Bollettino_Salesiano_201204

Bollettino_Salesiano_201204

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IL
APRILE
2012
L’invitato
Creatività
salesiana
è vicina
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Come don Bosco
Motivare
i giovani
Esperienze
Miracolo
a Tolentino
Salesiani
nel mondo
Siberia

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
Il rasoio
del barbiere
La storia
Era l’anno 1848. Carlino rimase più di cinquant’anni all’o-
ratorio. Allegro, vivace, diventò il presentatore brillante
di ogni festa. Le sue scenette facevano ridere tutti. Ma
quando parlava di don Bosco, piangeva come un ragaz-
zo. Diceva: «Mi voleva bene». Cantava un ritornello che
tutti sapevano ormai a memoria, e che diceva: «Io devo
vivere – per settant’anni, a me lo disse – papà Giovanni».
Era una delle tante «profezie» che tra il serio e lo scher-
zoso don Bosco faceva ai suoi ragazzi. Carlo Gastini morì
il 28 gennaio 1902. Aveva settant’anni e un giorno.
Nacqui in una rinomata
coltelleria di Solingen
e fui acquistato da
un bravo barbiere di
Torino. Mi sentivo
orgoglioso e fortuna-
to. Non ero finito nelle mani
rudi e sgarbate di un contadino
o peggio. Dal mio posto di
lavoro, sempre lucido e ordinato,
vedevo passare distinti gentiluo-
mini e dame vezzose in “mises”
di alta sartoria. Il mio padrone
era un barbiere stimato e la sua
bottega era ben frequentata. Le
guance su cui scorrevo leggero e
affilato appartenevano a signori
educati e garbati.
L’unico a maneggiarmi era il mio
padrone. Devo ammettere che
aveva una mano eccezionale.
Ma ricordo bene una mattina.
Riposavo nel mio astuccio di
pelle, quando entrò un giovane
prete dall’aria simpatica e cor-
diale. Si sedette sulla poltrona
vuota. Il piccolo garzone della
nostra bottega si avvicinò per
insaponarlo. Il giovane prete
cominciò a parlargli come se lo
conoscesse da sempre. «Come ti
chiami? Quanti anni hai?»
«Carlino. Ho undici
anni». «Bravo Carlino,
fammi una bella
insaponata. E
tuo papà come
sta?» «È morto. Ho
soltanto mia mamma». «Oh po-
verino, mi dispiace». Il ragazzo
aveva finito l’insaponatura. «E
ora su, da bravo, prendi il rasoio
e radimi la barba».
Accorse il mio padrone allar-
mato: «Reverendo, per carità!
Il ragazzo non ci sa fare. Lui
insapona soltanto».
«Ma una volta o l’altra deve ben
incominciare a radere, no? E
allora tanto vale che incominci
su di me. Forza, Carlino».
Cominciammo a tremare in due:
Carlino ed io. Ero preoccupatis-
simo. Quando cominciai a girare
attorno al mento, sudavamo.
Qualche raschiatura forte, qual-
che taglietto, ma arrivò alla fine.
E non perdetti neanche il filo.
«Bravo Carlino!» sorrise don
Bosco. «E ora che siamo amici,
voglio che venga a trovarmi
qualche volta». Io respiravo di
sollievo. Carlino
sorrideva fiero e
felice.
Ma la storia non finì
qui. Il ragazzo divenne
amicissimo di don
Bosco. Nell’estate di
quell’anno, don Bo-
sco lo trovò vicino alla barbieria
che piangeva.
«Cosa ti è capitato?» «È morta
mia mamma, e il padrone mi
ha licenziato. Mio fratello più
grande è soldato. E adesso dove
vado?»
«Vieni con me. Vedi, io sono un
povero prete. Ma anche quando
avrò soltanto più un pezzo di
pane, lo farò a metà con te».
Nei miei poveri sogni di rasoio
da barbiere vorrei ancora una
volta radere quel volto simpati-
co, stretto nella mano tremante
di un ragazzo apprendista.
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Aprile 2012

