Bollettino_Salesiano_201509

Bollettino_Salesiano_201509

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IL
SETTEMBRE
2015
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
L’invitato
Padre Guillermo
Basañes
Testimonianze
Il diario
dei volontari
Salesiani
nel mondo
Istanbul
L'estate dei giovani

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LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
Il cappottomagico
La storia
Nei tre anni passati al Convitto Ecclesiastico che aveva la
sede accanto alla chiesa di San Francesco d’Assisi a Torino,
don Bosco si conquistò l’amicizia e la stima di tutti: compa-
gni e professori. Divenne anche l’anima dell’allegria e delle
ricreazioni (Memorie Biografiche, volume II, p. 100 e ss).
E ro un cappotto di forma classica, stra-
vagante e fuori moda in quegli anni
della metà del 1800. Il mio padrone, un
certo don C., era un uomo gioviale, con
qualche lato bizzarro, sicché i giovani
preti allievi del Convitto Ecclesiastico di
Torino si divertivano talvolta alle sue spalle. E il
bersaglio preferito ero proprio io, per la mia for-
ma eccentrica. Tanto che il mio padrone decise
di non indossarmi più e mi nascose in un baule,
e poi colla maggior segretezza possibile mandò il
baule a casa sua in Torino.
Il vero re dell’allegria del Convitto Ecclesiastico
era un certo don Giovanni Bosco, che nelle ore
di ricreazione era sempre al centro delle risate.
In modo del tutto imprevedibile, proprio i su-
periori del Convitto, che si chiamavano Teologo
Guala e don Cafasso, chiesero a don Bosco di
fare un bel gioco di vera magia.
Don Bosco disse: «Chiedetemi la cosa che vi
piace di più e io ve la farò apparire su questo
tavolino».
Uno dei professo-
ri esclamò: «Fac-
ciamo comparire
il cappotto di
don C.!»
La proposta fu ap-
plauditissima e fece
dimenticare tutte le
altre. Don Bosco si
scusò dicendo che
non era possibile, e
don C. gongolante
gridò: «Fate pure
se ne avete il
coraggio, giacché
il mio pastrano l’ho lasciato in campagna, l’ho
chiuso sotto chiave e nessuno può prendermelo».
Don Bosco si arrese, si fece dare una bacchetta,
si cinse i fianchi con un asciugamano, poi cantò
e disse parole misteriose. Quindi fingendo di
essere scoraggiato assicurò che non poteva riu-
scire. Tutti gli occhi erano concentrati su di lui.
In qualche modo, c’ero anch’io, ma non vi dico
dove.
Don Bosco rinnovò i segni cabalistici, e a un
tratto esclamò: «Silenzio! In questo momento il
cappotto è a Costantinopoli, ma lo faremo venire
qui!». Poi comandò che fosse portato in mezzo
alla stanza un comodino appartenente a uno dei
convittori. Lo aprì, e poi invitò tutti a verificare
come fosse vuoto. Lo rinchiuse accuratamente e
diede la chiave al direttore del Convitto.
«Fate, fate pure», diceva con sicurezza il mio
padrone, mentre un sorriso sardonico di compia-
cenza passeggiava sulle sue labbra.
Don Bosco, preso un aspetto ispirato, e tran-
ciando lentamente l’aria con la bacchetta, pro-
nunciò quattro parole misteriosissime e finì con
gridare: «È fatto!».
Allora diede la chiave a don C. perché andasse
ad aprire. Il mio padrone, appena ebbe quella
chiave tra le mani, esclamò stupito: «Ma que-
sta… questa è la chiave del mio baule».
Aprì il comodino con cautela ed io, l’orribile caf-
fettano fuori moda, feci la mia comparsa trion-
fale in mezzo agli applausi scroscianti. Il mio
povero don C. rimase a bocca aperta, mentre
tutti circondavano don Bosco per farsi spiegare
il miracolo del cappotto.
Don Bosco, come ogni bravo mago, non lo rivelò
a nessuno, naturalmente.
Io lo so, ma non ve lo dico.
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Settembre 2015

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IL
SETTEMBRE 2015
ANNO CXXXIX
Numero 8
IL
SETTEMBRE
2015
L’invitato
Padre Guillermo
Basañes
Testimonianze
Il diario
dei volontari
Salesiani
nel mondo
Istanbul
Mensile di
informazione e
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
L'estate dei giovani
In copertina : Il Bicentenario di don Bosco, in tutto
il mondo salesiano, ha radunato folle colorate e
gioiose di giovani. (Foto di Andrea Cherchi).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 INCONTRI
Le parole che il Papa
non ha detto
8 SALESIANI NEL MONDO
Istanbul
12 L’INVITATO
Padre Guillermo Basañes
15 CHIESA
16 FINO AI CONFINI DEL MONDO
18 CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
Figlie dei Sacri Cuori
22 FMA
Nizza
26 LE CASE DI DON BOSCO
Torino Rebaudengo
29 SALESIANI PER IL SOCIALE
30 TESTIMONIANZE
Il diario dei volontari
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
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Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Roberto Desiderati,
Ángel Fernández Artime, Cesare
Lo Monaco, Claudia Martinetti,
Alessandra Mastrodonato, Amador
Merino Gomez, Francesco Motto,
Ilaria Maria Nizzo, Pino Pellegrino,
O. Pori Mecoi, Ezio Risatti, Stella
An Moung Soon, Luigi Zonta,
Fabrizio Zubani.
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DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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Registrazione: Tribunale di Torino
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Associato alla Unione Stampa
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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
Don Bosco, papa Francesco
e i tre amori bianchi Vi scrivo mentre sono di ritorno
a Roma. Sedici ore fa accoglievo
L a visita del Papa a Valdocco
ha segnato una giornata sto-
rica. Abbiamo pregato insie-
me davanti all’urna di don
Bosco, davanti al quadro di
Maria Ausiliatrice e ci siamo
papa Francesco alla porta della
Basilica di Maria Ausiliatrice
e nel mio cuore ancora vive
l’emozione della giornata del Papa
a Valdocco. Un’emozione che
tutti sentiti abbracciati dalla bene-
dizione del Vicario di Cristo, papa
desidero condividere con voi.
Francesco. L’incontro con il Papa è vite donate totalmente e oggi vissute nella malattia
stato un momento di grande feli- o nell’impotenza, però vite appagate e realizzate
cità. Ci sentimmo tutti conquistati in pienezza. Stupendi quegli occhi che incontrava-
e coinvolti dalla sua semplicità e dal suo sorriso no lo sguardo pieno di tenerezza di un Pastore che
sereno che comunica tanta pace personale. En- ben capiva il senso di tanta offerta.
trò nella Basilica e cominciò a salutare uno a uno Davanti all’urna di don Bosco, papa Francesco si
quelli che tendevano le mani verso di lui, lungo le fermò a pregare un attimo in silenzio e depose
transenne di sicurezza che segnavano il passaggio sull’altare un mazzetto di rose. Un gesto gentile,
verso l’altare. Un momento straordinario: era così semplice ma pieno di significato.
affabile e cordiale: si intratteneva con ogni sale- Dopo il mio discorso a nome di tutta la Famiglia
siano o Figlia di Maria Ausiliatrice o qualunque Salesiana e la presentazione di alcuni doni, arrivò
altro membro della Famiglia Salesiana che gli di- il momento in cui il Papa avrebbe dovuto rivol-
cesse qualcosa. Si fermava, ascoltava e risponde- gerci la sua parola. Gli portarono i fogli con il
va! E la Basilica era straripante di persone, avreb- messaggio ufficiale che era stato preparato per la
be dovuto calcolare il tempo. Non gli importava. circostanza. Lo osservò per dieci secondi, rifletté
Gli presentai i novizi sdb e le novizie fma. Mi un attimo e disse: “Cara Famiglia Salesiana, io
chiese quanti erano. Gli dissi il numero di quelli ho pensato tanto cosa dirvi e ho scritto cosa vo-
che abbiamo in Europa. E questo numero di qua- levo dirvi, ma è troppo formale e lo consegno al
ranta, con qualcuno in più nelle Ispettorie dell’Eu- Rettor Maggiore perché ve lo faccia conoscere”. E
ropa orientale, gli parve una buona notizia. Passava cominciò a parlare in modo personale, spontaneo,
da una persona all’altra, con calma e serenità, con da cuore a cuore. Ci conquistò. Ci parlò per più di
un’attenzione particolare ai salesiani e alle Figlie di mezz’ora e realmente ci sembrava di abbracciare il
Maria Ausiliatrice sulle sedie a rotelle. Vi confesso Papa con l’ascolto e con lo sguardo.
che mi commossi profondamente davanti alla te- Tra le molte cose che ci disse, alcune simpatiche
nerezza di questi incontri. Era l’incontro con tante e aneddotiche, desidero sottolinearne due che mi
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sembrano così significative che non possiamo di-
menticarle e che potremo approfondire e svilup-
pare in un altro momento.
Papa Francesco ci ha detto che nei suoi anni con
i Salesiani aveva imparato, attraverso varie circo-
stanze, il senso dell’affettività in stile salesiano
(l’amorevolezza di don Bosco) e che questa nostra
capacità di educare attraverso l’affetto è qualcosa di
fondamentalmente carismatico. Ci ha invitato ad
averne cura e a non perderlo.
Aggiunse qualcos’altro che qualificò come tipica-
mente nostro perché lo è stato in don Bosco. Quan-
do quei ragazzi “migranti” dall’interno di quella
che sarebbe diventata “Italia”, arrivavano a Torino
senza niente e senza nessuno, autentici scarti della
società del momento, don Bosco non solo li cerca-
va, li accoglieva e li teneva con sé, ma si rese conto
di dover fornire loro le risorse e le capacità umane
per conquistarsi una vita degna e rispettabile.
Di certo la catechesi era molto importante, ma
non li avrebbe liberati dalla strada e dal pericolo
della delinquenza. E in una situazione di crisi e
di pericolo, continua papa Francesco, non meno
difficile dell’attuale, pensò a una soluzione di
emergenza immediata. E il Papa ci invita a fare
quello che don Bosco farebbe oggi.
Di fronte a una situazione di emergenza vitale per
i ragazzi, le ragazze e i giovani di oggi, la no-
stra risposta educativa e professionale deve essere
analogamente eccezionale e originale, magari con
azioni e proposte che superano i sistemi di sicu-
rezza e tranquillità tradizionali.
Alla fine il Papa ci parlò dei tre amori bianchi di
don Bosco: l’Eucaristia, la Madonna e la Chiesa,
rappresentata dal Papa. E aggiunse alcune pre-
ziose parole su Mamma Margherita che strappa-
rono a tutti noi un applauso commosso.
Fratelli, sorelle, amici e amiche carissimi, quel-
la del Papa è stata una visita inestimabile con un
forte significato simbolico. È stata l’incontro con
il Pastore che dimostra di sentire il profumo delle
pecore; è stata una testimonianza di affetto, di te-
nerezza, di attenzione personale che ha fatto salta-
re in aria le nostre urgenze, i cerimoniali e la nostra
mancanza di tempo per le tante cose da fare.
Il Santo Padre è stato per noi un collegamento vivo
con don Bosco, una benedizione del Signore che ci
vuole Famiglia Salesiana ben viva nella Chiesa e
più che mai dedicata ai giovani, soprattutto ai più
poveri, e a tutti coloro che hanno bisogno di noi.
Il Signore, per l’intercessione di Maria Ausilia-
trice, don Bosco, Madre Mazzarello e tutta la
santità della splendida famiglia che formiamo, ci
benedica e soprattutto ci aiuti ad essere sempre
più fedeli a questo carisma che abbiamo ricevuto
come dono di Dio.
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INCONTRI
Le parole che il Papa
non ha detto
C Riportiamo il testo del discorso preparato
da papa Francesco per l’incontro con
i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice
nella Basilica di Maria Ausiliatrice.
ari fratelli e sorelle,
in questo mio pellegrinaggio dedicato
alla venerazione di Gesù crocifisso nel
segno della santa Sindone, ho scelto di
venire in questo luogo che rappresen-
ta il cuore della vita e dell’opera di san
“Cara Famiglia Salesiana, io ho pensato tanto Giovanni Bosco, per celebrare con voi il secondo
cosa dirvi e ho scritto cosa volevo dirvi, centenario della sua nascita. Con voi ringrazio il
Signore per avere donato alla sua Chiesa questo
ma è troppo formale e lo consegno al Rettor Santo, che assieme a tanti altri Santi e Sante di
Maggiore perché ve lo faccia conoscere”. questa regione, costituiscono un onore e una be-
nedizione per la Chiesa e la società di Torino e
del Piemonte, dell’Italia e del mondo intero, in
particolare a motivo della cura avuta verso i gio-
vani poveri ed emarginati.
Non si può parlare oggi di don Bosco senza veder-
lo circondato da tante persone: la Famiglia Salesia-
na da lui fondata, gli educatori che a lui si ispirano,
e naturalmente tanti giovani, ragazzi e ragazze, di
tutte le parti della terra che acclamano don Bosco
quale “padre e maestro”. Di don Bosco si può dire
tanto! Ma oggi vorrei rimarcare solo tre lineamen-
ti: la fiducia nella divina Provvidenza; la vocazione
a essere prete dei giovani specialmente i più poveri;
il servizio leale e operoso alla Chiesa, segnatamen-
te alla persona del Successore di Pietro.
Don Bosco ha svolto la sua missione sacerdotale
fino all’ultimo respiro, sostenuto da una incrolla-
bile fiducia in Dio e nel suo amore, per questo ha
fatto grandi cose. Questo rapporto di fiducia con
il Signore è anche la sostanza della vita consacrata,
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affinché il servizio al Vangelo e ai fratelli non sia un
rimanere prigionieri delle nostre visuali, delle real-
tà di questo mondo che passano, ma un continuo
superare noi stessi, ancorandoci alle realtà eterne
e inabissandoci nel Signore, nostra forza e nostra
speranza. E questa sarà anche la nostra fecondità.
Possiamo oggi interrogarci su questa fecondità, e –
mi permetto di dire – sulla tanto “brava” fecondità
salesiana. Ne siamo all’altezza?
L’altro aspetto importante della vita di don Bosco
è il servizio ai giovani. Lo realizzò con fermez-
za e costanza, fra ostacoli e fatiche, con la sen-
sibilità di un cuore generoso. «Non diede passo,
non pronunciò parola, non mise mano ad impresa
che non avesse di mira la salvezza della gioven-
tù... Realmente non ebbe a cuore altro che le ani-
me» (Costituzioni Salesiane, n. 21). Il carisma di
don Bosco ci porta a essere educatori dei giovani
attuando quella pedagogia della fede che si rias-
sume così: «evangelizzare educando ed educare
evangelizzando».
Evangelizzare i giovani, educare a tempo pieno
i giovani, a partire dai più fragili e abbandonati,
proponendo uno stile educativo fatto di ragione,
religione e amorevolezza, universalmente apprez-
zato come “sistema preventivo”. Quella mitezza
tanto forte di don Bosco, che certamente aveva
imparato da Mamma Margherita. Mitezza e tene-
rezza forte! Vi incoraggio a proseguire con gene-
rosità e fiducia le molteplici attività in favore delle
nuove generazioni: oratori, centri giovanili, istituti
professionali, scuole e collegi. Ma senza dimenti-
care quelli che don Bosco chiamava i “ragazzi di
strada”: questi hanno tanto bisogno di speranza, di
essere formati alla gioia della vita cristiana.
Don Bosco è sempre stato docile e fedele alla
Chiesa e al Papa, seguendone i suggerimenti e le
indicazioni pastorali. Oggi la Chiesa si rivolge a
voi, figli e figlie spirituali di questo grande Santo,
e in modo concreto vi invita a uscire, ad andare
sempre e di nuovo per trovare i ragazzi e i giova-
ni là dove vivono: nelle periferie delle metropoli,
nelle aree di pericolo fisico e morale, nei contesti
sociali dove mancano tante cose materiali, ma so-
prattutto manca l’amore, la comprensione, la te-
nerezza, la speranza. Andare verso di loro con la
traboccante paternità di don Bosco.
L’oratorio di don Bosco è nato dall’incontro con
i ragazzi di strada e per un certo tempo è stato
itinerante tra i quartieri di Torino. Possiate an-
nunciare a tutti la misericordia di Gesù, facendo
“oratorio” in ogni luogo, specie i più impervi; por-
tando nel cuore lo stile oratoriano di don Bosco e
mirando a orizzonti apostolici sempre più larghi.
Dalla solida radice che egli ha posto duecento anni
fa nel terreno della Chiesa e della società sono
spuntati tanti rami: trenta istituzioni religiose ne
vivono il carisma per condividere la missione di
portare il Vangelo fino ai confini delle periferie. Il
Signore ha poi benedetto questo servizio suscitan-
do tra voi, lungo questi due secoli, una larga schie-
ra di persone che la Chiesa ha proclamato santi e
beati. Vi incoraggio a proseguire su questa strada,
imitando la fede di quanti vi hanno preceduto.
In questa Basilica, così cara a voi e a tutto il po-
polo di Dio, invochiamo Maria Ausiliatrice perché
benedica ogni membro della Famiglia Salesiana;
benedica i genitori e gli educatori che spendono la
loro vita per la crescita dei giovani; benedica ogni
giovane che si trova nelle opere di don Bosco, specie
quelle dedicate ai più poveri, affinché, grazie alla
gioventù bene accolta ed educata, sia data alla Chie-
sa e al mondo la gioia di una nuova umanità.
Una folla immensa
ed entusiasta ha
accolto a Torino
papa Francesco,
venuto per la
Sindone e per
don Bosco.
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SALESIANI NEL MONDO
O. PORI MECOI
Istanbul
Don Bosco
bussa alla
porta d’oriente
La chiesa dei
salesiani è anche
la cattedrale di
Istanbul. Si apre
in modo discreto
all’interno di un
cortile.
Incontro con don Andrés Calleja
direttore dell’unica opera salesiana in Turchia
Puoi autopresentarti?
Mi chiamo Andrés, ho 48 anni e sono nato a Ma-
drid.
Perché hai deciso di partire
per le Missioni?
Sono entrato nella Congregazione Salesiana nel
1974 e fin dall’inizio volevo diventare missiona-
rio. Un giorno divampò un incendio nella Casa
di Formazione a Medina del Campo. In quel mo-
mento pregai così: «Signore, ho perso tutto ciò
che avevo, ma niente e nessuno mi porterà più via
nulla perché ho intenzione di dare tutto me stes-
so». Mentre avevo ancora nelle narici l’odore della
cenere, scrissi una lettera al Rettor Maggiore per
offrire la mia vita per le Missioni.
Ti è costato molto?
Non è mai stato un problema. Sono sempre stato
felice e capace di adattarmi facilmente a culture,
lingue e climi diversi: nelle Filippine, a Timor,
in Indonesia e ora in Turchia. Non ho mai avuto
aspettative sul mio futuro o i miei incarichi. Chi
non ha aspettative non subisce delusioni!
Perché hai scelto l’Indonesia
e poi la Turchia?
Come ho detto, non ho mai compiuto scelte; sono
sempre stato disponibile per qualunque incarico
in qualsiasi luogo. Credo che la disponibilità sia
una fra le “caratteristiche” più importanti di un
missionario. Immagino che i miei superiori mi
abbiano mandato in Turchia dopo la fine del mio
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mandato di Ispettore in Indonesia per l’esperien-
za che avevo maturato lavorando tra persone di
religione musulmana.
Ci puoi raccontare qualcosa
della tua esperienza?
Ho trascorso 5 anni nelle Filippine e 25 anni in
Indonesia. Non è facile riassumere in poche righe
l’esperienza che ho vissuto a Timor. Posso però
dire che ho sempre sentito che la mano di Gesù e
di Maria guidava i miei passi e la mia vita. Ero a
Manila durante la caduta di Marcos; mi trovavo
a Timor durante gli anni dell’occupazione indo-
nesiana e la guerra, vivevo a Giacarta al momento
della caduta di Suharto. Ho visto molte rivolu-
zioni, assassini, violenza, ho lavorato “fino alla
morte”, ho affrontato malattie e diversi interven-
ti chirurgici, ma sono sopravvissuto a tutto con
gioia e ho sempre imparato da ogni esperienza.
Le esperienze non insegnano nulla, se non sono
accompagnate dalla riflessione. Grazie a Dio, ho
toccato con mano la presenza del Signore anche
nelle peggiori esperienze e nei momenti più diffi-
cili della mia vita.
di Istanbul affidata ai Salesiani è al servizio di
diverse comunità linguistiche. Vi si celebrano le
funzioni liturgiche e si amministrano i sacramen-
ti in inglese, francese, arabo e turco. Siamo anche
disponibili a rivolgerci ai fedeli in farsi, spagnolo,
italiano, tagalog, bahasa, portoghese e vietnami-
ta. Accogliamo inoltre gruppi provenienti da ogni
parte del mondo che compiono pellegrinaggi in
queste terre. Dalla Cattedrale offriamo anche il
nostro aiuto ai profughi provenienti dalla Siria e
dall’Iraq tramite una piccola scuola che abbiamo
aperto per i bambini di famiglie povere che han-
no perso tutto, tranne la speranza! Cerchiamo di
rafforzare la loro speranza e di preparare i loro
figli per un futuro migliore. Ci occupiamo dei
giovani profughi tramite un Centro Giovanile e
lavoriamo anche al servizio di giovani immigrati
africani che cercano di raggiungere l’Europa con
la speranza di un futuro migliore. Con il nostro
Centro Giovanile Salesiano lavoriamo comples-
sivamente con e per 600 giovani. L’altro settore
della nostra attività si svolge a Bomonti, dove ge-
stiamo la scuola turca che, come dicono le perso-
ne che vivono accanto a noi, è “il gioiello e l’oasi
dell’istruzione a Istanbul”. La scuola Don Bosco
- Evrim è frequentata da quasi 400 studenti ed
è sempre piccola, rispetto alle notevoli richieste
che arrivano. È una scuola unica in Turchia per
In alto: Don
Andrés parla
ai giovani.
Qui sotto: La visita
di papa Francesco
nella chiesa dei
salesiani.
Ci puoi descrivere l’opera
di Istanbul?
A Istanbul ci sono sei Salesiani che si impegna-
no in un’ampia gamma di attività. La Cattedrale
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SALESIANI NEL MONDO
La distribuzione
della merenda
all’oratorio è
uguale in tutto il
mondo salesiano.
il suo stile e la sua originalità. Prestiamo anche
il nostro servizio in una cappella, nella quale te-
niamo celebrazioni liturgiche in turco, e in due
comunità religiose. Abbiamo complessivamente 7
chiese e Comunità in cui celebriamo la Messa. È
un’“opera” molto articolata.
Come sono i giovani
che hai incontrato?
Fondamentalmente i giovani sono ovunque gli
stessi: quando sanno che qualcuno li ama e si
preoccupa della loro risposta, rispondono. Ho
belle esperienze a questo proposito. Una volta a
Timor Est i soldati torturavano alcuni giovani
per suscitare una reazione da parte mia e di don
Locatelli. Volevano che noi Salesiani accettas-
simo di lasciare il Paese e in cambio avrebbero
liberato quei giovani. Nel frattempo continua-
vano a torturarli. A un certo punto, vedendo la
nostra tristezza e la nostra impotenza, uno di
quei giovani gridò: «Padre, non vada via dalla
nostra terra! Io sono pronto a morire per voi, ma
dovete rimanere in questo Paese». A volte pen-
siamo di impegnarci per “salvare” i giovani, poi
comprendiamo che loro sono pronti a morire per
i Salesiani! I ragazzi che non rispettano la legge
a Tondo Manila, dove ho trascorso 5 anni, i gio-
vani poveri di Timor Est in tempo di guerra, i
profughi provenienti dall’Iraq che si trovano qui
in Turchia. Sono sempre stato interpellato dai
giovani e dunque, con don Bosco, anch’io vorrei
dire: vi devo la vita. Dedicherò il resto della mia
vita a voi!
Quali sono i problemi umani
più pesanti?
Quali sono i problemi più gravi in questo mo-
mento? Posso solo sorridere e rispondere: come
in qualunque altra parte del mondo salesiano:
lamentiamo una carenza di personale, una ca-
renza di personale preparato, carenza di denaro
e carenza di tempo! Forse le circostanze cam-
biano da un Paese all’altro, ma i problemi sono
simili: troppo lavoro per un numero così esiguo
di lavoratori. Continuano ad arrivare profughi e
sembra che le guerre non si fermino mai; tanti
africani continuano ad attraversare le frontiere
per raggiungere un futuro, persone di culture
e religioni diverse non offrono molto aiuto e
comprensione. I politici hanno i loro modi per
risolvere i problemi (e per crearne!). Il quadro
politico non sempre aiuta.
Qual è la situazione della Chiesa
in Turchia?
La Chiesa in Turchia sta cambiando molto. Ovun-
que la gente si rende conto della necessità di una
guida, di nuovi modi per animare le attività della
Chiesa, di piani pastorali che siano veramente dio-
cesani, di una maggiore collaborazione tra le Chie-
se, di un più grande impegno ecumenico.
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Come va la Congregazione
Salesiana in questa nazione?
Siamo l’unica presenza salesiana in Turchia. Vo-
glio essere ottimista! I miei confratelli e io ab-
biamo compiuto qualche passo per rinnovare la
nostra mentalità, abbiamo elaborato piani a lungo
termine, vogliamo sviluppare l’opera dei Salesiani
qui e non accontentarci della situazione attuale.
La prima sfida sarà rappresentata dalle vocazio-
ni locali. Dopo 111 anni di presenza salesiana in
questo Paese, non abbiamo neppure un salesiano
turco, sebbene vi siano adma, Cooperatori Sale-
siani e Volontari di don Bosco. Vorremmo poi of-
frire i nostri spazi, quali la scuola di Evrim, come
Centri in cui gli abitanti del quartiere possano
incontrarsi, aperti tutto l’anno, per i bambini, i
loro amici e i genitori, non solo per la scuola, ma
anche per lo sport, la musica, le attività ricreative.
Il lavoro con gli stranieri è positivo e dobbiamo
portarlo avanti, ma non possiamo pensare che na-
scano vocazioni tra loro: sono solo di passaggio.
Intendiamo invece consolidare la nostra presenza
accanto ai giovani turchi, tra i quali possono sor-
gere vocazioni locali.
Come vedi il futuro?
Il futuro appartiene a Dio. Come vedo il futuro?
Ho appreso questa esortazione: preparatevi per il
meglio, ma siate anche pronti al peggio. Credo
veramente nella capacità di don Bosco di adattar-
si a ogni nuova situazione, sfida e difficoltà. Per
noi è molto importante leggere i segni dei tempi
e saper “prevedere” il futuro, ma purtroppo solo
Dio ne è capace. Anch’io tra non molto tempo
potrei non essere più qui, chi lo sa? Forse i miei
superiori vedranno che c’è più bisogno di me da
un’altra parte e mi manderanno là.
Quali sono gli incontri più belli
che hai fatto?
La mia vita salesiana non è così lunga, ma ovun-
que ho vissuto begli “incontri”. Il primo: quello
con Cristo. Sono molto felice di averlo incontra-
to quando ero ancora ragazzo, a Madrid. Avevo
forse 15 anni, ma sapevo che era il più grande
amico che si potesse trovare. Con Gesù ho ini-
ziato a percorrere le strade di Madrid per racco-
gliere giornali vecchi e cartoni per i mendicanti e
i poveri, con Lui sono diventato salesiano, mis-
sionario e prete, con Lui ho scoperto le miserie
di Tondo-Manila e ho imparato che dare infonde
una gioia più grande che ricevere. Con Gesù sono
andato in un Paese in guerra e mi sono messo
al servizio della gente di Timor Est, insieme a
un gruppo di meravigliosi e santi salesiani. Con
Lui, sempre con Lui, ho lavorato anche per il po-
polo indonesiano e ho visto una ragazza morta
tornare in vita dopo una preghiera “nel nome di
Gesù”. È stato meraviglioso ed è accaduto davanti
ai miei occhi! E con Lui sono venuto a Istanbul
per lavorare con i miei confratelli a favore degli
immigrati, dei profughi e anche dei bambini tur-
chi. Qui papa Francesco mi ha salutato e mi ha
incoraggiato a continuare a svolgere quest’opera
meravigliosa. Sì, con Lui, con Cristo, continuerò.
Ovunque mi mandi, in qualunque momento mi
mandi.
La scuola
salesiana,
come dicono le
persone che la
cooscono, “è il
gioiello e l’oasi
dell’istruzione a
Istanbul”.
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11

