Bollettino_Salesiano_202207

Bollettino_Salesiano_202207

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L’invitato
Don
Michael
Biju
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
LUGLIO/AGOSTO 2022
In prima linea
Eritrea
I nostri eroi
Bartolomé Blanco

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I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
In principio
c’era un prato
D on Bosco riuscì ad affittare
un prato circondato da una
siepe. Non era lontano da
casa Moretta, per andarci bastavano
cinquanta passi. C’era una specie di
capannone nel mezzo, dove si
custodivano gli attrezzi dei giochi.
Attorno, ogni domenica si rincorre-
vano e si sbizzarrivano trecento
ragazzi. In un angolo, seduto su una
panca, don Bosco confessava.
Verso le dieci rullava un tamburo
militare e i giovani si incolonnavano.
Poi squillava una tromba e si par-
tiva: verso la Consolata, o il
Monte dei Cappuccini. Là
don Bosco diceva la Messa,
distribuiva la Comunione,
e poi la colazione. Un
ragazzo appena arrivato
dal paese, Paolo C., garzone
muratore, un giorno si unì alla
turba dei ragazzi che andavano
al Monte dei Cappuccini.
Ecco il suo racconto:
«Venne celebrata la
Messa, molti fecero la
santa Comunione, poi
andarono tutti nel cortile
del convento per fare
la colazione. Credetti
di non averne diritto,
e mi ritirai aspettando
di unirmi a loro nel
ritorno. Ma don Bosco mi vide e mi
avvicinò: «Come ti chiami?»
«Paolino».
«Hai preso la colazione?»
«No, signore, perché non mi sono
confessato né comunicato».
«Ma non occorre né confessarsi né
comunicarsi per avere la colazione».
«Che cosa occorre?»
«Avere appetito».
Mi portò vicino al cesto e mi diede
in abbondanza pane e frutta. Disce-
si con lui, e nel prato giocai fino a
notte. Da quel momento, per molti
anni, non abbandonai l’oratorio e il
caro don Bosco, che mi fece tanto
del bene».
Una sera di festa, mentre i ragazzi
giocavano, don Bosco vide al di là
della siepe un ragazzo sui 15 anni.
Lo chiamò: «Vieni dentro. Da dove
vieni? Come ti chiami?» Il ragazzo
non rispondeva.
E don Bosco: «Ma cos’hai? Ti senti
male?»
Esitò ancora. Poi, quasi schiodando
le labbra, disse solo: «Ho fame».
Il cesto era vuoto. Don Bosco
mandò a prendere del pane da una
famiglia vicina, e lo lasciò mangiare
in pace. Poi fu il ragazzo stesso a
parlare, come per togliersi un peso
dal cuore: «Faccio il sellaio, ma il
padrone mi ha licenziato perché non
so lavorare bene. La mia famiglia
è rimasta al paese. Stanotte
ho dormito sui gradini del
duomo, e stamattina per la
fame volevo rubare. Però
avevo paura. Ho provato a
chiedere l’elemosina, ma mi
dicevano: “Sano e robusto
come sei, vai a lavorare”.
Poi ho sentito gridare dei
ragazzi qui, e mi sono
avvicinato».
«Senti, per stasera e
stanotte ci penserò io.
Domani andiamo da un
bravo padrone e vedrai
che ti prenderà. Se poi
vuoi venire ancora qui nei
giorni di festa, mi farai
un piacere».
«Verrò».
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LUGLIO/AGOSTO 2022

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L’invitato
Don
Michael
Biju
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
LUGLIO/AGOSTO 2022
LUGLIO/AGOSTO 2022
ANNO CXLVI
NUMERO 07
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
In prima linea
Eritrea
I nostri eroi
Bartolomé Blanco
La copertina: Creare oasi di gioia in tutto
il mondo: questa è la missione dei Salesiani
(PeopleImages / iStock).
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 DON BOSCO NEL MONDO
Colombia
10 TEMPO DELLO SPIRITO
12 L’INVITATO
Don Michael Biju
16 AVANGUARDIE
IME comunicazione
20 IN PRIMA LINEA
I Salesiani in Eritrea
24 FAMIGLIA SALESIANA
Coop Don Bosco
28 I NOSTRI EROI
Bartolomé Blanco
32 COME DON BOSCO
34 LA LINEA D’OMBRA
36 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
38 FMA
L’Istituto FMA nel mondo
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
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Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 64
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
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Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Antonello Cerini, Roberto
Desiderati, Ángel Fernández Artime,
Carmen Laval, Pierluigi Lanotte, Cesa-
re Lo Monaco, Alessandra Mastrodo-
nato, Francesco Motto, José Miguel
Nùñez, Nallayan Pancras, Pino Pelle-
grino, O. Pori Mecoi, Kirsten Prestin,
Luigi Zonta, Fabrizio Zubani.
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Alberto Rodriguez M.
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livello internazionale che tutelano le foreste, l’ambiente
e i lavoratori.

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IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Lsoptseunraamni dzelala
La terra del dolore e della morte
oggi ospita una casa di affettuosa
rinascita e fondata speranza
grazie ai figli di don Bosco.
C are amiche e amici di don Bosco, come
avete certamente sperimentato una delle
componenti più belle dell’amicizia è poter
condividere i sentimenti, le gioie, le ansie.
Per questo voglio farvi partecipi dell’esperienza che
ho vissuto recentemente tra i miei fratelli e sorelle
salesiani in Thailandia.
Ero andato in quella affascinante parte del mondo
per animare e incoraggiare le comunità e le opere
salesiane che là fioriscono da tanto tempo. Tra gli
obiettivi della mia visita ce n’era uno in particola-
re: conoscere una piccola, ma bellissima presenza
salesiana situata in un luogo di dolore profondo (e
oggi di vita). Proprio nello stesso luogo dove è stata
scritta una delle pagine più tristi delle storia mo-
derna. Quell’angolo di mondo che ha subìto il più
grave disastro naturale dell’era moderna, lo tsuna-
mi del 26 dicembre 2004.
Duecentotrentamila vittime, migliaia di dispersi,
spiagge, vite, interi paesi completamente distrutti
e portati via, nel nulla. E le onde, mai viste così
alte, alcune fino ai quattordici metri. Interi com-
plessi alberghieri sono stati spazzati via, insieme a
migliaia di turisti arrivati da ogni parte del mondo
per trascorrere le festività natalizie.
Proprio qui, nella zona di Khao Lak, una delle più
colpite, in un piccolo villaggio di pescatori (ma an-
che città turistica, un “paradiso” soprattutto per gli
stranieri), i morti e i dispersi ammontarono a quasi
8000 persone. Una tragedia immane.
In quell’occasione, don Chavez, il mio predecessore
al servizio della Congregazione, chiese al Provincia-
le di quell’Ispettoria salesiana di muoversi immedia-
tamente per poter accogliere molti degli orfani vitti-
me dello tsunami in una nuova presenza salesiana.
Fino a quel momento, non c’erano salesiani in quel-
la zona della Thailandia. Ma con lo spirito e il di-
namismo, che don Bosco ci ha lasciato in eredità,
tutto fu realizzato, e in pochissimo tempo più di
117 ragazzi e ragazze hanno avuto una casa e in
essa una grande famiglia che li ha accolti, ha dato
loro sicurezza e, anche nel dolore, la possibilità di
guardare alla vita con speranza.
Così gli anni sono passati e quei ragazzi e quelle
ragazze sono cresciuti, hanno potuto ricevere un’i-
struzione e oggi sono donne e uomini con le loro
famiglie e le loro vite positivamente soddisfacenti.
Una benedizione anche in mezzo alla tragedia.
Il miracolo di una nuova vita
Oggi, 18 anni dopo, non ci sono più orfani di quel-
lo tsunami a Khao Lak. Ma possiamo chiederci:
cosa è stato di quella presenza salesiana?
Ecco ciò che ho visto con i miei occhi. Quando sia-
mo arrivati, ci aspettavano 42 bambini e adolescenti
tra i 6 e i 15 anni, che vivevano una bella esperienza
di amicizia e famiglia. Sono organizzati in 5 bellis-
sime case a pianta esagonale in cui hanno a dispo-
sizione una cucina, una lavanderia, servizi igienici
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LUGLIO/AGOSTO 2022