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IL
APRILE 2012
ANNO CXXXVI
Numero 4
IL
APRILE
2012
L’invitato
Monsignor
Charles
Maung Bo
Creatività
salesiana
La Cina è vicina
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
Come don Bosco
Motivare
i giovani
Esperienze
Miracolo
a Tolentino
Salesiani
nel mondo
Siberia
2 LE COSE DI DON BOSCO
Il rasoio del barbiere
4 CONOSCERE DON BOSCO
Il fuoco deve propagarsi
6 LETTERE
8 SALESIANI NEL MONDO
Siberia
12 PROTAGONISTI
Donboscoland
15 RISPOSTA, NON PROBLEMA
16
16 L’INVITATO
Monsignor Bo
20 FINO AI CONFINI DEL MONDO
22 ESPERIENZE
Miracolo a Tolentino
25 ANNO DELLA FEDE GIOVANE
I "giovani ricchi"
26 A TU PER TU
Don Roberto Spataro
26
28 COME DON BOSCO
30 EVENTI
La prima tipografia di don Bosco
32 NOI & LORO
34 CREATIVITÀ SALESIANA
La Cina è vicina
36 ARTE SALESIANA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Quella lettera mai scritta
40 I NOSTRI SANTI
34
41 RELAX
42 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
43 LA BUONANOTTE
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina :
Avere un obiettivo,
una meta nella
vita: è una priorità
per i giovani di
oggi. Articolo a
pagina 28 (Foto
Shutterstock).
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
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Bruno Ferrero
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Il Bollettino Salesiano
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Lo Monaco, Natale Maffioli,
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Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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CONOSCERE DON BOSCO
PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA
Il fuoco
deve propagarsi
Rispondere ai bisogni dei “giovani poveri
e abbandonati” in tensione salvifica GLOBALE,
con lungimiranza e sguardo aperto
sull’intero universo giovanile.
Gli inizi dell’Oratorio sono commoventi:
«Egli si dava in casa a più altre occupazio-
ni. Non potendosi fidare di prendere gente di
servizio, con sua madre faceva ogni lavoro
domestico. Mentre Margherita si occupava
della cucina, presiedeva al bucato, adattava e
cuciva la biancheria e accomodava gli abiti logori, egli
attendeva a tutte le più minute faccenduole. D. Bosco
in questi primi anni, facendo vita comune coi giovani,
allorché non si muoveva di casa era pronto ad ogni ser-
vigio. Al mattino insisteva perché i giovani si lavas-
sero le mani e la faccia; ed egli a’ pettinare i più piccoli,
a tagliare loro i capelli, a pulirne i vestiti, assettarne
i letti scomposti, scopare le stanze e la chiesuola. Sua
madre accendeva il fuoco ed egli andava ad attinge-
re l’acqua, stacciava la farina di meliga o sceverava la
mondiglia dal riso. Talora sgranava i fagiuoli e sbuc-
ciava pomi di terra. Egli ancora preparava sovente la
mensa per i suoi pensionarii e rigovernava le stoviglie
ed anche le pentole di rame che in certi giorni facevasi
imprestare da qualche benevolo vicino. Secondo il biso-
gno fabbricava o riattava qualche panca perché i gio-
vani potessero sedersi; e spaccava legna.
Per risparmiare spese di sartoria tagliava e cuciva i
calzoni, le mutande, i giubbetti e coll’aiuto della ma-
dre in due ore un vestito era fatto» (Memorie Biogra-
fiche III, 359).
La storia mostra come l’impegno di don Bosco
inizia con i giovani incontrati negli anni ’40, in
gran parte migranti, abbandonati a se stessi. Il
suo apporto iniziale è prevalentemente pastora-
le, ma subito si allarga ad un’azione caritativa,
assistenziale, educativa e formativa globale, per
rispondere a tutti i loro bisogni materiali e spiri-
tuali, temporali ed eterni. Il “fuoco di carità” che
lo spinge a lavorare per la “salvezza delle anime”,
lo orienta ad un’azione salvifica concreta, religio-
sa e insieme civile e morale.
La “porzione” della speranza
Nel 1849, don Bosco fa stampare un Avviso Sacro
in cui scrive: «La porzione dell’umana società su cui
sono fondate le speranze del presente e dell’avvenire,
la porzione degna dei più attenti riguardi è, senza
dubbio, la gioventù. Questa, rettamente educata, vi
sarà ordine e moralità al contrario, vizio e disordine.
La sola religione è capace di cominciare e compiere la
grand’opera di una vera educazione” (Memorie Bio-
grafiche III, 605).
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Mentre offre ai giovani strumenti formativi inte-
grali per farli «buoni cristiani e onesti cittadini»,
mira a rigenerare la società e la cultura. Il suo
percorso non è quello dei filosofi e degli ideologi.
Don Bosco non è un pensatore né un rivoluziona-
rio, ma un formatore. Inizia a rispondere alle esi-
genze immediate dei giovani che incontra. Così
dal catechismo passa all’Oratorio festivo, poi alla
“casa annessa” con laboratori e scuole ginnasiali,
all’apostolato della stampa, alla fondazione della
Società Salesiana e delle Figlie di M. Ausiliatrice,
all’apertura di Collegi e Ospizi fuori Torino, alle
missioni, all’Unione dei Cooperatori, alla cura
delle vocazioni giovani e adulte.
La mente e il cuore
Con il tempo e il mutare delle situazioni sociali,
l’idea di “giovani poveri e abbandonati” si allarga a
fasce più ampie. Alla povertà economica e all’ab-
bandono educativo dei giovani accolti nei primi
anni, si aggiunge la percezione di altre povertà: af-
fettive, educative, sociali, culturali, valoriali, mo-
rali, religiose, spirituali. Tra 1841 e 1888 la società
mondiale si trasforma sotto la pressione del pro-
gresso, del commercio, dell’industria, del desiderio
di riscatto popolare, delle ideologie, delle leggi,
delle ambizioni politiche e nazionalistiche, del co-
lonialismo, delle migrazioni. La gioventù povera
e abbandonata aumenta, a tutti i livelli ed in ogni
parte del mondo. Per “salvare” questi giovani non
bastano il catechismo e la pastorale domenicale: è
necessaria un’azione formativa globale, che incida
sulla mente e sul cuore.
Un progetto strutturato
Don Bosco allarga gli orizzonti, articola le pro-
poste, amplia la sfera delle attività. L’Oratorio fe-
stivo rimane l’esperienza di riferimento esempla-
re, ma non basta più. Per raggiungere un numero
più vasto di giovani e per dare loro gli strumenti
salvifici e formativi necessari nei nuovi scenari,
egli si lancia in imprese più vaste, cavalcando so-
prattutto la domanda di istruzione scolastica e
professionale. Anche l’empirismo educativo dei
primi anni e la conduzione familiare della casa
sono ripensati per un sistema educativo organico,
adatto alle nuove opere, che integri esperienza
storica e nuove esigenze: gli anni ’70 e ’80 per don
Bosco sono caratterizzati da riflessioni che pro-
ducono documenti di grande valore pedagogico.
Anche l’organizzazione delle opere richiede una
più avvertita regolamentazione: nel 1877 vengo-
no stampati il Regolamento per gli esterni e quel-
lo per le Case (cfr OE XXIX), che si presentano
come veri progetti educativi e pastorali adatti a
opere complesse e comunità educative articolate.
Come lievito nel mondo
Intanto, a livello ecclesiale, emerge un nuovo
modello di credente, testimone attivo e parte-
cipe, che chiede una spiritualità idonea alla sua
missione nel mondo, percorsi formativi e pasto-
rali adatti. Anche questo spinge don Bosco all’a-
zione: dalla preoccupazione di formare buoni
cristiani e onesti cittadini passa ad un obiettivo
più ambizioso: è necessario anche attrezzarli per
una missione caritativa, apostolica e testimonia-
le nel sociale.
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LA POSTA
I NOSTRI ESPERTI RISPONDONO
La mia GMG
Sono una giovane studentessa uni-
versitaria, vi scrivo per raccontarvi la
forte esperienza di fede viva che ho
vissuto partecipando alla GMG 2011
a Madrid. Era da molto tempo, se-
guendo da casa le ultime GMG, che
desideravo partecipare alla GMG, no-
nostante fossi molto impegnata nello
studio, sentivo come giovane cri-
stiana cattolica di essere chiamata a
rispondere alla chiamata del Signore
a venire ad incontrarlo a Madrid. Nei
momenti di catechesi, che per me
sono stati il centro della GMG, con
tanti giovani pellegrini ho riflettuto
sulla paura che oggi c’è a mettere ra-
dici e allo stesso tempo sulla neces-
sità di avere radici profonde. Cristo ci
chiede oggi di essere radicati in Lui
e di edificare la nostra vita sulla roc-
cia che è Lui stesso per resistere agli
attacchi delle avversità. Nell’attuale
contesto storico abbiamo bisogno di
radici, di fondamenta solide costruite
su una roccia e di essere saldi nella
fede cioè forti nella fede. In queste
giornate di preghiera ho consolidato
il legame con Gesù.
All’uscita della metro c’erano tantissi-
mi giovani che sventolavano bandiere
e intonavano cori in ogni lingua: alle-
gri, festanti e pieni di entusiasmo. La
GMG è stata un’occasione di scam-
bio culturale e di confronto con altre
nazionalità perché si fa la conoscenza
dello stile di vita di un Paese straniero
in cui si è ospiti e si è a contatto con
lingue, colori, costumi tra i più diversi
ma si è accomunati dalla giovane età
dei partecipanti alla GMG. È stato un
momento di arricchimento reciproco
per allargare gli orizzonti, per guarda-
re oltre l’ordinario, per sperimentare la
gioia dell’incontro. Poi che emozioni
vedere a Madrid l’Italia protagonista
perché tra i ragazzi che sfilavano per
le calles madrilene i giovani italiani
hanno partecipato numerosi manife-
stando a tutti la gioia della fede.
Ho incontrato migliaia di giovani di
tutto il mondo, cattolici, interessati
a Cristo, in cerca della Verità che dà
un senso alla propria esistenza; ho
visto tanti giovani dai valori autentici,
a dispetto di quanti dicono che oggi
la gioventù è vuota. È stato bello ri-
spondere e partecipare a un evento
organizzato per i giovani, dove i gio-
vani sono invitati e sono ascoltati.
La GMG è esperienza ecclesiale che
raduna giovani di tutti i Paesi attor-
no alla figura di Gesù Cristo e alla
presenza del Pontefice. Quando un
giovane tedesco mi ha detto: “An-
che tu sei venuta qui per incontrare
il Papa?” ho capito che Benedetto
XVI è un punto di riferimento per la
società e soprattutto per i giovani.
Cantando insieme a tanti giovani
“Esta es la juventud del Papa” ho
scoperto di essere parte di una gran-
de Chiesa in cammino e che non si
può camminare da soli dietro Cristo
ma in comunità. Ho approfittato di
questi giorni per conoscere meglio
Cristo. Ho capito che Credere si-
gnifica vivere l’amicizia con Gesù in
comunione con altri, nella comunità
della Chiesa perché ognuno di noi
è un anello della grande catena dei
fedeli. È stata una bella esperienza
comunitaria dove ho sperimentato la
OGNI MESE
DON BOSCO
A CASA TUA
Il Bollettino Salesiano vie-
ne inviato gratuitamente a
chi ne fa richiesta.
Dal 1877 è un dono di don
Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra
i giovani e le missioni.
Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate su-
bito il cambio di indirizzo.
gioia di sentirmi Chiesa in un conte-
sto ampio che ha visto assieme tutti i
giovani cristiani della Terra.
A Madrid c’è stata una grande festa
della fede, della gioia condivisa e
della Chiesa.
Ho vissuto momenti intensi, giorni
di preghiera, amicizia e celebrazione
nell’incontro festoso con il Signo-
re. Ho sperimentato lo stare uniti e
il condividere speranze, difficoltà,
sacrifici sia personali sia di gruppo.
Sì, tanti giovani sono riusciti a radu-
narsi nel nome di Cristo nonostante
tutte le difficoltà incontrate: l’intermi-
nabile viaggio in pullman, ore e ore
di cammino sotto il sole, il temporale
durante la sera della veglia, le con-
testazioni a tratti violente da parte
degli “indignados” spagnoli! Pur
con tutte queste difficoltà abbiamo
partecipato alla GMG e i sacrifici
non ci hanno scoraggiato. Abbiamo
portato nello zaino, oltre al sacco a
pelo, tanta voglia di metterci in gio-
co, disponibilità, coraggio, allegria,
capacità di adattamento. Abbiamo
affrontato insieme con gioia la fatica
perché fa parte del pellegrinaggio e
anche della vita, sempre pregando e
confidando in Gesù, amico che non
ci delude mai e che è sempre pronto
ad aiutarci. Mi è piaciuto che il Papa
si sia accorto della fatica che hanno
affrontato i giovani; abbiamo trovato
la forza nelle parole del Papa ricche
di speranza.
La Giornata Mondiale della Gio-
ventù è stata un’esperienza che
ha lasciato qualcosa di indelebile
nel mio cuore: quelle giornate e in
modo particolare le parole dei ve-
scovi durante le giornate delle cate-
chesi non passeranno come il vento
ma si sono incise nel mio cuore. Per
me è stato un appuntamento impor-
tante per riattivare la fede e per testi-
moniarla al mondo.
Descrivere in parole i momenti così
intensi che ho vissuto durante le
giornate della GMG non è facile.
Spero, con l’aiuto di Dio, di essere
sempre una testimone coraggiosa,
autentica, vera e credibile e di te-
stimoniare intorno a me la fede con
semplicità e sincerità.
Giovanna Vendemia
Il cameriere di un bar di Madrid,
racconta: “È stata un’esperienza
così speciale, che non volevo
che se ne andassero”. L’ha det-
to, non solo perché faceva otti-
mi affari (anche per una capitale
come Madrid) ma perché non aveva
mai visto tanta gioia nelle strade, che
lo contagiava ogni mattina. Leggen-
do il titolo di un giornale, “La genera-
zione speranza”, ha poi capito tutto.
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L’invidia mi tormenta
Mi vergogno a confessarlo ma sono
tormentato da un senso patologico
di invidia. L’auto nuova del mio vici-
no di casa ieri mi ha fatto quasi man-
care. Boccheggiavo. È un sentimento
molto radicato in me. Lo considero
un vizio o per lo meno un difetto
abbastanza grave. Penso sempre
che gli altri abbiano qualcosa più di
me. Mi ripeto spesso che è un’assur-
dità, e tuttavia mi sento invischiato
in una gabbia di rabbia. È possibile
che io sia regolarmente dimenticato
dalla fortuna mentre gente meschina
continua ad avere tutto quello che io
devo limitarmi a sognare?
Saverio F.
L a parola “invidia” in latino
vuoi dire propriamente
«guardare di malocchio,
guardare con ostilità», e
da qui «invidiare». Il vizio
dell’invidia esprime dun-
que rabbia, ostilità, odio. L’invidia
desidera il male degli altri e brama
per sé il bene altrui.
L’invidia è frutto degli altri vizi:
dell’ira (diventa invidioso chi ha
un cuore pieno di risentimento, di
negatività e di tensione rabbiosa),
della gola, della lussuria, dell’avarizia
(se l’invidioso ha odio verso gli altri
è perché sono in ballo i «beni» dei
piaceri carnali e del denaro), della
superbia (desidero il male degli al-
tri e ne godo, per poter dire: «Ecco,
vedete? Avevo ragione io!»); infine,
l’invidia è strettamente legata alla
vanagloria: l’invidioso è colui che
non sopporta di vedere che altri go-
dono più onore, gloria e benessere
di lui. L’invidia è egocentrismo, è in-
capacità di desiderare il bene per gli
altri, è incapacità di amare. L’invidio-
so vede tutto in funzione di se stesso
e non conosce l’altruismo. Invidia è
l’abitudine mentale a voler sempre di
più e non accontentarsi mai.
Si tratta quindi di un vizio molto
moderno. Da non sottovalutare per-
ché molte sono le conseguenze di-
struttive dell’invidia anche sul piano
sociale. Nella Bibbia, san Giacomo
scrive «Da che cosa derivano infatti
le guerre e le liti che sono in mezzo a
voi? Non vengono forse dalle vostre
passioni che combattono nelle vo-
stre membra? Bramate e non riuscite
a possedere, e allora uccidete; invi-
diate e non riuscite ad ottenere, com-
battete e fate guerra» (Gc 4, 1-2).
Un grosso problema addirittura nella
Chiesa. San Paolo scriveva: «Alcuni
predicano Cristo per invidia e spirito
di contesa» (Fil 1, 15).
La nostra società, alimentando con-
tinuamente l’ambizione, l’avidità e
la curiosità per le cose degli altri,
stimola e incoraggia molto l’invidia,
presentandola come “sana compe-
titivita”: di fronte ai beni degli altri,
il demone dell’invidia ci suggerisce:
«Non essere da meno, non rimanere
all’ultimo posto, fatti valere, realiz-
za i tuoi desideri!». Queste parole,
apprese sin dalla più tenera età, di-
ventano un’abitudine mentale. Ogni
giorno l’invidia penetra più a fondo
nella nostra struttura mentale.
L’invidia è la negazione del nono
comandamento («Non desiderare la
Perché
Gesù non
ha scelto
anche donne
tra gli apostoli?
Forse ricordi quella mamma che
chiese a Gesù i primi posti per i
suoi due figli, Giacomo e Giovan-
ni. O Maria di Magdala, la prima
persona che vide Gesù risorto. E
la suocera di Pietro, e tante altre.
Tutte queste donne ascoltavano
Gesù, alcune facevano parte del
piccolo gruppo che lo seguiva.
Come gli apostoli. Un giorno
Gesù scelse dodici discepoli per
mandarli nel mondo ad annuncia-
re la Buona Notizia: tra loro non
c’era alcuna donna! Forse perché
gli apostoli dovevano andare
lontano, rischiare il naufragio o
la prigione, dirigere i primi gruppi
di cristiani in tanti paesi... E a quei
tempi le donne non conducevano
per niente una vita simile. Svolge-
vano un importante ruolo in casa,
ma non in pubblico.
Tuttavia, l’aiuto delle donne fu
molto prezioso per gli apostoli.
Oggi, poi, il mondo è cambiato
e spesso le donne fanno le stes-
se cose degli uomini. Ragazzo
o ragazza che tu sia, una cosa è
certa: Gesù conta su di te!
Mamma Margherita
roba d’altri»), è un’autocondanna a
essere infelici.
L’invidia provoca nell’uomo quel
penoso stato d’animo che i Padri
definivano tristitia, ovvero malesse-
re, rancore, rabbia contro se stessi
e contro gli altri, tormento interiore,
insoddisfazione.
L’invidia muore quando muoiono le
altre passioni di cui essa si nutre.
Non otterrai molto, semplicemente
lottando contro l’invidia. Prova inve-
ce a dialogare con essa. Che cosa
significa la tua invidia? Quali attese,
quali aspirazioni nasconde? Tu desi-
deri essere felice, vuoi continuare a
migliorarti, ti aspetti il massimo dalla
vita. Se tutto questo è vero, significa
che percepisci in te, sia pure indistin-
tamente, concrete possibilità per una
migliore realizzazione di te stesso.
Questa sarebbe una prima via da per-
correre. L’invidia può farti intuire quali
forze e capacità sono presenti in te, in
attesa di essere utilizzate. Di ciò devi
essere sinceramente grato.
Un altro percorso può essere quello
di conciliarti con l’effettivo rimpianto,
con l’insoddisfazione per la tua realtà:
un soggetto con doti non eccelse,
con le sue debolezze, con molti li-
miti ecc. Ma il dispiacere non deve
impedirti di prendere atto di tutte le
potenzialità che indubbiamente co-
stituiscono il tuo patrimonio perso-
nale. Quando noi diventiamo capaci
di dire “sì” a noi stessi, così come
siamo, con la nostra mediocrità, una
pace serena e profonda s’instaura
nel nostro spirito.
Invece di lottare contro l’invidia che ti
tormenta, utilizzala al fine di prende-
re migliore coscienza delle tue rea-
li potenzialità, forse non messe an-
cora pienamente a frutto. Alimenta in
te il sentimento della gratitudine per
tutto ciò che possiedi e che ti è sta-
to donato. Il dono più grande è pur
sempre la vita, e quindi il cumulo di
felici esperienze che la vita ti con-
sente di fare.
Americo Bejka
Eremita
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SALESIANI NEL MONDO
KATARÍNA BACHRATÁ
Don Bosco
nel paese delle
notti bianche
“ ” Senza di voi sarebbe tutto diverso
Incontro con i salesiani che
operano in Siberia
Don Jozef Toth e
una sua piccola
parrocchiana.
Don Jozef Toth ha vissuto sulla propria
pelle il dramma della Slovacchia, la sua
patria, nella morsa della persecuzione re-
ligiosa durante il regime comunista.
Si è formato ed ha studiato nella “chiesa
clandestina”.
S’incontrava in segreto con i propri confratelli sa-
lesiani e neanche i suoi parenti più stretti sapeva-
no che stava per diventare sacerdote. Nel 1988 fu
consacrato come sacerdote. Un anno dopo avven-
ne la “rivoluzione di velluto” e con essa finì l’era
del regime sovietico.
«Perché ho deciso di partire per le missioni?
Durante gli studi mi incontravo in segreto con
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una quindicina di ragazzi nel no-
stro appartamento o nei paesi vi-
cini e facevamo vedere loro delle
filmine missionarie. Una di esse
era sui martiri ugandesi. Ero molto
colpito dalla figura dei missionari,
da come lavoravano, quale fede pro-
fonda avevano, disposti a dare per
essa anche la propria vita. Il secon-
do l’impulso mi era venuto da don
Ján Šutka, missionario slovacco in
Ecuador. Agli inizi degli anni ’80
era venuto in Slovacchia e avevamo
avuto vari incontri con lui. Parlava del-
le missioni in modo concreto e reale, ma
con grande passione. Ne rimasi impressionato e
toccato.
Nel 1991 insieme con don Daniel Pravda siamo
andati in Russia. Abbiamo visitato Viľňus, Novo-
sibirsk, Tomsk, Krasnojarsk e Aldan. Ad Aldan
ci siamo fermati per dieci giorni. Abbiamo visita-
to le scuole, i paesi vicini. Dappertutto ci hanno
ricevuto con gentilezza e si sono dimostrati ben
disposti nei confronti di una nostra presenza. E
così dopo circa un anno di preparazioni ho inco-
minciato la missione di Aldan, in Siberia. Il mio
primo desiderio era stato quello di andare missio-
nario in paesi tropicali, ma sono finito in Siberia,
nella Repubblica Sacha».
Un piccolo gregge
Alla domanda, in che cosa consiste il suo lavo-
ro, risponde: “Il lavoro dei salesiani nella città di
Aldan è un po’ diverso da quello dei missionari
in Africa o in America Latina. Qui esistono solo
piccolissime comunità di fedeli, al massimo di 16
persone. Quando arrivai qui, alla messa domeni-
cale venivano 6 fedeli. Perciò il lavoro pastorale,
cioè i battesimi, le cresime, i matrimoni, le con-
fessioni ed altri sacramenti, non è di massa. Si
tratta piuttosto di annunciare la fede, di pregare
di più, affinché la gente accetti la buona novel-
la. Ci dedichiamo poi al lavoro amministrativo e
tecnico, aiutiamo la gente anche a livello sociale
e materiale. Nei posti, dove lavoriamo, esiste una
forte migrazione dei giovani sopra i 18 anni. Van-
no a studiare nelle università delle grandi città.
Le distanze sono grandissime, anche 1200 km,
e i giovani non tornano indietro. In questo modo
perdono i contatti con noi. Noi salesiani vogliamo
rinnovare questi contatti, inviare lettere, riviste,
incoraggiarli.
Nel nostro lavoro ci aiutano moltissimo i volon-
tari. Lavorano con i ragazzi nell’oratorio, con i
giovani nel centro giovanile, durante l’estate nei
campi scuola come animatori. Dalla Slovacchia
arrivano regolarmente ogni anno e lavorano qui
per mesi o anche anni. Voglio esprimere il mio
grazie alla procura Savio della Slovacchia per la
loro cordialità, interesse e pazienza, per i proget-
ti e le proposte, che ci fanno. Senza il loro aiuto
molte cose non le potremmo fare».
L’ecumenismo
è allo stadio iniziale
Come è la gente in Siberia e come vive? «Nel
territorio di Jakutsk vivono vari gruppi etnici. I
La Siberia è ricca
di beni naturali.
Le grandi foreste
di conifere che
coprono buona
parte del territorio
favoriscono la cac-
cia e l’allevamento
degli animali da
pelliccia.
Aprile 2012
9

