Bollettino_Salesiano_202012

Bollettino_Salesiano_202012

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
L’invitato
Don Karol
Manik
Don Bosco
nel mondo
Shillong
Poster
Raccontare
la Strenna
ai ragazzi
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
DICEMBRE 2020

1.2 Page 2

▲back to top
LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
Con i calzoni
vide sotto la veste un panciotto così
malandato da far pietà; onde si spogliò
del proprio e lo fece indossare a lui.
di don Rua
Una volta, fu sorpreso per strada da un
violento acquazzone e arrivò in casa
proprio all’ora in cui doveva celebrare.
La mamma non aveva nulla per farlo
G uardaroba più desolatamente
povero non l’avevo mai
visto. Quello di don Bosco
cambiare. Egli prese un cappotto lun-
go, un paio di calzoni bianchi, lasciati
dal marchese Fassati per i giovani po-
faceva piangere. Neanche una veste
veri, mise i piedi in un paio di zoccoli
talare decente aveva. La nipote di
e andò in chiesa. C’era poca luce, ma
monsignor Gastaldi racconta che nel
tutti videro la strana combinazione: i
1858, prima di partire per Roma,
giovani ne sorrisero per giorni.
don Bosco passò dalla sua mamma.
La partenza di don Bosco per Firen-
La sua veste era pulita ma rattoppa-
ze, dove doveva incontrare il Presi-
ta. La signora sbalordita esclamò:
dente del Consiglio Bettino Ricasoli,
«Don Bosco, mica vorrà andare
fu epica come la vestizione del Re
a Roma con questa veste!»
Sole. Al momento di uscire, il suo
«Sicuro» rispose il santo «è la veste più
abbigliamento non superò il collau-
bella che abbiamo in casa, e non è mia, Così succedeva che nell’imminenza do: uno gli prestò il cappello, uno il
me l’ha imprestata don Alasonatti». di qualche viaggio i vestiti anche
corpetto e un terzo la sottana.
A don Bosco i preparativi personali indispensabili fossero in stato pieto- A Parigi ripetutamente destinò ad
per i suoi lunghi viaggi non davano so. Contento lui per la povertà, ma altre necessità i franchi datigli per un
gran che da pensare: se n’andava così desolazione per chi gli voleva bene. pastrano nuovo.
com’era. In camera soleva tenere il Un giorno, già sul punto di mettersi in Però quando partì il primo drappello
puro necessario. Le tante sue bene- cammino, aveva i calzoni in tale stato, di missionari per l’Argentina, si
fattrici gareggiavano nel regalargli che, non essendovi tempo di fare di- rivelò la grandezza del suo cuore.
calze, fazzoletti, camicie, maglie e versamente, don Rua si tolse in fretta Assegnò a ogni partente un corredo
altri oggetti di vestiario; ma lui por- i suoi e glieli diede. Un’altra volta in almeno quadruplo di quel che nor-
tava tutto al segretario, don Berto, simile circostanza don Lemoyne gli malmente si era soliti dare.
perché li distribuisse ai confratelli
che ne avevano bisogno. Il buon don
Berto tentava di mettere da parte un
LA STORIA
po’ di quella roba per lui; ma don
Bosco non voleva e accorgendosene
ripeteva: «No, no, manda via tutto;
tutto resti in comune. Se tu conservi
qui, la Provvidenza non manda più
Monsignor G.B. Bertagna affermava che don Bosco godeva nel vestire povera-
mente. La talare, di panno grossolano, gli serviva per le quattro stagioni. Sole-
va dire che ciò che ripara il freddo d’inverno, protegge pure dal caldo d’estate.
Quando gli regalavano qualche veste usata, deposta dai sacerdoti del Convitto,
da adattare per i suoi chierici, la indossava lui stesso perché la sua era in stato
nulla. Tienilo bene a mente: quanto
peggiore. Non volle mai indossare camicie di tela fine e stirate e teneva nei
più tu dai alla casa e non conservi
piedi scarpe da contadino perché meno costose (cf. MB V, 676).
nulla per noi, tanto più ne arriva».
2
DICEMBRE 2020

1.3 Page 3

▲back to top
L’invitato
Don Karol
Manik
Don Bosco
nel mondo
Shillong
Poster
Raccontare
la Strenna
ai ragazzi
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
DICEMBRE 2020
DICEMBRE 2020
ANNO CXLIV
NUMERO 11
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: Verrà Natale e tutto cambierà!
(Foto di Svitlana Bezuhlova, Shutterstock).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 DON BOSCO NEL MONDO
Shillong
10 TEMPO DELLO SPIRITO
Ricominciare
12 L’INVITATO
Don Karol Manik
16 STORIE SALESIANE
L’angelo custode
18 LE CASE DI DON BOSCO
Agnelli
22 POSTER
26 FMA
Zia Caterina
28 I NOSTRI LIBRI
30 I NOSTRI PADRI
Don Viganò
34 COME DON BOSCO
Natale
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
12
26
30
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 66
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Claudio
Belfiore, Pierluigi Cameroni,
Roberto Desiderati, Fano, Ángel
Fernández Artime, Carmen Laval,
Cesare Lo Monaco, Alessandra
Mastrodonato, Anna Melis,
Francesco Motto, Pino Pellegrino,
O. Pori Mecoi, Jozef Tomsik,
Luigi Zonta, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
web: www.donbosconelmondo.org
CF 97210180580
Banca Intesa Sanpaolo
IBAN: IT84 Y030 6909 6061 0000 0122 971
BIC: BCITITMM
Ccp 36885028
Progetto grafico e impaginazione:
Puntografica s.r.l. - Torino
Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova
Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
La certificazione
PEFC™ garantisce
che la materia
prima per la
produzione della
carta deriva da
foreste gestite
in maniera
sostenibile secondo standard rigorosi riconosciuti a
livello internazionale che tutelano le foreste, l’ambiente
e i lavoratori.
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

1.4 Page 4

▲back to top
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Con la forza della speranza
Il Natale in tempo
di pandemia
C on tutto il cuore vi saluto, cari amici e
lettori del Bollettino Salesiano. Siamo vi-
cini al Natale e desidero condividere con
voi il piccolo dialogo tra una nipote e sua
nonna; una nonna che ben conosce il cuore umano
dopo tanta esperienza sulla strada della vita.
«Nonna, se tu fossi la mia Fata Madrina, che regalo
mi faresti?» chiese la ragazza alla nonna.
«Se fossi la tua Fata madrina, non ti regalerei vestiti
o carrozze» sorrise la dolce vecchietta alla fanciulla.
«Ti regalerei un segreto: quello dell’arte di vivere
nella speranza. C’è una regola d’oro: passeremo
nel mondo una sola volta. Tutto il bene, dunque,
che puoi fare o la gentilezza che puoi manifestare
a qualunque essere umano, devi farlo subito. Non
rimandarlo a più tardi, né trascurarlo, poiché non
passerai nel mondo due volte. Amare è la sfida più
ambiziosa dell’intera esistenza. La più in-
tensa. La più soddisfacente. Seppellisci pia-
no piano l’ascia delle tue guerre interiori, in
modo che il tuo cammino nella vita fiorisca
di pace, perché fino al giorno in cui te ne
andrai troverai sempre qualcosa che
vorresti cambiare.
Danza con il vento del cam-
biamento, ma tieni i piedi
saldamente ancorati al
terreno dei tuoi principi,
dei tuoi sogni, del tuo
desiderio di essere mol-
to umana e molto divina
allo stesso tempo.
Non mollare. Lotta. Perdona. Canta sotto la doccia.
Fermati a guardare i ciliegi in fiore. Ricorda sempre
che il tuo cuore è grande ed elastico, capace di con-
tenere tutti quelli che si avvicinano a te con occhi
imploranti. Sii sempre gentile, perché ogni persona
che incontri sta già combattendo una dura battaglia.
Impara a benedire e pregare per la libertà di vedere,
sentire, respirare, sapere, sperare, sbagliare.
Questo il dono che ti farei, piccola mia, ma hai già
la tua Fata Madrina: la vita e l’amore che ogni gior-
no in lei Dio ti dona».
Amici, anche con le lacrime di un anno 2020 dif-
ficile, strano, duro e doloroso per noi e soprattutto
per tante famiglie e per tante persone anziane, ha
perfettamente senso guardare con speranza alla
Vita e anche alla Luce che continua a offrirci il Si-
gnore della Vita.
In un anno in cui è aumentata la povertà di tan-
ti, ma anche la generosità di molti, in cui ci sono
stati dolorosi addii da parte di persone care, in cui
ci siamo abbracciati solo con gli occhi, ha senso,
come dice la nonna, augurarci quella vita che si co-
struisce giorno per giorno, a volte con lacrime e
stanchezza, ma anche con sorrisi, con sogni,
con speranza.
Nella notte, uno sconosciuto
La festa del Natale ritorna con il
suo carico di luce e di speranza.
Anche quest’anno, non certo
favorevole alle feste con il
Covid che ancora non vuo-
le lasciarci, il presepio di
Betlemme appare dinanzi
ai nostri occhi e alla no-
stra memoria in tutta la
sua essenzialità umana.
Maria e Giuseppe
4
DICEMBRE 2020

1.5 Page 5

▲back to top
grazie alle indicazioni di un passante, il cui nome
è rimasto sconosciuto per la storia, trovano una
grotta adibita a stalla e lì trascorrono l’ultima not-
te di attesa. Gesù nasce così assolutamente povero.
L’iconografia artistica ha contornato quel trio com-
posto da Maria, Gesù e Giuseppe di angeli e di
stelle. Eppure quante paure e trepidazioni! Anche
oggi alcune foto, cronache dei nostri giorni ci mo-
strano bambini soli e abbandonati nella loro iner-
me e innocente debolezza. Il Natale mette di fronte
ciascuno di noi con gli eterni valori portati da que-
sto bambino incarnato per una umanità affamata e
a volte ammalata priva di un orizzonte raggiungibi-
le e forse anche di una bussola di vita. Una umanità
che nella pandemia si sente più fragile, per niente
piena di potere, ma che ha bisogno di speranza,
una speranza che nasce nel più profondo del nostro
essere umani per essere immagine e somiglianza del
Dio che è Amore.
Il Covid ci costringe ad allentare relazioni e a
rinchiuderci mentre il bambino Gesù ci invita ad
aprirci fino a dare la nostra esistenza o parte di essa
al prossimo. È una luce che si coniuga con l’amore.
Per questo la festa del Natale ci aiuta a vivere anche
la precarietà, il limite e la malattia e ci aiuta a rico-
minciare ogni mattina con fede e speranza.
Nel saluto natalizio che ho scritto per gli auguri
agli amici ho scelto un testo molto prezioso e pro-
fondo di papa Benedetto XVI nella sua enciclica
Spe salvi (nella speranza siamo stati salvati, come
dice san Paolo ai Romani e anche a noi: Rm 8,24).
Ci parla proprio di come la vita sia un cammino
e una meta, di come sia un viaggio sul mare della
storia, a volte in mezzo a tempeste che si possono
chiamare pandemia di Covid o altre pandemie con
cui viviamo quotidianamente e che possono farci
tanto male. Un viaggio dove le vere stelle che ci
guidano sono persone che irradiano luce e speran-
za, fino a raggiungere colui che è la Luce per eccel-
lenza, Gesù il Signore, il Figlio di Dio e Maria, che
in quella notte di Natale ha piantato la sua tenda in
mezzo a noi.
Questo è il saluto, queste sono le belle parole:
La vita umana è un cammino.
Verso quale meta? Come ne troviamo la strada?
La vita è come un viaggio sul mare della storia,
spesso oscuro ed in burrasca,
un viaggio nel quale scrutiamo gli astri
che ci indicano la rotta.
Le vere stelle della nostra vita sono le persone
che hanno saputo vivere rettamente.
Esse sono luci di speranza.
Certo, Gesù Cristo è la luce per antonomasia,
il sole sorto sopra tutte le tenebre della storia.
Ma per giungere fino a Lui abbiamo bisogno anche di luci vicine
di persone che donano luce traendola dalla sua luce
ed offrono così orientamento per la nostra traversata.
E quale persona potrebbe più di Maria essere per noi stella di speranza
lei che con il suo «sì» aprì a Dio stesso la porta del nostro mondo;
lei che diventò la vivente Arca dell’Alleanza,
in cui Dio si fece carne, divenne uno di noi,
piantò la sua tenda in mezzo a noi?
(Spe salvi, 49)
Buon Natale, dunque, ad ogni famiglia, a tutti voi e
soprattutto a quanti si sentono soli ed abbandonati,
ma mossi dalla speranza.
DICEMBRE 2020
5

1.6 Page 6

▲back to top
DON BOSCO NEL MONDO
O. Pori Mecoi
Shillong “terra promessa”
salesiana
Incontro con Paul Olphindro Lyngkot
Nel 1922 un gruppo pionieristico
di salesiani raggiunse lo Stato
di Assam, giungendo infine
a Shillong. A guidarli c’era
monsignor Louis Mathias.
Nella solenne cerimonia
della Spedizione Missionaria,
a Torino, nel 1921, monsignor
Mathias parlò delle Missioni
dell’Assam usando espressioni
come “la nostra terra promessa”.
Può presentarsi?
Sono don Paul Olphindro Lyngkot, . Sono nato
il 28 gennaio 1968 nella città di Mawlai Phmmuri,
nello stato di Meghalaya, in India. I miei genitori,
che ricordo con affetto, erano Benedict Olphin-
dro Lyngrah e Isidora Lyngkot. Sono l’ultimo di
nove figli: ho quattro fratelli e quattro sorelle
maggiori.
una parrocchia salesiana. Ho cominciato il mio
percorso scolastico nella Scuola elementare del Sa-
cro Cuore, nel Complesso parrocchiale, e ho poi
frequentato la Scuola media nello stesso Istituto.
Conoscevo i Salesiani fin dall’infanzia. Amo don
Bosco e il suo carisma di stare con i giovani.
Come hanno reagito i suoi genitori?
I miei genitori mi hanno sostenuto molto. Mia ma-
dre era una donna molto semplice e amabile. Mio
padre era un Cooperatore Salesiano, con un ruolo
di responsabilità nella chiesa; era una persona mol-
to devota, che pregava molto. Entrambi mi hanno
accompagnato insieme alle mie sorelle e ai miei
fratelli.
Don Paul con
la mamma.
Perché è diventato Salesiano?
Amo lo stile di vita salesiano fin da
quando ero bambino. Sono nato, ho
ricevuto il battesimo e i sacramen-
ti della riconciliazione e dell’Eu-
caristia nella chiesa cattolica di
san Domenico Savio di Mawlai,
6
DICEMBRE 2020

