Bollettino_Salesiano_201405

Bollettino_Salesiano_201405

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IL
MAGGIO
2014
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Intervista
alla mamma
del Rettor Maggiore
Poster
Maria Ausiliatrice
BODOSNCOn1. 0
Benvenuto Don Ángel

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LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
Il catechismo
della prima
Comunione
Sono un catechismo
della parrocchia di
Sant’Andrea di
Castelnuovo.
Quaresima
dopo quaresi-
ma me ne resto solo soletto in un
grande scatolone di legno insieme a
decine di altri catechismi. Siamo tutti fratelli ge-
melli. Con grande orgoglio ognuno di noi mo-
stra il proprio nome e titolo: “Compendio della
Dottrina Cristiana” a cura di Michele Casati.
Le mani ruvide di centinaia di bambini, figli
delle famiglie di contadini che vivono e lavorano
qui intorno sono riusciti a rompere in parte la
mia rilegatura; le mie pagine sono ormai rovina-
te e ingiallite ma, allo stesso tempo, sono i testi-
moni visibili di anni e anni passati a insegnare
la dottrina cristiana a generazioni di piccoli
bambini e bambine che si preparavano a ricevere
la prima Comunione.
Quel giorno fui aperto per la prima vol-
ta con una grande decisione. I suoi occhi
iniziarono ad accarezzare le domande che erano
state stampate con inchiostro nero su quelle pa-
gine. Leggeva a gran velocità. Ben presto però,
notai che qualcosa non stava funzionando nel
modo giusto. Quel ragazzo leggeva sola-
mente le domande.
(Traduzione di Deborah Contratto)
La storia
Giovanni Bosco riceve la prima Comunione il giorno di
Pasqua del 1827, dopo aver frequentato il catechismo,
ogni giorno, nel periodo di quaresima, presso la parroc-
chia di Castelnuovo. È stata Mamma Margherita la sua
prima catechista, insegnandogli non solo le varie risposte
del catechismo, ma anche le profonde verità della fede
cristiana (Memorie dell’Oratorio, prima decade, n. 2).
I suoi occhi saltavano del tutto le piccole
lettere con cui erano scritte le risposte.
Era dunque urgente che gli facessi capire
l’importanza che quelle risposte aveva-
no. Se andava avanti di quel passo, di
sicuro, non avrebbe imparato niente.
I miei fogli iniziarono a tremare. Sono
un catechismo responsabile, ben attento ad
aiutare i ragazzi che, per mezzo delle mie
parole, apprendono la fede cristiana!
Dopo trenta minuti don Giuseppe ordinò
a tutti di chiudere i libri, e iniziò la lezione.
Lui, il maestro, faceva le domande, e i bam-
bini e le bambine dovevano recitare a memoria la
risposta. Arrivò quindi il turno del piccolo Gio-
vanni. La domanda rimase a galleggiare nell’aria.
Un breve silenzio. Mi mancò il fiato dalla paura
che avevo.
Ma il ragazzo rispose con compostezza e grande
precisione. Nella mia mente di libro totalmen-
te ingiallito, mi chiedevo tra me e me: “Come
aveva potuto Giovanni sapere la risposta se aveva
solamente letto le varie domande?”.
Dopo alcuni giorni conobbi la mamma, Marghe-
rita e mi risposi da solo. Era da lei che Giovanni
aveva imparato le risposte del catechismo. Sempre
da lei Giovanni aveva imparato a meravigliarsi di
fronte all’immensità del cielo, ad ascoltare la voce
interiore della propria coscienza, ad aprire le mani
per far crescere l’albero della solidarietà, a lasciare
aperta la porta di quell’umile casa per accogliere i
poveri e i mendicanti.
Margherita, una donna umile e analfa-
beta, è stata il vero catechismo di Gio-
vanni, con la sua tenerezza, una tenerezza che
io mai potrò avere la fortuna di raggiungere.
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Maggio 2014

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IL
MAGGIO 2014
ANNO CXXXVIII
Numero 5
IL
MAGGIO
2014
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Intervista
alla mamma
del Rettor Maggiore
Poster
Maria Ausiliatrice
BDOOSNCOn1. 0
Benvenuto Don Ángel
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 EDITORIALE
Con il cuore di don Bosco
7 LE SORPRESE DI MARIA
8 INCONTRI
«Mio figlio don Ángel»
12 L'INVITATO
Mario Olmos
15 CINQUE PER MILLE
16 FINO AI CONFINI DEL MONDO
18 A TU PER TU
Don Dezzutto
20 INVITO A VALDOCCO
22 POSTER MARIA AUSILIATRICE
26 LE CASE DI DON BOSCO
30 FMA
Mille vite per il Vangelo
32 COME DON BOSCO
34 LA LINEA D'OMBRA
Una generazione “altrove”
36 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
38 MEMORIE
40 I NOSTRI SANTI
41 RELAX
42 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
43 LA BUONANOTTE
8
12
18
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina :
Don Ángel
Fernández Artime
è il nuovo Rettor
Maggiore della
Congregazione
e della Famiglia
Salesiana
(Illustrazione di
Stefano Pachì).
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Maria Antonia Chinello,
Roberto Desiderati, Cesare Lo
Monaco, Alessandra Mastrodonato,
O. Pori Mecoi, Pietro Mellano,
Francesco Motto, Pino Pellegrino,
José Antonio San Martín, Mario
Scudu, Felice Terriaca, Luigi Zonta,
Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
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Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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EDITORIALE
B.F.
Con il cuore di don Bosco
Dieci domande a don Ángel Fernández Artime,
decimo successore di don Bosco
1. Lei è il don Bosco del
Bicentenario: qual è il suo sogno?
Il mio sogno è che la nostra Congregazione e la
nostra Famiglia Salesiana in questo anno del bi-
centenario e in questo secolo siano veramente la
Congregazione e la Famiglia Salesiana che don
Bosco voleva per questo tempo. Sogno che la luce
della Congregazione continui a brillare e possa
mantenere ciò che le è proprio: il carisma che lo
Spirito Santo suscitò in don Bosco e che si distin-
gua per un’opzione preferenziale per tutti i gio-
vani, specialmente per gli ultimi, tutti quelli che
hanno meno, tutti gli esclusi.
2. A chi ha pensato per primo
appena è stato eletto?
Dico sinceramente che in quel momento non ho
pensato ai miei genitori né ai miei affetti prossimi
umani, ma ho pensato a don Bosco. E ho pensato
che Lui per mezzo del Signore e lo spirito dei
miei fratelli mi chiamava a mettermi davanti, alla
guida con i miei fratelli di questa congregazione
tanto viva e mi sono raccomandato a lui perché
sentivo che era qualcosa di magnifico e di sovru-
mano, superiore alle forze che uno può sentire.
3. Questa chiamata è più il peso
di una grande responsabilità
o una grande gioia?
Certamente la responsabilità è stata presente.
Dopo qualche momento di incertezza e di per-
cezione di quanto poteva essere tremendo il
peso, ciò che prevalse fu una grande gioia non
solamente per me, ma una grande gioia di tutti.
Come Congregazione e come Famiglia Salesia-
na, insieme ai fratelli del Consiglio Generale, in-
sieme a tutti gli ispettori, che realmente portano
la responsabilità concreta nelle varie regioni del
mondo, insieme ad ogni fratello della Congrega-
zione, stiamo scrivendo questa pagina così bella
in questo momento della nostra storia, formando
una grande famiglia e un grande movimento nel-
la Chiesa.
4. Com’è stata la sua infanzia?
La mia infanzia è stata quella di un bambino
molto semplice e sereno, in un villaggio del nord
della Spagna, un paesino sul mare, di pescatori:
un contesto che mi ha segnato profondamente a
cominciare dalla natura, dal mare, dal sole.
Sono stato un bambino e poi un adolescente che è
cresciuto in una famiglia molto sana, molto umile,
di lavoratori del mare, nella quale tutto era sempli-
ce, dove l’affetto dei genitori
era sincero, con una nonna,
uno zio, con altri non-
ni e zii e vincoli affettivi
che mi hanno permesso
di crescere con una gran-
de sicurezza affettiva e mi
hanno reso, credo, un ra-
gazzo e un giovane
e poi un adulto
soprattutto se-
reno, tranquil-
lo, affettuoso,
espansivo, ricco
di sentimenti.
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5. Com’è nata la sua vocazione
salesiana?
Per due cose. Prima di tutto sono cresciuto nel cuore
di una famiglia felice. Un ambiente cristiano sobrio
e genuino, dove Dio era presente, in cui la devozio-
ne a Maria era viva, dove vedevo come mio padre,
mio zio quando partivano per il mare si affidavano
a Dio perché il mare può essere molto traditore e
non sapevano che cosa avrebbero incontrato.
E poi perché ho potuto studiare dai salesiani.
Una persona anziana amica dei salesiani di León
e che passava le vacanze estive nel mio villaggio
era una buona amica dei miei genitori e pensò che
la cosa migliore che potesse fare per questo bam-
bino, che ero io, era che studiassi dai salesiani.
Lasciai così il mio villaggio, conobbi i salesiani
e fui molto colpito da come i salesiani trattavano
me e i miei compagni, dalla loro amicizia, dalla
spontaneità, dall’affabilità, dalla semplicità. Tut-
to questo destò in me un’inquietudine che, no-
nostante avessi già fatto i documenti per entrare
all’Università per studiare medicina o chimica,
mi suscitò il desiderio di provare con i salesiani
una scelta di vita che prometteva felicità.
6. Come direttore e poi come
ispettore ha incontrato difficoltà?
La vita conosce sempre difficoltà, qualunque sia
la strada intrapresa, qualunque sia l’impegno: pa-
dre, madre, lavoratore…
Come direttore, come due volte ispettore ho sen-
tito le difficoltà legate a questo servizio. Ma la
mia vita salesiana fino ad oggi
non è stata segnata tanto dal-
le difficoltà quanto dalle pos-
sibilità che la vita e il Signore
della vita e la Congregazione
mi hanno dato per avermi per-
messo, nei miei trentacinque
anni come salesiano di stare
nel mondo dei giovani, gior-
no dopo giorno. Pensare con i
giovani, sognare con i giovani, pur continuando
nell’animazione e nel governo.
7. La Famiglia Salesiana è presente
in più di cento paesi e in tutti
i continenti, immersa in culture
molto differenti. Come si possono
conservare l’unità e l’identità?
Questa è una delle sfide più importanti che dob-
biamo affrontare. È molto importante garantire
la comunione e la comunione viene garantita dal-
la partecipazione di tutti, con modalità diverse, al
tronco comune che è don Bosco e il carisma che
lo Spirito Santo ha dato alla Chiesa in don Bosco.
E, indipendentemente dalla persona che lo incar-
na, il Rettor Maggiore è il nesso di comunione di
tutta la famiglia salesiana.
8. È innegabile una crisi di vocazioni.
Quale sarà il volto della Congrega-
zione Salesiana nel secolo XXI?
Quando parliamo di crisi di vocazioni dobbiamo
pensare prima di tutto che il mondo è molto più
grande di dove abitiamo noi. Questo vale per la
Chiesa intera. Per esempio, per quanto riguarda
la Congregazione salesiana, le vocazioni fiorisco-
no con molta forza anche in questo momento nel
continente asiatico e hanno un futuro pieno di
speranza in tutto il continente africano. Le vo-
cazioni sono presenti ed emergono con forza in
America Latina e noi dobbiamo garantire una
formazione robusta e una perseveranza maggiore.
Le vocazioni incontrano molte più difficoltà in
Europa, più nell’Europa occidentale che nell’Eu-
ropa dell’Est. La Congregazione nel secolo xxi
sarà senza dubbio una congregazione molto piena
di vita, che magari cambierà un po’ il colore della
pelle, parlerà altre lingue. Ma noi continuiamo ad
essere propositivi con coraggio anche in Europa,
presentando forti sfide ai giovani, sicuri che il Si-
gnore continua e continuerà a chiamare in tutte le
parti del mondo.
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EDITORIALE
9. Quali sono oggi i “territori
di missioni” prioritari?
Internet è uno di questi?
La missione prioritaria non riguarda soltanto il
tipo di opera ma dipende dal posto concreto del
mondo in cui si trova. Alcune opere poco signifi-
cative in un posto possono essere molto signi-
ficative in un altro. La significatività reale in un
paese può essere decisiva. Per esempio, è possibile
che in un contesto di altre religioni non sia facile
tenere una parrocchia cattolica (in qualche posto
è impossibile) e al contrario una scuola di forma-
zione professionale si converte in una piattaforma
di educazione e di evangelizzazione eccezionale.
Qualcosa che non è una novità in Europa, può
essere una grande novità in altre parti del mondo.
Però, indipendentemente dal tipo di opera, in qua-
lunque nazione si trovi la cosa più importante è a
che tipo di giovane si rivolge. Il criterio che sem-
pre ci garantisce è questo: dove stanno i giovani che
hanno più bisogno di noi e dove vogliamo dare le ri-
sposte che più sono necessarie alla loro vita concreta.
È certo che il continente digitale e internet in tut-
te le sue espressioni è un “cortile” salesiano in cui
dobbiamo essere presenti, approfittando del buono
che ha e rimanendo guardinghi sui pericoli che ci
possono essere. Ma è fuor di dubbio che questo
grande cortile salesiano, in tutte le sue espressioni,
avrà un grande sviluppo nei prossimi anni.
10. A quali figure della storia
salesiana si sente più vicino?
Devo dire con la mano sul cuore che la mia gran-
de passione della storia salesiana è don Bosco.
Certamente il Signore Gesù domina la mia vita,
la sostiene, gli chiedo che mi avvicini al Padre e
che il suo Spirito assista la Congregazione e la
mia vita. Però il mio grande amore e la mia pas-
sione è don Bosco. Quando penso a don Bosco mi
commuovo, quando ho potuto avere dei momenti
di intimità vicino a don Bosco a Valdocco ho sen-
tito che il mio cuore vibrava in modo speciale.
E ora come Rettor Maggiore gli chiedo che il
mio cuore assomigli sempre più al suo e che mi
conceda la grazia di sentire come lui sentirebbe e
di pensare quello che lui penserebbe.
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LE SORPRESE DI MARIA
PIETRO MELLANO
Foto di Alberto Mocci
La Madonna di Bonaria di Loceri
Siamo verso la fine dell’Otto-
cento e sul Monte Cuccu che
sovrasta l’abitato di Loceri
nella provincia dell’Ogliastra
ad un’umile serva di famiglia
“sa Serbidora” non si sa se in
sogno o in realtà appare la Madonna
di Bonaria. Nel dialogo intrattenuto
con la donna la Vergine le chiede espli-
citamente di costruire in cima a questa
collina una cappella dove poter recitare
la preghiera del Santo Rosario.
Passano i decenni e nell’Anno Santo
del 1900 l’allora parroco di Loceri,
don Vincenzo Maria Carta, pur nu-
trendo un’autentica devozione alla
Santa Vergine, non credeva affatto al
sogno di “sa Serbidora”, del quale in
paese si faceva ancora un gran parlare,
pur essendo passati diversi anni dalla
sua morte.
Venne il giorno 8 di dicembre, gior-
no di “Sa Gloriosa”, festa solenne
dell’Immacolata. Il parroco dopo
pranzo stanco si addormentò su una
comoda poltrona e si immerse in un
sonno profondo. Ed ecco che a don
Carta apparve nel sogno la Santa Ver-
gine, presentandosi sotto le sembianze
della Madonna di Bonaria. Quel gior-
no, il religioso si persuase che anche
il sogno di “sa Serbidora” era vero e
che bisognava prestarvi attenzione. La
Madonna aveva confermato a “Nonnu
Carta” la richiesta di una piccola Cap-
pella. La domenica seguente, don Car-
ta sprizzava di gioia da tutti i pori e,
nel parlare ai fedeli presenti alla santa
Messa, indisse subito una questua per
acquistare il Simulacro della Madonna
di Bonaria. I loceresi furono generosi,
nonostante la povertà di quei tempi.
Solo nel 1908, nella prima settimana
di agosto, la statua della Madonna di
Bonaria arrivò in paese. Sembrava un
inizio promettente, un buon auspicio
per poter costruire quanto prima la
Cappella sulla cima del “Monte Cuc-
cu”. Ma così non fu: l’entusiasmo dei
primi anni non ebbe un seguito. La
statua rimase in attesa nella prima
cappella a destra della chiesa parroc-
chiale di San Pietro Apostolo per più
di un secolo! Arriviamo quindi ai no-
stri giorni. “S’ortali e Monte Cuccu”
viene suddiviso in due parti ereditate
dal padre di don Alessandro Loi e dal
padre di don Igino Loi. Dalla volon-
tà di queste due famiglie e grazie alla
tenacia dell’attuale parroco don Elio
Mameli si avvera il sogno: una Cap-
pella alla Madonna di Bonaria a Loce-
ri sul Monte Cuccu. La realizzazione
di questo luogo di preghiera ha visto il
concorso di tutti gli uomini e le donne
di buona volontà di Loceri. Ognuno
ha messo a disposizione quanto po-
teva: risorse materiali, risorse econo-
miche, tempo, ingegno, strumenti,
mezzi, compresa l’amministrazione
comunale. Possiamo dire che l’opera è
veramente il frutto di un grande con-
corso di popolo suscitato dalla grande
devozione alla Protettrice di questa
terra, la Sardegna. Dopo Cagliari e
Buenos Aires, dopo la chiesa di Santa
Maria del Monte nei pressi del Golfo
Aranci, dopo un’altra chiesetta nella
diocesi di Ales, anche Loceri, ora, ha
un’area sacra riservata alla venerazio-
ne della Gran Madre di Dio, Nostra
Signora di Bonaria, Patrona Massima
della Sardegna e dei Naviganti.
I festeggiamenti per l’inaugurazione
della Cappella si sono protratti per
tre giorni dal 2 al 4 di agosto del 2013
ed hanno visto il giorno 2 la prima
processione verso il Monte Cuccu del
simulacro della Madonna di Bonaria.
Io vi sono passato alcuni giorni dopo
e devo dire di aver avvertito nell’inti-
mo quel senso di sacralità che il luogo
promana non solo per la splendida vi-
sta tra cielo e mare ma per quel segno
di provvidente protezione che da Lo-
ceri e dal “Monte Cuccu” si stende su
tutto il mondo.
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INCONTRI
JOSÉ ANTONIO SAN MARTÍN
Fotografie: JOSÉ PÉREZ MATA
«Mio figlio Intervista a Isabel Artime,
madre del Rettor Maggiore,
Ángel Fernández Artime
don Ángel»
Isabel, chi ti ha comunicato
la notizia della nomina di tuo figlio
come nuovo Rettor Maggiore
della Congregazione Salesiana?
La prima persona che mi ha dato la notizia è stato
l’Ispettore di León, don José Rodríguez Pacheco.
La sorpresa è stata enorme, non potevo creder-
ci. Seguì una telefonata di don Pascual Chávez,
Rettor Maggiore fino a quel momento. Non riu-
scii a rispondere perché scoppiai a piangere per
l’emozione. Arrivarono anche le telefonate del
segretario del Rettor Maggiore, don Juan José
Bartolomé, di don Filiberto Rodríguez e di don
Adriano Bregolin.
La bella famiglia
del Rettor
Maggiore: (da
sinistra) la sorella,
il papà, la nipotina
e la mamma.
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La Congregazione Salesiana è una nave
che ha bisogno di un buon timoniere
per affrontare il mare
Luanco, la
cittadina delle
Asturie, nel Nord
della Spagna, dove
è nato don Ángel.
Quali furono i primi sentimenti
che ti sfiorarono quando ti arrivò
la notizia di questa elezione?
Dissi: «Dio mio, aiutalo, ha bisogno di te». Non
sapevo che cosa pensare o fare. Avevo un senso
di preoccupazione, dal momento che è una posi-
zione di grande responsabilità e, come tale, dovrà
affrontare molte difficoltà. Ma anche di speran-
za. Gli ho sempre detto che i talenti che Dio gli
ha dato non sono da seppellire, ma da donare agli
altri. Sono sua madre: io so quanto vale.
Quando ti chiamò Ángel,
che cosa gli potesti dire?
Non fu subito. Più di due ore dopo la prima chia-
mata potei parlare con lui. Gli dissi che lo sapevo
già e che Dio lo avrebbe aiutato quando fosse sta-
to necessario. Lui mi rassicurò dicendomi di stare
tranquilla, perché non gli mancavano gli aiuti.
È stata una conversazione molto breve. In quel
momento aveva molti impegni e mi disse che mi
avrebbe richiamato più tardi per parlare con più
calma.
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INCONTRI
La casa
dei genitori
di don Ángel.
Come ha conosciuto i Salesiani?
La mano di Dio è sempre stata presente nella
nostra vita. Mio marito ed io ci dedicavamo alla
pesca. Lui pescava e io vendevo il pesce nella
nostra pescheria. Un giorno, quando Ángel ave-
va nove anni, una nostra buona amica di León,
María Sánchez Miñambres, gli chiese se gli sa-
rebbe piaciuto andare a studiare dai Salesiani
a León. Ángel rispose che ci avrebbe pensato.
L’anno seguente, a dieci anni, decise di andare
a studiare proprio là. Dopo quattro anni, aveva
la possibilità di frequentare il liceo qui a Luan-
co, ma non lo fece. Voleva continuare a León.
Già allora, i Salesiani erano entrati in profondità
nella sua vita.
Quali sono le qualità
che più ti piacciono in tuo figlio?
È gentile e buono. È dotato di grande dolcezza
ed è molto affettuoso. È sempre molto respon-
sabile e legato a tutto, alla sua famiglia e al suo
lavoro. Tutto questo gli viene dalla fede che fin
da piccolo gli abbiamo dato. Siamo una famiglia
cristiana.
Tra i piatti che gli prepari
regolarmente quando viene
a Luanco, quali sono i suoi preferiti?
Oh! Sono molti i piatti che gli piacciono, ma
soprattutto la verdura, la minestra asturiana di
cavoli e salsiccia; naturalmente, come potrebbe
essere altrimenti, gli piace la fabada, il ben cono-
sciuto piatto di fagioli e pezzi pregiati di maiale
e poi il pesce, tutti i tipi di pesce. Qui il pesce è
straordinario.
Quale consiglio gli avete dato,
come genitori, durante
la giovinezza?
Soprattutto quello che dicevo prima: i talenti non
devono essere nascosti, sono fatti per diventare
un dono per gli altri.
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IL SUO CAMMINO SALESIANO
Di tutti i regali che ti ha fatto,
qual è quello che
hai gradito di più?
Un’immagine di Maria Ausiliatrice che mi portò
da León, quando fu eletto Ispettore. Da allora la
tengo in casa con il lumino acceso. La luce non si
spegne mai. Mi è piaciuta tantissimo.
Ricordi qualche marachella
di quando era bambino?
Era tanto buono e non ne fece mai. L’unica cosa
è che nel momento della nascita non piangeva
ed eravamo preoccupati. In compenso, nei se-
guenti tre anni pianse in abbondanza. Eravamo
esasperati, ma quando si trovò a casa dei miei
genitori con altri parenti smise di piangere per
sempre. La sua infanzia fu difficile, perché sta-
va molto tempo in casa da solo. Noi lavoravamo
nella pescheria.
Il Capitolo Generale XXVII ha eletto don Ángel Fernández Artime come nuovo
Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana. Nato a Luanco (Asturie, Nord
della Spagna) fece l’aspirantato ad Astudillo (Palencia), Cambados (Ponteve-
dra) e León; il noviziato a Mohernando (Guadalajara); gli studi universitari di
Filosofia a Valladolid e il tirocinio pratico a León. A Santiago de Compostela
(La Coruña) fece la professione perpetua e studiò teologia. Fu ordinato sacer-
dote a León. Esercitò i primi anni di ministero sacerdotale ad Áviles (Asturias).
Partì per Madrid per completare gli studi universitari di Teologia Pastorale e
Filosofia, tornò a León come Delegato di Pastorale Giovanile, Vicario ispetto-
riale e poi Ispettore. In seguito fu direttore ad Orense, e in questi ultimi anni
Ispettore in Argentina.
Che cosa hai chiesto a Dio
e a Maria Ausiliatrice per tuo figlio?
Che l’aiutino molto a mandare avanti le cose. Mi
fido prima di tutto di Dio e poi dei santi. Li prego
che gli diano una mano in questo nuovo impegno.
Senza l’aiuto dall’alto nessuna persona può fare
molto. La Congregazione Salesiana è una nave che
ha bisogno di un buon timoniere per affrontare il
mare. Dio e don Bosco, visto che Ángel è il suo
successore, lo aiuteranno in questi anni.
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Maggio 2014
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2.2 Page 12

