e inter-
nazionale....
Oggi i quasi 1000 abitanti sono imprenditori che
partecipano principalmente alla produzione di for-
maggi e cioccolato. C’è anche chi apre attività come
ristoranti o ostelli per approfittare dell’arrivo di vi-
sitatori. A cui si aggiungono i quasi 10 000 abitanti
dei comuni limitrofi collegati alla rete produttiva di
Salinas. “Quello che si è ottenuto è stato un susse-
guirsi di situazioni in cui ci siamo ritrovati con un
partner nascosto – dice Polo guardando il cielo – che
ci ha mandato la persona giusta al momento giusto.
È stato un processo ricco di impegno da parte della
comunità”.
Finanze: qualsiasi aiuto per creare fonti di lavoro è
ben accetto. Abbiamo sempre più idee che risorse.
Puntiamo all’autogestione, ma non sempre gli inizi
possono essere sostenuti rischiando il credito. Sen-
za lavoro, i giovani emigrano verso le città e persino
verso altri Paesi. Vogliamo ampliare la produzione
di sale (un prodotto ancestrale che era praticamente
caduto in disuso), avere un mulino per utilizzare i
nostri mangimi nell’allevamento, rendere operativo
il centro sperimentale per le innovazioni alimen-
tari, sfruttare alcune belle fonti di acqua minerale,
realizzare orti familiari e comunitari per i bambini
malnutriti.
Qual è il futuro della Congregazione
salesiana in Ecuador
Rafforzare il volontariato salesiano, puntando an-
che a renderlo sempre più fonte di vocazioni.
Rafforzare le “missioni andine”.
Rafforzare il Progetto Don Bosco.
Sinergia tra i due campi d’azione: andino e giovani
a rischio del PoB...
Il libro della
sua vita è
un successo
editoriale.
Quali sono i tuoi bisogni più urgenti?
Persone: abbiamo già accennato alla presenza del
nuovo sacerdote locale (sarà ordinato a Simiatug il
31 gennaio 2024) ma le comunità sono tante, l’età
dei sacerdoti locali è avanzata. Contiamo sul pre-
zioso supporto dei volontari salesiani e dei cate-
chisti locali, ma la messe è abbondante, e ci man-
cano gli operai. Segnaliamo, da questo bollettino,
un appello per le vocazioni pastorali laicali. Nel
campo sociale dobbiamo molto al volontariato
internazionale (formaggi, cioccolato, salumi, es-
senze, filatura, artigianato...), ma quello che è più
urgente ora è rivitalizzare l’esperienza cristiana
del lavoro comunitario... Sul versante pastorale, in
tre comunità manca ancora una buona cappella e
sogniamo di attrezzare tutti i centri per ricevere le
celebrazioni a distanza. In ambito educativo, vor-
remmo sostenere le spese di alloggio dei giovani
nelle residenze.
CONTATTI
P. Antonio Polo - apolosalinas@yahoo.it
0039 997853434
Ana Maria - anasamaniegol94@gmail.com
0039 983931504
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TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
Oro, incenso e mirra
anche per noi Tre piccole storie
per accompagnare
Lungo e penoso fu il viaggio dei Magi dal lon-
tano Oriente verso il modesto villaggio di
Betlemme in Giudea. Ma finalmente, ecco la
meta raggiunta, indicata dalla stella: «Videro
il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo
i doni dei Magi
nella nostra vita spirituale.
La donna lo avvolse in una coperta e se lo caricò
adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono sulle spalle.
in dono oro, incenso e mirra» (Matteo 2,11).
Il mattino dopo, il re si svegliò nella casa del forna-
Per duemila anni esperti e luminari hanno cercato io. «Ma, come?», si meravigliò.
il significato dei doni dei Magi. Ma la via più breve La moglie gli sorrise. «Hai detto che potevo
verso la verità è, come sempre, una semplice storia. portarmi via ciò che avevo di più caro. Ebbene, ciò
L’oro: che cosa hai di più prezioso?
che ho di più caro al mondo sei tu».
E tu, che cosa ti porteresti via?
Il figlio di un re si innamorò, come succede nel-
le fiabe, della figlia del fornaio, che era povera
L’incenso, un esile filo di fumo
ma bella. E la sposò. Per alcuni anni i due sposi che sale in alto
vissero in piena armonia e felicità. Ma, alla morte Un piccolo ragnetto, portato dal vento, approdò
del padre, il principe salì sul trono. I ministri e i sulla cima di un albero. Ma quel luogo non era
consiglieri si affrettarono a fargli capire che per la adatto e discese su una grande siepe spinosa. Qui
salvezza del regno doveva ripudiare la moglie po- c’erano rami e germogli in abbondanza per tesservi
polana e sposare invece la figlia del potente re con- una tela. E il ragno si mise subito al lavoro, lascian-
finante, assicurandosi con questo matrimonio pace do che il filo, lungo il quale era disceso, reggesse
e prosperità.
la punta superiore della ragnatela. Filo dopo filo,
«Ripudiatela, sire, dopotutto è la figlia di un fornaio». nodo dopo nodo, la tela del ragnetto si fece bellissi-
«La sicurezza del trono e dei vostri sudditi viene ma. Mosche e moscerini incappavano numerosi. Al
prima di tutto».
mattino, dopo la rugiada, i fili sembravano collane
Le insistenze dei ministri si fecero sempre più pres- di brillanti e il ragno era orgoglioso del suo capola-
santi e alla fine il giovane re cedette.
voro. Lavorava alla sua tela tutti i giorni ed era di-
«Ti devo ripudiare – disse alla moglie –, domani ventato un ragno commendatore, grande e grosso.
tornerai da tuo padre. Potrai portarti via ciò che ti Aveva la più bella e redditizia tela di tutto il bosco.
è più caro».
Un mattino, però, si svegliò di cattivo umore o for-
Quella sera mangiarono insieme per l’ultima volta. se scese dal letto con le quattro zampe sbagliate.
In silenzio. La donna, apparentemente tranquilla, Fece un giro della tela per far colazione con qualche
continuava a versare vino nel bicchiere del re. Alla moscerino, ma non ne trovò. Nella notte aveva ge-
fine della cena, il re sprofondò in un sonno pesante. lato e questo aumentò il suo umore nero.
10
DICEMBRE 2023

2 Pages 11-20

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Nell’aria non volava neanche una mosca. Ispezionò
la tela per passare il tempo, tirò qualche filo che
si era allentato e, gira e rigira, finì con il notare
un filo strano. Apparentemente non si attaccava da
nessuna parte. Sembrava finisse nelle nuvole. Più
lo guardava, più si arrabbiava. “Sta a vedere”, pen-
sò, “che da quel filo vengono giù dei concorrenti a
mangiarsi le mie prede”. “È uno stupido filo buono
a nulla”, ruminava tra sé. E con un colpo secco del-
le robuste mandibole lo tagliò.
Tutta la tela cedette e si trasformò in un umido
cencio che avviluppava il ragno. Troppo tardi il
poverino si ricordò che, in un sereno giorno di set-
tembre, era sceso giù da quel filo e quanto gli era
stato utile, proprio quel filo, per tessere e allargare
la sua tela.
Il filo che ti unisce al Cielo e “regge” la tua
vita è la preghiera.
La mirra, la preziosa sostanza
dal profumo straordinario
Una mattina, al Polo Nord, l’orso bianco fiutò
nell’aria un odore insolito e lo fece notare all’orsa
maggiore (la minore era sua figlia): «Che sia arri-
vata qualche spedizione?».
Furono invece gli orsacchiotti a tro-
vare la viola. Era una piccola violet-
ta mammola e tremava di freddo,
ma continuava coraggiosamen-
te a profumare l’aria, perché
quello era il suo dovere.
Prima di sera si sparse per
tutto il Polo la notizia:
un piccolo, strano esse-
re profumato, di colore
violetto, era apparso
nel deserto di ghiaccio,
si reggeva su una sola
zampa e non si muo-
veva.
A vedere la viola ven-
nero foche e trichechi.
Vennero dalla Siberia le renne, dall’America i buoi
muschiati, e più di lontano ancora volpi bianche,
lupi e gazze marine.
Tutti ammiravano il fiore sconosciuto, il suo stelo
tremante. Tutti aspiravano il suo profumo, ma ne
restava sempre abbastanza per quelli che arrivavano
ultimi ad annusare, ne restava sempre come prima.
Quella notte corse per tutto il Polo un pauroso
scricchiolio. I ghiacci eterni tremavano come vetri
e in più punti si spaccarono. La violetta mandò
un profumo più intenso, come se avesse deciso di
sciogliere in una sola volta l’immenso deserto ge-
lato, per trasformarlo in un mare azzurro e caldo,
o in un prato di velluto verde. Lo sforzo la esau-
rì. All’alba fu vista appassire, piegarsi sullo stelo,
perdere il colore e la vita. Tradotto nelle nostre
parole, e nella nostra lingua il suo ultimo pensiero
dev’essere stato pressapoco questo: «Ecco, io muo-
io... Ma bisognava pure che qualcuno comincias-
se... Un giorno le viole giungeranno qui a milioni.
I ghiacci si scioglieranno, e qui ci saranno isole,
case e bambini».
«Siate il buon profumo di Cristo».
(san Paolo)
DICEMBRE 2023
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2.2 Page 12

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L’INVITATO
B.F.
Don Gildasio Mendes
Consigliere per la Comunicazione Sociale
della Congregazione Salesiana
Siamo tutti chiamati a educarci per vivere in modo sano,
più umano e fraterno all’interno dell’universo digitale.
È d’accordo che
l’effetto più dannoso
del mondo digitale
sia la dipendenza del
genitore dai media
digitali, che finisce per
diventare dipendenza
dei figli”? Quanto
conta l’esempio
che danno gli adulti
(perennemente
con il naso nel loro
smartphone)?
Rispondo a queste due domande dicendo prima di
tutto che siamo tutti cittadini del mondo digitale.
Siamo tutti immersi in questa realtà a livello fisi-
co, emotivo e sociale. Viviamo in questo habitat
digitale giorno e notte. Parliamo con le persone al
telefono, registriamo e inviamo video, facciamo ac-
quisti, gestiamo i nostri conti bancari, i documenti,
viaggiamo, gestiamo i nostri progetti di lavoro, le
agende aziendali, l’istruzione e l’intrattenimento.
In questo senso, viviamo in una vera e propria real-
tà digitale. E non dobbiamo assolutamente separa-
re il mondo reale da quello virtuale.
Viviamo al giorno d’oggi in due tempi che si inter-
secano e si completano a vicenda. Genitori e figli
vivono e crescono nella realtà digitale, che è un vero
mondo nuovo.
I figli sono consapevoli che per
i genitori (e gli educatori) è più
importante trascorrere del tempo
con loro, piuttosto che tenersi al
passo con i social media o rispondere
alle email?
Credo che la responsabilità di vivere nel mondo di-
gitale rientri tra i compiti di genitori e figli. Siamo
tutti chiamati a educarci per vivere in modo sano,
più umano e fraterno all’interno dell’universo digi-
tale. È quindi una questione di dialogo, di ascolto,
di amore. Un adolescente che vive in una famiglia
e sente il focolare dell’amore avrà un punto di rife-
rimento affettivo importantissimo per crescere con
senso etico nel mondo digitale.
Noi sappiamo che nonostante i giovani siano abili
a navigare nel digitale, cercano comunque la nostra
amicizia, il nostro ascolto, il nostro affiancamento
come compagni di viaggio ed educatori. Noi dob-
biamo imparare con i giovani e camminare al loro
fianco.
Il digitale sta cambiando il nostro
cervello e il nostro ritmo di vita?
Poiché Internet consente velocità, istantaneità e
interattività, il nostro cervello entra ovviamente in
una nuova dinamica ed inizia a rispondere a questa
accelerazione cerebrale, a una maggiore attivazione
del sistema nervoso e, di conseguenza, al coinvol-
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DICEMBRE 2023