1.7 Page 7

▲back to top
Lei è un Ispettore molto giovane.
Come vive la speranza che è stata
riposta su di lei?
Il 13 dicembre 2017, mentre seguivo il mio ritiro
spirituale a Siloam, don Ángel Fernández Arti-
me, il nostro Rettor Maggiore, mi ha chiamato da
Roma e mi ha chiesto di assumermi la responsabili-
tà di diventare Ispettore dell’Ispettoria di Shillong.
Gli ho chiesto di permettermi di pregare prima di
prendere una decisione e ha acconsentito. Sono stato
davanti a Gesù presente nel Santissimo Sacramen-
to e ho chiesto allo Spirito Santo di illuminarmi e
a Maria nostra Madre di aiutarmi. Il giorno dopo,
quando il Rettor Maggiore mi ha nuovamente in-
terpellato, ho risposto: «Sia fatta la tua volontà» e
poi ho detto: «Sì». Ho grande fiducia in Dio. Offro
a Gesù tutto ciò che ho. So che lo Spirito Santo
mi ispira e mi guida. Mi affido pienamente a Ma-
ria Santissima nostra Madre e alla sua intercessione
con l’assistenza di don Bosco nostro padre, fondato-
re, maestro, amico dei giovani. L’ultimo aspetto, ma
non meno importante: ho piena fiducia nei membri
del mio Consiglio Ispettoriale. Nutro anche profon-
do affetto e grande speranza nei confronti di ogni
confratello dell’Ispettoria di Shillong.
Shillong è una città scritta nella storia
salesiana. Che cosa rappresentano
il Museo Don Bosco e la Cattedrale
di Maria Ausiliatrice per gli abitanti
della città?
Il Don Bosco Center for Indigenous Cultures
( , Centro Don Bosco per le Culture Autoc-
tone) è un famoso museo noto per la sua attenzione
volta a conservare la cultura delle varie tribù e comu-
nità dell’India nord-orientale. È curato dalla Con-
gregazione Salesiana, dall’Ispettoria di Shillong. Ha
un immenso archivio di informazioni sugli stati di
Assam, Meghalaya, Manipur, Mizoram, Nagaland,
Arunachal Pradesh e Tripura. Comprende nume-
rose gallerie dedicate a varie categorie e gruppi di
manufatti. Dalla Galleria delle lingue e dalla Galleria
delle foto alla Galleria dell’Agricoltura e alla Galleria
degli strumenti musicali, l’elenco sembra infinito.
Oltre a tutto ciò, il museo organizza mostre e dispo-
ne anche di una biblioteca, la Otto Hopfenmuel-
ler Library. Questa biblioteca custodisce diversi
libri e risorse relativi ai vari aspetti dell’India nord-
orientale e delle popolazioni autoctone locali. Con
tanti manufatti legati alla tradizione e alla cultura
di questa parte unica del Paese, si rimane immersi
anche nella loro storia e nel patrimonio che hanno
lasciato. C’è lo Skywalk, che offre una visione affa-
scinante della città di Shillong.
La Cattedrale di Maria Ausiliatrice che si tro-
va nella città di Shillong è il principale luogo di
culto dei cattolici dell’Arcidiocesi di Shillong. Fu
costruita dalla Congregazione Salesiana nel 1936
«Mi affido
pienamente
a Maria
Santissima
nostra Madre
e alla sua
intercessione
con
l‘assistenza
di don Bosco
nostro padre,
fondatore,
maestro,
amico dei
giovani».
DICEMBRE 2020
7

1.8 Page 8

▲back to top
DON BOSCO NEL MONDO
L’accoglienza
dell’Ispettoria
al Rettor
Maggiore.
dopo che un incendio distrusse la prima chiesa de-
dicata al Divino Salvatore, fu benedetta nel 1946 e
solennemente dedicata nel 1973. È una delle chie-
se più antiche dell’Arcidiocesi e dell’intera India
nord-orientale. È un luogo di pellegrinaggio e di
culto e persone di ogni cultura e credo vengono in
questa chiesa per pregare. È una delle chiese più
belle e famose di Shillong. Immediatamente sotto
di essa, scavata nella collina, si trova la Cappella
della Grotta. Questa Cattedrale è intitolata a Ma-
ria Ausiliatrice. Oltre a essere l’orgoglio dei catto-
lici della regione, la chiesa è diventata anche una
grande attrazione turistica e un luogo di preghiera.
centri pastorali e spirituali, centri di formazione.
Soprattutto, i Salesiani si sacrificano, si impegna-
no, sono uniti, mostrano dedizione e lavorano mol-
to. Sono sempre pronti a portare la Bella Notizia
alle persone di ogni età. Migliaia di giovani e di
persone di vari gruppi e categorie hanno beneficia-
to delle nostre presenze e della nostra opera. Molti
di loro prestano il loro servizio nella Chiesa e nella
Quali sono i risultati più importanti
raggiunti dalla sua Ispettoria?
L’Ispettoria di Shillong, che è stata istituita solo
otto anni fa, ha conseguito molti risultati. Abbiamo
molte vocazioni locali da Meghalaya, Mizoram,
Tripura, Assam e anche da altri Stati dell’India.
Seguiamo tutte le diverse fasi della formazione,
a eccezione del Post-Noviziato. Abbiamo scuole
(urbane e rurali), istituti di istruzione superiore,
istituti tecnici, centri giovanili, parrocchie, centri
di sviluppo sociale, centri agricoli, centri culturali,
8
DICEMBRE 2020

1.9 Page 9

▲back to top
IL MIRACOLO
Il 24 Maggio 1922 al termine della prima Processione
Mariana, i pochi salesiani dell’Assam si inginocchiaro-
no davanti alla statua di Maria Ausiliatrice e consacraro-
no le missioni dell’Assam con una fervente preghiera:
“Noi consacriamo a te questa terra, le sue montagne, i
suoi fiumi, la sua gente e tutti gli abitanti”. Pochi anni
più tardi i salesiani e altri osservatori descrissero le
missioni dell’Assam come “il miracolo della Madonna”.
E in effetti certi numeri lasciano davvero pensare ad un
“miracolo”. All’arrivo dei Figli spirituali di Don Bosco in
Assam, l’intero Nord-Est dell’India era una Prefettura
Apostolica con un piccolo numero di 5 000 cattolici.
Oggi quella regione conta 15 diocesi, con una popola-
zione cattolica di 1 200 000 fedeli.
Congregazione. Sono tutti strumenti dell’amore di
Dio per i giovani e per ogni genere di persone.
Qual è l’opinione diffusa in merito
ai Salesiani?
I Salesiani sono molto stimati. La gente li considera
davvero uomini di Dio e apprezza il loro servizio, il
loro impegno, la dedizione che mostrano e i sacri-
fici che compiono.
Quali sono le varie sfide
che l’Ispettoria sta affrontando?
Tra le varie sfide che affrontiamo, le più impor-
tanti sono: la distanza geografica delle varie co-
munità, il trasporto su strada, i limiti finanziari,
le lingue locali che dobbiamo imparare, l’unità e
l’impegno delle persone. Nonostante tutte queste
sfide, la missione continua.
Come vede il futuro dei Salesiani
in India?
Ci sono molte vocazioni alla vita salesiana, ma
dobbiamo lavorare insieme come Ispettorie dell’A-
sia meridionale. Dobbiamo condividere le risor-
se di ogni Ispettoria e lavorare per una missione
salesiana unitaria. Dobbiamo essere generosi con
la Chiesa e la Congregazione. I giovani indiani
sono nelle nostre mani, dobbiamo impegnarci per
cercare di migliorare la loro condizione e accom-
pagnarli per aiutarli a realizzare i loro sogni. L’e-
vangelizzazione è ancora aperta e tutti dobbiamo
impegnare il cuore, la testa e le mani al servizio di
questo obiettivo.
«I giovani
indiani
sono nelle
nostre mani,
dobbiamo
impegnarci
perché
possano
realizzare i
loro sogni».
DICEMBRE 2020
9

1.10 Page 10

▲back to top
TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
Cinque motivi
per ricominciare
Natale è anche un messaggio.
La nascita di Gesù è l’anno zero
della storia dell’umanità. Possiamo
dichiarare questo Natale 2020
nostro personale “anno zero”.
1. Le cose nuove stanno
già germogliando
Nel profeta Isaia c’è uno splendido passo: «Non
ricordate più le cose passate, non pensate più
alle cose antiche! Ecco, io faccio una cosa nuova:
proprio ora germoglia, non ve ne accorgete?» (Is 43,
18s.). Non rigirare intorno a ciò che è successo, a ciò
che è andato storto nella tua vita, alle offese o alle
ferite che ti sono state inflitte, alle occasioni della
tua esistenza in cui sei stato penalizzato. Smetti di
rimuginare sul passato. È finito. Adesso in noi ac-
cade qualcosa di nuovo. È Dio stesso ad operare su
di noi. Dio fa fiorire il nostro deserto. Ciò che nella
nostra vita era arido e secco, di colpo diventa fertile.
Il profeta non si accontenta di annunciare il nuovo
che Dio opera in noi. Dice che il nuovo sta già ger-
mogliando dentro di noi.
2. Ricominciare vuol dire
riprendere il controllo
Ogni nuovo giorno è come un campo di neve
immacolato, dove non è ancora passato nessuno.
Non procedere alla cieca: rifletti. È questo il dono
dell’inizio. Non siamo più schiavi del tempo. Chi
incomincia diventa condottiero della propria vita.
Quando lo tsunami del virus si ritirerà, lasciando
indietro le ferite umane e le tragedie sociali, spetterà
a tutti prendere parte alla necessaria ricostruzione.
Questo non avrà una forma grandiosa e spettacola-
re. Ricostruire è rinnovare tutto ciò che può essere
rinnovato. A livello umano, come nel Natale, la ri-
costruzione inizia nel modo più povero e più umile
possibile: guarire le ferite, essere attenti ai più fra-
gili, che abbiamo lasciato così spesso sul lato della
strada del vecchio mondo. Perdono, guarigione e
riparazione sono i primi atti che testimoniano una
speranza concreta.
3. Ogni giorno un pezzetto
Può darsi che il compito ti appaia enorme e ti as-
salga la tentazione di rimandare o peggio di lasciar
perdere. A questo proposito gli antichi monaci rac-
contavano la storia di un giovane monaco, che si
era sforzato invano di migliorare. Pensava che non
servisse a niente lottare contro gli errori. Ricade-
va sempre negli stessi sbagli. L’abate gli raccontò la
storia di un giovane che aveva ricevuto dal padre il
compito di ripulire dai cardi e dai rovi una proprie-
tà abbandonata. Il giovane andò al campo e si perse
d’animo. Il campo, pieno di erbacce, era enorme. Il
giovane non sapeva proprio da dove iniziare. Aveva
10
DICEMBRE 2020

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
l’impressione che non sarebbe mai riuscito a ripu-
lire il campo dai cardi e dai rovi. Allora il padre
gli disse: «Figlio mio, lavora ogni giorno il pezzo
di terreno che occupi dormendo. Progredirai nel
lavoro a poco a poco senza perderti di coraggio».
Il giovane fece come gli era stato detto e in breve
tempo la proprietà fu dissodata.
Non è necessario che sbrighiamo tutto in una volta
sola. Ma è necessario che cominciamo: dobbiamo
segnare un inizio. Fatto il primo passo, la monta-
gna che ci sta davanti si rimpicciolisce di giorno in
giorno.
4. Con ali d’aquila
Il profeta Isaia parla di giovani che faticano e si
stancano, che inciampano e cadono. Ma quanti
sperano nel Signore, riacquistano forza, mettono
ali come aquile, corrono senza affannarsi, cammi-
nano senza stancarsi (Is 40,31).
Dio ci dona una forza sempre nuova. Essa traspare
dal fare giovanile anche dell’anziano. Il nuovo den-
tro di noi è come ali d’aquila che ci trasportano in
alto e, con leggerezza, ci fanno sperimentare strade
nuove. Se lasciamo cadere queste parole dentro il
nostro cuore, esse ci portano a contatto con l’ele-
mento nuovo e giovanile, con le ali d’aquila che
tutti ci portiamo dentro.
È quello che insegna una piccola storia.
Un grande re ricevette in omaggio due pulcini di falco e
si affrettò a consegnarli al Maestro di Falconeria perché
li addestrasse. Dopo qualche mese, il maestro comunicò
al re che uno dei due falchi era perfettamente addestra-
to. «E l’altro?» chiese il re.
«Mi dispiace, sire, ma l’altro falco si comporta
stranamente; forse è stato colpito da una malattia rara,
che non siamo in grado di curare. Nessuno riesce a
smuoverlo dal ramo dell’albero su cui è stato posato il
primo giorno. Un inserviente deve arrampicarsi ogni
giorno per portargli il cibo».
Il re convocò veterinari e guaritori ed esperti di ogni
tipo, ma nessuno riuscì a far volare il falco.
Incaricò del compito i membri della corte, i generali, i
consiglieri più saggi, ma nessuno poté schiodare il fal-
co dal suo ramo. Dalla finestra del suo appartamento,
il monarca poteva vedere il falco immobile sull’albero,
giorno e notte.
Un giorno fece proclamare un editto in cui chiedeva ai
suoi sudditi un aiuto per il problema.
Il mattino seguente, il re spalancò la finestra e, con
grande stupore, vide il falco che volava superbamente
tra gli alberi del giardino. «Portatemi l’autore di questo
miracolo» ordinò.
Poco dopo gli presentarono un giovane contadino.
«Tu hai fatto volare il falco? Come hai fatto? Sei un
mago, per caso?» gli chiese il re.
Intimidito e felice, il giovane spiegò: «Non è stato
difficile, maestà. Io ho semplicemente tagliato il ramo.
Il falco si è reso conto di avere le ali ed ha incominciato
a volare».
Talvolta, Dio permette a qualcuno di tagliare il
ramo a cui siamo tenacemente attaccati, affinché ci
rendiamo conto di avere le ali.
5. La benedizione dentro
Ci vuole energia per cambiare. Si sentono a volte
frasi antiche: «Non valgo niente. Sono un buono a
nulla. Sono un disastro. Non potrò mai condurre
una buona vita».
Se qualcuno scopre in sé questi pensieri, dovrebbe
affrontarli con le parole di San Paolo: «Se uno è in
Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono
passate; ecco, ne sono nate di nuove». Ripetile spes-
so e credici. C’è del buono in te. Ciò che è stato non
conta più. Ascolta la benedizione divina. È nella
realtà di Gesù Cristo, che è in noi. In noi è il suo
Spirito che può trasformare e rinnovare le cose vec-
chie. Accettiamo il nostro passato, ma gli togliamo
il potere. Confidiamo che ci sia in noi una realtà
nuova, la realtà di Gesù Cristo, che è più forte del
nostro passato.
Perciò, confidando nel nuovo che è in noi, possiamo
osare nuove strade, percorrere il cammino che Dio
ha pensato per noi. Un cammino di riconciliazione
e trasformazione.
DICEMBRE 2020
11

