Bollettino_Salesiano_201409

Bollettino_Salesiano_201409

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IL
SETTEMBRE
2014
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Salesiani
nel mondo
Liberia
Traguardi
Il miracolo
del Word
Media
Ministry
L'invitato
Monsignor
Ricardo Ezzati
FMA
Vidomegon
Le case di
don Bosco
Fossano
FATEMI CRESCERE!

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
Il cuor d’oro
(Traduzione di Deborah Contratto)
La storia
Nelle vicinanze dell’oratorio c’era una taverna, frequen-
tata in gran parte da gente di mal costume. Alcune di
queste persone decisero di disfarsi di don Bosco, met-
tendo in serio pericolo la sua vita (Memorie dell’Oratorio,
terza decade).
Nonostante il nome ricercato che portavo,
nascondevo tra le mie mura un’oscura
taverna; era sempre affollata da uomini
dallo sguardo cattivo e donne dalle
sconce posture. La mobilia si riduceva
a un paio di sedie, tutte traballanti.
Ero diventava il posto di raduno della feccia di
tutto il circondario. Di tanto in tanto, i quartini
di vino erano illuminati dalle lame dei coltelli.
Ricordo ancora molto bene quella notte d’in-
verno. Era tutto pronto per mandare in fumo le
speranze di un giovane prete che, a pochi isolati
di distanza, insegnava ai ragazzi poveri come
essere buoni cristiani e onesti cittadini. Questo
gruppo di malfattori, stanchi del fatto che i
giovani andassero a riposarsi all’ombra fresca e
pulita di don Bosco, decisero di segare l’albero.
Mi sembra ancora di vederli preparare il vino av-
velenato in quella bottiglia con tanto di etichetta
contrassegnata. Per poi pianificare come avreb-
bero ingannato la vittima: avrebbero chiamato
don Bosco per amministrare il sacramento della
confessione a un falso moribondo. Al suo arrivo
l’avrebbero obbligato a bere il vino avvelenato.
Alcuni iniziarono a uscire, in cerca della vittima.
Quando infine compresi le loro intenzioni, qual-
cosa dentro di me iniziò a ribellarsi. Le pareti
di cui ero composta erano intrise di malvagità e
c’era un buio tale che sembrava quasi non doves-
se mai sorgere il sole. Io nutrivo grande ammi-
razione per quei ragazzi lavoratori che, al posto
del mio buio, avevano scelto la luce dell’affetto e
dell’onestà di don Bosco.
Arrivò don Bosco e, dopo la finta confessione,
gli offrirono un bicchiere di vino. Don Bosco
rifiutò, ma quelli insistettero, prima con parole
forti, poi anche con gesti aggressivi. Come avrei
voluto urlargli che era in grave pericolo! I minuti
passavano e la resa dei conti stava arrivando.
Di scatto qualcuno si alzò, prendendo la botti-
glia di vino avvelenato. Riempì il bicchiere. Tutti
gli sguardi erano su di lui, su don Bosco. Prese
il bicchiere tra le mani e lo sollevò. Il cuore mi
batteva a mille e chiusi gli occhi per la grande
paura.
Quando li riaprì, erano tutti lì. C’erano anche
sei dei suoi giovani dell’Oratorio. Erano appena
arrivati e interruppero il grande silenzio che
nel frattempo era calato con la domanda: “Don
Bosco, sta bene, vero?”.
Vidi il bicchiere di vino, intatto, lì, su uno dei ta-
voli. Il cuore stava ancora battendo all’impazzata.
Se ne andarono tutti insieme, sorridenti, e mi
prese un senso d’invidia nei loro confronti. Come
mi sarebbe piaciuto andare via insieme a loro.
Perché, anche se sono sempre stata un’oscura
taverna, ho sempre sognato di dare onore al mio
bel nome: “Il cuore d’oro” e con don Bosco il mio
sogno si sarebbe di sicuro avverato.
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Settembre 2014

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IL
SETTEMBRE 2014
ANNO CXXXVIII
Numero 8
IL
SETTEMBRE
2014
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Salesiani
nel mondo
Liberia
Traguardi
Il miracolo
del Word
Media
Ministry
L'invitato
Monsignor
Ricardo Ezzati
FMA
Vidomegon
Le case di
don Bosco
Fossano
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
FATEMI CRESCERE!
In copertina : Il tenero seme è destinato a diventare un
tronco forte e robusto. Ricomincia la scuola, inizia l’anno
sociale per oratori e patronati, ricomincia il catechismo.
È il tempo prezioso della formazione della persona
(fotografia Shutterstock).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 EDITORIALE
6 SALESIANI NEL MONDO
Liberia
10 L'INVITATO
Cardinal Ezzati
6
13 ESPERIENZE
14 FINO AI CONFINI DEL MONDO
16 FMA
Vidomegon
18 INVITO A VALDOCCO
La basilica santuario
di Maria Ausiliatrice 3
23 QUANDO L'ANIMA SOGNA
24 LE CASE DI DON BOSCO
Fossano
28 TRAGUARDI
Il miracolo del
Word Media Ministry
16
32 COME DON BOSCO
34 LA LINEA D'OMBRA
36 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Una sgradita sorpresa
38 I NOSTRI SANTI
40 I NOSTRI LIBRI
28
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Nicola Ciarapica, Roberto
Desiderati, Ángel Fernández Artime,
Faustino Garcia, Cesare Lo Monaco,
Maria Antonietta Marchese,
Alessandra Mastrodonato,
Francesco Motto, Pino Pellegrino,
O. Pori Mecoi, Kevin Oteno Juma,
Lucio Reghellin, Salvatore Putzu,
Luigi Zonta, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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- Torino
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Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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EDITORIALE
DON ÁNGEL FERNÁNDEZ ARTIME
Il messaggio del Rettor Maggiore
Perché ogni giorno nel mondo
rinasca la bellezza
Da questa finestra che il Bollettino Salesiano
mi dà ogni mese, mi affaccio per salutare
i miei fratelli salesiani, tutti gli appartenenti
alla nostra famiglia allargata nel mondo,
e i tanti amici e amiche di don Bosco che gli
sono vicino e lo amano in molte case salesiane
Il pensiero centrale del mio messaggio questa
volta è il seguente: lo sguardo salesiano. La vi-
sione della vita, del mondo e dei giovani con gli
occhi di don Bosco è e deve essere sempre uno
sguardo di speranza, lo sguardo di chi crede nei
semi di bene e bontà che sono nel cuore di ogni
persona, di ogni giovane, di ogni padre e madre.
Per dimostrare con più forza quello che vi voglio
dire, e in chiaroscuro, desidero iniziare la mia ri-
flessione partendo da una di quelle pagine che si
trovano su internet, in diversi siti, che vengono
copiate e riprodotte molte volte. Questa pagina
descrive questo nostro tempo come un tempo pie-
no di contraddizioni e di paradossi.
Il testo si esprime così: Il paradosso del nostro tempo
nella storia è che abbiamo edifici sempre più alti, ma
moralità più basse, autostrade sempre più larghe, ma
orizzonti più ristretti.
Spendiamo di più, ma abbiamo meno, comperiamo
di più, ma godiamo meno. Abbiamo case più grandi
e famiglie più piccole, più comodità, ma meno tem-
po. Abbiamo più istruzione, ma meno buon senso,
più conoscenza, ma meno giudizio, più esperti, e an-
cor più problemi, più medicine, ma meno benessere.
Guidiamo troppo veloci, ci arrabbiamo troppo, fac-
ciamo le ore piccole, ci alziamo stanchi, vediamo trop-
pa TV, e preghiamo di rado.
Abbiamo moltiplicato le nostre proprietà, ma ridotto
i nostri valori.
Parliamo troppo, amiamo troppo poco e odiamo trop-
po spesso. Abbiamo imparato come guadagnarci da
vivere, ma non come vivere. Abbiamo aggiunto anni
alla vita, ma non vita agli anni.
Siamo andati e tornati dalla Luna, ma non riuscia-
mo ad attraversare la strada per incontrare un nuovo
vicino di casa.
Abbiamo conquistato lo spazio esterno, ma non lo
spazio interno.
Abbiamo creato cose più grandi, ma non migliori.
Abbiamo pulito l’aria, ma inquinato l’anima.
Pianifichiamo di più, ma realizziamo meno. Ab-
biamo imparato a sbrigarci, ma non ad aspettare.
Costruiamo computers più grandi per contenere più
informazioni, per produrre più copie che mai, ma
comunichiamo sempre meno. Questi sono i tempi del
fast food e della digestione lenta, grandi uomini e
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piccoli caratteri, ricchi profitti e povere relazioni.
Questi sono i tempi di due redditi e più divorzi, case
più belle ma famiglie distrutte».
Dove sembra che tutto
sia morto, da ogni parte
tornano ad apparire i
germogli della risurrezione
Con toni simili, questo testo continua a de-
scrivere i paradossi del nostro tempo. E devo am-
mettere che certamente alcuni di questi contra-
sti sono veri, ma ciò che voglio far risaltare in
modo evidente è che l’unico mondo che abbia-
mo qui sulla terra è proprio questo, non quello
immaginario che possiamo solo vagheggiare
con nostalgia.
Abbiamo solo questo in cui ci svegliamo ogni gior-
no, e l’atteggiamento più coraggioso, più serio e più
profondo di un cuore cristiano e salesiano è rivol-
gere occhi pieni di vera speranza su questa realtà
per scoprire tutti gli indizi di positività che vi sono
celati e trasformarli per quanto è possibile.
E questo è un vero comandamento per il nostro
cuore salesiano quando si tratta di educazione ed
evangelizzazione dei giovani.
Quando si tratta di loro, giovani e ragazze, il
fondamentale impegno è di lavorare, con tutto il
vigore della nostra fede, perché prevalga su tutto
il valore assoluto della persona e della sua inviola-
bilità, valore che è superiore a ogni bene materiale
e ad ogni struttura.
E questa forte convinzione, con il linguaggio di
oggi, ma con la medesima passione educativa che
mosse don Bosco, ci permette di guardare in modo
critico tutte le situazioni del nostro mondo che
sono eticamente inammissibili (come la corruzio-
ne, lo sfruttamento della persona, la violenza, la
frode, l’abuso) e decidere scelte personali e comu-
nitarie forti nei confronti di questi spietati mec-
canismi di manipolazione.
È naturale che davanti a queste realtà ci possiamo
sentire tante volte sopraffatti dalle tante negati-
vità, da quella parte di esistenza che ci disgusta,
ma come credenti non possiamo permettere che
si indebolisca la nostra speranza. Al contrario,
ancora più intensamente dobbiamo osare per an-
nunciare che questa è più che mai l’ora della vera
speranza! Ma non per questo chiudiamo gli occhi
davanti alle realtà ingiuste, bensì ci immergiamo
nella vita quotidiana, credendo fermamente che
possiamo contribuire a renderla migliore.
Questo è possibile grazie all’azione del Risorto
e alla presenza dello Spirito nella nostra Storia,
storia di luci ed ombre, ma mai al di fuori di Dio.
Papa Francesco, nel numero 276 della Evangelii
Gaudium dice esplicitamente: «Ci saranno molte
cose brutte, tuttavia il bene tende sempre a ritor-
nare a sbocciare ed a diffondersi. Ogni giorno nel
mondo rinasce la bellezza, che risuscita trasfor-
mata attraverso i drammi della storia».
Perché per noi, salesiani, educatori cristiani, ge-
nitori che credono nell’educazione, educare signi-
fica partecipare con amore alla crescita di ogni perso-
na, nella costruzione del suo futuro.
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SALESIANI NEL MONDO
NICOLA CIARAPICA
Traduzione di Marisa Patarino
Don Bosco nella
terra della libertà
Incontro con don Matthew Udoka della comunità di Monrovia
Vogliamo essere la bontà
di Dio tra i giovani della Liberia
che ha funestato la Liberia, ma anche per ragioni
di carattere socio-culturale ed economico, a ec-
cezione del grande e crescente numero di giovani
alla ricerca di un presente significativo che li aiuti
a costruire un futuro sereno.
Quanti suoi confratelli vivono
in questo Paese così poco
conosciuto in Italia e quante
opere gestite qui?
In questo momento, in Liberia ci sono due comu-
nità salesiane: la Comunità San Giuseppe nella
8th Street, in cui vivono quattro Confratelli e la
Comunità Beato Stefano Sandor Matadi, dove
vivono altri quattro Confratelli.
Due giovani
salesiani con don
Nicola Ciarapica,
direttore dell’opera
di Monrovia
Matadi.
Potrebbe descrivere brevemente
la situazione dei Salesiani
in Liberia?
I Salesiani sono in Liberia dal 1979. È il primo
Paese di lingua inglese dell’Africa Occidentale in
cui i Salesiani si siano stabiliti. Si sono verificati
ritardi nella crescita e nell’espansione delle Mis-
sioni Salesiane non solo a causa della guerra civile
Quali sono i problemi più gravi
che dovete affrontare?
La carenza dei beni di base, addirittura dei generi
alimentari, di infrastrutture e di spazi attrezzati
per educare il cuore, la mente e l’anima dei nu-
merosi giovani che non hanno un posto in cui
andare al di fuori della Comunità Don Bosco di
Matadi. Qui trovano aule, una sala per la musica,
una attrezzata per la danza, altre ancora per il di-
segno, un campo da calcio, computer, bagni, una
sala di ritrovo per i giovani.
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Quali prospettive vedete
e quali speranze nutrite?
La nostra speranza è riposta, come sempre, nella
Divina Provvidenza e in Maria Ausiliatrice, tra-
mite i benefattori.
Don Bosco potrebbe avere
un “volto liberiano”?
Don Bosco ha assunto “volti liberiani”: cinque
Salesiani della Liberia. Pochi. E il prossimo 23
agosto don Bosco avrà un nuovo figlio, un sacer-
dote della Liberia: il diacono Albert Gibson. I
giovani della Liberia amano don Bosco, per ciò
che può aiutarli a raggiungere e per gli uomini
e le donne che può aiutarli a diventare in Cristo.
Come sono i giovani liberiani?
I giovani costituiscono il 65% della popolazione
della Liberia. Molti di loro non hanno il privile-
gio di poter andare a scuola, di trovare un lavoro
degno di questo nome. Alcuni che hanno la pos-
sibilità di andare a scuola a volte la abbandonano
perché non riescono a pagare le tasse scolastiche e
ad affrontare altre spese necessarie.
I giovani sono preoccupati per il futuro... molti di
loro sono fiduciosi... anche quando le opportunità
sembrano molto limitate... Noi Salesiani abbiamo
ancora molto da fare e dobbiamo procedere in fret-
ta... prima che la speranza e i sogni dei giovani sva-
niscano... Adesso è il momento di agire!
Matadi è un’opera giovane!
Qual è la vostra missione?
Anche se Matadi è stata canonicamente eret-
ta come Comunità solo nel 1993, ha ospitato ex
bambini-soldato, ragazzi senza casa e ha cercato di
aiutarli a tornare insieme alle loro famiglie dopo
la guerra e a reintegrarsi nella società liberiana
del dopoguerra. Da allora, abbiamo tenuto diver-
si corsi di formazione finalizzati all’acquisizione
Un’aula della
casa salesiana
di Matadi.
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SALESIANI NEL MONDO
DON BOSCO HOMES
Il cortile: è sempre
il cuore di un’opera
salesiana, anche in
Liberia.
di varie competenze nell’ambito dell’artigianato,
della tessitura, con una proposta culturale riguar-
dante la danza, un laboratorio informatico, un
gruppo di disegno e arte, un’accademia di musica,
un gruppo di danza moderna, squadre di calcio,
squadre di basket, squadre di pallavolo, squadre
di calcetto, ecc.
In sostanza, a Matadi abbiamo un Oratorio -
Centro Giovanile, una scuola media superiore
riconosciuta dedicata a Maria Ausiliatrice e una
parrocchia.
Questa parrocchia è ormai attiva da quindici anni
e ha condotto molti giovani nella nostra scuola e
dal centro giovanile alla Fede.
Come vede la Chiesa in Liberia?
Quante diocesi sono presenti
nel Paese?
Sebbene i Missionari Cattolici siano venuti qui
già nel 1860, la Chiesa in Liberia è ancora in una
fase di crescita e c’è molto da fare per la diffusione
della fede cattolica, cioè per quanto riguarda la
catechesi e nuova evangelizzazione, la pastorale
giovanile, la pastorale familiare (molte famiglie
sono fragili e risentono ancora delle ferite della
guerra; si stanno riprendendo dalle brutalità psi-
L’opera “Don Bosco Homes” è stata fondata l’8 luglio 1993,
durante la guerra civile, per cercare di dare una risposta
alle necessità dei bambini e dei giovani della Liberia che
si trovano in situazioni di difficoltà. All’inizio, la struttura
si proponeva la finalità di offrire un rifugio ai ragazzi senza
fissa dimora.
I responsabili della Casa compresero presto che si pre-
sentavano altre necessità: rintracciare le famiglie dei
ragazzi e aiutarle a riunirsi, fornire cibo e cure mediche,
offrire formazione e istruzione, un aiuto specifico a chi
aveva subito traumi, un supporto legale per i giovani che
avevano problemi con la legge e un aiuto per imparare a
vivere nella legalità.
Aiuto ai giovani in situazione di bisogno nelle varie
comunità: I nostri operatori sociali visitano varie comunità
per favorire il sorgere della consapevolezza in merito ai di-
ritti e alla protezione dei bambini, impegnandosi a contattare
le persone di riferimento. Il lavoro svolto in collaborazione
con le comunità permette loro di creare gruppi di responsa-
bili all’interno di squadre di calcio, scuole, posti di polizia e
altre istituzioni che lavorano con i giovani.
Aiuto ai giovani senza fissa dimora in situazione
di necessità: Gli operatori del “Don Bosco Homes” che
operano nel sociale lavorano ogni giorno nelle strade, stabi-
lendo contatti con i bambini e i giovani senza fissa dimora,
sulle spiagge, nei mercati, recandosi nelle stazioni di polizia
per patrocinare i giovani. Le strutture deputate all’accoglien-
za delle “Don Bosco Homes” sono aperte giorno e notte per
offrire ai ragazzi istruzione, aiuto, vitto e alloggio.
cosociali e dalle conseguenze della guerra civile),
l’animazione vocazionale, l’uso dei mass media
nel contesto sociale.
In Liberia ci sono tre diocesi con circa 60 sa-
cerdoti, al servizio di circa un milione di perso-
ne su una popolazione globale di 3,7 milioni di
Liberiani: l’arcidiocesi di Monrovia, la diocesi
di Gbarnga e la diocesi di Cape Palmas, Ma-
ryland.
Può dirci qualcosa in merito
alla sua vocazione?
Volevo comprendere che cosa Dio avesse da of-
frirmi rispetto a tutto ciò che il mondo affermava
di proporre e ho capito che Dio era più ricco e
generoso anche nei confronti di un bambino che
non aveva nulla da offrirgli. E ho capito che le
persone più vicine a Dio erano le più “ricche”, e
dunque le più generose.
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Servizi di promozione sociale: Attività di supporto, cure medi-
che presso le nostre cliniche e i nostri ospedali di riferimento, istru-
zione superiore (sostegno e pagamento delle spese), “Savio Transit
Home”, una casa in cui vengono ospitati ragazzi in situazione di
necessità finché le condizioni permettano il loro ritorno in famiglia,
aiuto per rintracciare le famiglie e favorirne la riaggregazione.
Progetti di formazione: Sono stati avviati programmi di for-
mazione per aiutare i giovani che ne beneficiano a entrare nel
mondo del lavoro. “Don Bosco Homes” ha elaborato progetti di
formazione nei centri di Grand Basa, Grand Gedeh, Nimba, Mar-
gibi e Montserrado. I programmi sono destinati esclusivamente a
giovani di ambo i sessi che si trovano in situazioni di difficoltà a
livello socio-economico. Gli ambiti della formazione riguardano
l’agricoltura, la pasticceria, taglio e cucito, l’attività di parruc-
chiere, la produzione del sapone, l’acquisizione delle competenze
necessarie a svolgere le professioni di muratore, idraulico, car-
rozziere, falegname specializzato nella realizzazione di mobili in
bambù, la ceramica, la pittura, il ricamo, l’avvio di piccole impre-
se e l’alfabetizzazione.
Attività di recupero e reinserimento per i bambini-solda-
to: Nel corso della prima operazione di disarmo avviata negli anni
1996/97, “Don Bosco Homes” si è impegnata attivamente nella zona.
Il 2 dicembre 2003, durante l’ultimo programma di disarmo, “Don
Bosco Homes” è stata ancora presente a fianco dei bambini-soldato.
Abbiamo accolto bambini che avevano vissuto questa esperienza,
li abbiamo ospitati in centri di assistenza provvisori e li abbiamo
preparati a tornare ad abitare con i loro genitori. Abbiamo aperto
case destinate all’ospitalità di questi ragazzi a Monrovia, Buchanan
e Tubmanburg.
A partire dal 7 dicembre, abbiamo lavorato al servizio di oltre 1000
ex bambini-soldato. Siamo ora impegnati nella fase di recupero e
reintegrazione.
Perché ha deciso
di diventare salesiano?
Amavo don Bosco e per questo sono diventato
salesiano. Sarei potuto diventare vincenziano,
redentorista, sacerdote diocesano, perché avevo
amici che facevano parte di tutte queste fami-
glie religiose, ma don Bosco ha conquistato il
mio cuore con la sua predilezione per i giovani
poveri e in situazioni di difficoltà, che di fatto
costituiscono la speranza di ogni generazione.
Dopo aver frequentato la scuola superiore, non
intravedevo alcuna carriera. Volevo conoscere il
carisma di don Bosco.
Qual è il sogno dei Salesiani
che lavorano in Liberia?
Essere don Bosco per i tanti giovani che cerca-
no una strada, una guida, consolazione, felicità,
amore, vita... Far vivere Dio in Liberia.
Il suo lavoro le presenta
sfide difficili da affrontare?
A volte questo accade, soprattutto quando tendo
a dimenticare l’insondabile Provvidenza Divina
della quale don Bosco parlò tanto.
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L’INVITATO
O. PORI MECOI
L’ultimo cardinale salesiano
Monsignor Ricardo Ezzati
Arcivescovo di Santiago del Cile
«Santiago, dopo Val-
divia e l’archidioce-
si di Concepción è
la terza diocesi che
mi viene affidata. È
la capitale del pae-
se, dove si vive l’effervescenza della
vita nazionale. Un territorio abitato
da più di sei milioni di abitanti, cioè
un terzo della popolazione nazionale,
di cui un 70% si dichiara cattolico.
Una sfida enorme per la società civile
e anche per la Chiesa che ha accompa-
gnato e continua ad accompagnare, da
vicino, le diverse vicende storiche del
popolo cileno, come “voce di chi non
ha voce”, come promotrice di giustizia
e solidarietà, come collaboratrice in
tanti progetti di sviluppo inte-
grale, specialmente dei più
poveri. Oggi, in sintonia
con ciò che succede nel
Continente la-
tinoamericano, sperimenta gli effetti
di un cambio epocale, in tanti aspetti
positivi, ma che, come ha visto la V
Conferenza dell’Episcopato Latino-
americano, rischia di vedere sgretolarsi
la sua identità più profonda»
Quando ha saputo di essere
stato eletto vescovo?
Sono stato eletto vescovo della Dio-
cesi di Valdivia, una bella cittadina
al Sud del Cile, il 28 giugno 1996 da
papa Giovanni Paolo II. Da cinque
anni, la mia comunità era la Casa Ge-
neralizia Salesiana di Via della Pisana
dove collaboravo con il Consigliere
della formazione e lavoravo alla Con-
gregazione per la Vita Consacrata e le
Società di Vita Apostolica del Vatica-
no. Quando presentai al Santo Padre
alcune difficoltà, offrendomi una cro-
ce pettorale che gli era stata regalata
poco prima mi disse con bontà, “lo
l’accompagno a Valdivia”. Che cosa
avrei potuto replicare?
10
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Il cardinale Ezzati durante un “colorato”
offertorio di una Messa a Santiago del Cile.

