Bollettino_Salesiano_201210

Bollettino_Salesiano_201210

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IL
OTTOBRE
2012
Memorie
Le passeggiate autunnali
di don Bosco
Conoscere don Bosco
Il cooperatore
Chiesa
I cinquant’anni
del Concilio
Speciale
Suor Maria Troncatti
Beata
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Salesiani
nel mondo
Siria

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
La berretta
La storia
Don Bosco era un vero esperto di berrette da prete! Nelle
Memorie dell’Oratorio scrive: «Chi avesse avuto bisogno
di farsi radere la barba o la cherica ricorreva a Bosco. Chi
avesse abbisognato di berretta da prete, di cucire, rap-
pezzare qualche abito faceva capo a Bosco» (Seconda
decade, numero 9 ).
Nacqui in una pregiata
sartoria ecclesiastica di
Torino. Ebbi subito la
mia bella forma origi-
nale, piena di dignità e
di rispetto. La berretta
dei preti del tempo aveva una
forma cubica munita di tre alette
rigide e un fiocco sulla parte su-
periore. I preti la indossavano in
modo tale che un’aletta puntasse
sulla fronte, una verso la destra
e una sul retro della testa.
Modestamente ero venuta
molto bene e la seta nera di
cui ero rivestita aderiva in
modo perfetto. Tutto in me
suggeriva solennità e ceri-
moniosa compostezza.
Quando venni acqui-
stata per quel giovane
prete sognavo un’esi-
stenza piena di riveren-
ze e tranquillità. Invece
finii a far parte di una gioiosa
avventura.
Capitai sulla testa di don
Bosco e per colpa della massa
ricciuta dei capelli ero sempre
a sghimbescio o per traverso o
alla tre quarti. Anche perché
la vita di don Bosco era molto
“dinamica”. E ogni giornata era
una sorpresa.
Tutte le mattine, durante la
Messa, avevo la mia parte d’o-
nore: il chierichetto mi baciava
con devozione e tutto sommato
venivo trattata con rispetto.
Ma poi…
Ho passato giornate intere ad
ascoltare il pulsare delle tempie
di don Bosco, il palpitare dei
suoi pensieri e delle preoccupa-
zioni per i suoi ragazzi. Lo ac-
compagnavo negli atrii lussuosi
e nelle sale d’aspetto dei ricconi.
Mi teneva in mano in segno di
rispetto quando a quei signori
pieni di sussiegosa boria espo-
neva i bisogni del suo Oratorio.
Io tremavo per l’ansia e un po’
anche per l’umiliazione.
A volte, quando le preoccupa-
zioni erano troppe, più che una
berretta mi sentivo una corona
di spine. Ma non mancavano
i momenti di allegria, non
tanto la mia, quanto quella dei
ragazzi e di don Bosco che si
legava la talare alla vita e poi si
scatenava a giocare con i ragazzi
e io diventavo pallone, proiet-
tile, trofeo. Non osavo contare
tutte le ammaccature che mi
procuravano quei discoli pieni
di vita.
Quando alla sera don Bosco mi
posava sul comodino potevo
riposare un po’. Per poche
ore, ahimè. All’alba la sa-
rabanda ricominciava. Non
mi annoiavo mai. E poi,
senza peccare di falsa mo-
destia, ho fatto miracoli!
Un giovane chierico che
soffriva di un forte mal
di denti mi infilò sulla
sua testa e il dolore
scomparve, don Bosco
mi mise sulla testa di un
altro chierico che aveva dub-
bi sulla sua vocazione e tutte le
sue perplessità svanirono. E poi
divenne don Unia, il grande
apostolo dei lebbrosi.
Dopo un po’ di anni, non ave-
vo più forma e il mio bel fiocco
era un miserabile rimasuglio di
peli. Finii in un vecchio baule
in compagnia di una massa di
bellissimi giorni e di tantissimi
sogni.
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Ottobre 2012

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IL
OTTOBRE 2012
ANNO CXXXVI
Numero 9
IL
OTTOBRE
2012
Memorie
Le passeggiate autunnali
di don Bosco
Conoscere don Bosco
Il cooperatore
Chiesa
I cinquant’anni
del Concilio
Speciale
Suor Maria Troncatti
Beata
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Salesiani
nel mondo
Siria
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 CONOSCERE DON BOSCO
L'idea del cooperatore
6 LETTERE
8 L'EVENTO
Beata Troncatti
12 L'INVITATO
15 CHIESA
Il Concilio
16 SALESIANI NEL MONDO
Siria
18 INIZIATIVE
Iusve
20 FINO AI CONFINI DEL MONDO
22 A TU PER TU
24 ANNIVERSARI
75 anni Crocetta
28 LE CASE DI DON BOSCO
Locri
31 LA FEDE DEI GIOVANI
32 COME DON BOSCO
Se i ragazzi zoppicano...
34 PASSEGGIATE
36 NOI & LORO
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
La politica del Pater noster
40 I NOSTRI SANTI
41 RELAX
42 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
43 LA BUONANOTTE
8
24
32
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina :
Don Bosco ha in-
ventato il “trekking
autunnale” per i
suoi ragazzi: cam-
minate nella natura
e nell’amicizia. Un
dono da riscoprire.
(Articolo a pagina
34; Fotografie
Giuseppe Ruaro e
Shutterstock).
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Chiara
Bertato, Andrea Bozzolo, Pierluigi
Cameroni, Natale Cerrato, Mario
Delpiano, Roberto Desiderati,
Tonino Lasconi, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato,
Francesco Motto, Pietro Nguyen
Van Chinh, Marianna Pacucci, José
J. Gomez Palacios, Pino Pellegrino,
Vanda Penna, O. Pori Mecoi, Munir
El Rai, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Luciano Alloisio (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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Periodica Italiana

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CONOSCERE DON BOSCO
PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA
L’idea del
cooperatore
nella mente di don Bosco
Livelli di appartenenza e impegno di una geniale intuizione
Don Bosco non si vergognò mai di chiede-
re l’elemosina.
A Tolone, nel 1881, dopo una conferen-
za, «Don Bosco in ferraiolo e con il piat-
to d’argento nelle mani fece il giro della
chiesa questuando. Durante tale opera-
zione accadde un incidente degno di rilievo. Un
operaio, nell’atto che Don Bosco gli presentava
il piatto, voltò la faccia dall’altra parte, alzando
sgarbatamente le spalle. Don Bosco, passando
oltre, gli disse con tutta amorevolezza: “Dio vi
benedica”. L’operaio allora si mette la mano in
tasca e depone un soldo nel piatto. Don Bosco,
fissandolo in faccia, gli disse: “Dio vi ricompen-
si”. L’altro, rifatto il gesto, offre due soldi. E Don
Bosco: “Oh mio caro, Dio vi rimeriti sempre di
più”. Quell’uomo, ciò udito, cava fuori il porta-
monete e dona un franco. Don Bosco gli dà uno
sguardo pieno di commozione e si avvia; ma, quel
tale, quasi attratto da una forza magica, lo segue
per la chiesa gli va appresso nella sacrestia, esce
dietro di lui in città e non lascia di stargli alle
spalle, finché non lo vede scomparire» (Memorie
Biografiche XV, 63).
I cooperatori di don Bosco
Per designare i suoi aiutanti non religiosi, don
Bosco tergiversò parecchio prima di risolversi ad
assumere la denominazione di «cooperatori sale-
siani», apparsa solamente al termine di una lunga
catena di eventi.
L’introduzione del testo di regolamento, pubbli-
cato ad Albenga nel 1876, si apriva con le parole:
«Al lettore. Appena s’incominciò l’Opera degli
Oratorii nel 1841 tosto alcuni pii e zelanti sacer-
doti e laici vennero in aiuto a coltivare la messe
che fin d’allora si presentava copiosa nella classe
de’ giovanetti pericolanti. Questi Collaboratori
o Cooperatori furono in ogni tempo il sostegno
delle Opere Pie che la Divina Provvidenza ci po-
neva tra mano».
Non solo Cooperatori con promessa, ma una va-
sta rete di cooperazione, sostegno, simpatie, be-
neficenza…, curatissima. Va recuperata questa
geniale intuizione di don Bosco, potenziata da
don Rua e successori, che ha reso possibile la dif-
fusione mondiale dell’Opera salesiana.
Ultimamente si è cercato di dare più consistenza
al Cooperatore, valorizzando una componente
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Ottobre 2012