2.2 Page 12

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L’INVITATO
BOLETIN SALESIANO DEL PARAGUAY
Traduzione di Marisa Patarino
Intervista a padre
Guillermo Basan˜es,
Consigliere mondiale
per le Missioni
Salesiane.
Padre Guillermo, che
cosa significa essere
missionario salesiano
e qual è la sua missione?
Un anno fa sono stato nominato Con-
sigliere per le Missioni. L’appellativo
“Consigliere” significa che faccio
«Sono un salesiano. parte del Consiglio del Rettor Mag-
giore. Si tratta di lavorare a stretto
contatto con il successore di don Bo-
sco, responsabile dei Salesiani di tut-
Sono disponibile
to il mondo, di considerare insieme al
Rettor Maggiore tutto il mondo sale-
siano, i 132 Paesi in cui ci troviamo.
Il Consigliere per le Missioni è inca-
ad andare ovunque
ricato di aiutare il Rettor Maggiore a
mantenere vivo lo spirito missionario
di tutta la Congregazione. Per questo
si occupa della Formazione Missio-
e per sempre».
naria, dell’Animazione Missionaria e
anche di accompagnare le vocazioni
missionarie all’interno della Con-
gregazione, di organizzare le attività
In un clima di promozione e di impegno missionario
missionarie di primo piano accanto a
tutto ciò che rientra nell’ambito della
in tutta la Società Salesiana, il Consigliere mondiale
per le Missioni, padre Guillermo Basan˜es presenta
un resoconto della sua esperienza a livello
internazionale nelle Missioni Salesiane.
solidarietà missionaria mondiale.
Essere missionario significa aver ri-
cevuto un mandato e impegnarsi con
anima e corpo, nel luogo in cui ci si
trova, al servizio dei giovani. Nello
specifico, però, la vocazione missio-
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Settembre 2015

2.3 Page 13

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naria che noi definiamo “ad gentes”
è la chiamata speciale che il Signore
rivolge non necessariamente ai mi-
gliori, ma ad alcuni che ama e chiama
a essere missionari non solo dove si
trovano, ma a impegnarsi in altre sedi
e per sempre. Questa è la vocazione
missionaria.
Nella sua vita missionaria
quali lezioni ha appreso?
La mia vita salesiana, specialmen-
te in questi 20 anni, si è concentrata
sull’Africa, dove ho lavorato prima
come missionario e negli ultimi 6
anni come Consigliere per tutto il
continente. In questi ultimi mesi, le
mie nuove esperienze hanno riguar-
dato i viaggi e le visite compiute nelle
sedi salesiane in Asia. Non mi ci ero
mai recato e ho scoperto l’immen-
so orizzonte missionario che si apre
di fronte alla Chiesa e alla Congre-
gazione in questo continente. Nello
stesso tempo, sono stato vicino a mol-
te vocazioni missionarie salesiane che
stanno nascendo nel contesto asiatico,
per esempio in Vietnam, nelle Filip-
pine, in Indonesia.
Abbiamo mandato dal Paraguay mis-
sionari del Vietnam che sono già stati
accolti, un missionario dall’Indonesia
ecc. Questo significa che l’Asia, co-
stituita da immensi Paesi densamente
popolati, con una minoranza cristia-
na, sta offrendo molti missionari. Il
Signore ci presenta il dono di Missio-
nari Salesiani dal continente asiatico.
Molti missionari dedicano
tutta la loro vita alla gente
più povera della terra.
Quale sensazione ha
provato incontrandoli?
Ho sperimentato una grande soddi-
sfazione. Un orgoglio salesiano, ag-
giungerei. Come figli di don Bosco,
credo che ci si senta molto felici di
vedere i propri figli e le proprie figlie
spirituali, i membri della Famiglia
Salesiana, nella consapevolezza che
questo è stato uno dei sogni missiona-
ri del Fondatore: veder arrivare i suoi
figli tra queste persone spesso ignora-
te o dimenticate.
Vedo spesso situazioni di grande iso-
lamento, povertà, abbandono in tut-
ti i continenti come l’Africa, l’Asia e
perché no in Europa, in alcune zone
molto povere e trascurate.
La prima impressione è dunque stata
questa: di soddisfazione, gioia e orgo-
glio salesiano, per tutto quello che i
figli di don Bosco hanno fatto, nella
consapevolezza che è necessario con-
tinuare a essere presenti.
Pensa che i Salesiani
stiano realizzando i sogni
del Fondatore?
Penso che in molti casi quei sogni sia-
no stati realizzati e per altri occorrerà
continuare a lavorare. Ovviamente
non si tratta di verificare per punti
che cosa sia stato compiuto e che cosa
non sia stato adempiuto. Ho trascorso
recentemente 10 giorni a Barcellona,
dove nel 1886 don Bosco fece il suo
quinto sogno missionario. Nel corso
di quel famoso sogno gli apparve una
Pastorella che lo invitò a tracciare una
linea che unisse Valparaiso (in Cile) a
Pechino (in Cina) e gli mostrò tutte
le missioni salesiane che si sarebbero
estese praticamente in tutto il mondo.
Non si tratta di vedere e analizzare
dove passi questa linea e quali terre
raggiunga, ma i Salesiani di don Bo-
sco devono mantenere sempre viva
questa visione universale, il desiderio
di raggiungere tutti i popoli e tutte le
nazioni. In questo senso, i sogni mis-
sionari di don Bosco non saranno mai
completamente realizzati. Il Signore
ha ispirato questi sogni affinché i Fi-
gli di don Bosco, la Famiglia Salesia-
Don Guillermo in visita in una parrocchia
missionaria.
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2.4 Page 14

