Bollettino_Salesiano_202307

Bollettino_Salesiano_202307

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Don Bosco
nel mondo
Sudan
L’invitato
Don
Gio Conti
Tempo dello spirito
Il pellegrinaggio
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
LUGLIO/AGOSTO 2023
Passione
oratorio
Don
Gianmarco
Pernice

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I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
Un caffè con il boia
U n giorno don Bosco uscendo
dalle carceri, sbagliò scala
ed entrò in una stanza, che
prima non aveva mai visto. Là trovò
un uomo con moglie e figlia, i quali
al vederlo entrare rimasero confusi
ed interdetti. Don Bosco si accorse
dello sbaglio, ma augurò a tutti un
cordiale Cereja (il saluto piemontese
di riguardo).
Quelle tre persone evidentemente
non erano abituate a visite e tanto-
meno ad essere trattate con rispetto.
Risposero timidamente con aria
incerta e chiesero a don Bosco che
cosa desiderava. «È che mi sento un
po’ stanco e avrei proprio bisogno di
una tazza di caffè. Ne avete avanzato
un po’?»
Non se l’aspettavano e con gioia e
premura esclamarono: «Sì sì!» E la
figlia corse a farlo. L’uomo guardava
don Bosco con una specie di
commozione: «Ma lei,
don Bosco, sa in casa
di chi è venuto?»
«Certo che lo so, in
casa di un bravo uomo».
«Ma io sono il boia!»
«Io so che siete un
buon cristiano (e que-
sto era vero, poiché
tutte le mattine che
vi era un’esecuzione
capitale, esso mandava
cinque franchi ad una
chiesa vicina, facendo
celebrare Messa pel morituro).
Questo mi basta e voglio che siamo
amici».
Quel povero uomo, che in vita sua
non si era mai visto trattato così
cordialmente era sbalordito. Il boia
e la sua famiglia erano pesantemen-
te disprezzati da tutti e quando li
incrociavano per strada si voltavano
ostentatamente.
Arrivò il caffè, ma con una tazza
sola.
«Ci vogliono altre tre tazze» disse
don Bosco. «Il caffè lo prendiamo
insieme!»
«Questo poi no», rispose il carnefice,
«troppo onore! Io prendere il caffè in
sua compagnia?»
Le tazze arrivarono e don Bosco lo
sorbì piano piano conversando ama-
bilmente con la famiglia.
La notizia corse subito fra le guar-
die carcerarie. «Don Bosco è un
brav’uomo e un santo prete!» escla-
mavano.
E lo favorivano sempre, lasciandolo
entrare fuori orario senza permesso
avvertendolo se qualche carcerato si
ammalava. Per questo, anche quando
fu proibito l’accesso alle carceri, don
Bosco fu sempre libero di andare e
venire fino al 1870.
Le guardie carcerarie andavano
spesse volte a visitarlo e a confessarsi
all’Oratorio.
Il boia venne per più anni alle fun-
zioni nella chiesa di Valdocco, ma un
giorno fu riconosciuto dai giovani,
che cominciarono a deriderlo e umi-
liarlo e da quel momento non entrò
più nell’Oratorio. Passeggiando per
la città passava sempre nei dintorni,
fermandosi sui viali a guardare quei
tetti e quella cupola, che gli ricor-
davano un uomo che forse solo al
mondo gli aveva professato stima ed
affetto sincero.
Anche un suo figlio frequentò
l’Oratorio. Era gentile e do-
tato. Si confessava da don
Bosco, per il quale nutriva
un grande amore. Voleva
entrare nella carriera
ecclesiastica; ma
quando seppe che,
per la professione del
padre, gli era chiusa
la via al seminario, ne
provò tanto dispiacere,
che si ammalò e morì,
assistito da don Bosco.
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LUGLIO/AGOSTO 2023

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Don Bosco
nel mondo
Sudan
L’invitato
Don
Gio Conti
Tempo dello spirito
Il pellegrinaggio
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
LUGLIO/AGOSTO 2023
Passione
oratorio
Don
Gianmarco
Pernice
LUGLIO/AGOSTO 2023
ANNO CXLVII
NUMERO 7
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: Una vacanza insieme è
pura gioia. (Foto Getty Images/iStock)
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTÙ
Portogallo 2023
10 TEMPO DELLO SPIRITO
Il pellegrinaggio
12 L’INVITATO
Don Gio Conti
16 DON BOSCO NEL MONDO
Martirio in Sudan
20 INIZIATIVE
Il cammino di don Bosco
nel Monferrato
22 CREATIVITÀ SALESIANA
24 PASSIONE ORATORIO
Don Gianmarco Pernice
28 SALESIANI
Don José Molas
32 FMA
Il centro Fonte d’Ismaele
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 IL CRUCIPUZZLE
43 LA BUONANOTTE
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12
24
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 64
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
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Tel./Fax 06.65612643
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Egidio Deiana, Roberto
Desiderati, Emilia Di Massimo, Ángel
Fernández Artime, Antonio Labanca,
Carmen Laval, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, Francesco
Motto, Clemente Patrizi, Pino
Pellegrino, O. Pori Mecoi, Dario Rei,
Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Alberto Rodriguez M.
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e i lavoratori.

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Questo è amore...
Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fatto don Bosco.
Questo è il bene che continuiamo a fare insieme.
uno spazio che educa alla vita e al senso della vita,
uno spazio di fede (se lo si vuole fare).
Rivedo in tanti salesiani la “passione” di don Bo-
sco per la felicità dei giovani. Una formula divenuta
famosa cerca di condensare il sistema educativo di
don Bosco in tre parole: ragione, religione, amore.
Scuola, chiesa, cortile. Una casa salesiana è tutto
questo realizzato nella pietra. Ma l’oratorio di don
Bosco è molto di più. È un arsenale di stimoli e
crea­tività: musica, teatro, sport e passeggiate che
sono vere immersioni nella natura. Il tutto condito
da un affetto reale, paterno, paziente, entusiasta.
A mici, lettori del Bollettino Salesiano:
ricevete come ogni mese il mio cordiale
saluto, un saluto che preparo lasciando
parlare il mio cuore, un cuore che vuole
continuare a guardare al mondo salesiano con quel-
la speranza e quella certezza che aveva don Bosco
stesso, che insieme possiamo fare molto bene e che
il bene che si fa deve essere fatto conoscere.
Prima di scrivere i miei saluti, ho già letto tutto
il contenuto del numero del Bollettino di questo
mese. Lo vedo sempre in anticipo, in modo da po-
ter scrivere quello che ritengo adeguato al tema.
Il bollettino di questo mese mi è piaciuto molto, con
tutta la sua diversità, con la preziosa testimonianza
di come sia possibile essere molto salesiani attraver-
so la dedizione quotidiana nell‘oratorio salesiano, in
ogni cortile, in ogni luogo dove i bambini e gli ado-
lescenti – e i giovani che li animano – trovano uno
spazio di vita, uno spazio sano, uno spazio educativo,
Madre coraggio
Ebbene, mentre leggo con dolore e preoccupazione
la cronaca del Sudan, dove la situazione di tutti è
molto difficile, e anche la situazione salesiana, oggi
vorrei offrire un’altra bella testimonianza, anche se
questa volta non sono stato testimone oculare, ma
racconto quello che mi è stato condiviso.
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LUGLIO/AGOSTO 2023

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La scena si svolge a Palabek (Uganda), dove, in con-
comitanza con l’arrivo dei primi rifugiati, cinque
anni fa, noi Salesiani di Don Bosco abbiamo voluto
andare con i primi rifugiati. La tenda era l’alloggio
e la cappella per la preghiera e la celebrazione della
prima Eucaristia era l’ombra di un albero.
Ogni giorno al Palabek arrivavano centinaia e cen-
tinaia di rifugiati dal Sudan. Prima a causa del con-
flitto nel Sud Sudan. A distanza di anni, continua-
no ad arrivare, ora a causa del conflitto in Sudan
(Nord Sudan, si intende).
A dirmi quello che vi sto raccontando è stato il
Consigliere generale per le Missioni che qualche
giorno prima era andato a Palabek per continua-
re ad accompagnare questa presenza in un campo
profughi dove sono già state accolte decine di mi-
gliaia di persone.
Dieci giorni fa è arrivata una donna con undici
bambini. Da sola, senza alcun aiuto, aveva attra-
versato diverse regioni piene di pericoli per sé e per
i bambini; aveva percorso più di 700 chilometri a
piedi nell’ultimo mese e il gruppo di bambini stava
crescendo. Ed è di questo che voglio parlare, perché
questa è umanità e questo è amore. Questa don-
na è arrivata a Palabek con undici bambini affidati
a lei, e li ha presentati tutti come suoi figli. Ma in
realtà sei erano suoi figli frutto del suo grembo. Al-
tri tre erano figli del fratello morto da poco e di cui
si era fatta carico e altri due erano
piccoli orfani che aveva trovato per
strada, soli, senza nessuno e na-
turalmente senza documenti (chi
può pensare ai documenti e alla
documentazione quando mancano
le cose più essenziali per la vita?),
ed erano diventati figli adottivi di
questa donna.
In alcune occasioni, una madre che
ha dato la vita per difendere il pro-
prio figlio è stata definita “madre
coraggio”. In questo caso, vorrei
dare a questa madre di undici figli
il titolo di Madre Coraggio, ma so-
prattutto di donna che sa molto bene
– nelle “viscere del suo cuore” –, che
cosa sia amare, fino a soffrire, perché
vive e ha vissuto in assoluta povertà
con i suoi undici figli.
Benvenuta a Palabek, Mamma co-
raggiosa. Benvenuta alla presenza
salesiana. Senza dubbio si farà tutto
il possibile perché a questi bambini non manchi il
cibo, e poi un posto per giocare e ridere e sorridere
– nell‘oratorio salesiano – e un posto nella nostra
scuola.
Questo è il bene semplice e silenzioso che ha fat-
to don Bosco. Questo è il bene che continuiamo
a fare insieme perché, credetemi, sentire che non
siamo soli, avere la certezza che molti di voi vedono
con piacere e simpatia lo sforzo che facciamo ogni
giorno a favore degli altri, ci dà anche molta forza
umana, e senza dubbio il Buon Dio la fa crescere.
Vi auguro una buona estate. Senza dubbio la no-
stra, anche la mia, sarà più serena e confortevole di
quella di questa mamma di Palabek, ma credo di
poter dire che avendo pensato a lei e ai suoi figli,
abbiamo, in qualche modo, costruito un ponte.
Siate molto felici.
Donne
del Campo
Rifugiati
di Palabek
LUGLIO/AGOSTO 2023
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GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTU`
Don Bosco aujourd’hui
Portogallo 2023
La magia della GMG
Più di un milione di giovani
provenienti da tutto il mondo sono
attesi a Lisbona all’inizio di agosto.
Dal 1° al 6 agosto 2023 Lisbona ospiterà la
Giornata Mondiale della Gioventù (gmg
Lisbona 2023), l’incontro del Papa con i
giovani di tutto il mondo.
Nel corso di una settimana, i giovani di tutto il mon-
do saranno invitati a partecipare ad incontri di pre-
ghiera, condivisione e svago. Al mattino, la catechesi
in più lingue consentirà momenti di formazione di
gruppo. E per tutta la giornata, il Festival della Gio-
ventù offrirà una serie di concerti, musical, confe-
renze, mostre, che renderanno la gmg Lisbona 2023
un evento culturalmente ricco. I momenti salienti
sono le celebrazioni (eventi centrali) in cui il Papa è
presente, come la Messa di apertura e la cerimonia
di accoglienza del Santo Padre, la via-crucis, la ve-
glia e, l’ultimo giorno, la messa di invio.
Difficile dire quanti giovani saranno presenti
all’incontro, ma al momento sono attesi più di un
milione di giovani da tutto il mondo.
Perché?
Suor Anne-Flore Magnan e don Xavier Ernst, sa-
lesiani di Don Bosco, accompagneranno i giova-
ni nel percorso salesiano verso la gmg di Lisbo-
na. Che cosa significa accompagnare i giovani in
un’occasione così importante?
Quest’estate sarete in Portogallo con i giovani. Per-
ché accompagnare i giovani è un momento così im-
portante?
Suor Anne-Flore: È un momento forte quando si
incontrano altri giovani da tutto il mondo, quando
ci si rende conto di quanto la Chiesa sia universale.
È importante come adulto, come religioso, poter
condividere questi momenti, essere a disposizio-
ne dei giovani, vivere semplicemente in fraternità
con loro, e accompagnare, lavorare con loro, ri-
leggere, aiutare a esprimere certi bisogni... Penso
che la presenza di fratelli e sorelle sia indispensa-
bile per questo. Sono relazioni che si costruiscono
con la preghiera, la gioia, l’incontro e il viaggio. In
un pellegrinaggio ci sono sempre periodi di stan-
chezza, di disagio... Questo ci spinge a rivelarci in
modo diverso. E poi si riparte insieme per costruire
il resto del viaggio nella nostra famiglia salesiana.
Essere presenti è ciò che fa la differenza.
Padre Xavier: I giovani ci dicono che c’è un prima
e un dopo la gmg nella loro fede, nel loro impegno.
Come salesiano, questo non può mancare. Alla
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LUGLIO/AGOSTO 2023

