Bollettino_Salesiano_201310

Bollettino_Salesiano_201310

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IL
OTTOBRE
2013
L'invitato
José Miguel
Núñez Moreno
Movimento Giovanile Salesiano
La carica dei 1200
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
Ldealcchoifaavneetto
Sono una piccola chiave di metallo do-
rato. Ho avuto l’onore di aver custodito
i segreti di un piccolo cofanetto di mo-
gano e, all’interno, foderato di velluto.
Sono sempre stata forte e fedele; non mi
sono mai venduta a nessuno.
Per più di trent’anni ho conservato i piccoli
risparmi di don Calosso, un anziano sacerdote.
Questo buon’uomo, incurvato dal peso degli
anni, è stato anche dottore di teologia. Tanto in
lui ha brillato la stella della saggezza che, per gli
ultimi anni della sua vita terrena, aveva deciso di
dedicarsi a essere il Buon Pastore in un piccolo
villaggio rurale. Sotto la lunga talare consuma-
ta dal tempo, batteva sempre un cuore pieno di
saggezza e bontà. Quando parlava di Dio usava
parole semplici, cosicché anche i contadini di
Morialdo potevano capire i suoi discorsi.
La mia vita però, a un certo punto cambiò.
E questo fu quando don Calosso decise di aiutare
un certo ragazzino, di nome Gio-
vanni Bosco. Veniva dalla frazione
dei Becchi e non
aveva soldi
per pagare
gli studi.
(Traduzione di Deborah Contratto)
La storia
Don Bosco ha sempre conservato un bellissimo e incan-
cellabile ricordo del suo maestro don Calosso. È lui stes-
so che, nelle Memorie dell’Oratorio, ci racconta la storia
della chiave del cofanetto (Memorie dell’Oratorio, prima
decade, n. 3 ).
Iniziò così ad insegnarli il latino perché, un gior-
no, potesse diventare sacerdote. Un brutto giorno
però il mio padrone, don Calosso, venne colpito
da un attacco di emiplegia. Restò paralizzato per
metà nel corpo e non era più in grado di parlare.
Era però ancora capace di far capire, a gesti, che
voleva che gli chiamassero Giovannino Bosco.
Il ragazzo si recò subito al suo capezzale e fu
proprio in quel momento che l’anziano sacerdote
mi consegnò a lui.
Quello, credetemi, fu un momento molto difficile
per me. Nonostante la tristezza che mi stava
riempiendo il cuore in quel momento, sentivo di
essere finita in buone mani.
Quando don Calosso morì, i primi a essere av-
visati furono i nipoti, che arrivarono dalla città,
partecipando alla messa funebre e alla sepoltura
al cimitero. Quando seppero dell’esistenza del
cofanetto i loro cuori si riempirono di avidità e
subito chiesero di avere la chiave per aprirlo. Ma
nessuno sapeva nulla. Quindi, con rabbia, inizia-
rono a gridare ai quattro venti che loro erano gli
eredi e che era un loro diritto averla.
In quel momento Giovannino aprì la mano e
comparvi io. Gli occhi dei nipoti di don Calosso
brillarono, pieni di sentimenti di cupidigia. Con
grande velocità mi strapparono dalle mani di
Giovannino, aprirono il cofanetto e, intascato il
denaro, se ne tornarono in città.
Quelle settimane furono caratterizzate da un
grande dolore, condiviso tra me e Giovannino.
Ma, alla fine, i suoi occhi ritornarono a sorri-
dere alla vita, e così decise di conservare in quel
prezioso cofanetto delle nuove cose: i libri che
don Calosso gli aveva regalato. E proprio io avevo
l’onore di essere la chiave che custodiva quella
saggezza.
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Ottobre 2013

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IL
OTTOBRE 2013
ANNO CXXXVII
Numero 9
IL
OTTOBRE
2013
L'invitato
José Miguel
Núñez Moreno
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Movimento Giovanile Salesiano
La carica dei 1200
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 DON BOSCO EDUCATORE
Il sistema preventivo
6 LETTERE DALL'AFRICA
8 MGS
La carica dei 1200
10 SALESIANI NEL MONDO
Kuwait
14 L'INVITATO
José Miguel Núñez Moreno
18 FINO AI CONFINI DEL MONDO
20 INVITO AL COLLE 2
24 LE CASE DI DON BOSCO
Brindisi
27 IL CORTILE DI VALDOCCO
28 FMA
30 COME DON BOSCO
Ascoltare
32 NOI & LORO
34 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
36 AVVENIMENTI
Sándor santo
41 RELAX
42 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
43 LA BUONANOTTE
6
14
36
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina :
Milleduecento
giovani del
Movimento
Giovanile
Salesiano si sono
dati appuntamento
a Valdocco per il
Confronto 2013.
(Foto di Maurizio
Bosio, Reporters
s.r.l.)
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pinto
Blany, Pierluigi Cameroni, Federica
Caniglia, Maria Antonia Chinello,
Egidio Deiana, Roberto Desiderati,
Marco Lardino, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, O. Pori
Mecoi, Francesco Motto, Marianna
Pacucci, José J. Gomez Palacios,
Pino Pellegrino, Silvio Roggia, Luigi
Zonta, Fabrizio Zubani.
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DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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n. 403 del 16.2.1949
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Periodica Italiana

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DON BOSCO EDUCATORE
PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA
Don Bosco racconta
Più volte fui
richiesto... Letrecolonneportanti
del mio sistema educativo
In quelle nove scarne paginette sul Sistema
Preventivo, se le leggi con attenzione,
ti accorgerai che la parola “cuore” o
espressione equivalente ricorre ben 19 volte!
“Più volte fui richiesto di esprimere
alcuni pensieri intorno al così det-
to Sistema Preventivo, che si suole
usare nelle nostre case”.
Non era facile tradurre a parole
l’esperienza educativa che da 36
anni stavo vivendo. Mi sembrava di non riuscire
ad esprimere l’essenziale. Ci sono esperienze che
segnano la nostra vita, ma non sempre si posso-
no tradurre sulla carta. Mi misi a tavolino. Non
ricordo più quanti fogli buttai nel cestino. Pagine
scritte nervosamente a mano, corrette, migliora-
te, con tante aggiunte. Finalmente vennero fuori
nove paginette. Non era un lavoro scientifico. Era
piuttosto uno “schizzo”, un condensato della mia
esperienza pedagogica, un canto d’amore e di fi-
ducia nei giovani. Era la mia professione di fede
nel valore dell’educazione. In sostanza, erano tutte
cose che avevo imparato da mia madre e attinto dal
contatto con l’ambiente contadino dei Becchi. Va-
lori che portavo nel mio cuore da più di trent’anni
e che costituivano lo specifico del mio apostolato.
Punto di partenza e di sicuro riferimento era la
ragione. Non la fredda e anonima imposizione di
un codice. Dialogavo con i giovani. Prendevo co-
scienza delle loro ansie, ne indovinavo i bisogni.
Il ragazzo sempre al primo posto. Lo ascoltavo
volentieri e con interesse sincero. Gli dimostravo
fiducia. Il mio metodo educativo era quello della
vera libertà. Ero convinto che ci può essere educa-
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Ottobre 2013