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Io ebbi sempre
bisogno di tutti
della visione di don Bosco (quella del salesiano
“esterno”).
In don Bosco c’è l’idea che gli veniva dalla riorga-
nizzazione dei cattolici per la ricristianizzazione
della società; l’idea della beneficenza alle opere
salesiane; l’idea del “volontariato” laicale cattoli-
co, pastorale (fare catechismi, cooperare i parroci)
o sociale (educare, assistere, formare, proteggere).
Fatti e conferenze di don Bosco integrano l’i-
dentità, le forme e i significati dell’azione della
cooperazione. I destinatari sono cooperatori e be-
nefattori, ma anche persone impegnate in diverse
iniziative di apostolato (autonome o inse-
rite in ambiti ecclesiali). La carità
materiale occupa spazi estesi nei
fatti e nelle parole, con appel-
li sempre più insistenti ed
esigenti.
getto apostolico di Don Bosco: si impegna nella
stessa missione giovanile e popolare, in forma
fraterna e associata; sente viva la comunione con
gli altri membri della Famiglia salesiana; opera
per il bene della Chiesa e della società; in modo
adatto alla propria condizione e alle sue concrete
possibilità».
Gli estensori di questo articolo hanno voluto ri-
collegarsi alle primitive intenzioni di don Bosco,
secondo cui il cooperatore è un vero salesiano nel
mondo, ossia un cristiano, laico o prete, che sen-
za legami di voti religiosi, realizza la propria vo-
cazione alla santità al servizio della missione gio-
vanile e popolare secondo lo spirito di don Bosco.
L’identità del cooperatore così delineata presenta
tre tratti caratterizzanti: egli è un cristiano catto-
lico, è secolare ed è salesiano.
Nel secolo XXI
Approvato dalla Santa Se-
de il 9 maggio 1986, pro-
mulgato dal rettor mag-
giore don Egidio Viganò
il successivo 24 maggio, il
Nuovo regolamento delinea
l’immagine rinnovata del
cooperatore salesiano all’al-
ba del secolo xxi, in ri-
ferimento alla sua identità,
al suo spirito, alla sua mis-
sione e all’organizzazione
dell’associazione.
«II Cooperatore è un cat-
tolico che vive la sua fede
ispirandosi, entro la pro-
pria realtà secolare, al pro-
Ottobre 2012
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LA POSTA
I NOSTRI ESPERTI RISPONDONO
Come si fa a essere
ricchi ed andare
in Paradiso?
“Non sono i virtuosi, i vincenti, gli ir-
reprensibili a essere beati, cioè santi
(tanto meno gli ingessati o i musi
lunghi). Sono quelli che non ce la
fanno, quelli che arrancano, quelli a
cui manca qualcosa, quelli che han-
no fame e sete. Perché loro, in que-
sta attesa di qualcosa che li colmi,
hanno l’esatta percezione dell’essere
bisognosi di Dio. Ho sentito tante in-
terpretazioni bislacche del Vangelo,
ma quella che più mi fa arrabbiare è
quella paupero-vittimistica: i poveri
e gli sfortunati alla fine poi avranno
una compensazione, dopo la vita
terrena. Quindi la ricchezza e la for-
tuna sono un male. Quando sento
simili cretinate vorrei cominciare,
evangelicamente, a mulinare nell’aria
una scimitarra per mozzare le lingue,
ma per fortuna non ne sono muni-
ta. Gesù non ha mai detto guai alla
ricchezza, che è una benedizione, ha
detto guai a voi ricchi, che è diverso.
E la differenza è che mentre un certo
benessere è sicuramente una cosa
buona, il rischio che corrono i ricchi
è che si dimentichino di Dio…”
Io ho letto questa frase di Costan-
za Miriano, che è certamente una
donna molto cristiana e di fede, va a
messa tutti i giorni etc., ma è anche
“non povera” di sicuro, giornalista
di Rai Tre, marito con un buon la-
voro, villetta a Roma con giardino.
Insomma non una di quelli che noi
chiamiamo “poveri”. E allora vorrei
un suo parere. Non riesco a capire
cosa dice, non lo condivido.
Ma che sbagli io?
Ho pensato a Gesù, che è nato in una
stalla, figlio di un falegname: Gesù
era povero nella sua vita terrena. Ho
pensato a san Francesco, a tutti i
santi che conosco, erano tutti poveri.
Ho pensato a san Giovanni Bosco,
povero povero, e mi sembra che sua
mamma Margherita gli raccoman-
dasse di non diventare ricco. Ho
pensato a Pier Giorgio Frassati, che
OGNI MESE
DON BOSCO
A CASA TUA
Il Bollettino Salesiano vie-
ne inviato gratuitamente a
chi ne fa richiesta.
Dal 1877 è un dono di don
Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra
i giovani e le missioni.
Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate su-
bito il cambio di indirizzo.
nato in famiglia ricca però viveva
per tutto quello che poteva da po-
vero. Ho pensato alla mia mamma,
a cui non ho potuto mai fare un re-
galo, ogni cosa in più andava ai po-
veri. Penso anche a Giovanni Pao-
lo II, che anche da cardinale dava i
suoi vestiti ai poveri.
Ho pensato che allora questi sacri-
fici di condivisione sono stati tutti
sbagliati? Ma come si fa a essere
ricchi ed andare in Paradiso?
Matrimonio, Battesimo, Cresima e Comunione…
Per dare di più a chi ha avuto di meno!
Le bomboniere solidali sono eleganti pergamene, fine-
mente decorate, arrotolate e chiuse da un nastrino, con
una frase di ringraziamento e di celebrazione dell’evento,
stampate su carta pergamena dorata o avorio.
Il ricavato derivante dalle donazioni per le bomboniere
solidali permetterà alla Federazione SCS di sostenere le
case famiglia, i centri diurni, le strutture per il recupero
delle dipendenze, i servizi per gli immigrati, i progetti e
le iniziative per contrastare l’emarginazione e l’esclusione
sociale e ancora saranno risorse preziose per garantire
cure specialistiche, sostegno psicologico e per realizzare
borse lavoro.
Per maggiori informazioni visita il sito: www.federazionescs.org
Se c’è chi muore di fame e di sete
vicino a me, chi non ha lavoro, chi
non ha casa…
Non so cosa pensare, ma sapendo
che io sono molto più indietro di
questa signora nel mio cammino
spirituale la prego di aiutarmi a ca-
pire. Grazie.
Anna
Gesù esprime in diversi
modi il suo punto di vi-
sta sul tema del denaro e
della ricchezza:
1. Dal detto «Nessun
servo può servire a due
padroni… non potete servire a Dio
e a mammona» si può riconosce-
re che Gesù considera il rapporto
dell’essere umano con la ricchezza
come schiavitù.
E, in effetti, la ricchezza costringe
il ricco ad accettare delle leggi se-
verissime: vuole essere mantenuta
e curata, la diminuzione va contro
la sua legge interna, specifica.
Pretende cure e premure giorno
per giorno e costringe anche alla
spilorceria e all’avarizia, nel caso
estremo persino a non avere riguar-
di per nessuno. La ricchezza è una
dura padrona.
Qui torna a esplodere l’antica rivalità
tra il Dio di Israele e il cananeo Baal,
perché Baal è simbolo di fertilità e
ricchezza. Il Dio di Israele, però, non
esige l’accaparramento e l’accumulo
di beni materiali, bensì la loro distri-
buzione e la giustizia nei rapporti
interpersonali.
2. Chi è povero in questo mondo
deve attendersi un riequilibrio so-
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ciale da parte di Dio al momento
della rivelazione del regno dei cieli.
Perché Dio è giusto.
3. Gesù vive insieme ai suoi di-
scepoli consapevolmente come un
‘mendicante’. Dipende dai doni e
dall’ospitalità. È nello stesso spirito
che manda i discepoli in missione.
Gesù non è uno che disprezza la vita.
L’ostilità per la vita sarebbe proprio
l’ultima cosa che gli si può rimpro-
verare. È piuttosto un maestro che
guida sulla via alla felicità. Conosce
infatti la beatitudine del donare e del
dare senza nulla in cambio. E dice
anche che qualsiasi futuro si trova
solo su questa strada.
4. Il nostro bene più prezioso, la
nostra risorsa più importante, non
è il denaro, ma il tempo. Per questo
si è già trovata da tanto la formula
«II tempo è denaro», e viceversa. Il
tempo regalato, cioè quello che de-
dichiamo agli altri, nell’ottica di Gesù
è tempo guadagnato due e tre volte.
Nel tempo regalato, infatti, ci faccia-
mo quegli amici ai quali siamo rin-
viati se vogliamo andare in paradiso.
Non a caso Gesù lo dice proprio in
Lc 16, nello stesso capitolo in cui si
trova anche la frase che non si può
servire a due padroni: «Siate astuti
e fatevi amici con la ricchezza prove-
niente dal mondo ingiusto, perché vi
accolgano nelle dimore eterne quan-
do qui sarà tutto finito».
L’annuncio relativo ai ricchi, ai quali,
nella lotta per la vita eterna, vengono
concesse meno opportunità che al
cammello che deve passare per la
‘cruna di un ago’ predispone soprat-
tutto allo scoraggiamento. Ciò che,
invece, si intende non è l’eccezione o
il miracolo che i ricchi vadano in pa-
radiso nonostante la loro ricchezza,
bensì il fatto che soltanto Dio, con la
sua potenza, può convertire, tocca-
re e cambiare il loro cuore, affinché
siano in grado di staccarsi dal loro
rapporto erotico con il patrimonio e
il tempo destinato ai loro fini.
5. Bisogna fare l’elemosina ai pove-
ri. Secondo gli Atti degli Apostoli, la
comunità primitiva in Gerusalem-
me proseguì a suo modo lo stile di
vita di Gesù. L’espressione: «… e
tenevano ogni cosa in comune»
(At 2,44) venne intesa in modo che,
in caso di bisogno, singole persone
vendevano i loro beni affinché nella
comunità non potessero esistere
poveri.
6. Mentre Gesù pratica la ‘libertà
dalle preoccupazioni’ facendo rife-
rimento al Padre celeste, secondo
At 2-5 la comunità primitiva si è
assunta queste preoccupazioni, co-
sicché l’organizzazione della comu-
nità qui ha sostituito la provvidenza
del Padre e Dio creatore. Per Gesù
tutto sta in questo: cercate prima di
tutto il regno di Dio, cioè cercate
soprattutto di mettere in pratica nel
mondo il primo comandamento e
tutti gli altri. Tale preoccupazione
ha la priorità assoluta rispetto a
tutte le altre.
Gesù smaschera ogni ipocrisia: «Là
dov’è il tuo tesoro sarà anche il tuo
cuore!». Rende impossibile la fuga.
Dimmi a che cosa è attaccato il tuo
cuore, là sarà anche il tuo tesoro.
Americo Bejca
eremita
Lettera aperta di un nonno
alla sua prima nipote
Carissima Laura,
Sabato 4 Agosto 2012 mi hai
fatto entrare nella categoria dei
“Nonni”. La qualifica di “Non-
no” non mi entusiasma, ma
neppure mi turba più di tanto,
anche se ancora non rispondo
quando qualcuno mi apostro-
fa così… Del resto, i nonni, dovrebbero essere sinonimo di saggezza,
calma, responsabilità: accetto il ruolo ma lo interpreterò a modo mio, in
maniera “alternativa”, anticonformista, così come io mi sento…
Carissima Laura,
tu sei nata dopo 7 mesi dalla morte del tuo bisnonno, il nonno di tua ma-
dre: non potrai mai conoscerlo di persona, ma tutta la famiglia ti parlerà
di lui... La tua nascita la vivo come un passaggio di testimone: una vita che
si spegne, una che nasce... Questa è l’essenza ed imparerai a capirlo pian
piano, passo dopo passo…
Carissima Laura,
avrei voluto accoglierti in un mondo migliore… Ma non è proprio così...
Oggi entri a far parte della Chiesa, tramite il battesimo, diventando così
Figlia di Dio e Sorella di Gesù! Oggi preghiamo perché ogni bambino
sia amato e rispettato, perché abbia una famiglia che lo accolga e gli
doni il suo affetto.
Oggi indossi un abito bianco: è lo stesso che indossarono tua madre e
tuo zio Emanuele quando furono battezzati ed è stato ricavato dall’abito
nuziale di tua nonna Giovanna perché la vita è una immensa esplorazione,
un lungo viaggio: non ti fermare e non permettere all’abitudine, alle diffi-
coltà e alle convenzioni di relegarti in un angolo come un pugile alle corde!
Crescendo imparerai che la felicità è fatta di piccole cose, preziose…
Imparerai che il profumo del caffè al mattino è un piccolo rituale di felici-
tà, che bastano le note di una canzone, le sensazioni di un libro, gli aro-
mi di una cucina, i colori a strisce di una gloriosa maglia di calcio per…
essere sommersi da un’ondata di felicità! Imparerai che la felicità è fatta
di emozioni in punta di piedi, che le stelle ti possono commuovere, che
il sole ti farà brillare gli occhi, che un campo di fiori primaverili ti illumi-
nerà il volto, che il profumo della primavera ti “sveglia” dall’inverno, che
sederti a leggere all’ombra di un grande albero rilassa e libera i pensieri,
che osservare le onde del mare dà un senso di libertà. Imparerai, oh sì
che imparerai… Dio ti benedica!
Emilio Vittozzi - Portici (Na)
Ottobre 2012
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L'EVENTO
VANDA PENNA
Suor Maria Troncatti
è beata
Una vita tutta dono
“Suor Maria attingeva alla fonte. E
la fonte era Cristo. Per questo la
sua spiritualità era strettamente
congiunta ad una umanità ricca
di amore e di comprensione, de-
licata e forte, tenera e schietta,
limpida come cristallo, tale che solamente chi
l’ha conosciuta e provata ne può misurare il fondo
e ne sentirà per sempre il calore. Per lei fare il
bene era rendere felici gli altri”. Questa la testi-
monianza di un collaboratore.
Non ci stupiamo allora che, con tutta naturalezza
e semplicità, lei abbia offerto la vita per la pace tra
due gruppi umani che sentiva suoi: gli Shuar del-
la selva amazzonica e i coloni. Offerta gradita a
Dio. Pochi giorni dopo, il 25 agosto 1969 cadeva
il piccolo aereo che doveva portare lei e altre due
suore agli Esercizi Spirituali a Quito: lei l’unica
vittima.
Suor Maria nasce a Córteno Golgi (Brescia) il
16 febbraio 1883, in una famiglia numerosa, di
grande fede e dall’operosità tipica della sua terra.
Conosce l’Istituto delle Figlie di Maria Ausi-
liatrice, e ne è attratta, attraverso la lettura del
Bollettino Salesiano, che la maestra del paese le
Il “manifesto” della Beata Maria Troncatti: per lei fare il bene era
rendere felici gli altri.
presta durante la quinta elementare, istituita in
paese solo per lei, allieva intelligente e dal cuore
aperto a grandi orizzonti.
A 16 anni confida alla sorella maggiore, Ca-
terina, e al Parroco la sua volontà di andare ad
annunciare il Vangelo in terre lontane. Ne viene
dissuasa (“non puoi fare del bene in paese?”) e at-
tende la maggiore età. Allora più niente e nessu-
no la trattiene. Lascia, con lo strazio nel cuore, la
famiglia, le sue montagne, i pascoli amati e giun-
8
Ottobre 2012

1.9 Page 9

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TESTIMONE DELL’AMORE PREVENIENTE DI DIO
ge a Nizza Monferrato, allora centro dell’Istitu-
to delle FMA. È il 15 ottobre 1905. Incomincia
il periodo di formazione, che le riserva notevoli
difficoltà, soprattutto di salute. Il 17 settembre
1908 può pronunciare i voti religiosi. Viene de-
stinata alla comunità di Rosignano Monferrato
(Alessandria), ma presto ricominciano i problemi:
grave infezione ad una mano e poi il tifo. La tra-
sportano all’infermeria di Nizza Monferrato. Lì
arriva don Michele Rua (ora Beato), primo suc-
cessore di don Bosco.
«Vuoi guarire?»
«Certo, per poter andare in missione».
«Diciamo tre Ave Maria. E adesso, se hai fede,
alzati, va’ in cappella a ringraziare il Signore».
Detto, fatto. Suor Maria guarisce, ma le energie
sono ridotte. Viene allora inviata alla comunità di
Varazze (Savona). Forse il clima può aiutarla. Si
riprende bene, infatti, e rimane in quella comuni-
tà per dieci anni.
Messaggio di madre Yvonne
Accogliamo il dono della Beatificazione di suor Maria Troncatti come segno
privilegiato dell’amore di Dio per l’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e
per tutta la Famiglia Salesiana. La santità di famiglia onora tutti i gruppi che
si rifanno alla spiritualità salesiana di don Bosco. È stimolo a vivere con pas-
sione il carisma e a trasmetterlo alle giovani generazioni in un mondo pieno di
sfide, ma anche ricco di segni di speranza.
Il traguardo della santità riconosciuta dalla Chiesa è dono straordinario della
bontà di Dio, ma la misura alta della santità vissuta nel quotidiano è anche
impegno di ciascuno di noi, come ci hanno insegnato don Bosco e madre
Mazzarello. Vogliamo risvegliare la passione per quella santità semplice ed
esigente che è propria della nostra vita salesiana e, prima ancora, di una vita
evangelica vissuta con coerenza e totalità di dono.
Nell’anno 140° della fondazione dell’Istituto mi sembra significativo che il
Bollettino Salesiano ne riproponga la figura, accogliendo contributi diversi
e complementari che la tratteggiano nella sua profonda umanità e carità pa-
storale. L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, sulle orme dei Salesiani,
ha solcato l’Oceano ad appena cinque anni dalla sua fondazione, inviando in
terre lontane missionarie intrepide e felici di servire il Signore in mezzo ai più
poveri, soprattutto i giovani, nello spirito di san Giovanni Bosco, interpretato
al femminile da santa Maria Domenica Mazzarello e dalla prima comunità di
Mornese.
Invito i lettori, in particolare le Figlie di Maria Ausiliatrice, a riscoprire la di-
mensione missionaria della vocazione salesiana. Un rinnovato slancio missio-
nario renderà certamente più vivo e luminoso il Da mihi animas cetera tolle.
Suor Yvonne Reungoat FMA
Superiora Generale
Ecuador!
Scoppia la prima guerra mondiale. A suor Maria
viene chiesto di frequentare un corso per infer-
miere e crocerossine attivato dal Comune. Non
può sapere quanto quel corso le sarà prezioso! E
intanto viene incaricata della cura dei soldati feri-
ti che arrivano all’Istituto FMA, dove il Comune
ha requisito per loro quindici posti letto. Espe-
rienza provvidenziale per il suo futuro.
La guerra termina, ma per suor Maria non è an-
cora l’ora della partenza missionaria. Da Varaz-
ze viene richiamata a Nizza Monferrato come
infermiera. La notte del 13 marzo 1922, assi-
ste un’educanda morente per polmonite doppia:
«Marina, appena vedrai la Madonna, dille che
mi ottenga da Gesù la grazia di andare tra i leb-
brosi».
«No, suor Maria, lei andrà missionaria in Ecua-
dor».
«Marina, non mi sono spiegata bene: tra i leb-
brosi».
«No, lei andrà in Ecuador».
All’alba del 14 marzo Marina muore. Pochi giorni
dopo il funerale, la Madre Generale incontra suor
Maria: «Tu hai fatto domanda missionaria, vero?»
«Sì, Madre».
«Bene, allora andrai in Ecuador…».
Suor Maria è
farmacista,
dentista,
anestesista,
chirurgo.
Ottobre 2012
9

1.10 Page 10

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L'EVENTO
L’ospedale che
Suor Maria era
riuscita a far
costruire e di cui
era responsabile.
Sotto: Una foto-
grafia della Beata
Troncatti.
Spine e serpenti
Finalmente il sogno missionario si avvera. È l’an-
no cinquantenario della fondazione dell’Istituto
delle FMA e da tutte le parti del mondo molti
Salesiani e Figlie di Maria Ausiliatrice arrivano
a Nizza, tra cui monsignor Domenico Comin,
Vicario apostolico di Mendez e Gualaquiza in
Ecuador, e suor Caterina Mioletti, Ispettrice
delle Comunità FMA nella stessa nazione. Al
ritorno, con loro partono le missionarie destinate
a quella terra. È il 9 novembre 1922. Suor Maria
non rivedrà mai più l’Italia.
Scrive in un quadernetto di appunti: «Il tuo vol-
to, Signore, io cerco. Partendo, dobbiamo lasciare
con pace patria e parenti. Gesù cammina davanti
a noi smorzando le spine, ma vuole che lo seguia-
mo con coraggio».
A partire dal viaggio, le spine non mancano, tal-
volta così pungenti da lasciare senza fiato: pericoli
di ogni genere da parte della natura del luogo:
animali selvatici, serpenti, fiumi vorticosi dalle
piene improvvise, attraversabili a guado o su pic-
cole canoe, sospetto da parte degli indigeni, senso
di solitudine, di abbandono, povertà estrema…
Suor Maria non si vergogna di piangere per la
paura, la stanchezza, la difficoltà ad avvicinare gli
Shuar, fieri della loro libertà, ma si fida. In una
mano la valigetta del pronto soccorso, nell’altra
la corona del rosario, parte e va dove la chiama-
no, incurante dei pericoli, e curando il corpo apre
orizzonti di luce allo spirito. Al Processo diocesa-
no in vista della Beatificazione, così testimonia la
signora Zoila Felice Calle Palacios: «Era il nostro
medico nel materiale e nello spirituale».
I luoghi della sua missione, che vede sempre coin-
volta tutta la comunità, sono Macas, Sevilla Don
Bosco, Sucúa. Lì suor Maria evangelizza, più con
la vita che con la parola. Lavora a stretto contat-
to con i Salesiani, mette su un ‘botiquín’, piccolo
spaccio di farmaci, poi l’ambulatorio. Apre colle-
gi per accogliere bambini rimasti orfani, ragazze
madri cacciate dal clan con il loro bambino. È
farmacista, dentista, anestesista, chirurgo. Cerca
in tutti i modi l’integrazione tra indigeni e colo-
ni, propone un corso per infermiere in modo che
ogni insediamento possa avere presenze compe-
tenti per le cure e lo attua grazie all’accoglienza
del progetto da parte del Direttore Salesiano slo-
10
Ottobre 2012

