Bollettino_Salesiano_201907

Bollettino_Salesiano_201907

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IL
LUGLIO
AGOSTO
2019
Poster
Paese che vai,
Salesiano che trovi
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
Un campo
Sono un po’ infossato, ma ben irrigato e
di buona qualità. I primi che mi hanno
calpestato, qualche migliaio di anni fa,
erano cinghiali e stupidi ominidi coperti
di pelliccia. Sono un pezzo del terreno
alla base del contrafforte a nord di quella
che adesso chiamano città di Torino. Sono passati
migliaia di anni, ma io sono sempre qui.
Non avete idea, di quante storie ho sentito. Ho vi-
sto la vita e la morte. Anche quella di quei soldati
romani che chiamano martiri, sono stato ferito
da aratri, ho fatto crescere alberi ed erba, sono
stato tormentato da stormi di oche. Quelle che mi
hanno dato il nome: Valle delle oche, Valdocco.
Ero diventato un buon campo seminato a mais,
patate, cavoli, barbabietole, lattughe e ottima
erba per mucche e conigli. Il mio destino cambiò
(Traduzione di Deborah Contratto)
La storia
Nel 1844, don Bosco vide in sogno una pastorella che lo
invitò a guardare al mezzodì. «Guardando, vidi un cam-
po, in cui era stata seminata meliga, patate, cavoli, bar-
babietole, lattughe e molti altri erbaggi. “Guarda un’altra
volta” mi disse. E guardai di nuovo, e vidi una stupenda
ed alta Chiesa. Un’orchestra, una musica istrumentale e
vocale mi invitavano a cantar messa. Nell’interno di quel-
la Chiesa era una fascia bianca, in cui a caratteri cubitali
stava scritto: Hic domus mea, inde gloria mea (Questa è
la mia casa, di qui si espanderà la mia gloria)».
un giorno che avvertii su di me il luccichio di
due occhi che mi fissavano con un’attenzione
particolare. Appartenevano ad un giovane prete
che stava dicendo: «È proprio questo il campo
del sogno. È qui dove la Signora ha posato il
piede». E raccontò di una grandissima chiesa con
molti edifici intorno e con un bel monumento
nel mezzo.
Come vedete, è andata proprio così. Certo non è
stato facile per il buon don Bosco divenire il mio
proprietario. Prima di tutto, non aveva un centesi-
mo da parte. Tutto quello che riusciva ad elemo-
sinare finiva in pane per i suoi ragazzi. Ma la Si-
gnora non gli dava tregua: mi voleva a tutti i costi.
Sempre sollecitato dalla Signora del sogno, anche
se il terreno non era suo, benché non possedesse
ancora il terreno sul quale edificarla, e gli mancas-
se il disegno, spedì un gran numero di circolari,
chiedendo il concorso e l’aiuto dei benefattori.
I miei padroni non sapevano che farsene di me e
mi misero in vendita, ma a patto che a comprar-
lo non fosse don Bosco, che non voleva pagare il
vecchio prezzo, dato che mi ero svalutato. Don
Bosco però era un furbacchione e mandò a fare
le trattative un amico, ma nello studio del notaio
per l’ultima firma si presentò anche don Bosco.
Ahia! I miei padroni si ritirarono indignati. Ci
volle un intervento dall’alto per farli cedere. Ma
finalmente ero di don Bosco.
Ed eccomi qui. Milioni di persone passano su
di me, milioni di bambini e ragazzi pregano e
cantano sopra di me.
Se non ci fossi io tutto questo non esisterebbe.
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Luglio / Agosto 2019

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IL
LUGLIO-AGOSTO 2019
ANNO CXLIII
Numero 07
IL
LUGLIO
AGOSTO
2019
Poster
Paese che vai,
Salesiano che trovi
Mensile di
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina: La gioia, il sole, l’acqua,
l’amicizia sono i doni più belli dell’estate.
Un periodo magico per i bambini e gli
adulti. È la dolce consolazione di una vita
troppo spesso frenetica (Foto / Shutterstock).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 REPUBBLICA DEL CONGO
10 ITALIA
Moise Kean
12 PAPUA NUOVA GUINEA
14 L’INVITATO
Etiopia
18 LE CASE DI DON BOSCO
San Cassiano
22 POSTER
Il mondo salesiano
24 FMA
26 TEMPO DELLO SPIRITO
Cinque lezioni di saggezza
28 I NOSTRI EROI
Un san Luigi tutto nostro
31 CINQUE PER MILLE
32 INDIA
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
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12
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 66
edizioni, 31 lingue diverse e
raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
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Il Bollettino Salesiano
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Roberto Desiderati,
Emilia Di Massimo, Ángel
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Palacios, Piero Grosso, Carmen
Laval, Cesare Lo Monaco,
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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
Tre stole, tre storie
meravigliose Dobbiamoricordareilvalore
incalcolabile di ogni incontro
umano, breve o duraturo, profondo
e un cuore che
non dimentica
o rapido che sia. Ogni incontro
lascia un profumo particolare
nella nostra anima. Viviamo ogni
incontro umano in modo speciale.
Come i tre che vi racconto.
Cari amici e lettori del Bollettino Sa-
lesiano, vi ritrovo con gioia in questo
nostro appuntamento mensile sulla
rivista fondata e tanto amata da don
Bosco. Attraverso il Bollettino Sale-
siano don Bosco voleva far conoscere
il bene che si fa nelle case salesiane, soprat-
tutto nelle missioni salesiane, e come
normalmente faceva di persona, tende-
va la mano con immensa fiducia verso
chi incontrava, sperando di trovare
molti che lo aiutassero a realizzare
la sua missione tra i ragazzi e le fa-
miglie più povere del mondo.
Voglio rievocare con voi tre simpatiche
storie che ho vissuto durante le mie visite
tra i salesiani del mondo. La protagonista
assoluta di tutte le storie è una stola.
La stola è una parte dell’abbigliamento
del sacerdote e del diacono per le celebra-
zioni liturgiche. È quella striscia di tes-
suto del colore liturgico del giorno che
il sacerdote si mette sulle spalle e lascia
cadere sul petto. È il distintivo della
dignità e della consacrazione del sacerdote, ricorda
il giogo dolce di Nostro Signore, gli obblighi dello
stato sacerdotale e simboleggia in qualche modo le
pecore che il buon pastore porta sulle spalle.
In questi mesi mi hanno donato tre stole che han-
no per me un significato affettivo particolare.
La stola di una donna anonima
La prima stola mi è stata donata durante la festa
di Maria Ausiliatrice, il 24 maggio a Valdocco. È
una bella stola, ricamata a mano con uno stupendo
filo d’oro, realizzata in centinaia di ore di lavoro.
Una signora devota di Maria Ausiliatrice e di don
Bosco desiderava che la indossassi nell’Eucaristia
e nella processione di Maria Ausiliatrice di quella
sera. Era stata confezionata con sacrificio, in sem-
plicità, con tanta generosità e tanto amore per la
Madonna. Ho celebrato l’Eucaristia con quella
stola, e ho pregato in processione con quella stola,
e ho offerto tutta la preghiera per le migliaia e mi-
gliaia di persone che erano lì, e in particolare pro-
prio per quella donna (che non conoscevo, perché il
dono era stato fatto in modo anonimo), il cui cuore
trasudava amore all’Ausiliatrice e fede nel Signore.
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La stola dei giovani
sotto le bombe
La seconda stola l’ho ricevuta a Damasco, in Siria,
un pomeriggio in cui centinaia di ragazzi e ragaz-
ze erano nell’oratorio. In quel pomeriggio abbia-
mo celebrato l’Eucaristia con più di cento giovani
animatori universitari. Credevamo ardentemente
che la pace fosse vicina e alla fine della Messa
dovevamo liberare una colomba bianca per dire a
tutti che si poteva esultare per la pace, ma poco
lontano da noi esplosero violenti colpi di mortaio.
Ebbene, quel pomeriggio, quei giovani animatori,
meravigliosi, con uno sguardo profondo e una fede
realmente vissuta, mi hanno regalato una simpati-
ca stola sulla quale c’è un ricamo in arabo che dice:
«Ricordati di noi ogni volta che celebri l’Eucaristia».
La stola dei giovani carcerati
La terza stola l’ho ricevuta un mese fa, durante la
mia visita in Brasile, nel Mato Grosso. Al termine
di un incontro con i giovani, un educatore mi ha
regalato una stola che riporta sul retro, scritti con
inchiostro indelebile, i 56 nomi e cognomi dei ra-
gazzi che sono nella casa salesiana. Non sono ragaz-
zi con una storia qualsiasi. Sono ragazzi condannati
a quello che una volta si chiamava carcere minorile,
sono ragazzi privati della libertà, a causa di qualche
reato e che dopo il processo sono stati affidati a noi.
Quei ragazzi non potevano venire all’incontro, ma
mi avevano mandato la stola con i loro nomi, chie-
dendomi di non dimenticarli e promettendo che
anche loro si sarebbero ricordati di me. Posso assi-
curarvi che ogni giorno li ricordo nell’Eucaristia.
Credo
Credo intensamente nella sintonia e nella comu-
nione dei cuori. Credo fortemente nella preghie-
ra, specialmente nella preghiera degli uni per gli
altri. È un’espressione vera d’amore, quella di pre-
gare per altre persone, note o sconosciute, ma che
vengono ad abitare nei nostri cuori nel momen-
to in cui le ricordiamo. In questi anni ho capito
sempre più chiaramente il motivo dell’insistenza
di papa Francesco che chiede di pregare per lui.
Per questo voglio lasciarvi la testimonianza
dell’importante valore di queste tre stole.
Voglio incidere nella mia e vostra memoria il va-
lore incalcolabile di ogni incontro umano, breve
o duraturo, profondo o rapido che sia. Ogni in-
contro lascia un profumo particolare nella nostra
anima. Dobbiamo far sì che ogni incontro umano
sia speciale. Così la nostra vita si arricchirà.
Le persone sono come le corde della chitarra,
ognuna è una nota diversa, ma insieme possono
suonare armonie indimenticabili.
Voglio ricordare come la fede riesca a muovere
cuori e volontà. Lo constato dappertutto nei miei
viaggi nel mondo salesiano.
Ogni volta capisco meglio quello che don Bosco
ha scritto ai ragazzi in Valdocco, quando era lon-
tano da loro, e li ha chiamati “ladri”. Sì, così li
ha definiti: «Siete tutti ladri...» e poi ha aggiunto
«perché mi avete rubato il cuore».
È bello sentire che il cuore può essere rubato in
un modo così amabile e pieno d’affetto, quando si
cerca solo il bene delle persone.
Vi benedico tutti e vi prometto che la prossima
volta che indosserò una di queste stole ricorderò
anche voi che avete condiviso con me il loro si-
gnificato profondo.
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REPUBBLICA DEL CONGO
GIAMPIETRO PETTENON
Nel cuore
dell’Africa
«Un uomo seduto all’ombra e
che vendeva bibite, vedendomi,
esclama: “Don Bosco è una
benedizione straordinaria
per tutti i giovani dell’Africa”».
I bambini sono
intelligenti,
con una voglia
sconfinata
di imparare.
I salesiani
vorrebbero
accogliere tutti, ma
dove trovare tutte
le aule necessarie?
Siamo arrivati nella Repubblica del Con-
go. Era l’antica Colonia del Congo fran-
cese fino all’indipendenza del 1960. En-
triamo nel paese dal fiume Congo che
separa i due paesi con il medesimo nome,
la medesima popolazione, ma divisi dalla
storia coloniale che ha visto sulla sponda orien-
tale del fiume i belgi (Congo belga) e su quella
occidentale i francesi. È un piccolo paese dell’A-
frica centrale con circa 6 milioni di abitanti che
abitano soprattutto lungo il fiume e sulla sponda
dell’Oceano Atlantico.
Un salesiano in tuta
I salesiani sono presenti con tre belle opere da
molti anni. La prima fu a Pointe Noire, la ca-
pitale commerciale del paese dotata di un gran-
de porto sull’oceano e ricca di risorse petroli-
fere. Ma quest’opera non riusciamo a visitarla
a causa del breve tempo del nostro soggiorno.
Abbiamo invece potuto conoscere le due opere
presenti nella capitale politica, Brazzaville.
È curioso che questa capitale africana prenda il
nome da un piccolo paese del nostro Friuli Ve-
nezia Giulia. Questo perché il fondatore nella
seconda metà dell’Ottocento fu un nobile italia-
no, naturalizzato francese – Pietro Savorgnan –
esperto navigatore ed esploratore la cui famiglia
era di Brazzà in provincia di Udine, che decise
di chiamare con il nome del proprio paese questo
insediamento sulla sponda del fiume Congo.
In Brazzaville abbiamo un bel centro di forma-
zione professionale frequentato da 700 allievi
che, in corsi biennali e triennali, si qualificano
nei settori: elettrico, meccanica d’auto, saldatu-
ra e tornitura, falegnameria e climatizzazione. È
stato bello incontrare un salesiano congolese in
tuta da meccanico e con i guanti per proteggersi
le mani dalle schegge di ferro. Sì, perché padre
Marc – di 35 anni – ha conosciuto i salesiani a
Lubumbashi frequentando la scuola di specializ-
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zazione in meccanica e quindi, dopo essere stato
ordinato sacerdote, i superiori lo hanno incaricato
del coordinamento dei settori professionali dei
centri di formazione presenti in tutto il Congo.
Un bravo salesiano, accogliente, sorridente, molto
concreto ed innamorato del suo servizio pastorale
che svolge con passione e dedizione verso tutti i
ragazzi e le ragazze che frequentano il centro pro-
fessionale e che hanno l’opportunità di inserirsi
nel mondo del lavoro con dignità.
La seconda opera salesiana presente a Brazzaville
è una grande parrocchia con annessa una scuola
primaria (dai 6 ai 12 anni) e secondaria (dai 12
ai 18 anni) frequentata da 900 bambini, ragazzi
e giovani. Purtroppo in questa scuola non hanno
più aule per accogliere tutti i ragazzi che deside-
rano frequentarla. Aumentando il numero hanno
sdoppiato i corsi. Ci sono quelli che frequenta-
no le lezioni al mattino (dalle 8.00 alle 12.30 i
più piccoli) e i più grandicelli hanno scuola dalle
13.00 alle 17.30. Non più tardi, perché siamo vi-
cini all’Equatore e quindi le giornate hanno sem-
pre 12 ore di luce ed altrettante di buio. Alle sei
del mattino la luce annuncia il nuovo giorno e alle
sei di sera il sole tramonta e subito dopo è buio,
buio pesto!
In questa scuola intitolata a san Carlo Lwanda,
martire africano, i confratelli salesiani, un po’ ti-
midamente, ci hanno chiesto di poter essere aiu-
tati a costruire nuove aule per venire incontro a
tutti i bambini che vogliono imparare a leggere
e scrivere. Siamo entrati in una classe di alunni
di 8 anni. Nello spazio in cui da noi ci stanno
20/25 bambini, erano stipati in 62! Troppo stretti
per poter imparare bene... Troppi per una mae-
stra che da sola deve gestirli tutti.... Vedremo se
la Provvidenza potrà farsi avanti come solo Lei
sa fare per aiutare questa scuola di don Bosco a
svolgere al meglio il suo compito educativo.
Portatori di speranza
Siamo arrivati a Kinshasa, la capitale della Re-
pubblica Democratica del Congo. In questa
enorme città di circa dieci milioni di
abitanti, è d’obbligo, quando si par-
la di numeri in questo paese, pre-
mettere sempre un “circa” perché
sono decenni che non viene fatto
un censimento della popolazione
e dunque non si sa esattamente
quanti abitanti ci siano. Certo è che
si vede gente ovunque lungo le strade,
sia durante il giorno sia la notte.
Il traffico è caotico e impres-
sionante in particolare in
prossimità degli incroci
stradali. I semafori
sono una rarità e le
precedenze un optio-
nal... chiunque si per-
mette di andare dove
È stato bello
incontrare
un salesiano
congolese in tuta
da meccanico
che coordina
con passione
i molti centri
di formazione
professionale
presenti in tutto
il Congo.
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REPUBBLICA DEL CONGO
Le scuole
professionali
sono aperte anche
alle ragazze. La
loro dignità, lo
sviluppo delle loro
capacità sono i
primi obiettivi dei
salesiani.
gli pare, persino imboccando i viali a più corsie in
senso contrario, quando qualcuna di queste corsie
è libera. Un’autentica “maledizione” sono i taxi
privati – micro bus e city car – di colore giallo che,
per accaparrarsi i viaggiatori, accostano continua-
mente al ciglio della strada creando “tappi” spa-
ventosi di auto che stanno ferme anche mezz’ora
sullo stesso posto. Per fare circa dieci chilome-
tri ci abbiamo impiegato due ore: estenuante!
I salesiani sono presenti in questa città da trent’an-
ni ed ora hanno cinque grandi opere sparse in
diversi quartieri della città. Lukunga – nel 1988
– è stata la prima presenza ed ora ci sono: la par-
rocchia, la scuola primaria e quella secondaria, il
centro di formazione professionale ed una comu-
nità per ragazzi della strada che i servizi sociali
ci inviano e che gradualmente riusciamo a rein-
trodurre in famiglia oppure a dar loro istruzione
e professionalità per inserirsi nella vita da adulti
responsabili. La seconda opera è stata Kingabwa
– nel 1999 – nella quale abbiamo la parrocchia, la
scuola primaria e secondaria. Nel 2002 abbiamo
aperto la terza opera – Masina – con la parroc-
chia, la scuola materna, la primaria e la seconda-
ria, il centro di formazione professionale. Visto
il successo del sistema educativo delle scuole di
don Bosco nel 2013 il Ministro dell’Educazione
ci ha chiesto di prendere in gestione una parte
di un complesso scolastico molto grande presente
a La Gombe, anch’esso un quartiere centrale di
Kinshasa. Ci troviamo quindi a coordinare una
scuola tecnica superiore che si trova dentro un
enorme campus educativo. Infine nel 2017 c’è
stata l’ultima fondazione che, sempre a Masina
vicino all’opera già presente, ha visto l’apertura di
una nuova sede di coordinamento delle presenze
salesiane in questa parte del Congo e del vicino
Congo Brazzaville, coordinamento che noi sale-
siani chiamiamo “sede ispettoriale” con annessa
la casa di formazione per i giovani aspiranti alla
vita salesiana. Una bella presenza di 15 giovani
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che vivono insieme ai salesiani per verificare se
l’intuizione che hanno sentito nel cuore può tra-
dursi in una vocazione per tutta la vita abbrac-
ciando la vita religiosa nella congregazione dei
figli di don Bosco.
Le nostre scuole sono molto richieste dai geni-
tori che desiderano una seria educazione per i
loro figli. Ovunque siamo stati, abbiamo trovato
migliaia di allievi in classi che mediamente sono
composte da una cinquantina di allievi ciascu-
na. Purtroppo il sistema scolastico statale lascia
molto a desiderare perché i docenti a volte devono
aspettare anche dei mesi per ricevere lo stipendio.
Evidentemente se hanno una famiglia da mante-
nere non possono attendere tempi così lunghi per
ricevere il proprio compenso. Questo li stimola
a cercare altri lavori e lavoretti che li impegna-
no a scapito della dedizione all’insegnamento. A
patirne le conseguenze sono la qualità dell’edu-
cazione e l’apprendimento degli allievi. Da noi,
invece, i professori sono pagati dignitosamente e
soprattutto con regolarità e questo favorisce un
inizio, il proseguimento e la conclusione regolare
dell’anno scolastico.
Un giorno del nostro soggiorno l’abbiamo passato
visitando le opere salesiane che sono nello stato
adiacente, al di là del fiume Congo, a Brazzaville.
Al nostro rientro a Kinshasa, nel tardo pomerig-
gio sbarchiamo sulla stazione fluviale. Indosso la
maglietta con il logo di Missioni Don Bosco ben
stampato sul davanti. Un uomo seduto all’ombra
e che vendeva bibite, vedendomi, esclama: “Don
Bosco è una benedizione straordinaria per tutti i
giovani dell’Africa”.
Migliore definizione per quello che fanno i nostri
confratelli in questo povero paese non poteva es-
serci. Anch’io, che pure congolese non sono, ho
gonfiato il petto carico di sano orgoglio!
“Le nostre
scuole sono
molto richieste
dai genitori che
desiderano una
seria educazione
per i loro figli.
Ovunque siamo
stati abbiamo
trovato migliaia
di allievi in classi
che mediamente
sono composte da
una cinquantina di
allievi ciascuna”.
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ITALIA
ROBERTO PASQUERO
Moise Kean
era un ragazzino
dell’oratorio
«Tutto questo mi
è stato donato
da Dio. In parte
Dio e in parte la
strada. La strada ti
insegna a essere
uomo, a capire la
realtà della vita e
a capire ciò che
ti sta intorno, nel
bene e nel male».
Sempre lì, accanto al
cancelletto del campo
sintetico dell’Oratorio
“Don Bosco” di Asti,
in attesa che qualcuno
delle squadre di adulti
del lunedì sera gli dica: “Man-
ca uno, vuoi giocare con noi”?
Fiondarsi in campo e comin-
ciare a correre, correre, correre
e fare goal tra la meraviglia di
chi, magari già con un po’ di
pancetta, non riesce a tenere il
ritmo di questo ragazzino di 10
anni scatenato.
Tutti lo chiamano Mosè. In realtà si chiama
Moises. Chiamato e battezzato con questo nome
perché la mamma sognò Mosè, il grande condot-
tiero biblico, prima di rimanere incinta.
Nasce a Vercelli, ma presto con la mamma e il
fratello Giovanni si trasferisce ad Asti e qui vive
la sua infanzia tra i libri di scuola… con i quali
non esagera e i campi di calcio sparsi in città.
Gli amici gialloverdi del “Sando” (San Domenico
Savio) gli procurano un paio di scarpette da calcio
e presso il campo di calcio dell’allora A.C. Asti si
allena, spesso da solo, a tirare da sempre più lonta-
no nelle porte piccole, abituandosi a fare goal.
Se sul campo di cemento
dell’oratorio, qualcuno gli avesse
detto: «Diventerai un campione e
guadagnerai tanti soldi» avrebbe
spalancato gli occhi e le braccia
come per dire: «Sarebbe bello,
ma non avverrà mai». Eppure
il sogno si è avverato.
È ancora troppo piccolo per entrare in squadra,
ma qualche dirigente della società sportiva si
accorge che “ha dei numeri”.
Intanto il tempo libero, dopo la scuola, lo pas-
sa all’oratorio del “Don Bosco” vicino allo stadio
di Asti. Palla sempre tra i piedi e partitelle im-
provvisate e, se non ci sono gli amici, gioca da
solo tirando contro il muro di cinta dell’oratorio,
stoppando il pallone, palleggiando di piede e di
testa… sempre in attesa che arrivino gli altri per
poter giocare con loro.
A volte è tardi e mamma lo viene a prendere,
dopo aver ricuperato l’altro figlio Giovanni al
campo sportivo astigiano e dopo aver lavorato
tutta la giornata come donna delle pulizie. Soldi
in tasca non ne ha, se non quei pochi spiccioli che
la mamma gli passa, faticosamente guadagnati.
Credo che, se a quei tempi, qualcuno gli avesse
detto: “Diventerai un campione e guadagnerai
tanti soldi” avrebbe spalancato gli occhi e le brac-
cia come per dire: “Sarebbe bello, ma non avverrà
mai”. Eppure il sogno si è avverato.
Averlo visto nella nazionale Under 19 segnare
due reti nella finale europea contro il Portogallo
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era l’inizio del compiersi di un sogno che, partito
dalle giovanili del Torino, si era concretizzato un
po’ di più nella Juventus.
Un bel segno di croce
Entrando nella partita contro il Portogallo ha
tracciato su di sé un bel segno di croce, diverso
dai tanti che vediamo in televisione che non si
sa bene che cosa siano. Poi ha allargato le mani,
quasi in una preghiera. È entrato in campo e ha
segnato due volte!
L’esordio in serie A nella Juve è avvenuto contro il
Pescara il 19 novembre 2016 all’età di 16 anni e 9
mesi, subentrando a Mandžukić. Tre giorni dopo
debutta anche in Champions League nella vittoriosa
trasferta contro il Siviglia, subentrando a Pjanić: di-
viene così il primo calciatore nato negli anni 2000 a
esordire in Serie A e in Champions League.
Ma non dimentica il suo oratorio e la sua città,
il suo barbiere, le sue maestre delle elementari.
Dopo l’esordio con il Pescara viene in oratorio e
passa la serata con gli amici di sempre.
Il campo di asfalto dell’oratorio potrebbe racconta-
re tante storie di Mosè: dalle partite dei “mondiali”
della domenica pomeriggio tra albanesi, maroc-
chini, peruviani e italiani nelle quali ogni gioca-
tore si tassava di 50 centesimi per la festa finale a
base di coca cola e patatine, alle cadute e sbuccia-
ture alle ginocchia e anche qualche rissa in campo,
sotto l’occhio vigile del direttore dell’oratorio don
Jacek Jankosz e il richiamo bonario, ma fermo del
compianto don Luigi Landoni che, essendo stato
missionario in Sudan, capiva molte lingue tra cui
l’arabo e riusciva a mettere pace e correggere qual-
che espressione non del tutto… oratoriana.
«Tutto questo mi è stato
donato da Dio»
«La mia vita è cambiata quando a 16 anni ho
esordito con la Juventus. Già da un po’ mi allenavo
con la prima squadra – ricorda Kean –, a un cer-
to punto contro il Pescara il mister mi chiede di
andare a scaldarmi e io non ci credevo. Appena
sono entrato al posto di Mandžukić ho pensato a
tutte le partite al Don Bosco giocate sull’asfalto.
In quel momento ero allo Juventus Stadium con
Dybala, Cuadrado, Marchisio, Buffon... Non ho
mai sentito un’emozione così forte in vita mia.
Tutto questo mi è stato donato da Dio. In parte
Dio e in parte la strada. La strada ti insegna a
essere uomo, a capire la realtà della vita e a capire
ciò che ti sta intorno, nel bene e nel male».
Riconosce che i compagni di squadra lo aiutano
a maturare non solo nel calcio, ma anche come
uomo e non rinunciano a qualche tiratina d’orec-
chie quando si esibisce in gesti o espressioni che
possono danneggiare la serenità di una partita.
Certo la carriera gli sta ancora davanti e l’augurio
è che possa non soltanto essere per tanti giovani
un esempio come calciatore, ma soprattutto come
uomo e come cristiano. Dall’oratorio Don Bosco,
dal catechismo presso la parrocchia di Santa Ma-
ria Nuova ha appreso la fede, l’importanza della
preghiera e dell’affidarsi al Signore che, con una
serie di coincidenze provvidenziali, lo ha portato
a questo livello.
Dice la mamma: «Viene a Messa con me, in tra-
sferta legge la Bibbia, lui e Giovanni hanno il Pa-
dre Nostro tatuato lungo le braccia».
E Mosè ribatte: «I miei soldi sono prima di tutto
di mamma per ricambiare le fatiche che ha fatto
per me».
Il campo da gioco
dell’Oratorio
Salesiano di Asti.
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11