2.2 Page 12

▲back to top
L’INVITATO
Jozef Tomsik
Don Karol Manik
Quando mi sono convertito
e ho incominciato a frequentare
regolarmente la chiesa
clandestina ho incontrato
dei giovani che mi hanno invitato
a un incontro in cui hanno parlato
della fede, hanno pregato
e condiviso le loro riflessioni
in un’atmosfera rilassata e gioiosa.
Può auto presentarsi?
Mi chiamo Karol Manik. Ho 52 anni, sono slovac-
co e provengo da una famiglia di prigionieri politi-
ci, segnata dal Comunismo. Ho trascorso gli ultimi
dodici anni in Slovacchia e in Ucraina come
Ispettore.
Com’è nata la sua vocazione?
La mia vocazione è nata durante il Co-
munismo quando non c’era la libertà
di professare un credo religioso: la vita
consacrata era vietata e i monasteri
chiusi ma la chiesa clandesti-
na era ben organizzata e al
suo interno si sviluppava
la vita consacrata.
Don Karol si è
perfettamente incarnato
nella realtà ucraina.
Perché proprio salesiano?
Perché quando mi sono convertito e ho incomin-
ciato a frequentare regolarmente la chiesa clan-
destina ho incontrato dei giovani che mi hanno
invitato a un incontro in cui hanno parlato della
fede, hanno pregato e condiviso le loro riflessioni
in un’atmosfera rilassata e gioiosa. Ho continuato a
frequentare questi incontri segreti e gradualmente
ho capito che il leader di questo gruppo era un sa-
lesiano in incognito. La vita di questa comunità mi
interessava sempre più ed ero coinvolto da questa
frequentazione. Abbiamo fatto viaggi, pellegrinag-
gi, ho preso parte a ritiri e ai miei primi esercizi
spirituali. Più tardi sono diventato animatore, ini-
ziando ad aiutare nella guida di un’altra comunità.
Così è arrivata la vocazione e l’invito a vivere per
Dio e i giovani.
Come ha reagito la sua famiglia?
La mia famiglia non lo sapeva; i miei genitori era-
no credenti. Sicuramente sospettavano qualcosa ma
non potevo dire loro nulla. Ufficialmente ero uno
studente universitario che abitava per conto proprio
e tornava a casa durante il fine settimana. Ufficio-
12
DICEMBRE 2020

2.3 Page 13

▲back to top
samente ero un attivo animatore coinvolto nell’at-
tività segreta salesiana nella quale assolvevo assol-
vevo il ruolo di formatore. Quando il Comunismo
finì e dissi ufficialmente ai miei genitori che ero un
salesiano furono contenti.
Qual è il suo compito attuale?
Sono l’Ispettore dei salesiani in Ucraina, che sono
di rito orientale.
relazioni tra la Chiesa ortodossa e quella greco-
cattolica nonché tra la Chiesa cattolica romana e
la Chiesa greco cattolica. Si costruiscono chiese,
si cercano nuove relazioni con lo Stato, si tenta di
guarire le ferite del passato... E tutto questo sullo
sfondo dell’instabilità economica e politica dovuta
anche alle conseguenze del conflitto nell’Ucraina
orientale che dura ormai da sei anni e conta 12 000
vittime.
Ha lasciato la Slovacchia che è un
paese sereno con un ottimo futuro,
mentre l’Ucraina ha qualche
problema “politico”: come vede
la situazione della Chiesa dei due
paesi?
Mentre la situazione ecclesiastica in Slo-
vacchia è relativamente stabile, l’U-
craina sta vivendo le gioie e le pre-
occupazioni iniziali tipiche della
costruzione di una struttura eccle-
siale: si stanno intessendo buone
Come sono i giovani delle due nazioni?
Mi sembra che i giovani ucraini siano molto più
“semplici” rispetto a quelli slovacchi, non sono
così esigenti, sono ben disposti e anche aperti
alle proposte spirituali. Questa è la situazione
dell’Ucraina occidentale, almeno lì dove la-
voro io.
Quali sono le opere salesiane
più belle e significative?
L’opera che ho preso maggiormente a
cuore in Ucraina è la cosiddetta Casa
famiglia, in cui possono
vivere fino a 70 ragazzi
dai 7 ai 18 anni. Sono
La prima chiesa dedicata
a don Bosco a Korostiv
in un paesaggio
incantevole.
DICEMBRE 2020
13

2.4 Page 14

▲back to top
L’INVITATO
«Si
costruiscono
chiese, si
cercano
nuove
relazioni
con lo Stato,
si tenta di
guarire le
ferite del
passato».
Don Karol
al recente
Capitolo
Generale.
orfani, hanno perso uno dei genitori o provengono
da famiglie che non sono in grado di allevarli. È
un lavoro necessario, piacevole ma anche impe-
gnativo.
Mi sta molto a cuore anche la nostra scuola profes-
sionale che è l’unica scuola cattolica in tutta l’U-
craina e svolge un ruolo importante.
Qual è la sua soddisfazione più bella?
Vedere i volti delle persone felici, nonostante le dif-
ficili condizioni di vita e le prove che si trovano a
dover superare.
Quali sono le sue speranze
per il futuro?
Non faccio più piani perché non mi sono mai riu-
sciti. So che quest’anno finirà il mio servizio come
Ispettore e dopo 12 anni di ispettorato vorrei “ripo-
sarmi” un po’ e ricaricare le batterie, approfonden-
do la spiritualità salesiana per poter continuare a
servire nello spirito e nello stile di don Bosco.
14
DICEMBRE 2020

2.5 Page 15

▲back to top
UCRAINA:
CONSACRATA LA PRIMA
CHIESA DEDICATA
A SAN GIOVANNI BOSCO
Magnifica l’icona
di don Bosco che
benedice la sua
nuova chiesa.
I Salesiani dell’Ucraina hanno consacrato il nuovo
tempio dedicato a san Giovanni Bosco.
“È un evento molto significativo non solo per i Sale-
siani, ma anche per tutti i fedeli della nostra Chiesa
– ha affermato don Andriy Bodnar, SDB – Questa
è la prima chiesa in Ucraina dedicata a don Bosco.
Noi, come Salesiani, siamo molto contenti, perché
la pedagogia del Santo e il suo Sistema Preventivo
dell’educazione della gioventù si diffonde non solo
nella Chiesa Cattolica, ma anche nella società. Que-
sto è un segno, il quale mostra che il nostro Stato
desidera un futuro dignitoso per i nostri ragazzi e
giovani”.
La nuova chiesa è situata a Korostiv, un piccolo vil-
laggio nella Provincia di Scole (Regione di Leopoli,
Ucraina Ovest), accanto al Centro salesiano “Dome-
nico Savio” (destinato agli esercizi spirituali e all’ac-
coglienza degli ospiti). Vicino alla chiesa passano
tanti itinerari turistici, diretti verso le montagne dei
Carpazi, per cui le persone possono visitare il tempio
durante la salita sulle cime.
Non possiamo stare con
le mani in mano
Abbiamo
bisogno di voi!
ANCHE UNA PICCOLA DONAZIONE AIUTA
IL SOGNO DI DON BOSCO E DEI SALESIANI
Anche le offerte al Bollettino Salesiano aiutano i bambini
e i giovani e coloro che danno la vita per loro.
Anche con piccoli contributi – donazioni una tantum o
regolari – possiamo ottenere molto nei nostri progetti.
Potete sostenere il nostro lavoro anche in altri modi:
attraverso donazioni e lasciti a Don Bosco nel mondo;
reclutando nuovi amici e sostenitori.
Se volete saperne di più,
siamo a vostra disposizione.
DON BOSCO
NEL MONDO
Cod. Fisc. 97210180580
Via Marsala 42 - 00185 Roma
Tel. +39 06 6561 2663
WhatsApp +39 342 9984165
donbosconelmondo@sdb.org
ww.donbosconelmondo.org
DICEMBRE 2020
15

2.6 Page 16

▲back to top
STORIE SALESIANE
ANS
L’angelo custode
di Guayaquil
isolamento, sono sorti i primi
problemi. Il responsabile della
cucina non arrivava e non ave-
vano da mangiare.
A soli 18 anni Paúl Cuadrado
si è assunto la responsabilità
di occuparsi di un’intera
comunità religiosa contagiata
dal coronavirus. Questo giovane,
mentre stava completando il suo
anno di volontariato, è diventato
“l’angelo custode” dei salesiani
della comunità “San Juan Bosco”
a Guayaquil, per lo più anziani.
Il suo lavoro è stato fondamentale
per mantenere in vita la maggior
parte di essi.
Tutti erano chiusi nelle loro stanze,
tranne Paúl, che da quel giorno è diventato l’unico
a muoversi all’interno della casa e ad avere contatti
con l’esterno. La prima cosa che ha fatto è stata
preparare la colazione e distribuirla a tutti.
Durante il periodo della crisi, ha sempre dato una
mano nella preparazione dei cibi, nel lavoro di pu-
lizia e persino nel lavaggio dei vestiti, poiché non
c’erano sostituti per svolgere questi compiti.
Dopo un po’ di giorni i risultati dei test hanno
confermato i sospetti: erano stati tutti infettati dal
coronavirus. Così per Paúl è iniziata un’odissea per
ricercare i medicinali per il trattamento di Co-
vid-19. “Una mattina sono uscito alle 7 con tutte
le protezioni possibili e ho dovuto aspettare cin-
que ore per parlare con qualcuno. Anche se non ho
ottenuto quello che mi aveva prescritto il medico,
perché quei farmaci erano finiti, ho potuto com-
prare qualcosa per aiutare i salesiani”.
Il tempo passava e le prospettive non erano inco-
raggianti. Il primo colpo emotivo per Paúl è arriva-
“Isalesiani mi hanno detto che grazie a me
sono vivi e io ho risposto che è stato Dio
a mettermi lì perché stessero bene. Ero
uno strumento di Dio in quella situazio-
ne”, dice questo giovane della città di Riobamba,
che all’inizio non voleva andare a Guayaquil per-
ché non gli piaceva il caldo della zona della Costa;
ma, dopo quello che è successo, ha capito la missio-
to con la morte di don Jorge Bustamante, seguito,
settimane dopo, da un secondo, don Néstor Tapia,
cui Paúl era molto legato e che ha accompagnato
fino agli istanti finali della vita terrena.
Mentre passava da una stanza
all’altra, chiedeva a Dio la forza
per non svenire
ne che il Signore aveva preparato per lui.
Per Paúl è stata dura, ma non ha avuto tempo di
Quest’esperienza, che ha segnato la sua vita, è ini- fermarsi: doveva continuare a lavorare per gli altri
ziata il 19 marzo, quando tutti sono stati confina- salesiani in vita. Ci sono stati giorni in cui ha dor-
ti nelle loro stanze perché uno di loro presentava mito tre o quattro ore per notte. Mentre passava
sintomi legati al coronavirus. Dopo nove giorni di da una stanza all’altra, chiedeva a Dio la forza per
16
DICEMBRE 2020

2.7 Page 17

▲back to top
non svenire. Poi è arrivata la Settimana Santa, che è
stata un balsamo per la salute dei salesiani anziani.
Paúl è riuscito a farli assistere alle celebrazioni con
smartphone o TV e questo ha sollevato il loro spirito.
Il recupero dei vari salesiani è stato tale e genera-
lizzato che il 24 maggio, festa di Maria Ausiliatri-
ce, hanno potuto incontrarsi in sala da pranzo, per
pranzare insieme, sebbene alle giuste distanze. La
gioia sui loro volti era evidente, dopo più di due
mesi di confinamento. Il 6 giugno la comunità si è
riunita nuovamente, anche se con un momento di
tristezza e di nostalgia per i loro confratelli non più
lì presenti.
Da quel momento in poi la vita comunitaria è tor-
nata alla normalità, e tutti hanno cominciato a
riunirsi per i momenti di preghiera e per la cele-
brazione della Messa. I momenti più difficili erano
alle spalle e tutti hanno ringraziato Paúl per essere
stato il loro protettore.
Dopo aver terminato il suo servizio di volontariato,
si è reso conto che questa esperienza aveva lascia-
to il segno nel suo cuore ed è stata decisiva per la
direzione della sua vita. “La mia inquietudine vo-
cazionale non era così forte quando sono arrivato
qui. Ma sull’onda della pandemia mi sono molto
affezionato alla comunità. Le mie paure e i miei
dubbi si sono sciolti quando ho sentito che erano
la mia famiglia e ho preso la decisione di seguire le
loro orme”.
Ora si prepara a seguire le orme di don Bosco.
Qualche settimana fa ha iniziato l’aspirantato ed
ora è felice perché questa chiamata di Dio gli per-
metterà di continuare a servire gli altri, proprio
come ha fatto a Guayaquil.
Il gruppo
degli amici
di Paúl a
Guayaquil
(Equador).
DICEMBRE 2020
17

2.8 Page 18

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
Don Claudio Belfiore
Salesiani Don Bosco
Agnelli
C’era una volta l’Agnelli…
Così avrei potuto iniziare
quest’articolo, se l’Agnelli
(così viene familiarmente chiamato
l’Istituto Internazionale Edoardo
Agnelli di Torino dai genitori
e dai giovani che lo frequentano)
fosse un ricordo del passato.
E invece c’è ancora. E gode
di ottima salute. Ve ne parlo io,
che sono l’ultimo arrivato.
Il direttore
dell’Istituto
torinese.
Ho conosciuto i salesiani 42 anni fa, nel
1978, ne sono rimasto affascinato e sono
diventato salesiano nel 1984. Ho girato
diverse case salesiane, dentro e fuori Tori-
no: San Luigi, Valdocco, Martinetto, San Paolo, e
poi otto anni a Cuneo e dieci a Roma. Fino a due
anni fa però non ero mai stato all’Agnelli. Ne avevo
sentito parlare e lo osservavo da lontano con una
certa soggezione, anche perché porta un nome che
a Torino ha un peso storico e sociale notevole.
Benedetta fu l’obbedienza (così noi salesiani chia-
miamo l’atto con cui i nostri superiori ci assegnano
una nuova casa o un nuovo incarico) con cui don
Enrico Stasi, allora Superiore del Piemonte sale-
siano, mi mandò in questa casa al rientro dal mio
servizio a Roma. E dal mio arrivo all’Agnelli, in
pieno agosto, con tanto di dodici bagagli tra zai-
no, borsoni, scatole e baule, non ho più smesso di
stupirmi e di apprezzare la bellezza e la vivacità di
questa casa. Proverò a descriverne una parte, ma
dovrete accontentarvi di queste poche pennellate,
non potrò dire tutto. Nel parlare dell’oggi seguirò
l’ordine storico, con riferimento al periodo in cui
sono nate le diverse attività dell’Agnelli.
L’Opera comincia a esistere nel 1938 con la posa
della prima pietra, frutto dei colloqui e degli scam-
bi tra il senatore Giovanni Agnelli, nonno del più
recente Gianni Agnelli, presidente della (ora
inglobata in ) e il Rettor Maggiore don Pietro
Ricaldone, quarto successore di don Bosco. I loro
desideri si incontrano e si trovano d’accordo su due
aspetti: fare qualcosa per i giovani operai e per il
ceto popolare, e allo stesso tempo istituire un’opera
in ricordo del figlio Edoardo Agnelli, morto tragi-
camente in un incidente aereo.
18
DICEMBRE 2020