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L’INVITATO
O. PORI MECOI
Formare i futuri
leaders
Incontro con il signor Mario Olmos, salesiano,
coordinatore generale delle Istituzioni Salesiane
di Educazione Superiore (IUS)
Può farci una sua
autopresentazione?
Ho 48 anni e sono nato in El Salva-
dor, uno dei sei paesi che costituisco-
no l’Ispettoria Salesiana del Centro
America. Sono salesiano coadiutore e
ho 28 anni di professione religiosa. Ho
lavorato per circa nove anni nella for-
mazione dei salesiani, particolarmente
nella tappa del postnoviziato, e per più
di venti anni ho svolto diverse funzio-
ni e lavori nell’ambito dell’educazione
superiore. Dalla fine del 2010 svolgo
la funzione di Coordinatore delle Isti-
tuzioni Salesiane di Educazione Supe-
riore, meglio conosciute come ius.
Che cosa c’è dietro
la misteriosa sigla IUS?
Quando nel 1997 l’allora Rettore
Maggiore, don Juan Edmundo Vec-
chi, decise di affidare a don Carlos
Garulo un primo rapporto sulla pre-
senza salesiana nel settore educativo
terziario, il pensiero è andato subito
alla situazione delle diverse univer-
sità che, si sapeva, esistevano già in
congregazione. Così dall’inizio si
parlò di “Istituzioni Universitarie Sa-
lesiane” – ius. La realtà che emerse
dal primo rilevamento, fatto da don
Garulo, mostrò che queste istituzio-
ni non soltanto erano molte di più di
quanto si sapesse, ma che erano mol-
to diverse nella loro tipologia e nella
loro complessità. Oltre alle universi-
tà, esistevano politecnici, centri uni-
versitari, college secondo la tipologia
del mondo anglofono, istituti e scuole
specializzate di livello terziario e altre.
Oggi ci riferiamo ad esse con il nome
Accanto al titolo: Il signor Mario Olmos.
A sinistra: Il signor Olmos con alcuni ragazzi
indiani.
12
Maggio 2014

2.3 Page 13

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di “Istituzioni Salesiane di educazione
superiore”, anche se continuiamo ad
utilizzare l’acronimo ius, il quale è
divenuto ormai quasi un marchio.
Qual è il suo compito come
Coordinatore Generale?
La presenza salesiana nell’educazione
superiore è uno dei settori che caratte-
rizzano la pastorale giovanile salesia-
na. Tale settore comprende non solo
le Istituzioni salesiane di educazione
superiore già accennate, ma anche al-
tre forme di presenza, come i collegi
o convitti per studenti universitari,
l’animazione della pastorale universi-
taria in strutture anche non salesiane,
il lavoro di insegnamento di numerosi
salesiani in strutture universitarie. Il
compito del Coordinatore Generale
è favorire la riflessione e lo sviluppo
di una prassi educativo-pastorale con
caratteristiche salesiane in questi di-
versi spazi del mondo universitario.
Questo avviene soprattutto attraverso
la promozione della collaborazione
tra le nostre presenze istituzionali,
le ius e i convitti per studenti. Tut-
ti insieme protagonisti e responsabili
dell’espansione del carisma salesiano
in quest’ambito del mondo giovanile.
Qual è la situazione
complessiva degli
Istituti Superiori della
Congregazione Salesiana?
La presenza salesiana nell’educazio-
ne superiore è cresciuta molto negli
ultimi anni, tanto quantitativamen-
te quanto qualitativamente. Questa
crescita si è manifestata nel crescente
numero di studenti che frequentano
le nostre istituzioni, di salesiani im-
pegnati in questo livello educativo, di
nuove istituzioni fondate negli anni
recenti e nella complessità raggiunta
per quelle più antiche. Oggi le ius
sono circa ottanta sparse in Ameri-
ca, Europa, Asia e Africa, con gran-
de varietà nella loro tipologia e nella
loro proposta formativa. Il paese con
il maggior numero d’istituzioni è
l’India, mentre quelle più complesse
e con maggior numero di studenti si
trovano in America Latina.
Il signor Mario Olmos davanti ad un Istituto di
formazione superiore con un gruppo di studenti.
Quali sono
le “punte di diamante”?
Certamente ogni ius costituisce una
risposta ai bisogni e alle attese dei gio-
vani e delle persone dei paesi in cui si
trova, e deve essere valutata secondo
il compito specifico a essa assegnato
dentro al progetto ispettoriale e il suo
momento di sviluppo istituzionale.
Per questo, secondo la loro tipologia
e obiettivi specifici possiamo trovare
presenze molto significative e innova-
tive non solo a livello di formazione,
ma anche nel campo della ricerca e
della promozione sociale e culturale.
Faccio alcuni esempi. Varie, come ac-
cade con molti college in India, fanno
un servizio direttamente indirizzato
ai giovani poveri e a gruppi svantag-
giati dentro la società. Altre sono ri-
conosciute per la loro formazione di
qualità in aree specifiche, come quella
tecnologica, questo è il caso del euss
di Barcellona o il Salesio di Tokyo; op-
pure nel campo dell’educazione, come
Maggio 2014
13

