Bollettino_Salesiano_202309

Bollettino_Salesiano_202309

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Don Bosco
nel mondo
Zambia e
Mongolia
Nuovi salesiani
Guatemala
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
OTTOBRE 2023
Le
Giornate
Mondiali
Lisbona
Le case di
don Bosco
Foggia

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I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
Il gelso misericordioso
I
nnanzi al portone d’entrata
di casa Pinardi, dove oggi
c’è l’abside della Basilica di
Maria Ausiliatrice, c’era un grosso
gelso. D. Bosco amava quell’albero.
Lo chiamava l’albero della vita per i
tanti diversi e cari avvenimenti che si
svolsero all’ombra dei suoi rami.
Uno dei primi riguarda Felice Re-
viglio, un sedicenne capobanda che
diventò di casa all’oratorio. Ma in
famiglia lo rimbrottavano. Già non
lo sopportavano prima. Egli si sfoga-
va con don Bosco. «Sta’ tranquillo e
sii felice, Felice. Io ti farò sempre da
padre. Se dovesse succederti qualco-
sa, scappa a casa mia».
Un giorno, si sentirono
distintamente gli urlacci del
padre: «Da oggi tu la pianti
con quel tuo don Bosco e
lavori con me in tipografia».
«Oggi è domenica. Non
lavoro e me ne vado all’O-
ratorio». Non finì la frase
che lo colse un manrovescio.
Temendo il peggio scappò.
Lo inseguì una bordata di
insulti. Lo vidi arrivare
ansimante, inseguito. Don
Bosco non era in casa. Felice
stava per essere raggiunto da
madre e padre. Non aveva
difesa né scampo. C’ero io
però, frondoso e accogliente,
preparato a nasconderlo.
Lesto come uno scoiattolo
si arrampicò sui miei rami
e si acquattò nel fogliame. Giusto in
tempo. Sua madre comparve da una
parte gridando.
Don Bosco arrivava proprio in quel
momento. «Rivoglio mio figlio»,
«Suo figlio non è qui, non lo
vedo», «È venuto qui. Non ha altro
scampo quel lazzarone», «Lo vedrei
da qualche parte», «Eppure c’è»,
«Eppure non c’è...». Il dialogo, o
per meglio dire la diatriba, durò un
bel pezzo. Infine con l’ugola stanca
madama Reviglio tolse l’assedio e se
ne tornò a casa. Felice scivolò giù dal
gelso, guardingo, e si trovò davanti
a don Bosco. «Che cosa!... Tu eri
lì sopra?». «Sono scappato da lei.
Voglio stare con lei, don Bosco. Non
mi rimandi più a casa».
I coniugi Reviglio prenderanno
atto dell’accaduto e si adatteranno
alla volontà di Felice. Il quale, con
don Bosco, diventerà prete, teologo,
parroco della parrocchia di Sant’A-
gostino.
Non fu l’unico protetto dal gelso. Un
altro ragazzino fu conquistato dalla
bontà di don Bosco, ma il padre,
uomo malvagio e senza religione, un
giorno lo inseguì con un’accetta ur-
lando: «Ti raggiungerò e ti ammaz-
zerò, fossi anche nelle braccia di don
Bosco». Il ragazzo, spaventato, corse
ad arrampicarsi sul gelso e si nascose
tra i rami. Il padre mise
a soqquadro la casa di
don Bosco, ma non riuscì
a trovarlo. Lo trovò inve-
ce don Bosco, al chiaror
della luna, cullato dai
rami del buon gelso e gli
disse: «Discendi, figlio
mio, non temere, non c’è
più nessuno, ed ancorché
ritornassero, ti difende-
remo ad ogni costo».
Per edificare il coro
della Basilica, durante
un’assenza di don Bosco,
il gelso fu sradicato.
Quando don Bosco se ne
accorse, esclamò: «Il non
più vederlo mi cagiona
una pena come per la
morte di un fratello».
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OTTOBRE 2023

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Don Bosco
nel mondo
Zambia e
Mongolia
Nuovi salesiani
Guatemala
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
OTTOBRE 2023
Le
Giornate
Mondiali
Lisbona
Le case di
don Bosco
Foggia
OTTOBRE 2023
ANNO CXLVII
NUMERO 9
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: Grande onore e gioia per la
Congregazione Salesiana: il nostro Rettor Maggiore
Ángel Fernández Artime è stato consacrato vescovo
e cardinale di Santa Romana Chiesa.
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 IERI E OGGI
Salesiani e Cardinali
8 LE GIORNATE MONDIALI
I fantastici giovani di Lisbona
12 TEMPO DELLO SPIRITO
La via delle rose
14 NUOVI SALESIANI
Guatemala
18 LE CASE DI DON BOSCO
Foggia
22 SALESIANI
Bulgaria
26 LA NOSTRA STORIA
28 DON BOSCO NEL MONDO
Zambia e Mongolia
32 FMA
Tbilisi
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 IL CRUCIPUZZLE
43 LA BUONANOTTE
8
14
28
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 64
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Ana Villaverde
Amieva, Pierluigi Cameroni, Antonio
Carbone, Egidio Deiana, Roberto
Desiderati, Emilia Di Massimo, Ángel
Fernández Artime, Sarah Laporta,
Carmen Laval, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, Francesco
Motto, Pino Pellegrino, O. Pori Mecoi,
Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Alberto Rodriguez M.
Fondazione
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e i lavoratori.

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Desidero continuare a servire gli altri... in un modo diverso
La mia nomina a
CARDINALE
Sento di condividere l’affermazione
del 1884 del nostro santo fondatore:
«Vedo sempre più quale glorioso
avvenire è preparato alla nostra Società, l’estensione che avrà
e il bene che potrà compiere».
C ari amici del carisma salesiano, giunga a
ciascuno e a ciascuna di voi il mio sincero,
fraterno e affettuoso saluto.
Mi è stato “suggerito” dal Bollettino Sa-
lesiano di preparare questo saluto non come altre
volte, raccontando qualcosa di significativo che ho
vissuto, ma parlando di me, di questa nuova real-
tà che mi aspetta. E ho sperimentato qualcosa che
avevo studiato a proposito della persona del nostro
padre don Bosco. Per lui era difficile parlare di sé
e ancor più difficile esprimere i propri sentimen-
ti. Nel mio caso, devo ammettere che mi è un po’
difficile parlare o scrivere degli ultimi avvenimenti
che mi sono capitati; ma ammetto che prima o poi
devo farlo, e il messaggio del Bollettino Salesiano
che arriva nelle mani e nei cuori di tanti amici del
carisma di don Bosco è un buon modo per mandare
questo messaggio personale.
Dopo la notizia inaspettata (soprattutto per me), con
la quale il Santo Padre Francesco ha annunciato an-
che il mio nome tra le 21 persone che ha scelto per
essere “create” Cardinali della Chiesa nel prossimo
Concistoro del 30 settembre, migliaia di persone si
sono domandate, soprattutto tra i Salesiani di don
Bosco e i membri della famiglia salesiana nel mon-
do: e ora che cosa accadrà? Chi accompagnerà la vita
della Congregazione nel prossimo futuro? Quali
passi la attendono? Potete ben capire che sono gli
stessi interrogativi che anch’io mi sono posto, men-
tre ringraziavo con fede il Signore per questo dono
che papa Francesco ci ha fatto come Congregazione
salesiana e come Famiglia di Don Bosco.
Con una lettura di fede, conoscendo le grandi cose
che Dio ha fatto e ciò che sappiamo attraverso la
sua Parola, si potrebbe dire che Dio ama le sorpre-
se. Di solito, nella Bibbia, Dio dice: “Parti! Il cam-
mino si rivelerà». Una cosa importante abbiamo
imparato da don Bosco: niente ci turbi e fidiamoci
della Provvidenza di Dio.
Sento di condividere l’affermazione del 1884 del
nostro santo fondatore: «Vedo sempre più quale
glorioso avvenire è preparato alla nostra Società,
l’estensione che avrà e il bene che potrà compiere».
Ho potuto parlare personalmente con il Santo Pa-
dre, papa Francesco, dopo l’annuncio dell’Angelus
assicurandogli la mia disponibilità a contare su di me
per qualsiasi servizio. Ho risposto come don Bosco
quando gli fu chiesto di costruire il tempio del Sacro
Cuore a Roma, nel suo caso un don Bosco anziano e
malato, che sentiva anche il peso e la responsabilità
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OTTOBRE 2023

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di una Congregazione nascente: don Bosco rispose:
“Se questo è l’ordine del Papa, io obbedisco!”
Con semplicità, ho detto al Santo Padre che noi
salesiani abbiamo imparato da don Bosco a esse-
re sempre disponibili per il bene della Chiesa, e in
particolare per qualsiasi cosa il Papa possa chiedere.
Pertanto, mentre ringrazio Dio per questo dono che
è di tutta la Congregazione e della Famiglia Sale-
siana, esprimo la mia gratitudine a papa Francesco
assicurando per lui, da parte di tutti i membri del-
la nostra grande Famiglia, una più fervida e intensa
preghiera. Preghiera che, come detto, sarà sempre
accompagnata dal nostro sincero e profondo affetto.
Che cosa succederà adesso?
Devo condividere con voi che sono stato profonda-
mente toccato dalla sensibilità del nostro papa Fran-
cesco nel rendersi conto che il mio servizio come
Rettor Maggiore non doveva cambiare immedia-
tamente da un giorno all’altro. Per questo motivo,
dopo circa mezz’ora dall’annuncio della nomina in
occasione della preghiera dell’Angelus di domenica 9
luglio, il Santo Padre mi ha inviato una lettera in cui
mi parlava del tempo necessario per prepararmi al
Capitolo generale della nostra Congregazione prima
di assumere quanto intende affidarmi. Come sempre
il Santo Padre si è mostrato attento, cordiale, profon-
do estimatore del carisma di don Bosco e particolar-
mente affettuoso. Sentimenti che, a nome mio per-
sonale e di tutta la Famiglia Salesiana, ho ricambiato.
Vorrei condividere con voi le disposizioni che il
Santo Padre mi ha comunicato.
Il Papa ha ritenuto che, per il bene della nostra
Congregazione, dopo il Concistoro del 30 settem-
bre 2023 io possa continuare il mio servizio come
Rettore Maggiore fino al 31 luglio 2024. Dopo
tale data presenterò le mie dimissioni da Rettor
Maggiore, come chiedono le nostre Costituzioni
e Regolamenti, per assumere dalle mani del Santo
Padre il servizio che mi affiderà.
Questo è quanto il Papa stesso mi ha comunicato. Po-
tremo anticipare il 29° Capitolo generale di un anno,
cioè nel febbraio 2025. Il mio Vicario, don Stefano
Martoglio, assumerà il governo della Congregazione
ad interim, come è stabilito nelle nostre Costituzioni
fino alla celebrazione della CG29. Infine mi rima-
ne da dire e da rispondere ad un altro interrogativo
che molti di voi avranno: quale compito mi affiderà
il Santo Padre? Papa Francesco non me l’ha ancora
detto. Inoltre, con questo ampio margine di tempo
ritengo che sia la cosa più opportuna.
In ogni caso, chiedo a tutti voi, cari Confratelli e
membri dei gruppi della nostra Famiglia Salesiana
di continuare a intensificare la preghiera. Soprattutto
per papa Francesco. Lui stesso l’ha espressamente ri-
chiesto al termine dell’udienza privata a me concessa.
Chiedo, infine, anche di pregare per me, posto di
fronte alla prospettiva di un nuovo servizio nella
Chiesa che, come figlio di don Bosco, accetto in fi-
liale obbedienza, senza averlo cercato perché credo
veramente che nella Chiesa, i servizi che svolgiamo
non possono e non devono mai essere cercati o prete-
si come se si trattasse di fare carriera personale. Ciò
che è proprio del “mondo” per noi è improprio come
servitori nel nome di Gesù. E noi dobbiamo differire
(spero di molto) da alcuni standard del mondo. Di
tutto questo mi è testimone il nostro amato padre
don Bosco davanti al Signore Gesù.
Vi ringrazio per l’affetto e la vicinanza espressa in
queste settimane con i numerosi messaggi che mi
sono pervenuti da ogni parte del mondo.
Sento come rivolte a me le stesse espressioni che la
Madonna disse a don Bosco nel sogno dei nove anni
– di cui l’anno prossimo si celebrerà il secondo cente-
nario: «A suo tempo tutto comprenderai». E sappia-
mo che per il nostro Padre ciò è effettivamente avve-
nuto quasi al termine della vita, davanti all’altare di
Maria Ausiliatrice nella Basilica del Sacro Cuore di
Gesù, che era stata consacrata il giorno prima, il 16
maggio 1887. Dalla Basilica di Maria Ausiliatrice vi
invio un affettuoso e riconoscente saluto affidando
tutti e ciascuno a Lei, la Madre, la quale continue-
rà ad accompagnarci e a sostenerci. Come sempre vi
saluto con immenso affetto.
OTTOBRE 2023
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IERI E OGGI
B.F.
Salesiani e Cardinali
Monsignor Ángel Fernández Artime è l’ultimo di una schiera
di Salesiani eletti cardinali di Santa Romana Chiesa. Si sono
tutti contraddistinti per grande e leale (spesso eroico) amore
alla Chiesa e al Papa.
DEFUNTI
GIOVANNI CAGLIERO (1838-1926)
Fu il primo sacerdote della Congregazione
della Società di Don Bosco ad essere elet­
to vescovo. Papa Benedetto XV lo elevò al
rango di cardinale nel 1915; fu anche dele­
gato apostolico dell’America centrale. Viag­
giò e fondò case salesiane anche in Spagna,
Francia e Portogallo. Negli ultimi anni rien­
trò in Italia e fu vescovo di Frascati.
AUGUST HLOND
(Venerabile, 1881-1948)
Nato 1881 in Polonia, fu vescovo di Ka­
towice e creato cardinale nel concistoro del
20 giugno 1927, da papa Pio XI. Durante
la Seconda guerra mondiale, fu costretto
all’esilio e perseguitato. È stato avviato il
processo per la sua beatificazione.
RAÚL SILVA HENRÍQUEZ
(1907-1999)
Arcivescovo di Santiago del Cile, fu instan­
ca­bile difensore dei diritti umani.
ŠTĚPÁN TROCHTA (1905-1974)
Fu arrestato dalla Gestapo, sottoposto a
tortura ed inviato al Campo di sterminio di
Terezin e successivamente a quello di Mau­
thausen, dal quale scampò miracolosamen­
te alla morte.
San Paolo VI lo elevò al rango di cardinale
in pectore nel concistoro del 1969, ma la
nomina venne poi resa pubblica solo nel
concistoro del 5 marzo 1973.
ANTONIO MARIA JAVIERRE
ORTAS (1921- 2007)
Fu Archivista e Bibliotecario di Santa Rom­ a­
na Chiesa e poi prefetto della Congrega­
zione per il culto divino e la disciplina dei
sacra­menti.
MIGUEL OBANDO BRAVO
(1926-2018)
Riservò una particolare attenzione pasto­
rale e sociale ai campesinos, i contadini
poveri.
ROSALIO JOSÉ CASTILLO LARA
(1922-2007)
Venezuelano. Presidente dell’Amministra­
zio­ne del Patrimonio della Sede Apostolica
e della Pontificia Commissione per lo Stato
della Città del Vaticano, creato Cardinale
nel Concistoro del 25 maggio 1985.
ALFONS MARIA STICKLER
(1910-2007)
Archivista e Bibliotecario emerito di Santa
Romana Chiesa, è nato a Neunkirchen, in
arcidiocesi di Wien (Austria), il 23 agosto
1910.
ANTONIO IGNACIO VELASCO
GARCÍA (1929-2003)
Venezuelano. Nell’ambito della Conferenza
Episcopale Venezuelana è stato Presidente
della Commissione Episcopale di Educa­
zione (1996-1999), secondo (1996-1999) e
primo vice-presidente (dal 1999).
VIVENTI
ANGELO AMATO (1938)
Eletto cardinale nel concistoro del 20 no­
vembre 2010 da papa Benedetto XVI. Ha
ricoperto l’ufficio di prefetto della Congre­
gazione delle cause dei santi.
TARCISIO BERTONE (1934)
Arcivescovo emerito di Genova (Italia),
Segretario di Stato emerito, Camerlengo
emerito di Santa Romana Chiesa. Il 1° ago­
sto 1991 il Santo Padre lo ha chiamato alla
guida della più antica Diocesi del Piemonte,
come Arcivescovo di Vercelli. Il 28 gennaio
1993 è stato nominato dalla CEI Presidente
della Commissione Ecclesiale Giustizia e
Pace e in tale ufficio ha promosso ricerche
e iniziative per l’educazione alla legalità,
alla giustizia e alla moralità. Il 15 settembre
2006 papa Benedetto XVI lo ha nominato
Segretario di Stato. Ha partecipato al con­
clave dell’aprile 2005 che ha eletto papa
Benedetto XVI e al conclave del marzo 2013
che ha eletto papa Francesco.
CHARLES BO (1948)
È il primo cardinale del Myanmar, Paese
che ha appena celebrato il quinto cente­
nario dell’evangelizzazione e nel quale la
Chiesa, pur essendo una presenza numeri­
camente esigua, ha dato sempre testimo­
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OTTOBRE 2023