1.10 Page 10

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SALESIANI NEL MONDO
Una delle
bellissime chiese
di Jakutsk. La
maggioranza
della popolazione
appartiene alla
Chiesa ortodossa
russa. I cattolici
sono una esigua
minoranza.
più numerosi sono Jakuti e Russi, tra i più antichi
ci sono Eveni, Jugaghiri e Čukči. Come persone
sono entusiaste, ricche di ideali, cordiali, ospitali,
gioiose e disponibili a dare una mano. Bisogna
però incoraggiarli nella fedeltà, finalità e stabi-
lità della famiglia. Essi vivono alla giornata, non
sono capaci di fare dei programmi lungimiranti,
mancano di perseveranza. Cerchiamo di aiutarli
e accompagnarli in questo ambito.
L’Ecumenismo tra cattolici e ortodossi si trova
agli stadi iniziali. Forse non bisogna parlarne
tanto, ma pregare, affinché abbia uno sviluppo
naturale. Con la gente locale abbiamo ottimi
rapporti di amicizia. I popoli asiatici sono ab-
bastanza riservati. Per aprirsi e parlare dei loro
problemi ed esperienze ci vuole del tempo e dei
buoni rapporti.
Il paese ha un’immensa ricchezza mineraria, ma
la gente nei paesi e nei piccoli villaggi vive mode-
stamente. Nelle città il livello della vita è migliore.
In Jakuzia l’inverno è lungo: dura da 6 a 8 mesi.
Il gelo arriva talvolta anche a 60 gradi sotto zero.
Dato che non usiamo il gas, ma la legna, un con-
fratello deve alzarsi verso le 3 o le 4 di mattina per
accendere il fuoco. Per il freddo, qui non si coltiva
la frutta. Viene importata dalle repubbliche del
Caucaso e dalla Cina, ma costa molto. Lo stesso
vale per formaggi e latticini. L’uomo comune non
può permetterseli. La gente se li compra soltanto
per le feste di famiglia e a Capodanno o a Pasqua.
Grati per la fede
Dei suoi progetti e desideri don Jozef Tóth dice:
«Da agosto dell’anno scorso ho lasciato la co-
munità di Aldan e mi sono spostato in quella di
Jakutsk. Il mio più grande desiderio è che venga-
no confratelli più giovani a rafforzare la nostra
presenza e il lavoro pastorale anche nei villaggi
vicini. I giovani sono più dinamici e tecnicamente
più preparati.
10
Aprile 2012

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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SACHA-JACUZIA
La Sacha-Jacuzia è una repubblica autonoma
della Russia, situata nella Siberia orientale. Il terri-
torio della repubblica jacuta si estende nella parte
orientale della Siberia per più di tre milioni di chi-
lometri quadrati, che ne fanno la maggiore unità
amministrativa russa per dimensione territoriale. Il
clima è continentale, caratterizzato da inverni rigi-
dissimi; le grandi foreste di conifere che coprono
buona parte del territorio favoriscono la caccia e
l’allevamento degli animali da pelliccia. Il sotto-
suolo è sfruttato in maniera massiccia grazie ai
giacimenti di carbone, lignite, ferro, oro, petrolio e
gas naturale. La capitale è Jakutsk (più di 200 000
abitanti). Una caratteristica tipica è la luce: duran-
te l’inverno il sole non si vede per 72 giorni all’an-
no, invece durante l’estate è il posto con maggiore
luce nella Siberia orientale: dal 27 maggio al 18
luglio a Jakusk ci sono le così dette notti bianche.
La gente è grata per la nostra presenza. Dicono
che senza di noi sarebbero diversi, che non po-
trebbero vivere così felicemente dal punto di vi-
sta spirituale, non potrebbero avere il senso della
vita, lo scopo e la forza. Per questo sono grati
per la fede, per Cristo e anche per noi che siamo
suoi intermediari. Anche se i nostri sono solo un
piccolo gruppo, il lavoro pastorale con loro non
è superfluo e questa convinzione riempie la mia
vita.
Alcuni piccoli
amici e i collabo-
ratori di don Jozef.
Aprile 2012
11

2.2 Page 12

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PROTAGONISTI
CHIARA BERTATO
I ragazzi di
Donboscoland
Donboscoland.it non è solo
un sito. È l’alambicco informatico
di buone idee più cliccato d’Italia.
E anche l’indirizzo (internet)
in cui trovare la voce del
Movimento Giovanile Salesiano
del Triveneto.
Il sito pubblica notizie, iniziative, eventi, in-
contri e giornalmente fornisce articoli sui
giovani, su fatti di attualità e sulla vita della
Chiesa. Tutto questo materiale viene poi sti-
pato in un archivio fruibile attraverso parole
chiave. Raccogliendo le esperienze più diver-
se, il sito diventa un diario a colori dell’attività
salesiana nel Triveneto: scuola di mondialità, ser-
vizio civile nazionale, animazione vocazionale e
missionaria, proposta pastorale specifica per tutte
le fasce d’età (fanciulli, pre-adolescenti, adole-
scenti e giovani), eventi di massa, corsi animato-
ri... e tanto altro ancora.
Rimbalzi e news
L’idea nasce nel 2002 seguendo il motto “quan-
do si tratta della causa del bene, don Bosco vuo-
le essere sempre all’avanguardia del progresso”.
Nel tempo la cosa è decollata e dal piccolo sito
di news locali si è passati ad essere un portale di
riferimento per chi si occupa di educazione e per
i giovani stessi. Il sito si affianca infatti anche ai
social network più frequentati facendo rimbalzare
le notizie da un lato all’altro della rete.
Donboscoland sostiene le attività di ogni centro
salesiano locale sia fornendo materiali sia infor-
mando sulla vita e sulle iniziative del MGS Tri-
veneto. Tutto ciò concorre a creare “rete” tra la
famiglia salesiana del Nord-Est Italia. Questo è
possibile anche grazie alle newsletters. Respon-
sabile delle attività è don Igino Biffi che assie-
me al webmaster Andrea Ros, allora obiettore di
coscienza ora salesiano, ha creato questa “terra
informatica di don Bosco”. Il lavoro non manca
e spesso le luci rimangono accese fino a tardi.
Il contachilometri fatica a reggere il ritmo delle
ruote che corrono da una parte all’altra del Tri-
veneto perché, il web è bello e utile ma l’incon-
trarsi di persona è tutta un’altra cosa. A volte la
fatica, altre volte le esigenze del costante lavoro
12
Aprile 2012

2.3 Page 13

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quotidiano, non risparmiano qualche difficoltà e
mal di cuore. “Per i momenti di difficoltà i nostri
uffici MGS hanno coniato uno slogan” racconta
don Igino “Ci sono più soluzioni che problemi.
Ottimismo ostinato? Sì, come figli di don Bosco
siamo ostinatamente ottimisti perché crediamo
che il buon Dio ci accompagni sempre e dovun-
que, basta fidarsi e affidarsi”.
“Alla crisi”, aggiunge suor Anna Peron, “rispon-
diamo con quella speranza che si radica nella
Fede. Provare per… credere!”.
La loro voce
Lo stile, anche in un luogo di lavoro, rimane
quello salesiano. Spazio ai giovani: Daniele, Sil-
via, Federica e Giulia fanno poco più di cent’anni
in quattro.
Quali attività svolgi ogni giorno?
Federica: È difficile definire tutte le cose che
faccio perché ogni giornata è diversa; ogni giorno
però ho a che fare con persone che hanno a cuore
i giovani e cerco di aiutarle a svolgere al meglio il
loro compito educativo.
La cosa che mi piace di più è sapere che quel-
lo che faccio non è semplice lavoro di ufficio
o di segreteria, bensì che tutto è al servizio e
per il bene dei giovani. Si tratta di una grande
responsabilità: quello che parte da questi no-
stri uffici è il “la” per le numerose proposte che
vengono poi fatte nelle singole case dell’Ispet-
toria.
Dicono che sei tu che ogni giorno
fai apparire il sito con una veste
nuova, vero? In base a che cosa
scegli gli articoli?
Silvia: Ogni giorno mi metto a surfare da un
sito all’altro... Nella scelta delle news da pubbli-
care, cerco di alternare tematiche più riflessive,
come quelle riguardanti
l’educazione, l’affettività,
l’amicizia, il cammino di
fede, le questioni bioetiche
e morali, i messaggi del
Papa, a tematiche più “leg-
gere” e divertenti, come
quelle riguardanti l’ani-
mazione, alcune curiosità,
testimonianze e interviste
coinvolgenti. Quello che
cerco di fare è dare un ta-
glio giovanile e frizzante
per non annoiare il lettore
e per fargli respirare il ca-
risma salesiano!
In ordine da sini-
stra a destra:
Giulia, Luca, Sil-
via, Martino, don
Attard, don Igino,
Federica, Daniele
negli uffici di pa-
storale giovani del
Mgs Triveneto.
La produzione
di sussidi ricchi
di fantasia è
uno dei regali di
Donboscoland alla
pastorale giovanile
italiana.
Aprile 2012
13

2.4 Page 14

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PROTAGONISTI
Intorno al Rettor
Maggiore alla
GMG di Madrid.
Donboscoland sostiene
anche i grandi ritrovi giovanili.
Di che cosa si tratta?
Daniele: Sono momenti molto importanti che
permettono ai giovani di ritrovarsi. Questi raduni
hanno lo scopo di far vivere ai giovani un pezzet-
to di Chiesa in cui cogliere la fede e il messaggio
cristiano in tutta la sua bellezza e attualità. Musi-
ca, gioco, spettacolo, mostre, stand, testimonian-
ze, animazione sono alcuni dei principali ingre-
dienti che permettono ai giovani di far emergere
il desiderio di vita che li abita. Tutto questo è la
Festa dei Giovani e la Festa dei Ragazzi che don-
boscoland sostiene da più di 10 anni.
Altro momento importate dell’anno sono i corsi
Animatori di Udine, Mestre e Verona.
Donboscoland è più
informazione o formazione?
Passatempo o impegno?
Gioco o studio?
Giulia: È uno spazio nella rete per diventare
“pescatori di uomini” d’oggi! Proprio per questo
possiamo trovare un sacco di materiale per tut-
ti: per i più giovani e per i diversamente giovani!
Donboscoland tenta di cogliere i vari interessi
per arrivare a qualcosa di più grande, o meglio a
Qualcuno di davvero importante!
Il ricco archivio fotografico documenta la vita del
MGS Triveneto nelle varie fasi dell’anno. Il sito
diventa così occasione d’incontro, collegamento e
condivisione per tutti coloro che si ispirano alla
spiritualità giovanile salesiana.
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Aprile 2012

2.5 Page 15

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RISPOSTA, NON PROBLEMA
LUCA & SILVIO
Altotevere
Senza Frontiere
Stare insieme crescendo.
È questo il desiderio
che sta alla base di un
piccolo gruppo di amici
diventato un’associazione,
“Altotevere senza
frontiere” (Asf Onlus).
T utto nasce da due ragazzi di
Città di Castello (Perugia),
Marco e Marco, 24 anni,
studenti di Lettere, che de-
cidono di partire per L’A-
quila pochi giorni dopo il
terribile terremoto del 6 aprile 2009.
Lì partecipano alla nascita del campo
della Caritas Umbria: un luogo dove,
da allora, sono passati centinaia di ra-
gazzi da tutta Italia che hanno lavora-
to stando vicino alla gente.
Sono giorni intensi. Ascoltare le sto-
rie di sofferenza fa crescere la voglia
di fare qualcosa di più. Tornati a casa,
ne parlano con gli amici, organizza-
no incontri nelle scuole e nelle par-
rocchie. A loro si uniscono Ludovica,
Chiara, Daniele, Camilla, Gessica,
Alessandro, Sara... tutti ragazzi dai
15 anni in su, studenti o lavoratori.
Per aiutare la gente terremotata na-
scono campi di lavoro, bancarelle,
due grandi raccolte viveri nei super-
mercati dell’alta valle del Tevere (tra
la Province di Arezzo e Perugia).
Il gruppo di giovani si trasforma gra-
dualmente in associazione. Una real-
tà aperta a tutti che oggi conta tra le
proprie fila oltre 150 iscritti. C’è tan-
ta voglia di sviluppare nuovi progetti,
partendo da chi è più vicino ma senza
chiudere i propri orizzonti.
Dal 2010 i giovani ASF fanno visita e
animazione tutte le settimane agli an-
ziani di una casa di riposo della loro
città, e contemporanea-
mente hanno avviato dei
progetti internazionali in
Kossovo, dove si recano
due volte all’anno per so-
stenere una casa famiglia
con oltre 40 minori ospi-
ti. Un mare di amore e un’avventura
speciale che vi racconteremo presto su
questa rubrica.
Prima di partire, un momento di fe-
sta: il “Festival della solidarietà”, che
quest’anno raggiungerà la terza edizio-
ne. Un’occasione di confronto per tante
realtà solidali del centro Italia e che pre-
vede incontri, concerti, mostre fotogra-
fiche e quant’altro. Un modo per dare
voce alle tante situazioni di sofferenza
del nostro tempo e, allo stesso tem-
po, per raccogliere fondi per i proget-
ti dell’associazione. Il Festival si terrà
quest’anno dal 13 al 15 luglio presso il
parco “Alexander Langer” di Città di
Castello.
“Altotevere senza frontiere” è una realtà
aperta a chiunque desideri sporcarsi le
mani nell’aiuto concreto agli altri e con-
dividere un cammino di amicizia e soli-
darietà. In uno dei loro memo si legge:
«Il segreto è che aiutando gli altri cre-
sciamo anche noi stessi, perché la vita è
questo: stare insieme, aiutarsi».
Per saperne di più si può visitare il sito
www.altoteveresenzafrontiere.it o
contattare i numeri 320 4223695,
329 2055680 e la e-mail
info@altoteveresenzafrontiere.it.
Se conosci altre storie di vita in cui i
giovani prendono in mano problemi
e li trasformano in opportunità
di crescita, scrivi a
rispostanonproblema@gmail.com.
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15