2.4 Page 14

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L’INVITATO
la ucsh del Cile e il ces Don Bosco
di Madrid. Alcune sviluppano corsi in
aree molto innovative come la Scuo-
la di Ortesi e Protesi dell’Università
Don Bosco di El Salvador, la Scuola
di Enologia di Rodeo del Medio in
Argentina, la Don Bosco Maritime
Accademy di Mumbai, India. Poi ci
sono le grandi università molto com-
plesse e con un buon livello di sviluppo
nell’area della ricerca, come la ups di
Ecuador, la ucdb di Campo Grande e
la ucb di Brasilia.
Quali sono i problemi?
Più che di problemi preferisco parla-
re di sfide. Non perché non esistano
problemi, ma perché un’istituzione
deve guardare ai grandi traguar-
di per essere sempre significativa e
non disperdersi nella semplice solu-
zione di problemi attuali. E qui per
noi, la grande sfida è diventare vere
istituzioni salesiane di educazione
superiore, cioè, riflettere una chiara
identità salesiana ed essere istituzioni
di educazione superiore capaci di es-
sere rilevanti per la vita dei giovani e
delle società dove si trovano. Questo
implica comunicare adeguatamente il
carisma ai laici che collaborano con
noi nelle nostre istituzioni; rendere
accessibili le nostre istituzioni a tanti
giovani di scarse risorse economiche
ma con grande potenziale; contribui-
re allo sviluppo delle comunità e dei
paesi dove ci troviamo attraverso la
formazione, la ricerca in aree di gran-
de rilevanza sociale e la promozione
della cultura. Certamente si sono fat-
ti passi importanti in questo senso in
tutte le nostre istituzioni, ma manca
ancora molto per realizzare in pienez-
za questi obiettivi.
La pedagogia salesiana
si dimostra valida anche
in questo campo dove si
formano i leader del futuro?
La pedagogia salesiana, proprio perché
ha come punto di partenza la situazione
dei giovani, risponde a qualsiasi real-
tà in cui questi si trovano. E l’ambito
universitario è oggi uno spazio al quale
accedono molti più giovani che in pas-
sato, non è più una struttura di élite ri-
servata a pochi. Insieme alla presenza
massiccia di giovani in quest’ambito,
altre due ragioni lo rendono un terreno
appropriato all’applicazione della pe-
dagogia salesiana. Primo, l’università
coincide con il periodo della vita in
cui i giovani prendono delle decisioni
fondamentali; e secondo, il nuovo mo-
dello formativo che si sta sviluppando
nel mondo universitario richiede agli
studenti di essere soggetti attivi, pro-
tagonisti delle proprie scelte, ma anche
di rendersi responsabili delle proprie
opzioni formative. Per questo hanno
Convegno in una Università Salesiana indiana.
bisogno di essere accompagnati e aiu-
tati a fare delle scelte giuste e lungi-
miranti. Il modello educativo salesiano
risponde proprio a queste sfide forma-
tive e alle attese e desideri dei giovani
universitari.
Com’è nata
la sua vocazione?
Ho studiato per nove anni in una
scuola salesiana, dove ho imparato ad
amare don Bosco, non solo leggendo
la sua biografia, che i salesiani ci han-
no fatto conoscere in mille modi, ma
soprattutto attraverso la vita concre-
ta di alcuni confratelli che mi hanno
mostrato che cosa vuol dire dare la vita
per i giovani, nella scuola e nell’orato-
rio della mia città. Dall’ammirazio-
ne e l’apprezzamento del loro lavoro
è venuta poi la decisione di accettare
di vivere anch’io questo modo di vita:
questo è avvenuto attraverso la propo-
sta vocazionale che alcuni salesiani mi
fecero alla fine dei miei studi.
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Maggio 2014

2.5 Page 15

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La
con il tuo 5 ¥1000 ha già inco-
minciato a realizzare scuole nei
luoghi più disagiati del mondo per i bambini e i ragazzi
che altrimenti non avrebbero un futuro
Lobiettivo della Fondazione è soste-
nere lapprendimento dei cosiddetti
“bambini di piombo” perché vivono
nella zona contaminata e pericolosis-
sima di Puerto Nuevo Callao (Perù).
Maggio 2014
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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
ZAMBIA
La ricchezza
del volontariato
(ANS - Lusaka) – Ai primi del mese di
marzo don Javier Antonio Barrientos, sdb,
ha animato l’incontro annuale di formazione
dei volontari che prestano la loro opera in
Malawi e Zambia.
I 15 giovani, provenienti da Austria, Austra-
lia, Germania, Stati Uniti e Polonia, hanno
condiviso le loro esperienze di lavoro in opere
salesiane e nelle Figlie di Maria Ausiliatrice
e riflettuto sull’identità del volontario e la
natura del servizio di volontariato nel conte-
sto salesiano in Africa.
Tra i temi emersi c’è stato il comune apprez-
zamento per la cultura incontrata, la grande
ospitalità ricevuta, il diffuso senso religioso
dei giovani africani e i valori di rispetto
della vita e di dedizione verso il prossimo.
Ogni partecipante ha condiviso le esperienze
fatte nei mesi di servizio, con le gioie e le
difficoltà, e da parte di tutti è emerso come
i benefici ricevuti siano stati superiori alle
aspettative.
THAILANDIA
Formando
i giovani ciechi
al lavoro
e alla vita
(ANS - Bangkok) – Da
oltre 30 anni don Carlo
Velardo, SDB, aiuta i
giovani ciechi thailan-
desi attraverso il Centro
per lo Sviluppo delle
Abilità dei non vedenti,
a Bangkok. “Quando ho
iniziato quest’attività, i
ciechi erano emarginati e
la percezione comune era
che potessero fare solo
due mestieri: vendere i
biglietti della lotteria o
lavorare come operatori
telefonici”. Dopo aver
provato con corsi di
falegnameria, per le resi-
stenze degli imprenditori
dovette cambiare strada.
“Abbiamo ripensato il
nostro programma per
formare gli studenti come
massaggiatori. Siamo
riusciti a trovare due
ottimi istruttori e abbiamo
iniziato, nel 1983”. Il
corso, di durata biennale,
accoglie ogni anno 40
nuovi studenti.
RMG
Le “buone notti”
del CG27: il
miracolo mariano
dell’India
salesiana
(ANS - Roma) – Il 24 maggio 1922 i pochi
salesiani dell’Assam, India, consacrarono a
Maria quella terra “le sue montagne, i suoi
fiumi, la sua gente e tutti gli abitanti”; dopo
pochi anni le Missioni dell’Assam erano già
definite “il miracolo della Madonna”. A rife-
rirlo è stato don George Maliekal, Superiore
dell’Ispettoria di Silchar, in una delle “Buone
notti” salesiane offerte durante il Capitolo
Generale 27. In una nazione con 1,2 miliar-
di di abitanti e meno del 2% di Cattolici,
l’impatto delle istituzioni “Don Bosco” è
sorprendente: oltre ad animare parrocchie,
scuole, centri professionali, rurali e giovanili,
i Salesiani collaborano in più ambiti con le au-
torità centrali e locali attraverso progetti come
il “Don Bosco Tech India”, nel settore della
formazione professionale, o “YaR” (Youth at
Risk) per i giovani a rischio; dirigono la prima
università cattolica del paese, favoriscono le
lingue e le culture locali attraverso i media e
portano avanti numerose attività missionarie,
per i rifugiati e gli immigrati.
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Maggio 2014

2.7 Page 17

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RMG
Le “buone notti”
del CG27:
Haiti, avanti
con laboriosità
e ottimismo
(ANS - Roma) – Come è noto, il 12 gennaio
2010, il popolo haitiano ha vissuto uno dei
momenti più difficili della sua storia, a causa
di un devastante terremoto. Lo ha ricordato
il Superiore salesiano di Haiti, don Sylvain
Ducange in una “Buona notte” ai membri del
Capitolo Generale 27. Ma in seguito tutti i
principali benefattori internazionali dell’o-
pera salesiana hanno dato vita ad una grande
catena di solidarietà, che ad oggi ha ottenuto:
la ricostruzione del centro di Drouillard-
Cité Soleil e delle scuole e degli ambienti
della comunità “Enam” di Port-Au-Prince;
la ristrutturazione della sala comunitaria
a Carrefour-Thorland per l’accoglienza di
12 000 rifugiati; un centro di trattamento e
distribuzione dell’acqua a Cayes-Bergeau; la
ristrutturazione degli ambienti delle scuole
agricole, elementare e per infermieri di Fort-
Liberté; un nuovo centro educativo con più
di 7000 m² di costruzione per accogliere oltre
1000 studenti, e la nuova casa per il centro
ispettoriale e il postnoviziato.
EL SALVADOR
Un Boeing
727-225
come scuola
(ANS - San Salvador) –
Dal 2005 la “Universidad
Don Bosco” (UDB) di El
Salvador è riconosciuta
dall’Autorità di Aviazione
Civile del paese come
Organizzazione per la Ma-
nutenzione Aeronautica,
a motivo dell’importante
contributo che l’università
offre, attraverso un suo
corso di laurea speci-
fico, alla formazione
tecnico-professionale
degli operatori del settore.
All’università salesiana si
riconoscono anche grande
innovazione tecnologica
nei programmi e una for-
mazione pratica altamente
specializzata, grazie a
laboratori di propulsione,
avionica, strumentistica e
fisica. Dallo scorso anno
l’UDB può contare anche
su di un Boeing 727-225,
perfettamente operativo,
che verrà trasformato in
un aereo-scuola di cui
beneficeranno oltre 300
giovani studenti.
RMG
Le “buone notti”
del CG27: l’Africa
Occidentale
di lingua inglese
(ANS - Roma) – Una delle “buone notti” al
Capitolo Generale 27 è stata offerta da don
Jorge Crisafulli, Superiore dell’Ispettoria
salesiana dell’Africa Occidentale Anglo-
fona (afw). Nella sua Ispettoria rientrano
Nigeria, Ghana, Liberia e Sierra Leone,
terre ricche di risorse naturali – spesso male
amministrate – ma soprattutto di spazi
per la missione salesiana, con il 60% della
popolazione sotto i 25 anni. Per dare se-
guito all’invito di papa Francesco a portare
Cristo tra la gente, don Crisafulli e i suoi
confratelli hanno confessato e celebrato la
messa nel mercato. Ecco come don Cri-
safulli riporta l’esperienza fatta ad Abuja,
Nigeria: “Mi sedetti su una sedia pensando
che nessuno avrebbe interrotto i suoi affari
per confessarsi. Invece la gente ha iniziato a
venire e a inginocchiarsi. Nel frattempo era
stato preparato un baldacchino, arrivò un
piccolo amplificatore e così iniziai la messa…
pensate, oltre 200 persone interruppero i loro
affari e parteciparono alla messa in un giorno
di mercato!”.
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2.8 Page 18

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A TU PER TU
MARIO SCUDU
Beit Gemal
Incontro con
don Domenico Dezzutto
e il miracolo della
Buona Stampa
Una suggestiva leggenda cri-
stiana racconta che duran-
te l’Ascensione, Gesù gettò
un’occhiata verso la terra che
stava piombando nell’oscu-
rità. Soltanto alcune piccole
luci brillavano timidamente sulla città
di Gerusalemme.
L’Arcangelo Gabriele, che era venu-
to ad accogliere Gesù, gli domandò:
«Signore, che cosa sono quelle piccole
luci?».
«Sono i miei discepoli in preghiera,
radunati intorno a mia madre. E il
mio piano, appena rientrato in cielo,
è di inviare loro il mio Spirito, perché
quelle fiaccole tremolanti diventino
un incendio sempre vivo che infiam-
mi d’amore, poco a poco, tutti i popo-
li della terra!».
L’Arcangelo Gabriele osò replicare:
«E che farai, Signore, se questo piano
non riesce?».
Dopo un istante di silenzio, il Signore
gli rispose dolcemente: «Ma io non ho
un altro piano…».
Il piano di Gesù continua. Proprio
nella sua Terra, alcuni di questi pic-
coli fuochi continuano ad ardere ali-
mentati dal coraggio e dalla passione
di uomini che hanno dedicato la vita
per questo.
Uno di essi si trova a circa 30 km a
sud ovest di Gerusalemme dove vive
e lavora la comunità salesiana di Beit
Gemal, località a poca distanza dalla
città di Bet Shemesh. È su una col-
lina, acquistata da don Antonio Bel-
loni, del Patriarcato Latino di Geru-
salemme, che poi diventò salesiano
(1891). Qui per molto tempo i salesia-
ni hanno gestito un Orfanotrofio ed
una Scuola Agricola; qui sono brillate
le virtù (è Venerabile) del salesiano
laico Simone Srugi di Nazaret, un
autentico Buon Samaritano.
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Maggio 2014

