Bollettino_Salesiano_201506

Bollettino_Salesiano_201506

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IL
GIUGNO
2015
L’invitato
Fabio Attard
Le case di don Bosco
Il San Paolo
di Torino
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Benvenuto
Salesiani
papa Francesco!
nel mondo
Yemen

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LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
La vite di San
Francesco d’Assisi
E ro una vite assolutamente eccezionale, lo
ammetto. Ora sono solo un ricordo, ma
una parte di me vive qui, nel cortiletto
accanto alla sacrestia della chiesa di san
Francesco d’Assisi, a Torino.
Ero ben piantata nel centro di una picco-
la stanza attigua alla sacrestia. Ero bella, robusta
e soprattutto alta. Così avevano fatto un buco
nella volta e io avevo dispiegato i miei rami cari-
chi di succosi grappoli sul tetto, al sole e all’aria
aperta. Lo devo confessare: ero una vite felice, in
mezzo al traffico e al rumore della città.
Ancora più felice divenni quando quel giovane
prete dai capelli ricciuti e perennemente arruffati
cominciò le sue riunioni con i suoi ragazzi. Si se-
devano intorno a me e lui, don Giovanni Bosco,
La storia
«La domenica seguente, 12 dicembre 1841, si vide in
San Francesco un caro spettacolo. Sei ragazzetti male
in arnese, condotti da Bartolomeo Garelli, insieme con
due altri raccomandati da don Cafasso, erano intenti alle
parole del nuovo Apostolo della gioventù che insegnava
loro la via del paradiso. Il luogo delle prime riunioni fu
uno stanzino attiguo alla sagrestia, nel cui mezzo sorge-
va una vite che, uscendo da un foro della volta, ramifica-
va e fruttificava sopra il tetto. Attorno a questa vite – at-
testa don Giacomelli – don Bosco raccolse e catechizzò
il primo drappello dei suoi piccoli amici» (G.B. Lemoyne,
Vita di San Giovanni Bosco).
parlava loro di Dio e delle cose della fede, in un
modo semplice e affettuoso, raccontando fatti e
storielle che incantavano i ragazzi.
Il numero dei ragazzi aumentava ogni settimana:
arrivavano vociando, felici di ritrovare il loro ami-
co che li salutava tutti con visibile affetto e gioia.
I ragazzi erano il suo pensiero. Andava quasi
ogni giorno a visitarli in mezzo ai lavori, nelle
botteghe e nelle fabbriche, parlava con loro,
si interessava dei loro problemi, li aiutava in
qualunque cosa avessero bisogno. «Finalmente
abbiamo chi si prende cura di noi!» ripetevano
quei ragazzi che si affezionavano sempre di più a
don Bosco.
Le riunioni passarono nell’oratorio di san Bona-
ventura, la piccola cappella attigua alla sacrestia.
Così cominciarono a dire: «Ci vediamo all’orato-
rio!». Tanto che “andare da don Bosco” divenne
anche “andare all’oratorio”.
E io, vite di città, prima solitaria, ero più felice
che mai. Anche se i miei grappoli non faceva-
no in tempo a maturare che venivano divorati
dai miei giovani amici. Don Bosco accarezzava
spesso il mio tronco rugoso e contorto, con le
sue forti mani da contadino, e si prendeva cura
di me. Venni a sapere che aveva quasi ultimato
un volume dal titolo L’Enologo Italiano, in cui
dava consigli sulla coltura delle viti e sull’arte di
produrre e conservare il vino.
Ma il vino migliore, dolce e frizzante, santo
come il vino della Messa, era il suo amore per i
giovani.
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Giugno 2015