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zione autentica solo dove c’è libertà e rispetto della
persona. Preparavo i giovani alle sfide della vita.
Li motivavo al senso del dovere, del lavoro, di una
professione onesta. Offrivo ragioni per vivere con
responsabilità e gioia.
Avevo ereditato dall’ambiente familiare una fede
semplice e robusta. La religione era la seconda
colonna del mio sistema educativo. Con la paro-
la ‘religione’ non intendevo un esercizio di pietà
sganciato dalla vita, ma l’espressione di una fede
incarnata nel quotidiano. Religione era “ fare un
bell’abito al Signore” con ogni giovane, come era
avvenuto con Domenico Savio. E così il Sistema
Preventivo si trasformava nella pedagogia della
santità giovanile.
Desidero accennare al terzo asse portante del Siste-
ma Preventivo come l’ho vissuto. L’ho trasmesso ai
miei salesiani come sacra eredità, quasi uno speci-
fico distintivo: l’amorevolezza. Una parola che non
ho inventato io, ma che ho fatto mia. Tipica del
mio modo di educare. Distintivo inconfondibile
della mia pedagogia. In questa parola racchiudevo
uno stile d’amore che identificava l’educatore con i
giovani fino ad amare le stesse cose da essi amate,
fino a trasformare il rapporto educativo in uno stile
di presenza filiale e fraterna, una presenza amica e
desiderata e l’ambiente educativo in una “famiglia”.
Qui c’era tutto l’amore che avevo ricevuto dalla
mia santa mamma, qui sgorgava lo spirito di fami-
glia per cui le opere che sorgevano le chiamavamo
‘case’, qui si respirava l’amore, la confidenza, il ri-
spetto, il gusto di essere e lavorare assieme come
l’avevo assorbito nel mio ambiente contadino e la
cordialità fatta di simpatia, di ottimismo, di calore
umano. Un amore che trasformava gli educatori in
“padri amorosi”.
Diciannove volte cuore
In quelle 9 scarne paginette sul Sistema Preven-
tivo, se le leggi con attenzione, ti accorgerai che
la parola “cuore” o espressione equivalente ricorre
ben 19 volte!
Quando parlavo di amo-
re, mi riferivo ad una pre-
senza educativa. L’autorità
si faceva servizio, l’espe-
rienza diventava lezione di
vita e l’amore si trasformava
in dono, proposta e offerta.
L’amore diventava leg-
ge pedagogica inso-
stituibile. Quindi, ne
derivava la familiarità
con sapore di vero af-
fetto paterno, con profu-
mo di pareti domestiche.
E qui mi piace ricordare quanto aveva scritto
nel 1883 un giornalista francese parlando del
clima che regnava a Valdocco. Forse era una
descrizione leggermente forzata, ma descriveva
pure una situazione concreta. Il giornalista del
Pèlerin affermava: “Da un luogo all’altro si va
a mo’ di famiglia”. I ragazzi mi capivano al volo;
da semplici destinatari passavano a protagoni-
sti entusiasti. Molti erano rimasti al mio fianco.
Incominciavo a rileggere il sogno fatto quando
ero ancora bambino. La frase misteriosa detta da
quella maestosa signora: “A suo tempo, tutto com-
prenderai” incominciava ad acquisire un senso
più profondo e più vero. I valori educativi in cui
avevo sempre creduto, reggevano. La prova era
sotto i miei occhi: i miei figli spirituali, quei ra-
gazzi che un giorno avevo accolto e amato a Val-
docco si trovavano sul campo di lavoro, a capo di
prestigiose tipografie, direttori di scuole rino-
mate, missionari intrepidi in Argentina. Potevo
affermare con chiarezza: “La Congregazione non
ha nulla da temere. Ha uomini formati”. Rivedevo
la scena osservata in tanti sogni: “Quegli animali
erano diventati agnelli… Molti agnelli diventava-
no pastorelli che, crescendo si prendevano cura degli
altri. Crescendo i pastorelli in gran numero, si divi-
sero e andavano altrove per raccogliere altri strani
animali e guidarli in altri ovili”.
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LETTERE DALL'AFRICA IL NOSTRO MONDO VISTO DALL'ALTRA PARTE
SILVIO ROGGIA - silviosdb@gmail.com
Quante Europe,
7 paralleli a nord dell’equatore!
C’è l’Europa dei giovani incredibili volontari
e quella che sta diventando sempre più lontana
anche come riferimento culturale e morale
Carissimi tutti, sono le 3.09 del
mattino. Il film che proietta-
no sul bus che mi sta ripor-
tando da Accra a Sunyani va
avanti a pieno volume... In-
vece di battagliare tra sonno,
grida cinematografiche e buche nell’a-
sfalto preferisco fare quattro chiac-
chiere con voi, finché la batteria del
laptop tiene.
Luglio e agosto sono periodi intensi
di attività e di visite. Le nostre case
salesiane sono piene fino al massimo
per il numero di amici che vengono
dall’Europa a condividere con noi 3
o 4 settimane, di solito in concomi-
tanza con l’holiday camp (estate ragaz-
zi). Ad Ashaiman, periferia povera
di Accra dov’ero fino a ieri sera, c’è
un gruppo da Roma, alcuni volontari
dalla Polonia, un giovane di Malaga
e altri amici tedeschi, due dei quali
passeranno con noi un anno intero.
Tra qualche ora a Sunyani trovo il
gruppo di Cuneo, accompagnato da
Giorgio e Agnese, una giovane cop-
pia splendida che ha già regalato un
anno subito dopo il matrimonio ai ra-
gazzi della Sierra Leone, dopo un’e-
sperienza precedente di volontariato
di più di un anno a Goma, in Congo.
Con loro un gruppo dalla Germania e
il ‘cambio della guardia’ dei volontari
dell’Austria che da anni si prendo-
no cura di tutta la parte informatica
della scuola tecnica. Lo stesso capita
per l’oratorio: Carina, di Buenos Ai-
res aveva consegnato il testimone a
Maria – Germania – che l’anno dopo
lo ha consegnato a un’altra Maria –
Baviera – che in questi giorni lo sta
passando a Rebecca – tedesca pure lei
– per un 2013/2014 regalato alle cen-
tinaia di children che popolano tutti i
giorni l’oratorio di Odumase.
All’inizio del mese i volontari erano
volontari con i baffi: un gruppo di sei
agricoltori/tecnici tedeschi che son ve-
nuti a consegnare un carro agricolo e
un trattore nuovi, dopo aver fatto con
il primo più di duemila chilometri tra
Germania, Francia, Belgio e Olanda
per la raccolta fondi, prima di imbar-
carlo da Amburgo per Tema-Accra.
Un’avventura che meriterebbe ben più
di un email... se vi interessa dare un’oc-
chiata: www. sdbafw.org.
Avere in casa questa Europa è splen-
dido perché è l’Europa vera: sono
persone con cui fai amicizia e condi-
vidi tutto, a partire da abbondanti su-
date, spendendo tutto il giorno con i
ragazzi o a sistemare attrezzature per
la scuola, sia che si tratti di aratro e
rototerra per la farm o di computers
per i laboratori di informatica.
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«Dove andate a Messa
domani mattina?»
Tocchi con mano la generosità che
sgorga dritta dal cuore di Greta,
Luna, Simone, Agnes, Nicolò, Wer-
ner... tutti autofinanziati per viaggio
e permanenza. Insieme loro respira-
no la freschezza che viene dalla gio-
ventù africana, giovane in tutto, an-
che nella fede, arrivata qui a Sunyani
per la prima volta, grazie a un ciabat-
tino di Kumasi, quando mia mam-
ma frequentava le elementari. “Dove
andate a Messa domani mattina?”:
la domanda più ovvia che Matthew
poteva fare sabato sera ai romani ad
Ashaiman... così disarmante che il
mattino dopo a Messa c’erano tutti,
anche quelli che di solito forse non
sono così assidui quando vivono a
Roma, dove gli apostoli Pietro e
Il trattore donato da un gruppo di sei agricoltori
tedeschi. In alto: Gli splendidi giovani volontari
che vengono da tutte le parti del mondo.
Paolo sono di casa da 2000 anni.
C’è anche un’altra Europa che sta
forzando la porta e cercando di en-
trare con i media, i film, le relazio-
ni internazionali che fan sì che, per
esempio, l’Inghilterra ‘punisca’ con
misure restrittive per l’immigrazione
o in campo finanziario i paesi come
la Nigeria, che non son disposti a
fare ‘passi avanti’ verso il same sex
marriage.
Vi dico così di getto quel che ho nel
cuore come di solito faccio quando
battaglio con i tasti di questo laptop
chiacchierando con voi da Accra a
Sunyani o da Sunyani ad Accra. Ma-
trimonio same sex con il treno media-
tico e legislativo che ne segue, omo-
fobia e quant’altro: il mio punto di
vista africano è che questi non sono
i passi più avanzati di una civiltà oc-
cidentale che ama identificarsi con
democrazia e libertà, postmoderna,
post ideologica, post everything. A me
sembra piuttosto una corsa ostinata
in una strada senza futuro, un suici-
dio sociale su cui si preme l’accelera-
tore con tutta l’arroganza delle ideo-
logie del passato, dove il dissenso era
un crimine, l’opinione contraria un
reato.
Il fatto è che ad avere un’opinione
dissonante sono qui sotto il Me-
diterraneo il doppio degli abitanti
dell’Europa. Non c’è nulla di più
lontano dal sentire africano che
questa ‘ultra modernità’ che cerca
di imporsi con la forza di quando in
quando nelle relazioni tra Europa e
Africa, sempre più deboli se para-
gonate all’influsso sempre più forte
che l’Asia ha su questo continente.
La Cina sta diventando la padrona
di casa, fortemente interessata alle
materie prime, al business di ogni
tipo e alla terra coltivabile, che sta
comprando in estensioni da latifon-
do. L’Europa diventa di conseguenza
meno rilevante come partner com-
merciale. Sta diventando sempre più
lontana anche come riferimento cul-
turale e morale. Quando si fa pala-
dina del same sex marriage nel sentire
dei più qui sotto il Sahara l’Europa
fa pena, più che fare invidia.
Do not worry! È solo l’impressione di
un viaggiatore notturno 7 paralleli a
nord dell’equatore.
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MOVIMENTO GIOVANILE SALESIANO
MARCO LARDINO
La carica dei “Veloripetoancora,
siate lieti!”, questo invito
rivolto da San Paolo ai
credenti della comunità
di Filippi è riecheggiato,
1200 duranteilferragosto
torinese, nei cortili, nelle
strade, nelle Chiese,
nelle piazze, nei cuori,
attraversati da questo
Confronto MGS Italia.
Nemmeno un minuto è pas-
sato senza che la Gioia fosse
protagonista della scena.
Non si è trattato di un even-
to o una festa sporadica ma
della tappa di un cammino,
quello che tutti i giovani del mondo
sono chiamati a compiere nella Chie-
sa per essere il presente e il futuro, i
“santi del nuovo millennio” (beato
Giovanni Paolo II).
Nella GMG di Madrid abbiamo ri-
scoperto le ragioni della nostra spe-
ranza per essere “Radicati e fondati in
Cristo, saldi nella fede”. La GMG di
Rio, giunta al termine dell’Anno del-
la Fede, ha inviato i giovani al mondo,
“Andate e fate discepoli tutti i popoli”.
Così, il Confronto MGS Italia non
ha potuto fare altro che attingere alla
ricchezza del cammino della Chiesa
rileggendo alla luce della spiritualità
giovanile salesiana i temi della gioia e
della testimonianza.
Lo slogan guida del Confronto, Testi-
moni della Gioia, ha sicuramente aiuta-
to a fare sintesi di tutti questi elementi,
realizzando quanto don Bosco propo-
neva ai suoi giovani nell’introduzione
al famoso libro Il giovane provveduto:
«Io voglio insegnarvi un metodo di
vita cristiano, che sia nel tempo stesso
allegro e contento».
I giorni del Confronto
Dopo 18 anni dall’ultimo Confron-
to italiano (1995), questa edizione ha
segnato una significativa svolta, avva-
lorata dalla diffusa e manifesta soddi-
sfazione dei partecipanti. Dal 10 al 16
agosto i 1200 giovani provenienti da
tutta Italia hanno vissuto un’esperien-
za intensa e coinvolgente, ritmata dalla
musica e dalla festa, ma anche dalle
celebrazioni e dai momenti di preghie-
ra; vissuta nell’ascolto delle tematiche
proposte, ma anche nel dialogo e nel
confronto delle esperienze; valoriz-
zando i luoghi della storia salesiana e
sociale della città di Torino, ma anche
scoprendo la spiritualità e la bellezza di
Mornese, Chieri e Colle Don Bosco.
Essere oggi «buoni cristiani ed onesti
cittadini» per essere domani «futu-
ri abitatori del cielo»: due espressioni
che indicano con chiarezza il concreto
radicamento nell’oggi che ci è donato,
anche se può apparire impegnativo e
al di sopra delle nostre forze, ma an-
che l’orizzonte e il traguardo verso cui
siamo incamminati e da cui attingia-
mo la forza della testimonianza e della
gioia: il Cielo! In queste espressioni si
raccoglie l’insegnamento di vita di don
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FLASHMOB
Bosco e dei santi della Famiglia Sale-
siana. Sotto la spinta e con la forza di
questo insegnamento i 1200 giovani
partecipanti al Confronto sono partiti
per tornare nelle proprie città come te-
stimoni di speranza e di gioia.
VALDOCCO:
gioia, aria che educa
A Valdocco è stato don Bosco a parlare
ai giovani. Egli era convinto che una
felicità piena e durevole è possibile solo
vivendo in grazia, agendo da cristiano.
La gioia è l’ambiente educativo da “re-
spirare” nelle sue opere. Per don Bosco
l’allegria ha il suo fondamento in Dio:
“… in essa vede un’imprescindibile
manifestazione della vita di grazia. La
vita in santa allegria è appunto il modo
di vita cristiana che don Bosco intende
proporre ai giovani” ha detto don Fa-
bio Attard.
Sotto il titolo: Il Rettor Maggiore in mezzo ai
giovani. Sotto: Alcuni dei giovani nel cortile tra la
Basilica e le Camerette di don Bosco.
Il 12 agosto alle 13.00
la centralissima Piazza
Castello è stata invasa
dalla GIOIA! I 1200
giovani del Confronto
hanno dato vita ad uno
spettacolare flashmob
durato 5’ e 16”. La
piazza si è improvvi-
samente animata e tut-
ti i partecipanti hanno
composto una gigan-
tesca scritta umana
“MGS” e hanno balla-
to al ritmo dell’inno del
Confronto “GIOIA!”
MORNESE:
gioia, piccoli grandi
gesti di amore
Giunti a Mornese, forse sarebbe me-
glio dire “invasa Mornese”, i 1200 pel-
legrini si sono immersi in una storia di
santità raccontata dalla vita di Maìn, la
giovane Maria Domenica Mazzarello.
Una santità, quella che sarà poi delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, fatta di
piccole (grandi) cose, di piccoli (eroici)
gesti quotidiani, che insegnava a fare
di “Ogni punto (d’ago) un atto di amo-
re a Dio”. Maìn, una donna santa che,
nonostante una vita difficile, provata
dalla povertà e dalla malattia, seppe ri-
conoscere le grazie del Signore, la Sua
chiamata al dono e, soprattutto, sep-
pe trovare la gioia in una vita umile,
donata e vissuta in Cristo, ha spiegato
suor Maria del Carmen Canales.
COLLE DON BOSCO:
gioia, consegna
totale a Dio
Il Colle Don Bosco, definito dal Ret-
tor Maggiore come la Betlemme sale-
siana, ha visto arrivare dal Colle delle
Beatitudini, definito così proprio
in occasione del primo Confronto
del 1988, i 1200 giovani che hanno
riempito la Spianata della Gioia. Da
lì, don Pascual Chávez ha inaugurato
il terzo e ultimo anno di preparazio-
ne al Bicentenario del 2015 invitan-
do i giovani a guardare proprio a don
Bosco, vero maestro di vita spiritua-
le, ad attingere a lui per fare nostra la
sua spiritualità, infiammare il nostro
cuore della sua carità pastorale, in-
contrare Cristo e farlo incontrare ai
giovani, di modo che possano diven-
tare credibili e convinti “testimoni
della Gioia”.
Il Rettor Maggiore, in un dialogo a
cuore aperto con i giovani, ha chie-
sto loro che ciascuno possa rispondere
positivamente al Signore che lo chia-
ma, “perché vi ama e vuole riempire
di gioia e di senso la vostra vita e di
portarla alla pienezza dell’amore nella
vostra totale consegna a Lui e agli al-
tri giovani, specialmente i più poveri
e bisognosi. Cari giovani, senza indu-
gio consegnatevi a Dio. Ecco i santi
del terzo millennio!”.
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SALESIANI NEL MONDO
PINTO BLANY
Portano don Bosco
nel deserto del Kuwait
Non ci sono frontiere che possono
arrestare il carisma salesiano.
Anche nel cuore del Golfo Persico
i figli di don Bosco hanno aperto
oratori e scuole e soprattutto
il loro grande cuore.
Il Kuwait è un piccolo Stato arabo ricco di pe-
trolio, ubicato nella parte nord occidentale del
Golfo Persico, che confina a ovest con l’Iraq e
l’Arabia Saudita. Vanta la quinta riserva mon-
diale di petrolio e il pil pro capite dei suoi
abitanti si situa all’undicesimo posto su scala
internazionale.
La popolazione complessiva del Kuwait è pari a
circa 3,5 milioni di abitanti; solo un terzo sono
originari del Paese, mentre gli altri provengono
dall’estero. Questa situazione è comune in molti
paesi che si affacciano sul Golfo Persico. Gli In-
diani costituiscono la comunità straniera più nu-
merosa, seguiti da Pakistani, persone originarie
del Bangladesh, delle Filippine, dello Sri Lanka,
Arabi, Americani, Europei e altri.
L’islam è la religione ufficiale del Kuwait e la più
praticata. Tra gli abitanti del Paese che provengo-
no da Stati esteri si annoverano musulmani, indù,
cristiani, buddisti e sikh.
Si dice che il cristianesimo sia arrivato per la
prima volta nella penisola araba (Arabia Saudi-
ta, Kuwait, Bahrein, Qatar, Emirati Arabi Uniti
e Oman) nel 4 d.C. circa. In Kuwait, si trovano
resti di chiese cristiane nell’isola di Failaka e in
altre zone della penisola.
Nel 1889 è stato creato il vicariato apostolico
dell’Arabia, che comprendeva il Kuwait, gli Emi-
rati Arabi Uniti, il Bahrein, il Qatar, l’Oman, lo
Yemen e l’Arabia Saudita. La scoperta dei giaci-
menti di petrolio in Kuwait nel 1938 ha determi-
nato l’immigrazione di lavoratori da ogni parte
del mondo. Alla fine del 1945, sono arrivati in
Kuwait cattolici provenienti soprattutto dall’In-
dia, dal Libano e dall’Europa. La presenza dei
fedeli è cresciuta di pari passo con la scoperta di
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giacimenti petroliferi e le perforazioni del suolo.
Nel mese di dicembre del 1954, papa Pio XII ha
eretto il Kuwait a vicariato apostolico. Nel 1966
nel Paese vivevano circa 17 000 cattolici di 40 na-
zionalità diverse, che parlavano 25 lingue diffe-
renti e praticavano il loro culto secondo vari riti.
Arrivano i salesiani!
Nel luglio 1998 i due salesiani don Anaclete
D’mello e don Adolph Furtado hanno visitato il
Kuwait per valutare la possibilità di aprire una
scuola per la comunità indiana. L’ispettore don
Tony D’souza è arrivato circa un anno dopo, per
stabilirvi la presenza salesiana. Dopo aver supe-
rato molti ostacoli amministrativi e burocratici,
è stato finalmente individuato e approntato un
terreno per la scuola a Salmiya. Il 1° settembre
2002 sono state aperte le porte della Don Bosco’s
Indian English Academy School (IEAS), scuola
di lingua inglese per allievi indiani.
La scuola ha riportato notevoli progressi e i sale-
siani, con il loro orientamento pastorale, hanno
cominciato a dare una risposta alle necessità spiri-
tuali della comunità indiana residente a Salmiya.
Nel 2008, il vescovo Camillo Ballin ha allora af-
fidato la parrocchia e la chiesa di santa Teresa di
Gesù Bambino ai salesiani. Don Tony D’souza è
stato nominato primo parroco salesiano della par-
rocchia santa Teresa di Gesù Bambino.
Nel 2011 i due vicariati della Penisola Araba
(Kuwait e Arabia) sono stati riorganizzati nel vi-
cariato apostolico dell’Arabia settentrionale, che
comprende il Kuwait, il Qatar, il Bahrein e l’A-
rabia Saudita, e dell’Arabia meridionale, con gli
Emirati Arabi Uniti, l’Oman e lo Yemen.
A seguito di questa riorganizzazione, il vescovo ha
chiamato i salesiani a svolgere un ruolo di grande
importanza nel vicariato. In Kuwait, dunque, i sa-
lesiani sono passati dalla pura e semplice gestione
della scuola e della parrocchia a Salmiya ad ampie
responsabilità nel vicariato, che oggi comprendo-
no la catechesi e la gestione economica del vica-
riato stesso, il centro missionario Don Bosco a
Jahra, il servizio pastorale a favore della comunità
bengalese del Kuwait (si tratta di immigrati pro-
venienti dal Bangladesh e dalla regione indiana
del Bengala occidentale) e l’opera degli exallievi e
dell’oratorio Don Bosco.
La scuola Don Bosco, frequentata da oltre 2000
allievi a partire dalla scuola materna e fino ai cor-
si superiori, vanta un’ottima reputazione in Ku-
wait. Gli studenti sono in maggioranza cattolici e
provengono da tutti gli ambienti socio-economi-
ci. Il contributo economico richiesto alle famiglie
è minimo e sono previsti sconti o l’esenzione dal
pagamento della retta per i meno abbienti.
Don Lionel Braganza, preside dell’Istituto, dice:
«La scuola offre una formazione culturale e in-
segna ai giovani i valori per la vita, seguendo
il carisma di don Bosco». Un corpo insegnante
impegnato ed efficiente collabora per garantire
un servizio di elevato livello in tutti i campi. Gli
allievi sono aiutati a raggiungere uno sviluppo
completo e armonico della loro personalità e nello
stesso tempo sono incoraggiati a scoprire e affi-
Il Rettor Maggiore
in mezzo ai ragazzi
della scuola
salesiana don
Bosco in Kuwait:
sono più di
duemila e la scuola
gode di un’ottima
reputazione.
Ottobre 2013
11

2.2 Page 12

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SALESIANI NEL MONDO
Panorama di
Kuwait City e
(nel riquadro)
l’edificio scolastico
dei salesiani.
nare i loro talenti e le loro capacità tramite confe-
renze, rappresentazioni teatrali, dibattiti, il canto,
la danza, escursioni e una presentazione annuale
delle attività ecc.
Dato che lavoriamo in un paese musulmano, non
abbiamo la possibilità di organizzare pubblica-
mente messe, corsi di catechismo o altre pratiche
della fede cattolica a scuola. È però impartito a
tutti gli allievi l’insegnamento delle scienze mo-
rali. «Mentre gli allievi musulmani frequentano
corsi di Islam, noi incoraggiamo gli allievi catto-
lici a partecipare alle lezioni di catechismo tenute
in parrocchia», dice don Francis Kharjia, diretto-
re della scuola. Tutti e cinque i salesiani insegna-
no scienze morali.
Il territorio della parrocchia Santa Teresa si è am-
pliato, rispetto agli inizi, e ora comprende mol-
te zone dei dintorni. Mentre molti parrocchiani
contano su stipendi che li collocano nel ceto me-
dio, alcuni svolgono mansioni di autisti o colf, in
cambio di salari molto modesti.
Nei giorni feriali vengono celebrate tre messe
in inglese, il venerdì otto e la domenica cinque.
Per la tradizione medio-orientale, il venerdì e la
domenica sono giorni di precetto. Si celebrano
anche messe in lingue etniche specifiche. In par-
rocchia vi sono molti gruppi e associazioni che
svolgono la loro opera a favore di bambini, gio-
vani e adulti.
Le attività proposte ai bambini sono finalizzate
a trasmettere i valori del Vangelo fin da piccoli.
Tramite le lezioni di catechismo, l’adorazione, l’at-
tività di ministranti, la visione di film di sogget-
to religioso, i giochi, le attività teatrali e il canto
i sacerdoti e i volontari si impegnano per aiutare i
bambini ad acquisire valori basati sulla fede.
Viene dedicata particolare attenzione ai giova-
ni della parrocchia. Con la supervisione di don
Lionel Braganza, si organizzano molte attività
creative orientate a favorire l’amicizia, il sen-
so del servizio, la crescita spirituale e personale.
L’esperienza del gruppo giovanile chiamato SPY
12
Ottobre 2013
Sophie James/shutterstock.com