2.6 Page 16

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L’INVITATO
GILBERT SA KO KO WIN
Monsignor
Charles
Maung Bo
Salesiano, arcivescovo
di Yangon, Myanmar
L’opera più urgente
è l’educazione alla libertà
Lei è stato eletto vescovo prio la considerazione e la delicatezza
molto giovane…
verso di me del direttore padre Fortu-
Sì, sono vescovo già dall’età di 42 nato Giacomin che mi persuase ad en-
anni. Ma cinque anni prima, ero Pre- trare nella Congregazione Salesiana.
fetto Apostolico nella Prefettura di
Lashio. Ho avuto la notizia di essere La mia mamma era tutto
stato eletto vescovo il 24 luglio 1990.
Quali sono i ricordi più belli
Qual è la storia
della sua infanzia?
della sua vocazione?
La mia mamma era tutto. La mia
Il parroco del mio villaggio, Monhla, situazione era un po’ quella di don
mi mandò con due fratelli in un con- Bosco. Mio padre era morto quando
vitto salesiano. Ero affascinato come avevo solo due anni. Ero il più piccolo
pregava e celebrava la Messa il mio in famiglia: ho due fratelli e due so-
parroco. Dopo, nel convitto di Man- relle maggiori. Ogni sera pregavamo
dalay, alla Lafon, fui sinceramente at- il Santo Rosario e la mia mamma rac-
tratto dai Padri e Religiosi Salesiani, contava le storie dei santi e i loro mi-
soprattutto dalle attenzioni e disponi- racoli e ci incoraggiava a impegnarci
bilità che avevano verso di me. Fu pro- nella vocazione cristiana. Ogni mat-
tina quando mi svegliavo, vedevo la
mamma pregare accanto a me.
Da quanti anni i salesiani
sono in Myanmar?
Che cosa significa questa
presenza?
I salesiani arrivarono nel 1939 e cele-
breranno il settantacinquesimo anni-
versario nel 2014. Prima della nazio-
nalizzazione delle scuole, nel 1965, i
salesiani dirigevano due scuole supe-
riori, una a Yangon e l’altra a Man-
dalay, oltre ad un aspirantato. Dopo il
1965, ci fu un periodo di crisi in segui-
to all’espulsione dal paese dei salesia-
ni fondatori da parte del generale Ne
Win, il capo socialista. Ma l’8 aprile
del 1965, con la direzione di monsi-
16
Aprile 2012

2.7 Page 17

▲back to top
gnor Jocelyn Madden, è stata eretta la
nuova Prefettura di Lashio. I salesiani
hanno curato le parrocchie e si sono
specializzati nella pastorale giovanile.
È possibile dare un volto
birmano a don Bosco?
Certamente. Oggi, i salesiani parteci-
pano attivamente nelle parrocchie, nei
centri d’animazione e di formazione.
Prima sotto la direzione di padre Joa-
chim Ye Maung ed ora di padre Mau-
rice Vallence, l’immagine di don Bosco
sta crescendo velocemente tra i giovani,
religiosi e molti vescovi diocesani pro-
prio per la presenza dei salesiani.
ed è stato chiuso al mondo di fuori.
I birmani hanno bisogno di imparare
a vivere una vera democrazia. Hanno
bisogno di ritrovare il senso del per-
dono e della riconciliazione e un au-
tentico sviluppo.
Per gli italiani il Myanmar
ha un fascino particolare
di tipo mistico-religioso,
corrisponde alla realtà
dell’anima birmana?
È assolutamente vero. Il popolo del
Myanmar ha un’anima intensamente
religiosa, paziente, amante della non-
violenza e della tollerenza. I birmani
apprezzano molto la meditazione e il
silenzio. Dio, la Religione e i Mona-
ci sono le più alte priorità nella vita
birmana.
Come sono i giovani
birmani?
Molti giovani hanno perso la saggezza
delle tradizioni. Hanno la smania di
andare nei paesi stranieri per lavorare e
Com’è composta la
conferenza episcopale
birmana? La sua voce,
nella Conferenza
episcopale è ascoltata?
È una conferenza cordiale, aperta e
c’è cooperazione. Anche se molti ve-
scovi non sono esperti in molti campi,
sono aperti e ricettivi ai cambiamenti
della Chiesa e del Paese. La mia voce
è molto apprezzata nella Conferenza
episcopale.
Dio, religione e monaci
Quali sono le necessità
più urgenti del Myanmar?
Educazione! Educazione alla Libertà.
Per un secolo e mezzo, il popolo è sta-
to sotto la restrizione e l’oppressione
A pagina precedente : Monsignor Charles nella
sua cattedrale. A destra : Una via di Yangon
brulicante di vita. I birmani hanno un’anima
intensamente religiosa, paziente, amante della
nonviolenza e della tolleranza.
Aprile 2012
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2.8 Page 18

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L’INVITATO
tori. Giovani ragazzi e ragazze devono
andare nei paesi stranieri come lavora-
tori stagionali e le ragazze che stanno
ai confini del paese rischiano di finire
preda dell’industria del sesso.
I giovani sono intelligenti
e coraggiosi
sentono interesse solo per i soldi. Molti
di loro patiscono la mancanza di una
vera educazione. Però ora hanno an-
che la percezione della situazione e con
tutte le loro forze cercano di costruirsi
autentiche competenze, sono sensibili
alla libertà, ai diritti umani e si adde-
strano ad usare la loro intelligenza in
modo critico e selettivo.
In alto: Monsignor Charles in mezzo alla gente
colpita da un nubifragio. Sotto: Il noviziato sale-
siano e il seminario minore.
Quali sono le sfide più
rilevanti della sua diocesi?
Molti vanno nelle chiese e sono pii e
molto devoti. Ma non cercano di co-
municare la fede ad altri, soprattutto
ai buddhisti. Non sono degli evange-
lizzatori ma dei buoni praticanti. I gio-
vani studenti non sono propriamente
educati nella fede, spendono il massi-
mo delle ore nello studio. I lavoratori
giovani devono impegnarsi molto per
avere qualche soldo in più per la so-
pravvivenza della famiglia e dei geni-
Come vede il futuro
della Chiesa in Myanmar?
Luminoso. Attualmente, la presenza
della Chiesa in tutte le 16 diocesi è
molto sentita e riconosciuta da tutte le
espressioni religiose. Le opere carita-
tive di “Caritas Karuna” e la presenza
delle Congregazioni religiose stanno
fiorendo. Ci sono le condizioni adat-
te per un grande futuro: nel campo
dell’educazione ed evangelizzazione
e in quello dello Sviluppo Sociale.
Molte Congregazioni religiose stan-
no arrivando in Myanmar.
Che cosa pensa
della Chiesa in Europa?
È solo un passato
più o meno glorioso?
Myanmar è molto grato alle Chiese
in Europa per la spedizione dei mis-
18
Aprile 2012

2.9 Page 19

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LA TERRA DELLO SPIRITO
sionari e l’evangelizzazione del Paese.
I missionari hanno impresso in noi
un segno profondo fatto di sacrificio
ed amore. L’Europa ci sta assistendo
ancora spiritualmente, materialmente
e finanziariamente. In Europa però
stanno prevalendo il materialismo e
la mancanza del senso di Dio. Molti
proclamano di essere non-credenti e
liberi pensatori. L’Europa soffrirà an-
cora e rischierà di essere conquistata
dall’Islam se non ritrova la sua anima.
Siete consapevoli
di essere voi le giovani
Chiese del futuro?
Sono convinto che i giovani sono il
futuro per la Chiesa e per il Myanmar.
Qui, i giovani sono molto intelligenti,
coraggiosi, generosi e religiosi. At-
tualmente ci sono poche iniziative
soprattutto per l’incapacità dei gover-
ni passati.
Che cosa pensa della
Congregazione Salesiana?
I confratelli sono molto qualificati e
hanno capacità ed esperienza in di-
versi campi. Oggi il nostro Paese è
molto più aperto e abbiamo tantissi-
me opportunità per lavorare secondo
il carisma di don Bosco. È importante
unificare le forze e le risorse.
Ha qualche progetto
che le sta particolarmente
a cuore?
Soprattutto tre: l’educazione dei bam-
bini e dei giovani, la formazione della
fede in tutti i cristiani, lo sviluppo so-
ciale e politico della nostra magnifica
patria.
L’Unione di Myanmar, in precedenza
chiamata Birmania, ex colonia britannica,
è una Federazione di 7 Stati e 7 Divisioni,
con una popolazione di oltre 51 milioni
di abitanti. Indipendente dal 4 Gennaio
1948, ha vissuto diverse esperienze po-
litiche tra cui la più importante è quella
del “Socialismo birmano” imposto dal
dittatore Ne Win che chiudeva il Paese
praticamente a tutti i contatti con il mon-
do esterno.
Dal 1962 la Nazione è governata da Re-
gimi militari. Da diversi decenni, ma in
particolare dal 1990, si è costituita una
opposizione armata originata essen-
zialmente da due diverse motivazioni: i
Gruppi etnici minoritari (Kachin, Karen,
Kayah, Shan) che aspirano ad una mag-
gior indipendenza, e i Gruppi legati agli
interessi della produzione e commercio
di oppio.
Il 27 marzo 2006, la giunta militare
ha spostato la capitale da Yangon a
Pyinmana, che è stata ufficialmente ri-
nominata “Naypyidaw”, cioè “sede dei re”.
Aung San Suu Kyi, la “Signora”,
come la chiamano i birmani, premio
Nobel per la Pace nel 1991, ha dedicato
gran parte della vita a lottare contro il regime autoritario birmano. Ha trascorso la maggior
parte degli ultimi venti anni agli arresti domiciliari. Potrà partecipare alle elezioni di questo
mese. Con la sua Lega nazionale per la Democrazia spera ora di strappare altre concessioni
al governo civile che lo scorso anno ha preso il potere dalla giunta militare.
La situazione religiosa
Con circa 85% della popolazione, il Buddismo “Theravada” predomina in Myanmar. La
spiritualità buddista vissuta nei Monasteri, oltre che un ruolo religioso è anche un pilastro
della struttura sociale del Paese in quanto si
interessa di educazione e assistenza, ponen-
dosi spesso come alternativa alle strutture
governative.
I Musulmani sono circa il 4-5% della po-
polazione e sono concentrati soprattutto nel
sud del paese.
Le altre confessioni religiose (Induista, Scin-
toista, Animista) sono stimate a 4-5% della
popolazione e sono concentrate negli stati
confinanti del nord del Paese.
I Cristiani (Anglicani, Protestanti, Cattolici),
sono circa il 5-7% della popolazione rag-
gruppata soprattutto in alcune zone della di-
visione di Yangon, dello Stato Shan e Kayah.
La Chiesa Cattolica è organizzata in 14
Diocesi, tutte gestite da Vescovi e Sacerdo-
ti del Paese, per una comunità stimata tra
600 000 e 800 000, in maggioranza prove-
nienti dalle etnie minoritarie.
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2.10 Page 20

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
REPUBBLICA
DOMINICANA
Una Radio
fatta dai ragazzi
di strada
GERMANIA
La varietà
culturale
come ricchezza
e non problema
(ANS - Santo Domingo) – Radio Juventus
Don Bosco trasmette 24 ore al giorno sotto
il motto: “Una voce per la civiltà dell’amore”.
È nata nel 2004 per l’iniziativa del salesiano
don Luis Rosario ed oggi è diretta e condotta
dai ragazzi del progetto di Pastorale giova-
nile “Yo También” (Anch’io) che accoglie
ragazzi provenienti dalla strada. I giovani
lavorano volontariamente presso la stazione
e molti hanno sviluppato competenze come
tecnici del suono, montatori, assemblatori
o riparatori degli impianti e dei computer.
La programmazione della radio è rivolta
principalmente ai giovani, agli adolescenti e
alle famiglie e si ispira al sistema educativo e
preventivo di don Bosco.
BENIN
Moto-taxi
per famiglie
bisognose
(ANS - Porto-Novo) –
Grazie alla generosità di un
ricercatore spagnolo, l’ing.
Enrique Castillo, è partito
in Benin un progetto di
microcredito che permette
a 75 famiglie bisognose di
mantenersi con il proprio
lavoro. L’ing. Castillo ha
investito il denaro ricevuto
dal Premio Nazionale di
Ricerca “Leonardo Torres
Quevedo” in un progetto
di solidarietà. Dopo essere
stato in Benin e Togo e aver
vagliato alcune possibilità,
ha acquistato 75 moto
che, con la collaborazione
dei salesiani di Porto-
Novo, sono state messe a
disposizione attraverso un
finanziamento di microcre-
dito ad altrettante famiglie
bisognose. I beneficiari
possono produrre reddito
per le proprie famiglie
lavorando come moto-
tassisti. Il 2 febbraio presso
il “Centro Michele Magone”
ha avuto luogo la consegna
delle prime moto.
(ANS - Bonn) – A
fine gennaio 31 giovani provenienti da varie
opere salesiane sparse in 11 nazioni si sono
ritrovati a Bonn per confrontarsi sul tema
dell’immigrazione e dello scambio cultura-
le. I partecipanti hanno analizzato i propri
stereotipi e pregiudizi per capire l’importan-
za del proprio agire e il valore della respon-
sabilità. Hanno coinvolto nel dibattito sulle
migrazioni anche la gente comune attraverso
un flash-mob musicale nel centro di Bonn
e hanno esposto in forma di laboratorio
teatrale i risultati della conferenza. I giovani,
inoltre, hanno visitato la “Casa della Varie-
tà” di Bonn e ascoltato le testimonianze del
dottor Rupert Neudeck, fondatore di “Cap
Anamur” e che oggi lavora con i rifugiati,
e del salesiano coadiutore Charles Taban,
sudsudanese, che ha parlato dei profughi
verso il Sud Sudan.
20
Aprile 2012