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nianza di fede in mezzo alle persecuzioni.
Presidente della Conferenza Epi­sco­pale del
Myanmar dal 2000 al 2006, ha ricoperto
anche diversi incarichi a livello nazionale
e con­tinentale: Segre­tario tesoriere del­
la Con­fer­enza episcopale del Myanmar e
responsabile per la Chie­sa birmana del
sem­ inario mag­giore e del dialogo tra le
re­li­gioni; capo dell’ufficio per lo svi­luppo
uma­no della Federazione delle conferenze
episcopali dell’Asia.
VIRGÍLIO DO CARMO DA SILVA
(1967)
Timorese, nel 2015 è stato nominato Ispet­
tore dei Salesiani della sua provincia. Il 30
gennaio 2016 il Santo Padre Francesco lo
ha nominato Vescovo della diocesi di Díli
(Timor Orientale).
L’11 settembre 2019 Il Santo Padre lo ha
no­minato primo Arcivescovo Metropolita
di Díli.
RICARDO EZZATI ANDRELLO
(1942)
Arcivescovo Metropolita emerito di Santia­
go de Chile è nato a Campiglia dei Berici in
diocesi di Vicenza (Italia). Insegna pastorale
fondamentale nella facoltà di teologia della
Pontificia Università Cattolica del Cile ed è
membro e direttore del Centro de estudios y
experiencias catequísticas (Ceec). Nel 1984,
durante il capitolo generale viene nomina­
to ispettore dei salesiani cileni. Concluso il
mandato di ispettore nel 1991, è chiamato
in Vaticano per collaborare con la Congrega­
zione per gli Istituti di vita consacrata e le
Società di vita apostolica. Il 24 aprile 2006
il presidente della Repubblica, su richiesta
del Congresso nazionale, gli concede la cit­
tadinanza cilena “per grazia speciale”.
RAFFAELE FARINA (1933)
Archivista e Bibliotecario emerito di Santa
Romana Chiesa. Nel 1965 ha iniziato il lavo­
ro come docente di storia ecclesiastica anti­
ca e metodologia critica nella facoltà di teo­
logia della Pontificia Università Salesiana a
Roma. È stato poi ordinario di storia della
Chiesa nella facoltà di teologia dal 1976 al
1997, anno in cui è stato proclamato docen­
te emerito.
Nel 1986 è stato nominato sotto-segretario
del Pontificio Consiglio della Cultura, carica
che ha mantenuto fino al 1991.
CRISTÓBAL LÓPEZ ROMERO
(1952)
Spagnolo, Arcivescovo di Rabat (Marocco).
Ordinato presbitero il 19 maggio 1979, ha
inizialmente svolto il ministero in favore
degli emarginati nel quartiere periferico La
Verneda, sempre a Barcellona. Nel 1984 è
partito alla volta del Paraguay, dove per un
biennio si è occupato di pastorale giovanile
nel Collegio salesiano di Asunción e poi è
stato delegato provinciale della pastorale
giovanile vocazionale (1986-1992). Nel
contempo, per un anno ha anche diretto il
“Bollettino salesiano” (1991-1992), quindi
è stato parroco nella capitale paraguayana
(1992-1994). Superiore della provincia della
Società salesiana di don Bosco in Paraguay.
Adveniat regnum Tuum il motto scelto per il
suo ministero al servizio dell’esigua mino­
ranza cattolica in mezzo alla maggioranza di
musulmani sunniti di rito malachita. López
Romero ha inoltre dato impulso all’istituto
ecumenico di teologia “Al Mowafaqa” che
significa “l’accordo”, “l’intesa”.
ÓSCAR RODRÍGUEZ MARADIAGA
(1942)
È Arcivescovo Metropolita emer­ito di
Tegu­cicalpa (Hon­du­ras), dove è nato il 29
dic­em­bre 1942. Il 13 aprile 2013 papa
Francesco lo ha nominato Membro, con
funzione di coordinatore, del Consiglio
di Cardinali per aiutarLo nel governo
della Chiesa universale e per studiare un
progetto di revisione della Costituzione
Apostolica Pastor bonus sulla Curia Roma­
na. Ha partecipato al conclave dell’aprile
2005 che ha eletto papa Benedetto XVI e
al conclave del marzo 2013 che ha eletto
papa Francesco.
DANIEL FERNANDO STURLA
BERHOUET (1959)
Arcivescovo Metropolita di Montevideo
(Uru­guay), è nato il 4 luglio 1959 a Mon­
te­video. È stato tra i partecipanti al venti­
cinquesimo (2002) e al ventiseiesimo
(2008) capitolo generale della congrega­
zione sale­siana. Dal 2008 al 2011 è stato
Ispettore della provincia salesiana dell’U­
ruguay.
JOSEPH ZEN ZE-KIUN (1932)
Vescovo di Hong Kong dal 2002 al 2009,
è stato creato cardinale da Benedetto XVI
nel 2006. Affabile e bonario, 91 anni, non
è mai stato un trascinatore di folle. Eppure
è uno degli uomini più temuti dal regime di
Pechino. Lo chiamano “la coscienza di Hong
Kong” da quando guidò in piazza mezzo
milione di manifestanti in difesa della de­
mocrazia.
OTTOBRE 2023
7

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LE GIORNATE MONDIALI
Sarah Laporta
I fantastici giovani
di Lisbona «Sognate qualcosa di bello
e autentico per la vostra
“C on il favore di Dio ho il grande
dono di vivere la Giornata Mon-
diale della Gioventù a Lisbona con
centinaia di migliaia di giovani
provenienti da tutto il mondo, tra cui circa 9mila
vita a partire da Dio».
La voce di chi c’era.
tutti quelli che incontro visitando le nostre opere
nel mondo un grande desiderio di sperimentare
ragazzi e ragazze del Movimento Giovanile Sale- nella loro vita Dio e sua Madre. Molti di loro vo-
siano che arrivano dai 134 Paesi dei 5 continenti gliono scoprire più chiaramente il sogno di Dio per
dove sono presenti le nostre opere. Sono convinto la loro vita; altri sono alla ricerca forse del senso
che tutti i giovani che si sono messi in viaggio per della vita o della fede; in tutti i casi, penso che No-
Lisbona sentono nel loro cuore che sta per accadere stro Signore che ama profondamente i giovani, li
qualcosa di bello e buono nella loro vita”. Così ha stia aspettando a Lisbona per un incontro di vita
dichiarato don Ángel Fernández Artime, Rettor e molti di noi adulti con loro, perché continuiamo
Maggiore dei salesiani, che il Papa ha creato car- a “dare vita”. E con sempre al centro, il Signore
dinale nel concistoro del 30 settembre, alla vigilia Gesù, il Signore della vita».
della sua partenza per il Portogallo.
“Come salesiano vivo con forte convinzione ciò che
Le loro voci
ci diceva don Bosco» ha aggiunto ancora il Ret- La gmg di quest’anno è stata quella con più na-
tor Maggiore. «Ogni ragazzo, ogni ragazza, zioni di sempre. Quanto alla lista dei Paesi con il
ogni giovane che viene in una casa sale- maggior numero di iscritti, domina la Spagna, che
siana non viene per caso, ma perché approfittando della vicinanza geografica porta in
la Madonna lo porta per mano. dote oltre 77mila giovani; seguita da Italia (qua-
E così accade in questa gmg, si 60mila); il Paese anfitrione al terzo posto, con
in comunione con papa Fran- oltre 43mila giovani portoghesi; e ancora Francia
cesco, con tanti pastori della (42mila) e Stati Uniti (19mila). Numeri simili ri-
Chiesa universale e con tante chiedono necessariamente anche il coinvolgimento
donne e uomini consacrati di tanti giovani volontari: ben 25mila sono quelli
e laici che accompagnano che si sono registrati e che da settimane o da giorni
questa preziosa gioventù». stanno lavorando per servire altri giovani di tutto
«Insieme andiamo ad in- il mondo. Accanto al Vescovo di Roma sono pre-
contrare il Signore Gesù senti a Lisbona anche moltissime berrette viola e
e cercheremo di imitare porpora: ben 688 sono i vescovi pellegrini alla gmg
Maria che “si alzò e par- 2023, di cui 30 di essi sono cardinali – senza con-
tì senza indugio”. Vedo in tare i futuri cardinali già annunciati, come il Rettor
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OTTOBRE 2023

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Maggiore, già da giorni in mezzo ai suoi giovani
dell’mgs, che verrà creato cardinale a fine settem-
bre. Ancora, non bisogna nemmeno dimenticare
che per ricevere questa fiumana di giovani si è mo-
bilitata una città intera.
Carlos, originario della Tanzania, partecipa per la
prima volta ad una Giornata Mondiale della Gio-
ventù e afferma a chiare lettere che per lui si tratta
di un’esperienza “meravigliosa”. “Oltre ad essere la
mia prima volta ad una gmg, è anche la mia prima
volta in Europa, è una visita a un nuovo continente”
aggiunge. Carlos ritiene inoltre che l’incontro tra
persone di culture diverse e l’incontro con il Papa
avranno sicuramente “un impatto sui giovani”, che
non potranno restare indifferenti a tutto questo.
“Gioia” è, invece, la parola che usa Roseira, pro-
veniente anche lei dall’Africa, ma dall’Angola, per
definire questa Giornata Mondiale della Gioven-
tù. Per quanto riguarda le sue aspettative, Roseira
spera che questa gmg lasci un segno in tutti coloro
che vi parteciperanno e lei stessa si sente già mossa
da uno spirito missionario: “Spero che questa Gior-
nata sia davvero incisiva per noi giovani, affinché,
appena usciti da qui, possiamo testimoniare l’amo-
re di Cristo, vissuto e condiviso con tutti i nostri
fratelli e sorelle”.
Mayra, di Capo Verde, riporta che la sua
partecipazione alla gmg di Lisbo-
na è per lei un’opportunità per
incontrare persone nuove
e provenienti da luoghi
diversi, ma anche come
un modo per decidere
se continuare gli studi in Portogallo.
E come Carlos, Roseira e Mayra ci
sono centinaia di migliaia di giovani
pellegrini che, come ha detto il Papa
durante la cerimonia d’accoglienza,
non sono lì per caso, ma sono sta-
ti “chiamati”, e che procedono in
queste giornate di entusiasmo e
allegria, saldi nella loro fede e nel cammino.
«Le tre giornate a Lisbona sono state impegnative:
caldo, sole e tanta, tanta gente – racconta Andrea,
– Ma la gmg è stata una bella esperienza di fede e
di amicizia con i giovani della nostra Diocesi e di
tutto il mondo. È stata un’occasione che ci ha fatto
sperimentare che la Chiesa è una grande famiglia,
che non siamo mai soli, che vale la pena mettersi
in gioco per seguire Gesù e che dobbiamo testimo-
niare la gioia dell’incontro con Lui».
La giornalista Chiara Bonetto ha intervistato alcu-
ni dei giovani. «Che cosa ti ha spinto a partecipare?»
ha chiesto. Matilde: «Sono partita senza aspetta-
tive, mi sono buttata in questa avventura. Avevo
bisogno di un’esperienza profonda per riflettere su
me stessa e sul mio percorso di fede». Esther: «Mi
sono fidata dei miei genitori che mi dicevano
che la gmg è davvero una bella esperienza,
unica e ho deciso di venire qui. All’inizio
avevo moltissimi dubbi, paura di pro-
varci, paura di buttarmi e di affidar-
mi, ma alla fine ho detto: “Sai che
c’è? Mi spaventa così tanto ed è
talmente un’esperienza gran-
de, forse anche più grande di
me, che ci provo e vedremo!”
Avevo voglia di vivere espe-
OTTOBRE 2023
9

1.10 Page 10

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LE GIORNATE MONDIALI
rienze nuove, conoscere persone nuove, imparare
a vivere con leggerezza e affidarmi al Signore».
Milla: «Io avevo voglia di incontrare gente, passare
del tempo con dei miei coetanei e vivere la mia fede
con loro, perché con i miei amici è più complicato.
Poco fa con le altre ragazze stavamo parlando di
come nei nostri Paesi (in Belgio e in Spagna), nelle
nostre parrocchie, sono poche le persone che cre-
dono davvero ed è difficile viver la nostra fede. È
difficile incontrare Gesù quando si è da soli. Men-
tre in questa gmg si vede e si sente forte quanto
essere insieme tra giovani ci rafforza.»
«Qual è la cosa che ti ha colpito di più?» ha chie-
sto ancora la giornalista. Esther: «Mi ha colpito la
gioia travolgente che è sempre presente, la forza
che si ha quando si è tutti insieme, mi piace co-
noscere le persone, tutti con una storia diversa, ma
tutti però allo stesso tempo qui. Vedo occhi pieni
di fame di amore, di verità! Sento la voglia di impa-
rare a fidarmi, imparare a vivere con più leggerezza
senza tutte le mie paranoie, voglia di rinforzare la
mia fede. Volevo smetterla di scappare dalle mie
paure e schivare tutti gli ostacoli, ma affidarmi e
basta. La gmg per me è un percorso sia personale
sia di condivisione di pensieri, sorrisi, abbracci…».
«Che cosa mi porto a casa
da questa GMG»
«Mi chiamo Yani, vengo dalla Cina, ho 22 anni.
Questa è la prima gmg. Sono venuto perché vo-
glio conoscere il mondo, incontrare nuovi ami-
ci ed essere in grado di conoscere me stesso. Che
cosa ho vissuto in questi giorni? Era la prima volta
che vedevo così tante persone riunirsi e mi sentivo
amichevole. Anche se ero stanco ogni giorno, ero
molto felice. L’impressione più profonda è quella di
aver visto il Papa passarmi accanto, non più quello
che vedevo in tv. Ora che la gmg è finita, torno a
casa con una fede più forte. Mi porto a casa an-
che le piccole cose scambiate con persone di tutto il
mondo e connessioni con gli amici. Anche se torno
in Cina, so che non le perderò, mi piace molto la
mia squadra. Grazie per questa opportunità di par-
tecipare a gmg».
10
OTTOBRE 2023

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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LE DIECI FRASI PIÙ SIGNIFICATIVE DI PAPA FRANCESCO ALLA GMG
Papa Francesco è stato per sei giorni in Portogallo in occasione
della Giornata Mondiale della Gioventù (GMG) Lisbona 2023.
Sono stati tanti i discorsi, le omelie, i saluti e le benedizioni al­
l’”ondata di giovani” che hanno partecipato alla GMG di Lisbo­
na 2023. Ecco dieci frasi che hanno colpito particolarmente.
1. “Abbiate perciò il coraggio di sostituire le paure coi sogni.
Sostituite le paure coi sogni: non siate amministratori di
paure, ma imprenditori di sogni!”
2. “Nella Chiesa c’è spazio per tutti, per tutti! Nessuno è inu­
tile, nessuno è superfluo, c’è spazio per tutti. Così come
siamo, tutti. E questo Gesù lo dice chiaramente quando
manda gli apostoli a invitare al banchetto di quell’uomo
che lo aveva preparato, dice: ’Andate e portate tutti, gio­
vani e vecchi, sani e malati, giusti e peccatori: tutti, tutti,
tutti’.”
3. “Non siamo stati chiamati automaticamente, siamo stati
chiamati per nome. Pensiamo a questo: Gesù mi ha chia­
mato con il mio nome. Sono parole scritte nel cuore.”
4. “Siano giorni in cui fissare nel cuore che siamo amati così
come siamo, non come vorremmo essere: come siamo
adesso. Questo è il punto di partenza della GMG, ma so­
prattutto il punto di partenza della vita. Ragazzi e ragazze:
siamo amati come siamo, senza trucco!”
5. “L’unico modo, l’unica situazione in cui è lecito guardare
una persona dall’alto in basso è… ditelo voi…, forte: per
aiutarla ad alzarsi.”
6. “La gioia di Maria è duplice: aveva appena ricevuto l’an­
nuncio dell’angelo, che avrebbe accolto il Redentore, e
anche la notizia che la cugina era incinta. Allora, è interes­
sante: invece di pensare a se stessa, pensa all’altra. Per­
ché? Perché la gioia è missionaria, la gioia non è per uno,
è per portare qualcosa.”
7. “Nella vita, nulla è gratis, tutto si paga. Solo una cosa è
gratis: l’amore di Gesù! Quindi, con questo gratis che ab­
biamo – l’amore di Gesù – e con la voglia di camminare,
camminiamo nella speranza, guardiamo alle nostre radici
e andiamo avanti, senza paura. Non abbiate paura.”
8. “Non diventiamo luminosi quando esibiamo un’immagi­
ne perfetta, ben ordinata, ben rifinita, no; e neanche se ci
sentiamo forti e vincenti, forti e vincenti, ma non lumino­
si. Noi diventiamo luminosi, brilliamo quando, accoglien­
do Gesù, impariamo ad amare come Lui.”
9. “Chi ama non sta con le mani in mano, chi ama serve, chi
ama corre a servire, corre a impegnarsi nel servizio agli altri.”
10. “Voglio dirvi: continuate così, continuate a cavalcare le onde
dell’amore, le onde della carità, siate surfisti dell’amore!”
Karina (Brasile): «È la prima volta che partecipo
alla gmg e ringrazio molto di questo. È impossi-
bile non vedere e non sentire che c’è qualcosa che
cambia il nostro cuore. Venire qui e tornare a casa
esattamente uguali a prima è impossibile!»
L’ultima buonanotte
I giovani del Movimento Salesiano hanno avuto
una giornata tutta per loro che si è conclusa con
un momento emozionante: la tradizionale “Buona-
notte salesiana”, offerta dalla Madre Generale delle
Figlie di Maria Ausiliatrice, Madre Chiara Caz-
zuola, e dal Rettor Maggiore, don Ángel Fernán-
dez Artime.
«Posso assicurarvi, cari giovani, che non rimarre-
te delusi da questa esperienza della gmg» ha detto
don Ángel «posso assicurarvi che sentirete, quan-
do ci saluteremo alla fine di questi giorni, e dopo
ancora più intensamente, che tutto è valso la pena
e che, in un certo senso, non siete più gli stessi di
prima, perché porterete così tanto nella memoria
del vostro cuore; posso assicurarvi che, come Ma-
ria, tutto quello che farete per vivere da giovani
discepoli e missionari cristiani – a volte in ricerca
e senza tutte le certezze, come vi ho già detto – vi
riempirà di felicità; sono sicuro che per il resto della
vostra vita ricorderete quello che avete vissuto alla
gmg, e posso assicurarvi, come diceva don Bosco ai
suoi ragazzi, che Gesù non vi deluderà mai, anzi».
Al termine del suo intervento, il Rettor maggio-
re ha ripreso le parole di don Bosco: “Voglio che
siate felici già qui” e ha lanciato una sfida a tutti:
“Cari ragazzi e ragazze: sognate qualcosa di bello e
autentico per la vostra vita a partire da Dio, fate i
passi ogni giorno per realizzarlo, e contagiate tanti
altri”.
OTTOBRE 2023
11