2.3 Page 13

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I ricchi campi
petroliferi del
Kuwait attirano
molti immigrati da
una cinquantina
di nazioni diverse,
con una buona
percentuale di
cattolici. In mezzo
a loro lavorano i
salesiani.
(Salmiya Parish Youth, Giovani della parrocchia
di Salmiya) è stata così positiva che don Lionel
è stato ora incaricato di preparare i giovani del
vicariato.
Si organizzano abitualmente varie attività per riu-
nire i giovani che hanno espresso il desiderio di
conoscere meglio il carisma di don Bosco. Ulti-
mamente è stato preparato per la prima volta nel
vicariato dell’Arabia settentrionale un campo vo-
cazionale di quattro giorni per allievi delle scuole
medie superiori. Vi hanno partecipato 25 ragazzi
pieni di entusiasmo provenienti dalle varie par-
rocchie del Kuwait.
Il centro missionario
Don Bosco a Jahra
Negli ultimi anni, l’opera giovanile cristiana del
vicariato dell’Arabia settentrionale ha comincia-
to a visitare i quartieri dei lavoratori predisposti
dalle aziende a Jahra, alla periferia di Kuwait
City. Si valuta che a Jahra vivano circa 6000
cattolici.
Nel mese di ottobre del 2010, il vescovo Camillo
Ballin ha concelebrato la santa messa con i sacer-
doti salesiani intitolando la chiesa di Jahra a san
Giovanni Bosco. Questa nuova missione è stata
affidata a don Joy Marangattikala.
Auspichiamo un regno di Dio, un regno d’amo-
re, giustizia e pace a Jahra, dove tutte le comu-
nità vivono in pace e armonia. «Dato che questa
parrocchia è agli inizi, auspichiamo una presenza
salesiana a Jahra secondo il carisma di don Bo-
sco. Progettiamo un programma salesiano per
la formazione globale delle persone che vivono a
Jahra», dice don Joy.
L’associazione exallievi e l’oratorio Don Bosco
sono attivi da molto tempo, da prima che i sale-
siani arrivassero qui. Dopo l’arrivo dei salesiani,
nel 2002, sono però stati formalmente ricono-
sciuti.
I cinque sacerdoti della comunità di Don Bosco
in Kuwait sono pienamente impegnati. Oggi
sono stati chiamati a dividere in modo efficace
il loro tempo e la loro attenzione tra i diversi
ruoli che devono svolgere, portando sempre l’a-
more e il carisma di don Bosco in tutto ciò che
fanno.
Ottobre 2013
13

2.4 Page 14

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L’INVITATO
O. PORI MECOI
«shaLpaernarodasintcrzaia
profonde»
Incontro con don José
Miguel Núñez Moreno,
Consigliere Regionale
per l’Europa Ovest
«Abbiamo una storia gloriosa alle spalle, un
presente con progetti ampiamente realizzati e un
futuro appassionante tutto da scrivere».
Nel Consiglio Generale
della Congregazione,
Lei è Consigliere Regionale
per Francia-Belgio Sud,
Portogallo e Spagna.
Si può dire che sono
i primogeniti di don Bosco?
Possiamo tranquillamente affermare
che siamo stati i primi figli di don Bo-
sco. La Congregazione si estese molto
rapidamente in Francia e in Spagna,
in modo particolare. Don Bosco visi-
tò molte volte le nuove fondazioni di
Francia e conobbe personalmente la
presenza di Sarrià a Barcellona, im-
primendo un forte impulso alla sua
opera in questi paesi. Possiamo dire
che fu una terra fertile e ben disposta
in cui lo spirito salesiano mise radici
profonde.
Qual è il grado di salute
dei salesiani in questi
paesi?
Credo che nella Regione Europa
Ovest la presenza salesiana goda di
buona salute. Abbiamo una storia
gloriosa alle spalle, un presente con
progetti ampiamente realizzati e un
futuro appassionante tutto da scrive-
re. È una porzione della Congrega-
zione che ha cercato di vivere sempre
molto fedele alle origini e all’orien-
tamento del magistero salesiano. In
questo momento stiamo promuoven-
do un processo di ristrutturazione che
non è solo “territoriale” ma orientato
soprattutto al rinnovamento carisma-
tico.
Quanti confratelli
e quante opere ci sono
nella sua Regione?
In questo momento ci sono circa 1500
salesiani in quasi duecento presen-
ze. È una realtà salesiana molto viva,
consistente e con una forte radicaliz-
zazione nel territorio.
Quali sono i problemi
più acuti?
Il contesto e la realtà sociale sono una
sfida che ci provoca e che siamo de-
cisi ad affrontare. Viviamo in società
14
Ottobre 2013

2.5 Page 15

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complesse, con un forte indice di mi-
scredenza, difficoltà per la trasmissio-
ne della fede e qualche ostacolo per la
presenza pubblica dell’aspetto religio-
so. Tutto questo fa sì che la proposta
vocazionale sia poco accolta e sia com-
plicato l’impegno “per sempre” da par-
te dei giovani. Altri problemi nascono
dalla vita religiosa stessa, che necessita
di rinnovamento e di un nuovo impul-
so. Il processo di rivitalizzazione che
stiamo vivendo ci permetterà di rinvi-
gorire carismaticamente la nostra vita.
Quali sono le prospettive
e le speranze?
Credo che i salesiani stiano facendo
uno sforzo eccezionale per affrontare
le sfide emergenti. I maggiori punti di
forza sono i confratelli e le comunità
che vivono un buon grado di fraterni-
tà e che portano avanti con generosità
progetti educativo-pastorali solidi e
di forte incidenza nel contesto uma-
no e sociale. Ci sono molti motivi di
speranza: la scommessa di una forma-
zione di qualità per salesiani e laici, la
pastorale giovanile, evangelizzatrice e
audace, insieme all’opzione per i gio-
vani più poveri concretizzata in pro-
getti specifici per ragazzi in situazio-
ne a rischio, sono alcune delle linee
portanti e preferenziali della Regione
in questo momento. Naturalmente i
processi di riorganizzazione ci per-
mettono di ritrovare sinergie e poten-
ziare gli sforzi di tutti.
Possiamo affermare
sinceramente che
in questi paesi
i salesiani hanno futuro?
Certamente. I salesiani, fedeli a don
Bosco, continuano ad essere un punto
di riferimento educativo ed evange-
lizzatore nella Chiesa e nel cuore del-
le nostre società occidentali. Le no-
stre presenze hanno un forte credito
nella società civile, le chiese locali, le
famiglie, i giovani. Il presente punta
ad un futuro immediato nel quale noi
figli di don Bosco, insieme a tanti lai-
ci che condividono con noi carisma e
missione, continueremo ad offrire ri-
sposte significative alle sfide educati-
ve ed evangelizzatrici dei giovani del
nostro tempo.
Com’è nata
la sua vocazione?
Devo la scoperta della mia vocazione
prima di tutto alla mia famiglia. In
casa ho imparato a vivere e comin-
ciato a respirare da credente fin da
piccolo. L’educazione nella casa sa-
lesiana della mia città (Mérida), la
testimonianza e l’accompagnamento
dei salesiani, la crescita personale
nella fede e l’esperienza del volonta-
riato furono gli elementi chiave che
mi fecero decidere, dopo un anno
di università, di rispondere «sì» al
Signore chiedendo di iniziare la for-
mazione tra i salesiani di don Bosco.
Avevo vent’anni.
In alto: Un giovanissimo José Miguel con il beato
Giovanni Paolo II. Qui accanto: Don José Miguel
insieme al Rettor Maggiore.
Ottobre 2013
15

2.6 Page 16

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L’INVITATO
Don José Miguel Núñez con il cardinale Angelo
Amato, salesiano. Sotto: A Lione, durante un
incontro interispettoriale.
Perché proprio salesiano?
Perché la mia fede maturò con stile
salesiano. Perché respiravo l’aria di
Valdocco nella casa salesiana in cui
sono cresciuto. Perché ho incontrato
salesiani autentici e credibili che mi
presentarono il volto di don Bosco e
mi “catturarono”. Perché il Signore si
serve di mediazioni umane per ren-
dere comprensbile la sua chiamata e a
me fece il dono del carisma salesiano.
Com’è stato il suo
“cammino” salesiano?
Il mio cammino salesiano è stato
molto normale. La mia formazione
iniziale è stata accompagnata da ec-
cellenti salesiani. Al termine del post-
noviziato fui inviato a Cadice per il
tirocinio come formatore e assisten-
te. Studiai teologia a Roma, all’ups,
ottenni il dottorato in teologia dog-
matica. Vissi due anni come forma-
tore di novizi e sei come direttore
degli studenti di teologia a Siviglia.
Furono anni di insegnamento nella
Facoltà di Teologia di quella città
e di studio per completare gli studi
nell’Università Hispalense, dove mi
laureai in Filosofia. Ebbi poi l’enor-
me fortuna di vivere sei anni come
Delegato Ispettoriale di Pastorale
Giovanile. Ero Vicario Ispettoriale
quando fui nominato Ispettore della
nuova ispettoria del Sud della Spa-
gna. Nel 2008, mentre partecipavo
al Capitolo Generale 26, fui eletto
Consigliere Generale.
È molto difficile
il suo compito?
Credo che collaborare con il Rettor
Maggiore nell’animazione e nel go-
verno della Congregazione sia un
servizio di grande responsabilità.
Grazie a Dio, i fratelli del Consiglio
e il Rettor Maggiore facilitano mol-
to questo compito. Condividiamo un
clima di grande fraternità e il nostro
lavoro si sviluppa con grande liber-
tà e rispetto. E anche da parte dei
confratelli delle Ispettorie ho sem-
pre incontrato grande disponibilità e
sincera accoglienza.
16
Ottobre 2013

2.7 Page 17

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I giovani spagnoli, francesi,
portoghesi e belgi sono un
po’ refrattari alla religione
o hanno solo bisogno
di una spinta salesiana?
I giovani fanno parte del contesto
secolarizzato in cui sono immersi e
perciò molti si mostrano indifferenti
davanti alla proposta religiosa. È faci-
le verificare però che molti altri sono
disponibili alla proposta educativa ed
evangelizzatrice e fanno un cammino
con noi. La sfida è come arrivare al
maggior numero possibile di giovani
con una proposta audace e incisiva
che permetta loro di maturare come
persone e come credenti.
Quali sono le opere
più significative
della sua Regione?
È difficile sceglierne qualcuna. Ci
sono presenze scolastiche molto im-
portanti, con una forte incidenza edu-
cativa ed evangelizzatrice e un chia-
ro stile salesiano. Allo stesso modo
i centri giovanili mantengono una
fisionomia particolare che ne fa una
presenza significativa in molti am-
bienti dedicati all’educazione e all’e-
vangelizzazione nel tempo libero. I
progetti per giovani in situazione cri-
tica sono la punta di diamante della
proposta salesiana nei contesti di par-
ticolare povertà e necessità. Ci sono
molte presenze salesiane che danno
impulso a due, tre o anche quattro
strutture pastorali all’interno del pro-
getto educativo-pastorale salesiano.
Il Consiglio Generale al completo davanti
al monumento di don Bosco a Valdocco. Sotto:
Don José Miguel Núñez in mezzo ai giovani.
Lei ha una rubrica
sul bollettino salesiano
spagnolo e un blog molto
seguito intitolato
“Vivir de otra manera”.
Pensa che sia importante
comunicare con tutti i mezzi
a nostra disposizione?
Che cosa direbbe
ai salesiani su questo?
Noi salesiani siamo figli di un comu-
nicatore. Don Bosco non risparmiò
alcuno sforzo per annunciare la Buo-
na Notizia del Regno e mise al servi-
zio dell’evangelizzazione tutti i mez-
zi di cui disponeva. Oggi per noi, la
comunicazione è una priorità e dob-
biamo saper utilizzare creativamente
tutti i mezzi comunicativi che ci offre
la tecnologia mediatica attuale per
l’annuncio del Vangelo per la vita e la
speranza delle persone.
Ottobre 2013
17

2.8 Page 18

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
AUSTRIA
Pellegrinaggio
di pace
da Vienna
a Torino
TIMOR EST
Memoria
dell’Oratorio
in edizione
Tétun
(ANS - Vienna) – Lo scorso 24 agosto 18
ciclisti sono partiti da Vienna per un pelle-
grinaggio di pace della durata di 15 giorni
che si è poi chiuso ufficialmente al Colle
Don Bosco, domenica 8 settembre, con la
partecipazione alle prime professioni di 19
novizi salesiani, tra i quali anche un giovane
austriaco. Come negli anni 2009 (Vienna-
Gerusalemme) e 2011 (Vienna-Sarajevo)
il pellegrinaggio ciclistico di quest’anno è
servito a sostenere un progetto salesiano
di solidarietà, in favore dei profughi della
Siria. Il percorso, di 1140 chilometri, è stato
suddiviso in 14 tappe, durante le quali i
ciclisti hanno partecipato, presso le comuni-
tà salesiane di Austria e Italia, ad incontri,
convegni e manifestazioni, imperniati su
diversi temi: l’Europa, il rispetto per il crea-
to, la solidarietà, l’impegno sociale, l’aiuto ai
senzatetto, lo sviluppo dell’etica economica e
le iniziative contro il traffico di esseri umani
e la prostituzione.
MESSICO
Lavorando
per i giovani
(ANS - Ciudad Juárez)
– Venticinque anni fa i
salesiani hanno deciso
di lavorare con i giovani
nelle aree più rischiose
del Messico, lungo tutta
la frontiera con gli Stati
Uniti. Da 21 anni sono
presenti a Ciudad Juárez,
una delle città più violente
del mondo, teatro di
una sanguinosa guerra
fra i cartelli della droga
Sinaloa e Juárez, costata
la vita a circa 11mila
persone tra il 2007 e il
2012. È qui che lavorano
quotidianamente quattro
salesiani, impegnati
ad animare tre oratori
frequentati da un migliaio
di giovani, in quartieri in
cui invece mancano quasi
del tutto luoghi di aggre-
gazione. Sport, musica,
danza, teatro: le attività
sono quelle classiche, ma
sono portate avanti in rete
con molte altre organizza-
zioni locali, un fattore che
rende più solida e pene-
trante l’azione salesiana.
(ANS - Dili) – È stato presentato ufficial-
mente lo scorso 12 agosto il libro “Memória
sira oratóriu São Francisco de Sales nian”, la
versione in lingua tétun – l’idioma nazionale
di Timor Est – delle “Memorie dell’Orato-
rio”. Nell’occasione il traduttore del testo, il
missionario don Manuel Fraile, ha ringrazia-
to la comunità salesiana per avergli concesso
di rendere più accessibile alla gente timorese
un testo fondamentale per comprendere la
storia, la pedagogia e la spiritualità di don
Bosco. Alla fine della cerimonia sono state
consegnate delle copie omaggio del testo ai
presenti, circa 30 persone, rappresentanti
di vari gruppi della Famiglia Salesiana e
giovani impegnati. L’iniziativa di tradurre le
“Memorie dell’Oratorio” rientra nelle attività
programmate per la celebrazione del bicente-
nario della nascita di don Bosco e rappresen-
ta solo l’inizio di una serie di pubblicazioni
salesiane che saranno realizzate a breve a
Timor Est.
18
Ottobre 2013

2.9 Page 19

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UGANDA
Forum
giovanile
2013
ARGENTINA
Solidarietà
con le vittime
della tragedia
di Rosario
(ANS - Kamuli) – Presso l’opera salesiana
di Kamuli si è realizzato lo scorso 7 agosto il
Forum dei Giovani della Visitatoria dell’Afri-
ca Grandi Laghi. Organizzato dall’équipe di
Pastorale giovanile della circoscrizione, ha
riunito circa 250 giovani di Burundi, Rwanda
e Uganda che hanno voluto approfondire il
tema della pedagogia della gioia proposto dal
Rettor Maggiore per l’animazione dell’an-
no pastorale. Ad aprire l’incontro è stato il
responsabile per la Pastorale giovanile della
diocesi ospitante, che ha colto l’occasione
per ringraziare i salesiani. La giornata è poi
proseguita con la messa, presieduta dal Supe-
riore, mentre nel pomeriggio tutti i ragazzi
e gli animatori sono andati presso l’ospedale
di Kamuli a visitare i malati; in serata c’è
stato spazio per le attività culturali, le danze
tradizionali e il teatro.
SIRIA
La GMG
di Aleppo
(ANS - Aleppo) – Anche
nella martoriata città di
Aleppo: in concomitanza
con gli eventi di Rio de Ja-
neiro, circa 850 giovani si
sono riuniti presso la casa
della comunità salesiana
per manifestare, pur nelle
difficoltà, il desiderio di
essere portatori di spe-
ranza per la Chiesa e per
la società. I ragazzi hanno
ricevuto il kit del pellegrino
e il libro del catechismo
per la gioventù “Youcat”;
hanno approfondito il
tema guida dell’incontro
– Andate e fate discepoli
tutti i popoli (Mt 28:19) –
e condiviso apertamente
paure, tensioni e preoccu-
pazioni, trovando fiducia
nell’esempio lasciato dalle
precedenti generazioni
cristiane, vittime di op-
pressioni e persecuzioni,
ma salde nella fede. Nel
corso della messa solenne
è risuonata un’espressione
abituale di papa France-
sco: “non lasciatevi rubare
la speranza!”.
(ANS - Rosario) – Martedì 6 agosto a
Rosario, a causa di una fuga di gas, è av-
venuta l’esplosione di un intero edificio nel
centro della città, che ha causato 21 morti
e decine di feriti. La comunità dell’opera
salesiana “San José”, distante appena 4
isolati dal luogo dell’esplosione, ha aderito
alla campagna di solidarietà in favore delle
vittime. Sin da subito, attraverso la Com-
missione Caritas della parrocchia “Maria
Ausiliatrice”, ha provveduto a coordinare le
donazioni; inoltre, molti membri della Fa-
miglia Salesiana locale hanno collaborato
con le più diverse agenzie civili e religiose
per fornire cibo, coperte e anche abitazioni
per accogliere quanti sono rimasti privi
della casa.
Ottobre 2013
19