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PAPUA NUOVA GUINEA
GIAN FRANCESCO ROMANO
Salesian Lay
Missioners
Il programma di volontariato missionario per
giovani laici dell’Ispettoria degli Stati Uniti
Est, “Salesian Lay Missioners” ( ), ha in-
viato missionari in Papua Nuova Guinea dal
1993 al 2005. Dall’anno scorso la nuova Vi-
sitatoria di Papua Nuova Guinea-Isole Salo-
mone ( ) ha inteso rivitalizzare la presenza di
missionari laici e infatti per quest’anno è previsto
l’arrivo di un volontario laico dell’Ecuador e di
due giovani degli Stati Uniti. Questi ultimi sono
Stephen e Matthew, sono da poco giunti nel Pae-
Stephen e
Matthew: «La
nostra storia è una
storia di Dio, che ci
ha aperto la strada
per farci incontrare
i salesiani».
se che li ospiterà per diversi mesi e hanno da poco
concluso il corso introduttivo alla cultura locale.
Presentatevi brevemente, per favore.
«Mi chiamo Stephen Stafstrom, ho 21 anni e ven-
go dalla Florida, Stati Uniti. Mi sono laureato lo
scorso maggio 2018 presso l’Università del-
la Florida Centrale. Per tutta la mia vita
sono stato circondato da testimoni del “sì”
Stephen e Matthew sono due
giovani statunitensi che hanno
scelto di donare un po’ della loro
vita ai giovani e ai poveri
di Papua Nuova Guinea.
alla chiamata di Dio nella loro vita: dall’esempio
di mia madre come responsabile della Pastorale
Giovanile nella mia parrocchia, al nome stesso
della mia parrocchia, “Annunciazione”, l’idea di
scegliere la volontà di Dio come indirizzo per la
propria vita è sempre stata evidente; così ho cer-
cato di vivere la mia vita di conseguenza».
«Mi chiamo Matthew Nguyen, e anch’io ho 21
anni. Vengo dal Texas, Stati Uniti. Mi sono lau-
reato alla “St. Martin University” nel 2017. I miei
genitori sono emigrati in America quando erano
molto giovani, durante la guerra del Vietnam».
Come hai conosciuto i salesiani?
Stephen: «È stato nell’autunno del 2017 che den-
tro di me si è come cristallizzata la chiamata a tra-
scorrere un anno o più della mia vita in una missio-
ne all’estero. Da lì la mia storia diventa una storia
di Dio, che mi apre la strada per farmi incontrare
i salesiani. In breve, ho parlato con il cappellano
del campus universitario, il quale mi ha suggerito
alcune opzioni tra i programmi più noti, tra cui
appunto i “Salesians Lay Missioners”. Durante la
mia ricerca sui Salesiani, ho potuto parlare con un
ex volontario del programma che aveva servito in
Etiopia e Ruanda e la nostra conversazione non ha
fatto altro che confermarmi che il carisma salesia-
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Luglio / Agosto 2019