2.2 Page 12

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TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
La via delle rose
Il Rosario è una preghiera semplice,
semplicissima! Recitabile sempre e ovunque.
Camminando in campagna o attraversando
la strada; girando in auto o in metrò;
in un letto di ospedale o in una prigione.
Nelle
apparizioni
di Lourdes,
la Madonna
aveva sempre
con sé la
corona del
Rosario.
«11febbraio 1858.
Avevo appena
compiuto 14
anni. Era un
mattino come gli altri, un giorno
d’inverno. Avevamo fame, come
sempre. C’era questa grotta, con
la bocca nera. Nel silenzio sentii
come un gran soffio. Il cespuglio
si mosse, una forza lo scuoteva.
E allora io vidi Aquero».
Così racconta Bernadette Soubirous.
Nel 1858 i Pirenei sono ai confini del mondo. La
gente muore di fame e di freddo. Qui in una val-
le che si mormora è percorsa dal diavolo, malsana
e miserabile, comincia una delle più meravigliose
storie del secolo. Bernadette a quattordici anni non
sapeva leggere né scrivere, non sapeva parlare fran-
cese, non sapeva il catechismo, sapeva solo recitare
il rosario, questo sì in francese, anche se non lo ca-
piva; non aveva abbastanza da mangiare, non aveva
salute, e spaventose crisi d’asma spesso la soffocava-
no; insomma agli occhi degli uomini, non «valeva»
niente. I Soubirous sembravano perseguitati dalla
sventura: finiscono per alloggiare nel buio e fetido
pianoterra di un’antica prigione. A 12 anni Berna-
dette è mandata a servizio, gratuitamente purché
la sfamino (difatti i padroni giorno dopo giorno le
danno una pasta di granturco che la piccola non rie-
sce nemmeno a digerire). Il papà finisce addirittura
in prigione anche se è innocente. I monelli, spietati,
per la strada la prendono in giro: «Soubirous, hou
hou, son jupon qui est plein de trous!» Di catechi-
smo nemmeno a parlarne. A dire il vero la padrona
ha promesso di insegnarglielo, ma ci rinuncia pre-
sto: «Sei troppo stupida. Non potrai mai fare la pri-
ma Comunione». Davanti alla visione, Bernadette,
attratta e atterrita assieme, compie l’unico gesto che
da sempre le dà fiducia: trae di tasca il suo povero
rosario e cerca di recitarlo. La fanciulla recita il suo
rosario, la visione fa scorrere i grani del suo, ma in
silenzio. Bernadette è tanto lontana dall’inventare
che non sa neppure come interpretare quello che è
accaduto. La chiamerà sempre Aquero, quella cosa
che sembra una signorina.
È stupendo: la Madonna e santa Bernadette hanno
pregato il rosario “insieme”!
Dieci motivi per cui la preghiera
del Rosario è una delle più
“potenti” per i cattolici.
1. Il Rosario è accessibile e facile per tutti. È una
preghiera semplice, semplicissima! Recitabile
sempre e ovunque. Camminando in campagna
o attraversando la strada; girando in auto o in
metrò; in un letto di ospedale o in una prigione.
2. Unisce i fedeli di tutto il mondo. Mentre i grani
scivolano tra le mie dita, scivolano anche tra quelle
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OTTOBRE 2023

2.3 Page 13

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PERCHÉ SI DICE “ROSARIO”
La parola “rosario” deriva da un’usanza medioevale che consisteva nel mettere una co­
rona di rose sulle statue della Vergine; queste rose erano simbolo delle preghiere
“belle e profumate” rivolte a Maria. Così nacque l’idea di utilizzare una collana
di grani (la corona) per guidare la meditazione.
Nel XIII secolo, i monaci dell’Ordine cistercense elaborarono, a partire da
questa collana, una nuova preghiera che chiamarono rosario, dato che la
comparavano a una corona di rose mistiche offerte alla Vergine. Era anche
una necessità pratica. I monaci recitavano come preghiera i 150 salmi del­
la Bibbia, ma molti monaci non capivano il latino e a loro fu concesso di
sostituire i 150 salmi con 150 Ave Maria. La pratica della recita del rosario
fu resa popolare da san Domenico di Guzmán, il quale, secondo la tradizio­
ne, durante la prima di una serie di apparizioni mariane, nel 1214, ricevette il
primo rosario dalla Vergine Maria stessa, come mezzo per combattere le eresie,
per la conversione dei non credenti e dei peccatori.
www.shutterstock.com
del Santo Padre in Vaticano, di una vecchietta in
Alaska o di un bambino sulle colline del Ruanda.
3. È gradito a Maria. È una preghiera semplice,
umile come Maria. In tutte le apparizioni la
Madonna ha invitato a recitare il Santo Rosario
come arma potente contro il Male, per avere la
vera pace. A Fatima è Gesù stesso che esorta i
tre pastorelli a recitare il Rosario.
4. Il Rosario è concreto. È un corpo che prega, in
ginocchio, seduto, tra le faccende di casa.
5. È un segno di affetto e di fiducia. «A tutta pri-
ma, una preghiera di questo genere può apparire
come immatura, formale, non intelligente e in-
vece per chi capisce è esattamente il contrario:
preghiera matura, spontanea e dotata della più
alta intelligenza che è l’intelligenza del cuore.
Se la sposa dice allo sposo: «Ti amo», non è una
brutta cosa. E se glielo dice cinquanta volte di
seguito non credo che lo sposo s’offenda e consi-
deri la sposa stupida perché ripete le stesse cose.
È proprio dell’amore ripetersi con il ritmo delle
parole semplici e calde.
6. È conforto e invocazione.
7. Il Rosario coinvolge la nostra immaginazione.
Quando meditiamo sui misteri del Rosario,
coinvolgiamo la parte non verbale della nostra
mente, che viene comunicata attraverso le im-
magini, “in modo positivo e purificante”.
IL ROSARIO ISLAMICO (SUBHA)
È la preghiera del deserto delle lunghe marce, dell’ado­
razione e della lode prolungata. Formato da novantanove
grani (corrispondenti alle novantanove lodi di Dio), si fa
scorrere sotto le dita ripetendo un’unica invocazione scel­
ta tra le novantanove. È veramente una fonte straordinaria
di preghiera.
Chi è innamorato di Dio non si sazia di ripeterlo. Andando
nei paesi islamici, vi sarà facile vedere i «credenti» cammi­
nare tenendo in mano il rosario e facendo scorrere i grani
sotto le dita mentre le labbra sussurrano: «Dio mio, come
sei grande» oppure «Dio, sei il misericordioso».
8. Il Rosario porta alla quiete e alla meditazione.
9. Con il Rosario si applicano i misteri di gua-
rigione. «Dove ci sono ferite, il dottor Jesus e
l’infermiera Mary si prendono cura dei nostri
bisogni», ha detto un sacerdote. Nella preghiera
del Rosario, i misteri sulla nascita, il ministe-
ro, la passione e la gloria di Cristo sono aperti
e applicati dallo Spirito Santo ai nostri bisogni
interiori. Dove ci sono impurità, vengono puri-
ficate. Dove ci sono brutti ricordi, sono curati.
10.Lo dicono i santi. Lo dicono i papi. Il Rosario è
un’arma potente contro il male. La prima predi-
ca di don Bosco, quando era ancora suddiacono,
nel 1841, ad Avigliana, fu sul Santo Rosario.
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13

2.4 Page 14

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NUOVI SALESIANI
Sarah Laporta
Guatemala
Incontro con Victor Manuel Barrios del Águila.
«Mi hanno convinto sorrisi e braccia aperte».
Per curiosità, sono andato a vedere
la processione che avevano preparato
da una parrocchia salesiana alla scuola salesiana.
Ho visto quella gioia, quella vera allegria
e tantissime persone, soprattutto giovani,
e sono rimasto impressionato.
Puoi presentarti?
Mi chiamo Víctor Manuel Barrios del Águila. Sono
nato nella Città del Guatemala, capitale del Gua-
temala, un piccolo paese in Centroamerica. Sono
felicemente Salesiano di don Bosco da sei anni, nei
quali ho potuto vivere le esperienze più belle della
mia vita, specialmente essendo fra i ragazzi.
Com’è la tua famiglia?
Vengo da una piccola famiglia composta da cin-
que persone. Mio padre è nato nell’Occidente del
Guatemala, lavorando da bambino come contadi-
no fra le piante di caffè. Poi è diventato avvocato.
Lui è in paradiso da sette anni e sono sicuro che
sempre intercede per me e la mia vocazione. Lui è
morto quando ero in noviziato. Questo momento
della mia vita, però, mi ha aiutato tantissimo a cre-
scere come religioso, perché ho dovuto affidarmi e
affidare mio padre totalmente alla volontà di Dio.
14
OTTOBRE 2023

2.5 Page 15

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Mia madre è nata nel sud del Guatemala, vicino al
Pacifico, e ha sempre agito con responsabilità e de-
dizione in ogni cosa che ha fatto. Ho due fratelli.
In realtà uno di loro è un cugino, ma mio padre si è
preso cura di lui da quando era piccolo, prima anco-
ra di sposare mia madre. Allora lui è per me il fra-
tello maggiore. Adesso è sposato e ha tre bambini.
L’altro mio fratello è più piccolo di me e ha appena
finito gli studi universitari in ingegneria elettronica.
Com’è nata la tua vocazione?
Da sempre i miei genitori ci hanno trasmesso il
dono della fede, e penso sia questo ciò che mi ha
mosso internamente a pensare di diventare prete.
Io non conoscevo i salesiani, avevo soltanto sentito
parlare di loro. Ho conosciuto don Bosco grazie al
film che mostra la sua vita. Sono rimasto colpito
da quelle belle scene e ho cominciato a pensare che
forse il Signore mi chiamava a diventare salesiano.
In quegli anni, l’urna con le reliquie di don Bosco
girava il mondo ed è arrivata anche in Guatemala.
Più per curiosità, sono andato a vedere la proces-
sione che avevano preparato da una parrocchia sa-
lesiana alla scuola salesiana. Ho visto quella gioia,
quella vera allegria e tantissime persone, soprattut-
to giovani, e sono rimasto impressionato. In quel
momento, il Signore ha seminato il seme della vo-
cazione salesiana nel mio cuore.
Come hai conosciuto i salesiani?
Nell’ultimo anno di scuola ho cominciato a parla-
re con un salesiano della mia vocazione. Per me è
stato come la scoperta di un mondo nuovo, perché
non sapevo niente dei salesiani. Questo salesiano
era formatore e l’animatore vocazionale dell’Ispet-
toria di Centroamerica, così i primi salesiani che
ho conosciuto sono stati i prenovizi e posnovizi con
i loro formatori. Ricordo la prima volta che sono
andato al posnoviziato per una convivenza con altri
giovani con intenzione vocazionale. Non conoscevo
nessuno, ma i salesiani mi hanno accolto con un
sorriso e con le braccia aperte. Mi sentivo a casa.
Qual è il tuo compito attuale?
Attualmente ho finito gli studi del primo anno
di Teologia all’Università Pontificia Salesiana, a
Roma. Faccio parte della Comunità Salesiana Zef-
firino Namuncurà, la quale accoglie tanti studen-
ti di teologia da tutto il mondo. Mi trovo molto
bene nella mia comunità, la quale è per me davvero
arricchente perché posso avere una visione molto
ampia della congregazione a livello mondiale grazie
alla diversità culturale in cui mi sono trovato. Oltre
a studiare, ho anche delle esperienze apostoliche
che svolgo nell’Oratorio Don Bosco all’Aquila, una
città a una centinaia di chilometri da Roma.
Qual è la storia dei salesiani
in Guatemala?
Il Guatemala è stato l’ultimo paese del Centroame-
rica nel quale sono arrivati i salesiani, perché allora
c’era un governo anticlericale. Il primo salesiano è
arrivato nel 1929 a prendersi cura di una scuola che
gestiva la diocesi. Tre anni dopo, i salesiani fonda-
no una scuola propria nel punto più alto della Città
del Guatemala, in una zona abbastanza popolare,
vicina al capolinea dei mezzi pubblici e ai mercati.
Il cuore
salesiano
di Victor
con tanti
piccoli amici.
OTTOBRE 2023
15

2.6 Page 16

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NUOVI SALESIANI
traduzione della Bibbia e di tantissimi canti religio-
si per animare le funzioni liturgiche. In Guatemala
si trovano anche le case di formazione: prenovizia-
to, posnoviziato e teologato. Questi due ultimi ri-
cevono anche confratelli in formazione iniziale da
altre ispettorie. È bello sapere che le nuove gene-
razioni di salesiani hanno un’esperienza in queste
presenze significative.
Nel 1935 i salesiani arrivano nel paese di San Pe-
dro Carchá, al nord del Guatemala, una zona in cui
abitano gli indigeni di etnia maya-qeqchí. Piano
piano, la congregazione si è diffusa nel paese con
altre parrocchie, scuole e oratori. L’ultima presenza
salesiana in Guatemala è stata fondata nel 2012 nel
Petén, una regione spesso attraversata da migliaia
di migranti principalmente guatemaltechi, salva-
doregni e honduregni, che cercano di arrivare negli
Stati Uniti per avere una vita migliore. Tantissimi
di questi migranti sono giovani.
Quali sono le opere più significative?
Attualmente il Guatemala ha otto presenze sale-
siane, delle quali cinque si trovano nella Città del
Guatemala. Quasi tutte le presenze sono parrocchie
in posti popolari, per cui hanno una visione sociale
molto forte: cliniche, mense, educazione, catechesi,
oratorio. Per la Chiesa in Guatemala ha molto va-
lore la nostra presenza fra gli indigeni a San Pedro
Carchá. I salesiani hanno imparato la lingua locale,
celebrano in questa lingua, hanno collaborato alla
Com’è il rapporto con la diocesi
e con le altre chiese?
I vescovi delle quattro diocesi in cui lavoriamo
apprezzano immensamente il nostro lavoro per la
Chiesa e la gioventù dal Paese. Il vescovo di Petén
è un salesiano, che ha dato una bella spinta alla pa-
storale giovanile nel suo Vicariato Apostolico. Pur-
troppo, nelle ultime decadi le chiese protestanti si
sono disperse. Storicamente fra gli anni ’70 e ’80,
la Chiesa è stata perseguitata dal governo milita-
re. Chi veniva trovato con un rosario o la Bibbia
in mano, veniva preso e scompariva. Ci sono tanti
martiri di questo periodo: 4 sacerdoti, 1 religioso e
8 catechisti laici, fra i quali un bambino di 12 anni.
Dopo questo periodo il protestantesimo è cresciuto
tanto per la paura di essere perseguitato e ucciso dal
governo. Adesso la Teologia della Prosperità, pre-
dicata tanto da queste chiese, attrae molte persone.
Nelle nostre opere vengono cattolici e protestanti, e
tutti trovano un posto familiare e gioioso.
Come sono i giovani guatemaltechi?
I giovani guatemaltechi hanno il cuore pieno d’il-
lusioni. Il senso della famiglia è molto forte, perciò
tanti cominciano a lavorare da piccoli per aiutare
la propria famiglia nelle loro necessità e non po-
chi fanno un viaggio lungo e pericoloso verso gli
Stati Uniti, cercando lo stesso. Quando conoscono
una persona nuova, possono sembrare timidi, ma
quando questo rapporto si approfondisce, l’amici-
zia sicuramente durerà anni. Anche se la situazione
per i giovani è un po’ complicata attualmente per
la mancanza di una buona educazione o di lavoro,
16
OTTOBRE 2023