2.9 Page 19

▲back to top
Qualcosa per i giovani operai
All’inizio della storia della nostra casa (la bene-
dizione di avvio è del 1941) ci sono l’Oratorio, la
Chiesa dedicata a don Bosco (è diventata parroc-
chia nel 1957) e il Teatro (oggi Cinema Teatro), con
grandissimo coinvolgimento di ragazzi, giovani e
famiglie. Ancora oggi, fatta eccezione per l’estate
appena conclusa, condizionata dal coronavirus, or-
dinariamente sono quasi un migliaio i ragazzi e i
giovani che frequentano l’Oratorio Estivo. Grande
condottiero e animatore/agitatore di questa im-
mensa folla di ragazzi/e è don Gianmarco Pernice,
parroco e incaricato di oratorio, un vulcano di fan-
tasia oltre che artista: magliette e costumi teatrali,
celebrazioni e gite, allestimenti e giochi… È un
turbinio affascinante, dinamico e formativo. A fine
giornata arrivano tutti esausti, ragazzi e animato-
ri, ma felicissimi di quanto vissuto e desiderosi di
tornare l’indomani e di continuare durante l’anno.
Ricordate l’intenzione iniziale del Senatore Agnel-
li e di don Ricaldone? Fare qualcosa per i giova-
ni operai. È un’attenzione tutt’ora presente e che
ha preso avvio con l’inaugurazione nel 1949 di tre
capannoni dove inizia la scuola di avviamento al
lavoro. Per chi è del posto corrispondono alla Pale-
strina, al Salone Cappella/Aula Magna e alla Cen-
trale Termica. Considerate che la casa dell’Agnelli
si trova in zona Mirafiori, a Torino Sud, dove la
aveva i grandi stabilimenti dell’auto e dove
soprattutto negli anni ’50 e ’60 si sono stabilizzate
tantissime famiglie per lavoro e per le opportunità
collegate agli stabilimenti industriali. Si conferma
un’intuizione ottima e provvidenziale pensare e co-
struire un’opera che si prenda cura dell’istruzione e
della formazione dei figli degli operai. Azione che
continua ancora oggi.
In questi ultimi decenni l’aspetto della formazione
dei ragazzi e dei giovani si è molto sviluppato e si
è differenziato con istituzioni e percorsi specifici.
Alcuni numeri per farsi un’idea: 5 sezioni di me-
die (secondaria di primo grado) con 442 studen-
ti; 3 sezioni di Istituto Tecnico Tecnologico, con
272 alunni; 2 sezioni di Liceo Scientifico, con 235
alunni; 3 corsi triennali e un quarto anno del cen-
tro di formazione professionale, con 210 allievi;
20 giovani ospiti dell’Housing Don Bosco (di cui
dirò più avanti). Sono quasi 1 200 allievi, ai quali
aggiungere i giovani e i ragazzi/e dell’Oratorio e
della Parrocchia, che quotidianamente frequentano
l’Agnelli per dare consistenza e solidità al proprio
futuro di “buoni cristiani e onesti cittadini”. Ad ac-
compagnare il cammino di questa bella gioventù,
«porzione la più preziosa e la più delicata dell’u-
mana società» (così ne parlava don Bosco), ci sono
15 confratelli salesiani, 82 tra docenti e personale
amministrativo delle scuole, 27 formatori del Cen-
tro di Formazione Professionale (Cnos-Fap), 3 edu-
catori per l’Oratorio, un centinaio tra animatori e
catechisti, e tanti volontari adulti. Tanti, ma non
troppi, perché, come ha anche detto Papa France-
sco chiedendo di «ricostruire il patto educativo glo-
bale» (12 settembre 2019 - 15 ottobre 2020), «per
educare un bambino serve un intero villaggio».
Una delle
facciate
della casa.
DICEMBRE 2020
19

2.10 Page 20

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
La maggior
parte dei
ragazzi
si ferma
anche al
pomeriggio
per lo studio
a gruppi.
Un preside che si chiama
Giovanni Bosco
Tuttavia, dare dei numeri omettendo alcuni nomi è
impoverire la realtà. E sui nomi l’Agnelli ha tanto
da giocarsi e detiene primati invidiabili! Innanzitut-
to, senza pericolo di smentita e in tutta verità pos-
siamo dire che Giovanni Bosco ce l’abbiamo noi.
No, mi direte: ce l’hanno tutti i salesiani. Verissimo!
Noi però abbiamo il preside delle Superiori che si
chiama Giovanni Bosco! Sposato, con due figli, lau-
reato in ingegneria, ha una spiccata attenzione edu-
cativa e un cuore tutto salesiano: un dono prezioso
per la nostra casa. È il preside dell’Istituto Tecnico
(meccatronica, elettronica e informatica) e dei Licei
(scientifico tradizionale e opzione scienze applicate).
In perfetta sintonia con il preside c’è il catechista
delle superiori, don Ugo Bussolino. Di lui si può
parafrasare un versetto del Vangelo e dire che è
«voce di uno che grida nel deserto»: quando chiama
si fa sentire e sposta i gruppi da un’attività all’altra;
e poi è generosissimo nella sua dedizione ai gio-
vani, invitandoli a partecipare ad attività, gruppi e
incontri di formazione e di spiritualità. Nella mec-
catronica è magistralmente supportato da don Fa-
brizio Gallarato, docente instancabile e assistente
di gruppi scout.
Alle Medie c’è la preside Luisa Menzio, docente di
lettere, autrice di testi scolastici e mente vivace. Per
darvi un esempio, all’Agnelli ci sono 5 sezioni di
medie, ma con 4 indirizzi diversi, ognuno con una
propria specificità: due sezioni di potenziamento
di inglese (da quest’anno riconosciuta come scuola
Cambridge); e poi bilinguismo di inglese e fran-
cese; potenziamento musicale con spagnolo come
seconda lingua straniera; e da quest’anno indirizzo
tecno-scientifico, con tedesco come seconda lingua
straniera.
La maggior parte dei ragazzi e delle ragazze delle
medie si ferma anche al pomeriggio, per parteci-
pare allo studio pomeridiano, organizzato a grup-
pi per fascia di età e secondo i bisogni e i livelli di
ciascuno. E succede così che ci si ritrova in tan-
ti anche in sala mensa e poi nelle ricreazioni del
pomeriggio: risate, corse, giochi e tanta amicizia
sono dolce armonia in una casa salesiana. Il diret-
tore d’orchestra del pomeriggio, ed è veramente
un musico talentuoso, è il catechista don Claudio
Ghione, sapientemente e quotidianamente sup-
portato dai vice presidi, dai docenti e dagli assi-
stenti.
Un altro primato l’Agnelli se lo gioca nel Cnos-
Fap. È stato il primo centro salesiano del Piemonte
ad avere una donna come direttrice, la professoressa
20
DICEMBRE 2020

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
Erika Naretto: un incarico impegnativo e ben su-
perato, aiutata dal coordinatore Mauro Cerone, dal
catechista Fabio Aragona e dai colleghi formatori,
con tante prove affrontate, compresa l’ispezione
dell’asl. Ma questa è un’altra storia. Tre sono i per-
corsi formativi offerti dal dell’Agnelli, proposte
che ci riportano alle origini della nostra opera, sia
come attività sia come tipologia di allievi: meccani-
ca dell’autoveicolo, meccanica industriale, saldatu-
ra e carpenteria. Li frequentano giovani che hanno
qualche difficoltà nello studio a tavolino, ma con
grande «intelligenza nelle mani», come diceva don
Bosco: bravi nel fare, capaci e appassionati sulla
concretezza. E imparare un mestiere è ancora oggi
una grande opportunità di futuro e di inserimento
sociale.
Il Don Bosco Youth House
L’ultima attività ad essere nata all’Agnelli (nel
2015), innovativa e sfidante, è il Don Bosco Youth
House, che in modo familiare e semplice noi chia-
miamo Housing. Letteralmente vuol dire alloggia-
mento, per noi è molto più che un semplice allog-
giare: è vivere insieme, è accettare di confrontarsi
con altre culture e sensibilità. Responsabile e ani-
matore dell’Housing è don Alberto Zanini, salesia-
no con spiccata capacità relazionale, l’uomo giusto
al posto giusto. I giovani ospitati, al massimo 20
e per un periodo che ordinariamente non supera i
due anni, sono di estrazione culturale e sociale mol-
to diversa: italiani e stranieri, alcuni alle prese con
gli esami universitari altri con la ricerca del lavoro;
stranieri con titoli universitari e altri rifugiati e con
necessità di imparare l’italiano e di un percorso di
inserimento sociale. L’Housing è un laboratorio di
vita, dove si impara a conoscersi, rispettarsi e aiu-
tarsi, con tanto di momenti e spazi comuni. Altro
che alloggiamento.
Vorrei ancora raccontare dei confratelli della co-
munità: di quelli che sono sempre disponibili a
confessare i ragazzi e i giovani (don Sandrino, don
Castellino, don Millo, don Cattane); e di quelli che
si alternano nei vari servizi di casa: portineria, can-
tina, commissioni varie (Castellaro, Vannuccini,
Comino). Tra questi 2 novantenni e 3 ottantenni. E
ancora mi piacerebbe raccontare di come l’Agnelli
si sta muovendo per dare il proprio contributo alla
cura e al rispetto della Terra, la nostra casa comune.
E poi avrei bisogno di ulteriore spazio per elencare i
lavori fatti in questi ultimi 4 anni e quelli program-
mati per l’estate 2021: già solo questo elenco dice di
un Agnelli in ottima salute e con lo sguardo rivolto
al futuro.
Imparare
un mestiere
è ancora
una grande
opportunità
di futuro e di
inserimento
sociale.
DICEMBRE 2020
21

3.2 Page 22

▲back to top
Il nostro motore
speèralanza
«Ecco,
io
faccio
nuove
tutte
le
cose»

3.3 Page 23

▲back to top
Disegno di Fano

3.4 Page 24

▲back to top
Raccontare la STRENNA ai ragazzi
1 Questa vita è una strada
con salite e curve, a volte
2 Questa è la nostra officina.
La sua e nostra casa.
è dissestata. Sbalzi, urti e
2
rotture hanno ammaccato
la nostra vettura. Abbiamo
bisogno di riparazioni per
3 Tutti possiamo
dare una mano.
poter ripartire incontro
agli altri e incontro a Dio.
1
14
3
15
13
15 Il nostro
carburante:
lo Spirito di Dio,
l’Eucaristia,
la Preghiera.
14 Maria Ausiliatrice
ci protegge e fa
da paraurti.
13 Grandi e piccoli
insieme, magari
inginocchiati per
vedere meglio.
12 Ripariamo
12
le ammaccature,
le ferite,
le forature.
11
11
Il nostro
copilota è Gesù.
Non perderemo
la strada.

3.5 Page 25

▲back to top
4 La nostra
speranza
viene dall’Alto.
6 Don Bosco è sempre
con noi con il suo coraggio
e la sua forza.
5 L’unico nostro motore
è l’Amore di Dio.
7
7 Ad ogni
nuovo giorno
siamo pronti
a ripartire.
4
8
6
5
10
10 Fermarsi e sollevare,
smontare, sostituire,
riparare, rinnovare.
Ce n’è da fare!
8
Le nostre
targhe
sono tante,
ma tutte
autentiche.
9
9
I nostri fari
sono le
Parole della
Bibbia.