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IL LOGO DELLA GMG
Il tema della gmg di quest’anno è “Maria si alzò e
partì in fretta” (Lc 1,39). Il tema mette in evidenza la
Vergine Maria e il suo cammino per vivere secondo
la volontà di Dio. Il rosario rappresenta la fede del
popolo portoghese e la sua
devozione alla Madonna di
Fatima. La Croce di Cristo,
da cui nascono tutte le cose,
abbraccia tutti gli elemen-
ti, nei colori della bandiera
portoghese.
gmg si vede tutta l’effervescenza della Chiesa e dei
giovani: bandiere di tutto il mondo che sventola-
no al vento, incontri, scambi... è particolarmente
gioio­so e tonificante per i giovani. Si vede il vigore
e la fede di altri giovani provenienti dai quattro an-
goli del mondo. Ci sono sempre occasioni di cate-
chesi, insegnamento e riconciliazione, dove ognuno
può trovare ciò che cerca. Si arriva con quello che
si è, si vivono quei 15 giorni in modo molto forte e
quando si torna non si è più la stessa persona.
Andranno alla GMG...
1. Florian, 18 anni, di Lille (Francia), che sarà bat-
tezzato prima della gmg. «Alla fine del 2022 ho
partecipato a un incontro di giovani nella chiesa di
Saint-Maurice. In un palazzetto dello sport, dove
eravamo riuniti, ho visto 250-300 giovani della mia
età. Tutti mi hanno dato il benvenuto. È stato fan-
tastico! Sarei rimasto lì per tutto il fine settimana. È
stato allora che ho scoperto il progetto della gmg, ma
ho lasciato perdere perché il budget era troppo alto
e non avevo informazioni sull’iscrizione e sull’orga-
nizzazione. Poi, un giorno, mentre andavo a scuola,
ho incontrato padre Charles (salesiano). Mi ha par-
lato di nuovo della gmg. Poiché mi fido di lui, ho
deciso di incontrarlo per parlarne di nuovo. Quando
ho visto il costo inferiore offerto dalla rete salesiana,
ho deciso di partecipare. Devo ridurre ancora di più
i costi e voglio offrire i miei servizi alle persone che
ne hanno bisogno (fare la spesa, pulire, ecc.).
L’INNO
“In fretta si va”, è la versione italiana di “Há Pressa no Ar”
(C’è fretta nell’aria), inno della Giornata Mondiale della
Gioventù Lisbona 2023, ispirata al tema della gmg Lisbo-
na 2023 («Maria si alzò e partì in fretta» (Lc 1,39). L’inno
della gmg 2023 si sviluppa intorno al “sì” di Maria e della
sua fretta di incontrare la cugina Elisabetta. Il tema è stato
registrato in due versioni in portoghese e nella versione
internazionale (portoghese, inglese, spagnolo, francese e
italiano). La versione italiana mantiene la musica origina-
le, grazie alle parole di Valerio “Lode Ciprì” tra i fondatori
del Gen Rosso, e resta aderente al testo originale mante-
nendosi assonante con esso. Nel cantare questo inno, i
giovani di tutto il mondo sono invitati a identificarsi con
Maria, rendendosi disponibili al servizio, alla missione e
alla trasformazione del mondo.
Cosa mi aspetto? Mi aspetto di conoscere nuove
persone, provenienti da diverse nazioni, di festeg-
giare insieme, di pregare insieme, di essere felici
insieme durante le due settimane di viaggio e di
scoprire la cultura dei Salesiani in Portogallo. In-
fatti, ho fatto una delle tappe di preparazione al
mio battesimo durante il fine settimana msj a Bru-
xelles, a metà marzo. È festoso, è edificante, ti fa
venire voglia di andare avanti. Sono felice!»
2. Giulia, 20 anni, di Alessandria: «La decisione di
andare alla gmg è stata ovvia per me. Da quando
ho visto i giovani intorno a me, in diversi movi-
menti cattolici, tornare dalla gmg in Polonia, ho
capito che volevo partecipare a questa avventura
che sembra così arricchente. Mi sembrava ovvio
che partecipare alla gmg fosse una continuazione
del mio cammino interiore, sia nella fede che nella
vita personale. Penso che mi porterà molto come
giovane. Ma non ho molte aspettative, se non quel-
la di uscire da questa esperienza come una persona
migliore. Da molto tempo ormai sono coinvolta
attivamente in varie attività della famiglia salesia-
na. La famiglia salesiana è una bella famiglia in cui
sono cresciuta e ogni evento che condivido con altri
giovani credenti è per me un momento di condi-
visione e di felicità. Immagino quindi che queste
gmg mi caricheranno ancora di più e mi permette-
LUGLIO/AGOSTO 2023
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GIORNATE MONDIALI DELLA GIOVENTU`
I 13 SANTI PATRONI
Sono questi i 13 santi patroni della prossima
gmg 2023: sono tutti coloro che hanno dedi-
cato la loro vita al servizio della gioventù. Da
sinistra: san Bartolomeo dei Martiri, beata
Giovanna del Portogallo, beato Marcel Callo,
sant’Antonio, beato Carlo Acutis, beato Pier
Giorgio Frassati, beata Chiara Badano, san
Vincenzo, beato Giovanni Fernandes, san
Giovanni Bosco, beata Maria Clara di Gesù
Bambino, san Giovanni di Brito, San Giovan-
ni Paolo II.
LA PREGHIERA UFFICIALE
Vergine della Visitazione,
che di fretta sei salita verso la montagna per incontrare Elisabetta,
mettici in cammino all’incontro con tutti coloro che ci attendono
per portar loro il Vangelo vivente:
Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore!
Andremo in fretta, senza distrazioni o ritardi,
ma con prontezza e gioia.
Andremo serenamente, perché chi porta Cristo porta la pace,
e “fare il bene” è il migliore “star bene”.
Vergine della Visitazione,
ispirati a Te, questa Giornata Mondiale della Gioventù
sarà una mutua celebrazione di Cristo che noi porteremo, come lo è
stato per Te.
Fa’ che possa diventare un’occasione di testimonianza e condivisione,
fraternità e gratitudine,
cercando ognuno l’altro che vive in attesa.
Con Te proseguiremo questo cammino di incontro,
affinché anche il nostro mondo possa ritrovarsi
nella fraternità, nella giustizia e nella pace.
Aiutaci, Vergine della Visitazione,
a portare Cristo a tutti, obbedendo al Padre, nell’amore dello Spirito!
ranno di incontrare altri giovani con percorsi di vita
sicuramente molto diversi dal mio ma con molti va-
lori comuni».
3. Majd, 28 anni, Salesiano Cooperatore di Aleppo
(Siria): «Dal 2019 lavoro a Parigi in una ong come
traduttore-interprete. Nel 2016 non ho avuto la
possibilità di vivere la gmg di Cracovia. La delega-
zione salesiana del Medio Oriente ci ha raccontato
i momenti meravigliosi che hanno vissuto lì. Vor-
rei provare questa sensazione di essere circondato
da cristiani e salesiani di tutto il mondo, come una
grande famiglia.
Voglio partecipare affinché noi, cristiani d’Oriente,
fratelli maggiori nella fede cristiana, come ci chiama
la Francia, restiamo nella memoria del mondo. Vor-
rei pregare per la pace e nient’altro, perché ci sono
molte vittime delle guerre e le ferite aspettano an-
cora di guarire. Ma vorrei anche ringraziare Dio per
tutti i suoi doni a livello personale. Non mi aspetto
una trasformazione magica alla fine della gmg, ma
semplicemente di tornare con una speranza rafforza-
ta, con una speranza più radicata per poter continua-
re a lavorare con gioia e determinazione».
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LUGLIO/AGOSTO 2023

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I Salesiani del Portogallo
L’Ispettoria salesiana del Portogallo è dedicata a
sant’Antonio di Lisbona. Ha undici comunità e
circa 90 confratelli. Ha sei scuole sulla terraferma,
una sull’isola di Madóre e una a Capo Verde, per
un totale di 10 000 alunni, dalla scuola primaria
alla secondaria. La maggior parte delle scuole offre
attività pastorali ed educative al di fuori delle aule:
centri giovanili, scoutismo, sport ecc. Quasi 9000
giovani e adulti le frequentano. Inoltre, centinaia di
bambini e le loro famiglie sono aiutati dai servizi
sociali gestiti dai Salesiani. L’Ispettoria ha anche
una casa editrice a Porto. Per quanto riguarda le
suore, l’ispettoria è dedicata a Nostra Signora di
Fatima.
Ha dodici comunità impegnate in scuole, parroc-
chie e servizi sociali per la promozione della donna.
Una lunga storia
I Salesiani arrivarono a Braga, in Portogallo, nel
1894. Erano in tre, il più anziano aveva 30 anni,
il più giovane 17. Avevano assunto la direzione del
Collegio per orfani “San Caetano”, su richiesta del
vescovo. Era un momento molto critico. La socie-
tà portoghese alla fine del xix secolo era in piena
regressione, profondamente agitata a tutti i livelli
(religioso, sociale, culturale, economico, politico).
Un movimento repubblicano anticlericale sfidava il
re e la Chiesa. Lo sviluppo fu comunque rapido:
1897 a Lisbona e Pinheiro de Cima, 1903 ad An-
gra, 1904 a Viana do Castelo, ma anche più lonta-
no: 1906 a Macao, 1907 in Mozambico, 1909 due
orfanotrofi in India. A quel tempo, il Portogallo
aveva “postazioni commerciali” in tutto il mondo...
Purtroppo, il colpo di Stato rivoluzionario del 1910
pose fine alla monarchia. La Repubblica proclama-
ta perseguì una politica di laicizzazione che mise
fine allo sviluppo delle congregazioni educative. I
religiosi furono espulsi e i loro beni confiscati. I Sa-
lesiani lasciano Braga nel 1911.
La situazione si calmò nel 1920. L’opera di Lisbona
poté riaprire, così come quella di Porto nel 1922.
Le altre non tornarono ai Salesiani. Questi ultimi
fondarono o rilevarono altre opere con le stesse ca-
ratteristiche di quelle iniziali. Fino alla metà del xx
secolo, i salesiani portoghesi dedicarono quasi tutte
le loro energie alle scuole e ai laboratori professio-
nali, oltre che all’animazione dei centri giovanili.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice
Le prime suore arrivarono in Portogallo più tardi,
nel gennaio 1940, su richiesta dell’arcivescovo di
Évora, e tre anni dopo presero possesso di una casa
con 500 ragazze a Lisbona. Questi primi anni fu-
rono segnati dalla povertà e dalle difficoltà dovute
alla Seconda Guerra Mondiale e al numero esiguo
di suore per far fronte al carico di lavoro.
Tra il 1947 e il 1952 furono aperte sette nuove pre-
senze. Il numero di posti vacanti aumentò. Molte di
loro volevano andare in missione e nel 1952 quattro
di loro partirono per il Mozambico, contemporanea-
mente ai Salesiani. Nel 1975, quando il Mozambico
dichiarò la sua indipendenza, un terzo delle suore
dell’Ispettoria lavorava lì.
I Salesiani
del Portogallo
con il loro
Ispettore,
pronti per
l’ospitalità.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
Il pellegrinaggio
Camminare con l’anima
Per la Bibbia il mettersi in cammino è una
figura della fede. Abramo ha lasciato la sua
casa e la sua terra per andare nella terra pro-
messa da Dio. Quando si decide di fare un
pellegrinaggio, anche semplice come quelli di un
giorno solo, è decidere una pausa, lasciare qualche
cosa per ritrovare un luogo che parla al nostro spirito.
I compagni di strada
Il pellegrinaggio più piacevole è quello “in fami-
glia”. Una gita insieme, anche solo una passeggiata,
con una meta vicina può contribuire a rinsaldare
vincoli o addirittura scoprire doti che nel chiuso di
casa non si erano rivelate. «Ho scoperto che il mio
papà sa suonare la chitarra e raccontare storie che
fanno ridere» diceva un tredicenne, dopo una gita
alla Madonna Nera di Oropa.
Le soste
Il picnic o la merenda con le buone vettovaglie por-
tate da casa, talvolta con l’accompagnamento di
mosche, mucche curiose e formiche possono diven-
tare una duratura fonte di umorismo e di affettuose
risate.
La meta
La prima cosa da fare è decidere la meta. I pellegrini
hanno sempre puntato a una meta spirituale. Può es-
serlo anche un rifugio alpino, un santuario, un lago,
un angolo di mare. In ogni caso è un luogo del cuore.
Per questo è necessario accordarsi per trovare la meta
che soddisfi tutti. La gioia deve essere di tutti.
Tutti devono sentire l’entusiasmo per un obiettivo
comune: un obiettivo lontano, un luogo in cui si pos-
sono sentire particolarmente felici. Il pellegrino non
si limita a dare espressione al suo anelito profondo
per una patria eterna. Vorrebbe raggiungere già qui
un punto di arrivo, una meta. Si mette in viaggio
per raggiungere la meta del suo pellegrinaggio, uno
di quei luoghi santi che da secoli irradiano energia,
speranza, senso di fiducia, certezza che lì Dio ti è
più vicino che in qualsiasi altro posto, che lì puoi
incontrare Dio che ti rivela il mistero del tuo andare.
Ma neanche quando è giunto alla meta il pellegrino
può sistemarsi per sempre. Una volta arrivato, una
volta ritrovato se stesso, deve anche ripartire per fare
ritorno al luogo da cui era partito. Tuttavia custodi-
sce nel suo cuore la speranza di tornare cambiato, di
una nuova forza spirituale.
Camminare è una “medicina”
Camminare con calma all’aperto e nella natura sta
diventando una scoperta paradossale. Siamo fatti
per andare a piedi. È un dono splendido del no-
stro Creatore. Per troppo tempo gli esseri umani
lo hanno nascosto. Per colpa di quella odiosa fretta
che ci fa correre dal mattino alla sera.
A differenza della corsa, il cammino è un’attività
fisica a bassa intensità: va fatta a un ritmo che per-
mette di parlare con il proprio compagno di viaggio.
È una sorta di “medicina” naturale per chi soffre
di diabete, ha il colesterolo alto o è in sovrappeso.
Non solo: camminare ha effetto anche sul sistema
nervoso, con benefici per l’umore. E sulla respira-
zione: i polmoni si dilatano fino al 30% in più e il
sangue si ossigena meglio.
Molte ricerche hanno da tempo dimostrato il po-
tere antistress della natura: respira profondamente,
osserva il verde e gli alberi, alti e forti. Chiudi gli
occhi e inizia a percepire dentro di te la forza della
Terra, che dai piedi alla testa ti circonda in un ab-
braccio millenario.
10
LUGLIO/AGOSTO 2023

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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Un lungo cammino a piedi rende forti e rinforza
l’autostima: «La maggior parte delle persone è in
grado di reggere lo sforzo di un cammino dal punto
di vista cardiaco e muscolare» spiega il professor
Schena. «Ma la fatica più grande è quella mentale».
«Uscire dalla nostra “area di comfort”, cioè da tutto
quello che siamo abituati ad affrontare, ci costringe
a orientarci in una nuova dimensione» osserva
Trabucchi. «Lungo il percorso si incontrano molte
difficoltà: la strada sbagliata, la paura di non far-
cela, l’acquazzone durante la marcia. Questi im-
previsti ci portano a resettarci di continuo, per
raggiungere un nuovo equilibrio. Così, una volta
tornati a casa, ci sentiamo più forti anche nella vita
di tutti i giorni. Aumenta il cosiddetto senso di au-
toefficacia, cioè la fiducia nelle nostre capacità di
raggiungere gli obiettivi e superare i problemi».
Viaggiare a piedi è una sfida con se stessi: un per-
corso può essere duro ma alla fine ci restituisce
un’immagine più completa e interessante di noi.
I TRE PELLEGRINAGGI
LEGGENDARI
Gerusalemme: la città santa, non solo per i cristiani, ma
anche per ebrei e musulmani. I luoghi d’interesse nella ca-
pitale d’Israele e dintorni sono vari. In queste terre, infatti,
sono molti gli avvenimenti narrati nelle sacre scritture. Tra
i più importanti vi sono la morte per crocifissione di Gesù e
la sua resurrezione. Il sepolcro, per tradizione, è all’interno
della Basilica del Santo Sepolcro.
Roma: la città del Papa è stata da sempre una delle prin-
cipali mete di pellegrinaggio. Sono molti i cammini che
portano alla Città Eterna, le cosiddette Vie Romee. Molti
pellegrini si mettono in viaggio per poter visitare i luoghi
di sepoltura di Pietro e Paolo, oppure per poter vedere e
ascoltare il pontefice in Vaticano.
Santiago di Compostela: anche il pellegrinaggio re-
ligioso in Spagna ha sempre goduto di grande rilevanza
nel mondo cristiano. La via percorsa dai pellegrini è ovvia-
mente il famosissimo Cammino di Santiago che termina
presso la Cattedrale della città in cui sono contenute le
spoglie di san Giacomo il Maggiore.
Camminando si fa meditazione
Camminare è il movimento della vita: crescere,
cambiare, lasciare, ritrovare. Solo chi cammina
cambia. E solo chi cambia resta
vivo. Non potrò mai dire: adesso
so com’è la vita. La vita è piena
di sorprese. Solo se sono di-
sposto a restare in cammino resto vivo. Altrimenti
le parole con le quali finora ho dato una risposta
alle domande della vita risulteranno insipide. Resto
fermo, bloccato, rifiutandomi di affidarmi al flusso
della vita.
Prega e cammina
Da sempre il camminare è in stretto rapporto con
il pregare. Non solo perché si pregava mentre
si camminava, ma anche perché il cammino
stesso diventava una forma di preghiera. I
pellegrini percorrevano la loro strada
pregando, e pregavano camminando. Lo
studioso delle religioni Thomas Ohm
ha studiato la relazione tra preghiera e
cammino in varie religioni. Si va a pregare,
ci si mette in cammino, si abbandona il mondo e
ogni attività mondana per andare verso Dio. Chi
si incammina verso Dio si lascia alle spalle la mi-
seria del proprio Ego e si apre a Dio. In molte
religioni il cammino stesso è preghiera.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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2.2 Page 12