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Quanti anni aveva
e quale incarico nella
Congregazione Salesiana?
Avevo compiuto 54 anni. Nella vita
salesiana avevo svolto missioni edu-
cative pastorali, per un anno come
responsabile della pastorale gio-
vanile nella nostra scuola di Val-
divia, poi come direttore dell’o-
pera salesiana di Concepción
(la prima fondata in Cile), come
direttore della comunità forma-
tiva di studenti di filosofia e teo-
logia, come ispettore della Congre-
gazione in Cile e finalmente nell’ob-
bedienza che don Viganò mi assegnò
in Vaticano.
Qual è la storia
della sua vocazione?
Devo dire che ho sperimentato e con-
tinuo a sperimentare che la vocazione
è un mistero di elezione che continua
a sbalordirmi. Ma ciò che è essenziale
è fidarsi del Signore. Il nido che Lui
ci prepara è infinitamente migliore
a quello che noi stessi sogniamo. È
questione di fidarsi.
Ho conosciuto don Bosco per mez-
zo di un salesiano nato al mio pae-
se e poi attraverso un compagno che
mi ha convinto a seguirlo. Da allora,
don Bosco mi ha conquistato. Nel
seno della sua famiglia ho imparato
ad ascoltare la voce di Gesù che chia-
ma. I salesiani mi hanno insegnato
ad amarlo, a seguirlo e a scoprire la
bellezza di consacrare la vita per l’av-
vento del Suo Regno. Dopo l’aspi-
rantato, ho fatto richiesta di entra-
re nella Congregazione. Posso dire,
come don Bosco promise al primo
salesiano cileno, don Cornilo Ortùzar
Montt, anch’io ho trovato “pane, la-
voro e paradiso”.
Quali sono i ricordi più belli
della sua infanzia?
Sono nato in un piccolo paese del
Basso Vicentino, chiamato Campi-
glia dei Berici. La famiglia, semplice,
ma ricca di tanti valori, mi ha offerto
l’ambiente ideale per crescere umana-
mente e cristianamente. Nel seno del-
la vita di famiglia non sono mancate
le prove, come la morte di mio padre
e le sfide dell’immediato post guer-
ra, ma l’unione familiare e il ruolo di
una mamma esemplare non sono mai
mancati. Sono molto grato dell’espe-
rienza vissuta in parrocchia alla quale
mi sono sentito sempre molto legato
e anche allo spirito paesano di soli-
darietà e imprenditorialità nel lavoro.
Perché è partito
proprio per il Cile?
È una domanda che spesso e molti
mi rivolgono. Allora alzo gli occhi al
cielo come per dire che non ho una
risposta, ma che sì la risposta esiste.
Umanamente una coraggiosa e
fiduciosa prassi della Congrega-
zione che ha permesso che molti
salesiani si inculturassero nella
vita dei popoli che avrebbero ser-
vito come religiosi o sacerdoti. Ne
ho conosciuti tanti e tanto bene-
meriti; per me un provvidenziale
progetto del Signore il cui protago-
nismo è tutto suo.
Che cosa significa
la presenza dei Salesiani
in questa parte del Cile?
I Salesiani sono presenti in Cile fin
dal 1887, e a Santiago dall’anno dopo.
In questi 127 anni, dall’estremo nord
al profondo sud hanno seminato tan-
to bene. Figure di missionari come
monsignor Fagnano, don De Agostini,
don Berrutti o don Egidio Viganò per
ricordarne alcuni, o di salesiani cileni
come il cardinale Silva e tanti altri han-
no dato alla Congregazione salesiana
un volto concreto di servizio evangelico
all’educazione dei giovani, alla promo-
zione umana del popolo e allo sviluppo
della civiltà dell’amore. Oggi, a Santia-
go, operano ben undici presenze sale-
siane e altrettante delle Figlie di Maria
Ausiliatrice. Non posso dimenticare le
Volontarie di don Bosco e altri gruppi
della Famiglia Salesiana.
È possibile dare un volto
cileno a don Bosco?
Credo che don Bosco abbia già un
volto cileno. È un volto riconosciuto
ed amato. Abbiamo la sfida di man-
tenerlo sempre giovane, attento alle
chiamate sempre nuove dei giovani di
oggi.
Settembre 2014
11

2.2 Page 12

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L’INVITATO
Quali sono le necessità
più urgenti del Cile?
Il Cile sta camminando a grandi pas-
si verso una nazione sviluppata. Sono
evidenti i grandissimi sviluppi in cam-
po economico, educativo scolastico, di
diritti sociali, ma allo stesso tempo, tra
le altre, deve affrontare le gravi disu-
guaglianze, che noi vescovi abbiamo
definito “scandalose”, il consolidamen-
to dell’impegno di una vita degna per
tutti, l’offerta di un futuro credibile
per i giovani, l’impegno ecologico ecc.
Quali sono le sfide più
rilevanti della sua diocesi?
Certamente quelle che concernono l’i-
dentità e la missione della Chiesa, cioè
l’annuncio del Vangelo; le periferie so-
ciali e culturali alle quali il messaggio
di vita di Cristo non è ancora arrivato;
l’inculturazione del Vangelo nella nuo-
va cultura, specialmente in quella gio-
vanile; la solidarietà e il servizio ai più
poveri. Stiamo portando alla pratica
gli orientamenti di Aparecida, con la
“missione territoriale” impegno di tutte
le comunità cristiane della Diocesi.
Come sono i giovani?
Prima di tutto devo dire che sono
tanti; che ogni giorno ci sfidano ad
essere autentici, che sono una del-
le “periferie” a cui dobbiamo essere
presenti con particolare attenzione e
comprensione, che a volte si sento-
no delusi dalla testimonianza della
Chiesa, ma che quando trovano il Si-
gnore, sentono una grande fiducia in
Lui. Credo che la parabola del Buon
Samaritano, che vede, si commuove,
e scende per curare sia anche la me-
todologia pastorale da privilegiare nei
loro confronti.
È forte la sfida delle sette?
Sì, e non solo per noi cattolici. In que-
sti anni, però, abbiamo fatto strada
con le comunità evangeliche di mag-
giore e fattiva comunione, un argine
importante alle sette.
Come vede il futuro
della Chiesa in Cile?
Nella sua storia, anche la Chiesa che
è in Cile ha affrontato sfide notevoli
per essere fedele a Gesù Cristo. An-
che oggi affronta nuove sfide e sarà
così anche domani. Sappiamo però,
che il Risorto le ha donato il Suo Spi-
rito e che Lui le sarà presente tutti i
giorni fino alla fine del mondo.
Ha qualche progetto
che le sta particolarmente
a cuore?
Sono tanti. Ne enumero tre. Al pri-
mo posto, una chiesa sinodale e sin-
fonica, sotto la guida dello Spirito,
nella quale tutte le vocazioni sia-
no accolte e valorizzate e tutte siano
coinvolte ad essere segno e strumen-
to del progetto di vita voluto dal
Padre. Poi, le vocazioni sacerdotali,
necessarie per la vita delle comu-
nità cristiane. A Santiago ci sono
parrocchie con centomila abitanti e
un solo sacerdote. Infine, i giovani,
la loro consistenza umana e cristia-
na e il loro inserimento nella vita e
missione della Chiesa.
12
Settembre 2014
La solenne entrata di monsignor Ezzati
a Santiago del Cile.