2.10 Page 20

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INVITO AL COLLE 2
EGIDIO DEIANA
Qui dove tutto è cominciato
duecento
anni fa
L’ITINERARIO
7. Basilica di Don Bosco
8. Museo Etnologico Missionario
9. Morialdo
10. Castelnuovo Don Bosco
11. Cascina Moglia
12. Capriglio
7
8
NEI DINTORNI
9. Morialdo
Mondonio
11. Cascina Moglia
STATALE PER CHIERI
PER ASTI
10. Castelnuovo D. Bosco
12. Capriglio
S. Giovanni di Riva
STRADA PER RIVA DI CHIERI
Buttigliera
20
Ottobre 2013
Colle D. Bosco
S
E PER CAPRIGLIO La Cecca

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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7. Basilica di don Bosco
Sorge sul luogo dove si trova-
va la Cascina Biglione. Nel
1929 la Cascina viene acqui-
stata dai figli di don Bosco.
La Basilica consta di due
chiese sovrapposte. La prima
pietra è stata benedetta l’11 giugno
1961. Nel ’65 fu aperta al culto solo
la Chiesa inferiore, con una capienza
di 700 posti.
La Chiesa superiore è stata consacrata
nel 1984 dal cardinale Ballestrero. È
stata ristrutturata con la posa del ri-
scaldamento, il miglioramento dell’a-
custica, la ridefinizione unitaria delle
linee architettoniche interne nel 1999.
Un’ampia scalinata conduce all’in-
gresso della Basilica. Sopra i portali
d’ingresso un affresco di Mario Bo-
gani rappresenta il lavoro missionario
salesiano. L’interno ha una linea so-
bria e calda, data dal legno di faggio.
Una lieve luce diffusa favorisce il rac-
coglimento e la preghiera.
Messaggio spirituale e pedagogico
Chi entra in questo Tempio vede
l’immensa icona del Risorto che dà
senso pieno a tutta la vita della Chie-
sa e all’opera di don Bosco. La figura
maestosa del Risorto ricorda, inoltre,
il “Signore di nobile aspetto” che don
Bosco vide nel sogno dei nove anni e
che gli indicò la futura missione.
Chi si incontra con Gesù Risorto vive
la stessa esperienza dei due discepoli
di Emmaus (quadro sopra l’ingresso
al tempio): sfiduciati dopo aver visto
Gesù sul calvario, vanno via da Geru-
salemme; Gesù si fa loro compagno di
viaggio e, durante il cammino, li aiuta
a capire il mistero che si è compiuto
con la morte del Nazareno. Arrivati
ad Emmaus, ormai in confidenza, i
due invitano Gesù a stare con loro:
Gesù entra, a tavola spezza il pane e i
due lo riconoscono (“È lo stesso gesto
dell’ultima cena di cui hanno senti-
to raccontare dagli apostoli”). Gesù
scompare e i due, felici, tornano di
corsa ad annunciare Gesù risorto.
È un episodio che aiuta a capire an-
che la pedagogia di don Bosco: ci si
fa compagni di viaggio di chi è sfi-
duciato e triste, si aiuta a trovare un
senso alla vita, nell’Eucaristia la forza
e il riconoscimento di Lui – I quadri:
presentano don Bosco strumento del
Signore per portare i giovani “den-
tro l’arca”. Dal sogno dei 9 anni alla
sua graduale realizzazione: gli inizi
di Torino con l’Oratorio “migrante”,
quindi l’attività educativa a Valdoc-
co (meta dell’educazione: la santità!)
– nei quadri ai lati dell’organo: don
Bosco, uomo di Chiesa, costruttore
di chiese, educa per la Chiesa, soste-
nuto dall’azione materna di Maria –
Ultimo quadro: dimensione mondiale
e missionaria del sogno di don Bosco.
È un tempio in cui prevale la di-
mensione pasquale: non c’è la Via
Ottobre 2013
21

3.2 Page 22

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INVITO AL COLLE 2
Crucis, ma la Via Lucis (che presenta le
apparizioni di Gesù Risorto). Tali qua-
dri sono collocati nella zona dei con-
fessionali: il sacramento della riconci-
liazione è quello pasquale (passaggio
dalla morte e fragilità spirituale alla
vita di grazia nell’amore del Signore).
È un tempio in cui la presenza di Ma-
ria, la Madre di Gesù e nostra ma-
dre, è di casa: la statua, i due quadri
(la Consolata, patrona di Torino, e la
Madonna nera di Czestochowa, pa-
trona della Polonia) invitano a elevare
il pensiero a Lei, l’Ausiliatrice.
Il mandato del sogno: “trasfor-
mare gli animaletti feroci, lupac-
chiotti, in agnelli” (ragazzi poveri,
abbandonati e pericolanti in buoni
cristiani e onesti cittadini). Nel tem-
pio sono richiamate le strategie che
consentono il miracolo di questa tra-
sformazione: l’amicizia con Gesù e
con Maria (alimentate dal sacramento
del perdono e dall’Eucaristia).
Una consegna: dare una mano a don
Bosco perché il sogno continui (ma...
iniziando dal proprio cuore e dalla
propria vita).
La chiesa inferiore – Luogo di ce-
lebrazione e di preghiera quotidiana.
Nel presbiterio domina il grande
quadro che ricorda le passeggiate
autunnali di don Bosco ai Becchi
(per la festa del Rosario) e in tutto
il Monferrato. Richiama la gioia e la
sana allegria dei giovani di don Bosco
alimentati da Eucaristia e devozione
mariana.
La reliquia di don Bosco è collocata
dietro il quadro. Invita al raccoglimen-
to e alla preghiera personale. I dipinti
descrivono i momenti salienti degli ini-
zi della famiglia di mamma Margheri-
ta: matrimonio a Capriglio - battesimo
di Giovannino - lavori nella Cascina
Biglione - morte di papà Francesco -
vita nei pressi della casetta.
Le vetrate richiamano personag-
gi la cui santità è cara a don Bosco
(Francesco di Sales - san Luigi - san
Giuseppe - il Cottolengo - san Gio-
vanni Battista ed Evangelista - san
Giuseppe Cafasso...) e ai primi santi
salesiani. La grande statua di Maria
Ausiliatrice richiama l’incontro devo-
to con la Madre di Gesù.
8. Museo Etnologico Missionario
Documenta la dimensione mis-
sionaria del sogno dei 9 anni:
don Bosco padre e maestro
della gioventù del mondo.
Presenta la testimonianza
dell’azione missionaria dei
figli di don Bosco e dell’incontro con
culture ai più sconosciute. Nelle vetri-
ne sono esposti oggetti-testimonianza
di vita familiare, di festa, di religiosi-
tà, di lavoro. Sono oggetti della vita
quotidiana: ma è proprio lì che s’in-
contra la presenza di Gesù, come don
Bosco ha appreso dalla madre e come
ha trasmesso ai suoi giovani.
Un approfondimento significativo lo
offre il sito apposito www.museo-
colledonbosco.it.
22
Ottobre 2013

3.3 Page 23

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9. Morialdo
Mani amiche sul cammino
Visita alla Cappella di Morialdo
A fine novembre 1829, di ritorno
da Buttigliera, Giovannino incon-
tra don Calosso. Questi resta stu-
pito della serietà e della memoria di
Giovannino e della sua volontà di
diventare prete. Dopo un colloquio
con mamma Margherita, don Ca-
losso accoglie Giovannino e gli fa
scuola. Dopo alcuni mesi, il ragaz-
zo si stabilisce dal cappellano: gli dà
una mano nel mantenere ordinata la
cappella, riceve formazione culturale
e spirituale. È un periodo bellissimo
per Giovannino. Impara che cosa
vuol dire avere una guida spirituale.
Nelle sue case, don Bosco inserirà
questa dimensione educativa: vero
sostegno personalizzato all’azione
positiva dell’ambiente.
La cappella ha richiami al Cafasso (qui
trascorse un po’ di tempo aiutando il
cappellano e qui avvenne l’incontro
con Giovanni Bosco) e a Domenico
Savio (qui impara a fare il chierichetto
– qui la prima comunione – qui i primi
corsi di scuola elementare).
La casetta di Domenico Savio -
Dal 1844 al febbraio 1854 D.S. abi-
ta qui. Solo una parte era abitazio-
ne in affitto dei Savio (l’altra parte
era abitata dalla padrona, Giovanna
Viale). Ci sono alcuni oggetti testi-
monianza della famiglia (la piccola
officina del padre). La casa è stata
rifatta con l’intenzione di renderla
luogo di testimonianza della santità
giovanile salesiana: è ancora da ul-
timare.
10. Castelnuovo Don Bosco
E’ il comune a cui appartie-
ne la frazione di Morialdo
con la borgata dei Becchi-
Colle don Bosco. È il pae-
se natale di san Giuseppe
Cafasso (guida spirituale
di don Bosco, rettore del Santuario
della Consolata in Torino, cappella-
no delle carceri), del Beato Giuseppe
Allamano (nipote del Cafasso, allievo
di don Bosco a Torino Valdocco, ret-
tore del Santuario della Consolata e
fondatore dei Missionari della Con-
solata), del cardinale Giovanni Ca-
gliero (uno dei primi salesiani di don
Bosco, capo della prima spedizione
missionaria salesiana in Argentina,
primo vescovo e cardinale salesiano) e
di altri personaggi eminenti della vita
ecclesiale e missionaria.
La Chiesa di S. Andrea testimonia
una memoria profonda di vita cristia-
na, autentica palestra di spiritualità e
di formazione, soprattutto dell’asso-
ciazione delle mamme e delle donne.
Qui vennero battezzati e ricevettero la
prima comunione il Cafasso, don Bo-
sco e l’Allamano; qui san Domenico
Savio ricevette i due sacramenti della
comunione e della cresima. Il paese
è dominato dalla chiesa dedicata alla
Madonna del Castello, venerata da se-
coli nella comunità castelnovese: a lei
mamma Margherita affidò Giovanni-
no il giorno del battesimo (17 agosto
1815). Più tardi il giovane Bosco vi si
recava per “consultare” la Madonna
circa la sua vocazione ed il suo futuro.
Itinerario di visita (auto e bus
possono parcheggiare in Piazza Italia,
poco distante dalla Chiesa dei Santi
Castelnovesi): Parrocchiale di S. An-
drea - Madonna del Castello - Scuole
elementari (frequentate dai santi ca-
stelnovesi e da san Domenico Savio)
- Casa di san Giuseppe Cafasso e del
beato Allamano.
CONTINUA NEL PROSSIMO NUMERO...
Ottobre 2013
23

3.4 Page 24

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LE CASE DI DON BOSCO
FEDERICA CANIGLIA
Don Bosco è di casa
nella Porta L’opera salesiana di Brindisi
continua ad essere un importante
centro educativo, religioso,
d’Oriente
vocazionale e di aggregazione
per molti giovani grazie
all’impegno, la passione e
l’entusiasmo di tanti animatori
e della Comunità Salesiana
marico furono costretti ad abbandonare la rea-
lizzazione dell’opera.
A Brindisi, anche
dopo la chiusura
della scuola,
la missione
salesiana continua
con immutato
entusiasmo.
Nel cuore della meravigliosa terra del
Salento, Porta d’Oriente e di Pace del
Mediterraneo, la città di Brindisi ha il
grande privilegio di ospitare la “Casa
di don Bosco”. La sua storia comincia
nel lontano 1879, quando un gruppo di
salesiani giunse in città per aprire la Casa Sale-
siana, ma gli ambienti ecclesiastici non accolsero
con entusiasmo il loro arrivo e perciò con ram-
La contessina e l’onorevole
Nello stesso anno nacque la contessina Grazia
Balsamo, nobildonna della città cresciuta in una
famiglia fortemente devota e cristiana. Per il suo
grande cuore verso gli indigenti ed il suo forte
impegno e sostegno in favore delle missioni, nel
1932, papa Pio XI le conferì la croce “Pro Ecclesia
et Pontifice”. La sua anima magnanima permise ai
salesiani di ritornare nuovamente in città per re-
starvi questa volta per sempre, perché la contessi-
na acquistò un vasto appezzamento di terra lungo
l’Appia Antica, un tempo fuori dal centro abitato,
di 25 000 m2 in cui sarebbe sorta in seguito la
chiesa del Sacro Cuore con l’Oratorio, sul proget-
to ideato dall’illustre ingegnere salesiano Giulio
Vallotti e dove più tardi sarà realizzato il piccolo
“Teatro Don Bosco”.
L’opera salesiana fu inaugurata nel maggio del
1935 e continua ancora oggi ad essere un im-
portante centro educativo, religioso, vocazio-
24
Ottobre 2013

3.5 Page 25

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nale e di aggregazione per molti giovani grazie
all’impegno, la passione e l’entusiasmo di tanti
animatori e dell’intera Comunità Salesiana che
hanno accolto nel loro cuore don Bosco ed i suoi
insegnamenti. In questa prospettiva, come non
ricordare la prestigiosa scuola che sin dalla sua
inaugurazione, esattamente il 15 ottobre del
1935, ha accolto migliaia di ragazzi diventando
nel 1939 l’istituto scolastico paritario “Don Bo-
sco”, proponendo un’offerta formativa diversifi-
cata, indirizzata ai ragazzi delle scuole medie e
del quarto Ginnasio e a partire dall’anno scola-
stico 1941-42, anche del quinto ginnasio. Il 16
ottobre del 1940 il Ministro dell’Istruzione Na-
zionale, l’on. Giuseppe Bottai, visitò la scuola,
conferendo alla contessina Balsamo la medaglia
d’oro al merito scolastico, che le verrà conse-
gnata ufficialmente l’anno seguente. Negli anni
1952-53 si registrò un alto numero di iscritti,
non meno di 200, tuttavia si assisterà nel tem-
po ad un tracollo repentino delle iscrizioni che
condurrà alla chiusura definitiva del complesso
scolastico, il 14 settembre del 1963.
Punto di riferimento giovanile
La missione salesiana, nonostante ciò, conti-
nuerà ininterrottamente anche dopo la chiusu-
ra dell’istituto scolastico, attraverso le numero-
se attività organizzate nell’Oratorio, i cui inizi
sono incerti, ma che con il tempo assumeranno
dei caratteri sempre più chiari e definiti gra-
zie alla profonda passione e amore dei sacerdoti
inviati nella comunità, i quali instancabilmente
si sono dedicati ai piccoli secondo la spiritua-
lità di don Bosco, costruendo insieme ai tanti
volontari e benefattori un luogo di formazione,
di preghiera e di gioco, diventando un punto
di riferimento giovanile all’interno della realtà
cittadina. È difficile in poche righe riassume-
re il lavoro straordinario dei tanti “figli di don
Bosco” giunti nella direzione dell’Oratorio,
ciascuno di loro ha lasciato un segno indele-
bile che ha contribuito alla straordinaria opera
salesiana di Brindisi. Don Marino Arioli può
essere considerato il vero fondatore dell’Ora-
torio brindisino insieme ad un gruppo di be-
nefattori e benefattrici, impegnati anche nelle
attività di catechesi, che trasformarono il cen-
tro giovanile come l’unico protagonista della
realtà locale. Negli anni ’50 con l’arrivo di don
Giuseppe di Massa si raggiunse un clamoroso
numero di iscritti e, nelle domeniche, il cortile
era frequentato da più di mille ragazzi di ogni
età e da adulti.
L’Oratorio è
diventato parte
integrante di
una grande
famiglia che ha
arricchito il suo
ruolo pedagogico
e spirituale
attraverso attività
formative, culturali
e ludiche.
Ottobre 2013
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3.6 Page 26