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L’INVITATO
O. Pori Mecoi
Don Gio Conti
Professione “anima” d’oratorio
«Quest’anno sono
20 anni! Da prete sono
sempre stato incaricato
di Oratorio».
Com’è nata la tua vocazione?
Nel mio Oratorio diocesano di san Vin-
cenzo de’ Paoli a Milano. L’ho frequentato
fin da piccolo, ma la svolta è stata quando mi
è stato affidato il gruppo “18/19enni”. No-
nostante fossi preso dal lavoro (lavoravo da
un Commercialista) e dallo sport (giocavo
a pallavolo in serie C) il pensiero fisso era
a quei ragazzi per i quali organizzavo in-
contri formativi, ritiri, teatro, tornei, gite…
Dopo 4 anni, grazie anche “allo zampino
decisivo” di don Tonino Bello, mi sono li-
cenziato e sono entrato in Noviziato a Pi-
nerolo!
va non solo con i suoi figli, ma anche con i nipoti e
i compagni di scuola dei suoi figli. Indimenticabili
i sabati pomeriggio ai giardini di Porta Venezia con
lui che non solo ci portava… ma ci animava “sale-
sianamente”!
La tua “carriera” salesiana
Non è una carriera… è un bel cammino fatto con
don Bosco!
Com’è la tua famiglia?
I miei genitori sono stati i miei maestri di vita e di
fede.
Importante la loro scelta di farmi studiare dai Sale-
siani (le medie) e dai Fratelli delle scuole Cristiane
(la ragioneria al Gonzaga).
Ma più ancora la loro testimonianza cristiana pro-
fonda e incarnata nel quotidiano. Loro mi hanno
anche trasmesso l’amore per don Bosco.
Mia mamma Fernanda che ha studiato dalle suore
fma di Via Bonvesin e per tanti anni è stata Presi-
dente delle exallieve; mio papà Giulio “salesiano”
sul campo… per la passione educativa che ci mette-
12
LUGLIO/AGOSTO 2023

2.3 Page 13

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Sono salesiano da 27 anni (settembre ’95). Ho fatto
il classico iter formativo: noviziato a Pinerolo, post-
noviziato a Nave, tirocinio nel centro di formazione
professionale (settore Meccanico) di Sesto san Gio-
vanni. Gli studi di Teologia alla Crocetta di Torino
e l’anno di diaconato a Roma San Tarcisio con la
Licenza in Teologia spirituale con una tesi su “La
spiritualità mariana di don Tonino Bello”.
Il 7 giugno 2003 a Brescia sono stato ordinato dal
vescovo salesiano Augustin Radrizzani (che era cu-
gino di mia mamma!).
Che cosa pensi di quella cosa
chiamata Oratorio?
Penso che nonostante tante cose siano cambiate…
l’Oratorio resta attualissimo! Oggi è certo più dif-
ficile perché la concorrenza è spietata e agguerrita,
ma l’Oratorio ha ancora molto da dire ai ragazzi
e agli adolescenti di oggi. Può ancora affascinare
e influire sulla crescita umana e cristiana di tanti
ragazzi se conserva il suo stile di famiglia (“casa che
accoglie”) e se riesce a fare alleanza con le famiglie!
Con i ragazzi
e con don
Mazzi.
Da quanto sei Direttore di Oratorio?
Quest’anno sono 20 anni! Da prete sono sempre
stato incaricato di Oratorio: 4 anni a Bologna don
Bosco, 11 anni all’Oratorio Rondinella di Sesto san
Giovanni e ora, da 5 anni, all’Oratorio sant’Agosti-
no di Milano.
Qual è la tua esperienza?
Molto bella! Tra i motivi di grande gratitudine
verso il Padre Eterno c’è l’aver potuto svolgere per
tanti anni il mio ministero in Oratorio…
Nonostante la fatica e le difficoltà devo riconoscere
che non ho mai perso l’entusiasmo e l’Oratorio mi
ha conservato “giovane dentro”!
LUGLIO/AGOSTO 2023
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2.4 Page 14

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L’INVITATO
L’Oratorio può essere ancora oggi preziosa
“scuola di vita” per rivelare che la vita
è vocazione e per ricordare, con proposte mirate,
che tutti sono chiamati alla santità e alla felicità
proprio come amava don Bosco:
“siate felici nel tempo e nell’eternità”!
I tuoi ricordi più belli
Tanti, troppi. C’è una costante nelle tre esperienze
che ho vissuto: l’importanza “strategica” del gruppo
preadolescenti (II e III media). Se negli anni dell’i-
niziazione cristiana si gettano le basi dell’alleanza
con i genitori allora è più facile “trattenere i ragaz-
zi” anche dopo la Cresima. E se si offrono ai ra-
gazzi esperienze significative… ecco che i “ragazzi”
divenuti adolescenti sono pronti poi ad entrare da
protagonisti nella Comunità con incarichi di ser-
vizio (aiuto catechisti, doposcuola, animatori del
Grest…). E così si garantisce un ricambio continuo
e l’Oratorio resta vivo!
Che futuro vedi per gli oratori
salesiani?
Un futuro splendido… grazie a don Bosco e al
suo carisma sempre attuale e vincente. Mi fa im-
pressione quanto don Bosco sia amato e tenuto in
considerazione! È bellissimo che per il Grest della
prossima estate “sulla cura” gli Oratori Lombar-
«L’Oratorio
può essere
ancora oggi
preziosa
“scuola di
vita” per
rivelare che
la vita è
vocazione».
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LUGLIO/AGOSTO 2023

2.5 Page 15

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di (Odl) abbiano preso ancora don Bosco come
esempio e modello! Don Bosco c’è ed è vivo: a noi
salesiani l’impegno di “incarnarlo”; perché l’O-
ratorio sia “officina intergenerazionale”: luogo di
relazione, di accompagnamento, di prossimità e
di educazione.
L’Oratorio può essere ancora oggi pre-
ziosa “scuola di vita” per rivelare che
la vita è vocazione e per ricordare, con
proposte mirate, che tutti sono chiamati
alla santità e alla felicità proprio come
amava don Bosco: “siate felici nel tempo e
nell’eternità”!
Come sono i ragazzi
e i giovani che conosci?
Sono ragazzi e giovani spesso smarri-
ti e confusi che vivacchiano…
Molti sono con gli occhi spenti: la
società tecnologica del benessere e
delle comodità ha spento la luce da tanti dei loro
occhi…
A molti di loro pare che gli sia stata sottratta l’a-
nima. La loro vita è superficiale: spesso si accon-
tentano solamente di ricercare popolarità, affogare
nell’intrattenimento ed essere travolti dal
consumismo!
La nostra sfida educativa è trovare il
modo di “riattivare” la vita interio-
re… senza scoraggiarci, con proposte
forti e testimonianze luminose.
Siamo chiamati a scommettere anche
oggi sulle parole di don Bosco, che
sono parole che non tradiscono mai:
In ogni giovane c’è un punto ac-
cessibile al bene. Dovere primo
dell’educatore è di cercare que-
sto punto, questa corda sen-
sibile del cuore e di trarne
profitto”.
«Don Bosco
c’è ed è
vivo: a noi
salesiani
l’impegno di
“incarnarlo”;
perché
l’Oratorio
sia “officina
intergenera­
zionale”».
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2.6 Page 16

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DON BOSCO NEL MONDO
Antonio Labanca di Missioni Don Bosco
Martirio Sudan
«Una guerra
insensata
nata per pura
gelosia sta
insanguinando
un popolo che
stava rialzando
la testa.
«Quando due elefanti litigano tutta
l’erba viene calpestata» dice un
proverbio africano. Nel caso del
Sudan i due elefanti sono i due
generali al-Burhan e Dagalo e l’erba è l’intero Su-
dan. «I due cretini» sospira Walid Ahmed, che sta
seduto su un letto, guarda in basso, con una mano
si tiene la fronte e con l’altra stringe il polso di sua
moglie. Quel giorno al mercato del Darfur è andato
a fuoco quasi l’intero raccolto di un territorio gran-
de quanto la Francia. «Hanno bombardato subito le
cose importanti. Il 15 aprile, quando è cominciata
la guerra, hanno distrutto l’impianto di purifica-
zione dell’acqua – in un Paese come il nostro, che
per la maggior parte è un deserto. Dava da bere a
tre milioni di Sudanesi e ora è in pezzi. Poi han-
no pensato bene di sparare con i cannoni contro il
mercato all’ingrosso del grano in Darfur».
Non è una “guerra civile” poiché non nasce da con-
trapposizioni ideologiche o da contrasti etnici nel
popolo sudanese, ma è una violenza che si è sca-
“Come è successo
in altre occasioni simili,
noi vogliamo continuare
a fornire aiuto materiale e
spirituale ad ogni persona.
Certamente, non ce ne
andiamo” dice il direttore
dei Salesiani nella capitale
Karthoum.
tenata quando il capo delle forze speciali si è reso
conto di poter aumentare il suo potere a Karthoum
anche a prezzo del sangue. “Tra lo stupore di tut-
ti, sabato 15 aprile si sono sentiti spari e pesanti
colpi di arma da fuoco” riferisce padre Jacob The-
lekkadan, direttore dell’istituto salesiano che dista
solo cinque chilometri dall’aeroporto internaziona-
le della capitale sudanese. È stato questo il primo
obiettivo delle rsf (Forze di Supporto Rapido)
contro l’esercito regolare.
La scuola professionale Don Bosco, unita alla par-
rocchia cattolica di San Giuseppe, si è trovata al
centro del conflitto fin dalle prime ore: a quattro
chilometri da lì si trova il palazzo presidenziale, a
tre una delle basi della rsf.
I combattimenti sono iniziati intorno alle 9:45. L’a-
eroporto internazionale di Khartoum è stato con-
quistato usando cannoni e carri armati. “Ci sono
pesanti colpi di arma da fuoco in tutto il nostro
istituto!” ha comunicato in tempo reale padre Ja-
cob, e le foto che ha inviato testimoniano le cadute
di proiettili sulla scuola. “Una bomba è caduta nel
nostro laboratorio. Per fortuna non c’era nessuno,
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LUGLIO/AGOSTO 2023

2.7 Page 17

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pur essendo il sabato un giorno di
lezione”.
Non ci sono tregue, se non
di poche ore: i combatti-
menti proseguono mentre è
iniziata anche la guerra della
propaganda che dà per vittorioso
l’uno o l’altro dei contendenti. Mentre la comunità
internazionale al momento non riesce a far altro che
ad annunciare la tragedia dei profughi e una crisi
umanitaria gravissima in una regione vittima di ca-
restie ricorrenti. I governi dei singoli Paesi hanno
provveduto a far evacuare i connazionali con convo-
gli protetti per uscire dalle zone di combattimento e
imbarcarsi sul primo aereo da Gibuti.
“Cadono le bombe
ma noi non ce ne andiamo”
I salesiani restano al loro posto assieme a rari altri
responsabili di Ong. È una decisione sofferta ma
coerente con quanto accaduto in casi analoghi in
passato: Congo, Venezuela, Ucraina… Fino a che
sarà possibile sopravvivere alla scarsità di acqua,
cibo, energia, resisteranno nella capitale, poi si spo-
steranno in altre località ma sempre del Paese. I fi-
gli di don Bosco sono radicati in Sudan e, sebbene
non svolgano attività di proselitismo per rispetto
non solo delle norme locali ma anche della volontà
di dialogo con l’islam, sono amati dalle migliaia di
famiglie che hanno beneficiato e beneficiano della
formazione scolastica e professionale che da oltre
trent’anni realizzano con le loro opere.
Oltre a Karthoum, con nove confratelli, sono a El
Obeid con altri quattro dediti ad un centro profes-
sionale. Insieme ad altri uomini e donne di buona
volontà si fanno responsabili verso la popolazione.
il Paese. Rivolge un appello
alla comunità internazionale:
“Spendersi per la pace, non è il
momento del silenzio”
Ci parla da El Obeid, città del
Sudan, capoluogo dello Stato del
Kordofan Settentrionale, e ha nelle
orecchie il rumore sordo e terrificante dei colpi di
artiglieria che, ormai da settimane, interessano an-
che la zona nella quale lui è rettore della comunità
salesiana locale. “I salesiani desiderano stare accan-
to alla gente come icona di speranza”.
Qual è la situazione nella zona
in cui vi trovate?
Praticamente ogni giorno si sentono le esplosio-
ni delle bombe. Dall’inizio della guerra, abbiamo
chiuso le nostre scuole e c’è stato detto di rimanere
nelle nostre abitazioni. El Obeid ha subito danni e
anche la cattedrale ha risentito dei bombardamenti.
Quali sono le aree del Paese più
colpite dalla violenza?
L’epicentro delle violenze è stata la capitale del Pae­
se, Khartoum. Ma anche altre due città limitrofe,
Omdurman e Bahari, sono state duramente colpite
fin dall’inizio della guerra. Una delle comunità re-
ligiose femminili e una scuola cristiana sono state
conquistate da una delle parti in conflitto, poiché si
La scuola
salesiana
colpita dalle
artiglierie
opposte.
Un salesiano dal Sudan in guerra
Mathew Job, rettore della comunità dei membri
della Società Salesiana di San Giovanni Bosco del-
la città di El Obeid, racconta la situazione dopo lo
scoppio delle violenze che stanno insanguinando
LUGLIO/AGOSTO 2023
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2.8 Page 18

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DON BOSCO NEL MONDO
trovavano in un luogo strategico. Chiuso l’aeropor-
to della capitale, gli sforzi di evacuazione dei civili
si sono interrotti e in molti stanno tentando di rag-
giungere il Sud Sudan attraverso la città di Kosti.
Le comunità salesiane del Sud Sudan
stanno tentando di portare aiuto?
Le nostre comunità del Sud Sudan non sono in gra-
do di aiutarci nella situazione attuale, anche se cer-
cano di sostenere chi riesce a fuggire arrivando da
loro. Nel nostro Paese gli eventi sono molto fluidi e
non sono previsti interventi, se non aiuti individuali.
Più in generale, come sta reagendo
la Chiesa del Sudan a questa terribile
situazione?
La catastrofe che si è abbattuta sulla nostra na-
zione prescinde dal credo o dall’etnia. Pertanto,
tutti sono colpiti. La preoccupazione principale di
ognuno, compresi i nostri fedeli, è quella di rima-
nere al sicuro. Molte istituzioni ecclesiastiche sono
state danneggiate. Però la speranza che la guerra
cessi e che torni la democrazia non morirà mai. La
mia più grande preoccupazione resta quella per i
giovani ed i bambini, perché un conflitto prolun-
gato può cancellare in loro la speranza in un futuro
migliore.
Quali sono i bisogni urgenti
della popolazione?
Ha necessità di tutto. La scarsità di carburante ha
bloccato il trasporto delle merci e di conseguenza i
prezzi sono saliti alle stelle.
Che ruolo dovrebbe svolgere
la comunità internazionale
per portare la pace?
Deve impegnarsi con ogni mezzo per cercare di
porre fine al conflitto. Non si può essere spettatori
e compatire le vittime. Non c’è spazio per il ritardo
o il silenzio: bisogna agire al più presto per alleviare
le sofferenze di civili innocenti.
I danni
della scuola
salesiana.
Giovani coraggiosi
In mezzo al collasso generale del Paese, si sono
mobilitate reti di quartiere più informali che cer-
cano di alleviare il vuoto e che organizzano la di-
stribuzione dei beni di prima necessità, coordinano
l’assistenza medica, pianificano le evacuazioni e ar-
ticolano un movimento di opposizione alla guerra.
“Non contiamo sui generali, perché sappiamo che
a loro non importa di noi. Contiamo sulla gente”,
riassume Mohamed Elobaid. Sebbene le iniziative
dei cittadini siano state molto diverse, in prima li-
nea in questi sforzi ci sono i cosiddetti comitati di
resistenza, come quello di cui fa parte il giovane
Mohamed a Omdurman, una delle città gemellate
che compongono la capitale.
Hanno una sfida titanica davanti. La carenza di
cibo, acqua, medicine, elettricità e carburante sta
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LUGLIO/AGOSTO 2023