2.3 Page 13

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ESPERIENZE
KEVIN OTIENO JUMA
Dal Don Bosco Eastern Africa, traduzione di Marisa Patarino
The don Bosco touch
Quanti milioni di vite cambia il “tocco di don Bosco”?
Vivo in Kenia e sono il pri-
mogenito di una famiglia di
cinque figli. Ho un fratello
e tre sorelle. Quando ero
piccolo vivevo con i miei ge-
nitori. All’epoca mio padre
lavorava e guadagnava abbastanza
per mantenere la nostra famiglia. La
vita era bella. Quando frequentavo la
seconda elementare mio padre perse
il lavoro perché l’azienda in cui lavo-
rava cessò l’attività. Mio padre non
si diede mai per vinto. Trovò un al-
tro lavoro, che però garantiva solo lo
stretto necessario alla nostra famiglia.
Con il denaro del trattamento di fine
rapporto che ricevette dall’azienda in
cui aveva lavorato decise di costruire
una casa per noi. Realizzò una bella
“mabati”, una casetta con il tetto
in lamiera vicino a dove già
abitavamo, con il pavimento
ben cementato.
Appena due settima-
ne dopo la costruzione
di questa umile casa,
dato che il lavoro di
mio padre non era sicu-
ro e ben remunerato dovetti
abbandonare la scuola. Mio padre
avrebbe avuto difficoltà a pagare le
tasse scolastiche come aveva fatto in
passato e la nostra famiglia dovette
adattarsi a questa nuova situazio-
ne. Un mese dopo che avevo smes-
so di frequentare la scuola si verificò
un evento terribile, che traumatizzò
la nostra famiglia. Una notte in una
casa vicina alla nostra divampò un
incendio, che si diffuse nelle abitazio-
ni vicine, tra cui la nostra. Riuscim-
mo a salvare solo le nostre vite. Mio
padre riuscì a ricuperare dalla casa in
fiamme solo una scatola che contene-
va documenti importanti della nostra
famiglia, come i certificati di nascita.
Non avevamo più un posto che potes-
simo chiamare “casa” e non ci era ri-
masto nulla. Eravamo quasi disperati,
ma mia madre fu così forte da inco-
raggiare mio padre a ricominciare e ad
andare avanti.
I miei genitori
decisero di
affidare i figli separatamente a vari fa-
migliari. Io fui accolto da mia nonna,
che all’epoca viveva a Nairobi.
Il Don Bosco Boys
Il 23 maggio 1995 ebbi la fortuna di
di far parte del gruppo di dieci bam-
bini che un sacerdote venne a prende-
re nel campo in cui mi trovavo. Arri-
vai così al “Don Bosco Boys (Ragazzi
Don Bosco)”, un centro di accoglien-
za per bambini bisognosi. Nel 2006
conseguii il diploma di scuola media.
Nel luglio 2007 ebbi la fortuna di
trovare un lavoro: mi fu affidato l’in-
carico di assistente nell’ambito del
programma “Don Bosco Life choices
(Scelte di vita)”, che proponeva per-
corsi di educazione a stili di vita re-
sponsabili nelle scuole. Lavorai là per
tre anni e nel luglio 2010 mi iscrissi
all’Università Cattolica dell’Africa
Orientale.
Mi sono laureato a pieni voti nel mese
di ottobre del 2013.
Con l’aiuto del centro “Bosco Boys”
mi è stato così permesso di diven-
tare un giovane cristiano rea-
lizzato, con una professione.
Non vedo l’ora di ricambiare
l’aiuto che ho ricevuto of-
frendo il mio contributo alla
società, nell’ambito del lavoro
che sto cercando.
Settembre 2014
13

2.4 Page 14

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
GUATEMALA
Storie di
Volontariato:
“un privilegio
e un onore
dedicarmi
a loro”
(ANS - San Benito)
– “In ogni abbraccio,
carezza, lacrima che
condivido con queste
persone, io incontro
Cristo. È un privilegio
e un onore dedicar-
mi a loro!”. È questo
lo spirito con cui
Emanuela, giovane
dottoressa, parte del
Movimento Giovanile
Salesiano, ha com-
piuto quest’estate un
mese di volontariato
nella missione sale-
siana di San Benito.
Sin dall’inizio è stata
colpita dalla bellezza
del posto, l’ospitalità
della gente e il loro rapporto quotidiano con
Dio; ma ha visto anche la povertà estrema,
la delinquenza diffusissima, la condizione
d’inferiorità delle donne e il fatalismo verso
le avversità, che porta ad accettare anche la
morte evitabilissima dei malati e dei bambini
che non ricevono cure adeguate. In questo
contesto Emanuela ha potuto apprezzare
il servizio della Chiesa e in particolare dei
Salesiani, presenti con opere enormi, pur se
minuscole rispetto ai bisogni: “In Italia ci
lamentiamo che non abbiamo sacerdoti, ma
in Guatemala molti si devono accontentare di
una messa l’anno”.
INDIA
Un aiuto allo
sviluppo sociale
ed economico
delle donne
indigene
(ANS - Chintapalli) – A
fine Giugno a Chintapalli,
in India, i Salesiani hanno
avviato un’iniziativa di
sostegno allo sviluppo
sociale ed economico
delle donne indigene
che abitano i villaggi
circostanti. A circa 500 di
esse sono stati presentati
l’importanza del risparmio,
come risparmiare denaro
e quali sono i benefici di
un simile comportamento.
Contestualmente è stata
anche istituita una locale
Cooperativa di Mutuo
Soccorso e Società di Cre-
dito e Risparmio. Non è
questa un’iniziativa isolata:
i Salesiani di quell’area,
nell’Ispettoria di Hydera-
bad, hanno intrapreso già
da tempo un programma
per la promozione di
Società Cooperative di
Mutuo Soccorso, che
attualmente beneficia circa
16mila donne indigene.
TUNISIA
Storie di
Volontariato:
“il linguaggio
del cuore
che supera
ogni difficoltà”
(ANS - Manouba) – Nei mesi scorsi alcuni
giovani siciliani sono partiti alla volta di
Manouba, in Tunisia, per prestare servizio
presso l’opera salesiana. Racconta Claudia:
“Sono state due settimane piene, stancanti sì,
ma cariche di emozioni… Arrivata con un
po’ di paura, stanca per il viaggio, spaesata
dal primo impatto con la città e la lingua, è
bastato incontrare i ragazzi perché tutto sva-
nisse… Accoglienza e familiarità immediata,
linguaggio del cuore che supera ogni difficol-
tà. La prima settimana siamo stati impegnati
con circa 40 ragazzi dell’oratorio, con cui
abbiamo condiviso gli allenamenti sportivi,
il pranzo, i giochi, le risate e la voglia di non
far finire i pomeriggi. La seconda settimana
abbiamo iniziato il nostro impegno con i
quasi 700 alunni che ogni giorno affollano
le aule scolastiche. Speciali i momenti di
preghiera condivisi: semplici e intensi, ci da-
vano la carica e l’entusiasmo per affrontare le
lunghe giornate. Salutando i ragazzi, a tutti
ho detto: a bientôn, cioè a presto”.
14
Settembre 2014

2.5 Page 15

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PERÙ
Storie di
Volontariato:
“Dove la
ricchezza
è gioia”
(ANS - Lares) – “Vivere con i bambini
tra le montagne è stata un’esperienza che
mi ha rivelato una nuova conoscenza sul
mondo e sulla vita umana”. È la testimo-
nianza di Zuzan, volontaria slovacca tra le
montagne del Perù. Che prosegue: “I criteri
di ricchezza europei o dei paesi del nord
del mondo sono particolarmente legati al
denaro”. Invece a Lares, a 3222 s.l.m., dove
Zuzan ha trascorso 3 mesi, c’è una ricchez-
za diversa.
La ragazza ripensa spesso ai piccoli che
ogni Domenica lasciavano le proprie case
per restare una settimana presso la scuola
salesiana. “Chiudendo gli occhi vedo le loro
testoline con i capelli neri, gli occhi pieni
di gioia, le guance arrossate dal vento, il
freddo e il sole delle montagne; vedo sorrisi
e colori. E mi sento felice. No, quei bambini
non sono poveri. Sanno ridere, sanno amare
e aiutarsi a vicenda. Sono umili, hanno
molti talenti e voglia di imparare. E inoltre,
sanno rendere grazie a Dio e alla gente, e
vivere insieme con rispetto, come in una
famiglia”.
UGANDA
Donare un libro,
aprire nuove
opportunità
(ANS - Kampala) – Grazie
ad una donazione e al coor-
dinamento della Procura
Missionaria Salesiana di
New Rochelle, la scuola
“Don Bosco Children
and Life Mission”, di
Kampala, Uganda, e altre
3 scuole, di vari livelli,
del paese, hanno ora dei
nuovi libri di testo. Ai 4
istituti, che accolgono
bambini vulnerabili e
cercano specificatamen-
te di rompere il ciclo
della povertà attraverso
l’offerta di opportunità
educative, sono giunte
complessivamente 550
scatole di libri, riguar-
danti una gran varietà di
materie, tra cui Geografia,
Scienza e Musica. “Un
nuovo libro nelle mani di
uno studente gli apre le
opportunità disponibili
attraverso l’educazione –
dichiara don Mark Hyde,
Direttore della Procura
Missionaria Salesiana di
New Rochelle.
ISOLE SALOMONE
Storie di
Volontariato:
chiamata
a servire, per
libera scelta
(ANS - Henderson) – Pollyann Lepping è
una giovane delle Isole Salomone, che, pur
cresciuta amorevolmente dalla famiglia, è
stata a lungo insofferente, desiderosa di vive-
re senza regole. Finché non si è sentita chia-
mata a servire. Nella scorsa primavera ha aiu-
tato le popolazioni vittime delle inondazioni,
poi ha iniziato un trimestre di volontariato
presso il Don Bosco Technical Institute di
Henderson, tenendo laboratori di Disegno,
Matematica e Informatica. “All’inizio è stato
difficile, perché non sono ben preparata; ma
i Salesiani mi hanno incoraggiato con parole
di speranza. Mi è mancata la famiglia, ma
non mi sono sentita sola, perché la famiglia
di don Bosco è ora la mia, e la scuola sale-
siana di Henderson è la mia casa lontano da
casa!”. A volte Pollyann sente la tentazione di
tornare al passato, ma sa che ora la sua vita
ha una direzione e i giovani la vedono come
un modello. “Mi rendo conto che la vita vale
la pena, perché mi ha offerto una possibilità
e io posso scegliere liberamente” conclude.
Settembre 2014
15

2.6 Page 16

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FMA
MARIA ANTONIETTA MARCHESE - FMA
Vidomegon
In Benin lo sfruttamento minorile ha ragioni socio-culturali,
economiche e geografiche ed è generalmente associato
al fenomeno chiamato “Vidomegon”.
Questo nome deriva da una pratica sociale dell’età coloniale,
dove le famiglie povere usavano mandare i loro figli presso le
famiglie più agiate al fine di garantire loro maggiori opportunità
di istruzione e una vita migliore.
Oggi, il fenomeno è degenerato e molti bambini, soprattutto
le bambine, vengono sradicate dalle loro famiglie sempre povere e
portate nelle città del Benin o all’estero (Nigeria, Gabon soprattutto)
ove sono sfruttate economicamente e spesso anche sessualmente.
Il problema delle vidomegon qui
in Benin è veramente serio. Mol-
ti bambini, soprattutto bambine
vengono sradicate dalle loro fami-
glie sempre povere e portate nelle
città del Benin o all’estero (Nige-
ria, Gabon soprattutto) ove lavorano
come venditrici ambulanti: non vanno
a scuola, sono spesso maltrattate, sem-
pre sfruttate economicamente e spesso
anche sessualmente. Quando non ne
possono più fuggono e la Polizia dei
Minori le accoglie e le smista nei cen-
tri di protezione perché siano ricercate
le famiglie d’origine e sia predisposto,
là dove è possibile, un reinserimento
positivo. Ma il fenomeno non tende
a diminuire per una insufficiente im-
plicazione dello Stato che non coglie
la gravità del problema pensando che
in fondo... mangiano e sopravvivono.
Sono bambine e ragazze dai 4 ai 17
anni che noi accogliamo o seguiamo
al mercato di Dantokpa e in alcuni
quartieri limitrofi per aiutarle ad ave-
re un avvenire degno di una persona
umana, di un figlio di Dio.
Sono bambine ferite dal loro vissuto,
dall’abbandono da parte delle loro
famiglie, dai maltrattamenti e dagli
abusi. Noi le aiutiamo a risollevar-
si, le prendiamo in carico da tutti i
punti di vista: sanitario, psicologico,
educativo, religioso quando è possibi-
le. Lavoriamo nel nostro Foyer (casa
Le suore e alcune delle ragazze del Foyer
con Papa Benedetto XVI.
16
Settembre 2014

2.7 Page 17

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STORIA DI ELISABETH AGBAKOU
Famiglia) dove spesso, a seconda de-
gli arrivi, giungiamo anche ad averne
un’ottantina... Le seguiamo anche nel
grande mercato di Dantokpa dove
fanno le venditrici ambulanti con pe-
santi carichi sulla testa, lavorano dal
mattino alle 5 fino alla sera alle 23,
sono spesso picchiate se perdono 100
franchi o non vendono abbastanza.
Conosciamo decine di queste ragaz-
zine che frequentano la nostra “bara-
que SOS Vidomegon” nel cuore del
mercato e cerchiamo di aiutarle ad
andare a scuola o ad apprendere un
mestiere negoziando con le padrone
o con i parenti perché possano con-
cedere loro un po’ di tempo per for-
marsi. Nella bidonville adiacente al
quartiere della nostra Missione ci
sono decine di queste vidomegon a
cui offriamo una scuola accelerata che
in tre anni consente loro di avere la li-
cenza elementare; ci sono poi bambi-
ne sfruttate dalla loro stessa famiglia
che abita in vere catapecchie di latta e
conduce una vita subumana. Voglia-
mo aiutare queste famiglie a iniziare
un’attività che possa generare una
piccola rendita e aiutarle ad avere un
tetto più sicuro, riparando al meglio
le loro catapecchie.
Resta molto da fare
Il nostro servizio vuole aiutare que-
ste bambine ad avere un avvenire
diverso, ad avere un po’ di
cultura, ad apprendere un
mestiere, a ritrovare le
loro famiglie di origine.
Abbiamo, in questi anni,
avuto anche numerose sod-
disfazioni: ragazze che, usci-
Elisabeth è nata in un villaggio dell’Ouemé
e, a 4 anni, è stata venduta da suo padre
ad una donna di Cotonou che l’ha sfruttata
come domestica fino a 13 anni. Suo padre
venne a cercarla e la portò in Nigeria per
venderla ad una donna che la sfruttava e
la maltrattava. Riuscì a fuggire e la polizia
del Benin la consegnò alle suore salesia-
ne. Le suore l’aiutarono a cercare il suo
villaggio e trovarono la casa di suo padre (la mamma se n’era andata) ed Elisabeth vide che
c’erano la televisione e un videoregistratore e allora piangendo disse a suo padre: «Queste
cose le hai comprate con i soldi della mia vendita, perché prima non c’erano». Il padre rimase
in silenzio. Elisabeth decise di tornare al Foyer e si iscrisse ad un corso di taglio e cucito.
Dopo tre anni ottenne il diploma e si preparò ai Sacramenti. Trovò lavoro e cominciò a gua-
dagnarsi la vita. L’anno scorso si è sposata.
te dal nostro Foyer, hanno formato
una famiglia, mandano i loro bambi-
ni a scuola, lavorano dignitosamente;
parecchie hanno voluto liberamente
prepararsi a ricevere il battesimo e i
sacramenti dell’iniziazione cristiana,
colpite dall’esempio di tante perso-
ne (suore e laici) che si dedicano con
amore a loro nello spirito di famiglia
che è proprio del nostro carisma.
Lo stupore di tante bambine di fron-
te al fatto che da noi non si “picchia”,
non ci sono castighi corporali, è ve-
ramente grande e questo le aiuta a
sottrarsi a una cultura della violenza e
della mancanza di rispetto soprattut-
to per la donna.
Il lavoro che resta da fare è molto: ab-
biamo contribuito a creare una rete di
organismi che si occupano dei bam-
bini in difficoltà e insieme cerchiamo
di fare pressione sul governo perché
finalmente prenda a cuore il proble-
ma dello sfruttamento dei minori. Da
uno studio abbastanza recente appare
che in Benin, Stato di appena 9 mi-
lioni di abitanti, ci sono 40 mila bam-
bini e soprattutto bambine vittime di
sfruttamento, di traffico, di maltrat-
tamento.
Il progetto che abbiamo presentato
alla Procura delle Missioni di Torino
vuole essere veramente un contributo
forte per lottare contro questo feno-
meno, per dare nuove opportunità
a queste bambine, per contribuire
allo sviluppo di questa popolazio-
ne in cui la donna ufficialmente
non conta, ma in realtà è il so-
stegno della famiglia.
Progetto Vidomegon
Referenti:
suormaria antoniet tamarchese @ gmail.
com +229.97687226
Ruth-cediel@yahoo.es +225-21286560
Settembre 2014
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2.8 Page 18