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L’INVITATO
na, mantengano sempre vivo questo
slancio missionario, il desiderio di
andare più lontano, la consapevolezza
che non saremo mai arrivati alla fine,
che ci sarà sempre un altro orizzon-
te verso il quale dovremo dirigerci.
Ci saranno sempre giovani più biso-
gnosi, un po’ oltre la sede in cui ci si
trova. Il problema si presenta quando
crediamo di essere già arrivati.
Questo sogno di don Bosco è inte-
ressante. Don Bosco è quasi morente,
ha dato tutto, e chi ha dato tutto può
dire: «Missione compiuta». Il Signore
però gli ispira un sogno il cui conte-
nuto è: «Non hai ancora cominciato».
In pratica, la missione da compiere è
ancora molto lunga. Don Bosco vuole
dunque che i suoi figli conservino nel
cuore la consapevolezza che la missio-
ne non è mai compiuta.
Quale impegno a livello
globale occorre ancora
adempiere per le Missioni?
La sfida che riguarda il tessuto evan-
gelizzatore della Chiesa e anche di
noi Salesiani è il confronto con am-
biti in cui Cristo non è conosciuto, il
Vangelo è ignorato, la Chiesa è una
minoranza assoluta.
Penso ad esempio alla presenza in
Cambogia, ma anche in Pakistan,
nel nord del Sudan. In questi Paesi
i missionari hanno una consapevo-
lezza molto attenta e attiva, vivace e
generosa, di che cosa significhi essere
evangelizzatori.
Il rischio che si corre nei cosiddet-
ti “Paesi cattolici” di tutta l’America
Latina è adagiarsi nell’idea di essere
“cristiani”. Quando ci si trova in un
Paese in cui i cristiani costituiscono
lo 0,2% della popolazione, occor-
re essere molto convinti e avere una
consapevolezza forte e chiara di che
cosa significhi essere cristiani. Se ci
si adegua alla mentalità della massa
cristiana, secondo la quale siamo cri-
stiani perché tutti siamo cristiani, c’è
il rischio che la consapevolezza mis-
sionaria individuale e la responsabili-
tà apostolica si riducano.
Stiamo scoprendo che in vari luo-
ghi in cui i Salesiani operano (Nord
Africa, Egitto, Tunisia, Marocco) la
loro presenza è molto circoscritta. Si
tratta ad esempio di piccole scuole in
cui vige il divieto assoluto di compiere
qualsiasi forma di evangelizzazione. I
Salesiani sanno però bene che si tratta
di un’opera costruttiva e di un lavoro
compiuto per il Regno di Dio e sono
consapevoli di essere missionari, an-
che se non possono dirlo.
Lei è argentino. Perché ha
scelto di andare in Africa
come missionario?
Non ho mai scelto di andare in Afri-
ca. Ci sono stato mandato. Apparte-
nevo all’Ispettoria di Buenos Aires
e ho semplicemente alzato la mano
pensando che si trattasse di ciò che il
Signore mi chiedeva. Ho dunque det-
to: «Sono disponibile ad andare come
missionario». Il missionario però non
sceglie mai dove andare e non ho
chiesto di lasciare Buenos Aires o di
andare in Africa. Ho semplicemen-
te detto: «Sono un Salesiano di don
Bosco. Sono disponibile ad andare
ovunque e per sempre» e sono stato
mandato in Angola.
Che cosa le ha dato l’Africa?
L’esperienza africana mi ha molto pla-
smato, perché sono arrivato in Africa
prima di diventare sacerdote. Sono
dunque cresciuto come Salesiano in
Africa. Ho imparato a essere Salesiano
in Africa e poi in tutti questi anni sono
stato al servizio di tutta la presenza sa-
lesiana in Africa, non solo in Angola.
Per questo il mio cuore è naturalmente
molto legato agli africani.
E adesso sono Consigliere per le
Missioni, incaricato fino al 2020, e se
qualcuno mi chiede: «Che cosa vorre-
sti fare quando terminerai la tua ope-
ra di Consigliere nel 2020?»... vorrei
tornare in Angola, dove sono stato
inviato e dove è cominciata la mia
prima missione.
Cercherò di fare quello che posso,
nel miglior modo possibile, e quando
questa esperienza sarà finita mi met-
terò sempre a disposizione dei miei
superiori, che mi manderanno dove
sarà necessario, dove Dio vorrà.
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CHIESA
PINO PELLEGRINO
Verso il Convegno di Firenze
È tempo di fermarci:
ridiventiamo umani!
La Chiesa italiana si sta preparando a un importante Convegno
che si terrà a Firenze dal 9 al 13 novembre prossimo.
Saranno cinque giorni nei quali si discuterà del più urgente
problema d’oggi: trovare la via perché gli uomini ridiventino umani.
Problema importante. Prova: proteggere il
pianeta, ricuperare la Terra, senza ricu-
perare l’Uomo, è come restaurare la reg-
gia e, nello stesso tempo, uccidere il re!
Problema urgente. Siamo allo scardina-
mento dell’umano.
Ecco: siamo arrivati al punto di dover spiegare
ai ragazzi che non è lecito bruciare un barbone
dopo averlo cosparso di benzina; che non è bene
sgozzare il compagno di banco…
Davvero: l’uomo è l’unico animale che può diven-
tare bestia! Non è tempo di fermarci?
Il Convegno di Firenze ci ricorderà che se uo-
mini si nasce, umani si diventa. Non solo que-
sto ci ricorderà, ma (e qui sta la sua importanza)
ci indicherà anche la via più sicura della nostra
umanizzazione. La via che verrà proposta è Cri-
sto (non per nulla il tema del Convegno è “In
Gesù Cristo il nuovo umanesimo”). Una via che ha
tutte le carte in regola per essere sostenuta a voce
alta. È Cristo, infatti, il prototipo dell’Uomo, è
lui il miglior successo della nostra specie, l’Uo-
mo perfetto.
Potremmo tranquillamente provare che se non
tutti promuovono Cristo all’esame di divinità,
tutti lo promuovono all’esa-
me di umanità. Tre sole te-
stimonianze.
“Da Cristo in giù è solo pianura” ha dichiarato lo
stesso filosofo ateo tedesco Friedrich Nietzsche
(1844-1900).
Il nostro famoso giurista Norberto Bobbio
(1909-2004) aggiunge: “Per un non credente come
me, Gesù resta un esempio, forse il più grande esem-
pio, che la storia umana a noi nota, ci abbia dato di
grandezza morale”.
Il giudizio più alto e sorprendente ci pare, co-
munque, quello di uno dei massimi scrittori russi
Feodor Dostoevskij (1821-81): “Io credo che non
esiste niente di più bello, di più profondo, di più vi-
rile, di più perfetto del Cristo. Non esiste e non può
esistere!”.
Ecco di che cosa (meglio: di Chi) parlerà il Con-
vegno di Firenze.
La speranza è che proprio Cristo non venga fatto
annegare sotto una cascata di parole. Il sogno è
che tutti noi che prendiamo il nome da Cristo ci
convinciamo, finalmente, che è impossibile dirci
cristiani se la nostra vita non fa sentire il profumo
dell’Uomo umano.
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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
ETIOPIA
Un altro
futuro
è possibile
Il progetto “Don Bosco Youth Center
Mekanissa”, alla periferia di Addis Abeba,
aiuta oltre 500 giovani, tra i 4 e i 20 anni,
tra i più poveri ed i più indifesi. Il centro
giovanile è parte dell’opera salesiana Don
Bosco e consta di una scuola elementare,
media e superiore, l’oratorio, il prenoviziato,
un centro professionale, la parrocchia e le
attività sociali, e vi prestano la loro opera 7
salesiani. “Oggi più che mai siamo chiamati
ad essere segni di speranza e di futuro” dice
il salesiano coadiutore Donato Galetta, che,
con il sostegno di volontari laici, dirige il
progetto dalla sua nascita. Un’altra opera sa-
lesiana ad Addis Abeba, il “Bosco Children
Centre”, offre assistenza per i ragazzi di
strada, provvedendo alla loro formazione
integrale; recentemente 8 di questi giovani
sono entrati all’università.
INDIA
Tutti assunti
gli allievi
dell’Istituto
Superiore
alberghiero
salesiano
Il “Don Bosco College Ho-
spitality Studies” (Istituto
superiore alberghiero sale-
siano) di Mumbai offre un
corso di formazione trien-
nale per preparare i giovani
dell’India per l’occupazione
nel settore del turismo
e dell’ospitalità. Il corso
permette ai giovani poveri
e svantaggiati del paese di
formarsi adeguatamente
per intraprendere una buo-
na carriera e assicurarsi la
stabilità economica in un
settore in crescita.
Gli allievi che escono
dalla scuola sono pronti
ad entrare in un settore in
crescita dal punto di vista
occupazionale e molti
sono quelli che hanno
già trovato un lavoro
stabile. Il centro salesiano
lavora anche per restituire
benefici alle comunità
locali da cui provengono
i giovani.
LIBERIA
Il tempo
della speranza
“È come respirare aria
pura e fresca e vivere,
finalmente, senza
paura”, dicono i Salesiani dei centri “Don
Bosco-Sean Devereux” e “St Joseph-8th
Street” di Monrovia per descrivere la Liberia
che, dopo l’incubo Ebola, si sta lentamente
rialzando.
L’Ebola è stata affrontata e viene affrontata
con dignità e amore, testimoniato dal co-
raggio dei tanti giovani dei 2 centri salesiani
di Monrovia nella lotta contro l’infezione,
attraverso l’informazione, la prevenzione, la
distribuzione di materiale igienico-sanitario
e di cibo. “Durante il tempo del contagio
Ebola scrivevo che era il tempo della purifi-
cazione della nostra fede, ora è il momento di
dare ragione della nostra speranza” dice don
Nicola Ciarapica, sdb.
I Salesiani sono ora impegnati in progetti
di sostegno a 1200 ragazzi e ragazze perché
“non rimangano sulla strada”. Con la solida-
rietà dei benefattori le famiglie in difficoltà
vengono aiutate a pagare le tasse e acquistare
i libri per i figli.
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MESSICO
“Don Bosco
Sobre Ruedas”
si alza in piedi
con la sua
nuova sedia
L’associazione “Don Bosco Sobre Ruedas”
(Don Bosco su ruote), coordinata da don
Jaime Reyes Retana, sdb, che lavora per il
rafforzamento e lo sviluppo dei giovani con
disabilità, ha progettato una sedia a rotelle
per l’uso quotidiano, che permette ai suoi
utenti di sollevarsi, con tutti i benefici che
tale azione comporta. Lo scopo dietro a tutto
ciò resta lo stesso: che le persone con disa-
bilità possano svilupparsi nella maniera più
indipendente possibile.
Il sistema è semplice: la sedia è dotata di un
meccanismo che, con la semplice pressione di
un pulsante, può sollevare il sedile e lo schie-
nale secondo il livello richiesto dall’utente.
Come tutti i progetti ideati da tas (che già
comprendono sedie a rotelle per fare sport
e per l’uso quotidiano, e dispositivi per la
guida di automobili), l’idea è creare progetti
personalizzati.
SPAGNA
ONG giovanile
salesiana
per i migranti
“Il capitale umano di
un continente non può
sparire annegato nelle
acque del Mediterraneo,
mentre l’Europa guarda
dall’altra parte”. È questa
una delle premesse della
campagna #StopNaufra-
gios lanciata dall’ONG
giovanile salesiana “Jóve-
nes y Desarrollo” per
denunciare la “disumani-
tà” dei viaggi compiuti da
migliaia di migranti per
raggiungere l’Europa e
per sensibilizzare i paesi
del Sud del mondo alla
cooperazione e all’edu-
cazione, allo scopo di
eliminare quella povertà
estrema che costringe
le popolazioni alla fuga.
In particolare, Jóvenes
y Desarrollo metterà in
opera un progetto per la
formazione professionale
e la sensibilizzazione dei
giovani più svantaggiati
dell’Etiopia, facendo loro
presente la pericolosità
dei viaggi.
BOLIVIA
L’impegno
salesiano per
eliminare il
lavoro minorile
L’accesso all’educa-
zione e delle opportunità di sviluppo sono
due elementi chiave per combattere la piaga
del lavoro minorile. La Famiglia Salesiana
è veramente in prima linea su questo fronte.
Un buon esempio è quello realizzato dalle
Figlie di Maria Ausiliatrice a Santa Cruz,
Bolivia, con la loro casa famiglia per ragazze
a rischio “Casa Maín” che offre accoglienza,
pasti nutrienti ed educazione alle ragazze e
alle giovani donne con scarso accesso all’edu-
cazione e che vivono in condizioni di strada.
Attualmente la struttura ospita oltre 160 ra-
gazze, suddivise, sulla base dell’età, nelle tre
strutture di cui si compone il centro. Più di
recente, le responsabili di Casa Maín hanno
organizzato un laboratorio di tre settimane
per insegnare alle ragazze competenze infor-
matiche di base, dattilografia, elaborazione
di testi e disegni digitali, per avviarle così al
lavoro.
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2.8 Page 18

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CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
AMADOR MERINO GÒMEZ
Le Figlie dei Sacri Cuori
Una storia sorprendente:
una Congregazione nata
in un lazzaretto.
Alle giovani colpite da
lebbra, come pure alle
figlie sane di genitori
malati, era impedito di
farsi suore. Allora nel
lazzaretto di Agua de Dios
(Colombia) sorse questa
singolare Congregazione:
per raccogliere quelle
giovani, e per mettere la
loro estrema sensibilità a
servizio di chi soffre.
Agua de Dios: ripulsa,
dolore, disperazione
Membra corrose, sguardi tristi, soli-
tudine nel corpo e nell’anima, ama-
rezza nel cuore. Scacciati dai loro
simili che si considerano persone
sane, i malati di lebbra girovagavano
senza meta nei dintorni della città di
Tocaima (Colombia). Raccontano le
cronache che erano stati espulsi dalla
città attorno al 1870. Uomini, donne
e bambini, trattati in modo spietato
da quelli che dovevano essere i loro
fratelli, soffrivano un martirio crude-
le e inumano: un ingiusto destino li
trasformò in vagabondi della morte.
Per loro non c’era alcun conforto né
sollievo, né attenzione, né fiducia, né
amore. Come se non fossero persone.
Tutt’al più, residui umani che solo po-
tevano incutere disprezzo e timore.
Così, nel loro girovagare morti di fame
e di sete, uno di loro giunto ai piedi di
una pietraia scoprì una preziosa sor-
gente d’acqua. In un impeto di alle-
gria quel lebbroso gridò: «Es el Agua
de Dios!» (è l’acqua di Dio). E come
Agua de Dios si cominciò a chiamare
quel posto, e i lebbrosi presero a po-
polarlo. Ma presto quel nome divenne
sinonimo di repulsione, di dolore, di
abbandono, di disperazione. Se uno
contraeva quel terribile male, si sen-
tiva fatalmente condannato a finire lì.
E di lì non c’era più speranza umana
di tornare indietro.
Suor Maria Angelina Santos, una Fi-
glia dei Sacri Cuori, scrive: «Come il
carbone nero è solito nascondere un
bel diamante prezioso, così quei cor-
pi corrosi da un’infermità ripugnante
nascondevano talenti umani di inap-
prezzabile valore». Allo stesso modo,
si può dire, sotto quell’apparenza di
fatalità Agua de Dios era destinata a
raccogliere il più sublime amore e la
pura fraternità. Agua de Dios è nome
ricco di storia e generoso di frutti per i
figli di don Bosco: a pronunciarlo oggi
sa di bontà e di speranza, di abnega-
zione e di amore; accarezza soavemen-
te l’orecchio, e più ancora il cuore.
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2.9 Page 19