2.9 Page 19

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Il decano della presenza
salesiana in Palestina
Da quasi 30 anni è fiorente qui l’A-
postolato della Buona Stampa, volu-
to e seguito con grande dedizione e
amore dal salesiano don Domenico
Dezzuto, decano della presenza sa-
lesiana in Terra Santa, coadiuvato
dai confratelli della comunità. Quelli
che ne usufruiscono non sono tanto i
troppo frettolosi turisti europei, ma
le migliaia di ebrei israeliani, special-
mente i tantissimi immigrati ebrei
dalla Russia e da altri paesi. Risponde
volentieri alle nostre domande.
Da quanto tempo
si trova in Terra Santa?
Sono nato a San Benigno Canavese
nel 1922. Frequentavo l’oratorio sa-
lesiano. Ricevetti il Crocifisso nella
spedizione missionaria del 1937. In
quell’occasione il Bollettino Salesiano
di lingua spagnola, che si stampava a
Torino, pubblicò una foto di 3 di noi
appena quindicenni prossimi missio-
nari in Palestina. Giunsi a Haifa, con
altri 10 novizi, il 21 ottobre in piena
guerriglia: Inglesi, Arabi ed Ebrei.
Ma all’inizio della seconda guer-
ra mondiale, nel 1939, tutto tacque.
Purtroppo nel 1940 anche l’Italia en-
trò in guerra e noi Salesiani italiani
delle case di Betlemme, Cremisan,
Gerusalemme fummo internati come
prigionieri civili nella nostra casa di
Betlemme, divenuta campo Numero
10. Eravamo oltre un centinaio ed ac-
canto a noi una quarantina di fma.
Si continuarono gli studi, anche teo-
logici. Facevamo scuola ai figli de-
La casa salesiana è su una stupenda collina a
30 km da Gerusalemme. Qui continua il suo
apostolato instancabile don Dezzutto, il decano
dei salesiani in Palestina.
gli italiani prigionieri e animavamo
Messe e pomeriggi domenicali.
Come ha incominciato
questo singolare apostolato?
Quando fummo costretti a chiudere
la scuola, nel 1980, il pastore califor-
niano Richard Huls, nostro caro ami-
co, lasciandoci dopo una permanenza
di ritiro spirituale con sua moglie, mi
chiese se poteva essermi utile in qual-
cosa. Pensando alla situazione pre-
sente, osai dire: “Se potessi aver copie
del Nuovo Testamento in Ebraico, le
metterei a disposizione dei visitatori”.
Di qui l’origine del mio apostolato
che, rifacendosi a don Bosco e alla
sua famosa lettera in occasione della
solennità di san Giuseppe del 1885, ci
ha permesso di distribuire nel nostro
santuario dedicato a santo Stefano,
centinaia di migliaia di copie della
Santa Bibbia, del Nuovo Testamento
ed altro in tante lingue diverse, spe-
cialmente in Ebraico, Russo e Inglese.
Diffondere Bibbie in
Palestina non è rischioso?
Abbiamo ricevuto lettere minato-
rie, il nostro piccolo cimitero è stato
profanato e le croci distrutte, sono
comparse scritte come “Non salite al
convento che vi fanno il lavaggio del
cervello”, quasi ogni anno c’è stato
qualche tentativo d’incendio (e i vi-
gili del fuoco costano cari). C’è stato
anche un attentato che poteva essere
mortale, ma il Signore e l’Ausiliatrice
ci hanno protetti e salvati. Durante la
settimana, ma specialmente al sabato,
non cessa l’afflusso di gruppi orga-
nizzati e famiglie.
Ha qualche progetto
per il futuro?
Sogno che venga completata la tradu-
zione in ebraico del Compendio del
Catechismo della Chiesa Cattolica,
richiesto da moltissimi Ebrei liberali
desiderosi di conoscere la Dottrina
Cattolica.
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2.10 Page 20

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INVITO A VALDOCCO
B.F.
Le camerette
di don Bosco
1853-1861: dettaglio della camera
di don Bosco.
1. La storia
L e camerette di don Bosco ri-
masero quasi intatte fino al
1929, anno della sua beatifi-
cazione.
Don Rinaldi le adattò come
luogo di pellegrinaggio, fa-
cendo costruire la scala interna (sicco-
me l’acceso avveniva tramite i balconi
esterni tutt’ora conservati).
In questa occasione si persero la scrit-
ta “da mihi animas cetera tolle” e altri
oggetti.
Nel 1970 si aggiunsero vetrine di
esposizione e si organizzò una sala
espositiva.
Nell’anno del giubileo del 2000 si
riordinò il complesso, come è visibile
oggi, aggiungendo monitor esplicati-
vi al piano inferiore e altri dettagli.
1853-1861: la camera di don Bosco.
1852: si aggiunge a
Casa Pinardi la Chiesa
di S. Francesco di Sa-
les e dall’altro lato un
ramo laterale forman-
do una “L”.
L’accesso alle camere avveniva per un
ballatoio esterno. Dalla sua porta don
Bosco vedeva quasi tutto.
1853-1855: demoli-
zione e ricostruzione
della casa Pinardi e
primo stadio delle at-
tuali “camerette”.
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Maggio 2014
Don Bosco in questa camera:
foto originale.

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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3
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5
12
1861: raddoppio dell’edificio; la ca-
mera di don Bosco diventa anticamera
e viene trasferita all’ampliamento. La
finestra è stata convertita in porta. Al
fondo la nuova camera dal 1861 al 1887.
1862-1876: don Bosco fa aggiun-
gere una terrazza davanti all’amplia-
mento anteriore.
1876-1888: edificio completo com’è
oggi. Don Bosco dormiva nel locale
1; nell’ultima malattia passò al locale
2. Lo studio dei ragazzi (3), l’infer-
meria (4) e la 1ª tipografia (5).
2. La visita
Primo piano: Lo spazio è dedicato
agli aspetti e ai valori tipici dell’O-
pera salesiana. Sono degne di nota le
ricostruzioni dell’evoluzione della cit-
tadella di Valdocco.
La scala: Chi sale può ammirare
sulle pareti delle scale due quadri del
Crida. Il primo, del 1954, raffigura
don Bosco, mamma Margherita e il
Grigio, il cane di provenienza ignota
che tante volte lo accompagnò e difese
quando correva il rischio di rimanere
vittima di persone malintenzionate.
L’altro dipinto (1929) rappresenta don
Bosco nell’atto di consegnare le Co-
stituzioni dell’Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice a santa Maria Do-
menica Mazzarello.
Secondo piano: Nella camera, usa-
ta dal Santo tra il 1853 e il 1861 – che
dell’antica conserva un frammento
del pavimento in cotto –, viene messo
in risalto il motto di don Bosco e del-
la Famiglia Salesiana: Da mihi animas
cetera tolle. La riproduzione dell’antico
cartello è collocata accanto all’effi-
gie di Domenico Savio, ricostruita da
Mario Càffaro Rore sotto la guida di
don Alberto Caviglia nel 1941, per ri-
chiamare un significativo incontro tra
maestro e discepolo, avvenuto appunto
in questa camera verso la fine di otto-
bre 1854.
Gli oggetti collocati nella vetrinetta
sono semplici spunti, ma di grande
valenza simbolica, come il facsimile di
due manoscritti relativi ad eventi de-
terminanti avvenuti in questa camera.
Il primo documento è costituito da una
pagina autografa di don Michele Rua
che verbalizza la prima proposta fatta
da don Bosco ad un gruppetto di ra-
gazzi, tra i 16 e i 18 anni, radunati in
questa camera in vista della costitu-
zione della Congregazione salesiana:
«La sera del 26 gennajo 1854 ci radu-
nammo nella stanza del Sig.r D. Bosco;
Esso Don Bosco, Rocchietti, Artiglia,
Cagliero e Rua; e ci venne proposto di
fare coll’aiuto del Signore e di S. France-
Maggio 2014
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Maggio 2014

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3.4 Page 24

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INVITO A VALDOCCO
sco di Sales una prova di esercizio pratico
della carità verso il prossimo, pervenirne
poi ad una promessa, e quindi se parrà
possibile e conveniente di farne un voto
al Signore. Da tal sera fu posto il nome
di Salesiani a coloro che si proposero e
proporranno tal esercizio».
Il secondo documento è il verbale dell’a-
dunanza ufficiale di fondazione della
Società Salesiana, avvenuta la sera del
18 dicembre 1859.
La seconda stanza è la cappella
in cui don Bosco celebrava negli ul-
timi anni. Sull’altare che vediamo, il
Santo celebrò la Messa fino all’11 di-
cembre 1887, ultima volta in cui poté
offrire il santo sacrificio. Nei giorni
successivi la Messa veniva celebrata
da qualcuno dei suoi Salesiani ed egli
la seguiva stando a letto, attraverso la
porta aperta, poi gli veniva portata la
Comunione.
L’ambiente è corredato da due teche
contenenti alcuni dei paramenti e de-
gli oggetti usati da don Bosco per la
celebrazione eucaristica.
La galleria
L’itinerario prosegue portandoci nel-
la galleria, ricavata con l’ampliamento
strutturale del 1876, luogo in cui il
Santo nei suoi ultimi anni passeggia-
va e confessava i giovani. Simpatici
aneddoti sono legati a questo ambien-
te e alla vite che si aggrappava alle fi-
nestre, ma l’attenzione del visitatore è
spinta a considerare altro. Don Bosco
volle farsi costruire questo osservato-
rio per poter abbracciare contempora-
neamente con lo sguardo due poli,
caratteristici della sua tensione apo-
stolica: i ragazzi nel loro ambiente
naturale, il cortile.
In una teca sono esposti veste, man-
tello, cappelli, sciarpa e bastoni da
passeggio di don Bosco. Al di là del
vetro che divide in due parti la gal-
leria si possono vedere un grande ta-
volo fatto costruire dal Santo per le
riunioni del Capitolo Superiore della
Congregazione (si trovava nell’antica
biblioteca), il seggiolone sul quale,
rivestito dei sacri paramenti, venne
adagiato dopo la morte perché i Sa-
lesiani, i giovani della casa e i tanti
amici e benefattori potessero vederlo
per l’ultima volta, l’inginocchiatoio di
cui si serviva per confessare i giovani.
Ancor oggi una vite si arrampica dal
cortile fino alle finestre della galleria,
a ricordo di quella piantata da don
Bosco stesso, che amava vendem-
miarne personalmente l’uva e inviarla
in omaggio ai benefattori più cari.
La camera in cui
don Bosco morì
Don Bosco si trasferì in questa stanza
alla fine del 1887, per essere meglio
accudito. Veniva trasportato a braccia
o su una sedia a ruote nella sua stan-
za-ufficio accanto per ricevere i visi-
tatori. Negli ultimi giorni non poté
più alzarsi, fino alla morte, avvenuta
il mattino del 31 gennaio 1888, alle
quattro e mezza del mattino.
L’arredamento della stanza è rimasto
come allora: letto e scaletta per salir-
vi, comodino con candeliere, catino e
brocca, campanello a muro, divano,
poltrona a ruote, sedie, quadri, tavoli-
no da lavoro.
La camera abitata
tra il 1861 e il 1887
II percorso prosegue con la stanza
nella quale don Bosco visse e la-
vorò per 27 anni, dal 1861 al 1887.
Questa stanza è testimone di tante
grandi realizzazioni, del fiorire dei
suoi carismi, dei sogni e dei progetti,
delle gioie più profonde e delle sof-
ferenze più dolorose. Sulla scrivania
che vediamo scrisse migliaia di lette-
re al Papa, ai potenti, ai Salesiani, ai
ragazzi e ai benefattori. Vi compose
la maggior parte delle sue opere per
i giovani e il popolo. La camera gli
serviva anche come ufficio in cui ac-
coglieva i numerosi visitatori di ogni
categoria sociale che ogni giorno ac-
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3.5 Page 25

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correvano a lui. Ricorda un testimo-
ne: «In quella stanza, aleggiava una
pace di paradiso».
Dopo la morte di don Bosco questa
stanza servì per 22 anni (1888-1910)
da ufficio e camera da letto per il suo
successore, il beato Michele Rua.
Nella stanza sono conservati i mobi-
li, l’appendiabiti, il crocifisso di don
Bosco e altri utensili dell’antico Ora-
torio. Sullo scrittoio con scaffale sono
collocati oggetti usati dal Santo: la
lampada, il calamaio e la penna. Sul
piccolo mappamondo don Bosco so-
gnò le prime spedizioni missionarie
dei suoi figli.
Al muro è fissata la parte superiore di
un povero scrittoio. Secondo una tra-
dizione orale, questo mobile, oggi pri-
vo di gambe, era nella stanza di Mar-
gherita Occhiena, nei dieci anni da lei
trascorsi a Valdocco (1846-1856). In
esso la mamma di don Bosco teneva
gli oggetti personali e quanto le servi-
va per il suo lavoro di cucito a servizio
del figlio e dei suoi giovani.
L’armadio a vetri conserva oggetti
usati da don Bosco: candeliere, taz-
ze, bicchieri e posate; una bottiglia
con acqua, che stava sul comodino
durante l’agonia; spazzola e forbicine;
fotografie.
Il museo
Il percorso inizia con una raccolta di
nove inquadrature del volto di don Bo-
sco tratte da fotografìe fatte tra il 1861
e il 1888.
Il secondo settore è dedicato ad evo-
care l’intensa e stupefacente attività
editoriale del Santo.
Il terzo è dedicato alle costruzioni di
don Bosco.
Il quarto raccoglie quadri e statue
voluti da don Bosco, tra cui la statua
della Madonna Consolata che don
Bosco aveva acquistato nel 1847 al
prezzo di 27 lire, unico oggetto su-
perstite dell’antica cappella Pinardi.
Nel quinto settore sono esposti una
tunicella diaconale, proveniente dai
paramenti confezionati tra 1927
e 1929 dalle Figlie di Maria Ausi-
liatrice per le celebrazioni di beati-
ficazione e l’urna in legno dorato e
cristallo realizzata nella scuola di
scultura salesiana di San Benigno
Canavese, che servì nelle processioni
per la beatificazione (2 giugno 1929)
e la canonizzazione (1 aprile 1934) di
don Bosco.
L’ultima zona espositiva contiene il
pulpito della chiesa di san Francesco
di Sales, il confessionale, l’altare-
armadio e la cattedra della «Buona
notte».
La cappella
Nell’angolo di collegamento tra l’ala
delle Camerette e il resto dell’edificio
del 1853, dove si trovava una came-
rata per i ragazzi (secondo una tra-
dizione qui dormì Domenico Savio),
è stata allestita una cappella per la
meditazione e la celebrazione euca-
ristica.
Sulle pareti laterali della cappella
sono allineati i ritratti di alcuni per-
sonaggi cari alla tradizione salesia-
na: a destra i beati Filippo Rinaldi e
Michele Rua, Francesco Besucco (il
giovane Pastorello delle Alpi di cui don
Bosco scrisse la vita) e Marianna, ma-
dre di don Rua; a sinistra santa Ma-
ria Domenica Mazzarello, la mamma
di don Bosco Margherita Occhiena,
il teologo Giovanni Borel e il pittore
Giuseppe Rollini, allievo dell’Orato-
rio (autoritratto).
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3.6 Page 26