2.7 Page 17

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questa illusione non scompare
nei cuori dei giovani.
Quali sono i problemi
che devi affrontare?
Anche se ormai sono da un
anno in Italia, per me è sempre
un po’ complicato capire la real-
tà giovanile qua. La cultura, la
storia e l’attualità in Italia sono
diverse da quelle in Guatemala,
ma penso che sia precisamente
questa diversità ciò che mi darà gli strumenti per
arricchire il mio lavoro pastorale quando tornerò
in Centroamerica. Ero abituato a lavorare con i
giovani in un determinato modo, ma adesso il mio
sguardo si è allargato e, così come ho portato con
me quello che avevo imparato in Centroamerica,
adesso potrò portare con me ciò che continuo a im-
parare in Italia.
Quali sono le tue più dolenti
preoccupazioni?
Mi preoccupa che in Guatemala il livello di edu-
cazione sia il più basso in tutta l’America Latina.
Questo fa sì che tanti giovani non possano avere
una buona preparazione per ottenere un lavoro de-
gno o per gli studi universitari e così superare la
situazione di povertà nella quale si trova più della
metà della popolazione. Per questo motivo, tanti
bambini e giovani devono migrare, cercando mi-
gliori opportunità, ma tanti muoiono nel percorso
verso il Nord.
gno un Guatemala e una Cen-
troamerica con tante opportu-
nità per i giovani, dove possano
realizzare i loro sogni, e dove la
Famiglia Salesiana sia per loro
un sostegno importante di vita
cristiana, educativa e sociale.
Come vedi il futuro
della Congregazione
in Guatemala?
Vedo un futuro con più vocazio-
ni per la Famiglia Salesiana: giovani che vogliono
dedicare la loro vita per gli altri come religiosi, re-
ligiose o laici impegnati. Anche se gli ultimi anni
non sono stati così facili in questo ambito, grazie
alla testimonianza di fedeltà e allegria dei salesiani
penso che verrà un momento in cui questo stimo-
lerà tanti a continuare la missione di don Bosco.
Vedo una presenza salesiana sempre più coinvolta
nel dare risposta alle necessità della gioventù più
bisognosa, una congregazione coinvolta con le fa-
miglie dei giovani.
Victor con
la mamma
e un fratello.
E i tuoi progetti e sogni per il futuro?
Devo ancora finire i miei studi teologici per con-
cludere il percorso di formazione iniziale. Una vol-
ta concluso questo percorso di formazione, penso
di tornare nella mia Ispettoria per lavorare dove il
Signore vorrà e così poter mettere in pratica tutto
ciò che avrò imparato, non solo teoricamente nelle
aule, ma anche quello che avrò vissuto in Italia. So-
OTTOBRE 2023
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2.8 Page 18

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LE CASE DI DON BOSCO
Antonio Carbone
Il gran cuore dei
Salesiani a Foggia
Il loro impegno ha dato vita ad un fermento di impegno sociale
e politico ancora oggi presente sul territorio cittadino.
L a parrocchia del “Sacro Cuore” di Foggia fu
eretta nel 1956. Il primo parroco fu il sa-
cerdote diocesano don Mario Checchia. Si
ricorda di lui simpaticamente il cammino
con il campanello in mano attraverso le strade della
Parrocchia per richiamare i ragazzi alla santa Mes-
sa e alla catechesi. Don Mario era un’anima... sale-
siana: tappezzò la casa con immagini di don Bosco
e Domenico Savio, ma soprattutto attese con gioia
l’arrivo dei salesiani.
I salesiani arrivarono a Foggia nel 1968. Il 1° ot-
tobre, veniva nominato il primo parroco salesiano
della parrocchia del Sacro Cuore di Gesù a Foggia,
don Alfonso Ruocco. I primi sacerdoti salesiani di
tanti anni fa trovarono un quartiere periferico po-
vero e isolato dalle dinamiche della città, ma abi-
tato da persone che con dignità volevano superare
questa condizione di marginalità. Con la passione
educativa di don Bosco e la generosità, si misero a
servizio dei giovani del territorio e delle loro fami-
glie: se oggi si può parlare di progressi nel riscat-
to sociale lo si deve all’impegno dei salesiani e dei
tanti laici che si sono succeduti in questi anni.
I primi
I primi salesiani sono stati don Alfonso Ruocco,
don Angelo De Vito, don Lucio Mastrilli, don Pio
Del Pezzo, i coadiutori salesiani Nino Punzi e Ga-
briele Panunzio.
I primi salesiani riuscirono a coinvolgere un folto
numero di giovani organizzando feste, tornei di
pallavolo in serie C nazionale, scuola di foto e tra-
foro, campi scuola, teatro e gite.
Dal 1973 i salesiani presenti sono: don Nicola Pal-
misano, don Gerardo Russo, don Michele Mongello
ai quali si aggiunsero don Michele de Paolis e don
Giorgio Pratesi che intrapresero iniziative a carattere
fortemente sociale. In una parrocchia che presentava
già gli elementi caratteristici della missione nello sti-
le di don Bosco: ambiente di periferia, popolare, di
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OTTOBRE 2023

2.9 Page 19

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povertà, di emarginazione con famiglie numerose e
quindi con un’alta percentuale di giovani.
Memorabili sono state le iniziative di catechesi sui
documenti conciliari della Chiesa, la scuola popo-
lare, la formazione sociale e politica dei giovani,
l’accoglienza nell’abitazione dei salesiani di nuclei
familiari senza casa e la condivisione con i pove-
ri. Il loro impegno ha dato vita ad un fermento di
impegno sociale e politico ancora oggi presente sul
territorio cittadino.
Nel 1978 da una significativa esperienza di Chiesa
fatta nello spirito di don Bosco, nasce il Villaggio
“Emmaus” a pochi chilometri dalla casa salesiana.
Una “Piccola Comunità” di sacerdoti salesiani ed
un gruppo di giovani della parrocchia Sacro Cuore,
maturano la scelta di una vita comunitaria condivi-
sa al servizio di giovani in difficoltà, tossicodipen-
denti, alcolizzati offrendo loro un’esperienza di vita
alternativa.
Dall’anno 1984, si riprende da un lato una vita par-
rocchiale tipica, fatta di evangelizzazione, liturgia e
carità, mentre i salesiani e laici che seguono l’asso-
ciazione Emmaus, danno vita ad una nuova espe-
rienza di “piccola comunità” alla periferia di Foggia.
Nella parrocchia-oratorio nascono i gruppi Amici
Domenico Savio (ads) ed un’intensa vita feriale
oratoriana accompagnata da teatro, musica e cam-
piscuola per la preparazione dei futuri animatori. Si
lavora molto nelle scuole per far conoscere la figura
di don Bosco. I gruppi di preghiera mariana e vari
movimenti ecclesiali danno un impulso nuovo e ri-
generativo.
Negli anni dal 1990 viene accolto in parrocchia
il Rinnovamento nello Spirito. Prende vigore la
Famiglia Salesiana: nel 1995 con l’Associazione
Devoti Maria Ausiliatrice (adma), nel 1996 con
l’Associazione dei Salesiani Cooperatori (asc).
L’oratorio vive i vari cambiamenti di incaricato e
quindi subisce diverse impostazioni. Inizia il post
cresima con il gruppo “Amico del povero”. Conti-
nuano i gruppi di formazione, non solo per giovani
animatori ma anche per un gruppo di genitori. Na-
sce il Consiglio della Comunità Educativa Pastora-
le (cep). Si cerca di creare maggiore comunicazione
tra Liturgia, Catechesi e Carità (aree pastorali della
Parrocchia). All’oratorio continua il lavoro di for-
mazione dei piccoli e dei giovani.
Piccoli passi grandi sogni
Gli anni dal 2000 sono caratterizzati da un rinno-
vamento in ogni settore con attenzione alle origini e
alla storia, con una maggiore apertura al territorio,
grazie anche all’associazione “Sacro Cuore aps” nata
nel 2007 e una fattiva collaborazione in tutti i settori
della vita ecclesiale locale. Spazi angusti della strut-
tura e la mancanza di sale, portano nel 2006, dopo
anni di lavori e grazie a tante famiglie, alla costru-
zione e inaugurazione della nuova struttura dell’ora-
torio: aule, sale multimediali, sala giochi, cappella.
Nel 2017, attraverso una riprogettazione degli spazi
all’aperto, si sono realizzati dei campi da gioco: cal-
cio e calcetto in erba sintetica, volley, basket e calcet-
to per rendere più attraente l’oratorio e ampliare le
offerte sportive per i ragazzi e le ragazze.
Nel 2021 nasce la Comunità per minori “Casa
Gio”. Mossi dal desiderio di accogliere, educare e
avere cura, secondo i principi educativi di don Bo-
sco, diventa realtà ai salesiani di Foggia, una Co-
munità Famiglia in grado di accogliere 10 minori
in difficoltà. Don Bosco si accorse che “per molti
Il grande
murale con
il volto di
don Bosco
che domina
una piazza di
Foggia.
OTTOBRE 2023
19

2.10 Page 20

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LE CASE DI DON BOSCO
ragazzi tornerebbe inutile ogni fatica se loro non si
dà un posto dove alloggiare”. La Comunità è gesti-
ta dall’associazione salesiana “Piccoli Passi Grandi
Sogni aps”. Nel quartiere Candelaro, con la Par-
rocchia, con l’oratorio, con la comunità per minori
e l’associazione “Sacro Cuore”; salesiani e laici ne-
gli ultimi anni con sacrificio e passione educativa
hanno potenziato i servizi a favore dei ragazzi più
bisognosi e delle loro famiglie.
Ultima scommessa educativa la ristrutturazione di
un “open space”, di sale per laboratori per i ragazzi
del quartiere e uno spazio di semiautononia per i
giovani che terminano la permanenza in comunità
e sono ancora bisognosi di accoglienza residenziale.
La sinergia con la diocesi, con le istituzioni civili,
le scuole, le associazioni del territorio impegnate
nella lotta alla criminalità foggiana attraverso l’e-
ducazione delle nuove generazioni fa sì che insieme
ci si impegni a formare buoni cristiani e onesti cit-
tadini. In un quartiere e una città carente di oppor-
tunità educative si cerca di dare di più a chi dalla
vita ha avuto di meno.
Dal diario di un educatore -
Comunità alloggio “Casa Gio”
Avete mai pensato al fatto che in qualsiasi parte del mondo,
in questo momento, c’è qualcuno che sta aspettando l’arrivo
di qualcun’altro?
Era Giovedì 26 Maggio 2022 ci ha contat-
tato il Comune di Brindisi, dicendoci di
presentarci il giorno dopo in sede, più preci-
samente al cara, il centro accoglienza, per
incontrare i due minori stranieri che sarebbero stati
i nostri primi due ospiti. Per quanto ci si possa pre-
parare, non ci si sente mai realmente pronti, quan-
te domande ci siamo fatti nella riunione d’équipe
precedente all’ingresso e nel viaggio verso di loro e
quante ce ne facciamo anche oggi e chissà quante
ancora ce ne porremo per ogni nuovo ragazzo che
arriverà. Come si chiameranno? Saranno spaventa-
ti? Preoccupati? Rispetteranno le regole del vivere
in comunità? Parleranno la nostra lingua? Che cosa
ci aspetta a Brindisi?
“Numero 123 e 131” ha urlato un militare, sem-
brava stessimo giocando a ruba bandiera e invece
ecco lì, due ragazzini spaventati, ci dicono i loro
nomi, entrano con noi in auto, guardano fuori dal
finestrino, uno da un lato e l’altro dal lato opposto,
e poi un lungo silenzio fino all’arrivo a Foggia. Che
cosa staranno pensando? Se la loro terra li ha co-
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OTTOBRE 2023

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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stretti ad andare via, questa nuova terra “dei sogni”,
che li ha spinti ad un viaggio così duro, sarà pronta
ad ospitarli? Riuscirà a garantirgli ciò che deside-
rano per il loro avvenire? Forse stavano pensando
a questo?
E così il 27 Maggio 2022, CasaGio ha avuto il gran-
dissimo dono di poter ospitare, non uno, ma ben due
ragazzi per la prima volta. Ad accoglierci in casa-
famiglia a Foggia abbiamo trovato don Antonio e
altri operatori, la tensione sembrava sciogliersi un
po’ alla volta, ma mai completamente fino a quando
non sono riusciti a comunicare con noi senza ostacoli
grazie ad una mediatrice linguistica.
Ibrahima parla francese, Aliou parla solo il Malin-
ga, la lingua della sua terra, così Ibrahima traduce
per noi. Ibrahima ed Aliou vengono dalla Guinea,
hanno 17 anni, ci hanno raccontato la loro storia,
della loro famiglia, ci hanno raccontato del loro
viaggio verso l’Italia durato per entrambi tra i due
e i tre anni. Di quanto sia stato duro il viaggio via
terra, “ci siamo sentiti come pecore” ha detto Ibra-
hima, e ancora più duro quello per mare, su un’im-
barcazione in cui erano circa 470 persone, su quella
stessa imbarcazione dove dopo tanti sacrifici Ibra e
Aliou si sono incontrati per la prima volta. Ci hanno
raccontato dello sbarco e delle tappe fatte in Italia
prima di raggiungere il cara, della quarantena e
dei controlli medici e militari a cui sono stati sot-
toposti. Ci hanno raccontato di come si sono sentiti
vuoti e spaesati il giorno dello smistamento, perché
non sapevano a che cosa sarebbero andati incontro,
chi fossero le persone che erano andate a prender-
li, sconosciuti che li avrebbero portati chissà dove;
hanno espresso la necessità di comunicare con le
loro famiglie o amici, per dire che erano in Italia e
soprattutto che erano vivi. Aliou non sentiva nessu-
no da più di due mesi.
È stato un incontro duro, pieno di domande e dubbi
espressi nei nostri confronti, gli è stato spiegato dove
si trovano e il perché, avevano il timore di sentirsi
reclusi, ancora, ma hanno poi capito che tutto ciò
che faremo con loro e per loro ha come unica finalità
l’inserimento nella società, una formazione alla
vita che affronteranno poi in autonomia. Ci hanno
parlato del loro desiderio di parlare la nostra lingua
fluentemente in sei mesi, di andare a scuola e di
trovare un lavoro, di ottenere i documenti per vivere
in regola nel nostro paese, la voglia di visitare l’Italia.
Ibrahima vorrebbe diventare dottore, Aliou
non ha ben chiaro ancora che cosa vorrà es-
sere, per il momento per lui l’importante è
che gli sia garantito un futuro migliore.
Per tanti la nostra, sarà una semplice casa di
periferia, per chi la vive però è posizionata
proprio al centro, al centro del cuore.
CasaGio guarda al futuro, ad un futu-
ro lontano ricco di desideri, ma anche ad
un futuro più vicino, quello che coinvolge
ogni ragazzo che è stato o che sarà accolto.
CasaGio è una casa con vista don Bosco,
sul cuore.
Don Antonio
Carbone
direttore e
parroco della
comunità
salesiana
di Foggia.
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3.2 Page 22

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SALESIANI
O. Pori Mecoi
Bulgaria:
il futuro è speranza
Incontro con Marcos Dalla Cia
salesiano argentino “missionario”
sul Mar Nero.
Può presentarsi?
Mi chiamo Marcos Dalla Cia, sono argentino e
sono un confratello salesiano da quasi vent’anni.
Sono nato nella città di Buenos Aires, la capita-
le del mio Paese, ma ho vissuto la mia infanzia e
adolescenza in una città della Patagonia argentina
chiamata San Carlos de Bariloche. Dal 2019 mi
trovo in Bulgaria, nella città tracia di Stara Zagora.
Com’è la sua famiglia?
I miei genitori si chiamano Alejandro e Delia. Ho
tre fratelli più piccoli, Cecilia, Santiago e Agu-
stin. Tutti loro hanno messo su famiglia, quindi ho
anche tre nipoti.
La famiglia segue lo schema tradizionale di una
famiglia argentina con radici italiane. Grandi riu-
nioni, grandi pasti, un forte senso di appartenenza
e una fede radicata.
Nel 2021, dopo una serie di complicati interventi
chirurgici, mio padre ha avuto la sua Pasqua, ed è
stato il primo a precederci nell’incontro con il Pa-
dre.
Come è nata la sua vocazione?
Essendo stato coinvolto negli oratori e nei gruppi
giovanili durante la mia adolescenza, la mia espe-
rienza di fede cristiana si è arricchita e ampliata alla
ricerca di nuovi orizzonti. È in questo ambito di
servizio ai giovani che è nata la preoccupazione e
I giovani di
Stara Zagora,
Bulgaria.
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OTTOBRE 2023

3.3 Page 23

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poi è maturata la scelta di consacrarmi a Dio per
i giovani.
Se devo parlare di un punto di partenza, è stata la
testimonianza di un giovane salesiano pre-novizio
in una serata di Pentecoste che ha acceso in me
un’inquietudine vocazionale. Tutto ciò che è segui-
to è stato opera dello Spirito.
Come ha conosciuto i Salesiani?
Ero studente dei Salesiani a Bariloche e parteci-
pavo attivamente ai gruppi mjs. Quando sono
arrivato alla Scuola Don Bosco, ho continuato la
tradizione familiare di frequentare le scuole sale-
siane. Mio padre, mio zio, mio nonno paterno, gli
zii di mio padre, i cugini dei miei genitori... I miei
fratelli più piccoli facevano lo stesso. I legami con il
mondo salesiano erano così tanti e così vari, e così
lontani nel tempo, che posso dire di aver conosciuto
i salesiani da sempre.
Perché ha chiesto di andare
in missione?
Già nel noviziato sentivo un interesse per le mis-
sioni. Il mio maestro dei novizi, nel nostro ultimo
colloquio, lo aveva intuito prima che glielo dicessi.
Ho trascorso tutto il tempo della formazione ini-
ziale approfondendo questa inquietudine iniziale,
cercando di capire se fosse la volontà di Dio o qual-
cos’altro. Alla fine la chiamata è maturata. Dopo
un’esperienza molto arricchente di servizio come
segretario provinciale di Argentina Sur, ho spe-
rimentato fortemente l’impulso missionario. Non
ero più un giovane salesiano di vent’anni, ma non
mi sono tirato indietro. Era arrivato il momento.
Quando avevo circa 38 anni, chiesi al Rettor Mag-
giore e mi misi a disposizione per le missioni ad
gentes, ad extra, ad vitam.
Qual è il suo compito attuale?
Attualmente sono responsabile del Centro giova-
nile. Accompagno e coordino le diverse attività che
vi si svolgono, con la responsabilità diretta di alcuni
gruppi, come gli scout. Sono anche responsabile di
un semplice oratorio alla periferia della città e della
rappresentanza legale della nostra Fondazione nel
Paese. Da due anni sono anche l’economo locale.
Com’è composta la vostra comunità?
La nostra comunità è composta da quattro confra-
telli, tre sacerdoti e un coadiutore. C’è anche uno
studente di teologia a Torino, che è assegnato a
questa missione in Bulgaria (sebbene abbia trascor-
so alcuni mesi nella missione). La maggior parte
dei confratelli sono cechi (la missione è parte della
Ispettoria della Repubblica Ceca); gli altri due: un
guatemalteco e un argentino.
Come sono i giovani bulgari?
I destinatari del nostro lavoro sono sia bulgari sia
Rom (popolarmente conosciuti come “zingari”),
anche se negli ultimi dieci anni l’attenzione si è
concentrata molto su questi ultimi, soprattutto con
il centro giovanile, situato ai margini del loro quar-
tiere. Va notato che i Rom in Bulgaria, come in
tanti altri luoghi in Europa, sono un gruppo so-
ciale emarginato e incompreso, in una situazione
di grande svantaggio rispetto agli altri cittadini,
e con una propria cultura che non è sempre facile
da accettare e integrare. Come figli di don Bosco,
abbiamo privilegiato in questo contesto il compito
di lavorare con i giovani Rom, per collaborare alla
loro crescita educativa e spirituale.
«Il deficit
educativo della
popolazione
rom è un’altra
delle nostre
principali
preoccupazioni.
Oltre a un livello
di istruzione
piuttosto basso,
c’è un tasso
di abbandono
scolastico molto
alto».
OTTOBRE 2023
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3.4 Page 24