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IL
Mensile di
IL
informazione e
GIUGNO
2015
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
cultura religiosa
edito dalla
L’invitato
Fabio Attard
Le case di don Bosco
Il San Paolo
di Torino
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
GIUGNO 2015
ANNO CXXXIX
Numero 6
Benvenuto
papa Francesco!
Salesiani
nel mondo
Yemen
In copertina: Papa Francesco visita Valdocco e il
Colle, per testimoniare la sua devozione a Maria
Ausiliatrice e l’amicizia a don Bosco e ai Salesiani
(Fotografia di Giulio Napolitano / Shutterstock.com).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 SALESIANI NEL MONDO
Yemen
10 L’INVITATO
Fabio Attard
14 FINO AI CONFINI DEL MONDO
16 CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
20 CREATIVITÀ SALESIANA
Il Mago Sales
22 INIZIATIVE
«Ho respirato don Bosco»
24 LE CASE DI DON BOSCO
Il San Paolo di Torino
28 A TU PER TU
Tunisia
31 INIZIATIVE
32 COME DON BOSCO
34 LA LINEA D’OMBRA
Nessuno basta a se stesso
36 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
38 I NOSTRI SANTI
40 Il cinque per mille
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
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20
24
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Davide Cestari,
Renato Dal Bò, Roberto Desiderati,
Marco Durando, Ángel Fernández
Artime, Roberto Guarise, Cesare Lo
Monaco, Alessandra Mastrodonato,
Francesco Motto, Luana Mura, Pino
Pellegrino, Linda Perino, O. Pori
Mecoi, Luis Roson, Luigi Zonta,
Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Agustin Pacheco (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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- Torino
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Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
Benvenuto
Il dono di una spiritualità
mariana e missionaria
papa Francesco!
Q uando monsignor Jorge Bergoglio era
vescovo ausiliare e poi arcivescovo di
Buenos Aires, ogni 24 del mese face-
va una scappata nella Basilica di Maria
Ausiliatrice in metropolitana o in bus
per “saludar a la Madre Auxiliadora” e
farsi una chiacchierata con la Madonna. Il cardi-
nale appariva nelle ore non frequentate dai fedeli,
saliva nella cappella in alto di questa imponente
e magnifica chiesa, s’inginocchiava in un banco
nascosto da un pilastro e lì, ai piedi della statua
benedetta da don Bosco, pregava a lungo.
È perfettamente naturale che nel suo viaggio a
Torino il Papa si fermi nella Basilica di Maria
Ausiliatrice. Ha voluto fortemente questo viag-
gio, per esprimere tutta la sua devozione per Ma-
ria Ausiliatrice e don Bosco.
Rivolgendosi ai membri del Capitolo Generale
ha detto: «L’evangelizzazione dei giovani è
la missione che lo Spirito Santo vi ha affidato nella
Chiesa. L’esperienza di don Bosco e il suo sistema
preventivo vi sostengano sempre nell’impegno a
vivere con i giovani. La presenza in mezzo a loro
si distingua per quella tenerezza che don Bosco
ha chiamato amorevolezza, sperimentando anche
nuovi linguaggi, ma ben sapendo che quello del
cuore è il linguaggio fondamentale per avvici-
narsi e diventare loro amici. Il bicentenario della
nascita di don Bosco è un momento propizio per
riproporre il carisma del vostro Fondatore. Maria
Ausiliatrice non ha mai fatto mancare il suo aiuto
nella vita della Congregazione, e certamente non
lo farà mancare neppure in futuro».
Le radici della sua devozione
a Maria
In diversi scritti, soprattutto nelle lettere in-
dirizzate a don Cayetano Bruno, conservate
nell’Archivio Salesiano di Buenos Aires, papa
Francesco descrive la sua devozione mariana e
l’esperienza salesiana che la sua famiglia gli tra-
smise e gli fece vivere. In una di esse dichiara:
«Non è strano che parli con affetto dei Salesia-
ni, perché la mia famiglia si alimentò spiritual-
mente dai Salesiani di San Carlos. Da bambino
imparai ad andare alla processione di Maria Au-
siliatrice. Quando stavo in casa di mia nonna,
andavo all’Oratorio di San Francesco di Sales.
Ci avevano insegnato a chiedere “la benedizione
di Maria Ausiliatrice” ogni volta che ci congeda-
vamo da un Salesiano».
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Battezzato nella Basilica di Maria Ausiliatrice,
cominciò a partecipare alle processioni in suo
onore accompagnato dalla nonna materna. Sono
segni che lo porteranno nel collegio salesiano di
Ramos Mejía e a conoscere la testimonianza di
molti salesiani, tra i quali si distingue il sacerdote
missionario Enrique Pozzoli. Tutti elementi che
contribuiranno a fortificare e approfondire la sua
pietà mariana.
Accompagnato da padre Pozzoli, il suo processo
di discernimento vocazionale lo portò a pregare e
scoprire la volontà di Dio ai piedi dell’immagine
dell’Ausiliatrice della Basilica di San Carlos be-
nedetta da don Bosco in persona.
Ricorda: «Una “Buonanotte” che fece impres-
sione fu sulla necessità di pregare la Santissima
Vergine per capire bene la propria vocazione. Ri-
cordo che quella notte pregai intensamente fino
al dormitorio... e da quella sera non mi sono mai
addormentato senza pregare. Era un momento
psicologicamente adatto a dare un senso al gior-
no, e alle cose».
bambini; il sabato pomeriggio insegnavamo cate-
chismo, poi giocavano, ecc. Mi resi conto che noi
professori avevamo il voto d’insegnare la dottrina
a bambini e ignoranti, e cominciai io stesso a farlo
insieme agli studenti. La cosa andò crescendo; si
edificarono cinque chiese grandi, si mobilitarono
in modo organizzato i bambini della zona... e non
solamente il sabato pomeriggio e la domenica
mattina... Allora venne l’accusa che questo non
era un apostolato proprio dei gesuiti; che io avevo
salesianizzato (sic!) la formazione».
Il Signore mi ha concesso la grazia in questo tem-
po di conoscere in diverse zone del mondo l’opera
dei Salesiani e mi ha regalato il privilegio di esse-
re testimone dell’azione di Maria Ausiliatrice in
mezzo a noi. È la Vergine dei tempi difficili che
ci incoraggia ad andare alle periferie seguendo
l’invito di papa Francesco e a crescere nella co-
scienza di essere servi dei giovani, per vivere re-
almente la consegna della strenna di questo anno
Bicentenario: Come don Bosco, con i giovani, per i
giovani…
La sua devozione mariana
e il suo invito ad andare
alle periferie
Negli scritti del Santo Padre, quando era ancora
Cardinale di Buenos Aires, emerge soprattutto
che la sua esperienza salesiana unisce fortemen-
te la devozione mariana con la vita sacramentale
e l’impulso missionario. La sua devozione alla
“Madre Ausiliatrice” gli permette di comprende-
re l’ardore missionario di molti figli di don Bosco
e membri della Famiglia Salesiana che conosce
con il passare degli anni.
In questa chiave, tenendo in gran
conto la sua devozione a Maria Au-
siliatrice, possiamo rileggere questi ri-
cordi confidenziali che inserisce in una delle
sue lettere: «Vidi i quartieri senza cura pasto-
rale; ciò mi preoccupò e iniziammo a seguire i
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SALESIANI NEL MONDO
ANS
Yemen Anche i Salesiani
nella furia della guerra
I Salesiani sono presenti nello Yemen
da 28 anni. La loro presenza, dipendente
dall’Ispettoria di India-Bangalore, è dovuta
all’invito ricevuto dal Vicariato Apostolico
di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi,
e si è sviluppata in 4 presenze: a Sana’a,
la capitale, e ad Aden, Taiz e Hodeida.
Ecco la loro drammatica testimonianza
sugli ultimi avvenimenti nel paese, alle prese
con una guerra civile e i bombardamenti
della coalizione guidata dall’Arabia Saudita
Partire o restare?
S’intensificano gli scontri ad Aden, nello Yemen.
Il primo aprile, i ribelli hanno fatto il loro ingres-
so nella città; gli stessi però – riporta la Reuters –
avrebbero fatto una parziale marcia indietro nelle
ultime ore, a causa del successivo massiccio bombar-
damento della coalizione guidata dall’Arabia Saudi-
ta. E mentre a Mukalla, circa 500 km più a est, 300
detenuti sono fuggiti grazie all’assalto orchestrato
da un gruppo di miliziani, un salesiano rimasto ad
Aden s’interroga su che cosa sia meglio fare.
Racconta: «Sul finire della settimana scorsa sono
rimasto chiuso in casa, incoraggiando e confortando
quanti mi contattavano, per telefono o su ‘WhatsApp’.
La maggior parte di loro voleva sapere se ero al sicuro
e qual era la situazione qui. Molti mi hanno anche
riferito riguardo al numero di persone portate negli
ospedali, sporche di sangue o con arti mancanti...
Negli ultimi giorni qui è arrivata la guerra: strade
bloccate, negozi e aeroporto chiusi... con il suono delle
esplosioni e degli spari... con gli inevitabili saccheggi...
Domenica, dato che alcune strade erano aperte, mi è
stato offerto un mezzo per andare al convento del-
le suore, a circa 17 km da dove mi trovo. Ho potu-
to vedere le strade bloccate con varie cose e le persone
muoversi lungo le vie con le pistole, controllando ogni
veicolo... Raggiunto il convento ho celebrato la messa
per le sorelle nella cappella del convento, e abbiamo
fatto la processione delle palme, in 6!
“ ” Le Missionarie della Carità hanno deciso di rimanere qui fino
alla morte. Se la mia missione è per loro, dovrò rimanere con loro .
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La scorsa notte, una granata è caduta in un internato
che avevamo benedetto proprio recentemente. Nessuno
degli infermieri è rimasto ferito, ma sono stati spostati
in un ospedale. Erano soliti venire nella nostra chiesa e
recitare il rosario tutti i giorni.
Stanotte, tutti ritornano in India. Circa 600 sono
imbarcati. E domani arriva un’altra nave dato che
il governo indiano e dello Stato del Kerala stanno
richiedendo a tutti gli indiani di tornare. Mentre
l’ONU ha chiesto a Sri Lanka ed Etiopia di evacuare
i loro cittadini.
Le Missionarie della Carità hanno deciso di rimanere
qui fino alla morte. Se la mia missione è per loro, dovrò
rimanere con loro. Le tre chiese sono solo edifici vuoti.
La maggior parte dei fedeli ormai sono altrove.
Adesso sono un po’ confuso, non so se rimanere con le
Missionarie della Carità o tornare in India per poi
rientrare quando i problemi saranno risolti. Non pos-
so indovinare, né alcun altro sa dirmi, cosa accadrà
domani. In ogni caso, stanotte la passerò in preghiera
nella nostra cappella.
Di certo, confido nella protezione della nostra Madre
Celeste.
La situazione nel paese
e tra i Salesiani
Per la maggior parte di questo tempo il numero dei
Salesiani presenti nel paese è stato di 5 unità: due a
Sana’a e una ciascuna negli altri 3 centri. Abitual-
mente i religiosi si riuniscono una volta al mese,
per avere un momento di condivisione e confronto
e fare esperienza di comunità, anche per affronta-
re le difficoltà dovute alla loro condizione di vita
solitaria in un ambiente totalmente non cristiano.
I Salesiani sono gli unici sacerdoti cattolici nel
paese. Si prendono cura delle tre chiese ricono-
sciute ad Aden e dei cattolici immigrati lì presen-
ti, provenienti da diverse parti del mondo, in par-
ticolare dalle Filippine e dall’India, che lavorano
come infermieri; inoltre assicurano l’assistenza
spirituale alle Suore della Carità (l’unica altra
Congregazione Religiosa cattolica presente), che
sono impegnate in una serie di attività umanita-
rie negli ospedali, nei centri per gli anziani, gli
infermi e i bambini bisognosi; e a Sana’a offrono
assistenza spirituale anche ai funzionari cattolici
delle missioni diplomatiche di vari paesi.
La situazione è sempre stata difficile per i Sale-
siani, ma i recenti avvenimenti ora rendono la vita
più difficile che mai. La lotta interna tra le varie
fazioni è stata complicata dal coinvolgimento di-
retto dell’Arabia Saudita, a capo di una coalizione
impegnata nei bombardamenti delle installazioni
militari degli Houthi, un gruppo sciita ben orga-
nizzato e influente in una popolazione a maggio-
ranza sunnita, il quale con grande determinazio-
ne sta cercando di ottenere il controllo su tutto
lo Yemen e che ha costretto il presidente Mansur
Hadi a fuggire dalla Capitale e poi dal paese. La
mancanza di un potere centrale autorevole, il riti-
ro delle missioni diplomatiche estere e in partico-
lare il richiamo da parte dell’India dei suoi circa
4000 cittadini, rendono ogni giorno più difficile
e pericolosa la loro permanenza.
“Riguardo alla situazione qui, finora sono al si-
curo. Certo, personalmente ho vissuto momenti
Lo Yemen è
collocato al
centro di una
zona del mondo
in cui soffiano
sempre più forti
i venti di guerra
e le minacce
del terrorismo
internazionale.
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SALESIANI NEL MONDO
Soprattutto
ad Aden, dove
risiedono dei
Salesiani, la
situazione è
peggiorata, con
combattimenti
più intensi, più
uccisioni e più
distruzioni dovute
ai bombardamenti
dell’aviazione.
di grande paura, con razzi che passavano proprio
sopra il taxi in cui viaggiavo, spari e grida attorno
alla chiesa, il boato delle esplosioni e dei missili
caduti dai 5 ai 10 km di distanza…” riporta uno
dei Salesiani presente ad Aden.
“Anche se già prima era in corso una guerra ci-
vile, Aden era un luogo sicuro, con la presenza
di numerose ambasciate stabili, i loro servizi di
sicurezza e l’esercito attorno. Ma ora, è diverso.
Attualmente, non ci sono ambasciate ad Aden
e quei paesi presenti come forze di protezione o
impegnati negli addestramenti militari hanno ri-
chiamato il personale. Anche molte grandi com-
pagnie, aziende e famiglie benestanti se ne sono
andate”.
“Nella stessa società civile ci sono diverse fazio-
ni con varie affiliazioni, che riguardano anche
i militari, con un gruppo a sostegno dei ribelli,
altri che sostengono l’ex Presidente e altri ancora
l’attuale Presidente... Lo stesso vale per quanto
riguarda le altre istituzioni come la Polizia... Se a
questo aggiungete le milizie locali fedeli a singoli
leader, avrete un’idea della situazione attuale del
paese e della sua gente”.
La mancanza di cibo,
medicine, acqua ed elettricità
è ormai la normalità“La situazione ad Aden è peggiorata, con com-
battimenti più intensi, più uccisioni e più distru-
zioni dovute ai bombardamenti e alle granate”. È
quanto riporta l’ultimo Salesiano missionario ri-
masto nello Yemen, a dispetto della guerra e della
situazione di estrema insicurezza.
«I combattimenti sono pericolosamente vici-
ni alla casa delle Missionarie della Carità, così
che anche loro ne sono interessate. Una granata
è esplosa vicino alla loro casa e per fortuna non
è accaduto nulla di grave, ad eccezione di alcuni
vetri rotti. In realtà questa mattina mentre stava-
no facendo colazione, un obiettivo posto lì vicino
è stato bombardato 11 volte; anche il loro edificio
ha tremato, e molto di più hanno tremato loro
stesse. La mancanza di cibo, medicine, acqua ed
elettricità è ormai la normalità lì, insieme alla
grave carenza di carburante.
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La popolazione locale sta cercando di fuggire
persino in Somalia, via mare. I combattimenti
nello Yemen hanno ucciso più di 650 persone
finora, i feriti sono oltre 2200, centinaia di mi-
gliaia sono gli sfollati, con tanta povertà e mise-
ria. Proprio ieri, un’imbarcazione con i medici-
nali è riuscita a raggiungere Aden, altrimenti la
Croce Rossa e le altre agenzie di soccorso non
hanno i permessi.
Ad Aden ci sono diversi gruppi che combatto-
no tra loro. Pochi giorni fa quasi 300 membri di
Al Qaeda sono stati fatti evadere dalla prigione
di Mukalla. C’è paura che, assieme ai miliziani
dell’ , possano arrivare ad Aden e contribuire
con la loro parte di devastazione. C’è una grande
angoscia per questo rischio.
A Sana’a anche le suore hanno riferito che la si-
tuazione è davvero brutta. Ci sono pochissimi
mezzi sulle strade, per via della grave carenza di
carburanti. I raid aerei continuano di notte e al-
cune volte anche di giorno. Ormai praticamente
tutti i nostri parrocchiani sono già partiti e hanno
raggiunto in sicurezza i loro paesi. Attualmente,
solo pochissimi sono rimasti nelle varie città e chi
ha scelto di farlo aveva dei suoi motivi.
Qui a Taiz, la situazione non è poi così male. Ci
sono bombardamenti di notte in alcune zone,
ma è ancora possibile muoversi liberamente,
con una certa cautela. Il problema peggiore è la
grave mancanza di carburanti. Davanti ad ogni
benzinaio si può vedere una fila di veicoli lunga
anche più di un chilometro. Di tutte le città, Al-
Hudayda è la meno colpita, anche se la scarsità di
carburante riguarda tutto il paese.
Le Missionarie della Carità di tutti e quattro i
centri continuano a prendersi cura dei propri pa-
zienti. Qualunque cosa accada non li abbandone-
ranno. Io rimango qui a Taiz. Lunedì scorso sono
andato ad Al-Hudayda in autobus per celebrare la
Messa per le suore, dato che non potevano par-
tecipare ad una Eucaristia da un po’ di tempo.
Sono tornato da poco. Non ci sono stati proble-
mi a viaggiare. Se la situazione migliora e potrò
viaggiare, andrò a Sana’a e Aden per celebrare le
Messe per le Suore e gli altri lì rimasti. Adesso
non è possibile andare ad Aden e Sana’a».
Come sempre,
quelli che soffrono
di più e pagano
il prezzo più alto
sono i bambini.
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L’INVITATO
O. PORI MECOI
«Noi esistiamo per
giovani» i
Incontro con
don Fabio Attard
Maltese, 56 anni, dinamico, vivace e plurilingue,
è il Consigliere generale della pastorale giovanile
della Congregazione Salesiana.
«Il carisma di don Bosco è un dono per l’umanità
che supera tutte le barriere».
Attraverso i primi contatti
di animazione nei vari
continenti ha conosciuto
la realtà dei giovani
del mondo. Che cosa l’ha
maggiormente colpito?
Il fatto che all’origine di tutto c’è una
persona con un’esperienza ben preci-
sa, mi riferisco a don Bosco ed alla
sua esperienza carismatica. Ho visita-
to la comunità salesiana di El Alto,
a La Paz, Bolivia, a 4100 metri e ho
trovato il volto di don Bosco non solo
pitturato sui muri, ma sulla faccia dei
Salesiani e quella dei ragazzi e giova-
ni nella nostra opera. Poi, dall’altra
parte del mondo, ho visitato Tuloy, a
Manila nelle Filippine, un’opera per
500 ragazzi di strada, e di nuovo lì un
don Bosco vivo per il bene di tanti ra-
gazzi e giovani che senza quella casa
non solo non avrebbero un futuro, ma
neanche un presente.
Una seconda impressione, di carattere
più riflessivo, consiste nel fatto che ho
notato una profonda verità: il carisma
di don Bosco è un dono per l’umanità
che supera tutte le barriere. Non c’è
cultura, società o religione che non
ha spazio per il carisma salesiano. Lo
dico perché ho dovuto viverlo come
esperienza personale nei miei primi
tre anni di apostolato in terra musul-
mana. Lì, ho visto e vissuto sulla mia
pelle la bellezza di un carisma che è
amico dell’umanità.
Nei vari campi in cui
operano i Salesiani,
quali le presenze salesiane
che ritiene maggiormente
significative, un segno
di profezia?
L’azione per i più poveri. Come Sale-
siano ho lavorato per alcuni anni con
ragazzi senza famiglia, senza presente
e senza futuro. Noi Salesiani eravamo
l’unica loro speranza. E questa è una
forte responsabilità di cui dobbiamo
rendere conto a Dio.
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Ho imparato, o meglio, questi ragazzi
mi hanno insegnato che non vogliono
essere trattati come poveri, ma come
persone. Hanno una dignità non ri-
conosciuta, e desiderano che lo sia,
perché il loro diritto ad una vita di-
gnitosa è negato loro.
Un particolare che chiedo sempre
quando ho l’opportunità di visita-
re un’ispettoria è di passare un po’ di
tempo in un’opera per i ragazzi della
strada, parlare con loro, ascoltare le
loro storie. Ho potuto notare il lavo-
ro che noi Salesiani stiamo facendo in
America Latina, Africa ed Asia, per i
ragazzi della strada. Il lavoro per i gio-
vani a rischio in India, e la proposta di
formazione professionale per giovani
poveri al mondo del lavoro in Europa,
Africa ed Asia Est. E questo è solo un
accenno, perché la vera storia è molto
più lunga, e anche molto più bella.
In una società che non cura coloro
che non ce la fanno, i dropouts, noi ci
troviamo fortemente interpellati. Noi
esistiamo solo per loro. Questi ragazzi,
abbandonati per le strade, scartati dal
sistema educativo, senza famiglia, non
hanno nessuna colpa. È responsabilità
nostra dare loro ciò di cui hanno di-
ritto. Sono convinto che questo settore
diventerà sempre di più il luogo della
profezia salesiana ed ecclesiale.
Lei ha vissuto per anni
in un ambiente (quello
musulmano) dove
l’evangelizzazione come
annuncio esplicito di
Gesù e del Vangelo non
era possibile. Non Le è
sembrato che la Sua azione
pastorale fosse dimezzata?
L’essenza dell’azione pastorale è la sua
capacità e forza di testimoniare l’amo-
re di Dio come ci viene offerto da Cri-
sto e che continua, attraverso la forza
dello Spirito, ad agire in noi, e per
mezzo di noi, per il bene dell’umanità.
Dal punto di vista personale, la mia
esperienza nel mondo musulmano mi
ha insegnato come vivere la mia fede,
la mia consacrazione e il mio sacer-
dozio. Vivendo in mezzo a gente che
professa una fede diversa dalla mia,
sono stato costretto a scoprire la bel-
lezza della mia fede, nel pieno rispetto
della loro fede. Ascoltando la loro sto-
ria, vedendo il loro vissuto sono stato
spinto a cercare sempre nella vita que-
gli spazi di convergenza, senza cadere
in facili interpretazioni accomodanti.
Il mio essere tra i musulmani, come
quello di tanti Salesiani che continua-
no a vivere questa non facile missione,
non si giudica dai risultati ma dalle
finalità.
Mi rimane sempre impressa una ri-
flessione di un letterato arabo, Ali
Merad, che nel suo libro su Charles
de Foucauld dice che per i musulmani
l’imitazione di Gesù Cristo da parte
dei cristiani è portatrice di un grande
significato morale e spirituale.
Nella quotidianità di questo contesto,
l’azione pastorale educativa parte dallo
stesso cuore, fa uso di un linguaggio
che umanamente trova tutti sullo stes-
so terreno. Io tenevo lezioni sulla for-
mazione umana, molto apprezzate dai
genitori. Il segreto è la presenza con-
tinua con i ragazzi, incarnandosi nella
loro storia con il suo linguaggio, e la
disponibilità autentica per le famiglie,
senza chiedere niente in cambio.
In un contesto come quello musul-
mano, tutto questo, insieme al fatto
che siamo uomini che hanno fatto la
«Il segreto della pastorale Giovanile è la presenza
continua con i ragazzi, incarnandosi nella loro
storia con il loro linguaggio».
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L’INVITATO
scelta di non avere una famiglia, non
avere soldi propri, e, in più, sempre
disponibili ad andare dove ci manda
l’obbedienza, fa pensare, fa riflettere.
Scherzando, quando qualcuno mi do-
mandava: «Ma cosa stai facendo lì?»,
quasi ipotizzando che stessi sprecan-
do il mio tempo e le mie energie, io
sempre rispondevo: «Sono qui per se-
minare le domande!».
Quali tipi di collaborazione
la Congregazione è riuscita
ad attivare con le altre
istituzioni della chiesa
locale su giovani, famiglie,
educazione?
E con le istituzioni
politiche e sociali?
La collaborazione che offriamo come
Salesiani, maggiormente nei campi
dell’educazione, formazione e pro-
mozione umana, è molto apprezzata
e ricercata. In genere prende forma di
animazione di settori a livello dioce-
sano, molte volte si svolge nel settore
della formazione di quadri a livello di
gruppi e parrocchie.
Per ciò che concerne la collaborazio-
ne con le istituzioni politiche e sociali
si sta cercando di creare partnership
e sinergie nel settore dell’emargina-
zione. Penso all’India dove il nostro
contributo nel settore di giovani a ri-
schio è apprezzato, tanto che siamo
inseriti nel sistema di ricollocazione
di ragazzi abbandonati o abusati. Lo
stesso vale per il settore della forma-
zione professionale, dove si sta cer-
cando di creare sinergie con le grandi
industrie: in Italia ed in Spagna assi-
stiamo a questo tipo di sviluppo come
lo notiamo anche nelle Filippine e in
India.
Quali sono gli apporti
che vengono dai vari
“continenti” nel quadro
complessivo della
Pastorale Giovanile?
Al di là della natura delle opere – e
stiamo parlando di circa tremila ope-
re nel mondo – esiste una fisionomia
ambientale che è tipicamente salesia-
na. Questo primo dato conferma il
genio del carisma di don Bosco, ma
non lo esaurisce. Il modo poi come la
presenza si snoda, nel pieno rispetto
dello spirito salesiano, varia secondo
le culture, secondo i destinatari, se-
condo la proposta pastorale.
Accanto al grande contributo teorico
e pratico che nel campo della pasto-
rale giovanile hanno svolto nazioni (e
centri di riflessione) come l’Italia, la
Spagna, la Germania e altre nazioni
latinoamericane, oggi riconosciamo
come tante nuove sfide, risposte e ri-
sorse vengano da nuovi continenti e
nuovi paesi, dove i Salesiani hanno
avuto l’opportunità di confrontarsi con
i loro giovani, con le loro specifiche
domande e attese. Anche qui si stanno
sviluppando un pensiero e un’azione
che sono un grande arricchimento per
tutta la Congregazione. Questa d’altra
parte è la grande ricchezza della Con-
gregazione, così come si mostra visi-
bilmente nel Capitolo generale e – più
in piccolo – negli incontri mondiali di
Pastorale Giovanile attivati dal Dica-
stero.
12
Giugno 2015
«Aldilà della fisionomia delle opere, più di tremila
nel mondo, esiste una fisionomia ambientale che
è tipicamente salesiana».