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e docce, una sala studio, una sala da pranzo e un
piccolo dormitorio. Il luogo è paradisiaco come tutta
la regione. La vegetazione è rigogliosa e lussureg-
giante. Devo ammettere che anche il calore è forte
e un tantino opprimente. Una collina verde “custo-
disce” il villaggio dall’alto. Poco più avanti, lunghe
distese di sabbia orlate da colline boscose, mentre
l’acqua del mare, pulitissima e calda, è via privilegia-
ta per scorrazzare sulla costa bagnata dall’Oceano
Indiano. Accanto alla casa salesiana si trova la scuola
pubblica frequentata dai nostri ragazzi.
Chi sono questi ragazzi e ragazze? Non hanno più
a che fare con lo tsunami del mare, ma con lo tsu-
nami della vita, della povertà, della disgregazione
familiare. In genere non hanno i genitori; c’è chi
ha la protezione di un lontano zio o di un parente
ancora più lontano (cioè quasi sconosciuto).
La casa salesiana è quell’opportunità che trasforma
le vite, che compie veri e propri “miracoli”. Sì, ri-
peto la parola: veri e propri “miracoli”. Non fatevi
spaventare da questo. Posso assicurarvi che mi ha
commosso sapere che le ragazze che sono lì, in que-
sta casa che è ora la loro casa, hanno la possibilità di
prepararsi felicemente alla vita, di sentirsi accudite
e protette, di essere educate, di studiare... a volte ai
massimi livelli in alcuni casi. E sapete perché dico
che è un miracolo? Perché senza questa op-
portunità, queste preadolescenti di 13
anni potrebbero essere costrette a cade-
re in una rete di prostituzione
o di sfruttamento minorile,
o essere costrette ad avere
un marito molto vecchio o
anziano all’età di 14 anni.
Pensavo: “Basterebbe
questo a dimostrare il
valore del bellissimo
ideale del carisma di
don Bosco, che ancora
oggi, a distanza di 165
anni, si sta incarnando e
realizzando”.
Aggiungerei un’altra cosa che trovo meravigliosa.
Si potrebbe pensare che lì abbiamo una comunità
salesiana, ma non è così. Le presenze in Thailandia
e i fronti da presidiare sono così tanti e così diver-
si e grandi che non riusciamo a raggiungere tutti
come comunità salesiane, ma come presenze sale-
siane con educatori salesiani di ogni tipo. In parti-
colare, presso la “Casa della Speranza Don Bosco”,
due laiche consacrate sono responsabili di questa
presenza educativa e fanno da madri 24 ore su 24.
C’è anche una coppia di cooperatori salesiani che si
occupa dell’amministrazione, della spesa, di tutto
ciò che serve, e c’è una signora, una vera Mamma
Margherita, che è una cuoca eccezionale. L’Ispet-
toria salesiana fa in modo che non manchi loro ciò
di cui hanno bisogno. È una presenza come tante e
viene accudita con lo stesso affetto.
Due ultime cose: la creatività salesiana fa sì che
questi bambini, bambine e adolescenti realizzino
manufatti di alta qualità che poi vendono, e il ri-
cavato viene messo da parte e costituisce il piccolo
capitale che porteranno con loro quando lasceran-
no la casa salesiana. L’Ispettoria salesiana sta an-
che preparando un emporio dove esporre e vendere
tutto ciò che producono, per attrarre soprattutto i
numerosi turisti.
Il mio cuore si è riempito di gioia quando ho saputo
che il 12% di questi ragazzi e ragazze di don Bo-
sco sono andati all’università. Il 15% ha prose-
guito gli studi tecnici nelle nostre scuole profes-
sionali e più del 50%, dopo aver terminato la
scuola pubblica, ha trovato un lavoro con
cui iniziare la propria vita in autonomia.
Ho vissuto non solo un bellissimo so-
gno, ma una realtà che mi stava molto a
cuore. Questa è un’altra di quelle buone
cose e notizie che esistono, che si svi-
luppano, che non fanno rumore ma
che rendono il mondo più bello.
Ecco perché il dolore dello tsuna-
mi oggi lascia il posto alla bellezza
della speranza.
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DON BOSCO NEL MONDO
Kirsten Prestin (Foto Don Bosco Mission Bonn/ XMED Medellin - Traduzione di Marisa Patarino)
Colombia
Una vita nuova
grazie a don Bosco
Dieci anni fa, Janier Alejandro
Arenas González, un giovane
di Medellín che oggi ha 19 anni,
lasciò la sua casa. La vita
quotidiana della sua famiglia
era segnata da litigi e violenze.
Oggi il giovane colombiano lavora
come meccanico di automobili
e ha fiducia nel futuro.
Janier è un po’ emozionato. Sta tornando a
casa. Risale lentamente il pendio che con-
duce a Ciudad Don Bosco a Medellín. Qui
ha trascorso gran parte dell’infanzia e della
giovinezza. Per lui è stato il periodo più felice della
sua vita.
Janier è cresciuto nel quartiere Comuna 1 della me-
tropoli colombiana. In passato Medellín era con-
siderata la città più pericolosa del mondo. Ancora
oggi la vita in alcuni quartieri è segnata dalla violen-
za. Comuna 1 si trova alla periferia della metropoli
ed è uno dei bassifondi di Medellín. Il tasso di di-
soccupazione è elevato, l’uso di droga è ampiamente
diffuso e pochi giovani hanno accesso all’istruzione.
Janier è cresciuto in questa zona insieme ai suoi sei
fratelli, a sua madre e al patrigno. Il suo padre bio-
logico è morto quando Janier aveva solo due mesi.
Ancora oggi soffre molto per questa perdita; non ha
contatti con la famiglia di suo padre.
Protezione e tutela
Janier conosce molto bene la Ciudad Don Bosco.
Per quasi quattro anni è vissuto nel collegio gestito
dai Salesiani. Conosce il dormitorio, la mensa, il
campo sportivo e la piccola cappella. Janier è ac-
colto con gioia ovunque. Ancora oggi è costante-
mente in contatto con molti insegnanti e istruttori
con cui aveva studiato. Il giovane sorride ed è felice
di ritrovare tutti loro, in un clima di fiducia e ac-
coglienza.
Non è sempre stato così. Da quando Janier riesce
ad andare indietro nel tempo con i ricordi, conflitti,
violenze e abusi hanno accompagnato la sua infan-
zia. I suoi fratelli si rifugiarono nell’alcol e nella dro-
ga, perché era l’unico modo in cui riuscivano
a sopportare la dura realtà. Già all’età
di nove anni, Janier aveva compreso
che non voleva intraprendere la
stessa strada: «Fin da piccolo
ho sempre voluto essere di-
verso da loro. Non vole-
vo diventare dipendente
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ch  eDheovoasvoultooadiddoinveBnotsacreo
la
la
possibilità
persona
che sono oggi.
dalle droghe come i miei fratelli e non volevo essere
soggetto ai continui maltrattamenti di mia madre.
Per questo mi rivolsi all’ufficio di assistenza sociale
per i giovani, in modo che si prendessero cura di me
e mi tutelassero. E finalmente fui accompagnato in
una casa protetta Don Bosco». Vivono nella casa cir-
ca 50 ragazzi, tutti provenienti da contesti familiari
difficili. Quasi tutti hanno subito violenze e alcuni
sono vissuti per strada.
Due anni dopo, Janier è stato autorizzato a recarsi
in visita dalla sua famiglia una volta ogni 14 giorni.
I contatti dovevano essere ristabiliti gradualmente.
Un percorso difficile. «Al Don Bosco ero felice. Là
mi sentivo al sicuro», dice Janier. Anche nel colle-
gio era a suo agio e si sentiva tutelato. Janier ha fre-
quentato la scuola e ha terminato con ottimi voti il
terzo anno di scuola media superiore. Nel periodo
di tempo in cui ha studiato qui ha anche parteci-
pato a molti corsi e programmi scolastici. La strut-
tura Don Bosco è orientata allo sviluppo olistico
dei giovani. Gli allievi possono anche frequentare
vari corsi che permettono di cimentarsi in progetti
manuali, imparando a svolgere attività di fornaio,
giardiniere o parrucchiere. Attualmente circa 1200
giovani frequentano l’istituto Don Bosco di Me-
dellín.
«Devo solo a don Bosco la possibilità che ho avu-
to di diventare la persona che sono oggi. Nella
Ciudad non ho ricevuto soltanto una formazione
professionale, ma anche un orientamento sociale
e culturale. Se non avessi avuto questo sostegno
e questo incoraggiamento, probabilmente oggi vi-
vrei per strada», afferma Janier con sicurezza. Il
suo percorso non è stato lineare; ha vissuto fasi in
cui si è aggregato ad altri giovani e non voleva in-
tegrarsi nella comunità. Sono poi seguiti giorni in
cui ha studiato con molta disciplina e ha ottenu-
to ottimi risultati. Ha dunque sperimentato alti e
bassi. Il giovane ha però sempre praticato molto
sport e ha approfittato con entusiasmo delle op-
portunità che Ciudad Don Bosco aveva da offrire.
Gli insegnanti hanno compreso presto quale fosse
il suo potenziale e l’hanno incoraggiato a utilizzare
i suoi talenti. «Ricordo molto bene Janier. Quando
è arrivato per la prima volta alla Ciudad, si com-
«Qui ho
sperimentato
calore
umano, mi
sono sentito
a casa e
ho trovato
amici».
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DON BOSCO NEL MONDO
orientare meglio la sua vita», ricorda Wilson Her-
nandez, l’assistente sociale responsabile di Ciudad
Don Bosco.
I ricordi d’infanzia più cari di Janier sono legati a
Ciudad Don Bosco. «Qui ho sperimentato calore
umano, mi sono sentito a casa e ho trovato amici»,
dice. Ancora oggi gli insegnanti e gli istruttori che
ha conosciuto qui sono persone di riferimento im-
portanti per lui.
Ancora oggi
gli insegnanti
e gli istruttori
che ha
conosciuto
qui sono
persone di
riferimento
importanti
per lui.
portava molto male. Con il passare del tempo, il
suo comportamento è cambiato. Ha cominciato a
interagire con noi in modo costruttivo e a seguire
i percorsi che proponiamo. Siamo molto felici di
questo suo cambiamento, perché gli ha permesso
di maturare, di diventare una persona diversa e di
Musica contro la violenza
Nella Ciudad, Janier ha anche scoperto uno dei
suoi più grandi talenti: la danza. Per lui danzare
è più di un hobby, è la sua passione. Una passione
che coltiva con grande disciplina. Da due anni fa
parte del gruppo di ballo “Beethoven Moves!”, un
progetto artistico realizzato in collaborazione con
l’Orchestra Beethoven di Bonn e Don Bosco Mis-
sion Bonn, con la direzione di Rita Baus. Giovani
tedeschi e colombiani interpretano la Quinta Sin-
fonia di Beethoven insieme all’Orchestra Beetho-
ven di Bonn.
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LA CIUDAD DON BOSCO
A MEDELLIN
La Ciudad Don Bosco è stata costruita nel 1965 alla perife-
ria di Medellín. Inizialmente era destinata a essere soprat-
tutto un punto di riferimento per i bambini di strada. In
seguito sono stati allestiti laboratori, campi sportivi, aule
e camere residenziali. Oggi circa 1200 bambini e giovani
frequentano la Ciudad. La maggior parte di loro proviene
dalle baraccopoli della metropoli colombiana.
Janier Alejandro davanti a Medellín, la sua città natale.
Grazie a don Bosco ha un futuro felice.
«Janier è un giovane molto attivo e intraprenden-
te. L’ho incontrato due anni e mezzo fa nel gruppo
Beethoven Moves! Da allora è molto maturato; è
molto disciplinato e responsabile», sottolinea Laura
Zapata, direttrice del gruppo di ballo di Medellín.
Il momento culminante del progetto previsto è uno
spettacolo a Bonn. Janier è uno dei 20 giovani che
dovrebbero parteciparvi. «È un grande incentivo
per lui e per gli altri giovani», ha detto Zapata.
Oggi Janier è un giovane che ha fiducia nel futuro.
Si sente preparato, anche per i momenti difficili. Il
giovane colombiano seguirà la sua strada e incorag-
gerà altri giovani a fare lo stesso.
Quando Janier entra nell’officina della Ciudad,
altri tirocinanti si avvicinano a lui. È una specie
di modello per loro. Janier è anche felice di vedere
il suo istruttore, con il quale ha ancora una stretta
amicizia. Professionalmente, Janier aveva già deci-
so presto: voleva assolutamente diventare un mec-
canico d’auto. Nel 2019, ha completato la sua for-
mazione e ha trovato un lavoro. Il giovane lavora in
un’officina di riparazione auto nel sud di Medellín.
Questo gli permette di guadagnarsi da vivere e lo
rende felice!
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TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
La piena consapevolezza
La “mindfulness” è un
concetto che sta rapidamente
conquistando la formazione
umana. Può essere un ottimo
aiuto alla “meditazione” cristiana.
tante cose che ci sostengono e di cui non abbiamo
consapevolezza.
Una lezione di dipendenza e fragilità: il bisogno di
respirare è ancora più netto e immediato di quello
di mangiare, di bere, di amare o di essere amati,
i nostri altri nutrimenti. Il respiro ci insegna che
siamo sostenuti da numerose dipendenze: si tratta
di legami, però, che ci costruiscono e ci nutrono.
1. Immergiti nel momento presente
Accetta questo momento come un dono di Dio.
Connettiti con la tua vita “adesso”. Fa la tua dichia-
razione di autostima: «Io sono io. In tutto il mondo,
non c’è nessun altro esattamente come me. Possie-
do tutto di me: il mio corpo e tutto ciò che fa; la
mia mente, i miei pensieri e le mie idee; i miei occhi
e le immagini che essi vedono; i miei sentimenti,
qualunque essi siano: rabbia, gioia, frustrazione,
amore, delusione, eccitazione; la mia bocca e tutte
le parole che ne escono: gentili, dolci o rudi, giuste
o sbagliate; la mia voce: forte o sommessa; e tutte
le mie azioni, sia che siano rivolte verso me stessa
o verso altri. Possiedo tutte le mie fantasie, i miei
sogni, le mie speranze e le mie paure. Possiedo tutti
i miei trionfi e i miei successi, tutti i miei fallimenti
e i miei errori».
Matteo 6:34: Non siate dunque in ansia per il doma-
ni, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Basta a
ciascun giorno il suo affanno.
3. Nota come si sente il tuo corpo
Siediti comodamente e chiudi gli occhi. Prima
porta la tua attenzione sui tuoi piedi, poi sulle tue
gambe, busto, schiena, braccia, collo, viso e testa.
Nota le sensazioni che provi in ogni parte del tuo
corpo. Ringrazia Dio per come ti ha creato.
Scrivi una lettera al tuo corpo: «Buongiorno corpo
mio, oggi voglio dirti il mio grazie per avermi ac-
compagnato per così tanto tempo sulle strade del-
la mia vita. Oggi, a metà cammino della mia vita,
un po’ commosso, ti riscopro con le tue cicatrici
segrete, la tua stanchezza, i tuoi stupori. Ho sco-
perto che tu mi amavi corpo mio, che ti occupavi
del mio benessere, che rispettavi la mia presenza.
Quante violenze hai affrontato per lasciarmi nasce-
2. Concentrati sul tuo respiro
Ci si può calmare mediante il respiro. Non
controllandolo, bensì collegandosi con umiltà e
accompagnandolo piano. Una lezione di consape-
volezza: il respiro è invisibile, al punto che ci di-
mentichiamo continuamente della sua presenza.
Ma il suo ruolo è vitale, noi abbiamo un bisogno
assoluto di respirare. Così come nella vita ci sono
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re, per lasciarmi essere, per lasciarmi crescere con
te. Quante malattie mi hai evitato, quanti incidenti
hai superato per salvarmi la vita! Andremo fino in
fondo alla nostra vita comune... e qualunque cosa
succeda invecchieremo insieme».
4. Guarda
Vivere in piena consapevolezza significa prender-
si il tempo di contemplare. Di essere toccati dagli
oggetti. Quelli che incrociamo ogni giorno e che
dimentichiamo perché, a furia di vederli, non li ve-
diamo più. Gli oggetti comuni non sono ordinari:
sono meravigliosi. L’acqua, il bicchiere, la caffet-
tiera, il tavolo, il muro, la sedia: meravigliosi. Bere,
mangiare, fabbricare, appartenere a una specie in-
telligente, curiosa e industriosa: meraviglioso.
5. Ascolta attentamente le persone
con cui parli
Sii presente con tutto te stesso agli altri. Presta at-
tenzione a quello che dicono in modo da non farti
distrarre dai tuoi pensieri. Valutali come persone
create a immagine di Dio.
C’è attorno a te una folla di esseri umani che ti
hanno amato, aiutato, sorriso, dato... E continuano
a farlo, lo faranno anche domani. Avere coscien-
za di questo debito, e rallegrarsene, ed esprimerlo:
ecco che cos’è la gratitudine. Portare regolarmente
la consapevolezza a questo pensiero, fino a provarlo
fisicamente: ecco le meditazioni di gratitudine. In
fondo ci sono tre passi da compiere, in materia di
gratitudine; riconoscerne l’importanza: fermarsi un
istante per fare qualcosa di più che pensarci, lasciare
che si diffonda nel nostro corpo, come un’emozione
e non solo come un pensiero; poi esprimerla, ovvio,
a coloro che ci hanno amato e aiutato.
6. Fai una pausa per la meditazione
biblica
Leggi un breve versetto o passo della Bibbia. Nota
che cosa ti colpisce. Rifletti su ciò che il Signore ti
sta dicendo. Ringrazialo per questo e termina con
una preghiera. Esempi: «Non sia turbato il vostro
cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in
me. Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore.
Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un po-
sto”? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto,
verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono
io siate anche voi». (Vangelo di Giovanni 14, 1-3).
«Il Signore stesso cammina davanti a te; egli sarà con te,
non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non ti
perdere d’animo!» (Deuteronomio 31,8) «Dio infatti
non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza,
di amore e di saggezza» (Timoteo 1,7).
«Non temere, perché io sono con te; non smarrirti, per-
ché io sono il tuo Dio» (Isaia 41,10).
«Tu vedi l’affanno e il dolore, tutto tu guardi e prendi
nelle tue mani» (Salmo 9).
7. Di’ una preghiera di benedizione
per gli altri
Estendi amore e compassione verso gli altri pro-
nunciando una preghiera di benedizione su di loro.
Ricorda qualcuno e sii consapevole della presenza
di Dio in tutti. Di’ una preghiera biblica di benedi-
zione per loro o prega con parole tue. “Ti benedica
il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplen-
dere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore
rivolga a te il suo volto e ti conceda pace” (Numeri
6, 24-26).
LUGLIO/AGOSTO 2022
11

2.2 Page 12

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L’INVITATO
Nallayan Pancras
Don Michael Biju
Il nuovo Consigliere regionale per l’Asia Sud:
“Vogliamo trasformare le vite di almeno mezzo
milione di giovani”.
«La prima
ispirazione
mi venne
dal gruppo
dell’infanzia
missionaria
della mia
parrocchia;
poi si rafforzò
con la lettura
dei viaggi
del grande
missionario
in India, san
Francesco
Saverio».
Com’è nata la sua
vocazione?
La prima ispirazione
mi venne dal gruppo
dell’infanzia missio-
naria della mia par-
rocchia; poi si raf-
forzò con la lettura
dei viaggi del grande
missionario in India, san Francesco Saverio. All’e-
poca non conoscevo le peculiarità delle differenze
nei Riti nella Chiesa o nelle Congregazioni e negli
ordini. Poi fu un sacerdote salesiano, don Thomas
Poovelickal, che per primo mi invitò a diventare
salesiano. Entrai all’aspirantato di Mannuthy e poi,
condividendo la vita e osservando tanti salesiani,
incluso mio cugino don Jose Mathew Kuttianimat-
tathil, ho potuto riconoscere la mia vocazione ad
essere salesiano.
Il mio sogno iniziale di essere missionario si è rea­
lizzato all’interno della stessa vocazione salesiana
e mi è stato permesso di partire per le missioni del
Nord Est dell’India all’età di 15 anni, e di entrare
nell’Ispettoria di Guwahati nel 1985. Da allora la
mia vocazione salesiana è stata alimentata da otti-
mi miei confratelli in quella grande regione mis-
sionaria, dove ho completato quasi tutta la mia for-
mazione iniziale. Durante questo periodo ho avuto
la fortuna di essere formato, per brevi periodi di
tempo, anche in diverse altre Ispettorie dell’In-
dia. E sono anche felice che, mentre le Missioni
Salesiane nel Nord Est dell’India si preparano a
celebrare il centenario della presenza salesiana, un
salesiano cresciuto tra le tre Ispettorie di quella che
tanto tempo fa era conosciuta come “La Missione
dell’Assam” sia stato eletto per servire nel Consi-
glio Generale dei Salesiani.
Che cosa porta dell’esperienza
del CG28?
È stata la mia prima esperienza da Capitolare. Ciò
che mi ha colpito è stato lo spirito di famiglia tra
quasi 300 persone presenti. Eravamo arrivati lì da
varie parti del mondo, tanti di noi non si erano mai
incontrati prima, eppure vivevamo come fratelli
fin dal primo giorno. Quando poi sono stato eletto
segretario della Commissione di lingua inglese
(Commissione 1) ho potuto vedere ancora meglio
come tutti noi salesiani di vari continenti siamo
12
LUGLIO/AGOSTO 2022