3.6 Page 26

▲back to top
FMA
Anna Melis
L’impareggiabile
Suor Anna
zia Caterina
e zia Caterina.
Se, passando per Firenze,
si sente suonare allegramente il
clacson di un insolito taxi colorato
e variopinto, non è possibile
sbagliare; dentro c’è lei: Caterina
Bellandi (in arte zia Caterina).
Una donna di bella presenza, bionda, sor-
ridente, vestita di un’esplosione di colori.
Come una fata delle fiabe classiche, indos-
sa vestiti lunghi, mantelli o sciarpe sgar-
gianti. La contraddistingue un meraviglioso cappel-
lo di fiori, tanti braccialetti e campanellini al polso;
al collo indossa in bella mostra la conchiglia del pel-
legrino e, spesso, ha con sé una borsetta a forma di
taxi e un maialino di plastica rosa o grigio che gru-
gnisce con disinvoltura anche davanti alle autorità.
Ma chi è, in realtà, questa donna così particolare che
affascina grandi e piccoli, più ancora per la sua per-
sonalità che per suo modo eccentrico di presentarsi?
Nata a Prato il 6 marzo del 1965, da giovane lavora
in un ufficio e ha un compagno, che fa il taxista (il
suo taxi si chiama Milano 25). Purtroppo nel 2001
quel ragazzo così umano, che intendeva il suo lavo-
ro come una missione sociale, muore stroncato da
un tumore. Prima di andarsene, affida a Caterina la
missione di “essere lei Milano 25”. Dopo settimane
imprigionata nel dolore, Caterina affronta il dolore
e si mette al servizio della gente come taxista.
È la sua prima risposta d’amore alla grande soffe-
renza che si porta dentro. Nel 2002 avverrà la svol-
ta della sua vita. Una sera, infatti, sale a bordo di
Milano 25 una famiglia che si stava impegnando
ad aiutare altre famiglie colpite dallo stesso dolore:
la morte di cancro del loro figlio.
I Supereroi
Il cuore grande e generoso di Caterina matura den-
tro di sé un’idea geniale: aiutare i bimbi malati di
cancro e le loro famiglie. Purtroppo sono numerosi
i bambini che provengono da varie regioni italia-
ne e si fanno curare all’ospedale Meyer di Firenze.
Caterina lo sa. Provvede per loro, nello snodarsi del
tempo, anche un alloggio provvisorio nella sua casa
di Bagno a Ripoli, offre corse gratuite, segue ogni
bambino/a nel percorso della malattia. Si mette a
disposizione delle famiglie e dei loro bisogni e sta-
bilisce legami profondi destinati a durare per la vita.
Per creare intorno ai bambini un clima di serenità,
dove regna la fantasia, fa di se stessa un personag-
gio: si traveste da fata colorata e si fa chiamare sem-
26
DICEMBRE 2020

3.7 Page 27

▲back to top
plicemente Zia Caterina, dal momento che la zia,
di solito, è il personaggio più vicino alla mamma
e lei avrebbe desiderato tanto diventarlo se il suo
amore non fosse scomparso. E cosi, magicamen-
te, ogni bambino malato diventa un Supereroe. Zia
Caterina lo definisce Supereroe perché, rifugiandosi
nel mondo della fantasia il bimbo può attingere a
tutte le sue risorse interiori e, aiutato dalla Zia può
combattere con più serenità il mostro della malattia
che fa meno paura, quando è combattuto insieme
con le armi del sorriso e dell’energia positiva che
Zia Caterina sa diffondere con una carica inesauri-
bile di amore. La Zia, infatti, farebbe qualsiasi cosa
per i suoi Supereroi!
E dopo le cure chemioterapiche, la Zia è pronta col
suo taxi a portare i bambini in pizzeria o a man-
giare il gelato. D’estate organizza per loro e per le
famiglie giorni indimenticabili, da vivere insieme
in un allegro clima di famiglia.
Con il tempo Zia Caterina ha conosciuto diversi
collaboratori che hanno costituito l’Associazione
Onlus “Milano 25”, che lavora insieme per un pro-
getto comune: aiutare i bambini e le loro famiglie
nel duro impatto con la malattia. Spesso, purtroppo,
i bimbi cessano di lottare contro il mostro e diven-
tano angeli in cielo. Altre volte, invece, combattono
e vincono il cancro, uscendo da questa esperienza
più forti e più maturi. Sempre Zia Caterina è pun-
to di riferimento, presenza costante e serena, vici-
na nel dolore, felice in caso di guarigione. Ma non
abbandona mai: la sua vita coincide con quella dei
suoi supereroi, siano essi già in cielo, o ancora sulla
terra. Ed è sempre in viaggio per visitare tutti e av-
volgere col suo sorriso piccoli e grandi. E, come la
sua casa spesso diventa casa di tutti, anche lei si fa
pellegrina, umile e discreta, ricevendo accoglienza
e amore da parte di tante famiglie.
Le Dioincidenze
La Zia fa tante cose, le sue giornate sono corse con-
tro il tempo, senza pensare mai a sé: mangiare e
dormire per lei non sono un problema, prima ven-
gono le necessità dei supereroi e di chi ha in qual-
che modo a che fare con essi. Tuttavia, non è il fare
che colpisce in questa donna interamente abbando-
nata all’Amore. In lei attrae la sua grande capacità
di costruire relazioni d’amore, di creare legami: è
questa la sua rara e magica arte. E il suo sorriso
autentico, accogliente e buono che abbaglia più del
sole e acceca ogni dolore.
Questa nostra sorella ha ricevuto in dono il cari-
sma dell’incontro e dell’attenzione ai più deboli e lo
esercita con semplicità feriale, consapevole della sua
fragilità ma sempre pronta all’ascolto, al dialogo, a
mettersi in gioco nel difficile compito di amare sul
serio, senza tante parole.
Sì, perché la Zia è anche molto simpatica, con le sue
battute intelligenti e la sua cadenza fiorentina ma,
in realtà, non parla tanto, le sue parole più frequenti
sono “amore”, “caro” “ti voglio bene”. È più esperta
nell’arte dei gesti: Caterina sorride,
osserva, abbraccia, stringe la
mano, bacia e scatta foto per
immortalare ogni incontro,
ogni traccia di umanità.
Così Zia Caterina racconta
il Vangelo agli uomini di-
stratti del nostro tempo, che
attraverso di lei intuiscono la bontà
di un Dio che è Padre. E quando
inaspettate occasioni di incontro
o felici combinazioni si affaccia-
no al balcone della vita, lei non le
chiama coincidenze, ma è solita
parlare di Dioincidenze, convinta
com’è che il caso non esiste, ma che
siamo custoditi dalla vigile e tenera
presenza del Dio-Amore.
E chi l’ha incontrata, almeno una vol-
ta, ritrova nel proprio cuore l’impron-
ta del suo sorriso limpido e spera di
incrociarla ancora nel cammino della
vita, proprio come se fosse una….
“Dioincidenza”!
Una donna che
ha il carisma
dell’attenzione
ai più deboli.
DICEMBRE 2020
27

3.8 Page 28

▲back to top
I NOSTRI LIBRI
Il risveglio dell’ombra
Argento Vivo Edizioni, 389 pagine
Realizzato da un giovane autore salesiano, il diacono Francesco Simoncel-
li. Il risveglio dell’ombra, appartenente al genere fantasy, sa unire il piacere
della lettura alla trasmissione di quei valori fondamentali per la formazione
dei caratteri giovanili. Questo romanzo, il Risveglio dell’Ombra - Il mistero
del dono, è il primo libro di una trilogia che fa parte di un’opera più grande
chiamata “I Racconti di Cristalice”.
Educarsi ed educare
al Web
30+1 riflessioni, consigli e idee per tutti, scritto da Marco Pappalardo e
Alfredo Petralia, edito dalle Edizioni San Paolo
Un volumetto originale nel contenuto e nella forma: i capitoli sono costituiti
da trenta (più una) domande “dilemmatiche” (Solo per adulti o anche per i
più piccoli? Cultura o imbarbarimento? Social o a-sociale? Studio o distra-
zione? Libero o nella rete? Responsabile o “non sono stato io”? Condivisione
o egoismo? Credibilità o apparenza? … e molte altre) che affrontano tema-
tiche tra mondo reale e mondo virtuale.
Il testo è introdotto dalla Prefazione di uno dei massimi esperti del settore,
Bruno Mastroianni, e si conclude con un’utile Appendice sulla didattica a
distanza con consigli pratici per gli studenti delle diverse età, per i genitori
e per gli insegnanti di ogni ordine e grado.
Alfredo Petralia è un esperto in informatica applicata di Catania, cresciuto
negli ambienti salesiani prima come allievo e poi come docente, animatore e
IT manager dal 2001 presso l’Istituto San Francesco di Sales.
Marco Pappalardo, giornalista pubblicista di Catania e docente di Lette-
re. Ha insegnato “Educazione e mondo virtuale” presso l’Istituto Teologico
S. Tommaso a Messina e tematiche dei new media presso l’Università di
Catania.
28
DICEMBRE 2020

3.9 Page 29

▲back to top
Dio ama gli uomini perché
gli piacciono le storie
Elledici
«Se gli uditori sono giovanetti, cerchi il predicatore di far entrare nelle loro
menti la verità per mezzo di esempi, di fatti, di parabole» (don Bosco).
È uscito il 22° libretto della serie «Piccole storie per l’anima»
1. Quaranta storie nel deserto
2. L’importante è la rosa
3. Il canto del grillo
4. C’è qualcuno lassù?
5. Cerchi nell’acqua
6. Solo il vento lo sa
7. A volte basta un raggio di sole
8. ll segreto dei pesci rossi
9. La vita è tutto quello che abbiamo
10. Ma noi abbiamo le ali
11. I fiori semplicemente fioriscono
12. C’è ancora qualcuno che danza
13. L’allodola e le tartarughe
14. È di notte che si vedono le stelle
15. Ci sarà sempre un altro giorno
16. La vita secondo l’aurora
17. L’iceberg e la duna
18. La cena in Paradiso
19. Un cuore rattoppato
20. Il sogno della mela
21. L’ultima foglia
22. Le scarpe sotto il letto
piccola_Layout 1 28/07/2020 16:48 Pagina 1
CALENDARIO DA TAVOLO
CON IMMAGINI DI NATURA,
ARTE O SIMBOLICHE
E FRASI DI AUTORI VARI
SUL TEMA
Lo puoi trovare
nelle Librerie San Paolo,
Paoline
o altre Librerie Religiose
Oppure online su:
www.paolinestore.it
www.sanpaolostore.it
www.apostoline.it/sussidi
SUSSIDI VOCAZIONALI AP
Suore Apostoline - tel. 06.93.203.56 - sussidi@apostoline.it
DICEMBRE 2020
29

3.10 Page 30

▲back to top
I NOSTRI PADRI
Biesse
Il settimo successore di don Bosco
Don Egidio Viganò
Nato cent’anni fa, il 26 luglio 1920
Un uomo
a Sondrio, eletto Rettor Maggiore
forte e
sereno.
dei Salesiani il 15 dicembre 1977.
Bastò il secondo scrutinio, dopo
una prima votazione di orientamento,
per designare il settimo successore
di don Bosco in questo sondriese
di 57 anni e dall’aria rude, già
missionario “per errore” nel Cile.
«V i dico che ho molta paura», esordì
don Viganò, appena eletto. Ma
subito cambiò registro: «Quando
mi è toccato nella vita fare un’altra
esperienza non così difficile ma per me altrettanto
paurosa – quella di andare in America inviato dai
superiori –, avevo chiesto molti consigli. Il consi-
glio più bello, l’ho ascoltato in dialetto lombardo
dal mio papà: “Quel che Dio vuole, non è mai
troppo”. Quindi, anche se con un’umiltà del tutto
cosciente delle mie limitazioni, accetto con gran-
dissima speranza».
Il primo e sorprendente dato biografico – quasi a
confermare la matrice schiettamente popolare della
Famiglia Salesiana – è che ha visto la luce in una
fabbrica: papà e mamma erano operai di Sondrio,
abitavano all’interno del cotonificio Fossati. E in
quel cotonificio don Egidio ha aperto gli occhi.
Egidio vi arrivò ottavo di dieci fratelli: lo prece-
devano due sorelle, e altri cinque prematuramente
volati nel cielo; lo avrebbero seguito Angelo e Fran-
cesco, che sulla sua scia diventeranno a loro volta
salesiani.
Ebbe il dono più prezioso che si può avere: due
grandi genitori. A un anno e mezzo si ammala. Lo
si apprende da uno scritto della mamma (un am-
pio testamento spirituale tracciato su un quaderno
di scuola, con grossi caratteri ma con mano sicura,
nel 1965 a 80 anni). «Te Egidio sei lontano; sono
sicura però che è volontà di Dio. Mi pare di averti
già detto di una promessa che ho fatto al Signore
quando avevi un anno e mezzo. Eri tanto malato,
e io ho detto al Signore: fammelo guarire: non sarà
per me, ma per Te. Ora il Signore ci ha esauditi, e
ha proprio voluto che tu andassi lontano. Sii con-
tento, non te la prendere a male, vedrai cosa saprà
fare il Signore su di te». Metà consolazione e metà
profezia, come è nello stile dei patriarchi.
30
DICEMBRE 2020

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
Una falciata
Don Bosco entrò nella casa Viganò di straforo,
come in tante altre famiglie, con i ragazzi che van-
no a giocare all’oratorio. In più, nel 1929 il parroco
invitò i fedeli – chi volesse – a un pellegrinaggio
fino a Torino: per la beatificazione di don Bosco.
Papà non poteva lasciare il lavoro, le sorelle avreb-
bero badato ai fratelli più piccoli, e la mamma andò.
Sfilò da Valsalice nel grande corteo che accompa-
gnava la salma di don Bosco a Valdocco, e visitò
le camerette in cui il santo dei giovani era vissuto.
C’era un suo quadro appeso al muro: si guardarono.
«Mi ha guardato con occhi vivi e penetranti – rife-
rirà più tardi mamma Maria –. Che occhi ha don
Bosco!» Ed ebbe l’impressione che le chiedesse i
suoi figli: «Io ho capito che glieli dovevo dare tutti
e tre, e glieli ho dati». In un solo colpo. In dialetto
precisava: «Na ranzada», che vuol dire una falciata.
Da quel giorno l’immagine di don Bosco entra in
casa, e don Bosco è tra le persone da consultare nel-
le decisioni importanti.
Intanto il ragazzo Egidio, riferisce ammiccando
il fratello don Angelo: «Era un po’ scatenato. Sul
ghiaccio si rompe una gamba, un cane lupo lo ag-
gredisce, a scuola la maestra ne lamenta la scarsa
applicazione. Papà sovente deve ricorrere ai modi
forti per farlo studiare».
L’oratorio salesiano di Sondrio, aperto nel 1887, è
l’oratorio disadorno di quei tempi, popolare e alla
mano, e vicino alla gente. Era fatale che i tre fratelli
lo frequentassero. E vi trovarono salesiani cresciu-
ti direttamente alla scuola di don Bosco. Quanto
alla mamma, era tranquilla circa il futuro del suo
don Egidio, e lo portò all’aspirantato salesiano di
Chiari. Ciò naturalmente non bastava a cambiare
questo ragazzo, ancora bisognoso per studiare del-
le cure paterne. Di fatto dopo la terza ginnasiale,
come si diceva allora, nei superiori del collegio sor-
sero perplessità sul suo ritorno alla casa di forma-
zione. La mamma viene convocata dal Direttore,
ma lo rassicura comunicandogli la sua convinzione:
«Non sono io a dirlo, ma questa è la sua strada». E
la mamma lascerà andare a Chiari anche gli altri
due fratelli, Angelo e Francesco, che don Bosco le
aveva “falciato”.
L’americano
Era davvero la sua strada: a 15 anni Egidio è novi-
zio, riceve la talare. La svolta decisiva e imprevista
giunge al termine degli studi filosofici a Torino,
quando apprende dai suoi superiori che la sua do-
manda di partire per le missioni è stata accettata,
e che è destinato al Cile. Il fatto è che lui questa
domanda non l’ha mai fatta.
Don Berruti, il superiore con cui si spiega, fa ese-
guire ricerche e risulta che c’è stato un disguido: a
fare la domanda era stato un altro Viganò, di nome
Pietro (salesiano, parroco di Codigoro, mai man-
dato in missione).
Quando tutto è chiarito, don Berruti guarda il
chierico Egidio negli occhi e gli domanda: «Ma tu
ci andresti in missione? E i tuoi genitori avrebbero
qualche difficoltà?»
«I miei genitori certamente non porranno difficoltà
– risponde –. E quanto a me, se mi mandate vado».
Così una sera di dicembre del 1939 c’è una mamma
sul molo di Genova, che piange perché il suo figlio
parte e va in America, ma trova pieno conforto nel-
la sua fede: «Te Egidio sei lontano. Sono sicura però
che è la volontà di Dio».
Tre anni fra i ragazzi di una scuola di formazio-
ne, 4 anni di studi teologici (frequenta la Pontificia
Don Viganò e
Santa Madre
Teresa.
DICEMBRE 2020
31