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LE CASE DI DON BOSCO
Sotto: La
locandina dello
spettacolo
che riassume
attraverso il canto
e la recitazione
i valori e gli
insegnamenti
di don Bosco.
In alto a destra :
Interno della
chiesa del Sacro
Cuore costruita
su progetto
dell’architetto
salesiano Giulio
Vallotti.
«Fino all’ultimo mio respiro»
Negli anni l’Oratorio ha cessato di essere una real-
tà indipendente, ma è diventato parte integrante
di una grande famiglia che ha arricchito il suo
ruolo pedagogico e spirituale attraverso attività
formative, culturali e ludiche come tornei, labo-
ratori, teatro, feste a tema, gruppi di formazione
ed estate ragazzi, ma senza dimenticare l’impe-
gno e l’amorevolezza delle famiglie salesiane:
l’associazione di Maria Ausiliatrice e degli Ex-
Allievi, i Cooperatori, il Laboratorio di Mamma
Margherita che con il loro devoto contributo e
sostegno hanno supportato tutte le iniziative pro-
mosse per i giovani protagonisti dell’Oratorio.
Sul palco del piccolo “Teatro Don Bosco” infat-
ti, tanti ragazzi e non solo, hanno potuto con-
frontarsi con la più antica millenaria arte della
rappresentazione sperimentando diversi generi,
dalla commedia al musical, ma soprattutto han-
no imparato a conoscere se stessi e gli altri ed il
valore del sacrifico e dell’impegno nelle innu-
merevoli prove prima del debutto. Lo spettacolo
che è nel cuore della Famiglia Salesiana perché
riassume attraverso il canto e la recitazione i va-
lori e gli insegnamenti del
Santo Fondatore è il mu-
sical “Fino all’ultimo mio
respiro”, scritto, interpre-
tato e cantato dai ragazzi
dell’Oratorio. L’iniziativa
fortemente voluta dal di-
rettore del Centro Giova-
nile Salesiano Don Paolo
Criseo, in occasione del
triennio di preparazione
al bicentenario della na-
scita di don Bosco (1815-
2015), lo scorso 27 aprile
è stato rappresentato nel
teatro della città, il Tea-
tro-Cinema “Impero”,
nell’intento di diffonde-
re all’intera cittadinanza lo straordinario progetto
educativo di don Bosco.
“La casa di don Bosco” di Brindisi riflette piena-
mente gli insegnamenti ereditati dal Santo fonda-
tore, infatti nello spirito cristiano della solidarietà
e della carità è doveroso ricordare l’accoglienza
offerta nel marzo del 1991, quando ventimila al-
banesi sbarcarono nel porto della città durante la
notte, riversandosi per la strade in cerca di cibo
e di rifugio. A sottolineare come la comunità sia
sempre ancora oggi fortemente rivolta ai bisogno-
si, ai ragazzi di strada e ai più poveri, lo dimostra
il sostegno nelle missioni in soccorso ai piccoli
del Madagascar e dell’Albania e dei terremotati
di Haiti.
In occasione del triennio di preparazione al bicen-
tenario della nascita di don Bosco (1815-2015),
il 5 ottobre 2013 la città di Brindisi è pronta ad
accogliere l’urna del Santo fondatore, un’altra op-
portunità spirituale ed educativa che raduna at-
torno a sé migliaia di fedeli e non solo.
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Ottobre 2013

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insieme
facciamo nuovo
dacosì il cortile di
don Bosco
Una nuova base per il monumento a don Bosco e
comode panchine intorno agli alberi del cortile.
Perché la culla della
Congregazione Salesiana
torni ad essere simbolo
di accoglienza, di gioia
e di raccoglimento per tutti
i pellegrini.
La realizzazione è impegnativa
e il momento difficile. Per questo
ci permettiamo di chiedere l’aiuto
concreto di tutti.
Tutti possono partecipare:
scuole, Ispettorie, parrocchie,
famiglie.
Ricordando che ogni contributo
piccolo o grande
è ugualmente prezioso.
Per informazioni:
e-mail: biesse@sdb.org
Per i contributi:
Banca Intesa Sanpaolo
fil. 00505 - Torino
IBAN:
IT94 N030 6901 0051 0000 0016 221
BIC: BCITITMM
Intestato a Oratorio San Francesco
di Sales - Il cortile di don Bosco
Un’oasi di pace dove c’era l’orto di mamma
Margherita.
a così
Un anfiteatro e alcuni
gazebo per gli incontri giovanili.
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3.8 Page 28

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FMA
MARIA ANTONIA CHINELLO
La manodbieMneadriiacente
Avviata l'inchiesta
diocesana sulla vita
e la santità di madre
Antonieta Böhm
l’inchiesta diocesana sulla sua vita, le
sue virtù eroiche e la fama di santità
porta la data del 12 maggio scorso e
la firma di madre Yvonne Reungoat,
superiora generale delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice.
Donna forte, salesiana tutta d’un pez-
zo, con una straordinaria capacità di
ascolto e una testimonianza di fede
unica nella provvidenza e nella Ver-
gine Maria. Così descrivono madre
Antonieta quanti l’hanno conosciuta
e frequentata. Migliaia di persone per
cui è stata segno della tenerezza di
Dio Amore.
Ormai avanti negli anni, dopo aver
avuto responsabilità nell’animazio-
ne delle comunità e nella formazione
delle giovani suore, si era ritagliata una
missione accanto ai poveri per riscat-
tarli. A pochi chilometri da Città del
Messico, la gente sapeva che il sabato
mattina madre Antonieta era tutta per
loro. Un appuntamento fisso, dove ve-
nivano distribuiti farina, fagioli, vesti-
ti. Era lei stessa la prima a stupirsi per
l’abbondanza che non si fermava dalle
sue mani: «Dò sempre più e il Signore
mai fa mancare il necessario».
Con una incrollabile fiducia nella
Provvidenza, non ha mai dubitato, an-
che quando l’istituzione che procura la
Oltre 70 anni di vita missiona-
ria in diverse nazioni ame-
ricane hanno reso la vita di
madre Antonieta Böhm un
dono ininterrotto a Dio, alle
sorelle, ai giovani, soprattut-
to ai poveri. Ogni giorno. In compa-
gnia, confidente e intensissima, con la
vergine Maria.
E ora, la richiesta ufficiale di avviare
Sotto il titolo: Madre Antonieta con la inseparabile
statuetta di Maria Ausiliatrice. A destra: Madre
Antonieta in Bolivia nel 1965.
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Ottobre 2013

3.9 Page 29

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LA VITA
maggior parte dei viveri da distribuire
sospende gli aiuti. «Altre porte si sono
aperte. Altre persone il cui nome ri-
mane incognito, mandano il loro aiuto
e così nulla mai è mancato».
Insieme al cibo e ai vestiti, cura che
non venga meno la parola di Dio ad il-
luminare la vita e la fiducia nella vergi-
ne Maria. Sa sintonizzarsi con chiun-
que avvicina e scoprire la radice della
tristezza, della malattia, del dolore.
Gli incontri preferiti sono quelli con
donne in attesa di un bimbo, spesso in
ansia per il decorso della gravidanza o
per rischi annunciati. Incoraggia, so-
stiene la fiducia, predice l’esito felice.
Non si conta il numero dei “figli e fi-
glie”, accompagnati dalla sua preghie-
ra, dalla fiducia, dall’offerta profonda.
I suoi giorni, sono scanditi da ore spe-
se per la corrispondenza, anche con la
posta elettronica, da ampi spazi dedi-
cati alla preghiera, all’ascolto di chi,
fino all’ultimo, non ha smesso di ac-
costarla per ottenere la “benedizione”,
una parola di sostegno, un incorag-
giamento per affrontare le difficoltà.
La sua è una vita semplice. Dopo aver
percorso, in un viaggio lungo anni,
Sono i suoi poveri, gli ammalati, le giovani donne,
le mamme, i bambini che l’hanno conosciuta che
ora la pregano e ottengono le grazie per cui la
invocano.
da sud a nord, l’America Latina come
missionaria prima in Argentina, poi
in Perù e Bolivia, approda in Messi-
co. Nel 1973, qui riceve una missione
speciale, all’inizio un po’ obbligata
come lei stessa racconta in un’intervi-
sta alcuni anni prima della sua morte:
«Madre Ersilia Crugnola era amma-
lata e degente in ospedale. Un giorno
ero accanto a lei. Le infermiere cam-
biavano continuamente le lenzuola e
si preoccupava che la “madonnina”
non si perdesse. Le chiesi: “A chi la
lascerà?” “A te”, rispose. “Va bene la
custodirò” le dissi. “No, sarà lei a cu-
stodire te… Falla lavorare!”. “Ma io
non ho il dono che ha lei…” le feci
notare. “No, io ti darò la Vergine e tu
la terrai perché possa lavorare. Invia la
benedizione a chiunque chiederà aiu-
to”. Iniziai così, un po’ forzatamente e
con un po’ di vergogna, a dire il vero.
Ma madre Ersilia era tenace e mi ha
insegnato a fare con semplicità, sem-
plicemente. E così da oltre vent’anni,
Antonieta nasce il 23 settembre 1907 a
Bottrop, Westfalia (Germania). È la penul-
tima di una famiglia di 10 figli. Apprende
da papà Hermann e mamma Antonette a
radicarsi in una fede viva e profonda, che
sarà sempre criterio per ogni scelta.
Inizia la formazione nell’Istituto delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice a Elschelback
il 29 gennaio 1926. Lascia presto la sua
terra per l’esperienza del noviziato a Nizza
Monferrato (Italia). Diventa FMA il 5 ago-
sto 1928. Con un gruppo di 33 giovani
missionarie, nel 1934 parte per l’America,
destinazione Argentina. Nel 1965 passa in
Perù e Bolivia. Dal 1969 è in Messico, la
terra della Morenita. Nel 1973 eredita da
madre Ersilia Crugnola una piccola statua
di Maria Ausiliatrice con la consegna: Non
cessare di benedire. Fino al giorno della
sua morte, il 27 aprile 2008, in lei non è
venuto meno il carisma di essere la mano
benedicente di Maria.
dò la benedizione con semplicità».
Sono proprio i suoi poveri, gli am-
malati, le giovani donne, le mamme,
i sacerdoti, le suore che l’hanno cono-
sciuta e che ora la pregano e ottengo-
no da lei le grazie per cui la invocano.
L’Istituto delle fma ha deciso così
di avviare la causa a soli cinque anni
dalla sua morte per il permanere e il
diffondersi del ricordo della sua testi-
monianza di vita cristiana e religio-
sa; per la fama di santità che gode in
Messico tra quanti sono stati da lei
aiutati e sostenuti nel cammino di
santità.
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3.10 Page 30

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Le tredici mosse dell’arte di educare
8. Ascoltare
Da mesi veniamo proponendo le principali mosse
dell’arte di educare. Siamo partiti dal “seminare”,
siamo passati all’“aspettare”, al “parlare”
al “risplendere”. . . ed eccoci all’“ascoltare”.
Sì, ascoltare i figli perché l’ascolto è una delle più belle
facce dell’amore. Perché forse non vi è via migliore per
imparare a fare i genitori che quella di “sentire” i figli.
A sentire i figli
non si sbaglia mai
A sentire i figli non abbiamo
che da guadagnarci.
I figli (specialmente se bam-
bini) ci dicono subito quello
che pensano.
Lo dicono chiaro e tondo.
Per questo un loro giudizio,
una loro opinione, può valere
dieci anni di inchieste.
Si noti che parliamo di ‘bam-
bini’, non di ‘adolescenti’. Le
parole degli adolescenti, in-
fatti, possono essere filtrate
dal loro punto di vista, talora
interessato.
Le parole dei bambini, inve-
ce, sono senza filtri. Dietro
ad esse ci siamo noi, in presa
diretta, c’è il nostro modo di compor-
tarci, il nostro modo di educare.
Subito qualche esempio per provare
che non stiamo andando per farfalle.
Walter (nove anni) fotografa il papà:
“Se rido, quando c’è la partita, papà
scoppia!”.
Forte è Monica (otto anni): “Papà,
vorrei che quando mangi, non sputi
nel piatto!”.
Molto acuta è Stefania di sette anni
appena: “Per la mamma la cosa più
brutta del mondo è strisciare sulla
cera dell’anticamera. Per il
papà è quando non trova i
suoi wafer”.
Che cosa vogliamo di più per
convincerci che i bambini
non sono cretini, non sono
babbuini? Minori sì, mino-
rati no!
I piccoli hanno le loro opi-
nioni, i loro giudizi sinceri,
severi e veri.
Perché, allora, non ascoltarli?
Ha tutte le ragioni la pedago-
gista Patricia Holland a ricor-
darci che “sarebbe bene che i
bambini venissero ‘ascoltati’,
tanto quanto sono ‘guardati’”.
D’accordo al 100%! I bam-
30
Ottobre 2013

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IN CONCRETO
I DUE AMICI
Non diciamo al figlio: “Lasciami in pace. Sono troppo occupato. Cosa vuoi ancora?”.
Sediamoci vicino.
Concentriamo la nostra attenzione tranquilla su di lui.
Non sbirciamo continuamente l’orologio.
Guardiamolo in faccia. Non si ascolta solo con le orecchie, ma con tutto se stessi. Si
ascolta con lo sguardo, con gli occhi accoglienti che fanno capire che lui, il figlio, rappre-
senta per noi il mondo.
Ascoltiamolo con il cuore. Dicono che l’amore sia cieco. Niente di più falso! Certe notizie
le dà solo il cuore, non la mente!
Ascoltiamolo con simpatia, anche se non siamo d’accordo sui suoi hobby, su alcune sue
stranezze.
Non interrompiamolo tutti i momenti, lasciamo che si sfoghi, si sciolga.
Rispondiamo a tono alle eventuali domande.
Se tale sarà il nostro ascolto, non solo regaleremo al figlio un’ottima medicina psichica
(l’ascolto è sempre terapeutico!), ma anche una straordinaria esperienza di incontro umaniz-
zante, cioè educante: incontro indimenticabile e più efficace di mille parole.
Le parole si possono dimenticare, gli abbracci no!
Ascoltare è abbracciare!
bini li guardiamo troppo (fino a non
lasciarli respirare!) e li ‘ascoltiamo’
poco. Ebbene, questa è l’occasione per
ascoltarli.
Leggete ciò che segue!
Una sola nota: non ingurgitare, ma
sorseggiare, messaggio dopo messag-
gio, e ‘ruminare’.
A loro la parola
“A te mamma ho una cosa sola da
dirti: che gridi troppo!”. (Marco, sei
anni)
“Quando a sera torna a casa mio
papà mi sembra di essere in vacan-
za”. (Maria, sette anni)
“Mia nonna è come un aspirapol-
vere: ogni cosa che si poggia per
due minuti sul tavolo è sparita!”.
(Loredana, otto anni)
“Appena c’è il telegiornale papà si
mette a gridare: ‘ladroni!’, ‘codar-
di!’, ‘banditi!’”. (Nicola, otto anni)
“Quando ti recito la lezione, mam-
ma, i tuoi occhi sono sfavillanti e si
vedono i tuoi denti bianchi”. (Lo-
renzo, otto anni)
“Tu mamma dici sempre le bugie.
Esempio: la sera quando vado a let-
to, mi dici: ‘Mi lavo i denti e poi ti
faccio compagnia’ e poi non vieni
mai. Capisco che sei stanca, ma io
preferirei che mi dicessi che non ne
hai voglia!”. (Laura, dieci anni)
“Io mi arrabbio quando tu mamma
mi dici che se nascevo femmina, tu
mi chiamavi Michela e poi comin-
ci a chiamarmi Michela”. (Franco,
undici anni)
Tanti anni fa vivevano in Cina due amici.
Uno era molto bravo a suonare l’arpa, l’al-
tro era molto bravo ad ascoltarlo.
Quando il primo suonava o cantava una
canzone che parlava di montagna, il se-
condo diceva: “Vedo la montagna come
se l’avessi davanti! ”. Quando il primo
suonava a proposito di un ruscello, quel-
lo che ascoltava diceva, estasiato: “Sen-
to scorrere l’acqua tra le pietre!”.
Ma un triste giorno l’amico che ascoltava
si ammalò e morì.
Il primo amico tagliò le corde della sua
arpa e non suonò mai più!
Esistiamo, veramente, solo se qualcuno ci
ascolta!
“Tu mamma sei stata brava a spo-
sare papà!”. (Walter, otto anni)
“La mia mamma fa la casalinga
e così deve mantenere anche mio
papà che lavora soltanto”. (Marghe-
rita, sette anni)
“A tavola papà sgrida sempre la
mamma perché la bistecca è trop-
po dura. Io ci rimango male per-
ché le grida di papà mi rovinano
la digestione”. (Alessandro, nove
anni)
Ottobre 2013
31