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SALESIANI
La bella
famiglia
di Marcos
(ultimo a
destra).
Come sono i rapporti con la diocesi
e le altre chiese?
I rapporti con le diocesi sono molto buoni. La co-
munità cattolica è davvero piccola ma molto unita.
Si percepisce la gioia dell’incontro tra le diverse
congregazioni religiose, tra i fedeli delle diverse
parrocchie, la maggior parte delle quali sono lon-
tane l’una dall’altra. I rapporti con le altre chiese
sono cordiali ma un po’ distanti, soprattutto con la
Chiesa ortodossa bulgara. A livello “non ufficiale”,
i legami sono più frequenti e amichevoli, e in alcuni
casi c’è anche una certa collaborazione su questioni
molto specifiche.
Quali sono i problemi che state
affrontando?
Lavorare in contesti emarginati presenta difficoltà
e sfide. Lavoriamo con un livello di fragilità molto
alto, sia nelle persone sia nei processi che vengo-
no svolti. Le variabili culturali e socioeconomiche
dei destinatari presentano vere sfide per il compito
educativo-pastorale.
Tra i giovani Rom, la mancanza di un’istruzione
formale, la mancanza di un lavoro dignitoso, lo
smembramento delle famiglie (molti genitori emi-
grano per motivi di lavoro), la droga, le sigarette
(molto diffuse anche tra i bambini)... sono alcuni
dei gravi problemi incontrati dai nostri destinatari.
Quali sono le vostre maggiori
preoccupazioni?
Oggi siamo molto preoccupati per la situazione di
tante bambine e adolescenti che, con il pretesto del-
le “tradizioni culturali”, sono costrette o indotte a
contrarre “matrimoni” con persone più anziane che,
in molti casi, le inseriscono in circuiti di prostitu-
zione all’estero. Per questo motivo, uno dei fronti
su cui i Salesiani lavorano è l’accompagnamento e il
sostegno delle ragazze adolescenti. I nostri obiettivi
a medio termine sono quelli di permettere loro di
terminare la scuola secondaria, di rimandare il ma-
trimonio fino alla maggiore età e di sognare qual-
cosa di diverso.
Il deficit educativo della popolazione rom è un’al-
tra delle nostre principali preoccupazioni. Oltre a
un livello di istruzione piuttosto basso, ci sono un
tasso di abbandono scolastico molto alto e la man-
canza di vere politiche pubbliche di integrazione.
Quali sono i suoi progetti e sogni
per il futuro?
Per il momento sto ancora imparando. La mia lingua
bulgara deve ancora migliorare molto, come anche la
mia comprensione delle persone che mi circondano.
Tuttavia, non posso smettere di sognare un’opera sa-
lesiana sempre più vicina alla Bulgaria, più fedele al
carisma e al Paese in cui siamo pellegrini.
Molte delle speranze che abbiamo per il futuro si
concretizzano nella costruzione di un nuovo tem-
pio per la città e di un centro educativo per i Rom.
Da alcuni anni questo progetto di costruzione si sta
sviluppando lentamente, con molto lavoro e fatica e
anche con aiuti importanti, dove si evidenzia quel-
lo dei volontari cechi e quello dello stesso Rettor
Maggiore, Ángel Fernández Artime.
La nuova chiesa, con uno stile architettonico orien-
tale, risponderà alle esigenze religiose della comu-
nità cattolica così come alle esigenze spirituali dei
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OTTOBRE 2023

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Rom (l’edificio si trova accanto al quartiere zinga-
ro). Ma la nuova chiesa sarà anche un segno per
tutta la città, che nel prossimo futuro avrà tra i suoi
templi uno cattolico.
Un centro educativo è di grande attualità per la
missione tra i Rom. Tra questi, il tasso di anal-
fabetismo e di abbandono scolastico è molto alto.
La loro qualifica per il lavoro tecnico non è sem-
pre adeguata. Le opportunità che può offrire loro
un’istruzione formale di qualità, con valori umani
e cristiani, sono grandi. Lo stesso si può dire della
formazione professionale: in un contesto così criti-
co, dove la sopravvivenza è quotidiana, la riquali-
ficazione è una vera e propria “ancora di salvezza”
per far fronte alle emergenze quotidiane. Quando
le circostanze sono così avverse, tutto ciò che di
buono si può fare con l’educazione ha un impatto
molto grande. In mezzo a un sistema educativo
con grandi carenze, con una cultura scolastica ri-
gida e un po’ dura, e con poca capacità di tratte-
nere gli alunni vulnerabili, la proposta educativa
salesiana può diventare veramente “buona novel-
la” per i suoi destinatari.
Come vede il futuro della
Congregazione in Bulgaria?
Con grande speranza. Don Bosco è un dono im-
menso per la Chiesa e per la società. La sua partico-
larissima originalità, la forza delle sue convinzioni,
il suo sguardo ampio e allo stesso tempo concreto,
la sua feconda scuola di santità. Sono tutti tesori
inestimabili per una società stanca e sofferente che
non trova soluzioni o alternative alla crisi sociale,
morale e spirituale in cui si trova. Il futuro è di
speranza perché così siamo chiamati a concepirlo
noi che seguiamo Gesù nello stile di san Giovanni
Bosco.
La comunità
dei Salesiani.
Il cortile
dell’opera
salesiana.
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3.6 Page 26

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LA NOSTRA STORIA
Ana Villaverde Amieva
La prima statua
di Maria Ausiliatrice
San Luigi Orione scrisse:
“Don Bosco, avendo fatto
costruire un bellissimo Santuario,
aveva bisogno di una statua della
Madonna venerata sotto il titolo:
Auxilium Christianorum. In quel
tempo viveva al mio paese un
Canonico che predicava molto
con l’esempio e con il fare statue.
A questo Canonico don Bosco
si rivolse per avere la statua
di Maria Ausiliatrice”.
C’è un’immagine di Maria Ausiliatrice
che è stata venerata da due santi: san
Giovanni Bosco e san Luigi Orione.
La prima statua dell’Ausiliatrice che
don Bosco aveva a Valdocco appartiene ora alla fa-
miglia di don Orione. Questa immagine lascia la
sua impronta di tenerezza e maternità sia nella fa-
miglia salesiana sia in quella orionina.
L’immagine di Maria Ausiliatrice di don Bosco,
poi ceduta alla famiglia di don Orione, detiene il
privilegio di essere l’icona più antica tra tutte quelle
venerate in Spagna con questo titolo. Questa statua
è l’opera più riuscita dello scultore don Michele Fi-
lippo Cattaneo (1815-1886) e la storia che racconta
evoca un capitolo memorabile del rapporto fraterno
che esiste tra la famiglia orionina e quella salesia-
na, un’amicizia nata negli ultimi decenni dell’Ot-
tocento, in coincidenza con il periodo in cui Luigi
Orione era allievo salesiano all’oratorio di Valdocco
(Torino).
Don Michele Filippo Cattaneo nato nel paese pie-
montese di Pontecurone il 30 aprile 1815 e ordinato
sacerdote nel 1840, apparteneva a una nobile fami-
glia pontecuronese. Buono e generoso, donò tutti i
suoi beni, sia in vita per aiutare i più disagiati, sia
dopo la sua morte donando per disposizione testa-
mentaria i suoi ultimi averi da distribuire tra i più
poveri della località.
Fu sempre don Michele a stimolare la vocazione
di un bambino che lo accompagnava abitualmente
nell’esercizio del suo apostolato. Questo bambino,
di nome Luigino, nato il 23 giugno 1872, trasse
dal canonico un primo esempio di carità nonché un
modello che avrebbe poi sviluppato e personalizza-
to nella Piccola Opera della Divina Provvidenza,
congregazione che fondò nel 1903 e che lo avrebbe
portato nel 2004 a meritare la gloria degli altari con
il nome di san Luigi Orione.
Il canonico Cattaneo aveva una vena artistica parti-
colarmente interessante. Dopo essersi dilettato nel-
la pittura, nella ceramica e nella scultura, si dedicò
soprattutto alla modellazione di opere sacre, alcune
delle quali destinate ad ornare cappelle prive di im-
magini di culto.
Tra queste la statua per la chiesa di don Bosco.
Il viaggio miracoloso
Finita la statua, don Michele, raggiunto Valdocco
in treno, consegnò personalmente a don Bosco la
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OTTOBRE 2023

3.7 Page 27

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statua, ‘miracolosamente’ giunta a destinazione, in
una cassa trasportata su un carro, dopo un viaggio
a dir poco avventuroso.
Infatti l’esperto carrettiere, giunto ad un torrente
in piena, il cui ponte era crollato, credette di poter
passare a guado, ma il carro affondò nella sabbia
del greto. Allora il sacrestano e il carrettiere in-
vocarono la Madonna Ausiliatrice e si sentirono
subito come sollevare, per cui arrivarono in breve
sull’altra sponda.
Don Orione raccontò molte volte questo episodio,
così come ripeté: “Io non avrei mai pensato che sarei
andato a vederla quella Statua, ma andai proprio a
Valdocco da don Bosco, dove c’era quella statua famo-
sa”. Infatti, entrò in collegio nel 1886. Nei suoi tre
anni di permanenza nell’Istituto salesiano, Luigi
Orione visse “all’ombra di Maria Ausiliatrice”. E
«Quando si avvicinavano gli esami, io andavo da-
vanti a quella statua e facevo questa preghiera: Cara
Madonna, anche tu sei del mio paese, mi conosci…
perciò devi concedermi questa grazia della promozio-
ne, devi aiutarmi…».
Conduceva spesso i suoi compagni più cari e i suoi
compaesani a visitare la “sua Madonna” e fu sempre
davanti alla statua scolpita dal suo canonico che il
29 gennaio 1888, con altri cinque compagni, offrì
la sua vita, per ottenere che il Signore prolungasse
quella tanto preziosa di don Bosco. Alla “sua Ma-
donna” Luigi Orione apriva tutto il suo cuore.
Una statua in cammino
La statua, che inizialmente era di colore bianco e
azzurro, in seguito fu fatta indorare da don Bosco.
Era normalmente posta in una nicchia della Ba-
silica e veniva portata in processione dai giovani
dell’Oratorio di Valdocco nell’annuale festività del
24 maggio. Successivamente fu collocata sull’alta-
re di sant’Anna, dove si trovava ancora esposta nel
1912. Fu quindi sostituita e collocata nel Salone dei
ricordi delle camerette di don Bosco.
Il 24 maggio 1964, festa di Maria Ausiliatrice,
il sacerdote orionino don Lorenzo Nicola, di 52
anni, dalla parrocchia delle Vallette a Torino,
scrisse a don Renato Ziggiotti, rettore maggiore
dei Salesiani di don Bosco, una bellissima lette-
ra. Dopo avergli ricordato quello che don Orione
aveva più volte raccontato di quella famosa statua,
ormai da tutti conosciuta come la “Madonna di don
Bosco e don Orione”, afferma che in occasione del
25° anniversario della morte del padre fondatore,
nel 1965, sarà inaugurato a Fromista (Palencia) in
Spagna un nuovo seminario per 200 allievi, dedi-
cato a don Orione. Esprime il desiderio degli
orionini che nella cappella di quel seminario
possa essere venerata la Maria Ausiliatrice
del Cattaneo “affinché le centinaia e centinaia
di giovani che passeranno in quel-
la casa di formazione, possano
vivere lo stesso calore di devo-
zione mariana che il nostro Pa-
dre visse in quegli anni benedetti
1886-1889 a Valdocco”.
Anni dopo, alla fine
dell’anno scolastico,
nel settembre 1996, il
Seminario Don Orione
di Fromista fu definitivamente
chiuso e ancora una volta l’imma-
gine partì per quello che sarebbe
stato il suo ultimo viaggio. I suoi
passi si sono diretti verso la scuola
Nuestra Señora de Fátima nel comune
di Posada de Llanes, dove è stata ac-
colta nei primi mesi del 1997 e dove è
rimasta da allora, offrendo un abbrac-
cio materno a chi la avvicina, e ispi-
rando e guidando il singolare Patto
di Amicizia tra il suo paese na-
tale (Pontecurone) e il villaggio
asturiano di Posada che, da al-
lora, l’ha accolta e l’accoglie, a
maggior gloria degli orioni-
ni, dei salesiani, dei locali
e dei forestieri.
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3.8 Page 28

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DON BOSCO NEL MONDO
ANS
Zambia
A Makululu, grazie ai salesiani,
per tanti ragazzi c’è speranza.
Ridare il
sorriso ai
bambini in
difficoltà:
questa è la
missione dei
salesiani.
L a missione salesiana del centro “Don Bosco
Makululu”, presso la città di Kabwe, nel-
la provincia centrale dello Zambia, sorge in
quella che è considerata la più grande area
di insediamento informale del Paese. Qui la mag-
gior parte delle famiglie non riesce a soddisfare le
esigenze educative dei propri figli, data la povertà
estrema. L’abuso di alcol, la prostituzione e l’alta
mortalità, causata da malattie come hiv/aids, sono
i problemi più diffusi che colpiscono questa popola-
zione. Per questo tanti bambini e ragazzi scappano
dalle famiglie o vengono abbandonati per strada.
L’anno scorso “Missioni Don Bosco”, la Procura
Missionaria salesiana di Torino, in occasione del-
la Giornata Internazionale dei Bambini di Strada,
che si celebra il 12 aprile, aveva lanciato un proget-
to di assistenza alla missione salesiana di Makulu-
lu, volto a garantire cibo, ospitalità, cure mediche
e sostegno psicologico ad ulteriori 90 bambini. A
circa un anno di distanza, don Michael Wzietek,
missionario salesiano polacco, Direttore ed Eco-
nomo della missione salesiana locale, ha inviato il
report del progetto: i salesiani della comunità sono
riu­sciti a portare avanti le attività di individuazio-
ne, accoglienza e aiuto a numerosi bambini e ragaz-
zi di strada della zona.
Grazie alla solidarietà internazionale è stato pos-
sibile sostenere le spese dell’intero staff – un assi-
stente sociale, due custodi, un addetto alle attività
di prossimità, un cuoco e un autista che si occupava
di tutti gli approvvigionamenti – oltre agli aiuti di
prima necessità garantiti ai giovani appena accolti
nel centro: vestiti, cibo, cure mediche e sostegno
psicologico. I minori accolti hanno seguito un per-
corso di alfabetizzazione e di formazione, e quando
le condizioni lo permettevano, i ragazzi sono stati
inseriti in un percorso di riavvicinamento familiare.
Un’altra attività molto preziosa è stata quella che
viene chiamata “assistenza di prossimità”, ovvero un
intervento realizzato due volte a settimana, in una
prima fase sulla strada, durante il quale i salesiani
cercano di avere un primo contatto con i più giovani
per informarli sui pericoli della strada e per cercare
di avvicinarli alla casa salesiana; e, in seconda fase,
con le famiglie dei bambini abbandonati o scappati
di casa, per iniziare a capire meglio la situazione fa-
miliare e raccogliere più informazioni possibili utili
a un futuro percorso di reintegrazione.
Secondo i dati dei salesiani della comunità di Ma-
kululu sono circa 50 i ragazzi che dormono per le
strade di Kabwe e quasi 100 coloro che si recano
regolarmente in città per chiedere l’elemosina e
compiere piccoli lavoretti – raccogliere e rivendere
bottiglie e commerciare plastica o prodotti alimen-
tari, come verdure, pesce e fitumbuwa, frittelle lo-
cali al forno.
“I bambini che hanno completato positivamente
il percorso di riavvicinamento familiare rientrano
in un percorso ulteriore – racconta don Wzietek –.
Vengono visitati regolarmente, e durante questo pe-
riodo forniamo ai genitori una sorta di ‘consulenza’
per sensibilizzarli sull’importanza della genitorialità
e sui pericoli dei bambini che vivono per strada, in
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OTTOBRE 2023