2.3 Page 13

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gimento dei cinque sensi. In tal modo entriamo in
quello che possiamo chiamare il cervello collettivo
(cyberspazio), che è una forma di elaborazione di
segni (simboli, linguaggi, suoni) e stimoli.
Tutto questo è inconscio. In realtà siamo all’interno
di un universo con una logica numerica e matema-
tica; uno spazio virtuale, una vera e propria psi-
cosfera. In parole semplici, la psicosfera è lo stato
affettivo e cognitivo che sperimentiamo quando la
nostra mente è alterata; elementi non materiali di
informazione che influenzano i nostri pensieri e
sentimenti senza che noi siamo consapevoli della
loro realtà.
sonale si sente inutile e soffre psicologicamente di
problemi di autostima, allontanamento dagli ami-
ci e difficoltà a costruire la propria vita. Se questo
giovane passa tutto il giorno su Internet, isolandosi
dai suoi amici, ci chiediamo: qual è la causa prin-
cipale del suo isolamento e dell’uso eccessivo dei
social network? In questo caso, la mancanza di la-
voro è sicuramente il fattore che causa lo squilibrio
emotivo e sociale.
In alcune situazioni particolari, il tema del digitale
può essere utilizzato anche come fattore di causa-
lità o correlazione, ma dobbiamo evitare di gene-
ralizzare.
Può creare una forma di dipendenza?
Il tema della dipendenza a livello psicofisico è mol-
to complesso e coinvolge molti fattori. Facciamo un
esempio: un giovane che finisce l’università, cerca
un lavoro e non lo trova. Nella sua dimensione per-
Si tratta dunque di capire come
funziona la logica digitale?
L’accelerazione del cervello, l’intensità delle emo-
zioni, l’esposizione della nostra vita emotiva all’in-
terno dei social network ci collocano in un universo
Il digitale
cambia la
vita delle
famiglie?
www.shutterstock.com
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L’INVITATO
in cui questo nuovo meccanismo mentale richiede
molti stimoli, molte reazioni e velocità. Non stia-
mo assolutamente dicendo che il mondo e la logi-
ca digitale siano cattive abitudini. Siamo parte del
mondo digitale e siamo consapevoli dei benefici
che questo offre all’umanità e allo sviluppo umano.
È importante capire come funziona l’interazione
umana con il digitale ed è proprio per questo che è
importante un’educazione ad un’etica che ci aiuti a
vivere in modo sano e creativo.
Alcuni studi indicano che l’eccessiva automazio-
ne fa perdere alle persone la capacità di creare, di
pensare e di riflettere in profondità. Dalla logica
digitale nasce una nuova intelligenza come la nota
intelligenza artificiale.
A questo punto vale la pena ricordare che la logica
digitale, che è basata sulla tecnica e sull’automa-
tismo, segue gli stimoli che le neuroscienze han-
no sviluppato, dando pochissima importanza alla
questione della coscienza. Questa logica cambia
pertanto il modo di apprendimento generando su-
perficialità nel pensiero, difficoltà di riflettere in
modo sistematico, integrato e coerente.
Il multitasking, l’uso simultaneo di
diversi media, è aumentato in media
dal 16 al 40%. Siamo sempre più
abituati a usare tutti gli strumenti
contemporaneamente e viviamo
in una vera “immersione digitale”.
Per rispondere a questa domanda, vorrei sottolinea­
re prima di tutto il termine “immersione digitale”.
Com’è ben noto, con il digitale entriamo nel co-
siddetto mondo del cyberspazio e dell’infosfera.
Quando entriamo in Internet, questo immenso
universo di reti, siti web e migliaia di strade virtuali
siamo di fronte a un universo senza limiti, come se
avessimo perso il senso della territorialità.
Che cos’è l’infosfera? È un universo costituito
dalla totalità degli oggetti e delle informazioni
Sappiamo
che gli
adolescenti
e i giovani
vivono
intensamente
il digitale. Il
loro mondo
è una rete di
immagini,
di suoni e di
interattività.
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DICEMBRE 2023

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nelle loro varie tipologie che interagiscono dina-
micamente tra loro. In questo ambiente, un vero
e proprio acquario, è come se fossimo completa-
mente immersi.
Se prima conoscevo il mio paese, la mia città e i
miei vicini, ora giro il mondo attraverso il mio te-
lefonino collegato ad internet. Nel mondo digitale,
veniamo coinvolti a livello cognitivo ed emotivo
in questo vastissimo universo di immagini e suo-
ni che permettono l’interattività, la partecipazione
e il coinvolgimento con persone e oggetti. Pren-
diamo ad esempio lo shopping online. Entrare in
uno shopping online è una prova di immersione. È
praticamente vivere un’esperienza sensoriale, dove
tutto è realizzato attraverso un semplice click, con-
ferma.
Possiamo dire che il continuo
multitasking riduce la qualità del
lavoro, modifica l’apprendimento,
crea individui superficiali?
Dobbiamo a questo punto mettere a fuoco un’altra
cosa importante. Nel digitale impariamo a vivere
con una nuova logica, in cui riflettere, pensare,
meditare, come solitamente facevamo, risulta ora
al contrario quasi un automatismo. Perché questo?
Perché la logica digitale si basa molto sugli stimoli,
sulle reazioni neurologiche e su come il nostro cer-
vello risponde a questa logica.
Possiamo dire al riguardo che tutte le immagini,
suoni, parole e l’interattività che sperimentiamo in
una rete sociale hanno effetti sul nostro cervello
impattando direttamente sulle nostre percezioni,
sul nostro immaginario, sui comportamenti e, di
conseguenza, sulle nostre scelte a livello sia co-
sciente sia incosciente.
È ipotizzabile una pastorale
per nativi digitali?
Sappiamo che gli adolescenti e i giovani vivono in-
tensamente il digitale. Il loro mondo è una rete di
immagini, di suoni e di interattività. Sono nativi di
www.shutterstock.com
una realtà dove reale e virtuale sono una cosa sola
e dove l’immaginazione parla un linguaggio mul-
tidimensionale. Per loro, Internet e le reti sociali
sono luoghi di studio, di ricerca, di promozione
personale e professionale, di amicizie e di intrat-
tenimento. In questo universo sono presenti anche
grandi sfide. Il digitale rispecchia il complesso sce-
nario economico, politico e sociale, dove povertà,
violenza, guerra, indifferenza verso gli altri, indi-
vidualismo, ingiustizie, mancanza di lavoro e crisi
climatica costituiscono una minaccia per il presente
e per il futuro.
Ma quando parliamo di pastorale, credo che l’im-
portante sia partire da ciò che ci insegna il Van-
gelo: la scelta sentita ed esistenziale della persona
di Gesù Cristo e dei suoi insegnamenti: ciò che la
Chiesa ci propone per essere fratelli e sorelle. In
una comunità parrocchiale ad esempio, si possono
coinvolgere le persone nella pastorale della Chie-
sa legandole ad un progetto condiviso a livello sia
affettivo sia effettivo eleggendoli a membri di una
comunità.
(L’intervista continua nel prossimo numero)
Nel digitale
impariamo
a vivere con
una nuova
logica, in cui
riflettere,
pensare,
meditare,
come
solitamente
facevamo,
risulta ora
al contrario
quasi un
automatismo.
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DON BOSCO NEL MONDO
Marcella Orsini e Federica Annibali
In missione con APIS
La Fondazione don bosco nel mondo da anni sostiene
le missioni salesiane anche attraverso associazioni per la
solidarietà internazionale che usufruiscono del suo servizio
per la raccolta fondi e per la realizzazione di micro-progetti
in India del Sud e oggi in Sri Lanka.
Lo spirito e le
idee di quel
primo gruppo
di amici dei
salesiani
sono rimasti
gli stessi:
un gruppo
allargato di
una trentina
di amici.
L’APIS, un’ape sempre operosa
Un’ape operosa. Questa è la prima associa-
zione che viene alla mente pensando all’a-
pis (acronimo di Associazione Pro India
del Sud) e al suo operato che si è rivolto
prevalentemente al Tamil Nadu, lo stato
più povero ed estremo di uno straordina-
rio paese, l’India. L’Ape come il suo pro-
https://apisindia.net/
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dotto il miele, un distillato di dolcezza prodotto
dal lavoro umile e collettivo di un ristretto numero
di persone, amici e cattolici praticanti che hanno
mandato avanti da 25 anni questa associazione di
volontariato di Roma.
L’apis fu fondata ufficialmente nel 1997 da due co-
niugi Antoinette Pasquer e Domenico Catarinella
(rispettivamente nati nel 1924 e 1929) i quali in oc-
casione della loro pensione si recarono nell’India
del sud dove vissero un’esperienza straordinaria ac-
canto ad un sacerdote salesiano di grande carisma,
padre Tarcisio Rathnaswamy in quella che è stata
(ed è) una delle più estese e importanti missioni sa-
lesiane del Tamil Nadu.
“Un sacerdote dallo sguardo ieratico e vivace, occhi
profondi e un volto benevolo che incute simpatia e

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al tempo stesso deferenza e rispetto”; così lo descris-
sero nei loro appunti di viaggio i due coniugi Cata-
rinella al loro primo incontro avvenuto nell’ottobre
1990 a Chennai. Fu lui, allora direttore della Don
Bosco Beatitudes di Vyasarpadi, a “farci conoscere
tanti poveri, i fanciulli e le donne, anziani e malati
di lebbra in quell’angolo estremo del sub-continen-
te indiano”. E fu in seguito a questa esperienza e
alla permanenza di oltre un mese alla missione, sita
a ridosso di uno degli slum più poveri di Chennai,
che la loro vita cambiò definitivamente. Al loro
rien­tro a Roma Domenico e Antoinette raccolsero
un gruppo di amici appartenenti al loro percorso di
fede e cominciarono ad aiutare attivamente padre
Tarciso e poi altri salesiani che avevano migliaia
di necessità e bisogni in quell’area martoriata dalla
povertà, dalla fame e da malattie ormai scomparse,
quali la lebbra. Un’attività missionaria laica e silen-
ziosa svolta in silenzio, mettendo a disposizione il
tempo conquistato dopo la pensione. Attivarono e
promossero spettacoli e manifestazioni, raccolte di
denaro tra amici, vendita di prodotti indiani ac-
quistati in India. Nacquero così i primi dispensa-
ri, furono costruiti i primi pozzi per l’agricoltura,
acquistate jeep ambulanza e barche per i pescatori
colpiti dallo tsunami, inoltre furono costruiti im-
pianti igienici per gli orfanotrofi e le prime sartorie
per dare lavoro alle donne povere. E si diede il via
a centinaia di “sostegni a distanza” allo studio per
i bambini più bisognosi. Fu dalla straordinaria at-
tività di questo primo nucleo di cooperatori delle
missioni salesiane in Tamil Nadu, che “padre Tar-
cisio riuscì nel 1996 a vincere le nostre perplessità e
far sì, contagiati dalla sua incrollabile volontà, che
costituissimo l’Associazione Pro India del Sud, per
aiutare in forma concreta e più sistematica le mis-
sioni salesiane”.
Ancora oggi il sogno di un gruppo di laiche e laici
viene portato avanti, anche dopo la morte di padre
Tarcisio e di Antoinette (avvenute in modo quasi
coincidente nell’aprile e agosto del 2007) e di Do-
menico Catarinella (2014). L’associazione apis ne-
gli anni è cresciuta ed ha raggiunto, gra-
zie alla tecnologia e allo sviluppo
delle comunicazioni, maggiore
capillarità e diffusione.
Ma lo spirito e le idee di quel
primo gruppo di amici dei sa-
lesiani sono rimasti gli stessi:
un gruppo allargato di una
trentina di amici (prima
costitui­tosi onlus (or-
ganizzazione non
lucrativa di utilità
sociale) e oggi odv
(organizzazione
di volontariato)
che in comunio-
Dai pozzi per
l’irrigazione e
i dispensari,
negli anni si
sono potuti
costruire
laboratori di
falegnameria
e classi per
computer
per i ragazzi
delle scuole
salesiane,
strutture
sanitarie,
sartorie per
le donne
in cerca di
occupazione.
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DON BOSCO NEL MONDO
L’APIS
ha realizzato
più di 95
tra piccoli
e grandi
progetti con
un impegno
economico
profuso di
oltre un
milione
di euro.
ne lavorano incessantemente e a titolo
assolutamente gratuito per le mis-
sioni in India, in Tamil Nadu e
oggi anche in Sri Lanka. Sempre
accanto ai salesiani.
Continuando con lo stesso spiri-
to di umiltà e di servizio per i po-
veri e per i giovani, l’apis ha rea­
lizzato più di 95 tra piccoli e grandi
progetti con un impegno economico
profuso di oltre un milione di euro.
Dai pozzi per l’irrigazione e i dispensari negli
anni si sono potuti costruire laboratori di falegna-
meria e aule di informatica per i ragazzi delle scuole
salesiane, strutture sanitarie, sartorie per le donne in
cerca di occupazione. Soprattutto l’associazione ha
costruito scuole, una secondaria dedicata a Domeni-
co Catarinella a Nedungadu che ospita attualmen-
te più di 700 ragazzi, una primaria nel villaggio di
Boomayapuram (distretto di Keela Eral) e due centri
professionali per il miglioramento delle condizioni
educative e di impiego a Ulagampatti e a Chittam-
patti. Poi un villaggio per i più poveri tra i poveri, i
dhobi, a Madurantakam e un altro per ospitare 42
famiglie di lebbrosi ad Atthor, il Villaggio di madre
Antoinette, una struttura di recupero per i bambini
affetti da hiv a Nammakal, bagni e cucine e altri
locali per i ragazzi di tanti istituti salesiani.
Si continua a sostenere ancora il grande polmone
di amore che è nel dna dei volontari, il centro di
Vyasarpadi ora diretto da padre Joe Andrew: una
struttura immensa ancora fondamentale in quel
territorio che dà una casa, vitto, accoglienza e cure
mediche a migliaia di diseredati e abitanti dello
slum di Chennai senza il quale non avrebbero nes-
sun aiuto sociale.
In particolare, negli ultimi anni l’apis ha potuto
contribuire alla ristrutturazione di una cucina e di
un impianto di potabilizzazione dell’acqua per gli
anziani della Saint Thomas Home, di un ostello di
accoglienza per le ragazze orfane, Nirmala House
e per gli orfani della Domenico Savio Boys Home,
per i quali è stata costruita una cucina nuova di zec-
ca. Negli anni si è sempre più consolidato il rappor-
to tra le “piccole api di Roma” e questa missione così
significativa per la storia dell’associazione e delle
stesse comunità salesiane nelle missioni indiane.
A Vyasarpadi di recente è stato mandato il primo
volontario apis che ha rinsaldato antichi e nuovi
rapporti, restando a lavorare e a servire i poveri
nel mese di agosto del 2022. La sua è una testi-
monianza di continuità, di unità nella missione e
d’impegno nella realizzazione del sogno salesiano
tra i giovani, per i giovani. Un accompagnamento
ai giovani e un approccio pedagogico peculiare dei
salesiani che favorisce una dinamica di missione
circolare, tra pari.
Progetto Sri Lanka: “Bici and go!”
Insieme alla Fondazione don bosco nel mondo
l’associazione apis nel corso del 2023 si sta dedican-
do a dare sostegno allo Sri Lanka che in questi ul-
timi anni ha subito un grande impoverimento nelle
condizioni sociali a decremento dell’educazione dei
giovani. Soprattutto nel nord dello Stato dove la co-
munità Tamil è stata decimata da una guerra civile
durata 26 anni (1983-2009), ha subito intorno alle
100 000 vittime tra perdite di civili; migliaia infatti
sono i padri scomparsi e gli orfani che non hanno
accesso alle scuole pubbliche a pagamento.
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DICEMBRE 2023