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Padre Michele Unia,
l’apostolo dei lebbrosi
A poco a poco Agua de Dios è andato
crescendo, ha acquistato consistenza.
Ai primi lebbrosi se ne sono aggiun-
ti altri. Anche persone sane si stabi-
liscono in quel posto (sovente sono
parenti di malati), dando così origi-
ne a una fiorente colonia che presto
si trasforma in un piccolo villaggio
ospitale, industrioso, religioso, ben
organizzato, fondato sul lavoro, sul ri-
sparmio e sull’attività instancabile dei
malati e dei sani, che trasformano in
un fertile giardino ciò che sembrava
terreno sterile.
La trasformazione umana e cristiana,
e perfino lo sviluppo e l’organizza-
zione che si produssero in Agua de
Dios, si devono in gran parte al lavo-
ro di alcuni missionari di don Bosco.
In effetti il 6 agosto 1894 rientrava
dall’Italia e tornava nel Lazzaretto di
Agua de Dios padre Michele Unia,
chiamato poi l’apostolo dei lebbrosi,
portando con sé un giovane chierico
di nome Luigi Variara, di appena 18
anni e mezzo, che si era offerto di la-
vorare tra i lebbrosi.
Luigi Variara:
la giovinezza fatta dono
Il padre Michele Unia si consumò
molto in fretta (e non c’era da aspet-
tarsi altro). Così consumato, logorato,
la mattina del 9 dicembre 1895 con-
segnava la sua anima a Dio nella lon-
tana città di Torino. Quel medesimo
giorno, sul fare della sera, la notizia
giungeva ad Agua de Dios per tele-
gramma. Un altro salesiano, il padre
Raffaele Crippa, si fece carico del laz-
zaretto. Ma fu il giovane chierico che
divenne l’anima di quell’opera sale-
siana. In essa riversò tutto l’impegno
della sua persona, la sua abnegazio-
ne, la capacità creativa, a servizio dei
lebbrosi. Soprattutto con i bambini e
per i bambini, i più bisognosi fra tut-
ti i bisognosi, il lavoro del chierico
andò acquistando proporzioni sem-
pre maggiori. Arrivò a ideare un asilo
in cui potessero rifugiarsi e ricevere
un’adeguata istruzione.
Intanto portava avanti le più svariate
attività, tra cui spiccava per gli effetti
conseguiti la banda musicale, messa
su con strumenti ceduti da una del-
le bande salesiane di Bogotà, e com-
posta dai bambini del lazzaretto. La
banda fu inaugurata – con un trionfo
– l’8 settembre 1895.
Inoltre il giovane chierico si dedica-
va agli studi di teologia, e il 24 aprile
1898 ricevette l’ordinazione a Bogotà.
Aveva appena 23 anni.
Ora che è diventato sacerdote, padre
Variara si lancia in pieno nell’impresa
di costruire l’asilo-oratorio «Michele
Unia» per i bambini lebbrosi o figli di
lebbrosi. A corto di denaro, si dedica
con sollecitudine a procurarselo, né più
né meno come avrebbe fatto don Bo-
sco. Per mezzo di lettere, di circolari, e
della stessa stampa, si rivolge al cuore
dei colombiani, soprattutto dei giova-
ni, perché aiutino con generosità.
Il 7 maggio 1899 si benedisse la prima
pietra dell’asilo, che in poco tempo si
trasformò in una bella realtà. Ter-
minata la costruzione padre Variara
diventò direttore dell’asilo-oratorio,
così come diventò padre e fratello dei
bambini (molti dei quali terribilmente
colpiti dalla lebbra fin dalla più tenera
età). Giorno dopo giorno padre Va-
riara conosceva sempre meglio il do-
lore segreto dei suoi malati, e andava
scoprendo nella sua vita quel «carisma
vittimale» che avrebbe poi trasmesso
alle religiose dell’Istituto che stava
per fondare.
Le Figlie dei Sacri Cuori:
una congregazione
per lebbrose
Attraverso il suo lavoro di direzione
spirituale padre Variara conobbe va-
rie giovani privilegiate, colpite sì dalla
lebbra, ma di profonda vita interiore
e di incomparabile bellezza spirituale.
Tre di esse costituiranno le prime pie-
tre del nuovo istituto religioso.
La prima è la signorina Oliva Sán-
chez, di famiglia distinta, che pur
Il beato Luigi Variara, salesiano di Viarigi (Asti),
fondatore dell’Istituto delle Figlie dei Sacri Cuori.
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2.10 Page 20

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CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
essendo malata collaborava con lui in
tutte le opere di apostolato e di pre-
ghiera che venissero avviate nel lazza-
retto. La seconda è Limbania Rojas,
venuta nel lazzaretto perché malata,
ma di profonda vita interiore e pronta
a ogni sacrificio. La terza, Rosa Fore-
Rivelare al mondo il senso cristiano del dolore
con la donazione totale ai sofferenti, ai poveri
e agli emarginati, con spirito salesiano, è la
caratteristica dell’Istituto.
ro Nieto, era sorella di due sacerdoti e
aveva desiderato diventare suora ma la
lebbra gliel’aveva impedito.
Il contatto con padre Variara fece sì
che le tre giovani si conoscessero tra
loro e mettessero in comune i loro
ideali. Sorse allora l’idea di condurre
tra loro vita comune come se fossero
religiose. Cominciarono una specie
di noviziato, nella misura in cui fu
possibile, simile a quello delle fma,
e scoprirono che nonostante l’infer-
mità erano in grado di condurre vita
comune abbastanza regolare.
Sorse così in forma embrionale la
Congregazione delle Figlie dei Sacri
Cuori. Padre Variara scrisse allora
all’Arcivescovo di Bogotà e ai suoi su-
periori di Torino. Ambedue le rispo-
ste furono favorevoli alla fondazione.
In quel tempo, risiedeva ad Agua de
Dios la famiglia Lozano Diaz, a cau-
sa dell’infermità del padre. C’erano in
famiglia quattro figlie, tutte di nome
Maria: Anna Maria, Maria Luisa,
Maria del Carmen, Maria Elena;
dopo qualche tempo esse si aggiunse-
ro alle prime tre giovani.
Le nuove suore decisero con padre
Variara di indossare un abito religio-
so, e ne adottarono uno molto simile
a quello delle fma. Intanto l’Arci-
vescovo di Bogotà nel maggio 1905
dava il suo benestare alla fondazione
dell’Istituto, e incoraggiava le suore
nella loro donazione al Signore.
Il 7 maggio di quell’anno è considera-
to la data d’inizio dell’Istituto. Verso
mezzogiorno, nella cappellina dell’i-
stituto San Rafael, si compì l’imposi-
zione dell’abito alle prime sette suore.
Caratteristica
dell’Istituto
Scrive suor Maria Angelina: «La sa-
lesianità del nostro Istituto è indiscu-
tibile. Il fatto che il nostro fondatore
sia stato un autentico salesiano, che
abbia bevuto a profusione alle sorgen-
ti genuine molto prima di iniziare la
sua missione fra noi, fin da quando
cominciò i suoi studi a Valdocco e li
continuò poi a Valsalice, lo dice ben
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Settembre 2015

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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chiaro. Infatti era saturo di spirito di
don Bosco quando cominciò l’opera
missionaria che lo condusse a fondare
il nostro Istituto.
E poiché quest’Istituto nei suoi inizi
fu anzitutto salesiano, dev’essere un
motivo più che sufficiente perché il
nostro spirito e le nostre tradizioni
ruotino attorno alle linee della sale-
sianità che il fondatore ci ha lasciato
in eredità».
Ma c’è di più. «Anche il nostro cari-
sma vittimale – prosegue suor Maria
Angelina – ebbe la sua origine e la sua
ispirazione nel sacrificio di un altro
salesiano, il Servo di Dio don Andrea
Beltrami. Egli, colpito da una crude-
le e inesorabile malattia ai polmoni
mentre era in piena gioventù, veden-
do troncati i suoi sogni di apostolato,
si offerse in olocausto sacrificando l’i-
deale che aveva scelto e che non pote-
va realizzare. In tal modo si convertì
in lampada votiva, che ardeva davanti
al Signore mentre i suoi fratelli – ope-
rai instancabili – si prodigavano sul
campo di lavoro. Fu da questo fatto
che sorse nella mente del nostro fon-
datore l’ispirazione di idealizzare il
dolore, di farsi vittima mediatrice tra
Dio e gli uomini, accetta al Signore
per la carità che tale stato comporta».
«Così don Variara, quell’autentico sa-
lesiano che a 18 anni aveva attinto alle
sorgenti genuine della salesianità, por-
tava in più nel profondo del suo essere,
quasi fosse un reliquiario vivente, il
prezioso carisma di cui più tardi avreb-
be fatto partecipi le sue Figlie, per un
atto di suprema donazione».
Per tutti questi motivi il 7o Capitolo
Generale ha indicato come caratteri-
stica delle Figlie dei Sacri Cuori «la
vocazione salesiana vittimale», e ha
riconosciuto al loro Istituto «la mis-
sione di rivelare al mondo il senso cri-
stiano del dolore».
L’appartenenza
alla Famiglia Salesiana
Le Figlie dei Sacri Cuori si sentono
orgogliose di appartenere alla Fa-
miglia Salesiana. Dichiarano questa
loro appartenenza, la proclamano, la
difendono. E la ribadiscono nel loro
ultimo Capitolo Generale. Citano il
Capitolo Speciale dei Salesiani che
ha elaborato a fondo l’idea della Fa-
miglia Salesiana, e asseriscono che le
appartengono per legittima eredità.
Oggi sono presenti in undici nazioni.
L’Istituto, in quanto gruppo di vita re-
ligiosa e di impegno apostolico, anche
nella scelta dei suoi destinatari sottoli-
nea la sua salesianità: le Figlie dei Sacri
Cuori lavorano prioritariamente per la
gioventù e i ceti popolari. Come per
don Bosco, giovani e poveri ricevono la
loro preferenza. È peculiare tuttavia la
specificazione che fanno parlando dei
poveri: «quelli a cui giunge la visita del
Signore con la croce della sofferenza e
della malattia».
«I malati: principalmente nei lazza-
retti (ospedali per lebbrosi), quelli che
per infermità proprie o della loro fa-
miglia hanno bisogno di aiuto, tanto
per la malattia che per l’educazione.
I malati nel fisico e nello spirito, che
negli ospedali, nelle case loro o in altre
situazioni esigono la nostra presenza
e azione pastorale. I poveri, special-
mente gli emarginati dalla nostra so-
cietà a causa dell’abbandono dei geni-
tori, della delinquenza, di mancanza
di mezzi economici e culturali». Così
il loro Capitolo Generale.
Parlando della salesianità, sempre il
Capitolo Generale precisa: «Don Bo-
sco è all’inizio, come nella preistoria
della nostra Congregazione, ed essa
sorge, quasi da un albero frondoso,
come uno dei suoi rami fecondi e vi-
gorosi: l’Istituto appartiene alla Fa-
miglia di don Bosco».
Per saperne di più:
http://www.hijasdelossagradosco-
razones.org/
Settembre 2015
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3.2 Page 22

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FMA
CLAUDIA MARTINETTI
Nizza
La casa diversa
dalle altre
In questo angolo di Monferrato le colline, i vigneti,
la bellezza dei paesaggi riconosciuti patrimonio
culturale dell’Unesco, ma soprattutto le persone
ti entrano nel cuore e nella vita. Qui c’è una Casa
tutta da scoprire, che custodisce una memoria unica.
Il 30 aprile 1877, don Bosco firma
il contratto per l’acquisto del Con-
vento di S. Maria delle Grazie.
Così comincia la storia delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice a Nizza
Monferrato.
Don Bosco sogna di trasferire nell’an-
tico complesso francescano del 1400,
ormai in degrado dopo la trasfor-
mazione in Cantina Enologica nel
1871, l’Istituto delle sue Suore, nato
a Mornese nel 1872, che sta muoven-
do i primi passi e registra una buona
espansione, sia per il numero di ra-
gazze che accoglie, sia per le vocazio-
ni che stanno nascendo.
Il 4 febbraio 1879 Madre Mazzarello
arriva a Nizza, con la pena del distac-
co dalla sua terra, ma con la gioia di
vedere che l’Istituto cresce e matura
secondo il cuore di don Bosco. Lei
stessa dirà in riferimento alla Casa
di Nizza: “Questa è una Casa ben di-
versa dalle altre, che deciderà grandi
cose” (Cronistoria II, 334).
Un Istituto
chiamato Madonna
Da quel lontano giorno Nizza diventa
Casa Generalizia, eredita e incarna lo
spirito di Mornese, ne diventa inter-
prete fedele, ne assicura la sistematiz-
zazione pedagogica e lo sviluppo, ne
cura la diffusione nel mondo.
Alla morte di Madre Mazzarello,
avvenuta nella cameretta ancora oggi
conservata nella parte più antica della
Casa, l’Istituto conta 26 Case in Ita-
lia, Francia, America, 139 suore pro-
fesse, 50 novizie.
Fino al 1929 è sede del Consiglio Ge-
nerale e qui vengono celebrati i primi
nove Capitoli Generali dell’Istituto,
dal 1884 al 1928. Tra queste mura si
consuma il dono di vita di tante so-
relle il cui nome è strettamente legato
all’interpretazione fedele e creativa del
carisma di don Bosco “al femminile”,
nell’educazione delle ragazze (Madre
Emilia Mosca, Madre Marina Coppa,
Madre Elisa Roncallo, Madre Mad-
dalena Morano, Madre Clelia Gen-
ghini…), ma anche di tante Figlie di
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Settembre 2015

3.3 Page 23

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DON BOSCO A NIZZA MONFERRATO
Maria Ausiliatrice umili, silenziose
che con il lavoro, la preghiera, l’offerta
quotidiana hanno fecondato la missio-
ne e reso grande l’Istituto.
Per anni la Scuola Normale “Nostra
Signora delle Grazie”, con l’annesso
Collegio, si distingue per la formazione
delle maestre, per l’impegno pedagogi-
co ed educativo, che la rende, almeno
nei suoi primi 50 anni di vita, esperien-
za paradigmatica per tutte le Scuole
dell’Istituto, per il coraggio della spe-
rimentazione e dell’innovazione didat-
tica, portate avanti da Figlie di Maria
Ausiliatrice sapienti e lungimiranti.
Traguardi particolarmente significativi
furono il Pareggiamento ottenuto nel
1900 e la Medaglia d’oro del Ministero
della Pubblica Istruzione “per le bene-
merenze nel campo della scuola, della
cultura e dell’arte”, del 1962.
Tante persone di Nizza Monferrato e
dei dintorni possono dire che la loro
vita è legata, in qualche modo, alla
Madonna, come familiarmente viene
chiamato l’Istituto: chi ha frequentato
Don Bosco fu a Nizza 5 volte; in particolare dell’ultima sua visita del 1885 viene conservata
preziosa memoria.
Don Bosco, già debilitato e sofferente, si reca a Nizza per la chiusura degli Esercizi Spirituali
delle Suore. Qui è invitato a rivolgere una parola particolare alle Capitolari; accompagnato da
don Bonetti si reca quindi in un parlatorio dove le Madri lo accolgono con tanta gioia. Ecco
il racconto dell’evento come riportato nelle Memorie Biografiche.
«Oh, dunque voi volete che io vi dica qualche cosa. Se potessi parlare, quante cose vi vorrei
dire! Ma sono vecchio, vecchio cadente, come vedete; stento perfino a parlare. Voglio dirvi
solo che la Madonna vi vuole molto, molto bene. E, sapete, essa si trova qui in mezzo a voi!».
Allora don Bonetti, vedendolo commosso, lo interruppe, e prese a dire, unicamente per di-
strarlo: «Sì, così, così! Don Bosco vuol dire che la Madonna è vostra madre e che essa vi
guarda e protegge».
«No, no – ripigliò il Santo –, voglio dire che la Madonna è proprio qui, in questa casa e
che è contenta di voi e che, se continuate con lo spirito di ora, che è quello desiderato dalla
Madonna...».
Il buon Padre s’inteneriva più di prima, e don Bonetti a prendere un’altra volta la parola: «Sì,
così, così! Don Bosco vuol dirvi che, se sarete sempre buone, la Madonna sarà contenta di voi».
«Ma no, ma no – si sforzava di spiegare don Bosco, cercando di dominare la propria com-
mozione –. Voglio dire che la Madonna è veramente qui, qui in mezzo a voi! La Madonna
passeggia in questa casa e la copre con il suo manto».
In così dire stendeva le braccia, levava le pupille lacrimose in alto e pareva voler persuadere
le suore che vedeva la Madonna andare di qua e di là come in casa sua e che tutta la casa era
sotto la sua protezione. La scena meriterebbe di venire riprodotta da un buon pennello, af-
finché, come rimase indelebilmente impressa nell’animo dei presenti, perpetuasse nel futuro
l’atteggiamento del santo Fondatore, quando con una così solenne affermazione prendeva
l’estremo commiato dalle sue figlie maggiori (cf. MB XVII, 557).
la Scuola, e chi ci porta i propri figli,
chi ha giocato all’Oratorio e al Cen-
tro Estivo e chi si mette in gioco come
animatore, chi ha fatto e fa parte delle
varie Associazioni, sportive e non solo,
che gravitano attorno alla Casa.
Nel 2011 l’Istituto riceve il riconosci-
mento “N’Amis del me Pais”, conferi-
to dall’Accademia di Cultura Nicese
L’Erca, “per il contributo dato dalle
Figlie di Maria Ausiliatrice alla cre-
scita morale ed educativa di genera-
zioni di Nicesi”: un gesto di affetto
della popolazione per le “sue suore”,
riconoscente per il bene ricevuto in
tanti anni di presenza e attività.
Oggi la Casa esce da alcuni anni di
grande ristrutturazione e adeguamen-
to degli ambienti, da un lato per la
messa a norma degli spazi scolastici e
per riutilizzare al meglio gli ambienti
lasciati liberi con la chiusura del Col-
legio; dall’altro per rendere funziona-
le una parte della casa all’accoglienza
di suore anziane e ammalate.
La scuola è attiva a tutti i livelli,
dall‘infanzia al Liceo.
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3.4 Page 24