2.3 Page 13

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ugualmente appassionati del nostro carisma e
come gli diamo vita nei diversi contesti. La nostra
consacrazione religiosa al servizio dei giovani più
poveri è stato un tema che è tornato più volte in
tutte le nostre discussioni.
Un’altra cosa che ha veramente caratterizzato il
nostro stare insieme è stata l’assenza di paura di
fronte all’assalto della pandemia di Covid-19. No-
nostante la crescente ondata di notizie nei primi
giorni della pandemia in Italia, tutti eravamo asso-
lutamente fiduciosi nella protezione di Maria Au-
siliatrice. Dopo che il Capitolo si è bruscamente
chiuso a causa della pandemia, sono stato tra i tan-
ti salesiani che non sono potuti rientrare nei loro
Paesi d’origine. Ancora una volta è stata un’espe-
rienza di assoluta fraternità, di cura l’uno per l’al-
tro e soprattutto di fiducia filiale nella protezione
di Dio per intercessione di Maria. La Basilica di
Maria Ausiliatrice e le radici salesiane di Valdoc-
co (Tettoia Pinardi, Cappella di san Francesco di
Sales…) hanno creato un clima magico per tutti
noi che siamo rimasti bloccati per più di due mesi
dopo la fine del Capitolo Generale.
«Nei prossimi
sei anni spero
e prego che
la nostra
regione
possa
continuare
a crescere
nel carisma
salesiano,
servendo i
giovani più
poveri e
bisognosi».
Quali sono le prime impressioni
del nuovo incarico?
Come dicevo, dopo la chiusura del CG28 sono ri-
masto bloccato in Italia, insieme a molti altri miei
confratelli provenienti da varie parti del mondo.
Tra questi, quelli della regione dell’Asia Sud era-
no un gruppo numeroso. La comunità di Valdocco,
guidata da don Guido Errico, e con il sig. Giampie-
tro Pettenon, come Economo, ci ha fatto sentire a
casa. Il Rettor Maggiore e i membri del Consiglio
Generale hanno continuato a rafforzarci con la loro
presenza e la loro frequente comunicazione. Il Ret-
tor Maggiore è rimasto una settimana in più con
LUGLIO/AGOSTO 2022
13

2.4 Page 14

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L’INVITATO
«Siamo
una regione
benedetta
da molte
presenze
carismatiche
tipicamente
salesiane.
Vorremmo
creare una
migliore rete
e costruire
una sinergia
tra tutte le
Ispettorie
per realizzare
la visione di
don Bosco».
noi a Valdocco e dopo il suo ritorno a Roma ci ha
mandato anche dei videomessaggi speciali solo per
interagire con noi.
In modi che solo la Provvidenza poteva prevedere,
questa situazione mi ha dato anche l’opportunità di
avere un dialogo personale con nove dei 12 Superio-
ri della regione e con altrettanti Delegati capitolari.
Abbiamo fatto anche tre giorni di brainstorming per
esaminare necessità e priorità alla luce del CG28
e del messaggio conclusivo del Rettor Maggiore.
Siamo ora in attesa della pubblicazione del piano
sessennale del Rettor Maggiore e del Consiglio per
affinare le nostre discussioni al prossimo raduno
della Conferenza regionale degli Ispettori (spcsa).
Poi, mentre le opportunità di incontri in presenza
sono state ridotte, non sono mancate le possibilità di
dialogo e di pianificazione online. Inoltre, ho parte-
cipato dal vivo anche alle prime sessioni del Consi-
glio Generale. Mi hanno colpito il clima di famiglia,
la professionalità e soprattutto la profonda preoccu-
pazione per tutti i salesiani e la Congregazione che
permea ogni discussione del Consiglio. Mi sono po-
tuto affiancare a don Maria Arokiam Kanaga, mio
predecessore, per un accompagnamento costante.
Va aggiunto poi che presso la Sede Centrale Sa-
lesiana c’è anche una grande comunità di genero-
si salesiani e di collaboratori laici disponibili, che
permettono ai vari settori e regioni di funzionare
senza problemi. Con il loro aiuto e consiglio spero
di imparare rapidamente a servire meglio.
Che cosa sogna per la sua regione?
Nei prossimi sei anni spero e prego che la nostra
regione possa continuare a crescere nel carisma sa-
lesiano, servendo i giovani più poveri e bisognosi.
Vogliamo porci l’obiettivo di una trasformazione
tangibile e verificabile della vita di almeno mezzo
milione di giovani poveri e delle loro famiglie. Che
bello sarebbe per noi salesiani contribuire a rimuo-
vere la povertà da 500 000 famiglie in sei anni! Si
tratterebbe di una pastorale giovanile concentrata
su una prospettiva vocazionale, sulla preparazione
di cittadini onesti e di buoni cristiani che siano in
grado di servire la società cominciando a togliere le
loro famiglie dalle grinfie della povertà.
Aiutare i giovani ad accogliere le varie vocazioni,
attraverso lo sviluppo delle capacità, la formazio-
ne alle competenze e un’educazione integrale che
includa l’educazione ai valori evangelici che porta
alla formazione umana integrale, potrebbe essere
un percorso per raggiungere questo obiettivo. Se-
guendo le indicazioni del Capitolo Generale, spe-
riamo di fare ogni sforzo per rafforzare la nostra
consacrazione religiosa per servire i giovani poveri
come comunità, e formarci insieme a tutti i nostri
collaboratori laici, specialmente quelli della Fami-
glia Salesiana, per realizzare l’importante, comune,
carismatica missione di servire i giovani poveri del-
la nostra regione.
Siamo una regione benedetta da molte presenze ca-
rismatiche tipicamente salesiane. Vorremmo creare
una migliore rete e costruire una sinergia tra tutte
le Ispettorie per realizzare la visione di don Bosco.
La regione ha degli organi di coordinamento ben
consolidati, che si sono riuniti in questi giorni in
incontri online per pianificare uno sforzo concer-
tato, che sarà visibile anche sul nostro nuovo sito
web: www.donboscosouthasia.org.
La Pastorale Giovanile salesiana va avanti gra-
zie alle persone che vi dedicano la loro vita. Ci
auguriamo che come regione non solo potremo
rafforzare il nostro lavoro di collaborazione con
i laici, ma anche di crescere nella vocazione alla
14
LUGLIO/AGOSTO 2022

2.5 Page 15

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vita religiosa salesiana (salesiani laici e sacerdo-
ti) e che si possano inviare molti missionari per
servire i giovani poveri di tutto il mondo. Una
formazione (iniziale e permanente) coerente con
le indicazioni del Capitolo sarà necessaria per co-
struire le competenze e le motivazioni di tutto
il nostro personale coinvolto nella missione sa-
lesiana.
Un’ultima domanda:
in tema di comunicazione, quali
prospettive vede per la regione?
Il CG28 ha sottolineato l’importanza di essere pre-
senti nei nuovi cortili digitali. Il rinnovamento del
portale di comunicazione della regione – che cambia
nome, riferendosi non più solo all’India, ma a tut-
ta la regione Asia Sud: www.donboscosouthasia.org
– mira a riunire e a rappresentare unitariamente
l’immagine dei salesiani verso il mondo e verso i
giovani in particolare; e servirà anche a favorire,
tramite un’app e un’area riservata del sito, il dialogo
interno tra i salesiani dell’Asia Sud.
REGIONE ASIA SUD
Numero di circoscrizioni nella regione: 11 Ispettorie,
1 Visitatoria
Numero di Confratelli: 2819
Numero di Novizi: 126
Numero di Vescovi: 90
Website http://donboscosouthasia.org
Ispettorie
INB-India Mumbai, INC-India Kolkata, IND-India Dimapur,
ING-India Guwahati, INH-India Hyderabad, INK-India Ban-
galore, INM-India Chennai, INN-India New Delhi, INP-India
Panjim, INS-India Silchar, INT-India Tiruchy, LKC-Sri Lanka.
La regione ha
degli organi di
coordinamento
ben consolidati,
che si sono
riuniti in
questi giorni in
incontri online
per pianificare
uno sforzo
concertato, che
sarà visibile
anche sul nostro
nuovo sito web:
www.donbosco
southasia.org
LUGLIO/AGOSTO 2022
15

2.6 Page 16

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AVANGUARDIE
Gigi Lanotte
IME comunicazione
Un’impresa giovanile, geniale, creativa e salesiana
Don Bosco intuì nella frenetica società in-
dustriale di fine ’800 l’urgenza di ideare
nuove soluzioni di aggregazione giova-
nile, nonché di sfruttare il potenziale
dei canali di comunicazione tecnologicamente più
avanzati, come lo erano la carta stampata e la foto-
grafia, per diffondere educazione e fede nel mondo.
Allo stesso modo, come figli di quel geniale vi-
sionario, nel periodo storico in cui la Rete perva-
de l’esperienza di vita quotidiana, siamo chiamati
oggi ad attuare un processo di “inculturazione”
della missione salesiana nell’habitat digitale, con
tecniche e linguaggi multimediali che consentano
ancora di veicolare alle attuali generazioni il mes-
saggio di don Bosco, animare la Famiglia Salesiana
ed evangelizzare oltre i confini fisici.
Una sintonia profetica
Sono queste le consapevolezze che nel 2018 hanno
spinto un’équipe di animatori del sud Italia con il
delegato alle Comunicazioni Sociali (cs), don Pier-
luigi Lanotte, in totale sintonia “profetica” agli in-
dirizzi di settore del Capitolo Generale 28°, a idea­
re il progetto “ime Comunicazione”: una Startup
creativa tutta giovanile e dal marchio salesiano.
Nata per gemmazione dalla Consulta di cs dell’I-
spettoria Meridionale italiana, ime Comunicazio-
ne prende forma a Napoli con l’intento di mettere
Il Rettor
Maggiore
con don
Gigi Lanotte
e il signor
José Munoz
che, grazie
all’Ime,
hanno
assicurato
i perfetti
servizi del
Capitolo
Generale.
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LUGLIO/AGOSTO 2022

2.7 Page 17

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a disposizione le proprie competenze alla grande
Congregazione Salesiana, offrendo servizi profes-
sionali di ideazione, produzione, post-produzione
di opere audiovisive e grafiche.
Un’iniziativa imprenditoriale che trova subito il
consenso del Rettor Maggiore, don Ángel Fernán-
dez Artime, ed il supporto della Direzione Genera-
le, i quali hanno voluto scommettere senza indugio
sul protagonismo giovanile, sulla professionali-
tà dei risultati e la distintività salesiana di chi ne
prende parte. Difatti l’équipe di lavoro si compone
di registi, cameramen, videomaker, fonici, grafici,
copywriter, social media manager, di età compre-
sa tra i 20 e i 40 anni, che dispongono non solo
di profili altamente professionalizzati ma anche
di una formazione oratoriana messa al servizio nel
cammino di animazione ispettoriale delle cs. Que-
sto mix di ingredienti, e la figura di un salesiano
consacrato alla guida, consente loro un approccio
alla tecnica ed un atteggiamento creativo sempre
mediati da occhi e cuore squisitamente salesiani e
cristiani, attenti alle peculiarità e alle sensibilità dei
destinatari laici e consacrati, giovani e adulti.
Il primo banco di prova
Il primo e rilevante “banco di prova” della Startup
è stata la scrittura e la realizzazione del cortome-
traggio di presentazione della Strenna “La Santità
anche per te” (anno 2019), in cui l’idea dell’équipe
si è distinta per la capacità di raccontare le espres-
sioni di santità giovanile nascoste tra le pieghe del
quotidiano. Da questa produzione ad oggi, con la
fiducia guadagnata e il consenso di diversi soste-
nitori, ne sono susseguiti tanti altri impegni per la
Congregazione e più in generale per la Famiglia
Salesiana a livello mondiale, spesso in collabora-
zione con l’Agenzia InfoAns. I lavori posso essere
visionabili dal sito web www.imecomunicazione.it;
qui possiamo sinteticamente catalogarli per “aree
di servizio”: cortometraggi educativi e reportage
missionari; spot televisivi e format social su te-
matiche giovanili; progettazione di grandi eventi
con dirette streaming
in multilingua; messa
in onda di celebrazioni liturgiche; focus sul Ret-
tor Maggiore e il suo consiglio (Strenne, discorsi
ufficiali); interviste e webinar online; editoria in
multilingua; progettazione grafica e scenografica;
gestione della comunicazione sui Social Network;
composizione musicale e videoclip; servizi foto-
grafici.
Non ultimo campo di azione, che in questi anni di
pandemia impegna particolarmente ime Comuni-
cazione, è quello della formazione per consacrati e
laici corresponsabili della missione salesiana sulle
tecnologie e i loro impatti educativi. La velocità
con la quale il “cortile digitale” ha guadagnato spa-
zio lì dove il distanziamento sociale ha svuotato la
“fisicità” della relazione oratoriana, rappresenta un
IME
Comunicazione
prende forma
a Napoli con
l’intento di
mettere a
disposizione
le proprie
competenze
alla grande
Congregazione
Salesiana,
offrendo servizi
professionali
di ideazione,
produzione,
post-produzione
di opere
audiovisive e
grafiche.
LUGLIO/AGOSTO 2022
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AVANGUARDIE
La velocità
con la quale
il “cortile
digitale” ha
guadagnato
spazio lì dove il
distanziamento
sociale ha
svuotato la
“fisicità” della
relazione
oratoriana,
rappresenta
un urgente
tema inter­
generazionale.
urgente tema intergenerazionale che muove perio-
dicamente l’organizzazione di workshop didattici e
incontri di approfondimento per target di utenza.
Il sogno nel cassetto
Un sogno nel cassetto? Il progetto di un’emittente
televisiva tutta salesiana capace di raggiungere la
Famiglia di Don Bosco nel mondo e accompagnar-
la digitalmente a Valdocco, superando limitazioni
geografiche e disparità socio-economiche, con una
programmazione di contenuti capace di aggregare e
alimentare l’unione carismatica intorno a san Gio-
vanni Bosco.
«Piccoli passi per grandi sogni» sosteneva il nostro
padre fondatore che ancora oggi ci ispira, ed ime
Comunicazione ne è infatti un esempio tangibile
nel portare avanti con coraggio e passione imprese
sempre più audaci e di successo scommettendo sul
protagonismo dei giovani che sono la linfa vitale
del nostro carisma.
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LUGLIO/AGOSTO 2022