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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TIMOR EST
Inaugurazione
dell’Istituto
Filosofico
Salesiano
RMG
Un nuovo
gruppo
nella Famiglia
Salesiana
(ANS - Dili) – In occasione della festa di
san Francesco di Sales è stato inaugurato a
Dili-Comoro, l’Istituto Filosofico Salesiano,
prima struttura del genere in Timor Est.
“Formare un salesiano profondamente di don
Bosco e radicalmente timorense sarà l’obiet-
tivo dell’istituto” ha detto il Superiore della
Visitatoria Indonesia-Timor Est, don João
Paolino Aparício Guterres. Ha aggiunto che
il Filosofato dovrà ispirarsi all’umanesimo
cristiano di san Francesco di Sales e che sarà
un centro di studio in dialogo con la cultu-
ra locale e in modo speciale con la cultura
giovanile. Alla cerimonia hanno partecipato
varie autorità come il Vice Primo Ministro
di Timor Est, dottor José Luis Guterres,
e il Ministro dell’Educazione, dottor João
Cancio. Attualmente sono 25 i chierici
salesiani che frequentano l’istituto. Il corpo
dei docenti è costituito da dieci salesiani e da
una suora FMA.
STATI UNITI
Salesiani &
sviluppo sociale
(ANS - New York) –
Nell’ambito dell’incontro
della Commissione sullo
Sviluppo Sociale delle
Nazioni Unite, svoltosi nei
primi giorni di febbraio,
i salesiani hanno colla-
borato in varie iniziative
per sostenere politiche e
buone pratiche di svilup-
po sociale. Don Thomas
Brennan, rappresentante
dei salesiani nel Consiglio
Economico e Sociale delle
Nazioni Unite, è stato
relatore per un dibattito
sui rischi di diffusione
dell’HIV in rapporto
all’immigrazione e ha
promosso e moderato
due eventi collaterali: un
forum sul contrasto al
traffico di esseri umani e
un forum sul ruolo della
povertà nella diffusione
dei contagi da HIV. Si è
proposto il trasferimento
di parte delle spese mili-
tari alle politiche sociali
e l’introduzione di una
tassa sulle transazioni
finanziarie (FTT).
(ANS - Roma) –
Dal 24 gennaio scorso la Famiglia Salesia-
na conta un gruppo in più: le “Suore Visi-
tatrici di Don Bosco” (Visitation Sisters
of Don Bosco - VSDB). La Congrega-
zione venne fondata il 31 maggio 1983 da
monsignor Hubert D’Rosario (1919-1994),
salesiano, per 25 anni vescovo di Shillong.
Il giorno della fondazione, avvenuta nel
Convento “Madonna” di Shillong, le suore
erano 8. Attualmente la Congregazione
conta 106 professe, 16 novizie e 9 aspiranti,
presenti in 18 case negli Stati di Megha-
laya e Assam, nel nord est dell’India. La
missione delle suore si ispira ai tre ambiti
dell’evangelizzazione, dell’educazione e del
sostegno allo sviluppo. La Madre Generale
attualmente è suor Cecilia Sad. Ad oggi, i
gruppi che compongono la Famiglia Sale-
siana sono 30.
Aprile 2012
21

3.2 Page 22

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ESPERIENZE
ANTONIETTA P. VOLONTARIA DI DON BOSCO
Miracolo a Tolentino
I miracoli avvengono e i
sogni possono avverarsi,
basta non perdere la
speranza e crederci
davvero!
Contemplando oggi la
realtà dell’Oratorio Don
Bosco di Tolentino, piccola
cittadina nella provincia
di Macerata, è proprio
successo questo.
È il 28 Agosto del 2011 e l’O-
ratorio vive una festa memo-
rabile.
Si inaugura il suo campetto
rimesso a nuovo e perfetta-
mente attrezzato. Finalmen-
te, dopo tanti anni di abbandono e di
avverse vicissitudini (difficoltà varie
con i confinanti che hanno portato
alla perdita di alcuni locali importan-
ti e perfino contese per il campetto
con la Scuola adiacente, che voleva
costruirvi la sua palestra), per cui si
è temuto fino alla fine di perdere tut-
to… è avvenuto il miracolo e si sono
sciolti tutti i nodi. Il campetto, spazio
vitale per l’attività sportiva, di gioco
e di festa per i nostri giovani è salvo.
Il sogno di tanti oratoriani si è av-
verato: l’Oratorio torna a vivere e ad
essere punto di riferimento e di cre-
scita per tanti giovani della nostra cit-
tà. Una gran folla si è resa presente
a questo evento che ha unito in una
gioia profonda e grata i “giovani” del
passato a quelli del presente.
Al taglio del nastro del nostro Ve-
scovo monsignor Claudio Giuliodo-
ri, sono presenti il Parroco attuale e
quelli precedenti, il nostro missiona-
rio salesiano don Nicola Ciarapica, il
Sindaco, il Presidente della Provincia
e varie autorità. Naturalmente non
manca la presenza emozionata ed
entusiasta di tutti noi che abbiamo
pregato, lavorato instancabilmente e
sofferto perché tutto questo si realiz-
zasse. Ci scoppia il cuore quando un
nugolo di ragazzi festanti varca la so-
glia e correndo calpesta per primo il
terreno colorato del campo!
Pagnottine imbottite di mortadella,
come ai vecchi tempi, quando i Sa-
lesiani solevano offrirle a chi era stato
presente alla S. Messa, sono distribui-
te ai presenti che le hanno davvero
gradite, insieme alla famosa gasso-
sa in bottiglietta di vetro. L’interno
dell’Oratorio è tappezzato dalle foto
di “ Famiglia” (raccolte pazientemen-
te), che raccontano la Storia dell’O-
ratorio dal 1925 ai nostri giorni. Fa
tenerezza vedere nonni o papà che
guardano insieme a figli e nipoti le
foto della loro giovinezza. Lo Spiri-
to di Famiglia, così caro a don Bosco,
riscalda tutti gli ambienti ma soprat-
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Aprile 2012

3.3 Page 23

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tutto i cuori. Tutta la città di Tolenti-
no ha percepito la bellezza di quanto
sta accadendo. Giornali e TV locali
ne hanno parlato per giorni.
Maria Ausiliatrice ci è stata sempre
vicina, ha voluto questo Oratorio e ha
compiuto il miracolo.
Del resto non poteva che essere così,
dato che questo, sin dagli inizi, è sta-
to benedetto dalla presenza di ben 2
Rettor Maggiori del calibro di don
Rua (nel 1908) e di don Rinaldi (nel
1925). Il primo ha permesso la pre-
senza dei Salesiani nella nostra cit-
tà, dalla vicina Macerata, solo per il
In alto: il vescovo inaugura il nuovo campo
dell’oratorio Don Bosco. Tutta l’animazione è
della Famiglia Salesiana.
Sabato e la Domenica e il secondo ha
garantito la loro presenza stabile, che
poi durerà fino al 1963. Da allora solo
i laici, cresciuti alla scuola di don Bo-
sco hanno portato avanti, in accordo
con i vari Parroci, la missione educa-
tiva dell’Oratorio. Anche oggi, è un
gruppo di laici che guida il cammino
di questo ambiente e ciascuno offre le
proprie competenze e il proprio so-
stegno come volontari ed educatori,
raccogliendo la sfida educativa degli
inizi, entusiasti e pronti a tutto per il
bene dei giovani!
I quattro progetti
Che cosa facciamo? Abbiamo costi-
tuito l’Associazione “Oratorio Don
Bosco Tolentino” affiliata all’Asso-
ciazione nazionale “NOI” che ge-
stisce oltre 1000 circoli/oratori. Tale
collaborazione ci permette di usufrui-
re di vari servizi e assistenza nello
svolgimento delle varie attività che
proponiamo e proporremo ai ragazzi
e alle famiglie che frequentano il no-
stro oratorio. A tal proposito abbiamo
messo in atto quattro progetti:
1) “NOI Studiamo”. In collaborazio-
ne con le scuole e la disponibilità di
professori di varie materie si aiuta un
numero chiuso di ragazzi in difficol-
tà, nello studio. Si affiancano ai pro-
fessori anche studenti volontari degli
ultimi due anni delle superiori (che
possono così acquisire crediti) per un
aiuto più completo.
2) “NOI Suoniamo”. Con la disponi-
bilità di 2 maestri c’è la possibilità di
imparare a suonare uno strumento o
di portare la propria abilità personale
a un livello più alto.
3) “NOI Lavoriamo”. Con l’aiuto di
un esperto nella lavorazione della pel-
le, proprietario di una piccola fabbri-
ca, si vuole offrire la possibilità di un
laboratorio dove imparare a realizza-
Aprile 2012
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3.4 Page 24

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ESPERIENZE
re semplici oggetti in pelle e avviare
giovani che hanno lasciato lo studio e
se ne stanno con le mani in mano ad
avviarsi al lavoro con più preparazio-
ne. Questo progetto è portato avanti
con l’aiuto delle ACLI.
4) Laboratorio Artistico di Teatro,
Cinema e Fotografia in collaborazio-
ne con l’ associazione culturale locale
“CGS Vittorio Bachelet”.
Il nostro Oratorio è colorato, cioè
multietnico ed è aperto tutti i giorni
tranne la Domenica, dalle ore 16,30
alle 19,30. Il Lunedì è riservato a chi
frequenta i gruppi di catechismo.
La Domenica e negli altri orari non
consueti è a disposizione per attività
sportive o di animazione.
Le difficoltà non mancano e c’è mol-
to da lavorare… ma come diceva don
Bosco: “Un pezzo di Paradiso aggiu-
sta tutto!”.
Speriamo che aggiusti anche i conti
per pagare il mutuo acceso per la ri-
strutturazione del Campetto.
Se volete tenervi in contatto con noi vi
invitiamo a visitare il nostro sito:
www.noitolentino.it
ESERCIZI SPIRITUALI
al SALESIANUM
Aperti a tutti
25-30/06/12
LA VITA BUONA DEL VANGELO
La gioia e la fatica di rinascere dall’alto: “La fede è radice di pie-
nezza umana, amica della libertà, dell’intelligenza e dell’amore”
Don Bruno Ferrero SDB
(numero max di partecipanti 40).
03-08/9/12
L’ESPERIENZA DEL DISCEPOLO E IL CAMMINO CON GESÙ
NEL VANGELO DI GIOVANNI
Don Giorgio Zevini SDB – Decano emerito della Facoltà di Teo-
logia dell’Università Pontificia Salesiana e Biblista (numero max
di partecipanti 28).
Gli Esercizi sono pubblicati sul calendario Fies ma il numero dei partecipanti è
limitato, pertanto Vi invito a riservare il Vostro posto quanto prima. Siamo a Vo-
stra disposizione per tutti i chiarimenti di cui avrete bisogno.
Potete contattarci all’indirizzo e-mail salesianum@sdb.org
NB: i corsi hanno inizio il lunedì mattina dal pranzo e si concludono il sabato mattina
prima del pranzo alle ore 12,00.
CASA di Esercizi: Casa Salesiana “Beato Michele Rua” – Salesianum - Via della Pisana 1111 Roma
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Aprile 2012

3.5 Page 25

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ANNO DELLA FEDE GIOVANE
TONINO LASCONI
I “giovani ricchi”
C’è un episodio nel vangelo
che tante volte abbiamo
meditato con sottile ama-
rezza. È quello del giova-
ne ricco che, invitato da
Gesù a uscire fuori dalla
sua vita perbene (“Tutte queste cose: Non
uccidere, non commetterai adulterio, non
ruberai, non testimonierai il falso, onora
il padre e la madre, e amerai il prossimo
tuo come te stesso, le ho osservate”), non
ha il coraggio di abbandonare le “molte
ricchezze” che possedeva, e se ne va via
“triste” (Mt 19, 16-22). È spontaneo
vedere in questo personaggio il simbo-
lo dei nostri giovani che agli inviti del-
la Chiesa rispondono picche. Peggio!
Perché non se ne vanno via tristi, ma
con l’aria scanzonata di chi non c’è ca-
scato, o, addirittura, di chi ha scampa-
to un pericolo. Che fare? Gesù non gli
corre dietro. Non insiste e non cerca di
convincere per vie traverse: lo guarda
mentre se ne va, e fa riflettere i disce-
poli sul pericolo delle ricchezze, assi-
curandoli che lasciarle non è una per-
dita, ma un guadagno enorme: cento
volte tanto ciò che si lascia, e poi la vita
eterna (Mt 19, 27-29). È la strada che
dobbiamo seguire noi: convincere che
accogliere il vangelo non è una perdita,
ma un grande vantaggio, ora e dopo.
Questo è il nostro compito: annuncia-
re il vangelo in modo chiaro, libero e
liberante, senza motivazioni sbagliate
o poco limpide, e senza accontentarci
di grandi eventi, pur importanti e in-
coraggianti, ma non risolutivi ai fini di
una risposta personale profonda che
convinca a fare il salto di qualità per la
vita di ogni giorno.
Chi deve fare questo annun-
cio? La risposta sembra facile e
spontanea: “La Chiesa”. Certo!
Chi altri sennò? Purtroppo però
per “Chiesa” si intende il papa, i vesco-
vi, i preti, i religiosi… È questo l’errore
che dobbiamo assolutamente superare
per non continuare a vedere tristemen-
te il giovane ricco del vangelo molti-
plicato per mille e mille. In questi ul-
timi cinquant’anni, nel corso dei quali
il mondo è cambiato profondamente e
radicalmente, facendo franare tradi-
zioni secolari e consolidate, compresa
una fede vissuta più come convenzione
sociale che come convinzione persona-
le, la Chiesa intesa come clero non è
stata con le mani in mano.
Tantissimi preti, lasciati liberi dalla
parrocchia per dedicarsi completa-
mente alla pastorale giovanile, hanno
cercato di rinnovare gli oratori, le as-
sociazioni, moltiplicando l’offerta di
esperienze “forti”, come camposcuola,
tre giorni, uscite, convegni e incontri
di ogni tipo. Come mai, però, questo
impegno non è bastato per presenta-
re al mondo giovanile la proposta di
Gesù come una ricchezza meritevole
e capace di fare abbandonare le altre?
I motivi sono molteplici, ma uno dei
più importanti è che, al loro ritorno
nella quotidianità, i giovani non han-
no trovato famiglie e comunità cri-
stiane capaci di accogliere e coltivare
una fede giovane, fresca ed entusiasta,
in grado di non lasciarsi sedurre e ri-
succhiare dalle “molte ricchezze” che
il mercato del mondo offre.
È necessario un cambiamento profon-
do: da famiglie e parrocchie che delega-
no e appaltano la proposta del vangelo a
preti e laici volenterosi, a famiglie e par-
rocchie capaci di far vivere la ricchezza
del vangelo nel quotidiano.
Don Tonino
Comincia da questo numero la collabo-
razione di Tonino Lasconi, il parroco più
conosciuto d’Italia.
Autore di libri e articoli, traboccanti di in-
tuizioni brillanti, idee profonde e un pizzico
di humour che non guasta mai.
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A TU PER TU
MARIO SCUDU
«Lingua morta»
a
chi?
Don Roberto Spataro, sdb, insegna Letteratura
Cristiana antica ed è il segretario della Facoltà
di Lettere Cristiane e Classiche dell’Università
Pontificia Salesiana, denominata anche
Pontificium Institutum Altioris Latinitatis.
50 anni fa
Il 22 febbraio 1962, Giovanni XXIII
firmò la Costituzione apostolica Vete-
rum Sapientia sullo studio e l’uso del
latino, in cui auspicava, tra l’altro, la
creazione di un Academicum Latinita-
tis Institutum.
Quest’ultimo verrà, poi, istituito da
Paolo VI con la Lettera apostolica
Studia Latinitatis del 22 febbraio
1964, affidando alla Società Sale-
siana il compito di «promuoverne la
prosperità».
lesiani. In secondo luogo, per un mo-
tivo culturale: colgo una continuità tra
la teologia, che ho insegnato nel centro
di Ratisbonne, e lo studio degli anti-
chi scrittori cristiani, di cui mi occupo
attualmente. Sono essi che hanno ela-
borato le prime sintesi teologiche e che
hanno conferito alla teologia un’iden-
tità scientifica e sapienziale.
Quali sono i numeri?
Ci sono molte iscrizioni?
Sin dall’atto di fondazione, il nostro
Istituto si pone come un centro di
studi di specializzazione. Di con-
seguenza, più che la quantità delle
iscrizioni occorre curare la qualità
dell’insegnamento e dell’apprendi-
mento. Conforta sapere che tra i no-
stri exallievi, alcuni sono rinomatissi-
mi professori universitari o specialisti
presso la Santa Sede e le diocesi. In
genere, ogni anno, gli studenti dei tre
cicli ammontano a cinquanta, anche
se abbiamo attivato un processo per
aumentarne il numero.
Don Roberto: dopo la
direzione del “Ratisbonne”
di Gerusalemme è contento
di questo nuovo incarico
accademico a Roma?
Certamente! Anzitutto, per un moti-
vo personale, perché da sempre amo
la cultura classica e per otto anni ho
insegnato Latino e Greco nei Licei sa-
Una lezione nell’Istituto: la cura maggiore è per la
qualità dell’insegnamento e dell’apprendimento.
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Aprile 2012