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LE CASE DI DON BOSCO
FELICE TERRIACA
La basilica di
Maria Ausiliatrice
a Roma sulla prima pietra
regalata dal Papa
Un’opera radicata nel quartiere
Il solenne interno
della Basilica
romana di Maria
Ausiliatrice.
Una storia, quella della basilica sorta
sull’omonima piazza, che parte da lon-
tano. Alla metà degli anni Venti, infat-
ti, l’Istituto Salesiano di via Marsala,
costruito da don Bosco, si dimostrava
insufficiente per i ragazzi dei due in-
dirizzi scolastici (ginnasio e scuole professionali).
I salesiani decisero, così, di costruire sulla via Tu-
scolana una nuova sede per le scuole professionali.
E poi nacque pure la chiesa.
Il giorno 11 maggio del 1928, l’Economo Gene-
rale dei salesiani, don Fedele Giraudi, presentò al
papa Pio XI i disegni delle nuove scuole profes-
sionali che a Lui si volevano intitolare. Il Papa,
dopo aver osservato attentamente i disegni, do-
mandò: “E non pensate di costruire una Chiesa
a fianco di queste nuove scuole?”. L’Economo
Generale rispose: “Santità, sì, ma in un secondo
tempo”. Il Papa allora soggiunse: “No, no, non in
un secondo tempo, ma contemporaneamente ed
io vi darò la prima pietra per la chiesa che dedi-
cheremo a Maria Ausiliatrice”.
Il desiderio del Papa fu sempre un comando per
don Bosco e così anche per i suoi figli. Per asse-
condare il desiderio del Papa si stabilì che il gior-
no 4 giugno 1929, subito dopo la beatificazio-
ne di don Bosco, si ponesse accanto all’istituto
Pio XI la prima pietra della nuova chiesa dedicata
a Maria Ausiliatrice.
Lo stile è quello delle grandi chiese romane del
Rinascimento, e come le chiese romane del Ri-
nascimento viene affrescata. Don Giuseppe Mel-
le è il pittore chiamato a decorare il tempio di
Maria Ausiliatrice. Lavora per otto anni sen-
za tregua, come un novello Michelangelo, e nel
1964 l’opera è completata, come lo stesso pittore
dichiara nell’affresco del transetto. Nella grande
volta della navata centrale Melle esprime la po-
tenza della Madre di Dio. Al centro la Madonna,
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3.7 Page 27

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e la prima chiesa di Maria Ausiliatrice a Tori-
no. Tutto attorno il grande racconto delle vitto-
rie della Cristianità con l’aiuto di Maria, contro i
tentativi di invasione dei Turchi.
Il Tempio di Maria Ausiliatrice in Roma è una
chiesa a croce latina che misura m 72 nel braccio
maggiore e m 42 nel braccio minore.
Gli uomini della Basilica
«Venite, vedrete e... lasciatevi coinvolgere!!!». Lo
slogan che campeggia sul sito, stracolmo di pro-
getti, a presentazione delle attività dell’oratorio,
è accattivante quanto basta. D’altronde, in per-
fetto stile salesiano, l’attenzione è tutta rivolta
verso un unico obiettivo: la formazione integrale
del giovane che, come don Bosco insegnava, «si
può raggiungere tramite tutto ciò che promuove
la crescita del ragazzo». Ecco, a Maria Ausilia-
trice, basilica rinascimentale ornata di affreschi
nel quartiere Tuscolano, questo «lavoro» lo san-
no fare benissimo.
«È in tale prospettiva che si inseriscono i gruppi
formativi, le attività sportive, i gruppi di inte-
resse canoro e musicale, i laboratori domenicali,
le feste, il servizio ai giovanissimi, l’animazione
dell’Estate ragazzi» spiega il parroco don Felice
Terriaca. Condivisione, modernità, svago e pre-
Per il 24 maggio,
la basilica e
il quartiere si
vestono a festa.
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3.8 Page 28

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LE CASE DI DON BOSCO
La scuola e
l’oratorio offrono
ai ragazzi spazi e
tempi di grande
interesse.
ghiera insieme, riflessioni senza essere staccati
dalla realtà. Perché stare con i ragazzi e prepararli
alla vita vuol dire partire dal loro mondo.
La dimostrazione pratica? Basta guardarsi uno
dei video che la comunità ha preparato e inserito
online. Quello dell’oratorio, ad esempio, che si
apre con le urla e l’allegria dei ragazzi ripresi nelle
loro performance ludiche più gioiose, o il video
che riprende i momenti più belli del meeting ro-
mano della famiglia. Un modo per gettare l’amo
ad un valore radicato. Famiglia come luogo «dove
si impara a diventare uomini», insomma «quella
che salverà il mondo».
Dallo staff all’organizzazione della giornata, re-
steranno indelebili i ricordi più memorabili nella
playlist pensata a dovere. E tante giovani leve han-
no piacevolmente «abboccato». Ma non c’è solo
questo: il percorso della parrocchia è formato da
diversi tasselli. C’è l’Associazione Sportiva Dilet-
tantistica «Juvenilia 2010» per far socializzare, la
corale polifonica, i gruppi famiglia diversificati
per anni di matrimonio, il gruppo degli «Uomi-
ni della basilica» che gestiscono gli appuntamenti
programmatici della vita parrocchiale, i volontari
Vincenziani, laici che aiutano chi soffre, il Centro
ascolto che opera in sinergia con la Caritas par-
rocchiale e, all’interno della parrocchia che è un
settore dell’Opera Salesiana Pio XI, vive il terzo
ramo della famiglia salesiana: i Cooperatori.
Durante l’anno, la parrocchia propone tematiche
di formazione umana e cristiana tramite una se-
rie di conferenze. Come l’attuale «Clicca il tasto
cuore», per aiutare le famiglie ad interagire con i
propri figli all’interno della comunicazione digi-
talizzata. Si organizzano ripetizioni scolastiche,
una scuola di cucito settimanale, un pomeriggio
al mese interamente dedicato agli anziani, aiuti
per le famiglie bisognose, eventi sportivi e labo-
ratorio teatrale.
E quella che nel quartiere viene vissuta come un
La solenne facciata
della Basilica e
uno dei cortili.
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rito istituzionale: la festa patronale del 24 mag-
gio, con tanta partecipazione di popolo, prepa-
rata con diverse iniziative lungo il mese. Oltre
ai pellegrinaggi. Quest’anno la scelta sarà tra «I
luoghi di don Bosco», in preparazione al bicente-
nario della sua nascita, e Lourdes.
L'istituto salesiano Pio XI
L’istituto salesiano Pio XI è un Liceo Classico, un
Liceo Scientifico, una Scuola media e un Centro
di Formazione Professionale, al centro del quartie-
re Appio-Tuscolano, vicino San Giovanni (metro
A colli Albani, bus 85 o stazione FS Tuscolana).
È una scuola all’avanguardia, dotata delle più
complesse e moderne tecnologie a servizio del-
la didattica: lavagne interattive multimediali in
ogni classe, registri elettronici, tablet al posto dei
pesanti libri cartacei, laboratori moderni, e anco-
ra: campi da gioco nuovissimi in erba sintetica,
sala musica, teatro, ampi spazi in cui giocare e
rilassarsi.
Eppure la differenza con un’altra qualsiasi scuola
di Roma è da ricercarsi nella più complessa quoti-
dianità scolastica, cioè nel rapporto con i giovani,
considerati sempre il centro dell’attività educati-
va: d’altronde il Pio XI è l’unica scuola di don
Bosco a Roma.
Il Pio XI di Roma è dunque una scuola differente,
un luogo educativo per crescere insieme. Il suc-
cesso delle scelte operate nei tanti anni di storia
della scuola salesiana è registrato dalle altissime
percentuali (oltre il 90%) di valutazioni all’esa-
me di stato maggiori del voto di ammissione, alla
certificazione delle prove invalsi negli ultimi tre
anni che mettono i giovani del Pio XI nella fascia
alta, assai sopra la media nazionale, dalla facilità
di ammissione all’università dei giovani diplomati
e dall’alta qualità della preparazione specifica nel
mondo della stampa e della grafica dei giovani
del centro professionale. Dunque il Pio XI è una
scuola di qualità, registrata con dati misurabili e
condivisibili.
Stessa affermazione si può fare del Centro di For-
mazione Professionale, specializzato nel settore
delle Arti Grafiche, frequentato ogni giorno da
oltre 200 allievi, che spesso provengono da espe-
rienze di insuccessi scolastici nella scuola superio-
re e/o avversi allo studio, nei tre anni di frequenza
al cfp raggiungono l’Attestato di Qualifica Pro-
fessionale e l’80% degli allievi ad un anno dalla
Qualifica è collocato o nel mondo del lavoro o
prosegue gli studi per raggiungere il diploma di
maturità.
Un Centro di Formazione Professionale sempre
attento all’innovazione tecnologica con laboratori
sempre aggiornati e con una metodologia didatti-
ca innovativa che ha abbracciato l’era digitale con
l’utilizzo dell’iPad come strumento quotidiano
per l’insegnamento.
La persona del giovane poi necessita di gioco,
di accompagnamento, di poter attuare le proprie
affascinanti potenzialità: ecco perché la scuola
cfp del Pio XI non finisce solo in classe, ma
continua nel servizio di doposcuola (dotato di
mensa scolastica), nel laboratorio teatrale, nei
gruppi musicali, nei gruppi di approfondimen-
to, nei tornei di calcio, di pallavolo e molti altri
sport. Un cammino integrale che trasforma la
scuola in un luogo in cui crescere insieme e in
allegria.
Il 24 maggio,
festa patronale, è
vissuto come un
rito istituzionale,
con enorme
partecipazione di
popolo e molte
iniziative.
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3.10 Page 30

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FMA
MARIA ANTONIA CHINELLO
Mille vite
per il Vangelo
Suor María Amalia Orozco vive a
Città del Messico. È responsabile
del CATINCAM, l’Équipe di
Catechesi Indigena e Campesina
che si propone di «fortificare
e dare impulso agli agenti di
pastorale indigena e campesina
attraverso una formazione
integrale e permanente perché si
possa tener presente il Vangelo
nelle diverse culture, assumendo
la Pedagogia di Maria Santissima
di Guadalupe, Madre e Maestra
dell’Inculturazione».
Il compito di suor Amalia
e della sua équipe è fare
in modo che negli or-
ganismi diocesani ci
sia chi si prenda cura
della catechesi per
le popolazioni indige-
ne e delle zone rurali,
perché sia assicurata la
Suor Maria Amalia
Orozco e una parte
del suo “staff”.
formazione integrale, l’accompagna-
mento degli agenti di pastorale, perché
il Vangelo “corra” con e tra le culture
più antiche del paese.
In questi mesi, suor Amalia ha fatto
sosta a Roma. L’abbiamo incontrata in-
sieme a Malena Pérez, chinanteca, e a
Clarita Mancilla, del popolo Náhuati.
Quando è iniziata
questa tua missione?
Ho iniziato nel 1983, tra i Mixe. Sono
stata con loro 14 anni. Conoscendo la
missione che le Figlie di Maria Au-
siliatrice svolgevano in quella zona, il
Vescovo mi chiese di
formare le catechiste. Dopo un anno,
mi sono resa conto che da sola non riu-
scivo a fare niente: avevo bisogno di
persone del posto, che conoscessero le
lingue, le tradizioni, i costumi locali.
Con l’appoggio del Vescovo, ho inizia-
to a radunare un’équipe che a poco a
poco ha ottenuto la fiducia dei parroci
per la credibilità e la serietà della for-
mazione. Quando mi è stato chiesto
lo stesso servizio a livello della chiesa
nazionale sono partita, ma l’équipe,
ormai formata e strutturata, continua a
lavorare nella prelatura dei Mixe. Ac-
canto alla comunità delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice è sorta Ausilio, un’opera
gestita da alcune catechiste laiche, che
fanno vita in comune e che dedicano la
loro vita al servizio della catechesi.
La stessa dinamica
l’hai utilizzata a livello
nazionale?
L’esperienza vissuta tra i Mixe mi ha
fatto capire che è importante “servire
insieme”. Così, ho cercato di forma-
re un’équipe con persone dei diversi
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4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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gruppi culturali. Ma, dato il grande
numero di culture presenti in Messi-
co, era quasi impossibile radunarci, ed
esserci tutti. Abbiamo così ridotto il
numero dei membri a sei, tra sacerdo-
ti, laici e religiosi. Il gruppo coordina
a livello nazionale la formazione cate-
chistica delle diverse zone e prepara
e diffonde sussidi per la formazione,
l’animazione, il confronto.
I catechisti
persone chiave
In Messico, paese tradizionalmente
cattolico, i catechisti sono persone
chiave nelle parrocchie, ma soprat-
tutto nelle comunità. La loro è una
“presenza” significativa, che non si
riduce all’ora settimanale di cateche-
si. Hanno diritto di parola, possono
portare avanti il proprio pensiero,
agire. Per questo, secondo Malena
Pérez, che vive nella comunità Ausilio,
è importante inculturare la fede nelle
differenti culture, perché il Vangelo
impregni il vivere quotidiano di scelte
e gesti, pensieri e parole.
«La vita comune nella casa Ausilio,
come diventa segno per i catechisti
che formate?» domando.
«Attualmente nella casa Ausilio siamo
in quattro, laiche sposate. Condivi-
diamo i momenti di preghiera e i pa-
sti, ci alterniamo nei compiti e nella
cura della casa. Il lavoro è tanto, ma
crediamo sia utile quanto offriamo
alle parrocchie, agli agenti pastorali,
ai catechisti. Il nostro è un servizio
volontario, non riceviamo alcun com-
penso e viviamo fidandoci totalmente
della Provvidenza. La gente “vede”
il nostro vivere: la casa è aperta per
ospitare i corsi estivi di formazione
per i catechisti e per chi ha bisogno di
accompagnamento. Durante l’anno,
periodicamente raggiungiamo le par-
rocchie, animiamo i ritiri, gli incontri
con le famiglie, i giovani e seguiamo
da vicino quelli che si stanno prepa-
rando a diventare catechisti. Una vita
per gli altri».
Clarita Mancilla, dell’etnia Náhuati,
collabora con suor Amalia nell’équipe
nazionale da otto anni, ma si dedica
alla catechesi da oltre venti.
«Sono consacrata dell’Ordo Virginum e,
oltre a far parte dell’Équipe Nazionale
di Catechesi Indigena e Contadina,
sono impegnata anche a livello dioce-
sano. Il Coordinamento nazionale mi
impegna molto, ma posso avvicinare
e accompagnare nella fede le comuni-
tà rurali, raggiungere le popolazioni
più povere, quelle che rischierebbero
di essere dimenticate in quelle “peri-
ferie”, così care a papa Francesco. La
formazione dei catechisti è importan-
te: da loro dipende molto, ed è neces-
sario che la loro vita sia credibile, au-
tentica testimonianza del Vangelo di
Gesù. L’incontrarsi e il confrontarsi
tra etnie diverse per inculturare la ca-
techesi, ci arricchisce. L’opportunità
di condividere usi e costumi propri è
la via per formare l’essere, l’umano del
catechista».
L’incontro con suor Amalia, Clarita e
Malena si anima di aneddoti e avven-
ture, che ci svelano il cuore della loro
vita: la formazione di buoni catechisti
arricchisce la comunità parrocchiale e
l’intero paese, il loro esempio, la loro
passione missionaria, la loro coeren-
za di vita diventano altrettante vie di
cambio sociale.
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COME DON BOSCO
PINO PELLEGRINO
Le tredici mosse dell’arte di educare
12 Fare Lenostretredicimosse
dell’arte di educare si
festa stanno esaurendo.
Ne restano due. Forse le
più simpatiche, certo così
fondamentali che, qualora
mancassero, renderebbero
inefficaci tutte le altre.
Stiamo parlando della
mossa del ‘fare festa’
e del ‘lasciare un buon
ricordo’. Dedichiamo
questo mese alla prima.
Diritto alla gioia
La gioia è un diritto del figlio. Un di-
ritto assoluto perché senza gioia la vita
è invivibile.
La psicologa Elisabetta Fiorentini è
sicura: “La gioia è importante come il
pane e la conoscenza, se non di più!”.
La gioia è un diritto del figlio perché
è educativa per natura sua: ci migliora
sempre, mentre la tristezza ci peggio-
ra sempre!
Finalmente, la gioia è un diritto del
figlio perché è illecito rendere acerba
la vita a chi in essa è stato introdotto
senza domandargli il permesso.
Insomma, stiamo facendo un discor-
so serio! Serio ed impegnativo. La
gioia non è un optional: è un pilastro
dell’educazione che ci dà un ordine
tassativo: “Genitori, siate felici!”. No,
non stiamo prendendo in giro il let-
tore. Essere genitori felici è possibile,
anche in tempi di crisi come i nostri.
Ci limitiamo a due strategie (molte
ne tralasciamo!) che possono portare
serenità a casa nostra.
Due strategie
Intanto, per prima mossa non
usiamo la testa come porta-
spilli!
Possibile che educare debba essere un
lavoro da minatore, da asfaltatore a fer-
ragosto? È vero: educare non è facile,
ma è esaltante. Nessuno stipendio mi-
lionario potrà compensare la gioia di
un lavoro che, giorno dopo giorno, fa
sì che chi nasce uomo diventi umano!
E poi, quando mai fu facile educare?
Se avessimo più senso storico, pia-
gnucoleremmo di meno!
Pensate: già nel quinto secolo avanti
Cristo il grande filosofo greco, So-
crate (469-399) si lamentava: “I nostri
ragazzi amano il lusso, ridono dell’auto-
rità, non si alzano in piedi davanti ad
un anziano…”.
Andiamo più indietro ancora: su un
coccio babilonese, datato 2000 anni
avanti Cristo, qualcuno ha scritto:
Questi giovani sono marci nel cuore,
sono malvagi e pigri: dove arriveremo?”.
Siamo arrivati al 2000 dopo Cristo e
non fu, certo, tutto male!
Dunque buttiamo nel cestino della
carta straccia i pensieri vestiti a lutto:
A scuola è un disastro!”. “Non mangia!”.
È allergico ai compiti”. “È sempre così
distratto!”…
Aveva ragione il cardinale Carlo Ma-
ria Martini (1927-2012) a ricordarci
che: «Niente è più opprimente che
incontrare genitori che si lamentano
in continuazione e non si accorgono
delle meravigliose opportunità che
hanno a portata di mano». Assolu-
tamente vero! L’acqua dei piagnistei
non fa muovere la nave!
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4.3 Page 33