4.2 Page 32

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NOI & LORO
ALESSANDRA MASTRODONATO
LA FIGLIA
Ubriachi
di emozioni
Con paradosso solo apparente,
l’altra faccia dell’inquietudine
adolescenziale è nientemeno
che la noia
Da sempre l’adolescenza è sinonimo di in-
quietudine, di irrequietezza, di insofferen-
za, di smania di crescere, anche a costo di
bruciare le tappe. L’aspirazione a diventare
in fretta (o meglio, ad essere riconosciu-
ti come) adulti, la voglia di sperimentare
emozioni forti ed avventure
sempre nuove, il desiderio di
trasgressione sollecitano i più
giovani a vivere ad alta velo-
cità, ad ubriacarsi di esperien-
ze e sensazioni, spesso senza
darsi nemmeno il tempo di
digerirle e metabolizzarle,
quasi come se fossero incapaci
di assaporarle e distinguerne
il gusto – talvolta dolce e zuc-
cherino, talaltra deciso e stuz-
zicante – e preferissero, piut-
tosto, centrifugare tutto in un
grande frullatore e ingurgitare
la vita in un sol sorso.
Perennemente inebriati dal-
la ricerca di un divertimen-
to a tutti i costi, ubriachi di
emozioni intense ma fragili
e passeggere, gli adolescenti
del terzo millennio, spesso
imitando i loro amici più grandi, passano senza
soluzione di continuità dall’aperitivo pre-serata
consumato stancamente in qualche bar alla moda,
alla serata in discoteca vissuta all’insegna dell’ip-
nosi di gruppo e dello sballo, all’irriducibile cic-
chetto post-serata, estremo tentativo di prolungare
ancora per qualche momento la messa in scena
dell’effimero, destinata a ripetersi sempre uguale a
se stessa, secondo un copione già scritto e rivissuto
decine e decine di volte.
Nessuno stupore, dunque, se l’altra faccia dell’in-
quietudine adolescenziale è nientemeno che la
noia. Più che irrequiete e trasgressive, le giovani
generazioni appaiono spesso annoiate, apatiche,
intorpidite, prive di spirito di iniziativa, incapaci
persino di divertirsi veramente, di godere di una
convivialità genuinamente appagante, di gustare
appieno la vita, con i suoi tanti differenti sapori.
Eppure, sotto questa maschera di indifferenza
e di abulia, spesso si nasconde un’indicibile sete
di senso e di autenticità, il desiderio ineffabile di
qualcosa di più, che vada oltre la consueta ed indo-
lente tarantella delle serate in discoteca, della ri-
cerca di un piacere tenacemente rincorso ed ago-
gnato, ma mai assaporato fino in fondo. E allora
tocca agli adulti, facendo tesoro della loro stessa
esperienza, incoraggiare i più giovani a coltivare
una disponibilità al pieno godimento della vita;
insegnare loro, con l’esempio prima ancora che
con gli ammonimenti, a gustarne ogni singolo
sorso, a centellinarne il nettare, anziché trangu-
giarlo con foga e assuefazione.
Solo allora gli adolescenti e le adolescenti riusci-
ranno ad approdare ad una genuina accettazione
degli alti e bassi della vita, inevitabili ma talvolta
utili e formativi, affinché – come cantava Capa-
rezza in uno dei suoi brani più famosi – possano
trovare una via di uscita dal «tunnel» angusto ed
avvilente di un divertimento a oltranza e impara-
re a far tesoro di tutti i momenti della vita, «tristi
e divertenti», anziché rassegnarsi a vivere «di mo-
menti tristemente divertenti».
32
Ottobre 2013

4.3 Page 33

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MARIANNA PACUCCI
Gli adulti si chiedono perché i ragazzi di
oggi sono spesso così ingrugniti. I casi
sono due: o sono incapaci di intendere e
volere o, peggio, ipocriti incalliti. Come
può, di questi tempi, un giovane italiano
manifestare sentimenti di gioia, entusia-
smo, speranza? Non ha molta scelta fra il mugugno
e il silenzio disperato. Ci sarebbe, in verità, anche
la possibilità di indignarsi, ma è praticamente proi-
bito dagli stessi adulti, almeno quelli che contano
nelle stanze del potere politico ed economico.
Una generazione rischia di morire nell’indiffe-
renza generale o, peggio, nella retorica generale
di chi dice di avere a cuore i giovani, ma poi non
intende cambiare molto dell’attuale assetto della
vita sociale. E non basta assistere impotenti alla
dissipazione dell’etica. Con il principio del bene
e del vero sta venendo meno anche il senso del
bello. Rispetto al mondo passato, questa società
non riesce neppure a praticare il senso dell’utile
(che almeno serve ad andare avanti, sia pure navi-
gando a vista e in solitaria), né tanto meno quello
del piacere, ridotto ormai ad un miserabile sballo
occasionale o al degrado totale di qualsiasi forma
di rispetto e di amore per la vita.
Ai genitori che hanno ancora a cuore la felicità
dei figli e la loro realizzazione umana, vale però
la pena suggerire una possibilità educativa impor-
tante: insegnare loro la prospettiva di una vita da
bere. L’esistenza, anche quella grama del presente
che sta accomunando giovani e vecchi nell’unico
destino di essere una generazione di scarto, può
essere ancora gustata, non nonostante tutto, ma
proprio perché implica un serio discernimento su
quel che vale davvero in mezzo a tanta paccotti-
glia che si svende quotidianamente nel mercato
delle illusioni collettive.
E proprio in famiglia, si può imparare e reimpa-
rare – genitori e figli insieme – a gustare la vita.
Talvolta si potrà riscoprire negli affetti domestici
la freschezza dell’acqua che toglie l’arsura alla fa-
tica e all’inquietudine delle frustrazioni giorna-
Una vita
da bere
Proprio in famiglia,
si può imparare o reimparare,
genitori e figli insieme,
a gustare la vita
liere; talaltra la vita avrà il sapore del latte, nutri-
mento dolce, che fornisce gli elementi necessari
perché si possa, a qualsiasi età, continuare a cre-
scere e godere della tenerezza e della cura proprie
di una madre che allatta i propri piccoli.
Ci saranno anche in famiglia i giorni rari, ma
straordinari, in cui la vita avrà
il gusto del vino: la gioia del-
le piccole conquiste e delle
grandi speranze tenute insie-
me dalla solidarietà reciproca;
l’allegria del ritrovarsi insieme
nella convivialità della tavola;
l’intimità che unisce e dà sen-
so alla narrazione della storia
domestica, in cui si intreccia-
no vittorie e sconfitte, nascite
e morti, amori e dolori.
La vita da bere chiede ai gio-
vani, come agli adulti, di af-
frontare il tempo che passa
con lo sguardo fisso al giorno
della vendemmia, mentre si
condivide la fatica del pianta-
re, innestare, potare i vitigni,
per proteggerli dal rischio del-
la tristezza, che è la più grave
fra le malattie dell’oggi.
LA MADRE
Ottobre 2013
33

4.4 Page 34

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Don Bosco
e l’instant book
sul nuovo Papa
Abituati come siamo da 50 anni ad assistere in diretta televisiva
all’elezione di un nuovo Papa dovunque ci troviamo – a me è
successo di vedere la fumata bianca di
papa Francesco a 15 000 km di distanza,
dove stavamo girando la docu-fiction di
cui alla locandina qui accanto – non è
facile capire che cosa accadeva un secolo
e mezzo fa, ad esempio per l’elezione nel
1878 di papa Leone XIII, 32 anni dopo
il precedente conclave che aveva eletto
Pio IX. Probabilmente solo i pochi lettori
in condizione di leggere i giornali ne
venivano direttamente informati.
E gli altri, ossia la stragrande
maggioranza degli Italiani?
L’instant book
di don Bosco
Ebbene, don Bosco, che dal dicembre
1877 si trovava a Roma nella vana at-
tesa di essere ricevuto dall’amico papa
Pio IX (ammalato e ormai prossimo
alla morte), colse la palla al balzo e in
tempi rapidissimi raccolse “le princi-
pali notizie che potessero interessare
il cristiano con animo di pubblicarle
a vantaggio spirituale dei nostri gio-
vanetti studenti ed artigiani ed anche
degli altri semplici fedeli che ne vo-
lessero approfittare” (dalla lettera al
Papa, 11 novembre 1878).
Lo stesso giorno dell’elezione infatti
scrisse al direttore del Bollettino Sa-
lesiano, don Bonetti, di preparargli
un profilo del nuovo Papa; una volta
poi a Torino si procurò rapidamente
volumi e giornali utili al bisogno, ne
rielaborò le informazioni e ad ottobre
era già in grado di pubblicare nel-
la collana delle “Letture Cattoliche
(fasc. 309-310) il volume Il più bel fio-
re del Collegio apostolico, ricco di ben
228 pagine.
Si suddivideva in tre parti. Nella pri-
ma il compilatore offriva le nozioni
storiche, canoniche e liturgiche, utili
a comprendere che cosa fosse e in che
modo si svolgesse un Conclave; da
testimone oculare don Bosco narrava
la morte e i funerali di papa Pio IX;
dava poi un minuto ragguaglio dell’e-
lezione di Leone XIII e delle solen-
ni cerimonie che l’avevano seguita.
Nella seconda parte tracciava con la
massima semplicità un profilo di papa
Leone XIII (pp. 98-140). Nella ter-
za parte, l’Appendice, poneva invece
la biografia dei 63 cardinali elettori,
compresi i due forzatamente assenti
all’assise romana. Tutto si concludeva
con la breve rassegna degli atti di Leo-
ne XIII fino al mese d’agosto.
La diffusione
Il volume ovviamente era per tut-
ti, ma don Bosco si fece premura di
omaggiarlo alle persone del cui aiuto
aveva estremamente bisogno al mo-
mento.
Anzitutto al nuovo Papa, che aveva
già incontrato in udienza, ma con il
quale poteva solo augurarsi di colti-
vare rapporti di totale sintonia come
con il predecessore Pio IX. In secon-
do luogo lo inviò ai cardinali, soprat-
34
Ottobre 2013

4.5 Page 35

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LA DOCU-FICTION
tutto a quelli che avevano poteri de-
cisionali nelle Congregazioni romane
e a quelli che potevano appoggiare le
sue richieste in favore della società
salesiana. A don Bosco stava parti-
colarmente a cuore la facoltà sempre
rimandata di poter ammettere agli
ordini sacri i suoi chierici (i famosi
privilegi). Solleticando un poco l’a-
mor proprio di ciascun cardinale, li
invitava ad arricchire e precisare i loro
profili biografici facendogli perveni-
re osservazioni in vista della seconda
edizione.
Qualcuno gliele mandò effettivamen-
te, mentre la gran parte si compli-
mentarono con l’autore elogiandone
l’opera: “ottimo frutto dello zelo in-
faticabile con cui egli dà mano a tutto
ciò che può riferirsi ad avantaggiare
gli interessi religiosi ed il bene delle
anime”; “ben utile per tanti che, anche
in buona fede, sparlano e sproposita-
no per quanto vien fatto nei Conclavi,
Un’antica illustrazione che rappresenta il
colloquio di don Bosco con Papa Leone XIII.
Dalla fine ottobre 2013 sarà disponibile presso
le “Missioni don Bosco” di Torino-Valdocco il
DVD “La croce alla fine del mondo” (cf BS di
maggio e settembre). Il 1° centenario della Cro-
ce di Capo Froward eretta nel dicembre 1913
dai salesiani sullo stretto di Magellano a me-
moria del 16°centenario dell’Editto di Costanti-
no (Milano, 313) trova così una degna celebra-
zione nella docu-fiction che ogni appassionato
di don Bosco e delle missioni salesiane ci si
augura possa apprezzare, tanto in Italia quanto
oltre i confini nazionali.
solo perché, come assai di frequente,
blasphemant quod ignorant”, “È una
e nsaaunvlilngouda"santAtoicrleilpdaatrattoofaifDnednateiierMlddwVeeaillanlgcan,eolgvnBleiatilènibon,bouem,innasata"oegcfnaroomarcsteeeorcaidhcnaaecnDosofroia,dnapBiiùol svicneonditeot:ro,
laCroce
alSuddel
Mondo
“l’infinito non lo vedi
se nel cuore non ce l’hai”
Salvatore
regia
Metastasio
da un’idea di
Nicola Bottiglieri
e Francesco Motto
dialoghi e sceneggiatura
Nicola Bottiglieri
con Diego Bottiglieri,
Alessandro Vantini
Salvatore
montaggio
Metastasio
consulente storico
Francesco Motto
musiche
Francesco Perri
Missioni
produzione
Don Bosco
Naif Film
pregevole storia contemporanea” ecc. disciplina e dottrina sta emulando i
Graditissima la risposta del cardinale più benemeriti Istituti della Cattolica
Antonucci di Ancona che don Bosco Chiesa e dell’intiera società”.
aveva conosciuto come Nunzio Apo- Preoccupante ma realistica invece
stolico in Torino 30 anni prima. Gra- quella dell’amico cardinale Oreglia,
dita quella del cardinale Martinelli che confermava la decisione della
che gli accludeva altresì “lire cinquan- congregazione dei Vescovi e Regolari
ta pei suoi tanti bisogni”. Sofferta era di non concedere più ad alcuna nuova
quella del cardinale Sbarretti, già se- congregazione la comunicazione dei
gretario della Congregazione dei Ve- privilegi “tanto meno ora che vi era a
scovi e Regolari, che si rammaricava capo il cardinale Ferrieri, non proprio
perché non era riuscito ad accontenta- amico di don Bosco”.
re “chi per se stesso ha diritto ad ogni
riguardo, e più come fondatore di un Evangelizzatore
Istituto che in breve tempo per lo zelo, Da vero pastore di anime, don Bosco
concludeva il suo volume con un invito
a facilitare la missione evangelizzatrice
del nuovo Papa. Ne indicava con pre-
cisione i mezzi: “Colla preghiera, col-
la docilità alla voce dei nostri pastori,
con una condotta veramente cristiana.
Mettiamoci all’opera, e ciascuno nel-
la propria sfera promuova o riconduca
nelle famiglie il buon costume, e le
pratiche di religione: ciascuno allonta-
ni il peccato da sé e dai suoi, ed il gior-
no del Signore non tarderà a spuntare”.
L’invito rivolto da don Bosco 135 anni
fa ai suoi lettori vale ancora per tutto il
gregge di papa Francesco.
Ottobre 2013
35

4.6 Page 36

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AVVENIMENTI
PIERLUIGI CAMERONI - postulazione@sdb.org
Mdeairgtirieoivn naonmei
Passione di Stefano Sándor Salesiano
«Il 60° anniversario del
martirio del nostro confratello
salesiano coadiutore Stefano
Sándor e la sua beatificazione,
che avrà luogo il prossimo
19 ottobre a Budapest in
Ungheria sono una grazia
per noi e per tutta la Famiglia
salesiana. Vorrei evidenziare
la testimonianza di radicalità
evangelica offerta da questo
confratello, che diventa
particolarmente eloquente
nella prospettiva del prossimo
Capitolo Generale» ha
dichiarato il Rettor Maggiore.
«Passammo l’infanzia
insieme, crescendo
in una famiglia feli-
ce e religiosa. Avevo
dei genitori molto
semplici. Mio padre
che ci portava a Messa ogni domenica,
ci diede un esempio per tutta la vita.
La fede, l’amor patrio e l’amore per la
famiglia furono i valori più importanti
nella nostra famiglia». Così János, fra-
tello di Stefano Sándor, ricorda quei
tempi.
Stefano nacque a Szolnok, in Un-
gheria, il 26 ottobre 1914 da Stefano
e Maria Fekete, primo di tre fratelli.
Il padre era impiegato presso le ferro-
vie dello stato, la madre
invece era casalinga. En-
trambi trasmisero ai pro-
pri figli una profonda re-
ligiosità. Stefano studiò
nella sua città, ottenendo
il diploma di tecnico me-
La famiglia di Stefano Sándor.
tallurgico. Fin da ragazzo veniva sti-
mato dai compagni, era allegro, serio
e gentile. Aiutava i fratellini a studia-
re e a pregare, dandone per primo l’e-
sempio. Fece con fervore la Cresima
impegnandosi a imitare il suo santo
protettore e san Pietro. Serviva ogni
giorno la santa Messa dai Francesca-
ni, ricevendo l’Eucaristia.
Testimonia ancora il fratello János:
«La sua fede fu profonda e questo si
manifestò già nella nostra infanzia.
In casa pregavamo uniti, andavamo
in Chiesa e ci accostavamo all’Euca-
ristia insieme. Conserviamo ancora il
rosario che nostra madre sgranava in
nostra compagnia». I suoi fratelli gli
volevano molto bene. Finché erano
piccoli Pista, come familiarmente ve-
niva chiamato, li istruiva e li aiutava a
fare i compiti. Non li trattava mai con
durezza. Li guidava nella recita delle
preghiere. Era per loro un vero angelo
custode. Questo amore fraterno dure-
rà tutta la vita.
Leggendo il Bollettino Salesiano co-
nobbe don Bosco. Si sentì subito at-
36
Ottobre 2013

