Bollettino_Salesiano_202210

Bollettino_Salesiano_202210

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Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
NOVEMBRE 2022
Strenna 2023
Come lievito
nella famiglia
umana
di oggi

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
La piccola città
delle beatitudini
Nella megalopoli di Chennai (Madras),
nell’atmosfera eccitante e piena di vita
della città, in mezzo agli enormi complessi
industriali e ai magnifici templi, c’è anche una
scheggia luminosa di bontà tutta salesiana.
Q uesta storia comincia tanti anni fa, dopo
l’infame prima guerra mondiale, in un
paesino dell’Alta Italia, in una famiglia
dignitosamente povera di tredici figli.
Una sera, finita la distribuzione della polenta ai fra-
telli e sorelle, uno di essi si accorse che i genitori
erano rimasti senza. «Perché tu e papà avete il piat-
to vuoto?» domandò alla mamma. E lei: «Non ab-
biamo fame, questa sera». «Allora nemmeno io ho
fame» disse lui, e scappò fuori a piangere, sull’aia al
buio. La mamma lo raggiunse, poi anche il papà.
Fu allora che il piccolo Orfeo disse deciso: «Se di-
venterò sacerdote, lavorerò soltanto per i poveri, per
chi ha fame, come ho fame io questa sera!»
Orfeo Mantovani entrò nel noviziato dei Salesiani
e nel 1934 partì per le missioni salesiane in India.
L’India divenne la sua seconda amatissima patria.
Il suo vescovo era un altro gigante salesiano, che
aveva il coraggio e la barba dei patriarchi, mon-
signor Louis Mathias, che accontentò subito don
Mantovani affidandogli le zone più squallide della
città di Madras.
Lui si mise all’opera. Accanto ad una ferrovia, sul
terreno annerito da antichi depositi di carbone,
cominciò a raccogliere i derelitti delle strade, gli
abbandonati da tutti, quelli che non ce la facevano
più a vivere. Con loro, lanciò la sfida alla “tigre
nera”, la fame disperata dei quartieri degradati.
Così il salesiano dal sorriso mite fondò, un pez-
zo alla volta, come faceva don Bosco, il Centro di
sollievo sociale: scuole elementari diurne e serali,
clinica gratuita e ospedale, lebbrosario, oratorio fe-
stivo. Quando morì, un altro salesiano prese il suo
posto, e poi un altro e altri ancora, perché questo è
il bello di essere una grande famiglia religiosa. E
il luogo divenne una cittadella di amorevole carità.
In quella cittadella, a Chennai, sono entrato qual-
che settimana fa e per me è stata una magnifica
esperienza. L’opera si chiama Beatitudini ed è co-
nosciuta come la casa salesiana in cui si entra a tre
anni e da cui molti escono alla fine della loro vita,
per incontrare il Signore. Sotto il sorriso di don
Bosco “dalla culla alla tomba”, dicono qui.
Forse vi sorprenderà quello che vi sto scrivendo, ma
ho ammirato il lavoro salesiano, il servizio offerto a
migliaia di famiglie, bambini, adolescenti, giovani
e anziani. E tutto questo è frutto della collabora-
zione di tre Congregazioni della Famiglia Salesia-
na: questa è la novità o la ricchezza! Lì ci sono i
Salesiani di Don Bosco, le Figlie di Maria Ausilia-
trice e la Congregazione chiamata “Suore di Maria
Ausiliatrice” (sma).
I bambini a partire dai tre anni e i bambini delle scuo-
le elementari frequentano la scuola gestita dalle Fi-
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glie di Maria Ausiliatrice. Accolgono anche ragazze
adolescenti. Le suore sma vivono assistendo uomini
e donne anziani che non avrebbero un altro posto (e
naturalmente nessuna assistenza sociale possibile) per
vivere la loro vecchiaia fino alla fine dei loro giorni.
La comunità dei Salesiani di Don Bosco si prende
cura di ragazzi e ragazze di varie età e di bambini po-