2.3 Page 13

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LA FANTASTICA ESTATE DI MIGLIAIA DI GIOVANI DI TUTTO IL MONDO CON DON BOSCO
DAL 10 AGOSTO AL 16 AGOSTO A TORINO E COLLE DON BOSCO.
IL TEMA: COME DON BOSCO, PER I GIOVANI, CON I GIOVANI.
SYM DON BOSCO 2015 si inserisce in un cammino molto vivo a livello regionale in
varie parti del mondo. La partecipazione è aperta a giovani da 132 Paesi. Lo scopo
è quello di facilitare lo scambio diretto tra giovani provenienti da varie parti del
mondo, condividere le buone pratiche di associazionismo in atto, promuovere l’im-
pegno a livello sociale dei vari gruppi a favore di chi è più svantaggiato ed elaborare
proposte educative di formazione permanente in leadership e animazione.
Informazioni: http://symdonbosco2015.com
Che cosa immagina o che
cosa sogna dal suo speciale
punto di osservazione?
Sogno che ogni Salesiano scopra
quanto è bello seguire Gesù sui pas-
si di don Bosco! Sogno una Con-
gregazione dove il Salesiano parla ai
giovani attraverso il suo viso sere-
no, gioioso, felice. Sogno un cortile
dove i giovani – quando incontrano
il Salesiano, un educatore/educatri-
ce salesiani – sentono che si trovano
davanti ad una persona autentica, di
fede, che sa accogliere e donarsi senza
risparmio. Sarà anche un po’ di poe-
sia, questa. Ma i sogni si esprimono
meglio con la poesia!
Intanto, accanto al sogno, vorrei che
come Congregazione ci impegnas-
simo a conoscere meglio don Bosco,
il suo patrimonio così ricco, bello e
attuale. E la sua storia continua nella
vita di ognuno e di ognuna di noi.
Vorrei concludere con una breve sto-
ria che mi è capitata qualche anno fa.
Mentre visitavo una certa ispettoria,
mi hanno chiesto di offrire un pen-
siero a delle persone appartenenti a
vari gruppi della Famiglia Salesiana.
Ho deciso di iniziare con due doman-
de. La prima: “Carissimi, voi amate
don Bosco?”. Ovviamente ho ricevuto
un grande e sostenuto “Sì”. Mi sono
detto compiaciuto, poi ho proseguito:
“Bene, adesso viene però la seconda
domanda: Voi conoscete veramente
don Bosco?”. Ne seguì un silenzio un
po’ imbarazzante. Ho cercato di evi-
tare lo sguardo diretto sui presenti. I
pochi secondi che seguirono sembra-
vano un’eternità. Dopo un po’, ho ri-
preso la parola, e con molto rispetto e
calma ho detto: “Guardate, se noi non
conosciamo don Bosco, quale don
Bosco amiamo? Non possiamo ve-
ramente amare chi non conosciamo.
Sarà una persona frutto della fantasia
e non una persona reale. Don Bosco
merita il meglio!”.
Ecco, chiedo al Signore che nel se-
condo centenario della nascita di don
Bosco ci dia il coraggio e l’intelligen-
za spirituale per scoprire il nostro Pa-
dre e Maestro, conoscere la sua storia,
la sua esperienza educativa e la sua
spiritualità. Solo così possiamo giun-
gere ad amarlo e a farlo amare dai
giovani. Un amore – quello per don
Bosco – che ha una sola destinazione:
l’incontro e l’amicizia con il Signore
Gesù!
Giugno 2015
13

2.4 Page 14

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
PERÙ
Un progetto
contro
la cecità
ZAMBIA
Scarpe nuove
dagli Stati Uniti
per i bambini
dello Zambia
Yakuam è un progetto ideato dalla Funda-
ción Don Bosco, diretta da don Raúl Acuña
Gallo, con l’appoggio del Viceministro
della Sanità del Perù, per combattere una
malattia che causa cecità tra gli indigeni
delle missioni salesiane di San Lorenzo e
Kutyunsa.
Un gruppo di medici si è recato nelle mis-
sioni apportando le cure necessarie per la
salute oftalmologica a 200 persone. Inoltre
sono state effettuate le analisi a oltre 145
persone per trovare un trattamento efficace
contro questa malattia e i risultati sono stati
inviati ai rappresentanti del Viceministro
della Sanità.
I missionari salesiani hanno ringraziato i
medici che hanno reso possibile la missione
umanitaria e solidale: Dr. George W. Pfohl,
Dr. David Norman Johnson, Dr. Louis John
De Carlo e il Sig. Daniel Koupermann.
INDIA
Campo per
i ragazzi
con dipendenze
Il “DB Jananam”, il
servizio di Pastorale
salesiana per il contra-
sto delle dipendenze,
elaborato dall’Ispettoria
di India-Tiruchy, ha orga-
nizzato un campo di cura
e accompagnamento per
adolescenti con problemi
di dipendenze da sostan-
ze. I ragazzi hanno avuto
bisogno di una grande
attenzione individuale,
sono risultati dipendenti
da sostanze da inalazione
e hanno manifestato più
dipendenze, arrivando
fino a un massimo di 5.
Tutti hanno abbandonato
la scuola e fatto esperien-
za del lavoro minorile.
Il programma è stato
organizzato in un ospedale
vero e proprio con uno
psichiatra e un consu-
lente per le riabilitazioni.
I ragazzi hanno risposto
bene alle cure e mostrato
di essere sulla buona
strada per una completa
riabilitazione.
“I Salesiani nello Zambia lavorano con i
bambini poveri e le loro famiglie, fornendo
istruzione e programmi sociali. Avere delle
scarpe adeguate da indossare è importante
per il benessere complessivo e la salute degli
allievi” afferma don Mark Hyde, responsabile
della Procura Missionaria Salesiana di New
Rochelle, commentando una donazione di
scarpe organizzata dagli studenti della scuola
“San Francesco d’Assisi” in New Jersey, ,
a favore dei bambini dell’opera salesiana “City
of Hope” di Lusaka, Zambia.
La raccolta di scarpe è stata ispirata da Robert,
uno studente di 9 anni della scuola “San Fran-
cesco d’Assisi”; la sua idea è poi stata appoggia-
ta dall’intera classe e indirizzata a beneficiare i
giovani dello Zambia – un paese in cui il 64%
della popolazione vive al di sotto della soglia di
povertà (percentuale che nelle zone rurali arriva
all’80%, secondo l’
).
L’opera beneficiaria, denominata “City of
Hope” (Città della Speranza), è una casa salesia-
na volta ad aiutare quanti vivono nella più dura
povertà all’interno della capitale dello Zambia,
Lusaka. La stragrande maggioranza degli allievi
che frequentano i suoi programmi educativi
sono bambini che hanno subito abusi o vivono
per strada e sono vittime del traffico di minori.
14
Giugno 2015

2.5 Page 15

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REP. DEMOCRATICA
DEL CONGO
Il Centro Don
Bosco Ngangi
di Goma: dare
sempre di più
Avviato nel 1988 come oratorio e divenuto
sede di un’opera salesiana vera e propria nel
1997, il Centro Don Bosco Ngangi ( ), a
Goma, è un’opera tra le più ricche e variegate
della Congregazione Salesiana. In passato
più volte ha dovuto interrompere le tradi-
zionali attività per accogliere sfollati a causa
delle calamità naturali (come l’eruzione del
vulcano Nyragongo, nel 2002) o per dare
rifugio alla popolazione in fuga dalla guerra.
Nell’ultimo anno, fortunatamente pacifico e
privo di calamità, ha potuto svolgere a pieno
regime i suoi numerosissimi programmi.
Questi i numeri del , nel dettaglio: 115
bambini da 0 a 6 anni orfani, abbandonati,
malnutriti; 67 bambini di strada dai 7 ai 13
anni; 145 bambini maschi tra i 9 e i 14 anni
in condizione di estrema vulnerabilità (ex
bimbi soldati, accusati di stregoneria, rifiu-
tati, vittime di , violenza); 28 ragaz-
ze vulnerabili (ragazze madri, vittime di
violenza, a rischio); 3243 allievi delle varie
classi scolastiche (materna, primaria, media,
professionale), che ricevono tutti un pasto
quotidiano.
ROMA
“Don Bosco
Oggi”. Un libro
intervista al
Rettor Maggiore
“Romana Editorial” e “Li-
breria Editrice Vaticana”
presentano l’opera “Don
Bosco hoy” (“Don Bosco
oggi”, nella versione
italiana), in occasio-
ne delle celebrazioni
del Bicentenario della
nascita di don Bosco. Il
libro raccoglie la lunga
intervista del giornalista
Ángel Expósito al Rettor
Maggiore, don Ángel
Fernández Artime. Nei
12 capitoli sono trattati
temi quali immigrazione,
nuove tecnologie, politica
internazionale, economia,
sviluppo e sottosvilup-
po, parità tra uomini e
donne, fondamentalismo
religioso… Che cosa
farebbe oggi don Bosco
davanti a tutto ciò? Ogni
capitolo inizia con una
serie di domande al Ret-
tor Maggiore, cui segue
una scheda di approfon-
dimento realizzata da un
esperto.
CILE
La Famiglia
Salesiana
per la comunità
di Copiapó
Il passare del tempo non fa altro che aggra-
vare i problemi nella regione di Atacama. Lo
conferma il Direttore della Scuola Industriale
Salesiana di Copiapó, don Néstor Muñoz,
che in una lettera agli altri Direttori delle
comunità salesiane del Cile, afferma che lì si
sta vivendo una tragedia di grandi proporzio-
ni, di cui ancora non si sa definire la portata
delle conseguenze.
“Chi conosce Copiapó oggi non trovereb-
be alcuna traccia di ciò che avrebbe potuto
riconoscere. Le strade sono completamente
scomparse; le principali arterie della città
oggi non esistono e ci sono fiumi di sedi-
menti di fango che stanno già cominciando a
marcire, a causa della stagnazione e del calo-
re” dichiara. Sebbene i Salesiani non abbiano
subito danni, né loro stessi, né alle infrastrut-
ture della scuola, c’è preoccupazione e, alle
volte, un senso di sopraffazione per l’enorme
gravità della situazione. Soddisfacenti e inco-
raggianti sono i risultati della campagna della
Famiglia Salesiana per la raccolta di aiuti
umanitari per gli alluvionati di Copiapó. In
totale sono state raccolte più di 8 tonnellate
di aiuti umanitari.
Giugno 2015
15

2.6 Page 16

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CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
LUIS ROSON
Movimento
“Testimoni del Risorto”
Entrato a far parte della Famiglia Salesiana
il 25 marzo 1999, come ventesimo Gruppo,
il Movimento spirituale laicale “Testimoni del Risorto
(TR) è un Movimento aperto a tutti coloro che intendono
vivere una forte esperienza di fede e di amicizia,
costituendo una “famiglia di famiglie” in cui, insieme,
ci si educa alla cultura della vita per operare meglio
là dove il Signore chiama.
La storia
Verso la fine degli anni ’70, un grup-
po di persone si raccoglie attorno al
fondatore, il salesiano don Sabino
Palumbieri, per approfondire con lui
la Parola da tradurre in stile di vita.
Nel 1984 le idee sparse cominciano a
convergere verso un progetto comune
e sorge la prima proposta di un Mo-
vimento centrato sulla gioia della Ri-
surrezione e sulla testimonianza del
Risorto.
L’8 dicembre 1984 prende vita il Pro-
getto Pasquale: il (‘Testes Resur-
rectionis’ - Atti 1,21) con la sua carta
d’identità. Il Movimento nasce
come spazio d’incontro tra amici ac-
comunati da un unico ideale e da un
unico desiderio: vivere più da vicino,
nella quotidianità e nella realtà di
ogni giorno, la notizia bella della Ri-
surrezione, fonte di gioia e di vita.
Nel 2008 il Movimento è stato
riconosciuto anche dalla Conferenza
Episcopale Italiana.
Lo scopo fondamentale del Movi-
mento è: aiutare a vivere la spiritualità
pasquale sintetizzata in 2Timoteo 2,8
Ricordati che Gesù Cristo, della stirpe
di Davide, è risuscitato dai morti”; an-
16
Giugno 2015

2.7 Page 17

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nunciare a tutti che tutto ha un senso
solo se vissuto alla luce della Pasqua;
camminare insieme come i due disce-
poli sulla strada di Emmaus, ascol-
tando la Parola, spezzando il pane,
accogliendo il diverso e ospitandolo
di cuore.
L’itinerario formativo dei tierrini si
svolge secondo un cammino di fede
che contempla varie fasi di formazione:
conoscenza biblica di base;
approfondimento dello specifico
evento pasquale;
acquisizione dei principi teologici e
spirituali della Risurrezione;
riflessione sull’applicazione della
Pasqua ai vari ambiti esistenziali
dell’oggi;
metodo di preghiera della Lectio
Divina;
riferimento a don Bosco “maestro
della Pasqua”.
Al termine dell’itinerario formativo e
dell’esperienza continuativa matura-
ta con la partecipazione agli incontri
locali e generali, coloro che vogliono
possono richiedere di esprimere pub-
blicamente il proprio “Impegno col Ri-
sorto nel TR”.
La spiritualità
La fedeltà al Cristo Risorto è il fon-
damento della spiritualità del e lo
stile dei suoi membri si esprime nel-
la gioia pasquale coltivata nel cuore,
nell’ottimismo e nella speranza circa
la storia, nel servizio a Cristo presente
nei poveri e negli ultimi. Questo at-
teggiamento interiore opera nel pro-
fondo e sostiene le persone nelle loro
difficoltà esistenziali.
Il Movimento cura particolarmente la
formazione alla spiritualità pasquale
per tutti i suoi membri mediante un
corso di esercizi spirituali annua-
li e due week-end annuali, corsi di
formazione per responsabili, campo
scuola estivo per giovani, partecipa-
zione alla vita ed alle iniziative della
Famiglia Salesiana, presenza attiva
nelle chiese locali, missioni sulla spi-
ritualità pasquale animate dai laici del
Il Coordinatore Generale del Movimento
“Testimoni del Risorto”, Lello Nicastro, con il
Rettor Maggiore. A pagina precedente: Don Luis
Roson guida un momento di preghiera.
Movimento a questo specificamente
formati.
Come recita lo Statuto, “il Movimen-
to ha nella Congregazione Sale-
siana un vincolo di unione sicuro e
stabile e le relazioni con essa si svol-
Giugno 2015
17