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UN’ESTATE A VYASARPADI (TAMIL NADU, CHENNAI)
L’esperienza di Manu Saviano, volontario APIS in India
«Sono Manu Saviano, 32 anni, italiano di origine indiana. ai 17 anni e tra questi ci sono giovani orfani, ragazzi i cui genitori
Sono di Trieste da dove è iniziato il mio percorso di vita fin da non possono mantenerli economicamente, ragazze con prece-
bambino. Una città che mi ha offerto tutto, lavoro compreso. denti di abusi. L’istituto, quindi, accoglie questi ragazzi offrendo
Sentivo il bisogno di rendermi utile e quindi la voglia di intra- loro un posto sicuro dove dormire, mangiare, stare insieme, ma
prendere il servizio di volontariato era forte. Sono entrato in soprattutto imparare a leggere, a scrivere e istruirs­i. Seguono
contatto con l’Associazione APIS attraverso l’amicizia dei miei quindi una routine giornaliera: la mattina vanno a scuola e dopo
genitori con Federica Annibali (presidente dell’APIS) che mi la pausa pranzo dedicano tempo allo studio.
ha aiutato fornendomi le indicazioni adeguate e mettendomi Gli studi hanno l’obiettivo di formare i ragazzi e poi inserirli
in contatto con Joe Andrew, direttore dell’Istituto Don Bosco nel mondo del lavoro. Per i più bravi e portati per lo studio, l’i-
Beatitudes di Chennai, in Tamil Nadu.
stituto si sforza ulteriormente di finanziare il College in modo
Svolgevo alcune attività particolarmente con i bambini. La che si possano iscrivere alla facoltà adeguata e trovare un la-
mattina li accompagnavo a scuola e li riportavo nell’Istituto voro e condizioni di vita migliori.
all’ora di pranzo, facevo lezioni di inglese e nel pomeriggio L’esperienza di volontariato presso questo Istituto, portata a
organizzavo giochi di ruolo, calcio ma anche disegno e pittura. termine nell’estate del 2022, è stata bella e unica, accompa-
L’istituto ospita circa 100 ragazzi e ragazze, di età variabile dai 6 gnata da ricche emozioni, commozioni e condivisioni».
Attualmente il Paese sta attraversando la peggio-
re crisi economica e sociale dal post-indipendenza,
costringendo la popolazione più povera all’instabi-
lità e all’insicurezza.
In particolare, nella zona di Kilinochchi e Mullai-
theevu i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragaz-
ze dai 6 ai 16 anni che abitano in una quindicina di
villaggi sono costretti a percorrere a piedi tra i 6 e i
15 chilometri ogni giorno per recarsi alla scuola sa-
lesiana più vicina. Un percorso importantissimo per
costruire un futuro di opportunità e di sicurezza.
apis e Fondazione don bosco nel mondo,
insieme alla comunità salesiana di Kilinochchi,
hanno dato avvio al progetto Bici and Go! (Saliamo
in bici!) per il nuovo anno scolastico che partirà a
Gennaio 2024.
Il progetto ha l’obiettivo di facilitare l’accesso all’i-
struzione di 100 bambine e bambini attraverso l’ac-
quisto di 100 biciclette del costo di 100 Euro l’una,
aiutandoli a percorrere le difficili strade di terra
battuta del nord dello Sri Lanka per raggiungere la
scuola salesiana.
In questo, la comunità salesiana, supportata dalle
due organizzazioni, contribuisce a ridurre il rischio
di abbandono scolastico, da parte delle bambine e
delle ragazze, richiamate al lavoro domestico e dei
bambini e dei ragazzi, costretti al lavoro a causa
dell’instabilità economica delle famiglie.
Con questo progetto si vuole dare continuità e si
vuole potenziare la rete a sostegno delle missioni
salesiane nel mondo, nella certezza che il sogno di
don Bosco possa rinnovarsi e attualizzarsi nelle va-
rie espressioni di un’unica vocazione: l’amore per le
giovani e i giovani più fragili.
https://apisindia.net/
APIS e
Fondazione
Don Bosco
nel Mondo,
insieme alla
comunità
salesiana di
Kilinochchi,
hanno dato
avvio al
progetto Bici
and Go!
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2.10 Page 20

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LE CASE DI DON BOSCO
Pietro Grosso
160 anni fa
don Bosco a Oropa
Don Bosco salì ad Oropa nel momento di una decisione
importantissima e fu veramente colpito dalla bellezza del luogo
e dalla devozione dei pellegrini e della gente del posto, come
scriverà nella lettera inviata ai suoi ragazzi a Valdocco.
Il santuario di Oropa si trova tra le Alpi Biellesi
a 1176 m ed è luogo di fortissima devozione alla
Vergine, con testimonianze che risalirebbero
addirittura a sant’Eusebio, primo vescovo di
Vercelli (secolo iii). Mèta di continui pellegrinaggi,
è uno dei più grandi Santuari mariani d’Italia. Don
Bosco vi salì come devoto pellegrino nell’estate del
1863, per chiedere una grazia speciale a Maria.
Qualche mese prima aveva espresso ai suoi più di-
retti collaboratori il progetto di questo pellegrinag-
gio, dopo i suoi esercizi spirituali a Sant’Ignazio,
sopra Lanzo Torinese: voleva “fare la scelta delle
persone da mandarsi nel collegio di Mirabello” (mb
vol. VII, p. 482). L’apertura di questa nuova ope-
ra, la prima fuori Torino, era molto importante: si
trattava veramente di capire come se la sarebbero
cavata i suoi figli lontani da lui; ci voleva proprio
una protezione speciale di Maria, allora don Bosco
scelse il santuario di Oropa, molto vicino alla città
di Biella, dove era vescovo monsignor Losana, suo
carissimo sostenitore e amico. Vi si recò quindi ai
primi di agosto e fu veramente colpito dalla bellez-
za del luogo e dalla devozione dei pellegrini e della
gente del posto, come scriverà nella lettera inviata
ai suoi ragazzi a Valdocco. Furono giornate di pa-
radiso, così come descrivono i suoi cronisti e il suo
biografo don Lemoyne: “Ivi, dinnanzi a quell’effi-
gie taumaturga, celebrava la Santa Messa e pregava
lungamente” (mb vol. VII p. 497).
Poi il pensiero corse ai suoi ragazzi e ai giovanis-
simi primi salesiani di Valdocco: li avrebbe voluti
tutti con sé per vivere le sue stesse emozioni e il suo
amore alla Vergine.
E scrisse una delle sue più belle lettere:
“Se voi, o miei cari figliuoli, vi trovaste sopra que-
sto monte ne sareste certamente commossi. Un gran-
20
DICEMBRE 2023

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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de edifizio, nel cui centro havvi una divota chiesa,
forma quello che comunemente si appella Santuario
d’Oropa. Qui havvi un continuo andirivieni di
gente. Chi ringrazia la Santa Vergine per grazie
da lei ottenute, chi dimanda di essere liberato da un
male spirituale o temporale, chi prega la Santa Ver-
gine che l’aiuti a perseverare nel bene, chi a fare una
santa morte. Giovani e vecchi, ricchi e poveri, conta-
dini e signori, cavalieri, conti, marchesi, artigiani,
mercanti, uomini, donne, vaccari, studenti d’ogni
condizione si vedono continuamente in gran numero
accostarsi ai Santi Sacramenti della confessione e co-
munione e andare di poi ai pie’ d’una stupenda sta-
tua di Maria SS. per implorare il celeste di lei aiuto.
Ma in mezzo a tanta gente il mio cuore provava un
vivo rincrescimento. Perché? Non vedeva i miei cari
giovani studenti. Ah! Perché non posso avere i miei
figli qui, condurli tutti ai pie’ di Maria, offerirli a
Lei, metterli tutti sotto alla potente di Lei protezio-
ne, farli tutti come Savio Domenico o altrettanti
San Luigi?
Per trovare un conforto al mio cuore sono andato di-
nanzi al prodigioso altare di Lei e le ho promesso che,
giunto a Torino, avrei fatto quanto avrei potuto per
insinuare nei vostri cuori la divozione a Maria. E
raccomandandomi a Lei ho dimandato queste grazie
speciali per voi. ‘Maria, le dissi, benedite tutta la
nostra casa, allontanate dal cuore dei nostri giovani
fin l’ombra del peccato; siate la guida degli studenti,
siate per loro la sede della vera Sapienza. Siano tutti
vostri, sempre vostri, e abbiateli sempre per vostri
figliuoli e conservateli sempre fra i vostri divoti’.
Credo che la Santa Vergine mi aver esaudito e spe-
ro che voi mi darete mano, affinché possiamo corri-
spondere alla voce di Maria, alla grazia del Signore.
La Santa Vergine Maria benedica me, benedica tut-
ti i sacerdoti e chierici e tutti quelli che impiegano
le loro fatiche per la nostra casa; benedica tutti voi,
Ella dal cielo ci aiuti, e noi faremo ogni sforzo per
meritarci la sua santa protezione in vita ed in morte.
Così sia”.
Dal Santuario d’Oropa, 6 Agosto 1863
La Madonna gli ispirò criteri e nomi per la scel-
ta dei salesiani da mandare a Mirabello; a capo di
questa missione, la prima in ordine assoluto per i
Salesiani, fu posto il giovanissimo direttore don
Michele Rua. Non poteva fare scelta migliore.
Trentacinque anni dopo, il 9 novembre del 1898,
don Rua mandava a Biella il primo salesiano, don
Luigi Billieni, per fondare l’oratorio di San Cassia-
no nel popolare quartiere di Riva.
Cento anni dopo il pellegrinaggio di don Bosco,
nel 1963 l’allora Rettor Maggiore, don Renato Zig-
giotti, saliva anche lui come pellegrino al Santuario
per ricordare don Bosco e la fondazione della prima
opera fuori Torino. Questo evento è testimoniato
dal bellissimo quadro del Crida che si trova nella
chiesa di San Cassiano e che rappresenta don Bo-
sco a Oropa (unico nel suo genere) con una giovane
famiglia della parrocchia di quel 1963.
Il quadro
del Crida
che si trova
nella chiesa
di San
Cassiano
e che
rappresenta
don Bosco
a Oropa.
DICEMBRE 2023
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LE CASE DI DON BOSCO
La parrocchia-oratorio di S. Cassiano ha avuto
le sue origini a partire dal 9 novembre del 1898,
con il primo salesiano che timidamente arrivava
a quella che allora si chiamava piazza S. Cassiano
(ora p.zza S.G. Bosco) nel vecchio cuore di Riva e
dava così inizio a questa storia che continua ancora
adesso, con il totale inserimento della parrocchia
nel rione e nella città. Il centro giovanile la rende
tipica come tante altre parrocchie salesiane con l’a-
nimazione dell’oratorio quotidiano e della catechesi
parrocchiale; ma è proprio l’impegno delle fami-
glie e dei giovani di “Sanca” che rende attive tan-
te manifestazioni comunitarie e caritative del rio­
ne: la S. Vincenzo, la raccolta di generi alimentari
del gruppo “Fra Galdino”, la partecipazione alla
“Mensa del pane” che distribuisce pasti quotidiani
per tutto l’anno e l’impegno dei giovani animatori
che assicurano doposcuola, assistenza e animazione
all’oratorio e all’“Estate Ragazzi” e infine la gestio-
ne della bellissima “Palestra Don Bosco” che è un
po’ il fiore all’occhiello di tutta la nostra struttura.
Riconoscenti quindi a don Rua, vero fondatore di
Sanca, e nel ricordo del pellegrinaggio di don Bo-
sco a Oropa, anche i ragazzi del nostro oratorio il
4 settembre dell’anno scorso sono saliti a piedi da
Biella al Santuario, per ringraziare Maria nel 125°
anno della fondazione del loro oratorio.
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DICEMBRE 2023
Nel ricordo del
pellegrinaggio
di don Bosco
a Oropa,
anche i ragazzi
dell’oratorio
salesiano sono
saliti a piedi
da Biella al
Santuario, per
ringraziare
Maria.