3.9 Page 29

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modo tale da fare di tutto per evitare che il bambino
possa lasciare nuovamente la famiglia e la casa”.
Il reinserimento familare comporta numerose sfide
e in questo periodo i salesiani ne hanno registrate
molte: alcune famiglie non accettano i propri fi-
gli a causa della situazione in cui si trovano, altri
bambini non riescono a stare con i loro genitori per
varie ragioni – la maggior parte delle volte dipende
dall’abuso di alcol o dalla poca attenzione.
Da parte sua, però, don Wzietek, con tutti i salesia-
ni e i laici collaboratori, non ha dubbi: “Continue-
remo a portare avanti le tante attività a sostegno dei
ragazzi più vulnerabili, e siamo contenti dei risulta-
ti finora ottenuti! Grazie a tutti quelli che ci hanno
sostenuto”.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito:
www.missionidonbosco.org
Mongolia Il coro dei giovani mongoli:
“Grazie a don Bosco
ce l’abbiamo fatta!”
Battulga, Yanjinpagam, Usukhbayar sono
tre ragazzi come tanti. Vivono in Mon-
golia, e come milioni di altri ragazzi nel
mondo, hanno un debito d’amore verso
don Bosco, perché grazie ai suoi salesiani e all’aiuto
di tante persone di buona volontà, hanno dato un
nuovo corso alla loro vita e possono ora sperare in
un futuro migliore.
Ecco come essi stessi raccontano le loro storie.
Mi chiamo Battulga e ho ventisei anni. Sono
arrivato al Centro Don Bosco nel 2005, dopo aver
vissuto per strada per due anni. È stata un’esperienza
terribile: ho affrontato molte difficoltà, sono stato
persino picchiato in più occasioni da altri ragazzi
di strada.
Sono molto grato che Dio mi abbia mandato qual-
cuno che mi ha portato al Centro Don Bosco. Ho
smesso di dover affrontare il freddo, la fame e le
difficoltà della vita di strada. Abbiamo imparato a
piantare ortaggi, a nutrire il bestiame e a svolgere
altri compiti pratici. Dopo la prima superiore, sono
andato alla scuola tecnica Don Bosco per studiare
idraulica. Durante la mia formazione sul lavoro ho
lavorato con una delle più grandi aziende della cit-
Lo spirito
salesiano
fa miracoli
anche nella
lontana
Mongolia.
OTTOBRE 2023
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3.10 Page 30

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DON BOSCO NEL MONDO
tà, che è rimasta così soddisfatta del mio lavoro da
offrirmi un impiego. Durante il periodo trascorso
al centro, dal 2005 al 2014, ho imparato molto sul-
la disciplina, sull’etica del lavoro, sulla puntualità e
anche… sulla cucina. Mi piaceva cucinare e spesso
preparavo i pasti per i bambini nel fine settima-
na: ora sono un cuoco professionista. A volte penso
che, se fossi andato in un altro centro, non mi sarei
reso pienamente conto del valore della vita, come
invece ho imparato a fare al Don Bosco! Spero che
molti altri bambini abbiano le stesse opportunità
che ho avuto io. Ringrazio tutti coloro che lo han-
no reso possibile e che continuano ad offrire una
nuova possibilità a tanti bimbi e ragazzi. Con affet-
to e benedizioni a tutti voi.
Mi chiamo Yanjinpagam. Sono un’insegnan-
te di cucito alla scuola Don Bosco. Sono cresciu-
ta sana e forte fino a 5 anni, ma all’improvviso la
mia salute è peggiorata e ho iniziato ad avere gravi
problemi ossei. La mia schiena ha iniziato ad arro-
tondarsi e a perdere mobilità, le mie gambe si sono
paralizzate; non ero in grado di parlare e stare in
piedi. Dopo 7 anni di degenza a letto, sono stata
trasferita nella capitale e operata a 12 anni. L’inter-
vento è andato bene e ho recuperato in parte l’uso
delle gambe. A 12 anni entrai finalmente a scuola
per la prima volta. Da quel momento in poi, ho fre-
quentato la scuola secondaria e l’istruzione tecnica
al Don Bosco. Dopo il diploma ero molto preoc-
cupata a causa della disabilità del mio corpo. Non
sapevo quale azienda mi avrebbe assunto.
Tuttavia, con mia grande sorpresa, il direttore della
scuola mi ha avvicinato e mi ha chiesto di diventare
assistente di laboratorio con un ottimo stipendio.
Ero sopraffatta dalla gioia. Successivamente mi è
stata offerta una borsa di studio per studiare in una
delle più prestigiose università di fashion design
del Paese. Ho lavorato e studiato allo stesso tem-
po. A tutt’oggi, lavoro come insegnante di cucito
e aiuto la mia famiglia. La mia vita è cambiata in
meglio. Sono stata davvero benedetta. Purtroppo,
la mia schiena è peggiorata a causa dell’osteopo-
rosi e dell’abbassamento della colonna vertebrale.
Sono comunque profondamente grata a Dio e a don
Bosco per avermi dato l’opportunità di cambiare
la mia vita. Grazie a tutti i benefattori che hanno
sostenuto generosamente il lavoro dei salesiani in
Mongolia.
Mi chiamo Usukhbayar. Sono arrivato all’Isti-
tuto Tecnico e Centro di Assistenza “Don Bosco”
nel 2017. Un salesiano di Darkhan mi ha introdotto
al centro di assistenza dopo aver notato che avevo
alcuni problemi familiari: mio padre era morto da
poco e mia madre doveva prendersi cura di me e di
tutti i miei fratelli – nove in totale. Siamo cresciuti
tutti con la comunità salesiana di Darkhan. Questo
ha aiutato molto mia madre. Tutti i membri della
mia famiglia sono cattolici e vanno in chiesa insie-
me. Sì, mi piace questo posto. È la mia casa perché
mi ha aiutato molto a crescere come persona.
Mi sento bene e sono felice di aver fatto un passo
avanti. Mi sto preparando per iniziare un nuovo ci-
clo scolastico. Quando sono arrivato, avevo nostal-
gia di casa, soprattutto quando è morto mio padre.
Ora che don Bosco è la mia
casa, voglio restare qui. Se
ho qualche problema, i mis-
sionari salesiani mi aiutano a
risolverlo: sono gentili e acco-
glienti. Mi sento sempre so-
stenuto da loro.
Attualmente studio meccani-
ca automobilistica, ma questo
non significa che necessaria-
30
OTTOBRE 2023

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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MISSIONE MONGOLIA
Il 25 settembre, si è ripetuto per la 153a volta
il rito solenne e suggestivo dell’invio dei par­
tenti della Spedizione Missionaria Salesiana.
Il giovane coreano Paul Hoon Kang è desti­
nato alla presenza salesiana in Mongolia.
Che cosa ti ha spinto a scrivere
la lettera di disponibilità alle
missioni?
L’aspirazione ad avvicinarmi a Gesù Cristo se­
guendo la via di don Bosco. In altre parole, è il
desiderio di fare una profonda esperienza di Dio in
mezzo alle vite e alle culture dei giovani poveri, nel
campo di missione, come figlio di don Bosco.
Come hanno preso la tua scelta missionaria
le persone a te vicine?
Quando ho manifestato loro il mio sogno di vocazione missio­
naria, naturalmente la mia famiglia e molti confratelli si sono
rattristati per la mia partenza e si sono preoccupati per me.
Tuttavia, dopo aver visto il mio percorso di discernimento e
aver ascoltato il mio cammino vocazionale, la maggior parte
di loro ha promesso preghiere e sostegno per me. Ringrazio
ancora una volta i miei genitori, la mia famiglia e i miei cari
confratelli per aver accettato questa decisione.
Stai per essere inviato in Mongolia:
sei felice di questa destinazione?
Hai qualche dubbio o paura riguardo
la nuova realtà…? Ti senti pronto
a fronteggiare le sfide di una nuova
cultura, ad imparare una nuova lingua?
Onestamente, la prima volta che ho sentito la notizia che sarei
stato inviato in Mongolia sono stato un po’ confuso, perché
sono sensibile al freddo… Ma dopo un profondo discernimen­
to, nella preghiera, con il mio accompagnato­
re spirituale e con i miei Superiori, ho capito
che questo è il grande dono preparato da
Dio per me. E poi è emerso forte il deside­
rio di andare in Mongolia e di incontrare i
giovani mongoli. Ora sono felice e pieno di
gratitudine, eccitazione e gioia in vista del
mio viaggio missionario.
Hai dei modelli di missionario
che vuoi imitare?
In realtà, per me è semplicemente don Bosco il
mio modello di missionario salesiano. Lui abbando­
nò la realtà rurale de “I Becchi” e sperimentò la pienezza
della sua vocazione tra i giovani di diverse provenienze e cul­
ture nella città industriale di Torino. Ecco, io vorrei vivere allo
stesso modo.
Voglio vivere più pienamente la vocazione salesiana in se stes­
sa, piuttosto che cercare qualcos’altro di specifico per la vita
missionaria. Voglio trovare Cristo attraverso gli occhi di don
Bosco in coloro che incontrerò sul campo di missione. Voglio
incontrarli con il cuore di don Bosco e diventare come il Buon
Pastore Gesù Cristo.
Quale messaggio vuoi mandare ai giovani
riguardo la vocazione missionaria?
Diventa salesiano di don Bosco, se vuoi avere un piacevole in­
contro con Dio nella tua vita quotidiana.
Diventa salesiano di don Bosco, se vuoi vivere con Gesù vivo
tra i giovani poveri.
Diventa missionario salesiano se vuoi incontrare e sperimen­
tare Dio ancora più profondamente.
Diventa missionario salesiano se vuoi scoprire e incontrare
ogni giorno Cristo attraverso gli occhi di don Bosco.
Ti prometto che questa vocazione missionaria salesiana sarà il
più grande dono di Dio che tu possa ricevere.
mente nel futuro riparerò le auto: questo corso mi
forma alla disciplina lavorativa e all’autogestione,
oltre a fornirmi competenze tecniche per la mia
vita futura. Inoltre, il mio sogno è possedere un’au-
to: avrò le competenze per ripararla da solo! Voglio
studiare all’università: in questo momento sto de-
cidendo se iscrivermi al corso di laurea in gestio-
ne del turismo o se approfondire le conoscenze di
meccanica automobilistica con Ingegneria. Vorrei
ringraziare i salesiani per il loro sostegno in tutti
questi anni, e so che anche molte persone hanno
bisogno di aiuto. Grazie per le tante opportunità
che ho avuto e che sono sicuro avrò ancora.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito:
www.missionidonbosco.org
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4.2 Page 32

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FMA
Emilia Di Massimo
Con Maria
nel cuore del Caucaso
Una comunità delle Figlie di Maria
Ausiliatrice vive e opera a Tbilisi,
capitale della Georgia.
Siamo a Tbilisi, capitale della Georgia, dove è pre-
sente la comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice;
abbiamo chiesto a suor Silva, di nazionalità arme-
na, nata e cresciuta in Georgia, di comunicarci la
sua esperienza. “Siamo tre sorelle, da 25 anni siamo
a Tbilisi; altre sorelle armene prestano il loro servi-
zio a Turtsk, in un piccolo villaggio che si trova ai
margini dell’altopiano, nella regione di Akhalka-
laki”.
«La nostra
missione è
un valido
sostegno per
i genitori,
soprattutto
per le
famiglie
disagiate e
per le donne
che spesso
portano
avanti il peso
della famiglia
da sole».
Un paese cristiano ma anche multiconfes-
sionale, multietnico: una realtà dove si può
ammirare una suggestiva mescolanza tra
Oriente e Occidente, svariati musei, tea­
tri: è una città culturalmente vivace il cui nome si-
gnifica “fonte calda”, proprio come il carattere del
popolo accogliente e molto socievole.
Come sappiamo, la religione di Stato in Georgia
è, dal 337, il Cristianesimo ma, sebbene esista la
libertà di culto e le istituzioni religiose siano sepa-
rate dal Governo, più del 65% della popolazione è
cristiano-ortodosso, sebbene siano molto attivi an-
che altri gruppi di appartenenza alle diverse chiese
e religioni. Affrontiamo quotidianamente la sfida
del dialogo, del rispetto delle diversità, perché si
possano intessere relazioni costruttive, reciproca-
mente arricchenti.
“Chiudere una prigione”
“Fin dall’inizio, la nostra presenza è stata carat-
terizzata da una grande apertura alle esigenze del
territorio e della Chiesa locale. Ci siamo rese subito
disponibili per la missione pastorale, in particolare
per la catechesi svolta nei due riti: cattolici di rito
armeno e georgiani di rito latino. Abbiamo a cuore
gli studenti universitari che vengono a Tbilisi dalle
periferie e dai villaggi, spesso hanno bisogno di un
sostegno e di una presenza amichevole, di appro-
fondire la fede e di formarsi un’identità culturale e
religiosa. Trascorro volentieri con loro il fine set-
timana nel Centro giovanile della Chiesa armena,
dove ci sono diverse proposte culturali ed attività
ricreative interessanti per la loro crescita.
La nostra opera principale è il Centro Educativo
nel quale accogliamo i bambini dai due ai sei anni.
Lavoriamo insieme ai laici nell’ottica di un’educa-
zione integrale e preventiva, infatti siamo convinti
che prendersi cura fin dalla tenera età dei piccoli
sicuramente insegnerà loro a saper gestire adegua-
tamente le difficoltà della vita, ad evitare di corre-
re rischi negativi. La nostra missione è un valido
sostegno per i genitori, soprattutto per le famiglie
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OTTOBRE 2023

4.3 Page 33

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disagiate e per le donne che spesso portano avanti
il peso della famiglia da sole”.
Tamriko, educatrice al Centro Educativo da nove
anni, afferma: “Sono felice di lavorare con le suore,
i bambini mi insegnano molto, cerco di metterci
tutto il cuore per renderli felici quotidianamente.
Voglio farli sentire a casa, dare loro la sicurezza
che c’è sempre qualcuno che li attende, disponibi-
le e con il cuore aperto se desiderano condividere
sentimenti ed emozioni. Mi sembra che nel nostro
Centro si viva lo spirito di famiglia che don Bo-
sco e Maria Mazzarello ci hanno testimoniato, lo
percepisco anche nei miei figli i quali considerano
l’ambiente un punto di riferimento; probabilmente
è per questo che ogni mattina iniziamo la giornata
con il sorriso, con la gioia di vivere, al di là dei nor-
mali problemi”.
Ascoltando, sembra di sentire quanto affermava
lo scrittore Victor Hugo: “Chi apre la porta di una
scuola chiude una prigione”.
“Da quest’anno”, aggiunge suor Veronica, giunta
in Georgia dalla Bielorussia, “accogliamo anche i
ragazzi di nove e undici anni dando loro l’opportu-
nità del dopo scuola, così possiamo aiutare le fami-
glie meno avvantaggiate ma soprattutto i giovani
che, pur avendo tanta voglia di studiare, la maggior
parte delle volte non trovano adulti che li accom-
pagnino perché il loro sogno si realizzi. Il dopo
scuola è gestito con laici disponibili ad accogliere lo
spirito salesiano, ad assumerlo personalmente seb-
bene la nostra casa sia piccola, infatti per il futuro
sogniamo spazi più ampi per accogliere più giovani
e chiunque voglia venire da noi”.
“I ragazzi”, asserisce suor Anna, di nazionali-
tà polacca e direttrice della comunità, “vengono
molto volentieri in oratorio, si sentono a casa, per
loro è un luogo nel quale è possibile approfondire
la fede, realizzare idee, incontrarsi con gli amici,
vivere in un’atmosfera di festa e fare esperienze di
sano divertimento. La missione educativa è molto
apprezzata dalle famiglie, non solo per le attività
che svolgiamo quanto per il clima di accoglienza,
di familiarità e di fiducia reciproca che si respira.
Il nostro sguardo continua
ad allargarsi su nuovi e vasti
orizzonti per affrontare ed
abbracciare con coraggio ed
audacia le sfide educative di
questa bellissima terra, per
cercare vie e modalità origi-
nali, ambienti più grandi ed
adeguati alla concretizzazio-
ne del carisma salesiano. Ci
proiettiamo oltre il tempo vi-
vendo il presente come voleva
don Bosco: saldamente anco-
rati alla terra ma con il cuore
rivolto verso il cielo!”
«I ragazzi
vengono molto
volentieri in
oratorio, si
sentono a
casa, per loro
è un luogo
nel quale
è possibile
approfondire
la fede,
realizzare idee,
incontrarsi
con gli amici,
vivere in
un’atmosfera
di festa e fare
esperienze
di sano
divertimento».
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4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Pedagogia controcorrente 9
Per una scuola “firmata”
7 consigli per donare ai figli il piacere di imparare.
Stiamo per portare un esempio
tra i più evidenti dello strapotere
che ha il ‘così fan tutti. Oggi per
varcare con dignità la porta
dell’aula scolastica, bisogna buttar via il
vecchio grembiule per vestire la felpa. E
quale felpa! Perché, se non ha lo stem-
mino del college o la griffa di Armani o
di Benetton, che felpa è?
E poi, via la cartella! Oggi, per essere
alla moda, bisogna far vedere a tutti lo
zainetto tipo Jovanotti, Krizia o Mo-
schino. L’essenziale è che costi oltre i
cento euro! Non basta.
Per essere alla moda, il bambino deve
avere il diario personalizzato, le gomme
profumate, i quaderni firmati, i tempe-
ramatite super accessoriati... Non stia-
mo diventando (scusate!) ridicoli? Mai
come in questo caso risulta intelligente
il grido dello psichiatra Fulvio Scapar-
ro: “Genitori, liberatevi dai copioni!”.
I genitori controcorrente applaudono. Ed hanno
tutte le ragioni!
Niente è più probabile, infatti, che si infiltri nella
mente del bambino l’equivoco: è sufficiente ‘appari-
re’ per ‘essere’. È il look che mi fa scolaro perfetto! E
poi sovente ne va di mezzo il rispetto del compagno
di banco che si sente ferito per non poter permet-
tersi tante cose. Insomma, non è davvero educativo
trasformare il primo giorno di scuola in una parata!
Oltre all’equivoco che può nascere nella mente del
piccolo; oltre alla possibilità di ferire i compagni,
oltre al salasso del portafoglio dei genitori, tanta
preoccupazione per l’attrezzatura fa dimenticare
ai ragazzi che la cosa più importante della scuola
non è il look, non sono neppure i maestri. La cosa
più importante della scuola è un segreto, un segreto
potente.
Questo segreto dice: io voglio, io devo studiare!
Sette passi importanti
I genitori controcorrente hanno un compito essen-
ziale: donare ai figli il “piacere” di imparare. I ragaz-
zi d’oggi spesso sperimentano la scuola come un la-
voro di routine nel migliore dei casi, e un calvario nel
peggiore. Molti, di fronte alla pressione dei genitori
e della scuola, hanno paura di “non riuscire” e non
conoscono né il desiderio né il piacere di imparare.
1. Cambiamo il nostro modo di vedere la
scuola. “Vedo regolarmente genitori che incon-
sciamente esigono una riparazione dai loro figli,
che devono riuscire dove loro hanno fallito”,
dice un pedagogista. Facciamo un passo di lato
e diamo loro uno sguardo benevolo, concedendo
loro il diritto di sbagliare, di esitare. Associare
il lavoro al piacere, all’incoraggiamento e all’ap-
prezzamento favorisce la realizzazione e l’acqui-
sizione di conoscenze.
2. Cominciamo con quello che gli piace. La
gioia di capire, il piacere di scoprire si estende
al di fuori della scuola: giochi, passeggiate, gite,
sport, lettura, film, riunioni di famiglia, tutto è
buono. “Si tratta di mettere il bambino nella po-
sizione di un esploratore”.
3. Non confondiamo l’apprendimento con
la memorizzazione. Perché imparare è anche
scoprire, provare, osare, immaginare, connettersi
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OTTOBRE 2023