2.8 Page 18

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CONOSCERE LA FAMIGLIA SALESIANA
gono in fraterna e reciproca fiducia”.
Gli aderenti al Movimento, acco-
gliendo la dimensione del carisma di
don Bosco, promuovono: la spiritua-
lità della gioia pasquale, aspetto della
spiritualità salesiana; l’attenzione pri-
vilegiata ai giovani ed alla famiglia;
l’impegno a vivere ciascuno nella
propria situazione la carità pastorale
e lo zelo del Regno di Dio.
La “Via Lucis” e l’icona dei “discepoli
di Emmaus” costituiscono per il
contenuto di spiritualità e metodolo-
gia di lavoro e sono per tutti i Gruppi
della Famiglia Salesiana una propo-
sta concreta di spiritualità dell’azione
nello stile di don Bosco, illuminata
dalla luce della Pasqua.
La celebrazione della Via Lucis, in
particolare, riproposta nel 1988 pro-
prio all’interno del dal suo Fon-
datore, è stata accettata man mano
nelle varie diocesi, fino al riconosci-
mento ufficiale della Congregazione
per il culto divino e la disciplina dei
sacramenti, nel 2002. Giovanni Pao-
lo II l’ha fatta includere per l’Anno
Santo 2000 come devozione accanto
alla Via Crucis e al Rosario. Tradot-
ta in 11 lingue, va diffondendosi nel
mondo. La formula è quella della de-
vozione itinerante in maniera simme-
trica alla Via Crucis, con quattordici
stazioni e passi biblici che vanno dal
Sepolcro vuoto alla Pentecoste.
L’organizzazione
e gli impegni
L’organizzazione generale si articola
in
(Giovani, Adulti e Vo-
lontariato) ed in
operativi
(formazione, comunicazione, liturgia,
famiglia, artistico-ricreativo, econo-
mato), coordinati da un Coordinatore
generale e, per l’aspetto spirituale, da
una Guida spirituale generale.
18
Giugno 2015
Istantanee della vita del Movimento. Tutti
i membri si impegnano a vivere e testimoniare
la Pasqua del Signore nella realtà di ogni giorno,
nell’esperienza familiare, professionale, sociale
ed ecclesiale.

2.9 Page 19

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A livello locale il è organizzato
in gruppi di base (chiamati Cenaco-
li) presenti in diverse regioni italiane,
in grandi città come in piccoli paesi,
operando spesso nelle parrocchie e
nelle diocesi di appartenenza; ad oggi
se ne contano 23, con un totale di cir-
ca 800 tra aderenti e simpatizzanti.
Da pochi anni è stato costituito un ce-
nacolo anche a Santa Fe (Argentina),
ed altri si stanno formando in Came-
run e Spagna: speranza di un futuro
internazionale per il Movimento.
I membri del Movimento si impe-
gnano, pertanto, a vivere e testi-
moniare la Pasqua del Signore nella
realtà di ogni giorno, nell’esperienza
familiare, professionale, sociale ed
ecclesiale, ad essere testimoni della
speranza, nonostante tutto, in ogni
ambito. La riflessione sistematica e
la preghiera costante costituiscono
momenti indispensabili di questo
cammino.
Vuoi diventare
salesiano?
Un ideale per cui vale
la pena vivere.
Un’avventura
nel nome di Dio.
Prendi contatto con
Roma: sdbicc@donbosco.it
Torino: ispettore@salesianipiemonte.it
Milano: ispettoreile.milano@salesiani.it
Napoli: salesiani@donboscoalsud.it
Veneto: info@salesianinordest.it
Sicilia: isi@sdbitalia.org
Il braccio operativo del Movimento è
rappresentato dalla sua Associazione
di volontariato: la onlus “Volontari per
il Mondo”, con sostegno a distanza di
ragazzi e giovani studenti e realizza-
zione di progetti operativi in Came-
run, Ruanda e Moldavia, d’intesa con
la Chiesa locale e con l’aiuto di col-
laboratori presenti sul posto. Le ini-
ziative proposte sono principalmente
nel campo sanitario, assistenziale ed
educativo-formativo.
Altre informazioni sul sito
www.testimonidelrisorto.org,
dove si può scaricare il Giornale TR-News
Giugno 2015
19

2.10 Page 20

▲back to top
CREATIVITÀ SALESIANA
LUANA MURA
Hogwarts esiste davvero!
Il museo della Magia
del Mago Sales
A Cherasco, 50 chilometri da
Torino, c’è un luogo dove
la realtà lascia il posto alla
fantasia. È il museo della
Magia, inaugurato poco più
di un anno fa, la più impor-
tante esposizione italiana dedicata
all’illusionismo, che solo nel primo
anno ha ospitato 13 000 visitatori.
Sono circa 1000 metri quadri su due
livelli, e 14 stanze, in un edificio ot-
tocentesco.
A volere questo museo, è stato don
Silvio Mantelli, 70 anni, “prete sale-
siano per vocazione e mago per pas-
sione”, come ama definirsi. Con tanto
di cappello a cilindro, e con una giac-
ca colorata, il parroco prestigiatore ci
apre le porte del museo: «Da piccolo
ero molto timido, l’unica cosa che fa-
ceva scomparire la mia insicurezza era
la magia». E confessa: «All’età di 12
anni, un amico di famiglia mi insegnò
a barare, giocando a carte». Lui però
Dopo pochi metri,
i visitatori si trovano
in una fiabesca foresta
innevata, con alberi dalle
foglie dorate. Una neve
che, abbassate le luci,
brilla come se fosse
costituita da milioni di
piccole lucciole. Le statue
parlano, la gente vola.
20
Giugno 2015

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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ha usato i trucchi solo per stupire: «Il
mio primo pubblico l’ho avuto quando
sono entrato in seminario. Da lì, non
mi sono più fermato». Mago Sales è
un ciclone di gioia, che ha speso la vita
in missioni (Madagascar, 1991, India,
1995) per regalare un sorriso ai bambi-
ni delle zone povere del mondo.
«A Calcutta conobbi Madre Teresa.
Mi faceva da impresario, invitando la
gente a vedermi esibire nelle strade»
racconta divertito. Nel 1997, ha crea-
to la Fondazione Mago Sales, una
onlus che, con le donazioni di 8000
benefattori, ha contribuito a costruire
case, scuole, ospedali, pozzi d’acqua e
ostelli per giovani. L’ultima sua crea-
tura è proprio il museo della Magia.
Tra i molti ambienti, è da segnalare
la stanza dei grandi maghi, con le
riproduzioni, a grandezza naturale,
degli illusionisti più famosi al mondo,
come il mago Silvan e il trasformista
Arturo Brachetti. Che ha cominciato
con don Silvio.
Per Mago Sales la voglia di sognare è
rimasta tale e quale a quando era bam-
bino, e coinvolge proprio tutti, persino
papa Francesco. Con Sua Santità, don
Silvio, nel giorno di don Bosco (31 gen-
naio), ha concelebrato la messa nella
cappella di Santa Marta, in Vaticano.
«E gli ho regalato un libro di magia. Un
volume le cui pagine, da bianche, di-
ventano via via sempre più colorate. Un
po’ come la nostra vita, che abbiamo il
dovere di riempire di speranza».
Per informazioni:
Tel 0172 1908030 - 335 473784
Email: info@museodellamagia.it
Sito internet: www.museodellamagia.it
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21

3.2 Page 22

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INIZIATIVE
DAVIDE CESTARI
«Ho
respirato po dei carcerati ho capito di più come
sempre la Chiesa li ha avuti nel cuore,
don Bosco andava nelle carceri per-
ché quello che gli stava a cuore è la sal-
vezza di tutte le anime, non importa
don Bosco»
chi sono e che cosa hanno fatto. Tutti
possono sperimentare il perdono che
Gesù ha portato nel mondo».
Renzo, ricercatore in nanotecnologie:
«È stata innanzitutto questa allegria
semplice, ma mai staccata dallo scopo,
Un piccolo miracolo dell’inesauribile fascino di don Bosco.
Uno stand del Meeting di Rimini era dedicato a lui. Sono
passate a vederlo più di 6000 persone in 6 giorni. Molti
bambini, ragazzi, genitori, sacerdoti, suore, educatori, politici
e personalità di diverse professioni. Molti salesiani. E poi,
la cosa più sorprendente, anche un gruppo di 50 carcerati.
Una delle “guide” racconta la sua esperienza.
ciò che mi ha colpito di più in questi
giorni, stando all’oratorio. Penso in-
fatti che su questo siamo stati “conta-
giati” da don Bosco. Quello che don
Bosco mi ha insegnato – o quello che
ha risvegliato in me – è stato il desi-
derio di darsi, di darsi semplicemente,
di cercare di rispondere ai vari bisogni
che vedevo (bimbi desiderosi di gio-
ni Bosco nelle strade di Torino e con care, piccole cose da fare, informazio-
i ragazzi che incontrava. E non per ni da dare ai visitatori ecc.) consape-
modo di dire.
vole che ogni gesto poteva contribuire
Una suora salesiana dopo aver visto alla “salvezza delle anime”».
la mostra ha saputo dalla guida che Miriam, editor in una casa editrice:
i pannelli erano solo una parte, che «Ciò che mi ha colpito di più in que-
c’era anche “la vita dell’Oratorio” che sti giorni, in cui mi sono dedicata per
proponevamo, come all’oratorio di lo più a spiegare la mostra, è stato lo
Valdocco, con giochi, canti, balli. Al- sguardo delle persone che avevo da-
lora si è voluta fermare per vedere che vanti, innanzitutto dei visitatori. Man
cosa facevamo. Alla fine ci ha detto: mano che raccontavo gli episodi della
«Ho visto la vita di san Giovanni rac- vita di Giovanni, gli occhi di chi mi
contata dai pannelli prendere vita tra guardava iniziavano a commuoversi,
di voi. Ho “respirato” don Bosco». c’è chi è scoppiato letteralmente in
lacrime. Questo è avvenuto tutte le
L o spazio dell’Oratorio con
all’interno i pannelli che rac-
contavano alcuni episodi della
vita di don Bosco è stato lette-
ralmente il ri-accadere dell’e-
sperienza fatta da san Giovan-
Una maestra, un editor,
un ricercatore,
un chirurgo
Carmen, maestra a Madrid, dopo aver
spiegato la mostra ai carcerati ha com-
mentato: «Facendo il giro per il grup-
volte che ho spiegato la mostra, con
adulti, con ragazzi, con l’ospite del
Meeting, con lo steward, con la suo-
ra salesiana, con il prete... Più i gior-
ni passavano, la mia voce calava e le
forze anche, più rimanevo colpita da-
vanti a questo spettacolo: era evidente
22
Giugno 2015

3.3 Page 23

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in me che non ero io a smuovere chi
avevo di fronte.
Uno degli incontri che mi ha stupito
di più è stato quello con due ospiti
del Meeting: un medico chirurgo ve-
nuto per intervenire in un dibattito
in fiera e sua moglie. Si sono avvi-
cinati alla mostra, la moglie voleva
vederla perché il papà era salesiano
e lei era sempre stata affascinata dai
suoi racconti. Quando ha scoperto
della mostra ha pensato “perché non
conoscere di più don Bosco?” e così è
venuta accompagnata dal marito che
si è presentato con l’Ipad in mano.
Io ero un po’ scettica all’inizio, ave-
vo già un po’ in mente come sarebbe
andata a finire, quell’Ipad rischiava
di catturare tutta l’attenzione. Ho
iniziato a raccontare della vita di
Giovanni Bosco, del suo fascino, di
come, facendo la mostra, abbia sco-
perto un amico per la mia vita perché
traccia una strada alla felicità pos-
sibile per tutti noi. L’Ipad è sparito
subito, i due si sono sempre più av-
vicinati a me e così il loro steward.
Io dovevo gridare per farmi sentire
perché più avanti c’era un’altra gui-
da con il microfono e poco lontano
la banda dei ragazzi suonava. Farsi
sentire è stata un’impresa ma la loro
disponibilità cresceva sempre più, il
medico a un certo punto mi si è mes-
so proprio a fianco perché non voleva
perdersi neanche una parola di quel
che raccontavo. Data la situazione
pensavo di riassumere un po’, invece
mi hanno chiesto di raccontare pro-
prio tutto, con gli occhi commossi.
Lo steward, che inizialmente aveva
una faccia impassibile, è scoppiato a
piangere. Alla fine della mostra mi
hanno abbracciato dicendomi: “Pen-
savamo di venire qua e scoprire un
po’ di più della vita di questo grande
Santo e invece torniamo a casa con in
mente e nel cuore i tuoi occhi, sono
la cosa più preziosa di questa ora pas-
sata insieme”. Ringrazio del dono di
questi giorni perché sono stati una
possibilità per me e per chi avevo di
fronte di conversione del cuore».
Il bambino che diceva
“cavolate”
Federico, avvocato di Milano: «Du-
rante una visita per un gruppo di
bambini di una scuola elementare, mi
è capitato che l’insegnante abbia mes-
so in prima fila il bambino più “rom-
piballe” della classe, che a ogni frase
che dicevo rideva, diceva cavolate ad
alta voce e disturbava tutti, buttando-
si sui pannelli e appoggiandoci i piedi.
All’inizio volevo “eliminarlo”, poi ho
pensato a che cosa stavo facendo e mi
sono detto: “Ma quelli come lui per
don Bosco erano i prediletti!”. Non
che ci sia una ricetta in queste cose,
ma l’ho guardato in modo diverso, gli
ho chiesto il nome (Alessandro) e l’ho
coinvolto in prima persona facendo-
gli delle domande e rispondendo alle
sue provocazioni. Alla fine della visita
l’insegnante mi ha avvicinato e mi ha
detto: “Sono rimasta colpita, perché
Alessandro è il mio preferito, e da
come lo hai trattato ho visto che an-
che tu lo hai guardato in modo spe-
ciale: si vede che c’è un’esperienza alla
base di quello che dici sulla mostra».
Così noi, pieni di limiti e incapa-
ci – senza aver programmato niente
(eravamo totalmente impreparati ad
accogliere così tante persone) e stando
solo a quello che accadeva – possiamo
dire come diceva don Bosco: «abbia-
mo fatto quello che abbiamo potuto,
il resto lo ha fatto un Altro» e questo
è davvero un miracolo!
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3.4 Page 24