4.2 Page 32

▲back to top
I NOSTRI PADRI
Don Viganò e
san Giovanni
Paolo II. Due
grandi amici.
Due caratteri
simili.
Allegria
in comunità.
Università Cattolica di Santiago), poi il sacerdozio,
poi la laurea. La mamma lo chiama «l’americano»
e dice: «Quello lì è un teologo, ma di fronte a sua
madre ha ancora qualcosa da imparare».
Il 1949 segna una svolta nella sua vita: l’addio al
lavoro tra i giovani (con loro ha lavorato sempre,
dal giorno in cui è arrivato in America, e anche du-
rante gli anni intensi degli studi universitari). Ora è
chiamato a insegnare nello Studentato salesiano, e
nell’Università Cattolica. Direttore del Centro sa-
lesiano è un certo padre Raúl Silva Henríquez, che
diventerà cardinale e primate del Cile. Poi direttore
diventa lui. Vent’anni di magistero, generazioni di
salesiani e di sacerdoti diocesani alla sua scuola.
Il Concilio lo trova preparato: l’Episcopato cileno
lo sceglie come esperto e lo vuole a Roma. Con-
tribuisce tra l’altro ad arricchire i testi mariologici
della Costituzione sulla Chiesa, e lo schema su «La
Chiesa nel mondo». Poi è chiamato a Medellin,
dove i vescovi dell’America Latina si propongono
di applicare il Concilio alla situazione del loro con-
tinente, e dove egli dà un solido contributo.
Messo come Ispettore a capo dei salesiani del Cile,
don Viganò in tre anni ha intensificato il dialogo
della Congregazione con le altre forze della Chiesa:
le Congregazioni, i Vescovi, il clero.
E, molto più semplicemente, ha giocato a calcio con
i suoi chierici teologi. Da consigliere per gli studi,
da direttore. Perché la teologia educa, ma anche il
giocare insieme col pallone.
Nel 1971 partecipa come Ispettore al Capitolo
Generale speciale, quello voluto dalla Chiesa per
il rinnovamento della Congregazione, e vi parte-
cipa fin dalle Commissioni preparatorie; alla fine
è chiamato al difficile ruolo di Consigliere per la
formazione salesiana.
Il «missionario per errore» rientra in patria, e la
mamma sentenzia: «L’hanno mandato a Roma vi-
cino al Rettor Maggiore: adesso ha da imparare ad
abbassare il capo», e ne è molto felice.
Rettor Maggiore
Rettor Maggiore per quasi tre sessenni (fino alla
morte che lo colse ancora in carica). In tale ruolo
di governo e di animazione, intelligente, energico
e volitivo come era, ha impresso alla Congregazio-
ne salesiana impulsi ed orientamenti paragonabi-
li, nella storia della congregazione, a quelli di don
Pietro Ricaldone, quarto successore di don Bosco.
Con il rinnovamento delle Costituzioni salesiane,
chieste dal Concilio, con splendide circolari, con
profonde conferenze su tematiche ecclesiali, edu-
cative, socio-politiche, salesiane, attraverso decine
e decine di viaggi internazionali di animazione,
con interventi di spessore a cinque Capitoli Gene-
rali, di fatto ha tramesso ai singoli confratelli quel
“sentire cum ecclesia” chiesto dal Concilio ad ogni
battezzato e quel “sentire cum don Bosco” chiesto
dal Capitolo Generale Speciale (1971).
Di don Viganò viene sottolineato soprattutto l’otti-
mismo. «Il suo non è un ottimismo razionalizzato
ma spontaneo, istintivo, che lo riporta sempre al
punto di tranquillità. Anche quando deve ricono-
32
DICEMBRE 2020

4.3 Page 33

▲back to top
scere uno scacco, lo fa senza agitarsi, senza inquie-
tarsi, e subito ricupera la serenità».
«Mai ho sentito don Viganò esprimersi in modo
pessimista. Anche quando in Cile abbiamo avuto
da soffrire per le difficoltà della situazione, mai
l’abbiamo visto scoraggiato. Nei momenti difficili
arrivava con la sua parola, con una lettera: «È il
Signore che guida la storia, non noi. Quindi, non
dobbiamo avere paura». Ma nello stesso tempo non
rimaneva passivo, anzi era l’uomo fatto per rispon-
dere ai problemi con l’azione».
Alla Famiglia Salesiana ha dato nuova linfa con
l’inserimento in essa di numerosi gruppi e il rilan-
cio di altri già esistenti.
All’apostolato missionario ha offerto con il “progetto
Africa” l’intero continente africano, oggi bacino di
vocazioni anche per altre aree geografiche vocazio-
nalmente in difficoltà; purtroppo meno riuscito è
stato il progetto Est Europa (anche per motivi ec-
clesiali). A servizio della comunicazione sociale nella
Chiesa e nella Congregazione ha dato avvio all’at-
tuale Facoltà di Scienze della comunicazione sociale
e al dipartimento di pastorale giovanile e catechetica
presso la Pontificia Università Salesiana di Roma, di
cui è stato attivo Gran Cancelliere. Per la conser-
vazione del carisma educativo della Congregazione
ha fondato l’Istituto Storico Salesiano, dedito par-
ticolarmente alla pubblicazione e allo studio delle
fonti per la storia, la pedagogia e la spiritualità sa-
lesiana. Fra le “battaglie spirituali” più ardue di don
Viganò a servizio dei salesiani e delle Figlie di Maria
Ausiliatrice, si possono annoverare quelle contro la
superficialità spirituale, l’imborghesimento, l’indivi-
dualismo, il genericismo educativo, le mode transi-
torie che intaccavano l’identità carismatica lasciataci
dal Fondatore. Discorso analogo andrebbe fatto per i
Cooperatori, gli Exallievi, le Volontarie ed i Volonta-
ri di don Bosco, vari gruppi della Famiglia Salesiana.
Nell’ambito più ampio della Chiesa, don Viganò,
con la ricca esperienza di primo responsabile di una
forte istituzione a carattere mondiale e radicata sui
territori cittadini e nelle estreme periferie del mon-
do come quella salesiana, è stato invitato e ha potuto
dare il suo contributo di pensiero ad assemblee delle
Conferenze episcopali (Puebla, Roma, S. Domin-
go) a numerosi sinodi internazionali e nazionali (dal
1980 al 1994), all’Unione Superiori Generali (di cui
fu presidente) a vari Pontifici Consigli (per la fa-
miglia, per i laici) e a varie Congregazioni vaticane
(per gli Istituti per la vita consacrata e Società di vita
apostolica, per l’Evangelizzazione dei popoli) ecc.
Amico stimato di san Giovanni Paolo II, che lo in-
vitò a predicare gli esercizi spirituali a lui e alla cu-
ria romana (1986), ne fu ricambiato con il dono alla
Congregazione salesiana della canonizzazione dei
martiri monsignor Luigi Versiglia e don Callisto
Caravario (2000) e di numerose beatificazioni di
salesiani e membri della Famiglia salesiana.
Ammalatosi a fine 1994 mentre era ancora in cari-
ca, don Egidio visse nella sofferenza gli ultimi mesi
di vita. Sul letto di morte nella Casa Generalizia di
Roma in cui aveva vissuto oltre vent’anni, ebbe la
consolazione di essere chiamato al telefono da san
Giovanni Paolo II che, assicurandogli la preghiera in
quel difficile momento, lo ringraziava di tutto cuore
del tanto bene fatto da lui alla Chiesa intera. Con la
morte del settimo successore di don Bosco, la Con-
gregazione e la Famiglia Salesiana avevano perso un
faro di sicuro orientamento, ma avevano acquistato
un nuovo protettore in cielo. Mamma Maria doveva
presentire tutto questo, lei che gli aveva scritto: «Ve-
drai che cosa saprà fare il Signore su di te».
L’inaugurazione
di un busto di
don Bosco.
DICEMBRE 2020
33

4.4 Page 34

▲back to top
COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Natale: l’arrivo
dell’uomo umano!
EMERGENZA UOMO
Il tempo si è fatto breve: o l’uomo
torna ad essere umano o i dinosauri
torneranno a trotterellare sulla Terra.
Se l’emergenza ecologica è allarmante,
l’emergenza antropologica è drammatica.
Urge fermare lo scardinamento
dell’uomo con proposte concrete
come quelle che, di mese in mese,
offriamo ai lettori.
San Paolo esprime il mistero
del Natale con questa bellissima
frase: «Si sono manifestati
la bontà di Dio, salvatore nostro,
e il suo amore per gli uomini».
In Gesù è diventata visibile la vera
umanità, l’immagine originaria
dell’uomo. Il volto dell’uomo
che Dio ha sognato.
Dire Natale è dire una parola traboccante.
Natale ci svela che Dio è attratto dall’uo-
mo. Natale è la Festa che taglia tutta la
storia umana in due epoche: prima e dopo
Cristo. Natale è la Festa che inaugura l’Uomo to-
talmente umano.
È questo l’aspetto che ci interessa al termine delle
nostre riflessioni che quest’anno abbiamo condotto
sull’‘emergenza uomo’.
Proprio il Bambino che ancora nasce a Natale, sarà
pienamente umano! Su questo non abbiamo dubbi.
È vero che non tutti promuovono Cristo all’esame
di divinità, ma tutti lo promuovono all’esame di
umanità!
Anche i più ostili al Cristianesimo devono ammet-
tere che “da Cristo in giù è solo pianura!(Friedrich
Nietzsche, filosofo ateo tedesco).
Ecco perché lo proponiamo. Lo proponiamo perché
Cristo è la miglior cura al nanismo umano dell’uo-
mo d’oggi. Lo proponiamo perché svegli questa ge-
nerazione a bassa tensione. Lo proponiamo perché
ci faccia assaporare il profumo dell’Uomo umano e
ci dia l’abbrivio per partire e salire.
Per sintetizzare al massimo, sosteniamo che Cristo
è l’Uomo umano per eccellenza per tre ragioni:
perché è tutto emotivamente liberato,
perché è allocentrico (centrato sugli altri non su
di sé, come lo è l’egocentrico),
perché è armonioso.
Tutto emotivamente liberato
Gesù era un emotivo. Niente di sdolcinato e di sci-
ropposo: Gesù è un forte, ma un forte dal cuore
ben fatto.
È un vibratile: sente compassione (Mt 14, 14);
scoppia in pianto (Gv 11, 32); ammette pubblica-
mente e lealmente che la gratitudine dei lebbrosi gli
avrebbe fatto un gran piacere (Lc 17, 17-18); sente
34
DICEMBRE 2020

4.5 Page 35

▲back to top
MOHAMMED ASHRAF NON VA A SCUOLA
Dal momento in cui il sole sorge fino all’apparizione della luna, egli taglia, taglia, cuce, cuce, taglia il cuoio
e cuce palloni, che rotolano fuori dal villaggio pakistano di Umar Kot verso il mondo.
Mohammed ha 11 anni. Lo fa da quando aveva cinque anni.
Se sapesse leggere, e leggere l’inglese, potrebbe capire l’iscrizione stampata su ciascuna delle sue opere:
«Questo pallone non è stato fatto da lavoro minorile».
gioia (Lc 10, 21); è triste (Lc 19, 41); è tenero (Mc
10, 21); è angosciato (Lc 12, 50)… Insomma, Gesù
viveva sempre con il cuore acceso.
Sapeva che senza sentimenti l’uomo non vive che a
metà, senza sentimenti smette d’essere umano.
Il cervello non basta: ci vuole calore; la tecnica non
è sufficiente: ci vuole pietà! Questa è umanità allo
stato puro!
Allocentrico: centrato sull’altro
Aveva un ‘io’ così ospitale che faceva il fratello a
tempo pieno. Era un capolavoro superiore di bon-
tà. Per questo ha puntato tutto sull’amore. A quei
tempi i precetti della legge ebraica erano una fore-
sta: ben 613! Gesù li riduce ad uno solo: “Amerai
il signore tuo Dio... amerai il prossimo tuo!” (Mt
22, 36-40). Sì, perché l’amore vale più dell’intelli-
genza! È l’amore che ci umanizza: umano è chi dà,
disumano è chi prende!
zione e di azione. Uomo di pani e di pesci e di alti
pensieri. Era attratto verso il cielo e guardava verso
la terra. Amava la parola, e praticava il silenzio. Ac-
coglieva i bambini e frustrava i mercanti del Tem-
pio. Aveva una fisiognomia regale e lavava i piedi ai
discepoli. Una simile personalità era un panorama
incantevole.
Come non essere attratti da tanta umanità?
Come non sognare di prenderlo come modello de-
gno di identificazione per non scarabocchiare la
vita, ma per ringraziare d’esser nati?
Armonioso
Un giorno i farisei non poterono fare a meno di
ammettere: “Tutto il mondo gli è andato dietro!(Gv
12, 19). Gesù era una calamita, un incantatore (Mt
4, 18-22). Perché?
Forse la risposta giusta è questa: perché Gesù aveva
un ‘io’ musicale, un ‘io’ sinfonia.
Era un’armonia fatta persona. Mite, ma non debo-
le. Costante, ma non ostinato.
Attivo, ma non agitato. Occupato, ma non preoc-
cupato. Deciso, ma tenero come la gallina con i
pulcini sotto le ali (Mt 23, 37). Calmo e slanciato.
Fiero e umile. Denso e semplice. Disinvolto e sag-
gio. Uomo di fuoco e di lacrime. Uomo di adora-
DICEMBRE 2020
35