2.9 Page 19

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diventando sempre più grave. Molte persone non
hanno accesso ai contanti e il sistema bancario è in
gran parte paralizzato. Un comitato medico loca-
le ha riferito che il 70% degli ospedali generali di
Khartoum e degli Stati vicini ha dovuto interrom-
pere le operazioni da quando è scoppiato il conflit-
to, mentre il resto offre servizi di base. E spostarsi
in alcuni quartieri, soprattutto quelli più colpiti da-
gli scontri, è molto rischioso e richiede un’attenta
pianificazione.
Distribuiscono cibo, acqua e altri beni di prima ne-
cessità come latte artificiale, insulina e forniture di
pronto soccorso a centinaia di famiglie.
Per cercare di alleviare il collasso del sistema sani-
tario e la carenza di ospedali, alcuni comitati stan-
no raccogliendo donazioni per l’acquisto di medici-
nali e attrezzature e materiale medico, e aiutano a
coordinare il personale medico nelle loro aree. Un
altro cittadino, di nome Kuka, spiega che nel suo
quartiere hanno allestito una stanza per effettuare
piccoli interventi medici visto che gli ospedali vici-
ni sono chiusi.
La maggior parte degli abitanti di Khartoum non
può fuggire perché non può permettersi i prezzi
alle stelle dei trasporti e la maggior parte di quelli
che partono lo fanno verso Stati vicini alla capitale,
dove la situazione della sicurezza è migliore.
Muzdalifah Izz Al-Din, una giovane donna attiva
in un comitato a sud di Khartoum, racconta che
nel suo quartiere è stato organizzato un gruppo
notturno per proteggere la zona da rapine e sac-
cheggi. Queste rapine a volte coinvolgono membri
di una delle parti opposte, in particolare le Forze
di Supporto Rapido, che si sono insediate in alcuni
quartieri.
L’arcivescovo di Karthoum, monsignor Michael
Didi Agdum Mangoria scrive: “Preghiamo affin-
ché il buon senso possa prevalere da entrambe le
parti. Preghiamo affinché le aspirazioni tanto at-
tese del popolo sudanese per la pace e la sicurezza
possano spingere i leader di questi gruppi a sedersi
insieme e negoziare per la fine delle loro ostilità
e lavorare ardentemente per spianare la strada alla
pace e alla sicurezza in Sudan”.
«I Salesiani
desiderano
stare accanto
alla gente
come icona
di speranza».
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2.10 Page 20

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INIZIATIVE
Egidio Deiana
Il cammino di don Bosco
nel Monferrato
Il cammino di don Bosco oggi è
un cammino di speranza, cultura,
spiritualità, incontro, amicizia,
stupore, festa, fatica, natura,
bellezza, essenzialità, celebrazione,
servizio, orizzonti più vasti,
missione, responsabilità, preghiera,
libertà, arte, storia, rispetto,
ospitalità, cibo buono, sana allegria.
Questo cammino ripercorre l’esperienza
spirituale, culturale, sociale, storica che
il Santo dei giovani (originario di Ca-
stelnuovo d’Asti, allora appartenente
alla provincia di Alessandria) visse con numerosi
giovani del suo celebre Oratorio di Torino dal 1850
al 1880, ma soprattutto tra il 1861 e il 1864 con
le sue passeggiate autunnali. Queste escursioni di
don Bosco avevano la caratteristica, per quei tempi
innovativa, di missione popolare giovanile, turismo
religioso, itinerario culturale e sociale dentro la vita
e i valori tipici del Monferrato.
Motivazioni
“Là dove passano i Santi, Dio cammina con loro e
per chi li incontra niente è più come prima!” Il pas-
sare di Dio è visibile nei carismi speciali del Santo.
Carismi visibili in don Bosco: la sua grande umanità,
l’opera educativa e spirituale giovanile e popolare, la
santità universale (capace di accogliere e incontrare
tutte le culture) – conosce le persone e la realtà so-
ciale, parla alla gente dando risposte che rasserenano
e infondono fiducia – pone al centro il mondo giova-
nile come luogo indispensabile di speranza e di futu-
ro, se ci si prende cura di esso – parla al cuore e alla
coscienza delle persone: si fidano di lui e si accosta-
no al suo confessionale con la sicurezza di incontrare
perdono e sostegno da Dio stesso – suscita desiderio
di seguirlo: emerge una formidabile vendemmia di
vocazioni – il ricordo resta vivo nei paesi)
L’Itinerario storico
Veniva impostato in base agli inviti che don Bosco
riceveva dai parroci o da signori del posto. Con l’e-
sperienza acquisita queste camminate di don Bosco
diventavano vere e proprie missioni popolari giova-
nili itineranti, “attività apostoliche giovanili” (così
don Bosco). Con un filone religioso ben preciso:
la spiritualità mariana (feste, visite, celebrazioni in
chiese dedicate alla Madonna), la dimensione sa-
cramentale della confessione (dalle 5 del mattino
don Bosco iniziava a confessare una fila di uomini
che si era formata già dalle 4 nei paesi dove si pas-
sava la notte!) e dell’Eucaristia, perno della peda-
gogia spirituale di don Bosco.
Il Clima lungo il cammino
e dove si soggiornava
Era festa giovanile e festa popolare, dove gli ingre-
dienti sono allegria, musica, teatro, preghiera, cele-
brazione, servizio, amicizia, disponibilità, responsa-
bilità, ospitalità, cultura (don Bosco stesso presentava
la cultura e la geografia dei luoghi attraversati). Forte
esperienza educativa del Sistema preventivo.
20
LUGLIO/AGOSTO 2023

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Il cammino di don Bosco oggi
Vuole offrire opportunità a camminatori, escursio-
nisti, gruppi giovanili, familiari… di ripercorrere le
strade percorse dal Santo regalando alla gente un
messaggio di speranza e ai ragazzi l’incontro con
i valori umani e cristiani che han formato anche le
radici umane cristiane di don Bosco.
Procedura da seguire
1. Contattare l’accoglienza del Colle don Bosco (o
altro luogo che può rilasciarla) per avere la carta
del pellegrino: accoglienza@colledonbosco.it
2. Contattare i referenti dei luoghi del tratto di cam-
mino che vuoi fare: chiedi quanto ritieni utile sa-
pere (dove è meglio andare per prima cosa) e fare
(dal mangiare al dormire al celebrare o pregare in
base a ciò che vuoi vivere nel paese).
3. Raggiungere il piazzale della Chiesa o altro luo-
go comunicato dal referente come primo impatto
con il luogo – Leggere il racconto riguardante
don Bosco nel luogo raggiunto, altre notizie di
carattere storico, sociale, religioso.
4. Visitare la Chiesa parrocchiale o altra chieset-
ta che era significativa anche per don Bosco
– Cercare di vivere un momento spirituale sia
personalmente (rosario, preghiera personale) che
comunitariamente (S. Messa o altra opportunità
celebrativa che può offrire il paese). Al fondo di
questo sussidio ci sono tracce utili per la celebra-
zione e la preghiera.
PREGHIERA DEL PELLEGRINO
Signore, eccomi davanti a te con tutta la mia vita. Ti
ringrazio per tutti i benefici che mi hai donato.
È un cammino, la vita. E Tu sei la meta finale, decisiva.
Il rischio è fermarsi o prendere strade, sentieri
che portano in vicoli ciechi.
Signore, ho intrapreso questo cammino sui passi
di don Bosco perché la sua intercessione mi aiuti
ad evitare vicoli ciechi o scelte sbagliate.
In queste terre monferrine da lui attraversate con i suoi
ragazzi portando allegria con la musica, un sorriso
con il suo teatro, speranza con la sua parola benedicente
e il suo ministero di educatore e sacerdote.
Col suo passaggio lasciava serenità e fiducia nella gente:
lo consideravano un tuo profeta e messaggero. E lui,
don Bosco, portava tutti a te. E a Maria Ausiliatrice.
Signore Gesù, come hai fatto con i due di Emmaus, sii mio
compagno di viaggio.
Guida i miei passi alla luce della tua parola e dell’esempio
di don Bosco.
Benedici questa gente generosa e questa terra.
Come hai fatto per i ragazzi e le famiglie di allora in questi
luoghi, aiutami ad essere tuo messaggero di serenità
e di bontà.
Passo dopo passo, seguendo Te, Gesù, possa giungere
la vita eterna con un bagaglio di opere buone.
Amen. Grazie.
5. Lasciarsi catturare dall’ospitalità del luogo e dal-
le sue risorse, conoscere il territorio con storia e
cultura antiche (da Roma al Medioevo al Mar-
chesato monferrino) che aveva spinto don Bosco
ad un’impresa per quell’epoca decisamente im-
pegnativa: se l’ha fatta vuol dire che per lui ne
valeva la pena per i suoi ragazzi, per la gente, per
il territorio.
6. Prima di ripartire far mettere il timbro sulla car-
ta del pellegrino.
Destinatari
Persone e gruppi provenienti dal Piemonte, da altre
regioni italiane, dall’Europa e da tutto il mondo.
Don Bosco è un Santo molto popolare e la sua ope-
ra è presente in oltre 130 nazioni del mondo.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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3.2 Page 22

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CREATIVITA` SALESIANA
Clemente Patrizi
Le 40 mila immagini sacre
del signor Gianduzzo
Dopo un’intensa e
vulcanica attività
di educatore il signor
Silvano Gianduzzo,
salesiano, del don Bosco
di Pordenone ha allestito
una serie di mostre
avvincenti e molto visitate.
Il Signor
Silvano
Gianduzzo
con la sua
ricca mostra.
Il salesiano coadiutore, exallievo del Colle, Sil-
vano Gianduzzo, del Collegio Don Bosco di
Pordenone, ha impiegato la sua vita nell’attività
teatrale, educando alla recitazione migliaia di
ragazze e ragazzi, facendoli salire poi in palcosce-
nico a recitare con disinvoltura vincendo la timi-
dezza.
Da qualche anno ha interrotto questa attività per
dedicarsi anche alla sua grande passione: collezio-
nare immagini sacre che sono segno di fede e devo-
zione.
Grazie a donatori e ad una paziente ricerca ne ha
già catalogate oltre 40 000; altre sono in “attesa” di
essere sistemate e divise per tema.
Queste immagini sono state valorizzate ed esposte,
in quest’ultimo anno, in diverse Mostre nelle par-
rocchie della Diocesi di Concordia-Pordenone.
Anche la cappella dell’ospedale di Pordenone ha
ospitato una Mostra a tema accolta favorevolmente
e molto apprezzata dalle persone e dal cappellano
dell’ospedale “Santa Maria degli Angeli”: don Ro-
berto Stefanon. Sono stati esposti quattro pannelli
con immagini riguardanti due temi: “Apostoli tra i
poveri e gli ammalati” ed “Eroici testimoni di fede
nella sofferenza”.
Ogni immaginetta era illustrata da un breve profilo
biografico, utile per comprendere ciò che la persona
ha vissuto o compiuto in favore dei bisognosi.
La collezione continua
In occasione dei grandi festeggiamenti in onore di
padre Bernardino da Portogruaro, il 15 gennaio nel
200° anniversario della nascita, è stata allestita una
Mostra in Duomo di immagini raffiguranti padre
Bernardino, arricchita da altre immagini di santi
diocesani.
Presso il Collegio Don Bosco è esposta una “Mo-
stra d’Arte e Missionaria”, unica nel suo genere per
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LUGLIO/AGOSTO 2023

3.3 Page 23

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la qualità e la ricca varietà
del materiale esposto. È
formata da: icone, papiri,
acqueforti, xilografie, piz-
zi, ricami orientali su seta,
immagini tridimensiona-
li, dipinti etiopi su pelle
di mucca e di radica dal
Messico… Inoltre contiene
figure artistiche orientali
in steli di riso, francobolli
divisi per tema (santi, cat-
tedrali, personaggi, sport,
arte…).
Ci sono anche immagi-
nette di santi della Fami-
glia Salesiana con reliquia,
cartoline della Madonna
nell’arte, immagini mariane missionarie e di mis-
sionari salesiani, di sculture su sabbia eseguite a
Jesolo, immagini anastatiche, immaginette lavorate
artisticamente provenienti
da Gerusalemme, imma-
gini della Terra Santa. In
Mostra sono esposte anche
immaginette “originali” di
papa Francesco e numerose
immagini di don Bosco e
dei suoi successori.
L’esposizione è stata visitata
anche dal Rettor Maggiore
dei Salesiani che, compli-
mentandosi, l’ha molto am-
mirata e apprezzata.
Il tutto è esposto su ba-
cheche per un totale di
una quarantina di superfici
espositive.
Continua il lavoro di ca-
talogazione e di preparazione per altre Mostre da
allestire presso le Parrocchie che ne hanno fatto
richiesta.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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3.4 Page 24

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PASSIONE ORATORIO
La comunità
Nel centro ferito della città
Incontro con don
Gianmarco Pernice
Apre le porte dell’Oratorio giorno e notte
nel quartiere più problematico di Torino.
Proprio come don Bosco ai vecchi tempi.
Vuoi presentarti?
Mi chiamo don Gianmarco Pernice e l’obbedienza
mi ha regalato la possibilità di vivere la missione sa-
lesiana al centro del cuore del carisma di don Bosco
nella comunità salesiana dell’opera di San Salvario a
Torino accanto alla stazione di Porta Nuova.
affidata; che fanno fatica a prendere sonno la notte
quando sanno che qualcuno soffre ed è in difficol-
tà; che cercano in tutti i modi di aiutare chi tende
la mano, chi non ce la fa più, chi ha perso e vuole
ritrovare un Senso alla propria vita.
Ho visto negli occhi di quegli uomini una luce “par-
ticolare” che non riesco e non posso dimenticare.
Ho pregato Dio che mi regalasse un po’ della loro
Fede, della loro Speranza, della loro Carità.
Ho chiesto a Dio il coraggio di imitare quegli uo-
mini, vivere come loro, con loro, per sempre!
Com’è nata la tua vocazione?
Ho vissuto la mia infanzia nella casa salesiana di
Cuneo. Vivendo in oratorio mi sono innamorato
della vita salesiana perché ho conosciuto una co-
munità di persone che hanno donato tutta la loro
vita a Dio con lo stile di don Bosco.
Ho visto una comunità di uomini come me, con i
loro limiti, le loro debolezze, le loro fatiche, ma che
portano in sé tanta speranza; che hanno una meta
comune e puntano lì costantemente; se si scorag-
giano si aiutano a rimotivarsi; se cadono si aiutano
l’uno con l’altro a rialzarsi prontamente.
Ho visto una comunità di uomini consacrati al Si-
gnore che pregano insieme per la gente che è loro
Qual è stata la tua “carriera”
salesiana?
Durante la formazione ho avuto la possibilità di
vivere diverse esperienze in più ambiti della vita sa-
lesiana: scuola media, centro di formazione profes-
sionale, la parrocchia… una costante che è rimasta
sempre è stata l’oratorio e la strada.
Una volta ordinato sacerdote ho vissuto 7 anni a
San Benigno Canavese come referente educativo al
Cnos-fap (elettrotecnici, meccanici, cuochi, accon-
ciatrici) e incaricato dell’oratorio-centro giovanile.
Successivamente 8 anni all’Agnelli come parroco,
incaricato dell’oratorio-centro giovanile, responsa-
bile del cinema-teatro.
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LUGLIO/AGOSTO 2023