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LE CASE DI DON BOSCO
RENATO DAL BÒ - MARCO DURANDO
Il “San Paolo” ADonRinaldivennedetto:
“Oh! Se ci fosse qui un
Oratorio!” In quel momento
di Torino
una frotta di ragazzi monelli
gridò: “Qua! Qua!”, il modo
consueto di canzonare i preti.
Don Rinaldi, senza scomporsi
Una Casa per tutti
e sorridendo: “Sì, sì, qua;
ci verremo presto qua;
ci verremo!”.
Così arrivarono i salesiani nel
Il cortile del San
Paolo è sempre
affollato di giovani
e famiglie ed è
un vero centro
U n giorno di maggio del ’18, don Rinal-
di con don Piero Ricaldone, vicario e
prefetto della Congregazione salesiana,
si erano portati passeggiando e ragio-
nando in Borgo San Paolo (distante da
Valdocco circa 3 km). Il loro parlare era
Borgo più difficile di Torino.
di incontro della
gente del quartiere
da quasi cento
anni.
incentrato sugli Oratori festivi, sul bene che fan-
no e sull’opportunità di favorirne la crescita per
formare “buoni cristiani e un onesti cittadini”.
A don Rinaldi venne detto: “Oh! Se ci fosse qui
un Oratorio!” In quel momento una frotta di
ragazzi monelli grida: “Qua! Qua!”. Era il verso
della cornacchia, consueto dispregio contro i pre-
ti. Don Rinaldi, senza scomporsi e sorridendo:
“Sì, sì, qua; ci verremo presto qua; ci verremo!”.
Qualche giorno dopo don Ricaldone ricevette la
visita di una signora che aveva seguito la scena dal
balcone di casa: “Sono la Contessa Teresa Rebau-
dengo, abito in San Paolo; c’è bisogno dell’Opera
dei salesiani da quelle parti perché non trionfi il
male così largamente e la gioventù cresca senza
alcun avviamento cristiano, esposto alla corruzio-
ne dei costumi, abbandonata per intere giornate a
se stessa per le strade, a causa dell’assenza dei pa-
renti occupati ad orario continuo nelle fabbriche.”
A tal fine donò una vecchia cascina con il terreno
di sua proprietà perché vi sorgesse un Oratorio in
quei paraggi.
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Giugno 2015

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Un povero grande inizio
E fu così che l’8 dicembre 1918 la tettoia con pa-
gliaio della cascina, divenuta cappella, decorata
più di fede e speranze che di addobbi, accoglieva
una moltitudine di fanciulli, più di 300, di gente
del popolo, amici, benefattori. Il Rettor Maggio-
re, don Albera, con il pianto negli occhi celebrò
la Messa e distribuì la comunione ai ragazzi che
cantavano le lodi di Dio e della Vergine, imparata
nei giorni precedenti e che ripetevano per le stra-
de in luogo delle canzoni sovversive. Don Albera
parlò con quella dolcezza che lo ha reso indimen-
ticabile a chi lo conobbe.
Da quel giorno i figli di Don Bosco si misero su-
bito al lavoro per rispondere alle esigenze di così
tanta e povera gioventù.
Accanto alle istituzioni e alle associazioni di ca-
rattere religioso e formativo nacquero attività e
associazioni sportive, associazioni di cultura re-
ligiosa e sociale, compagnie teatrali, una scuola
pratica di disegno per operai che fu il primo ger-
me delle scuole professionali, scuole serali,
un ufficio gratuito di collocamento che in
seguito fu ampliato in un vero segretaria-
to del popolo che soddisfava un’infinità di
bisogni e anche di miserie quotidiane: dal
consulto legale fino alle questioni
familiari.
Una chiesa per tutti
gli adolescenti
del mondo
Fin dalla fondazione si sogna-
va una chiesa degna di codesto
nome e la provvidenza volle che
il sogno si realizzasse in tempi
assai brevi favorito dalla grande
quantità di giovani e famiglie che
iniziarono a frequentare la casa di
don Bosco e a farne la loro “nuova
casa” nel borgo.
È nota la grande devozione di don Albera per
Gesù Adolescente, patrono della gioventù. Fu
lui che volle, come uno dei suoi ultimi deside-
ri, la costruzione del Tempio dedicato alla Sacra
Famiglia e a Gesù Adolescente e la pensò dedicata
a tutti gli adolescenti del mondo che vivevano i
tempi difficili dell’immediato dopo guerra; per
la chiesa degli adolescenti esortò l’obolo alle case
salesiane di tutto il mondo, perché doveva essere
bella e imponente, degna del nome che portava.
Non riuscì a vederla perché morì prima: la chiesa
sarà consacrata nel 1925 e diventerà parrocchia
nel 1934.
Una grande e bella chiesa, progettata dal
salesiano architetto cav. Giulio Vallotti, il
quale l’ha voluta “maestosa, bella di fuori e
splendida di dentro”… “una cosa viva, che
raduna insieme gli elementi più graditi
degli stili cristiani, fondendoli in un go-
tico che ha dell’italiano tutta la schiet-
tezza e la luminosità, e del cristiano
tutto il raccoglimento”.
Sul campanile, bello di linea e di sa-
gome, sono issate le campane che don
Bosco stesso aveva fatto collocare nel
1868 nel santuario di Maria Ausiliatrice,
in Valdocco, e successivamente sostituite
in occasione del cinquantesimo dalla co-
struzione.
Tutto è
incominciato,
come a Valdocco,
da una tettoia con
pagliaio, divenuta
cappella. Sotto:
Il campanile. Le
campane sono
quelle originali
volute da don
Bosco per la
Basilica di Maria
Ausiliatrice.
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LE CASE DI DON BOSCO
La grande e bella
chiesa, intitolata
alla Sacra
Famiglia e a Gesù
Adolescente, è
dedicata a tutti gli
adolescenti del
mondo.
Molto tempo è trascorso, la storia si è dipanata
tra innumerevoli fatti e personaggi e ancor oggi,
a quasi 100 anni dalla fondazione, i rintocchi del-
le campane di don Bosco segnano il tempo della
nostra amorevole presenza salesiana in borgo San
Paolo.
E tra i ragazzi un folto gruppo di animatori e di
allenatori che con entusiasmo e fantasia portano
quella gioia tipicamente salesiana, dando vita al
cortile. Le tante attività sportive, poi, da sempre
sono vissute come importanti esperienze che edu-
cano e avviano alla vita e al gioco di squadra.
Il mondo in cortile
Se entri al San Paolo sei immediatamente attratto
da ciò che è il suo elemento più gioioso e caratteri-
stico: il cortile. Un cortile ampio e vissuto, abitato
da centinaia di ragazzi che ogni giorno, al termi-
ne della scuola, si riversa all’oratorio per correre,
giocare, incontrarsi e partecipare alle tante attività.
Una “piazza educativa dai molti colori”, la definisce
il direttore don Marco Durando. Piazza perché
aperta a tutti, ma educativa perché c’è una presenza
che ti accoglie e si prende cura di te; dai molti colori
perché tanti sono i tratti somatici sui volti dei bam-
bini e giovani che dicono le tante nazioni di pro-
venienza che qui imparano a convivere e a crescere
insieme, una vera scuola di integrazione sociale.
Casa che accoglie
Da ormai 10 anni l’Oratorio San Paolo ha al suo
interno una comunità residenziale per ragazzi,
minori stranieri non accompagnati, che vengono
inviati dall’ufficio minori del Comune di Tori-
no. In questi dieci anni sono stati ospitati più di
100 giovani e attualmente i ragazzi sono nove,
provenienti da Senegal, Albania, Egitto e Ma-
rocco. Capita spesso che questi ragazzi esprimano
apprezzamento nei confronti di “quell’uomo buo-
no che ha costruito quella che adesso è la nostra
casa”, così uno dei ragazzi definisce don Bosco e
l’Oratorio: un uomo buono e una casa.
Sull’esempio di don Bosco, che in quella dome-
nica di Pasqua del 1846 utilizzò la tettoia Pinardi
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Giugno 2015

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TRE DOMANDE AL DIRETTORE
per radunare i suoi giovani, così l’Oratorio San
Paolo si fa “tettoia”, accogliendo senza giudicare,
questi ragazzi, partiti in cerca di sogni e speran-
ze, arrivati attraverso viaggi rischiosi, bisognosi
di una casa.
Dare di più a chi ha avuto di meno
Casa per tutti vuol dire soprattutto i più poveri,
quelli che hanno avuto di meno dalla vita. Per
questo al san Paolo si inventano progetti e si por-
tano avanti sogni.
Un Centro Aggregativo Minori e un grande Dopo-
scuola per favorire l’aggregazione a sfondo educa-
tivo di minori curando la socializzazione, l’ac-
compagnamento scolastico e l’animazione del
tempo libero.
Provaci ancora Sam: Prevenzione della dispersione
scolastica nelle classi delle scuole medie del quar-
tiere; e Tutela integrata per il recupero di chi è
in dispersione scolastica, finalizzato al consegui-
mento della licenza media, con l’inserimento in
percorsi di formazione professionale e realizzato
in oratorio con insegnanti ed educatori.
C’è posto anche per te ed E…state con noi: per per-
mettere a ragazzi con famiglie in difficoltà eco-
nomica di avere le stesse opportunità dei loro
coetanei, usufruendo delle attività ricreative, for-
mative e sportive.
Come è composta la vostra comunità?
I salesiani presenti sono otto; cerchiamo di portare
avanti tutti insieme la missione che ci è affidata. Tre
in particolare si occupano dell’oratorio e della par-
rocchia; due sono cappellani presso le suore FMA
della casa Madre Mazzarello presente qui in borgo
san Paolo; tre sono impegnati presso la editrice
Elledici.
Ci sono dei collaboratori?
Preziosa la presenza di una Figlia di Maria Ausiliatrice nel nostro oratorio. Vi
è poi un numeroso gruppo di salesiani cooperatori e tanti collaboratori laici:
educatori professionali, animatori, catechiste, allenatori, genitori e nonni…
Insieme formiamo la Comunità Educativa Pastorale e sentiamo forte il senso
di appartenenza ad una grande famiglia.
Quali i punti forza del San Paolo oggi?
I giovani: sono tanti, variegati e generosi; ogni giorno “riempiono la nostra
casa”. Con il loro protagonismo sono la nostra vera identità.
Le famiglie: la nostra forza è il volontariato e il clima di famiglia che fa
sì che i volontari siano tanti e si spendano con generosità, perché si trovano
a casa.
I poveri: in tanti bussano alla nostra porta; con loro condividiamo quel poco
che abbiamo e che la provvidenza non ci fa mancare; oso dire che i poveri
sono la nostra ricchezza.
Da Famiglia a Famiglia: una forma di affidamento
che prevede aiuto e sostegno a un nucleo familiare
in difficoltà da parte di una famiglia solidale. E
anche Luoghi neutri e Diritto di visita per permet-
tere ai genitori separati in situazione di conflitto o
di provvedimento giudiziario, di esercitare il dirit-
to di visita ai loro figli all’interno di un luogo in-
formale ma protetto, alla presenza di un educatore.
Un glorioso Centro Ascolto: accoglienza, ascolto e
sostegno a famiglie o singoli, italiani o stranie-
ri, occasionalmente senza fissa dimora e rifugiati
politici, fornendo viveri, vestiario e contributi in
denaro; informazioni e sostegno sul disbrigo di
pratiche, la ricerca di lavoro e di abitazioni popo-
lari. E poi un storico gruppo San Vincenzo per la
promozione della persona umana, in situazione di
povertà materiale e di valori, attraverso il rappor-
to personale attuato con visita a domicilio.
Tanto altro viene ogni giorno inventato, cercando di
fare quel che don Bosco ci ha insegnato, prendendo-
si cura dei giovani e delle famiglie, soprattutto i più
poveri, come fa un padre con i propri figli.
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A TU PER TU
LINDA PERINO
Essere don Bosco
a Tunisi
Caro don Domenico,
puoi autopresentarti?
Sono Domenico Paternò, salesiano
dal 1978, prete da 29 anni, nativo
di Messina. Dopo la laurea in Giu-
risprudenza e il praticantato in uno
studio legale sono entrato nel Novi-
ziato salesiano di Lanuvio (Roma).
La mia vocazione è nata negli anni in
cui giocavo all’oratorio salesiano vici-
no casa e poi durante l’università era
stata fondamentale l’appartenenza ad
un gruppo giovanile con esperienze
di animazione, servizio ai poveri della
«Qui a Manouba,
non ci sono celebrazioni,
catechesi, annunci,
prediche, ma solo la
testimonianza di una vita
donata per il bene dei
più piccoli e per il servizio
educativo attraverso
il sistema preventivo
di don Bosco».
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3.9 Page 29