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I DIECI BAMBINI PIÙ FELICI DEL MONDO
LE CAPRIOLE DEL SANTO
1. Il bambino svegliato da due baci: quello di mamma e quello di papà.
2. Il bambino sudato, dopo aver tanto giocato.
3. Il bambino che si sente raccontare fiabe.
4. Il bambino che non è costretto a fare gli straordinari.
5. Il bambino abbracciato, senza essere soffocato.
6. Il bambino che qualche volta può andare in bicicletta, da solo, con il papà.
7. Il bambino affidato al Buon Dio.
8. Il bambino che non è trattato come le statuine del presepio che possono vedere la luce
del sole solo quindici giorni all’anno.
9. Il bambino che non è obbligato a dimostrare d’essere un genio.
10. Il bambino che può accarezzare il gattino, toccare la neve, giocare con l’acqua, calpe-
stare le foglie secche in autunno.
La seconda strategia che ci fa
meno tesi e che, di riflesso,
rasserena i figli, è quella di
non cadere in alcune trappole.
Trappola è il bambino da manuale.
I libri di psicologia programmano la
giornata del piccolo: alle 9.05 il ba-
gnetto; alle 14 la passeggiata; dopo un
tot di minuti dal pasto, il ruttino…
Ma il nostro fa il ruttino in ritardo…
Sarà ammalato?”.
Il nostro bambino ha iniziato a par-
lare verso i due anni e non al termine
del primo, come dice il manuale…: sarà
normale?...”. Suvvia: siamo saggi!
I genitori che cado-
no nella trappola del
bambino da manuale
fanno pensare alla sto-
riella della Luna. Una
sera l’insegnante di astro-
nomia mostrava con il
dito la Luna, partico-
larmente bella, ma gli
studenti guardavano
il dito, non la Luna!
I libri di psicologia
sono il dito: non
fermiamoci ad essi;
è il bambino che
conta! Vi sono geni-
tori che hanno stu-
diato pochissimo, ma hanno capito
moltissimo. Sono quelli che hanno
semplicemente guardato il bambino
con tanto buon senso, senza tante an-
sie e preoccupazioni.
Trappola è il bambino televisivo.
Il bambino televisivo è sempre bello,
pulito, non suda mai, non fa capricci,
non ha bisogni, tranne quello di un
po’ di Nutella, del resto subito sod-
disfatto. Spenta la televisione, che
delusione!
Il nostro bambino fa capricci, suda,
urla… Occhio, signori! Il bambino
televisivo è una ‘bufalata’, uno spec-
chietto per le allodole, per far correre
ad acquistare certi prodotti!
Un giorno una donna, guardando dalla
finestra, vide un grande uomo, un asceta
circondato dai bambini del villaggio.
Notò che l’uomo, tutto dimentico della sua
dignità, faceva capriole per divertirli.
Fu così colpita da quello spettacolo che
chiamò il suo bambinio e gli disse: “Figlio,
quello è un santo. Puoi andare da lui! ”.
Trappola è il bambino del vicino.
Lui sì che è bravo! Lui studia. Lui è
educato…”. Anche qui, buon senso,
genitori! Il prato sempre verde del
vicino potrebbe essere artificiale; la
moglie che può sembrare una tacchi-
na, in realtà è una semplice gallina!
Buon senso diciamo, sì, perché ciò
che noi pensiamo degli altri, lo stesso
pensano gli altri nei nostri confronti.
È l’irrazionalità dell’invidia!
In ogni casa vi è un capitale: è il no-
stro bambino normale! Godiamocelo!
Basta così. Sono cenni che, pur nella
loro brevità, possono aiutare a com-
porre il quadro più bello del mondo:
un padre, una madre e i figli che si
guardano negli occhi e dicono: “Il pa-
radiso siamo noi!”.
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4.4 Page 34

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LA LINEA D'OMBRA
ALESSANDRA MASTRODONATO
Una generazione L’altissimo tasso di astensionismo
tra le giovani generazioni,
il disinteresse verso la politica
“altrove” eildeficitdipartecipazione
sociale sono specchio della
crescente sfiducia nei confronti
delle istituzioni, denotano anche
la rinuncia ad investire tempo ed
Una generazione “altrove”: è così che, con
una vena di amarezza, una recente ricer-
ca definisce i giovani del terzo millennio.
“Altrove”, perché chiusi nel proprio indi-
vidualismo. “Altrove”, perché sempre più
indifferenti, disinformati e distanti ri-
energie a favore della collettività
e del benessere comune.
pegno in prima linea per cercare di correggerne
le storture.
spetto alla società che li circonda. “Altrove”, per- Ne sono prova l’altissimo tasso di astensionismo
ché tristemente disincantati rispetto alla possibi- tra le giovani generazioni, il disinteresse verso la
lità di cambiare le cose e di aspirare ad un futuro politica, il deficit di partecipazione sociale, che
più roseo. Un “altrove”, dunque, che prima an- certo sono specchio della crescente sfiducia nei
cora di essere geografico – basti pensare ai tanti confronti delle istituzioni, dei partiti, degli stessi
giovani che oggi decidono di trasferirsi all’estero meccanismi di rappresentanza delle democrazie
alla ricerca di una maggiore stabilità economica contemporanee, ma che denotano anche la rinun-
e di una migliore qualità di vita – allude ad una cia ad investire tempo ed energie a favore della
condizione esistenziale, alla scelta di rimanere in collettività e del benessere comune.
disparte, di evitare forme troppo coinvolgenti di
protagonismo politico e sociale, di non attraver- Il frutto acerbo dell’amarezza
sare quella linea sottile, ma a volte invalicabile, Eppure i giovani sono attivissimi sui social net-
che separa la critica acuta del presente dall’im- work e sui blog che si occupano di politica e di
problematiche sociali; attraverso la Rete espri-
mono a gran voce il proprio dissenso e la propria
Lo scrutatore non votante è indifferente alla politica
indignazione verso il malfunzionamento del si-
Ci tiene assai a dire “ohissa!”, ma poi non scende dalla macchina
stema e le false promesse dei politicanti di turno;
È come un ateo praticante seduto in chiesa alla domenica,
non si rassegnano a vivere in una società in cui
si mette apposta un po' in disparte per dissentire dalla predica...
non si riconoscono e che sembra sorda alle loro
Lo scrutatore non votante è come un sasso che non rotola
attese e alla loro aspirazione al cambiamento. Il
Tiene le mani nelle tasche e i pugni stretti quando nevica
loro apparente cinismo, spesso considerato sino-
Prepara un viaggio ma non parte, pulisce casa ma non ospita
nimo di indifferenza, di fatalismo, di mancanza
Conosce i nomi delle piante che taglia con la sega elettrica... di generosità, in molti casi nasconde un malessere
profondo.
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4.5 Page 35

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È il frutto acerbo dell’amarezza che deriva dal
non riuscire a far sentire la propria voce nelle pla-
tee che contano, dal vedere sistematicamente de-
luse le proprie speranze in una società migliore. È
un meccanismo di difesa che li spinge a rintanarsi
nell’“altrove” di uno sbandierato individualismo
per sfuggire alla frustrazione di non riuscire a
trovare il proprio “posto” nel mondo, uno “spazio”
aperto di espressione e di confronto all’interno di
una sfera pubblica sempre meno a loro misura.
Ma, a dispetto delle statistiche, ci sono anche
tantissimi giovani che quello spazio cercano di
costruirselo ogni giorno a suon di impegno civile
e partecipazione “politica”, nel senso più pieno del
termine. Che si rimboccano le maniche e alla ten-
tazione del fatalismo preferiscono la provocazione
della speranza. Che credono ancora fermamente
nella possibilità di costruire cieli nuovi e terra nuo-
va. Che non rinunciano a sentirsi responsabili del
benessere collettivo e, con generosità e altruismo,
Lo scrutatore non votante conserva intatta la sua etica...
Ha collegato la stampante, ma non spedisce mai una lettera
Si è comperato un mangia-carte per sbarazzarsi della verità
Lo scrutatore non votante è sempre stato un uomo fragile
poteva essere farfalla ed è rimasto una crisalide...
(Samuele Bersani, Lo scrutatore non votante, 2006)
si impegnano quotidianamente per migliorare le
cose, anche a costo di rimetterci in prima perso-
na. Forse saranno una minoranza (o forse no), ma
il loro lavoro instancabile a favore del prossimo, la
loro voglia di mettersi in gioco, la loro fiducia nel
domani sono una scintilla di luce anche per tutti
quei giovani e meno giovani che, pur desiderando
ardentemente dare un senso più autentico al pro-
prio essere nel mondo, non hanno il coraggio di
aprirsi agli altri, di rompere l’involucro protettivo
della propria crisalide e riscoprirsi farfalle in gra-
do di volare.
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4.6 Page 36

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
La leva militare:
un dramma dei
primi anni settanta
Un’opera come quella salesia-
na che dagli umilissimi ini-
zi di casa Pinardi nel 1846
alla morte di don Bosco nel
1888 era già diffusa in varie
nazioni europee e sudameri-
cane, doveva avere alle sue spalle un
fondatore capace di attirare numerose
schiere di giovani disponibili a con-
sacrarsi all’educazione di quella “gio-
ventù a rischio”, cui troppo pochi nel-
la società civile e in quella ecclesiale si
interessavano seriamente.
A fondamento di una simile impre-
sa vi era il “dito di Dio”, come don
Bosco non esitava a dire al papa, alle
autorità della Santa Sede, ai salesiani,
ma vi erano anche la sua capacità di
stimolare la beneficenza, tanto pub-
blica che privata, – unica risorsa su
cui poteva e voleva contare – e il suo
indefesso impegno in tale direzione.
Ciò che poi per lui era un’impellente
necessità di sopravvivenza, diventava
sovente motivo di derisione da parte
della stampa anticlericale, dei liberali
ostili alla chiesa, dei governi massoni.
Uno dei bisogni maggiori di liquidi-
tà si presentò a don Bosco ad inizio
degli anni Settanta, paradossalmente
proprio all’indomani dell’approvazio-
ne pontificia della sua congregazione
(1869). L’epistolario lo conferma.
La legislazione
Fino al 1869 nel neonato regno d’Ita-
lia era in vigore la legge del Regno di
Sardegna del 1854, che permetteva ai
vescovi di disporre di un certo nume-
ro di chierici, fissato annualmente per
legge, esenti dalla ferma militare. Don
Bosco più volte si era rivolto a qualche
vescovo amico, che inseriva i chieri-
ci di Valdocco fra i propri seminari-
sti. Per tutti gli altri giovani, estratti
Le enormi spese
che dovette affrontare
don Bosco per
l’esenzione dei chierici
a sorte nei comuni di residenza, era
comunque sempre possibile farsi sur-
rogare con il versamento di una cifra
paragonabile allo stipendio annuale di
un professore universitario.
Con legge del 27 maggio 1869 tale
privilegio venne abolito, anche se un
decreto legge del giugno successivo
consentiva di nuovo di affrancarsi dal
servizio sempre mediante una gros-
sa tassa, fissata in franchi 3200 (circa
12 000 Euro). A fronte di ciò, la Chie-
sa elevò la sua protesta, inascoltata.
Il dramma di Valdocco
Don Bosco si trovò immediatamen-
te in difficoltà. Con sé aveva molto
personale in età di leva. Doverne fare
senza per il lungo periodo della ferma
significava perdere molte forze vive
nelle sue case.
Ora se nel dicembre 1870 aveva già
“alcuni sotto le armi” ed altri “in pro-
cinto di andarci” se non avesse pagato
in tempi abbastanza ristretti i 3200
franchi richiesti, nel 1871 il proble-
ma si acuì al punto che il 30 aprile
scriveva alla marchesa Uguccioni: “In
brevissimo tempo abbiamo dovuto
riscattare dieci chierici dalla leva mi-
litare colla enorme somma di franchi
32 mila [120 mila euro]. Vede che fla-
gello”. Pochi mesi dopo, il 12 luglio
1871 supplicava un immediato aiuto
economico alla signora Lucini di Ber-
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Maggio 2014