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no era quello in cui maggiormente mi identifica-
vo. In seguito, lungo il mio cammino, ho ricevuto
altre conferme da numerosi amici e conoscenti. In
definitiva, è il Signore che mi ha messo in viaggio
nella missione con i Salesiani».
Matthew: «Quando sono andato all’Università
di Saint Martin all’improvviso, mi sono trovato
circondato da amici che erano infiammati dal de-
siderio di diffondere la fede, chiamati a fare di più
per “essere santi”. Ma ho cominciato a discernere
l’essere missionario solo un paio d’anni fa, quan-
do ho incontrato all’università una mia devotissi-
ma, zelante amica, che era entusiasta all’idea di
condividere la sua fede con altre persone. Qual-
che tempo dopo mi disse che stava raccogliendo
informazioni, tra l’altro, sui salesiani. Era da circa
un anno che non sentivo più quel nome, e tornai
a controllare i messaggi che avevo scambiato con
mia madre per rendermi conto che era lo stesso
programma di cui mi aveva scritto lei un anno
prima. Mi viene da pensare che spesso le mamme
sanno che cos’è meglio per i loro figli».
Che cosa ne pensi del corso
introduttivo iniziale per i nuovi
arrivati nella Visitatoria PGS?
Stephen: «L’orientamento introduttivo di cin-
que giorni, guidato direttamente dal Superiore
di , don Alfred Maravilla, ha approfondito
la nostra conoscenza della cultura e ci ha fatto
apprezzare il modo in cui don Bosco lavora con le
tradizioni e i valori melanesiani locali».
Matthew: «L’ho trovato come una boccata d’aria
fresca che mi ha dato vita e pace in quella che
sarà la mia casa per un po’ di tempo. Poter vi-
vere semplicemente con i miei fratelli qui mi ha
aiutato a capire che Dio era già qui e mi aspet-
tava in questo luogo. Ora mi chiede solo di fare
esperienza del suo amore e della sua misericordia
in un modo nuovo. Questi primi 5 giorni che ho
passato imparando, camminando, condividendo i
pasti e ogni momento con le persone di qui mi
hanno fatto sentire l’amore totale della Trinità. I
miei fratelli e sorelle mi hanno accolto a braccia
aperte. Non so se sono pronto, ma non ho più
paura di seguire il mio cammino».
Che cosa vuoi dire all’inizio di
quest’esperienza missionaria?
Stephen: «Ora che sono arrivato in Papua Nuova
Guinea Dio ha ulteriormente confermato questa
mia chiamata alla missione attraverso il sostegno,
la gentilezza e l’accoglienza della gente e della co-
munità salesiana. Il Paese è bello e ogni giorno
resto affascinato da qualcosa di nuovo, unico e
meraviglioso».
Matthew: «Se la missione è una chiamata, ho
avuto l’opportunità di rispondere. E la Papua
Nuova Guinea a sua volta mi ha risposto con un
“ciao!” incoraggiante! Sono davvero entusiasta di
continuare il mio dialogo con il Signore nell’in-
contro con ogni persona che mi offre accoglienza
e affetto. So che abbiamo molto ancora da im-
parare e sono eccitato all’idea delle opportunità
che avremo quest’anno per servire e approfondire
la nostra fede. Riconosco che potrei avere più da
ricevere che da dare. Desidero continuare a cre-
scere nell’umiltà e comprendere più intimamente
il valore della comunità. Spero che il mio servizio
missionario aumenti la mia dipendenza da Dio e
sviluppi le virtù della carità e dell’amore».
«Dio ha
ulteriormente
confermato questa
mia chiamata
alla missione
attraverso il
sostegno, la
gentilezza e
l’accoglienza
della gente e
della comunità
salesiana».
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ETIOPIA
GIUSI DONVITO
Un Angelo
in missione
Come faranno Abel, Yonas,
Kayla, Ahmed, o Halima, che
a occhio e croce avranno sì e no
7-8 anni, ad avere un futuro,
se passano la vita per la strada,
dormendo sui marciapiedi o in
una discarica nascosti in qualche
anfratto? Ci riusciranno se
incontreranno un “angelo”
speciale che li cerca girando
con un pulmino scassato.
«Sono don Angelo Re-
gazzo o Abba Me-
laku, come mi chia-
mano in Etiopia, e
lavoro tra i ragazzi
di strada di Addis
Abeba. Lasciai l’Italia per le Missioni
nel 1960, a soli 17 anni, alla ricerca di
un negretto denutrito che la maestra
delle elementari ci aveva fatto vedere
in un documentario sulle Missioni, nel
1950. Dio mi fece prendere una curva
molto larga per arrivare a incontrare
quel negretto in Africa: 22 anni tra
Thailandia, Hong Kong, Terra San-
ta, Turchia. Finalmente nel 1981 il
Rettor Maggiore don Viganò cercava
Salesiani per il Progetto Africa ed io
atterrai a Makallè, Etiopia, nel 1982,
due anni prima della grande care-
stia dell’84-85 che fece un macello di
morti. In quell’emergenza, i Salesiani
Cesare Bullo, chiamato Bud Spencer,
e l’altro, Terence Hill, indovinate
‘chi’, organizzarono le operazioni di
soccorso. In quell’occasione incontrai
quel famoso negretto denutrito che mi
presentò tanti altri fratellini e sorelline.
Fino ad oggi non smetto di ringraziare
il Signore per il ‘dono del loro sorriso’».
«Vuoi cambiare vita?»
Don Angelo si alza la mattina alle 4
e fa colazione nella mensa del “Bosco
Children”, dove i missionari assieme
ai volontari laici accolgono ormai più
di 400 ragazzi. Poi via, mette in moto
il suo pullman da una trentina di posti
e comincia un giro per la città, nelle
zone di Kera, Mekanissa, Jemo, Kir-
kos, lungo la “King Road”, a ridosso
dell’aeroporto, per raccogliere bambi-
ne e bambini che vivono per strada,
costretti a cavarsela da soli al freddo
secco e pungente dell’altipiano.
Randagi come sono, si nutrono con
quello che trovano, che è sempre
meglio del nulla che trovano dove
vivevano, in famiglie ormai disperse,
nella povertà più nera, dove le “case”
sono solo un letto, o poco più, fra
violenze e abusi e l’odore delle ba-
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racche di stracci e cartoni. Molti si
sono stabiliti attorno alla discarica di
Ring Road, a Koshe, dove nel marzo
dell’anno scorso un’intera collina di
rifiuti crollò sulle catapecchie, provo-
cando la morte di 46 persone.
«Purtroppo – confessa don Angelo
– da tutto questo riusciamo a portar
via soprattutto i maschi. Le bambine
difficilmente si fanno coinvolgere nel
programma che abbiamo chiamato
‘Come and See’ (Vieni e Vedi) perché
loro, una volta raggiunti gli 11-12
anni, finiscono nell’inferno della pro-
stituzione minorile, ad uso di clienti
locali, ma anche di molti europei e
americani, rischiando brutte malat-
tie, infezioni, soprusi e gravidanze a
13, 14 anni. Sono attratte dall’idea di
una ‘vita agiata’, che per loro vuol dire
semplicemente possedere un cellula-
re, un vestitino, un po’ di trucco per
sembrare più grandi».
Don Angelo e i suoi collaboratori li
incontrano sulla strada. Non danno
loro niente, neanche una caramella.
Niente. Fanno una domanda: «Vuoi
cambiare vita?»
Parlano delle strutture per farlo. Al-
lora don Angelo passa con il pulmi-
no a prenderli. Racconta: «Quando si
vede che il ragazzo vuole realmente
cambiare allora lo portiamo al Don
Bosco Children. Ogni sera li ripor-
tiamo sulla strada. Alla fine di due
mesi, vediamo se si sono staccati dalla
‘colla’, mastice che sniffano ed è cosa
terribile. Se hanno la forza di smette-
re li prendiamo come interni».
Il Centro Bosco Children
«Il Bosco Children Centre» scrive
Giampietro Pettenon presidente di
Missioni Don Bosco «è una struttura
convittuale e di formazione profes-
sionale per i ragazzi di strada. È una
bella opera, pulita e ordinata che ac-
coglie una settantina di ragazzi in un
percorso articolato ben gestito.
Ci raccontava don Angelo che il mu-
nicipio di Addis Abeba ha vietato
Randagi come sono, si nutrono con quello
che trovano, che è sempre meglio del nulla
che trovano dove vivevano, in famiglie ormai
disperse, nella povertà più nera.
loro di andare di notte per le strade
a raccogliere i ragazzi, perché non
vuole riconoscere che questo fenome-
no esiste. Per nulla scoraggiato, don
Angelo ha cambiato semplicemente
orario. Assieme ai suoi collaboratori
gira con il pulmino in pieno giorno
in mezzo al traffico caotico della cit-
tà a cercare questi ragazzi e ne porta
ogni giorno una quindicina al Bosco
Children, e alle ore 16.30 li rimette
in strada. Quelli che con costanza
fanno questo cammino progressivo
di avvicinamento all’opera salesiana,
al termine dei due mesi li accoglie nel
convitto offrendo un percorso di tre
anni nei quali, attraverso l’istruzione
(con il recupero degli anni scolastici
persi) e la formazione professionale
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ETIOPIA
nei laboratori, riesce ad avere successo
con il 70% dei ragazzi di strada.
I centri per raccogliere i ragazzi di
strada sono due: il Bosco Uno o di
Orientamento, dove i ragazzi vengo-
no qualche giorno alla settimana per
sei mesi ma alla sera devono far ritor-
no sulla strada. E questo per staccarsi
gradualmente dalla droga, dal sesso
irresponsabile e dal furto. Il Bosco
Due, dove i ragazzi stanno per tre
anni come interni, imparano un me-
stiere o vanno a scuola fuori.
Una cosa bella che don Angelo ci ha
raccontato è che questi ragazzi sono
bravissimi attori e in poco tempo sono
in grado di mettere in piedi uno spet-
tacolo che cattura tutto il pubblico. I
ragazzi confidano a don Angelo che
si divertono moltissimo ad avere sul
palco gli occhi della gente su di loro
e ricevere l’applauso, loro che invece
quando erano in strada erano scaccia-
ti, picchiati, insultati e mai guardati
in faccia da nessuno. Don Bosco e il
suo sistema educativo sono davvero
grandi e più che mai attuali in tutte
le parti del mondo!»
Don Angelo conferma: «Da quando
sei anni fa abbiamo inaugurato questa
struttura, abbiamo potuto riportare
alla normale vita sociale 396 ragazzi
dal Bosco Due e 23 ragazze dal Bo-
sco Uno. Le ragazze di strada sono in
attesa che si apra un Centro solo per
loro e siamo già in procinto di farlo
con l’aiuto degli Amici del Sidamo in
Missione e delle .
Il Don Bosco Coffee Shop & Expo,
anche se in piccolo, è finalmente de-
collato e a mandarlo avanti, guarda un
po’, sono proprio due ragazzi di strada
a cui abbiamo dato piena fiducia, an-
che se uno di loro era appena uscito
dalla prigione e proprio lui deve aiu-
tare l’altro, moralmente ‘zoppicante’,
a filare diritto. Loro vendono caffè,
tè, pizzette, dolci e leccornie varie
preparate dai ragazzi che frequentano
il Corso di Cuochi.
«Perché volete farvi
salesiani?»
La ‘fase più importante’ nel proces-
so di recupero dei ragazzi di strada
è il riallacciamento con la loro fami-
glia. Scappando da casa hanno creato
una ‘rottura’ di affetti e di relazioni.
Bisogna riallacciare, suturare e gua-
rire le ferite prima di reintegrare. Ci
vogliono almeno due visite in fami-
glia per la riconciliazione e quindi
la reintegrazione. È una spesa molto
Don Angelo gira con il pulmino
in mezzo al traffico caotico della
città a cercare questi ragazzi
e ne porta ogni giorno una
quindicina al Bosco Children.
pesante: migliaia di chilometri che i
nostri ragazzi, accompagnati o da un
salesiano o da un operatore sociale,
devono macinare con mezzi pubblici
o con le nostre macchine per quelli
che abitano in posti impervi dove non
arrivano i mezzi pubblici. L’incontro
del figlio con la mamma dopo anni
di separazione è sempre molto com-
movente: bisogna munirsi di abbon-
danti fazzolettini! Quando il ragazzo
di strada recupera il rapporto con la
propria mamma, il più è fatto.
L’incontro con il padre invece non
è sempre così roseo! Spesso il padre
non si fa trovare alla prima visita del
ragazzo in famiglia: le ferite del cuo-
re sono dure da guarire e prendono il
loro tempo!
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Luglio / Agosto 2019

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Uno dei nostri ragazzi di strada, ve-
nuto da una famiglia musulmana, tre
anni fa ci aveva sorpresi invitando-
ci alla cerimonia del suo Battesimo.
Bene, dopo aver incontrato Cristo al
Bosco Children, ha deciso di seguirlo
fino in fondo abbracciando lo spirito
salesiano. È entrato nell’Aspirantato e
l’anno venturo, a Dio piacendo, entre-
rà nel Prenoviziato. E un altro ragazzo
di strada che abbiamo tirato fuori dalla
prigione, dove s’è conservato buono in
mezzo a tanto marciume, anche lui ha
chiesto di fare lo stesso cammino.
«Perché volete farvi salesiani?» chiesi
loro a bruciapelo. «Ci sono ancora
tanti altri ragazzi e ragazze, lì fuori,
sulla strada», risposero. «Un giorno
vogliamo fare per loro ciò che voi ave-
te fatto per noi». Basta una risposta
come questa per ripagare gli enormi
sacrifici e giustificare le grandi spese
per salvare dalla strada questi ‘mo-
nelli buoni’. Altri cinque exallievi del
Bosco Children poi sono entrati all’u-
niversità e una decina hanno messo in
piedi delle piccole imprese per la lavo-
razione del cuoio e del bambù. Natu-
ralmente non sono tutti così. Ci sono
anche quelli che ritornano a sniffare
mastice, a rubare, per poi saltare il
muro di cinta e ritornare sulla strada,
come quello che ci ha rubato il TV
Decoder con cui i ragazzi potevano
godersi i tornei di calcio. Comunque,
grazie a lui, abbiamo potuto arriva-
re al capo mafioso che poi la polizia
arrestò. Pensate che questo tale inco-
raggiava i ragazzi di strada a rubare,
promettendo loro di comperare ‘tutto’
ciò che gli avessero portato, fosse sta-
to anche un chiodo storto!»
«I problemi più pesanti della Regione
sono l’urbanizzazione, la disoccupa-
zione e la voglia da parte dei giova-
ni di scappare all’estero, pensando di
fare tanti soldi e facilmente!»
Santa Madre Teresa
Uno dei ricordi più belli di don An-
gelo è l’amicizia con santa Madre Te-
resa. «Aveva una predilezione e stima
per noi Salesiani del Nord Etiopia.
Diverse volte visitò il nostro Semi-
nario e parlò accoratamente ai semi-
naristi spronandoli a essere persone
apostoliche a servizio dei loro fratel-
li e sorelle più poveri. Subito dopo
la grande carestia del 1984-85 volle
unirsi a noi a Makallè nell’assistere
le migliaia dei ‘più poveri dei poveri’,
come era solita chiamare i ‘prediletti
di Cristo’. Fu così che delegò noi
Salesiani a costruire a Makallè il loro
Centro di Assistenza agli invalidi e
bambini abbandonati, che ancora è
funzionante.
Quello che mi dà la gioia più grande
nei miei 55 anni di vita missionaria
non è solo essere stato in grado di
salvare le persone povere e indigenti,
soprattutto i bambini, da morte sicura
durante la carestia, ma, ironicamente,
di aver sperimentato personalmente la
tremenda sofferenza quando i banditi
mi hanno sparato, derubato e lasciato
solo con una gamba rotta in mezzo al
nulla. Il mio gesto istintivo iniziale di
ribellione (“Perché me, Signore, se sto
lavorando per te?”) è stato trasformato
in un’esperienza di grande pace e una
gioia profonda attraverso la realizza-
zione che sono stato ‘scelto per soffri-
re con Cristo’.
Ricordo le parole che Madre Teresa di
Calcutta mi ha scritto quando ha sa-
puto che mi avevano sparato: “Corag-
gio, don Angelo! Le sofferenze sono
un segno di predilezione di Dio”!»
L’incontro del figlio con la mamma dopo anni
di separazione è sempre molto commovente.
Quando il ragazzo di strada recupera il rapporto
con la propria mamma, il più è fatto.
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2.8 Page 18

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LE CASE DI DON BOSCO
PIERO GROSSO
Al Sanca
nulla
È lo slogan inventato dai ragazzi
dell’Oratorio Salesiano San
Cassiano di Biella.
È il cuore pulsante di un quartiere
ti
manca! storico e pittoresco della città.
colo permanente per i più sacri diritti. Si deci-
se dunque di iniziare pratiche all’uopo presso il
Molto Rev. Don Michele Rua, successore di Don
Bosco e Superiore Generale della Congregazione
Salesiana».
La lettera continuava accennando ad un lotto di
terreno «già in parola» e terminava con una ri-
chiesta di contributi per poter dare inizio alle
opere salesiane in Biella.
Il 17 settembre un rappresentante di commercio,
Domenico Abate, scrisse a don Rua per proporgli
l’acquisto di un fabbricato attiguo al «giardino»
della signora Bodré, acquistato dal cavalier Poma
per stabilirvi l’oratorio.
Il 26 settembre la Confraternita di San Cassiano
che amministrava la chiesa attigua al terreno ac-
quistato dal signor Poma, preso atto delle dimis-
Il Carnevale e
l’Estate Ragazzi
sono eventi
aspettati da tutti
con una crescita
esponenziale di
bambini, ragazzi e
giovani animatori.
Settimane da
vivere in intensità
dal mattino alla
sera, con gite,
piscina, laboratori
e giochi.
La storia della presenza salesiana a Biella, la
discreta operosissima città del Piemonte,
comincia con uno scambio di lettere nel
1897: «II desiderio che da molti anni era
grande e sentito di avere i Salesiani a Biella
si fece sempre più vivo e universale, in
vista dell’abbandono deplorevole in cui è lasciata
la gioventù, specialmente del ceto operaio, onde
questa cresce senza civile educazione, senza ri-
spetto alle leggi divine e umane, fatta strumento
di scaltri agitatori, a disdoro della Patria e peri-
sioni del cappellano, accolse il suggerimento del
canonico Buscaglia e nominò cappellano don Rua
conferendogli l’incarico di «provvedere un sacer-
dote». Nel mese di dicembre giunse a Biella don
Rua per rendersi conto di persona delle condizio-
ni dell’oratorio. I giovani che lo frequentavano a
quell’epoca erano già più di centocinquanta. L’at-
tuale chiesa, che è il centro della vita spirituale
del rione ed è parrocchia affidata ai salesiani dal
1917, nella sua situazione artistica attuale, risale
agli inizi del ’600, anche se si hanno notizie molto
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sicure di un edificio preesistente del 1300. Custo-
disce al suo interno uno dei tesori artistici più no-
tevoli e affascinanti della città: l’altare maggiore,
dedicato al Trionfo della Croce.
Un po’ come Valdocco
Il quartiere era lo storico Riva di Biella, definito
un paese dentro la città, quello che per decenni ha
ospitato chi arrivava da fuori, quello della malvi-
venza e delle bettole poco raccomandabili, quello
bohemien in cui si è trasformato. Un quartiere
molto simile alla Valdocco di don Bosco.
“Qui sono nato e cresciuto – spiega il consigliere
comunale Paolo Robazza, nato e cresciuto nella
circoscrizione – e ho assistito in prima persona
ai cambiamenti che la circoscrizione ha fatto.
Anche dal punto di vista architettonico, come la
chiesa parrocchiale, il cui esterno è stato comple-
tamente rifatto”.
E l’oratorio salesiano ne divenne subito il cuore
pulsante. “Il primo spazio sorto in città – conti-
nua Paolo Robazza – con queste caratteristiche.
Ma tutta la piazza ha una storia da raccontare.
Prima c’erano piccole abitazioni, poi abbattute per
lasciare spazio a una zona fruibile da tutti. Ma le
particolarità non finiscono qui. Tutto il quartiere
è percorso, nei sotterranei, da cantine più o meno
collegate, alcune ancora dotate di pozzi”.
Durante la Seconda Guerra Mondiale, l’oratorio
rimase sempre aperto. Una delle preoccupazioni
maggiori degli incaricati di dirigerlo durante il
periodo bellico fu quella di mettere i ragazzi al
sicuro dai rastrellamenti. Il direttore, don Ab-
bate, aveva eletto a nascondigli il sottopalco e la
ghiacciaia e non furono pochi quelli che vi trova-
rono rifugio.
Il 22 dicembre 1943, sulla piazza San Giovanni
Bosco, sette uomini furono fucilati dai Tedeschi
per rappresaglia: uno di loro, ferito, si finse morto
e riuscì a fuggire. Si rifugiò all’oratorio, dove fu
medicato, ma se ne allontanò quasi subito per non
Trekking estivo,
musica e teatro
sono i distintivi
tipicamente
salesiani del
San Cassiano.
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2.10 Page 20