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FMA
I lavori hanno consentito di fare
emergere la bellezza e la ricchez-
za storica e artistica di Casa Madre,
luogo caro a tutte le Figlie di Maria
Ausiliatrice del mondo, perché testi-
mone degli ultimi anni di vita di Ma-
dre Mazzarello e di quel periodo di
grande vitalità carismatica che seguì
la fondazione dell’Istituto.
Un intero corridoio nella parte più
antica della Casa è stato attrezzato
come Casa per Ferie, per accoglie-
re gruppi piccoli (fino a 25 posti) di
Figlie di Maria Ausiliatrice, giovani,
persone desiderose semplicemente di
una “pausa di ristoro” o interessate ad
approfondire da vicino il carisma e la
vita salesiana.
Si moltiplicano in questi anni i Pel-
legrinaggi di gruppi delle Comu-
nità educanti del mondo, desiderosi
di riscoprire, insieme con Mornese,
il “genuino spirito della prima ora”
dell’Istituto. Tante le testimonianze
di Suore, laici, exallieve/i che dicono:
“qui si respira un’aria particolare, qui si
sente la vita salesiana che pulsa…”.
La Scuola è attiva su tutti i diversi
gradi: Infanzia, Primaria, Secondaria
di I grado, Liceo Linguistico e Liceo
Scientifico. Questo offre alle famiglie
l’opportunità della continuità edu-
cativa, secondo un progetto chiaro e
personalizzato.
Pur risentendo della crisi contempo-
ranea e del mancato riconoscimento
della Parità economica, la Comuni-
tà Educante lavora con entusiasmo e
creatività per l’educazione integrale
dei bambini, dei ragazzi e dei giovani
che la frequentano, grazie anche ad
un gruppo di docenti laici che vive
con passione il senso di appartenen-
za e il carisma di don Bosco e Madre
Mazzarello.
Da alcuni anni si è attivato il Percor-
so Internazionale su tutti gli ordini di
Scuola, per potenziare la conoscenza
della lingua inglese e favorire l’acqui-
sizione di quelle competenze comu-
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Settembre 2015

3.5 Page 25

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UNA CURIOSITÀ: L’OSSERVATORIO METEOROLOGICO
“Il prof. don Clemente Bretto, salesiano, prima ancora che la scuola ottenesse il pareggia-
mento, volle che accanto alla medesima sorgesse un ‘osservatorio meteorologico’ quale utile
complemento degli studi secondari che vi si stavano compiendo.
Nel 1891 avviò e guidò i lavori, così che nel 1892 l’Osservatorio entrò in piena efficienza.
Uno dei più importanti strumenti definitivamente installati, fin dal principio, fu l’Anemometro
Denza inventato dal Molto Reverendo Padre Francesco Denza dell’Ordine Barnabitico, fon-
datore della Società Meteorologica Italiana. Il padre Denza, aderendo ad un vivo desiderio
espressogli dal Rev. Sig. Don Bretto, venne egli stesso ad installare il suo strumento e a dare
il primo impulso e le prime direttive al lavoro.
Già nel 1897 l’Osservatorio ricevette un attestato di benemerenza dalla Società su ricordata
e, successivamente, ebbe più volte parole di encomio e di incoraggiamento dai RR. Provve-
ditori e dal Ministero.
Le rilevazioni si fanno tre volte al giorno ad ore fisse.
La Suora cui attualmente è affidata la direzione dell’Osservatorio [suor Concetta Savio] è
stata eletta membro effettivo della Società Meteorologica Italiana, che ha sede in Roma,
presso l’Ufficio Centrale di Meteorologia e Geofisica. Ne è Presidente Onorario S.M. il Re
Vittorio Emanuele III.
L’Osservatorio dispone di apparecchi che consentono notazioni sicure e precise sulla pres-
sione atmosferica, sulla temperatura, sulla direzione e velocità del vento, ecc. Recentemen-
te venne arricchito di un Pluviografo, dono apprezzato del R. Istituto Idrografico del Po di
Torino.
Il benemerito Istituto Centrale di Meteorologia e Geofisica segue e incoraggia il nostro Os-
servatorio, provvedendo anche alle riparazioni gratuite degli strumenti”.
(tratto da: Ferdinando Maccono, All’ombra della Torre -
Bollettino dell’Istituto Nostra Signora delle Grazie, 1933)
Durante l’estate i cortili risuonano
delle voci allegre dei più di 200 bam-
bini che frequentano il Centro Esti-
vo, organizzato in collaborazione con
il Comune di Nizza Monferrato.
Punto di forza per l’attività dell’Isti-
tuto rimane, ormai da anni, l’apertura
al territorio, la valorizzazione delle ri-
sorse e delle realtà locali, l’interazione
positiva con Enti, Istituzioni, Asso-
ciazioni con cui, nel tempo, si sono
creati rapporti cordiali di collabora-
zione e di corresponsabilità educativa.
In questo piccolo angolo di Monfer-
rato lo spirito di Mornese si è consoli-
dato e da qui si è irradiato nel mondo.
Da qui ogni giorno si alza la preghiera
e l’offerta delle Suore della Comunità
che, nelle brevi e frequenti visite nella
Cameretta di Madre Mazzarello affi-
dano a lei tutte le Case e le Comunità
dell’Istituto, i giovani, gli educatori,
le famiglie, le tante persone che ricor-
rono alla Sua intercessione.
Davvero Maria Ausiliatrice cammina
in questa Casa e la copre con il suo
manto. I suoi occhi materni spaziano
su questi grandi cortili, come su tut-
te le Figlie di Maria Ausiliatrice del
mondo, facendo risuonare nel cuore
di ciascuna quanto don Bosco disse
in quel lontano 1885: “la Madonna
vi vuole molto, molto bene… ed è
contenta di voi!”.
nicative e relazionali indispensabili
nella società di oggi, sempre più com-
plessa e poliedrica.
Accanto alla Scuola non può mancare
la preziosa collaborazione delle ex-
allieve/i, dei Salesiani Cooperatori,
del Laboratorio Mamma Margherita.
Molte attività sono finalizzate alla
raccolta fondi per sostenere a distanza
alcune Missioni delle Figlie di Maria
Ausiliatrice in Africa e America La-
tina, e per aiutare le famiglie di alcu-
ni bambini e ragazzi della Scuola con
Borse di Studio.
Istituto Nostra Signora delle Grazie
Viale don Bosco, 40
10152 NIZZA MONFERRATO (ASTI)
Per info: tel. 0141 1806000
direttrice@scuolanizza.it
casaperferie@scuolanizza.it
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3.6 Page 26

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LE CASE DI DON BOSCO
EZIO RISATTI
IUSTO
L’Istituto Universitario Salesiano
Torino Rebaudengo Una giovane e dinamica Università
con la passione per la formazione
La storia di iusto si intreccia con quella
dell’Università Pontificia Salesiana (ups).
Dal 1971 al 1989 si svolgono al Rebau-
dengo i Corsi per Insegnanti di Sostegno,
organizzati dall’Istituto Toniolo dell’Uni-
versità Cattolica di Milano.
Intanto si sente ormai da diversi anni il bisogno di
un polo universitario cattolico piemontese, come
nuova presenza e naturale evoluzione del progetto
pastorale salesiano sul territorio.
Si tratta di un percorso di crescita continua
che, con l’Ispettore don Enrico Stasi, giunge
nel 2014-2015 all’Aggregazione e all’avvio dei
Corsi di Laurea Magistrale in Psicologia dello
sviluppo e dell’educazione e in Psicologia clinica
e di comunità.
Un gruppo di
studenti: «Questa
è una Università
che consente,
a chi lo desidera,
di non essere
solo un numero
di matricola».
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Settembre 2015

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5 DOMANDE AL PRESIDE DON EZIO RISATTI
Il disegno pastorale, a lungo curato e concreta-
mente realizzato, si è conquistato l’apprezza-
mento e il sostegno della Chiesa locale. Così la
Conferenza Episcopale Piemontese ha inseri-
to un suo Delegato (il Delegato della Pastorale
Universitaria, don Luca Peyron) nel Consiglio di
Amministrazione. Il mondo delle autorità civili
ha dimostrato la sua vicinanza e il suo sostegno
morale con la sua presenza, così il Presidente del-
la Regione Piemonte e il Sindaco di Torino han-
no partecipato a diverse inaugurazioni di Anno
Accademico.
Anche i nostri Master universitari di 1° e 2° livel-
lo hanno dato i loro frutti, stringendo legami di
collaborazione con i Centri di Ricerca più attivi
del Piemonte.
L’aggregazione alla Facoltà di Scienze dell’Edu-
cazione dell’ups, sancita dalla Congregazione
dell’Educazione Cattolica, è il riconoscimento
base che rende iusto ente ecclesiastico e lo abilita
come Istituto Universitario. iusto è anche Ente
accreditato dalla Regione Piemonte per la Forma-
zione superiore e continua e per l’Orientamento.
Quando l’albero cresce
Nove anni di attività per una Università sono
pochi, ma i numeri testimoniano la sua voglia
di crescere. L’86% degli Allievi si laurea regolar-
mente in corso e l’11,2% nel primo anno fuori
corso. Solo il 2,8% richiede un tempo maggiore.
Il nostro sistema di qualità richiede che almeno
l’80% degli Allievi esprima un giudizio positivo
su ogni parametro e, di questi, almeno il 40% il
giudizio positivo massimo. Tutti gli anni abbia-
mo raggiunto la meta.
Tutti gli anni parte anche un Corso di Laurea
con orario adatto a chi lavora. Si crea un gruppo
sempre molto affiatato che porta avanti lo studio
con risultati pari agli studenti a tempo pieno.
Oltre agli ambienti per la didattica iusto mette a
disposizione degli allievi una cappella per il racco-
glimento e la preghiera personale e un’ampia sala
Come mai adesso nascono Università salesiane in Italia?
La giovinezza si è allungata e quelli che una volta erano adulti, ora fanno parte
della missione propria dei Salesiani. Anche la preparazione al lavoro si è spo-
stata e così oggi bisogna preparare anche giovani già laureati. Per tutto questo
era necessario diventare Università.
Come mai una Facoltà di Psicologia?
La Psicologia è sempre stata nel cuore dei Salesiani, perché non si può la-
vorare con i giovani senza conoscere come funziona l’uomo. Naturalmente
abbiamo privilegiato quel ramo della Psicologia che studia proprio lo sviluppo
della persona e la sua educazione.
Come sta un Salesiano tra i giovani universitari?
Sono giovani molto coscienti e responsabili di sé. Il sistema preventivo trova
un ambiente ideale per offrire valori e senso alla vita, anche in campo vocazio-
nale. Certamente si richiedono al Salesiano una formazione e soprattutto una
crescita personale adeguata.
Qual è il vostro scopo?
Il nostro motto è Auget dum Docet. È un latino semplice: “Fa crescere mentre
insegna”. Il nostro scopo infatti non è solo trasmettere nozioni o insegnare un
mestiere, ma proprio far crescere le persone perché giungano alla loro pienez-
za. È la realizzazione del progetto di Dio su di loro. La laurea in Psicologia è
ricca di stimoli in questa direzione e fornisce strumenti di comprensione e di
lavoro su di sé molto validi. Sono davvero fortunati quelli che fanno questo
cammino di crescita.
Perché studiare da IUSTO?
In sintesi: qualità della didattica, un massimo di
80 studenti per classe, rapporto diretto studen-
ti-docenti; comunità accogliente ed attenta alla
dimensione umana, tutorship personalizzata; forte
rete con il territorio; più di 150 sedi di tirocinio con-
venzionate in tutta Italia; organizzazione
delle lezioni in moduli da quattro ore e for-
mula week-end per chi già lavora, contatti
con il polo universitario salesiano.
ristoro con annesso bar, per socia-
lizzare, pranzare, giocare, festeg-
giare.
La Biblioteca Universitaria
Mario Viglietti
Dedicata al prof. don Mario Viglietti (1921-
2007), padre dell’Orientamento Scolastico e
Professionale in Italia. È specializzata nelle di-
scipline psicologiche e pedagogiche. Oltre ai
fondi storici, gli allievi possono accedere tramite
i computer messi a disposizione o direttamente
con i loro mezzi a 3510 riviste e 2850 periodici
accademici full text, e a 770 riviste indicizzate.
La felicità di
una neolaureata.
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3.8 Page 28

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LE CASE DI DON BOSCO
DALL’OFFERTA FORMATIVA IUSTO
La laurea in
Psicologia è
ricca di stimoli e
fornisce strumenti
di comprensione
e di lavoro su sé
molto validi.
Le riviste sono accessibili dal primo numero di
pubblicazione al più recente e non c’è limite alla
consultazione o al materiale scaricato.
Il futuro dello Psicologo
A fine 2014 gli Psicologi in Italia (albo A) erano
92366 di cui 44489 psicoterapeuti (http://www.
psy.it/cnop/allegati/numero-iscritti.pdf). Mentre
il campo clinico è sovraffollato, ci sono aree di in-
tervento che sono poco curate, infatti tutto dove
c’è una psiche in azione c’è spazio per il lavoro
dello psicologo. Il suo compito è proprio aiutare i
bambini, gli adolescenti, gli adulti, gli anziani a vi-
vere meglio la loro età. Far funzionare meglio, non
solo la persona singola, ma la famiglia, la scuola,
l’ambiente di lavoro, la micro e la macro società.
Strutturare meglio i processi di apprendimento,
di formazione, di comunicazione, di relazione... Il
futuro dello psicologo sta nell’estendere la sua be-
nefica influenza a tutte le realtà dell’uomo.
Che cosa dicono gli allievi
“Sono arrivata all’Istituto Universitario Rebauden-
go decisa a cambiare il mondo, decisa a farmi notare
e ricordare. Non avevo previsto che, piano piano, po-
tessi essere io a cambiare, grazie ad un insegnamen-
to mirato non solo all’apprendimento di conoscenze
ma alla maturazione della persona intesa nel suo
complesso di corpo e mente. Ho stretto amicizie con
Un ventaglio interessante di corsi nell’ambito psico-
socio-educativo.
Laurea Triennale in Psicologia dello sviluppo e dell’e-
ducazione
Laurea Magistrale in Psicologia dello sviluppo e dell’e-
ducazione
Laurea Magistrale in Psicologia clinica e di comunità
Master Universitario in Gestione dei processi psicolo-
gici e relazionali nello sport agonistico
Master Universitario in Tecniche cognitivo comporta-
mentali applicate ai disturbi autistici
Master Universitario in Interventi Assistiti con Animali
e Qualità di vita
Corso di Aggiornamento professionale in Psicologia
investigativa e Criminologia
Corso Intensivo di aggiornamento professionale in In-
tervista al bambino presunto abusato
Corso di aggiornamento per Formatori dei Mediatori
civili
colleghi e professori che non dimenticherò mai ed ho
compreso me stessa anche nella preghiera mattutina,
quella sempre presente nella cappella universitaria;
ho apprezzato il dono della convivialità nei pranzi
condivisi a Natale e Pasqua, il dono della pazienza
nello studio e della gioia nel confronto. Ho conosciuto
me stessa e adesso sono pronta a cambiare il mondo,
non senza imparare ogni giorno qualcosa e tornare,
quando è possibile, in quel luogo che mi ha permesso di
scoprire il mondo per poterlo migliorare. Perché questo
è lo IUSTO”. Beatrice G., laureata.
“Allo IUSTO il termine Università è colto nel pieno del
suo etimo – la totalità –: qui gli apprendimenti, di
cui si è soggetti attivi, avvengono anche fuori dalle
aule… Una Università che consente, a chi lo desidera,
di essere più di un numero (matricola)”. Michele A.,
iscritto alla Laurea magistrale, già laureato alla
triennale presso iusto.
“Una Università dove sentirsi a Casa”. Andrea B.,
iscritto alla Laurea triennale.
CONTATTI
URL: www.ius.to - Mail: info@ius.to
Tel.: +39 011 2340083 - Fax: +39 011 2304044
Indirizzo: P. Conti di Rebaudengo, 22 - 1015 Torino
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SALESIANI PER IL SOCIALE
ILARIA MARIA NIZZO
La storia di Nando...
Testimonianza della “bellezza educativa” salesiana
Per alcuni bambini la vita può iniziare
con maggiori difficoltà, ma può
continuare con maggior serenità
e amore quando sul loro “cammino”
incontrano una Casa Famiglia
dei Salesiani per il Sociale.
«V engo da un quartiere di Na-
poli. E per me la vita non è
mai stata tanto facile. Ho fatto
tanti sbagli e il peggiore è stato
quello di commettere una rapi-
na, quando avevo solo 17 anni»
no mio figlio possa essere fiero di me. Mi sento
bene e mi sembra di volare» conclude Nando.
sono le parole di Nando che continua così: «Men- Nando è un esempio di come si possono sostenere
tre stavo rubando i carabinieri mi corsero dietro i bambini nel loro percorso di crescita spesso in-
e, scappando, feci l’errore di estrarre la pistola. terrotto dalle vicissitudini e dalle problematiche
Fui condannato e recluso nelle carceri di Napoli. emergenti della vita, di cui loro non hanno nes-
Dopo 8 mesi, all’uscita dal carcere, ad accoglier- suna responsabilità.
mi ci fu però la casa famiglia dei Salesiani per il Se vuoi, anche tu puoi trasformare la tua giorna-
Sociale, impegnata dal 2007 nel golfo di Napoli ta indimenticabile in un gesto di solidarietà per i
a prendersi cura dei minori poveri, emarginati e “ragazzi di don Bosco” che trovano accoglienza e
a rischio di emarginazione sociale. Tutti insieme sostegno presso le nostre comunità!
mi aiutarono anche a trovare
Nelle bomboniere solidali dei
lavoro. Oggi ho un figlio e mi
Salesiani per il Sociale è na-
sento migliore. Con don Bo-
scosto un gesto di solidarietà.
sco ho imparato ad aspettare,
Dare di più ai bambini, ragazzi
perché se sei senza lavoro e
e giovani che dalla vita hanno
hai pensieri negativi allora Per avere maggiori informazioni vai sul avuto di meno! In occasione di
agisci senza riflettere» con- nostro sito:
Matrimoni, Battesimi, Cresi-
clude il suo racconto il giova- www.salesianiperilsociale.it
me, Comunioni, Anniversari,
ne ripensando al suo passato. e sfoglia il nostro catalogo, oppure scrivi a: Lauree e Nascite, festeggia la
«Oggi mi sento una persona giovanna@salesianiperilsociale.it tua gioia con le nostre bombo-
normale e spero che un gior- o chiama il numero 06-4940522.
niere solidali.
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3.10 Page 30