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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“ESTÁ VIVA LA MUERTA”
Il miracolo avvenuto per intercessione di suor Maria Troncatti
Josefa Yolanda Solórzano Pisco è nata a Rocafuerte (provincia di Manabí, Ecuador)
il 10 aprile 1960. È casalinga, coniugata, madre di cinque figli.
Il giorno 24 aprile 2002 la signora Yolanda accusa i primi sintomi di un malessere
che si complica con febbre, acuta dolorazione ossea, accompagnata da generale sta-
to di prostrazione. Un medico diagnostica che si tratta di Dengue, una malattia virale
trasmessa dalle zanzare, localmente presente come malattia endemica. Dopo un pri-
mo ricovero e una dimissione, il 3 maggio viene ricoverata all’ospedale di Portoviejo,
dove viene diagnosticata una forma di Paludismo da Plasmodium falciparum, che in
pochissimo tempo porta ad un processo degenerativo irreversibile e di conseguenza
ad una prognosi infausta: pochi giorni, anzi poche ore di vita.
L’8 maggio il marito e i parenti chiedono la dimissione perché la paziente possa morire
a casa propria, dove già si sta preparando per la veglia funebre. La Signora Yolanda,
sapendosi prossima alla fine, esprime il desiderio di regolarizzare davanti alla chiesa la
sua unione matrimoniale, sancita soltanto da vincolo civile. Giunta a casa riceve la vi-
sita del salesiano padre Edgar Ivan Segarra che, mandato dal parroco, constata le reali
condizioni della signora Yolanda e resta fortemente colpito dalla situazione familiare,
vedendo i figli della signora, alcuni ancora troppo piccoli per essere lasciati orfani, visibilmente atterriti per la prospettiva della imminente perdita.
Il giorno 9 maggio si svolge la semplice cerimonia nuziale al termine della quale il padre Edgar Ivan presenta la figura della Serva di Dio suor
Maria Troncatti. Si inizia a pregare la Serva di Dio, perché interceda presso l’Altissimo. Al gruppetto iniziale si uniscono altre persone. La pre-
ghiera si protrae nella tarda serata, durante la notte e fino all’albeggiare, mentre la situazione comatosa di Yolanda perdura per tutto il 9 maggio.
All’alba del 10 maggio i presenti, che hanno potuto vegliare Yolanda, si accorgono di qualche palpito nuovo di percettività nella paziente. Il
gruppo di preghiera guarda e stupisce. Da quel momento a piccolissimi passi l’inferma intraprende il lungo tragitto di risalita nel ricupero della
coscienza e nel graduale normalizzarsi dei segni vitali.
vacco padre Juan Shutka; poi sogna un ospedale
e lo ottiene e ne diventa la responsabile. Si rende
presente in ogni necessità, cura con i farmaci e
insieme con la preghiera, ottenendo vere e proprie
guarigioni miracolose.
Lo storico salesiano, don Antonio Guerriero, te-
stimonia: “Va riconosciuto a suor Troncatti l’in-
comparabile merito di aver salvato, nel corso di
molti anni, l’etnia Shuar da una possibile estin-
zione per la mortalità infantile dovuta a diver-
se cause. Curava durante le frequenti epidemie,
preparava molte missionarie a dirigere ospedali,
dispensari medici, spacci di farmaci”.
Suo speciale obiettivo è sostenere i diritti dei più
deboli: donne e bambini. Soprattutto le preme
rendere le giovani donne consapevoli della propria
dignità. Grande traguardo è raggiunto quando a
Macas si celebrano i primi matrimoni cristiani,
per i quali gli sposi si sono reciprocamente scelti,
sottraendosi alle imposizioni dei parenti.
La santità autentica si incarna nel quotidiano, è
grande impegno nel mondo a favore della persona
umana per avvicinarla a Dio.
Suor Maria ha lottato in modo pacifico per i più
deboli, avvalendosi dell’autorevolezza che provie-
ne dalla libertà evangelica, dalla purezza interiore
e soprattutto dall’amore, giungendo, per amore, a
dare la propria vita.
I resti dell’ aereo che portava Suor Troncatti il 25 agosto 1969. Alla radio, una voce
concitata aveva comunicato: «Oggi, alle ore quindici, un aereo è caduto poco dopo
la partenza. La nostra madre, suor Maria Troncatti, è morta». Era rimasta distesa
sull’erba a braccia spalancate.
Ottobre 2012
11

2.2 Page 12

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L’INVITATO
PIER LUIGI CAMERONI
“Mi querida abuelita”
«Io ho conosciuto suor Maria Troncatti»
Incontro con il signor Cosimo Cossu,
salesiano coadiutore
«Non ci potevo credere: l’ultima
sua lettera, indirizzata a me
per gli auguri anticipati del mio
compleanno. Come avesse
saputo quello che poteva
accadere. Ha anticipato tutto».
In che occasione ha
conosciuto suor Maria
Troncatti?
Insegnavo botanica e materie tec-
niche nella nostra scuola Agraria di
Yanuncay a Cuenca, ma per me era
come fossi in Italia e non mi sentivo
abbastanza missionario; chiesi all’al-
lora ispettore, don Aurelio Pischedda,
se potevo andare in “Oriente”, ossia
nella selva o vicariato apostolico di
Mendez. La mia richiesta fu accolta e
venni inviato nel 1967 a Sucúa in vista
del cambio che sarebbe avvenuto l’an-
no seguente con il trasferimento del
signor Marco Beltrame a Chiguaza.
Il Signor Cosimo
con la Beata Maria
Troncatti.
Una nostra missione nell’Oriente era
impensabile senza almeno un coa-
diutore per portare avanti “la chakra
(appezzamento di terra). Se no non si
viveva e soprattutto non si mangiava!
Quindi risaliamo al mese di Settem-
bre del 1967, quando conobbi per la
prima volta suor Maria Troncatti.
C’è qualche episodio
della sua vita che ricorda
in modo particolare?
Direi, tanti, troppi. Nella prima bio-
grafia che scrisse suor M. Domenica
Grassiano ci sono molti particolari che
le raccontai quando nel 1983 mi venne
ad intervistare a San Callisto ed allo-
ra ero ancora fresco, ricordavo anche i
particolari. Ne racconterò due.
Primo episodio. Sappiamo che cos’è
essere poveri; ma quando la mise-
ria nera abita in una famiglia le cose
sono davvero impossibili da gestire. In
quante famiglie a Sucúa non c’era un
sucre disponibile!!! Se uno si ammala-
va, purtroppo la sanità non funziona-
va. Se avevi soldi ti curavi, se no mo-
rivi! Ma all’ospedale a Sucúa c’era un
Angelo del Signore che vegliava su
questi poveracci. Suor Maria seduta
nel suo botiquín riceveva tutti, dall’i-
spettore all’ultimo disgraziato. Quel
botiquín era uno stanzino, non vorrei
esagerare, forse di 2 metri per 2,5. Una
sedia per lei, un piccolo tavolino ed
una sedia per un ospite. La gente an-
dava in ospedale da suor Imelda Narea
a comperare le medicine ma i soldi…
niente soldi, niente medicine. C’era
ancora una finestra aperta sotto il sole
di Dio: il botiquín di suor Maria.
“Madre Maria non ho un centesimo,
mi serve…”
“Venga stasera, oppure, venga domani
mattina”, e la medicina era pronta, cer-
to di nascosto da suor Imelda, ma suor
Maria era la responsabile dell’ospedale
e questo lo poteva fare, ma lo poteva
fare solo lei. Quante vite avrà salvato il
nostro Angelo in terra, solo Dio lo sa! E
la gente tornava per ringraziare con 4-8
uova, un gallo, una gallina, della frutta.
Secondo episodio. Tornavo dalla selva
con i ragazzi interni, erano tanti, circa
120 ragazzi e 130-140 ragazze sem-
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Ottobre 2012

2.3 Page 13

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prestava a tutti: suore, noi salesiani,
e direi che per noi aveva una vene-
razione. Il padre Juan Shutka, come
pure monsignor Gabrielli che furono
direttori in quel tempo, lo possono
testimoniare. Ma anche i ragazzi e le
ragazze, i salesiani, le suore e soprat-
tutto la gente comune, direi più biso-
gnosa, era quella che cercava di arri-
vare sempre al suo famoso botiquín.
pre interne, e tutti i pomeriggi alla
chakra a lavorare, tutti – tutte, se no
non si poteva andare avanti. Arrivavo
in cortile, e c’era una kivaretta addetta
all’ospedale che mi aspettava.
“Signor Cosimo, venga subito in ospe-
dale è urgentissimo, suor Maria ha
bisogno di Lei”. Praticamente mi ac-
compagnava, casomai cambiassi strada
o mi venisse l’idea di non andare.
Suor Maria era seduta nel suo boti-
quín ad aspettarmi con un sorriso che
ti rimetteva in grazia di Dio.
Sientese, Cosmito, siente que estará muy
cansado” (Si sieda, Cosmito, si sieda
che sarà molto stanco).
Aveva preparato un bicchiere di rico-
stituente. In pratica le famose uova che
le regalavano in parte venivano sciol-
te in succo di limone puro con tutto
il guscio. Un po’ di miele di canna da
zucchero ed era pronto per l’uso.
Tomelo, Cosmito, tomelo que le hará
bien” (Prendilo, Cosimo, prendilo che
le farà bene).
Per fare questa operazione ci vogliono
almeno tre giorni, il che vuol dire che
lei con giorni in anticipo sapeva che
avrebbe potuto ristorare un poveretto
e rimetterlo in salute grazie a que-
sto gesto che sapeva di divino. Mai,
nemmeno mia mamma, ha avuto
con me gesti del genere, ma quando
dentro Cristo vive, trova ogni via per
arrivare nel cuore di chi ha bisogno
di Lui. Questa era la nostra indimen-
ticabile “abuelita”.
Quale aspetto della sua
testimonianza l’aveva
più colpito?
Al mattino fra me e lei c’era la gara a
chi arrivava prima in chiesa, ma vin-
ceva sempre suor Maria. La trovavo o
che girava attorno all’altare sisteman-
do per la messa, che sarebbe stata ce-
lebrata a breve, aggiustava le tovaglie
o sistemava i fiori e parlottava sotto-
voce sempre, sempre… Una volta av-
vicinandomi mentre lei mi voltava le
spalle afferrai qualcosa: Jesusito, Jesusito
mio! E poi al suo posto immobile pre-
gava, pregava; ma tutta la sua giornata
era una preghiera. Certo, capisco an-
che che io l’ho conosciuta al suo tra-
monto quando le gambe le facevano
cilecca, ma la sua vita di preghiera, lo
possono testimoniare ancora in molti,
era continua e ininterrotta.
Il secondo aspetto era l’aiuto che
Quale aspetto del carisma
salesiano crede abbia
maggiormente incarnato?
La risposta qui è davvero lapidaria. Da
mihi animas coetera tolle. Per la salvezza
di un’anima avrebbe divorato la selva
con i denti, camminato chilometri con
le sue gambe che non la reggevano più.
Sì, pur di salvare una sola anima. Que-
sta è suor Maria Troncatti.
Qual era il rapporto
di suor Troncatti
con i confratelli salesiani?
Ho già risposto prima: venerazione.
Con tutti. Ognuno di noi si credeva il
Sopra e in alto: Il signor Cosimo Cossu con amici
e novizi salesiani di Genzano (Roma).
Ottobre 2012
13

2.4 Page 14

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L’INVITATO
suo prediletto ed io mi considero an-
cora il suo prediletto. Ma che direbbe
il padre Shutka? Che direbbe lui dopo
l’incendio quando suor Maria lo ac-
colse in ospedale come Maria e Mar-
ta accolsero Gesù. Io credo che suor
Maria in quei giorni abbia superato le
due sorelle. E Marco Beltrame, che al
solo ricordare l’abuelita si commuove-
va fino alle viscere! Ma sto parlando
degli ultimi tre anni, il resto della sua
vita missionaria lo si conosce. Don
Angelo Botta, che ha presieduto il
funerale e tenuto l’omelia funebre e
insieme l’abbiamo accompagnata al
cimitero! Chi mai dimenticherà, arri-
vati al cimitero, quel bellissimo arco-
baleno a 180°. Tutti con il naso all’in-
sù. La vittima era stata immolata, e la
pace tornò a Sucúa.
Che cosa prova al pensiero
che è imminente la sua
beatificazione?
Non ci sono parole, dovrei essere un
bravo scrittore per dar sfogo ai senti-
menti di gioia, di giubilo e gratitudi-
Due istantanee del signor Cossu: «Suor Maria era
integra, tutta d’un pezzo. Bastava avvicinarla e ne
restavi affascinato».
ne a Dio, a Maria Ausiliatrice, a don
Bosco, a Madre Mazzarello per aver-
mela fatta trovare sul cammino della
vita, anche se per un breve periodo.
Non so come dire grazie al Signore
che si è servito dell’asino di Balaam
per riportarla a sé. Fui io, su richiesta
della sua direttrice, ad incitarla per
andare agli esercizi spirituali, direi
scherzandoci su: “Ma si crede così
santa da non voler fare gli esercizi
spirituali?”. Oggi a me queste parole
pesano come macigni. Sono stato io
che l’ho convinta a prendere l’aereo
della compagnia TAO per andare a
Quito. Sono stato io che ho preso i
biglietti da don Roberto Calle all’ul-
timo minuto. Era il suo biglietto d’in-
gresso in Cielo, ma non lo potevamo
sapere, allora! L’ho accompagnata ne-
gli ultimi istanti della vita per almeno
tre ore, prima che morisse. Siamo an-
dati insieme fino all’aeroporto con la
Jeep del medico, l’ho accompagnata
all’aereo, ci siamo salutati; ho visto il
portellone chiudersi e poi l’ho rivista
Santa, martire perché aveva offerto la
sua vita per la pacificazione tra i bian-
chi e gli Shuar a Sucúa. Oggi piango
lacrime dolci, lacrime di gratitudi-
ne, che si mescolano a quelle amare
quando suor Vittoria Bozza mi die-
de la sua ultima lettera e non la volli
leggere e lei ad insistere, “Guarda che
è di suor Maria”. Mi ritrovai seduto
sul letto che stavamo preparando per
gli ospiti che dovevano venire al suo
funerale; non ci potevo credere: l’ul-
tima sua lettera, indirizzata a me per
gli auguri anticipati del mio comple-
anno. Come avesse saputo quello che
poteva accadere, ha anticipato tutto.
Ha fatto tutto come se lei lo sapesse.
Quale aspetto rende
particolarmente attuale
la testimonianza di santità
di suor Troncatti?
Anche qui è facile rispondere, anzi
facilissimo: E chi è il mio prossi-
mo? Ecco il segreto della sua santi-
tà. Amare le persone che avvicinia-
mo dando una testimonianza di vita
a tutta prova. Lei era integra, tutta
d’un pezzo. Bastava avvicinarla una
sola volta e ne restavi affascinato.
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Ottobre 2012