3.3 Page 23

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IX CONGRESSO INTERNAZIONALE 2024
Maria Ausiliatrice
Proposto dall’ADMA per tutti
i gruppi della Famiglia Salesiana
Dal 29 agosto al 1° settembre 2024 si terrà
a Fatima, in Portogallo, il IX Congresso
Internazionale di Maria Ausiliatrice, con
l‘obiettivo di conoscere, approfondire e
diffondere la devozione a Maria Ausiliatrice.
Tema del 9° Congresso internazionale di
Maria Ausiliatrice: “Ti darò la Maestra”.
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DICEMBRE 2023
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3.4 Page 24

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SALESIANI
Sarah Laporta
«Essere Salesiani qui
è una sfida»
Don Derosi
Raja,
missionario
salesiano
in Ungheria,
indiano
di origine.
Incontro con
Derosi Raja
Gnana Pragasam,
Salesiano
in Ungheria
Puoi presentarti?
Sono don Derosi Raja, missionario salesiano in
Ungheria. Sono indiano di origine. Vengo dal
Tamil Nadu, la parte meridionale del mio Paese.
22 anni fa ho professato i voti religiosi e da 9 anni
svolgo il mio servizio come sacerdote. 16 anni fa
sono arrivato in Ungheria come missionario. Ho
studiato teologia e formazione per insegnanti in
ungherese. Ho lavorato nella mia Ispettoria come
Viceprovinciale, Rettore, Delegato provinciale per
la formazione e la missione.
Perché sei salesiano?
Come è nata la tua vocazione?
Quando avevo tre anni, l’allora Santo Padre Gio-
vanni Paolo II visitò per la prima volta l’India. La
sua visita non fu solo una benedizione ma anche
un’ispirazione per me. È stato emozionante quando
ho sorpreso gli anziani del mio villaggio e i miei
amati genitori dicendo che sarei diventato Papa.
A quei tempi non sapevo quanto fosse difficile
essere un pastore nella Chiesa e non conoscevo la
differenza tra un sacerdote religioso e un sacerdote
diocesano. Man mano che la mia famiglia si avvi-
cinava alle Suore Salesiane, attraverso di loro ho
conosciuto don Bosco, il Pastore dei giovani. Alla
fine sono entrato nell’aspirantato salesiano all’età di
13 anni e ora sono completamente per la Chiesa e la
Congregazione salesiana.
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DICEMBRE 2023

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Come hanno reagito i tuoi genitori?
I miei genitori erano timorati di Dio. Mia madre
voleva farsi suora da giovane, ma sua madre non
glielo permise perché era l’unica figlia della fa-
miglia. Si sposò con mio padre e mise al mondo
cinque figli. Ha messo ognuno di noi nelle cinque
piaghe del Signore crocifisso. Io fui l’ultimo a na-
scere; quindi, probabilmente, mi pose sulla ferita
del costato di Gesù, dove fu trafitto dalla lancia.
Da questa ferita sgorgarono l’acqua e il sangue
come sacramenti, prefigurando il battesimo e
l’eucaristia.
È stato grazie alla preghiera e all’esempio della mia
pia madre che sono diventato sacerdote. Purtroppo
morì prima della mia ordinazione sacerdotale.
I miei genitori mi hanno consegnato volentieri alla
Chiesa. Quando ho espresso il desiderio di andare
in missione, mia madre mi ha detto: “Derosi, vai
dove Dio ti vuole. Chi sono io per bloccarti?”.
Com’è il luogo in cui svolgi
il tuo lavoro?
Ho lavorato per sette anni in una scuola e in una
casa fondate per la prima volta dai Salesiani in Un-
gheria. Istruisco bambini e adolescenti nella fede.
Molti si sono avvicinati a Cristo e si sono uniti alla
Chiesa cattolica grazie alla mia umile strumenta-
lità. Ogni anno preparo un gruppo di giovani ai
sacramenti come il battesimo, la confessione, la
comunione e la cresima. Alcuni genitori dei miei
studenti hanno fatto benedire i loro matrimoni in
chiesa.
Mi è piaciuto preparare i volontari per le missioni.
Molti giovani si sono avventurati nel volontariato a
breve e lungo termine in molti Paesi europei, afri-
cani e asiatici. L’esposizione alla missione ha avuto
un ruolo significativo nella loro vita. Un ragazzo
che era volontario si sta preparando per l’ordina-
zione sacerdotale nel giugno 2023 come sacerdote
diocesano, e una ragazza che era volontaria sta per
fare la prima professione a luglio come fma nella
Basilica di Maria Ausiliatrice, a Torino.
Qual è la situazione dei ragazzi
e dei giovani in Ungheria?
I giovani ungheresi si motivano ad appartenere
a qualche posto. Cercano gruppi. Se trovano un
gruppo buono e morale, sono fortunati. E solo i
gruppi cristiani basati sulla fede possono garanti-
re relazioni sane e morali. E come salesiano, sento
di dover far conoscere ai giovani ungheresi i vari
gruppi e movimenti della famiglia salesiana.
Com’è il rapporto con la Chiesa
locale?
Il rapporto con la Chiesa locale è sufficientemente
buono. Poiché molti sacerdoti diocesani sono amici
dei Salesiani, li invitiamo per le celebrazioni del-
I giovani
ungheresi
sono felici di
appartenere
ai gruppi
cattolici.
DICEMBRE 2023
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SALESIANI
cesco per sensibilizzare i giovani sul riscaldamento
globale. Educhiamo le persone all’ecologia e alla
cura dell’ambiente. È il primo impegno della Chie­
sa cattolica in Ungheria per la protezione della na-
tura, sostenuto dall’Unione europea e dal governo.
Dal punto di vista spirituale, grazie alla generosità
dei nostri benefattori, la Casa di Ritiro e il Centro
Pellegrini, dove ho lavorato come Rettore, hanno
istituito la Via Lucis, che è la prima opera monu-
mentale della Chiesa ungherese. Poiché i Salesia-
ni sono noti per la loro allegria, il nostro sforzo è
quello di annunciare il Vangelo di Cristo con gioia.
«Dal punto di
vista spirituale,
grazie alla
generosità
dei nostri
benefattori, la
Casa di Ritiro
e il Centro
Pellegrini,
dove ho
lavorato come
Rettore, hanno
costruito la Via
Lucis, che è la
prima opera
monumentale
della Chiesa
ungherese».
le Sante Messe nelle nostre scuole, e aiutiamo le
loro parrocchie quando chiedono delle sostituzioni.
Poiché i sacerdoti diocesani vivono da soli nei loro
presbiteri, spesso vengono nelle comunità salesiane
per pranzi fraterni e momenti più leggeri.
Quali sono le più belle realizzazioni
della vostra Ispettoria?
Dal punto di vista spirituale, la nostra Ispettoria
ha il privilegio di avere il martire Beato Stefano
Sándor, un fratello laico salesiano. È passato esat-
tamente un anno da quando la sua reliquia è stata
identificata e collocata solennemente dal Rettor
Maggiore nella chiesa. L’intero luogo e l’edificio
in cui lavorava Stefano Sándor furono confiscati
durante il comunismo e ora sono stati restituiti ai
Salesiani.
Dal punto di vista ecologico, abbiamo un Centro
Visite del Parco Naturale basato sui principi della
Laudato si’ scritta dal nostro Santo Padre Fran-
Come la gente considera i salesiani?
La gente ci guarda come una famiglia. La famiglia
salesiana è molto visibile in Ungheria, in quanto
apporta contributi qualitativi in contesti di pastora-
le giovanile come l’oratorio, la parrocchia, il parco
giochi e la scuola.
I giovani sono attratti dalle feste salesiane, dai campi
e dai ritiri spirituali condotti dai salesiani. I salesiani
sono noti per la loro animazione dei giovani.
Quali sono le maggiori difficoltà?
La mancanza di vocazioni al sacerdozio e alla con-
sacrazione laicale in Ungheria. Mantenere vivo il
carisma salesiano qui è una grande sfida.
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DICEMBRE 2023

3.7 Page 27

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QUINTO MEETING DI ARCINAZZO
Il 7 ottobre u.s. si è tenuto il quinto meeting autunna-
le di Arcinazzo (Roma) con il sempre nutrito gruppo di
professionisti (magistrati, medici, ingegneri, avvocati,
manager…) convocati dall’exallievo salesiano ingegner
Nicola Barone. Il tema di riflessione prescelto è stato
in perfetta sintonia con quello oggetto del contempo-
raneo sinodo in Vaticano: “Per una chiesa sinodale. Il
contributo dei laici”. Articolato in due sessioni mattuti-
ne e una pomeridiana, è stato introdotto dal prof. don
Francesco Motto, che ha rammentato la linea di con-
tinuità con le tematiche dei precedenti meeting, tutti
condotti dal prof. don Paolo Carlotti, prematuramente
e improvvisamente venuto a mancare pochi mesi prima
e per il cui suffragio si sarebbe celebrata l’eucarestia se-
rale. Lo ha egregiamente sostituito il prof. don Aimable
Musoni, docente di teologia dogmatica, in particolare
di ecclesiologia nella Pontificia Università Salesiana, e
consultore di vari dicasteri vaticani. Ad ogni sessione
hanno fatto seguito interventi dei presenti, coordinati
dall’ingegner Barone, registrati da esperti della TIM per
una successiva diffusione. Il meeting, di cui è stata data
notizia in diretta a Radio Vaticana, è stata anche l’occa-
sione per complimentarsi con lo stesso ingegnere per
la recentissima nomina ad Ambasciatore inviato della
Repubblica di San Marino con deleghe alle Telecomuni-
cazioni, Rapporti interreligiosi e rapporti con enti sociali
e culturali. Il prossimo meeting è calendarizzato per la
fine settembre 2024.
Università
Pontificia
Salesiana
1-3 marzo 2024 | Save the date
Aula Paolo VI
Università Pontificia Salesiana
Piazza dell’Ateneo Salesiano 1, Roma
CONVEGNO PER EDUCATORI E OPERATORI PASTORALI
GIOVANI
E SESSUALITÀ
SFIDE, CRITERI, PERCORSI EDUCATIVI
SAVE THE DATE
DICEMBRE 2023
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3.8 Page 28

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AVVENIMENTI
Gianni Caputa
A Nazareth
primo centenario della consacrazione
della Basilica di Gesù Adolescente
«Nell’azione educativa a favore dei giovani, occorre sempre
ispirarsi alla Madonna e a san Giuseppe, educatori di Gesù
Adolescente». (don Rua)
Una storia di devozione e di arte
L’Opera di Nazareth comincia con don Antonio
Belloni (1831-1903), noto in Terra Santa come
“Abù-l-yatāma” (padre degli orfani): nelle case di
Betlemme, Betgamāl e Cremisan ospitava da de-
cenni centinaia di ragazzi; i pochi confratelli della
Congregazione da lui fondata nel 1874 non riusci-
vano più ad accudirli, per cui nel 1891 la unì alla
Società Salesiana di don Bosco. Nel 1895 accompa-
gnò don Michele Rua a visitare Nazareth, insieme
decisero di aprirvi una casa e presentarono formale
richiesta a “Propaganda Fide” che alcuni mesi dopo
accordò il permesso. L’anno seguente l’orfanotrofio
accolse due piccoli gruppi di apprendisti falegnami
e di agricoltori; la modestissima cappella fu dedi-
cata a Gesù Adolescente. Dal 1898 ne fu direttore
père Athanase Prun che per la sua carità venne pre-
sto chiamato, pure lui, “Abù-l-yatāma”.
Nel 1902 l’orfanotrofio si trasferisce sulla collina
che domina da Nord la città e tutta la bassa Galilea:
ex-stalla, fienile e cortile sono i primi ambienti in
cui la comunità salesiana svolge il suo lavoro. Nel
1905 l’abbé Maxim Caron, rettore del seminario
minore di Versailles (Parigi), apostolo della devo-
zione a Gesù Adolescente e amico di Charles de
Foucauld, visita l’orfanotrofio; descrive così l’in-
contro con uno dei ragazzi: “Questo piccolo orfano è
un “adottato” del nostro seminario di Versailles. Ogni
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DICEMBRE 2023

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anno i nostri studenti contribuiscono, cioè donano non
il loro superfluo, ma il loro necessario, per pagargli la
pensione. Stava vagando, senza famiglia, in un villag-
gio vicino a Nazareth. Fu grazie alla carità di questi
giovani fratelli di Versailles che poté essere accolto all’or-
fanotrofio. Dovrà loro, un giorno, di essere un uomo
onesto e un buon Cristiano”.
Conquistato dalla bellezza del luogo, l’abbé Caron
esprime il sogno di costruire sulla collina una gran-
de chiesa in onore di Gesù Adolescente. Gli viene
incontro madame Charlotte de Cevilly, vedova del
comandante Léon Foäche, che mette a disposizio-
ne la sua eredità. Dopo l’intesa da lei raggiunta con
don Rua a Torino, nel 1907 viene avviata la grande
impresa.
L’anno seguente, il successore di don Bosco visita,
per la seconda volta, la Terra Santa e lascia que-
ste direttive ai confratelli: «Nell’azione educativa a
favore degli orfani, occorre sempre ispirarsi alla Ma-
donna e a san Giuseppe, educatori di Gesù Adolescen-
te. L’opera salesiana a Nazareth sarà articolata in tre
sezioni: una per artigiani, un’altra per agricoltori e la
terza per seminaristi. Questi ultimi, a imitazione di
Gesù Adolescente, si prepareranno con la preghiera e
lo studio della S. Scrittura, a diventare maestri nelle
scuole parrocchiali e missionari per la gioventù di Pale-
stina, Siria e Asia Minore».
Nel 1911, l’abbé Caron fa giungere da Versailles la
statua in marmo dello scultore Frédéric Bogino, raf-
figurante Gesù come giovane “Buon Pastore” che
invita amichevolmente a mettersi alla sua sequela e
imitazione. Essa viene collocata nella bella cripta de-
dicata alla Santa Famiglia. Negli anni successivi pro-
seguono i lavori di costruzione, per la quale vengono
adoperate soltanto pietre bianche, alcune fatte giun-
gere dalla Francia. Il noto giornale Le Figaro lancia
una sottoscrizione che raccoglie migliaia di franchi.
Dal punto di
vista artistico,
quest’opera
dell’architetto
Lucien
Gauthier è
ritenuta il più
bell’esemplare
di “gotico
moderno” in
tutto il Medio
Oriente.
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3.10 Page 30