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periferia, preghiera ed eucarestia, fra-
ternità tra di noi e con i salesiani della
Casa, esperienze nell’Unione exallie-
vi di Messina. Da lì poi la domanda è
venuta spontanea, “Signore che cosa
vuoi da me?”.... e da allora eccomi tra
i figli di don Bosco. Dopo il normale
iter formativo, l’ordinazione presbite-
rale ha dato il via ad una vita intensa
in varie case salesiane dell’Ispettoria
Sicula. La mia obbedienza principale
è stata quella del servizio ai giovani
della formazione professionale e, date
le mie competenze giuridiche, ben
presto sono stato chiamato a dirigere
vari Centri professionali della Sicilia
e poi anche a coordinare la sale-
siana dell’ispettoria come Delegato
Regionale per 16 anni fino a quando,
nel 2013, l’ispettore del tempo mi ha
chiamato per chiedermi di... cambia-
re vita!
Perché hai scelto la Tunisia?
Non ho mai fatto domanda per le mis-
sioni, non l’ho mai chiesto perché per
me è fondamentale andare dove mi
vuole il Signore, non dove voglio io e
l’obbedienza è lo strumento di cui Dio
si serve per farmi sapere dove Lui mi
vuole. Così quando il Rettor Maggio-
re ha assegnato all’ispettoria sicula la
casa di Manouba in Tunisia nel 2013
e l’ispettore mi ha chiesto successiva-
mente di fare il direttore di quella casa
ho detto “sì” come avrei fatto con qua-
lunque altra destinazione.
Chi sono i confratelli
che operano qui?
Vorrei anche sottolineare che qui in
Tunisia insieme ai due confratelli
frate Roberto e padre Jacek non mi
sento “missionario” come abitual-
mente si intende, non annunciamo
il Vangelo in modo diretto ma, se-
guendo le indicazioni del Magistero,
camminiamo accanto al popolo mu-
sulmano condividendo con esso l’i-
struzione e la crescita dei più piccoli.
Non ci sono celebrazioni, catechesi,
annunci, prediche ecc. ma solo la te-
stimonianza di una vita donata per
il bene dei più piccoli e per il ser-
vizio educativo attraverso il sistema
preventivo di don Bosco. “Ragione,
religione, amorevolezza” sono validi
anche qui, dove per religione si in-
tende l’Islam e pertanto i ragazzi ri-
cevono dalle loro maestre l’educazio-
ne islamica prevista dai programmi
scolastici tunisini.
Quali sono le
caratteristiche dell’opera
dei Salesiani a Manouba?
L’opera è una scuola primaria privata
inserita nel sistema scolastico tunisi-
no, riceve allievi dai 5 agli 11 anni.
La bella casa dei Salesiani.
A pagina precedente : Il gruppo degli educatori
con il Direttore dell’Opera.
Essa si trova a Manouba, città della
cintura urbana della capitale Tunisi, e
ha circa 800 allievi e 80 unità di per-
sonale. La scuola, fondata dalle Suore
di Nevers nel 1929, è passata ai sale-
siani nel 1990 ed inizialmente affida-
ta alla delegazione salesiana di Malta.
Nel 2013, come detto, il testimone è
stato passato ai salesiani della Sicilia.
In Tunisia c’è anche la presenza del-
le Figlie di Maria Ausiliatrice in due
comunità: una di 4 suore gestisce una
scuola primaria a Menzel Bourghiba,
cittadina al nord della Tunisia, l’altra
invece di 3 suore si appresta ad aprire
nella capitale un pensionato univer-
sitario per ragazze africane che stu-
diano a Tunisi. Con esse viviamo la
comune appartenenza al medesimo
carisma e alla Famiglia Salesiana,
collaboriamo su percorsi educativi e
formativi del personale, condividia-
mo la fraternità e la spiritualità.
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3.10 Page 30

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A TU PER TU
Come vi vede la gente
della città?
La scuola gode di ottima reputazio-
ne presso le famiglie e le autorità del
luogo, con cui i rapporti sono cordia-
li. È aperta a tutte le famiglie, senza
distinzione sociale, che desiderino
collaborare con gli educatori per la
crescita dei figli. Gli allievi e il per-
sonale sono tutti musulmani, come
del resto la Tunisia, che è paese inte-
ramente islamico. I salesiani sono tre.
Con essi e con l’équipe educativa che
abbiamo costituito facciamo la pro-
grammazione delle attività educative
e ne curiamo l’attuazione. La scuola
segue in tutto i programmi ufficiali
e le normative del Paese. Molto ap-
prezzati sono il sistema educativo sa-
lesiano e l’animazione, talvolta curata
da volontari che vengono dall’Italia e
che danno gratuitamente il loro tem-
po e le loro capacità.
Il metodo di don Bosco
funziona anche qui?
Una componente fondamentale è l’ora-
torio qui chiamato “patronage”, attivo
da tre anni il sabato e la domenica e i
giorni festivi. Esso accoglie ad oggi più
di 100 ragazzi tra i 12 e i 15 anni, exal-
lievi della scuola e ragazzi del quartie-
re, molti dei quali provenienti da fa-
miglie in grave difficoltà economica.
È gratuito, la Provvidenza ci dona le
cose necessarie, Roberto è il confra-
tello responsabile che cura anche la
preparazione dei futuri animatori. È
una realtà interessante e al momento
unica in Tunisia, dove lo sport ritro-
va la sua funzione educativa e sociale
spesso smarrita nei contesti europei.
Questa presenza educativa garantisce
un buon rapporto con il territorio e la
gente della zona ed è grande la gioia
dei ragazzi di avere uno spazio sereno
dove giocare e stare insieme.
Com’è organizzata
la Chiesa in Tunisia?
La Chiesa locale è piccola, si com-
pone di cristiani stranieri residenti
in Tunisia, specie giovani dell’Africa
subsahariana che studiano qui, po-
chi preti diocesani di vari Paesi per le
dieci parrocchie esistenti in Tunisia,
religiosi e religiose di varie congrega-
zioni dediti al servizio educativo, del-
la cultura, della carità, della presenza
accanto alla gente. C’è un solo vesco-
vo: monsignor Ilario Antoniazzi.
Quali sono le maggiori
difficoltà?
Sia noi che le consorelle
conduciamo una vita essenziale e sem-
plice. La difficoltà più grande è quella
della lingua, l’arabo è molto difficile,
il francese funziona bene come lin-
I Salesiani della comunità con il Rettor Maggiore,
l’Ispettore e l’Economo dell’Ispettoria Sicula.
gua ponte ma occorre sicuramente,
per meglio comprendere le persone e
i ragazzi, conoscere l’arabo. La gente è
buona e cordiale, il Paese ha fatto una
rivoluzione per cacciare la dittatura e
si è dotato di istituzioni democratiche
e di una costituzione elogiate dalla co-
munità internazionale.
Quali sono i vostri sogni
e le vostre speranze?
Il nostro sogno è di aiutare con l’e-
ducazione e la formazione le nuove
generazioni a costruire un futuro se-
reno, nella pace e nella dignità della
vita, superando le sfide che oggi la
Tunisia ha davanti. Se come salesiani
riusciremo ad affiancare all’educazio-
ne scolastica anche la formazione pro-
fessionale, il nostro servizio ai giova-
ni sarà ancora più incisivo e fruttuoso
per il loro futuro. La Provvidenza
non mancherà di darci una mano...
insieme alla Famiglia Salesiana.
30
Giugno 2015

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Il BOLLmlNO SALESIANO
si stampa nel mondo in
57 edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
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4.2 Page 32

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Insomma, perché Parliamo di fatti provati in
lungo e in largo da migliaia
di psicologi i quali hanno
la famiglia? accertatoilbisognoinnato
di amore di ogni neonato
umano. Bisogno che, per
essere soddisfatto, deve
avere questi caratteri:
essere costante,
personalizzato e totale.
Secondo noi, le ragioni di fon-
do che spiegano il perché
della famiglia, intesa come
nucleo di società umana for-
mata da un uomo e da una
donna che hanno intenzione
di perdurare nella loro unione e di
aver figli, le ragioni di fondo, diceva-
mo, sono due.
La prima è il fatto che l’uomo
ha un innato bisogno di ap-
partenenza.
Nessuno ama essere figlio di nessuno!
In altre parole, tutti nasciamo con il
bisogno di una qualche paternità e
maternità.
Un bisogno innato e così naturale per
cui al piccolo dell’uomo non interessa
tanto (si noti!) chi lo mette al mondo;
interessa chi si prende cura di lui!
Se i tre o quattro bambini che nascono
mentre state leggendo questa riga po-
tessero parlare, direbbero: “Non siamo
pietre: non ci basta esistere. Non sia-
mo piante: non ci basta respirare. Non
siamo bestie: non ci basta mangiare.
Siamo uomini: abbiamo bisogno che
qualcuno ci guardi: bisogno d’essere
fatti propri da qualcuno!”.
Ecco: siamo così fatti, d’aver tutti
bisogno di un secondo cuore. Chi lo
trova, vive; chi non lo trova, muore.
Non stiamo scrivendo sopra le righe.
Stiamo parlando di fatti provati in
lungo e in largo da mille psicologi i
quali hanno accertato al cento per
cento il bisogno innato di amore di
ogni neonato umano.
Bisogno che per essere soddisfatto
deve avere questi caratteri: essere co-
stante, personalizzato e totale.
Ebbene, solo un grembo familia-
re può dare al piccolo un amore con
questi tre connotati. Ci spiace che lo
spazio ci impedisca di provarlo nei
dettagli (l’abbiamo fatto altrove).
Ma, pur nella brevità, desideriamo
che si sappia che siamo proprio con-
vinti di ciò che diciamo, cioè che la
famiglia è l’istituzione ideale per sod-
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4.3 Page 33

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4.4 Page 34

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LA LINEA D'OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Nesasusneo bsatsetsaso
Diventare adulti significa imparare a
destreggiarsi tra le tante difficoltà della vita,
abituarsi a compiere scelte impegnative,
anche a costo di andare controcorrente,
apprendere la difficile arte di rimanere
fedeli a se stessi e ai propri valori.
Il cammino verso l’adultità è costellato di con-
quiste e cambiamenti. Diventare adulti signi-
fica imparare a destreggiarsi tra le tante dif-
ficoltà della vita, abituarsi a compiere scelte
impegnative, anche a costo di andare contro-
corrente, apprendere la difficile arte dello sta-
Abbiamo camminato sulle pietre incandescenti,
abbiamo risalito le cascate e le correnti,
abbiamo attraversato gli oceani e i continenti,
ci siamo abituati ai più grandi mutamenti,
siamo stati pesci e poi rettili e mammiferi,
abbiamo scoperto il fuoco e inventato i frigoriferi,
abbiamo imparato a nuotare, poi a correre
e poi a stare immobili...
Abbiamo confidenza con i demoni interiori,
sappiamo che al momento giusto poi saltano fuori,
ci sono delle macchine che sembrano un miracolo,
re “in bilico” tra una precarietà che impone con-
tinue metamorfosi e la capacità di rimanere fedeli
a se stessi e ai propri valori. La stessa prospettiva
del cambiamento, in precedenza vissuta con paura
e ansia da prestazione, comincia ad essere percepi-
ta come elemento connaturato all’esistenza, come
motore di crescita e maturazione progressiva,
come banco di prova per confrontarsi con l’oriz-
zonte del “possibile” e testare le proprie compe-
tenze esistenziali. Si sperimentano un’autonomia e
una possibilità di azione e trasformazione del reale
che portano con sé il riconoscimento della pro-
pria capacità di incidere efficacemente nel corso
della storia e di imprimere una certa direzione di
marcia alla propria biografia individuale. La con-
dizione adulta implica, inoltre, almeno in linea di
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Giugno 2015

4.5 Page 35

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principio, una più profonda conoscenza di se stes-
si, delle proprie risorse e dei propri limiti, la ca-
pacità di scavare a fondo nella propria interiorità,
imparando a gestire con maggiore consapevolezza
le proprie paure ed esitazioni.
«… e innamorarmi
ogni giorno di più»
Eppure aver conseguito il traguardo dell’adultità, o
comunque l’essersi incamminati costruttivamente
verso questo sentiero, non mette al riparo da quel
vuoto interiore che deriva dall’irrinunciabile biso-
gno degli altri, da quella voragine incolmabile che
si apre tra lo stomaco e la gola, proprio all’altezza
del cuore, ogni qualvolta si sperimenta la propria
intrinseca fragilità. Autonomia non significa, in-
fatti, “bastare a se stessi”, illudendosi di aver per-
seguito un’autosufficienza assoluta in grado di
“liberare” da ogni forma di vincolo e dipendenza.
La libertà autentica non comporta necessariamen-
te l’assenza di legami affettivi ed esistenziali, anzi
è proprio nel rapporto con l’altro e nella continua
tensione tra l’affermazione consapevole della pro-
pria soggettività e la capacità di condivisione che
essa si manifesta con maggiore pienezza.
Anche quando si è acquisita una matura padro-
nanza delle proprie possibilità e ci si riconosce,
per molti aspetti, unici artefici delle proprie scel-
te e del proprio futuro, è nella reciprocità che si
trova la ragione più profonda per andare avanti
nel cammino della vita, per dare senso e luce alla
propria quotidianità, per superare gli inevitabi-
li smarrimenti da cui nessuno è completamente
immune. Come il corpo non può fare a meno
dell’acqua e dell’aria per alimentare il proprio
soffio vitale, così non è concepibile un’esistenza
piena e realmente gratificante senza la presenza
luminosa, amorevole, sollecita, talvolta ingom-
brante e destabilizzante, ma comunque salvifica
degli altri. L’uomo non è fatto per stare da solo
e riconoscere la propria imprescindibile necessità
sappiamo come muoverci nel mondo dello spettacolo.
Eppure ho questo vuoto tra lo stomaco e la gola,
voragine incolmabile, tensione evolutiva,
nessuno si disseta ingoiando la saliva...
Ci vuole pioggia, vento e sangue nelle vene;
pioggia, vento e sangue nelle vene,
e sangue nelle vene,
e sangue nelle vene,
e sangue nelle vene,
e una ragione per vivere,
per sollevare le palpebre,
e non restare a compiangermi,
e innamorarmi ogni giorno, ogni ora,
ogni giorno, ogni ora di più,
di più, di più...
(Jovanotti, Tensione evolutiva, 2012)
degli altri non è sinonimo di debolezza o di resa,
bensì l’antidoto più efficace contro forme illuso-
rie di onnipotenza e di autoreferenzialità e, so-
prattutto, l’unica via per vivere appieno la propria
umanità, che costitutivamente si nutre di amore,
reciprocità e apertura verso l’altro.
Giugno 2015
35

4.6 Page 36

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
In margine all’Expo
L’amore dei salesiani per la terra
e le prime scuole agricole
Una pionieristica scuola
di agricoltura pratica
sul Rio Negro, in Patagonia
In una lettera al ministro della
Pubblica Istruzione dell’Argen-
tina il 25 maggio 1895 il missio-
nario salesiano don Alessandro
Stefenelli (1864-1952) proponeva
la fondazione d’una scuola d’agri-
coltura pratica nella colonia naziona-
le di General Roca sul Rio Negro, in
piena Patagonia. Dopo alcune consi-
derazioni incentivanti l’idea di questa
fondazione, l’intraprendente missio-
nario trentino spiegava i tre motivi
per cui non si potevano coltivare bene
i campi aridi attorno al fiume. Anzi-
tutto la difficoltà di costruire grandi
canali, specialmente nelle colonie dove
gli abitanti erano piccoli proprietari, e
dunque si richiedeva l’intervento go-
vernativo; poi il metodo di lavoro dei
coltivatori identico a quella dei loro pa-
dri che però coltivavano terreni irrigati
da frequenti piogge e da naturale umi-
dità; infine la mancanza di personale
idoneo, dato che gli immigrati stranie-
ri si spaventavano al solo nominare il
Rio Negro e la Patagonia e gli indigeni
maneggiavano malamente aratri pri-
mitivi e seminavano indifferentemente
legumi, cereali e altro senza apprez-
zare l’attitudine del terreno. Tracciate
poi due pagine circa le basi educative
della scuola che intendeva fondare,
chiedeva un contributo economico per
l’acquisto ed istallazione di determina-
ti macchinari.
Gli fu concesso e nel 1896, grazie alla
sua esperienza, caparbietà e visione di
sviluppo agricolo, sociale ed econo-
mico del territorio, la scuola salesiana
di agricoltura pratica S. José iniziava
Don Alessandro Stefenelli (1864-1952). Fu un
missionario coraggioso dotato di una chiara
visione per trasformare le terre patagoniche in
magnifiche aree produttive. A sinistra: La scuola
agricola da lui fondata a General Roca.
la sua vita e sarebbe rimasta nella sto-
ria un’impresa di assoluto valore tan-
to nella sua ideazione, progettazione,
non meno che nella sua realizzazione.
Non per nulla in sede parlamentare è
stata definita titanica la sola capacità
dimostrata da don Stefenelli di tra-
sportare un motore di 14 cavalli vapo-
re e una pompa in grado di sollevare
300 000 litri d’acqua all’ora (dal Rio
Negro), prima via mare e poi per 620
km di deserto, senza strade con il solo
supporto di buoi e cavalli.
Per oltre dieci anni la scuola salesia-
na produsse ortaggi, frutta, carciofi
36
Giugno 2015