2.5 Page 15

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CHIESA
LUCA & SILVIO
Cinquant’anni fa il Big Bang
della Chiesa
Il Concilio Vaticano II è considerato
l’avvenimento religioso più importante del secolo XX.
Fu inaugurato l’11 ottobre del 1962 e fu
il primo concilio veramente universale della storia.
Cinquant’anni sono più di una
generazione. Due papi hanno
indetto e portato a termine il
Concilio Vaticano II: Gio-
vanni XXIII e Paolo VI; tre
papi ne hanno raccolto l’ere-
dità: Giovanni Paolo I, Giovanni Pao-
lo II e Benedetto XVI.
«Anch’io, pertanto, nell’accingermi al
servizio che è proprio del Successore
di Pietro, voglio affermare con forza la
decisa volontà di proseguire nell’impe-
gno di attuazione del Concilio Vatica-
no II, sulla scia dei miei predecessori e
in fedele continuità con la bimillenaria
tradizione della Chiesa» ha dichiarato
papa Ratzinger all’inizio del suo pon-
tificato.
Proprio Benedetto XVI, in un impor-
tante discorso ha chiarito il dibattito
che ancora aleggia intorno al Concilio.
«Qual è stato il risultato del Concilio?
È stato recepito nel modo giusto? Che
cosa, nella recezione del Concilio, è
stato buono, che cosa insufficiente o
sbagliato? Che cosa resta ancora da
fare?
I problemi della recezione sono nati
dal fatto che due interpretazioni
contrarie si sono trovate a confron-
to e hanno litigato tra loro. L’una ha
causato confusione, l’altra silenziosa-
mente ma sempre più visibilmente, ha
portato frutti.
Vorrei qui citare soltanto le parole ben
note di Giovanni XXIII, quando dice
che il Concilio «vuole trasmettere pura
ed integra la dottrina, senza attenua-
zioni o travisamenti», e continua: «II
nostro dovere non è soltanto di custo-
dire questo tesoro prezioso, come se ci
preoccupassimo unicamente dell’anti-
chità, ma di dedicarci con alacre vo-
lontà e senza timore a quell’opera, che
la nostra età esige… È necessario che
questa dottrina certa ed immutabile,
che deve essere fedelmente rispettata,
sia approfondita e presentata in modo
che corrisponda alle esigenze del no-
stro tempo». Ovunque questa inter-
pretazione è stata l’orientamento che
ha guidato la recezione del Concilio, è
cresciuta una nuova vita e sono matu-
rati frutti nuovi. Quarant’anni dopo il
Concilio possiamo rilevare che il posi-
tivo è più grande e più vivo di quanto
non potesse apparire nell’agitazione
degli anni intorno al 1968. Oggi ve-
diamo che il seme buono, pur svilup-
pandosi lentamente, tuttavia cresce, e
cresce così anche la nostra profonda
gratitudine per l’opera svolta dal Con-
cilio».
Ottobre 2012
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2.6 Page 16

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2.7 Page 17

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SALDI AL PROPRIO POSTO, TRA I RAGAZZI
e Hama, zona in cui hanno avuto inizio gli scon-
tri. Gli sfollati sono stati ospitati in scuole e strut-
ture pubbliche. Per le migliaia di famiglie sfollate
la situazione è drammatica, molti hanno urgente
bisogno di cure mediche e aiuti alimentari, ma gli
aiuti umanitari hanno difficoltà a essere recapitati
e sono ancora scarsi. Oltre 300.000 siriani sono
già approdati nei 4 campi profughi costruiti nei
paesi confinanti.
In questa fase è quanto mai importante soste-
nere le minoranze religiose, fornendo assisten-
za specifica e contribuendo ad alleviare lo stato
di incertezza dettato dalla sempre più frequente
perdita del lavoro e dall’acuirsi degli scontri che
attualmente coinvolgono i loro quartieri. La fuga
all’estero delle minoranze religiose autoctone
priverebbe la futura Siria del suo pluralismo re-
ligioso, sociale e culturale con il ruolo che questo
comporta nel processo di democratizzazione e nel
recupero di una convivenza pacifica.
Aleppo
La comunità salesiana è composta da 4 confratelli e un prenovizio. L’Oratorio-
Centro Giovanile è frequentato da molti ragazzi e giovani: circa 450 cristiani
di vari riti, soprattutto nelle giornate di venerdì, sabato e domenica. Negli altri
giorni, eccetto il lunedì, è aperto per alcune attività particolari (allenamenti,
gruppi) e per tutti coloro che lo desiderano. La casa di Aleppo è stata scelta da
alcuni anni come comunità di accoglienza vocazionale per aspiranti e prenovi-
zi dell’ispettoria. Inoltre è sede di un centro di cooperatori salesiani.
La comunità è anche impegnata nella pastorale universitaria e nell’assistenza
spirituale e sociale ai carcerati.
Kafroun
La casa è aperta in estate per i campeggi e i gruppi, con la presenza stabile
di 2 confratelli inviati dall’Ispettore; proposta di “Estate Ragazzi” per i ragazzi
e i giovani del luogo; possibile apertura della casa anche durante l’anno per
gruppi scelti (gruppi salesiani da Siria e Libano o altri gruppi ecclesiali).
Damasco
La comunità salesiana è composta da 4 confratelli, che animano l’Oratorio-
Centro Giovanile frequentato da molti ragazzi e giovani. La comunità è anche
impegnata nel lavoro con i profughi irakeni. Si tratta di un centro educativo
per circa 100 ragazzi e ragazze dalla prima elementare fino alla terza media,
ragazzi che hanno lasciato la scuola per vari motivi, dando loro istruzione
scolastica, culturale, religiosa.
I Salesiani di don Bosco in Siria
I Salesiani cercano di realizzare attività di soste-
gno alle famiglie di sfollati nelle città di Dama-
sco, Aleppo e Kafroun con particolare riguardo ai
bambini e ai giovani. Promuovono attività ricrea-
tive ed educative nelle scuole e negli altri istituti e
centri di accoglienza che ospitano gli sfollati. Mol-
te scuole e strutture educative e ricreative di Alep-
po e Damasco sono state utilizzate per accogliere
gli sfollati provenienti dalle campagne e dai quar-
tieri più colpiti dagli scontri. In queste strutture i
bambini e i giovani portano avanti una vita basata
sulla ricerca della sussistenza, senza attività votate
al ristabilimento di alcuni elementi di normalità
quali le attività didattiche. Negli ultimi tempi le
strutture Salesiane sono rimaste senza beneficiari
a causa degli scontri che hanno impedito ai giovani
di raggiungerle. Le attività svolte dai salesiani e dai
collaboratori, in queste scuole e strutture educati-
ve, sarebbero attività didattiche e ricreative quoti-
diane, organizzate secondo le necessità dei diversi
gruppi e delle diverse fasce di età.
Si compiono attività di sostegno alle minoranze
cristiane, volte al loro sostentamento nella fase di
emergenza e indirizzate a migliorare lo stato di
insicurezza in cui versano le famiglie e ad evitare
la loro fuga dal paese. Tutto è finalizzato a soste-
nerle nella ricerca di un alloggio, a procurare loro
alimenti, vestiario, materiale didattico e medicine.
Oltre a tutti questi impegni, è da rilevare che at-
tualmente le comunità salesiane presenti in Siria
aprono ogni sera i loro centri per accogliere fa-
miliarmente tutti quelli che lo desiderano, scam-
biando momenti di fraternità, di sostegno reci-
proco e di sentita preghiera compartecipata.
L’ispettore del
Medio Oriente,
don Munir El Rai
circondato dai
giovani.
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2.8 Page 18

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INIZIATIVE
CHIARA BERTATO
Un cantiere
L’Istituto Universitario
Salesiano di Venezia
di studio e ricerca
IUSVE è l’Istituto Universitario
Salesiano di Venezia, promosso
e gestito dai Salesiani dell’Italia
Nordest.
Sono oltre 600 gli studenti che dal
2004 hanno conseguito la Laurea,
triennale o magistrale, nei diversi cur-
ricoli di Psicologia, Scienze dell’e-
ducazione e Scienze e tecniche della
comunicazione. L’Istituto Universita-
rio, che ha dei corsi anche a Verona, ha
attivato diversi Master universitari di
primo livello: Counselling educativo,
Criminologia, Psicologia dello sport,
Coordinatori psicopedagogici, Peda-
gogia della complessità.
Lo IUSVE è membro della rete IUS
(Istituzioni Universitarie Salesiane)
che collega le oltre 70 Università Sale-
siane sparse in Europa, Asia, America
Latina ed Africa. Ogni IUS è una co-
munità accademica, formata da docen-
ti, studenti e personale di gestione, che
in modo rigoroso, critico e propositivo
promuove lo sviluppo della persona
umana e del patrimonio culturale della
società, mediante la ricerca, la docen-
za, la formazione superiore e continua,
e i diversi servizi offerti alle comunità
locali, nazionali e internazionali.
Lo IUSVE sta acquistando sempre
maggior spazio fisico e culturale. Da
alcuni mesi è stata inaugurata la nuo-
va sede con aule, biblioteche, uffici;
un campus di studio e ricerca.
«Illuminare la mente per
rendere buono il cuore»
(don Bosco)
Per conoscere la vitalità culturale che
anima questo ambiente abbiamo fatto
qualche domanda a uno dei docenti,
don Renzo Barduca che è anche Di-
rettore dell’Università.
Don Bosco pensava
all’educazione del popolo...
Avete sbagliato grado
d’istruzione o c’è qualche
progetto a più ampia veduta?
Anzitutto è bene non confondere i
termini: educazione del popolo non
significa educazione banale o elemen-
tare o limitata nell’età, bensì un’educa-
zione o formazione rivolta a chiunque
voglia accrescere le proprie conoscenze
e competenze ed in questo modo svi-
luppare e realizzare il proprio progetto
di vita. Il termine “popolare” si riferi-
sce quindi all’accesso a tale formazio-
ne: è per tutti, e non solo per classi pri-
vilegiate, soprattutto dal punto di vista
economico. Come IUSVE cerchiamo
di mantenere un costo relativamen-
te basso, ed inoltre veniamo incontro
agli Studenti con difficoltà economi-
che tramite riduzioni delle tasse. I no-
stri costi sono più o meno quelli delle
L’atrio della nuova sede dell’Istituto Universitario
Salesiano di Venezia.
18
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2.9 Page 19

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STORIA
Una riunione di studenti. Lo IUSVE gode di una notevole vitalità culturale.
Università italiane, che però ricevono
cospicui contributi dallo Stato, mentre
noi non riceviamo nulla.
Il progetto che ci anima è il progetto
di don Bosco. All’ingresso della nostra
nuova sede abbiamo scritto questa sua
frase: “Illuminare la mente per rendere
buono il cuore” (G. Bosco, Storia sacra
per uso delle scuole utile ad ogni stato di
persone). Questo è l’obiettivo che cer-
chiamo di raggiungere attraverso la
formazione universitaria: lauree, ma-
ster, corsi ed altri progetti. I nostri
interlocutori principali non sono i
bambini o i ragazzi bensì i giovani e
gli adulti: operiamo perché grazie ai
nostri percorsi formativi maturino una
sensibilità educativa ed etica che avrà
ricadute positive in termini di progetti,
politiche, azioni educative, comunica-
zione a favore dei minori, e soprattutto
di quelli che si trovano in difficoltà.
Quali sono i tre punti
di forza della vostra
proposta culturale?
1. Attenzione alla persona e creazione
di relazioni positive e significative tra
studenti e docenti;
2. formazione di eccellenza nei diversi
settori della psicologia, della pedago-
gia e della comunicazione;
3. competenze e non solo conoscen-
ze, grazie soprattutto a una didattica
attiva, a numerosi laboratori ed eser-
citazioni, a docenti che sono anche
“professionisti” oltre che insegnanti.
Disoccupazione giovanile
e crisi. Avete pensato a una
formazione scolastica che
sia spendibile con facilità
sul mercato del lavoro?
Il nostro obiettivo è facilitare l’inseri-
mento nel mondo lavorativo: per que-
sto valorizziamo molto il tirocinio che
gli studenti svolgono prima di laurear-
si: lo IUSVE ha convenzioni con ol-
tre 300 enti ed istituzioni pubbliche e
private del territorio. Attraverso que-
sti contatti i nostri studenti hanno la
possibilità di incontrare il mondo del
lavoro e, soprattutto, di farsi conosce-
re ed apprezzare con le proprie com-
petenze e risorse.
Quali sono le novità per il
prossimo anno accademico?
Le novità principali riguardano l’atti-
vazione della nuova laurea magistrale
Le origini risalgono all’anno 1990 quando
all’isola di San Giorgio a Venezia, veniva
fondato l’Istituto Superiore Internazionale
Salesiano di Ricerca Educativa. L’8 mag-
gio 1994 veniva istituita, al suo interno, la
Scuola superiore Internazionale di Scienze
della Formazione con la finalità di dare for-
ma curricolare accademica ad alcune ini-
ziative di formazione. 10 anni dopo questa
si trasferiva a Venezia Mestre ed apriva la
sua offerta formativa ai Corsi di Baccalau-
reato (Laurea Triennale) e Licenza (Laurea
Magistrale) negli indirizzi di psicologia,
pedagogia e comunicazione e nel 2011 ha
cambiato nome in IUSVE.
Lo IUSVE è aggregato alla Facoltà di Scien-
ze dell’Educazione dell’Università Pontificia
Salesiana di Roma.
in Governance del welfare sociale che
completa la filiera dell’Educatore so-
ciale e di alcuni Master tra cui “Wine
and food multimedia communication”.
L’attivazione di progetti di interscam-
bio di studenti e docenti con universi-
tà europee e non.
Quali sono i successi
di cui andate fieri?
Anzitutto il numero degli studenti
che ha superato, nei corsi di Laurea i
1000 iscritti, cui si aggiungono circa
200 dei Master: anche per il prossi-
mo anno si sta confermando lo stesso
trend positivo.
Una serie di eventi di notevole spessore
scientifico nell’ambito dell’educazione,
della prevenzione di abusi e maltratta-
mento dei minori, della comunicazio-
ne soprattutto in ambito giovanile.
La soddisfazione di aver contribuito
a far crescere molte persone non solo
dal punto di vista professionale, ma
anche dal punto di vista umano: la
soddisfazione di molti che contattan-
doci, dopo la laurea, ci dicono di aver
nostalgia di questo ambiente.
Ottobre 2012
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2.10 Page 20

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
CUBA
Fumetti
di pedagogia
salesiana
BELGIO
Alla scoperta
di se stessi
e dell’Europa
(ANS - Santa Clara) – Il 16 agosto, anni-
versario della nascita di don Bosco, è stata
inaugurata a Santa Clara una mostra del
fumettista Alfredo Martirena dal titolo
“Siamo eredi della sua pedagogia”. Attra-
verso 16 tavole illustrare il famoso dise-
gnatore ha rappresentato varie sfaccettature
della vita di don Bosco, evidenziandone
l’esperienza pedagogica e l’impegno per i
più svantaggiati. Al termine dell’esposizio-
ne le immagini saranno rese disponibili per
i bollettini informativi dell’isola caraibica.
L’iniziativa rientra nel progetto coordina-
to da don Guillermo García Montaño di
illustrare frasi, consigli o messaggi di don
Bosco che siano espressione della pedago-
gia salesiana, tema centrale del II anno di
preparazione al bicentenario della nascita
di don Bosco.
SPAGNA
Educare
i giovani nel
silenzio per
incontrare Dio
(ANS - Cantabria) – Dal
16 al 20 agosto, nel
monastero di Soto de Iruz,
Cantabria, la Pastorale
giovanile salesiana della
Spagna ha organizzato
un ritiro per giovani da 21
anni in su, dal titolo “Tem-
po interiore per giovani.
Lasciate parlare il silenzio”.
L’obiettivo è stato di fare
esperienza cristiana di vita
comunitaria nella chiave
del silenzio e della preghie-
ra e di approfondimento
della propria vita. I 45
giovani, provenienti dalle
varie ispettorie salesiane
della Spagna, hanno avuto
l’opportunità di esaminare
il loro rapporto con Dio
attraverso il silenzio, la
preghiera e colloqui forma-
tivi. Per gli organizzatori,
“il silenzio ha costituito
un’occasione privilegiata
per andare incontro a
Dio, che molto spesso è
assente in questo mondo
dove c’è tanto rumore”.
(ANS - Farnières)
– Nel mese di luglio
50 giovani dai 14 ai 22 anni del movimen-
to “Epahata Don Bosco” del Belgio sud,
hanno attraversato in bicicletta la Polonia,
da Danzica a Cracovia – ad una media di
100 km al giorno – scoprendo la storia, la
cultura e i valori del paese. Il tema dell’ini-
ziativa – “Cuore al corpo” – veniva sviluppato
al mattino con una riflessione e la preghiera;
poi tutti in sella, in gruppi di 10, i ciclisti
si scambiavano le riflessioni personali. Alla
sera c’era la condivisione tematica. Ai giorni
d’intense pedalate sono state intervallate
giornate di riposo e attività varie, come la
visita al Museo di “Solidarność”, al Santuario
della Madonna Nera di Częstochowa, alla
miniera di sale di Cracovia e ad Auschwitz.
Ovunque il gruppo itinerante è stato ricevuto
con simpatia e generosità.
20
Ottobre 2012