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AVVENIMENTI
Don Gianni
Caputa,
veterano della
presenza
salesiana in
Terra Santa.
Battuta di arresto,
ripresa e compimento
Durante la Prima Guerra mondiale (1914-1918) i
soldati Turchi occupano la casa e, prima di ritirarsi
sconfitti, la saccheggiano; sradicano il frutteto e la
vigna; disperdono gli orfani; espellono i salesiani,
pietre e materiali di costruzione vengono rubati.
Nel 1919, rientrano i salesiani e gli orfani, si riapre
la scuola e riprendono i lavori: nel 1921, comple-
tata la voltatura del soffitto, la chiesa risulta lunga
50 m, larga 24, alta 16. Dal punto di vista artistico,
quest’opera dell’architetto Lucien Gauthier è rite-
nuta il più bell’esemplare di “gotico moderno” in
tutto il Medio Oriente.
Il 6 settembre 1923 viene consacrata come centro
mondiale della devozione a Gesù Adolescente, dal
vescovo Alfred Brouillart, rettore dell’Institut ca-
tholique di Parigi, alla presenza di Mme Charlotte
Foäche e di Père Caron, con la partecipazione di
migliaia di fedeli, tra i quali 150 giovani provenien-
ti dalle 11 nazioni in cui era attiva la Confraterni-
ta di Gesù Adolescente. Nel 1926 la chiesa viene
elevata al rango di “basilica minore”, aggregata a
quella di san Pietro in Vaticano.
Durante e dopo la Seconda Guerra Mondiale, cen-
tinaia di cadetti polacchi, giunti dopo un massa-
crante esodo attraverso Azerbaigian, Persia e Iraq,
furono ospitati nella casa e sui terreni dei salesiani
per 3 anni. In seguito ai tragici avvenimenti del
1948, vi trovarono rifugio oltre 600 Palestinesi,
espulsi dai loro villaggi, fino al 1953-54.
Nel 1911,
l’abbé Caron
fa giungere
da Versailles
la statua
in marmo
dello scultore
Frédéric
Bogino,
raffigurante
Gesù come
giovane
“Buon
Pastore”.
SDB e FMA oggi a Nazareth
La scuola ha seguito via via le riforme del ministero
dell’istruzione israeliano, che nel 2002 ha abolito
quelle professionali, cosa che ha comportato la tra-
sformazione dell’istituto in liceo tecnologico.
Negli ultimi decenni la realtà socio-economica di
Nazareth è diventata molto complessa: tanti gio-
vani sono disorientati, a livello di appartenenza re-
ligiosa, culturale, nazionale. Ma la crisi d’identità
non è l’unico problema che sta insidiando tutta la
popolazione: a partire dagli anni ’90 si è sviluppato
aggressivamente il fenomeno della criminalità di
stampo mafioso che ha assunto livelli allarmanti.
In questo contesto, per aiutare le famiglie e i gio-
vani, sdb e fma ricorrono al metodo preventivo
e ai mezzi consueti: l’educazione umana e profes-
sionale, la formazione cristiana, l’oratorio. Le loro
due scuole sono frequentate da oltre 2000 ragazzi e
ragazze, fino alla maturità liceale.
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DICEMBRE 2023

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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La domenica 3 settembre 2023 si è tenuta la solen-
ne celebrazione del centenario della consacrazione
della basilica. Ha presieduto il Rettor Maggiore
don Ángel Fernandez Artime che ha espresso i
sentimenti di tutti: il grazie per coloro che durante
i cento anni passati hanno lavorato in quest’ope-
ra (sdb, fma, Cooperatori, exallievi, professori e
istruttori...) e per i generosi benefattori che l’han-
no sostenuta; l’augurio che essa continui a portare
frutti grazie a un rinnovato impegno nella pasto-
rale e spiritualità salesiana, secondo il programma
dell’esortazione Christus Vivit di papa Francesco.
La persona di Gesù Adolescente, che nei lunghi
anni di Nazareth si prepara alla sua missione con
il lavoro, la preghiera, l’inserimento nel tessuto so-
ciale..., è quanto mai attuale. Non solo la Famiglia
Salesiana, ma tutte le numerose associazioni gio-
vanili cattoliche della Galilea, trovano nella basi-
lica il luogo dove festeggiare Gesù Giovane, loro
Modello, Re di giustizia e di pace, e per ricevere da
Lui l’energia della testimonianza in questa società
multiculturale e laicizzata.
I DUE RETTORI MAGGIORI
DELL’EPOCA
Don Paolo Albera, dopo la Prima Guerra Mondiale ave-
va avviato in una zona operaia della città di Torino la fon-
dazione di opere dedicate alla “Santa Famiglia e a Gesù
Adolescente”, parallele a quelle di Nazareth: “Dobbiamo
presentare ai giovani un Dio giovane, della loro stessa età
e condizione, un Gesù apprendista, amico dei lavoratori,
così da contribuire ad evangelizzare il mondo operaio, la
civiltà del lavoro”. Il beato Filippo Rinaldi, iniziatore
della spiritualità “secolare” salesiana, volle che l’evento
del 1923 avesse risonanza in tutta la Congregazione: “La
vita di Gesù nella casa di Nazareth, è il modello perfetto che
dobbiamo avere sempre dinanzi agli occhi, per riprodurlo il
meglio possibile in ogni giovane che la Provvidenza affida
alle nostre cure. − Dobbiamo fare in compagnia di Maria
santissima e di san Giuseppe, la vita di lavoro intellettuale o
manuale, perché Nostro Signore venne quaggiù a redimer-
ci con la santificazione del lavoro, prima ancora che con lo
spargimento del suo preziosissimo sangue.” ACS 3(1923)
pp. 118-119.
Dal 1950, prima i salesiani dell’Ispettoria Francese, poi dal
1972 quelli del MOR, potenziarono la scuola che da pro-
fessionale divenne tecnica, e continuarono a mantenere la
figura di Gesù Adolescente come centro della vita devozio-
nale e come sorgente ispiratrice dell’azione educativa.
Le due scuole
salesiane,
di Nazareth
sono
frequentate
da oltre 2000
ragazzi e
ragazze, fino
alla maturità
liceale.
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4.2 Page 32

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FMA
Celine D’Cunha
Istituto Paolo VI
Centro internazionale di studi e di documentazione
L’anno 2023 segna un anno speciale.
È un anno per ricordare due grandi
Papi, due Santi del xx secolo che
hanno contribuito immensamente
al rinnovamento della Chiesa e del
mondo. Il 3 giugno 2023 ricorrono
i 60 anni da quando papa Giovanni
XXIII è entrato al suo premio
eterno e il 21 giugno 2023 è il 60°
anniversario dell’elezione di papa
Paolo VI, che gli successe e continuò
fedelmente la sua eredità.
Montini è stato un grande Papa, un uomo
di alta cultura. Coloro che lo hanno cono-
sciuto, sia amici sia nemici, lo descrivono
come una persona riservata, dall’intellet-
to raffinato e dalla notevole profondità spirituale, ora-
tore di talento, accademicamente brillante, dotato di
una vasta cultura, con una speciale capacità di ascolto
e di dialogo. Nei suoi numerosi discorsi, ha lasciato
una quantità sorprendente di scritti di altissime pro-
fondità culturale e spirituali. È stato l’uomo incaricato
di continuare il Concilio Vaticano II enormemente
controverso e di guidare la Chiesa nella sua transizio-
ne verso il mondo moderno con una rinnovata forza
La casa
natale di
san Paolo VI
a Concesio
(Brescia).
evangelica; ha affrontato sfide titaniche con intelli-
genza, determinazione e profonda santità.
Il 21 giugno 2023 è stato il sessantesimo anniversa-
rio dell’elezione al Pontificato.
La casa natale di papa Paolo VI
La casa natale di Giovanni Batttista Montini è si-
tuata in via Rodolfo da Concesio, Concesio (Bre-
scia). È una casa nobiliare eretta dai conti Lodron,
appartenente ad una nobile famiglia del Trentino,
vissuti a Concesio prima del xv secolo e ivi rimasti
sino alla metà del xviii secolo. Nel 1830 la casa
venne acquistata dal dott. Gaetano Montini, il bis-
nonno di Paolo VI. In questa casa alle ore 22.00
del 26 settembre 1897 nasce il futuro Papa e Santo
– Giovanni Battista Montini e fu poi abitata nel
1857 dal figlio, il dott. Lodovico Montini, nonno
di Giovanni Battista, che sposò la bresciana Fran-
cesca Buffali. In seguito la famiglia si trasferì a
Brescia perché Lodovico, essendo medico, ebbe un
incarico agli Spedali Civili. Nella casa di Concesio
la famiglia si ritrovava durante il periodo pasquale
ed estivo. Dopo la morte di Francesca Buffali nel
1921 la casa divenne proprietà del dott. Giuseppe
Montini, zio di Giovanni Battista, che a sua volta la
passò a suo figlio, l’ingegner Vittorio Montini. La
proprietà, alla sua morte (15 agosto 1997) la donò
all’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia,
ente promotore dell’Istituto Paolo VI, perché fosse
mantenuta la memoria di san Paolo VI, suo “cugi-
no carissimo”. Il suo desiderio venne accolto con la
costruzione del Centro Studi “Paolo VI” inaugu-
32
DICEMBRE 2023

4.3 Page 33

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rato l’8 novembre 2009 da papa Benedetto XVI.
Gli ambienti visitabili sono quelli abitati dai Mon-
tini. Si tratta dell’ala interna all’edificio posta su
due piani. In occasione della beatificazione di Pao­
lo VI sono stati collocati, in diverse stanze della
casa, dei pannelli con fotografie e copie di mano-
scritti per raccontare alcuni momenti della vita del
papa Montini. La casa con la sua visita è divenuta
meta di pellegrinaggio.
La lapide posta sulla facciata della casa ricorda i
giorni qui trascorsi dal giovane Battista: “Il 26 set-
tembre 1897 in questa casa nacque Giovanni Battista
Montini elevato al sommo pontificato con il nome di
Paolo VI annunciò al mondo la civiltà dell’amore che
fanciullo apprese fra queste mura”.
Adiacente ad essa è ospitata la Comunità Religio-
sa dell’Istituto Figlie di Maria Ausiliatrice con il
compito di custodire la dimensione religiosa del-
la dimora e di collaborare alle attività dell’Istituto
Paolo VI, accogliendo i Pellegrini, guidandoli a far
conoscere questo grande Papa e a cogliere la forza e
la novità del suo Magistero.
L’Istituto Paolo VI
Alla morte di Paolo VI (6 agosto 1978) innumere-
voli furono i riconoscimenti della grandezza della
sua persona, dell’importanza storica del suo ponti-
ficato, del valore del suo pensiero e della sua opera:
autorevoli voci di cattolici e di non cattolici, uomini
di Chiesa, personalità politiche e intellettuali, voci
di popolo.
Divenne sempre più necessario avviare uno studio
condotto con metodo scientifico sulla personalità
di Paolo VI, il suo magistero e i tempi in cui visse
e operò. Si avvertì, innanzitutto, l’importanza di
procedere ad un’indagine archivistica e storiografi-
ca in grado di favorire l’approfondimento di quello
che certamente fu un capitolo centrale della storia
religiosa e culturale del xx secolo.
L’Opera per l’Educazione Cristiana di Brescia,
decise di promuovere un’istituzione idonea a rag-
giungere tale scopo. Venne pertanto deliberata
I MAESTRI: GIOVANNI XXIII E PAOLO VI
Sotto il Monte (Bergamo) e Concesio (Brescia) che hanno dato i
natali a due grandi Pontefici del 1900. Giovanni XXIII e a Pao­lo VI
sono due importanti esponenti della cultura del secolo scorso e
due giganti del pensiero del Novecento.
dall’Opera – fondazione di culto e di religione ca-
nonicamente eretta con decreto vescovile nel 1977
e civilmente riconosciuta l’anno successivo con
decreto del Presidente della Repubblica – la co-
stituzione dell’Istituto Paolo VI, come “Centro
internazionale di studi e di documentazione”.
Dopo trent’anni di attività presso la sede dell’Isti-
tuto è stata trasferita dalla storica sede cittadina,
il Centro Pastorale Paolo VI, in via Gezio Calini
30, nella nuova struttura di Concesio eretta accanto
alla Casa natale di Giovanni Battista Montini.
La cerimonia inaugurale è stata presieduta da S.S.
Benedetto XVI domenica 8 novembre 2009.
L’Istituto Paolo VI, ha un moderno Auditorium
di 250 posti intitolato all’ing. Vittorio Montini,
il quale donò all’Istituto la Casa natale con l’adia-
cente area, e gli spazi espositivi della “Collezione
Paolo VI”, con il museo d’arte religiosa, una pro-
pria biblioteca specializzata di oltre 28 mila titoli e
attrezzati laboratori didattici per favorire l’educa-
zione al bello e all’arte.
(Per informazioni: www.istitutopaolovi.it)
Nel 60° anniversario dell’elezione di papa Paolo VI,
è un invito a scoprire, custodire e condividere la
grande ricchezza della sua vita, il suo volto autentico;
studiare, comprendere e vivere i suoi insegnamen-
ti, portare avanti la ricca eredità che ha lasciato alla
Chiesa e al mondo.
DICEMBRE 2023
33