4.7 Page 37

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La città di General Roca. La vecchia stazione
ferroviaria e il quartiere storico sono intitolati
a don Stefenelli.
e vino, allevò mucche e cavalli, fece
funzionare mulini. Gli allievi erano
numerosi ed annualmente usciva da
essa un buon numero di tecnici agrari
in grado di portare le conoscenze colà
acquisite in altre aree del grande pae-
se sudamericano. Grazie alle opere
irrigue e al lavoro di don Stefenelli,
l’alta valle del Rio Negro – il Nilo ar-
gentino come veniva talora chiamato
– divenne una zona produttivamente
interessante.
Purtroppo, quella che era una scuola
pioniera a livello nazionale nel cam-
po della formazione agricola e zoo-
tecnica venne nel 1912 praticamente
soppressa dal cambio di indirizzo
politico del paese e dalle pressioni
economico-politiche dei nuovi coloni.
La scuola fu infatti soppiantata dalla
stazione sperimentale di agricoltura
nell’ottobre 1913 per decreto del go-
verno nazionale, che però incontrò
difficoltà organizzative tali da ridursi
a richiamare don Stefenelli dopo il
primo decennio di vita.
Questi, avvilito e profondamente ram-
maricato, rientrò in patria, pago però
di aver compiuto fino in fondo la sua
missione di “civilizzare ed evangeliz-
zare” gli abitanti di quelle remote ter-
re patagoniche sognate da don Bosco.
Vent’anni dopo il governo argentino
ne riconobbe i meriti intitolandogli la
vecchia città di Roca e la stazione fer-
roviaria come “l’uomo che ha visto na-
scere questo pezzo di terra argentina e
le diede vita impiegando le sue energie
per promuovere il progresso”.
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Giugno 2015
37

4.8 Page 38

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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Coloro che ricevessero grazie o favori per
intercessione dei nostri beati, venerabili e servi di Dio,
sono pregati di segnalarlo a postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di giugno
preghiamo per la beatifica-
zione della venerabile Teresa
Valsé Pantellini, Figlia di
Maria Ausiliatrice.
Teresa nasce a Milano il 10 ottobre
1878. Appartiene ad una famiglia
molto ricca. Perso il papà in tenera
età, con la mamma e i fratelli si tra-
sferisce a Roma, dove matura una
vita spirituale profonda che le offre
uno stile di comportamento adeguato alla sua posizione sociale,
ma modellato su criteri decisamente evangelici. Sente la chiamata
alla vita di consacrazione e, superando duri ostacoli, dopo la morte
della mamma entra nell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. È
il 2 febbraio 1901. Teresa ha 22 anni. Nel momento della decisione
di diventare religiosa, aveva scritto al fratello Italo: “Ho deciso irre-
vocabilmente”. Atteggiamento mantenuto per sempre, insieme con
la scelta di “passare inosservata” che ha segnato tutta la sua esi-
stenza. Trascorre gran parte della vita religiosa a Roma Trastevere,
dedicandosi alle ragazze più povere del quartiere, alle piccole la-
vandaie delle case dei ricchi. Ha una salute precaria quando inizia a
lavorare in questo ambiente, ma non bada a sacrifici e non fa pesare
per nulla il suo passato. Sull’esempio di don Bosco, si immedesima
concretamente nella situazione di disagio delle giovani che le sono
affidate e cerca in tutti i modi di elevarne la cultura e affinarne lo
stile di vita. Ma un male inesorabile è in agguato e nel 1907 esplode
improvvisamente. A Torino conclude la sua vita il 3 settembre 1907.
Vien dichiarata Venerabile il 12 luglio 1982.
PREGHIERA
O Gesù, che hai detto di imparare da te,
mite e umile di cuore,
degnati di glorificare la Venerabile suor Teresa Valsé Pantellini,
tua sposa fedele e generosa apostola.
Concedi a noi le grazie che per sua intercessione ti domandiamo
e fa’ che possiamo imitare la sua fede e la sua carità
per amarti e lodarti in eterno.
Tu che vivi e regni con il Padre e lo Spirito Santo
nei secoli dei secoli. Amen.
Ringraziano
Don Costantino Vendrame
(Servo di Dio), permettimi di
darti del tu come a un mio fami-
liare perché ci sei sempre a casa
nostra. Non so come ringraziarti
per l’aiuto o meglio per la grazia
che mi hai dato. Sono stata tanto
ammalata in ospedale a Padova,
perché i medici del nostro terri-
torio ritenevano il mio male una
cosa abbastanza grave che non si
poteva curare nei nostri ospedali.
Non sarebbe stata una cosa così
grave di per sé, si parlava solo di
calcoli… ma, essendo stata io
operata anni prima di un tumore
allo stomaco, i medici a Padova
non decidevano di intervenire
perché l’intervento era difficile
e rischioso. Così sono andata
avanti due mesi, con febbre alta
e dolori; non riuscivo più a man-
giare, a camminare e sono stata
dimessa con 10 kg in meno di
peso e con tanti problemi; tutto
restava come prima. Ho sempre
pregato Dio che mi ha dato la
forza di superare questa prova e
pensavo tante volte a te… Come
avrai fatto in quegli anni senza
medicine ad alleviare le soffe-
renze di quelle persone povere a
cui hai dedicato la tua vita. Dopo
circa due mesi dalla mia dimis-
sione dall’ospedale, mio marito
e mio figlio, dopo aver contatta-
to un altro specialista decidono
di portarmi ancora a Padova.
Con tanta paura, ma con tanta
fiducia in Dio, nella “tua mano”
e anche nel medico ho subito
questo intervento. Dopo qualche
giorno sembrava che le cose non
andassero bene, ma piano piano
cominciavo a migliorare e dopo
20 giorni sono tornata a casa. In
questo tempo però, io sapevo che
altre persone oltre a me e ai miei,
pregavano per la mia guarigione!
Mai avrei pensato che così tan-
ta gente, addirittura nella messa
della mia parrocchia, avessero
chiesto la tua intercessione al
Signore per me. È stata una cosa
che mai avrei immaginato e tu hai
risposto con tanta grazia! Dopo
circa tre mesi dall’intervento ero
ritornata come prima, quando
stavo bene; mai avrei pensato
di riprendermi così presto e così
bene e considero questo una gra-
zia ottenuta per tua intercessione.
Ho 70 anni; purtroppo non ti ho
conosciuto personalmente, ma
in casa mia si è sempre parlato
di te e di quello che hai fatto in
missione pensandoti sempre
un SANTO. Grazie di tutto don
Costantino. Ti affido con tutto il
cuore la mia famiglia, mio marito,
mio figlio, mia nuora e i miei due
splendidi nipotini. Ti prego anche
di aiutare mio fratello ammalato
di Alzheimer e tutte quelle per-
sone che hanno pregato tanto per
me. Grazie per me SANTO DON
COSTANTINO.
Anna Maria De Marchi -
Colle Umberto (TV)
Nel luglio 2014 è diagnosticato
un cancro alla lingua a mia nipote
Sophie, di 21 anni, studente di
medicina a Parigi. Viene operata
d’urgenza, subisce una tracheo-
tomia, e poi la radioterapia. Non
poteva più alimentarsi: qualche
proteina diluita in uno yogurt
semi liquido. Facendo conosce-
re la mia disperazione al padre
Samson, nostro parroco, egli mi
consigliò di pregare e affidare il
caso al venerabile padre Au-
gusto Arribat. Da quel giorno
ogni mattino, pregando, io do-
mando al padre Arribat che la
sua intercessione ci ottenga la
grazia della guarigione di Sophie.
Ma ahimè, ella ha una caduta a
fine anno. Un gonfiore alla gola,
viene operata e l’esito è positi-
vo. Di nuovo radioterapia. È una
grande desolazione. È molto af-
faticata, ma porta avanti il suo
combattimento con un coraggio
estremo e io prego con perseve-
ranza. La sua gola è bruciata, non
può più deglutire, la sofferen-
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non firmate e senza
recapito. Su richiesta
si potrà omettere
l’indicazione del nome.
38
Giugno 2015

4.9 Page 39

▲back to top
za l’accompagna continuamente.
Con grande determinazione con-
tinua i suoi studi. Un giorno ven-
go a sapere che all’ultimo esame
effettuato, il risultato è negativo:
non c’è più il cancro. Grazie pa-
dre Arribat! Per tua intercessione
abbiamo ottenuto questa grande
grazia. Grazie a Dio. Che la Chie-
sa possa riconoscere pubblica-
mente la sua santità.
Josiane Bridoux - Hyeres - Francia
Per grazia ricevuta sono grata a
don Andrea Beltrami (vene-
rabile), che mi ha accompagna-
ta in un passo molto complicato e
difficile della mia vita.
Gambetti Gabriella - Molteno (LC)
Ringrazio san Giovanni Bosco
per la grazia ricevuta.
Marianna - Avezzano (AQ)
Il 20 gennaio 2015 mi spunta un
fortissimo dolore sotto il calca-
gno sinistro che non mi permette
di camminare. Si tratta della “spi-
na calcaneare”. Il medico afferma
che occorre plantare, terapie e
forse un intervento. Essendo il
mese di san Giovanni Bosco
comincio a pregarlo con fede e
fervore. Il 30 gennaio dopo aver
partecipato alla veglia in onore di
don Bosco, decido di fare la pro-
cessione al seguito della reliquia.
Inizio a camminare e con mia
grande sorpresa non sento più
alcun dolore. Procedo cantando e
pregando insieme a tutta la Fami-
glia Salesiana. A distanza di due
mesi non sento più alcun dolore.
Lella Foti - Catania
Ringrazio san Domenico Sa-
vio per la nascita, il 3 gennaio
2015, di Pietro, un nipotino tanto
atteso.
Nonna Maria - Ribera (AG)
Ho ricevuto grazia per interces-
sione di san Domenico Savio.
Sono sposata da quasi 4 anni.
Non riuscivo ad avere un figlio
dopo un aborto. Dopo aver co-
nosciuto e pregato san Domenico
Savio nell’ottobre del 2012 è ar-
rivata Maria Annachiara. Adesso
continuo a pregarlo per poter
dare una compagnia alla mia
bimba.
Angela Prestigiacomo
Con immensa gioia le preghie-
re indirizzate a san Domeni-
co Savio sono state accolte e
ascoltate e finalmente possiamo
stringere tra le braccia il nostro
piccolo Salvatore Domenico. Da
diverso tempo, con mio marito,
cercavamo di coronare il nostro
grande sogno, quello di ave-
re dei bambini. Purtroppo ogni
tentativo si risolveva allo stesso
modo… Dopo aver ricevuto l’a-
bitino che ho sempre tenuto con
me in ogni attimo, parto compre-
so, non ci siamo più sentiti soli,
ci sentivamo rassicurati e certi di
poter andare avanti.
(Motzo Graziella - Arborea)
Grazie di cuore san Domenico
Savio per non avermi mai ab-
bandonato durante i nove mesi di
gravidanza e per aver fatto senti-
re la tua presenza sempre anche
con un piccolo gesto. Grazie a Te
il 22 dicembre 2014 è nato il pic-
colo Domenico. Come segno di
devozione lo abbiamo battezzato
il 28 dicembre... a sei giorni dalla
sua nascita. Lo affido al Signore e
a Te caro san Domenico.
(Maria Letizia - Cosenza)
Vorremmo ringraziare san Do-
menico Savio che per la se-
conda volta ha esaudito le nostre
preghiere, donandoci la gioia
della nascita della nostra secon-
dogenita Maria Rosa Elisabetta
avvenuta il 22/07/2014… Chie-
diamo a san Domenico Savio e
a san Giovanni Bosco di vegliare
sempre sulla nostra famiglia, con
un occhio di riguardo agli amore-
voli nonni.
(Anna e Domenico Oggiono - Lecco)
Ho chiesto la grazia a san Do-
menico Savio circa un anno e
mezzo fa. Esattamente dopo un
paio di mesi sono rimasta incinta
ed ho affidato la mia bimba a san
Domenico. La bimba, nata il 3
febbraio 2014, si chiama Gloria.
(Monica Fara e Roberto Serra)
Ciao sono Giovanni! Ho 2 mesi
e 1/2 e sono un bel birbantello.
La mia mamma e il mio papà mi
aspettavano da tanto tempo, ed
ora finalmente grazie all’interces-
sione di san Domenico Savio
e di madre Nazarena Majone
possono stringermi tra le loro
braccia. Un grazie di cuore a san
Domenico Savio e alla mamma
più grande che ci sia, Maria.
(Rocco e Silvana, i miei genitori)
Alessandra e Carmelo ringrazia-
no per la nascita del loro primo-
genito Enoch per l’intercessione
di Maria Santissima e di san Do-
menico Savio, che hanno pro-
tetto mamma e bimbo dal conce-
pimento fino al parto complicato.
Don Pierluigi Cameroni
Come stelle nel cielo
Figure di santità in compagnia di don Bosco
(Elledici-Velar)
Don Pierluigi Cameroni, Postulatore generale, ha curato una significativa pubblicazione di 320 pa-
gine, Come stelle nel cielo. Figure di santità in compagnia di don Bosco, nella quale presenta 166
membri glorificati o candidati alla santità: 9 santi, 117 beati, 12 venerabili, 28 servi di Dio. Il criterio
seguito nella redazione del volume è stato il seguente: i santi e i beati sono quelli riportati nel
Calendario del Proprio liturgico salesiano; i venerabili e i servi di Dio sono tutti appartenenti a
qualche gruppo della Famiglia Salesiana, e il processo di beatificazione e canonizzazione è segui-
to dalla Postulazione Generale dei Salesiani di don Bosco.
Giugno 2015
39