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TESTIMONIANZE
I VOLONTARI DI VALDOCCO 2015
Con il cuore e il sorriso
di don Bosco Erano molti, disponibili, accoglienti,
sempre pronti a informare,
guidare, accompagnare.
«Questa è terra
di miracoli»
La mia domenica: trascorsa tra mil-
le volti, mille storie, mille sguardi e
scambi di intense emozioni. Pellegri-
ni che si commuovono, che doman-
dano, che si sentono accolti e ricam-
biano l’affetto che cerchi di donar loro
con una calda stretta di mano e tanti
“Grazie!”, in tutte le lingue. E quan-
do qualcuno torna nel cortile dopo la
Messa e ti viene a cercare per dirti:
“Abbiamo pregato anche per lei!”, non
puoi che ringraziare per questa espe-
rienza che, per quanto faticosa, so
che mi regalerà molto più di quanto
potessi immaginare. Credo Valdocco
faccia parte, per me, di una di quelle
grazie che si ricevono nella vita sen-
za neppure chiederle. Nel cuore, tra
tanti altri, mi resta il viso di un signo-
re che ha fatto tutto il pellegrinaggio
sulla sua sedia a rotelle, sempre in
prima fila, cercando di farsi spazio
tra gli altri per non perdersi neppure
una parola e che mi ha confidato di
avere due figli disabili a casa. Questa
è terra di miracoli: qui chi ha fede e si
affida lasciandosi guardare da Lassù,
non torna a casa lo stesso di prima.
Don Bosco trasforma e, se gli si parla
a cuore aperto, risponde. Sempre.
Io credo avrà risposto anche al cuore
di un papà venuto fino a Torino per
pregare per i suoi figli...
«Dov’è don Bosco?»
Sono in pensione da settembre e avevo
deciso di non iscrivermi a corsi vari o
attività di volontariato organizzato in
questo primo anno ma di pensarci un
po’ prima di decidere l’ambito in cui
fare qualcosa. La scorsa estate mi ero
iscritta come volontaria per l’Osten-
sione della Sindone di quest’anno. Il
15 marzo di quest’anno sono venuta a
Valdocco con il gruppo delle exallieve
di Asti a cui sono iscritta e ho sentito
il sacerdote che celebrava la S. Messa
dire che cercavate volontari per il pe-
riodo corrispondente all’Ostensione
della Sindone. Quindici giorni fa ho
chiesto se serviva ancora qualcuno e
ho dato la disponibilità per il lunedì
pomeriggio. Ho prestato quindi per
ora “servizio” solo una volta ma ho
provato un’emozione ed una commo-
zione più forti e comunque diverse da
quelle che ho provato come volontaria
per la Sindone nel 2010. Sono stata
quasi cinque ore in basilica per cui già
ho potuto pregare, riflettere e pensa-
30
Settembre 2015

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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COME UN FIORE DI VENTO
re. Mi hanno colpita e commossa la
fede e l’amore dei pellegrini, molti sa-
cerdoti, religiosi, laici molti stranieri
che chiedevano: “Dov’è don Bosco?”
con il desiderio e l’urgenza di recarsi
a vederlo e a pregare davanti alla sua
urna. Io invitavo i gruppi e i singoli
pellegrini a scendere nella cripta delle
reliquie e tutti salendo mi sorridevano
e mi ringraziavano per averli indiriz-
zati a scendere, entusiasti e commossi
da quello che avevano visto e sentito.
In chiesa mi ha commossa la storia
di una signora abbastanza anziana di
un paese vicino ad Alessandria che,
a causa di problemi alle gambe, non
si è sentita di scendere le scale che
conducono alla cripta. È sceso il ni-
pote dicendole che avrebbe scattato le
foto per lei per fargliele vedere e per
spiegargliele. La signora nell’attesa
mi ha raccontato che stava provando
una commozione ed una gioia inde-
scrivibili perché erano trent’anni che
aspettava questo momento, pratica-
mente da quando era nato il nipote
che ora l’aveva accompagnata, perché
lei prima della sua nascita aveva pro-
messo a don Bosco che sarebbe venu-
ta nella basilica di Maria Ausiliatrice
a ringraziare lui e la Madonna. È sta-
to un primo giorno “speciale” anche
per me.
Nel torpore di un sole perpendicolare
cammino leggero sul “Prato Filippi”
non sento più il peso del mio corpo
l’erba si piega e sorride alla terra
in lontananza un vocìo di ragazzi
mi riscalda il cuore: don Bosco è lì,
impalpabile, come un fiore di vento:
mi sorride, mi tende la mano, ma quando
[cerco di afferrarla
tutto svanisce, come in una grande nuvola
[di sogni!...
Sono stata assalita da tanti dubbi, uno
dei quali era cosa fare per far passare
il tempo e soprattutto per accogliere
degnamente i pellegrini perché noi
siamo il volto di don Bosco come ci
aveva appena detto don Enrico! Che
responsabilità! Senza quasi accorger-
mene ho iniziato a raccomandare a
Maria Ausiliatrice le mie amiche che
avevano problemi di vario genere, poi
i miei figli, poi i miei allievi, poi... Mi
sgorgavano dentro un’Ave Maria die-
tro l’altra! Proprio a me che ho sempre
avuto grosse difficoltà a pregare con il
Rosario. Alla fine del pomeriggio ero
piuttosto stanca, ma avevo una sere-
nità dentro che non saprei descrivere.
Il primo maggio servizio alle came-
rette. C’era fermento perché erano at-
tese 2000 persone per il pomeriggio,
più tutte quelle che sarebbero venute
senza prenotazione. Durissimo chie-
dere alla gente di scorrere perché altri
gruppi stavano pressando per entrare!
Mi sono stupita dei tanti “grazie” ri-
cevuti da persone che sono venute da
un po’ tutta Europa e che a loro volta
si sono stupite di quanti volontari sia-
mo. Una suora, andandosene, mi ha
schioccato un caloroso bacio su una
guancia. Anche solo per questo gesto
affettuoso e spontaneo è valsa la pena
di aver passato un pomeriggio a Val-
docco. Domani terzo servizio: quale
sarà la sorpresa?
Quasi una Pentecoste
Arrivano i pellegrini, soli, in piccoli
gruppi o in grupponi. Hanno tante
domande: dove e quando ci si può
confessare, dove è sepolta Mamma
Margherita, c’è veramente il corpo di
don Bosco nell’urna appena visitata
Un bacio sulla guancia
Al primo servizio, mi sono resa conto
che l’idea di stare in piedi vicino all’ur-
na di don Bosco mi spaventava un po’.
Un gruppo di volontari dell’accoglienza davanti al
monumento di don Bosco. Si distinguevano per la
loro divisa giallo oro.
Settembre 2015
31

4.2 Page 32

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TESTIMONIANZE
al piano superiore? Quando e come è
arrivata qui la reliquia della Croce di
Cristo? Al tempo delle Crociate, cre-
do, più o meno quando la Sindone è
giunta in Europa.
Chiedono spiegazioni in tutte le lin-
gue, dal portoghese al russo. Pur-
troppo a noi volontari non è capita-
ta “quella” straordinaria Pentecoste
riservata agli Apostoli, duemila anni
fa. Dobbiamo arrangiarci. Qualcuno
vuole la traduzione delle scritte in la-
tino. Meno male che almeno questo
l’ho imparato: me l’hanno pestato
bene in testa alcune benemerite fma.
Tra noi volontari si stabilisce il clima
di amicizia e di collaborazione tipico
degli ambienti salesiani. E con i pel-
legrini è subito simpatia. Edificanti
e commoventi il raccoglimento e la
devozione con cui si compie la visita.
Alcuni gruppi sostano in preghiera
davanti alla reliquia della Croce. Si
inginocchiano a baciare la terra nel
punto in cui la Madonna ha posato il
piede. Cantano nella propria lingua.
Mi ha colpita in particolare la visita
di una signora, in un gruppo di pelle-
grini francesi. Di corporatura robusta
e massiccia, con evidenti problemi di
deambulazione, aveva sceso con fati-
ca la scala, sostenuta da due amiche.
Aveva compiuto la visita della crip-
ta appoggiandosi ad un girello; era
quindi risalita, sempre sostenuta dalle
amiche. Dopo un quarto d’ora circa
la vidi ridiscendere, con le solite ami-
che, questa volta senza girello. Volle
avvicinarsi, da sola, al punto in cui era
apparsa la Madonna. Si inginocchiò
con immensa fatica, rifiutando ogni
aiuto. Rimase assorta in preghiera.
Facemmo grandi sforzi per aiutarla a
rialzarsi. Ci ricompensò con un sorri-
so dolcissimo, dicendo in stentato ita-
liano: “Grazie! È tutto difficile, tanto
difficile...”. Ma intanto sorrideva, di
un sorriso solare che mi ha scaldato
il cuore. Grazie a te, sconosciuta fran-
cese!
Noemi,
deliziosa bimba Down
Per me questo 2015 è un anno mol-
to speciale, sono diventata salesiana
cooperatrice di don Bosco il 31 gen-
naio scorso, ed in questa bellissima
Basilica, dove è iniziato il mio cam-
mino di fede 12 anni fa, ho festeggia-
to i 25 anni di matrimonio lo scorso
marzo, doni per me enormi. Offrirmi
come volontaria qui, è per me un rin-
graziamento a Maria Ausiliatrice e
a don Bosco. Come mi hanno detto
durante il cammino di preparazione e
formazione per i cooperatori “Quan-
do don Bosco chiama lascia fare a lui”,
così ho fatto, ed oggi sono qui, impe-
gnata in questa bellissima avventura
che mi sta regalando delle gioie im-
mense. Ho avuto modo di conoscere
ed incontrare persone speciali, ricche
di umanità, di fede viva e vera. Non
solo tra i pellegrini, ma tra i volon-
tari ho conosciuto persone splendi-
de che hanno saputo emozionarmi
e rubarmi il cuore, che mi regalano
parole, sorrisi e gesti d’amore che mi
hanno completamente conquistata. E
tutto questo qui, sotto il manto della
Madonna, che vuole solo farci vivere
l’amore di Dio in questo pezzo di pa-
radiso, voluto da don Bosco, lontano
dai rumori della città, dagli egoismi e
dalle difficoltà della nostra quotidia-
nità. Quando varco la porta di Val-
docco, Lei mi deterge la mente, toglie
ansie, preoccupazioni e mi fa una vera
iniezione di gioia e di vitalità. Questo
è, ne sono certa, ciò che voleva don
Bosco, ed io che sono molto fortunata
nell’essere qui, cerco con il mio servi-
zio di trasmetterlo a tutti quelli che
incontro. Avrei un sacco di esperienze
da raccontare ma ciò che ho vissuto
l’altro giorno vale la pena di condi-
32
Settembre 2015
Con i pellegrini era simpatia a prima vista.
L’attenzione con cui ascoltavano era commovente.

4.3 Page 33

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viderlo con tutti. Domenica ho in-
contrato Noemi, una deliziosa bimba
affetta dalla sindrome di Down in vi-
sita da noi con il suo gruppo. L’avevo
già accolta all’ingresso ma ho avuto la
fortuna di ritrovarla mentre il grup-
po si apprestava a lasciare il cortile.
Mi sono trovata vicino a lei e in quel
momento le campane della Basilica si
sono messe a suonare, lei allora mi ha
preso la mano, me l’ha stretta con una
presa decisa ed ha proseguito a cam-
minare con me, era un po’ spaventa-
ta, ci siamo fermate, ho cominciato a
scambiare con lei qualche parola, lei
aveva notato la radio attaccata alla
maglietta allora le ho fatto fare un
saluto a tutti; Giusy che aveva senti-
to e vedeva da lontano le ha risposto
ed ecco che lei felicissima mi ha ab-
bracciato e baciato con una gioia ed
un affetto incredibile, buttandosi al
mio collo, tanto che l’ho fatta girare
come una bambolina, era felicissima
e mi ha detto: QUESTA SÌ CHE È ACCO-
GLIENZA!!! Vi giuro che ancora ora, se
ci penso piango!!! Questa sì che è ac-
coglienza: è l’accoglienza del Valdocco,
quella che don Bosco sicuramente voleva,
fatta di gioia, di allegria, di mani tese,
di pelle d’oca per l’emozione di vivere
esperienze uniche! Io ringrazio Dio per
questa bellissima avventura, ringra-
zio tutti i volontari e le persone che
il Signore mi ha fatto conoscere e,
spero, di essere in grado di ricambiare
almeno in parte ciò che mi regalano
ogni giorno. Un ultimo pensiero, a
me stessa per prima, che vorrei con-
dividere, è quello di non avere paura,
spalanchiamo le porte all’amore, alla
gioia, rendiamoci testimoni concreti e
credibili dell’amore di Gesù, come ci
ha insegnato don Bosco, con il sorri-
so, con la gioia e che le lacrime siano
solo di gioia e tantissime!
«Due occhi
che non dimenticherò»
Due occhi che difficilmente dimen-
ticherò. Occhi profondi, pieni di
luce, di saggezza ma anche colorati
di sofferenza. Una persona speciale,
un dono inaspettato in una giornata
che avrebbe dovuto essere abbastanza
monotona. Ad un certo punto, dopo
aver visitato Valdocco, siamo entrati
in Basilica. Un po’ di spiegazioni in-
terrotte da un fulmine a ciel sereno:
“Adesso basta, fermiamoci, devo pre-
gare”. L’interprete e io ci siamo messi
in un angolo ad aspettare, a guardare
questa signora particolare. Fuori dalla
chiesa ci siamo seduti un attimo. Mi
ha confidato un pezzetto della sua
vita: vent’anni insegnante universita-
ria ed attualmente sindaco. Un lavoro
difficile, in una città dove essere cri-
stiano è un problema. I giovani, mi
confida, sono al centro delle sue at-
tenzioni. Le ho detto che è salesiana
nel cuore. Mi ha sorriso, mi ha stretto
tutte e due le mani, mi ha guardato
con i suoi occhi meravigliosi. Le sono
scese due lacrime. Che brutto non sa-
pere le lingue. Mi risponde che la lin-
gua universale è quella del cuore. Mi
ha salutato. Difficilmente la rivedrò
nella mia vita. Oggi ho incontrato il
Sindaco di Betlemme.
Settembre 2015
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4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Occhio al “cosismo”!
Le cose ci arricchiscono
di beni, ma ci
impoveriscono d’umanità.
L’educatore deve
prenderne coscienza.
Per questo desideriamo
informarlo sull’insidia
del “cosismo” per mettere
in salvo l’educazione.
Pensiamo di avere tutte
le carte in regola
per usare questi termini.
‘Cosismo’: parola che non si
trova nei dizionari, ma in
mille cervelli. Il ‘cosismo’
è una malattia subdola,
difficile da portare a gal-
la. Noi vogliamo provar-
ci, per guardarla in faccia e metterla
ko, tanta è la sua pericolosità.
Insomma, che cos’è il misterioso ‘cosi-
smo’? Il ‘cosismo’ è la malattia di chi è
affascinato dalle cose, ammaliato dalle
cose. Nelle cose crede, dalle cose spera,
le cose ama! In una parola, il ‘cosismo’
è la ‘filosofia’ di chi pensa che tutto si
possa risolvere con l’avere cose.
Avere’ una bella casa, risolve il proble-
ma della famiglia.
Avere’ l’attrezzatura scolastica perfet-
ta, risolve il problema dell’apprendi-
mento.
Oh, intendiamoci! Le ‘cose’ hanno,
certo, il loro valore, ma un valore mol-
to relativo.
Il motivo è chiaro: perché le ‘cose’, di
per sé, non sono fattori di crescita!
Credere che per
essere di più occorra
avere di più è il tranello
del ‘cosismo’!
Vi sono scolari brillanti per nulla ac-
cessoriati.
Vi sono famiglie riuscite in case che
non hanno il robot aspirapolvere, il
Bimby, il condizionatore, la vasca
idromassaggio…
A questo punto il lettore già ha capi-
to dove vogliamo arrivare: vogliamo
togliere alle ‘cose’ la dignità che non
hanno! L’operazione è seria e urgente!
Oggi le ‘cose’ stanno superando in
importanza le persone. Ieri si diceva:
«La mia maestra», oggi si dice: «La
mia auto». Le cose diventano criterio
di valore. Chi non produce (vecchi e
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Settembre 2015