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INVITO A VALDOCCO
B.F.
La basilica santuario di
Maria Ausiliatrice
3
10. Cappella di
san Giovanni Bosco
Nel transetto destro, dove antica-
mente si trovava la cappella di san
Pietro, sorge ora il monumentale al-
tare dedicato a san Giovanni Bosco,
opera dell’architetto Mario Ceradini
(1938).
In alto, sotto il quadro del Crida, si
trova l’urna in bronzo e cristallo con-
tenente le spoglie del Santo, disegnata
dal prof. Giulio Casanova dell’Ac-
cademia Albertina, ben inquadrata
nell’architettura marmorea dell’altare.
La salma di don Bosco, vestita di para-
menti sacri donati dal papa Benedetto
XV, fu qui trasferita da Valsalice nel
1929. Il volto e le mani sono maschere
12
13
14
di cera modellate dal Cellini e dipinte
da Carlo Cussetti.
L’altare è ricco di marmi policromi, di
onici, malachiti e pietre orientali. Il ta-
bernacolo, decorato con lapislazzuli e
10
11
pietre dure, ha una porticina di argento
cesellato ed è sovrastato da un cupolino
di onice antica, con ornati in bronzo.
L’architetto Mario Ceradini (1864-
1940) ha separato l’altare dalla parete
di fondo, ricavando una cappellina
riccamente ornata che permette ai
pellegrini di accostare l’urna.
Due statue ai lati dell’altare, opera dello
scultore Nori di Verona, rappresentano
la Fede che sorregge il calice e l’ostia e
la Carità, con il cuore fiammante.
Nelle nicchie laterali sono collocate
le statue di due santi della gioventù,
ispiratori della pedagogia di don Bo-
sco: sulla destra san Giovanni Battista
de La Salle (1651-1719), fondatore dei
Fratelli delle Scuole Cristiane (opera
del Cellini, 1942); sulla sinistra san Fi-
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Settembre 2014

2.9 Page 19

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lippo Neri (1515-1595) fondatore della
Congregazione dei Preti dell’Oratorio.
Due vetrate policrome ai lati dell’alta-
re illustrano scene della vita del San-
to: a destra l’incontro con Bartolomeo
Garelli, nella sacrestia di san France-
sco d’Assisi (8 dicembre 1841); a sini-
stra, l’arrivo di don Bosco e mamma
Margherita a casa Pinardi (3 novem-
bre 1846).
Procedendo verso l’altar maggiore, si
incontra il pulpito in noce disegnato
dallo Spezia, dal quale don Bosco
predicò innumerevoli volte, partico-
larmente nelle feste.
11. Cappella di santa
Maria Domenica Mazzarello
Segue la cappella che conserva,
nell’urna di bronzo sotto l’altare,
le spoglie di santa Maria Domenica
Mazzarello (1837-1881) cofondatrice
e prima madre generale dell’Istitu-
to delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
La sua salma fu trasportata da Nizza
Monferrato in Basilica nel 1938, anno
della beatificazione, e deposta nella
Cappella delle Reliquie; venne col-
locata sotto l’altare l’anno successivo.
L’altare è opera del Valotti, il quadro
della Santa è del Crida. I due lunot-
ti sulle pareti, anch’essi del Crida,
rappresentano, quello a sinistra, l’ele-
zione di Madre Mazzarello a superiora
(15 giugno 1874); quello a destra, l’u-
dienza di Pio IX alla Santa e alle pri-
me missionarie (9 novembre 1877).
Le statue degli angeli nelle nicchie
laterali sono opera dello scultore Gia-
como Mussner di Ortisei.
Dopo la cappella, sulla porta che dà
nell’ambulacro destro, sta la statua
di sant’Agnese, una delle protettrici
dell’Istituto delle Figlie di Maria Au-
siliatrice.
12. Altare di san Giuseppe
Collocato nel transetto di sinistra, di
fronte all’altare di don Bosco, è l’uni-
co rimasto così come lo volle il Santo.
Il grande quadro del Lorenzone fu qui
collocato sei anni dopo l’inaugurazio-
ne della basilica, il 26 aprile 1874, festa
del Patrocinio di san Giuseppe. Come
voleva don Bosco, san Giuseppe è rap-
presentato in piedi, con il Bambino in
braccio, mentre prende da lui le rose e
le fa cadere sulla chiesa di Maria Ausi-
liatrice; accanto è la Madonna in atteg-
giamento devoto. Un angelo sorregge
il giglio simbolo della castità; altri due
l’invito «Ite ad Joseph», cioè «Andate
da Giuseppe». Nella trabeazione del
timpano il versetto biblico «Constituit
eum dominum domus suae» (Lo costituì
signore della sua casa), ricorda che don
Bosco scelse il Santo come uno dei pa-
troni principali del suo Oratorio.
Nelle nicchie delle pareti laterali
campeggiano due statue dello sculto-
re veronese Nori: il re Davide a destra
e il profeta Isaia a sinistra.
13. Altare di
san Domenico Savio
Proseguendo dall’altare di san Giusep-
pe verso il fondo della basilica, prima
dell’altare di Domenico Savio, sulla
porta che immette nell’ambulacro si-
nistro, si vede la statua di san Francesco
Saverio, apostolo delle missioni, opera
dello scultore Gaetano Cellini.
La cappella dove si trova l’altare di
Domenico Savio era stata dedicata
da don Bosco ai Sacratissimi Cuori di
Gesù e Maria. Nei lavori fatti eseguire
da don Rua (1889-1891), la capella fu
dedicata a san Francesco di Sales e l’al-
tare venne rifatto così come lo vedia-
mo oggi. Il quadro centrale, del Reffo
(1893), rappresentante il santo vescovo
savoiardo si trova ora nel Museo del
Centro Salesiano di Documentazione
Storica e Popolare Mariana.
Nel 1954, anno della canonizzazione
di Domenico Savio, la cappella che
Settembre 2014
19

2.10 Page 20

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INVITO A VALDOCCO
già dal 1914 ne accoglieva i resti, ven-
ne dedicata al giovane allievo di don
Bosco. Un modesto quadro del Crida,
collocatovi in quell’anno e rappresen-
tante Domenico in ginocchio di fron-
te all’Immacolata, è stato sostitui-
to da un pregevole dipinto di Mario
Càffaro Rore (1984).
Oggi le spoglie di Domenico Savio
sono conservate in un’urna dorata
sotto l’altare. Precedentemente era-
no custodite nel piccolo monumen-
to sepolcrale che si trova alla destra
dell’altare.
La volta della cappella, rappresentante
il trionfo dell’Eucaristia e la lotta tra
l’arcangelo san Michele e Lucifero, fu
affrescata dal Rollini nel 1874. Anche
i due affreschi laterali sono dello stes-
so pittore (1894) e raffigurano fatti
della vita di san Francesco di Sales: a
destra, il santo, ancora sacerdote, pre-
dica la dottrina cattolica ai calvinisti;
a sinistra, il santo, già vescovo, è rap-
presentato in una tipografia intento
alla lettura di una bozza di stampa. Il
riferimento alla sua intensa attività di
scrittore, che ne ha fatto il patrono dei
giornalisti, è evidente. A titolo di cu-
riosità notiamo che il tipografo dalla
lunga barba accanto al santo, è il ri-
tratto di Carlo Gastini. Costui aveva
frequentato l’Oratorio fin dal 1848,
vi aveva imparato il mestiere del ri-
legatore ed era sempre rimasto affe-
zionato a don Bosco. Fondatore della
associazione degli exallievi salesiani,
era considerato, per la sua vena poe-
tica di improvvisatore e di cantore, il
menestrello di don Bosco. Frequentò
l’Oratorio fino alla morte, nel 1902.
14. Cappelletta
del Sacro Cuore
Si trova al fondo della Basilica a si-
nistra, comunicante con la cappel-
la di Domenico Savio. Fu voluta da
don Rua, quando trasformò la vicina
cappella dei Sacri Cuori in cappella di
san Francesco di Sales (1894).
Il trittico centrale, rappresentante
il Sacro Cuore di Gesù e due angeli
adoranti, è opera pregevole del pittore
Carlo Morgari (1888-1970), al quale
si deve anche la decorazione delle pa-
reti e della volta.
Notiamo sulla destra la statua di
sant’Antonio da Padova sorretta da due
eleganti colonnine di bronzo. Nella
nicchia sopra la porta della cappella,
verso la navata centrale, è collocata la
statua del Vignali raffigurante santa
Margherita Maria Alacoque, la suora
Visitandina alla quale è congiunta la
devozione al Sacro Cuore.
I sotterranei della Basilica
Negli ampi locali ricavati sotto la Ba-
silica don Bosco collocò ambienti ad
uso dell’Oratorio, tra cui il forno nel
quale ogni giorno si cuoceva il pane.
Con i lavori di ampliamento del 1935-
1938 vi furono ricavate due cappelle:
quella delle reliquie e quella di san
Pietro, quest’ultima sotto la sacrestia.
Nei vani restanti, dal 1978, ha sede
il Centro Salesiano di Documentazione
Storica e Popolare Mariana con Museo
e biblioteca.
Cappella delle reliquie
Vi si accede direttamente dalla Ba-
silica, scendendo la scaletta che si
trova a destra presso il portale di in-
gresso.
Fu inaugurata nel 1934 per accogliere
la notevole collezione di reliquie do-
nata dal commendatore Michele Bert
di Torino.
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Si presenta con una navata unica a
croce latina, con volte a vela e a botte
che ricordano, anche per i motivi or-
namentali, le catacombe cristiane.
Appena discesa la scala ci si trova di
fronte all’altare dell’Apparizione che ri-
corda la visione avuta da don Bosco
nel 1845 durante la quale la Vergine
gli indicò il luogo del martirio dei tre
soldati romani Solutore, Avventore
e Ottavio. Una croce di metallo sul
pavimento, a sinistra, e un quadro di
Dalle Ceste segnano il luogo preciso
indicato dalla Vergine.
Sulla sinistra del quadro si vede il
monumento sepolcrale del beato Mi-
chele Rua, primo successore di don
Bosco (1837-1910).
Proseguendo, si incontrano succes-
sivamente l’altare delle sante vedove,
con a fronte quello delle sante vergini
e martiri; l’altare dei santi vescovi e
confessori (presso il quale è sepolto il
venerabile don Filippo Rinaldi, terzo
successore di don Bosco) e di fronte
l’altare dei santi martiri; segue l’altare
dei fondatori di ordini e congregazio-
ni religiose che ha davanti quello dei
santi dottori della Chiesa; si incontra
infine l’altar maggiore, con reliquia
del legno della croce.
Le decorazioni degli altari sono del
prof. Mario Barberis.
Lungo le pareti, in teche e reliquiari, e
sotto gli altari sono esposte centinaia
di reliquie.
Cappella di san Pietro
Sotto l’ampia sacrestia è collocata la cap-
pella di san Pietro, a cui si accede attra-
verso la scala che si trova sul retro della
chiesa. Qui è stato situato l’altare di san
Pietro, offerto dai benefattori romani,
che si trovava in basilica, ove ora è l’alta-
re con l’urna di don Bosco. Il santo di
Valdocco lo aveva voluto come segno del-
la sua devozione al successore di Pietro.
In questa cappella trova dignitosa
collocazione il pregevole quadro com-
missionato da don Bosco a Filippo
Carcano con Cristo che consegna le
chiavi a Pietro.
Centro Salesiano
di Documentazione Storica
e Popolare Mariana
Appena varcato il cancello d’ingresso
ai cortili interni, sul lato destro del-
la Basilica, per una porta si scende al
Museo del Centro Salesiano di Docu-
mentazione Storica e Popolare Mariana.
All’origine del Centro c’è il progetto
del missionario salesiano don Maggio-
rino Borgatello, tornato dalle missioni
della Terra del Fuoco nel 1913. Egli
volle organizzare un “Museo del cul-
to di Maria Ausiliatrice nel mondo”.
Intendeva visualizzare la realizzazione
della promessa fatta dalla Madonna a
don Bosco: «Hic domus mea, inde glo-
ria mea». Questo modesto Museo fu
inaugurato nel 1918, in occasione dei
cinquant’anni della consacrazione del
santuario di Valdocco e durò fino al
1935. Con i lavori di sottofondazione
e ampliamento della Basilica, il mate-
riale raccolto andò disperso.
Nel 1978 il salesiano don Pietro Ce-
resa trasportò dall’Istituto Salesiano
di Bologna la sua ingente raccolta di
documentazione sulla devozione po-
polare mariana, che venne sistemata
nei locali sottostanti il santuario.
Attualmente, il Centro raccoglie,
classifica e mette in mostra tutto ciò
che interessa la devozione alla Vergi-
ne Maria.
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QUANDO L'ANIMA SOGNA
FAUSTINO GARCÍA
Ho visto
disegno di STEFANO PACHÌ
Con un po’ d’immaginazione e sognando come don Bosco, don Faustino García,
ispettore di AFO (Africa Occidentale Francofona) ci regala una gentile riflessione molto salesiana.
Ho visto un bambino cadere e implorare aiuto
se mai qualcuno di quelli che passavano indaffarati volesse fermarsi,
dargli una mano per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Ma ecco, come per caso, Maria Ausiliatrice passò di là.
Sentì l’invocazione di aiuto
e vide il bambino disteso per terra
con il volto bagnato di lacrime.
Io guardavo e rimasi sbalordito,
vedendo il gesto di colei che è chiamata Ausiliatrice.
Seguii con gli occhi stupiti i suoi gesti.
Per prima cosa, fece in modo d’avere le mani libere:
depose con molta cura e delicatezza, il Bambino Gesù nelle mani del bambino caduto.
Ed ecco una mano già libera.
E l’altra ?
Con altrettanta attenzione, la Madonna posò lo scettro per terra.
Poi anche la corona, per evitare che cadesse e si rompesse.
Poi si tolse anche il mantello e, senza abbandonare con gli occhi i suoi bambini,
quello che era caduto e quello che da sempre portava in braccio,
si piegò sulle ginocchia fino a terra,
accarezzò il primo e disse al secondo: «Donagli la tua forza, donagli il tuo coraggio».
Li prese tutti e due nelle sue braccia,
sorrise e li abbracciò con tutta la tenerezza di una Madre.
Ed io mi dissi: ecco la maniera divina
di venire in aiuto agli altri:
dal Padre, Maria ha imparato ad ascoltare il grido dei piccoli
e a portare loro suo Figlio, la sua Parola;
dal Figlio, Maria ha appreso a privarsi del suo rango,
per abbassarsi con umiltà e atteggiamento di servizio;
dallo Spirito Santo, Maria ha imparato a trasmettere la forza, il coraggio,
a ridonare la vita.
E don Bosco ha imparato tutto questo da Maria.
Con un po’ d’immaginazione,
anche noi possiamo metterci alla scuola dell’Ausiliatrice.
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LE CASE DI DON BOSCO
LUCIO REGHELLIN
125 anni di amicizia
tra don Bosco e Fossano
I salesiani arrivarono qui nel 1890 inviati da don Rua
«Qui aiutiamo tanti ragazzi con “l’intelligenza
nelle mani” ad acquisire competenze
professionali per un inserimento dignitoso
nel mondo del lavoro»
AFossano, cittadina al centro geografico
della provincia di Cuneo, c’è una lunga
via intitolata a san Giovanni Bosco per-
ché don Bosco venne più volte a Fossa-
no, legato com’era da vincoli di amicizia
e di affetto con tantissime persone del
luogo. I salesiani però arrivarono in città solo nel
1890 invitati dal vescovo monsignor E. Mana-
corda per prendersi cura dell’Oratorio San Lui-
gi, situato nei pressi dell’attuale seminario. Ben
presto l’Amministrazione Comunale affidò ai
salesiani la direzione del Collegio Civico; e que-
sta attività continuò fino agli anni ’50 del secolo
scorso quando i salesiani si trasferirono nella sede
attuale di via Verdi, dove l’intervento di numerosi
benefattori mise a disposizione una sede ampia e
più idonea ad una istituzione scolastica.
La scuola professionale venne legalmente ri-
conosciuta nel 1956 e consisteva in un corso
triennale di Avviamento e un biennio di Scuola
Tecnica con specializzazione per meccanici, fa-
legnami e mobilieri. La riforma scolastica che
introdusse la Scuola Media Unica, mise fine al
corso di Avviamento, mentre alla Scuola Tecni-
ca subentrò ben presto il Centro di Formazione
Professionale.
Attualmente all’istituto salesiano di Fossano
fanno capo tre sedi formative cnos-fap dislo-
cate nelle città di Fossano, Saluzzo e Savigliano.
I giovani che frequentano i percorsi di qualifica
professionale dopo la scuola media sono all’incir-
ca un migliaio.
Don Graziano Ceschia ha iniziato il settimo
anno come direttore della comunità salesiana: gli
abbiamo chiesto di parlarci dell’opera di Fossano.
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Il Capitolo Generale 27 appena concluso ha in-
vitato i salesiani ad avere una particolare atten-
zione ai ragazzi più poveri. Credo che l’attività
che facciamo risponda bene a questo invito.
Aiutiamo tanti ragazzi con “l’intelligenza nelle
mani” ad acquisire competenze professionali per
un inserimento dignitoso nel mondo del lavoro,
avendo come riferimento il metodo educativo di
don Bosco che prende l’allievo nel punto in cui si
trova e lo accompagna nella maturazione umana,
professionale e cristiana in un ambiente di serena
familiarità e di fiducia reciproca.
Una buona “rete”
esterna ed interna
La provincia di Cuneo si caratterizza per un buon
lavoro di rete che coinvolge tutte le istituzioni che
operano in ambito educativo. Abbiamo un’ottima
collaborazione con le altre scuole del territorio sia
per l’orientamento dei ragazzi sia per il passaggio
tra scuole e il proseguimento degli studi. Un si-
gnificativo numero di nostri allievi dopo la qua-
lifica professionale prosegue gli studi nella scuola
superiore.
È in atto una collaborazione con le Scuole Medie
per un progetto contro l’abbandono scolastico.
Accogliamo un gruppo di ragazzi pluriripetenti
che non reggono il ritmo di una classe normale.
Attraverso attività di laboratorio e una metodolo-
gia interattiva, li prepariamo ad affrontare l’esa-
me di licenza media.
Anche il rapporto con le aziende è importante.
Ad esempio, si è attivato un interessante progetto
di collaborazione con Iveco e con Fiat Group Au-
tomobiles, che ha portato alla nascita del labora-
torio “TechPro2 Iveco”, per permettere agli allie-
vi del settore Automotive di formarsi con veicoli
e attrezzature aggiornate.
Un settore particolare è la scuola di carrozzeria,
una delle poche in Italia. La parte professionaliz-
zante è stata supportata dall’intervento di diversi
Uno sguardo sulle
“aule” del Centro
di Formazione
professionale:
dalla ristorazione,
all’acconciatura,
alla meccanica.
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3.6 Page 26