veri raccolti per strada. Naturalmente, oltre a questo,
visitano le famiglie della zona, che vivono in grande
povertà, e si prendono cura della parrocchia.
Insomma, sembra, in un certo senso, una “piccola
città salesiana” per tutto quello che vi si vive. Sono
rimasto profondamente colpito e ho promesso loro
che ne avrei parlato, che l’avrei fatta conoscere, per-
ché come abbiamo imparato da don Bosco, il bene
che si fa si deve far conoscere.
Apprezzo molto la collaborazione che abbiamo in-
staurato tra queste tre congregazioni della nostra
Famiglia Salesiana. L’importante qui non è chi
possiede il terreno o gli edifici, ma il bene che si fa
e che si fa insieme, andando incontro ai più poveri e
ai più fragili (e pensiamo a quegli anziani per sapere
che cosa sono la fragilità e l’insicurezza), se non fos-
se per quel piccolo paradiso chiamato Beatitudini
che il nostro Dio ha sicuramente pensato per loro.
Chiunque consideri il Villaggio delle Beatitudini non
può fare a meno di meravigliarsi per i risultati che un
po’ d’amore condiviso permette di raggiungere. Ogni
giorno viene garantito il vitto per 300 anziani, si pre-
sta assistenza quotidiana a oltre 1000 bambini di
ambo i sessi e oltre 15 000 persone ricevono una
risposta per le loro diverse esigenze, “tutto quasi
a costo zero”. Le persone che entrano nel Vil-
laggio delle Beatitudini vedono con i loro occhi
questi “50 anni di miracoli quotidiani”.
Gli slogan caratteristici di questa casa
sono: “Servire gli ammalati è la mi-
glior preghiera” (Mantovani), “Nes-
suno ha il diritto di essere felice
da solo”, “È possibile dare senza
amare, ma non si può amare senza
dare”.
La gente ritiene che il Villaggio delle Beatitudini
sia un’espressione tangibile della fedeltà dei salesia-
ni al servizio dei poveri e la manifestazione con-
creta della provvidenza divina a loro favore. Per i
giovani delle baraccopoli è un’oasi. È una chiesa,
una scuola, un campo per allenarsi a giocare a cal-
cio, una palestra ecc.
E pensate che a Chennai ci sono 15 comunità sale-
siane, che comprendono parrocchie, scuole medie e
secondarie superiori (licei), istituti tecnici, oratori,
centri di animazione giovanile, centri sociali per i
bambini e i giovani a rischio, case di formazione,
una delle quali è un seminario. L’arcivescovo, il
clero e i laici cristiani e non cristiani apprezzano
molto le opere compiute dai salesiani, in particolare
per la loro attenzione per la pastorale giovanile, per
la missione che svolgono al servizio dei più poveri e
anche per le scuole di eccellenza, che costituiscono
un fiore all’occhiello nell’ambito dell’istruzione di
qualità per ciascuno.
Tutto questo mi parla della bellezza del Vangelo
che si trasmette in ogni parte del mondo, spesso
con la forza e il silenzio della carità; mi parla del
carisma di don Bosco e del grande valore di aver
voluto raggiungere gli angoli più remoti del mon-
do. Non mi stanco mai di ricordare nella nostra
Famiglia Salesiana che oggi i figli e le figlie di
don Bosco sono in 134 Paesi (il 72% dei Paesi del
mondo), perché ai suoi tempi, quando non c’erano
quasi salesiani, don Bosco volle che un primo
gruppo andasse in Argentina per aiutare
gli emigranti italiani e poi raggiungere gli
indigeni. Se fosse rimasto solo in Italia, la
realtà del carisma di don Bosco sarebbe
oggi molto diversa.
Termino con le parole pronun-
ciate un giorno da un fun-
zionario hindu: «Se la
religione cristiana può
produrre uomini come
padre Mantovani, non
può che essere divina».
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laVITA
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