4.5 Page 35

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con gli altri, usare il corpo, giocare con le parole,
creare. Non solo memorizzare, ma catturare il
mondo con il cuore, con la testa, con il corpo.
4. Costruiamo sui loro punti di forza, non
sulle loro debolezze. Questa è forse la parte
più difficile. Il primo punto è che non esiste l’in-
capacità di imparare, che non è inevitabile. Basta
guardare la tenacia con cui un bambino impara
a camminare. Cade, si rialza, cade di nuovo e
continua. Nessun genitore avrebbe l’idea di dir-
gli di smettere! Anche se ci vuole molto tempo,
li incoraggiamo e ci congratuliamo con loro. Un
bambino che non riesce in un esercizio ci riuscirà
più tardi, forse in altri modi. Sostenerli in questa
prospettiva è essenziale e implica il rispetto della
loro individualità.
5. Diamo loro un po’ di tempo. Smettete di
inseguire le prestazioni: ogni bambino va al suo
ritmo. Un bambino non può andare più veloce
di quanto il suo cervello gli permetta. Lo stesso
vale per i compiti: essere creativi, pensare, ca-
pire, tutto questo richiede tempo. Consigliamo
ai genitori di scomporre l’obiettivo finale in una
serie di piccoli obiettivi facilmente raggiungibi-
li. Per esempio: «Impara prima i primi due versi
della tua poesia». E non dimenticate di lodare e
incoraggiare ogni passo che fa.
6. Giochiamo con le parole. Un bambino che
parla bene è un bambino che leggerà bene. E
coloro che leggono bene, che capiscono bene,
detengono una chiave importante per l’appren-
dimento. Il ruolo di “mediatore di parole”, è
innanzitutto quello dei genitori. Risvegliare i
bambini al significato delle parole è “essenziale
in una pedagogia positiva”. Non si tratta, quindi,
di instupidire la nostra espressione con il prete-
sto che sono troppo giovani per capire. Più sen-
tono un vocabolario ricco, più la loro capacità di
capire si espande.
7. Prendiamoci cura di loro. Non dimenti-
chiamo il corpo. Un bambino che è stanco o a
disagio non è in una buona posizione per impa-
rare. Quando si tratta di fare i compiti, un po’
di preparazione è sufficiente: arieggiare la stanza
è essenziale per ossigenare il cervello; bere re-
golarmente, soprattutto all’ora della merenda,
favorisce gli scambi neuronali; così come man-
giare frutta, cereali e miele, ma niente dolci. E,
più in generale, assicurarsi una dieta equilibrata
e un buon sonno. E, perché no, la meditazio-
ne, una o due volte alla settimana. Se praticata
correttamente, in una forma adatta ai bambini,
porta grandi benefici di calma, concentrazione,
autostima.
OTTOBRE 2023
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4.6 Page 36

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LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
A cuore scalzo
Per scongiurare che la vita si
appesantisca dobbiamo, anche
da adulti, recuperare dai bambini
l’autenticità di uno sguardo aperto
e curioso sul mondo, tornando
almeno ogni tanto a “togliere
le scarpe” al nostro cuore.
C amminare a piedi nudi su di un prato umi-
do di brina al mattino presto, sulla sabbia
finissima delle dune in riva al mare, nell’ac-
qua gelida di un ruscello che scorre placido
nel bosco è un’esperienza arcaica e rigenerante, una
pratica liberatoria che, stimolando in maniera stra-
ordinaria le nostre sensazioni tattili, ci permette di
A cuore scalzo ad aspettare,
e i piedi sopra il cuore,
ad aspettare pronti al salto,
a cuore scalzo...
Saranno fiumi e cascate di perle,
saranno fiori sbocciati
da cogliere fino alle stelle,
per noi che abbiamo tempo,
passiamo troppo tempo
ad aspettare l’attimo che accende.
A cuore scalzo,
e i piedi sopra il cuore...
Soffieranno emozioni leggere,
saranno bolle di cielo e sapone,
il cuore stanco in fondo a un bagno di sudore,
per volare, sperare, soffrire,
e impazzire per amore,
e impazzire per amore...
entrare in intimo contatto con la natura e con la terra
viva. È un’emozione che ci riporta indietro nel tem-
po, alle radici dell’infanzia e alle origini del Tutto,
mettendoci in dialogo con la parte più profonda e
genuina del nostro Io, come quando eravamo bam-
bini e, con i piedi scalzi, correvamo a passo incerto
sull’erba appena tagliata del giardino o sulle maioli-
che colorate del pavimento di casa. Ma spesso accade
che, crescendo, perdiamo l’abitudine di esplorare il
mondo a piedi nudi e, diventando adulti, dimenti-
chiamo la bellezza di sentire le foglie secche che ci
solleticano le dita e i talloni, le irregolarità del terre-
no che condizionano e talvolta rallentano la nostra
andatura, la superficie liscia e un po’ scivolosa delle
pietre levigate dalla risacca o quella ruvida e appun-
tita degli scogli emergenti dalle acque che imprime i
propri arabeschi sulla nostra pelle.
La stessa cosa, mentre avanziamo a passo svel-
to lungo il cammino dell’adultità, succede anche
al nostro cuore. Man mano che abbandoniamo la
spontaneità e l’innocenza dell’infanzia, il nostro
cuore, prima nudo ed indifeso, impara a celarsi
dietro travestimenti sempre più artificiosi e appa-
riscenti, si trincera dentro fortezze sempre più ine-
spugnabili, si fa scudo di ogni sorta di maschere e
protezioni per apparire meno vulnerabile agli occhi
degli altri. Così facendo, tuttavia, smarriamo la ca-
pacità di emozionarci per tutte quelle sottili sfuma-
ture dell’esistenza che solo un “cuore scalzo” può
percepire... La nostra interiorità ci apparirà senza
dubbio più al sicuro di fronte alle asperità della vita,
più protetta dal dolore e dalla sofferenza, più co-
razzata nell’affrontare fallimenti e delusioni, come
quando indossiamo le nostre scarpe più impermea-
bili e resistenti per prepararci al meglio ad attraver-
sare un terreno impervio o a percorrere un sentie-
ro sconosciuto. Ma, a furia di stratificare il nostro
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4.7 Page 37

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cuore con rivestimenti sempre più impenetrabili e
coriacei, rischiamo di sottrargli ogni spazio vitale,
di appesantirlo a tal punto da trasformarlo in un
freddo blocco di granito in cui non è più possibile
distinguere il nucleo vivo e palpitante dalla spessa
crosta che lo imprigiona al proprio interno.
Per scongiurare che ciò avvenga, dobbiamo allora,
anche da adulti, recuperare dai bambini l’autenti-
cità di uno sguardo aperto e curioso sul mondo,
tornando almeno ogni tanto a “togliere le scarpe” al
nostro cuore. Un “cuore scalzo” è, infatti, un cuore
che si lascia accarezzare dalla realtà, che freme per
un abbraccio sincero, che batte forte per un’emo-
zione inaspettata, che non ha paura di allargarsi ed
espandersi nel petto per accogliere il cambiamento
o per moltiplicare l’amore. Certo, è anche un cuore
più fragile, più inerme ed indifeso, che talvolta esce
un po’ ammaccato dalle vicissitudini
della vita e che, non avendo prote-
zioni, sperimenta più dolorosamen-
te la stanchezza e la sofferenza. Ma
è solo accettando questo rischio che
possiamo entrare davvero in comu-
nione con il mondo che abitiamo
Sarà un volo di baci e farfalle,
sarà un abbraccio più forte,
e forte un brivido sfiora la pelle,
per noi che abbiamo tempo,
passiamo troppo tempo
ad aspettare l’attimo che accende.
A cuore scalzo,
e i piedi sopra il cuore...
Soffieranno emozioni leggere,
saranno bolle di cielo e sapone,
il cuore stanco in fondo a un bagno di sudore,
per volare, sperare, soffrire,
e impazzire per amore,
e impazzire per amore...
A cuore scalzo ad aspettare,
e i piedi sopra al cuore,
ad aspettare pronti al salto,
a cuore scalzo,
a cuore scalzo!
(Max Gazzè, A cuore scalzo, 2010)
e con coloro che camminano al nostro fianco, la-
sciando che i nostri cuori, ormai privi di difese,
si tocchino nel profondo e che la “nudità” del
nostro Io non sia più intesa dall’altro come un
punto debole dove ferirci, ma come una preziosa
fragilità da proteggere e custodire.
www.shutterstock.com
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
Il neobeato Jacinto Vera:
“più che padre dei Salesiani”
Il vescovo che
aprì le porte
dell’Uruguay
ai Salesiani.
Q uella di don Bosco e del beato mon-
signor Jacinto Vera y Durán – primo
vescovo della diocesi di Montevideo di
recente fondazione (1878-1881) –, è la
storia di una reciproca stima che merita di essere
ricordata in occasione della beatificazione del pre-
sule che ha avuto luogo il 6 maggio u.s. nella capi-
tale dell’Uruguay.
Jacinto Vera, il nuovo beato
Nacque il 3 luglio 1813 a bordo di una nave nell’O-
ceano Atlantico da genitori che stavano emigrando
verso l’Uruguay. Dopo lunghe peregrinazioni nel
paese di adozione, nel 1826 la famiglia Vera si tra-
sferì nei pressi di Toledo, dove Jacinto entrò pri-
ma nel Collegio dei Gesuiti di Sant’Ignazio e poi
nel seminario di Buenos Aires. Il 5 giugno 1841
fu ordinato sacerdote nella capitale argentina. [Lo
stesso giorno di don Bosco a Torino]. Ritornato in
patria, dopo anni di ministero sacerdotale, 1859 fu
nominato Vicario apostolico di Montevideo. Subito
si consacrò a sostenere la vita spirituale dei sacerdo-
ti con la predicazione di Esercizi Spirituali e quella
della popolazione con un viaggio di predicazione
durato vari mesi. Dall’ottobre 1862 all’agosto 1863
fu costretto all’esilio a Buenos Aires per opposizio-
ne della massoneria molto attiva nel Paese. [Il 26
marzo 1862 a Lione era morto in esilio il vescovo
di Torino monsignor Fransoni]. Accolto trionfal-
mente al suo ritorno, su richiesta del presidente ad
interim del paese, il 22 settembre 1864 venne no-
minato vescovo titolare di Megara. Nel 1867 par-
tecipò a Roma al XIX centenario della morte di
san Pietro; nel 1869 ritornò nella stessa città eterna
per partecipare al Concilio Vaticano I. Non visitò
Valdocco né incontrò personalmente don Bosco a
Roma, ma di certo dovette sentire parlare di lui.
Ritornato in Uruguay, nel luglio 1871 tentò in tutti
i modi, senza riuscirvi, di evitare che scoppiasse la
guerra civile. Nel settembre 1872 fece ritornare nel
paese i Gesuiti; il 16 dicembre 1876 fu la volta dei
Salesiani.
Invito ad una fondazione
salesiana
Una volta giunto in America a fine 1875, don Ca-
gliero ebbe subito modo di manifestare ad un sacer-
dote di Montevideo la possibilità di aprire in città
un collegio. Il sacerdote lo disse immediatamente al
fratello, don Raffaele Yéregui (segretario del vesco-
vo-vicario monsignor Vera), che il 6 gennaio 1876,
d’accordo con il suo superiore, scrisse subito a don
Cagliero di venirlo a visitare per una possibile fon-
dazione. All’immediata richiesta di questi di for-
nirgli dei particolari sul progetto, il 24 febbraio don
Yéregui gli precisava che si sarebbe trattato della
chiesa e del collegio di Villa Colón, poco lontano
dalla capitale, che dei benefattori volevano offrire
ai Salesiani.
38
OTTOBRE 2023

4.9 Page 39

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In effetti don Cagliero aveva già comunicato la no-
tizia a don Bosco il 29 gennaio: “Mi hanno scritto
da Montevideo che mi aspettano per vedere un loca-
le (con Chiesa) per Collegio; e il segretario del Vescovo
(legato Apostolico) che a nome del suo prelato Vera che
vada presto. Ora mi sono messo in relazione per lette-
ra, e quanto prima ci andrò. Il bisogno è grande. Una
capitale di 100 mila, senza collegio cristiano! Credo che
si potrà incominciare con tre o quattro maestri, andrò,
vedrò e ci scriverò”.
E a seguito delle precisazioni del segretario, don
Cagliero il 4 maggio informava nuovamente don
Bosco che “Lunedì (8) maggio 1876 vado a Monte-
video, dove il Vescovo ci scongiura ad accettare il nuovo
Collegio a Colón, presso alla Città; e che dovrà essere,
mi dissero i padri Gesuiti ed altri, piccolo Seminario
nello stesso tempo. Mi sembra, che conchiuderò qualche
cosa, ed allora altra compagnia drammatica bisognerà”.
La trattativa andò avanti rapidamente; il 24 maggio
venne firmata la cessione degli stabili e del terre-
no da parte dei proprietari benefattori; il 9 luglio
don Bosco ne parlava al cardinale Berardi per avere
un’approvazione pontificia; il 17 novembre scriveva
a monsignor Vera che undici salesiani erano in par-
tenza per l’Uruguay, capitanati da don Luigi Lasa-
gna, pronti per il previsto collegio con un’eventuale
sezione di scuola di arti e mestieri. Gli trasmetteva
altresì saluti di varie autorità pontificie e raccoman-
dava i Salesiani alle sue cure.
Il 13 gennaio 1877 monsignore ringraziando as-
sicurava un futuro roseo all’incipiente collegio. In
luglio don Bosco si apprestò a ricevere solennemen-
te il vescovo in visita in Italia, ma il viaggio venne
sospeso e don Bosco dovette limitarsi ad esprimer-
gli il dispiacere per il mancato incontro persona-
le, mentre lo ringraziava per la protezione data ai
Salesiani di Villa Colón: “più che padre” lo aveva
definito don Cagliero.
Gli sviluppi
Gli inizi dell’opera salesiana di Villa Colón non fu-
rono semplici. Lo testimoniano le molte lettere di
don Lasagna spedite alla volta di Torino, ma alla
fine il Collegio Pio ebbe la meglio sui tanti detrat-
tori locali.
Il 13 luglio la Santa Sede emetteva il decreto di ere-
zione della diocesi di Montevideo e due giorni dopo
nominava monsignor Vera come suo primo vescovo.
Sarebbe rimasto tale fino alla morte, il 6 maggio
1881, ma intanto i Salesiani, grazie a lui, avevano
preso piede nel paese sudamericano.
Nonostante le gravi difficoltà create da una politica
malata di laicismo, la presenza salesiana in Uru-
guay dal timido inizio della periferia della capitale
si sarebbe sviluppata ovunque, avrebbe dato il suo
contributo alla crescita civile del paese e alla mis-
sione della Chiesa locale, tanto che ad un secolo di
distanza, dal 1985, gli ultimi tre arcivescovi della
capitale sono stati Salesiani; ivi compreso l’attua-
le arcivescovo il cardinale Daniel Fernando Sturla
Berhouet.
Monsignor Vera era stato lungimirante ad invitare
don Bosco; don Bosco non lo era stato di meno,
accettando subito l’invito. Fra santi si sono subito
intesi bene.
In alto: Una
casa salesiana
in Uruguay.
Sotto: La
celebrazione
per la
beatificazione
di monsignor
Jacinto Vera.
OTTOBRE 2023
39