4.7 Page 37

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tratto dal carisma salesiano. Si con-
frontò con il suo direttore spirituale,
esprimendogli il desiderio di entrare
nella Congregazione salesiana. Ne
parlò anche ai suoi genitori, che gli
negarono il consenso. Tuttavia Ste-
fano riuscì a convincerli e nel 1936
fu accettato al Clarisseum, casa sa-
lesiana in Budapest, dove in due
anni fece l’aspirantato e frequentò
nella tipografia “Don Bosco” i corsi
di tecnico-stampatore. Questa casa
salesiana ospitava, in quel tempo,
la sede provinciale (Ispettorato), la
Tipografia Don Bosco con l’editrice
omonima, un convitto per studenti
e apprendisti artigiani (tipografi e
legatori), una chiesa pubblica. Qui i
salesiani svolsero la loro attività dal
1925 al 1950, anno della soppres-
sione degli Ordini religiosi. Qui si
venne sviluppando la vita religiosa di
István Sándor e maturò il suo spirito
pronto al martirio.
Interessante una lettera, scritta ai ge-
nitori nel 1938 durante il tempo del
noviziato, nella quale Stefano esprime
un profondo senso di gratitudine ver-
so il papà per il consenso dato e per
il sacrificio fatto nel permettergli di
poter iniziare il suo cammino voca-
zionale tra i salesiani: «Purtroppo devo
anche comunicare una mia mancanza.
Forse sembrava che avessi dimenticato il
compleanno del mio caro babbo. Non l’ho
affatto dimenticato nelle mie preghiere e
nella santa Comunione; ritengo che ciò
valga più di un dono costoso. Il mio spi-
rito ha fatto il volo alla nostra casa ac-
cogliente ed ho dato sfogo all’affetto che
mi colmava il cuore, ringraziandolo per
tutto il bene che mi ha prodigato; infat-
ti, ripensando alla mia vita
passata a casa, devo dire
che mio padre mi ha ama-
to come se fossi il suo unico
figlio e non avesse nessuno
all’infuori di me. E, quan-
do una mattina di Avven-
to, firmò il suo consenso pa-
terno, era evidente nel suo
cuore di padre il dolore della
separazione, ma era pronto
a quel sacrificio per il bene
che mi voleva e per vedere
felice il figlio. Ora il babbo
forse avrà già dimenticato
quel giorno, ma a me vie-
ne spesso in mente, e so che
leggendo ora questa lette-
ra sentirà penetrargli nel
cuore amorevole un segreto
dolore; ma deve consolarsi,
perché più è doloroso questo
sacrificio, più è caro a Dio. Il laboratorio di composizione e il cortile del Clarisseum, la casa
Direi quasi che egli avesse salesiana di Budapest.
obbligato Dio per avergli
dato qualcosa di così grande e con un tale auguro che Dio lo faccia vivere seguendo
spirito di abnegazione, quale pochi ge- la sua volontà, onde possiamo pervenire
nitori sarebbero capaci di fare: di offrire insieme alla beatitudine del cielo e ado-
cioè al Signore Gesù quel che hanno di rarlo nell’eternità; così l’attuale separa-
più caro. Il sacrificio di mio padre è si- zione non darà più dolore, ma porterà
mile a quello di Abramo, al quale Dio ha una felicità ineffabile per l’eternità; che
domandato la prova di sacrificare la vita io possa diventare un religioso gradito a
del figlio per la sua gloria. Ma quello di Dio e devoto al suo Sacro Cuore».
mio padre è più meritevole, in quanto ad
Abramo Dio non concesse di compierlo: Sotto il vessillo
di don Bosco gli mandò infatti un angelo per dirgli di
sacrificare invece il montone trovato in
un cespuglio. E se dovesse ancora prova- Nel 1938 iniziò il noviziato, ma do-
re qualche dolore dovrà offrirlo per me, vette interromperlo per la chiamata
perché più sarà intenso e più mi miglio- alle armi. Nel 1939 giunse il congedo
rerà come religioso. Copro di tanti baci definitivo e, dopo l’anno di novizia-
le mani del babbo sciupate dal lavoro e to, emise la sua prima professione l’8
Ottobre 2013
37

4.8 Page 38

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AVVENIMENTI
settembre 1940, come salesiano coa-
diutore. Fin da questo periodo rivelò
una spiccata personalità e una gran-
dezza spirituale, radicate nell’amore
all’Eucaristia e a Maria Ausiliatrice,
diventando per i suoi compagni non
solo amico, ma modello di vita so-
prattutto nell’umiltà e nell’obbedien-
za. Destinato al Clarisseum, si im-
pegnò attivamente nella formazione
dei giovani apprendisti. Ebbe anche
l’incarico dell’assistenza all’oratorio,
che condusse con entusiasmo e com-
petenza. Fu promotore della Gioven-
tù Operaia Cattolica. Il suo gruppo fu
riconosciuto come il migliore del mo-
vimento. Sull’esempio di don Bosco si
mostrò un educatore modello.
Nel 1942 fu chiamato al fronte e gua-
dagnò una medaglia d’argento al va-
lore militare. La trincea era per lui un
oratorio che animava salesianamente,
rincuorando i compagni di leva. Alla
fine della Seconda Guerra Mondiale si
impegnò nella ricostruzione materiale
e morale della società, dedicandosi in
particolare ai giovani più poveri.
Il 24 luglio 1946 emise la professione
perpetua come coadiutore salesiano,
mentre nel 1948 conseguì il titolo
di maestro-stampatore, svolgendo il
compito di dirigente del-
la tipografia salesiana,
ed esercitando contem-
poraneamente il compito di
educatore dei giovani e degli
apprendisti. Alla fine degli
studi gli allievi di Stefano veni-
vano assunti nelle migliori tipo-
grafie della capitale e della nazione.
Stefano Sándor era incaricato della
direzione, dell’addestramento pratico
e specifico degli apprendisti. La tipo-
grafia ‘Don Bosco’ godeva in tutto il
paese di grande prestigio. Nel servizio
della gioventù egli era pure responsa-
bile dell’educazione collegiale dei gio-
vani. Era indispensabile disciplinare i
giovani, in fase di sviluppo vigoro-
so, con fermezza affettuosa. Stefano
si distinse per una forte personalità:
possedeva un’eccellente istruzione
specifica, accompagnata dalla disci-
plina, dalla competenza e dallo spi-
rito comunitario. Si assunse anche il
compito di sagrestano della piccola
chiesa del Clarisseum e si prese cura
nella direzione del ‘Piccolo Clero’.
György Érseki, che lo conobbe, ci offre
una testimonianza dalla quale emer-
gono la ricchezza spirituale e la capa-
cità educativa di Stefano Sándor: «Ri-
Un gruppo di coadiutori
ungheresi nel 1949
(Stefano Sándor è il
primo in alto a sinistra).
In alto: La medaglia della
beatificazione.
mase sempre giovanile,
dimostrando grande
comprensione verso
i giovani. Affer-
rando i loro pro-
blemi, trasmetteva
dei messaggi posi-
tivi, sapendoli consi-
gliare sia sul piano per-
sonale, sia su quello religioso. La sua
personalità rivelava una grande tenacia
e resistenza nel lavoro, anche nelle si-
tuazioni più difficili, rimanendo fe-
dele ai suoi ideali e a se stesso… Fin
dal primo momento della nostra co-
noscenza, Stefano Sándor rappresentò
lo spirito che caratterizzava i membri
della Società Salesiana: senso del do-
vere, purezza, religiosità, praticità e fe-
deltà integerrima ai principi cristiani».
All’esterno della Congregazione sa-
lesiana era noto come membro e or-
ganizzatore dell’Associazione Na-
zionale dei Giovani Cattolici, di cui
fu l’anima infuocata ed instancabile.
Il suo gruppo era uno dei migliori, il
gruppo-modello. Il coadiutore Sándor
aveva portato l’atmosfera e l’attività
dei circoli giovanili salesiani: lo spirito
sacramentale ed educativo di don Bo-
sco, catechismi ragionati, conferenze
apologetiche e sociali, ore di adorazio-
ne, novene, escursioni-pellegrinaggi,
occupazioni amene e sportive, santa
allegria. I giovani aderivano con entu-
siasmo e non se ne allontanarono più,
neanche quando il loro grande amico
fu richiamato sotto le armi.
Praticò con tutti e ovunque il Sistema
Preventivo di san Giovanni Bosco, of-
frendo ai giovani il Vangelo della gioia
attraverso la pedagogia della bontà. La
38
Ottobre 2013

4.9 Page 39

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UN GIOVANE UNGHERESE DAVANTI ALLA TESTIMONIANZA DI STEFANO SÁNDOR
Mi chiamo Martino, vivo a Budapest e sono cresciuto in un oratorio salesiano. Quando avevo 14 anni la mia famiglia ha cambiato casa e siamo
andati ad abitare in via Istvántelki nella zona di Újpest di Budapest. Allora non sapevo che prima del comunismo, fino al 1950, proprio dall’altra
parte della nostra strada c’era il grande centro salesiano, chiamato Clarisseum. Attraverso la lettura del Bollettino Salesiano ho conosciuto la
storia e la figura del salesiano coadiutore Stefano Sándor. Incuriosito dalla sua vicenda ho preso subito la bicicletta per andare a cercare alcuni
luoghi indicati sul Bollettino. Questi giri li ripeterò tantissime volte, anche di notte quando la vita della città s’addormenta. Mi sono fermato
davanti alla piccola chiesa del Clarisseum a pregare e a ricordare i perseguitati dalla dittatura comunista.
Ricordo che da bambino un mio zio, salesiano, mi portò con sé a visitare alcuni confratelli anziani, che dopo la caduta del regime non erano
più rientrati in comunità a motivo della loro età ormai avanzata. Uno di questi era don Zsédely Gyula, compagno di noviziato di Sándor e che
scrisse la prima biografia su di lui, dal titolo Sándor István martire. Mi ha regalato questo libro che d’allora ho letto tante volte. Un poco alla
volta Stefano è diventato un compagno di strada, un amico del cuore. Ho cominciato pure a parlare con tanti salesiani anziani che l’avevano
conosciuto personalmente, scoprendo tanti piccoli particolari su di lui. Ho incontrato anche alcuni dei suoi compagni di prigionia che mi
hanno raccontato il dramma vissuto durante la dittatura comunista e la testimonianza di fede e
di forza morale di Stefano.
Un giorno ho avuto la possibilità di avere tra le mani alcune cartoline scritte da lui! In un’altra
occasione ho trovato una fotografia del 1947, finora sconosciuta, dove è ritratto con gli altri
salesiani coadiutori dell’Ungheria di quel tempo. Sono sempre alla ricerca delle sue memorie,
dei suoi ricordi. Andiamo spesso a Szolnok, la sua città natale.
Lui nella cella del carcere non ha mai pensato che la sua fama e il suo sacrificio si sarebbero
diffusi in tutto il mondo e nemmeno che i salesiani avrebbero potuto di nuovo lavorare libera-
mente in Ungheria. La crudeltà e il terrore sembrava che avessero vinto la partita, ma Dio ha i
suoi tempi.
Il nostro gruppo di animatori a Óbuda lo ha scelto come patrono e agli animatori spesso ripeto:
«Lui ha vissuto in un’epoca in cui era pericoloso essere salesiano, rischiando la propria vita. E
lo ha fatto con tutta la forza! Oggi noi che siamo liberi di fare qualsiasi cosa, pur non rischian-
do nulla, perché siamo scoraggiati?». La sua testimonianza è viva tra noi e con grande gioia
aspetto la sua beatificazione! Attraverso tutte queste occasioni la nostra amicizia spirituale si
è molto rafforzata!
Martino Márton Csány, cresciuto nell’oratorio salesiano di Budapest e animato-
re giovanile, è responsabile della Pastorale Giovanile dell’Ispettoria Ungherese
e dal 2012 Coordinatore del Movimento Giovanile Salesiano Europeo.
sua fede aveva carattere pratico, mira-
va all’evangelizzazione e alla catechesi,
dimensione fondamentale della mis-
sione salesiana, animandole con vero
spirito oratoriano. Il costante lavoro
svolto in mezzo ai giovani dell’Orato-
rio, del Piccolo Clero e quello di “mae-
stro di tipografia”, dimostrò che la sua
autorevolezza di educatore si nutriva di
una profonda fede.
L’Ungheria dopo la
Seconda Guerra Mondiale
Dopo la Seconda Guerra Mondiale,
l’Ungheria fu sottoposta, come gli
altri Paesi dell’Europa Orientale,
all’influsso politico e militare dell’U-
nione Sovietica, la quale iniziò ad
introdurre il modello politico-sociale
comunista. La peculiarità dell’attività
del nuovo regime era la politica con-
fessionale che mirava all’ateizzazio-
ne della società ungherese. Il primo
nemico del sistema comunista, che
ostacolava l’introduzione del nuovo
ordine, era la Chiesa Cattolica.
La nuova polizia di sicurezza (ÁVH)
nel febbraio 1947 iniziò ad arresta-
re i capi del Partito dei Piccoli Pro-
prietari e del Partito Nazionale degli
Agricoltori, mentre altri importanti
esponenti fuggirono all’estero. Il Par-
tito Ungherese dei Lavoratori ebbe la
maggioranza nelle elezioni del 1947 e
i comunisti ottennero poteri di gover-
no sempre maggiori.
Il capo del Partito Social Demo-
cratico e altri capi dell’opposizione
furono imprigionati o esiliati. Il 18
agosto 1949 il Parlamento approvò
la nuova costituzione dell’Ungheria
sul modello di quella sovietica del
1936. Il nome della nazione divenne
“Repubblica Popolare Ungherese”. Il
socialismo fu dichiarato principale
obiettivo dello Stato.
Dal 1949 al 1956 si ebbe l’epoca sta-
linista. Il segretario del partito co-
munista Rákosi chiese la completa
obbedienza eliminando gli opposito-
ri anche all’interno del suo partito e
cercò di imporre un governo autori-
tario: circa 2000 persone furono giu-
Ottobre 2013
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4.10 Page 40

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AVVENIMENTI PREGHIERA DI OFFERTA DELLA GIORNATA
stiziate, più di 100 000 imprigionate
e 200 000 espulse. Rákosi sviluppò
un sistema educativo con la diffu-
sione dell’ideologia comunista nelle
scuole e nelle università. Nello sfor-
zo di separare la Chiesa dallo Stato,
l’istruzione religiosa fu bandita come
propagandistica.
Nel gennaio 1948 il Partito Comunista
proclamò la lotta alla “reazione clerica-
le”; seguì la fondazione di un Consi-
glio ecclesiastico denominato “Chiesa
cattolica indipendente” e fu avviata la
statalizzazione delle scuole private e in
particolare di quelle religiose.
Il cardinale József Mindszenty, già
oppositore della Germania nazista e
dei fascisti ungheresi durante la Se-
conda Guerra Mondiale, fu arresta-
to nel dicembre 1948 e accusato di
tradimento. Dopo cinque settimane
di arresto e forse di tortura, confessò
tutto ciò di cui era accusato e fu con-
dannato all’ergastolo. Il nuovo regi-
me militare organizzò processi pub-
blici per eliminare ciò che restava del
nazismo e dei “sabotatori imperiali-
sti”. Diversi ufficiali furono condan-
nati a morte e giustiziati nel 1951. Il
numero delle vittime divenne noto
solo con la caduta del comunismo.
Verso il martirio
Il caso di Stefano Sándor si situa
nella lotta contro la Chiesa e gli Or-
dini e le Congregazioni religiose, e
in particolare contro la Società sa-
lesiana, che faceva dell’educazione
cristiana della gioventù il primo dei
propri scopi. Anch’egli fu costretto a
lasciare la casa religiosa salesiana e a
trovarsi un lavoro in una tipografia di
Questa preghiera di offerta della giornata, composta e recitata quotidianamente dal signor
Sándor, riassume lo spirito e lo stile della sua vita.
Signore Gesù, offro a Te ogni preghiera, ogni lavoro,
gioia, delusione e pena di questo giorno.
Concedi a me e a tutti i miei fratelli lavoratori
la grazia di poter pensare come Te,
di pregare, lavorare e vivere con Te.
Dammi la grazia di poterTi amare di tutto cuore
e di servirTi dovunque e con tutte le mie forze.
Venga il Tuo regno tra noi, nelle fabbriche e nelle famiglie.
Che Tu sia conosciuto e amato dovunque e sempre.
Salvaci da tutti i mali e da tutti i peccati.
Che la Tua grazia assista i pericolanti.
Che i morti sul lavoro riposino in pace. Amen.
Szolnok, finché fu inviato dalle auto-
rità statali a Budapest come istruttore
per l’avviamento al lavoro dei ragazzi
orfani e dei giovani apprendisti. In
questa seconda attività, più che com-
portarsi secondo i postulati ateistici
del regime, Sándor continuò con pru-
dente attività catechistica a instillare
nell’animo dei giovani i principi reli-
giosi e la fedeltà alla Chiesa cattolica.
Ma tutto questo non era gradito al re-
gime, il quale cominciò a farlo spiare.
Don László Ádám, Ispettore di quel
tempo, decise di mandarlo all’estero
per fargli proseguire la sua vita da
religioso, ma egli non si avvalse di
questa opportunità, affermando che
avrebbe dedicato la vita a salvare la
gioventù ungherese, anche a costo del
martirio. Il suo sacrificio esprimeva la
consapevolezza che la fedeltà a Dio e
alla vocazione salesiana, lo spingeva-
no a voler realizzare il grande ideale
nel luogo che la Provvidenza gli ave-
va assegnato. In seguito, sotto altro
nome, riuscì a farsi assumere in una
fabbrica di detersivi della capitale,
continuando impavido e clandesti-
namente il suo apostolato, pur sapen-
do che era un’attività rigorosamente
proibita. Si incontrava regolarmen-
te con i suoi exalunni ed alcuni loro
amici, occupandosi dei loro problemi
spirituali ed educativi. Si preparavano
a resistere alla propaganda anticleri-
cale del regime ed aiutavano anche
altri a restare saldi nella fede.
Scoperto in seguito ad intercettazio-
ne della corrispondenza, fu tratto in
arresto il 28 luglio 1952. Secondo i
sistemi da tempo collaudati, fu sotto-
posto a disumani interrogatori, a fe-
roci torture e ai tipici lavaggi del cer-
vello, fino a riconoscersi pienamente
nelle assurde e false accuse formu-
late contro di lui, che riguardavano
la partecipazione a complotti contro
l’ordine democratico, alto tradimen-
to, attività contro lo Stato e altri reati:
tutte accuse che prevedevano la pena
di morte. Anche in carcere Stefano
Sándor mantenne ferma la sua spiri-
tualità, pregando e recitando il rosa-
rio. Inoltre, malgrado egli sapesse di
dover essere prossimo all’esecuzione
della condanna a morte, con rara se-
renità era apportatore di consolazione
per i suoi compagni. La condanna a
morte fu ufficialmente sentenziata
il 12 marzo 1953 e attuata, tramite
impiccagione, l’8 giugno dello stesso
anno. Aveva trentanove anni.
40
Ottobre 2013