4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
I verbi dell’educazione 1
Aspettare È il verbo dell’Avvento.
Da tempo però ha perso
il senso di magia che
possedeva e che fa solo
più capolino tra una
corsa frenetica e l’altra.
Il desiderio di qualcosa
di bello che deve venire
ci mantiene vivi, ma oggi
molte persone vogliono
l’appagamento qui e ora.
Attendere sembra una
tensione inutile. Ma la vita
ha un calendario tutto suo.
www.shutterstock.com
“Aspettare” è un verbo che oggi
proprio non piace. La velocità, la
corsa, ci sono entrate nelle vene e ci
stanno dominando sempre più. Non
è forse vero che non sappiamo più goderci neanche
un caffè seduti al tavolo? Non abbiamo più tempo
per assaporare la vita, «Lavoriamo, mangiamo,
guadagniamo e spendiamo talmente di corsa che
tutto ci scorre addosso senza sapore e senza difesa”
(Massimo Gramellini).
Il guaio è che l’ossessione della velocità ha contagiato
anche l’educazione! Tanti, oggi, pensano che esse-
re bambino sia una perdita di tempo; pensano che
l’infanzia sia da superare il più presto possibile, per
diventare subito adulti.
Non lo crederete, eppure è vero: un bambino di
terza elementare, stressato da mille impegni ben
superiori alle sue forze, alla domanda: «Che cosa
farai da grande?», ha risposto: «Da grande mi ri-
poso!». Incredibile, eppure, ripetiamo, vero. Per
favore, diamoci una calmata, almeno per rispetto
e per amore del bambino! Basta con i troppi picco-
li che soffrono di ingorgo psichico. Piccoli con le
teste ben piene, ma per nulla ben fatte. A tre anni
devono leggere, a quattro ballare, a cinque suonare,
a sei cantare, e poi c’è il corso d’inglese, il corso di
judo, di karaté... Cos’è che non funziona?
Non funziona una cosa sola, responsabile di tutti
i pasticci: e cioè l’idea già accennata che l’infanzia
sia un periodo inutile della vita e quindi un’età da
scavalcare.
Invece no! Decisamente no!
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DICEMBRE 2023

4.5 Page 35

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Ciò che Pierino non impara…
Essere bambino non è tempo perso. Anzi, proprio
l’infanzia è il periodo più decisivo dell’esistenza
umana. La nostra vita è come una lunga addizione.
Nell’addizione basta sbagliare la somma dei primi
numeri per continuare a sbagliare fino alla fine.
Così, pari pari: un’infanzia non riuscita porta ad
una vita fallita.
Ormai questo è un principio accettato da tutti. Il
bambino è, davvero, il padre dell’uomo. In Persia
circola questo indovinatissimo proverbio: «Se hai
piantato un cardo, non aspettarti che nasca un
gelsomino». In Svezia dicono: «Ciò che Pierino non
impara, Pietro non lo imparerà mai”. Insomma,
l’infanzia non si dimentica. I primi anni sono come
l’anfora che conserva a lungo, talora per sempre, il
primo profumo con cui è venuta a contatto. La con-
clusione si impone: buttiamo via, per sempre, l’idea
dell’inutilità dell’infanzia. Qualora ciò avvenisse,
scomparirebbero immediatamente due categorie di
genitori che sono una vera sventura per i figli: i ge-
nitori-turbo e i genitori-taxi. I genitori-turbo sono
i genitori affetti dal “complesso di Mozart”. Mo-
zart era un bambino prodigio che a cinque anni già
componeva sinfonie. Se tale era Mozart, così deve
essere anche nostro figlio, pensano i genitori-turbo.
Ed eccoli investire su di lui i loro sogni, sovente
ben superiori alle reali possibilità del piccolo, con
conseguenze pesanti: la depressione e la disistima.
I genitori-taxi sono quelli che scorrazzano tutto il
giorno di qua e di là a portare e a riprendere il figlio
a scuola, a danza, a nuoto, al campo sportivo... No,
così non va!
Lasciamo che il bambino sia (non che resti!) bam-
bino; che viva da bambino: che giochi, corra, si
imbratti, sogni, fantastichi, rifiuti il brodo e vada
matto per le patatine fritte, che creda di toccare
la luna con il dito, che creda a Gesù Bambino, a
Babbo Natale, che faccia schizzare l’acqua dalle
pozzanghere, che si incanti davanti alle bollicine
di sapone... Un bambino tutto bambino oggi, sarà
domani un ragazzo tutto ragazzo, un giovane tutto
giovane. Un adulto tutto adulto. Bruciare l’infanzia
è scardinare la vita! Lo scrittore cecoslovacco Franz
Kafka ha un’immagine bellissima: “Lasciate dor-
mire il futuro. Se lo svegliate prima del tempo, ot-
terrete un presente assonnato”.
Otterrete un bambino triste, oggi, e un adulto po-
vero, domani. I fiori artificiali si fanno in un gior-
no, ma restano sempre senza profumo.
Troppo presto
Oggi succede tutto trop-
po presto ai nostri bam-
bini. Troppo presto assi-
stono a scene di violenza,
troppo presto vedono
scene erotiche... “Han-
no tre anni o poco più, e
davanti ai loro occhi è già
passato di tutto. Nella
loro mente si è depositato
di tutto: le siringhe nei
parchi, gli incidenti per
la strada, le piaghe dell’aids sul viso di un ragazzo.
Hanno visto la vita, hanno visto la morte»: chi si
sfoga in questo modo è la psicologa Anna Maria
Battistin. Che ne dite?
È lecito sbattere tutto in faccia ai piccoli in modo
così brutale?
È vero che oggi vi sono alcuni che pensano che non
si deve nascondere nulla, né il proprio corpo né la
propria anima. Ma è un dato di fatto che i bambini
si sentono feriti nella loro sensibilità, nei loro sen-
timenti. Roberto Ossicini, titolare della Cattedra di
Psicologia all’Università di Roma, da decenni impe-
gnato nello studio della salute mentale dei bambini,
nota che oggi abbiamo “bambini fin troppo svilup-
pati sul piano intellettivo, relazionale e straordina-
riamente immaturi su quello affettivo... Bambini a
forte rischio di manie ossessive, depressioni, malattie
psicosomatiche che una volta non intaccavano l’in-
fanzia”. Non la intaccavano perché il bambino pote-
va essere bambino, vivere da bambino.
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4.6 Page 36

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LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
Il riposo del
viandante
Buongiorno, vita che mi stai
aspettando, / ho tutto pronto,
passi per di qua? / Su, dai, non
vedi che mi sto perdendo?
«T utto ha il suo momento, e ogni evento ha
il suo tempo sotto il cielo». Parafrasan-
do il libro del Qoèlet: «C’è un tempo
per lavorare e un tempo per riposare».
In un mondo che corre, che non sa più fermar-
si e che ha smarrito il significato dell’atte-
sa, l’esistenza di ognuno di noi è spesso
prigioniera del tempo, di un tempo
inteso unilateralmente come Kronos, quantitativo,
sequenziale, dominato dal lavoro e dalla frenesia.
Un tempo pieno, scandito da una serie ininterrotta
di occupazioni, attività, impegni di ogni tipo, il cui
accumulo seriale ci dà l’illusione di riuscire a dare
senso e pienezza alle nostre giornate. Un tempo
che, pur essendo rigidamente pianificato in ogni
singolo istante, non è mai abbastanza: sempre trop-
po poco per riuscire a completare la lunga lista di
cose che abbiamo programmato di fare nelle nostre
giornate.
È, questa, una malattia che sembra affliggere so-
prattutto i giovani adulti, troppo indaffarati per
“perdere” il proprio tempo in occupazioni impro-
duttive, oziose o meramente contemplative, ivi
compreso il riposo. Diversamente dai bambini e
dagli anziani che vivono un tempo “lento” mo-
dellato sul ritmo dei propri bisogni, siamo infatti
schiacciati dal timore di “sprecare”
Buongiorno, vita che mi stai aspettando,
ho tutto pronto, passi per di qua?
Su, dai, non vedi che mi sto perdendo?
Non è normale, pure alla mia età.
Voglio sentirti, dammi una risposta,
che poi la sento e arriva dentro me,
per te che, vita, io sto resistendo,
perché non credo, eppure Dio qui c’è.
T’abbraccerò,
così che tu non possa andare via!
Non dirmi no,
tanto saprei amarti pure come idea.
In quei momenti sappi sempre
che l’estate arriverà,
e se poi il caldo non si sente
è perché dentro ce l’hai già...
www.shutterstock.com
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il tempo che abbiamo a disposizione, di non riusci-
re a vivere appieno la nostra quotidianità, di veder
scivolare via occasioni preziose e momenti irripeti-
bili, senza essere in grado di “afferrare” l’attimo, di
abbracciare e trattenere tra le mani quella felicità
per cui tanto lottiamo e ci affanniamo. E, guida-
ti da questa paura, cui si somma il rammarico di
non essere riusciti a sfruttare fino in fondo i giorni
che ci sono stati concessi, moltiplichiamo il tempo
del lavoro, dell’impegno, del fare, e al contrario ri-
duciamo all’osso, o talvolta aboliamo del tutto, il
tempo del riposo.
Dimentichiamo, tuttavia, che – come avevano ca-
pito già i Greci – il tempo ha anche una dimensione
qualitativa, quella del Kairòs, che si sottrae ad ogni
tentativo di contabilizzazione lineare e annulla
l’incalzante ticchettio delle lancette. È un tempo
incalcolabile, che restituisce valore anche all’otium,
al raccoglimento, all’attesa, consentendoci di ritor-
nare ad ascoltare e ad assecondare il nostro ritmo
interiore, per vivere con maggiore lentezza e speri-
mentare un benessere autentico.
Se è vero, infatti, che il lavoro nobilita l’uomo, of-
frendogli insostituibili opportunità di gratificazio-
ne e crescita umana, è altrettanto evidente che la
capacità e la volontà di saper interrompere il lavoro
per dedicare un po’ di tempo al riposo è ciò che
“umanizza” il lavoro, redimendolo dal peso schiac-
ciante della frenesia e della necessità per restitui-
re alle nostre giornate il dinamismo della libertà e
della relazione.
Del resto, anche il viandante, nel suo infaticabi-
le e operoso peregrinare, non può fare a meno di
sospendere di tanto in tanto il cammino per con-
cedersi una sosta: un tempo rinfrancante e rigene-
rativo da dedicare al riposo, all’ascolto della natura
che lo circonda, alla contemplazione disinteressa-
ta della Bellezza in cui è immerso, allo scambio e
alla condivisione fraterna con i propri compagni di
viaggio.
Solo imparando ogni tanto a fermarci e sperimen-
tando una sana e costruttiva alternanza tra lavoro
Buongiorno mondo, cosa vuoi che dica?
Da te ho cercato sempre e solo fuga.
A volte ascolto una foglia cadere
ed il cemento che la sa aspettare.
Come riposa il sole quando è inverno,
col freddo addosso tu lo stai aspettando.
Scopri te stesso quando è primavera,
perché c’è un fiore e prima qui non c’era.
E t’abbraccerò,
così che tu non possa andare via!
Non dirmi no,
tanto saprei amarti pure come idea.
In quei momenti sappi sempre
che l’estate arriverà,
e se poi il caldo non si sente
è perché dentro ce l’hai già...
Quindi non essere delusa
da te stessa, questo mai,
perché anche il mare si riposa:
è quando è calmo che godrai!
(Ultimo, Buongiorno vita, 2021)
e riposo, tra Kronos e Kairòs, potremo allora vivere
davvero in pienezza il nostro tempo, il cui segno è
proprio la dignità che viene dal lavoro e la libertà
che deriva dal non essere mai schiavi del lavoro.
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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
La scomparsa di alcuni
protagonisti
Èsolo grazie agli storici e agli studiosi in ge-
nere che la “la storia sconosciuta” di don Bo-
sco si riduce sempre più e la figura del santo
viene ad essere presentata sempre meglio,
nella completezza dei tratti biografici, psicologi-
ci, pedagogici, spirituali. In questa puntata di fine
anno vogliamo fare breve memoria di quattro dei
maggiori protagonisti che hanno contribuito a que-
sto work in progress; uno, don José Manuel Prellezo
è venuto a mancare nel marzo scorso (BS maggio
2023), ma lo avevano preceduto tre colleghi, don
Pietro Braido e don Francis Desramaut (2014) e
ancor prima don Pietro Stella (2007).
Don Pietro
Braido.
Le Memorie prima
della storiografia
Fino all’apparire dei loro scritti oltre mezzo secolo
fa, a far da padrone fra le pubblicazioni delle case sa-
lesiane erano le famose Memorie Biografiche di don
Lemoyne, don Amadei, don Ceria, nonché la loro
sintesi per il pubblico nei due fortunatissimi volumi
del Lemoyne, che costituirono la biografia del san-
to più conosciuta e sfruttata. Il
modello cui si ispiravano questi
scritti erano le Memorie dell’O-
ratorio in cui don Bosco si pre-
sentava “strumento del Signore”
secondo i “bisogni del tempo”
a favore della gioventù povera
ed abbandonata. “Disegni del-
la provvidenza, vie del Signo-
re, sogni profetici”: tutto era
visto in tale ottica. Don Bosco
era celebrato, ammirato, amato
come apostolo della carità cristiana. Il BS nelle varie
lingue se ne faceva portavoce. Tale modo di scrivere
la storia raggiunse la sua acme negli scritti dell’epo-
ca della beatificazione-canonizzazione (1929-1934).
Dopo la seconda guerra mondiale si ebbe un qualche
sviluppo sotto l’aspetto religioso-agiografico e quello
pedagogico, mentre studiosi di fenomeni sociali, di
pedagogia e di scienze storiche cominciavano, invero
lentamente, ad interessarsi del fenomeno-don Bosco.
La crisi di metà secolo xx
Ma all’inizio degli anni cinquanta i giovani teologi
salesiani dello Studentato di Bollengo sollevarono
serie domande circa il valore di tali “Memorie”: Si
dice che D. Lemoyne non sarebbe uno storico, ma un
romanzatore della storia; nelle M.B. ci sono troppi fat-
ti che non reggono alla critica più benigna; D. Bosco,
anche nelle sue Memorie, ha, per fini educativi, modi-
ficato, e aggiunto secondo che conveniva alla sua tesi: ci
sono contraddizioni, specie nei primi volumi; anche i
volumi curati da D. Ceria non sono pienamente stori-
ci, ma encomiastici e laudativi; mancano nelle M.B. le
ombre della figura di D. Bosco e i legami con gli avve-
nimenti storici della nazione.
L’anziano compilatore don Ceria chiamato in causa
cercò di rispondere come poteva anche a nome dei
predecessori, aiutato anche da un altro studioso, don
Eugenio Valentini che ne prendeva le difese quando
affermava che si dovesse “avere una riconoscenza smi-
surata per questi primi raccoglitori delle Memorie di don
Bosco, i quali non badarono a fatiche per poterci trasmet-
tere tutto l’abbondante materiale che ora possediamo…
un tesoro immenso di fatti e insegnamenti”.
Ma ormai il dado era tratto. Una memoria fatta di
raccolta di aneddoti e di cucitura di episodi a scopo
prevalentemente edificante, per quanto presentata
da onestissimi e scrupolosissimi narratori, era ormai
obsoleta. Bisognava cambiare registro e procedere ad
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DICEMBRE 2023