3.5 Page 25

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Che opera è il San Giovanni
Evangelista di Torino?
Come tante opere salesiane anche la nostra vive in
una realtà complessa. Tre Chiese: la Chiesa del San
Giovannino costruita per volere di don Bosco stes-
so ed inaugurata nel 1882. La parrocchia dei Santi
Pietro e Paolo e la parrocchia del Sacro cuore di
Maria.
Tre oratori: l’oratorio San Luigi fondato come se-
condo oratorio da don Bosco stesso nel 1847, l’ora-
torio dei Santi Pietro e Paolo e l’oratorio del Sacro
Cuore di Maria. Il collegio universitario, la cappel-
lania Filippina affidata alla cura dei salesiani già
nel 1998, la comunità per 16 minori stranieri non
accompagnati, un housing sociale, l’accoglienza per
le famiglie afgane, un’accoglienza per donne vitti-
me della tratta e non ultima ma che tiene insieme
tutti i pezzi, come se fosse una grande, immensa,
fitta, rete di sostegno, l’educativa di strada con sede
nel parco del Valentino ma che si interseca nelle vie
e nelle piazze di tutto il quartiere.
Qual è la tua missione al San Giovanni
Evangelista?
Sono incaricato degli oratori di San Salvario, refe-
rente della comunità per minori stranieri non ac-
compagnati, referente dell’educativa di strada. Mi
affidano sempre le parti più divertenti di un’opera
salesiana…
Da quel giorno passo dopo passo è cominciata una
relazione che si è allargata a macchia d’olio, la ri-
chiesta al comune di trasformare quel luogo in un
punto di riferimento educativo, il passaparola e le
continue passeggiate degli educatori per il quartiere
furono tutti piccoli passi finalizzati ad invitare i ra-
gazzi a frequentare “Spazio anch’io”: così si decise
di chiamarlo. Uno spazio anche per loro, una casa
anche per loro! Più passavano i giorni più si rende-
vano conto, ragazzi ed educatori contemporanea-
mente, che spesso “Casa” non è un luogo ma una
persona e rincontrare quegli educatori per strada li
faceva sentire finalmente a casa in una terra che
continuava per loro ad essere straniera.
Qual è la situazione, oggi?
Nel parco del Valentino abbiamo un container che
ci permette di tenere al sicuro calcetto, ping-pong,
tavoli e sedie e tutto il materiale e poi tre grandi
gazebo per riparaci dalla pioggia o dal sole cocente
dell’estate. I ragazzi hanno chiamato un Writer per
abbellire il container e hanno voluto che scrivesse
questa frase: “A Torino nessuno è straniero”. Que-
sta frase, pensata da loro, riassume molto bene il
Il primo dei
tre oratori
è l’oratorio
San Luigi,
fondato come
secondo
oratorio da
don Bosco
stesso nel
1847.
È una bella storia molto “salesiana”
Diciotto anni fa l’allora incaricato dell’oratorio,
passando per il Valentino assieme all’educatore, si
accorse di una zona di spaccio molto frequentata,
era triste vedere così tanti ragazzi anche minorenni
tutti stranieri arrivati da chissà dove e chissà come,
abbandonati a loro stessi, in cerca di un piccolo
guadagno per poter mangiare e dormire e comprar-
si qualche vestito.
Si sono avvicinati a loro e subito quei ragazzi han-
no chiesto: Volete del fumo? La risposta immediata
fu: No, grazie, ma ci piacerebbe giocare con voi.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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3.6 Page 26

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PASSIONE ORATORIO
Lavoriamo su 11 progetti attivi su tutto il territo-
rio del quartiere di San Salvario e non solo, alcuni
progetti sono locali, altri nazionali, altri interna-
zionali.
lavoro costante che, da allora, salesiani e laici por-
tano avanti insieme per loro. Accoglienza dei nuo-
vi, scuola di Italiano, sportello lavoro, sostegno per
sbrigare diverse pratiche burocratiche, documenti,
avvocati, collegamento con ufficio stranieri e mino-
ri stranieri, sostegno psicologico in collaborazione
con il centro Franz Fanon, curriculum vitae, ricerca
del lavoro, accompagnamento del ragazzo durante
il lavoro, possibilità di svago e di incontri educativi
significativi e poi si fa merenda.
Come sono i ragazzi e i giovani
dei tuoi Oratori?
San Salvario, è un quartiere multietnico unico nel
suo genere e studiato in tutta Europa come esempio
di accoglienza, integrazione e inclusione tra etnie
diverse ma anche tra diverse religioni, che sono
presenti, convivono e collaborano tra di loro, Cri-
stiani, Ebrei, Musulmani, Valdesi…
È una sfida complicata ma che sta portando dei ri-
sultati eccellenti grazie al continuo sforzo di tutta
la comunità educativo-pastorale, nel tenere insieme
i vari ambienti dell’opera facendoli interagire tra di
loro creando sinergie inaspettate, ricche di relazione.
Come conciliate missione
ed evangelizzazione?
Vi racconto una storia: un po’ prima dell’inizio del
Ramadan sono andato a trovare l’Imam e gli ho
chiesto consigli su come far vivere al meglio ai ra-
gazzi della comunità e dell’oratorio questo periodo
così importante. Entrambi abbiamo concordato che
sarebbe stato importante per loro che non si fissasse-
ro solo sul rispetto di regole e pratiche religiose ma
che avessero la possibilità di vivere un cammino più
profondo di incontro vero e sincero con Dio. Ci sia-
mo ritrovati sul fatto che la gestione degli adolescen-
ti riguardo alle regole, alla libertà, alle ribellioni, alle
domande sul senso della vita sia identica un po’ in
tutte le religioni… tutto il mondo è paese…
Iniziato il Ramadan a volte sono stato con loro la
notte, altre volte li ho accompagnati in moschea e
ho pregato il mio Dio con loro. Iniziata l’estate, al-
cuni di loro hanno partecipato alle attività estive
dell’oratorio e il primo giorno in cui siamo andati
tutti in chiesa li ho visti un po’ titubanti nell’entra-
re e ho detto agli educatori di non insistere. Stavo
già parlando ai ragazzi quando loro decidono di en-
trare tutti insieme e con mio stupore si guadagnano
posti a metà chiesa. Alla fine della preghiera, du-
rata una buona mezz’ora, sulla strada, tornando in
oratorio, ho fatto loro i complimenti e li ho ringra-
ziati della presenza, mi hanno risposto che inizial-
mente non volevano entrare ma poi si sono ricordati
che io ero andato a pregare con loro…
Quando ero in formazione sognavo il mio futuro in
una casa salesiana con un gruppo giovani che par-
tecipa ai ritiri, un bel coro, gruppi di preghiera, una
chiesa gremita di giovani la domenica e io giovane
prete a incitare le folle!! Poi appena diventi prete ti
accorgi che la realtà è un po’ più diversa… e forse
meno male...
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LUGLIO/AGOSTO 2023

3.7 Page 27

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Che cosa ti dà più soddisfazione?
La missione sulla strada con i ragazzi più poveri
e bisognosi ci porta a vivere pienamente il cuore
del carisma salesiano delle origini. Se Valdocco è il
primo oratorio e noi siamo il secondo oratorio che
don Bosco ha fondato, la strada è l’oratorio “nume-
ro zero”, l’inizio di tutto!
In più, l’esperienza di accoglienza dei minori stra-
nieri non accompagnati ci fa sperimentare la pa-
ternità spirituale che don Bosco visse alle origini
dell’opera salesiana.
Un giorno scendevo le scale con un ragazzo della
comunità che si ferma davanti alla statua di Ma-
ria Ausiliatrice, prende per mano il bambinello e
mi chiede: Chi è lei? Rispondo: è Maria. Lui: Ahh
e lui chi è? Rispondo: Gesù. Lui: Ahh! E perché sta
qui? Rispondo: Per proteggervi tutti quando dormite.
e anche di giorno. Lui ci pensa un po’ e poi doman-
da: e perché è tutta bianca? Coloriamola no? Ripondo:
Non si può colorare una statua della madonna scolpita
nel marmo di Carrara! Lui: non ho capito niente!... e
poi continuando a scendere le scale si gira e tirando
fuori un bacio dalla bocca come fa mio nipote, dice:
Ciao mamma bianca!
Non penso di avergli risolto un problema di fede o di
averlo convertito e tantomeno non ho risolto i miei
problemi di fede. Ma quel giorno me lo ricorderò a
lungo perché quel “ciao mamma bianca” è stata una
delle più belle Ave Maria che io abbia mai ascoltato.
Quali sono le difficoltà?
Il vissuto dei nostri ragazzi è spesso
traumatico: adulti che li hanno feriti,
utilizzati, abbandonati, sfruttati per i
loro interessi, adulti che spesso li hanno
costretti ad affrontare un viaggio che ha
messo a rischio la loro stessa vita. Per di-
fendersi da tutto questo tirano su barriere
relazionali, si chiudono in loro stessi, si
armano di una corazza apparentemente
impenetrabile, agiscono con violenza per
difendersi da un passato che li ha feriti
nel profondo dell’animo facendo perdere loro la
speranza. La difficoltà più grande è quindi quella
di far capire loro che possono fidarsi di noi come
adulti di riferimento che possono aiutarli a sognare
un futuro migliore.
I nostri ragazzi sono in cerca di quell’amore che
non hanno ricevuto o di cui sono stati privati e lo
rivogliono a tutti i costi! È un urlo disperato! Con
quello che dicono e con quello che fanno, ci ricor-
dano che tutti abbiamo il diritto di ricevere e di
donare amore. Lo chiedono a modo loro, a volte
sono affettuosi, a volte sono violenti, mi piacerebbe
una via di mezzo ogni tanto.
Sono ragazzi che hanno visto morire i loro compagni
di viaggio, genitori uccisi, trucidati dalla polizia del
loro paese davanti ai loro occhi, i campi di concen-
tramento esistono ancora in Libia, solo che è meglio
non parlane troppo… ma quando trovi un ragazzo
che ti racconta che cosa vuol dire essere bendati, ba-
stonati, violentati, lasciati soli, in mutande, per terra,
al buio, per giorni e notti intere, senza cibo…
Un ragazzo una volta mi ha confidato che la notte
della partenza per l’Italia lo hanno liberato mani e
piedi, ancora bendato e gli hanno detto: “Ora corri
veloce dritto davanti a te” e poi hanno iniziato a
sparare. “Oggi sono qui! Questa per me vita nuo-
va”. Non per tutti è andata così…
Quali sono i tuoi piani per il futuro?
Fare di tutto per salvarne uno in più ogni giorno.
«Se Valdocco
è il primo
oratorio e
noi siamo
il secondo
oratorio che
don Bosco
ha fondato,
la strada è
l’oratorio
“numero
zero”, l’inizio
di tutto!».
LUGLIO/AGOSTO 2023
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3.8 Page 28

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SALESIANI
Dario Rei
Don José Molas
dalla Guerra del Chaco
alla Resistenza astigiana
Questo simpatico e veramente ardito
prete salesiano si era dedicato tutto
ai partigiani, curando specialmente
lo scambio dei prigionieri.
Il suo
direttore
scrisse:
«Don Molas
è alieno da
ostentazione
e vanteria e
quanto egli
scrive, per
obbedire
agli ordini
ricevuti, e qui
riportato, è
solo la parte
più visibile,
non la più
sacrificata del
suo indefesso
ed eroico
lavoro di
questi anni
tragici».
José Domingo Molas era
nato nel 1901 a San Esta-
nislao, cittadina 150 km a
nord di Asunción in Pa-
raguay, da famiglia imparentata
con don Mariano Antonio Mo-
las, notabile dell’Indipendenza del paese. Sentì la
chiamata di Dio nella prima adolescenza. A ventun
anni venne in Italia all’Istituto Salesiano di Fogliz-
zo nel Canavese, poi studente alla Crocetta, dove si
laureò dottore in Teologia, primo della sua classe e
con la massima votazione. Nel 1926 venne ordinato
sacerdote a Maria Ausiliatrice e ritornò in Paraguay.
Nel 1932, giovane direttore della Scuola Agricola di
Ypacaraí, partì come cappellano militare paraguaia-
no per il fronte della Guerra del Chaco.
La guerra tra Paraguay e Bolivia fu la più cruenta
del continente nella prima metà del xx secolo, ven-
ne combattuta con enorme dispiego di materiale
bellico e di uomini: vi caddero 60 mila boliviani e
30 mila paraguaiani, sterminati da malaria e sicci-
tà, più ancora che dai colpi che si scambiavano. Per
tre anni Molas condivise la vita dei soldati, l’assi-
stenza ai feriti, il recupero dei caduti.
Di nuovo in Italia,
di nuovo in guerra
Tornato in Italia nel ’38, inviato a dirigere il San-
tuarietto in località Becchi nell’ambito della comu-
nità diretta da don Marcello Abele Jojeusaz, svolse
compiti di animatore giovanile dell’Oratorio. Nei
primi anni della guerra la vita proseguiva in appa-
renza ordinaria, nonostante i rischi di bombarda-
mento e di rappresaglia. Dopo l’8 settembre 1943
tutto cambia. L’Istituto salesiano fu impegnato
– Molas in prima persona – negli aiuti ai soldati
sbandati, provenienti per lo più dalla IV Armata
italiana, già attestata sul confine tra Piemonte e
Francia meridionale, che vi cercavano rifugio. Poi
l’accoglienza venne estesa a soldati e aviatori ingle-
si e americani, a giovani dei dintorni renitenti alla
leva e ai primi partigiani.
Nel maggio del ’44, per la prima volta a don Molas
viene richiesto d’interessarsi per lo scambio di tre
uomini “presi dalle autorità nazi-fasciste, si tratta-
va di un caso che poteva finire con la fucilazione”.
Accompagnato con macchina e autista partigiani
in un viaggio avventuroso alla Feldgendarmerie di
corso Oporto a Torino, dopo un lungo colloquio
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LUGLIO/AGOSTO 2023

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con il comandante si arrivò all’accettazione delle
trattative. Il comandante fornì il sacerdote di un
lasciapassare valido per tre giorni (i necessari per
il perfezionamento dello scambio). In tre giorni gli
uomini furono liberi.
Al servizio del prossimo
Da quel momento Molas, oltre a collocare i rifu-
giati presso il Santuarietto e nelle cascine circo-
stanti e tenerli al riparo da “soffiate” e perquisi-
zioni, comincia a svolgere una inesausta attività di
contatto e mediazione – con i comandi tedeschi
di Torino e di Asti e con le formazioni partigiane
attestate fra Vallunga e Moncucco – per la libera-
zione e lo scambio dei prigionieri. La sola ecce-
zione riguardava il trasporto e lo scambio di armi
dei soldati. “Non vollero accordarmi questo, ma
fui inesorabile e mantenni la parola”. Si muoveva
su una Fiat 1100, con il prezioso lasciapassare te-
desco, datagli da Rivella, che a Capriglio teneva
un deposito-laboratorio di pellicce. Silenzioso e
riservato, informava dei suoi spostamenti solo il
Direttore, che poi scriverà: «Dal maggio 1944 al
22 aprile 1945 il nostro Don Molas venne addetto
esclusivamente a quest’opera umanitaria. Riconosciu-
to ufficialmente come arbitro anche dai nazi-repub-
blicani, e dotato di un’automobile, egli continuò per
un anno a correre da un comando all’altro per salvare
tanti poveri infelici. Avrebbe da fare un volume di
tutte le peripezie, dei pericoli incontrati, delle soffe-
renze patite».
Il grande rastrellamento
Il 30 novembre 1944, l’Istituto fu occupato da tren-
ta SS e sessanta italiani della Brigata Nera Cuneo.
All’arrivo delle truppe, un soldato tedesco, che era
La mitica
Fiat 1100
mitragliata.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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3.10 Page 30