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LE CASE DI DON BOSCO
Comune e, dal 1995, anche con la nuova Pro-
vincia di Biella. Per il rione Riva erano gli anni
difficili dell’immigrazione di massa. Occorreva
grande attenzione e capacità di accoglienza nei
confronti di ragazzi molto spesso provenienti
da famiglie in difficoltà. Bisognava impegnarsi
nell’integrazione e nella condivisione.
Nel 1996 fu inaugurata una moderna e magnifi-
ca palestra, costruita con l’aiuto concreto di san
Giuseppe, “il Santo dell’impossibile” tante volte
invocato e l’aiuto di molti benefattori.
Dopo qualche difficoltà dovuta anche al progres-
sivo invecchiamento del quartiere, negli ultimi
anni c’è stata una forte ripresa della vita e delle
attività oratoriane, in collaborazione con il coor-
dinamento del rione Riva con il quale si era e si è
in ottimi rapporti: i membri che lo compongono
sono quasi tutti impegnati anche in parrocchia.
Il calendario di tutte le attività è cadenzato
dall’anno liturgico, che da solo è già più che un
Il calendario di
tutte le attività
è cadenzato
dall’anno liturgico,
che, da solo, è
già più che un
catechismo.
La formazione
spirituale è al di
sopra di tutte le
attività.
mettere a repentaglio la vita di tutte le persone
che vi si trovavano in quel momento.
Accanto all’oratorio e alla parrocchia, intanto
cresceva anche un florido Istituto scolastico. Dal
1951 iniziò la Scuola media che durò fino al 1999.
La rinascita
Nella seconda metà degli anni settanta erano
molto sentiti l’impegno sociale e una certa atten-
zione alla politica, intesa in senso lato. Era nato
il Comitato di Quartiere e alcuni animatori di
San Cassiano entrarono a farne parte. Da allora
l’oratorio ha continuato a mantenere rapporti di
collaborazione con le varie realtà della pubblica
amministrazione: Consiglio di Circoscrizione,
20
Luglio / Agosto 2019

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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catechismo. La formazione spirituale è al di sopra
di tutte le attività che ad essa si adattano: in modo
particolare, l’oratorio mette in rilievo i momenti
più “salesiani”: il mese di don Bosco, san Dome-
nico Savio, don Rua (il vero fondatore di Sanca!).
Alla fine dell’estate, tutto l’oratorio parte sem-
pre per un pellegrinaggio a uno dei tanti luoghi
salesiani: Colle, Valdocco, Chieri, Mondonio,
San Giovanni di Riva. Tutto si regge sui soliti
pilastri: l’Eucaristia, la Confessione, la devozione
alla Madonna, che qui è soprattutto la Madonna
Nera di Oropa che dall’alto veglia sulla città di
Biella.
Il Carnevale e l’Estate Ragazzi sono momenti
aspettati da tutti con una crescita esponenziale di
bambini, ragazzi e giovani animatori. Settimane
da vivere in intensità dal mattino alla sera, con
gite, piscina, attività giochi.
La svolta si ha durante l’autunno, quando si co-
mincia il doposcuola, con possibilità di accom-
pagnamento dei bambini, dalla scuola elementare
all’oratorio: pranzo, gioco, attività varie e compi-
ti, lezioni. L’idea di fondo è data dal “Guardati
attorno!” del Cafasso; ci siamo accorti del biso-
gno delle famiglie del sostegno per il pomeriggio,
quando i ragazzi si ritrovano ad essere lasciati soli
con se stessi, senza possibilità di assistenza per
compiti e tempo libero, a volte affidata alla buo-
na volontà di nonni e nonne che fanno quel che
possono. La risposta è stata oltremodo positiva: le
iscrizioni al doposcuola sono aumentate di anno
in anno, riempiendo così un oratorio che rischia-
va di essere letteralmente spopolato.
Così si può ben dire che “Riva è storia”, con le sue
antiche mura; “Riva è torrente”, con la confluenza
delle gioiose acque del Cervo e dell’Oropa, sino
alle rogge che raggiungevano le fabbriche por-
tandovi energia; “Riva è giovane” con i ragazzi
cresciuti nell’oratorio all’ombra di don Bosco.
Nel novembre
scorso, più di
cento ragazzi
grandi e piccini
hanno passato
la giornata a
festeggiare il
compleanno
dell’oratorio: “Non
è uno qualsiasi:
quello di Sanca
è speciale” dice
un bambino
di seconda
elementare.
Luglio / Agosto 2019
21

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20°
West 0° East
20°
40°
60°
80°
100°
120°
140°
ARCTIC
Nord
OCEAN
80°
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GREENLAND
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Longyearbyen
Nordaustlandet
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(Norway)
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(Norway)
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NORWAY SWEDEN S 66°D33e' nAmrctiac CrirkcRleSeytkrjaaviítk
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F R A N C E U K R A I N E PLNSLK K A Z A K H S T A N M O NVGIEO L I A 40°
S PA I N GER Azores
(Portugal) Ponta Delgada
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MAURITANIA O I N D I A P CAPE
M A L I N I G E R VERDE
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CONGO AGL I. Fernando
G u i n e a ACC AFE da Noronha
(Brazil)
I N D O N E S I A Punta do Calcanhar
INA Natal
João Pessoa
AFC TLS PGS Recife
TA N Z A N I A Maceió
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MADAGASCAR (Brazil)
NAMIBIA BOTSWANA 23°27' Tropic of Capricorn
Rifstangi
NORWEGIAN SEA
Bodø
Kola
Kandalaksha Peninsula
Kanin
Peninsula
Nar’yan Mar
Vorkuta
Salehard
G
I ndigirka
ICELAND
Faroe
Islands
(Denmark)
Tórshavn
Trondheim
Scandi
Luleå
Umeå
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Archangel
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Ukhta
Syktyvkar
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I Salesiani sdb sono presenti in 160°
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(U.S.A.)
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Lake Superior
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Detroit
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Boston
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Cincinnati
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40°
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(Portugal)
Los Angeles
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(U.K.)
30°
Chihuahua
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(France)
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(Chile)
Sala y Gómez
(Chile)
Trujillo
PERU
Cerrode
Lima Pasco
BRAZIL
Pôrto Velho
Rio Branco
Miracemado
Tocantins
Guajará-Mirim
Campina
BRE Grande
João Pessoa
Recife
Juàzeiro
Maceió
Aracajú
10°
PER Callao
Huancayo
Salvador
Ica
Cuzco
L. Titicaca
BOL
La Paz
Arequipa
Mollendo
Tacna
BOLIVIA
Santa Cruz
Arica
Cochabamba
Sucre
Cuiabá
Brasília
BCG Goiânia
BBH Uberlândia
Corumbá
Belo
Itabuna
Iquique
Islas Desventuradas
(Chile)
Antofagasta
Potosí
Salta
S. Miguel de
Tucumán
Campo
Grande
PARAGUAY
PAR
Asunción
Horizonte Vitória
Trindade 20° Martin Vaz I.
Ribeirão Prêto
BSP PLaondrina Campinas
São Paulo
Campos
(Brazil)
Niterói
Tropic of Capricorn
Rio de Janeiro
23°27'
Curitiba
Santos
guaçu
Santiago del
Estero
Corrientes
Posadas
ay
Florianópolis
BPA
Lismore
(Aust.)
La Serena
Pôrto Alegre
30°
Glen Innes
Newcastle
dney
Wollongong
Lord Howe
Island (Aust.)
Ball’s Pyramid
North Cape
Auckland
Kermadec Islands
(N.Z.)
60° 10°
Shetland West 0° East
Islands
NORWAY
10°
Oslo
Stockholm 20°
Vänern
Linköping
Göteborg Vättern
SWEDEN
Gotland
30°
Tallinn
ESTONIA
Lake
Peipus
RUSSIA
Riga
Juan Fernández
Islands
(Chile)
CHILE
Viña del Mar
Mendoza
ARN Córdoba
Santa Fe
Salto
Paraná
Rio Grande
Rosario
URUGUAY
A R G E N T I NA Valparaíso
Santiago
CIL
Funes
URU
Buenos Aires
Río de
La Plata
la
Montevideo
Plata
Concepción
ARS Mar del Plata
aux
up
mania
Hamilton
NEW
ZEALAND
Nelson
AUL Gisborne
North Island
Wellington
Greymouth
Christchurch
Chatham Islands
(N.Z.)
West Cape
South Island
Dunedin
Invercargill
Bounty Islands
(N.Z.)
Edinburgh
Glasgow
Belfast
IRL Dublin
IRELAND
UNITED
KINGDOM
Bolton
Manchester
GBR
London
NORTH
SEA
DENMARK
Copenhagen
PLN
Malmö
NETHERLANDS
Amsterdam
Rotterdam
Soest
BENRhine
Hamburg
Elbe
Berlin
GERMANY
B A LTIC
Kaliningrad
LATVIA
LITHUANIA
ICP Vilnius
PLN
Gdańsk
RUSSIA
Minsk
PLN
PLE
Piła
PLE
BELARUS
POLAND Warsaw
Łódź
PLO
Temuco
Valdivia
Puerto Montt
I. Grande
de Chiloé
Puerto Aisén
I. Wellington
Neuquén
S. Carlos de
Bariloche
Bahía Blanca
Viedma
Comodoro
Rivadavia
ATLANTIC
40°
OCEAN
Macquarie Islands
Auckland Islands
(N.Z.)
Campbell Island
(N.Z.)
Antipodes
Islands
(N.Z.)
50°
English Channel
Channel Islands
SeineParis
Brest
Brussels Köln
GER
BELGIUM
Frankfurt
Prague
CEP
Wrocław
Wisla PLS
Kraków
LUXEMBOURG
Strasbourg
Da
München
n
u
b
CZECH REP.
e Wien
SLOVAKIA
SLK
Bratislava
Lviv UKR
Kiev
UKRAINE
PLS
Río Gallegos
Estr. de Magallanes
Punta Arenas
Tierra
del Fuego
Falkland Islands
(U.K.)
Stanley
50°
South Georgia
(U.K.)
(Aust.)
160°
180°
Nantes
FRB
AUS
LIECHTENSTEIN
SWITZERLAND
AUSTRIA
UNG Budapest Cluj-Napoca
MOLDOVA
Chis¸inau˘
Genève BernIME
SLOVENIA HUNGARY
INE
160°
FRANCE
Bordeaux
Lyon
140°
INE
Turin
Milan Venice
ICP
ILE
Genoa
SLO
Zagreb
LjublCjaRnOaATIA12CRO
BOSNIA AND
Belgrade
ROMANIA
Bucharest 100C° onstanta
Ushuaia
C. de Hornos
14 614 confratelli (128 Vescovi, Drake Passage
SCOTIA SEA
80°
60°
40°
La Coruña
Oporto
PORTUGAL
40°
POR
Lisbon Tejo
León
Bilbao
Toulouse
Marseille
ANDORRA
SSM
Zaragoza
Barcelona
Madrid
Ebro
S PA I N
Córdoba
Valencia
Murcia
Balearic Island
SAN MARINO
HERZEGOVINA SERBIA
MONACO
I TA LY
ICC
Corsica
RMG
UPS
Rome
VATICAN CITY
Sarajevo SLO
Podgorica KOSOVO
MONTENEGROTirIaMnaEPristinSkaopje
Bari
MACEDONIA
Danube
CEP
BULGARIA
Istanbul
Naples
ALBANIA
Sardinia
IME
Thessaloníki
GER
ICC
GREECE
TURKEY
Palermo
Pátrai Athens
Izmir
Sevilla
SMX
Gibraltar (U.K.)
Strait of Gibraltar Ceuta (Sp.)
Oran
Tangier
Melilla (Sp.)
MOROCCO FRB
Algiers
Constantine
ALGERIA
Tunis
TUNISIA
ISI Sfax
ISI
Sicily
Catania
MLT Valletta
MALTA
Crete
14 056 professi e 430 novizi)
1392 coadiutori
28 diaconi permanenti
90 Ispettorie
1802 opere erette canonicamente
113 altre presenze

3.4 Page 24

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FMA
EMILIA DI MASSIMO
Vado io!
Il numero di giovani che scelgono la spiritualità
salesiana come stile di vita sta aumentando e questo
consente al carisma di diffondersi oltre i nostri
ambienti, di raggiungere chi non ha mai sentito parlare
dell’“amico dei giovani”. Anche grazie al Vides.
Giubileo d’argento
Il buffet dei dolci crea un’atmosfera di
magia favorendo l’incontro con tan-
ti amici, così come la possibilità che
ogni ospite ha di poter abbellire una
borsetta gialla di stoffa o di lasciare
su di una tela, come ricordo, un’im-
pronta colorata del suo pollice. C’è
per tutti l’opportunità di acquistare
i lavori fatti a mano dagli amici del
Congo e del Brasile, di ammirare le
foto di persone che, in 25 anni, hanno
vissuto esperienze in grado di cam-
biare una vita.
Il clima di famiglia è la cornice che a
settembre ha fatto ritrovare a Monaco
circa ottanta appartenenti alle due asso-
ciazioni Vides fondate nel 1993 rispetti-
vamente in Germania da suor Monika
Rother, e in Austria da suor Friederike
Schachenhofer, per festeggiare il giu-
bileo d’argento del volontariato. «Da
noi tutto è molto personale», racconta
Katharina Gregull, che da un anno e
mezzo è la responsabile del Vides, in-
sieme con le sue direttrici, suor Petra
Egeling e suor Renate Schobesberger.
«Dalla fondazione del
ad oggi la
realtà è cambiata, le richieste indicano
un diverso impegno di volontariato,
come scrivere un Blog. Il numero di
giovani che scelgono la spiritualità sale-
siana come stile di vita sta aumentando
e questo consente al carisma di diffon-
dersi oltre i nostri ambienti, di raggiun-
gere chi non ha mai sentito parlare del-
l’“amico dei giovani”».
Già da dieci anni suor Petra Egeling
sta accompagnando le volontarie tede-
sche con tanto slancio, e da quindici
anni suor Renate Schobesberger svol-
ge la stessa missione per le volontarie
austriache. Ambedue le suore vogliono
incoraggiare le giovani ad assumere la
propria vita come un dono e la respon-
sabilità di essere una missione per gli
altri, come ricorda papa Francesco.
L’Ispettrice suor Maria Maul, nel suo
discorso di ringraziamento, sostiene
che “Vado io” è un’affermazione cardi-
ne per le suore di don Bosco. «Io vado
dove gli altri non vanno; faccio ciò che
gli altri non fanno. Se i giovani hanno
imparato ad andare, lo devono molto
alla testimonianza delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, all’amore con il quale
li accompagnano da sempre nel loro
cammino». Suor Maria è convinta che
il coraggio dei volontari sia comparabi-
le a quello dei missionari, i quali inco-
minciarono il loro viaggio con una fede
profonda e una grande fiducia in Dio.
24
Luglio / Agosto 2019
Il coraggio dei volontari è comparabile a quello dei
missionari, i quali incominciano il loro viaggio con
una fede profonda e una grande fiducia in Dio.