4.10 Page 40

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La Fondazione DON
BOSCO NEL MONDO con
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realizzando progetti di
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professionale dei
bambini e dei ragazzi a rischio di
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40
Giugno 2015
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5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
ROBERTO GUARISE
DON LUCIANO BORELLO
Morto a Mestre (VE) il 25 marzo 2015, a 88 anni.
Don Luciano è andato alla casa
del Padre nel giorno in cui la
Chiesa celebra l’Annunciazione
del Signore, felice coincidenza
nella quale s’intrecciano la li-
turgia più solenne e più discre-
ta, l’annuncio più inaspettato e
continuamente sorprendente, la
pedagogia di un Dio che entra
nella storia dell’uomo per portar-
lo all’incontro con Lui. Liturgia,
annuncio/catechesi e pedagogia
sono i tratti che delineano l’esi-
stenza operosa di don Luciano.
Era nato nel 1927 a Mango, in
provincia di Cuneo, in una fami-
glia numerosa di cui faceva parte
anche un altro fratello salesiano,
don Francesco, morto recente-
mente in Bolivia.
Luciano conobbe i salesiani
nell’opera di Ivrea che frequentò
dal 1938 al 1943. Conserviamo
ancora la lettera scritta a mano
dai genitori Felice e Stefanina
Carelli del 12 settembre 1938:
facciamo personale ed esplici-
ta dichiarazione di permettere a
nostro figlio Luciano di entrare
nell’Istituto Missionario salesia-
no di Ivrea lasciandogli piena ed
assoluta libertà di seguire la sua
vocazione” accompagnata dalla
presentazione del parroco: “pare
possa dare buon affidamento”.
Dopo il noviziato a Novi Ligure
diventa salesiano il 12 settembre
del 1944. Entra a far parte della
comunità di Verona-Saval dal
1969 al 1979, in quell’anno si
trasferirà al “don Bosco” presso
il Centro Ispettoriale prima e all’I-
stituto poi.
È impressionante l’intensità di la-
voro che don Luciano ha portato
avanti nella sua vita. Ha abitato
diversi contesti e in tutti si è spe-
so alacremente, con passione e
creatività. Non è quasi possibile
nominare tutti i fronti che l’hanno
visto impegnato, ma se ne posso-
no citare i principali: si è occupa-
to innanzitutto di liturgia, è stato
impegnato all’LDC e nella diocesi
di Torino, contribuendo alla rice-
zione del Concilio nella pastorale
liturgica. È poi passato a tempo
pieno alla catechesi, collaboran-
do con la rivista “Catechesi” e
insegnando catechetica prima al
Saval, qui a Verona, fino al 1979,
e poi presso lo Studio teologico
“San Zeno”.
Fin dagli anni ’70 si è occupato
di insegnamento della religione,
producendo saggi e libri di testo
e fondando, con l’editrice Que-
riniana di Brescia, la rivista per
insegnanti di religione “Religione
e scuola” (ReS) e gli Spass (Sus-
sidi pastorali a schede).
Fu richiesto di questa collabo-
razione da padre Piergiordano
Cabra, Superiore dei Piamarti-
ni, che così ha scritto: «Quante
volte ci siamo incontrati per in-
numerevoli iniziative editoriali in
campo liturgico e di pedagogia
religiosa. Ho sempre ammirato
in lui la proiezione creativa verso
le nuove situazioni, la concretez-
za delle risposte, la straordinaria
capacità di lavoro, la preoccupa-
zione per la trasmissione della
fede alle nuove generazioni. E poi
il suo modo rude ed essenziale
di essere cristiano, prete e sale-
siano, allergico alla retorica, ma
rigoroso nei fatti. Un testimone di
fedeltà creativa nel difficile mo-
mento del primo post-concilio.
Non posso non pensare a lui con
riconoscenza per la collabora-
zione amichevole e generosa ed
esprimere alla Famiglia Salesiana
l’ammirazione per aver preparato
religiosi come don Borello, ca-
paci di leggere i segni dei tempi
e di dare risposte pertinenti”. Il
cardinale Bertone scrive: «Ricor-
do con ammirazione don Luciano
come apostolo della catechesi e
della nuova evangelizzazione sin
dalla collaborazione per un con-
vegno alla Mendola nel lontano
1959. Non ho mai cessato di se-
guire il suo appassionato lavoro,
lo affido al Signore per un grande
premio nel Paradiso salesiano».
Nel 1981 ha fondato a Verona il
Centro Pedagogico “Don Bosco”,
per supportare, attraverso la for-
mazione, lo sviluppo professio-
nale del personale delle opere sa-
lesiane; lo dirigerà per vent’anni.
Qui il primo impegno, che rimarrà
sempre anche il principale, sarà
costituito dalla formazione degli
insegnanti, non solo delle realtà
salesiane; piano piano, infatti, il
Centro pedagogico e don Lucia-
no, che ne era l’anima, divente-
ranno un riferimento importante
per la formazione dei docenti
anche di molte scuole statali.
Seguirà poi la formazione delle
figure strategiche della scuola, in
particolare dei dirigenti scolasti-
ci; curava la documentazione con
estrema attenzione, senza badare
a spese, con l’intento di intuire e
anticipare le esigenze dei territori
e di farvi intelligentemente fronte,
creando collaborazioni.
In una testimonianza un’inse-
gnante scrive: “Professionalmen-
te ci ha insegnato che l’impegno
esprime il rispetto verso gli altri;
che il rigore scientifico deve esse-
re alla base di ogni affermazione
o attività; che la correzione deve
essere sempre tesa al miglio-
ramento e all’incoraggiamento
e non alla critica fredda; che lo
studio deve essere costante, che
i deboli vanno rispettati e accolti,
che si ha l’obbligo di essere sem-
pre formatori disponibili”.
Accanto al lavoro al Centro ha
sempre mantenuto anche un
impegno pastorale, prima nella
parrocchia della Bassona, poi in
quella dello Spirito Santo.
Era innanzitutto un uomo di vi-
sione: lavorando con lui, sem-
brava sempre che fosse un po’
più avanti di dove uno sentiva di
poter arrivare, che vedesse più in
là. Così riusciva a tenere i colla-
boratori sempre in movimento, in
continua evoluzione.
Era un grande organizzatore; un
lavoratore instancabile a cui però
sapeva dare ritmo e disciplina;
un uomo deciso e aperto, capa-
ce di tessere alleanze tra mondi
che spesso non comunicavano
tra loro.
Ha lasciato in chi ha collaborato
con lui: “uno stimolo continuo
ad alimentare sempre pensieri
larghi, a coltivare un’etica del la-
voro e ad aprirsi agli altri, a strin-
gere relazioni amicali profonde, a
guardare le cose scoprendone il
lato umoristico e sorridendo”.
Giugno 2015
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
GLI ANNI FELICI DI STUDIO E PREGHIERA
Quando il giovane don Bosco si stabilì a pensione in casa
di Lucia Matta, a Chieri, si diede da fare in tutti i modi,
lavorando, per mantenersi agli studi. Cominciò, nel 1832,
il terzo anno di Grammatica e proseguì con le classi chia-
mate Umanità e Retorica, corrispondenti alle attuali terza
media e IV e V ginnasio. Si dimostrò un allievo dotato di
grande memoria e molto studioso, che amava approfon-
dire gli argomenti. Mentre frequentava questi corsi pre-
sentò ai Francescani la domanda di essere accettato nel
loro ordine, ma cambiò idea prima di andare in convento seguendo un misterioso sogno e i consigli di
don Giuseppe Cafasso. Fu così che decise di vestire l‘abito clericale entrando in XXX. Superò l’esame
richiesto a Torino e, nel 1837, iniziò lo studio di teologia, materia basilare per la formazione sacerdotale,
oltre la dogmatica (lo studio delle verità cristiane), la morale (la legge che il cristiano deve osservare),
la Sacra Scrittura e la storia ecclesiastica. Giovanni Bosco incontrò l’amico Luigi Comollo, nipote del
parroco di Cinzano, con il quale poté così ristabilire la forte amicizia di un tempo, ma quello stesso
anno, questo ragazzo, già debole fisicamente, si ammalò e
morì a soli 22 anni. Il clima di vita spirituale era fondamentale
per gli aspiranti sacerdoti e don Bosco si trovò subito a suo
agio nei momenti di preghiera: ogni mattino messa, medita-
zione e la terza parte del rosario; a mensa lettura edificante
e la confessione ogni quindici giorni o i sabati. La comu-
nione però si poteva ricevere soltanto la domenica o in altre
solennità. Invece lui, saltando la colazione, trovò il modo di
farla tutti i giorni. Don Bosco chiamava la Comunione «il più
efficace alimento della mia vocazione».
Definizioni
ORIZZONTALI. 1. Così è ciò che
non può essere rimandato - 12. La
Zanicchi dello spettacolo - 13. Li ha
tesi l’irritato - 14. La lingua di Catullo
- 15. Esempio in breve - 16. L’acido
desossiribonucleico (sigla) - 17. Arti-
colo plurale - 19. Minuscoli orifizi del
corpo umano - 20. La cella del tempio
greco - 23. Decima parte del chilo -
25. XXX - 27. Maghi senza agi -
28. Aggressiva, decisa - 30. Centro
Servizi Amministrativi (sigla) - 31. Gli
inizi di Onassis - 32. In mezzo alla
cenere - 33. Il movimento di anti-arte
fondato da Tristan Tzara - 34. Colpet-
to alla porta - 35. È opposto allo zenit
- 37. La Sacra può annullare i matri-
moni - 38. È padre dei principi - 39.
Scarto di lettere iniziali da una parola
- 41. Il Mario che cantava Lisa dagli
occhi blu - 43. Villa …, località cam-
pana in cui è sepolto Scipione l’Africa-
no - 45. Permette di pagare le bollette
tramite il proprio conto corrente.
VERTICALI. 1. Mancanza di me-
rito, di pregi - 2. Durante - 3. Una
Pamela soubrette - 4. Le iniz. di Via-
nello - 5. È scritto sui barili di greggio
- 6. Cambiano rivi in rivoli - 7. Raggi
usati per sterilizzare - 8. Non credono
in Dio - 9. Il monte più alto d’Europa
- 10. Incassata personalmente - 11.
Il più lungo fiume di Francia - 12. La
Miranda di Zazà - 15. Il Brian della
musica ambient - 18. Ex lavorato-
ri senza più stipendio né pensione a
causa di una discussa riforma - 21.
Ogni… latino! - 22. La legge di Dio
per gli islamici - 24. Il moto del mare
- 26. Prefisso che sta per sei - 29.
Art pianista di jazz - 31. Antico teatro
coperto destinato alla musica - 34. Il
Guglielmo prodigioso arciere - 35.
Il nome dell‘attore Marcorè - 36. At-
traversa Firenze - 37. Le ha pari il
preside - 40. Copricapo arabo - 42.
L’antico “sì” provenzale - 44. La fine
dei rinvii.
42
Giugno 2015

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Disegno di Fabrizio Zubani
Un bicchiere di latte
Un giorno, un povero ragazzo
che cercava di pagarsi gli
studi vendendo fazzolettini
di carta e altri oggettini di
poco valore ai passanti o
bussando di porta in porta,
si accorse di avere in tasca solo pochi
centesimi e di essere terribilmente
affamato.
Decise che avrebbe chiesto qualco-
sa da mangiare alla prossima casa.
Tuttavia si sentì mancare di coraggio
quando ad aprire la porta venne una
graziosa bambina dai grandi occhi
verdi.
Così, invece di cibo, chiese un bic-
chiere d’acqua.
La bambina si accorse della sua fame
e gli portò un grosso bicchiere di
latte.
Il ragazzo la ringraziò
calorosamente e poi chiese:
«Quanto le devo?»,
«Non mi deve niente»
rispose la bambina. «La
mamma dice che non si
deve niente per la genti-
lezza».
Lui replicò: «Allora grazie,
grazie con tutto il mio
cuore».
Appena Howard Kelly
lasciò quella casa, non si
sentiva meglio solo fisicamente, ma
la sua fede in Dio e nell’umanità
era cresciuta molto.
Era sul punto di rinunciare e
rassegnarsi a non studiare, ma quel
piccolo gesto gli aveva ridato la forza
e la volontà di continuare a lottare.
Molti anni dopo, quella stessa bam-
bina, ormai adulta, si ammalò grave-
mente. I dottori locali non sapevano
che fare. Alla fine la mandarono in
una grande città dove c’erano degli
specialisti in grado di curare quella
malattia così rara.
Il dottor Howard Kelly, una vera
celebrità nel campo, fu uno degli
invitati per il consulto.
Quando il profes-
sore udì il nome
della città da
cui proveniva
la donna, una
strana luce gli brillò negli occhi. Ac-
corse immediatamente nell’ospedale
e si fece indicare la camera dell’am-
malata.
La riconobbe immediatamente, e
non solo per gli occhi verdi. Subito
dopo si avviò verso la stanza dove
si teneva il consulto deciso a fare di
tutto per salvare la vita della donna.
Da quel momento dedicò tutto il
tempo possibile a quel caso. Dopo
una lunga e strenua lotta, la battaglia
fu vinta. Il professor Kelly chiese
all’ufficio amministrativo dell’ospe-
dale di passare a lui il conto finale
della spesa. Lo esaminò e poi scrisse
alcune parole in un angolo del foglio.
Il conto fu poi portato alla paziente.
La donna esitò ad aprir-
lo: era sicura che avrebbe
dovuto impegnare tutto il
resto della vita per pagare
quel conto certo salatissimo.
Alla fine con cautela lo
sbirciò, ma la sua attenzio-
ne fu subito attirata dalle
parole scritte a mano su un
lato del conto.
Lesse queste parole:
«Pagato totalmente con un
bicchiere di latte».
Ed era firmato: dottor
Howard Kelly.
«Chi darà anche solo
un bicchiere d’acqua
fresca, a uno di questi
piccoli perché è mio
discepolo, vi assicu-
ro che riceverà la sua
ricompensa».
(Vangelo di Matteo 10, 42)
Giugno 2015
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Il Messaggio
del Rettor Maggiore
Salesiani nel mondo
«Ricostruiremo tutto»
Don Bosco ad Haiti
La nostra Famiglia
VDB
Nel mondo
con un cuore salesiano
L’invitato
Don Georges Fattal
Il coraggio e la speranza
Le case
di don Bosco
Nave
Le vele del futuro
A tu per tu
Un “Angelo”
in missione
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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