4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
 Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
 Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di ottobre preghiamo per la beatificazione
del Venerabile Luigi Olivares, vescovo salesiano di cui
ricorre il 150° della nascita.
Luigi Olivares nacque a Cor-
betta (Milano) il 18 ottobre
1873, quarto di quindici figli
(un suo fratello diventerà mis-
sionario e una sorella religiosa
canossiana). Nel seminario
arcidiocesano compì gli studi
ecclesiastici avendo come di-
rettore spirituale monsignor
Pasquale Morganti, dal quale
apprese una profonda ammi-
razione e venerazione per don
Bosco. Ordinato sacerdote nel
1896, voleva subito farsi sa-
lesiano, ma il suo vescovo, il
cardinale Ferrari, oggi beato,
lo mandò, giovane prete di 22
anni, come vicerettore del col-
legio arcivescovile di Saronno.
Dopo 8 anni ottenne di entrare
dai Salesiani. Laureato in teo-
logia, insegna teologia morale
e sociologia nello studentato
di Foglizzo (1906-1910). Poi è
mandato parroco dell’incipien-
te parrocchia di S. Maria Libe-
ratrice al Testaccio in Roma. Il
quartiere si trasforma visibil-
mente, grazie alla bontà del
suo nuovo parroco. Un giorno,
schiaffeggiato per la strada da
un violento, don Luigi gli dice:
“Grazie!” e presenta l’altra
guancia. Il suo confessionale
è assediato dal mattino alla
sera; nelle solennità il lavoro
di confessore è come la tra-
ma della giornata, sulla quale
innesta la celebrazione della
Messa e la predicazione, che
teneva anche 6 o 7 volte al
giorno. Il suo ministero pasto-
rale si distingue per la forma-
zione catechistica e l’educazio-
ne dei bambini e dei ragazzi e
per numerose opere di carità a
favore di persone sfrattate, di
terremotati e bisognosi. Nel
1916 è scelto da Benedetto XV
come vescovo di Sutri e Nepi.
Viene consacrato vescovo dal
cardinale salesiano Giovanni
Cagliero, nella stessa sua chie-
sa parrocchiale, il 29 ottobre
del 1916. Detta a se stesso
un regolamento in cinque
punti: “Amerò la mia diocesi
come una sposa. Nell’orazione
tratterò con Gesù gli interessi
delle anime, non prenderò
alcuna decisione importante
prima di averLo consultato.
Eviterò il lusso e il superfluo.
Avrò un orario e lo osserverò
fedelmente. Tessera della mia
vita episcopale: la carità di-
sposta ad ogni sacrificio”. Così
fece durante 26 anni, in spirito
salesiano: “Sono, per dono di
Dio, cristiano, sacerdote, sa-
lesiano e vescovo: devo farmi
santo”.
Morì fuori della sua diocesi il
19 maggio 1943, mentre pre-
dicava un Corso di Esercizi Spi-
rituali ai Liceisti di Pordenone.
Aveva settant’anni. Ora riposa
nella Cattedrale di Nepi. È stato
dichiarato venerabile il 20 di-
cembre 2004.
Preghiera
O Trinità santissima, fonte di ogni bene,
che hai arricchito il Venerabile Luigi Olivares,
vescovo salesiano, delle più elette virtù,
rendendolo modello di pastore secondo il Cuore di Cristo,
e tra le fatiche dell’apostolato
lo hai guidato sul sentiero della santità,
degnati di glorificarlo per la tua gloria
e ad edificazione del popolo cristiano.
Per sua intercessione chiedo la grazia...
Amen.
Ringraziano
Alcuni anni fa avevo richiesto
l’abitino perché avevo letto
che san Domenico Savio aiuta-
va le mamme e spesso lo pre-
gavo perché mi aiutasse come
mamma già di due figli ormai
grandi e adolescenti. Un gior-
no però leggendo il Bollettino,
vengo a sapere che il 9 marzo,
ricorre la nascita al cielo di
san Domenico Savio. In quel
giorno a lui dedicato, infatti,
successe un evento dramma-
tico ma miracoloso al tempo
stesso perché un Angelo spe-
ciale come Domenico Savio
ha contribuito a salvare dalla
morte mio figlio. Il 9 marzo
2014 infatti, mio figlio di 20
anni ebbe un incidente gravis-
simo che lo portò vicinissimo
alla morte, rimanendo in coma
per circa una settimana, riani-
mazione per circa venti giorni,
sei mesi di ospedale e tre anni
di carrozzina e riabilitazione
per emiparesi dovuta ad even-
to traumatico e rimanendo
invalido a vita. La sua vita fu
stravolta e cambiò per sempre
e, con la sua, anche quella di
tutta la nostra famiglia che,
ancora combatte per andare
avanti giorno dopo giorno. Ab-
biamo ed hanno pregato con
noi in tanti e incessantemente
e ancora chiediamo preghiere.
Oggi, mio figlio, dopo tanta
sofferenza, tanti sforzi, tanto
dolore e tanta tenacia, è riusci-
to a rimettersi in piedi anche
se con strascichi permanenti,
si è laurea­to alla magistrale e
ha trovato un lavoro, tutto con
la sua forza di volontà e senza
raccomandazioni di nessuno.
Io continuo a pregare perché
san Domenico Savio e don
Bosco Santo dei giovani non
lo abbandonino mai ma gli
siano sempre vicini e gli dia-
no la forza, la fede, il coraggio
per andare avanti seppure con
tanto sacrificio e sofferenza e
gli facciano incontrare angeli e
persone buone che lo aiutino
e lo sostengano nella vita e
nelle prove.
(F.B. – Roma)
40
OTTOBRE 2023

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
La comunità
DON GUIDO
NOVELLA
morto a Mestre, il 29
luglio 2023, a 80 anni
di età, 58 di professione
e 49 di ordinazione.
Conosciuto e apprezzato sia nei
territori delle sue origini, nel
Triveneto, sia a Roma, dove ha
svolto i suoi ultimi incarichi pa-
storali, verrà ricordato come un
pastore ed educatore dal cuore
pienamente salesiano, oltre
che come stimato liturgista,
scrittore e parroco.
Guido Novella era nato il 22
gennaio 1943 a Marano Vicen-
tino. Aveva frequentato il novi-
ziato ad Albarè, emesso i primi
voti il 16 agosto 1964, quelli
perpetui il 7 settembre 1971
ed era stato ordinato sacerdote
il 20 aprile 1974 nella sua città
natale.
Nell’Ispettoria “San Zeno” del
Veneto Ovest (IVO) di Verona
e poi in quella di “San Marco”
dell’Italia Nord-Est (INE) è stato
un punto di riferimento impor-
tante per le attività catechisti-
che, liturgiche e soprattutto per
aver tenuto viva la sensibilità
missionaria, in particolare ver-
so il Brasile. È stato direttore in
numerose case salesiane (Rove-
reto, Verona-Provolo, Bardolino,
della Casa Ispettoriale di INE
a Venezia-Mestre e a Verona-
Santa Croce), e ha svolto anche
i ruoli di Economo di comunità
e Parroco.
Vicario dell’Ispettoria IVO nel
triennio 1994-97, nei primi
anni duemila ha assunto an-
che vari incarichi nell’Ispetto-
ria INE, come Delegato per la
Formazione, per la Famiglia
Salesiani e vari gruppi ad essa
afferenti o vicini (exallievi, Sale-
siani Cooperatori, Associazione
di Maria Ausiliatrice e Associa-
zione “Mamma Margherita”).
Tre anni fa era stato chiamato
dai superiori ad operare come
parroco alla basilica “Sacro
Cuore” di Roma, presso la casa
Sede Centrale salesiana e, no-
nostante le difficoltà presto
sopraggiunte con la pandemia,
si era inserito molto bene ed
aveva stabilito tanti rapporti
personali a tutti i livelli, per cui
era molto stimato ed amato.
Nel gennaio dell’anno scorso
aveva anche guidato la par-
rocchia nella bella avventura
della trasmissione quotidiana
in diretta, per tre volte al gior-
no, delle Messe dalla basilica
– un’esperienza di cui era stato
molto soddisfatto, perché oltre
a costituire un servizio prezioso
ai fedeli di tutt’Italia, aveva per-
messo di testimoniare con deli-
catezza la spiritualità salesiana
a milioni di persone.
Per lunghi anni è stato anche
“liturgista” ufficiale di ogni
evento salesiano di un certo
spessore e significato (conve-
gni nazionali, incontri del Mo-
vimento Giovanile Salesiano,
eventi della Famiglia Salesia-
na...). Era molto apprezzato
per la capacità di evocare, di
far parlare i simboli, di propor-
re un linguaggio molto vicino
alla sensibilità dei giovani, at-
traverso la poesia, la musica, i
silenzi, e di “movimentare” così
l’assemblea. D’altra parte, le
sue pubblicazioni con l’editri-
ce salesiana “Elledici” (tra cui,
ancora sul mercato, “Celebrare
con le cose. 24 modelli di cele-
brazioni”) risultavano davvero
esemplificazione significative
di esperienze celebrative a par-
tire da simboli nuovi o rinnova-
ti: da quelli tradizionali e inso-
stituibili della liturgia – pane,
vino, acqua... – ad altri aggiunti
– specchio, seme, pietra, broc-
ca... – e utilizzati anch’essi
come mezzo di riflessione e
dialogo con Dio e gli uomini.
Di don Novella si ricorderà an-
che l’impegno verso il mondo
dei preadolescenti, con la stes-
sa preoccupazione di trovare,
anche a partire dalla tradizione
della Chiesa, i modi per dire
loro parole di vita: si veda, ad
esempio, il suo libro: “I salmi,
preghiera per i ragazzi”. Un te-
sto che “traduce” 58 salmi nel
linguaggio aderente alla vita
dei ragazzi, e che accompagna
ciascun testo con una riflessio-
ne introduttiva e una preghiera
finale.
La sua azione educativa e cate-
chetica a favore dei giovani lo
portò a collaborare anche con
la Chiesa locale e oggi pure la
Diocesi di Trento ne piange la
scomparsa. “Già attivo in Tren-
tino negli anni ’80 e ’90 come
educatore di adolescenti e
giovani e formatore pastorale,
membro della Commissione
catechistica diocesana, si è
occupato di formazione dei ca-
techisti e della elaborazione di
itinerari dell’iniziazione cristia-
na, insieme a don Gianantonio
Bonato e p. Matteo Giuliani,
con i quali diede anche vita alle
cosiddette Scuole periferiche
biennali di formazione ai servi-
zi pastorali” riporta il sito della
Diocesi.
Oltre a questo, ha tenuto lezio-
ni presso la Scuola diocesana di
formazione teologica e ha dato
importante contributo a tutte
le iniziative di formazione degli
insegnanti di religione.
“Don Guido – così lo ricorda
padre Matteo Giuliani – era
esperto degli aspetti liturgici,
curatore della vivacità delle
celebrazioni, abile nella grafi-
ca originale ed espressiva. Ma
soprattutto era persona umile,
mite e di grande umanità. La
nostra Diocesi può solo essergli
riconoscente”.
Colpito circa due anni fa da
un tumore aggressivo, don
Novella ha continuato fino alla
fine, con determinazione e de-
dizione la sua missione, conti-
nuando anche ad organizzare
e a condurre pellegrinaggi in
Terra Santa e sulle orme di San
Paolo.
Don Claudio Zamperin, suo
successore nella parrocchia di
Belluno lo ricorda con grande
affetto: «Lo ricordo come una
persona che era sempre vici-
na a chi aveva bisogno. Era di
una generosità staordinaria
e sapeva aiutare con tutte le
proprie forze chi si rivolgeva a
lui nei momenti di difficoltà.
Qui in parrocchia tutti lo ricor-
dano con grande affetto, a co-
minciare da me, che ho raccolto
la sua eredità e sto cercando di
portarla avanti il più possibile».
Don Zamperin aveva visto No-
vella anche di recente: «Sono
andato a trovarlo alcune volte
a Mestre e ho avuto modo di
parlare con lui anche della sua
esperienza più recente. Mi
ha sempre detto che avrebbe
voluto tornare in mezzo ai bi-
sognosi, perché sentiva sem-
pre molto urgente questa sua
missione. Purtroppo non ce
l’ha fatta e sottolineo il fatto
che l’anno prossimo avrebbe
celebrato i 50 anni di ordina-
zione sacerdotale. Un traguar-
do molto importante. A Roma,
stava facendo un grande lavoro
ed era sempre attorniato da
moltissimi giovani, che rappre-
sentavano poi la sua forza. Un
salesiano vero».
OTTOBRE 2023
41

5.2 Page 42

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IL CRUCIPUZZLE
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
Parole di 3 lettere: Aar, Mel, Nas,
Non, Rio, Sob, Zoe.
Parole di 4 lettere: Alan, Geco,
Homo.
Parole di 5 lettere: Apnea, Avant,
Evasi, Sahib, Shiva, Simon, Sonda.
Parole di 6 lettere: Eliseo, Estasi,
Inning, Nurses, Oberon, Stanza, Triste.
Parole di 7 lettere: Gobelin.
Parole di 8 lettere: Casacche,
Subentro, Temibili.
Parole di 9 lettere: Esistenza,
Inserite nello schema le parole elencate a fianco, scrivendole da sinistra a destra e/o dall’alto
in basso, compatibilmente con le lunghezze e gli incroci. A gioco ultimato risulteranno nelle
caselle gialle le parole contrassegnate dalle tre X nel testo. La soluzione nel prossimo numero.
? Rosamunda.
Parole di 10 lettere: Agghindate,
Coraggiosi.
Parole di 11 lettere: Cucchiaiata.
?
La soluzione nel prossimo numero.
Parole di 12 lettere: Idromassaggi.
DISTINTISI PER SANTITÀ
Benedetto XVI, in occasione della XX Giornata Mondiale della Gioventù tenutasi a Colonia il 20 agosto
2005, ricordò che i santi sono coloro che vengono progressivamente trasformati dalla bellezza di Dio e
dalla sua perfetta verità. E così si espresse: “I santi sono i veri riformatori: solo dai santi, solo da Dio viene la
vera rivoluzione, il cambiamento decisivo del mondo”. Il successore di don Bosco, don Michele Rua, scrisse
che il motto della congregazione doveva essere: “La santità dei figli sia prova della santità del padre”. I
salesiani santi sono molti, provengono da ambienti sociali differenti e sono indifferentemente sacerdoti o
laici. Ma quanti sono i XXX della grande Famiglia Salesiana? I Salesiani, al riguardo, pubblicano un rappor­
to annuale sullo stato delle loro postulazioni, il Dossier Postulazione. La Postulazione salesiana, in base all’ultimo
rapporto, del 2022, riporta che i Santi sono 10, 117 i Beati, i Venerabili 18 e 28 i Servi di Dio (titolo che la Chiesa
cattolica assegna dopo la morte a persone che ritiene si siano distinte per “santità di vita” e per le quali sia stato
avviato il processo canonico di beatificazione. Il titolo successivo, se si ritiene che il Servo di Dio abbia mostrato
particolare “eroicità delle virtù”, è Venerabile). 58 Cause sono seguite direttamente dalla Postulazione e in tutto
sono interessati 173 tra uomini e donne di cui 46 sono giovani sotto i 29
Soluzione del numero precedente anni, cresciuti nell’esempio di Domenico Savio, Laura Vicuna, Zeffirino Na­
muncurà. Il Dossier, ha ricordato il Postulatore Generale, riporta l’elenco
e lo stato di ogni Causa e in quello del 2022 risaltano la canonizzazione
di Artemide Zatti e le Inchieste diocesane di Akash Bashir, laico (morto
ventenne nel 2015 fermando un attentatore suicida prima che entrasse
in chiesa) prima Causa di Beatificazione del Pakistan e della cooperatrice
salesiana italiana, Serva di Dio, Vera Grita, morta nel 1969.
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OTTOBRE 2023

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.Disegno di Fabrizio Zubani
Lamporaterrdoelclachia
S ui muri e sul giornale della
città comparve uno strano
annuncio funebre: «Con
Uscivano tutti silenziosi, un po’
confusi.
Perché tutti coloro che volevano
di Santa Eufrosia e guardavano nella
bara, vedevano, in uno specchio
appoggiato sul fondo della cassa, il
profondo dolore annunciamo la
vedere il cadavere della parrocchia proprio volto.
morte della parrocchia di Santa
Eufrosia. I funerali avranno luogo
domenica alle ore 11».
La domenica, naturalmente, la chie-
?
sa di Santa Eufrosia era affollata
come non mai. Non c’era più un solo
posto libero, neanche in piedi. Da-
vanti all’altare c’era il catafalco con
una bara di legno scuro. Il parroco
pronunciò un semplice discorso:
«Non credo che la nostra parrocchia
possa rianimarsi e risorgere, ma
dal momento che siamo quasi tutti
qui voglio fare un estremo tentati-
vo. Vorrei che passaste tutti quanti
davanti alla bara, a dare un’ultima
occhiata alla defunta. Sfilerete in
fila indiana, uno alla volta e dopo
aver guardato il cadavere uscirete
dalla porta della sacrestia. Dopo,
chi vorrà potrà rientrare dal portone
Se c’è polvere nelle sale della tua parrocchia,
per la Messa».
Il parroco aprì la cassa. Tutti si chie-
devano: «Chi ci sarà mai dentro? Chi
è veramente il morto?».
Cominciarono a sfilare lentamen-
c’è polvere sulla tua anima.
Anche voi, come pietre vive, formate il tempio
dello Spirito Santo, siete sacerdoti consacrati a Dio
e offrite sacrifici spirituali che Dio accoglie volentieri,
te. Ognuno si affacciava alla bara
e guardava dentro, poi usciva dalla
chiesa.
per mezzo di Gesù Cristo.
(1 Pietro 2,5)
OTTOBRE 2023
43

5.4 Page 44

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Con i l o occhi
vedrai il FUTURO.
Un lascito è un gesto d'am e
PER INFORMAZIONI
+39 06 65612663
+ 39 342 9984165 Cod. Fiscale 97210180580
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