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LE CASE DI DON BOSCO
La grande palestra
può ospitare
affollate Messe
e interessanti
incontri
enogastronomici.
tecnici di aziende del settore (come la Standox e
la Mirka) e di carrozzieri del territorio.
Anche l’ufficio che cura la formazione esterna
degli apprendisti ha una relazione importante con
le aziende. Quest’anno si sono formati nel nostro
Centro di Fossano circa 250 apprendisti.
L’opera educativa è resa possibile dall’ottima col-
laborazione esistente tra salesiani e laici, la gran
parte dei quali exallievi del nostro istituto.
Positiva anche la presenza del gruppo AGeSC
(Associazione Genitori Scuole Cattoliche) che
anima le periodiche assemblee di istituto e pro-
muove delle iniziative a favore dei genitori e allie-
vi: quali la cena di auguri a Natale, la partecipa-
zione dei genitori a incontri formativi (quest’anno,
anche, la partecipazione all’incontro con il Papa
a Roma) e la consegna degli attestati di merito.
Anche gli adulti e l’estero
Attraverso i Servizi al Lavoro (abbiamo uno
sportello accreditato dalla Regione Piemonte)
siamo diventati un punto di riferimento per adulti
disoccupati o occupati in crisi con cui realizzia-
mo delle iniziative di riconversione professionale
o di inserimento guidato nel mondo del lavoro.
Attiviamo tirocini nelle aziende per gli adulti
ma anche per i nostri allievi che accompagniamo
nell’inserimento lavorativo al termine degli studi.
Collaboriamo con il CTP (Centro Territoriale
Permanente) per l’alfabetizzazione degli adulti
stranieri e per la realizzazione di un corso trien-
nale serale per il conseguimento del diploma di
scuola superiore.
Proponiamo anche dei corsi di qualifica nell’am-
bito industriale a cui accedono per lo più adulti
immigrati che possono conseguire una certifica-
zione che apre loro le porte del mondo del lavoro.
Cerchiamo anche di allargare il più possibile gli
orizzonti dei nostri allievi. Partecipiamo al pro-
gramma Euromobility finanziato dal fondo so-
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I NOSTRI SETTORI
ciale europeo per la mobilità europea dei giovani.
Promuoviamo da molti anni esperienze formative
all’estero per i nostri allievi, specialmente in Po-
lonia e in Spagna. Quest’anno abbiamo accolto
tre gruppi di ragazzi della formazione professio-
nale spagnola, nella prospettiva della reciprocità.
Il CNOS-FAP (Centro Nazionale Opere Salesiane - Formazione Aggiorna-
mento Professionale) di Fossano attiva corsi di formazione per giovani e adulti
nei seguenti settori professionali:
Sede di Fossano: Meccanica industriale, Elettrotecnica, Termoidraulica,
Riparazione veicoli, Carrozzeria, Acconciatura, Estetica, Servizi all’impresa,
Informatica.
Sede di Saluzzo: Acconciatura, Estetica.
Sede di Savigliano: Ristorazione, Trasformazioni agroalimentari.
La storia di Simona
I risultati umani e personali di tutto questo in-
tenso lavoro sono difficili da misurare. Noi ci
impegniamo per coinvolgerli nelle varie attività
professionali e religiose, consapevoli del nostro
compito di seminatori che non si aspettano di co-
gliere immediatamente i frutti.
Se volessimo giudicare dalla soddisfazione finale
degli allievi, la risposta è senz’altro positiva.
Vorrei ricordare la storia di Simona. Dopo una
prima esperienza non positiva nella scuola su-
periore, si è iscritta presso il nostro centro nel
settore dell’estetica. Durante la sua permanenza
presso di noi ha maturato il desiderio di essere
di aiuto agli altri. Nell’ultimo anno, prima della
qualifica, soprattutto in seguito alla testimo-
nianza di un missionario che è passato nell’istitu-
to, ha deciso di fare un’esperienza di volontaria-
to all’estero. Ha seguito il corso di preparazione
ed è partita per le favelas brasiliane. È ritornata
in Italia entusiasta dell’esperienza vissuta e,
malgrado abbia trovato subito lavoro nel suo
settore, dove si fa apprezzare per competenza
e affidabilità, ha deciso che presto ritornerà
nuovamente in Brasile.
L’amicizia e lo
spirito di famiglia
restano il “sale”
fondamentale della
vita del Centro.
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TRAGUARDI
SALVATORE (SAL) PUTZU
Il miracolo del
Word Media
Ministry
Oggi è una delle più conosciute editrici
religiose dell’Estremo Oriente. Cominciò
in una stanzetta nella cripta di una chiesa,
grazie al coraggio di un salesiano pieno
di fiducia nella Provvidenza.
Lui stesso racconta la sua avventura
L’idea di metter su un gruppo di volontari
che mi aiutasse nell’apostolato catechi-
stico nelle Filippine era nella mia mente
e nel mio cuore da quando cominciai a
lavorare al servizio della Commissione
Episcopale per la Catechesi e le Scuole
Cattoliche nel 1984.
Informalmente, chiesi l’aiuto di alcune volontarie
per la preparazione, pubblicazione e distribuzione
del foglietto liturgico-biblico settimanale “The
Spring” (La Sorgente), che co-
minciai nel 1986 sotto
l’egida dell’Ufficio Ca-
techistico Nazionale.
L’idea diventò più chiara
e urgente nel 1989 quan-
do il nuovo Ispettore don
Francesco Panfilo mi diede
il permesso di cominciare la pubblicazione del
mensile Word & Life e, tre anni dopo, il permesso
di erigere questa attività di pubblicazioni religiose
allo stato di una no-profit con personalità legale
riconosciuta dal governo filippino. Qualche anno
dopo, il nome fu cambiato in “Word & Life Pu-
blications” (wlp). In quei giorni tutto quello che
avevo in mente era la pubblicazione di foglietti,
rivistine e libri».
L’attività editoriale continuò a crescere a ritmo so-
stenuto. Nel 1993 la wlp pubblicò le tre parti del
“Catechismo Nazionale” in volumi separati. La
rivista aveva intanto raggiunto le undicimila co-
pie in inglese, quattromila in tagalo, cinquemila e
cinquecento in cebuano. Nella cripta non era più
possibile lavorare, data la ristrettezza del luogo. E
venne il trasferimento al quarto piano del “Social
Development Center”, presso la chiesa parroc-
chiale di S. Ildefonso. Lo spazio si raddoppiò, gli
operatori aumentarono, l’attività editoriale mise a
segno la pubblicazione del “Catechismo Nazio-
nale”, in un volume unico di 550 pagine. L’anno
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Settembre 2014

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appresso, 1994, un altro colpo andò a segno, con
la co-edizione del catechismo della Chiesa Cat-
tolica nelle Filippine: il wlp era diventato un in-
terlocutore del Vaticano ed era considerato ormai
alla pari con giganti dell’editoria come “Geoffrey
Chapman” e “Doubleday”.
La nostra edizione del Catechismo fu accolta da un
coro unanime di approvazione per l’impaginazio-
ne, la chiarezza espositiva, la grafica, la suddivisio-
ne dei capitoli, l’ampliamento dell’indice analitico.
L’editrice salesiana aveva creato un piccolo capo-
lavoro editoriale che diffuse 450 mila copie e per-
mise alla wlp di inserirsi nel mercato mondiale.
L’award “Publisher of the year”
Fu proprio quest’ultima pubblicazione, giudicata
esemplare, a far scattare un prestigioso riconosci-
mento per l’Editrice. L’associazione degli Editori
cattolici dell’Asia, infatti, votò per il conferimen-
to del titolo “Publisher of the year” all’editrice
wlp. Il che avvenne con la solennità del caso l’11
settembre 1995 presso la residenza episcopale
dell’arcivescovo di Manila, l’indimenticato cardi-
nal Jaime Sin. Subito dopo arrivarono sul merca-
to i 14 poster della “Nuova Via Crucis”, un’edizio-
ne “filippinizzata” di documenti del Magistero, e
altro ancora.
Ma fu solo nel 2002 che la Divina Provvidenza
mi fece conoscere la dottoressa Cecilia Valmonte
che si era appena ritirata dal servizio attivo come
decano della facoltà di Arti e Let-
tere del “Centro Escolar Univer-
sity” di Manila, e che deside-
rava rendersi utile in qualche
attività apostolica.
Il risultato del primo
incontro e di altre
conversazioni sus-
seguenti con la
dottoressa Val-
monte fu che
lei mi avrebbe
aiutato gratuitamente come traduttrice in filippino
e in vari altri lavori editoriali.
Allo stesso tempo, esaminammo anche la pos-
sibilità di realizzare il mio piano di fondare un
gruppo di volontari che mi aiutassero nella pre-
parazione, pubblicazione e diffusione di mate-
riale religioso non limitato alla forma stampata.
I risultati furono: la scelta di “Word Media Mi-
nistry” (Ministero e Apostolato della Parola at-
traverso i Mass Media) come nome ufficiale del
gruppo; la divisione dei membri in tre categorie
(Amici, Ausiliari e Missionari della Parola) e la
necessità di una formazione specifica dei membri
prima di essere lanciati in attività apostoliche.
La prima attività formatrice fu un ritiro tenuto
nel nostro seminario di Better Living. Vi parteci-
parono 12 membri.
Mentre la formazione iniziale era in corso per
mezzo di riunioni settimanali, la domenica po-
meriggio, papa Giovanni Paolo II promulgò la
lettera apostolica “Rosarium Virginis Mariae”
che, nelle Filippine, risvegliò un grande interesse
per il Rosario, specialmente i nuovi “Misteri”. Fu
in quella circostanza che mi venne l’ispirazione
di organizzare una mostra sul Rosario nel Centro
Commerciale di Makati (una delle città che for-
mano la metropoli chiamata “Metro Manila”). La
proposta fu discussa dal gruppo e accettata. Du-
Don Salvatore
Putzu con
alcuni dei suoi
collaboratori.
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3.10 Page 30

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SALESIANI NEL MONDO
Don Salvatore
con gli animatori
della seguitissima
trasmissione
radiofonica
“Bisperas Sa
Veritas”.
rata: cinque giorni. La Mostra ebbe un successo
incoraggiante sotto tutti gli aspetti. Ci permise
anche di far conoscere Word Media Ministry a
molte persone e di attrarre nuovi membri. La no-
stra attività apostolica cominciava a diversificarsi.
Una simile iniziativa fu ripetuta due anni dopo, in
due posti diversi, in occasione dell’Anno dei Cuo-
ri di Gesù e Maria, proclamato dai vescovi Filip-
pini. Fu un altro incoraggiante successo. Uno dei
frutti di quelle due mostre fu la divulgazione del-
la pratica di recitare la Coroncina del Sacro Cuore
e l’apostolato nei correzionali femminili. Questo
consisteva nel visitare le recluse, dare loro il mate-
riale per la preparazione delle coroncine del Sacro
Cuore che noi poi “compravamo” da loro per una
somma convenuta, e che distribuivamo nella no-
stra campagna di diffusione della Coroncina del
Sacro Cuore. Davamo alle recluse anche riviste e
guide telefoniche che loro usavano per fare borse
e altri manufatti che poi vendevano per guada-
gnare un po’ di soldi.
Intanto, nell’autunno del 2004 una serie di sug-
gerimenti da diverse parti mi portò a concepire
l’idea di entrare nel mondo della radio. Discussi
l’idea con i membri del Word Media Ministry e
decidemmo di esplorare la possibilità di avere un
programma radio settimanale a Radio Veritas, la
radio cattolica ufficiale delle Filippine. Riunioni
organizzative si susseguirono con la partecipazione
anche di esperti in programmi radio. Decidemmo
di chiamare il nostro programma radio “Bisperas
Sa Veritas” (Vespri a Radio Veritas). Da notare the
il termine “Bisperas” (vespri) nella cultura filippi-
na denota l’atmosfera di attesa gioiosa che precede
una festa o avvenimento importante. Per noi l’av-
venimento importante era la Domenica.
Il proposito del nostro programma era di aiuta-
re le famiglie cattoliche a prepararsi per la festa
della domenica ascoltando le letture liturgiche,
discutendone il contenuto, offrendo semplici in-
formazioni storiche ed esegetiche e applicando
il messaggio alla vita degli uditori. In pratica, il
contenuto essenziale del programma radio era
molto simile a quello delle nostre pubblicazioni
“Word & Life”, “Salita at Buhay” e “Exploring
God’s Word.” La differenza più ovvia era il mez-
zo di comunicazione usato: la parola trasmessa
attraverso la radio, invece che stampata su carta.
La prima trasmissione ebbe luogo il sabato prece-
dente la prima domenica d’avvento del 2004.
Così, da quel giorno, Word Media Ministry si
era decisamente ingaggiata in una nuova forma di
apostolato che completava quello delle pubblica-
zioni curate da Word & Life Publications, quello
delle mostre e delle visite alle prigioni.
Il programma radio “Bisperas Sa Veritas” ha gra-
dualmente migliorato il suo contenuto e la pre-
sentazione. Continua fino al presente (siamo al
decimo anno), nonostante il peso finanziario do-
vuto al pagamento della retta di circa 150 dollari
usa per ogni trasmissione. La Divina Provviden-
za non ci è mai mancata.
Il seme continua a crescere
Un’altra iniziativa importante del Word Media
Ministry, nel 2006, fu la preparazione e pubbli-
cazione della rivista The Messenger of Divine Love
(Il Messaggero dell’Amore Divino). Questa rivi-
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Settembre 2014