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gamo: “abbiamo 14 chierici che sono
colpiti dalla leva testé effettuata e si
possono riscattare soltanto fino al 31
luglio del corrente luglio. Dopo, tutti
sono militari, abolito ogni supplente”.
Trovare denaro in contanti non era
facile ma la beneficienza non venne
mai meno, tanto che il 24 luglio co-
municava a don Tribone di Genova:
“Ho il piacere di significarle che di
quattordici chierici che avevamo da
riscattare, sette sono già stati riscatta-
ti, per gli altri speriamo nella miseri-
cordia di Dio”.
Misericordia di Dio, ovviamente, da
suscitare attraverso l’umile suppli-
ca ai suoi generosissimi benefattori:
contesse Corsi, Brancadori, Callori,
marchesi Fassati, Uguccioni, barone
Ricci des Ferres ecc. Nel settembre
le cose migliorarono, perché la som-
ma richiesta per il riscatto era scesa a
2500 franchi (9500 Euro).
La nuova legge dell’aprile 1872 rimise
in vigore l’esenzione per i seminaristi,
ma a determinate condizioni, quelle
che don Bosco non era in grado di
garantire, perché non era Ordinario
di diocesi e la sua Congregazione non
aveva alcun riconoscimento di fronte
alla legge. Nell’agosto 1872 aveva da
riscattare undici chierici; a fine otto-
bre 1873 quindici.
“Là c’è la Provvidenza”
Così don Bosco avrebbe potuto affer-
mare con il Renzo manzoniano, anche
se la Provvidenza non sempre era a
basso costo. Il 26 settembre 1873 in-
fatti scriveva alla contessa Callori: “La
sua preziosa lettera andò a raggiunger-
mi in Varazze e mentre la leggeva e
considerava la carità che faceva pei no-
stri chierici, in quell’istante medesimo
ricevo un dispaccio da Alessandria che
mi annunzia un nostro chierico esse-
re stato ritenuto nella prima categoria.
Sia benedetto il Signore, dissi con D.
Francesia: egli manda la spina e con-
temporaneamente la rosa”.
A fine ottobre 1874 don Bosco ven-
ne a trovarsi nelle stesse condizioni
di bisogno, per cui rilanciava il suo
accorato appello all’avvocato torinese
Galvagno: “Mi rincresce disturbare
tanto sovente la S. V. Benemerita, ma
mi trovo in bisogno eccezionale. Ho
cinque chierici da riscattare dalla leva
militare e non ho ancora un soldo ad
hoc mentre [siamo] vicini all’epoca del
riscatto. Potrebbe ella venirmi in aju-
to? Ecco l’umile mia preghiera. Ogni
chierico deve pagare fr. 2500 per pas-
sare dalla 1a alla 2a categoria [da cui si
poteva essere esentati]”.
Pochi giorni dopo, il 7 novembre, era
la volta della contessa Teresa Corsi:
“La contessa Corsi Gabriella mi por-
tò franchi duecento che V. S. Ill.ma
offre per il riscatto dei nostri chierici
dalla leva militare. Non poteva essere
cosa più opportuna; domani è gior-
no ultimo pel riscatto di uno di tali
Nei primi anni della Congregazione anche i
chierici rischiavano di essere inghiottiti dalla
feroce macchina della guerra.
chierici ed a favore di quello fu tosto
spedita la sua limosina… Di cinque
chierici due sono già riscattati; preghi
Dio che mi aiuti a trovare i mezzi per
riscattare gli altri tre”. E l’indomani,
probabilmente dopo una notte inson-
ne, ecco un nuovo appello alla mar-
chesa Bianca Malvezzi e così via.
E la ricompensa?
I religiosissimi benefattori di don Bo-
sco si accontentavano di un semplice
grazie, nutrito però di preghiere per
il presente e per il futuro: “Dio saprà
compensarla. Il Clero, la Chiesa, noi
tutti le saremo riconoscenti e ci unire-
mo al chierico beneficato ad invocare
costantemente le benedizioni del cielo
sopra di Lei e sopra tutta la sua fami-
glia”. Negli anni successivi, fino alla
Conciliazione del 1929, il problema
si ripropose continuamente, ma don
Bosco e i suoi primi successori (don
Rua, don Albera, don Rinaldi) tro-
veranno sempre il modo di risolverlo
senza danneggiare le case salesiane,
in cui la presenza di giovani educatori
è essenziale.
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MEMORIE
PIERLUIGI CAMERONI
24 maggio 1814:
papa Pio VII libero
nel nome dell’Ausiliatrice
Nel turbine napoleonico
Tra l’aprile del 1798 e il maggio 1815
corrono 17 anni. Tra queste due date
è iscritta la parabola del turbine na-
poleonico. Forse mai l’Europa aveva
assistito, in un periodo così ristretto,
Il 24 maggio
ricorrono i duecento
anni del rientro
del papa Pio VII, il
benedettino Barnaba
Chiaramonti,
a Roma dopo gli
anni di prigionia
(1809-1814),
trascorsi prima
a Savona e poi a
Fontainebleau, in
Francia, prigioniero
di Napoleone.
Proprio il fatto che
la liberazione sia
avvenuta nel giorno
della memoria di
Maria Ausiliatrice
spingerà Pio VII
a istituirne, nel
settembre del 1815,
la festa liturgica.
a rivolgimenti politici e sociali così
profondi e così decisivi. Per più di un
decennio è la volontà di un solo uomo
che detta legge a tutta l’Europa. Vec-
chi stati e ordinamenti scompaiono
o sono assorbiti, e nuovi regni o stati
sorgono a sostituirli. Neppure lo stato
della Chiesa riesce a sottrarsi a questo
turbine che sconvolge l’Europa.
Già diversi provvedimenti faceva-
no prevedere tempi non felici per la
Chiesa: l’introduzione del divorzio
nel Codice civile, l’imposizione del-
la festa di san Napoleone il 15 agosto
a discapito dell’Assunzione di Maria
Vergine, la promulgazione del Cate-
chismo imperiale, emanato a Parigi
il 30 maggio 1806. Tuttavia è il 21
gennaio 1808 che Napoleone ordina
l’occupazione di Roma, perché il Papa
non partecipa al blocco continentale
contro l’Inghilterra. Dal 2 febbraio
Pio VII rimane chiuso nel Quirinale,
considerandosi prigioniero dei Fran-
cesi. Il 16 maggio Napoleone dichiara
lo stato pontificio annesso all’impe-
ro francese con la conseguenza che
il Papa, con la bolla Quam memoran-
dum, scomunica l’imperatore. Nella
notte del 6 luglio 1809 Pio VII, ani-
mo mite, ma deciso nella difesa dei
diritti del papato, viene arrestato nel
suo palazzo del Quirinale a Roma su
preciso ordine dell’Imperatore. Ini-
zia una dolorosa peregrinazione. Il
17 agosto arriva a Savona, dove viene
tenuto prigioniero prima nel palaz-
zo di Santa Chiara e poi nel Palazzo
vescovile sino al giugno 1812 e dove
sarà ricondotto una seconda volta il
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Maggio 2014

4.9 Page 39

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16 febbraio 1814, dopo il soggiorno
forzato in Francia a Fontainebleau.
Nel marzo del 1814 il Papa ritorna
trionfalmente a Roma il 24 maggio.
La festa
di Maria Ausiliatrice
La liberazione del papa Pio VII dal-
la prigionia napoleonica (24 maggio
1814) è il fatto che spinse all’istituzio-
ne della festa di Maria Ausiliatrice,
fissata appunto il 24 maggio. Dopo
aver incoronato in Savona l’effige del-
la Madre della misericordia, Pio VII
istituì la festa dell’Ausiliatrice come
perpetua memoria della sua liberazio-
ne e della libertà ridonata alla chiesa.
In tal modo tale titolo e tale festa si
impongono per un particolare rife-
rimento sia al ministero del sommo
pontefice, sia alla libertà della chiesa
nella sua missione. Riportiamo qual-
che brano tratto dall’opuscolo Mera-
viglie della Madre di Dio invocata sotto
il titolo di Maria Ausiliatrice del 1868,
nel quale don Bosco racconta tale av-
venimento.
“Il modo maraviglioso con cui Pio
VII fu liberato dalla sua prigionia è il
grande avvenimento che ha dato oc-
casione alla istituzione della festa di
Maria aiuto dei cristiani. Ritornato di
poi a Roma volle compiere la seconda
parte della sua promessa instituendo
nella Chiesa una festa speciale, che
attestasse alla posterità quel gran
prodigio. Considerando egli adunque
come in ogni tempo la santa Vergine
fu sempre proclamata aiuto dei cri-
stiani, appoggiato a quanto san Pio V
aveva fatto dopo la vittoria di Lepan-
Il bassorilievo sulla facciata della Basilica di
Valdocco che ricorda l’istituzione della festa di
Maria Ausiliatrice. Sotto: Un ritratto di Pio VII.
to ordinando d’inserire nelle Litanie
Lauretane le parole: Auxilium Chri-
stianorum ora pro nobis; spiegando
e dilatando ognor più quanto aveva
decretato il Pontefice Innocenzo XI
quando instituì la festa del nome di
Maria; Pio VII per rendere perpetua
la memoria della prodigiosa libera-
zione sua, dei Cardinali, dei Vescovi
e della libertà ridonata alla Chiesa,
e perché ne esistesse perpetuo mo-
numento fra tutti i popoli Cristiani
instituì la festa di Maria Auxilium
Christianorum da celebrarsi ogni anno
al giorno 24 maggio. Fu scelto quel
giorno perché appunto in esso l’anno
1814 Egli era stato fatto libero e poté
ritornare a Roma fra i più vivi applau-
si dei Romani”.
Ausiliatrice della Chiesa
e del Papa
Il bicentenario della liberazione del
papa Pio VII e il suo rientro a Roma
il 24 maggio ci preparano al bicente-
nario della nascita di don Bosco, nel
corso del quale ricorderemo anche i
duecento anni dell’istituzione della
festa liturgica di Maria Ausiliatrice.
Provvidenzialmente il nome di don
Bosco è associato fin dalla sua nascita
a quello dell’Ausiliatrice, la cui devo-
zione “ci insegna, come ricordò papa
Benedetto XVI nel suo viaggio a Sa-
vona, il coraggio nell’affrontare le sfide
del mondo: materialismo, relativismo,
laicismo, senza mai cedere a compro-
messi, disposti a pagare di persona pur
di rimanere fedeli al Signore e alla sua
Chiesa. L’esempio di serena fermezza
dato dal papa Pio VII ci invita a con-
servare inalterata nelle prove la fiducia
in Dio, consapevoli che Egli, se pur
permette per la sua Chiesa momenti
difficili, non l’abbandona mai. La vi-
cenda vissuta dal grande Pontefice ci
invita a confidare sempre nell’inter-
cessione e nella materna assistenza di
Maria Santissima”.
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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di
maggio preghiamo
per la beatificazio-
ne del servo di Dio
Andrea Majcen.
Don Andrea Majcen
(Maribor-Slovenia,
1904 - Lubiana, 1999)
salesiano e missiona-
rio eroico, è conside-
rato il “patriarca dei
salesiani” del Vietnam
dove giunse nel 1952,
dopo essere stato
espulso dalla Cina. In
Vietnam rimase fino
all’avvento del regime
comunista, nel 1976,
quando rientrò in Slo-
venia, diventando animatore missionario, direttore spirituale e confes-
sore fino al termine della sua vita. Quarantaquattro anni di apostolato
missionario in Cina e in Vietnam e venti di animazione missionaria in
Slovenia.
Le riflessioni e le meditazioni, raccolte nei diari (più di 6000 pagine
manoscritte), esprimono una profonda vita cristiana, religiosa e un
impegno personale di crescita spirituale. Don Majcen ha realizza-
to nella sua lunga e feconda vita la missione di essere nella Chiesa
segno e portatore dell’amore di Dio, attingendo dal Cuore stesso di
Cristo quella carità pastorale contrassegnata da un grande ardore
apostolico e dalla predilezione verso i giovani.
http://www.sdb.org/it/Santita_Salesiana/Servi_di_Dio/Andrej_
Majcen
Preghiera per la glorificazione di don Andrej Majcen
O Dio infinitamente santo,
il tuo servo fedele Andrej Majcen,
salesiano missionario in Cina e in Vietnam,
con grande zelo ha annunciato il Vangelo a tutti,
specialmente ai giovani poveri ed abbandonati.
È salito al monte della santità con generosa bontà ed amorevolezza,
diventando segno della tua misericordia nel sacramento della
riconciliazione.
Ti preghiamo di glorificarlo davanti al nostro sguardo
innalzandolo all’onore degli altari.
Aiutaci perché possiamo imitarlo, venerandoti con cuore sincero.
Per sua intercessione esaudisci le nostre preghiere.
Fa’ che anche la nostra vita sia un inno a Te,
che sei lodato ora e sempre. Amen.
GRAZIE SEGNALATE
per l’intercessione
di san Domenico Savio
– Erika Marinoni di Paderno D.
con il marito, ringraziano per la
nascita il 21 febbraio 2013, di
Beatrice, Eleonora e Maddalena,
tre gemelline sane e stupen-
de. San Domenico Savio ha
ascoltato le preghiere perché le
bimbe non hanno mai avuto pro-
blemi quando erano nel grembo
materno, crescendo bene e na-
scendo sane, nonostante i rischi
di questo tipo di gravidanza.
Cronaca
della Postulazione
Il 2 marzo 2014, in occasio-
ne del VII anniversario della
morte, a Noto (Siracusa) si
è aperta l’Inchiesta dio-
cesana della causa di bea-
tificazione e canonizzazione
del servo di Dio Antonino
(Nino) Baglieri, Volontario
con don Bosco, il quale, sulla
scia del carisma di don Bo-
sco, ha offerto le sue soffe-
renze per la vita della Chiesa
e per il bene dei giovani.
– Antonietta Fazio (Palermo)
per una sua figlia e per il nipo-
tino.
– Vincenzo Finocchiaro con la
moglie Rosaria (Catania) per la
nascita il 12 luglio 2013, dopo
una gravidanza difficile, di Ma-
rianna, una bambina bellissima
e solare. Anche dopo la nascita
Marianna, colpita da un’infe-
zione, sta sperimentando la
protezione di san Domenico
Savio.
– Claudia Barbiero e Lorenzo
Di Bert (Udine) per la nasci-
ta il 7 ottobre 2013, dopo una
gravidanza difficile, di Maria
Laura e Giovanni. Maria Laura,
colpita dopo la nascita da una
grave sofferenza a livello respi-
ratorio e neurologico, si è mira-
colosamente ripresa. Anche la
mamma, colpita da infezione e
sottoposta ad intervento chirur-
gico, si è ristabilita grazie alle
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non firmate e senza
recapito. Su richiesta
si potrà omettere
l’indicazione del nome.
preghiere rivolte a san Dome-
nico Savio.
– Voglio rendervi partecipi di
due avvenimenti straordinari
avvenuti in seguito alla preghie-
ra della novena a Domenico
Savio… quando mi sono pri-
vata del libretto con la preghiera
per darlo ad una mia amica che,
sposata da 8 anni non riusciva
ad avere figli nonostante diverse
cure, ho assistito con immenso
stupore ad un primo miracolo
operato da questo Santo: la mia
amica ha avuto da poco tre ge-
melli e io sono felicissima di an-
darla ad aiutare! Incoraggiata da
ciò ho dato la stessa preghiera
ad un’altra mia amica nella stes-
sa situazione della precedente...
dopo tre mesi circa mi telefona
piena di riconoscenza e di gioia:
era incinta! Io sono sempre stata
credente e cerco sempre con i
miei alti e bassi di restare vicino
a Dio che solo dà senso alle cose
che facciamo ma devo dire che
questi due autentici miracoli mi
hanno confermato e rafforzato
nella fede... adesso quando sono
scoraggiata, penso all’onnipo-
tenza di Dio attraverso i nostri
amici Santi che ho sperimentato
in prima persona e trovo la forza
di ricominciare.
Chiara Sesta (Palermo)
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Maggio 2014