3.7 Page 27

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La tipologia degli allievi:
chi sono questi coraggiosi
che vogliono imparare
la lingua di Cicerone?
Ci sono anche stranieri?
Ci sono ecclesiastici, inviati dai loro
Superiori, destinati all’insegnamento
del Latino, del Greco e della Patristica
presso seminari e studentati religiosi;
poi ci sono altri studenti, prevalente-
mente laici, che amano la cultura clas-
sica e quella antico-cristiana. Per questi
ultimi, allora, svariati sono gli sbocchi
professionali: dall’insegnamento alla
collaborazione con case editrici.
Ci sono anche stranieri?
Poiché la nostra è una facoltà del
Papa, è, per sua natura, internaziona-
le. E così abbiamo studenti dell’Euro-
pa orientale, africani, nordamericani,
e persino cinesi!
Parlare di latino oggi
non è molto attuale.
Il latino rientra nella
categoria “lingue morte”.
L’espressione “lingua morta” attri-
buita al latino è solo una banalità.
Nessun filologo serio la considera tale
perché, anche quando ha cessato di
essere la lingua-madre della gente alla
fine del mondo tardo-antico, il lati-
no ha continuato ad essere una lingua
scritta e parlata fino al secolo XIX da
tutti gli uomini di cultura, compresi
fisici e matematici. Era la lingua uf-
ficiale anche di parlamenti nazionali,
come quello ungherese o croato. Può
essere, inoltre, considerata “morta”
una lingua che continua ad essere stu-
diata da moltissime persone in tutto il
Don Roberto Spataro, «Anche nel campo dello
studio del latino, don Bosco è stato un pioniere!».
mondo? È morta una lingua lo studio
dei cui testi alimenta pensieri nobili
ed elevati? Inoltre, è la lingua super-
nazionale della Santa Sede, di molti
umanisti che comunicano in latino,
della liturgia che, celebrata in lingua
latina, attrae un numero crescente di
fedeli, soprattutto giovani.
Anche nella scuola media
italiana c’è un ritorno
dello studio del latino.
Il latino è una lingua molto piacevole
da apprendere, ad una condizione: che
si abbandoni il metodo che grava mor-
bosamente nelle scuole, imposto dal
filologismo tedesco a partire dal secolo
XIX. Se insegnato, invece, con il ‘me-
todo-natura’ appreso in 150 ore, uno
studente, senza eccessive fatiche e so-
prattutto senza noia, è in grado di leg-
gere già i classici. C’è bisogno di una
nuova generazione d’insegnanti che
conoscano questo metodo e lo adotti-
no con entusiasmo perché fa miracoli!
Quali sono in conclusione
gli obiettivi che ancora
oggi gli allievi e i docenti
di questo Pontificium
Institutum Altioris
Latinitatis perseguono?
Lo scopo è molto chiaro: attraverso
la conoscenza delle lingue antiche,
latino e greco, desideriamo entrare
a far parte di una res publica littera-
rum e dialogare con pensatori che, da
2500 anni, utilizzando o la ragione o
la fede o entrambe, hanno elabora-
to una cultura di profondo spessore
antropologico, etico, spirituale. Ed
il mondo, smarrito come non mai in
quest’epoca di crisi, ha estremamen-
te bisogno di riappropriarsi dei valori
di quell’humanitas, espressa, solo per
fare dei nomi, da Sofocle, Platone,
Seneca, Agostino, Tommaso, Erasmo
da Rotterdam.
Perché la Santa Sede
ha affidato questa Facoltà
ai figli di don Bosco?
Perché anche in questo campo don
Bosco è stato un pioniere! A Valdoc-
co, ha promosso lo studio del latino e
del greco con metodi che oggi ven-
gono riscoperti come innovativi ed
efficaci, cioè il metodo-natura: pensi
che a Valdocco, e poi per decenni nei
collegi salesiani, si rappresentavano
commedie in latino con grande suc-
cesso. Occorre riappropriarsi di tale
patrimonio: aiuta i giovani ad essere
migliori, amanti della verità, della
bontà e della bellezza.
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3.8 Page 28

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COME DON BOSCO
BRUNO FERRERO
L’importanza di trovare
dei motivatori
I veri motivatori sono
pochi mentre i distruttori
di motivazione sono
dappertutto
Ho ventisei anni, mi sono laurea-
ta in Scienze dell’educazione
ma non ho trovato lavoro, così
da un anno sono alla cassa di un
supermercato. Le chiedo: è giu-
sto secondo lei che una ragazza
laureata lavori per sette ore al giorno in
un supermercato per 440 euro al mese?
Quando torno a casa la sera mi sento una
fallita. Non so quando mai potrò avere
una casa mia, fare un viaggio, avere dei
figli. Il mio fidanzato è un bravo ragaz-
zo, studia e aiuta suo padre nel negozio di
macelleria. Nemmeno lui ha molte speran-
ze di uscire da quella situazione. Ci sen-
tiamo come due prigionieri di quest’in-
cubo. La domenica usciamo al mare, ma
siamo spesso tristi, senza idee. Le sembra
giusto tutto questo? Non abbiamo fatto
nulla di male per meritarci questa vitac-
cia, grazie per l’ascolto, Loredana.
Nel suo ultimo libro L’autorità perduta,
il coraggio che i figli ci chiedono il profes-
sor Crepet risponde così a questa let-
tera: «Una comunità che si permette il
lusso di mandare al macero intelligen-
ze e sensibilità come quelle di Loreda-
na e del suo fidanzato è una comunità
moribonda. Come in ogni epoca, il
periodo di decadenza di una civil-
tà è il peggiore perché chiunque può
sentirsi libero di arraffare ciò che c’è
per non soccombere. È il tempo delle
peggiori sperequazioni a danno dei più
deboli, è il tempo dei me-
schini e dei codardi che
si nascondono dietro
il pericolo incomben-
te per osare qualcosa
di cui non sarebbero
stati capaci in fasi di
prosperità economica.
Di tutto questo i ra-
gazzi si sono accorti:
è uno dei motivi che
più contribuiscono a
rendere ancor più pro-
fondo il solco di dif-
fidenza che divide le
generazioni. Non esi-
ste più un patto di so-
lidarietà, come accadeva in passato, ma
un’idea di silenzioso conflitto: da una
parte datori di lavoro pronti a specu-
lare sui giovani, dall’altra giovani che
usano lo stesso cinismo nei confronti
del lavoro, trasformandolo in un’op-
portunità per prendersi qualche soldo
e scappare non appena si può. I giovani
pretendono il rispetto del diritto allo
studio e del diritto alla casa. E allora
perché quando chiedo loro se hanno
mai pensato di mettersi in proprio mi
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Aprile 2012

3.9 Page 29

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guardano con un’espressione inebeti-
ta? Forse sono i genitori a scoraggiarli
dall’intraprendere strade senza garan-
zie a priori…».
Si tratta quindi di un problema edu-
cativo: i giovani scendono in battaglia
pietosamente disarmati, arrabbiati,
ma rassegnati. Il futuro del lavoro nei
paesi occidentali assomiglierà sempre
più a una sfida che occorre sapere ac-
cettare tutti i giorni e vincere. Una
sfida anche per le famiglie.
Il vero nemico è la demotivazione,
il mostro che paralizza, e quindi il
compito più importante di ogni geni-
tore e di ogni educatore è motivare
i figli. Sapendo che i veri motivato-
ri sono pochi mentre i distruttori di
ogni motivazione sono dappertutto.
I punti fondamentali sui quali fami-
glia ed educatori devono lavorare per
conservare e far crescere l’automotiva-
zione dei più giovani, sono i seguenti.
Investire tempo ed energie
per stare insieme e
conoscere a fondo
i ragazzi.
Questo significa curare
la “manutenzione delle re-
lazioni”. Gli esseri umani si
influenzano a vicenda. Quan-
do tra le persone esiste un rapporto
di affetto e di amicizia sentito e con-
diviso è molto difficile che qualcuno si
abbandoni allo sconforto, soprattutto
se si cerca di condividere con continuità
emozioni positive. Conoscersi, passare
insieme del tempo, collaborare, essere
solidali diventa un “rinforzo” per cia-
scuno. Un padre deve trasmettere ogni
giorno il messaggio «insieme ce la pos-
siamo fare».
Comunicare fiducia e far sen-
tire capaci.
A livello pratico si attua fornendo ai
ragazzi degli obiettivi adeguati e gra-
duali. Gli obiettivi irraggiungibili,
come quelli troppo facili, comunica-
no solo una scarsa fiducia. Il
messaggio deve essere «ce
la puoi fare». Per que-
sto è necessario pre-
stare attenzione, sot-
tolineare i progressi,
aspettarsi e valoriz-
zare l’impegno.
Quando parlate con i
vostri figli, siate pre-
senti in quello che fate:
guardateli negli occhi,
ascoltate attivamente,
fate sì che i ragazzi
si sentano ascoltati.
Immedesimatevi: fate
loro intendere che ca-
pite i loro sentimenti e
le loro affermazioni,
offritegli cioè l’espe-
rienza della visibili-
tà.
Mantenete un tono
rispettoso: non con-
cedetevi nessun tono di
condiscendenza, superiorità, sarcasmo
o disapprovazione.
Una comunicazione rarefatta, poco
frequente, carente lascia spazi vuoti
che, all’interno della famiglia e dei
gruppi, favoriscono la creazione di
fantasmi, in altre parole di interpreta-
zioni della realtà scarsamente basate
sui fatti, e spesso a sfondo paranoico.
Lasciare autonomia.
I genitori che soffocano i propri figli,
che tolgono qualsiasi spazio di auto-
nomia e decisione contribuiscono a
demotivarli pesantemente. I genitori
“chioccia” tirano su degli eterni “pulci-
ni” o dei bravi robot in attesa di ordini.
I figli devono rendersi conto che vie-
ne sempre il momento in cui non ver-
rà nessuno. Non verrà nessuno a pren-
dere decisioni al loro posto, nessuno
a raddrizzare la loro vita, nessuno a
risolvere i loro problemi. Sono loro, e
solo loro, i responsabili della loro vita
e della sua realizzazione.
La nave urtò improvvisamente gli scogli e
la fiancata si squarciò. L’allarme fu dato in
ritardo, ma la maggioranza dei passeggeri
corse verso le scialuppe di salvataggio.
Solo due passeggeri rimasero inchiodati
nella loro cabina. Si chiamavano Non-
posso-farcela e Chi-me-lo-fa-fare. Co-
larono a picco con la nave.
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3.10 Page 30