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4.1 Page 31

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I PERIODICI WLP
sta trimestrale fu uno dei frutti delle due mostre
sulla devozione verso il Sacro Cuore, e ottenne
l’incoraggiamento e l’appoggio delle maggiori
autorità religiose della nazione.
Word Media Ministry soffrì un grosso colpo per
la malattia e la morte della dottoressa Cecilia
Valmonte, nell’agosto del 2011. La scomparsa di
quella donna colta e generosa, che si può conside-
rare la co-fondatrice di Word Media Ministry, e
che per nove anni si era prodigata a tempo pieno
per la crescita di wlp e Word Media Ministry,
lasciò un vuoto difficilmente colmabile.
A causa della sua assenza, con rammarico fummo
costretti a sospendere temporaneamente la pubbli-
cazione del “Messenger of Divine Love”. Ma come
al solito, il Signore non ci abbandonò. Dall’inizio
del 2013 ci ha mandato un’altra volontaria che si è
offerta di formare un nuovo gruppo editoriale for-
mato da nuovi membri di Word Media Ministry e
di riprendere la pubblicazione della rivista.
Al presente, gli “Amici della Parola” sono diverse
centinaia; gli “Ausiliari della Parola” sono 38; gli
aspiranti “Apostoli della Parola” sono 3.
Piani per il futuro
Dalla vigilia della festa di don Bosco di quest’an-
no, la mia mente e il mio cuore sono stati impe-
gnati nel perseguire e chiarire tre sogni: lancia-
re il Settore Giovani del Word Media Ministry;
espandere le attività dell’Associazione inseren-
doci in modo costante e qualificato in Internet,
creando un sito interattivo a scopi catechistici e
lanciare una serie di mini-librerie mobili (Word
on Wheels) che, di domenica, vendono o distri-
buiscono materiale religioso di fronte alle chiese
parrocchiali dove migliaia di persone partecipano
alla celebrazione della Messa domenicale.
Stiamo già preparando materiale e contatti per
introdurre Word Media Ministry nelle scuole
Cattoliche e nelle parrocchie. Per un inserimento
robusto e durevole in Internet stiamo già radu-
nando persone qualificate, tecnicamente e dottri-
Euchalette (foglietto liturgico settimanale, in
lingua inglese).
Patnubay sa Misa (foglietto liturgico settima-
nale, in lingua filippina).
The Word of God (libretto mensile, in lingua
inglese, per predicatori e catechisti).
Ang Salita ng Diyos (mensile, in lingua filip-
pina, per predicatori e catechisti).
Word & Life (bimensile, in lingua inglese, per gli studenti della scuola media).
Ang Salita at Buhay (bimensile, in filippino, per lo studio sistematico
delle letture domenicali e di feste importanti, per lettori di diverse età).
Teacher’s Notes (bimensile, in inglese, per insegnanti e catechisti che
usano “Exploring God’s Word” con le loro classi o gruppi).
Teacher’s Guide (bimensile, in inglese, per insegnanti e catechisti che
usano “Word & Life” con le loro classi o gruppi).
The Messenger of Divine Love (rivista trimestrale di carattere formativo
e devozionale, in inglese).
Pambatang Katekesis (rivista trimestrale di contenuto biblico-liturgico,
in lingua filippina, per catechisti e insegnanti delle elementari).
Exploring God’s Word (semestrale, in inglese, per lo studio sistematico
delle letture domenicali e di feste importanti, per lettori di diverse età).
Pocket Planner & Prayer Book (agendina annuale e guida liturgica +
collezione di preghiere).
nalmente, in modo che il nostro apostolato nel
“cyber space” sia professionalmente dignitoso e
sicuro per quanto riguarda risposte e contenuto.
Affidiamo tutti questi piani e sogni alla benedi-
zione del Signore. Lui che ci ha guidato fino a
questo punto e che ha piantato questi “sogni” nel
nostro cuore saprà anche darci i mezzi e le perso-
ne di cui abbiamo bisogno per trasformare questi
sogni in realtà.
Nei magazzini
dell’editrice.
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4.2 Page 32

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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Le malattie dell’educazione
2. La tarantolite
L a tarantola è – lo sappia-
mo tutti – un ra-
gno con zampe
lunghe e corpo
peloso di color nero:
brutta bestia che irrita
la pelle e porta istintivamente a graf-
fiarci.
I genitori ammalati di ‘tarantolite’
hanno il cervello ‘graffiato’ da mille
problemi: “Il figlio sarà o non sarà
sano?”. “Dottore, la vaccinazione gli
porterà delle complicazioni?”. “Non
ha ancora fatto certe domande, sarò
normale?”. “Non mangia il pesce,
cosa fare per dargli una dieta integra-
le?”. “Non ha ancora iniziato a parla-
re: sarà intelligente?”.
A tanti interrogativi possiamo ag-
giungerne pure uno noi: «È proprio
necessario complicarci così la vita?»
Grazie a Dio, i figli hanno più risorse
di tutte le nostre ansie, di tutte le no-
stre preoccupazioni!
E poi, forse che la barca si mette a
galleggiare sulle nostre lacrime? La
pecora che bela perde il boccone, re-
cita il proverbio. Dunque è necessa-
rio prendere di petto la ‘tarantolite’ e
vincerla!
I cinesi hanno un bellissimo detto:
«Che gli uccelli dell’aria e le preoccu-
pazioni volino sulla vostra testa non
potete impedirlo, ma potete evitare
che vi facciano il nido».
Ebbene, perché i mugugni non fac-
ciano il nido nella nostra mente, la
via migliore è quella di un pacato ra-
gionamento. Allora ragioniamo sui
piagnistei più diffusi e più pericolosi,
oggi, per l’educazione.
Il primo mugugno è quello
dell’impossibilità dell’educa-
zione.
Stiamo presentando
quelle che ci sembrano
le quattro principali
malattie dell’educazione,
oggi particolarmente
diffuse in Italia.
Dopo aver parlato
della figliolite,
è la volta
della tarantolite
“I nostri ragazzi vanno a ramengo,
chi ancora li può formare? La te-
levisione ce li rovina, la scuola
non ci aiuta, la società ce li
guasta”… e giù pensieri ve-
stiti a lutto!!
Ragioniamo, come abbia-
mo detto. Quando mai è
stato facile educare?
Pensate: già un grande
filosofo greco, Socrate
(469-399 a.C.) si lamen-
tava: “I nostri ragazzi ama-
no il lusso, ridono dell’auto-
rità, non si alzano in piedi
davanti ad un anziano…”.
Andiamo più indietro ancora: su un
coccio babilonese, datato 2000 anni
avanti Cristo, leggiamo: “Questi ra-
gazzi sono marci nel cuore, sono mal-
vagi e pigri. Dove arriveremo?”.
Siamo arrivati al 2000 dopo Cristo, e
non fu tutto male!
Se avessimo più senso storico, tante
‘tarantole’ non farebbero il nido nella
nostra mente!
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Settembre 2014

4.3 Page 33

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APPUNTI SUL FRIGORIFERO
MEDITATE GENTE!
È da saggi scrivere qualche volta sulla bocca: ‘Chiusa per nervi’.
Il bambino è persona. Non uno che mangia e si libera.
Il baccano non dà mai una mano.
Dove c’è allegria è sempre estate.
Un sorriso fa fare il doppio di strada di un brontolio!
La vita sarebbe semplice, se non la complicassimo.
Non viviamo cento anni e ci ‘tarantoliamo’ per mille. Dov’è finito in buon senso?
Oltre al mugugno dell’im-
possibilità di educare, oggi,
altri pensieri neri agitano il
cervello di troppi genitori.
Si tratta di vere e proprie trappole,
come le tre che seguono:
– La trappola del bambino da ma-
nuale.
I libri di psicologia stabiliscono le
tappe della crescita del bambino. “Il
mio non rispetta la tabella di marcia!
Abbiamo in casa un ritardato!?”
– La trappola del bambino televisivo.
Il bambino televisivo è una gioia di
bambino! Non suda, non fa capricci,
non ha bisogni, tranne quello di un
po’ di Nutella, peraltro subito soddi-
sfatto. Spenta la televisione, che delu-
sione! “Il mio….”
– La trappola del bambino del vicino.
“La madre serena è come il miele per il
bambino” (Sigmund Freud, fondatore
della psicanalisi).
“I sorrisi arrivano dritti al cuore senza
passare per la trafila del cervello.
“Un bambino felice, quando crescerà,
non avrà bisogno di droga, di alcol, non
fumerà trenta sigarette al giorno” (Silvio
Ceccato).
“Vi è un piagnisteo sui pericoli dei bam-
bini che rasenta l’idiozia!” (Domenico
Volpi).
“Non capiremo mai abbastanza quanto
bene è capace di fare un semplice sorri-
so” (Madre Teresa di Calcutta).
«Lui sì che è bravo! Lui studia, lui ub-
bidisce, lui è educato…!»
Suvvia, siamo saggi! Il bambino da
manuale esiste solo sui libri. Il bam-
bino televisivo è un’astuta invenzione.
Il bambino della famiglia che ci sta di
fronte è un’illusione, come quella di
chi pensa che la moglie del vicino sia
una tacchina, mentre, in realtà, è una
semplice gallina!
Il lettore ha capito il messaggio del
mese: la vita potrebbe essere la pro-
va generale del paradiso; troppe volte,
per colpa nostra, la facciamo diventa-
re un purgatorio.
Sì è tempo di mettere fine alle infi-
nite ‘gnegnere’ che distruggono l’e-
ducazione. Su un punto non vi è di-
scussione tra pediatri, pedagogisti e
psicologi: i genitori lagnosi sono sem-
pre genitori disastrosi. La pedagogista
Elisabetta Fiorentini non ha dubbi:
“La gioia è importante come il pane
e la conoscenza, se non di più!”. Il
famoso pediatra americano Thomas
Berry Brazelton comanda: “Genitori,
vi ordino: siate felici!”. Il pedagogista
Giuliano Palizzi conclude: “I genitori
che non si divertono ad educare i fi-
gli, hanno sbagliato mestiere!”.
Settembre 2014
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4.4 Page 34

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LA LINEA D'OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Il diritto
di sbagliare
Perché le nuove generazioni
sono così ossessionate
dalla paura di sbagliare?
Perché ai rischi
del viaggio di scoperta
preferiscono la sicurezza
di sentieri già battuti?
«E rrare humanum est», recita un
vecchio adagio. Ovvero: sba-
gliare è connaturato all’uomo,
è parte integrante dell’esistenza
umana, è funzionale al progre-
dire stesso della vita. È grazie
Ho camminato in scarpe piene di rabbia
per così tanto che ora non temono la sabbia,
ma quando vedo il sole nascere o morire
ho già voglia di partire.
Eppure c'è una strada che non sa chi sono,
uno specchio a cui non chiedere perdono
e quella strana voglia di essere migliore
di come sono...
all’esperienza dell’errore che avviene la crescita,
la maturazione di una piena consapevolezza di sé,
dei propri talenti e dei propri limiti, lo sviluppo di
una coscienza critica che sola può aiutare l’uomo
a distinguere ciò che è giusto da ciò che non lo è.
Lo sanno bene i bambini in tenera età, che esplo-
rano il mondo a tentoni e imparano a stare in
equilibrio, a camminare, a muoversi nello spazio
a forza di ruzzoloni e cadute. Lo sanno altrettan-
to bene gli uomini di scienza, che dai bambini
hanno preso in prestito non soltanto lo stupore
della scoperta, ma anche il metodo di indagine
della realtà che procede, non a caso, per tentati-
vi ed errori. Lo sperimentano quotidianamente i
viaggiatori, che sanno bene come, talvolta, una
rotta sbagliata, un sentiero imboccato per errore
possono condurre a scoprire scenari meravigliosi
e inaspettati. Probabilmente, lo avevano intuito,
già svariati secoli fa, i nostri storici progenitori, se
è vero che errore deriva dal verbo latino errare, che
significa, appunto, vagare, allontanarsi. Sì, perché
nessun’altra esperienza come il viaggio incarna
in maniera efficace il percorso della vita e della
conoscenza. E non esiste viaggio, proprio come
non esiste vita, che non sia costellato di sbagli,
indecisioni, smarrimenti e inversioni di rotta.
Ma allora perché le nuove generazioni sono così
ossessionate dalla paura di sbagliare? Perché ai
rischi del viaggio di scoperta preferiscono la sicu-
rezza di sentieri già battuti?
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Settembre 2014

4.5 Page 35

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Forse, perché la nostra è una cultura che fa
dell’“efficienza” il suo mito ordinatore. Bisogna
essere produttivi, competitivi, rapidi nelle scelte,
pronti all’azione. Dritti alla meta. Non c’è spazio
per le incertezze, per i tentennamenti, per le di-
gressioni. La strada più breve è sempre la miglio-
re e chi, lungo il percorso, si ferma a valutare pos-
sibili percorsi alternativi o anche semplicemente a
contemplare la bellezza del paesaggio è destinato
a rimanere indietro, ad esser sorpassato, a perdere
il vantaggio tanto a fatica conquistato. E così, di
fronte alla logica implacabile dell’efficienza che
impone loro di essere sempre infallibili, vincenti,
sicuri di sé, sembra che i giovani del terzo millen-
nio abbiano smarrito il fascino dell’imperfezione,
il gusto delle deviazioni, la capacità di riconosce-
re il lato creativo dell’errore. Soprattutto, è stato
loro sottratto il diritto di sbagliare.
Succede allora che tanti giovani, per paura di fal-
lire, smettono di cercare, di mettersi in gioco, di
tentare strade nuove. Smettono di fare tutto ciò
che è passibile di errore. Smettono di vivere. Si
accontentano di percorrere sempre gli stessi sen-
tieri già tracciati, si rifugiano in routine rassicu-
ranti di azioni e di pensieri, soccombono alla lo-
gica castrante della rinuncia e dell’omologazione
e, in tal modo, dimenticano che, a volte, per-
dersi è salutare e fonte di crescita, che errore
e creatività spesso vanno a braccetto, che il
tempo investito nel fare e disfare, nel pro-
vare e riprovare, nella ricerca di soluzioni
alternative non è tempo perso, anzi!
In tal senso, è forse necessario che
le nuove generazioni si riap-
proprino di quel bisogno
di peregrinazione spa-
ziale ed esistenziale
che è proprio della
loro età; che riven-
dichino con forza
il proprio diritto,
e al tempo stesso
Vorrei fermare il tempo e viaggiare,
svegliarsi lontano non può farci male,
crescendo senza perdere tempo,
lasciandosi portare dal vento,
guarire ogni male
e poi fare e disfare
e poi fare e disfare
e poi fare e disfare
(Cesare Cremonini, Fare e disfare, 2014)
la responsabilità, di allontanarsi dalla via mae-
stra, di pensare in modo divergente e persino di
commettere errori; che non permettano mai che
la paura di sbagliare tolga slancio al loro desiderio
di sperimentazione e di scoperta.
Settembre 2014
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4.6 Page 36