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una miglior definizione della figura storica di don
Bosco; bisognava pure dare conto dell’evoluzione
accelerata della “cultura del dopoguerra” rispetto al
passato e dell’ormai inaccettabile mentalità di chi
tendeva ad estendere più del dovuto la carismaticità
di don Bosco, al punto di doverlo considerare come
l’inventore primo di ogni sua attività. La lettura teo­
logica delle fonti doveva venire ampliata con quella
sociale, economica, politica. Non tutto don Bosco
era spiegabile con l’intervento del soprannatura-
le, meglio, il soprannaturale non poteva non “tener
conto” degli elementi e fattori naturali. Insomma
occorreva passare, per così dire, dalla seducente me-
morialistica alla storiografia scientifica.
La nuova stagione
Punto di partenza doveva essere la revisione dei do-
cumenti e delle testimonianze e del loro valore. Ecco
allora entrare in azione nuovi studiosi. Negli anni
sessanta lo storico francese don Desramaut come tesi
di laurea a Lione affronta lo studio scientifico del
primo volume delle Memorie Biografiche. Ne recupe-
ra le fonti e soprattutto ne spiega l’originale meto-
do di lavoro. Poco dopo un altro storico di valore,
don Stella, approfittando del suo ruolo di direttore
dell’Archivio Salesiano Centrale, propone una pic-
cola ma totalmente rinnovata biografia di don Bo-
sco, e soprattutto ne presenta la mentalità religiosa
collocata all’interno della storia della Religiosità
cattolica. Un lavoro pionieristico nel suo genere che
ha suscitato più di qualche perplessità. A sua volta il
noto docente di pedagogia ed appassionato “figlio”
di don Bosco, don Braido nel 1964 rinnova intera-
mente il suo volume del 1955 sulla base di documen-
ti originali d’archivio ormai accessibili. Farà poi se-
guire aggiornamenti e completamenti. (Interessante
notare che a Torino a metà degli anni cinquanta fu
improvvisamente sospeso dall’insegnamento sul si-
stema preventivo di don Bosco per eccessive novità!)
Si trattava di un frutto squisito di un momento sto-
rico. E sulla stessa scia del rinnovamento promos-
so dal Concilio Vaticano II si procede nei decenni
seguenti con la fondazione
dell’Istituto Storico Sale-
siano (1892), chiamato a
presentare fonti salesiane
in forma scientifico-criti-
ca. Don Desramaut e don
Braido dispongono così di
materiali adeguati (special-
mente lettere) per procede-
re ad amplissime biografie di don Bosco, entrambe
significativamente collocate nel complesso contesto
del loro tempo: Don Bosco en son temps (1996); Don
Bosco prete dei giovani nel secolo delle libertà (2002). A
sua volta, don Prellezo, riconosciuto esperto di storia
della pedagogia, appronta inappuntabili edizioni di
testi critici, per l’ambito pedagogico, sia di don Bo-
sco sia dei suoi immediati collaboratori. Di tali testi
valuta l’originalità e l’autenticità, recupera le fonti
utilizzate o di ispirazione, analizza l’uso fattone. Ap-
porta così autentiche novità in particolare a riguardo
dei citatissimi testi della “lettera sui castighi” e della
“lettera da Roma”. Le sue conclusioni, che mettono
in discussione opinioni consolidate, non sembra però
scalfiscano più di tanto l’opinione pubblica salesiana.
Del resto ha la medesima sorte don Braido stesso
quando una decina di anni fa, nella succitata ampia
monografia su don Bosco non ha ritenuto meritevo-
le di interesse storico il sogno dei nove anni, men-
tre oggi, per l’imminente arrivo del bicentenario, è
oggetto di studio e di grande attenzione nella fami-
glia salesiana.
La storia è maestra di vita, a condizione di essere
conosciuta nella sua “verità” sempre in divenire. Ora
grazie a questi (ed altri) studiosi la “storia sconosciu-
ta di don Bosco” è meglio “conosciuta” e apprezza-
ta, anche se troppo lentamente vengono a cadere le
espressioni di ogni genere, spesso mai pronunciate e
scritte dal santo, ma rese virali dai social network.
Aggiornarsi sugli sviluppi della storiografia e non
restare semplicemente fermi alla vulgata della aned-
dotica – e dei fioretti del “don Bosco che ride”, per
intendersi – più che un invito, è un dovere.
Don Francis
Desramaut
e don Aldo
Giraudo,
validissimi
e profondi
studiosi di
don Bosco
e della sua
opera.
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
 Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
 Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di dicembre preghiamo per la
beatificazione del Venerabile Antônio De Almeida
Lustosa, vescovo salesiano, dichiarato Venerabile
da papa Francesco il 22 giugno 2023.
Antônio de Almeida Lustosa
nasce nella città di São João
del Rei, nello Stato del Minas
Gerais, in Brasile, l’11 febbraio
1886, nell’anniversario della pri-
ma apparizione dell’Immacolata
a Lourdes, circostanza questa
che lo segna profondamente,
offrendogli una filiale devozione
alla Madonna, tanto da essere
definito, ormai sacerdote, come
il poeta della Vergine Maria.
Dai suoi genitori riceve una buo-
na formazione cristiana e umana.
A 16 anni entra nell’istituto sa-
lesiano di Cachoeira do Campo,
Minas Gerais, e tre anni dopo è
a Lorena come novizio e assisten-
te dei suoi compagni. Dopo la
prima professione religiosa, av-
venuta nel 1906, diventa anche
insegnante di filosofia, studiando
nel frattempo teologia. La profes-
sione perpetua ha luogo tre anni
dopo, mentre il 28 gennaio 1912
riceve l’ordinazione sacerdotale.
Dopo alcuni incarichi all’inter-
no della sua Congregazione
religiosa, nel 1916 è Direttore e
Maestro dei Novizi a Lavrinhas,
nel Colégio São Manoel. Dopo
il compito di Direttore svolto a
Bagé nel ginnasio Maria
Ausiliatrice e l’incarico di
Vicario della parrocchia an-
nessa, l’11 febbraio 1925 viene
consacrato Vescovo di Uberaba,
giorno da lui scelto per ricordare
la presenza della Madonna nella
sua vita. Nel 1928 viene trasfe-
rito a Corumbá, nello Stato del
Mato Grosso, e nel 1931 viene
promosso Arcivescovo di Belém
do Pará, dove rimane 10 anni.
Il 5 novembre 1941 assume
l’incarico di Arcivescovo di For-
taleza, capitale dello Stato del
Ceará. Unitamente ad un nume-
ro elevato di iniziative e azioni di
natura sociale e caritativa, egli
erige più di 30 nuove parroc-
chie, 45 scuole per bisognosi,
14 centri sanitari alla periferia
di Fortaleza, la Scuola di Servizi
Sociali, gli ospedali “São José” e
“Cura d’Ars”, per ricordare solo
alcune delle più rilevanti opere
attribuite al suo episcopato.
La sua azione pastorale si artico-
la in particolare nel campo della
catechesi, dell’istruzione, delle
visite pastorali, nell’incremento
delle vocazioni, nella valorizza-
zione dell’azione cattolica, nel
miglioramento delle
condizioni di vita
dei più poveri, nel-
la difesa dei diritti
dei lavoratori, nel
rinnovamento del
clero, nell’istituzione
di nuovi ordini religiosi
nel Ceará, per non parlare poi
della sua ricca e fruttuosa atti-
vità di poeta e scrittore. Fonda
due Congregazioni religiose,
quali l’Istituto dei Cooperatori
del Clero e la Congregazione
delle Josefinas.
Undici anni dopo le sue dimis-
sioni dall’Arcidiocesi, in segui-
to alle quali si ritira nella casa
salesiana a Carpina, e costretto
sulla sedia a rotelle per una ro-
vinosa caduta che gli causa la
frattura del femore, egli muore
il 14 agosto 1974, dimostran-
do, anche durante la malattia
e la sofferenza, un esemplare
atteggiamento di piena e in-
condizionata accettazione della
volontà di Dio. La sua sepoltura
diviene a tutti gli effetti una
vera e propria consacrazione
popolare di una vita, quale
quella vissuta da monsignor
Lustosa, interamente votata a
Dio e al bene del prossimo.
Preghiera
Degnati, Signore,
di accogliere il cammino verso gli altari
del nostro fratello vescovo Antônio de Almeida Lustosa.
Egli seppe essere tuo servo fedele,
immolandosi nel servizio pastorale delle anime.
Ci ha lasciato mirabili esempi di virtù cristiane
praticate con zelo apostolico.
Concedici, Signore nostro Padre,
la grazia che per sua intercessione ti chiediamo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
Il 19 settembre 2023 è stato consegnato presso il Dicastero del-
le Cause dei Santi in Vaticano il volume della Positio super Vita,
Virtutibus et Fama Sanctitatis del Servo di Dio Costantino Ven-
drame, Sacerdote Professo della Società di San Francesco di Sales.
Ringraziano
Alcuni anni fa avevo richiesto
l’abitino perché avevo letto che
san Domenico Savio aiutava
le mamme e spesso lo pregavo
perché mi aiutasse come mam-
ma già di due figli ormai grandi
e adolescenti. Un giorno però
leggendo il Bollettino, vengo a
sapere che il 9 marzo, ricorre la
nascita al cielo di san Domenico
Savio. In quel giorno a lui dedi-
cato, infatti, successe un evento
drammatico ma miracoloso al
tempo stesso perché un An-
gelo speciale come Domenico
Savio ha contribuito a salvare
dalla morte mio figlio. Il 9 mar-
zo 2014 infatti, mio figlio di 20
anni ebbe un incidente gravis-
simo che lo portò vicinissimo
alla morte, rimanendo in coma
per circa una settimana, riani-
mazione per circa venti giorni,
sei mesi di ospedale e tre anni
di carrozzina e riabilitazione per
emiparesi dovuta ad evento
traumatico e rimanendo invali-
do a vita. La sua vita fu stravol-
ta e cambiò per sempre e, con
la sua, anche quella di tutta la
nostra famiglia che, ancora com-
batte per andare avanti giorno
dopo giorno. Abbiamo ed hanno
pregato con noi in tanti e inces-
santemente e ancora chiediamo
preghiere. Oggi, mio figlio, dopo
tanta sofferenza, tanti sforzi, tan-
to dolore e tanta tenacia, è riu­
scito a rimettersi in piedi anche
se con strascichi permanenti, si è
laurea­to alla magistrale e ha tro-
vato un lavoro, tutto con la sua
forza di volontà e senza racco-
mandazioni di nessuno. Io conti-
nuo a pregare perché san Dome-
nico Savio e don Bosco Santo dei
giovani non lo abbandonino mai
ma gli siano sempre vicini e gli
diano la forza, la fede, il coraggio
per andare avanti seppure con
tanto sacrificio e sofferenza e
gli facciano incontrare angeli e
persone buone che lo aiutino e
lo sostengano nella vita e nelle
prove.
(F.B. – Roma)
40
DICEMBRE 2023