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ITALIA
Nella terra
di don Bosco
RMG
iBreviary
prega
salesiano
(ANS - Colle Don Bosco) – Anche quest’an-
no 500 ragazzi e giovani di Austria e Ger-
mania hanno trascorso le vacanze nei luoghi
di don Bosco, grazie al programma “Come to
Bosco”, elaborato dalla Pastorale salesiana dei
due paesi. I gruppi di giovani si sono gestiti
autonomamente la cucina e il programma
delle giornate, che ha previsto sempre attività
culturali e ricreative, come le gite a Torino,
a Superga o al mare. Un gruppo di contatto,
composto da Salesiani, FMA e volontari di
lingua tedesca, ha proposto visite guidate
ai luoghi di don Bosco; proposte spirituali
diversificate, celebrazioni liturgiche, orga-
nizzazione del tempo libero e incontri di
condivisione. Da quest’anno è stato attivato,
inoltre, il “Don Bosco Catching”, una sorta
di caccia al tesoro per conoscere meglio il
santo dei giovani utilizzando le coordinate
GPS e i codici QR.
RMG
Presenza
salesiana
tra i musulmani
(ANS - Roma) – Tra fine
luglio e inizio agosto
Salesiani, Figlie di Maria
Ausiliatrice e loro collabo-
ratori si sono confrontati
nell’ambito delle “Giornate
di Studio sulla presenza
salesiana tra i Musulma-
ni”. All’appuntamento,
promosso dal Dicastero
e dall’Ambito per le
Missioni, sono intervenuti
docenti ed esperti del
mondo islamico e sono
state presentate varie
risorse e buone pratiche.
Al termine delle giornate è
stata elaborata una “Road
map” strutturata in otto
temi principali: spiritualità
e motivazione, formazione
dei Salesiani e dei laici
collaboratori, cammino
educativo-pastorale per
i giovani, dialogo ed
annuncio, lavoro in rete,
terminologia e comu-
nicazione. Sono 30 le
Ispettorie interessate, in
misura diversa, al dialogo
con i musulmani.
(ANS - Roma) – La
nota applicazione
iBreviary Pro Terra Sancta da alcune setti-
mane offre la possibilità di pregare il Proprio
Liturgico Salesiano. L’iniziativa, sostenuta
dallo stesso Rettor Maggiore, è stata coor-
dinata dal Dicastero per la Comunicazione
Sociale in vista del bicentenario della nascita
di don Bosco. Preziosa la collaborazione con
don Paolo Padrini, ideatore dell’applicazione
iBreviary, promossa dalla Custodia di Terra
Santa e dall’Associazione Pro Terra Sancta.
Scaricando, o aggiornando, iBreviary l’utente
può attivare il Proprio Liturgico Salesiano
intervenendo nelle impostazioni dell’ap-
plicazione: nei giorni propri del calendario
liturgico salesiano saranno disponibili i
testi specifici per la preghiera delle ore e la
partecipazione alla messa. L’applicazione,
utilizzabile sui dispositivi e smartphone con i
sistemi operativi IOS e Android e per i letto-
ri Kindle, è disponibile in italiano, inglese e
francese nelle varie piattaforme Apple store,
Google play e Kindle shop.
Ottobre 2012
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3.2 Page 22

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A TU PER TU
O. PORI MECOI
Harambèe
più semplice. L’affetto per mio fratello,
per mia cognata e per i miei nipoti (il
secondo non lo vedrò nascere) mi ha
fatto riflettere e infatti ne abbiamo di-
scusso insieme ma alla fine hanno con-
diviso e mi hanno incoraggiato nella
scelta. Il legame familiare è importante
per don Aurelio madeveaiutarciafarelesceltepiùgiu-
ste anche se queste costano sacrifici.
Chi per primo ti ha
raccontato la storia
di Gesù?
I miei genitori. Ancora i salesiani di
Come le scintille luminose di un falò che non si spegne mai. una certa età si ricordano di come noi,
«Prenderanno il crocifisso» e lasceranno la loro terra
famiglia al completo, andavamo tutte
le domeniche a messa alle 9,30 all’ora-
per portare il Vangelo in tutte le parti del mondo.
torio di Gesù Adolescente di Palermo
Tra loro c’è anche don Aurelio Di Quattro, 38 anni. (città dove ho vissuto fino a 24 anni).
Che cosa significa per te
questa volta “partire”?
Partire richiama sempre nuove sfide e
nuove avventure e senza dubbio apre le
porte ad alcune paure legate alla novità
di ciò che ti aspetta. Per me significa
rimodulare la vita ad un mondo nuovo.
Attualmente qual è
il tuo compito?
Quest’anno, ma anche l’anno scorso e
così da sei anni a questa parte, sono
stato (contemporaneamente) incarica-
to dell’oratorio, docente di religione
nelle scuole statali del quartiere ed
economo.
Come hai sentito
la vocazione? Perché hai
preso questa decisione?
Fin da bambino mi appassionava l’i-
dea di “lasciare tutto” per guadagnare
tutto. Mi sentivo così fortunato della
mia vita che quasi mi sentivo quasi
ingiustamente fortunato rispetto a ciò
che vedevo in televisione o che sen-
tivo dai racconti di coloro che erano
andati in missione.
All’inizio mi frenava in questa scelta
l’affetto per mio padre. Inoltre in que-
sto quartiere mi sono sentito a casa e
voluto bene: 6 anni bellissimi e mi sen-
tivo quasi un traditore a dover lasciarli,
loro che mi sono stati vicini dall’acco-
litato al sacerdozio. Dunque, trascorso
un congruo periodo di tempo, ho fatto
la richiesta anche perché nel frattempo
era venuto a mancare mio padre.
Che cosa ne pensa
la tua famiglia?
Non avendo più genitori la scelta è stata
Quali sono i momenti più
belli in famiglia
che ricordi?
Le cose fatte insieme. Dalle gite al
mare, alla costruzione del presepe,
alla messa domenicale; sono tante.
Mi ricordo tutte le sere prima di an-
dare a letto le preghiere della sera con
i miei genitori (ci insegnarono una fi-
lastrocca su Gesù che ancora ricordo).
Sentirai la nostalgia?
Di che cosa soprattutto?
Quale rinuncia ti pesa
di più?
Nostalgia non ne sento perché le per-
sone si allontanano da noi quando le
dimentichiamo se no sono sempre
presenti nella vita di tutti i giorni.
Quante persone camminano tutti
i giorni e sono morte dentro perché
nessuno si ricorda di loro.
22
Ottobre 2012

3.3 Page 23

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Quale sarà
la tua destinazione?
Destinazione è l’ispettoria del Perù a
lavorare nella foresta amazzonica con
don Luigi Bolla con gli indios della
foresta della tribù degli Shuar.
Quali difficoltà ti aspetti
di dover affrontare?
Come ti sei preparato?
Non penso mai alle difficoltà; dico
sempre ai miei ragazzi: la vita è piena
di difficoltà e problemi, noi dobbia-
mo trovare soluzioni.
Don Aurelio assediato dagli oratoriani
della Giostra di Messina.
C’è molto coraggio
in questa tua scelta.
Dove lo attingi?
Sinceramente non ho avuto tempo:
faccio anche il manutentore in co-
munità e dunque questo è periodo
di sistemazioni e manutenzioni degli
ambienti per far partire al meglio del-
le possibilità il nuovo anno pastorale.
Vale la pena dedicare
la vita agli altri in questo
modo così radicale?
Non penso di fare una cosa straor-
dinaria, penso solo che il buon Dio
mi abbia chiesto qualcosa di più e se
chiede mi darà le relative risorse e
forze per poter vivere al meglio questa
nuova avventura.
Che messaggio vorresti
lasciare alla Famiglia
Salesiana?
Gli adulti spesso si lamentano dei
giovani e della società dove vivono
senza considerare o facendo finta di
non ricordare che la società in cui oggi
viviamo l’hanno costruita gli stessi
adulti che se ne lamentano. Ora se
le persone invece di nutrire il proprio
egoismo attraverso la ricerca frenetica
e consumistica delle cose si preoccu-
passero di donare risorse e soprattutto
tempo ai più deboli, i loro stessi figli
o nipoti vivrebbero un giorno in un
mondo migliore. Ne vale sempre la
pena anche se fosse per un’unica per-
sona che altrimenti non avrebbe altre
alternative.
Ottobre 2012
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3.4 Page 24

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ANNIVERSARI
ANDREA BOZZOLO
La fabbrica
dei leaders
I primi 75 anni della nostra
Facoltà di Teologia
Nell’autunno di 75 anni fa
veniva istituita a Torino la
prima Facoltà di Teologia
della Congregazione sa-
lesiana. Era il 1937 e con
questo riconoscimento da
parte della Santa Sede, fortemente
voluto dall’allora Rettor Maggiore
don Pietro Ricaldone, la Congrega-
zione raggiungeva un primo impor-
tante traguardo nel cammino di or-
ganizzazione degli studi ecclesiastici
dei confratelli.
Tale percorso, che richiedeva un note-
vole investimento di mezzi, strutture
e personale preparato, era stato avvia-
to all’inizio del secolo con la scelta del
beato don Michele Rua di aprire nel
1904 a Foglizzo Ca-
navese, nella diocesi
di Ivrea, il primo
studentato teologico
internazionale della
Congregazione. Nel
1913-14 questo cen-
tro di studi aveva già
La storica sede della
Crocetta (Torino).
In alto e a pagina seguente :
La sede dell’UPS a Roma.
Fin dall’inizio
la Facoltà della Crocetta
si caratterizzò per
la sua internazionalità,
accogliendo studenti della
congregazione provenienti
da tutto il mondo.
ottenuto dalla Santa Sede l’autorizza-
zione a conferire i gradi accademici
del Baccalaureato e della Licenza in
Sacra Teologia. Ma lo scoppio della
prima guerra mondiale disperse gli
studenti e costrinse alla soppressione
della struttura, con la conseguente
decadenza della concessione vaticana.
Al ritorno della pace, il beato Filippo
Rinaldi, terzo successore del Fonda-
tore, decise di trasferire lo Studentato
a Torino, nel borgo della Crocetta,
nel 1923. In quegli anni l’incremento
dell’Opera salesiana, e la conseguente
necessità di avere insegnanti in grado
di impartire nelle numerose case di
studio l’insegnamento delle discipli-
ne ecclesiastiche, spingeva i Superiori
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Ottobre 2012

3.5 Page 25

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a inviare numerosi giovani confratelli
nelle Università Ecclesiastiche roma-
ne. Nell’anno della canonizzazione di
don Bosco (1934), gli studenti presenti
nella capitale italiana erano circa 150.
Tale situazione, unita al desiderio di
contemperare una solida preparazione
accademica con la specifica formazio-
ne salesiana, suscitò nel quarto suc-
cessore, don Pietro Ricaldone, l’idea
di realizzare una Facoltà di Teologia
gestita dalla Congregazione Salesia-
na. Nell’udienza del 2 maggio 1936
poté esporre tale progetto a papa Pio
XI, il quale lo incoraggiò, indirizzan-
dolo alla Sacra Congregazione per i
Seminari e le Università degli studi, il
cui segretario suggerì di non limitarsi
alla Facoltà teologica, ma di istituire
anche Diritto Canonico e Filoso-
fia. L’avvio dell’esperimento avvenne
dunque nell’autunno del 1937 e fu su-
bito coronato da successo.
Manuali e santità
Fin dall’inizio la Facoltà della Crocetta
si caratterizzò per la sua internaziona-
lità, accogliendo studenti della congre-
gazione provenienti da tutto il mondo,
in particolare dall’Europa e dall’A-
merica Latina. Nella giovane Facoltà
convivevano, come del resto nelle altre
istituzioni teologiche italiane, i frut-
ti maturi di impostazioni consolidate
e nuove prospettive di ricerca che si
stavano inaugurando. Così nell’ambi-
to della teologia morale don Andrea
Gennaro (1878-1961), che era suben-
trato a don Luigi Piscetta (1858-1925),
segnava il chiudersi di una stagione di
insegnamento della materia ispirato ai
principi della casistica, ossia di quella
morale pratica che si concentrava so-
prattutto nel dare risposta ai diversi casi
in cui la coscienza si trova a dover ri-
cercare la via del bene. Il lavoro dei due
professori era confluito in un manua-
le, il celebre “Piscetta-Gennaro”, che
ebbe ampia fortuna e vasta diffusione.
Nell’ambito della Sacra Scrittura spic-
cavano due docenti di sicuro prestigio,
don Giacomo Mezzacasa (1871-1955)
e don Giorgio Castellino (1903-1992),
che rispecchiavano anche due stagioni
successive degli studi biblici. Il primo,
dopo aver studiato a Gerusalemme con
il celebre padre Lagrange, fu il primo
italiano a conseguire la laurea in Scien-
ze bibliche; il secondo conseguì grande
fama come orientalista, in particolare
come esperto delle civiltà e delle lingue
mesopotamiche, ricevendo riconosci-
menti di livello internazionale. Il suo
capolavoro fu un rinomato studio sul
libro dei Salmi.
Pioniere del movimento liturgico fu,
poi, don Eusebio Vismara (1880-1945).
Primo Decano della Facoltà, era un
uomo di sensibilità spirituale raffina-
ta e fu un efficace propugnatore della
partecipazione del popolo alla liturgia.
La teologia dogmatica conobbe l’im-
pegno di un acuto teologo speculativo
La sala per le conferenze della Crocetta.
Le iniziative della Facoltà di Teologia
sono sempre molto seguite.
Ottobre 2012
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3.6 Page 26