4.5 Page 35

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LA SOBRIETÀ S’IMPARA
Sì, al valore ‘sobrietà’ può essere riservato un capitolo di tutto rispetto nei Trattati dell’arte di educare. La sobrietà, infatti, può essere materia
di insegnamento e di apprendimento. Ecco tre proposte.
Incominciamo con l’alleggerirci
Le statistiche dicono che nelle case italiane sarebbero nascosti cin-
que miliardi di vecchi abiti che non si usano più. È vero: sarà duro
liberarci di tante cose. Ogni oggetto, per quanto inutile, rappresenta
un legame emotivo con un luogo, una persona, un momento. Sarà
duro, ma proviamoci! Daremo meno tempo alle cose e più a noi. Ci
sentiremo più liberi, più sciolti, meno schiavi.
Godiamoci le gioie senza soldi
Anche questa è una buona mossa per liberarci dall’idea che solo
l’‘avere’ possa portare a una qualche felicità. In realtà vi sono tante
gioie che non hanno per nulla bisogno di cose.
Guardare un bambino che ride.
Accarezzare chi ci ama.
Ritrovare un oggetto che avevamo smarrito.
Svegliarsi dopo aver dormito bene.
Contemplare il tramonto.
Sentire lo squillo del telefono quando si è innamorati.
Ricevere gli esami fatti all’ospedale attestanti che non c’è da preoc-
cuparci per niente!
L’elenco delle felicità impalpabili potrebbe benissimo continuare
per una sola conclusione: nel mondo vi sono germi gratuiti di gioie
sparsi ovunque che dipendono solo dal cuore che sa accoglierli, non
dalle cose.
Regaliamo!
Donare è un ottimo esercizio per allenarci all’essenziale, per liberarci
dal virus dell’accumulo.
Il dono contrasta con la mentalità del possesso; fa uscire dal narci-
sismo, dall’egocentrismo.
Il dono sconfigge la malattia del cosismo di chi è ammaliato dalle
cose, affascinato dalle cose.
Il dono è occasione di felicità: «È più bello dare che ricevere» (Atti
20,35) ha detto Gesù.
Scelta di cultura
La sobrietà è una scelta: la scelta di chi decide di resistere allo
spreco, al lusso, al consumismo. Essere sobri non significa es-
sere poveri, miseri, pitocchi. Essere sobri significa rifiutare il
superfluo e accon-
tentarci del neces-
sario.
Di ritorno dall’India,
un grande scrittore
ha confidato: «Ho
imparato a lavarmi
dalla testa ai piedi
con meno di mezzo
litro d’acqua».
bambini) viene considerato inutile. Le
cose minacciano la nostra stessa iden-
tità. C’è chi pensa che per essere ele-
gante nei modi sia sufficiente essere
elegante e alla moda.
Le ‘cose’ creano mentalità: la mentali-
tà del ‘produrre’, del ‘fare’.
È dalla mentalità prodotta dal ‘cosi-
smo’ che nasce uno dei modi di dire più
pericolosi per la dignità dell’uomo: è il
dire, tranquillamente: «Fare un figlio».
Gli uomini non si producono come le
melanzane: gli uomini si generano!
Ma andiamo più a fondo e vediamo
come le ‘cose’ possono disturbare l’e-
ducazione.
Le cose causano persone in-
soddisfatte. Più cose si vedono, più
diventano necessarie. Ieri erano le ne-
cessità a far nascere le cose, oggi sono
le ‘cose’ a far nascere le necessità! Un
tempo si cercava l’acqua perché si ave-
va sete; oggi, tutte quelle bibite, tut-
ti quei gelati fanno nascere mille seti
che, se non vengono soddisfatte, crea–
no tensioni. Lo psichiatra Massimo
Recalcati (1959) è arrivato a dire che
“l’ingorgo degli oggetti genera angoscia!”.
Le cose possono formare in-
dividui deboli. Avendo sempre
più cose, finiamo con il far lavorare
sempre meno noi stessi. Usiamo l’au-
tomobile più che i piedi, la calcolatri-
ce più che il cervello, la ‘biro’ per gli
appuntamenti, più che la memoria.
Insomma, le cose possono addormen-
tarci!
Un terzo danno causato dalle
cose è più raffinato: troppe cose
portano alla caduta del desiderio.
Che cosa può ancora sognare per Na-
tale un piccolo d’oggi già ingolfato da
tutti i giochi elettronici possibili e da
tutti i cibi e i divertimenti immagi-
nabili?
Tiriamo le somme:
ragazzi insoddisfatti
ragazzi deboli
ragazzi spenti, senza tensione.
Occhio, dunque, alle ‘cose’! Le ‘cose’
non sono mai innocue! A forza di
‘avere’ sempre più, l’uomo rischia
di non ‘essere’ più! In altre parole: le
‘cose’ ci arricchiscono di beni, ma ci
impoveriscono di umanità. Occorre
reagire!
In che modo?
La risposta sarà il tema dell’appunta-
mento del prossimo mese.
Settembre 2015
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4.6 Page 36

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LA LINEA D'OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
La solitudine
degli
uomini-numeri
C In una prospettiva utilitaristica,
nessuno (o quasi) fa niente per niente.
Il “quanto” diviene più importante del “come”,
del “perché” e soprattutto del “chi”,
odici, password, indici, medie: la società
contemporanea tende sempre più a por-
re in secondo piano la centralità della
persona e il suo valore trascendente, per
ridurla a nient’altro che un numero, un
dato statistico, un elemento quantifi-
poiché di fronte all’imperio dei numeri cabile e perfettamente intercambiabile. Svuotati
le motivazioni e le modalità che orientano della loro dimensione più profonda, privati della
propria unicità, gli uomini e le donne del terzo
l’agire diventano componenti irrilevanti. millennio vivono spesso con rassegnazione l’im-
perante processo di atomizzazione che sempre
più interviene a polverizzare le appartenenze e a
Primi, perfetti, reali, razionali
sgretolare le identità collettive, incasellando gli
oppure dispari, complessi, perduti, dimenticati:
individui nella sorda solitudine delle statistiche.
siamo numeri, siamo ricchi e poveri, ma siamo solo numeri,
Avvezzi a ricondurre ogni scelta e ogni azione a
siamo donne e uomini, siamo numeri di tutti i generi:
una valutazione meramente quantitativa, perdia-
espressi in indici, riassunti in medie,
mo di vista la ricchezza impagabile che scaturisce
sempre in numero un po' superiore a quello delle sedie.
dalle relazioni autentiche basate sulla gratuità. Ci
60 milioni di cui 1/3 lavora, 1 su 30 sta a casa,
abituiamo a fare i conti con proiezioni, tassi e sta-
1 su 1000 non la trova: tu contane 8, il nono è povero
tistiche, ma non a contare veramente gli uni sugli
e per l'erario ogni 1000 di loro c'è un ultramilionario.
altri; impariamo a fare stime dei costi e dei van-
Ma la gente che dà i numeri, che fa i numeri
taggi di ogni opzione potenziale che ci si apre di
è frequente superi chi ha i numeri e due scrupoli...
fronte, ma non a stimare le persone il cui percorso
Quante ombre oltre l'orizzonte,
di vita si intreccia con il nostro.
quante nei pensieri tuoi, quante nei pensieri miei,
Si tratta, a ben guardare, di un processo generaliz-
numeri infiniti da salvare.
zato, ma che sembra accentuarsi particolarmente
Quanto amore puoi avere? Più di quanto potrai dare...
in concomitanza con il passaggio verso l’età adulta,
allorché si smarrisce quella fisiologica repulsione
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Settembre 2015

4.7 Page 37

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verso ogni forma di etichettamento in rigidi sche-
mi preordinati che è propria degli adolescenti, e
alla “sproporzione” dei sentimenti, delle emozioni,
degli slanci di generosità tipica dei più giovani su-
bentra progressivamente la tendenza a “razionare”
gli investimenti esistenziali, a “centellinare” le ma-
nifestazioni di affetto, a “risparmiare” quanto più è
possibile tempo ed energie.
In questa prospettiva utilitaristica, nessuno (o
quasi) fa niente per niente. Il “quanto” diviene più
importante del “come”, del “perché” e soprattutto
del “chi”, poiché di fronte all’imperio dei numeri
le motivazioni e le modalità che orientano l’agi-
re diventano componenti irrilevanti e persino il
volto degli altri con cui si entra in relazione, la
loro storia, la loro unicità finiscono con lo scolo-
rire nell’indeterminatezza di un tu seriale, inteso
come merce di consumo da sfruttare fino a quan-
do risulta conveniente e poi da buttar via quando
non “serve” più a nulla.
Da questo punto di vista, gli adulti hanno forse
da imparare dalla “generosità sproporzionata” dei
più giovani e, soprattutto, hanno bisogno di riap-
propriarsi dell’irripetibile originalità che carat-
terizza ciascuno, recuperando la consapevolezza
Siamo ridotti in uno Stato malato,
per ogni nato abbiamo un morto sano e un pezzo d'immigrato,
che appena completato sarà sfruttato,
poi odiato e via da dove sei venuto:
negro! anzi numero! zero statistico, quota in esubero...
è guerra tra poveri, guerra tra numeri.
Numeri, noi siamo numeri,
dai nomi e i volti noti o impercettibili,
numeri, non solo numeri,
diversi e simili, ognuno ha la sua storia...
Censiti, poi censurati, tutti quanti
sulla base dei contanti siam contati;
tutti etichettati con il numero di serie,
ticchettanti macchinette in mezzo a mucchi di macerie.
Tutti quanti uguali,
talmente originali che le lasciamo in rete le impronte digitali.
Siam carne da statistiche, abitiamo negli elenchi...
Numeri, non solo numeri,
diversi e simili, ognuno ha la sua storia!
(Raf feat. Nathalie e Frankie Hi-NRG, Numeri, 2011)
che non tutto ha un prezzo o un valore di mercato
e che, anzi, la felicità più autentica richiede la ca-
pacità di “rischiare tutto”, senza risparmiarsi nella
relazione con gli altri.
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
In margine all’Expo
I salesiani e l’amore
per la terra
Un Istituto Superiore
Agricolo in Bolivia
La Muyurina – posta nell’oriente boli-
viano, a 50 km dalla città di S. Cruz
de la Sierra – era un complesso di 500
ettari di terra, con più di 150 capi di
bestiame, dotata di macchinari agricoli.
Don Invernizzi con altri salesiani
vi giunse a fine 1960 e vi trovò uno
sparuto gruppetto di ventenni in cri-
si moralmente e spiritualmente, che
miravano solo al titolo di “Tecnico
medio agrario”. Superate le non po-
che difficoltà burocratiche, nel giro
di 4 anni i salesiani riuscirono a fare
assegnare ai loro giovani il titolo di
“Tecnico Medio Agropecuario” che
dava la possibilità di un impiego ben
remunerato nelle aziende agrarie.
Come a Cumiana, la scuola della
Muyurina divenne scuola pilota, in-
novativa per tutto il paese, imponen-
dosi nella zona per i risultati ottenuti
dagli alunni e per il progresso nel mi-
glioramento produttivo del bestiame.
Ma la preoccupazione di aiutare le co-
munità campesine portò presto a un
ripensamento circa la preparazione
scolastica del titolo di “tecnico-medio”,
perché i giovani, una volta ottenuto-
lo, non raggiungevano direttamente
le loro comunità originarie campesi-
ne, lasciandole così senza assistenza
tecnica. Da qui ebbe origine fra i sa-
lesiani l’idea della creazione di una
scuola “informale” direttamente per i
campesinos viventi nelle comunità ru-
rali. Ed in tempi relativamente rapidi
ottennero dal Ministero l’approvazione
della scuola chiamata ecam (Escuela
Campesinos Adultos Muyurina). Ai
suoi corsi, tuttora attivi, si accettavano
solamente uomini adulti che non ave-
vano avuto la possibilità di prosegui-
re gli studi e che vivevano con le loro
famiglie, impegnati nelle campagne.
La “scuola informale” è stata giudicata
dalle autorità competenti come la mi-
gliore delle iniziative realizzate a favore
delle comunità rurali sperdute nei cam-
pi, lontano dai pubblici servizi sociali.
Sul finire degli anni 1980 si pensò al-
lora a creare un “Biennio Tecnico” nel
quale si potevano iscrivere solamente
i giovani in possesso del diploma di
maturità. Veniva loro offerto l’inter-
nato alla Muyurina e il programma
era costituito dall’insegnamento teori-
co e pratico delle materie tecniche di
agraria e di zootecnia. Anche questo
biennio fu giudicato dalle Autorità
scolastiche soddisfacente, tanto che
nel 1990 proposero alla direzione del-
la scuola della Muyurina la possibilità
della sua elevazione a “Istituto Supe-
riore di Agropecuaria”, con il titolo a
livello universitario di “Tecnico Supe-
riore”. Cosa che fu accettata.
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4.9 Page 39

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Una tradizione enologica
più che centenaria:
Rodeo del Medio
(Argentina)
La Bodega don Bosco (locali per la pro-
duzione e la conservazione del vino:
41 600 ettolitri) è ubicata lungo la
Ruta National 50, al n. 6277, ivi ac-
canto vi sono la Facoltà di Enologia
don Bosco (la più antica in America
Latina), la Scuola secondaria don Bosco
e il santuario di Maria Ausiliatrice,
patrona dell’Agro argentino, dichia-
rato patrimonio religioso, culturale e
storico del Paese.
Se a questi sem-
plici dati si ag-
giunge il fatto
che il “Don Bo-
sco” possiede la
cantina più antica
di Mendoza, pure
dichiarata di inte-
resse nazionale come
culla dell’enologia ar-
gentina, dispone dal 1968 della
più antica torre vinaria dell’Ar-
gentina (cilindro alto 35, circonfer.
18 m, 2,5 milioni di litri, con con-
duzione tecnologicamente avanzata),
coltiva vigneti in due aree collinari
particolarmente adatte alla produ-
zione di particolari vini (Lambru-
sco, Chardonnay, Cabernet, Merlot,
Bonarda… fin anche un liquoroso
“Giovanni Bosco”), si può intendere
quanta strada abbiano fatto i salesia-
ni dal lontano 1898, quando apriro-
no il primo oratorio in quella campa-
gna mendozina.
Per oltre un secolo in quella terra se-
micoltivata, donata da una benefattri-
ce, l’opera salesiana ha promosso una
modernizzazione accelerata del paese
attraverso un inse-
gnamento teori-
co-pratico e ha
anche costitui-
to la base dello
sviluppo economi-
co, sociale e culturale
della popolazione giovanile
della campagna mendozina
trascurata per le vicissitudini
politiche, economiche e sociali
dell’élite governativa.
La specifica preparazione della mano
d’opera per le attività vitivinicole – e
le industrie indotte e ad esse collegata
– hanno significato un salto di qualità
nelle proposte di educazione tecnica.
Si può legittimamente affermare che
la produzione di alimenti derivanti
all’industria vitivinicola, la tecno-
logia enologica ed il suo sviluppo in
Argentina sono strettamente collega-
ti con l’azione dei salesiani di Rodeo
del Medio, che oltre a consolidare
una tradizione enologica, hanno con-
La scuola salesiana
di Rodeo del Medio
possiede la più
antica torre vinaria
dell’Argentina.
A pagina precedente: L’antico ingresso e nuove
attrezzature per la scuola della Muyurina in Bolivia.
tribuito all’istituzionalizzazione di
un’enologia separata dalla viticoltura
e alla formazione di professionisti per
l’industria del vino argentino in gra-
do di godere per molto tempo di un
autentico boom nel mondo.
Settembre 2015
39