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SALESIANI
bambini di uscire in silenzio dalle aule, in fila indiana
e senza correre; dividersi in tre gruppi e con il suo sor-
riso caratteristico ci accompagnava ai punti sicuri, da
dove ognuno si avviava verso le proprie case» ricorda
un testimone.
Di bassa
statura,
dal colorito
olivastro,
dal carattere
appassionato
e riflessivo,
Molas
diffondeva
il senso di
una forte
spiritualità,
unita ad
una chiara
risolutezza.
stato catturato dai partigiani e nascosto in uno
scantinato in vista di un futuro scambio, si mise
a gridare per segnalare la sua presenza: fatta irru-
zione, fu trovato, liberato e Molas fu salvato solo
dall’arrivo di un ufficiale, che lo riconobbe. Gli
occupanti si stabilirono per tre giorni nell’Istitu-
to; non trovarono i quindici rifugiati nella soffitta
del santuarietto (nove renitenti della borgata, tre
partigiani e tre inglesi) e ripartirono in direzione
di Villafranca e del Po. Sul piazzale antistante la
chiesetta, i tedeschi avevano disposto ogni sorta
di automezzi militari, mitragliatrici, cannoncini e
munizioni varie.
«Noi scolari, che frequentavamo le Elementari ai Bec-
chi, dovevamo attraversare lo sbarramento armato dei
tedeschi sul piazzale per entrare ed uscire dalla scuo-
la: all’uscita Don Molas comandava alle maestre e ai
Il mitragliamento di Sessant
Il 29 gennaio 1945, al ritorno da un viaggio in auto
ad Asti per trattare la sorte di un confratello – Mo-
las era accompagnato dall’ingegner Pietro Mosso
di Cerreto e da Tancredi Cabiati della ditta che
costruiva l’Istituto Bernardi Semeria – la vettura
fu intercettata presso Sessant da due cacciabombar-
dieri inglesi in ricognizione e mitragliata a bassa
quota, mentre una casa vicina venne distrutta dal
lancio di due bombe. Disteso sulla neve fra i filari
bruni di una vigna, Molas si pose al riparo da un
finale attacco di mitragliatore alla macchina e si
salvò, mentre da presso si trovarono i corpi di Mos-
so e di Cabiati. Consegnatili alle famiglie, Molas
rientrò il 31 gennaio al Colle, rendendo grazie “per
la materna protezione ricevuta avverso le torturanti
angosce di questi giorni”.
Ai primi di febbraio del 1945, cinque soldati tede-
schi, giunti a Castelnuovo probabilmente da Chie-
ri, sostarono da un commerciante di vini con botte-
ga presso via Monferrato, dove furono individuati e
colpiti a morte da una sopravvenuta pattuglia par-
tigiana. A Torino Molas fu informato del panico
della popolazione; rientrò a Castelnuovo, si mise
in contatto con le formazioni partigiane, ottenne
che le salme gli venissero consegnate e le preparò
“in modo degno”, facendo tutto da solo, mentre la
popolazione era nascosta per timore di rappresaglie.
Iniziò a Torino trattative con il comando tedesco,
che si conclusero positivamente. La colonna tedesca
raggiunse egualmente Castelnuovo e, dopo un’ora
di presenza in paese, si ritirò.
Li trovo per istrada al loro ritorno e dico al comandante
del gruppo che all’indomani portavo io personalmente
le salme a Chieri secondo accordi con il loro comando.
La rappresaglia non ebbe luogo.
30
LUGLIO/AGOSTO 2023

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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Verso la Liberazione
A Chieri Molas ottiene dal comandante partigiano
“per specialissima cortesia” la restituzione dell’aiu-
tante personale del capitano tedesco, liberando la
quarantina di ostaggi catturati ed esposti alla rap-
presaglia. Dopo la cattura di Giorgio Berruti, GL
di Pino d’Asti, ferito nello scontro di Aramengo
del 3 marzo del 1945 e portato a Torino per la fuci-
lazione, riesce ad ottenere la liberazione in cambio
di Berruti con due ufficiali tedeschi sul ponte della
Gran Madre. Da ultimo Dusino: ai primi di aprile
’45, il comandante tedesco, perse notizie di un ca-
mion della sua colonna in moto verso Torino, fece
raccogliere tutti gli abitanti dinanzi alla piazza (in-
cluso il prevosto settantenne), li rinchiuse in chiesa,
minacciando di fucilarli “cinque alla volta” contro
il muro esterno se il camion non saltava fuori. Mo-
las arriva a Dusino con la macchina (la Topolino
che aveva sostituito la vecchia 1100 mitragliata), la
nasconde al riparo dal sorvolo di aerei a bassa quo-
ta, prende una bicicletta e raggiunge uno dei capi,
“il quale mi assicurò che il suo reparto non aveva
attaccato il camion”. Così riferisce al comandante
tedesco.
“Si vede che lei conosce dove sono questi partigiani.”
Risposi: “Io domando nei paesi se qualcuno mi sa dare
notizie di qualche capo, altrimenti come potrei compiere
la mia missione. Lei ci dice di portare una risposta pe-
rentoria: bisogna ben che andiamo a parlare con qual-
cuno, no?”
L’ufficiale ordina a Molas di non muoversi e alle
dodici comincia a prelevare i primi cinque e li met-
te contro la parete di una casa di fronte alla chiesa.
Arriva un altro sacerdote, che avendo raggiunto in
bici un comandante partigiano di Valfenera reca
una sua lettera, che minaccia inaudite (e improba-
bili) rappresaglie sui prigionieri tedeschi in mano
ai partigiani, qualora le fucilazioni dei civili aves-
sero corso. Molas procede a tradurre in tedesco – “a
beneficio dell’ufficiale” – il testo scritto, “con una
certa foga”, che aggiunge peso al contenuto della
lettera stessa. Alle dodici e quarantacinque un altro
sacerdote arriva da Poirino con la notizia che il ca-
mion non era stato preso, ma aveva proseguito ver-
so Torino e, alla conferma, il comandante dopo una
sfuriata lascia in libertà gli ostaggi fuori e dentro la
chiesa e riparte con i due camion che aveva con sé.
A guerra appena finita, il 1° maggio del ’45, a To-
rino «arriva un’auto di Patrioti, che guidati dal nostro
Don Molas, l’apostolo e il liberatore di tanti paesi e di
tanti ostaggi, riportavano dal Colle don Bosco la gran-
diosa tela del quadro taumaturgo di Maria Ausiliatri-
ce» scrive il Bollettino Salesiano.
Lasciò definitivamente Castelnuovo nel 1949, e
poi l’Italia, per non farvi più ritorno. Rientrato in
Paraguay, dal 1952 fu poi al Colegio Pio de Vil-
la Colon a Montevideo,
fino alla morte nel 1984.
Nel decennale le sue
spoglie furono riportate
nel Panteón Nacional in
Paraguay, per ricevere
onori ufficiali e, sempre
nel 1994 a cinquant’anni
dalla fine della guerra
in Europa, si riunirono
ai Becchi in suo ricordo
molti dei suoi “rescata-
dos”.
Il santuarietto
del Colle “sede”
di don José
Molas.
LUGLIO/AGOSTO 2023
31

4.2 Page 32

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FMA
Emilia Di Massimo
Il centro
Fonte d’Ismaele
“Tutti i grandi sono stati bambini una volta”.
Nato nel 2013 a Roma, grazie alle Figlie di
Maria Ausiliatrice, è impegnato nell’as-
sistenza dei minori più poveri e disagiati
che vivono nel territorio della periferia,
nei Campi Rom.
Il Centro “Fonte d’Ismaele” dice suor Anna Razio-
nale, direttrice della comunità delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice dell’Istituto “San Giovanni Bosco”
presente a Cinecittà (Roma) – è stato realizzato in
seguito alla disponibilità delle suore, le quali han-
no messo a disposizione la struttura di via Palmiro
Togliatti, concedendola in comodato d’uso gratui-
to, perché si sviluppasse un progetto di carità de-
dicato all’infanzia fragile, ai minori stranieri non
accompagnati, ai bambini rom.
Tra gli obiettivi, quello di garantire cure gratuite
e sostegno sociale per far sì che nessun minore sia
privato del diritto all’infanzia, quindi monitoran-
do le situazioni di disagio dei minori migranti per
promuovere e coordinare gli aiuti necessari in tale
ambito. Provvede alla promozione di giornate di
studio, di diffusione delle problematiche vissute dai
minori migranti, alle famiglie richiedenti l’affido
dei minori in condizioni di fragilità.
“Fonte di Ismaele”: Massimo Cicillini, volonta-
rio dell’Associazione, ci invita a leggere il capitolo
sedicesimo della Genesi (1-16) per comprenderne
Senza toglierli dalla famiglia
Nasce per iniziativa di due Associazioni: Istituto
di Medicina Solidale Onlus e Dorean-Dote On-
lus. Medicina Solidale si occupa da 19 anni del-
la tutela dei minori vulnerabili in varie zone della
città di Roma, avendo realizzato alcuni ambulatori
di strada, il primo dei quali nasce nel quartiere di
Tor Bella Monaca. Nel servizio di Medicina Soli-
dale vengono sviluppati percorsi di salute materno-
infantile, di sostegno alle genitorialità, di cura dei
minori fragili, di mediazione familiare. Si occupa
di progetti di sorveglianza igienico-nutrizionale
a tutela della malnutrizione infantile e del con-
trasto alla disuguaglianza nella cura dei bambini
non regolarmente presenti sul territorio nazionale.
32
LUGLIO/AGOSTO 2023

4.3 Page 33

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il nome; riguardo a Dorean-Dote Onlus, ci spie-
ga che, costituita nel 2013 a Roma, è impegnata
nell’assistenza dei minori più poveri e disagiati
che vivono nel territorio della periferia, nei Campi
Rom. In base alla struttura è stato possibile avviare
l’attività di un Centro diurno con lo scopo prin-
cipale di affrontare le sfide che mettono troppo
spesso a rischio la crescita dei bambini e si rende
disponibile per aiutare le famiglie di provenienza
dei minori al fine di integrarle nella società.
Il dono più prezioso
Il Centro diurno, spiega la dottoressa Lucia Er-
coli, gestito da volontari e professionisti, si prende
cura dell’accoglienza di bambini e ragazzi in stato
di disagio socio familiare, a rischio di marginalità
sociale, con difficoltà scolastiche, comportamentali
e cognitive. I suoi servizi, totalmente gratuiti per i
beneficiari, sono destinati ai bambini di età com-
presa tra i 6 e i 14 anni. La finalità dell’intervento
è garantire percorsi di sostegno psico-educativo-
assistenziali a minori vulnerabili, in un processo di
formazione integrale volto al superamento dell’e-
marginazione. Dal 2021, presso il Centro, ope-
ra anche l’Associazione Fonte di Ismaele che si è
adoperata in attività di ricerca sulla reale tutela dei
diritti dei minori in Italia, promuovendo seminari
di studio e convegni che hanno coinvolto esperti
del settore e istituzioni. Nel 2022, a pochi giorni
dall’inizio del conflitto russo ucraino, il Centro si
è aperto all’accoglienza di madri e bambini in fuga
dall’Ucraina; dal 2022 ad oggi sono state accolte
60 persone, di cui 30 minori senza più casa, scuola,
amici, infanzia.
Le attività del Centro sono state tutte riorganizzate,
ridistribuiti spazi ed orari per garantire un servizio
“h24” ma senza interrompere i servizi precedente-
mente avviati: sono stati allargati per accogliere il
dolore, lo smarrimento di bambini traumatizzati
dalla guerra. A fronte delle numerose sfide, ci so-
stiene la convinzione che il bene più prezioso della
società siano i bambini: su di loro si fonda il futuro
del pianeta. Ogni cambiamento positivo è stretta-
mente correlato alla crescita delle nuove generazio-
ni, a partire dai passi più semplici: assicurare ai più
piccoli strumenti adeguati, promuoverne lo svilup-
po personale, culturale, emotivo-relazionale, uni-
tamente a esperienze di vita per apprendere regole
di convivenza fondate sui valori dell’accoglienza e
del dialogo.
Affermava lo scrittore Antoine de Saint-Exupéry:
“Tutti i grandi sono stati bambini una volta. (Ma
pochi di essi se ne ricordano)” non è così per i vo-
lontari che non dimenticano mai i loro piccoli.
Il Centro “Fonte d’Ismaele” accoglie ogni tipo di
aiuto da parte di chi volesse fornire supporto. Il
tempo che si dedica ai bambini, alle attività del
Centro, è il dono più prezioso, ma anche il soste-
gno economico è importante per riuscire a far fron-
te alle incombenze che riguardano la gestione della
struttura, dei mezzi che vengono utilizzati per il
trasporto dei bambini nella persuasione che donare
un aiuto concreto a strutture che si prendono cura
dei più piccoli significa contribuire al miglioramen-
to della società.
LUGLIO/AGOSTO 2023
33

4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Pedagogia controcorrente 7
Compiti per le vacanze
I veri compiti delle vacanze sono
piacevoli e necessari per crescere
bene. Eccone alcuni.
Sono le cannonate più belle della Terra, quel-
le dei bambini e dei ragazzi sparati fuori
dagli edifici scolastici quando cominciano
le vacanze. Non deve essere un tempo vuo-
to, magari un po’ noioso, ma un tempo di deliziose
scoperte. Per esempio:
Lo stupore ingentilisce. Lo stupore è la porta del
sapere. «Meravigliarsi di tutto è il primo passo ver-
so la scoperta», diceva lo scienziato francese Louis
Pasteur.
Lo stupore è giovinezza. «Forse oggi si nasce vec-
chi», notava, con finezza, lo scrittore Vittorio Rossi.
Perché vecchi? «Perché − rispondeva − fin da bam-
bini si sta smarrendo la capacità di fare “oh!” con la
bocca e con il cuore che scappano via come un uccel-
lo dalla gabbia». Insomma, senza stupore abbiamo
una vita sciapa, vuota, vecchia fin dalla partenza.
L’entusiasmo
L’entusiasmo è il primo valore innestato sulla di-
mensione affettiva. Non è forse scontato che là
dove non c’è vibratilità emotiva, manca l’humus per
la nascita dell’entusiasmo? Aveva tutte le ragioni il
filosofo e saggista statunitense R. Waldo Emerson
a sostenere che «non si è mai fatto nulla di grande
senza entusiasmo». La conoscenza è potere, ma è
l’entusiasmo che fa scattare l’interruttore!
Tutto questo è la gioia di un’alta personalità raggiun-
ta dall’entusiasmo. Se oggi troppo grigiore appesan-
tisce il mondo, è perché continuiamo a dimenticarci
che la vita non è una cerimonia, ma una fiamma.
La meraviglia
Anche questo è un valore che può nascere solo dalla
dimensione emotiva la quale, ad un certo punto, si
trasforma in “oh!” e si meraviglia. «Esisto per stu-
pirmi!», con queste tre parole il noto scrittore te-
desco Goethe sintetizzava il senso della sua vita.
Il famoso scrittore aveva capito che lo stupore è un
valore davvero particolare che non può mancare
nell’Uomo riuscito. Goethe aveva tutte le ragioni.
L’immensità
«Spesso, la sera, in giardino, mio padre spiega-
va a noi bambini le stelle» racconta un professore
dell’Università. «Nelle sue parole sentivo la sua me-
raviglia per la bellezza delle stelle e per la grandez-
za dell’universo. Non riuscivo a ricordarmi le sin-
gole costellazioni. Ma, ancora oggi, quando alzo lo
sguardo al cielo notturno stellato, sono affascinato
da quello che vedo. Grazie all’astronomia so quanto
le stelle siano lontanissime dalla Terra e che possia-
mo vederne soltanto una piccola parte. Tanto mag-
giore è la mia reverenza di fronte al cielo stellato.
Mi immagino quanto sia piccola la nostra Terra in
confronto alle innumerevoli stelle che riusciamo a
vedere e al numero ancora più grande di stelle che ci
restano invisibili. Allora non sono colpito soltanto
dalla bellezza, ma anche dalla grandezza del creato.
E mi fermo. Allo stesso tempo lo sguardo rivolto al
cielo stellato mi lega alle molte persone delle quali
so che adesso, nel loro Paese, molto distanti da me,
stanno osservando lo stesso cielo».
Nei mesi estivi incontriamo il sole, la luna, le stelle
e i pianeti. Osservate il sole nelle sue diverse qualità,
34
LUGLIO/AGOSTO 2023