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ANNIVERSARI
CONVEGNO
come don Nazareno Camilleri (1906-
1973), ma fu soprattutto caratterizzata
da quello sviluppo delle ricerche sulla
Vergine Maria, che dovevano condur-
re Pio XII a definire nel 1950 il dogma
dell’Assunzione. Proprio nell’ambito
della mariologia si distinse, oltre a don
Domenico Bertetto (1914-1988), colui
che costituisce la figura spirituale più
importante della Facoltà: il venerabile
don Giuseppe Quadrio. Nato nel 1921
e morto prematuramente nel 1963,
don Quadrio fu una figura straordi-
naria di teologo, docente e formatore.
Amato dagli studenti per la profondi-
tà e limpidezza del suo insegnamento
e venerato per la grande umanità e la
bontà paterna, fu anche Decano negli
anni dal 1954-1959.
La Facoltà di Teologia celebrerà il
75° anniversario della sua fondazione,
proprio con un Convegno dedicato a
questo confratello, di cui è in corso la
causa di canonizzazione. Il Convegno
Ritratto del Venerabile Don Giuseppe Quadrio,
figura straordinaria di teologo, docente e
formatore della Facoltà della Crocetta.
(vedi box) si terrà a Torino il prossimo
10 novembre e sarà preceduto da un
incontro di tutti i presidi dei centri di
studio teologici attualmente presenti
nella Congregazione salesiana. Sarà
così, in un certo senso, un ritorno alle
fonti, per attingere alla sapienza spiri-
tuale di don Quadrio stimoli e orien-
tamenti per affrontare le sfide che
oggi l’insegnamento della teologia e la
formazione intellettuale dei salesiani e
di tanti altri studenti propongono.
Il Pontificio
Ateneo Salesiano
Sotto il profilo istituzionale, la Facol-
tà di Teologia, dopo l’istituzione nel
1937, conobbe un ulteriore consoli-
damento quando nel 1940 fu istituito
il Pontificio Ateneo Salesiano. Esso
includeva anche la facoltà di Filosofia
e quella di Diritto, che avevano sede
a Torino Rebaudengo, e, a partire dal
1942, l’Istituto pedagogico che di-
venne il settore di ricerca specifico più
caratteristico dell’Ateneo. All’evolu-
zione e allo sviluppo della Facoltà di
Teologia hanno poi contribuito, negli
anni successivi, diversi fattori. An-
zitutto, il trasferimento della sede a
Roma, nel 1965, con la riunificazione
di tutte le Facoltà in un unico luogo e
quindi con l’accresciuta possibilità di
un dialogo interdisciplinare più con-
tinuo e sistematico. In secondo luogo,
l’influsso rinnovatore del Concilio
Vaticano II e la sua eco nelle atten-
zioni della Congregazione Salesiana,
sia attraverso il Rettor Maggiore –
che è il Gran Cancelliere dell’Istitu-
zione universitaria – sia attraverso le
VENERABILE DON GIUSEPPE QUADRIO
Torino, 10 novembre 2012
Interventi
Prof. don Carlo Nanni, Rettor Magnifico
dell’UPS
Mons. Cesare Nosiglia, Arcivescovo di
Torino
I 75 anni della Facoltà: Prof. don
Antonio Castellano, Decano FT
Il profilo spirituale di un maestro
di vita e di pensiero: don Giusep-
pe Quadrio, S. Em.za Card. Tarcisio
Bertone, Segretario di Stato
Presentazione del volume: A. Escu-
dero (ed.), Don Giuseppe Quadrio, teolo-
go e testimone, LAS.
Il contributo di don Quadrio alla
mariologia: Prof. don Antonio Escu-
dero
L’antropologia teologica di don
Quadrio: Prof. don Roberto Carelli
Gli anni decisivi della vita spiri-
tuale di don Quadrio: Prof. don Fer-
dinando Bergamelli
Ore 12.30 Benedizione della nuova col-
locazione del Venerabile
direttive formulate dai Capitoli Ge-
nerali della stessa Congregazione. In
terzo luogo, le indicazioni della Santa
Sede, prima con le Normae quaedam
e poi con la Costituzione apostolica
Sapientia Christiana. E infine, le più
diverse sfide emergenti – e le conse-
guenti domande di qualificazione –
dalle situazioni culturali e pastorali
in cui le Chiese di tutti i continenti
si sono trovate a doversi confrontare
negli anni del dopo Concilio.
Dall’India a Gerusalemme
La Facoltà di Teologia si presenta
oggi come una realtà ampia e artico-
lata, da cui dipendono numerosi isti-
tuti aggregati e affiliati nelle diverse
aree in cui opera la Congregazione:
dall’India al Venezuela, dal Brasile
alle Filippine… fino ai nuovi centri
nati in Congo e nel Vietnam.
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Ottobre 2012

3.7 Page 27

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SI FORMARONO QUI
Nella sede di Roma essa raccoglie stu-
denti da ogni parte del mondo offren-
do, oltre al primo ciclo, la possibilità
di specializzarsi in teologia dogmati-
ca, in spiritualità, in studi salesiani,
nella formazione dei formatori e degli
animatori vocazionali, nella pastorale
biblica e liturgica e chiaramente nella
pastorale giovanile e catechetica, che
caratterizzano la missione salesiana.
Il trasferimento della sede centrale
a Roma ha fatto sì che a Torino ri-
manesse la Sezione staccata della Fa-
coltà, dove è possibile conseguire il
baccalaureato e la licenza in teologia
pastorale e dove è stato attivato an-
che un percorso di studi mirato alla
formazione specifica dei salesiani
coadiutori, ma aperto anche ad altri
religiosi e religiose. La Crocetta ri-
mane la culla in cui è nata la Facoltà
di Teologia, che fu il primo germo-
glio dell’intera Università Pontificia
Salesiana. Essa cerca anche oggi, con
la qualità dell’insegnamento accade-
mico e della proposta formativa, di
onorare la ricca tradizione dei suoi
La Facoltà di Teologia annovera tra i suoi Decani il card. Antonio M. Javierre Ortas, che fu
anche Rettor Magnifico proprio negli anni del passaggio dell’Ateneo a Università Pontificia
Salesiana; il card. Raffaele Farina, Archivista e Bibliotecario emerito di Santa Romana Chie-
sa, che è stato anche per ben dodici anni Rettor Magnifico dell’UPS; e il card. Angelo Amato,
che è Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi.
Essa poi annovera studenti illustri che hanno avuto e hanno tuttora ruoli di primissimo piano
nella vita della Chiesa e della Congregazione. Basti pensare che a Torino Crocetta hanno
studiato il cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato e Camerlengo di Santa Romana
Chiesa; il cardinale Joseph Zen Ze-kiun, Vescovo emerito di Hong Kong (Cina); il già ricor-
dato cardinale Raffaele Farina; e il compianto card. Alfons Maria Stickler, che fu Archivista e
Bibliotecario emerito di Santa Romana Chiesa.
Alla Crocetta studiò anche don Juan Edmundo Vecchi, che fu regionale per l’America Latina-
Atlantico; consigliere generale per la pastorale giovanile, vicario del Rettor Maggiore e poi
divenne l’ottavo successore di don Bosco.
docenti e studenti. Mantiene il volto
di un centro studi internazionale, che
consente a studenti di diversi paesi di
vivere per alcuni anni sui luoghi di
don Bosco, mentre si inserisce sempre
meglio nel tessuto culturale ed eccle-
siale della realtà torinese. Nel 2011 è
stata costituita Sezione della Facoltà
anche la sede di Gerusalemme-Ra-
tisbonne, in cui è possibile avere un
particolare contatto con i luoghi più
importanti della Terra Santa e si col-
tiva una particolare attenzione agli
studi di carattere scritturistico.
Con la sede principale nel centro del-
la cristianità, le due sezioni nei luoghi
di don Bosco e nella Terra Santa, e le
numerose istituzioni che dipendono da
essa, la Facoltà di Teologia, a 75 anni
dalla sua nascita offre a livello inter-
nazionale un contributo di rilievo alla
formazione di sacerdoti, religiosi e lai-
ci. Essa concorre così, secondo lo spi-
rito di don Bosco, a promuovere quella
sintesi tra fede e cultura, tra attenzione
ai cambiamenti storici e riflessione sul
mistero cristiano che costituisce una
delle esigenze fondamentali della nuo-
va evangelizzazione.
Gli studenti della Crocetta al Colle Don Bosco.
Provengono da ogni parte del mondo e manten-
gono vivo il carattere internazionale della Facoltà.
Ottobre 2012
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3.8 Page 28

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LE CASE DI DON BOSCO
MARIO DELPIANO
L’opera salesiana
di Locri
Frontiera e laboratorio di futuro
Manifestazioni
dei giovani
dell’oratorio
salesiano di Locri,
che è diventato
un punto di
riferimento per la
pastorale giovanile
della diocesi.
La Locride è un lembo della Calabria che
s’affaccia sull’incantevole mare Ionio reg-
gino, come una lingua di terra estesa oltre
100 km.
I salesiani sono presenti solo da una qua-
rantina d’anni in questo lembo di Cala-
bria, preceduti dalla presenza mite di un Vescovo
salesiano, di origine piemontese e Missionario in
Cina, espulso al tempo della rivoluzione Maoista,
monsignor Michele Arduino, che negli anni del
Concilio Vaticano II, precisamente nel 1963 fu
traslato, da parroco di Valdocco a Vescovo della
Diocesi di Locri-Gerace. Fu monsignor Arduino
a porre le premesse per la presenza salesiana nella
Locride.
Fu però il Vescovo successore, monsignor Fran-
cesco Tortora, Minimo e discepolo del Patrono
di questa regione (san Francesco da Paola), ad
invitare ed accogliere, nel 1978, i primi 2 sale-
siani fondatori della presenza a Locri: don Gigi
Drosi e don Ruggiero Coin, seguiti poi da don
Tommaso Dimitri, e subito dopo da don Eugenio
Fizzotti e don Luigi Benvenga.
Il Centro Salesiano divenne ben presto un punto
di riferimento culturale, formativo, educativo e
pastorale per l’intera diocesi.
Simpatia “a catena”
Inizialmente la “simpatia” suscitata dai primi sa-
lesiani ha contagiato giovani e adulti. Essendo in-
segnanti di religione nelle scuole superiori pote-
rono tessere relazioni di conoscenza e di amicizia
con i giovani dell’intero territorio e le loro fami-
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Ottobre 2012

3.9 Page 29

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glie; numerosi parroci li richiedevano per incontri
e celebrazioni; le suore per il fascino delle nuove
suggestioni conciliari e la gente si rivelò interes-
sata e partecipe alle iniziative pubbliche promosse
a catena.
Si veniva così lentamente delineando il profilo
della presenza salesiana: una comunità alla totale
disponibilità della diocesi per i settori prioritari,
prima della Catechesi e del nuovo Progetto ca-
techistico della Chiesa italiana dal 1970 in poi;
successivamente, della Pastorale Giovanile e della
Pastorale Sociale e del lavoro, attraverso la Com-
missione Diocesana “Giustizia a Pace”, nonché la
sfida del lavoro giovanile promossa dal Progetto
Policoro della Chiesa italiana.
La storia dell’Opera si intreccia saldamente con
quella dei salesiani e delle loro competenze. Il
catecheta e storico, formatore di generazioni di
salesiani e di laici, don Sergio Chistè, ricco an-
che dell’esperienza missionaria in Colombia e poi
della vasta esperienza di animazione catechistica
dal Centro Catechistico di Bari, ha favorito dal
1984 in poi lo sviluppo del servizio catechistico
diocesano, primo pilastro della nostra presenza,
che nei decenni seguenti ha segnato il rinnova-
mento della catechesi nella diocesi, la formazione
di generazioni nuove di catechisti e di laici, fino
alla scelta ultima della Diocesi di un coraggio-
so cammino di iniziazione cristiana come cate-
cumenato in stile educativo (Cammino Emmaus
della Diocesi di Locri-Gerace).
La presenza poi di un altro salesiano di valore
ha arricchito questa caratteristica di servizio ec-
clesiale diocesano della presenza: don Giorgio
Pratesi profeta e testimone di cultura della pace
fondata sulla giustizia e sulla legalità, promotore
della Commissione Diocesana “Giustizia e Pace”,
membro di “Pax Christi” nazionale, formato-
re di cristiani nuovi attenti all’impegno politico
e al contrasto della cultura mafiosa e della po-
litica clientelare. Don Giorgio è stato ricordato
nel decennale della sua morte, con un convegno
regionale dalle associazioni di volontariato riuni-
te dal CSV dei 2 mari; è considerato da quelli
che l’hanno conosciuto, un testimone di pace e
di impegno per il riscatto di questa terra. A lui
è intestata la Scuola Diocesana di formazione
socio-politica.
L’incarico ufficiale affidato al Salesiano don An-
tonio Gentile nel 1988 dell’Ufficio Diocesano
della Pastorale Giovanile da parte del nuovo Ve-
scovo monsignor Antonio Ciliberti ha permesso
di focalizzare meglio il servizio della comunità
salesiana alla Diocesi, ed ha favorito l’impegno
del Centro verso il mondo giovanile ad ampio re-
spiro.
La scuola pubblica, soprattutto quella superiore,
che radunava da tutti i paesi interni e di marina
diverse migliaia di giovani tra Locri e la vicina
Siderno, è stata per la pastorale giovanile dioce-
sana, un luogo privilegiato di azione e di anima-
zione educativa e pastorale; da lì si aprì come me-
diazione diocesana alle associazioni, movimenti
ecclesiali giovanili e poi all’Oratorio.
Oggi, pur con gli alti e bassi del ricambio ge-
nerazionale, la Diocesi conta una decina di ora-
tori.
Per questo lo stesso Oratorio salesiano è stato
pensato fin dall’inizio come un servizio non ri-
stretto alla sola città, ma quasi un “lab-oratorio e
punto di riferimento” per i gruppi giovanili e gli
altri oratori della diocesi, come uno spazio aperto
di formazione e sperimentazione.
Il vescovo
della diocesi di
Locri, monsignor
Giuseppe Fiorini,
interviene in una
celebrazione
dell’oratorio
salesiano. Il primo
a sinistra è il
direttore don
Mario Delpiano.
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LE CASE DI DON BOSCO
I ragazzi che
affollano
quotidianamente
l’oratorio.
Le “famiglie” e la famiglia
Può essere utile soffermarsi un attimo sui proble-
mi e sulle sfide che pone un oratorio in territorio
di ’ndrangheta, dove, negli anni addietro, nulla
accadeva su tutti i fronti, se non controllato o ge-
stito, direttamente o indirettamente, dalla mafia
locale. Locri poi si porta dietro con sofferenza le
ferite di un ventennio di faide locali e di conten-
zioso tra due “famiglie” note nel dominio illegale
e violento del territorio. In questa terra qualsiasi
ambiente che voglia dirsi educativo, oratorio in
particolare, deve poter consapevolmente elabora-
re gli antidoti, gli anticorpi, per evitare che la vita
oratoriana e le attività che si svolgono, in partico-
lare lo “spazio simbolico educativo”, vengano, an-
che inconsapevolmente, controllate e non restino
soggetti alla cultura mafiosa che tutto pervade con
le sue articolazioni di potere
sotterraneo. Pertanto è sta-
to avviato un lento e faticoso
lavoro di “bonifica” dell’am-
biente oratoriano, esplicitan-
do sempre più gli elementi
caratterizzanti della vita ora-
toriana, che al sud hanno la
necessità di qualificarsi, oltre
che per l’allegria, la libertà di
movimento, la creatività e il
gioco, l’incontro e la relazio-
ne tra educatori e giovani, la
spiritualità, per il senso della legalità, l’esclusione
dei sistemi clientelari, il bando della cultura della
violenza e della omertà. In quest’ottica acquistano
senso il campionato e la marcia “Dai un calcio alle
mafie”, e la partecipazione quanto più democrati-
ca del potere e delle decisioni anche organizzative.
Da qui il consolidamento delle strutture di anima-
zione come il Consiglio della Comunità educativo
pastorale dell’Opera al fine della consapevolezza
di un’appartenenza significativa, e poi il Consiglio
Oratoriano con la partecipazione e il protagonismo
dei giovani.
Una novità accolta con sorpresa da chi scrive,
nonostante la pluriennale esperienza calabrese, è
stata quella del protagonismo dei genitori al servi-
zio della qualità della vita oratoriana. È sorta con
piacere un’Associazione di Volontariato educativo
dei genitori dell’oratorio, aperta a chi ne condivi-
de lo scopo, per garantire un servizio di presen-
za degli adulti genitori nell’affiancare salesiani e
animatori e i giovani che, con non poca fatica,
riescono ad orientarsi verso l’animazione.
Va ancora ricordato che oggi l’opera salesiana di
Locri ha acquistato una sua fisionomia di servi-
zio alla Diocesi anche nei settori della formazione
degli operatori pastorali parrocchiali, e nei vocati
ai ministeri istituiti e al diaconato permanente,
nel cammino di preparazione al matrimonio e
nella direzione spirituale.
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Ottobre 2012