3.5 Page 25

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Non solo inviare
i giovani…
In rappresentanza dei Salesiani, l’I-
spettore don Reinhard Gesing ha rin-
graziato per l’ottima collaborazione
tra le suore e i “don Bosco Volunteers”,
come si chiama il servizio volontario
dei Salesiani, e ha ricordato come egli
interpreta la sigla Vides: “V” signifi-
ca “Vision”: visione di poter inviare
i giovani in paesi lontani; “I” sta per
“Identità”: essa si sta intensificando
attraverso le esperienze; “D” vuol
indicare don Bosco e Maria Mazza-
rello; “E” significa “Evangelium”: il
Vangelo che i volontari condividono
con la gente per incontrare insieme
Gesù; la “S” sta per “Schwestern”: le
suore che si impegnano a preparare
i giovani, ad accompagnarli e ad ac-
coglierli quando giungono nei paesi
dove svolgeranno il loro volontariato.
Don Gesing motiva la sua spiega-
zione della sigla Vides esplicitando
che: «Non s’inviano semplicemente i
giovani: essi devono essere anche ben
accolti. Questo è il fondamento per-
ché il servizio del volontario sia for-
mativo».
La celebrazione del giubileo ha per-
messo ad alcune ex-volontarie di
raccontare la propria esperienza. Sin-
golare la testimonianza di Angela
Flexeder, di suor Bernadeth Geiger e
di Anna Enders, in quanto apparte-
nenti a tre generazioni. Angela Flexe-
der partì 25 anni fa per il Brasile e
diventò così una delle prime volonta-
rie della Germania; suor Bernadeth
Geiger incominciò il suo servizio 12
anni fa in Cambogia; Anna Enders,
6 anni fa, si recò nella Repubblica del
Congo.
Suor Bernadeth, mediante l’esperien-
za del volontariato, ha compreso la
sua vocazione di Figlia di Maria Au-
siliatrice; Anna Enders è tornata ben
tre volte nel paese dove ha svolto il
suo servizio ed ha ospitato a casa sua
una suora del Congo.
Ciò che abbiamo fatto solo per noi
stessi muore con noi. Ciò che abbiamo
fatto per gli altri e per il mondo resta
ed è immortale .
Un giubileo d’argento celebrato all’insegna
dell’internazionalità e dell’appartenenza
salesiana.
Tutte e tre hanno dichiarato che il vo-
lontariato è un’esigenza che coinvolge
una vita intera, proprio come scri-
ve l’uomo di affari Harvey Mackay:
«Ciò che abbiamo fatto solo per noi stessi
muore con noi. Ciò che abbiamo fatto per
gli altri e per il mondo resta ed è immor-
tale».
Durante la celebrazione eucaristi-
ca altre volontarie hanno raccontato
la loro esperienza e altri giovani che
hanno scelto di partire sono stati ac-
colti ufficialmente. Il buffet mondia-
le, per iniziare a familiarizzare con il
gusto dei paesi nei quali i volontari
presteranno il loro servizio, ha fatto
sentire di essere cittadini del mon-
do, così come il concerto eseguito da
Martin Schlögel, volontario in Boli-
via e fondatore del progetto “Xumba-
lu” (suono di musica).
Un giubileo d’argento celebrato sen-
za alcun dubbio all’insegna dell’in-
ternazionalità e … semplicemente
Vides!
Luglio / Agosto 2019
25

3.6 Page 26

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TEMPO DELLO SPIRITO
CARMEN LAVAL
Traduzione di Marisa Patarino
Cinque lezioni di saggezza
di Santa Teresa d’Avila
Da alcuni anni si moltiplica-
no le opere su questa “donna
senza confini”, come è stata
definita. Dalla sua opera Av-
visi sintetizziamo cinque le-
zioni di saggezza.
1. RIGUARDO ALLE NOSTRE
EMOZIONI: “Non essere mai
eccessivo, ma di’ con misura
ciò che pensi”
Ogni incontro con l’altro, con Dio o
con chi ci è vicino, passa attraverso il
nostro corpo e il nostro spirito. Siamo
fatti di affetti e di emozioni; si tratta
di provarli e poi di esprimerli in modo
corretto per farne un ponte tra noi e
l’altro. Solo così possono esistere lo
scambio e la condivisione.
In un mondo di eccessi, com’è diventa-
to il nostro, di parole esagerate, offese
e derisioni, dobbiamo trovare la giusta
misura del nostro modo di parlare.
Con il termine “misura” Teresa d’Avi-
la intende parlare di “distanza”: è ciò
che rende possibile la relazione. Non
troppo vicino, cioè inchiodati alle no-
stre emozioni grezze o invadenti, né
troppo lontano da esse. Si tratta di
gestire con intelligenza questo con-
cetto di distanza che ci permette di
continuare a essere noi stessi e arric-
chirci con la differenza.
In pratica: Esaminiamo le nostre
emozioni quando si esprimono in
modo eccessivo (Che cosa dicono e che
cosa nascondono del mio desiderio,
delle mie paure? Che cosa mi disturba
dell’altro e che cosa richiama, in me
e nella mia storia?). Ma facciamolo
anche quando non si esprimono
affatto (Che cosa provo in profondità?
Come potrei dichiarare o dire a me
stesso ciò che provo?). Una volta
chiarite le nostre emozioni, dobbiamo
ancora pensare a come esprimerle:
stabilire un contatto senza essere
invadenti, spiegare senza rimproverare
o salire in cattedra, domandare senza
aggredire... La reazione dell’altro è il
barometro della nostra correttezza. O
dei nostri eccessi.
2. PER LA NOSTRA APERTURA
MENTALE: “Se qualcuno
parla di argomenti spirituali,
ascoltatelo come discepoli,
con umiltà, e fate tesoro
dei contenuti positivi che vi
saranno detti”
L’umiltà è al centro del messaggio di
tutti i grandi mistici. Ridimensiona-
re il proprio ego liberandolo di tutto
ciò che ostacola l’incontro con Dio è
il primo passo verso di Lui. Lo stesso
accade nelle nostre interazioni uma-
Papa Francesco ha detto
che la grande mistica
spagnola è “una guida
sicura”. A cinquecento
anni di distanza dalla sua
nascita, il suo messaggio
è ancora vivo ed è fonte
di ispirazione.
ne. Quale relazione posso avere, se mi
avvicino all’altro con la convinzione
della mia superiorità e della mia ve-
rità? Santa Teresa considera questa
regola di umiltà una priorità assoluta.
Il suo messaggio non è rivolto solo ai
credenti cattolici: scrive “spiritualità”,
non “religione cattolica”. Non scrive
neppure: “fate tesoro delle verità che
vi saranno comunicate”, ma “dei con-
tenuti positivi che vi saranno detti”.
Cioè ciò che il cuore riconosce come
giusto. È impossibile essere fanatici o
chiusi nelle proprie certezze, se si ap-
plica questo consiglio.
In pratica: Prima di criticare, con-
futare o cercare di convincere, adotta-
re una posizione di ascolto autentico,
senza preconcetti o giudizi. Questo
permette di aprire la mente ad al-
tri modi di pensare, di arricchirsi di
nuove conoscenze e di creare un cli-
ma favorevole agli scambi sereni e
profondi.
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Luglio / Agosto 2019

3.7 Page 27

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3. PER VIVERE INSIEME:
“Compiere ogni cosa come
se Sua Maestà [Dio] fosse
realmente visibile; in questo
modo l’anima guadagna molto”
Per Teresa Dio è l’Altro. Il radicalmen-
te diverso. Per noi quest’altro è la “sede”
in cui incontriamo l’essere umano, di
fronte a noi, accanto a noi. Quello che
pensiamo di conoscere è accessibile solo
nello scambio che possiamo avere con
lui. A condizione di riconoscere e ac-
cettare la sua “alterità”. Compiere ogni
cosa “come se l’Altro fosse realmente
visibile” significa concepire l’alterità
come intelligente (ti riconosco come
altro) e arricchente (tu mi porti qualco-
sa). Vale per Dio e per tutti coloro con
cui ci incontriamo. Questa posizione è
la base di un vivere insieme rispettoso e
fecondo. Nei rapporti privati come nel-
le relazioni sociali.
In pratica: Accettare di essere distur-
bati, destabilizzati nelle nostre certezze
e nelle nostre convinzioni. Mettere in
discussione questa difficoltà e accettare
dall’altro ciò che può arricchire la no-
stra conoscenza di noi stessi, oltre alle
nostre competenze. Non accontentar-
si dell’illusione comoda ma pericolosa
(soprattutto nei rapporti affettivi) di
“sapere tutto dell’altro”; al contrario,
amare e rispettare la differenza tra noi
che, in famiglia, con i nostri amici o
colleghi, rende il rapporto vivo.
4. PER L’APERTURA DEL
CUORE: “Prendete l’abitudine
di compiere molti gesti
d’amore: rendono l’anima
ardente e dolce”
Il messaggio di Teresa è chiaro: non
dobbiamo aspettare di voler “compie-
re atti d’amore” per amare. Perché?
Perché se ci lasciamo trasportare sol-
tanto dalla nostra spontaneità, l’amore
rischia di essere il grande abbandona-
to delle nostre vite e dei nostri cuori.
Compiendo invece un atto di volontà,
lo inseriamo nella nostra vita quotidia-
na, lo rendiamo ordinario per noi. E
questo cambia tutto. L’altro messaggio
contenuto in questo consiglio è il dono
gratuito: dare prima di ricevere è la pe-
culiarità del cuore amorevole.
In pratica: Con l’espressione “atti d’a-
more” Teresa d’Avila si riferiva all’at-
tenzione verso gli altri, ai piccoli gesti
di gentilezza, al sostegno, al conforto,
all’ascolto amorevole. Cominciando da
coloro che si trovano vicino a noi. Tan-
ti piccoli gesti d’amore volontariamen-
te abituali che rendono il cuore capace
di aprirsi, di amare meglio, ma anche
di ricevere meglio.
5. PER LA COSCIENZA DI SÉ:
“Dedicate grande attenzione
all’esame di coscienza di ogni
sera”
L’esame di coscienza è un “classico”
della religione cattolica. Lo scopo
di questa immersione dentro di sé
è cercare di comprendere che cosa
ostacoli l’apertura del cuore e dell’a-
nima, o almeno avvicinarsi a questa
consapevolezza. Quali paure, quali
dubbi, quali dinieghi ci impediscano
di avere fiducia, di andare incontro
al nostro desiderio o di sostenerlo.
Questo esame di coscienza è anche
un invito ad ascoltare l’inconscio in
noi, le realtà difficili, dolorose, ver-
gognose, per non nascondere nulla
che ci disturbi o ci ferisca. Tutto alla
luce delle parole di Dio che sono nel-
la Bibbia e nel Vangelo di Gesù.
In pratica: Perché faccio o ho fatto
questo? Dove sto andando? Queste
due domande permettono di accedere
a una più profonda coscienza di sé e
mettono in questione il fine delle no-
stre azioni. Se Gesù fosse qui adesso
seduto accanto a me, che cosa mi di-
rebbe?
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I NOSTRI EROI
GIOVANNA BRUNI
Un san Luigi
tutto nostro
A Oliva Gessi, il mese
di giugno è il mese
di san Luigi Versiglia.
Egli, infatti, è nato il
5 giugno 1873 in questo
accogliente paesino delle
colline dell’Oltrepò pavese.
E qui lo chiamano
semplicemente «Il Santo».
al 1930, scriveva ai Superiori e che ve-
nivano pubblicate nel Bollettino Sale-
siano di quegli anni.
La casa di Oliva Gessi (Pavia) dov’è nato san Luigi Versiglia, vescovo e martire salesiano.
A Oliva tutto ruota intorno a
lui. Ogni anniversario a lui
legato è occasione di una
celebrazione solenne e di
un festeggiamento perché
la venerazione e l’affetto
per “il Santo” (così ci si riferisce a lui
normalmente) sono vivi in tutti, e in
tutti vi è il forte orgoglio dell’esserne
conterranei e il grande desiderio di
divulgare il suo culto.
Tanti sono gli aspetti della sua vita e
della sua persona che incantano e at-
traggono chi ha modo di conoscerlo,
soprattutto leggendo le sue parole,
proprio come è successo a me, che per
caso mi sono imbattuta nelle lettere
che, da Missionario in Cina dal 1906
Prete a ventidue anni
Ciò che subito ci colpisce è l’effetto
del magnetismo esercitato su di lui
da don Bosco e dall’ambiente sale-
siano che respira a Torino Valdocco,
dove all’età di dodici anni va a stu-
diare con la chiara intenzione di non
diventare poi prete, bensì veterinario.
Infatti, zelante e assiduo chierichet-
to, si indispettisce quando gli dicono:
“Tu diventerai prete”. Magnetico si
rivela anche un gruppo di missionari
in partenza per l’Argentina, durante
la cerimonia di consegna delle cro-
ci, l’11 marzo 1888 nella basilica di
Maria Ausiliatrice. Nasce così la sua
vocazione, la volontà di farsi prete
missionario, e sarà ordinato prete a
soli ventidue anni, con dispensa con-
cessagli in virtù della sua maturità
spirituale, superiore all’età.
Finalmente, nel 1906 riesce a con-
cretizzare la sua aspirazione: il Rettor
Maggiore don Michele Rua lo nomina
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Luglio / Agosto 2019

3.9 Page 29

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capo della prima spedizione missiona-
ria salesiana in Cina. A Macao, colo-
nia portoghese sulla costa meridionale
della Cina, ha inizio la sua vita missio-
naria, con la direzione di un orfano-
trofio per conto del vescovo monsignor
Paolino de Azevedo, ma il suo operato
si espanderà nei territori dell’Heng-
shaun, sul Fiume delle Perle, fino a
quelli montuosi a nord del Kwan-tung,
dando vita nel 1918 alla prima Missio-
ne Salesiana completamente autonoma
in Cina, la Missione dello Shiu-chow,
guadagnandosi la consacrazione a Ve-
scovo nel 1921.
Tutto ciò a dispetto dello scenario osti-
le e gravoso che offre la Cina in quegli
anni. Quelli del periodo missionario di
Versiglia, infatti, sono anni di grandi
tribolazioni per la Cina, tormentata da
tensioni sociali e scontri violenti, con
un’economia molto arretrata e inde-
bolita da trattati iniqui imposti dalle
potenze occidentali. Alla caduta del
Celeste Impero, con la proclamazione
di una Repubblica incapace di gover-
nare, poiché i veri detentori del potere
sono potenti generali che dominano
nelle diverse regioni, seguono conflitti
tra le forze imperiali e i rivoluzionari
repubblicani, l’imperversare della pi-
rateria e la diffusione di epidemie. La
situazione degenera quando il governo
repubblicano stringe un’alleanza con
il partito comunista cinese fondato da
Mao Tse-Tung e la Russia manda il suo
aiuto accompagnato da una pressante
azione di propaganda bolscevica contro
gli occidentali. Vengono compiuti so-
prusi e devastazioni, i missionari non
sono più tollerati e diventano bersaglio
dello xenofobismo bolscevico.
L’impronta del sangue
Monsignor Versiglia, pur tra disagi
e difficoltà di ogni genere, riesce co-
munque a svolgere un intenso lavoro
apostolico, anche in virtù della gran-
de fiducia nella protezione di Maria
Ausiliatrice e di don Bosco. In tutto
il suo agire emergono una grande ca-
rità, la totale abnegazione di se stesso
in favore del prossimo e il grande zelo
per la salvezza delle anime, in breve,
uno sconfinato amore per il prossimo.
Quando scoppia la peste bubbonica
corre a confortare e a battezzare i ma-
lati nei lazzaretti. “La prima volta che
giunsi al lazzaretto, mi trovai di fronte
a uno scompartimento femminile. Vedo
una povera ragazza di circa dodici anni,
di aspetto dolce di per sé e gentile, ma
pallida del pallor della morte; il sangue,
che per la veemenza del male, rigetta di
quando in quando, le imporpora la boc-
ca, ha una grossa e rozza catena ad un
piede per tema che nel delirio della febbre
abbia a fuggire, e presso a lei è il babbo,
accovacciato per terra, che la contempla e
si direbbe il ritratto del dolore. Verso sul
suo capo l’acqua salutare, e la poveretta
sembra trasformarsi; si vede visibilmente
che un influsso salutare la pervade e le dà
un aspetto angelico. – Dunque ora sono
figlia di Dio? Grazie, Padre, grazie! – E
mi prende la mano e vi stampa un bacio
lasciandovi l’impronta del sangue.”
Monsignor Versiglia si prende cura
anche dei lebbrosi segregati in un’isola
intorno a Macao. Durante la guerra ci-
vile dà rifugio a cristiani e pagani nelle
residenze della Missione. Più di una
volta si trova a dover difendere scuole
e residenze dall’occupazione di truppe
militari, ma la sua astuzia e la prover-
biale tranquillità lo vedono vincente.
Anche da vescovo, monsignor Versiglia non
dimenticò mai la sua prima vocazione salesiana:
i più piccoli sono i prediletti di Dio.
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3.10 Page 30