2.9 Page 19

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SALESIANI ALLA CONQUISTA DELL’ETERE
Sono sempre di più e sempre più bravi. Eccone alcuni.
Bolivia: Radio Televisione Ichilo:
informazione, evangelizzazione, educazione e
promozione umana. La storia di Radio Televisione
Ichilo può essere suddivisa in tre periodi ben definiti:
l’installazione tra il 1981 e 1985; la crescita tra il 1985 e
il 1992 e la stabilizzazione tra il 1992 e il 2003, durante
la quale viene ampliata la copertura della radio e del
canale televisivo diventando così popolari da essere
punto di riferimento per attività culturali ed eventi
sportivi anche internazionali.
Sudan del Sud: Don Bosco Radio
91.0 FM da 12 anni una radio salesiana proclama
il Vangelo a Tonj. Il motto della radio è “Proclamare il
Vangelo”, e infatti tutti i programmi e le trasmissioni
sono incentrati sulla proclamazione del Vangelo. È
una delle prime stazioni radio di Tonj, ed è ritenuta
una delle migliori stazioni radio del “Catholic Radio
Network” (CRN) del Sudan del Sud, per via della
qualità dei suoi contenuti e della varietà linguistica
dei suoi programmi, che vengono trasmessi per 15
ore al giorno in 5 lingue (inglese, arabo, dinka, jur e
bongo). Attualmente la sua copertura va dai 90 ai 120
chilometri, ma può essere aumentata ad oltre 200
chilometri se c’è alimentazione elettrica.
Il sogno dei responsabili di Don Bosco Radio 91.0 FM
oggi è quello di riuscire a installare trasmettitori paral-
leli in tutte le comunità salesiane del Sudan del Sud,
per favorire l’unità tra tutti i giovani che frequen-
tano le opere salesiane, diffondere la pace e
proclamare il Vangelo in ogni angolo del Paese.
“Se già ora, qui a Tonj, con piccoli numeri formia-
mo i nostri studenti ai media, al giornalismo
e alla comunicazione di massa, potremo
certamente estendere questa opportu-
nità a molti altri giovani dei nostri cen-
tri – afferma don Tamil Selva, dell’opera
di Tonj –. Vogliamo creare un centro di
produzione che tenga vive le tradizioni
del teatro e della musica del Sudan del
Sud. Dato che siamo già ben collegati
con molte tribù, possiamo benissi-
mo preservare e valorizzare l’eredità
culturale del Paese”.
Spagna: la famiglia radiofonica salesiana
cresce e dà voce alle Comunità Educativo-Pastorali.
Dopo il successo dell’iniziativa “Salesianos.info/
podcast”, sono molte le realtà salesiane che si stanno
adoperando per avviare una propria radio salesiana.
È il caso, ad esempio, di Alcalá de Guadaíra e Morón
de la Frontera, le ultime case entrate a far parte della
“famiglia radiofonica salesiana”.
Da alcuni anni, e grazie ai progressi tecnologici, in
Spagna stanno emergendo una moltitudine di iniziati-
ve per “dare voce” alla comunità educativa. La decana
delle attuali radio salesiane nel Paese è “Don Bosco
Radio”, dell’opera salesiana di Ibi, presso Alicante:
da circa 15 anni nella regione de l’Alcoià è possibile
sintonizzarvisi sulle frequenze 88.4 FM.
Una delle potenzialità della radio è la sua funzione
educativa. Così la intendono anche alla scuola “San
Juan Bosco” di Valencia, dove “Radio Bosco” è nata più
di tre anni fa.
Le Piattaforme Sociali Salesiane hanno recente-
mente aderito all’iniziativa radiofonica con il progetto
“Déjame que te cuente” (Lascia che te lo racconti) con
l’obiettivo di recuperare il concetto di amore fraterno e
utilizzarlo per generare una comunicazione che abbatta
barriere e muri, che unisca le persone, valorizzi la diver-
sità e l’incontro con altre culture, e faccia della gioia uno
strumento per diffondere amore.
Madagascar: “Dalla parola al film”:
la sfida di “Media Don Bosco
Madagascar”
“Dalla parola al film”: è questa la grande
sfida che “Media Don Bosco Madagascar”
ha deciso di raccogliere. Sostenuto dall’U-
NESCO e dalla ONG ACDM, “Media Don
Bosco Madagascar” ha creato in sei mesi 15
cortometraggi sui proverbi malgasci, per
offrire al pubblico la possibilità di scoprirne
le origini grazie alle ricostruzioni delle
scene. Attualmente in fase di divulga-
zione, i video non vengono trasmes-
si esclusivamente su Facebook:
proiezioni in sala vengono infatti
organizzate nei locali della “Ra-
dio Don Bosco” di Ivato.
LUGLIO/AGOSTO 2022
19

2.10 Page 20

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IN PRIMA LINEA
O. Pori Mecoi
Nella perla nascosta del corno d’Africa
I Salesiani in Eritrea
Incontro con
don Petros Abraha,
superiore dei Salesiani.
piccolo. Chi mi ha raccontato per primo la storia
di Gesù, però, è stato il mio parroco quando avevo
sei anni. La sua catechesi era accompagnata dalle
immagini che sono ancora vive nella mia memo-
ria.
Il sorriso e la
serenità di
don Petros
Abraha
con alcuni
studenti
eritrei.
Qual è la tua carta d’identità?
Mi chiamo Petros Abraha. Sono nato il 27 febbraio
1970 a Monoxeito, sud dell’Eritrea.
Com’è la tua famiglia?
In famiglia siamo 3 fratelli e 5 sorelle. Io sono il
secondo figlio nella famiglia. Mio papà è morto
nel 1998. Mia mamma vive ancora. Tutti i fratelli
e le sorelle sono sposati e hanno dei figli. Al mo-
mento 4 sorelle e 1 fratello, insieme con le proprie
famiglie, vivono negli Stati Uniti. Un fratello e una
sorella vivono in Norvegia. La mamma vive con le
sorelle negli Stati Uniti. Io sono l’unico della fami-
glia rimasto in paese.
Chi ti ha raccontato per primo la storia
di Gesù?
Io vengo da una famiglia cattolica. Era naturale,
quindi, che andassi in Chiesa con la mamma da
Com’è nata la tua vocazione?
Avevo uno zio, sacerdote diocesano nella diocesi di
Adigrat (Nord Tigra). È stato lui che mi ha aiutato
ad andare a scuola perché io sono nato in un paese
al confine col Tigray e i miei genitori non avevano
la possibilità economica e logistica di mandarmi a
scuola. Questo zio prete mi aiutò a venire alla città
di Adigrat dove ho fatto i miei studi di scuola ele-
mentare e scuola media. Per me questo zio era un
modello. Volevo sempre diventare come lui. Così
ho sognato di diventare sacerdote. Così è nata la
mia vocazione.
Come hai conosciuto i salesiani?
Ho fatto la scuola elementare dalle Suore Pie Mae­
stre Filippini ad Adigrat. Mentre facevo la terza
elementare (1981), quindi, le suore mi introdussero
al San Domenico Savio Club. Praticamente era-
vamo un gruppo di devoti a san Domenico Savio.
Ogni settimana avevamo l’incontro e momenti di
preghiera, accompagnati da una suora incaricata
del gruppo. Posso dire, quindi, che ho conosciuto
don Bosco per via di san Domenico Savio.
20
LUGLIO/AGOSTO 2022

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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Nello stesso anno tre prenovizi salesiani arriva-
rono da Makalè, dove c’erano i salesiani, alla no-
stra scuola per fare campagna vocazionale. La loro
testimonianza era così forte che qualcosa rimase
nel mio cuore. Nel 1986 i salesiani aprirono una
casa ad Adigrat e familiarizzai con loro. Nel 1988
(al finire della seconda media e inizio della pri-
ma superiore) chiesi di entrare nell’aspirantato di
Makalè.
Qual è il tuo compito attuale?
Al momento sono delegato del superiore per la de-
legazione di Eritrea.
Come sono i giovani eritrei?
I giovani eritrei sono prima di tutto molto religiosi.
La religione in Eritrea non è solo fede ma, è anche
una cultura. L’Eritrea è cristiana dal quarto secolo
e ha molta influenza sulla popolazione. La guerra
senza fine influenza anche i giovani eritrei che non
vedono tanto futuro in Eritrea ed emigrano in Eu-
ropa e negli Stati Uniti. Tanti giovani muoiono nel
deserto del Sahara e nel mar Mediterraneo mentre
viaggiano verso l’Europa.
Quali sono le opere salesiane?
Dal 2020, la presenza salesiana in terra eritrea è
di nuovo coniugata a quella etiope nella Visitato-
ria aet; e, in comunione con quella etiope, oggi
guarda con sofferenza e sgomento alla guerra in
corso nel Tigray, una tragedia umanitaria di im-
I giovani
eritrei sono
prima di
tutto molto
religiosi. La
religione in
Eritrea non
è solo fede
ma è anche
una cultura.
L’Eritrea è
cristiana
dal quarto
secolo e il
Cristianesimo
ha influito
sulla
popolazione.
LUGLIO/AGOSTO 2022
21

3.2 Page 22

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IN PRIMA LINEA
«In Eritrea,
i Salesiani
hanno tre
comunità.
La prima, la
casa madre,
si trova a
Dekemhare
(40 km dalla
capitale
Asmara
verso sud). In
questa opera
abbiamo
una scuola
professionale,
la più grande
del paese».
22
LUGLIO/AGOSTO 2022
mense proporzioni, di cui purtroppo poco si parla.
I salesiani, da 27 anni presenti e attivi in Eritrea,
sono molto apprezzati dalla Chiesa locale e dalla
società civile, per il loro servizio educativo e nella
pastorale, così come per i loro progetti sociali, rea-
lizzati anche in collaborazione con molte organiz-
zazioni salesiane italiane (Fondazione Opera Don
Bosco Onlus, Missioni Don Bosco, Fondazione
don bosco nel mondo, il Volontariato Interna-
zionale per lo Sviluppo…). E nelle alterne vicende
nazionali, restano sempre uniti e solidali al fianco
della popolazione.
In Eritrea abbiamo tre comunità. La prima, la
casa madre, si trova a Dekemhare (40 km dalla
capitale Asmara verso sud). In questa opera ab-
biamo una scuola professionale, la più grande del
paese, ove insegniamo falegnameria, automecca-
nica, meccanica, elettricità, elettronica, edilizia e
metallurgia. In questa opera abbiamo anche l’a-
spirantato, il noviziato, il centro giovanile e l’o-
ratorio. È una opera molto grande. Essa è stata
fondata nel 1996. Nel 2005 abbiamo aperto ad
Asmara (la capitale) una casa di formazione dove
i nostri confratelli giovani fanno la formazione
iniziale. La terza opera è una scuola professionale
informale che si trova a Barentù (verso il Sudan).
In questa scuola diamo corsi di durata breve (4-6
mesi) per i drop-outs, ossia quelli che abbando-
nano scuola. Questa comunità è stata aperta nel
2018.
Quali sono i problemi che devi
affrontare?
L’Eritrea è un paese giovane (è indipendente dal
1991). Come tale, il paese ha tante sfide. La guer-
ra dei trent’anni per l’indipendenza dall’Etiopia
ha devastato il paese dal punto di vista economi-
co, sociale ed educativo. Dopo sette anni di una
pace relativa (1991-1998) la guerra contro l’Etio-
pia scoppiò di nuovo e non abbiamo pace tutt’o-
ra. Questo ha impoverito la popolazione ancora di
più. Noi salesiani siamo sul fronte per affrontare i

3.3 Page 23

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problemi sociali, educativi ed economici grazie ai
progetti finanziati dai nostri benefattori in Europa,
soprattutto in Italia.
E i tuoi progetti e sogni per il futuro?
I miei sogni per il futuro sono prima di tutto la
pace nel mio paese. Poi voglio vedere fiorire la
presenza salesiana in Eritrea, piena di giovani sa-
lesiani che possono essere speranza per i giovani
più poveri.
I miei progetti per il futuro sono “educazione, edu-
cazione e educazione” per i giovani eritrei poveri,
aiutare le famiglie in difficoltà economica e sociale,
creare accesso all’acqua potabile per le comunità
che non hanno l’acqua.
Come vedi il futuro della
Congregazione in Africa?
Penso che il futuro della Congregazione in Africa
sia molto promettente. Le vocazioni non mancano,
grazie a Dio. L’inculturazione è chiave per la con-
gregazione se vuole eccellere in Africa. La presen-
za salesiana in Eritrea ha radici forti e un futuro
ancora tutto da scrivere. Avviata oramai quasi tre
decenni orsono, rappresenta una piccola, ma signi-
ficativa realtà della Congregazione Salesiana, che
esprime pienamente quella vicinanza ai giovani più
bisognosi che da sempre caratterizza la missione
dei Figli di Don Bosco.
«I salesiani,
da 27 anni
vivi e attivi
in Eritrea,
sono molto
apprezzati
dalla Chiesa
locale e
dalla società
civile, per il
loro servizio
educativo
e nella
pastorale,
così come per
i loro progetti
sociali».
LUGLIO/AGOSTO 2022
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3.4 Page 24

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LA FAMIGLIA SALESIANA
Antonello Cerini
Coop Don Bosco
Il rinnovato centro Salesiani Cooperatori al Gerini di Roma.
È stato un 8 Dicembre caldo lo scorso anno
2021 all’Istituto Salesiano Teresa Gerini in
via Tiburtina 994 a Roma, nonostante la
temperatura invernale e il clima reso grigio
dalle restrizioni Covid.
Ben 10 nuovi Salesiani Cooperatori e Coopera-
trici hanno illuminato la chiesetta con i loro cuori
contenti e emozionati. Il viaggio è stato lungo, in
quanto dopo i classici due anni di cammino for-
mativo la riflessione si è ulteriormente allungata a
causa delle vicende legate all’insorgere della pande-
mia, ma non tutto il male viene per nuocere, infatti
Il gruppo dei
Cooperatori
del Gerini al
completo.
ciò ha fatto sì che questi aspiranti siano giunti a
prepararsi a vivere il carisma salesiano con maggio-
re aderenza al Fondatore ed al suo stile educativo.
Un bel gruppo di donne e uomini
La maggior parte dei neo-Cooperatori lavorano già
o hanno lavorato nella scuola professionale, altri
hanno coronato con la promessa da Salesiano Co-
operatore anni di impegno in oratorio e di inizia-
tive sportive e formative con i ragazzi, altri hanno
“osato” accettare la proposta salesiana di vivere una
vita impegnata attirati dalla figura di don Bosco e
dalla testimonianza di vari membri della Famiglia
Salesiana incontrati nella loro vita.
Un bel gruppo di donne e uomini, famiglie che
si mettono in ricerca di uno stile di vita cristiano
autentico e consapevole in questi tempi colmi di
egoismo e vuoto esistenziale, rappresenta una luce
anzitutto per loro, per le loro famiglie, per il pros-
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LUGLIO/AGOSTO 2022

3.5 Page 25

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simo che incontrano ogni giorno, per le nuove ge-
nerazioni.
L’idea di un rinvigorimento della tradizione dei
Salesiani Cooperatori al Gerini è nata nel 2018 in
seno all’Istituto Scolastico, sede del Centro di For-
mazione Professionale Teresa Gerini da parte dei
salesiani di allora.
Il primo Centro sscc al gerini, nacque quasi in
contemporanea con la nascita dell’Opera Salesiana
Teresa Gerini, ebbe originariamente le sue radici
in parrocchia e quando nel 2000 i Salesiani fecero
la scelta di ridimensionare l’opera sopprimendo la
parrocchia con il relativo oratorio e le altre realtà ad
esse legate, effettivamente noi della vecchia guardia
entrammo in crisi e facemmo la scelta di continuare
la nostra vocazione di Salesiani Cooperatori nelle
parrocchie limitrofe. Alcuni di noi vissero gli anni
’80 in cui la parrocchia era viva e propositiva, ani-
mati da don Carlo Chenis diventato in seguito ve-
scovo di Civitavecchia-Tarquinia, grande figura di
salesiano, pastore umile e disponibile, uomo di cul-
tura, e purtroppo prematuramente morto nel 2010.
Oltre alla variegata attività sportiva nacquero un
centro culturale, una radio di quartiere, un gruppo
giovanile in grado di proporre al territorio inizia-
tive uniche (animazione liturgica, coro, feste per il
quartiere, gite, interviste con giornali, addirittura
professori universitari che si interessarono del fe-
nomeno di “Radio Tiburtina”). Per non parlare dei
Cooperatori adulti e del loro prezioso affiancamento
in termini di preghiera e azione (gruppo di preghie-
ra, laboratorio Mamma Margherita, condivisione di
tempo e supporto per famiglie in difficoltà).
Una tradizione nobile per i Salesiani Cooperatori
che era tempo di recuperare e onorare.
A distanza di vent’anni voltandosi a guardare i Sa-
lesiani Cooperatori di allora, alcuni si sono persi di
vista, altri sono invecchiati ed altri ci hanno prece-
duto in cielo, per cui don Bosco ha ispirato che era
tempo di riprendere la sana tradizione suscitando
questa vocazione tra gli operatori della nostra scuo-
la e le loro famiglie. Egli ci ha insegnato che se
mettiamo un’iniziativa per il bene delle anime dei
giovani sotto il manto della Madonna non dobbia-
mo preoccuparci di nulla, infatti così è stato perché
il passo per radunare i Salesiani Cooperatori anco-
ra operativi è stato breve e con l’approvazione della
sede provinciale si è ricostituito il centro Gerini nel
2018, erede delle persone che nei decenni passati
animarono la ex parrocchia salesiana del tempo e il
quartiere di Ponte Mammolo.
Creare eccellenze
Questo resoconto non è fatto per autocelebrarsi
ma vuole solo essere una piccola testimonianza di
Chiesa viva nell’epoca che viviamo avara di buone
notizie e di testimonianze. Cosa farebbe don Bosco
qui, adesso? Questa domanda ce la facciamo spesso
per guardarci dall’esterno e camminare con umiltà,
senso pratico, condivisione con la comunità salesia-
na. Per questo vogliamo condividere di seguito tre
nostre brevi riflessioni su come vogliamo impostare
l’agire del nostro Centro sscc per adeguarci alle
nuove situazioni in un ambiente, quello del Ge-
rini, dove in questi vent’anni molto è cambiato e
quindi è doveroso agire cambiando anche noi sscc
mentalità.
Passare da uno stile oratoriano a uno stile scolasti-
co: nel nostro caso al Gerini si deve tenere conto
Formazione
estiva al
fresco e in
amicizia.
LUGLIO/AGOSTO 2022
25