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
UN PATRIOTA PER AMICO
In un elegante palazzo torinese abitavano la marchesa Giulia Colbert e
il marito, Tancredi Falletti di Barolo. Non avendo avuto figli ma essendo
molto religiosi e altruisti, avevano deciso di impegnare le loro vite e l’e-
norme patrimonio (superiore a quello dei Savoia) nell’aiuto dei poveri. In
quello stesso palazzo, che fu sede della fondazione benefica da loro voluta
(l’Opera Pia Barolo tutt’oggi esistente), si incontrarono importanti perso-
naggi dell’epoca, nobili, politici, artisti. Anche don Bosco, assunto come
cappellano e aiuto teologo, frequentò quell’ambiente e fu in quel tempo che
conobbe e strinse amicizia con XXX, patriota e scrittore, ospite di riguardo
della marchesa Colbert fungendo da bibliotecario e segretario personale
dopo essere tornato in libertà da una lunga prigionia. Era nato a Saluzzo in provincia di Cuneo nel 1789
e da ragazzo fece pratica nel commercio affiancando lo zio nelle attività che svolgeva in Francia. Imparò
il francese e al ritorno in Italia, poco più che ventenne, lo insegnò a Milano. Lì frequentò il Monti e Fo-
scolo i quali contribuirono ad accrescere la sua passione per la poesia neoclassica finché non decise
di scrivere alcune opere in versi per il teatro. Riscosse un discreto successo con la tragedia Francesca
da Rimini (reinterpretazione romantica dell’episodio dantesco), svolse in quel periodo diversi lavori
come istitutore presso famiglie altolocate e strinse relazioni
con molti esponenti della cultura europea accogliendone gli
ideali risorgimentali. Diresse il giornale progressista Il Con-
ciliatore, ben presto soppresso dalla polizia austriaca. Per le
sue idee e per aver aderito alla setta dei Federati fu arrestato
e condannato insieme al patriota Piero Maroncelli rispettiva-
mente a 15 e 20 anni di carcere duro (condanne poi ridotte)
da scontare presso la fortezza dello Spielberg. Negli anni
della sua amicizia con don Bosco scrisse i versi di alcune
canzoni sacre per i giovani dell’oratorio.
Definizioni
ORIZZONTALI. 2. Giornale mi-
lanese dell’Ottocento soppresso dalla
censura austriaca - 13. Il nome di
Verlaine, poeta “maledetto” - 15. Lago
campano considerato un accesso degli
Inferi - 16. Gioco di carte in cui si de-
vono totalizzare 500 punti - 18. Una in-
cognita matematica - 19. Certificato di
Destinazione Urbanistica - 21. Andata
poeticamente - 22. Iniziali di Benigni -
24. Le hanno tigri e vipere - 25. Così
inizia Il 5 maggio - 26. Vezzo, smance-
ria - 28. I rifiuti dopo la cernita - 30.
XXX - 31. Bologna (sigla) - 33. Do-
tati per il volo - 34. Suffisso diminutivo
- 35. Il centro di Torino - 36. A Londra
c’è il West - 38. Il Khan della Costa
Smeralda - 39. Lima per il legno - 41.
La... capitale boliviana - 42. Gioca in
casa a Madrid - 44. Diede i natali a
Vittorio Alfieri - 45. Movimenti tellurici
- 47. Le memorie scritte dal 30 orizz.!
VERTICALI. 1. Fortezza nei pressi
di Brno usata in passato come luogo
di prigionia - 2. Il diritto dei latini - 3.
Gemelle in culla - 4. Comportamenti
incerti, oscillanti - 5. A Venezia c’è la
Foscari - 6. Colà, in quel luogo - 7.
Persone fornite di vasta cultura - 8. Era
funesta quella di Achille - 9. La Negri
poetessa (iniz.) - 10. Strumento per
veterinari e allevatori - 11. Poco rumo-
roso - 12. Ente che promuove l’offerta
turistica italiana - 14. Il Club che ga-
rantisce soccorsi stradali (sigla) - 17.
Stretta apertura - 19. Sostanza adesi-
va - 20. Congiunta, collegata - 23.
Dal suo bozzolo si ricava la seta - 26.
Né tua, né sua - 27. Africa Orientale
Italiana - 28. Mutandine - 29. Mezza
Roma - 32. Uno sul dollaro - 35. Una
memoria del computer - 37. Decalitro
in breve - 39. Dispari nei rosari - 40.
È Egr. sulla busta - 41. Il partito fondato
da Turati - 43. In fondo al baule - 44.
Il Panatta tennista (iniz.) - 46. Dentro.
Ottobre 2013
41

5.2 Page 42

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
DON DINO
COLUSSI
Morto a Nuova Delhi il 27
agosto 2012, a 83 anni
Era l’ultimo di una grande
dinastia: cinque fratelli e
una sorella, tutti missionari
salesiani in India
«Eravamo tredici fratelli: una bella
famiglia friulana che oltre ad es-
sere numerosa e piena di allegria,
era anche una vera famiglia cri-
stiana. La conferma si ha dal fatto
che sei dei tredici fratelli, ossia:
Ferruccio, Guido, Giuseppe, Rina,
Luciano ed io, scegliemmo la
professione religiosa, diventando
Missionari Salesiani, con un’unica
destinazione: l’India» raccontava
don Dino Colussi. «Don Bosco
soleva dire che “una famiglia ove
si vive la fede cristiana, produce
naturalmente vocazioni” e io non
ho mai avuto dubbi sulla mia vo-
cazione, nonostante le inevitabili
birichinate della fanciullezza.
La “fortuna” che andai a cercare
in India fu quella dei derelitti di un
paese più povero del mio. La mia
emigrazione iniziò nel settembre
del 1940, quando mio fratello
don Bepi, ritornato dall’India per
malattia, mi condusse ad Ivrea,
presso l’“Aspirantato Missionario
Salesiano”, dedicato al cardinale
Cagliero, il primo grande missio-
nario di don Bosco.
L’“Istituto Cardinal Cagliero” ha
lasciato un’impronta nella forma-
zione di vocazioni missionarie;
oltre 2500 partirono da lì per ogni
parte del mondo ma specialmen-
te per l’Asia: i famosi Caglierini!
Ero arrivato in India a dicianno-
ve anni, alla fine del maggio del
1948. La scelta dell‘India non era
stata casuale. Vi era giunta l’an-
no precedente mia sorella, suor
Rina; da circa vent’anni si trova-
va lì mio fratello, padre Guido, e
da dieci anni c’era anche un altro
mio fratello, padre Luciano.
Loro mi avevano aperto la via,
rendendomi quasi familiare que-
sta terra lontana.
In India, dal 1932 al 1938, si tro-
vava anche padre Giuseppe, un
altro mio fratello, che dovette poi
far ritorno in Italia a causa di una
malattia che l’aveva colpito e che
richiedeva cure appropriate.
Una volta in Italia, riprese gli
studi e fu ordinato sacerdote nel
1947; si trasferì poi prima negli
Stati Uniti e poi in Australia, ove
esercitò la sua missione tra gli
emigranti italiani degli anni diffi-
cili del dopoguerra».
Don Dino era destinato a Shil-
long. Lungo la strada conobbe
per la prima volta il fratello don
Guido. Quando questi era parti-
to per l’India, lui non era ancora
nato!
A Shillong lo attendeva il primo
incarico: assistere i ragazzi della
“Scuola Don Bosco”. Nell’isti-
tuto c’erano studenti e artigiani,
questi ultimi divisi in cinque la-
boratori. A padre Dino fu affidato
quello dei calzolai e così ebbe
modo di apprendere i rudimenti
del mestiere.
Fu quello l’inizio di un’attività che,
a narrarla, ha dell’impressionan-
te. Divenuto nel frattempo sacer-
dote nel 1954, padre Dino passò
dopo qualche anno a Krishnagar
e poi a Bandel, dove dovette as-
sicurare oltre al funzionamento
di un santuario mariano, anche
il mantenimento e l’istruzione dei
duecento studenti del seminario.
Le ulteriori tappe della sua vita lo
vedono costantemente impegna-
to su due fronti che poi costitui-
scono due aspetti della stessa
lotta contro la povertà: preparare
alla vita, fornendo un’istruzione,
insegnando un mestiere e dare un
lavoro. Prefetto della “Don Bosco
Technical School” a Liluah, sob-
borgo di Calcutta, dopo alcuni
anni chiede di tornare al “fronte”,
in una zona più povera e così gli
viene proposta Krishnagar, dove
resterà dal 1968 al 1981. Deve
provvedere alla scuola, ai labo-
ratori, ai lavori della campagna.
Acquista nuove terre e crea alle-
vamenti di galline, maiali e muc-
che. Sperimenta nuovi sistemi di
produzione, si mette a costruire
stufe a carbone, lancia una cam-
pagna per la costruzione di case
a basso prezzo al fine di sostituire
le capanne di fango. Per fermare
il nomadismo di una numerosa
tribù di aborigeni affida loro un
pollaio di cinquemila galline.
Nel 1996 si muove ancora: per
due anni lavora ad Orissa, a ovest
del Bengala, per organizzare la
seconda istituzione salesiana in
quello stato. E poi nel 1998 si
trasferisce di nuovo a Delhi. Lì
si lancia in una nuova avventu-
ra: insegnare ai ragazzi poveri
dell’India ad usare il computer,
dando loro, oltre che cibo e risto-
ro, anche i rudimenti necessari
per l’uso dei programmi infor-
matici. L’iniziativa parte dalla
creazione di cinque scuole, che
vanno dalle elementari alle su-
periori, fino ad arrivare al “Tech-
nical Institute Don Bosco”, in cui
consegnare ai giovani di Delhi le
competenze attraverso le quali
costruire un nuovo futuro per la
società indiana.
Non è un caso, dunque, se nell’e-
state del 2001, il Presidente della
Repubblica Italiana ha nominato
don Dino Colussi “Grande Uffi-
ciale dell’Ordine della Stella della
Solidarietà Italiana”, ripristinando
un’onorificenza che era stata so-
spesa da 23 anni.
Termina così le sue “Confessio-
ni”: «Buon Dio, non sono degno
di tutto questo! Grazie per avermi
fatto incontrare tanti poveri. Sono
anch’essi figli di Dio! “Ci vorreb-
be un miracolo!” sento dire. Ma
il miracolo io lo vedo ogni giorno
perché chiunque vede nel povero
Gesù e lo aiuta, e vive al suo fian-
co, realizza un miracolo.
Ora che sto diventando vecchio
prego il Signore unicamente per-
ché questo miracolo non finisca
mai».
Don Dino Colussi con il fratello don Luciano.
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Ottobre 2013

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
La rosa blu
Sentendo vicina la propria
fine, l’imperatore della Cina
volle trovare un marito per la
sua unica figlia. Questa non
era solo la più elegante e la
più colta di tutte le fanciulle
dell’Impero, ma era anche di gran
lunga la più bella. Aveva un unico
neo: non voleva affatto sposarsi.
Siccome il padre la supplicava,
dichiarò che avrebbe accettato come
sposo colui che le avesse porta-
to una rosa blu. Appena furono a
conoscenza della condizione, tutti
i giovani principi e nobili dell’Im-
pero si precipitarono alla ricerca di
una rosa blu. Una ricerca vana. Uno
dopo l’altro rinunciavano. Alla fine
rimasero in tre.
Il primo era il mercante più ricco
dell’Impero, più ricco dello stesso
imperatore. Andò dal più grande
alchimista del mondo che con filtri
e liquidi colorati trasformò una rosa
bianca in una perfetta rosa blu. Senza
perdere tempo, il mercante portò la
rosa al palazzo imperiale. La princi-
pessa impallidì, ma poi guardando la
rosa disse: «Se una farfalla si posasse
su questa rosa morirebbe avvelenata».
E gettò via la rosa con disgusto.
Il secondo era il generale delle
armate imperiali. Domandò al più
abile gioielliere del mondo di fargli
una rosa blu intagliata in uno zaffiro.
Quando la principessa posò i suoi
occhi color della
notte sulla rosa che
brillava vellutata
come l’acqua del
mare che riflette il
cielo, disse: «Papà,
non vedi che non è una
rosa, ma solo uno zaffiro
tagliato in forma di rosa?».
Il terzo pretendente era il
figlio del Primo Ministro, un
giovane, bello, colto, gentile. Fece
lavorare per tre mesi tutti i migliori
artisti del paese per creare una rosa
blu di finissima porcellana.
«La terrò perché è bellissima», disse
la principessa, «ma è solo un sopram-
mobile».
Così anche il terzo pretendente fu
rifiutato.
Una bella sera d’estate, la principes-
sa ammirava il tramonto dalla sua
finestra, quando sentì qualcuno che
cantava. Era un giovane poeta che
passava di là per caso. I suoi occhi
incontrarono quelli della fanciulla.
Rimasero per un po’ in silenzio. Poi
il giovane poeta disse dolcemente:
«Io desidero sposarti».
«Ahimè!», rispose la principessa.
«Io sono la figlia dell’imperatore, e
ho promesso di sposare solo colui
che mi porterà una rosa blu. Finora
nessuno c’è riuscito».
«La troverò», disse il poeta.
Il mattino dopo il poeta raccolse una
rosa bianca e la portò all’imperatore.
Questi la presentò alla figlia ridendo.
La principessa prese la rosa e disse
senza esitazione: «Oh, finalmente,
ecco la rosa blu!».
L’imperatore ci mise un bel po’
prima di riaversi dalla sorpresa. I
ministri e i cortigiani cominciarono
a mormorare: «Ma questa rosa non è
blu...».
Ma la principessa replicò: «I vostri
occhi non funzionano! Questa rosa
è blu, ve l’assicuro. Guardate bene e
vedrete che è di un blu meraviglioso!».
Tutta la corte tacque. La principes-
sa sposò il poeta e furono felici per
sempre.
Si vede bene solo con il cuore.
Dovremmo fidarci di più di
lui.
Ottobre 2013
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5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Don Bosco Educatore
Chi è amato, ottiene tutto,
specialmente dai giovani
Il calendario 2014
I SOGNI DI DON BOSCO
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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un’offerta.