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EVENTI
O. PORI MECOI
È nata da un sogno e da
una magnifica intuizione.
Compie 150 anni Ametàdell’Ottocento,
don Bosco capisce che il
futuro sarà la capacità
la prima scuola di comunicazione e vuole
realizzare quella
«scuola del libro» che
grafica salesiana sognadatantotempo.
Fin dall’inizio la tipografia salesiana voluta da don
Bosco a Valdocco è stata un modello di capacità
tecnica e impegno.
po di produrre «libri pel popolo», in
«stile semplice, dicitura popolare». E
anche gli avversari gli riconosceranno
il «gran dono», di «farvi capire e farvi
leggere dal popolo».
Don Bosco fu un comunicatore
nato. Cioè di razza, inconte-
nibile. Nella comunicazione
modificava se stesso, diventa-
to più moderno delle sue idee,
inventava pedagogie. Mostra-
va d’aver capito bene la civiltà indu-
striale, di cui per principio era nemico.
Forse una sola regola seguì don Bo-
sco nel muoversi dai mezzi di sussi-
stenza ai mezzi di comunicazione:
«Abbandonare la lingua e l’orditura
dei classici, parlare in volgare dove si
può, od anche in lingua italiana, ma
popolarmente, popolarmente, popo-
larmente». E da quella regola venne-
ro giornali e libri «da mettere nelle
mani del basso popolo». I «cartelli»
intitolati «Ricordi pei cattolici». Il «li-
brettino» con il titolo «Avvisi ai cat-
tolici». Fino alle «Letture Cattoliche»
che nascono nel 1853 e hanno lo sco-
Sul tavolo di cucina
«Un giorno, avendo intorno a sé i suoi
alunni, don Bosco depose sopra un
tavolino i fogli stampati di un libro
che aveva per titolo Gli Angeli custodi,
e chiamato un giovane gli disse:
“Tu farai il legatore!”
“Io legatore? Ma come farò se non so
nulla di questo mestiere!”
“Vieni qua! vedi questi fogli! siediti al
tavolino: bisogna cominciare dal pie-
garli”.
Don Bosco pure si assise, e fra lui e il
giovane piegarono tutti quei fogli. Il
libro era formato ma bisognava cucir-
lo. Qui venne in aiuto mamma Mar-
gherita e in tre riuscirono a cucirlo... I
giovani intorno ridevano a crepapelle.
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Aprile 2012

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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“Voi ridete – esclamava don Bosco
– ma io so che in casa nostra ci deve
essere questo laboratorio dei legatori,
e voglio che s’incominci”.
Così, nei primi mesi del 1854, comin-
cia l’avventura della Scuola Grafica
Salesiana.
Alla fine del 1861, don Bosco col-
loca in un locale che è riuscito a far
costruire due macchine a ruota e un
torchio. Il banco e le cassette per i ca-
ratteri sono preparati dai falegnami
della casa. Vedendo quell’attrezzatura
non proprio moderna, i giovani che
dovevano iniziare lì il proprio lavoro,
non erano entusiasti. Ma don Bosco
rialzava il morale a tutti ripetendo:
«Vedrete! Avremo una tipografia, due
tipografie, dieci tipografie. Vedrete!»
I trapianti e la crescita
Come ogni albero destinato a una
buona crescita, la Tipografia dell’Ora-
torio ebbe diversi trapianti, e di volta
in volta crebbe, si irrobustì, tanto da
far paura ad alcune tipografie della
città.
«Poco dopo l’inaugurazione» scrive
Fedele Giraudi «la tipografia passò
provvisoriamente nello stanzone co-
struito a pianterreno sotto le finestre
della camera di don Bosco, e quindi
si stabilì nei nuovi locali, ad essa de-
stinati, nella casa costrutta lungo la
via della Giardiniera. Nello stanzone
lasciato libero dalla tipografia ebbe
inizio il laboratorio della fonderia di
caratteri».
Mentre s’ingrandivano e trasformava-
no i locali, si compravano macchinari
più potenti e moderni. La tipografia
divenne grandiosa ed efficiente, tan-
to da competere con le migliori della
città: quattro torchi, dodici macchine
mosse prima dal vapore, poi dal gas e
infine dall’energia elettrica, fonderia
di caratteri, stereotipia, calcografia.
Nell’ottobre del 1872, alcuni tipografi
privati, gelosi dell’opera salesiana e spa-
ventati dal suo avvenire assai promet-
tente, si unirono in società, e presenta-
rono al Governo una petizione per far
abolire tutte le tipografie «aventi scopo
e carattere di beneficenza».
Don Bosco allontanò la minaccia con
il consueto vigore.
«Vedrete!» aveva detto don Bosco.
Lo vedrà il mondo intero. Nell’Espo-
sizione Nazionale del 1884, un enor-
me capannone ha per titolo: Don Bosco
– Fabbrica di carta, tipografia, fonde-
ria, legatoria e libreria salesiana.
La fama della Tipografìa di don Bo-
sco esplode in tutta Europa e fa incet-
ta di premi e riconoscimenti.
«In queste cose don Bosco vuole es-
sere sempre all’avanguardia del pro-
gresso» diceva. Così è ancora oggi.
Oggi le macchine sono moderne e le tipografie di
don Bosco sono sparse in tutto il mondo, perché
il sogno continua.
La Tipografia dell’Oratorio di San Fran-
cesco di Sales è ancora al posto assegna-
tole da don Bosco: a fianco della Basi-
lica di Maria Ausiliatrice.
Si è rivestita di una sigla prestigiosa:
Scuola Grafica Salesiana (SGS), ma è
sempre genuinamente la stessa voluta
e orientata da don Bosco.
Ha aperto e attrezzato settori nuovi,
come esige la società attuale.
Dopo 150 anni di esperienza conti-
nua e quotidiana, senza pause e con la
stima crescente di tutti gli operatori,
con un respiro internazionale e la sod-
disfazione di poter ancora insegnare il
mestiere a tanti giovani. Ma la «qua-
lifica» più importante che i giovani
portano con sé uscendo dalla Scuola
di don Bosco rimane sempre la stessa,
quella che il Santo ripeté migliaia di
volte come il traguardo irrinunciabile
di ogni sua opera educativa: onesto
cittadino e buon cristiano.
Aprile 2012
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4.2 Page 32

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NOI & LORO
ALESSANDRA MASTRODONATO
LA FIGLIA
Perché non
mi capisci?
Il linguaggio degli adolescenti
è una sorta di “codice cifrato”
comprensibile soltanto a chi
condivide il loro mondo interiore e
il loro universo di senso
L’urgenza di comunicare è per gli adole-
scenti (e non solo per loro) un bisogno
fondamentale. Un bisogno, ma anche una
disponibilità, che i ragazzi manifestano,
in genere, con immediatezza e semplicità.
Il problema è che non sempre il loro lin-
guaggio risulta intelligibile agli occhi degli adulti,
che spesso faticano a dare un senso alle loro
parole, ai loro gesti, ai loro mugugni, ai
loro silenzi.
Il linguaggio degli adolescenti è, infat-
ti, molto più complesso e polisemico di
quel che possa sembrare, una sorta
di “codice cifrato” comprensibile
soltanto a chi condivide il loro
mondo interiore e il loro universo
di senso, una grammatica solo
apparentemente priva di rego-
le, ma in realtà basata su una
serie di convenzioni non
scritte, in cui ogni det-
taglio – dalla scelta delle
parole all’infles-
sione della voce,
dagli atteggia-
menti del corpo al colore dei vestiti – ha un signi-
ficato ben preciso e spesso tutt’altro che casuale.
I ragazzi, poi, anche in fatto di comunicazione
spesso non conoscono le mezze misure: giocano
con le parole, danno libero sfogo a tutto quel-
lo che gli passa per la mente, esprimono senza
mediazioni sentimenti e stati d’animo, oppure
rinunciano del tutto alla comunicazione verbale,
quando avvertono il rischio che le parole diventi-
no prive di senso o non trovino ascolto.
Persino i loro silenzi, però, non sono mai del tutto
muti e inespressivi: per chi sappia farsi prossimo
agli adolescenti e interpretare i loro segnali, essi
si rivelano, talvolta, molto più eloquenti di tante
parole.
La difficoltà maggiore, per gli adulti, non è, dun-
que, tanto quella di comprendere e decifrare cor-
rettamente le parole che gli adolescenti utilizza-
no quanto quella di riuscire a penetrare nel loro
mondo espressivo ed entrare in sintonia con la loro
grammatica. Perché ciò sia possibile è, però, in-
nanzitutto necessario che i ragazzi si sentano dav-
vero ascoltati, e amati, dai propri interlocutori, che
la comunicazione abbia luogo nell’ambito di una
relazione autentica, dal momento che, a dispetto
della spontaneità e dell’immediatezza del loro lin-
guaggio, i più giovani sono, in genere, molto se-
lettivi nello scegliere le persone cui consegnare il
proprio cuore, i propri sogni e le proprie paure.
Soltanto quando la comunicazione si fa dialogo,
quando entrambi gli interlocutori sono dispo-
sti a mettere da parte resistenze e pregiudizi e a
mettersi sinceramente l’uno in ascolto dell’altro,
i diversi linguaggi utilizzati da giovani e adulti
appaiono chiari e comprensibili e le parole diven-
tano uno strumento efficace per costruire ponti
e legami tra le generazioni. Ma, soprattutto, gli
adolescenti acquistano la capacità di tradurre il
loro bisogno di comunicazione, da impulso na-
turale, a valore fondamentale per raggiungere la
piena maturità espressiva e costruire relazioni au-
tentiche e durature.
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Aprile 2012

4.3 Page 33

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MARIANNA PACUCCI
Nel difficile mestiere del genitore, la
competenza più difficile da acquisi-
re ed esercitare è senz’altro quella co-
municativa. Non a caso succede, quasi
sempre, che si parli ai figli piuttosto
che parlare con i figli. Allo stesso tem-
po, si esce sconfitti dal constatare che spesso per
l’adulto le parole sono l’unico modo di esprimersi
con i ragazzi, mentre loro preferiscono utilizzare
un linguaggio non verbale, che rischia di cadere
nel vuoto all’interno di famiglie che, giorno dopo
giorno, sono divorate dalla fretta e rinunciatarie
nello sforzo di mettere in comune i mondi vitali
degli individui e delle diverse generazioni.
Urge riaprire, da una parte e dall’altra, la nego-
ziazione di un lessico e una grammatica condivisi,
che facciano spazio ad una comunicazione fami-
liare originale e consapevole, corresponsabile ed
efficace. Certamente non si può produrre un im-
mediato e radicale cambiamento di rotta, ma rea-
listicamente si possono fare alcuni passi avanti.
Il più essenziale è abituarsi all’idea che comunicare
vuol dire sforzarsi di dialogare. E questo è possibile
se i genitori e i figli, ciascuno con buona volon-
tà e piena disponibilità, si impegnano a capire il
linguaggio dell’altro, piuttosto che insistere esclu-
sivamente sulle proprie capacità espressive. Dietro
suoni disarticolati, mugugni e labirinti in cui i gio-
vanissimi spesso smarriscono il senso di quel che
vorrebbero mettere in gioco, ci sono sempre
un significato e, spesso, un bisogno di
relazione e di affetto. Tocca agli adulti
decodificare questi segnali e aiutare gli
stessi figli a dare intelligibilità a quel che
balbettano in modo incomprensibile.
I giovanissimi, da parte loro, possono a poco
a poco imparare quanta ricchezza emer-
ge dalla maturazione di una effettiva
capacità comunicativa: maneggiare con
cura e con amore le parole e i gesti che
tengono insieme una famiglia è un inve-
stimento fondamentale per il futuro.
Scusa, cosa
hai detto?
Urge riaprire, da una parte
e dall’altra, la negoziazione
di un lessico e una grammatica
condivisi, che facciano spazio
ad una comunicazione familiare
originale e consapevole,
corresponsabile ed efficace
Intorno a questo elemento cruciale ruotano una
serie di atteggiamenti importanti: la pazienza
nell’attendere il momento giusto per regalarsi
l’uno l’altro un pensiero o un’esperienza; la vo-
glia di ascoltare, che deve precedere il desiderio
di parlare; la curiosità e il gusto di sperimentare
insieme una lunga serie di opportunità nascoste e
rivelatrici dell’identità di una persona.
Nella molteplicità dei linguaggi contemporanei,
s’impara a conoscersi e riconoscersi re-
ciprocamente attraverso il modo di ge-
sticolare e di vestirsi, l’organizzazione
della giornata e il ritmo degli impegni
ordinari, la scelta di un film o di una
canzone e perfino la voglia di fare silen-
zio. Ogni cosa, nello spazio della casa
e nell’intreccio delle relazioni fa-
miliari, rappresenta un universo
di segni, ora nascosti ora palesi.
L’indecifrabile diventa a poco a
poco chiaro, quando davvero ci si
vuole bene.
LA MADRE
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33

4.4 Page 34

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CREATIVITÀ SALESIANA
LUANA MURA
La Cina è vicina
Quando il presidente cinese Hu Jintao giunse
negli Stati Uniti a gennaio di quest’anno,
Sasha, 9 anni, figlia di Obama, gli rivolse
un saluto in perfetto cinese. Segno dei
tempi e degli equilibri geopolitici in rapido
mutamento, i cui effetti si sentono anche sui
banchi di scuola. Il cinese è diventato il vero
vantaggio competitivo nel mondo del lavoro
e una delle lingue più richieste negli istituti
superiori europei.
La nostra scuola Maria Ausilia-
trice in via Sergnano 10 a San
Donato Milanese in provincia
di Milano ha aperto un corso
di lingua e cultura cinese come
attività opzionale. Noi cre-
diamo molto nella finalità educativa-
formativa di questo progetto. La Cina,
con la sua storia millenaria offre tanti
argomenti da affrontare, conoscere e su
cui riflettere. La scrittura stessa cinese
offre un nuovo modo di vedere le cose
e nello stesso tempo affascina. I bambi-
ni impareranno ad avere un approccio
più costruttivo di fronte alle differenze
e a non assumere un atteggiamento di
rifiuto nei confronti dell’“Altro” ma di
amicizia.
Come si fa? Quante ore
alla settimana?
Si tratta di una lezione di due ore
la settimana. Si inizia sempre da un
ripasso orale: attraverso dei giochi o
delle gare i bambini riprendono tut-
to quello che abbiamo fatto durante
le lezioni precedenti. È meraviglioso
sentirli “chiacchierare” in cinese dopo
dieci lezioni per quasi dieci minuti! In
generale, all’inizio viene presentato il
nuovo vocabolario e si fanno delle at-
tività ludiche per fissarne i contenuti,
in seguito ci si sofferma sulla pronun-
cia (pinyin) e sul carattere, vengono
introdotte delle strutture e delle frasi
e poi ancora esercizi. L’approccio di-
dattico che utilizziamo è quello “co-
municativo” ma l’aspetto ludico è l’ar-
ma vincente di questo corso. Ancora
una volta è don Bosco a far scuola,
all’avanguardia già più di cent’anni fa
quando capì che con un po’ di diverti-
mento sarebbe riuscito a radunare un
bel gruppo e a parlargli di Dio. Anche
noi oggi riconosciamo la necessità di
motivare i bambini ed entusiasmarli.
L’efficacia dell’apprendimento delle
lingue straniere è assicurata.
Ad ogni lezione i bambini possono
portare oggetti con scritte in cinese
o cose che si possono collegare alla
Cina. E così, tra calendari e monete ci
siamo trovati anche ad assaggiare un
pomelo di provenienza cinese il quale
ha riscosso molto successo!
Come la prendono i bambini?
I bambini sono entusiasti. Vengono
a lezione volentieri perché sanno che
passeranno due ore piacevoli e che
impareranno tanto. La loro voglia di
imparare e di conoscere è così grande
che a volte vengo letteralmente bom-
bardata di domande. Non vedono l’o-
ra di fare “un gioco” usando le nuove
strutture e vocaboli e quando lo fanno
si impegnano al massimo. C’è da dire
una cosa molto importante: l’insegna-
mento di una lingua attraverso delle
attività ludiche mette il discente nella
condizione di imparare con serenità e
in allegria, ma per fare le attività che
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Aprile 2012