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I NOSTRI EROI
Compie frequenti visite alle varie
cristianità sparse nell’immenso terri-
torio della Missione, che richiedono
viaggi lunghi e faticosissimi, a piedi o
a cavallo lungo sentieri selciati stret-
tissimi o in barca sui fiumi, e spesso
deve pernottare sull’assito delle bar-
che pubbliche o in alloggi di fortu-
na. “Mancanza frequente di mezzi di
trasporto e piogge dirotte, quindi anche
cadute per i sentieri impraticabili, dove
non potevano tener fermo il piede nem-
meno i cavalli: digiuni forzati e forzate
stazioni deserte… chi può enumera-
re le mille peripezie dei nostri viaggi?!
… L’acqua gelata, in pieno febbraio, ci
scrosciava contro i vestiti senza pietà. E
non v’era un angolo in cui ripararci! Ad
un tratto i cavalli s’impuntano, e non si
va né avanti né indietro, e trascorriamo
una mezz’ora fra brividi e sospiri…
Chi vive al suo fianco testimonia che
monsignor Versiglia ha tratto affabile
e cordiale con tutti ed è circondato da
grande venerazione e profonda stima.
Per gli orfani il loro Lui San-fù (padre
Luigi) ha una dedizione totale e amo-
revole e si comporta come un padre. E
loro lo ricambiano appieno e appena
arriva gli corrono incontro e lo accol-
gono festosamente. Con monsignor
Versiglia nascono due bande musica-
li salesiane, a Macao e a Shiu-chow,
composte da orfani e allievi delle ope-
re salesiane. Sempre oggetto di grande
curiosità da parte dei cinesi, esse go-
dono di stima e prestigio, sono invita-
te a suonare in molte feste religiose e
civili e costituiscono un vero e proprio
strumento di evangelizzazione per la
simpatia che trasmettono. “I metallici
strumenti mandavano lampi e note da
Una istantanea di monsignor Versiglia. Il martirio
è stato il coronamento di una vita vissuta in piena
e generosa santità.
farci sembrare una comitiva fantastica,
piovuta da un altro mondo. – Sono pro-
prio nostri compatrioti quelli che cavano
così liete armonie da quei bei cosi di oro?
Come hanno fatto ad apprendere? – Ah!
Sono quegli uomini dell’occidente che li
hanno addestrati. – Pare impossibile che
soffiando in un buco così piccolo, esca un
vocione così grosso! – Questi Europei sono
veramente Diavoli! Altri a vedere don
Lucas che si sbraccia a far la battuta in
testa al suo battaglione: – Ah! quello deve
avere dell’ingegno per saper mettere in-
sieme tanto rumore. Quello deve avere
almeno dieci diavoli!”.
Il giorno della ferocia
La progettazione e la realizzazione di
scuole, residenze, chiese, dispensari
medici e ricoveri per anziani sono il
frutto di sue doti particolari: da un
lato quelle di architetto, dall’altro
quelle di convincente oratore. Infatti,
nei due viaggi che compie in Italia e
in Europa (1916 e 1922) e in quello in
America, in occasione del Congresso
Eucaristico di Chicago (1926), quan-
do racconta la sua vita missionaria
incanta e tocca i cuori di molti bene-
fattori ottenendo fondi consistenti per
la Missione. Appena prima di partire
per quello che si rivelerà il suo ulti-
mo viaggio pastorale riesce altresì ad
inaugurare un seminario per le voca-
zioni indigene: è la realizzazione del
suo sogno.
Il 23 febbraio 1930 parte per la visita
pastorale alla cristianità di Lin-chow
insieme al giovane missionario don
Callisto Caravario, a due giovani mae-
stri, alle loro due sorelle e ad una cate-
chista. Il 25 febbraio durante la risalita
del fiume di Lin-chow la loro barca
è fermata da una decina di pirati che
chiedono cinquecento dollari e tenta-
no di rapire le ragazze ma il Vescovo e
don Caravario si oppongono risoluta-
mente per proteggere la purezza delle
giovani. I pirati allora si scagliano su
di essi, insultando la religione, e li ba-
stonano selvaggiamente. Poi li condu-
cono in una boscaglia, li fucilano e si
accaniscono sui loro corpi.
Le ragazze, liberate qualche giorno
dopo dall’esercito regolare, testimo-
nieranno la serenità con cui i due
missionari sono andati incontro alla
morte. A tutti appare subito evidente
che essi sono vittime della purezza e
dell’odio contro la religione cattolica.
Tutti coloro che hanno vissuto a fian-
co di monsignor Versiglia ne esaltano
le virtù cristiane e apostoliche e sono
concordi nell’affermare che il mar-
tirio non è altro che il coronamento
di una vita tutta vissuta in Santità,
una Santità conquistata giorno dopo
giorno.
30
Luglio / Agosto 2019

4 Pages 31-40

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CINQUE PER MILLE
...........................................................
.........................................
Nel 2018 con il 5x1000 ricevuto, la Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ha realizzato i progetti
“Istruzione di qualità per i giovani vulnerabili e a
rischio” a Hospet in India e “Tutela dei minori a
rischio” a Kinshasa in Repubblica Democratica del
Congo e a Brazzaville in Repubblica del Congo.
accomuna è l’estrema povertà e la situazione di
bisogno della popolazione giovane che ha
sono esposti alle peggiori forme di violenza, di
sfruttamento e di esclusione sociale.
Gli obiettivi raggiunti con i due progetti ben
rappresentano il carisma stesso dei Salesiani di
Don Bosco: fornire accoglienza, riparo e protezio-
ne, istruzione e formazione professionale
adeguate e educazione integrale per salvaguar-
dare il diritto al miglioramento delle proprie
condizioni di vita grazie all’acquisizione di
competenze e conoscenze e attraverso la
consapevolezza dei propri diritti umani fonda-
mentali.
Con il tuo 5x1000 puoi essere insieme a noi a
.
in cui operano con amore e dedizione per
accogliere, proteggere e istruire l’infanzia più
vulnerabile e a rischio.
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . ................ . . . . . . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . . . . . ... . . . . . . . ................ . . . . .
. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ... . . . . . . . ................ . . . . . . . .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. .. . . . . . ... . . . . . . . ................ . . . . .
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INDIA
Un secolo di
miracoli
In India, oggi, don
Bosco è vivo in più
di 2500 salesiani,
che si sono
splendidamente
organizzati in
undici province
e raggiungono
centinaia di
migliaia di ragazzi
e giovani, con una
prodigiosa gamma
di opere.
Qualche mese fa, su un popolare cana-
le della televisione indiana, un giovane
compositore e regista musicista veniva
premiato per il suo centesimo film in
lavorazione. Al termine del suo discorso
ringraziò la scuola dove aveva iniziato a
coltivare la sua passione per la musica: «Grazie
all’incoraggiamento ricevuto alla Don Bosco,
sono diventato quello che sono oggi!».
Oggi, il nome di don Bosco è conosciuto, e so-
prattutto stimato, nell’immensa India, grazie al
fantastico lavoro che stanno compiendo i Salesia-
ni, che sono gli eredi del primo gruppo di missio-
nari che giunse a Thanjavur, in India nel febbraio
del 1906 ed era composto da
tre preti, un tirocinante, un
coadiutore e un aspirante.
I sei salesiani di don Bosco
iniziarono il loro
lavoro con una
Cominciarono in sei.
Oggi, nel subcontinente indiano,
i Salesiani sono un vero miracolo
di intelligenza, fede e grande
capacità imprenditoriale a servizio
dell’educazione e della carità.
scuola professionale e un ostello per bambini pove-
ri a Thanjavoor, Tamil Nadu, nel 1906.
La Congregazione di don Bosco conta oggi più di
2500 membri. I suoi servizi sono offerti attraverso
l’Università Don Bosco, 28 collegi, tra cui 2 scuole
di ingegneria, oltre 100 scuole tecniche, una vasta
rete di scuole superiori e decine di centri tecnici e
agricoli non formali, distribuiti su tutto il territo-
rio nazionale, che coprono l’intero spettro dello
sviluppo sociale. La società è inoltre impegnata in
centri di alfabetizzazione, ricoveri per bambini di
strada e in interventi di riabilitazione e soccorso. Il
governo indiano ha riconosciuto i salesiani di don
Bosco come il più grande fornitore non governativo
di educazione tecnica del paese. Don Bosco non è
solo un gruppo di prestigiose isti-
tuzioni educative perché questa
è solo la punta di un
iceberg. Don Bo-
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Luglio / Agosto 2019

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sco è vivo oggi, in più di 2500 salesiani in India, che
si sono splendidamente organizzati in 11 province.
Ci sono scuole in mezzo alle baraccopoli e scuole
dei villaggi che si rivolgono alle fasce meno for-
tunate della società globalizzata di oggi – infat-
ti queste scuole sono quasi 10-15 volte di più di
quelle prestigiose e conosciute!
Ci sono opere realizzate appositamente per i ra-
gazzi e le ragazze delle strade: centri chiamati Don
Bosco Anbu Illam (casa dell’amore) nel Tamilna-
du, Bosco Mane (Casa) nel Kerala, Yuvodhaya
(l’Ascesa dei giovani) nel Karnataka, Navjeevan
(New Life) in Andhra e Telangana, Ashalaya
(Haven of Hope) nel Bengala Occidentale, Shelter
in Maharashtra e numerosissimi altri.
Questi centri si sono raggruppati sotto la bandiera
DBYaR – Don Bosco Youth at Risk, andando alla
ricerca di queste vite a rischio e infiammandole
con quell’Amore che l’Onnipotente ha per loro.
DB Tech India, è un’altra iniziativa per rag-
giungere i giovani che si scoraggiano, coloro che
provano avversione allo studio, coloro che non
possono permettersi di studiare e coloro che non
hanno la possibilità di studiare ulteriormente,
preparandoli alla vita, offrendo loro una forma-
zione professionale.
Le missioni in Assam
Dopo essere giunti nel 1906 a Thanjavur, nel Ta-
mil Nadu, Sud-Est del Paese, i Figli spirituali di
don Bosco iniziarono una seconda fase di diffu-
sione in India nelle regioni del Nord-Est, a partire
dal 1922. In quell’anno, infatti, un gruppo pionie-
ristico di salesiani raggiunse lo Stato di Assam,
giungendo infine a Shillong. A guidarli c’era mon-
signor Louis Mathias. Nella solenne cerimonia
della Spedizione Missionaria, monsignor Mathias
parlò delle Missioni dell’Assam usando espressio-
ni come “la nostra terra promessa”, “terra che non
ha uguali”, la “nuova Patagonia”. Riferendosi alle
numerose lingue dell’India, specialmente nell’As-
sam, monsignor Mathias diceva: “Noi salesiani
parleremo la lingua del Signore
e ripeteremo i prodigi della pri-
ma Pentecoste”.
Il 24 Maggio 1922 al termine
della prima Processione Maria-
na, i pochi salesiani dell’Assam si inginocchiarono
davanti alla statua di Maria Ausiliatrice e consa-
crarono le missioni dell’Assam con una fervente
preghiera: “Noi consacriamo a te questa terra, le
sue montagne, i suoi fiumi, la sua gente e tutti gli
abitanti”. Pochi anni più tardi i salesiani e altri os-
servatori descrissero le missioni dell’Assam come “il
miracolo della Madonna”.
E in effetti certi numeri lasciano davvero pensare
ad un “miracolo”. All’arrivo dei Figli spirituali di
don Bosco in Assam, l’intero Nord-Est dell’In-
dia era una Prefettura Apostolica con un piccolo
numero di 5000 cattolici. Oggi quella regione
conta 15 diocesi, con una popolazione cattolica di
1 200 000 fedeli.
Gran parte dei missionari ha affrontato eroica-
mente le ristrettezze; alcuni di loro hanno offerto
la loro vita.
La santità che hanno vissuto ha dato i suoi frutti.
Tra queste figure alcuni sono sulla via del ricono-
scimento della santità: il venerabile Stefano Ferran-
do, vescovo e fondatore delle Suore Missionarie di
Maria Ausiliatrice (
); il servo di Dio Co-
stantino Vendrame, grande apostolo del Vangelo; il
servo di Dio Oreste Marengo, vescovo e fondatore
di tre diocesi; e il venerabile Francesco Convertini,
che fece la sua formazione nel Nord Est indiano e
poi venne inviato nello Stato del Bengala.
Un prestigioso
premio per
l’Università
Salesiana
dell‘Assam.
In India, sono
stimatissime
le scuole e
le università
salesiane.
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4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
RAGIONIAMO
Il picchio deve la sua salvezza al fatto di usare la testa. Vale anche per l’uomo. I goal
della vita si fanno, utilizzando il cervello. Ragioniamo! È pericoloso lasciar vincere i folli!
7 Il benessere:
conquista o trappola?
Mettere in dubbio il valore del benessere può apparire un pensiero
di chi ha il cervello a corto di ossigeno. Invece, no! Anche il benessere
può (e deve!) essere sottoposto a giudizio!
Intanto, sia subito chiaro: non ab-
biamo nessuna intenzione di tor-
nare al pane nero, alle canottiere
inzuppate di sudore dei contadini
e degli operai dell’inizio del seco-
lo scorso.
Il benessere ha il suo indubbio lato
luminoso.
Ciò non toglie che possa nascondere
insidie pericolose. Per farla breve, ci
limiamo a tre.
Primo: il troppo benessere può in-
debolire la volontà.
Avere tutto significa non desiderare
più nulla, non volere più nulla.
Una vita troppo facile prepara ragazzi
ammalati di ‘atonia psichica’: ragazzi
senza sprint, spenti, tiepidi. Ragazzi
sdraiati’ come li definisce lo scrittore
Michele Serra.
Il più grave problema pedagogico,
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Luglio / Agosto 2019