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Una sgradita
sorpresa
La vita di don Bosco, come abbiamo scritto
più volte sul BS, è lastricata da una serie
infinita di lettere e da un notevolissimo
numero di viaggi, in Italia e fuori Italia,
alla ricerca di sussidi economici per
sostenere le sue opere che, in incontenibile sviluppo
già al loro interno, si estesero lui vivente da Torino
alla “fine del mondo” (Punta Arenas, Cile)
A vendo infatti come capitale
sicuro poco più che le scarse
entrate delle rette dei giova-
ni dei collegi e non volendo
legarsi formalmente le mani
alle istituzioni pubbliche
per conservare la libertà di azione
educativa e morale, don Bosco dovet-
te ricorrere all’unica “banca” che rite-
neva sempre disponibile a concedergli
quanto gli necessitava, vale a dire la
Divina Provvidenza.
Ovviamente anche questa “banca”
sempre aperta, opera di benefattori,
non gli concedeva sussidi gratuita-
mente: bisognava meritarseli con una
vita morale al di sopra di ogni sospet-
to, con una testimonianza pubblica di
utile e trasparente uso del denaro per-
venuto, con la ricerca indefessa, casa
per casa, palazzo per palazzo, paese
per paese, dei possibili benefattori.
Preghiere e onorificenze
Don Bosco, a sua volta, ricambiava la
generosità dei benefattori con la pro-
messa di preghiere sue e dei suoi ra-
gazzi per la salute fisica, il benessere
materiale e soprattutto spirituale dei
benefattori stessi. Per loro impetrava
dal Signore e da Maria Ausiliatrice
serenità e pace in terra se era volontà
di Dio; a loro assicurava comunque e
sempre la ricompensa eterna in cielo.
In segno di riconoscenza poi per i
benefattori più insigni (di Valdocco,
di Genova, di Marsiglia, di Roma,
di Buenos Aires e di altre città…)
don Bosco cercò di far loro perveni-
re delle onorificenze tanto civili che
ecclesiastiche. Se lo poteva permette-
re, contando sulle sue “entrature” nei
sacri palazzi vaticani e nei ministeri
delle tre capitali d’Italia (Torino, Fi-
renze e Roma). I titoli onorifici, con
tanto di medaglia e decorazione, so-
litamente giungevano all’improvviso
nelle mani dei felicissimi destinata-
ri, oppure venivano loro consegnati
da don Bosco o da qualche direttore
salesiano nel corso di una cerimo-
nia, sempre pubblica e solenne. Era
un modo intelligente per solleti-
care l’orgoglio personale del neo-
cavaliere, del neocommendatore, del
neomonsignore e invitarlo a non far
venir meno la sua generosità tanto in
ambito economico, quanto sanitario,
diplomatico, morale…
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Settembre 2014

4.7 Page 37

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4.8 Page 38

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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Coloro che ricevessero grazie o favori per
intercessione dei nostri beati, venerabili e servi di Dio,
sono pregati di segnalarlo a postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE:
in questi mesi preghiamo don Bosco all’inizio dell’anno
giubilare in occasione del bicentenario della sua nascita.
PREGHIERA A DON BOSCO
Padre e Maestro della gioventù, San Giovanni Bosco,
docile ai doni dello Spirito e aperto alle realtà del tuo tempo
sei stato per i giovani, soprattutto per i piccoli e i poveri,
segno dell’amore e della predilezione di Dio.
Sii nostra guida nel cammino di amicizia
con il Signore Gesù,
in modo che scopriamo in Lui e nel suo Vangelo
il senso della nostra vita e la fonte della vera felicità.
Aiutaci a rispondere con generosità
alla vocazione che abbiamo ricevuta da Dio,
per essere nella vita quotidiana costruttori di comunione,
e collaborare con entusiasmo,
in comunione con tutta la Chiesa,
all’edificazione della civiltà dell’amore.
Ottienici la grazia della perseveranza
nel vivere una misura alta di vita cristiana,
secondo lo spirito delle beatitudini;
e fa’ che, guidati da Maria Ausiliatrice,
possiamo trovarci un giorno con te
nella grande famiglia del cielo. Amen
GRAZIE SEGNALATE
… a causa di un attacco di mala-
ria, mi sembra di aver rivissuto al
vivo il triduo pasquale. Il Venerdì
Santo, contemplando Gesù in
croce, sono rimasto inchiodato al
letto tutta la giornata a causa delle
vertigini, non potendo partecipare
alla celebrazione della passione
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non firmate e senza
recapito. Su richiesta
si potrà omettere
l’indicazione del nome.
del pomeriggio. Il Sabato Santo,
contemplando Gesù nel sepolcro,
mi sono imbucato disteso con il
mio materasso nella Land Cruiser
per andare da Bingo a Butembo in
Congo (60 km) nella speranza di
avere cure migliori e stare meglio.
Quando siamo arrivati ho chiesto
ad uno degli amici che mi accom-
pagnava: “quanto tempo abbiamo
impiegato?” e quello mi risponde:
“6 ore, abbiamo proceduto a passo
di corteo funebre”: dunque, in per-
fetta sintonia con Gesù nel sepol-
cro. Quando il medico di Butembo
è venuto per visitarmi, istintiva-
mente ho volto lo sguardo verso
la foto di Nino Baglieri sul mio
tavolo e gli ho detto: “Nino, fai tu
qualcosa!”. E Nino non mi ha de-
luso, visto che al secondo prelievo
del sangue il risultato è stato ne-
gativo e la malaria era già passata.
In effetti, le vertigini erano dovute
piuttosto alla massiccia dose di
Lariam che il medico precedente
di Bingo mi aveva fatto assumere
solo in 16 ore, la stessa dose che
normalmente si assume in ben 6
settimane per la prevenzione!!! E
così, la Domenica di Resurrezione,
pur barcollante, mi sono avventu-
rato nella parrocchia di Bulema per
celebrare la messa, e posso dire
di avere vissuto la resurrezione di
Gesù, visto che alla fine della mes-
sa Raphael, un anziano catechista,
mi ha detto: padre, la vostra è stata
veramente una “homélie vivante”.
Non poteva essere diversamente,
d’altra parte, considerato che gio-
vedì dovrò mettermi in viaggio per
Kinshasa dove incontrerò il mini-
stro dell’agricoltura che il mese
scorso è venuto con una folta de-
legazione a visitare la Ferme-école
Nino Baglieri, per riconoscerla
ufficialmente come Centre Agro-
Pastoral dello Stato, in modo da
averne così i contributi e le sov-
venzioni. Da Kinshasa, poi, andrò
in Cina, grazie al visto che mi ha
fatto ottenere anche il ministro, per
visitare la fiera internazionale di
Guanzgou e comprare il sistema
d’irrigazione e alcune attrezzature
per la Ferme-école. Normalmen-
te, avrei dovuto prendere il visto
all’ambasciata cinese a Roma, ma
vedete voi stessi come Nino ci
facilita i percorsi e ci apre sempre
le porte! D’altronde, nel suo te-
stamento spirituale ci ha lasciato
scritto: “Non lasciatemi senza far
niente”, e così io ne approfitto e mi
rivolgo a lui per ogni mio bisogno.
Se dovessi scrivervi tutte le me-
raviglie che qui compie Nino, non
basterebbe un libro intero.
Don Salvatore Cerruto -
missionario fidei donum in Congo
Sono un parrocchiano molto de-
voto di Nostra Signora del Monte
Carmelo qui in Estancia Valley, nel
New Mexico (Stati Uniti), e lavo-
ro di notte come assistente del
personale presso una struttura,
dove mi prendo cura di bambini
e giovani adulti ammalati, disabi-
li mentali. Scrivo per esprimere il
mio profondo interesse ad aiutare
la causa per la canonizzazione di
don Carlo Braga e per chiedere
aiuto per provvedere, in particola-
re sotto forma di preghiere, santini
e soprattutto, se possibile, una re-
liquia per tali straordinarie anime
innocenti che io curo. Questo si-
gnifica molto per me e sono sicuro
che quelli che curo se potessero vi
ringrazierebbero. Don Braga per
me è una incredibile ispirazione.
Zachary Dickey - Stati Uniti
Fin da bambino soffrivo di forti
disturbi ad un orecchio. Nell’ulti-
ma visita dall’otorino, dopo aver
pregato il Servo di Dio don Tito
Zeman, che durante la prigionia
subì torture che lo resero sordo,
il medico ha diagnosticato che la
timpano sclerosi si è chiusa, l’o-
recchio è in eccellenti condizioni
e che non c’è bisogno di terapia.
don Pierluigi Cameroni - Roma
Nel marzo del 2014 ho sofferto per
alcune settimane diversi disturbi
alla spalla che mi hanno impedito
di svolgere le normali attività. Ero
incapace di stare due minuti nella
stessa posizione, così da comin-
ciare a vedermi impossibilitato a
svolgere alcun compito. Il consi-
glio del medico fu quello di an-
dare a nuotare ogni giorno (cosa
che non ho fatto), per migliorare
la qualità della mia vita. Il 4 apri-
le, anniversario della nascita di
Mamma Margherita, mi trovavo a
Capriglio, partecipando all’Eucari-
stia con tutto il popolo. Al termine
chiesi a Mamma Margherita
di liberarmi da quei disturbi. Due
giorni dopo il dolore è scomparso.
Da allora sono già trascorsi più di
due mesi e i disturbi non sono più
ricomparsi. A Capriglio ho pro-
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Settembre 2014

4.9 Page 39

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VATICANO
messo che se fossero scomparsi
ne avrei dato comunicazione, al
fine di incoraggiare la promozio-
ne della causa di beatificazione
di questa donna ammirevole e
impegnata con don Bosco nell’e-
ducazione e nella cura dei giovani
dell’Oratorio di Torino.
R. F. J. Salesiano
di Badalona - Spagna
Grazie segnalate
per l’intercessione
di san Domenico Savio
– Ringraziamo san Domenico
Savio per la sua intercessione a
protezione del nostro bambino
Giuseppe Domenico, nato dopo
una gravidanza travagliata, in cui
ci avevano detto che avrebbe avu-
to dei problemi ai reni, risoltisi poi
autonomamente al momento della
nascita. Dopo due giorni ci disse-
ro che aveva un soffietto al cuore e
non rispondeva alle otoemissioni.
Continuammo a recitare la novena
a san Domenico e dopo accurati
controlli ci dissero che per il cuore
non era niente di grave, mentre per
l’udito abbiamo atteso ancora altri
due mesi e mezzo, pieni di paure e
sconforto, per avere la bella notizia
che tutto era a posto.
Giuseppina Bellante e Salvatore
– Ringraziamento a san Domeni-
co Savio e a Mamma Margherita
per la nascita di Richard.
Maria di Torino
– Giusy e Massimo da Palermo
ringraziano per la nascita dei loro
meravigliosi bambini, Maria e
Mattia, per intercessione della Ma-
donna e di san Domenico Savio.
– Vorremmo ringraziare per l’in-
tercessione di san Domenico
Savio, pregato durante tutta la
gravidanza di mia moglie Elisa,
per la nascita di nostra figlia Mar-
gherita. Abbiamo avuto varie vi-
cissitudini ma, questa volta, tutto
è andato per il meglio.
Efrem ed Elisa
Proclamate le virtù eroiche del Servo di Dio
Giuseppe Augusto Arribat, salesiano sacerdote
L’8 luglio 2014 il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promul-
gare il Decreto riguardante le virtù eroiche del Servo di Dio Augusto Giuseppe Arribat, sacerdote professo
della Società Salesiana di San Giovanni Bosco.
Breve profilo biografico
Giuseppe Augusto Arribat nacque il 17 dicembre 1879 a Trédou (Rouergue - Francia). La povertà della
famiglia costrinse il giovane Augusto ad iniziare la scuola media presso l‘oratorio salesiano di Marsiglia
solamente all‘età di 18 anni. Per la situazione politica di inizio secolo, egli diede inizio alla vita salesiana
in Italia e ricevette la veste talare dalle mani del beato don Michele Rua. Tornato in Francia cominciò,
come tutti i suoi confratelli, la vita salesiana attiva in una condizione di semiclandestinità, prima a Marsi-
glia e poi a La Navarre. Venne ordinato sacerdote nel 1912. Fu chiamato alle armi durante la Prima guerra
mondiale e fece l‘infermiere barelliere. Terminata la guerra, don Arribat continuò a lavorare intensamente
a La Navarre fino al 1926, dopo di che andò a Nizza dove stette fino al 1931. Ritornò a La Navarre come
direttore e contemporaneamente incaricato della parrocchia Sant‘Isidoro nella valle di Sauvebonne. I suoi
parrocchiani lo chiameranno “Il Santo della Valle”. Al termine del terzo anno fu mandato a Morges, nel
cantone di Vaud, in Svizzera. Ricevette poi tre mandati successivi di sei anni ciascuno, prima a Millau,
poi a Villemur e infine a Thonon nella diocesi di Annecy. Il periodo più carico di pericoli e di grazie fu pro-
babilmente quello del suo incarico a Villemur durante la Seconda guerra mondiale. Tornato a La Navarre
nel 1953, don Arribat vi resterà sino alla sua morte avvenuta il 19 marzo 1963.
Il Venerabile don Augusto Arribat (1879-1963), salesiano francese, si dimostrò un padre buono con
tutti i suoi figli. La sua vita è l‘incarnazione dell‘espressione evangelica: «Non sono venuto per essere
servito, ma per servire». Non rifiutò alcun tipo di lavoro, anzi ricercò egli stesso i servizi più umili. A
causa della sua disponibilità ai lavori di pulizia, i novizi lo chiamano «Il cavaliere della scopa». Veglia
i malati durante tutta la notte. Durante la guerra ai confratelli di passaggio dà la sua camera e il suo
letto, mentre lui passa la notte su una
poltrona o in cappella. A lui, chiamato
«Il santo della Valle», si attribuiscono
guarigioni miracolose.
In tutti i suoi incarichi di responsabilità,
soprattutto come direttore per diversi
anni e in varie case, Padre Arribat si
manifesta salesiano esemplare: sempre
presente in mezzo ai giovani allievi, nel
cortile come nella cappella, a scuola di
catechismo come in infermeria; passa
dal refettorio al dormitorio, dal confes-
sionale al giardino, sempre attento a tut-
to e a tutti. Ha uno straordinario rispetto
e una grande delicatezza per ogni per-
sona, soprattutto per i piccoli e i poveri.
Veglia sulla casa, di cui è considerato il
«parafulmine», come fosse un novello
san Giuseppe. Viso aperto e sorridente,
questo figlio di don Bosco non allonta-
na nessuno. Mentre la sua magrezza e
il suo ascetismo richiamavano la figura
del santo Curato d‘Ars, la sua dolcezza
e il suo sorriso erano degni di san Fran-
cesco di Sales.
Settembre 2014
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4.10 Page 40