4.6 Page 36

▲back to top
LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
dalFgureogrgi e
I vostri nonni gioventù “bruciata”, /
i vostri padri gioventù “bucata” /
e voi gioventù “brucata”, yeah! /
A voi vi chiamano, chiamano,
chiamano / la gioventù “brucata”...
«Non si può trovare passione nel vi-
vere in modo mediocre». È quan-
to affermava Nelson Mandela,
traducendo in parole quello che
per lui è stato un impegno quotidiano, il senso pro-
fondo di ogni sua azione e della sua intera esisten-
za. Un principio certamente valido ad ogni età, ma
che sembra interpellare con maggior forza i giova-
Le domeniche pomeriggio passate all'Ikea
a illuminarvi di mensole con la vostra dolce metà,
i cassetti dove riponete i vostri sogni
son nascosti negli armadi, dove tenete gli scheletri.
Le serate da ubriachi a parlare del vostro futuro
senza ritegno, come se non ci fosse un domani,
i castelli di scontrini, le tovaglie coi centrini,
ascoltare i Coldplay per evidenziare uno stato
di profonda malinconia...
A voi vi chiamano, chiamano, chiamano
la gioventù “brucata”...
Vi hanno insegnato a lavare i panni sporchi in famiglia
e a lavar le famiglie sporche con panni pulitissimi.
ni adulti, una generazione che, per definizione, si
colloca spesso a cavallo tra i grandi entusiasmi e
gli slanci ideali dell’adolescenza e una più compiuta
maturità costruita nel segno della realizzazione di
sé e della responsabilità.
È durante il cammino verso l’adultità che si gio-
ca, infatti, la scommessa assai delicata di gettare
le fondamenta per il proprio progetto di vita e si
sperimenta in maniera forse più dolorosa la diffi-
coltà di individuare una rotta chiara da seguire, una
stella polare che illumini il percorso e ci aiuti a non
smarrirci nei vicoli ciechi dell’inconcludenza.
Basti pensare a tutti quei giovani – circa due milio-
ni in Italia – che non studiano, non lavorano e non
sono neppure in formazione: i cosiddetti , not
(engaged) in education, employment or training. Gio-
vani senza orizzonti, definiti da un “non essere”, da
un’identità in negativo, quasi un’ombra sbiadita di
ciò che potrebbero essere.
Ma è il caso anche dei tantissimi giovani costretti a
barcamenarsi tra lavoretti precari e scelte obbligate,
che hanno ormai rinunciato ad inseguire i propri
sogni e persino a chiedersi quali siano le proprie
36
DICEMBRE 2020

4.7 Page 37

▲back to top
aspirazioni più profonde, schiacciati da una quoti-
dianità monotona e frustrante fatta di giorni tutti
uguali, di vita non vissuta, di senso non trovato,
in un sostanziale smarrimento di sé. Giovani che
si sono progressivamente adeguati a lasciarsi tra-
scinare inerti dalla corrente dell’esistenza, cedendo
alla tentazione di un vuoto conformismo, pur di re-
stare a galla nel mare ingovernabile della comples-
sità. Giovani che hanno abiurato alla ricerca di sé e
alla valorizzazione dei propri talenti, barattando le
proprie passioni in cambio di una mediocre soprav-
vivenza all’interno del “gregge”.
Ma, forse, non tutto è ancora perduto!
Al di sotto di un atteggiamento apparentemente
rassegnato e rinunciatario spesso si nascondono
risorse ed energie che attendono soltanto di esse-
re risvegliate e messe in gioco. Talvolta basta una
semplice scintilla – un incontro luminoso capace di
aprire una breccia in quel guscio di apatia di cui
ci siamo rivestiti, una testimonianza di impegno
appassionato e pienezza di vita, un’esperienza si-
gnificativa in grado di restituire senso e prospetti-
ve al nostro vissuto quotidiano – per riaccendere il
I vostri nonni gioventù “bruciata”,
i vostri padri gioventù “bucata”
e voi gioventù “brucata”, yeah!
A voi vi chiamano, chiamano, chiamano
la gioventù “brucata”...
Un tempo avevo un amico
ed una donna da amare
e contavo su di loro
per sapere cosa fare.
Un tempo avevo un amico
ed una donna da amare,
ma quando gli han chiesto chi fossi
hanno deciso di abiurare.
Un tempo avevo un amico
ed una donna per cui morire,
ora la gioventù “brucata”
se li è presi nel suo ovile.
Un tempo avevo un amico
ed una donna per cui morire
ed ora conto su di loro la notte,
altrimenti non riesco a dormire...
(Pinguini Tattici Nucleari, Gioventù “brucata”, 2017)
desiderio di fare progetti a lungo termine, di asse-
condare le nostre aspirazioni più autentiche, in una
parola, di essere felici, nel segno della fedeltà a noi
stessi e alla nostra singolarità.
Un simile cambiamento richiede, però, la disponi-
bilità ad accettare la fatica di rimetterci in discus-
sione e di cercare e praticare strade inedite, anziché
accontentarci di soluzioni preconfezionate e mo-
delli di vita omologanti. Comporta un approccio
critico nei confronti di tutti quei condizionamen-
ti sociali e culturali che tendono a mortificare la
nostra originalità e ad indirizzare le nostre scelte
verso obiettivi stabiliti da altri. Ma, soprattutto, ci
chiama a prendere posizione, a “comprometterci”
per un’idea, una causa, un’esperienza, ad innamo-
rarci della nostra vita, al punto da non sprecarla in
una mediocre banalità e renderla sorprendente e
meravigliosa nella sua unicità.
DICEMBRE 2020
37

4.8 Page 38

▲back to top
LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
Recuperato il più antico
filmato salesiano
Immagini mute, ovviamente,
incerte e tremolanti come
potevano essere all’epoca,
ma più eloquenti di tante parole.
Un intenso
ritratto di
don Rua.
Qual è il più antico documentario italiano
tuttora visibile? Facile la risposta: una
breve inquadratura di papa Leone XIII
nei Giardini Vaticani (1896). Quali
sono i più antichi fotogrammi prodotti in Italia?
Non difficile la risposta: quelli di pochi minuti de-
dicati a regnanti e a scorci di alcune città: la visita a
Monza di re Umberto I e della regina Margherita
di Savoia (1896), la visita dei neosposi principi Vit-
torio Emanuele ed Elena di Montenegro al Pan-
theon di Roma (1897, l’arrivo del treno alla Stazio-
ne di Milano 1896, la Fiera di Porta Genova 1898
e poco più.
E in ambito prettamente salesiano? Quasi impos-
sibile la risposta: si sarebbe tentati di dire che
i più antichi “quadri in movimento”
potrebbero risalire al primo dopo-
guerra, quando anche in Italia
la cinematografia si stava in
qualche modo affermando.
Invece ecco la graditissima
sorpresa: il più antico fil-
mato relativo ai salesiani
risale al 1910, ben 110
anni fa! E questa “pri-
mizia” non poteva che
riprendere Valdocco, le
camerette di don Bosco,
le varie chiese, (cappella Pinardi, S. Francesco di
Sales, Maria Ausiliatrice), gli attigui porticati, i
cortili, l’entrata, oltre ovviamente le figure ed i vol-
ti dei primissimi salesiani: quelli che accolti da ra-
gazzi da don Bosco ne hanno poi condiviso la vita.
Lo scoop
In effetti dagli archivi “fotografici” salesiani, af-
fidati al museo del cinema di Torino per la loro
digitalizzazione, è recentemente emerso un com-
movente filmato in bianco e nero, di otto minuti
che riprende i momenti salienti dei funerali di don
Michele Rua (6-9 aprile 1910), primo successore
di don Bosco. Il tutto realizzato con l’intelligen-
te collocazione della macchina da presa in diversi
posti di Valdocco, della piazza Maria Ausiliatrice,
del quartiere limitrofo. Il filmato sarà disponibi-
le online su ANSchannel dal 29 ottobre, festa del
beato don Rua.
Davanti a noi scorreranno anzitutto le immagini
del 7 aprile con la salma di don Rua vestito di
talare, cotta e stola esposta nella chiesa
di San Francesco di Sales e della
folla che si accalca per onorarla,
l’immagine dell’8 aprile con
la principessa Letizia di Sa-
voia che lascia la chiesa di
Maria Ausiliatrice saluta-
ta dai salesiani più auto-
revoli, con tanto di ad-
detti alla carrozza reale
in alta uniforme. In una
chiesa parata a lutto, con
il feretro posto su di un
38
DICEMBRE 2020

4.9 Page 39

▲back to top
modestissimo catafalco sotto la cupola e sei ceri ed
alcune candele, senza alcun fiore, aveva appena as-
sistito con autorità e civili e religiose della città alle
onoranze funebri presiedute dal vescovo salesiano
monsignor Marenco di Massa Carrara, accompa-
gnato dai vescovi di Ravenna e di Nusco.
Un funerale trionfale
Alle ore 16, mentre un sole magnifico dardeggia nel
cielo e le Alpi scintillano di nevi recenti, il corteo
funebre dalla chiesa si snoda per l’attuale via Ma-
ria Ausiliatrice, via Biella, viale Regina Margheri-
ta, via Ariosto, via Cottolengo, e ritorno in chiesa.
Precede la lunga teoria dei giovani con bande, del-
le associazioni e delle confraternite con stendardi,
del clero in talare e cotta; fiancheggiano il carro
rappresentanti della nobiltà, del foro, dell’esercito
e del Comune, reggendo i cordoni; seguono cinque
vescovi, i Superiori, gli ex allievi ecclesiastici e laici
e una folla di persone. Fanno argine al lungo corteo
due fitte ali di spettatori (oltre 100 mila persone)
soprattutto lungo il controviale di Via Regina Mar-
gherita, mentre nella carreggiata centrale scorre la
vita quotidiana della Torino del primo novecento: i
pedoni che la attraversano per omaggiare la bara,
le carrozze a cavallo che vanno e vengono, le auto-
mobili ed il tram in un continuo movimento. Alle
17,45 si ritorna in santuario dove dall’arcivescovo
celebrante viene data l’assoluzione alla salma. Alle
ore 20 il feretro viene riportato nuovamente nella
Chiesa interna.
La tumulazione, 9 aprile
Il pomeriggio del giorno seguente, portato a spalle
fuori della chiesetta, il feretro è deposta su d’una
carrozza funebre, seguita da un piccolo corteo di
vetture con don Rinaldi e don Albera, i membri del
Capitolo Superiore cooperatori e benefattori esimi,
il tutto ripreso dai primi cameramen. Una volta a
Valsalice, la bara è deposta nella galleria davanti
all’entrata alla tomba di don Bosco, prima di esse-
re tumulata nel loculo sulla parete destra. Proprio
sull’immagine della lapide che racchiude il loculo si
chiude il filmino.
Colà i resti mortali di entrambi sarebbero rimasti
là fino al giorno in cui, in occasione della beati-
ficazione del futuro santo (1929) e dell’inizio del
processo apostolico del futuro beato (1939), sareb-
bero stati solennemente riportati da dove erano
venuti, ossia la chiesa di Maria Ausiliatrice, ormai
arricchita di una nuova cupola e di un nuovo alta-
re. Colà avrebbe poi atteso che venisse portata nel
1957 pure la salma dello stesso don Rinaldi (futuro
beato) al momento dalla sua traslazione dalla tom-
ba salesiana del cimitero cittadino.
Il momento più toccante
del filmato
Ognuno potrà scegliere una sequenza del filmato
a suo piacimento; a toccare il mio cuore è la bara,
sorretta amorevolmente da giovani salesiani, coope-
ratori, amici e seguita da don Filippo Rinaldi con
tanto di paramenti sacerdotali (veste nera, cotta
bianca, stola viola). Accanto a lui il segretario del
Capitolo Superiore (il famoso don Giovani Battista
Lemoyne) che si sbraccia a “dirigere il traffico”, i
Consiglieri don Barberis, don Albera, don Cer-
ruti, don Bertello, don Piscetta, don Francesia, il
direttore don Marchisio e tanti altri salesiani della
prima ora. Essi portano nella chiesa di Maria Ausi-
liatrice per le solenni esequie il loro secondo padre,
don Rua, colui che aveva fatto a metà con don Bo-
sco e che ora lo aveva raggiunto in cielo.
La folla
immensa
al funerale
di don Rua.
DICEMBRE 2020
39

4.10 Page 40

▲back to top
I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni postulatore generale
Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di dicembre preghiamo per la Beatificazione
del Servo di Dio Oreste Marengo, vescovo salesiano
Oreste Marengo nacque a Dia-
no d’Alba (Cuneo) il 29 agosto
1906. Per tre anni frequentò la
scuola elementare delle Figlie
di Maria Ausiliatrice, quindi
continuò gli studi a Valdocco
dove ebbe la possibilità di co-
noscere don Albera, don Fran-
cesia e don Rinaldi.
Fin da ragazzo desiderava par-
tire per le missioni così, fatta
la domanda, venne mandato a
fare il noviziato in India, nell’As-
sam, a Shillong. Sotto la guida
di don Stefano Ferrando (futuro
arcivescovo e oggi Venerabile),
prima come maestro e poi
come direttore dello studenta-
to filosofico, Oreste Marengo
girò per i villaggi, imparando le
lingue locali e dando vita agli
oratori festivi. Durante gli studi
teologici ebbe la grazia di colla-
borare con don Costantino Ven-
drame (oggi Servo di Dio), dal
quale apprese lo spirito aposto-
lico. Il 3 aprile del 1932 venne
ordinato sacerdote. Da quel
momento egli rivolse il cuore
e l’anima alla visita dei villaggi
del nord-est indiano. Portava il
messaggio del Vangelo a mi-
gliaia di famiglie, aiutandole in
tutti i modi possibili.
Nel 1951 fu nominato vescovo
della nascente diocesi di Di-
brugarh. Venne ordinato il 27
dicembre 1951 nella basilica
di Maria Ausiliatrice a Torino.
Nel 1964 fu nominato primo
vescovo della diocesi di Tezpur,
e cinque anni dopo gli fu affi-
data la cura della futura diocesi
di Tura. Continuò a rendersi
disponibile nelle varie missioni
fino alla morte, avvenuta a Tura
il 30 luglio 1998.
L’obbedienza ai superiori, la
grande umiltà, l’amore per le
popolazioni affidategli che con-
siderava la “sua gente”, l’impe-
gno missionario fino al sacrifi-
cio di sé e al limite delle proprie
possibilità fisiche, l’ansia per la
salvezza delle anime e il tipico
ottimismo salesiano furono le
caratteristiche più evidenti e
più amate del grande missio-
nario nel Nord Est dell’India.
Preghiera
Padre onnipotente e misericordioso,
Tu hai voluto che monsignor Oreste Marengo
diventasse salesiano sulle orme di san Giovanni Bosco,
propagandone in modo meraviglioso
le opere nel nord-est dell’India,
fondando tre diocesi,
per annunciare, senza stancarsi, la Buona Novella.
Fa che egli, accolto da Te in Paradiso,
sia nostro potente intercessore
specialmente per…
(inserire l’intenzione personale)
e glorificalo qui sulla terra
come esempio di santità per i tuoi fedeli,
particolarmente per i giovani.
Te lo chiediamo per intercessione di Maria Ausiliatrice
[dei Cristiani
che egli ha amato e onorato con cuore di figlio.
Amen.
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
Il 29 settembre 2020, nel corso del Congresso peculia-
re dei Consultori Teologi presso la Congregazione delle
Cause dei Santi, è stato dato all’unanimità parere positivo
in merito all’esercizio eroico delle virtù, alla fama di santità
e di segni del Servo di Dio Felice Canelli (1880-1977), sa-
cerdote della Diocesi di San Severo (Foggia-Italia), Salesiano
Cooperatore, la cui Causa di Beatificazione è seguita dalla
Postulazione salesiana.
40
DICEMBRE 2020