4.5 Page 35

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L’INFINITAMENTE POCO
d’oggi, infatti, non è il bullismo, ma
lo spegnimento quasi totale dell’ab-
brivio di troppi nostri ragazzi. Ra-
gazzi con la grinta del pesce bollito o
della mozzarella!
Secondo: pericolo del benessere:
togliere il sapore delle cose.
Avere tutto significa gustare nulla!
Il proverbio parla chiaro: “Il passero
ubriaco trova amare persino le ciliegie”.
Lo psicoterapeuta Paolo Crepet è sta-
to efficacissimo quando ha sintetizza-
Il più grande tesoro dell’uomo è vivere di poco ed esserne soddisfatto. Perché il
poco non manca mai. La perfezione dell’uomo non sta in ciò che ha, ma in ciò che è. La
ricchezza di un uomo si misura da quello di cui non ha bisogno.
Consumiamo. Ogni giorno della nostra vita, dall’alba al tramonto, noi consumiamo:
elettricità, acqua, prodotti di bellezza, detersivi, alimenti, farmaci... Compiamo un’infinità
di piccoli gesti talmente familiari che nemmeno ci accorgiamo di farli. Eppure sarebbe
facilissimo, esaminandoli uno per uno, sprecare meno, intossicarsi meno (di prodotti in-
dustriali) e ingombrarsi meno.
I vantaggi dei negozietti. Gli ipermercati incoraggiano a iperconsumare. Nei negoziet-
ti si acquista sempre con più parsimonia. Alberghi, ristoranti, negozi di quartiere: perché
privilegiare le multinazionali che realizzano profitti vergognosi con il nostro denaro con il
quale speculano in Borsa? I piccoli punti vendita, invece, vivono direttamente grazie alla
clientela. Servirsi unicamente da loro sarebbe un ottimo sistema per sabotare l’economia
attuale.
Il tempo è il nostro capitale principale. Non possiamo né fermarlo, né metterlo
da parte, né comprarlo. Ciò nonostante lo sprechiamo per colpa di abitudini inutili,
per conformismo o ignoranza,
quando, in realtà, sono pochis-
sime le cose veramente utili
da fare. Organizzarsi è l’arte
di gestire il proprio tempo in
maniera intelligente sprecando
poche energie.
Il ricettacolo della felicità.
Una vita semplicissima, senza
orpelli, senza retorica e senza
idee superflue. Secondo me,
quella semplicità di vita asso-
miglia alla felicità. Noi erava-
mo contenti con poco o nulla.
Intorno a me, oggi vedo gente
che vuole sempre di più.
to: “Troppo benessere genera il mal-esse-
re; genera i gaudenti scontenti: genera il
disagio dell’agio”.
Verrebbe da dire che il piacere e la
felicità stanno in una sottrazione, più
che in un’addizione.
Resta una terza ragione che giu-
stifica la nostra critica all’attuale
benessere: l’ingolfamento di cose è
ingiustizia.
È ingiusto che, mediamente, nella
borsetta della donna europea vi sia
l’equivalente di 1400 euro di merce. È
ingiusto che nelle famiglie italiane vi
siano milioni di abiti che non si usano
e non si useranno mai più.
Non è accettabile che nel bagno vi
siano otto paia di scarpe per due piedi
soli! La situazione è così allarmante
che gli stessi economisti cominciano a
riflettere sul nostro meccanismo per-
verso che ci obbliga a ‘crescere’ all’in-
finito: il pianeta non ce la fa a reggere
questi ritmi!
Dobbiamo invertire rotta.
Non per nulla sta crescendo il nu-
mero dei sostenitori della ‘decresci-
ta’. Insomma, dopo tanto benessere,
non è tempo di lanciare una vigorosa
campagna promozionale a favore del-
la sobrietà, non solo per problemi di
colesterolo?
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LA LINEA D’OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Una casa Soldi, potere, plastica, rumore! /
Guarda quanto è piccolo il mondo,
/ così pieno del nostro scempio, /
mentre siamo presi a consumare /
tutto quello che ha valore.
grande quanto Come nasce una mentalità
il mondo ecologica?
Quella dell’ecologia rappresenta indubbia-
mente una delle sfide più impegnative ed
urgenti per gli uomini e le donne del ter-
zo millennio, chiamati oggi a fare i conti
con un’eredità pesante: quella di una Ter-
ra che porta impressi in sé, come ferite
Benvenuti in questa età
dove tutto è lecito,
e la terra supplica pietà
al nostro sguardo gelido...
Soldi, potere, plastica, rumore!
Benvenuti in questa età,
qui si vende l’anima,
e anche l’acqua supplica pietà
al nostro cuore sterile...
Soldi, potere, plastica, rumore!
Guarda quanto è piccolo il mondo,
così pieno del nostro scempio,
mentre siamo presi a consumare
tutto quello che ha valore.
Vale la pena, vale la terra,
e salvare quello che ora resta:
di tanta bellezza e tanto candore,
solo rumore...
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dolorose e sempre più difficili da rimarginare, i
segni profondi di interi decenni di sfruttamento
indiscriminato, senza alcun riguardo per il suo
fragile equilibrio e per le sue fisiologiche capacità
di autonoma rigenerazione delle risorse. Si trat-
ta di una sfida alla quale nessuno può sottrarsi
– nella misura in cui siamo tutti cittadini dello
stesso bellissimo e sfigurato mondo e, a prescin-
dere dell’angolo di terra che abitiamo, condivi-
diamo tutti il dovere di proteggerlo e custodirlo
– , ma che interpella con particolare sollecitudi-
ne i giovani adulti, che si accingono ad assumere
una responsabilità attiva nei confronti del creato,
avendo sotto gli occhi gli esiti sconfortanti delle
politiche scellerate portate avanti dalle generazio-
ni che li hanno preceduti. Il cammino di crescita
verso l’adultità e di consapevole presa in carico
dei molteplici compiti ad essa connessi
non può, dunque, prescindere dalla
maturazione di una compiuta men-
talità ecologica che si nutra di una
più sensibile attenzione al tema della
sostenibilità ambientale e della disponibi-
lità a modificare i propri stili di vita per ridur-
re il più possibile l’impatto negativo sull’habitat
naturale e preservare i delicati equilibri
che lo caratterizzano.
Va da sé che una simile sensibi-
lità non si improvvisa. Affin-
ché il rispetto per l’ambiente
non rimanga un proposito
occasionale, una dimen-
sione estrinseca del vis-
suto quotidiano poco
Foto Shutterstock.com
Mi ricordo il mare, era trasparente,
e mi ricordo bene che non mancava niente,
e mi ricordo che bastava alzare il viso
per un sorriso...
Soldi, potere, plastica, rumore!
Acqua, aria, terra, fuoco...
Religione, potere, guerra, dolore!
Acqua, aria, terra, fuoco...
(Giorgia, Mal di terra, 2007)
raccordata alla mente e al cuore o, peggio ancora,
una moda superficiale non sorretta da scelte etiche
consapevoli, è indispensabile che l’ecologia venga
pensata e vissuta come un “valore”, come senso di
appartenenza all’ambiente-mondo che, come sem-
bra suggerire la stessa etimologia della parola, è oi-
kia, “casa” per tutti e per ciascuno.
Una mentalità ecologica, infatti, nasce e si svilup-
pa solo quando si riconosce che tra microcosmo e
macrocosmo esiste un richiamo reciproco e miste-
rioso, quando la ricerca di equilibrio interiore trova
riscontro nell’armonia del creato e nella salvaguar-
dia dell’integrità del mondo, quando ogni relazio-
ne – con l’ambiente oltre che con gli esseri viventi
– è animata da sentimenti di empatia e di simpa-
tia. È un impegno radicale, che per non ridursi a
superficiale scelta politica, necessita di un’intima
convinzione esistenziale; una prassi quotidiana che
chiama in gioco l’intelligenza e il cuore e che in-
coraggia a vivere in modo attivo e costruttivo la
propria cittadinanza, riconoscendo che lavorare
operosamente per la tutela dell’ambiente è molto
più che evitare di fare danni alla natura.
Si tratta di una scommessa troppo importante
per poterla disattendere. Attraverso essa prende
forma la necessità – per i giovani adulti, ma non
solo – di orientarsi ad una maggiore responsa-
bilizzazione ecologica e sociale, partendo dalla
consapevolezza che i piccoli gesti della quoti-
dianità individuale partecipano alla formazione
della qualità della vita del pianeta.
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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Il Bollettino salesiano:
un’idea “fortunata” Ilprimonumerodel
Bollettino Salesiano
è stato pubblicato
Perché i Salesiani di Don
Bosco hanno potuto esten-
dersi così rapidamente nel
mondo? È la domanda che
fanno sovente alcuni studio-
si, coscienti dei forti limiti
delle condizioni di partenza da par-
te di don Bosco: modesto bagaglio
culturale, figlio di una teologia e di
ragguaglio “delle cose fatte o da far-
si onde ottenere… la gloria di Dio, il
bene della Civile Società”, don Bosco
se ne servì splendidamente per mante-
nere unità di pensiero e di azione fra i
Cooperatori e con i Salesiani, per fare
pubblicità delle sue lotterie, e dei suoi
libri, per spargere buone massime ai
lettori e alle loro famiglie, per avvertire
nell’agosto 1877. Il primo
direttore è stato don
Bosco. Oggi è presente
in 132 Paesi del mondo,
con 66 edizioni, lette
in 31 lingue.
una concezione sociale con fortissimi circa la vigilanza nei riguardi del pro- ti, programmi di collegi, qualche arti-
limiti, risorse umane ed economiche selitismo protestante, della corruzione colo dottrinale e sull’ultima pagina la
praticamente nulle.
dei costumi, della stampa irreligiosa serie d’indulgenze lucrabili nel mese.
La risposta alla domanda non è sem- e immorale, a danno soprattutto dei Non mancava qualche rettifica di no-
plice; in estrema sintesi si potrebbe giovani.
tizie attinenti l’Opera salesiana divul-
attribuire alla capacità di don Bosco Privilegiati furono le intriganti avven- gate con inesattezze da altri giornali o
di attuare i suoi progetti con la sua ture a puntate della Storia dell’Orato- da privati, segno della grande atten-
personalità accattivante, la grande at- rio, la lettera di gennaio ai Coopera- zione che i dell’epoca avevano di
tualità delle sue opere (oratori, scuole, tori, nella quale don Bosco descriveva quanto veniva divulgato su di loro.
laboratori, tipografia, Cooperatori,
missioni…), la notevolissima diffu-
sione dei suoi libri e soprattutto lo
strategico coinvolgimento di molte
persone con lettere, foto, viaggi, pro-
le opere compiute nell’anno trascorso
e previste per l’anno in corso, le “let-
tere americane” dei missionari, le
relazioni di conferenze in cui ne illu-
strava le precise finalità dei salesiani
I destinatari:
Cooperatori, Benefattori
e Abbonati
mozione della sua immagine di edu- al servizio alla società e alla chiesa, al Don Bosco definiva come Coopera-
catore-operatore sociale-taumaturgo- di là di qualunque collegamento poli- tori Salesiani quanti (laici o membri
santo. Ma strumento formidabile per tico, escluso in partenza.
del clero) semplicemente si occupa-
questa opera di coinvolgimento fu la Pensato anche come organo informa- vano di opere caritatevoli secondo
pubblicazione del Bollettino Salesiano. tivo della Congregazione salesiana e lo spirito della Congregazione, vale
Il contenuto
perfezionatosi gradatamente, il perio- a dire: mandare i fanciulli al Cate-
dico pubblicava profili necrologici di chismo, aiutare i Parroci a istruirli ed
Pensato nel 1877 come semplice e gra- , di e di Cooperatori insigni, assisterli in Chiesa, togliere loro di
tuito bollettino di collegamento e di elenchi mensili di Cooperatori defun- mano i libri cattivi e farne loro ave-
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re dei buoni, allontanarli dai cattivi
compagni, scegliere quei Collegi mo-
ralmente sani, prendersi cura speciale
delle vocazioni allo stato ecclesiasti-
co o religioso. In una parola fare dei
giovani “buoni Cristiani ed onesti
cittadini”.
E precisava Altri sono i Cooperato-
ri Salesiani, i quali sono i nostri Be-
nefattori. Altri sono gli Abbonati al
Bollettino come giornale. Il Bolletti-
no non è che un mezzo di comunicare
le opere e stringere i buoni Cristiani
con uno spirito e fine solo: conseguire
la maggior gloria di Dio. Se i governi
non ci metteranno incaglio, il Bollet-
tino diverrà una potenza, non per sé,
ma per le persone che riunirà”.
Sostegno economico
imprescindibile
Don Bosco in vari modi abbina-
va apertamente le denominazioni di
Cooperatore e di Benefattore. I Coo-
peratori “possono nondimeno giovare
ai salesiani colla preghiera e coi soc-
corsi materiali”. Il sostegno econo-
mico era uno dei “requisiti necessari”
per essere Cooperatore: “Le preghiere
non bastano… non solo i creditori, ma
nemmeno i nostri giovani si contenta-
no di preghiere”. Va qui ricordato che
seguiva una dottrina rigorosa, per
cui l’elemosina non era soltanto atto di
generosità, ma un grave dovere, uno
stretto obbligo di giustizia distributiva
con evidente impatto sociale.
Diffusione ed esiti
Don Bosco affidò presto la direzione
del a don Bonetti, ottimo scrittore,
ma lui stesso esercitò sempre un note-
vole controllo su quello che vi veniva
pubblicato, soprattutto richiamando
il direttore a redigerlo in modo gar-
bato, mai polemico, onde evitare que-
stioni giornalistiche: preferiva solo far
conoscere in tono semplice le opere
salesiane.
Il , inviato gratuitamente a tutti i
possibili benefattori, Cooperatori po-
tenziali, con il semplice invito a ver-
sare tre lire annue (11,00 Euro) per
concorrere alle spese di stampa e di
spedizione, senza che fosse considera-
to abbonamento, raggiunse le case di
ricchi e poveri, di nobili e comuni cit-
tadini, di autorità civili e religiose, di
dotti e di persone di minima alfabe-
tizzazione, cattolici o meno, in Italia o
all’estero. Ebbe una tiratura che passò
rapidamente da poche migliaia a deci-
ne di migliaia, per giungere comples-
sivamente a circa 40 000 alla morte di
don Bosco.
Fra i motivi del “successo” possia-
mo additare il carisma personale di
don Bosco, la significatività ed at-
tualità dell’Opera salesiana, la ca-
pacità di coinvolgimento dei lettori
Don Bosco intuì la forza e la modernità del
“Bollettino” partendo da un foglietto intitolato
“Il Bibliofilo Cattolico” (Illustrazione di Nuno
Quaresma, per cortesia del Boletim Salesiano
portoghese).
nello sviluppo dell’Opera salesiana,
fatta sentire come frutto della pro-
pria preghiera e del proprio sostegno
economico, l’entusiasmo per l’azione
missionaria in Sudamerica, l’organiz-
zazione e diffusione capillare sul ter-
ritorio, il gusto (romantico) dell’epoca
per i resoconti offerti delle scoperte
di un mondo sconosciuto da parte dei
missionari pionieri (quasi “romanzi di
avventura”).
Il italiano, presto seguito dall’edi-
zione francese e spagnola, contribuì
in larga misura a fare la “fortuna” di
don Bosco. Alla prova dei fatti, rag-
giunse complessivamente i numerosi
scopi che si proponeva: la diffusione
del bene che la Congregazione stava
operando, la formazione di un’opi-
nione pubblica favorevole alla Con-
gregazione, il suo finanziamento, il
richiamo vocazionale tanto maschile
che femminile.
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
CAECSUARRAE DBISPSIEORLLIUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE
In questi mesi di luglio-agosto preghiamo la Beata Maria
Troncatti nel cinquantesimo della sua morte (25 agosto
1969).
Maria Troncatti nasce a Corteno Golgi (Brescia) il 16 febbraio 1883.
Nella numerosa famiglia cresce lieta e operosa fra i campi e la cura
dei fratellini, in un clima caldo dell’affetto dei genitori.
Assidua alla catechesi parrocchiale e ai Sacramenti, l’adolescente
Maria matura un profondo senso cristiano che la apre alla vocazio-
ne religiosa.
Per obbedienza al padre e al parroco, però, attende di essere mag-
giorenne prima di chiedere l’ammissione all’Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice ed emette la prima professione nel 1908 a Nizza
Monferrato.
Durante la prima guerra mondiale (1915-1918) suor Maria segue
a Varazze corsi di assistenza sanitaria e lavora come infermiera
crocerossina nell’ospedale militare: un’esperienza che le riuscirà
quanto mai preziosa nel corso della sua lunga attività missionaria
nella foresta amazzonica dell’Oriente equatoriano.
Partita infatti per l’Ecuador nel 1922, è mandata fra gli indigeni
shuar, dove con altre due consorelle inizia un difficile lavoro di
evangelizzazione in mezzo a rischi di ogni genere, non esclusi quel-
li causati dagli animali della foresta e dalle insidie dei vorticosi fiu-
mi da attraversare a guado o su fragili “ponti” di liane, oppure sulle
spalle degli indi. Macas, Sevilla Don Bosco, Sucúa sono alcuni dei
“miracoli” tuttora fiorenti dell’azione di suor Maria Troncatti: infer-
miera, chirurgo e ortopedico, dentista e anestesista... Ma soprat-
tutto catechista ed evangelizzatrice, ricca di meravigliose risorse di
fede, di pazienza e di amore fraterno.
La sua opera per la promozione della donna shuar fiorisce in centi-
naia di nuove famiglie cristiane, formate per la prima volta su libera
scelta personale dei giovani sposi.
Suor Maria muore in un tragico incidente aereo a Sucúa il 25 agosto
1969, offrendo la sua vita per la riconciliazione tra i coloni e gli
indigeni. La sua salma riposa a Macas, nella Provincia di Morona
(Ecuador). È stata beatificata il 24 novembre 2012.
Preghiera
Padre misericordioso,
che, per opera dello Spirito Santo
hai suscitato nella Beata Maria Troncatti, vergine,
una materna carità nell’annunziare Cristo ai popoli,
concedi a noi
di essere strumenti di riconciliazione e di pace
e donaci le grazie che per sua intercessione
ti domandiamo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
Coloro che ricevessero grazie o favori per
intercessione dei nostri beati, venerabili e servi di Dio,
sono pregati di segnalarlo a postulazione@sdb.org
Ringraziano
Desidero di cuore ringraziare
Mamma Margherita per una
grande grazia concessa a una
mia parente carissima, giovane
speranzosa nella maternità, a cui
io l’avevo raccomandata: le pro-
blematiche al seno che sembra-
vano complesse e preoccupanti
sono rientrate nella normalità,
dopo vari controlli. Grazie Mam-
ma Margherita per la tua effica-
ce intercessione! Desideriamo
tanto che la tua causa di beati-
ficazione proceda verso l’esito
finale.
Maria Ausilia Mastrandrea,
exallieva dell’Istituto
Maria Ausiliatrice di Catania
Ci eravamo rivolti con fiducia
alla protezione di san Dome-
nico Savio quando eravamo
in attesa della nascita di no-
stra figlia Natascia, e le nostre
preghiere erano state esaudite.
Come quando aspettavamo la
nascita del nostro primo nipote
Noah, nato il 23 febbraio 2017.
Esprimiamo nuovamente la no-
stra gratitudine al Santo per la
felice nascita della seconda ni-
pote Diana, la sorellina di Noah,
avvenuta il 25 aprile 2019, e lo
preghiamo di continuare ad es-
sere il nostro Protettore e a ve-
gliare sulla nostra famiglia.
Coniugi Pane Renato
e D’Ignazio Maria (Torino)
Desidero ringraziare, a nome
mio e della mia famiglia, il Si-
gnore per la grazia della guari-
gione di mia cognata Simona,
avvenuta per intercessione del
servo di Dio monsignor Ore-
ste Marengo e di Maria Au-
siliatrice. Lo scorso novembre
mia cognata è stata ricoverata
d’urgenza a causa di una polmo-
nite totalmente asintomatica; su-
bito le condizioni si sono rivelate
gravissime, e ne è conseguito un
totale blocco respiratorio. Rico-
verata in rianimazione e tenuta
in vita grazie ad un’apparecchia-
tura che le filtrava e ossigenava
esternamente il sangue, è rima-
sta per più di una settimana tra
la vita e la morte e le possibilità
di ripresa erano stimate molto
basse dai medici, che comunque
hanno operato con la massima
competenza e professionalità,
senza tralasciare alcuna possi-
bilità di intervento. Con parenti e
amici e il gruppo di preghiera di
Diano d’Alba, abbiamo da subi-
to pregato per la sua guarigione
affidandoci all’intercessione di
monsignor Oreste Marengo e di
Maria Ausiliatrice.
Nel giro di pochi giorni mia co-
gnata ha cominciato a rispondere
positivamente alle terapie in atto
e in breve tempo si è completa-
mente ristabilita, senza alcuna
apparente ripercussione per la
sua salute. Noi ringraziamo il Si-
gnore, la nostra Mamma celeste,
il nostro protettore monsignor
Marengo e le molte, davvero nu-
merose persone che si sono unite
nella preghiera, dimostrandoci
vicinanza in questo momento
difficile.
L.G. - Bereguardo
Ringraziamo di cuore san Gio-
vanni Bosco e Maria Ausilia-
trice per averci accompagnato
nel corso della malattia. Ora, a
un anno da un delicato intervento
e conseguente riabilitazione ec-
comi qui a scrivere: grazie don
Bosco Santo per averci preso per
mano.
Giovanna e Giuseppe Sonego -
Manno (Ticino CH)
40
Luglio / Agosto 2019