3.6 Page 26

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LA FAMIGLIA SALESIANA
con le lacrime agli occhi ad abbracciare i propri in-
segnanti con moglie e prole al seguito. Questo vuol
dire che si è centrato l’obiettivo di formare onesti
cittadini e a volte buoni cristiani.
«La piccola
lampada
accesa con la
promessa di
questi energici
Salesiani
Cooperatori
sia una
iniezione
di fiducia e
di supporto
per tutta la
comunità e
un richiamo
per altre forze
nuove di cui
c’è bisogno».
che ora è una scuola professionale. Questo significa
usare con i giovani un occhio amichevole, allegro
ma anche serio per pensare alla loro formazione
e preparazione per renderli capaci di affrontare la
vita, fare le prime scelte, prendersi le loro respon-
sabilità, sapersi muovere in una società complessa
facendo valere i loro diritti ed essendo in grado
di interloquire alla pari con un datore di lavoro. I
ragazzi che si preparano all’istituto Gerini, nelle
loro varie specializzazioni (meccanica, carrozzeria,
elettromeccanica, servizi alla persona) diventano
spesso delle eccellenze e non tardano a impiegarsi
o a mettersi in proprio. Senza contare che alcuni
di questi ragazzi che nell’istituto ritrovano la mo-
tivazione allo studio grazie anche alla qualità ed
alla passione degli insegnanti, accedono agli istituti
professionali di stato e arrivano al diploma. L’isti-
tuto prepara alla vita. Mentre in oratorio si educa,
si gioca, si lavora per obiettivi pastorali e/o sportivi
nel cfp c’è l’aspetto della formazione seria e l’im-
pegno condiviso tra formatori e giovani, pur non
trascurando l’amicizia e lo stile salesiano che spesso
rappresentano l’unica luce e l’unica speranza per al-
cuni di questi giovani con situazioni personali o fa-
miliari difficili. Non è raro vedere giovani tornare
A servizio delle periferie
Passare da un servizio ai ragazzi del quartiere ad un
servizio ai ragazzi che vengono da tutte le parti del
mondo: l’istituto Gerini è una grande realtà al ser-
vizio delle periferie di Roma e del suo hinterland,
è frequentato da 700 giovani tra italiani e stranieri
che si preparano a svolgere mestieri belli e neces-
sari alle persone. Sono tutti figli di Dio ma la loro
provenienza da mondi e culture diverse fa sì che
il ruolo dell’educatore sia difficilissimo avendo in
contemporanea a che fare sia con ragazzi romani
che hanno un atteggiamento indolente e che ven-
gono dal quartiere adiacente di San Basilio, centro
dello spaccio di droga in tutta Roma, sia con i ra-
gazzi Sikh onestissimi, provenienti da qualche vil-
laggio sperduto nell’India, per i quali è un dovere
indossare il pugnale che utilizzano per proteggere
i deboli e i bisognosi. Come comunicare con loro?
Come farli comunicare tra loro? Come farli sentire
accolti? Come valorizzarli? Come far passare prima
di tutto i valori umani, specie in coloro che ven-
gono da stati dove non vengono insegnati? Come
avviarli a capire e rispettare la cultura cristiana?
Passare dall’avere solo ragazzi cattolici o ragazzi
lontani dall’esperienza religiosa, ad avere ragazzi
di tante religioni. Questo è un aspetto delicato e
difficile. Chi lavora nel cfp deve avere a che fare
con una ampia diversità religiosa proveniente da
tantissimi luoghi del mondo. Questo implica una
grande preparazione, una grande pazienza, un
cristianesimo maturo e in grado di proporsi come
esempio e proposta senza offendere altre religioni
e capace di confrontarsi con esse cercando di creare
interesse verso il cattolicesimo. Questo mettendo
sempre in evidenza che i giovani sono in un istitu-
to Salesiano che propone esplicitamente la propo-
sta cristiana come necessità imprescindibile della
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LUGLIO/AGOSTO 2022

3.7 Page 27

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loro vita e della loro formazione anche rispettando
la libertà di scelta di ognuno. Si parla ai ragazzi
delle importanti ricorrenze del calendario liturgi-
co e si propone loro la partecipazione alle relative
celebrazioni.
I salti mortali
Tutto bene quindi? Non esattamente. Tutto ciò
che abbiamo detto va situato in un contesto logi-
stico. L’Istituto ha ormai più di 60 anni di storia
ed essendo costituito da grandi edifici edificati sui
parametri di un’architettura e mentalità degli anni
’50 – se da un lato consente di avere officine e la-
boratori spaziosi, luminosi e confortevoli – dall’al-
tro richiede costosi interventi di manutenzione e di
adeguamento alle norme legislative e le risorse sono
limitate. Lo splendente profilo bianco dei palazzi
che ha caratterizzato il Gerini nei decenni pre-
senta qualche opacità e le attrezzature scolastiche
debbono essere costantemente rinnovate per tenere
la scuola al passo con i tempi e anche queste sono
spese, ricerche, convenzioni, una accurata selezione
degli investimenti.
È appena il caso di ricordare il contesto ambientale
in cui il cfp si trova a operare: la zona est di Roma,
confine tra la città che sembra finire alla Stazio-
ne Tiburtina e tutto quello che viene oltre; quar-
tieri difficili, spesso violenti, decine di migliaia
di persone che vivono in complessi dormitorio,
una immigrazione affastellata che crea tensioni tra
poveracci, strade dissestate e sporche, illuminazio-
ne carente, mancanza di spazi comuni e di centri
sportivi, quelli che ci sono si pagano, parrocchie in
difficoltà e chiese spesso chiuse.
La politica che conta fa tanti bei discorsi di recupe-
ro e promozione ma si tiene ben lontana da questi
posti e quella locale non ha la visione né i mezzi.
La comunità dei salesiani e del personale scolastico
fa i salti mortali per mantenere la fama dell’istituto
ed il prestigio guadagnato agli occhi delle istitu-
zioni ma la fatica è tanta e riesce difficile far com-
prendere a chi non vive nella sua realtà quotidiana
la dimensione dei problemi che una struttura del
genere deve affrontare.
Tutti ci auguriamo che questa piccola lampada ac-
cesa con la promessa di questi energici Salesiani
Cooperatori sia una iniezione di fiducia e di sup-
porto per tutta la comunità e un richiamo per altre
forze nuove di cui c’è bisogno. Il ritiro, guidato da-
gli sdb, prima della promessa presso le fma della
comunità San Biagio a Subiaco ha rappresentato
per tutti noi una condivisione di fraternità senten-
doci appieno Famiglia Salesiana, e lì abbiamo con-
segnato il futuro, nostro e dei ragazzi, ai piedi della
Madonna.
Il futuro se Dio vuole sarà quello di individuare
uno o più specifici terreni di impegno che serven-
dosi dei locali dell’Istituto si mettano al servizio dei
giovani della scuola e del territorio usando il mec-
canismo del “passaparola”.
Si sono già attivate due belle iniziative, una scuola
di cucina di successo condotta da Teresa e una Pa-
lestra che è in allestimento da parte di Salvatore e
Andrea. Altre idee verranno, con l’aiuto dei nostri
santi anche più ambiziose e ispirate; questa leva di
Salesiani Cooperatori è fatta da gente che sa amare
e muovere le mani per cui ci sarà da vederne delle
belle.
L’8 Dicembre,
finalmente
la promessa.
Per un
impegno di
vita serio e
responsabile.
LUGLIO/AGOSTO 2022
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3.8 Page 28

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I NOSTRI EROI
José Miguel Nùñez
Morire all’alba
Bartolomé Blanco,
la forza della vita
Una rara
fotografia
del Beato
Bartolomé.
Bartolomé Blanco nacque a Pozoblanco
(Cordoba) il 25 dicembre 1914. I suoi ge-
nitori, Ismael e Felisa, si erano sposati un
anno prima. La sua nascita illuminò il Na-
tale di quell’anno, segnato dalla guerra europea e
dalla povertà, in una Spagna sull’orlo di una crisi
economica, politica e sociale. Il mondo, come era
stato conosciuto fino ad allora, sembrava cadere a
pezzi.
L’infanzia di Bartolomé è stata segnata da povertà,
dolore e perdita. Ismael e Felisa ebbero il loro se-
condo figlio nel marzo 1917, una bambina. L’han-
La forza eroica di un
giovane di Cordoba,
ex allievo salesiano
impegnato nella
difesa del lavoro e
della fede cristiana.
Martirizzato
durante la guerra
civile spagnola e
dichiarato beato
dalla Chiesa.
no chiamata Baldomera. Una bronchite la portò
via quando aveva 18 mesi, nel settembre 1918. Un
mese e mezzo dopo, sua madre morì, all’età di 27
anni. Felisa non sopravvisse al virus dell’influenza
e lasciò Bartolomé orfano prima dei 4 anni.
Non gli mancava l’amore di suo padre e dei suoi zii.
Era la gioia della casa. Correva e si divertiva a gio-
care senza sosta. Presto iniziò ad andare a scuola:
imparò a leggere e scrivere. Studiò il catechismo e,
come tutti i bambini della sua età, fece la sua prima
comunione nel 1923, nella parrocchia di Santa Ca-
talina, per mano del parroco Antonio Maria Rodri-
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LUGLIO/AGOSTO 2022

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guez Blanco. La Provvidenza volle che questo santo
sacerdote, exallievo salesiano di Utrera e cooperatore
salesiano, condividesse con Bartolomé lo stesso oriz-
zonte di martirio, molti anni dopo.
Ma si sa che la sfortuna non arriva mai da sola.
Suo padre, mezzadro nella campagna andalusa, si
guadagnava da vivere coltivando il grano, scavando
gli ulivi e curando le bestie per lavorare la terra.
Uno sfortunato incidente mise fine alla sua vita. Un
carro sovraccarico si rovesciò sulla strada, schiac-
ciando Ismael, il 6 settembre 1926. Bartolomé non
aveva ancora 12 anni e l’orfanità assoluta colpì la
sua infanzia e segnò la sua vita per sempre.
Buona stoffa
Nonostante la possibilità di studiare, Bartolomé do-
vette lasciare la scuola. Dopo la morte di suo padre e
l’arrivo della sua nuova famiglia, i suoi zii, la sua si-
tuazione finanziaria era precaria. All’età di 12 anni,
come tanti bambini in quei tempi difficili, dovette
andare a lavorare. Lavorava nel laboratorio dei suoi
cugini, costruendo sedie. Il lavoro di “sillero” era per
lui un costante richiamo alla dignità del lavoratore
che, con umiltà, cerca di guadagnarsi da vivere.
Nel settembre 1930, la prima comunità salesiana si
stabilì a Pozoblanco. C’erano 5 salesiani, con don
Antonio do Muiño come direttore. Ben presto si
seppe in paese che la casa di don Bosco era la casa
dei giovani.
Scuola, oratorio e chiesa divennero punti di riferi-
mento nella vita delle famiglie del villaggio. Bar-
tolomé fu subito affascinato dai salesiani. Il suo
spirito allegro e irrequieto si adattava allo stile dei
figli di don Bosco. Prima come oratoriano e poi
come catechista, ha frequentato la casa salesiana tra
il 1930 e il 1935, ed è stato amato e apprezzato per
il suo ingegno, l’impegno apostolico e le capacità di
leadership. Era catechista, animatore dell’oratorio,
coltivava il gruppo di fede con i suoi compagni per
la loro formazione e spesso lo si vedeva recitare una
commedia teatrale con quella scintilla cordobese
che mostrava.
Accompagnato spiritualmente da don Antonio,
Bartolomé imparò ad amare la Vergine Ausiliatri-
ce e aumentò la sua devozione a Gesù Sacramen-
tato. Respirò la gioia salesiana e amava mettere le
sue capacità al servizio dei ragazzi nella catechesi
o nell’oratorio. Esercitava una leadership naturale
che lo portò ad essere il capitano di quei bambini
che venivano ogni domenica all’oratorio e trovava-
no in Bartolomeo un leader accogliente, vivace e
creativo. Lo stile salesiano, fatto di gioia, ottimi-
smo e spirito di famiglia, ha trovato in Bartolomeo
un terreno fertile per mettere radici. Ha capito che,
nella casa di don Bosco, la santità consiste nell’es-
sere sempre allegri.
La prima Olivetti
Don Antonio lo incoraggiò a partecipare ai “Cir-
coli di studio”, gruppi di formazione e riflessione
cristiana per i giovani, organizzati dallo stesso
preside della scuola. Studiarono i Vangeli e appro-
fondirono i testi, cercando di illuminare la propria
vita per aiutare i giovani ad essere più impegnati
verso gli altri. Fu così che Bartolomeo si coinvolse
nell’Azione Cattolica a partire dalle proprie con-
vinzioni.
Fu così che Bartolomeo si impegnò nell’Azione
Cattolica, sulla base delle sue convinzioni cristiane,
Lo stile
salesiano,
fatto di gioia,
ottimismo
e spirito di
famiglia, ha
trovato in
Bartolomeo
un terreno
fertile per
mettere
radici. Ha
capito che,
nella casa di
Don Bosco,
la santità
consiste
nell’essere
sempre
allegri.
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3.10 Page 30