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
La comunità accademica dell’UPS
Don Carlo Nanni
Rettore magnifico emerito dell’UPS
Morto a Roma, il 19 luglio 2020, a 75 anni
Don Carlo Nanni, nato a Ischia
di Castro (Viterbo) il 3 aprile
1945, era diventato salesiano
nel 1962 ed era stato ordinato
sacerdote il 18 marzo 1975 a
Castelgandolfo (Roma). Licen-
ziatosi in Filosofia il 27 giugno
1968 presso il Pontificio Ate-
neo Salesiano, e in Teologia
(specializzazione patristica e
storia del dogma) presso la
Pontificia Università Grego-
riana il 12 giugno 1975, don
Carlo conseguì anche la Laurea
statale italiana in Filosofia il 26
marzo 1973 presso l’Università
di Roma La Sapienza con una
tesi in antropologia culturale
dal titolo “La cultura d’origine
nel processo d’inurbazione”.
Nella sua formazione ha
sempre sentito fortemente il
bisogno di coniugare laicità
civile e comunità ecclesiale,
incarnazione nel territorio e ri-
cerca dell’universalità cattolica
“romana”, appartenenza eccle-
siale e cittadinanza attiva, im-
pegno nel sociale e ricerca del
Regno di Dio e della sua giusti-
zia, preoccupazione pastorale
e vicinanza ai vissuti e ai cam-
mini esistenziali dei giovani, di
persone e di famiglie nelle loro
concrete condizioni di vita.
Iniziò la sua attività didattica
nella Facoltà di Scienze dell’E-
ducazione a partire dall’anno
accademico 1976/1977 con le
lezioni relative alla parte filo-
sofica del Corso di Teoria ge-
nerale dell’educazione; da quel
momento il suo apprezzato e
appassionato insegnamento
universitario fu costante fino a
questo anno accademico. Don
Pietro Braido (Rettore dell’UPS
negli anni 1974-1977), indicò
don Carlo quale suo successo-
re nella Cattedra di Filosofia
dell’Educazione.
Ripercorrendo gli anni della
sua vita e in modo particolare
quelli della sua attività all’UPS
non si può non restare ammi-
rati per la costante e generosa
dedizione con cui don Carlo ha
svolto il suo servizio accademi-
co di docenza, di ricerca e di
impegno istituzionale.
Nel 1980 assunse l’incarico
di Codirettore della rivista
“Orientamenti Pedagogici” e
di Pro-Direttore dell’Istituto di
Metodologia Pedagogica, l’an-
no dopo di Segretario della Fa-
coltà. Nominato docente straor-
dinario l’8 settembre 1984, fu
promosso Professore ordinario
nella Facoltà di Scienze dell’E-
ducazione l’8 settembre 1989;
per molti anni fu il più giovane
Professore ordinario dell’Uni-
versità. Nel 1992 fu nominato
Vice-Decano della Facoltà, e
il 24 aprile 1995 iniziò il suo
primo mandato come Decano,
riconfermato poi per un secon-
do triennio (1998-2001) il 24
aprile 1998. Fu nuovamente no-
minato Decano della Facoltà di
Scienze dell’Educazione duran-
te l’estate del 2008, incarico che
lo impegnò solo per un anno,
fino a quando con Decreto della
Congregazione per l’Educazione
Cattolica datato 5 giugno 2009,
fu nominato Rettore magnifico
dell’UPS dal 1° luglio 2009 fino
al 15 luglio 2015.
Oltre agli insegnamenti della
sua cattedra, seguitissimi da
studenti e studentesse, ed al-
tri incarichi di insegnamento
esterni all’UPS presso la Dioce-
si di Roma e l’Università di Pe-
rugia, don Carlo Nanni seguì la
riforma curricolare dei Centri di
formazione del CNOS/FAP per
l’ambito della cultura generale
e fece parte di corsi per inse-
gnanti di sostegno, di aggior-
namento degli insegnanti delle
medie e delle superiori e con-
tribuì alla riforma curriculare
dell’Insegnamento di Religio-
ne Cattolica nelle Scuole Supe-
riori. Dal 1999 al 2012 fu anche
Consulente Ecclesiastico Cen-
trale dell’UCIIM, l’Associazione
degli insegnanti cattolici delle
medie e delle superiori fondata
nel dopoguerra da Gesualdo
Nosengo, curandone l’aggior-
namento didattico e spirituale.
È stato inoltre membro di co-
mitati scientifici di numerose
riviste di pedagogia e di pasto-
rale giovanile, dando il suo per-
sonale ed apprezzato apporto
scientifico e sapienziale: cosa
che del resto si evince dalla sua
vastissima produzione di libri,
articoli, saggi in volumi collet-
tanei, voci di dizionari, testi di
divulgazione filosofica e pe-
dagogica, ricerche sulla storia
locale, civile ed ecclesiale, dei
suoi luoghi di origine. Egli si è
impegnato sempre a leggere in
chiave pedagogica ed educati-
va i problemi e le sfide del no-
stro tempo, e quelli della con-
dizione giovanile in particolare,
sottoponendo a serrata critica
i modelli teorico-culturali tra-
dizionali e correnti, facendo
interagire ragione filosofica,
riflessione di fede e tensione
intellettuale per una vita civile
e democratica integrale e ple-
naria aperta alla trascendenza.
Egli ha offerto anche un prezio-
so e competente apporto per
l’elaborazione di importanti
documenti, quali per esempio
gli “Orientamenti pastorali”
dell’Episcopato italiano per il
decennio 2010-2020 (Educare
alla vita buona del Vangelo) e
il sussidio per la riflessione e
l’azione pubblicato dalla Con-
gregazione per l’Educazione
Cattolica pubblicato nell’anno
del Giubileo della Misericordia
(Misericordiosi educando).
Nonostante i notevoli impegni
di docenza e di gestione della
vita accademica dell’UPS don
Carlo Nanni non ha mai trala-
sciato la cura pastorale diretta
delle persone, attraverso la
confessione e la direzione spi-
rituale, l’offerta del ministero
presbiterale presso parrocchie,
Centri giovanili, Istituti religio-
si maschili e femminili, l’aiuto
alla sua parrocchia d’origine,
la predicazione congiunta alle
conferenze formative-culturali,
sempre a chiara intenzionalità
pastorale-educativa.
DICEMBRE 2020
41

5.2 Page 42

▲back to top
IL CRUCIVERBA
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
DEFINIZIONI
ORIZZONTALI. 1. La E nella bussola - 4.
L’eccidio nella tonnara - 10. Istituzione
pubblica - 14. Lima per il legno - 16.
Lo esclama chi compie un salto o una
prodezza in genere - 17. L’Olanda (sigla)
- 19. Quel di Lana è sulle Dolomiti - 20.
Metro cubo - 21. Prefisso che vale contro
- 23. Per la religione cattolica sono perio-
di di tre giorni di preghiere, analogamen-
te alle novene - 26. Treviso (sigla) - 27.
Si sente rimbombare nelle valli - 28.
Così inizia la dedica! - 29. Maldicenze,
pettegolezzi - 30. Il centro di Chieti - 31.
L’Accorsi attore (iniz.) - 32. XXX - 35. Il
? dio egizio del Sole - 37. Si trasformò in
Unione Europea nel 2009 - 38. Indicano
le forme originarie dei vocaboli - 39. Col-
pevoli - 41. Il motivo musicale che apre
?
La soluzione nel prossimo numero.
una trasmissione televisiva o radiofonica -
43. Interpretò celebri personaggi “quasi
non parlanti” come Monsieur Hulot - 45.
UNA PROFEZIA REALIZZATA
Beppe sindaco di Milano - 46. Articolo
indeterminativo - 47. Toscani noto foto-
Don Giovanni Cagliero era appena ripartito per la Pa-
grafo (iniz.) - 48. Dolori che impediscono
tagonia e le spedizioni missionarie in Sud America e
i movimenti del capo - 51. Il poemetto
altrove nel mondo erano avviate da tempo, soprat-
che narrava di una guerra tra rane e topi.
tutto grazie all’impulso dei Cooperatori o “salesiani
esterni” che don Bosco volle affiancare all’Ordine religioso da lui fondato. Era il 1886, precisamen-
te una notte di aprile. Il futuro Santo era già fortemente debilitato, ma ebbe la prontezza di spirito
di raccontare con precisione a don Rua, prima che ne svanisse il ricordo, quello che fu l’XXX mis-
sionario. Don Bosco, così iniziava la visione, si trovava sulla cima di un’altura da cui poteva guardare
VERTICALI. 1. Per i greci antichi era il
messaggero degli dei - 2. Fu il primo
dolcificante artificiale - 3. Trieste (sigla) -
4. Masticata, detto con termine ora poco
usato - 5. Giocattolo per gli inglesi (y=i)
fino all’orizzonte. Una moltitudine di adolescenti corsero verso di lui dicendogli di averlo aspettato - 6. Topo senza uguali - 7. Nei velivoli
a lungo. Una di loro in particolare, una pastorella, si rivolse a lui e ai giovanetti insieme chiedendo misurano la quota - 8. Lo somministra
cosa loro vedessero in lontananza. Chi vedeva (anzi nel sogno “leggeva”) “Valparaiso”, chi “Santia- l’anestesista - 9. La sposa di Ettore - 11.
go”, un altro ancora diceva di vedere “Pechino”. “Ora” disse la pastorella rivolgendosi direttamente
a don Bosco, “tira una linea da Santiago a Pechino e guardala passare per il continente africano,
cosa vedi?”. “Vedo 10 centri salesiani.” Rispose don Bosco, e la pastorella completò il ragionamen-
to: “Questi centri daranno moltitudini di missionari, a Hong Kong, a Calcutta, avranno case e scuole
e centri di formazione!”. Don Bosco obiettò che i salesiani erano pochi e le distanze enormi, come
avrebbero potuto fare? La risposta fu pacata, ma decisa
Soluzione del numero precedente e anche ovvia, a pensarci bene. “Non ti turbare. Faranno
Non Classificato - 12. Lanciò la stampel-
la contro il nemico - 13. L’antica Svizzera
- 15. In mezzo alla campagna - 18. Il
nome di Pirandello - 22. Le usa il pittore
per dipingervi sopra - 24. Cittadina vi-
cino ad Ancona (j=i) - 25. Si spendono
a Tokyo (y=i) - 29. La prima preposizio-
ne - 33. Può essere ricoperto di tegole
questo i tuoi figli, i figli dei tuoi figli e i figli loro”. Nei gior- - 34. Si sostengono dopo gli scritti - 36.
ni seguenti, commentando questa visione profetica, che
oggi vediamo ben realizzata, al Santo si illuminavano gli
occhi e, pensando al tanto lavoro da farsi, sappiamo che
esclamò: “Quale gloria per la nostra Congregazione... ma
il tempo è nelle mani di Dio!”.
Iniziali di Gramsci - 40. Il profeta asce-
so in cielo su un carro di fuoco - 41. Si
immerge con le bombole - 42. I signori
ai quali si rivolge l’oratore - 44. Altro
Operatore Mobile, in telefonia (sigla)
- 45. Dispari nei solchi - 49. La fine di
Karim! - 50. Il dell’antico provenzale.
42
DICEMBRE 2020

5.3 Page 43

▲back to top
LA BUONANOTTE
B.F. Disegno di Fabrizio Zubani
Un cucciolo
A lla periferia
della città
c’era un
grande podere con
una villa e un
giardino di alberi da
frutta, piante orna-
mentali e macchie di
fiori dai bei colori.
Al ragazzino piaceva
molto passeggiare
lungo il suo recinto.
?
Un giorno, sul
cancello del giardino
della casa, venne ap-
peso un cartello che
diceva: «Si vendono
cuccioli di cane di
razza».
Il ragazzino rilesse
più volte il cartello,
poi, in modo risoluto,
suonò il campanello.
Venne ad aprire il
padrone che era un
signore gentile che sorrise al ragazzo. «Che cos’ha?» chiese il ragazzo
rò alla somma giusta».
Il ragazzino ricambiò timidamente indicandolo.
«Ma perché vuoi comprare un cane
il sorriso, poi si mise una mano in «Il veterinario sostiene che ha una malato? Non potrà mai correre con te
tasca e disse: «Qui ho due euro e 37 deformazione della zampa. Probabil- o seguirti al parco e in montagna!»
centesimi, posso guardare i cagnoli- mente zoppicherà per sempre».
Il ragazzo si chinò, si rimboccò la
ni, per favore?»
«Vorrei comprarlo io, se non le di- gamba dei pantaloni e mostrò la sua
L’uomo fece un fischio e da una
spiace» disse il ragazzo.
gamba.
cuccia che portava la scritta “Lady”, «Te lo regalo!» esclamò l’uomo. «Non Era malformata e ingabbiata in un
uscì un cane femmina magnifico ed riuscirei a venderlo in ogni caso».
tutore di metallo.
elegante seguito da cinque bellissimi Il ragazzo ribatté vivacemente: «No! Poi disse: «Anch’io non corro bene.
cuccioli.
Anche lui vale come gli altri. Porterò Il cucciolo avrà bisogno di qualcuno
Solo uno zoppicava leggermente.
i soldi ogni settimana, finché arrive- che lo capisca».
DICEMBRE 2020
43

5.4 Page 44

▲back to top
UN KIT ANTI-COVID
PER NATALE
IN UCRAINA, I BAMBINI DELLA CASA FAMIGLIA
SALESIANA DI LVIV HANNO BISOGNO DI
MASCHERINE, IGIENIZZANTI, TERMOMETRI E SAPONI
PER DIFENDERSI DAL COVID-19…
PER APPROFONDIRE IL PROGETTO VAI SU
WWW.DONBOSCONELMONDO.ORG >
DON BOSCO
NELMONDO
DON BOSCO NEL MONDO - Cod. Fisc.97210180580
Via Marsala 42 - 00185 Roma - Tel. +39 06 6561 2663 - WhatsApp +39 342 9984165
donbosconelmondo@sdb.org - www.donbosconelmondo.org