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I NOSTRI LIBRI
CESARE BISSOLI
Profumo
di terra sarda
nei libri di don Leonardo Iddau
Rositas de mata
Poesie (2 volumi)
Soter editrice
Fioritos de tanca
Detti in rima (2 volumi)
Soter editrice
Don Iddau, dopo aver pub-
blicato, sempre con la Soter
editrice di Villanova Mon-
teleone, Fiores de ammentu,
Rimas de dicios sardos, Can-
tende in Logudoro ha voluto
condividere con la sua gente
altri pensieri ed emozioni
della sua fanciullezza in questi volumi, con testi in lingua
sarda e traduzione italiana a fronte.
Anche queste opere come le precedenti contengono una
densa raccolta di detti, di proverbi, di modi di dire, di
aneddoti che nascono da quel vocabolario sardo-villa-
novese interiorizzato da giovanissimo. Fino a quando la
vocazione lo ha portato presso i salesiani di don Bosco a
Torino, dove ancora oggi svolge la missione di sacerdote
con fessore.
Allora non ci resta che assaporare i contenuti di que-
ste nuove opere, cercando di non intrattenersi soltanto
alla rima, ma di saper leggere tra le sfumature il senso
profondo delle parole, anche quello allegorico, allusivo,
umoristico e spesso moraleggiante con il quale l’autore
vuole comunicare il senso vero e il significato profondo
della vita.
La saggezza
di Pino Pellegrino
Bentornato papà
Per riscoprire
il ruolo paterno
Elledici
Queste pagine sanno bene dove
vogliono andare, dove vogliono
arrivare. Il loro obiettivo è molto
chiaro.
Qui si vuole dimostrare che senza la figura paterna, l’e-
ducazione del figlio non è piena anche se viene molti-
plicata per cento o per mille l’importanza della figura
materna. Senza la presenza del padre, abbiamo un’edu-
cazione dimezzata! Insomma, se non rivalutiamo i padri,
faremo poca strada. Ecco perché (e siamo al secondo no-
stro obiettivo) dobbiamo portare alla ribalta la paternità!
È tempo!
Ma che ci sto a fare?
Vivere... ne vale la pena?
Elledici
Il peso di queste pagine sta nel
tematizzare il problema del sen-
so della vita. Una ragione per
stare al mondo c’è per tutti!
Nessuno è di troppo, nessuno è
inutile! È chiaro che queste sono pagine indispensabili
in una società disorientata come la nostra. Pagine da re-
galare ai depressi, ai delusi: è un ordine! È vero che non
lasciano riposare la mente, in compenso rendono abbrac-
ciabile la vita. Il lettore ne uscirà arricchito: scoprirà che
vivere è lavorare con il cuore, vivere è stancarsi per gli
altri. Scoprirà che l’Amore è il brevetto della vita e della
felicità.
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Settembre 2014

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
ROBERTO COLAMEO
DON ANTONIO MISCIO
Morto a Firenze il 5 agosto 2013, a 90 anni
Don Antonio era nato a San Gio-
vanni Rotondo l’8 maggio del
1923. Nella sua famiglia ha certa-
mente trovato un ambiente ricco
di virtù umane e cristiane, spe-
cialmente una fede genuina im-
pastata con il lavoro sacrificato,
il senso del dovere, la cura della
famiglia e la solidarietà.
In questo clima ha maturato il
desiderio di offrirsi al Signore per
dedicarsi ai fratelli. Certamente
la figura e la presenza di san Pio
da Pietrelcina ha aiutato il nostro
Antonio a cogliere la chiamata di
Dio e a corrispondervi con tutto
se stesso.
Ho chiesto alla nipote Rosella una
testimonianza sullo zio: un bel
dono le sue parole: «Parlare dello
zio per me è difficile. Tante cose
avrei da dire, non so da dove co-
minciare. Il nostro è stato un rap-
porto intenso: da lui ho ricevuto a
dodici anni il primo libro da adul-
ta, a richiesta ne sono seguiti tan-
tissimi per la mia gioia e per quella
dei miei compagni di liceo, non era
facile in un paesino del sud, senza
una libreria, poterseli procurare.
È stato il mio educatore. Bastava
uno sguardo per capirsi. Ero la
prima a leggere e correggere le
bozze dei suoi libri, quando anco-
ra non usava il computer ero io a
scriverli traducendo pagine zeppe
della sua non facile scrittura. Non
aveva un carattere difficile, come
poteva sembrare superficialmen-
te, aveva il suo carattere profon-
do, viscerale, generoso, altruista,
impulsivo, irrequieto e intransi-
gente, ma aveva sofferto tanto da
bambino, lontano dalla sua fami-
glia. Da questa mancanza d’amore
nell’infanzia nasceva una malinco-
nia di fondo che negli ultimi anni
si era accentuata, appena visibile
in un’improvvisa incrinatura del-
la voce; così come l’idea di non
essere stato all’altezza, nella vita,
del suo amore per don Bosco e la
Società Salesiana».
Il giorno 11 ottobre 2012, 50° del
Concilio, don Antonio nella “parti-
colare” Cronaca della Casa scrive-
va queste righe: «Se pur faranno
la cosiddetta lettera mortuaria,
voglio aiutare chi lo farà dicendo
che non merito nulla. Di positivo
ho fatto, poco, molto poco: ho fat-
to scuola esattamente per 49 anni,
dal 1941 al 1993; sempre scuola
regolare, a Sampierdarena, ad
Alassio, a Varazze, Collesalvetti, a
Livorno e a Firenze; sono stato per
24 anni assistente delle VDB; nei
34 anni con don Fedro Dei a S. Ja-
copino (dal 1965 al 1999) ho dato
in nome di Dio e della Chiesa il
perdono nelle due messe alle 8.30
e alle 10. Ho da perdonare molti
peccati e dare il perdono. Il mira-
colo della chiesa; sono stato due
anni catechista a Varazze, 1951-
53. E tre anni preside dei Geo-
metri a Firenze, 1968-70; ho nar-
rato, ho risuscitato la memoria di
tanti salesiani da non dimenticare,
raccontando di Firenze, di Pisa, di
Alassio, di Sampierdarena, di Li-
vorno e Collesalvetti, di Figline, di
don Briano, don Breschi, don Bal-
dan, don Raineri. Una cosa bella
quest’ultima, che mi ha riempito la
vita degli ultimi 20 anni».
Così si esprime don Antonio San-
na, vicario dell’Ispettoria: “Dietro
queste tappe e ruoli ricoperti ci
sono volti di ragazzi e di giovani,
adulti e consacrati, presenza, at-
tenzione, cura, impegno, passione
educativa... Per più di un quaran-
tennio la cattedra è stata il pulpito
di don Antonio. Nel vivere il suo
ministero sacerdotale a servizio
dell’educazione ha profuso le sue
migliori energie e ha illuminato
la cultura e le scienze con la ric-
chezza della fede e la sapienza che
proviene dal vangelo”.
Così lo ricorda don Abraham
Kavalakatt, Direttore a Loreto:
“Ricordo con tanto affetto don
Antonio Miscio. Don Miscio era il
primo salesiano che ho incontrato
a Firenze quando sono arrivato in
Italia. Lui con un affetto speciale ci
ha accolto: i primi 4 chierici tiroci-
nanti e me dall’India. Il suo affetto
mi è rimasto sempre nel cuore. Ho
visto sempre don Miscio, come un
buon salesiano in cortile con i ra-
gazzi o nella biblioteca o in Chiesa.
Ogni volta che ci siamo incontrati a
Firenze mi ha parlato a lungo e mi
ha regalato alla fine l’ultimo libro
suo. Ne ho diversi! Ho conosciuto
meglio l’ispettoria e le nostre opere
leggendo quello che don Miscio
ha scritto. Certamente, scritto con
amore per l’ispettoria, le nostre
opere e i confratelli».
Un suo allievo, Stefano Biagini,
scrive:«Don Antonio: un educato-
re che mi ha lasciato il segno! Nel
mio caso, fra i molteplici, c’è stato
un passaggio esistenziale che io
ritengo sicuramente importante
per la mia formazione e di quel-
lo che, nel bene e nel male, oggi
sono; e mi riferisco soprattutto a: i
miei valori, i miei riferimenti mora-
li, la mia fede Cristiana...».
La seconda media del 1942 ad Alassio. Al centro il giovane chierico
Antonio Miscio.
Settembre 2014
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
UN UOMO, UN SANTO, UN SIMBOLO
Come tutti i preti di allora e di oggi anche il giovane don Bosco, appena
ordinato sacerdote, aveva ricevuto il suo abito talare. Lo indossava con
molta semplicità e disinvoltura ben sapendo che “non è l’abito che fa il
monaco” e vestirsi in modo ufficiale non gli impediva di comportarsi
come aveva sempre fatto, cioè con dinamismo e scioltezza. Il tocco fi-
nale che completava l’aspetto di tutti i preti era la XXX che, come non
tutti sanno, è a forma pressoché cubica con tre alette rigide disposte a
90° e una specie di nappa (come un pon-pon) al centro. Sono sempre
di colore nero (tranne che per i cardinali cui spetta il rosso), rivestite di
seta e vanno portate in testa con un’aletta verso il centro della fronte, una
a destra e l’altra verso la nuca. In questo modo alla vista appariva legger-
mente asimmetrica e a don Bosco ancor di più in quanto i suoi capelli
folti e ricciuti le impedivano di stare allo stesso posto anche per soli dieci minuti. Senza contare che,
con il daffare che c’era, stare tranquilli proprio non si poteva. Le giornate di don Bosco erano più simili
ad un’avventura che a un quieto cerimoniale durante cui rilassarsi. E proprio questa è l’immagine più
cara che abbiamo di don Bosco, lo sguardo attento, il sorriso
accennato e il copricapo a “sghimbescio”. Queste immagini,
in fotografia e nei ritratti, ci dicono tutto di lui: un padre pre-
muroso che accoglie chiunque con affetto, pronto al sorriso
anche quando le cose magari non vanno come dovrebbero,
che non dà importanza all’apparenza, che non si risparmia
nella preghiera, nello studio e nel gioco. E i tanti giovani che
hanno avuto la fortuna di conoscerlo lo avranno visto con
l’abito talare annodato in vita rincorrere il pallone e lanciare il
suo copricapo in aria per la gioia.
Definizioni
ORIZZONTALI. 1. La tecnica di chi
inganna il pubblico con trucchi e giochi
- 14. Ogni uccello ne ha due - 15. Nei
bronzi e nell’ottone - 16. Il Ferenc che
scrisse I ragazzi della via Pàl - 17. Un
Bennato cantautore (iniz.) - 19. Parità
nelle dosi - 21. Bambinaia - 24. Fi-
niscono spremute nei frantoi - 25. Il
Tribunale Amministrativo Regionale
- 27. La famosa espressione di Mike
Buongiorno - 30. Le cose preziose di
famiglia - 31. … al Serio è l’aeroporto
di Bergamo - 33. XXX - 35. Prece-
dette l’IVA - 37. Guarito - 39. Ebbe tra
i suoi allievi Liszt - 40. Lo Stevens del
Rock - 41. Istituto Bancario Italiano -
42. Anteriore (abbr.) - 43. La prima
preposizione - 44. Una famosa piazza
di Roma - 46. Cagliari (sigla) - 47. La
Pacific linea ferroviaria americana -
49. La fa chi è in sovrappeso - 51. In
tono sono diverse - 52. Faceva coppia
con Stanlio - 53. L’antica Troia - 54.
Gigante ucciso da Ercole.
VERTICALI. 1. Sovrabbondante,
prolisso - 2. I margini dell’Etna - 3.
Una terribile malattia degenerativa - 4.
La Turner della canzone - 5. La prima
nota - 6. Completo di tutte le parti - 7.
Coraggiosi - 8. Iniziali della Marcuz-
zi - 9. Una… mostra d’animali - 10.
Con tempore è espressione usata per
indicare tempi lontani - 11. Relativo
al mondo dei sogni - 12. È colui che
va per mare - 13. Lunghissimi periodi
geologici - 18. L’orso nero americano
- 20. Colli della campagna romana -
22. Le prime di Agrigento - 23. Il gri-
do della cagnetta pariniana - 26. Dino,
regista de Il sorpasso - 28. Ci si pas-
sa la notte sopra - 29. La città con il
Partenone - 32. Vocali in prosa - 34.
Solcata dal vomere - 36. Un idrocar-
buro - 38. Lo è Brontolo - 45. Un tipo
di furgone - 47. Pari nei cubi - 48.
no, né sì - 50. La prima persona.
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Settembre 2014

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Il tassista
Faccio il tassista. I passeggeri
salgono, si siedono vicino a
me in un totale anonimato,
e mi parlano della loro vita.
Ho incontrato persone la cui
vita mi stupiva, mi rendeva
migliore, mi faceva sorridere o mi
deprimeva. Nessuna però mi com-
mosse tanto quanto la donna che
salì una notte di agosto.
Avevo risposto alla chiamata presso
alcune villette tranquille. Credevo che
avrei raccolto qualcuno che usciva da
una festa, o qualcuna che aveva avuto
una discussione con il fidanzato o un
lavoratore che avrebbe dovuto recarsi
presto al lavoro presso la zona indu-
striale della città. Quando giunsi verso
le 2:30 a.m., la casa era buia tolta una
luce dalla finestra del primo piano. In
queste circostanze molti tassisti fanno
suonare una o due volte il clacson,
attendono un minuto, e poi se ne
vanno. Io però conosco alcune persone
povere che dipendono dal taxi come
unico mezzo di trasporto in certi casi.
La situazione mi appariva incerta, ed
io andai fino alla porta e bussai.
«Un minuto» rispose una voce fragile.
Sentivo qualcosa che veniva trasci-
nato sul pavimento e dopo una lunga
pausa, la porta si aprì. Una piccola
donna di circa ottant’anni comparve
davanti a me. In mano una piccola
valigia di nylon. Nell’appartamento,
tutti i mobili erano coperti con fodere,
non c’erano orologi alle pareti, nessun
soprammobile o
utensile. In un
angolo c’era una
scatola di cartone
piena di fotografie
e una vetrinetta. Continuava a ringra-
ziarmi per la mia gentilezza.
«Non è niente, le dissi. Io voglio
trattare i miei passeggeri come vorrei
che fosse trattata mia madre». «Oh,
sono sicura che lei è un buon fi-
gliolo». Quando giungemmo al taxi
mi diede un indirizzo, poi chiese:
«Potrebbe passare dal centro?»
«Non è la via più breve» le risposi
rapidamente.
«Oh, non importa» disse lei. «Non
ho fretta, vado alla casa di riposo».
La guardai nello specchio retroviso-
re, i suoi occhi lacrimavano. «Non ho
famiglia» continuò «il dottore dice
che non mi rimane molto tempo».
Tranquillamente allungai la mano
e spensi il tassametro. Per due ore
guidai in giro per la città. Ella mi
indicò lo stabilimento in cui aveva
lavorato come operatrice di ascensori.
Poi dove lei e suo marito erano vissu-
ti quando erano sposati da poco. Mi
chiese di passare davanti ad un nego-
zio di mobili dove una volta c’era una
sala da ballo, e lei andava a ballare da
ragazza. A volte mi chiedeva di pas-
sare lentamente davanti a un edificio
particolare o ad un angolo buio, e
non diceva niente… Appena appar-
ve all’orizzonte il primo raggio di
sole, ella subito disse: «Sono stanca,
andiamo adesso».
Rimase in silenzio fino al luogo che
mi aveva indicato. Due infermieri
vennero verso il taxi il più veloce-
mente possibile. Erano molto gentili,
e vigilavano ogni sua mossa. Proba-
bilmente la stavano attendendo. Ho
aperto il bagagliaio ed ho portato la
valigetta fino alla porta. La donna
stava seduta su una sedia a rotelle.
«Quanto le devo?» chiese, frugando
nella sua borsa. «Niente» le dissi.
«Dovete vivere di qualcosa» rispose.
«Avrò altri clienti» affermai.
Così, senza pensarci, mi chinai e la
abbracciai. Ella mi corrispose con
forza, e disse: «Avevo proprio biso-
gno di un abbraccio!»
Mi strinse la mano, poi si avviò verso
la luce mattutina. Dietro a me una
porta si chiuse, era il suono di una vita
conclusa. Non accettai altri clienti in
quel turno, e guidai senza meta per
il resto del giorno. Ad uno sguardo
veloce, credo di non aver fatto niente
di più importante nella mia vita.
Un bacio, un abbraccio possono
essere un dono di vita. È l’ordi-
ne di san Paolo: «Salutatevi a
vicenda con il bacio santo».
(2 Cor 13,11-13).
Settembre 2014
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Salesiani nel mondo
Il progetto
Mamma Margherita
Le suore salesiane nelle
baraccopoli di Nairobi
Invito a Mornese
La culla delle Figlie
di Maria Ausiliatrice
Quando i luoghi
raccontano la storia
Le case di don Bosco
La prima casa
fuori del Piemonte
Il liceo di Alassio
I grandi amici
Papa Paolo VI
Il Papa del Concilio
è Beato!
Come don Bosco
Le malattie
dell'educazione
La “sclerocardia”
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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