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
Definizioni
La soluzione nel prossimo numero.
IL GIOVANE DON BOSCO E I BARABBOTTI
Quando arrivò a Torino, nel 1841, don Bosco, da poco ordinato
prete, mise subito in pratica il consiglio ricevuto da don Giuseppe
Cafasso, direttore spirituale del Convitto: “Andate e guardatevi in-
torno”. Cosa vide don Bosco, cosa lo colpì? Egli conosceva bene
gli stenti che si pativano nelle campagne, ma non immaginava la
povertà e il degrado delle periferie cittadine. Vide, sconfortato,
quartieri in fermento dove regnava un malessere diffuso dovuto
a condizioni di vita al limite della sopravvivenza. Disoccupati di
ogni età, emigrati alla ricerca di fortuna, ma soprattutto giovani e giovanissimi orfani disposti a tutto
che vagabondavano desolati e privi d’ogni cosa, materiale e spirituale. La gente li chiamava “barabbot-
ti” e da questi ne era spaventata. Don Bosco si accorse che, sebbene il lavoro scarseggiasse, i giovani
erano sfruttati in un vero e proprio mercato “delle braccia” per pochi soldi. Decise di fare qualcosa e
cosa poteva fare se non offrire lavoro? Però, e qui sta la grandezza della sua opera, andò oltre la solu-
zione delle necessità immediate; sapeva che se a una persona affamata dai un pesce questo non basta:
dopo devi insegnargli a pescare! Dal nulla creò l’oratorio con cui raccoglieva gli sfortunati ragazzi e
poi i laboratori artigiani dove si insegnavano loro i mestieri,
legatoria, sartoria, fabbro, falegnameria. Don Bosco li faceva
crescere spiritualmente e li istruiva a farsi strada nella vita,
ma ancora non bastava. Si curò personalmente che non ve-
nissero più sfruttati predisponendo dei contratti di lavoro, i
primi documentati nella città di Torino, tra i XXX e i loro da-
tori di lavoro. Per i giovani la paga doveva aumentare in mi-
sura del loro apprendimento e non sarebbero stati impiegati
per altre mansioni se non quelle riguardanti il loro mestiere.
Con questi contratti vennero scongiurati i peggiori soprusi.
ORIZZONTALI. 1. XXX - 8.
C’è quella di persecuzione - 13. Li
azionano i tessitori - 15. Cammina
per strada, pedone - 18. XXX - 21.
Il Pacino di Serpico - 23. Un lato
del triangolo rettangolo - 25. Sigla
di Pisa - 26. Cinquantadue romani
- 28. È puro spirito - 29. La coman-
da il generale - 32. La band svede-
se celebre per la canzone Mamma
mia! - 34. Il fondatore di Troia - 35.
Progenitori - 36. Il cucchiaio della
scavatrice - 38. Un istituto assicura-
tivo - 39. Il Salvador grande pittore
surrealista - 40. Sono doppie in terra
- 41. Minaccioso, torvo - 42. Andar
- 43. La Bella della Belle époque -
45. Il padre della Mila dannunziana -
46. Prestigiosa casa automobilistica
tedesca.
VERTICALI. 2. Il Toscanini di-
rettore d’orchestra (iniz.) - 3. La dea
greca della Terra - 4. Un confine na-
turale dell’Italia - 5. A volte, agendo a
nostro danno, ce la diamo sui piedi -
6. Un attaccante dell’epoca di Meaz-
za - 7. Profetesse… non ascoltate
- 8. Ne fu segretario Almirante - 9.
Coppia d’assi - 10. Nord-nord ovest
- 11. Istituto Tecnico - 12. S’accom-
pagnavano con la cetra - 14. Quella
di mare è l’attinia - 15. È opposto al
meno - 16. Il punto di partenza di una
gara - 17. Uno dei gruppi dell’antico
popolo dei Messapi - 19. Alcol detto
anche “spirito di vino” - 20. L’acido
che contiene il codice genetico (sigla)
- 22. Privo di vincoli - 24. Guarite -
25. Soffrire, penare - 27. Nei nomi
arabi sta per “figlio di” - 30. Regione
vinicola francese - 31. Lo scialle in-
dossato dai fedeli ebrei - 33. Contro,
nei prefissi - 37. Aromatico per un
terzo! - 42. Imperia (sigla) - 44. La
bocca per Cicerone.
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5.2 Page 42

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
DON MIGUEL GONZÁLEZ GARCÍA
Fondatore della Asociación Damas Salesianas
Morto a Caracas il 14 marzo 2014, a 86 anni
Prima della sua ordinazione sa-
cerdotale, il 14 novembre 1954
a San Salvador, scrisse il motto
della sua vita: «A te, Signore,
onore e gloria; a me il lavoro».
Dopo 86 anni di vita, quasi tutti
dedicati al servizio del prossimo,
i frutti del suo lavoro sono visibili
in 127 centri di ADS in Venezue-
la, Spagna, Filippine e in tutto il
continente americano, dalla Cali-
fornia alla Patagonia.
Era nato a Urdiales del Paramo,
nella provincia di Leon, Spagna,
il 27 aprile del 1927. Sentì presto
la vocazione religiosa, entrò nel
Noviziato Salesiano e decise di
diventare missionario. Fu desti-
nato alle Antille e, prima di entra-
re a Cuba, si laureò in Teologia e
Sociologia nel Salvador.
Visse e lavorò per sette anni
a Cuba, finché fu espulso dal
governo, per il suo coraggio di
esprimere pubblicamente il suo
dissenso sull’operato del regime.
Questa amara esperienza segne-
rà la sua vita: si convince che
non è necessaria solo la carità
pastorale, ma anche un coinvol-
gimento attivo nella vita sociale
per contribuire alla giustizia e alla
dignità dei più poveri.
Dopo la partenza da Cuba, la
Congregazione lo inviò in Ve-
nezuela, dove giunse il 6 marzo
1961. A Valera, la prima città in
cui risiedette, cominciò a formare
il nucleo di quella che sarebbe
diventata la missione della sua
vita: istituì il Comitato per l’azio-
ne sociale, chiamando gli uomi-
ni e le donne della comunità ad
organizzarsi e lavorare per i più
deboli. Così nei primi anni Ses-
santa nacque l’Associazione delle
Dame Salesiane.
Pochi mesi dopo, don Miguel
fu inviato a Caracas e incaricato
della costruzione del Tempio Na-
zionale di San Giovanni Bosco di
Altamira per ricordare i 75 anni
della presenza salesiana in Vene-
zuela. Aveva già chiara la sua idea
di azione sociale e chiese agli
architetti di predisporre i sotter-
ranei del Tempio per il suo pro-
getto. Nacque così il complesso
sociale Don Bosco, Casa Madre
dell’Associazione delle Dame Sa-
lesiane (ADS).
Una volta completato e inaugu-
rato il tempio, padre Miguel con-
vinse conoscenti e amici ad im-
pegnarsi per aiutare i più poveri
attraverso un lavoro completo:
sostenere la loro crescita spiri-
tuale risolvendo contemporanea-
mente i loro problemi più urgenti
di salute fisica. Presto seguì la
formazione professionale come
strumento di non “dare il pesce,
ma insegnare a pescare”.
Lavoratore instancabile, il suo
carisma e la sua dedizione con-
tagiarono un folto gruppo di
donne che, in solidarietà con gli
altri, seguendo la dottrina e gli
insegnamenti di Gesù decisero
di donare parte del loro tempo a
questo lavoro encomiabile.
Il 13 maggio 1968, festa della
Vergine di Fatima e di santa Ma-
ria Mazzarello, fu ufficialmen-
te fondata l’Associazione delle
Damas Salesianas. Un gruppo
di donne cattoliche, laiche im-
pegnate nella comunità e nella
società civile che operavano in
centri propri, privilegiando la
salute popolare, l’educazione al
lavoro, il riscatto dei giovani e
delle donne e le microimprese.
Per rendere realtà questo sogno,
don Miguel impegnò il seguente
mezzo secolo di vita.
I primi anni furono durissimi e
disseminati di insidie. Doveva
convincere le autorità ecclesia-
stiche della validità del progetto.
Mise tutto nelle mani di Maria
Ausiliatrice, nominata Prima
Dama. L’Associazione crebbe e si
consolidò, cominciando a diffon-
dersi in Venezuela e poi all’estero.
La rapida espansione convinse
don Miguel a mettere mano ad un
progetto di costituzioni e struttu-
re organizzative che garantissero
la solidità strutturale ed un asset-
to istituzionale efficiente.
In notti insonni occupate da un
lavoro instancabile, scrisse i do-
cumenti necessari a dare al suo
progetto un sostegno giuridico e
organizzativo. Nacque così l’Idea-
rio, la sua opera fondamentale.
L’Ideario fu concepito non solo
come fondamento giuridico, ma
come libro di vita per le Dame
Salesiane. Fu approvato da tut-
te le rappresentanti nella Prima
Assemblea Internazionale te-
nutasi a Caracas nel febbraio
del 1988. In quello stesso anno
l’Associazione ebbe il riconosci-
mento ecclesiastico e il 29 set-
tembre fu accolta nella Famiglia
Salesiana.
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Maggio 2014

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Quando Dio creò
la mamma
Il buon Dio aveva deciso di
creare... la Madre. Ci si arrabat-
tava intorno già da sei giorni,
quand’ecco comparire un angelo
che gli fa: «Questa qui te ne sta
facendo perdere di tempo, eh?».
E Lui: «Sì, ma hai letto i requisiti
dell’ordinazione? Dev’essere com-
pletamente lavabile, ma non di
plastica... avere 180 parti mobili tutte
sostituibili... funzionare a caffè e
avanzi del giorno prima... avere un
bacio capace di guarire tutto, da una
gamba rotta a una delusione d’amo-
re... e sei paia di mani».
L’angelo scosse la testa e ribatté
incredulo: «Sei paia?».
«Il difficile non sono le mani» disse
il buon Dio «ma le tre paia di occhi
che una mamma deve avere».
«Così tanti?».
Dio annuì. «Un paio per vedere
attraverso le porte chiuse quando
domanda: “Che state combinando
lì dentro, bambini?” anche se lo sa
già. Un altro paio dietro la testa per
vedere quel che non dovrebbe vedere,
ma che deve sapere. Un altro paio
ancora per dire tacitamente al figlio
che si è messo in un guaio: “Capisco,
e ti voglio bene”».
«Signore» fece l’angelo
sfiorandogli gentil-
mente un braccio «va’
a dormire. Domani è
un altro...».
«Non posso» rispose
il Signore. «Ho quasi
finito, ormai. Ne ho
già una che guarisce
da sola se è malata,
che può preparare un
pranzo per sei con
mezzo chilo di carne
tritata e che riesce a
tener fermo sotto la
doccia un bambino
di nove anni».
L’angelo girò lentamente intorno al
modello di madre, esaminandolo con
curiosità. «È troppo tenera» disse poi
con un sospiro.
«Ma resistente!», ribatté il Signore con
foga. «Tu non hai idea di quel che può
fare o sopportare una mamma».
«Sa pensare?».
«Non solo, ma sa anche fare ottimo
uso della ragione e venire a compro-
messi», ribatté il Creatore.
A quel punto l’angelo si chinò sul
modello della madre e le passò un
dito su una guancia.
«Qui c’è una perdita», dichiarò.
«Non è una perdita», lo corresse il
Signore. «È una lacrima».
«E a che serve?».
«Esprime gioia, tristezza, delusione,
dolore, solitudine e orgoglio».
«Ma sei un genio!» esclamò l’angelo.
Con sottile malinconia, Dio aggiun-
se: «A dire il vero, non sono stato io
a mettercela, quella cosa lì»
(Erma Bombeck).
Non è stato Dio a creare le
lacrime. Perché dobbiamo
farlo noi?
Maggio 2014
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Salesiani nel mondo
Salvate i bambini
Bambini schiavi,
bambini soldato,
bambini avvelenati
Le case di don Bosco
Avigliana
Un’oasi di pace
a due passi dalla città
Invito a Valdocco
La Basilica
di Maria Ausiliatrice
Quando i luoghi
raccontano la storia
L’invitato
Don Jarek
Il prete dei tifosi
A tu per tu
Incontro con
don Roberto Cappelletti
Direttore del
Parque don Bosco
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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