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
MORAND WIRTH
Traduzione di Marisa Patarino
Don Francis
Desramaut
Morto a Tolone
il 1° settembre 2014,
a 92 anni
Francis Alfred Henri Desramaut
nacque il 17 ottobre 1922 a
Tourcoing, in Francia, nel Dipar-
timento del Nord. Era il primo di
sei figli. Due suoi fratelli, Michael
e Dominic, diventarono Salesiani
e sua sorella Thérèse entrò nella
Congregazione delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice. Suo padre lavora-
va a Lille come impiegato e sua
madre era operaia tessile. Dopo
aver frequentato le prime classi
elementari nella scuola libera
della sua parrocchia, nel 1930,
quando aveva otto anni, Francis
Alfred cominciò a frequentare la
scuola salesiana di Melles-lez-
Tournai, in Belgio, dove terminò
con successo il percorso di istru-
zione secondaria nel 1938.
Entrò poi nel noviziato salesiano
di Port-à-Binson e pronunciò i
primi voti quando aveva appena
diciassette anni, il 3 settembre
1939. Dal 1939 al 1944, durante
la guerra, compì gli studi di fi-
losofia e il tirocinio pratico nella
Casa salesiana di Giel. Dopo gli
studi di teologia, che cominciò
a seguire a La Guerche nel 1944
e terminò a Lione, fu ordinato
sacerdote il 1° luglio 1948 nella
Casa di Coat-an-Doch, in Bre-
tagna, dove nell’anno scolastico
1948-1949 rimase per adempiere
l’incarico di assistente e di do-
cente per gli allievi di terza media.
La sua carriera di professore di
teologia iniziò nel 1949 nello
Studentato Salesiano di Lione-
Fontanières. Fu docente di apo-
logetica, poi di ecclesiologia e
cristologia. A partire dal 1950 si
specializzò nell’insegnamento
della storia della Chiesa, non solo
presso lo Studentato salesiano,
ma anche nell’Istituto Pastorale
per l’insegnamento della religio-
ne della Diocesi e nelle Facoltà
cattoliche di Lione. Promosse
la Facoltà di Teologia di Lione e
nel 1962 pubblicò la sua tesi di
dottorato dal titolo Le memorie di
Giovanni Battista Lemoyne. Stu-
dio di un’opera fondamentale su-
gli anni giovanili di San Giovanni
Bosco, che è stata considerata
il primo studio scientifico sulle
fonti della storia di don Bosco.
In questo periodo fu incaricato
di tenere il corso di storia della
Chiesa moderna e contempo-
ranea. Nel 1969 divenne anche
direttore della biblioteca univer-
sitaria delle Facoltà cattoliche di
Lione.
Il centro della vita di Padre Desra-
maut è però sicuramente stato lo
studio di don Bosco e della sto-
ria salesiana. Lo testimonia una
serie impressionante di studi,
pubblicazioni e iniziative. Questa
passione intellettuale ed emotiva
era certamente nata in lui fin da
quando era giovane. Aveva co-
nosciuto e letto le opere di don
Augustin Auffray, che considerò
certamente più un giornalista e
un divulgatore di talento che uno
storico critico. Per preparare la
sua tesi si recò più volte a Tori-
no, dove incontrò don Eugenio
Ceria, di cui ammirava la cultura
umanistica, la conoscenza di don
Bosco e la semplicità salesiana...
Il suo spirito d’iniziativa e le sue
qualità organizzative si manife-
starono anche nella sua iniziativa
dei “Convegni sulla vita salesia-
na”, ai quali riuscì a interessare
un buon numero di membri della
famiglia salesiana a livello in-
ternazionale. Il primo di questi
Convegni fu tenuto a Lione nel
settembre 1968, gli altri in diver-
se città o località europee.
È autore di numerose grandi ope-
re. Il suo lavoro più importante è
certamente il grande volume di
1450 pagine dedicato a don Bo-
sco nel suo tempo, pubblicato
dalla Società Editrice Interna-
zionale di Torino nel 1996. Gra-
zie alle sue ampie conoscenze e
al suo lavoro critico sulle fonti,
possiamo conoscere meglio la
personalità e la storia del grande
apostolo dei giovani.
Don Aldo Giraudo ha messo in
luce lo stile dell’opera compiuta
da don Desramaut avvicinandosi
alla figura di don Bosco, rias-
sunto nelle sue parole: «Dob-
biamo ritrovare l’uomo don Bo-
sco. L’impresa è
meno semplice
di quanto possa
sembrare. Un
secolo di lette-
ratura per lo più
agiografica ha
avvolto la sua
immagine in una
nebbia devozio-
nista che l’ha in
qualche misura
deformata… È
necessario risa-
lire ai propositi,
ai comportamenti, ai sentimenti
e alle idee di cui don Bosco era
portatore».
Don Wim Collin ha scritto che
don Desramaut è stato una
tra le persone che nella Con-
gregazione Salesiana hanno
intuito meglio le intenzioni
di don Bosco in merito alla
Famiglia Salesiana, con par-
ticolare attenzione ai “Sale-
siani esterni”, i Cooperatori,
uomini e donne. Riteneva
che la fondazione della Fa-
miglia Salesiana fosse anteriore
a quella della Pia Società, dal
momento che fin dal 1841 si era
costituito un gruppo di sacerdoti,
impegnati nell’apostolato giova-
nile, che lo riconoscevano come
proprio superiore.
Don Desramaut nel 1997 si tra-
sferì a Tolone in una residenza
per confratelli anziani, ma con-
tinuò a lavorare e a pubblicare
varie opere. Nel 2000 uscì il suo
grande volume Le cento parole
chiave della spiritualità salesiana,
una sintesi molto utile per chi vo-
glia conoscere temi di spiritualità
salesiana e per i predicatori. Nel
2003-2004 pubblicò una biogra-
fia di Francisque Dupont, missio-
nario salesiano.
Nel 2009 è stato pubblicato il suo
ultimo libro dedicato alla Vita di
don Michele Rua in occasione
del centenario della morte del
primo successore di don Bosco,
che è stato subito tradotto in varie
lingue. Secondo
l’espressione
usata da lui
stesso, è stato il
suo canto del ci-
gno, prima della
patologia che gli
avrebbe impedi-
to di continuare
a lavorare.
Luglio / Agosto 2019
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
PADRE E MAESTRO DELLA GIOVENTÙ
Il giovanissimo Domenico Savio disse, un giorno della sua breve vita, di don
Bosco: “Alla sua scuola noi facciamo consistere la santità nello stare molto
allegri e nell’adempimento perfetto dei nostri doveri”. E, infatti, nel suo instan-
cabile apostolato educativo don Bosco si adoperava per diffondere speranza
e sicurezza ai giovani attraverso un’atmosfera allegra e giocosa. Inoltre, per
meglio trasmettere il suo pensiero trovava anche il tempo di scrivere numerosi
XXX e scrisse non perché cercava fama o per moda del tempo, ovviamente,
ma perché confidava che questa fosse la volontà divina. Le necessità del tem-
po lo richiedevano: la mancanza di libri scritti per le persone semplici e l’au-
mento della cattiva stampa. Inoltre, l’alfabetizzazione in Italia stava crescendo
e anche le tecniche tipografiche e l’editoria si stavano sviluppando, abbassando il costo dei libri e dei
giornali e rendendo accessibili istruzione e notizie anche alle classi popolari. Gli incoraggiamenti venuti
dal Papa e dai vescovi, i ringraziamenti di tante persone, i consensi ricevuti e la rapida diffusione delle
sue pubblicazioni gli diedero conferma che stesse agendo per il verso giusto. Scriveva rivolto ai giovani
disagiati, ma anche per altre età e altri ceti sociali. Degne di nota sono le diverse collane pubblicate
per molti anni, che hanno avuto un successo non comune
a quel tempo: Letture Cattoliche, Biblioteca della Gioven-
tù Italiana, Letture Ascetiche, Letture Drammatiche, Letture
Amene, Bibliotechina dell’Operaio. Nello scrivere si preoc-
cupava di essere chiaro e comprensibile alla più larga fascia
possibile di lettori. Sollecitava ad essere popolari, ad evitare
francesismi e termini dialettali e teneva sempre a portata di
mano un vocabolario, seguendo un consiglio datogli da Sil-
vio Pellico. A gennaio del 1988 Giovanni Paolo II lo dichiarò
«padre e maestro della gioventù».
Definizioni
ORIZZONTALI. 1. Il tipico, breve
filmato da ridere del cinema muto - 6.
Viaggia su rotaie in città - 10. Le tor-
tillas messicane piegate su loro stesse
e farcite - 15. Dispari in Halle - 16. Il
cuore di Houdini! - 18. Tirarsi dietro un
carico - 20. Rappresentazione, figura
- 23. Il Bon delle maniere garbate
- 24. Il grido della cagnetta pariniana
- 25. XXX - 26. La prima nota - 27.
Cenare a metà! - 28. Drena il sangue -
29. Grossi martelli della ferriera - 32.
Il dittongo di Pietro - 33. Un impor-
tante concetto filosofico del pensiero
cinese - 35. XXX - 37. Onde Lunghe
- 39. Afferma a Berlino (i=j) - 40. Nella
costellazione del Toro è un ammasso di
stelle detto “le gallinelle” - 41. Il lago
chiamato anche Lario - 43. L’opera di
Verdi con “Va, pensiero…” - 46. Col-
legamento logico - 48. Adesso, in bre-
ve - 49. Il liceo dove si studia il greco
- 50. Capitale dell’Eritrea.
VERTICALI. 1. Misurano l’energia
liberata dalle esplosioni - 2. Il regista
de L’albero degli zoccoli - 3. Uno dei
componenti di un’associazione - 4. Fi-
glio dello zio - 5. Il grasso da smaltire
- 7. Sposa Lucia Mondella (iniz.) - 8.
Lavora nella propria bottega - 9. Scris-
se il famoso libretto rosso - 10. Trento
(sigla) - 11. Le tre vocali con cui risal-
tavano alcuni annunci economici - 12.
Grazioso roditore che gira nella ruota -
13. È inutile chiedergli se il suo vino è
buono - 14. Alessandro attore comico
ne Il principe abusivo - 17. Sono pari
nelle fionde - 19. Unita, non separata
- 21. Altari pagani - 22. Testa e busto
scolpiti e sorretti da un pilastrino - 30.
Comodità - 31. Encomio - 32. La
Settimana … popolare cinegiornale di
una volta - 34. Organo del volo - 35.
Ha per capitale Vientiane - 36. Quello
vitreo è nell’occhio - 38. Sopra il - 39.
Per alcuni sostituiva la firma - 42. Ha
60 minuti - 44. Seguono la A nell’alfa-
beto - 45. Circa… abbreviato - 47.
Sono doppie nel masso.
42
Luglio / Agosto 2019

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Il latte di Dio
Disegno di Fabrizio Zubani
Quando errava nel deserto,
un giorno, Mosè incontrò
un pastore. Passò tutta la
giornata con lui e l’aiutò a
mungere le pecore.
All’imbrunire, Mosè vide il
pastore che versava un po’ del latte
migliore in una scodella che poi
depose su una pietra poco distante
dalla capanna dove si trovavano.
Mosè domandò a che cosa servisse
quel latte e il pastore rispose: «È il
latte di Dio».
Incuriosito, Mosè gli chiese di
spiegarsi. Il pastore gli disse: «Metto
sempre da parte il latte migliore e lo
offro a Dio».
Mosè sentì il bisogno di correggere
la fede ingenua del pastore, e insi-
stette: «E Dio lo beve?».
«Certo!» rispose il pastore.
Mosè cominciò a spiegare che Dio
è puro spirito e quindi non può
bere latte. Il pastore non gli credeva
e Mosè gli suggerì di nascondersi
dietro un cespuglio per vedere se Dio
sarebbe veramente venuto a bere il
suo latte.
Il pastore si nascose appena scese la
notte.
Al chiarore della luna, vide un
volpacchiotto arrivare dal deserto
trotterellando.
Dopo aver guardato a destra e a si-
nistra, l’animale si buttò sul latte che
lappò golosamente.
Poi sparì di nuovo
nel deserto.
Il giorno dopo,
Mosè vide il pastore
triste.
«Qualcosa non
va?» gli chiese.
«Avevi ragione
tu» gemette. «Dio
è un puro spirito
e non vuole il mio
latte!».
Sbalordito, Mosè
esclamò: «Do-
vresti essere
contento. Adesso
sai qualcosa di
più su Dio rispetto
a qualche giorno
fa».
«Sì» ammise il pastore.
«Ma la sola cosa che avevo per
mostrargli il mio amore mi è stata
tolta».
Mosè comprese. Si ritirò in solitudi-
ne e cominciò a pregare con tutte le
sue forze.
Nel corso della notte, Dio gli appar-
ve e gli disse: «Mosè, hai sbagliato.
È vero che sono puro spirito, ma
accettavo con piacere il latte offerto
dal pastore, in segno del suo amore;
però, dal momento che non avevo
bisogno del suo latte, lo dividevo
con quel volpacchiotto che ne è
goloso».
Ci sono uomini che si credono
molto sapienti e deridono
la fede dei semplici e delle
«vecchiette».
Dobbiamo ricordare sempre la
gioiosa preghiera di Gesù:
«Ti ringrazio, Padre,
Signore del Cielo e della terra.
Ti ringrazio
perché hai nascosto queste cose
ai grandi e ai sapienti
e le hai fatte conoscere ai piccoli.
Sì, Padre, così tu hai voluto».
Luglio / Agosto 2019
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5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Il messaggio
del Rettor Maggiore
Le case di don Bosco
Civitavecchia
Un oratorio
pieno di fantasia
I nostri eroi
Nino Baglieri
Conquistato dall’amore
Salesiani nel mondo
Ruanda
«I giovani devono
avere un sogno»
Tempo dello spirito
Sette consigli
per l’ascolto attivo
Per comunicare davvero
Giovani
Un fermento che cresce
È giunto il momento
in cui i giovani
cambieranno il mondo?
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via Marsala, 42
00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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