4 Pages 31-40

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Se i ragazzi Moltipedagogistinotanoche
negli ultimi cento anni vi è
stato un triplice passaggio:
dai genitori-autoritari
zoppicano . . . sièpassatiaigenitori-
permissivi, per arrivare,
oggi, ai genitori-regrediti:
ai genitori non cresciuti.
Il brillante scrittore inglese Oscar
Wilde (1854-1900) diceva: “In
quest’epoca tutti sono così ansiosi di
educare il prossimo che non hanno
più tempo ad educare se stessi”.
L’affermazione umoristica o sar-
castica (come volete) è quanto mai
attuale.
È incredibile la superficialità con
la quale tanti affrontano il compito
dell’educazione.
Abbiamo fatto tanto per il controllo
delle nascite, e per il controllo dei pa-
dri e delle madri?
Vi sono persone che diventano geni-
tori senza avere la più pallida idea di
ciò che significhi educare un figlio!
Ha ragione Ernesto Caffo, l’ideatore
del ‘Telefono Azzurro’ a sostenere che
un adulto non diventa genitore auto-
maticamente. È un processo mentale che
presuppone tempo”.
Insomma, come non basta avere un
piano per essere un pianista, così non
basta avere figli per essere genitori-
educatori.
Per essere tali non è sufficiente avere
la maturità biologica che si raggiun-
ge quando si ha la possibilità di ge-
nerare; non è sufficiente la maturità
legale che permette di poter compiere
attività ed azioni permesse dalla leg-
ge come, ad esempio, votare, guidare
l’auto…; per essere genitori non basta
neppure la maturità mentale di chi ha
una certa cultura.
Per essere genitori-educatori, occorre
aver raggiunto una buona maturità
personale.
D’altronde è logico che sia così!
Quando il figlio nasce non sa niente:
non sa che il fuoco brucia, non sa par-
lare, non sa telefonare, non sa saluta-
re… Non sa nulla!
Da chi impara a vivere da uomo?
Dai primi che vede vivere: impara dai
genitori.
Se ha la fortuna di vedere persone
riuscite, rimanda l’immagine di una
persona riuscita; se ha la sventura di
vedere persone fallite, rimanda l’im-
magine di una persona fallita.
In una parola: gli uomini ‘nascono’
solo dagli uomini!
Ecco perché la nostra capacità di edu-
care è proporzionata al livello rag-
giunto nella nostra educazione.
Un figlio che vede solo bonsai, non
potrà mai immaginare sequoie!
A questo punto il discorso si fa serio
ed urgentissimo.
Molti pedagogisti notano che negli
ultimi cento anni vi è stato un tripli-
ce passaggio: dai genitori-autoritari
si è passati ai genitori-permissivi, per
arrivare, oggi, ai genitori-regrediti: ai
genitori non cresciuti.
Sugli ultimi vocabolari inglesi vi sono
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LE NOSTRE MEMORIE
NATALE CERRATO
E in ottobre, camminando tra
canti, scherzi, polenta e rosari...
Le passeggiate autunnali di don Bosco
Con l’arrivo dell’autunno per don
Bosco e i suoi ragazzi iniziava
la stagione delle «passeggiate».
Un’altra geniale invenzione di
don Bosco: il trekking sacro,
gita-premio e pellegrinaggio.
La Madonna del Castello che
domina l’abitato dall’alto di
Castelnuovo esercitò una spe-
ciale attrattiva per Giovanni
Bosco. Si arrampicava spes-
so fin lassù da solo o con gli
amici a venerare l’immagine della
Vergine. Fatto sacerdote, non dimen-
ticò mai quella mèta preferita dei suoi
pellegrinaggi giovanili.
Ispirandosi ad essi, nei primi anni
dell’Oratorio, don Bosco portava i
suoi monelli ai santuari torinesi del-
la Consolata o di Santa Maria del
Monte, della Madonna di Campa-
gna o del Pilone, di Pozzo Strada o
di Superga.
Nel 1850 inaugurò le passeggiate
«fuori porta», prima ai Becchi e din-
torni, poi per i colli del Monferrato
fino a Casale, dell’Alessandrino fino
a Tortona, e in Liguria fino a Ge-
nova.
Nella patria di Gianduia
Nei primi anni, mèta di quelle gite
erano i Becchi e dintorni, raggiunti
con il cavallo di san Francesco. I gio-
vani alloggiavano nella casa di Giu-
seppe, il buon fratello di don Bosco,
occupando stanze, stalla e granaio.
Celebravano con solennità la festa del
Rosario nella cappellina eretta al pian
terreno nel 1848, e poi partivano per
Castelnuovo. Là li attendeva il Vica-
rio don Cinzano per il pranzo. Un
Il grande dipinto di Caffaro Rore della Basilica
del Colle Don Bosco che ricorda le “passeggiate
autunnali” del santo e dei suoi ragazzi.
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Ottobre 2012

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calderone d’acqua, collocato all’aperto
su di un focolare improvvisato, acco-
glieva borbottando le palate di farina
gialla. Cuochi d’occasione giravano
le capaci mestole e spargevano il sale,
finché, al momento giusto, il pento-
lone veniva capovolto sul tavolato e la
polenta fumante, condita di “bagna”
e salsiccia, era divisa in grosse fette e
divorata dai ragazzi di Valdocco sotto
gli occhi sorridenti di don Bosco.
Nel 1850 la festa «della polenta» fu per
Giovanni Cagliero, allora dodicenne,
l’occasione provvidenziale dell’incon-
tro con don Bosco, che decise la sua en-
trata all’Oratorio per l’anno seguente.
Gli anni 1859-64 furono gli anni d’o-
ro delle passeggiate autunnali, auten-
tiche gite-premio o vacanze attive che
don Bosco organizzava in ottobre per
il bene fisico e spirituale dei giova-
ni più impegnati nello studio e nella
condotta e a edificazione delle popo-
lazioni rurali, approfittando pure per
diffondere le «Letture Cattoliche» e
andare in cerca di vocazioni.
I ragazzi vi partecipavano in gruppi
sempre più numerosi, entrando nei
paesi con la banda musicale in testa,
accolti festosamente dalla gente, dai
parroci o dai signori del castello. Ri-
posavano nei fienili, consumavano
frugali pasti contadini, celebravano
devote funzioni in chiesa ed alla sera
davano spettacolo sopra un palco im-
provvisato.
Il repertorio di quello spettacolo po-
polare comprendeva canti, macchiette
in dialetto e commediole, nelle quali,
per volere di don Bosco, Gianduia, la
nota maschera piemontese, faceva la
parte del leone.
Durante una di quelle gite don Bosco
permise ad un gruppo di ragazzi di
fare una scappata fino a Callianetto,
patria di Gianduia. Volevano poter
dire, una volta tornati a Valdocco: «Io
a Callianetto ci sono stato!». Al ritor-
no da quella galoppata di parecchie
ore, i fortunati esploratori della… ter-
ra promessa, portarono ai compagni
le più strane notizie del paese dove «si
facevano le fascine di sabbia, si pesta-
va il fumo e s’insaccava la nebbia».
Nel 1864 don Bosco portò i ragaz-
zi a Genova. Lo aveva promesso:
«Quest’anno vedrete il mare!».
Catechismo itinerante
Le passeggiate autunnali di don Bo-
sco erano ricche di valori educativi,
ma ebbero fin dall’inizio anche il ca-
rattere di pellegrinaggio.
Ancora più tipicamente religiosa fu la
visita fatta nel 1861 al Santuario del-
la Madonna di Crea, celebre in tutto
il Monferrato. Come sua abitudine,
don Bosco aveva preparato i giovani
a quel pellegrinaggio narrando loro
la storia del santuario e delle cappel-
le sparse sul Sacro Monte. Salirono a
Crea il 10 ottobre.
«Entrammo – scrive don Francesia –
nella spianata da veri conquistatori,
suonando la nostra marcia trionfale».
Ma l’amico di don Bosco che doveva
ospitarli si era invece recato, per un ma-
linteso, a Casale. I buoni Frati Minori
custodi del santuario, ignari di tutto,
tennero chiuso per prudenza il porto-
ne del convento. Don Bosco intanto
condusse i ragazzi in chiesa a pregare
la Bruna Madonna. Cantarono la lode
di sant’Alfonso, «Vivo amante di quel-
L’atmosfera e i colori dell’autunno dei colli di don
Bosco sono ancora gli stessi.
la Signora» sull’aria del «Va pensiero».
Il canto devoto commosse il Padre
Guardiano ed i suoi frati che, dopo
la benedizione eucaristica, invitarono
i ragazzi, offrendo loro tutto ciò che
avevano ancora in serbo: pane, cacio,
vino e frutta. I pellegrini in erba prov-
videnzialmente rifocillati dai generosi
figli di san Francesco, poterono così
riprendere il loro cammino.
E come non perdevano occasione di
visitare i santuari mariani, così cele-
bravano con grande solennità le fe-
ste della Madonna tipiche nei nostri
paesi il mese di ottobre. Quelle feste
erano come i grani di una corona di
preghiere recitate dalla cappella del
Rosario ai Becchi; erano l’espressione
di una devozione mariana, che aveva
già portato Giovanni Bosco, giovane
studente, sul colle del paese natio a
venerare la Madonna del Castello.
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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Una politica
del Pater noster
da intendere bene
“L a mia politica è quella
del Pater noster”. Co-
sì don Bosco avreb-
be risposto a Pio IX
che gli chiedeva qual
era la sua politica nel
momento in cui da privato cittadino
stava trattando l’ardua questione della
nomina di vescovi in Italia. Don Bosco
non ha voluto legare la sorte della sua
opera all’imprevedibile variare dei re-
gimi politici. Ma questo non ha signi-
ficato indifferenza per il paese, anzi…
ne ha fatto, eccome, di politica, intesa
nel senso più nobile del termine! Ne
hanno scritto Stella, Braido, Desra-
maut, Riccardi; noi stessi sul numero
unico di “Ricerche Storiche Salesiane”
dedicato al 150° dell’unità d’Italia.
Don Bosco non è dunque restato a
guardare indifferentemente alla man-
canza di futuro per i giovani “poveri ed
abbandonati”, al loro sfruttamento; ha
operato per la giustizia, la pace, la cul-
tura della solidarietà, per la trasforma-
zione della società secondo il Vangelo.
Interessato al bene dei giovani delle
fasce sociali più deboli, li ha preparati
al loro futuro dando loro uno sbocco
professionale o culturale: un lavoro
dignitoso, in grado di sostentare ade-
guatamente una famiglia, un lavoro
utile al bene comune, un lavoro come
strumento di elevazione culturale e
spirituale per sé e per gli altri, un lavo-
ro visto come dovere creaturale ed im-
pegno umano, un lavoro come coeffi-
ciente di moralità, ordine e disciplina.
Insomma don Bosco non era dunque
molto lontano da quanto affermerà un
secolo e mezzo dopo papa Benedetto
XVI nella sua enciclica Deus Caritas
est: “La Chiesa non può e non deve
prendere nelle sue mani la battaglia po-
litica per realizzare la società più giusta
possibile. Non può e non deve mettersi
al posto dello Stato. Ma non può e non
deve neanche restare ai margini nella
lotta per la giustizia. Deve inserirsi in
essa per la via dell’argomentazione ra-
zionale e deve risvegliare le forze spiri-
tuali… l’adoperarsi per la giustizia la-
vorando per l’apertura dell’intelligenza
e della volontà alle esigenze del bene la
interessa profondamente”.
E oggi?
In tempi di democrazia, di correspon-
sabilità sociale, di nuove possibilità per
l’impegno pubblico, anche politico,
delle donne, di piena consapevolezza
che la politica è una delle forme più
alte della carità e dell’amore cristia-
no (Paolo VI), rimanere fuori di essa
sembra un grave peccato di omissione
soprattutto da parte di laici “onesti cit-
tadini e buoni cristiani” che si ispirano
a don Bosco. Non si può restare inerti di
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fronte all’accusa di non essere l’Italia un
Paese per i giovani”, ha detto il cardina-
le Scola il 16 luglio 2011. Don Bosco
sarebbe stato d’accordissimo.
All’impegno e all’appello per una po-
litica pro-giovani non si può sottrarre
soprattutto il Movimento Salesiano
laicale che è chiamato a far sì che l’e-
sercizio del potere operi in favore dei
valori tanto comuni (libertà, pace,
giustizia, salvaguardia del creato,
apertura al dialogo interculturale e
interreligioso, primato della persona
sul capitale, destinazione universale
dei beni…) quanto “salesiani” in sen-
so stretto (educazione dei giovani, di-
fesa della vita e della famiglia, tutela
dei diritti dei minori e lotta allo sfrut-
tamento minorile, attenzione alle fa-
sce sociali più deboli…).
Lo ha ribadito recentemente con forza
il Rettor Maggiore don P. Chávez agli
exallievi: “La nostra presenza salesia-
na, nelle sue variate forme, è chiamata,
in quest’ora storica, a far capire e far
trionfare la priorità dello spirito sulla
materia; la priorità delle persone sulle
cose; la priorità dell’etica sulla tecni-
ca; la priorità del lavoro sul capitale; la
priorità di una giusta distribuzione dei
beni; la priorità del perdono sulla giu-
stizia; la priorità del bene comune sugli
interessi personali” (29 aprile 2012).
In una società disgregata come l’attua-
le, dove i cristiani hanno progressiva-
mente perso consistenza, è forse giunto
il tempo che il Movimento Salesiano si
impegni decisamente nella vita pubbli-
ca senza complessi di inferiorità e che
promuova al suo interno personalità
autorevoli per competenza professio-
nale, per alta coscienza morale, per
esemplare testimonianza di vita, per
capacità di operare significativamente
per il bene comune, seguendo ovvia-
mente la bussola della dottrina sociale
della chiesa ed una corretta ermeneu-
tica del carisma salesiano.
Laici, sveglia!
Possibile che decine di migliaia di
Cooperatori salesiani, uniti in un’i-
deale collaborazione con centinaia di
migliaia di exallievi ed exallieve, mi-
lioni di amici di don Bosco collocati
anche in ruoli chiave della società,
non siano in grado di essere presenti
con un loro pensiero forte sul mercato
delle idee pro gioventù, di diffondere
una cultura dell’attenzione al giova-
ne in cerca di lavoro (oggi un lusso!),
di essere “visibili perché propositivi”
nella società attuale in grave emer-
genza educativa e lavorativa?
I tempi nuovi invitano il Movimento
Salesiano ad uscire dalle secche del
nominalismo e della autoreferenziali-
tà, per acquistare un suo volto di largo
respiro, magari inedito, per dare il suo
aiuto per rifare il tessuto etico del pae-
se, per arricchire il progetto culturale
della Chiesa. Deve riscoprire che la
politica è un dovere che impegna tutti
per il bene comune; che la politica è
un valore perché direttamente con-
nesso con la dignità ed i fondamenta-
li diritti della vita umana. Se dovere,
deve essere adempiuto; se valore, deve
essere espresso in atti ed opere che gli
corrispondono. Quella del Movimen-
to Salesiano potrà essere una presenza
di minoranza, ma coltivante il mera-
viglioso sogno donboschiano di una
sorta di patto di cittadinanza attiva
fondato su valori comuni condivisi, il
più possibile cristiani.
Don Bosco in tutta la sua vita non ha
fatto altro che dare ai giovani, perico-
losamente avviati su strade della per-
dizione e dello sperpero del meglio
delle loro risorse vitali, un senso alla
vita, recuperandoli ad un’esistenza
gioiosa, che valesse la pena di essere
vissuta. Ora lascia a noi il compito. La
citata espressione di don Bosco, sorta
in congiunture storiche molto diverse
dalle nostre, va “capita”, “interpreta-
ta”, “riletta” in categorie attuali. Pre-
sa alla lettera, in modo epidermico,
significa ignorare la sua storia, non
capire la sua mens, tradire la sua e la
nostra antropologia e teologia.
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Diventare
di nuovo mamma
Un anno dopo la nascita della mia
prima bambina Sara, io con mio
marito desideravo una seconda
gravidanza. Di questa mi accorsi
nell’estate del 2010, dopo diversi
mesi di preghiere e di fiduciosa
attesa. Il giorno precedente un
primo esame, che era stato fissa-
to a fine luglio, ebbi delle perdite.
Sottoposta ad un controllo presso
il Pronto Soccorso, scoprii che
la creatura che portavo in grem-
bo aveva smesso di crescere.
Nonostante la tristezza, sentivo
fortemente nel cuore la certezza
che il Signore non mi avrebbe ab-
bandonato; perciò confidavo tanto
in Domenico Savio e in Maria SS.,
perché mi proteggessero duran-
te l’intervento che avrei subìto il
giorno successivo, e perché mi
aiutassero a diventare di nuovo
mamma. Dopo pochi mesi arrivò
una splendida bimba, Elisa. Non
smisi mai di pregare ed avere fede,
anche nei momenti di difficoltà.
Pettiti Laura,
Gassino Torinese (TO)
“Questo sa di miracolo!”
Letizia è una ragazzina di 12 anni
che si è ammalata a causa di un
tumore maligno partito da una
vertebra. Con tutta la sua famiglia
si è affidata alle migliori cure che la
scienza ha potuto offrirle ed ha af-
frontato con pazienza e tenacia un
lungo percorso terapeutico fatto di
chemioterapia, chirurgia, trapianto
di midollo ed infine radioterapia.
La beata suor Eusebia Palo-
mino è sempre stata con Letizia,
a contatto del suo corpo in una
reliquia che le è stata donata ed ha
‘segnato’ sempre e favorevolmen-
te il decorso dei ricoveri, gli esiti
degli esami e dei controlli clinici.
Ma in modo del tutto particolare
Suor Eusebia ha accompagnato
Letizia in sala operatoria, quando
la sua reliquia è stata riposta tra le
pagine della cartella clinica con il
parere favorevole dell’anestesista
“complice” attento al desiderio
della ragazzina. Suor Eusebia è
stata vicina a Letizia anche du-
rante il lungo e delicato intervento
chirurgico alla colonna vertebrale.
Elevatissimo il rischio operatorio:
per questo motivo l’ortopedico
prima di intervenire si era a lungo
soffermato nell’elencare, in modo
crudo a Letizia e alla sua mamma,
le possibili peggiori complican-
ze e, non essendo credente, alla
fine del colloquio ha sorriso in
modo un po’ sarcastico quando la
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non firmate e senza
recapito. Su richiesta
si potrà omettere
l’indicazione del nome.
mamma di Letizia ha detto: “Non
abbiamo paura perché abbiamo
suor Eusebia con noi”. L’intervento
chirurgico si è svolto senza alcun
problema, non è sorta alcuna
complicanza e Letizia ha presen-
tato una ripresa straordinaria: in
breve tempo ha recuperato forza
fisica e fluidità di movimento. Lo
stesso ortopedico nel visitarla
qualche giorno dopo l’intervento
afferma spontaneamente: “Questo
sa di miracolo!”
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5.1 Page 41