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I NOSTRI EROI
Bartolomé
Blanco, a
sinistra, con
il cugino
Antonio.
Erano come
fratelli.
del suo impegno evangelico e del suo desiderio di
una vita santa.
In quel periodo, iniziò un’importante attività let-
teraria. Don Antonio gli regalò una macchina da
scrivere Olivetti, un privilegio! Molti dei suoi scrit-
ti sono ancora conservati, come dossier, discorsi,
articoli... scritti sulla Olivetti di don Antonio.
L’ultima ora
Bartolomeo Blanco si impegnò nel sociale e nel-
la politica e partecipò attivamente alle elezioni del
1933, nelle quali, per la prima volta, le donne vo-
tarono in elezioni libere. Fece un discorso decisivo
a nome dell’Azione Cattolica all’età di 19 anni du-
rante una manifestazione elettorale nel suo villag-
gio, alla presenza di notevoli personalità politiche
dell’epoca.
I suoi compagni dissero di lui che era un giovane
retto e coraggioso, con un’intelligenza insolita per
uno della sua classe che non aveva avuto l’oppor-
tunità di studiare più delle quattro lettere. Era or-
goglioso delle sue origini numeriche e usava il suo
status di lavoratore come bandiera per difendere la
sua posizione politica. Difensore della monarchia,
dei diritti del popolo e della Chiesa, il suo status di
cattolico lo portò ad adottare le tesi della Dottrina
Sociale, con cui si sentiva identificato. Quella sera,
5 novembre, gli fu affidato il discorso di apertura
e il compito di introdurre gli oratori. Alla fine del
suo discorso, ci fu qualche secondo di silenzio, e la
folla scoppiò in un applauso e si alzò in piedi.
Uno dei politici presenti si interessò a lui e gli pro-
curò un’intervista a Madrid con una delle figure
pubbliche più prestigiose del cattolicesimo in Spa-
gna in quel momento, don Enrique Herrera Oria,
avvocato spagnolo. Giornalista e politico, si dedicò
alla causa della difesa dei lavoratori a partire dalla
convinzione che la Chiesa potesse aiutare il cam-
biamento sociale.
Dopo l’intervista, Herrera Oria è rimasto impres-
sionato dal suo potenziale. Gli offrì la possibilità
di formarsi all’Istituto Sociale Operaio (iso), che
Oria aveva fondato un anno prima, per formare lea­
der cristiani che, sulla base della Dottrina Sociale
della Chiesa, si impegnassero pubblicamente per
la causa dei lavoratori e lavorassero per la giustizia
sociale. Bartolomé si distinse per la sua intelligenza
e capacità di leadership, la sua umiltà e la sua forza
di volontà per superare gli ostacoli dei suoi studi.
Alla fine del corso, ottenne una borsa di studio
dall’istituzione per un viaggio di studio in Europa
dal 10 al 26 settembre 1935, per conoscere la realtà
dell’azione sindacale cattolica nel continente. Pari-
gi, Bruxelles, Anversa e Heerlen sono state alcune
delle destinazioni visitate. Esperienze come queste
hanno aperto gli orizzonti e incoraggiato l’impe-
gno.
Al suo ritorno a casa, si impegnò ancora di più nel
suo lavoro a capo dei sindacati dei lavoratori del-
la provincia di Cordova. Con creatività, promosse
nuovi progetti e venne coinvolto nell’organizzazio-
ne della formazione dei suoi colleghi. Non ha mai
smesso di lavorare. Durante i suoi periodi a casa,
è rimasto attaccato all’officina, con i suoi cugini,
un lavoratore tra i lavoratori. Non ha perso la sua
umiltà.
Le fauci del leone
All’inizio di ottobre 1935 a Cádiz, Bartolomé si
arruola nel servizio militare. Il soldato Bartolomé
Blanco continuò il suo servizio militare senza par-
ticolari turbamenti personali, ma era preoccupato
per la direzione che le cose stavano prendendo.
30
LUGLIO/AGOSTO 2022

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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I primi mesi del 1936 non furono di buon auspi-
cio dal punto di vista politico e sociale. Tutto ebbe
un’impennata dopo il risultato del primo turno del-
le elezioni del 16 febbraio, che portò un cambia-
mento nella politica nazionale e un cambio di scena
in Parlamento.
Un’ondata di violenza travolse il paese. Una vera e
propria persecuzione religiosa fu scatenata dall’o-
dio per la fede. Bruciature di conventi, distruzione
di immagini, assassinii di religiosi, sacerdoti e laici
cattolici. Il terrore e la paura seminarono l’incer-
tezza nel paese, che sprofondò in un conflitto di
dimensioni straordinarie e dalle conseguenze im-
prevedibili.
Lo scoppio della guerra civile sorprese Bartolomé
mentre era in licenza nel suo villaggio. Lì fu de-
nunciato come leader sindacale cattolico e difensore
della causa dei lavoratori. Fu arrestato e, dopo alcu-
ni giorni nella prigione di Pozoblanco, fu trasferito
a Jaén, dove fu giustiziato dopo un processo iniquo
e sommario, con l’accusa di non aver rinunciato alla
sua fede.
Vide la morte arrivare con una serenità piena di
maturità. Giorni prima del suo assassinio disse ad-
dio alla sua fidanzata, scrivendo dalla prigione con
una lucidità sconvolgente: “Cara Maruja, come ti
ho amato, ti amerò fino al momento della morte.
Dio mi chiama; Dio mi chiama al suo fianco, e a
Lui vado sulla via del sacrificio. Non incolpate nes-
suno della mia morte; perdonate in nome di Dio
come Lui ha perdonato e anch’io perdono (...) Fino
all’eternità. Il tuo Bartolomé».
E alla sua famiglia, la notte prima della sua morte
per fucilazione: “Questo è il mio ultimo desiderio:
perdono, perdono e perdono (...) Vi sia di conforto
sapere che la mia serenità, nelle mie ultime ore, è
assoluta per la mia fiducia in Dio”.
Sappiamo che Bartolomé chiese di essere fucilato
a piedi nudi e con gli occhi scoperti. Al momento
dell’esecuzione, secondo i testimoni, gridò: “Viva
Cristo!»
Voleva assomigliare al suo Signore, nudo sulla cro-
ce e fiducioso nella misericordia del Padre.
Era l’alba del 2 ottobre 1936.
Una lapide
in ricordo
dei martiri
spagnoli.
Nell’ultima
lettera,
Bartolomé
scrisse: «Dio
mi chiama al
suo fianco,
e a Lui vado
sulla via del
sacrificio.
Non incolpate
nessuno della
mia morte;
perdonate in
nome di Dio
come Lui ha
perdonato
e anch’io
perdono».
LUGLIO/AGOSTO 2022
31

4.2 Page 32

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COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Le malattie dell’educazione 7
La sindrome del pappagallo
È la malattia di coloro che dicono
quello che dicono gli altri, fanno ciò
che fanno gli altri... Il motto preferito
dagli ammalati di questa sindrome è
“Così fan tutti...”.
shutterstock.com
La moda coman-
da: e tutti ci si
veste allo stesso
modo. La tele-
visione parla: e tutti
ridono, sgambettano,
gesticolano, litigano
allo stesso modo. L’a-
ria che tira impone
che il primo giorno
di scuola sia una pas-
serella per i piccoli,
e tutti si adeguano.
L’essere al passo con i
tempi prescrive che il compleanno del bambino sia
la prova generale delle nozze e tutti ripetono, come
i pappagalli, appunto!
È la frase che i genitori sentono più spesso: «Lo
fanno tutti, perché io non posso?». Una frase che
i figli istintivamente usano con calcolata crudeltà.
Provoca un fastidioso senso di insicurezza ai
genitori, che si sentono sbattuti nell’arena della
concorrenza. I figli esprimono con questa protesta
un istinto positivo; i genitori vi sentono la minaccia
di un conformismo pericoloso.
I bambini crescendo devono imparare ad entrare in
rapporto con gli altri, e i coetanei sono il loro spec-
chio, a tutte le età. È difficile imparare a volersi
bene se non si è accettati dai propri simili. Proprio
per questo, una delle tappe principali nell’evoluzio-
ne dei piccoli è imparare ad essere come gli altri
bambini della loro età. Imparare a far parte attiva-
mente di un gruppo è molto importante perché il
bambino sviluppi un’immagine positiva di sé. Un
bimbo potrà osare di essere diverso soltanto dopo
che ha avuto la certezza di essere alla pari con gli
altri.
Gli aspetti positivi di questa voglia di essere come
gli altri possono però facilmente trasformarsi in
una forza negativa, che possiamo chiamare «l’imi-
tazione a tutti i costi». In questo senso vanno com-
prese le pressanti raccomandazioni di don Bosco ai
suoi ragazzi perché facessero attenzione ai «cattivi
compagni» e al «rispetto umano».
In che modo dobbiamo reagire? Intanto irrobu-
stendo il nostro “io”, la nostra personalità.
La sindrome del pappagallo si combat-
te uscendo dal gregge. Si combatte diven-
tando “egregi” (alla lettera: “ fuori del gregge”). Oggi
l’onda porta ad accelerare i figli soffocandoli con
mille impegni, con mille “corsi”. I genitori fuori
coro reagiscono con forza: “Basta con i figli spremu-
ti!”. Oggi i genitori che sono sul carro del “Così fan
tutti” lasciano che il figlio cresca nella bambagia.
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LUGLIO/AGOSTO 2022

4.3 Page 33

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I genitori vecchio stile si oppongono a tutto tondo:
“Viziare è sempre ingannare! La vita non è una scatola
di cioccolatini!”
Il rischio da evitare è che inizi in famiglia una
continua guerriglia: «Tutti gli altri tornano a casa
quando vogliono, perché io devo rientrare alle die-
ci?», «Non vi fidate di me!», «La mamma di Gloria
glielo compra, perché tu no?».
Se Vostro figlio dice: “Le altre mamme permettono
ai figli di guardare la tv dopo la scuola”, non repli-
cate: “Io non sono la mamma degli altri bambini.
Fino a quando vivrai in questa casa dovrai ubbidire
alle mie regole», rispondete: “In casa nostra la tv
rimane spenta fino a quando non avrai completato
i compiti”.
Riconoscete l’unicità di vostro figlio.
È facile dimenticare che vostro figlio non è solo
un vostro riflesso, un «ramo del vecchio tronco».
Ogni figlio o figlia è un individuo unico la cui
personalità, il cui carattere, i cui interessi e le cui
capacità possono essere molto diversi dai vostri ol-
tre che da quelli dei fratelli. In momenti particolari
di vicinanza e di serenità, i genitori devono ricor-
dare ai figli che essere «unici» premia molto di più
che essere «come gli altri».
Investite sul suo cervello. Possiamo, ad
esempio, proporgli, dal momento in cui è in grado
di comprenderla, questa riflessione: “Quando nasce
un bambino, tutti dicono: ‘Assomiglia tutto al padre’;
oppure: ‘È intelligente come lo zio’... perché non do-
mandarci: ‘In che cosa è diverso da tutti?’”. Possia-
mo aggiungere: “Gli uomini non sono come le tegole
che si danno da bere l’una all’altra!”. “Dio è scarso in
matematica e non usa lo stampino! Difatti sa contare
solo fino ad uno, poi ricomincia da capo: infatti non fa
doppioni!”. “Piuttosto d’essere clonato, ribellati!”.
Occorre inviare ai figli due messag-
gi diversi. Primo: approviamo il tuo bisogno di
essere come gli altri. Secondo: ti vogliamo abba-
stanza bene da aiutarti a capire che cosa è giusto
e buono e che cosa non lo è. I figli devono capire
che i genitori sostengono il loro sforzo di diventare
Pino Pellegrino
I NONNI
“CUSTODI
DELLA VITA”
Edizioni Sanpino
Presentazione
di LINO BANFI,
il “nonno d’Italia”
«Ho letto con gusto questo
bellissimo libro come se fosse la
sceneggiatura di una puntata del
“Medico in famiglia”. I consigli, i suggerimenti e le riflessioni
di questo simpatico autore sono tante pillole di saggezza che
spaziano dall’arte di raccontare le favole a come giostrarsi nel
mondo digitale»
Queste pagine hanno la loro importanza perché vogliono far
conoscere quella che oggi ci sembra l’ultima ala di riserva che
ancora ci resta per arginare la «catastrofe educativa» di cui parla
papa Francesco.
I nonni ci salvano dalla catastrofe perché salvano gli anni delle
radici della vita di ogni uomo nuovo che approda sul pianeta.
I nonni ci proteggono dalla catastrofe perché mostrano in diretta
che ancor oggi è possibile e gratificante essere uomini e donne
maturi.
Tutto questo confermano queste pagine abbellite dalle parole
dei nipoti e arricchite da tanti stimoli pedagogici e da un capitolo
riservato ai pensieri del Papa che è sempre dalla parte dei nonni!
autonomi, ma che come genitori hanno il dovere di
proteggerli dai pericoli.
La cosa più utile è distinguere tra que-
stioni importanti e irritazioni da poco. Si
può anche essere elastici sul modo di vestire, sui
gusti musicali, sugli hobby... È vitale essere fermi
quando si tratta di rientri a casa, di andare alle feste
senza essere accompagnati, di alcol ecc.
Parlarne apertamente. I ragazzi devono es-
sere aiutati a distinguere le pressioni utili da quelle
dannose. Un papà può tranquillamente dire al fi-
glio: «Non mi importa niente se tutti sul pullman
si comportano in modo volgare e maleducato. Tu
porti il mio cognome, e io ho diritto al mio buon
nome...».
LUGLIO/AGOSTO 2022
33

4.4 Page 34

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LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
Cerco un centro di
gravità permanente
A dispetto dell’insistente richiamo
a mettersi costantemente in
discussione per sottrarsi a ogni
rigido determinismo, i giovani
adulti del terzo millennio
continuano infatti a cercare con
tenacia un’identità stabile,
un “baricentro” che unifichi
le tante rappresentazioni
di sé che offrono al mondo.
Sono un moralista, sono un nichilista,
cambio d’abito sovente, un trasformista,
poco disfattista, ottimo ottimista,
il soggetto più prezioso e prediletto
di qualsiasi terapista.
Un illusionista, esibizionista,
in dalmatica liturgica, esorcista,
preso alla sprovvista da protagonista,
una stella che ha paura di brillare
nella morsa di una svista.
Cerco ancora la strada di casa
sotto un sole che ride,
una pioggia che piange
e una brezza che tira,
per tornare a provare a cercarmi davvero,
per nascondere l’ira...
Nella cultura del pensiero debole, della mo-
dernità liquida e delle identità fluide, i
giovani adulti sono ormai abituati a fare i
conti con una percezione di sé sempre più
plurale e frammentaria, in cui spesso fanno fatica a
individuare un “centro di gravità” unitario. Stretti
tra opposte aspettative sociali, scissi tra i moltepli-
ci ruoli che sono chiamati a interpretare nei diver-
si contesti esperienziali in cui sono immersi, invi-
schiati in una quotidianità precaria e instabile che li
costringe a continui rimaneggiamenti delle proprie
aspirazioni e progetti di vita, diventano assai presto
consapevoli della difficoltà di dare coerenza al pro-
prio disordinato vagare e, come viandanti improv-
visati e un po’ sprovveduti, si adattano a navigare a
vista, rinunciando a qualsiasi pianificazione a lungo
termine del proprio itinerario esistenziale. Una con-
dizione, questa, che per quanto talvolta rivendicata
34
LUGLIO/AGOSTO 2022