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quando sorge la mattina e tramonta la sera. Il sor-
gere e il tramontare del sole sono spettacoli sublimi,
sempre nuovi, che toccano profondamente il nostro
cuore. Guardate la luna e le stelle e sentite il deside-
rio d’amore che affiora in voi. E ammirate il cielo
stellato, guardate con stupore la grandezza di Dio
che − ci dice la Genesi − ha adornato di stelle la volta
celeste in modo così meraviglioso. Lo stupore non è
soltanto l’inizio della riflessione e della filosofia. È
anche una via di devozione e una via verso Dio.
L’amicizia
L’Estate è il tempo delle amicizie. I filosofi greci
affermano che soltanto chi è buono può essere un
vero amico. Altrimenti ci sono soltanto complici,
ma non veri amici. Un amico è qualcuno che ascolta
la melodia del tuo cuore e che la ricanta quando
l’hai dimenticata.
Ma le vere amicizie si conquistano e l’unica strate-
gia sicura è diventare amabili. Lo si può fare con
una qualità unica che si chiama tenerezza.
È il valore più umano del quale siamo debitori alla
nostra dimensione affettiva. La tenerezza dà fasci-
no alla personalità. Chi è impregnato di tenerez-
za lascia il cellulare e passa alla stretta di mano,
chiama per nome, ascolta senza guardare l’orologio,
risponde con un sorriso, non alza la voce, sta “insie-
me” agli altri non solo “accanto”.
Un bosco
«Anch’io vado volentieri a passeggiare nel bosco»
racconta Anselm Grün. «Riesco allora a farne l’e-
sperienza con tutti i sensi. Lo annuso e sento profu-
mi molto diversi. Un bosco di conifere ha un odore
diverso dal bosco di latifoglie, oppure dai cespugli
carichi di bacche e dalle radure cosparse di fiori.
Osservo gli alberi, vedo come le chiome si cullano
al vento, ammiro la luce che cade dall’alto attraver-
so gli alberi. Mi sento al sicuro in un mistero.
Mi fermo, osservo singoli alberi, quanto siano cre-
sciuti oppure come le loro radici formino figure
insolite. In tutto quello che vedo riconosco un sim-
bolo di me stesso: come gli alberi, ho delle radici.
E spero che le mie radici vadano più in profondità
di quello che vedo superficialmente; che, in fondo,
siano ben piantate in Dio. Attraverso il bosco e mi
sento al sicuro in esso, avvolto dalla vitalità, dall’a-
more e da un mistero che è più grande di me stesso.
Di tanto in tanto le folte chiome degli alberi mi
sembrano un tetto protettivo. E assaporo soprat-
tutto la tranquillità. Il bosco è un simbolo del senso
di protezione. Da sempre, però, è anche misterioso.
Per l’interpretazione dei sogni il bosco rappresenta
l’inconscio. Il bosco ci conduce in profondità nel
mondo inconscio della nostra anima. Nel bosco −
ci raccontano le fiabe − abitano fate malvagie, ma
anche spiriti buoni. Gli animali ci vengono in aiu-
to. Da sempre l’essere umano ha vissuto il bosco
come qualcosa di numinoso.
Gli indios peruviani sono convinti che l’amore di
Dio si irradia su noi per mezzo di un albero. Se a
volte mi fermo volutamente davanti a un albero e
me lo immagino, mi sento davvero amato. Sento
di far parte della natura. Non sono sotto pressione.
Non vengo giudicato.
Serve un grande silenzio per
sentire il canto del mondo.
Anche la natura
che tace canta
la bellezza del
mondo.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
Le cose che contano
È la fatica e la forza di chi sa
perdonare, / è la fragilità che ti
rende migliore, / è l’umiltà di chi
non ha mai smesso di imparare,
/ di chi sacrifica tutto in nome
dell’amore. / La fedeltà di chi
crede che non è finita, / la dignità
di portare avanti la vita.
Quali sono le cose che contano davvero
per essere felici? Che cosa ci serve per
dare un senso alla nostra esistenza e per
lenire quella nostalgia di autenticità che
alberga nel profondo dentro di noi? Qual è il nostro
desiderio più grande che, come una stella polare,
Ti sei mai guardato dentro?
Ti sei mai chiesto del tuo desiderio profondo?
La nostalgia che si nasconde dentro te?
Che cosa ti abita?
È l'infinita pazienza di ricominciare,
il coraggio di scegliere da che parte stare,
è una ferita che diventa feritoia,
una matita spezzata che colora ancora.
La meraviglia negli occhi quando ti fermi a guardare
la sconfinata bellezza di un piccolo fiore.
Sono le poche cose che contano,
sono le poche cose che servono,
quelle poche cose che restano;
sono le poche cose che contano!
È la fatica e la forza di chi sa perdonare,
è la fragilità che ti rende migliore,
è l'umiltà di chi non ha mai smesso di imparare,
di chi sacrifica tutto in nome dell'amore.
dovrebbe orientare il nostro cammino e guidare il
nostro agire?
Domande fondamentali, da cui dipende la “qualità”
della nostra vita e la capacità di costruire un “pro-
getto” coerente con le nostre aspirazioni interiori,
ma che molto spesso non trovano spazio nella no-
stra quotidianità di giovani adulti, schiacciata dalla
vuota frenesia del fare e dalla tendenza ad accorda-
re priorità ad obiettivi decisamente più contingenti.
Riuscire a identificare ciò che ci rende realmente
felici, risalendo al nocciolo della nostra identità, si-
gnifica infatti essere disposti a fare piazza pulita di
tutto ciò che non serve, a sfrondare il “superfluo”
per restituire valore all’“essenziale”. Come uno
scultore che per portare alla luce la sua opera d’arte
deve eliminare il marmo in eccesso, siamo chiamati
ad imparare la difficile “arte del togliere”, tanto più
inattuale e rivoluzionaria da praticare in una so-
cietà che ci spinge, invece, ad “aggiungere” sempre
nuovi impegni, programmi, traguardi da insegui-
re e relazioni da inventare, nel disperato tentativo
di riempire quel vuoto di significato che troppo
spesso ci attanaglia e al quale ci rifiutiamo tenace-
mente di dare ascolto. Ma più moltiplichiamo ciò
che è accessorio, marginale, sovrabbondante, più
sottraia­mo aria e luce ai fragili germogli di senso
che, faticosamente, siamo riusciti a seminare nella
nostra vita, soffocando sul nascere ogni speranza di
felicità che ciascuno di essi reca con sé.
Mentre, infatti, siamo abituati a pensare che il rag-
giungimento della condizione adulta coincida con
una crescente ricchezza di esperienze e possibilità
che si offrono alla nostra capacità di scelta, non di
rado l’ampliarsi delle opzioni che abbiamo a portata
di mano si traduce in un senso di disorientamento
che ci porta a disperdere le nostre energie, facendo-
ci perdere di vista ciò che è realmente importante.
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LUGLIO/AGOSTO 2023

4.7 Page 37

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Serve allora un paziente lavoro interiore per riuscire
ad ascoltare, al di là del clamore delle tante incom-
benze e distrazioni che ci assordano e ci confon-
dono nella vita di tutti i giorni, la timida voce dei
desideri che abitano nel profondo del nostro cuore.
In questo dobbiamo forse imparare dai bambini,
che sanno guardare il mondo con genuino stupore
e hanno bisogno di poco per essere felici. Prenden-
do spunto da loro, possiamo riscoprire la gioia della
scoperta, la capacità di meravigliarci per le piccole
cose, la perseveranza necessaria per rialzarci dopo
ogni caduta, la fedeltà senza riserve e la fiducia
incondizionata in coloro che ci circondano. Sono
queste, in fin dei conti, le poche cose che contano
davvero, quello che resta imprescindibile nella vita
di ciascuno. E man mano che procediamo nel cam-
mino verso l’adultità, a tutto ciò si aggiunge anche
la consapevolezza che la felicità è ancora più piena
quando è condivisa, per cui – al di là di ogni prio-
rità o aspirazione soggettiva – l’unica cosa che può
davvero dar senso alla nostra esistenza, sottraendo-
La fedeltà di chi crede che non è finita,
la dignità di portare avanti la vita.
Sono le poche cose che contano,
sono le poche cose che servono
quelle poche cose che restano;
sono le poche cose che contano!
Noi siamo il senso, la ragione,
il motivo, la destinazione;
noi siamo il dubbio, l'incertezza,
la verità, la consapevolezza;
noi siamo tutto e siamo niente...
Siamo il futuro, il passato, il presente,
siamo una goccia nell'oceano del tempo,
l'intero universo in un solo frammento.
Siamo le poche cose che contano,
quelle poche cose che restano;
sono le poche cose che contano!
(Simone Cristicchi, Le poche cose che contano, 2020)
ci al rischio dell’insignificanza e salvandoci dall’o-
blio di un tempo infinito rispetto al quale siamo
solo una minuscola goccia, è proprio la certezza di
aver vissuto amando e di essere stati, a nostra volta,
amati dalle persone che abbiamo accanto.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
“Fu di tutta mia intelligenza
la tua andata in Patagonia
Ritratto
di don
Giuseppe
Fagnano.
Come don
Bosco sciolse
il “dubbio
nella mente
e il gelo nel
cuore” del
pioniere
salesiano della
Patagonia.
A bbiamo dedicato gli ultimi numeri del
BS alla storia dei complicati inizi dell’O-
pera salesiana in Patagonia. Protagonista
assoluto dell’impresa fu ovviamente don
Bosco, in dialogo con tre “superiori missionari”
(don Bodrato, don Cagliero, don Costamagna), ma
una parola ancora va spesa su un altro protagonista,
don Giuseppe Fagnano. Seminarista senza semi-
nario, garibaldino di riserva, missionario dell’ulti-
ma ora, toccò a lui assumersi la responsabilità di
lanciare le missioni salesiane nella terra sognata da
don Bosco, ma in buona parte ancora inesplorata.
Da Rocchetta sul Tanaro a Carmen
de Patagones sul Río Negro
Seminarista quindicenne rimandato in famiglia a
Rocchetta Tanaro nel 1859 per la chiusura del semi-
nario di Asti, volitivo e generoso quale era, il giovane
Fagnano si entusiasmò al movimento garibaldino.
Data l’età, fu accolto come semplice chierico, volon-
tario nel settore sanitario dei Garibaldini prima e in
quello della Croce Rossa nell’esercito regolare dopo.
Ma non era quella la sua vocazione: altri lidi, ben
più lontani, lo attendevano che non la Sicilia ed il
meridione d’Italia; ben altre ferite di popoli interi da
curare che non quelle delle poche decine di soldati
da lui accuditi nel seminario di Asti.
Ritornato in famiglia, si trasferì a Torino-Valdocco,
dove poté continuare gli studi, farsi salesiano nel
1864 e sacerdote nel 1868. Ottimo insegnante e
buon amministratore, forse un po’ incauto, non chie-
se di partire per le missioni anche se era disponibile a
farlo. Dunque non era fra i dieci missionari prescel-
ti e preparati per la prima spedizione del novembre
1875. Don Bosco lo inserì all’ultimo momento in
sostituzione di don Bonetti, destinato direttore del
primo collegio salesiano in Argentina, a San Nicolás
de los Arroyos, 220 km a nord di Buenos Aires.
Fino all’aprile 1879 don Fagnano diresse appunto
tale incipiente collegio. Si impegnò immediata-
mente ad adeguare il povero ambiente trovato ai
bisogni di un normale collegio salesiano. Vi riu-
scì, ma agli entusiasmi del primo e secondo anno
seguì un biennio difficile per il numero ridotto di
studenti, per qualche incomprensione comunitaria
e soprattutto per le enormi spese cui provvide con
qualche improvvida speculazione e con compromis-
sione diretta di alcuni suoi famigliari. Ammalatosi,
fu trasferito a Buenos Aires per la convalescenza.
Accettò, ma senza molta convinzione; successiva-
mente avrebbe avuto a ridire sulle modalità di tale
trasferimento e su quanti, a suo giudizio, ne erano
stati in qualche modo responsabili.
L’anno dopo, ristabilitosi in salute, mentre attendeva
l’invito a partire per fondare la prima casa salesiana
in Paraguay – si vede che aveva la stoffa del pioniere –
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LUGLIO/AGOSTO 2023