4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
CAECSUARRAE DBISPSIEORLLIUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Coloro che ricevessero grazie o favori per
intercessione dei nostri beati, venerabili e servi di Dio,
sono pregati di segnalarlo a postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di settembre preghiamo per la beati-
ficazione del venerabile Rodolfo Komorek, salesiano
missionario.
Il venerabile don Rodolfo
Komorek nacque l’11 agosto
1890 a Bielsko (Polonia). Fu
sacerdote nella diocesi di
Breslavia. Durante la guerra
1914-18 fu cappellano milita-
re in ospedale e al fronte. Fat-
to prigioniero a Trento dagli
italiani, poté maturare la sua
vocazione alla vita religiosa
nella Congregazione salesia-
na dove entrò per il noviziato
nel 1922. Aspirava a essere
missionario; nell’ottobre del
1924 venne destinato al Brasile, non però tra gli indigeni come
avrebbe desiderato, ma per la cura pastorale dei polacchi emigrati.
Si distinse come evangelizzatore e confessore d’eccezione. Lo chia-
mavano “Il padre santo”. Dicevano di lui: “Non fu mai visto un uomo
pregare tanto”. Passò per varie parrocchie e comunità salesiane.
San José dos Campos fu l’ultima tappa dei suoi 25 anni di mis-
sione, senza ritorni in patria. Fu lieto di dare a Dio, con generosità,
fino all’ultimo, i respiri dei suoi polmoni ammalati. Passò gli ultimi
giorni in continua preghiera. Morì a 59 anni. È stato dichiarato Ve-
nerabile il 6 aprile 1995.
PREGHIERA
Glorifica, Signore, il tuo servo,
il Venerabile padre Rodolfo Komorek,
che durante la vita, per tuo amore,
s’immolò per il bene del prossimo,
soprattutto per i poveri e per i sofferenti,
lasciandoci ammirabili esempi di povertà,
penitenza e umiltà.
Concedimi, per sua intercessione,
la grazia che ti chiedo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
Ringraziano
Il 4 marzo 2007, mio figlio Giulia-
no Cavaglià, in fin di vita a causa
di una grave malattia, ha recitato
con me 3 Ave Maria invocando
Mamma Margherita e Maria
Ausiliatrice e, quando il polso
non c’era già più, si è ripreso.
Nel mese successivo ha avuto
la possibilità di ricevere tutti i
sacramenti, fare la comunione
ogni giorno ed il 10 aprile è vo-
lato serenamente in cielo, cosa
che non sarebbe avvenuta senza
l’assistenza continua della brava
Mamma Margherita che lo ha ac-
compagnato e gli ha detto in pie-
montese: “Ti aspetto a Capriglio
con Giovannino”.
Anna Maria Navone - Chieri
Voglio lodare e ringraziare il
Signore, perché attraverso l’in-
tercessione di san Domenico
Savio ha esaudito le nostre pre-
ghiere. Era un nostro grande de-
siderio avere dei figli, ma alcuni
anni fa ho scoperto di avere dei
miomi uterini che avrebbero po-
tuto creare grossi problemi. Per
cui nel 2010 ho deciso di ricorre-
re a un intervento per rimuovere i
miomi. Nel frattempo passavano
i mesi e il figlio non arrivava. Mia
madre venuta a conoscenza del
grande potere d’intercessione
di san Domenico Savio mi con-
sigliò di farmi inviare il libretto
con l’abitino, cosa che feci con
un po’ di scetticismo. Sem-
pre piena di dubbi ho iniziato a
pregare il Santo, ed anche nei
momenti di grande sfiducia non
ho mai smesso. All’epoca io e
mio marito eravamo conviventi
e maturammo l’idea di sposarci.
Chiesi al parroco se nella lista
dei Santi da invocare durante la
celebrazione del matrimonio po-
tevo inserire Domenico Savio, e
così feci. E il Signore ha voluto
benedire la nostra unione con il
più bel regalo che io abbia mai
potuto ricevere. Nonostante gli
esiti delle visite e i momenti di
sfiducia è nato Elia, un bimbo
sano e bellissimo. Anche la mia
gravidanza è stata serena e sen-
za problemi. E per questo lodo e
ringrazio ogni giorno Dio e san
Domenico Savio.
Costanza Longo - Pioltello
Ghianda Anna con il marito rin-
grazia san Domenico Savio
per la nascita il 22 luglio 2014
della secondogenita Maria Rosa
Elisabetta.
Mario Stagnitti e Mariangela Ma-
suzzo ringraziano san Dome-
nico Savio per la figlia Melissa
che ha superato una situazione
difficile di salute e per la nascita
del piccolo Francesco.
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
Il 3 giugno 2015 è stata
consegnata alla Cancelleria
della Congregazione delle
Cause dei Santi la “Po-
sitio super martyrio”
del Servo di Dio Titus
Zeman (1915-1969),
salesiano slovacco, martire
delle vocazioni.
40
Settembre 2015

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
SUOR STELLA AN MOUNG SOON
Madre Apollinaris Shimura Yuriko
Superiora Generale delle Suore della Carità di Gesù
morta a Juazeiro do Norte in Brasile, il 30 maggio 2015,
a 67 anni
La sua morte è arrivata improv-
visamente. Il giorno 20 maggio
suor Apollinaris partì per il Brasile
per accompagnare le suore nella
consultazione della nomina della
nuova Ispettrice del Brasile. Con
il solito brillante sorriso chiese
alle consorelle di casa generalizia
di pregare per la buona riuscita
dell’incontro, ma purtroppo il suo
impegno è finito prematuramente.
Dal 25 maggio si trovava in visi-
ta nella comunità di Juazeiro do
Norte in Brasile. Nella sera del 26
maggio la comunità aveva orga-
nizzato un incontro della Madre
con i giovani. Dopo la cena, una
consorella, preoccupata per la sua
assenza, si reca nella sua camera
e la trova svenuta accasciata per
terra, priva di conoscenza. Porta-
ta immediatamente in ospedale, è
stata subito posta in cura inten-
siva. Ma dopo 4 giorni, il giorno
30 di maggio, nonostante le pre-
ghiere ininterrotte di consorelle,
famigliari, membri della Famiglia
Salesiana e tante altre persone, ha
consegnato definitivamente la sua
vita nelle mani del Padre Celeste.
Aveva 67 anni.
Suor Apollinaris Shimura Yuriko,
era nata a Kofu il 19 febbraio
1948 nella prefettura di Yama-
nashi in Giappone, primogenita
di 6 figli. Nel marzo del 1960,
all’età di soli 12 anni entrò nella
comunità di pre-aspirantato di
Tokyo delle Suore della Carità
di Gesù (allora si chiamavano
“di Miyazaki”). Emise la prima
professione il giorno 8 dicembre
1969 e quella perpetua il giorno 8
dicembre 1975.
Dopo la professione cominciò a
lavorare come assistente nell’or-
fanotrofio salesiano di Tokyo per
un anno. Laureatasi all’università
nel 1974, si trasferì nella comu-
nità di pre-aspirantato come
formatrice. In quel periodo la
Congregazione progettò di aprire
una casa a Roma con l’aiuto dei
salesiani. Il giorno 23 aprile 1977,
fra le tre suore partenti per Roma
c’era anche suor Apollinaris. Ar-
rivata a Roma, per ambientarsi e
per imparare la lingua, soggiornò
presso la casa delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice di Via Marghera.
Dal settembre dello stesso anno
iniziò il suo apostolato nella
scuola Sacro Cuore a Garbatella.
Fu incaricata di occuparsi della
segreteria della scuola, fu nomi-
nata vicaria della Superiora e dal
1985 divenne Superiora. Si dedi-
cò anche ai figli dei giapponesi
residenti a Roma come insegnan-
te della lingua giapponese.
Nel 1989, dopo la chiusura della
scuola, la comunità si trasferì in
una casa a Monteverde Nuovo
ristrutturata per funzionare come
casa di procura e per accoglie-
re le suore studentesse. Suor
Apollinaris, con il suo carattere
aperto e generoso, ottimistico e
intraprendente, cercò sempre di
mantenere dei buoni rapporti con
la gente partecipando attivamen-
te a diversi incontri e dedicandosi
con entusiasmo al servizio per la
parrocchia. Questo suo stile di
vita, basato su una profonda fede,
influenzò positivamente la for-
mazione delle suore giovani. Dal
febbraio del 1990, oltre al lavoro
della comunità venne incaricata
della segreteria nell’ufficio della
conferenza episcopale giappone-
se a Roma e nello stesso tempo
lavorò per completare le pratiche
perché la Congregazione potes-
se diventare un Istituto di diritto
pontificio.
Nel 1998, l’undicesimo Capi-
tolo Generale la scelse come
vicaria della Superiora genera-
le. Suor Apollinaris con spirito
innovativo lavorò in prima linea
per il rinnovamento spirituale e
strutturale della Congregazione.
Nell’ottobre 2004, venne eletta
Superiora Generale. Ma dove lo
Spirito soffia non manca anche la
croce. Soprattutto in questi anni,
la Congregazione attraversava
un grande travaglio per ritrovare
l’unità della Congregazione. Suor
Apollinaris, con amore e grande
fede, accogliendo le sofferenze
ed i dolori noti soltanto a Dio,
continuò il suo servizio pensan-
do sempre e solo al bene della
Congregazione. Nel 2010 venne
confermata Superiora Generale
per il secondo mandato: essa ac-
cettò con serenità per dedicarsi
ancora all’amata Congregazione.
Dopo tanti sforzi di tutta la Con-
gregazione, con gli aiuti e i so-
stegni di tante persone di ogni
livello, in questi ultimi anni la
Congregazione cominciò a ritro-
vare serenità. Dal 2 al 6 maggio di
questo anno, a Beppu in Giappo-
ne, venne organizzato un Forum
in preparazione al Capitolo Ge-
nerale, previsto per l’anno 2016.
Questo Forum divenne un luogo
di dialogo e di comunione per
le suore giunte da diversi paesi
di missione, con grande gioia e
soddisfazione di suor Apollinaris.
Durante il soggiorno in Giappone
ebbe pure l’occasione di ritro-
varsi con i propri famigliari, ma
questo purtroppo divenne il suo
ultimo saluto per loro.
Al termine del funerale, tutte le
suore presenti si sono raccolte
intorno alla bara e hanno cantato
“Madre Dolcissima” in italiano,
come sono solite fare a ogni riu-
nione comunitaria.
Settembre 2015
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
IL SANTO, LA PENNA E LA STAMPA
Don Bosco visse e operò in un’epoca di profonde trasformazioni sociali e
sappiamo che con l’impegno e la costanza riuscì a fare grandi cose a favore
dei giovani sbandati, orfani, indigenti, reietti, sfruttati. A loro don Bosco die-
de cure, vitto, alloggio, ma anche un avvenire migliore e da buoni cristiani.
Sappiamo tante cose di questo grand’uomo, ma un aspetto poco conosciuto
è che fu un prolifico XXX, scrisse tantissimo e fu addirittura editore di molti
suoi lavori. L’alfabetizzazione in Italia stava crescendo e anche le tecniche ti-
pografiche e l’editoria si stavano sviluppando, abbassando il costo dei libri e
dei giornali e rendendo accessibili istruzione e notizie anche ai ceti popolari.
Don Bosco si rese conto di avere un altro mezzo a disposizione per raggiungere le persone semplici, per
diffondere il suo sistema educativo e per ribadire i valori cristiani dopo l’ondata illuministica di quegli
anni. Cominciò con Cenni storici sulla vita del chierico Luigi Comollo e continuò ininterrottamente per
tutta la vita a mettere su carta non solo opere di religione, ma anche teatrali e storiche, tra cui 18 edizioni
della Storia d’Italia, altre biografie, un almanacco (Il Galantuomo) pubblicato ogni anno e contenente
ricettari, previsioni e massime. Alla fine i volumetti editi furono 219 e molti altri scritti vennero rac-
colti e pubblicati postumi. Grazie agli incoraggiamenti che
ricevette (anche dal Papa) capì che sarebbe tornata utile una
tipografia per stampare quel che produceva e per insegnare
ai ragazzi un mestiere nuovo per quei tempi. Così ne aprì
una a Valdocco, la Scuola Grafica Salesiana, chiusa nel 2013
dopo 150 anni di attività. Che cosa avrebbe pensato il San-
to di questo moderno fallimento? Che in un periodo di crisi
dei valori come quello attuale andrebbero sfruttate le nuove
forme di comunicazione per rilanciare il messaggio cristiano.
Cioè proprio quello che aveva fatto don Bosco nell’800.
Definizioni
ORIZZONTALI. 2. Grossa biglia
di legno - 7. Uno Stato scandinavo -
14. La pianta i cui fiori si vendono con
il nome improprio di mimosa - 16. In
nessun caso - 18. Forza, vitalità -
19. Un’imbarcazione di lusso - 20.
In… è a piè di pagina - 22. Signore
a Madrid - 23. La diffonde il sole di
giorno - 24. Ostentano gravità - 26.
La Bolena moglie di Enrico VIII - 27.
Hanno per capitale Washington - 28.
XXX - 30. Zia allo specchio! - 31.
Salerno (sigla) - 32. Il creatore dei
Puffi (y=i) - 33. Filo per cucire molto
robusto - 35. Agli… abbreviato! -
36. Un ortaggio da minestrone - 37.
Abbelliti con ornamenti - 38. Città
etiopica nel Tigrè - 41. Il lago detto
anche Sebino - 42. Fa coppia con off
sull’interruttore - 43. Si fa avanzare
con la pagaia - 44. Protegge la Terra
dai raggi ultravioletti - 45. In matema-
tica, sigla di minimo comune multiplo.
VERTICALI. 1. In fisica, una sua
legge mette in relazione temperatura
e volume dei gas - 2. Frutto come il
ribes - 3. Starnazzano - 4. Ragazzo
torinese - 5. Abbr. di circa - 6. Per
niente dolci - 7. È conosciuto per aver
dato il suo nome alla sostanza con-
tenuta nel tabacco - 8. Vianello indi-
menticato attore (iniz.) - 9. Forza…
latina - 10. La civiltà dell’età del bron-
zo fiorita in Grecia - 11. Indumento
femminile - 12. Sarcasmo, canzona-
tura - 13. Si ottiene aprendo le fine-
stre - 15. Precede l’effetto - 17. Lieve
respiro - 20. Si applica sulla ferita
- 21. Il debutto dell’attore - 24. Re-
gione con al centro Addis Abeba - 25.
Fior di giaggiolo - 28. Un giardino…
con pareti di vetro - 29. Il Siro teologo
e santo - 32. Soddisfatto - 34. Figlio
di Matusalemme - 36. Si ripete brin-
dando - 39. Indica provenienza - 40.
Il sottoscritto.
42
Settembre 2015

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Disegno di Fabrizio Zubani
Il primo fiore
In un paesino di montagna c’è
un’usanza molto bella. Ogni
primavera si svolge una gara tra
tutti gli abitanti. Ciascuno cerca
di trovare il primo fiore della
primavera. Chi trova e raccoglie
il primo fiore sarà il vincitore e avrà
buona fortuna per tutto l’anno. Per
questo partecipano tutti, giovani e
vecchi.
Un anno, all’inizio della primavera,
quando la neve cominciava a scio-
gliersi e a lasciare liberi larghi squarci
di terra umida, tutti in quel paesino
partirono alla ricerca del primo fiore.
Per ore e ore cercarono in alto e in
basso, sulle pendici dei monti, ma
non trovarono nessun fiore. Stavano
già abbandonando la ricerca, quando
udirono un grido.
«È qui! L’ho trovato!». Era la voce
di un bambino. Uomini, donne e
bambini corsero verso di lui, che
stava battendo le mani e saltando per
la gioia. Quel bambino aveva trovato
il primo fiore.
Il primo fiore, però, era sbocciato
in mezzo alle rocce, qualche metro
sotto il ciglio di un terribile dirupo.
Il bambino lo indicava con il braccio
teso, giù in basso, ma non poteva
raggiungerlo perché aveva paura del-
la bocca spalancata del burrone.
Il bambino però desiderava quel fiore
più di qualunque altra cosa al mon-
do. Voleva vincere la gara. Voleva la
buona fortuna.
Tutti gli altri erano gentili, lo voleva-
no aiutare. Cinque uomini forti porta-
rono una corda. Intendevano legare il
bambino e calarlo fino al fiore perché
potesse coglierlo. Il bambino però
aveva paura. Aveva paura del baratro,
aveva paura che la corda si rompesse.
«No, no», diceva piangendo, «ho
paura!».
Gli fecero vedere una corda più forte.
Non cinque, ma quindici uomini
forti l’avrebbero tenuta. Tutti lo
incoraggiavano.
A un tratto il bambino cessò di
piangere.
Con una mano si asciugò le lacrime.
Tutti fecero silenzio per sentire che
cosa avrebbe fatto il bambino.
«Va bene», disse il bambino, «andrò
giù. Io andrò giù se mio padre terrà la
corda!».
È il messaggio di Gesù: «Non
avere paura! Il Padre tiene la
corda della tua vita».
Settembre 2015
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Il Messaggio
del Rettor Maggiore
Salesiani nel mondo
«Come il Kuan Hak San»
Il Centro giovanile di Seoul
L’invitato
Don Timothy Ploch
Consigliere Regionale
per l'Interamerica
La nostra famiglia
CDB
Volontari con don Bosco
Le case
di don Bosco
Il mitico “San Zeno”
di Verona
All’avanguardia
nella formazione
professionale
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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un’offerta.