4.5 Page 35

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come sinonimo di flessibilità e dinamismo, viene il
più delle volte subita, nella misura in cui genera un
perenne disorientamento e rende assai complicato
costruire una biografia sensata e lineare.
A dispetto dell’insistente richiamo a mettersi co-
stantemente in discussione per sottrarsi a ogni rigido
determinismo, i giovani adulti del terzo millennio
continuano infatti a cercare con tenacia un’identità
stabile, un “baricentro” che unifichi le tante rappre-
sentazioni di sé che offrono al mondo, per potersi
salvare da un’esistenza sparpagliata e fluttuante,
affidata alla contingenza degli obiettivi a breve ter-
mine e delle esperienze quotidiane. Al di là di una
certa immagine stereotipata di una generazione che
rifugge programmaticamente dal ristagno della “sta-
sis” e che ha fatto dell’adattabilità la propria massi-
ma di vita, l’aspirazione a restituire unità al proprio
percorso di vita resta uno dei bisogni più autentici
che caratterizza la sensibilità giovanile, sebbene non
necessariamente quello più appariscente.
Nel cammino verso l’adultità essi non mancano di
fare esperienza di come il valore – per tanti ver-
si funzionale alla crescita – della resilienza rischi
talvolta di trasformarsi nella dolorosa e rassegna-
ta accettazione dell’impossibilità di conferire una
Cerco ancora la strada di casa
tra un ricordo che arriva,
la speranza che parte
e la rotta che vira.
Se per caso mi manchi davvero, ti prego,
di provare per sempre comunque a cercare la mira,
a cercare la mira...
Sono un alchimista, nato batterista,
che comunica col pop, ma è un jazzista,
Fred Astaire in vista, Messner sulla cresta,
che ha operato a cuore aperto il suo universo
senza aver l’anestesista.
Cerco ancora la strada di casa
sotto un sole che ride,
una pioggia che piange
e una brezza che tira,
per tornare a provare a cercarmi davvero,
per nascondere l’ira...
Cerco ancora la strada di casa
tra un ricordo che arriva,
la speranza che parte
e la rotta che vira.
Se per caso mi manchi davvero, ti prego,
di provare per sempre comunque a cercare la mira,
a cercare la mira...
(Francesco Gabbani, La mira, 2022)
configurazione durevole alla propria personalità, di
come le inevitabili e spesso salutari deviazioni dalla
strada che hanno scelto di percorrere, se li costrin-
gono a perdere completamente di vista il sentiero
maestro e la meta finale verso cui sono diretti, pos-
sano finire col decretare il naufragio del loro pro-
getto di vita.
Per evitare di smarrirsi nell’inesauribile ricerca di
sé, continuando a girare a vuoto tra continui cambi
di direzione e improvvise virate fuoribordo, diventa
allora quanto mai necessario tener ferma la rotta del
proprio itinerario, riuscendo a dotarsi di tutti quegli
strumenti e quelle competenze esistenziali che, pur
nella laboriosità di un percorso sempre “in divenire”,
garantiscano quanto meno la possibilità di andare
progressivamente più a fondo nella conoscenza del-
la propria interiorità e di modellare su di essa – e
non su obiettivi contingenti o transitorie condizioni
esterne – la costruzione della propria biografia.
LUGLIO/AGOSTO 2022
35

4.6 Page 36

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
Erano undici
(più Maria Ausiliatrice)
«Siete poche, sprovviste di mezzi,
e non sostenute dall’approvazione
umana. Niente vi turbi. Le cose
cambieranno presto».
ll 5 agosto di centocinquant’anni a Mornese di
Alessandria un gruppetto di undici ragazze del
Monferrato - per lo più native di Mornese e va-
rie con il medesimo cognome Mazzarello - si
impegnava a realizzar un progetto di don Bosco:
quello di dare inizio ad un Istituto religioso, che
si impegnasse nella “cristiana e civile educazione”
delle ragazze del popolo, così come i Salesiani da
anni già facevano in favore dei giovani poveri ed
abbandonati. Ricevettero il nuovo abito, il crocifis-
so e professarono per tre anni il voto di povertà, ca-
stità e obbedienza. Altre quattro ragazze presenti,
invece, ricevettero semplicemente l’abito da novizia
e la medaglia di Maria Ausiliatrice.
“La funzione fu commoventissima - si legge nel ver-
bale dell’avvenimento datato 8 agosto 1872 - e v’in-
tervenne per grazia speciale del Signore altresì il prefa-
to molto reverendo don Giovanni Bosco, che più non si
aspettava per sua malferma salute; e le novelle religiose
ebbero la consolazione di ricevere dalla sua bocca gli av-
vertimenti più importanti per corrispondere alla grazia
della vocazione nell’Istituto religioso da esse abbracciato”.
Don Bosco, sofferente, che fino allora con altri
sacerdoti aveva assistito alla funzione presieduta
dal vescovo di Acqui, monsignor Giuseppe Maria
Sciandra, prese la parola e fra l’altro disse rivolgen-
dosi alle undici neoprofesse: «Voi ora appartenete ad
una Famiglia religiosa che è tutta della Madonna; siete
poche, sprovviste di mezzi, e non sostenute dall’appro-
vazione umana. Niente vi turbi. Le cose cambieranno
presto e voi avrete tante educande da non sapere più dove
metterle e non solo educande, ma anche tante postulanti
da trovarvi nell’imbarazzo della scelta. Sì, io vi posso
assicurare che l’Istituto avrà un grande avvenire, se vi
manterrete semplici, povere, mortificate».
Parole profetiche
Col senno di poi è facile per noi affermare che que-
ste parole sono state profetiche. Le undici prime
Figlie di Maria Ausiliatrice sono diventate decine
di migliaia; un secolo dopo erano 18 mila, sparse
nei cinque continenti. Vivente don Bosco erano già
in Patagonia, prima della fine del secolo erano alla
“fine del mondo” nella Terra del Fuoco. Le poche
educande della prima ora, quella di Mornese, sono
diventate, come aveva prospettato don Bosco, de-
cine di migliaia, accolte in migliaia di case. Le ex
allieve sono ormai milioni sparse sotto tutti i cieli.
E oggi?
Avrà don Bosco sognato anche l’oggi, il 2022, delle
Figlie di Maria Ausiliatrice? Nessuno può saperlo,
è una storia sconosciuta, come recita questa rubrica.
Ma le fma non demordono ed ecco che ti orga-
nizzano un grande evento, un Convegno interna-
zionale che si terrà a Roma, 25-30 settembre 2022,
e sarà online in cinque lingue su l’Apporto delle Fi-
glie di Maria Ausiliatrice all’educazione (1872-2022).
Percorsi, sfide e prospettive.
La riflessione partirà da dati storici per fare il pun-
to su alcuni aspetti del contributo delle fma all’e-
36
LUGLIO/AGOSTO 2022

4.7 Page 37

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ducazione e individuerà percorsi diacronici e sin-
cronici, ricavando dai dati statistici sulle persone, le
opere e la geografia delle comunità, degli elementi
utili ad una riflessione critica. L’esperienza salesia-
na incarnata in alcune figure di suore fma parti-
colarmente incisive in diversi contesti stimolerà il
confronto con le sfide del presente, per rilanciare la
loro missione educativa nell’oggi e soprattutto nel
domani.
Con un ampio coinvolgimento delle comunità edu-
canti dei cinque continenti le organizzatrici hanno
indagato con una attenta ricerca come è vissuto e
compreso attualmente il sistema preventivo, in
modo da individuare percorsi e prospettive per il
futuro dell’educazione, proprio alla luce dello spi-
rito che caratterizza la Famiglia salesiana nella
Chiesa e nella società. Il confronto con al-
cune “buone pratiche” attuali avrà lo sco-
po di mettere in dialogo fra loro idee,
visione e concretezza, come è tipico
di chi deve guardare avanti, preve-
nire e aprire strade perché i giova-
ni possano percorrerle sulle loro
gambe, da protagonisti attivi e
propositivi, da “buoni cristiani e
onesti cittadini” del XXI secolo,
come direbbe don Bosco.
Il convegno si rivolgerà pertanto
a educatori, educatrici e a stu-
diosi, a istituzioni e a persone
comunque interessate, che han-
no a cuore il futuro dei giovani
e un nuovo modello di sviluppo,
con particolare attenzione alle
risorse femminili per la cura
dell’umano nel senso più pieno.
La presenza e la partecipazione
al convegno di personalità pro-
venienti dai contesti culturali
più diversi è indice della varietà
dei popoli con cui sono venute in
contatto le comunità delle fma
in 150 anni, sempre a servizio dell’educazione, per
assecondare il desiderio di sviluppo soprattutto di
chi parte svantaggiato.
Evidentemente nelle tre sessioni del convegno si
toccheranno temi comuni e aspetti specifici, cer-
cando i significati che uniscono la Famiglia sale-
siana nella missione al di là delle parole, ma anche
ridando significato alle parole classiche del sistema
preventivo, messe alla prova del tempo.
Tutti i lettori sono invitati a informarsi ed even-
tualmente a partecipare al convegno, che intende
essere un grande incontro internazionale all’inse-
gna della speranza: www.convegnofma150.org
Il quadro
della Basilica
di Maria
Ausiliatrice
di Torino che
ricorda don
Bosco che
parla alle
prime Figlie
di Maria
Ausiliatrice.
LUGLIO/AGOSTO 2022
37

4.8 Page 38

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FMA
L’ISTITUTO FMA NEL MONDO
In America
Il 14 novembre 1877, dal Porto di Genova, parte
la prima spedizione missionaria di giovani FMA per
Montevideo (Uruguay). Il 1° gennaio 1879 il secondo
gruppo di missionarie raggiunge Buenos Aires
(Argentina). Il 3 febbraio 1881, il terzo gruppo fonda
nuove comunità in Argentina e in Uruguay.
In Africa
L'8 dicembre del 1893 le prime Figlie di Maria
Ausiliatrice arrivano in Algeria a Mers-el-Kebir.
Fondano il primo oratorio accogliendo ragazze e
giovani, promuovono attività di taglio e cucito e
si dedicano alla catechesi e alle attività pastorali
nella parrocchia (cf. Il cammino dell'Istituto
nel corso di un secolo, vol. 2°).
38
LUGLIO/AGOSTO 2022
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2020
AMERICA
Le FMA sono 3366
in 464 comunità,
presenti in 23 Nazioni
con 26 Ispettorie.
2020
AFRICA
Le FMA sono 628
in 106 comunità,
presenti in 26 Nazioni
con 7 Ispettorie
e 2 Visitatorie.

4.9 Page 39

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L’Istituto FMA è una grande Rete educativa, comunicativa ed evangelizzatrice dalle realtà locali a quelle
ispettoriali, interispettoriali e mondiali, in sinodalità con Enti e Organismi salesiani, civili ed ecclesiali
rende visibile la missione carismatica salesiana.
11 535 FMA, 69 Ispettorie e 5 Visitatorie, 9 Conferenze Interispettoriali, 97 Nazioni
nei 5 Continenti.
In Asia
Nel 1891 le FMA arrivano in Asia a Betlemme (Medio
Oriente) e nel 1922 le FMA giungono in India. Aprono
la prima casa a Tanjore il 24 novembre 1922 con
l’orfanotrofio, il laboratorio, l’oratorio, il dispensario e, in
seguito, la scuola e le visite ai villaggi. Nel marzo del 1923
le FMA approdano in Cina dove aprono la prima casa a
Shiu Chow. Nel 1929 giungono in Giappone. Nel 1931
iniziano la prima casa in Siam (oggi Thailandia).
In Europa
La prima casa in Italia è quella della fondazione
dell’Istituto aperta a Mornese (Alessandria) il 5
agosto 1872. L'Istituto varca le frontiere dell’Italia
nel 1877, aprendo una comunità a Nice
(Francia).
In Oceania
Nell’anno mariano 1954 le FMA aprono
la prima casa a Brooklyn Park
(Australia).
2020
EUROPA
Le FMA sono 4597
in 385 comunità,
presenti in 22 Nazioni
con 19 Ispettorie
e 2 Visitatorie.
2020
ASIA
Le FMA sono 2886
in 364 comunità,
presenti in 22 Nazioni
con 16 Ispettorie
e 1 Visitatoria.
2020
OCEANIA
Le FMA sono 44 in 9 Comunità presenti
in 3 Nazioni Australia Samoa e Isole Salomone
con 1 Ispettoria; in Papua Nuova Guinea
le FMA sono 14 in 3 comunità appartenenti
all’Ispettoria Filippina.
LUGLIO/AGOSTO 2022
39