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
Gianni Cioli
Don Paolo
Carlotti
Morto a Roma, il 9
luglio 2023, a 68 anni.
Un teologo testimone
del senso della Chiesa.
Lo scorso 9 luglio all’Ospedale
Fatebenefratelli di Roma, dove
era stato ricoverato per proble-
mi cardio-respiratori, moriva
don Paolo Carlotti, Ordinario di
Teologia morale presso l’Uni-
versità Pontificia Salesiana.
Don Paolo era nato a Nozzano
Castello in provincia di Lucca
nel 1955; nel 1975 era entrato
a far parte della famiglia Sale-
siana e nel 1983 era stato ordi-
nato presbitero. Aveva iniziato
lo studio della teologia presso
la sezione torinese della Facol-
tà di Teologia dell’Università
Pontificia Salesiana, aveva poi
conseguito la Licenza in Teolo-
gia morale presso la Pontificia
Università Gregoriana, dove,
nel 1987, aveva infine com-
pletato il percorso degli studi
teologici laureandosi con una
tesi sul moralista tedesco Al-
fons Auer (Storicità e morale.
Un’indagine nel pensiero di
Alfons Auer, LAS, Roma 1989).
Nel 1989 iniziò il percorso d’in-
segnamento alla Facoltà di Teo­
logia dell’Università Pontificia
Salesiana con lo svolgimento
degli insegnamenti curricolari
previsti, acquisendo compe-
tenza disciplinare e didattica,
e giungendo alla qualifica di
docente ordinario nel 2001,
con l’assunzione dapprima del-
la cattedra di Teologia morale
sociale e poi di quella fonda-
mentale. Nella sua intensa vita
accademica don Paolo ha tenu-
to corsi di morale, di formazio-
ne sacerdotale, di educazione
etica dei giovani, in continuità
con l’impostazione del suo pre-
decessore don Guido Gatti. Alla
Università Pontificia Salesiana
egli ha ricoperto l’incarico di
Vicerettore (2018-2021) e di
Direttore dell’Istituto di Teolo-
gia Dogmatica. È stato Membro
dell’Associazione Teologica
Italiana per lo Studio della Mo-
rale (ATISM), collaborandovi
attivamente come consigliere
e, dal 2010 al 2018, come de-
legato della sezione Italia cen-
trale dell’ATISM. È stato anche
docente invitato in diverse Uni-
versità pontificie romane.
Oltre che attraverso la sua inten-
sa attività accademica don Pao-
lo ha servito la Chiesa collabo-
rando intensamente con diversi
organismi della Curia romana e
con altre istituzioni ecclesiali. È
stato anche consultore presso la
Congregazione per le cause dei
Santi e presso il Pontificio Consi-
glio della giustizia e della pace.
È stato prelato consigliere della
Penitenzieria Apostolica e consi-
gliere ecclesiastico di Coldiretti
Lazio e Roma. Sovente è stato
chiamato ad offrire la sua consu-
lenza presso istituzioni di rilie-
vo, come il Pontificio Consiglio
della Pastorale Sanitaria (1995),
il Centro Culturale Bachelet di
Cosenza (1998) e l’Ospedale Pe-
diatrico Bambino Gesù di Roma
(2003).
Nella sua produzione teologica
di carattere scientifico Carlotti
è stato estremamente prolifico.
Fra le sue numerose pubblica-
zioni, meritano in particolare
di essere segnalate le seguen-
ti monografie: Etica cristiana,
società ed economia (2000);
Veritatis splendor: aspetti del-
la recezione teologica (2001);
Questioni di bioetica (2002);
Opere della fede (2003); Qua-
le filosofia in teologia morale?
Problemi, prospettive e pro-
poste (2002); In servizio della
Parola. Magistero e Teologia
morale in dialogo (2007); Al-
tezza della vocazione dei fedeli
in cristo (2008); Carità persona
e sviluppo. La novità della Ca-
ritas in veriate (2011); La virtù
e la sua etica. Per l’educazione
alla vita buona (2013); Teologia
della morale cristiana (2016);
La morale di papa Francesco
(2017); Confessori e penitenti
oggi. Elementi di teologia mo-
rale e pastorale (2020); La co-
scienza morale cristiana (2022);
Magistero e Teologia morale
nel postconcilio (2022).
Da questa produzione teolo-
gica emerge, fra l’altro, a te-
stimonianza del suo spiccato
senso ecclesiale, una partico-
lare attenzione, da parte di don
Paolo, all’ermeneutica del ma-
gistero della Chiesa, considera-
to con peculiare sensibilità pa-
storale. Nelle sue ultime opere,
l’attenzione si è concentrata sul
Magistero di papa Francesco,
interpretato fondamentalmen-
te secondo un’ermeneutica
della continuità rispetto all’in-
segnamento dei predecessori,
pur nel riconoscimento dei suoi
indubbi elementi innovativi.
Sono significative,
a questo proposito,
le considerazioni
proposte nella re-
cente monografia,
dedicata a La co-
scienza morale cri-
stiana (LAS, Roma
2022), nella quale
Carlotti sottoline-
ava che, nell’inse-
gnamento dell’attuale ponte-
fice, andrebbe riconosciuto, in
particolare, «il passaggio da una
prospettiva incentrata sull’og-
getto morale – tipica di Giovan-
ni Paolo II – ad una che muove
dal soggetto morale e quindi
si concentra non tanto sul pre-
scrittivo ma sul performativo,
senza naturalmente dimentica-
re o sminuire né l’oggettivo né
il prescrittivo». In quest’ottica
riceverebbe «spiccata conside-
razione la premura educativa
e formativa, come chiave di
volta e quindi di svolta, talora
veramente risolutiva, delle più
attuali e controverse questioni
morali» (p. 167).
Il percorso che Carlotti ci lascia
in qualche modo in eredità, con
il suo approdo al magistero di
Francesco, pare voler enuclea­
re e porre in relazione, senza
nasconderne in nessun modo
la complessità e la problema-
ticità, gli elementi di una sfida
aperta in cui la teologia mora-
le è oggi, forse come non mai,
chiamata a misurarsi: «delinea­
re una morale del soggetto,
cioè soggettiva, senza essere
soggettivistica, cioè relativista.
Il rischio del soggettivismo non
può fermare questo progetto,
che non deve svolgersi solo
in funzione di prevenire que-
sto possibile rischio». La sfida
aperta che don Paolo ci lascia
in consegna sarebbe dunque,
in linea con l’attuale magistero
papale, quella «di profilare una
autentica e valida morale del
soggetto, che ha sviluppi pro-
pri ulteriori a quelli
semplicemente
richiesti da una
difesa dal sogget-
tivismo e dal relati-
vismo. Occorre tra-
sformare il rischio
soggettivistico in
risorsa per un’eti-
ca consistente del
soggetto».
DICEMBRE 2023
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIPUZZLE
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
Parole di 3 lettere: Bea, Nos.
Parole di 4 lettere: Alma, Caos,
Enel, Saul.
Parole di 5 lettere: Carso, Elios,
Otone, Ragni, Raisi, Scola, Tanga,
Verbo.
Parole di 6 lettere: Annona, Esarca,
Luigia, Ubaldi.
Parole di 7 lettere: Anomala,
Comasco, Fumante, Ikebana, Lanista,
Ossessa.
Parole di 9 lettere: Picaresco,
Rigurgito.
Inserite nello schema le parole elencate a fianco, scrivendole da sinistra a destra e/o dall’alto
in basso, compatibilmente con le lunghezze e gli incroci. A gioco ultimato risulteranno nelle
caselle gialle le parole contrassegnate dalle tre X nel testo. La soluzione nel prossimo numero.
? Parole di 10 lettere: Idilliache,
Passiflora.
Parole di 11 lettere: Neolaureati.
Parole di 12 lettere: Coabitazioni.
?
La soluzione nel prossimo numero.
Parole di 13 lettere: Oligominerale.
UN MARTIRE IN CINA
Si potrebbe dire che la vita, breve, del martire di cui parliamo fu tanto limpida quanto precoce il suo desiderio
di servire il Signore. XXX nacque a Cuorgnè in provincia di Torino nel 1903 da due operai, Pietro e Rosa.
Loro gli insegnarono i primi precetti della fede cristiana e nella serena atmosfera di questa semplice famiglia
manifestò la sua bontà e la predisposizione alla preghiera. Si trasferirono in quegli anni nel capoluogo e il
bambino, iscritto alle scuole elementari salesiane, conobbe la vita difficile dei ragazzi di strada, si prodigò
nell’invitarli a frequentare l’oratorio e far praticare le attività comuni. A 15 anni decise di farsi prete e di di-
ventare missionario. Fece pertanto domanda per diventare novizio dell’ordine dei salesiani e sul suo diario
annotò la seguente preghiera: “Signore, la mia croce non desidero che sia né leggera né pesante, ma come la vuoi
Tu”. Nel 1921 partì per la Cina e si unì ai confratelli salesiani di Shangai ma la lingua gli risultò difficile da apprendere,
lo ripetè più volte nelle 82 lettere che scrisse alla madre. In quegli anni i preti cristiani furono costretti con la forza ad
abbandonare case ed averi e a rifugiarsi altrove. Il nostro aspirante sacerdote riparò nell’isola indonesiana di Timor
e dopo un paio d’anni, ribaltatasi la situazione politica, ritornò in Cina sebbene ci fossero ancora turbolenze e avver-
sione verso i missionari. A 26 anni fu ordinato sacerdote da monsignor Ver-
Soluzione del numero precedente siglia, suo amico e confidente dai tempi del ginnasio, e il 25 febbraio 1930
si apprestò ad accompagnarlo in visita pastorale nella missione del distretto
di Lin Chow, una zona devastata dalla guerra civile, assieme a due giovani
maestri, le loro sorelle e una catechista. Incappati in una banda di pirati, i
due missionari consegnarono le loro vite per salvare quelle degli altri. I pirati
cinesi li fucilarono senza pietà. Entrambi furono proclamati santi nel 2000.
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DICEMBRE 2023

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LA BUONANOTTE
B.F.Disegno di Fabrizio Zubani
Posta per Marta
M arta aprì la cassetta della
posta, ma c’era solo una
lettera. La prese e la guardò
Però, se non ci può aiutare, signora,
le saremo grati lo stesso...»
Marta li guardò più attentamente.
da offrire al Signore. Cercò rapida-
mente la chiave nella tasca. Mentre lo
faceva notò che aveva un’altra lettera
senza aprirla, ma in seguito la guardò Pensò che avrebbero potuto trovare nella cassetta. «Che strano, il postino
con più attenzione. Non c’era
un lavoro se l’avessero cercato per non viene due volte in un giorno».
intestazione né francobollo, solamen- davvero....
Prese la busta e la aprì: «Cara Marta:
te il suo nome e l’indirizzo. Lesse la «Signori, vorrei aiutarvi, ma io stessa Sono stato contento di averti visto.
lettera: «Mia cara Marta: sabato sarò sono una povera donna. Tutto quello Grazie per la deliziosa cena, e grazie
dalle tue parti e passerò a trovarti. che ho, è qualche po’ di companatico anche per il bel cappotto. Con amo-
Con amore. Gesù».
e pane, ma ho un ospite importante re, Gesù».
Le sue mani tremavano quando pose stasera e volevo offrirli a Lui».
L’aria era ancora fredda, ma anche
la lettera sul tavolo. «Perché vorrà ve- «Sì, certo, sì signora, capisco. Grazie senza cappotto, Marta non lo notò.
nirmi a trovare il Signore? Non sono in ogni caso».
?
per niente speciale, non ho niente da L’uomo pose il braccio attorno alle
offrirgli»
spalle della donna e si incammina-
Pensandoci, Marta ricordò gli scaffa- rono verso la strada. Mentre stavano
li vuoti della sua dispensa.
uscendo, Marta sentì una scossa
«Dovrò andare a prendere qualcosa. familiare nel suo cuore.
Comprerò un po’ di pane e qualcosa «Signore, attenda!»
d’altro almeno”.
La coppia si fermò e si voltò men-
Si infilò il cappotto e corse fuori.
tre Marta correva verso di loro e li
Una pagnotta, un etto di prosciutto e raggiungeva sulla strada.
un cartone di latte. E Marta si trovò «Guardate: perché non prendete que-
con solamente ottanta centesimi
sto cibo? Troverò qualcosa da servire
che dovevano durarle fino al lunedì. al mio ospite...», e tese la mano con il
Comunque prese la strada di casa, sacchetto dei viveri.
con i suoi umili ingredienti sotto il «Grazie, signora, grazie tante!» disse
braccio.
la donna e Marta poté notare che
«Scusi, signora, ci può aiutare?
stava tremando di freddo.
Signora?»
«Sa, ho un altro cappotto in casa.
Marta era così assorta, pensando alla Prenda questo». Marta sbottonò il
cena, che non vide le due figure in suo cappotto e lo depose sulle braccia
piedi nell’androne. Un uomo e una della donna. E, sorridendo, si voltò
donna, vestiti ambedue con vecchi e riprese la strada di casa. Senza
stracci.
cappotto e senza niente da offrire
«Guardi, signora, non ho lavoro, sa- all’ospite.
pete, e mia moglie e io viviamo sulla Marta stava tremando quando giunse
strada, fa freddo e soffriamo la fame. a casa. Adesso, poi, non aveva niente
Oggi certamente
c’è posta per te.
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Taxe-Perçue
Tassa riscossa
PADOVA cmp
Se posso
mangiare,
ho un futuro
bastano solo
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