4.9 Page 39

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si aprirono invece per lui le porte
della Patagonia. Del resto era sta-
to lui stesso a indicare a don Bosco
come punto migliore per raggiun-
gere gli indigeni la località di Car-
men de Patagones, sul Río Negro.
Ricevette l’invito a recarvisi come
direttore di una piccola comunità di
salesiani e suore e parroco del pae-
se. Don Fagnano accettò, ma con
un angosciante “dubbio nella mente
e il gelo nel cuore”.
Lettera di incoraggiamento
Che cosa era successo? Che una volta approdato
sulle rive del Río Negro il 10 gennaio 1880, don
Bosco gli scrisse tre lettere, con tante raccomanda-
zioni e suggerimenti per la nuova missione. Pur-
troppo non giunsero a destinazione. Così pure an-
darono smarrite anche quelle di don Fagnano, che
invece manifestava perplessità circa l’obbedienza
ricevuta. Perché questo cambio repentino di desti-
nazione, dal Paraguay alla Patagonia? Non poteva
don Bosco riservare ad un altro missionario il “pri-
vilegio” di realizzare i suoi sogni? Gelosie, invidie?
Tutto dedito al lavoro per la plantatio congregatio-
nis salesianae in Patagonia, don Fagnano non visse
momenti felici, finché gli giunse la lettera di don
Bosco, datata 21 ottobre 1880, in risposta alla sua
del 6 settembre precedente (da Carmen de Patago-
nes a Torino una lettera impiegava non meno di un
mese ad arrivare).
Don Bosco tranquillizzava don Fagnano circa la de-
cisione di affidare a lui la responsabilità di avviare
le missioni salesiane in Patagonia. Era stata una sua
scelta libera, ben ponderata in seno al Capitolo Su-
periore, fondata solamente sulle doti umane e spiri-
tuali del missionario, senza che fosse presente alcun
dubbio e sfiducia sulla sua persona: “Al secondo quesito
ti dirò che fu di tutta mia intelligenza la tua andata in
Patagonia. Dovevi recarti nel Paraguay secondo il desi-
derio del S. Padre, ma urgendo inviare uno di assoluta
confidenza e capace di sbrigarsi dagli
affari, ma sicuro nella moralità, il
Capitolo Superiore non poté fare altra
scelta fuori della reverenda, ma sempre
cara tua persona. Né dubbio né sfidu-
cia od altro ci ebbero parte. Tu dirai:
Ma D. Costamagna? D. Costamagna
per motivi che è inutile il dirli, non
poteva essere mandato”. A don Co-
stamagna infatti a Torino si pensa-
va di affidare l’ispettoria come in
effetti si fece poco dopo.
Infine don Bosco lo rassicurava circa il prossimo
invio di missionari in suo aiuto e circa il manteni-
mento della corrispondenza, chiedendogli di non
compromettersi economicamente con i suoi parenti
in Argentina.
Non ci voleva altro per spronare don Fagnano. Da
quel momento consacrerà tutto se stesso per 36 anni
alle missioni patagoniche e nella Terra del Fuoco,
fino alla morte, che lo colse, Prefetto Apostolico e
ispettore salesiano, a Santiago del Cile nel 1916. In
trent’anni di assiduo lavoro, in mezzo a difficoltà di
ogni genere, ha cercato di salvare le poche migliaia di
indios che ancora sopravvivevano all’avanzare della
“civiltà”. Non ci riuscì ma ebbe il merito di tentarci.
Quanto al resto, con le opere salesiane ha semplice-
mente cambiato lo skyline di località della Patagonia
meridionale e della Terra del Fuoco.
In alto:
La biografia
di monsignor
Fagnano.
Sotto:
Il lago che
porta il
suo nome
a Ushuaia,
Tierra del
Fuego,
Argentina.
LUGLIO/AGOSTO 2023
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4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
 Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
 Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di luglio preghiamo per la beatificazione
del Servo di Dio Oreste Marengo, vescovo salesiano
di cui ricorre il 25° della morte
Oreste Marengo nacque a Dia-
no d’Alba, comune piemontese
in provincia di Cuneo, il 29 ago-
sto 1906. Per tre anni frequen-
tò la scuola elementare delle
Figlie di Maria Ausiliatrice. Ore-
ste continuò gli studi a Valdoc-
co dove ebbe la possibilità di
conoscere alcuni salesiani della
prima generazione: don Albe-
ra, don Francesia e don Rinaldi.
Nel secondo anno di ginnasio la
Provvidenza gli mandò a scuola
come supplente don Stefano
Ferrando, che pochi mesi dopo
partirà missionario per l’India.
Anche Oreste desiderava par-
tire per la missione. Così fece
domanda al Prefetto Generale
della Congregazione, don Ri-
caldone, che lo mandò a fare il
noviziato proprio in Assam, a
Shillong. Sotto la guida di don
Ferrando, prima come maestro e
poi come direttore dello studen-
tato filosofico, Oreste Marengo
gira per i villaggi indiani, impa-
rando le lingue locali e dando
vita agli oratori festivi. Durante
gli studi teologici ebbe la fortu-
na di collaborare con il parroco
della comunità di Shillong,
don Costantino Vendrame, dal
quale respirò lo stile pastorale
salesiano: quello del “Da mihi
animas” di don Bosco. Il 3 aprile
del 1932, nella chiesa del Santo
Redentore di Shillong, Oreste
venne ordinato sacerdote.
Nel 1951 fu nominato vescovo
della nascente diocesi di Dibru-
garh. Accettò per obbedienza, e
fu ordinato Vescovo il 27 dicem-
bre 1951 nella basilica di Maria
Ausiliatrice a Torino. Continuò a
visitare i villaggi, predicando e
confessando tutti i fedeli. Nel
1964 fu nominato primo vesco-
vo della diocesi di Tezpur, e cin-
que anni dopo gli fu affidata la
cura della futura diocesi di Tura.
Diede le dimissioni prima del
tempo, per lasciare spazio ad
un vescovo locale. Trascorse gli
ultimi anni della sua vita nell’a-
postolato. Continuò a rendersi
disponibile nelle varie missioni
fino alla morte, avvenuta a Tura
il 30 luglio 1998.
L’obbedienza ai superiori, la gran-
de umiltà, l’amore per le popola-
zioni affidategli che considerava
la “sua gente”, l’impegno mis-
sionario fino al sacrificio di sé e
al limite delle proprie possibilità
fisiche profondamente radicato
e nutrito nella preghiera, l’ansia
per la salvezza delle anime e il ti-
pico ottimismo salesiano furono
le caratteristiche più evidenti e
più amate del grande missiona-
rio nel Nord Est dell’India.
Preghiera
Padre onnipotente e misericordioso,
Tu hai voluto che mons. Oreste Marengo
diventasse salesiano sulle orme di san Giovanni Bosco,
propagandone in modo meraviglioso
le opere nel nord-est dell’India,
fondando tre diocesi,
per annunciare, senza stancarsi, la Buona Novella.
Fa che egli, accolto da Te in Paradiso,
sia nostro potente intercessore
specialmente per…
(inserire l’intenzione personale)
e glorificalo qui sulla terra
come esempio di santità per i tuoi fedeli,
particolarmente per i giovani.
Te lo chiediamo per intercessione di Maria Ausiliatrice dei Cristiani
che egli ha amato e onorato con cuore di figlio.
Amen.
Ringraziano
Ho promesso a san Domenico
Savio che se avesse salvato mio
figlio (per la seconda volta) avrei
reso pubblica la grazia ricevuta.
Ogni mese mi arriva il Bollet-
tino Salesiano. Leggendolo mi
ha colpito il nome Emanuele
(Dio è con te). Quando scoprii
di essere incinta decisi di dare
questo nome al mio bambino.
Fino al sesto mese di gravidan-
za tutto andò bene. Dopo una
visita il ginecologo mi disse che
il bambino presentava qualche
problema. Da allora cominciai
a pregare tutte le notti san Do-
menico Savio, affinché facesse
nascere sano il mio bambino. I
mesi che seguirono mi parvero
interminabili. Finalmente il mio
bambino nacque sano e bello.
Per questa grazia ricevuta ho
ringraziato il santo. Ora mio fi-
glio, che è cresciuto, ha subìto
un intervento, che sembrava
di facile soluzione; invece, per
complicazioni sopravvenute
venne a trovarsi in cattive condi-
zioni. Allora ho ripreso a pregare
san Domenico Savio, ho messo
l’abitino, che sempre conservo,
sotto il cuscino di mio figlio,
pregando il santo affinché an-
che questa volta gli salvasse la
vita, e così è stato. Sono certa
che mio figlio è salvo grazie a
san Domenico Savio; per que-
sto voglio ringraziarlo e rendere
pubbliche le grazie ricevute.
Valente Milva, Maierà (CS)
Nel novembre 2021 mi viene
diagnosticato un tumore raro
dei tessuti molli. Presa dalla
paura e dallo sconforto, mi con-
fido con una cara amica. Lei, di-
spiaciuta, mi promette di starmi
vicino nella preghiera e mi con-
segna una novena per lei prezio-
sa, dedicata ad un sacerdote sa-
lesiano che aveva fatto del bene
a tanti bisognosi nello spirito e
nel corpo e mi dice di pregarlo
perché a lei era stato molto vi-
cino durante la sua malattia: il
Servo di Dio don Silvio Galli.
Inizio con la mia famiglia la no-
vena che abbiamo recitato con
fiducia ed affidamento. In segui-
to, dovendo partire da Roma per
terminare le mie cure a Pavia,
ho avuto il grande dono di poter
visitare i luoghi in cui ha vissuto
don Galli. Questo prima dell’i-
nizio delle terapie e del referto
della risonanza che avrebbe mo-
strato lo stato del tumore. Affido
quindi le mie preghiere e le mie
paure davanti la tomba di don
Silvio Galli. Dopo pochi giorni
vengo convocata dai medici che
mi comunicano che dagli esami
fatti si evince che il tumore non
è più presente. Prima di arri-
vare a Pavia ero stata messa a
conoscenza, dal dottore che mi
avrebbe seguito, che avrei po-
tuto perdere la vista dell’occhio
sinistro e che non sarebbe stato
così scontato avere come risulta-
to la completa distruzione della
massa tumorale, ma che molto
probabilmente sarebbe restato
un residuo che avrebbero moni-
torato nel tempo. Di questo rin-
grazio la preziosa intercessione
di don Silvio che ha ascoltato le
mie preghiere presentandole al
Signore ed alla Madonna.
Marianna Vottari
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LUGLIO/AGOSTO 2023

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IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
La comunità
Don Germano Proverbio
Morto a Biella il 27 marzo 2020
a 95 anni d’età, 79 di vita religiosa
e 69 di sacerdozio
Nato a Palanzano, in provincia
di Parma, dopo aver frequenta-
to la scuola di Chiari, passò nel
Noviziato di Montodine, profes-
sando il 16 agosto del 1940. Fu
ordinato Presbitero l’11 giugno
del 1950 a Modena. Affiancò
gli studi civili a quelli ecclesia-
stici con la laurea e l’abilitazio-
ne in lingua e letteratura italia-
na, latina e greca.
Dopo aver insegnato al ginna-
sio di Treviglio e al Liceo Clas-
sico Salesiano di Milano, nel
1960 ottenne, nel Pontificio
Ateneo Salesiano di Roma, la
cattedra di Didattica Generale
e in seguito quella di Didattica
delle Lingue Classiche.
Nel 1974 divenne docente di
Didattica delle Lingue Clas-
siche e successivamente di
Glottodidattica all’Università di
Torino, ateneo dove aveva con-
seguito la laurea.
Terminata la docenza universi-
taria, dal 2002 svolse a Valdoc-
co il servizio di Aiuto pastorale,
continuando tuttavia la sua
attività culturale a livello uni-
versitario. Dal 2016 era degen-
te nella Casa di Torino Andrea
Beltrami.
Tra chi lo conosceva, gli amici
e i confratelli, era stimato per
le doti professionali ed uma-
ne. Era dotato di una saggezza
composta e gentile, sempre
equilibrato e sorridente. An-
tonello Ronca, oggi direttore
del “Foglio”, ricorda: «Per me è
stato un maestro, non di latino
(e greco) soltanto, ma di scuo-
la e anche di vita. Era un prete
salesiano, ma faceva lezione
all’università di «Didattica del-
le lingue classiche», in giacca
e cravatta. Qualcuno neppure
sapeva che fosse prete. Auste-
ro e dolce allo stesso tempo,
metodico. Ho seguito il suo
corso e i suoi seminari per al-
cuni anni con gli insegnanti
del gruppo che si riuniva attor-
no a lui, e da lui, dal suo meto-
do, ho imparato molto. Non so
se posso dire di essergli fedele
in toto, probabilmente no, ma
non insegnerei come insegno
se non fossi stato un suo allie-
vo. Non mi sono laureato con
lui, ma è come se. Tanto che
una volta mi disse: «Ma lei,
Ronca, non si è laureato con
me?».
Il libro Eléments de syntaxe
structurale dello slavista Lucien
Tesnière fu nella parte finale
del suo insegnamento il pun-
to di riferimento di tante sue
ricerche, studi e traduzioni, col
gruppo di docenti che collabo-
rava con lui. Da quel libro de-
riva la cosiddetta «grammatica
della dipendenza», tanto sven-
tolata nei corsi di aggiorna-
mento da molti che ne capisco-
no poco e non gli riconoscono i
meriti che dovrebbero: è stato
lui a introdurla in Italia, ma
sono in pochi a saperlo. Come
forse sono in pochi a sapere
che fu una figura fondamentale
per Giuseppe Gozzini, il primo
obiettore di coscienza cattolico
in Italia. Don Germano Prover-
bio lo instradò a una lettura
della Parola precorritrice delle
comunità di base e in seguito
si presentò come testimone al
suo processo nel 1963. L’impat-
to di un sacerdote che testimo-
nia a favore di un obiettore a
quell’epoca si fece sentire. Non
era mai accaduto prima.
Grande fu il suo impegno nel
cercare di creare un “ponte” fra
il mondo accademico e quello
scolastico; innumerevoli i corsi,
i convegni, le attività di studio e
le pubblicazioni che stimolaro-
no il dialogo e la collaborazio-
ne fra scuola e università. Negli
anni torinesi, assai vivace e fer-
tile di iniziative fu il Seminario
di Lingue Classiche e Glottodi-
dattica (basato su ricerche, spe-
rimentazioni, testi e materiali
scolastici) aperto a laureandi,
insegnanti della scuola e do-
centi universitari.
Oltre a studi e manuali scolasti-
ci, scrisse editoriali di commen-
to all’attualità, poesie e alcuni
testi teatrali come Questi nostri
giovani, una sorta di processo-
dibattito sul conflitto fra le ge-
nerazioni.
Accanto alla grande e profonda
cultura, lo fecero apprezzare e
amare la mitezza, la sensibilità
al bello e alla poesia, un’attitu-
dine affettuosa verso gli altri,
di cui egli intuiva potenzialità e
limiti, senza mai giudicare, ma
sempre comprendendo, con un
sorriso e con garbata ironia.
Come piccolo inaspettato ricor-
do della sua versatilità e della
sua salesianità riportiamo una
sua poesia per bambini sulla
Cascina Moglia:
Chi varca questa soglia
di antico cascinale
che fu già casa Moglia
un fremito l’assale
Qui venne Giovannino
a far da garzoncello
e pur così piccino
fu a tutti noi modello
La terra coltivare
con zappa e rastrello.
La mandria a pascolare
tu giovin pastorello
Or Giovannin dei Bosco
tra voi vuol ritornar
per dire “io vi conosco”
e tutti riabbracciare
Qui noi vogliam entrare
e dire a Giovannino
“continua ancor sognare
per esser a noi vicino”
Salì al Cielo nel 2020, a 95 anni
lasciando il ricordo di salesiano
culturalmente molto prepara-
to, insegnante appassionato
della didattica delle sue mate-
rie. Ha donato tutta la sua lun-
ga vita a Dio nella missione tra i
giovani, in particolare tra quelli
universitari, mettendo a servi-
zio della Congregazione la sua
grande cultura e le sue qualità
umane e spirituali.
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IL CRUCIPUZZLE
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
Parole di 3 lettere: Ciò.
Parole di 4 lettere: Ambo, Cote,
Elfo, Equo, Flou, Nunc, Pale, Tabù.
Parole di 5 lettere: Drone, Elite,
Lotte, Start, Torvo.
Parole di 6 lettere: Acerbo, Corale,
Cronin, Enorme, Fonema, Istria, Nero-
ne, Parsec, Tifone.
Parole di 7 lettere: Baretti, Gremi-
ta, Shuttle.
Parole di 8 lettere: Omelette.
Inserite nello schema le parole elencate a fianco, scrivendole da sinistra a destra e/o dall’alto
in basso, compatibilmente con le lunghezze e gli incroci. A gioco ultimato risulteranno nelle
caselle gialle le parole contrassegnate dalle tre X nel testo. La soluzione nel prossimo numero.
? Parole di 9 lettere: Antirombo,
Riassunto.
Parole di 10 lettere: Edulcorata,
Capacitare, Scotennare.
?
La soluzione nel prossimo numero.
Parole di 11 lettere: Trasformata.
I SALESIANI IN MEDIO ORIENTE
La richiesta ai salesiani per l’apostolato missionario in Medio Oriente e la costituzione dell’I-
spettoria Salesiana, denominata “XXX”, avvenne canonicamente nel 1902 su istanza alla
Santa Sede da parte di don Michele Rua, a quell’epoca Rettor Maggiore. La strada era stata
facilitata dal lavoro già intrapreso da don Antonio Belloni. Questi partì per le missioni del
Patriarcato Latino di Gerusalemme nel 1859 e a Beitgala fondò la Congregazione della Sacra
Famiglia e aprì una sorta di oratorio, poi trasformato nell’orfanotrofio di Betlemme. Ma la svolta ci fu nel 1893
quando don Belloni aderì alla “regola” salesiana e insieme a lui anche metà dei suoi confratelli. Oltre questi
“nuovi” salesiani l’Ispettoria si accrebbe con la casa di Betlemme, la cui direzione fu affidata a don Belloni, la
scuola agraria di Beitgemal, il noviziato di Cremisan e il vasto terreno su cui fu costruita la casa di Nazareth.
L’operato di don Belloni fu importante e incisivo: si fece amare dai cattolici, dagli armeni, dagli scismatici e dai
Turchi. Nel monumento eretto in suo onore fu posta l’iscrizione “Padre degli Orfani”. A poco a poco la Provincia
(o Ispettoria) crebbe negli altri paesi del Medio Oriente: Egitto nel 1896, Turchia nel 1903, Iran nel 1937, Siria nel
1948 e Libano nel 1952. Tra il 1976 e il 1998, la Provincia del Medio Oriente includeva anche alcune presenze in
Etiopia. Attualmente, l’ispettoria ha 13 presenze distribuite come segue:
Soluzione del numero precedente 5 in Terra Santa, 3 in Egitto, 2 in Libano e 3 in Siria. Al Cairo, in particolare,
la presenza salesiana è quasi centenaria e nonostante l’opera di insegna-
mento e formazione dei giovani fosse molto apprezzata, nel 1945 quasi
tutte le famiglie italiane dovettero abbandonare l’Egitto. Chiusero tutte le
scuole e si cercarono nuove intese fino al 1970 con il Protocollo firmato tra
Italia, Egitto e Istituto don Bosco.
42
LUGLIO/AGOSTO 2023

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LA BUONANOTTE
B.F.Disegno di Fabrizio Zubani
I tarassachi
U n uomo aveva deciso di
curare il praticello davanti
alla sua casetta, per farne un
Comprò un veleno potente. Niente
da fare.
Da quel momento la sua vita divenne
perfetto tappeto verde “all’inglese”. una lotta contro i tenaci fiori gialli,
Aveva ripulito e reso soffice il terre- che da marzo spuntavano sempre più
no, aveva acquistato concimi e semi numerosi.
pregiati.
«Che posso ancora fare?» chiese
Dedicava al suo prato tutti i momen- scoraggiato alla moglie.
ti liberi. Era quasi riuscito nel suo «Perché non provi ad amarli?», gli
intento: il prato si era coperto di ver- rispose tranquilla la moglie.
dissimi e fitti fili d’erba. Ma appena L’uomo ci provò. Dopo un po’, quei
il tiepido sole annunciò la primavera, brillanti fiori gialli gli sembrarono
?
scoprì che nel suo prato erano nati
alcuni tarassachi, dai brillanti fiori
un tocco d’artista nel verde
smeraldo del suo prato.
gialli e le lunghe foglie a forma di Da allora vive felice.     
denti feroci.
Si precipitò a sradicarli. Ma il giorno
dopo altri due fiori gialli spiccavano
nel verde del prato.
Certamente intorno
a te ci sono tante
persone che quasi solo
con la loro presenza
ti irritano.
Perché non provi
ad amarle?
LUGLIO/AGOSTO 2023
43

5.4 Page 44

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VITA1050x0
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