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
Vivere in un sottoscala ed essere felice
Alla fine del 1831 don Bosco, che per cause familiari già viveva
presso parenti da qualche tempo, si trasferì a Chieri, cittadina nei
pressi di Torino, e lì passò alcuni anni senza smettere di studiare.
Anzi, oltre a studiare impegnò le sue giornate in diversi lavoretti
per potersi mantenere senza pesare su nessuno. Dapprima abitò
in casa di Lucia Pianta e praticò, sempre con diligen-
za, lavori come garzone, cameriere e addetto di stalla.
Successivamente, siccome il fratello di Lucia, Giovan-
ni Pianta, aveva aperto una bottega di caffè e liquori,
a don Bosco sembrò una buona idea andare a stare lì
per rendersi utile. La sistemazione era improvvisata,
un lettino collocato nel sottoscala fu la sua casa per diversi mesi: si costruì
un tavolino con delle assi dove poggiare i libri e le sue poche cose, il lettino e un piatto di cibo due
volte al giorno erano la paga per i lavoretti che svolgeva per il signor Giovanni. Al XXX lavorò come
inserviente nel bar, pulendo il locale e servendo ai tavolini. Inoltre, nell’annessa sala biliardo faceva il
segnapunti e al contempo riusciva a mitigare le colorite espressioni e i discorsi sboccati degli avven-
tori. In questo locale conobbe l’ebreo Giacobbe Levi, giovane
israelita che convertì alla religione cristiana. Di sera, il futuro
Santo recitava preghiere e studiava, stanco ma felice, alla fio-
ca luce di una candela per presentarsi preparato alle lezioni
della mattina successiva. Quando trovava il tempo dava an-
che qualche ripetizione ad altri studenti per pagarsi l’acquisto
degli abiti che gli necessitavano. Oggigiorno, al numero 3 di
via Palazzo di Città, a distanza di 180 anni si possono ancora
visitare quei luoghi e vedere quell’angolo di sottoscala dove
su un pagliericcio si coricava il giovane Giovanni Bosco.
Definizioni
ORIZZONTALI. 2. XXX - 11.
Esumata senza dispari - 14. Verso
della pecora - 16. Veterano roma-
no della terza fila dello schieramento
- 17. Una scontata rima per “amor”
- 18. Prefisso che vale uguale - 20.
Non basso - 21. Congiunzione che
ha valore ipotetico - 23. Si accompa-
gnano ai mariti - 24. La sua capitale
è Beirut - 26. Cattedratico, pedante-
sco - 29. Città romagnola sede di un
noto autodromo - 30. Le sue gemelle
erano l’Olympic e il Britannic - 31. Il
cuore di Corinne - 32. Un supporto
per pittori - 33. Un po’ maldestro! -
34. Asino selvatico - 36. Cuneo (si-
gla) - 37. Gichero - 38. Dispari nella
predica - 40. La Roccella calabrese -
42. Può abdicare - 43. Il Pascal che
Pirandello fece morire tre volte - 45.
Anno Domini - 46. Un sindacato dei
lavoratori - 47. È stata l’ultima parola
dei dizionari italiani fino a pochi anni
fa - 48. Il dittongo del poeta.
VERTICALI. 1. Autorizzare, rico-
noscere l’idoneità - 3. Soldati senza
soldi - 4. Crollo, smottamento - 5.
Una corda, ma più sottile - 6. Mangia-
re a Londra - 7. Il Romano che è stato
presidente dell’Iri - 8. Due per i latini
- 9. Abitano nella moderna Augusta
Praetoria - 10. La bevanda pomeridia-
na - 11. Il nomignolo del pugile Ray
Robinson - 12. Non sodo, cedevole -
13. Quella di Milano si organizza ogni
36 mesi - 15. Esentare - 17. Insie-
me - 19. Elemosina - 22. È temuto
a Catania - 23. Estremamente piccolo
- 25. Organo per il volo - 27. Prefis-
so di orecchio - 28. Privo di elasticità
- 30. Fu moglie di Menelik e regina
d’Etiopia - 33. Capoluogo della Lore-
na - 35. Frazioni di libbra - 38. “La...”
capitale boliviana - 39. La A della RAF
- 41. Immunoglobulina (sigla) - 43.
Musica... in testa! - 44. Amare agli
estremi - 45. Il nome di Capone.
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5.2 Page 42

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
Don PIERO SCALABRINO
Morto a Torino il 10 gennaio 2012, a 84 anni
Il 2 luglio 1947 scrive al direttore
della casa di Biella: «E con cuo-
re commosso che io oggi vengo
a lei per comunicarle una mia
grande gioia. Finalmente il mio
buon papà si è deciso a lasciarmi
entrare nella grande famiglia di
don Bosco». Si descrive così tut-
to un cammino fatto con il papà
che matura nel tempo la piena ac-
cettazione della scelta del figlio.
Una cosa non sempre facile e che
come sappiamo specialmente ai
nostri giorni rende difficile in vari
casi i discernimenti vocazionali
ostacolati da parte delle famiglie.
Inizia così l’avventura salesiana
del nostro futuro don Piero nella
regolare scansione delle sue va-
rie tappe. Il tirocinio lo vede gio-
vane salesiano nelle case di Asti,
Casale, Canelli ed Alessandria.
Successivamente sarà a Bollen-
go per lo studio della teologia e il
primo luglio 1956 viene ordinato
sacerdote.
A soli 29 anni è già il primo di-
rettore della casa di Muzzano che
dirige per otto anni mostrandosi
uomo di governo, organizzatore
capace di affrontare positiva-
mente le difficoltà degli inizi.
Emerge subito il suo carattere
gioviale, aperto e sereno che gli
conquista subito l’amicizia di
quanti incontra nel lavoro e l’af-
fetto dei suoi giovani. Dopo l’e-
sperienza degli inizi a Muzzano è
chiamato a sostenere una serie di
incarichi di responsabilità: diret-
tore a Trino e Borgo San Martino,
poi economo a Novara e succes-
sivamente economo ispettoriale.
Siamo nel 1980 quando inizia il
suo sessennio come ispettore
della Novarese. Sono anni impor-
tanti e significativi nei quali don
Piero sostiene e anima l’impegno
dell’ispettoria novarese nella mis-
sione nigeriana di Ondo.
Lo troviamo poi incaricato dell’or-
ganizzazione delle celebrazioni
del centenario della morte di don
Bosco con l’incarico anche di
seguire la visita del Papa al Colle
don Bosco e a Torino per l’occa-
sione. L’allora Rettor Maggiore
don Egidio Viganò gli scriverà,
al termine di questa esperienza:
«Desidero manifestarti i miei
sentimenti di gratitudine. Ti sei
dedicato all’accoglienza, all’orga-
nizzazione delle manifestazioni,
ai rapporti con le autorità e con
i confratelli. Con intelligenza,
pazienza e longanimità, tempe-
stività di decisioni e lucidità di
soluzioni».
Non si può dimenticare che il no-
stro don Piero avrà anche un ruo-
lo cinematografico nell’ambito
delle celebrazioni del 1988: sarà
il cardinal Cagliero nel film su
don Bosco. Lo stesso onorevole
Oscar Luigi Scalfaro a Novara il
16 dicembre 1989 per la festa del
Rettor Maggiore, cita scherzosa-
mente questo fatto nel discorso
ufficiale: «C’è qui un ex-ispettore
unico, esclusivo che ha rasentato
il titolo di Eminenza, che è stato
cardinale ripetuto sugli schermi,
ha reincarnato il cardinal Caglie-
ro, sua eminenza reverendissima
il cardinale Scalabrino».
Un “grazie” dalla Nigeria
Scrive don Italo Spagnolo, di-
rettore di Akure, Nigeria: «Se il
"Progetto Africa" in Nigeria ha
avuto un’ottima partenza e un
meraviglioso sviluppo è per meri-
to suo. Don Bosoni ha piantato il
seme, ma chi ha fatto crescere la
pianticella, chi l’ha teneramente
accudita e aiutata a svilupparsi è
stato don Scalabrino. Ci ha mes-
so tutto il suo cuore: ha sposato
veramente la causa di don Bosco
in Africa. Ha mobilitato confra-
telli, amici, benefattori, giovani,
parrocchiani... tutti quelli che in-
contrava nella grande avventura.
So di non esagerare se, grazie
a lui, l’Ispettoria Novarese ha
sperimentato quello che il Rettor
Maggiore, don Egidio Viganò,
aveva predetto: “II progetto Africa
è una grazia di Dio per la nostra
Congregazione”».
42
Ottobre 2012

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
chiatra. «Quanti ticchettii devi fare
alla volta?»
«Un tic alla volta, poi un tac, poi un
altro tic e così via».
L’orologio «Questaèlacuracheticonsiglio:vaia
casa, mettiti tranquillo e pensa ad un
tic alla volta: concentrati su ogni tic e
goditelo. Uno alla volta: non ti preoccu-
nevrotico paredelsuccessivo!Pensidiriuscirci?»
«Un tic e un tac alla volta! Ma certo!»
giorno, un milione duecen- rispose l’orologio.
tonovemila e seicento alla
Tornò a casa e non si preoccupò più.
settimana, sessantaduemilioni
ottocentonovantanovemila e «Non affannatevi dunque per il do-
ottocento ticchettii all’anno…» mani, perché il domani avrà già le sue
I delicati ingranaggi dell’o- inquietudini. A ciascun giorno basta
rologio emisero un cigolio
la sua pena» (Matteo 6,31).
lamentoso.
Ogni istante che Dio ti dona è un
«Sessantaduemilioni ottocen- tesoro immenso. Non buttarlo. Non
tonovantanovemila e ottocento correre sempre, alla ricerca di chissà
ticchettii all’anno! È impossibile. quale domani. Vivi meglio che puoi,
Non ce la farò mai!»
pensa meglio che puoi e fai del tuo
In breve, il dubbio si trasformò in meglio oggi. Perché l’oggi sarà pre-
C’era una volta un orologio
di bell’aspetto che tro-
neggiava su un elegante
comò e faceva con entu-
siasmo il suo lavoro.
Come ogni buon oro-
panico e poi in profonda depressione.
Così, un giorno, l’orologio prese
appuntamento dal miglior psico-
orologiaio della città.
«Qual è il suo problema?» chiese
gentilmente il dottore.
sto il domani e il domani sarà presto
l’eterno.
Da domani sarò triste, da domani.
Ma oggi sarò contento:
a che serve essere tristi, a che serve?
logio aveva un cuore che ticchettava «Oh, dottore» si lamentò, «mi è stato Perché soffia un vento cattivo?
due battiti al secondo: «Tic-tac, tic- affidato un compito immane, net-
Perché dovrei dolermi, oggi, del domani?
tac, tic-tac » Così fin dal giorno in tamente al di sopra delle mie forze. Forse il domani è buono, forse il domani
cui era uscito dal laboratorio di uno Devo emettere due battiti al secondo, è chiaro.
dei migliori orologiai della città. La cioè cento e venti ticchettii al minuto, Forse domani splenderà ancora il sole.
sua vita scorreva tranquilla finché nel settemila e duecento battiti all’ora, E non vi sarà ragione di tristezza.
suo cervello di luccicanti ingranaggi, centosettantaduemilaottocento al
Da domani sarò triste, da domani.
quasi fosse un granellino di micidiale giorno, un milione duecentonovemila Ma oggi, oggi sarò contento;
polvere, si insinuò un dubbio.
e seicento alla settimana, sessanta- e ad ogni amaro giorno dirò:
«Due battiti al secondo significano duemilioni ottocentonovantanovemila Da domani, sarò triste.
cento e venti ticchettii al minuto,
e ottocento ticchettii all’anno! E per Oggi no.
settemila e duecento battiti all’ora, molti anni! Non posso farcela».
(Poesia di un ragazzo trovata
centosettantaduemilaottocento al
«Un momento!» interloquì lo psi-
in un Ghetto nel 1941)
Ottobre 2012
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5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Il prossimo numero
è veramente speciale.
Si trasforma nel
Caldendario Salesiano
Gennaio 2013
Marzo 2013
Aprile 2013
Maggio 2013
Ottobre 2013
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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un’offerta.