4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
 Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
 Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di luglio
preghiamo per la beatificazione
del Servo di Dio Carlo Golda
Nato il 23 dicembre 1914 a
Tychy (Alta Slesia) da Lodovico
e Anna Swierczyk venne marti-
rizzato nel campo di concentra-
mento di Auschwitz il 14 mag-
gio 1942, a 28 anni d’età, 9 di
professione e 3 di sacerdozio.
Fatti gli studi ginnasiali nell’Isti-
tuto salesiano di Oswiecim, en-
tra nel noviziato di Czerwinsk.
Emette la professione religiosa
il 23 luglio 1932. Venne invia-
to a Roma a studiare teologia
alla Gregoriana. Il 18 dicembre
1938 veniva ordinato sacerdote
nella Basilica del Sacro Cuore.
Conseguita la licenza in Sacra
Teologia, ritornava in Polonia
nel luglio 1939, e ad Oswiecim
gli si affidava l’insegnamento e
la carica di consigliere scolasti-
co dei chierici teologi. Arrestato
improvvisamente il 30 dicem-
bre 1941 dalla Gestapo, veniva
trasportato nel “campo della
morte” di Auschwitz, con il n.
18 160. Don Carlo Golda era do-
tato di acuto, tenace intelletto.
Era molto zelante nell’esercizio
del sacro ministero, attenden-
do molte ore ad ascoltare le
confessioni. Conoscendo la
lingua tedesca, un soldato te-
desco addetto al servizio del
campo di concentramento di
Auschwitz veniva a confessarsi
da lui. Dopo breve tempo, ven-
ne scoperto il “grave delitto”
ed ecco che il confessore viene
arrestato e dopo cinque mesi
di vero martirio, durante i quali
non gli si risparmiò il supplizio
del famigerato “Bunker”, venne
fucilato il 14 maggio 1942. Fra
gli stessi soldati del luogo si
formò la persuasione che don
Golda avesse sacrificato la sua
vita per il sigillo sacramentale.
Ringraziano
Dal 1° all’8 aprile 2021 sono
stato ricoverato nel reparto di
Malattie Infettive di Venezia
per polmonite e infezione da
Sarscov2. Per peggioramento
del quadro clinico, sono stato
trasferito in UTI, intubato e trat-
tato con ventilazione meccanica.
Dopo ulteriori complicazioni
l’8 giugno sono stato trasferito
presso il san Camillo di Venezia
per trattamento riabilitativo.
In questo periodo ho sentito la
vigilanza dall’alto in particolare
del servo di Dio monsignor
Giuseppe Cognata che è all’o-
rigine del mio essere salesiano
sacerdote. Spero tanto che il
Signore lo premi con il riconosci-
mento da parte della Chiesa del-
la sua eroica santità. Ora mi sto
lentamente riprendendo bene.
Unica raccomandazione dei me-
dici: coltiva il “miracolo” che sei,
accontentati di quello che puoi.
Don Frediano Brovedani – Udine
Desidero ringraziare san Dome-
nico Savio e Tutti i Santi che mi
hanno accompagnato durante la
mia prima gravidanza. Durante
il primo mese di gravidanza ho
avuto una minaccia d’aborto.
Mi sono così rivolta con tutto il
Preghiera
Signore Gesù Cristo,
vincitore della morte, dell’inferno e di satana,
ti rendiamo grazie per il dono dell’amore e della fortezza
che rifulse nel tuo servo Carlo Golda,
fedele alla sua vocazione nella persecuzione e nel martirio.
Umilmente ti supplichiamo
di glorificare questo tuo eroico testimone;
e di concederci la grazia
che per sua intercessione
fiduciosi ti chiediamo.
Per Cristo nostro Signore. Amen.
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
Domenica 15 maggio 2022, presso il santuario di Nostra Signora
della Misericordia a Savona, è stata chiusa la fase diocesana
della Causa di Beatificazione della Serva di Dio Vera Grita,
Laica, Salesiana cooperatrice (1923-1969).
Martedì 17 maggio ad Omegna (Provincia del Verbano-Cusio-Os-
sola) è stata fatta la Ricognizione canonica dei resti mortali del
Venerabile Andrea Beltrami (1870-1897), salesiano sacerdote.
cuore a san Domenico Savio e
tutti i Santi pregandoli intensa-
mente tutti i giorni. Finalmente
il 6 aprile è nata Emma. Grazie di
cuore san Domenico Savio e tutti
i Santi.
Antonella Belletto
Vorremmo ringraziare la serva
di Dio Vera Grita per la grazia
ricevuta da Samuele, giovane
sposo e padre di trenta anni. Il
26 novembre 2021, Samuele
alzatosi dal letto perde improv-
visamente i sensi. La diagnosi
è emorragia celebrale con pro-
gnosi riservata. Lo stesso gior-
no inizia la novena alla serva
di Dio Vera Grita e Samuele è
affidato nella Cappella Pinardi,
in Valdocco, all’intercessione
di questa Salesiana cooperatri-
ce. Più di duecento persone si
uniscono alla novena: persone
dell’ADMA, dei Tabernacoli Vi-
venti, dei Carmelitani, dei Fo-
colarini, delle Suore Missionarie
di Maria Aiuto dei Cristiani. La
moglie di Samuele riceve la
Capelita con Maria Ausiliatrice
e la novena a Vera Grita viene
ripetuta più volte. Nella notte
del dodici dicembre i medici
temono per la vita di Samuele e
disperano di salvarlo o pensano
che possa avere conseguenze
irreversibili. Ma la preghiera
continua e la canzone “Vedrai
Miracoli” risuona nel cuore della
moglie e di tutti i famigliari di
Samuele. Dopo alcuni interven-
ti, il 22 dicembre, dies natalis di
Vera, Samuele inizia a muovere
il braccio e la gamba sinistra. Il
miglioramento da quel momen-
to è evidente e può iniziare la
riabilitazione. Ad aprile, proprio
il mese in cui si apre l’inchiesta
diocesana per la beatificazione
di Vera Grita, Samuele torna
a casa. Rendiamo grazie per il
dono della guarigione di Sa-
muele e affidiamo a Vera Grita
lui e la sua famiglia.
ADMA primaria di Torino – Gruppi
Opera dei Tabernacoli Viventi
40
LUGLIO/AGOSTO 2022

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
P.M.
Padre Mario Pani Mulas
Secondo le persone del quar-
tiere La Floresta, nei primi anni
’70 arrivò a Montero un ‘prete’
che rivoluzionò uno dei quar-
tieri più popolosi e umili di
Montero, in Bolivia.
“È arrivato al momento giu-
sto. Dio ce lo ha mandato” dice-
vano gli abitanti del quartiere
che divennero fedeli frequen-
tatori delle messe di quel gio-
vane prete straniero, con un ca-
stigliano strano, amichevole e
simpatico, che aveva permesso
a loro di non dover più andare
a piedi o in mototaxi per parte-
cipare all’Eucaristia mattutina
presso la chiesa nella piazza
principale, che distava una ven-
tina di isolati.
Quel prete è andato in Paradi-
so l’11 luglio 2020 all’età di 93
anni. È stato uno dei personag-
gi più amati di Montero: si chia-
mava Mario Pani Mulas, sacer-
dote salesiano, che ha dedicato
cinque decenni della sua vita
al servizio di quella che oggi
è una delle zone più popolate
del capoluogo settentrionale.
La sua partenza per il Cielo
ha provocato profondo dolore
negli abitanti di quella città e
soprattutto negli abitanti di La
Floresta, dove fu costruita la
parrocchia di San José Obrero,
con una capienza di 900 perso-
ne, una delle grandi opere che
questo religioso italiano realiz-
zò durante la sua vita.
Padre Pani, nato a Tortolì, in
Sardegna, dopo la formazione
salesiana, arrivò in Bolivia, ap-
pena ordinato sacerdote, nel
1953, ma pochi anni prima era
stato in questa terra benedetta
come chierico. Il suo primo la-
voro è stato il seminario di San
Luis di Cochabamba. Nel 1958
fu mandato all’aspirantato sa-
lesiano, noto come Istituto Do-
menico Savio di Calacoto, alla
periferia di La Paz, dove è stato
direttore per 8 anni.
Nel 1971 è venuto a Montero
(regione di Santa Cruz, zona
tropicale) dove da qualche
anno i salesiani si erano presi
carico della scuola agricola det-
ta “Muyurina”, con l’incarico di
insegnante di inglese e mate-
matica, educatore, con spirito
salesiano di tanti allievi che,
ancor oggi, lo ricordano e lo
ringraziano. La scuola agricola,
con tutti i campi e le strutture
connesse, si trova a un km da
Montero.
In quegli anni, padre Mario
incominciò ad interessarsi del
quartiere periferico di Monte-
ro, più vicino alla scuola, forse
il più povero, detto “la Floresta
(perché c’erano ancora molti
alberi, oggi non più), con la col-
laborazione delle suore Figlie
di Maria Ausiliatrice. Abbonda-
vano miseria, case–baracche,
malattie, parecchi bambini
presentavano segni di denu-
trizione. Famiglie povere ma-
terialmente e spiritualmente…
Di quel quartiere, il padre Ma-
rio ha fatto la sua missione,
realizzando varie opere che
hanno contribuito allo sviluppo
del quartiere ed alla crescita di
Montero. La messa, celebra-
ta alla sera della domenica in
un piccolo ambiente, è stato
il primo punto di incontro con
gli abitanti della zona. Con
la gente di buona volontà di
quella zona, cercò di sviluppa-
re il senso della solidarietà e
cooperazione nel quartiere. Da
queste iniziative sono poi par-
tite le varie opere a cui il Padre
ha messo mano.
Fu deciso di creare la coopera-
tiva edilizia “La Floresta”, con
la finalità di dare una casa di
mattoni a chi viveva in baracca.
La salute era un’altra questione
in sospeso. Fu così costruito un
moderno edificio a due piani
con uffici, laboratori, farmacia.
Nel 1982 il padre, cercando
aiuti da tutte le parti, costruì
la Scuola materna “Santa Ma-
ria Mazzarello”. Ottenne poi
dalla comunità salesiana della
vicina scuola agricola “Muyu-
rina” (dove lui continuava ad
essere educatore ed inse-
gnante) la cessione di alcuni
vecchi magazzini. Con l’aiuto
di benefattori, questi furono
adattati, (due ogni anno per 5
anni consecutivi), per realizza-
re la scuola elementare “Santa
Maria Mazzarello”. A fine anni
’80 il ciclo di insegnamento fu
completato con la costruzione
anche della scuola media.
Circa dieci anni fa, la crescita
della popolazione in un mo-
mento di recessione, ha fatto
aumentare i bambini denutriti.
Venivano a scuola con segni
evidenti di fame. Allora il Padre
ha fatto costruire con la coope-
razione di vari benefattori, un
refettorio per dare da mangiare
ai bambini. Agli stessi venivano
assicurate le cure dentistiche e
mediche, ad alcuni il doposcuo-
la. Per le mamme di quei bambi-
ni sono stati istituiti dei corsi di
economia domestica, gestione
e conduzione familiare, piccole
attività imprenditoriali ecc. Un
anno dopo circa è stato costrui­
to un altro refettorio, che por-
ta il nome di Madre Teresa di
Calcutta, costruito in una zona
periferica della parrocchia, dove
stanno sorgendo nuovi quartie-
ri abitati da gente poverissima.
L’ultima opera di padre Pani è il
centro per anziani La Floresta,
iniziato 5 anni fa. Vi si riunisco-
no anziani del quartiere e della
città con due o più incontri set-
timanali. Lì trovano dei volontari
che organizzano per loro il tem-
po che passano in compagnia.
Gli anziani vengono poi seguiti
anche a domicilio dove ci sia la
necessità.
Il padre Pani ha ricevuto più volte
riconoscimenti pubblici. Le auto-
rità municipali lo hanno definito
“figlio prediletto Montero”. Due
anni fa in occasione della festa
del dipartimento di Santa Cruz
– (una regione grande come tut-
ta l’Italia, prima per potenziale
economico agrario ed industriale
nella Nazione) – è stata conferita
al padre Mario Pani “La Croce
d’oro”: il più alto riconoscimento
assegnato dal governo del Dipar-
timento di Santa Cruz.
Padre Pani dice semplicemen-
te: “Io non ho fatto niente, sono
testimone di ciò che Dio ha fat-
to per tutti noi.”
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IL CRUCIPUZZLE
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
Inserite nello schema le parole elencate a fianco, compatibilmente con le lunghezze
e gli incroci. A gioco completato risulteranno nelle caselle gialle le parole contrassegnate
dalle tre X nel testo.
La soluzione nel prossimo numero.
Parole di 3 lettere: Nea, Non, Ora,
Tic, Vic.
Parole di 4 lettere: Ogni, Fari.
Parole di 5 lettere: Avara, Conte,
Foche, Sfera.
Parole di 6 lettere: Deciso, Inermi,
Intere, Onesta, Ottoni, Stanza, Susine.
Parole di 7 lettere: Aretino.
Parole di 8 lettere: Annuncio,
Coraggio, Nerofumo, Olistico,
Orologio, Ossidati.
? Parole di 9 lettere: Argentata.
Parole di 10 lettere: Amarognolo.
Parole di 11 lettere: Iconoclasta.
L’IRRINUNCIABILE “AMOREVOLEZZA”
DI DON BOSCO
Chiunque si avvicini alla figura di don Bosco, che sia un animatore, un edu-
catore o un semplice fedele, non può non riconoscere in lui quelle qualità di
finissimo comunicatore e di sincero e illuminato pedagogo. Non si può non
definirlo XXX proprio come lo definì papa Giovanni Paolo II, papa Wojtyła,
nella Lettera Iuvenum Patris scritta in occasione del Centenario della morte
del santo torinese. E la pedagogia di don Bosco, il suo saper insegnare, è
costituita principalmente, così dice anche il nostro attuale papa Bergoglio (nel bicentenario della nascita del
Santo), di “amorevolezza” nel senso di amore manifestato e percepito nel quale si rivelano simpatia, affetto,
comprensione, partecipazione alla vita dell’altro.
Soluzione del numero precedente
Per don Bosco questa amorevolezza, come si usava dire nel parlare ot-
tocentesco, è qualcosa di fondamentale e a cui non si può rinunciare.
Per contro si può dire che chi non è capace di amicizia (o appunto di
amorevolezza) non può educare, non può stringere legami o, come di-
ciamo oggi, stringere relazioni interpersonali. E, di conseguenza, non
può liberare la vita di quelle persone oppresse dalle ingiustizie, dall’i-
gnoranza, dalle condizioni di povertà assoluta.
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LA BUONANOTTE
B.F.Disegno di Fabrizio Zubani
La moneta magica
«È venuto il momento che tu parta per
affrontare la vita e guadagnarti da solo
il pane» disse il papà al giovane
Saverio. Il mattino dopo, il giovane abbracciò la
mamma e il papà, si infilò sulle spalle lo zaino con
tutti i suoi averi e, con un piccolo nodo in gola, si
incamminò verso la città.
Poco prima di partire, il papà gli aveva consegnato
un sacchetto di cuoio legato con un cordone robu-
sto. «Questi sono i soldi che abbiamo risparmiato
per te. Ti serviranno per incominciare».
Il giovane partì baldanzoso, ma nella periferia
della città un brutto ceffo gli portò via tutto. Si
sedette su una panchina e si prese la testa fra le
mani. «Che cosa faccio adesso? Non posso certo
tornare a casa, dopo aver perso tutto...». Aveva
voglia di piangere e di imprecare. Quel bandito
solitario aveva cancellato in un momento tutti i
suoi sogni. Che futuro poteva avere senza una lira
in tasca? I suoi pensieri si stavano popolando di
neri nuvoloni, quando si accorse di avere qualcosa
impigliato nell’orlo della giacca.
Era una moneta. Una moneta nuova, scintillante.
Era sfuggita dal sacchetto di cuoio, quando lo
aveva gettato al rapinatore.
C’era un emporio all’entrata di un villaggio. Save-
rio entrò deciso, si guardò intorno, poi afferrò una
zappa e la pagò con la sua moneta. Con la zappa
nuova in spalla si presentò ai padroni di alcuni orti
che ben volentieri lo ingaggiarono.
Saverio era forte e coscienzioso. In pochi mesi di
salario, aveva messo da parte un nuovo gruzzolo.
Così decise di acquistare una casa. La comprò con
più stanze di quelle che gli servivano. «Affitterò le
stanze e con l’affitto e il mio lavoro vivrò tranquil-
lo», pensava.
Si era appena abituato alla nuova vita quando, un
mattino, fu risvegliato da un boato tremendo. Un
terremoto aveva ridotto
in polvere la città.
Quando tutto si fu
acquietato, Saverio si
accasciò sul mucchio di
macerie che qualche ora
prima erano la sua casa
e si prese la testa fra le
mani. «È proprio finita!
Non ce la farò mai!». Ma
proprio in quel momento
si accorse di avere qualco-
sa in tasca. Era la mone-
ta. La prese nel palmo
della mano, un raggio di
sole la fece luccicare. Era
proprio la moneta dell’al-
tra volta. I pensieri bui
svanirono, come la nebbia
al sole. Si rialzò, raddriz-
zò la schiena e si guardò
intorno. Era circondato
da rovine e desolazione, ma si disse: «Ecco un
posto pieno di ottime occasioni!». Con la moneta
si comprò alcuni attrezzi da muratore e si mise
al lavoro. Un anno dopo la città era ricostruita e
Saverio era diventato uno dei cittadini più stimati.
Così un bel mattino riprese la strada di casa. La
mamma e il papà lo soffocarono di abbracci.
«È andato tutto bene – rispose Saverio –, grazie a
questa moneta, che in modo strano torna sempre
da me».
Il giovane mostrò la moneta ai genitori. «Lo
sapevo, – disse il papà –, la conosco bene. Mio
padre, tuo nonno, la diede a me. E io l’ho data a
te. Leggi la scritta che è incisa sopra e capirai».
Saverio guardò attentamente la moneta e lesse:
«speranza».
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