4.5 Page 35

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CHI È L’INSEGNANTE?
«Mi chiamo Luana Mura e ho 27 anni. Sono laureata in lingue e comunicazione internazio-
nale all’Università Statale di Milano. La mia passione per la Cina risale ai tempi della Scuola
Superiore, quando mi chiedevano di fare una ricerca io mi occupavo sempre della Cina che
già mi affascinava, un amore ancora inconsapevole. Quando è arrivato il momento di sceglie-
re l’università non ho avuto dubbi: la Statale offriva
il corso di lingua e cultura cinese! Mi sono accorta
subito che studiare questa lingua significava impe-
gnarsi tanto. Ore di esercizio quotidiano di lettura,
grammatica e soprattutto scrittura di caratteri. Alla
fine della triennale finalmente il GRANDE viaggio:
un semestre a Pechino. Cinque mesi indimenticabili,
immersa in una realtà molto diversa da quella in cui
ero abituata a vivere e che giorno dopo giorno ho
imparato a conoscere, a volte con difficoltà. Dopo la
laurea specialistica avevo in mente una cosa: unire
quello che so fare bene con la mia passione, cioè la-
vorare con i bambini e il cinese. Ho presentato i miei
progetti alla direttrice della scuola Maria Ausiliatrice
dove lavoro come insegnante specialista di inglese
alle elementari e l’idea è piaciuta».
facciamo noi ci vogliono anche ordine
e rispetto delle regole. Dal punto di
vista didattico i bambini imparano ve-
locemente, durante il ripasso all’inizio
della lezione mi rendo conto veramente
di quanto hanno imparato e sanno dire
in cinese e rimango sempre sorpresa.
Solo orale o anche scritto?
Nel caso specifico della lingua cinese,
la cui scrittura ha più di 3000 anni di
storia, l’aspetto scritto assume un’im-
portanza maggiore. In ogni carattere è
racchiusa una parte di Cina, direi che è
l’anima del cinese. Durante le lezioni ci
soffermiamo ad analizzare qualche ca-
rattere, come “bene”, hăo è formato dal
carattere che indica una donna e quello
di bambino, “ ” è perciò simbolo di
felicità ed eccellenza poiché madre e
figlio insieme sprigionano gioia e be-
nessere. Oppure ān di pace, quiete: un
tetto con sotto la donna “ ” che sta a
ricordarci che quando c’è una donna in
famiglia ci sono ordine e pace. Riflet-
tere sui caratteri ci permette di impa-
rare un po’ a pensare “alla cinese”.
C’è un’altra serie di caratteri, quelli
più antichi, che derivano da pitto-
grammi. Durante le nostre prime
lezioni abbiamo ripercorso la storia
millenaria di alcuni caratteri (dalla
preistoria al giorno d’oggi) e abbiamo
visto come dal disegno stesso il carat-
tere si è stilizzato: per esempio il ca-
rattere del “sole” raffigurava proprio
un sole che con gli anni è diventato
“ ”. Infine, abbiamo provato a ripro-
durre le varie fasi di trasformazione
del carattere su carta di bambù, con
vero inchiostro e pennelli cinesi!
Ancora una volta i bambini stupisco-
no: quando ho proposto una “gara di
scrittura” e dei bambini hanno scritto
alla lavagna in modo corretto alcuni
caratteri seguendo l’ordine corretto
dei tratti non vi nascondo di essermi
emozionata…
I genitori sono felici?
I genitori sembrano contenti. Vedo-
no i loro bambini entusiasti e felici di
“andare a cinese” e soprattutto sono ri-
masti colpiti da quante cose hanno im-
parato i bambini in così poche lezioni.
I genitori dovrebbero capire che studia-
re “cinese” non significa solo studiare
una lingua, ma aprire la mente ad un’al-
tra cultura, ad un altro modo di pensa-
re ed a conoscere l’altro, che smette di
essere “diverso” e diventa nostro amico.
Solo la lingua o anche
costumi, geografia, bacchette,
ricette di cucina ecc.?
La lingua non è solo una serie di segni
che messi insieme danno un suono!
La lingua è tutto, orale e scritta. Lin-
gua e cultura sono una cosa sola. Ci
possono essere lezioni maggiormente
incentrate sulla lingua ed altre sul-
la cultura, tuttavia, la maggior parte
delle volte i due aspetti si incrociano.
Pensiamo, per esempio, ai numeri ci-
nesi e al modo di indicarli con la mano
in modo differente dal nostro!
Imparare il cinese è arricchirsi entrando in una
cultura e un’anima diverse dalla nostra.
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4.6 Page 36

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ARTE SALESIANA
NATALE MAFFIOLI
L’enigma dei bassorilievi
sulla facciata della basilica di Maria Ausiliatrice
I due bassorilievi dello
Spalla sono le cose
più pregevoli della
facciata, ma forse non
rappresentano quello che
comunemente si dice
Sopra la porta principale della
Basilica di Maria Ausiliatrice,
era stata collocata una statua
di Gesù seduto e circondato da
ragazzi, e tra le due semicolon-
ne due bassorilievi in stucco
che descrivono i fatti che hanno por-
tato all’istituzione della festa di Maria
Ausiliatrice: la vittoria della flotta cri-
stiana a Lepanto e la liberazione di Pio
VII dall’esilio napoleonico.
Sugli ampi spazi del basamento su cui
poggia la coppia di semicolonne che
sostiene la trabeazione e il timpano
furono eseguite a stucco due scene che
descrivono episodi evangelici. Autore
di queste opere fu lo scultore torinese
Ernesto Spalla, che si firmò nell’ango-
lo inferiore del bassorilievo di destra.
Di Ernesto Spalla si hanno poche no-
tizie. Si sa che studiò all’Accademia di
Belle Arti di Torino e ottenne un pre-
mio nel 1883; partecipò a due esposi-
zioni della Promotrice delle Belle Arti:
nel 1884 e nel 1898 e nulla più.
Certamente i due bassorilievi dello
Spalla sono le cose più pregevoli della
facciata e sono presentati a pagina 115
del Bollettino Salesiano del mese di
agosto del 1890, indicati come “La ri-
surrezione del figlio della vedova di Naim
(sic!) e la guarigione del sordo-muto”.
Il lavoro di destra presenta la prodigio-
sa risurrezione del figlio della vedova
come è narrato nel vangelo di Luca
(Lc 7, 11-17). Lo scultore si sofferma
su una specifica affermazione dell’e-
vangelista: “il morto si levò a sedere e
incominciò a parlare. Ed egli lo diede alla
madre”. L’impostazione della scena è
singolare: la figura di Gesù divide il
gruppo che lo circonda, alle sue spalle
alcuni discepoli e, di fronte, la lettiga
con il giovane seduto e sua madre che
lo aiuta a sollevarsi del tutto; a questi si
accosta un gruppo di curiosi che guar-
dano attoniti l’evento, chiude il grup-
petto l’uomo che regge, con evidente
sforzo, la lettiga funebre. All’estrema
destra una madre commenta l’episo-
dio a sua figlia, ed è quello che fanno
anche i tre personaggi a sinistra. Sul
fondo, realizzato a bassissimo rilievo,
si intravedono gli abitanti di Nain che
seguivano il feretro e alcuni accenni ad
un paesaggio di sapore orientale.
Uno strano graffito
Il bassorilievo di sinistra, stando al det-
tato del Bollettino Salesiano, dovrebbe
descrivere il versetto 37 del capitolo 7
del vangelo di Marco. Stupisce che le
figure nel loro insieme non abbiano al-
cun riferimento plausibile né al brano
citato né al contesto cioè alla guarigio-
ne del sordomuto, e sì che Gesù compie
in quella occasione dei gesti clamorosi:
tocca le labbra con la saliva e mette le
Il bassorilievo di sinistra non sembra corrispon-
dere a ciò che comunemente si pensava.
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4.7 Page 37

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dita negli orecchi del povero sordomu-
to. Questa lettura della scena era avva-
lorata dalla scritta a graffito, con ca-
ratteri maiuscoli, che correva alla base
dello stesso bassorilievo (oggi, ahimè,
quasi del tutto scomparsa): “et surdos fe-
cit audire et mutos loqui”.
Ritengo che l’interpretazione della
scena non sia compatibile con quanto
raffigurato e neppure con il contesto
della decorazione della facciata. Gesù
in piedi, avvolto da pesanti vesti all’an-
tica, è circondato dai suoi discepoli e
con la mano destra indica qualche cosa
lontano da lui. Scostate, si notano di-
verse figure: una coppia di sposi con
il loro figliolo, quattro personaggi che
osservano con attenzione la scena, ma
il più interessante è il gruppetto di sini-
stra: un uomo in piedi sembra indicare
una donna, dal viso affranto, che tiene
in braccio un bimbo addormentato.
Il bassorilievo sul versante opposto
è, ovviamente, incentrato su un fatto
miracoloso, ma quello che rende per-
tinente la scena sulla facciata di una
chiesa salesiana è che il risuscitato è
un giovane. È per questo che la scena
spacciata per la guarigione di un sordo-
muto pare incongruente. A mio avviso
rappresenta invece il brano del vangelo
di Marco (Mc 10,17-30) che narra del
giovane ricco che si presenta al Signo-
re chiedendo cosa debba fare di buono
per avere la vita eterna. I conti tornano:
il giovane piega il ginocchio davanti al
maestro che lo invita a vendere i suoi
beni e a devolvere il ricavato ai poveri e
poi a prendere la sua croce e a seguirlo.
I poveri, a cui dovrebbe destinare i suoi
beni, sono sintetizzati nelle tre figure
di sinistra che hanno un riferimento
iconografico, soprattutto la donna con
il bambino, nel simbolo della carità. I
discepoli che circondano Gesù sono
invece coloro che dovrebbero diventare
suoi compagni di viaggio.
I due bassorilievi sulla facciata della Basilica di
Maria Ausiliatrice sono rimarchevoli per l’alta
professionalità della realizzazione.
L’originaria scritta sottostante forse è
il frutto di un travisamento del sog-
getto da parte di chi, dopo che l’ar-
tista ebbe terminato l’opera sua, ha
dettato i testi da incidere.
Senza enfatizzare, i due bassorilievi
sono rimarchevoli per più motivi: la
loro realizzazione, con spatola e stec-
ca, è di alta professionalità; il tratto
esecutivo è rapido e tuttavia il plasti-
catore riesce a rendere una notevole
varietà di sembianti. Non indugia sui
particolari ma pare più interessato a
rendere, sotto le pieghe degli abiti, la
consistenza del corpo dei personaggi.
La scansione delle figure non è af-
fannosa, ma segue un ritmo pacato e
impeccabile che ha come effetto un
insieme equilibrato.
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4.8 Page 38

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LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
FRANCESCO MOTTO
Quella lettera
mai scritta
da don Bosco
“L’educazione è cosa di cuore” è
un’espressione che non si trova negli
scritti di don Bosco ma che comunque
va capita bene
Abbiamo avuto occasione nei
due numeri precedenti di
indicare come a Valdocco
sotto il profilo educativo-
disciplinare non erano tut-
te rose e fiori. Ecco perché
dai secondi anni sessanta in poi quasi
settimanalmente don Bosco (e in sua
assenza il vice don Rua), presiedeva
incontri di formazione del personale
e di studio dei problemi, disciplina-
ri o meno, della casa. Dell’Oratorio
e “casa annessa” di Valdocco. Don
Bosco ne era comunque sempre l’in-
sostituibile “padre, fratello, amico”,
anche se il suo contatto diretto con
i giovani necessariamente diminui-
va man mano che le opere salesiane
crescevano, per cui era costretto ad
allontanarsi da Torino.
Durante queste assenze, che pote-
vano durare due mesi o anche più,
spiritualmente era però sempre “pre-
sente” in mezzo ai “suoi” giovani. Si
conservano infatti decine e decine di
lettere loro indirizzate, tutte traboc-
canti di immenso affetto, di precise
raccomandazioni, di forte nostalgia,
di acuto desiderio di trovarsi presto
con loro. Non poteva vivere senza.
Un regno d’amore
E i giovani? Pure loro morivano dalla
voglia di leggere tali lettere del loro
amatissimo padre, di avere notizie dei
suoi incontri con il papa, le autorità
pontificie, quelle civili, i benefattori;
ma soprattutto ne attendevano con
ansia il ritorno. Ecco come l’8 mar-
zo 1869 un salesiano della prima ora
– fattosi poi gesuita per avere una
“vita di maggior rigore” (cav. Fede-
rico Oreglia di Santo Stefano) – fo-
tografa Valdocco in un’inedita lettera
ad una suora di Roma: “All’Oratorio
sono diventati tutti matti. Chi canta,
chi suona, chi grida, tutti allegri che più
nessuno sta nella pelle. Neanche le cam-
pane stanno zitte un momento, per cui
obbligano anche i lontani a rallegrarsi
con noi. Don Bosco è arrivato e quindi
non è più possibile tener quieti non solo
i ragazzi, ma anche i grandi. Poche cose
posso dirle in dettaglio. Lei capisce bene
cosa possono fare 900 giovani che sono
contenti. Se fosse qui, ne sarebbe assorda-
ta per un mese”.
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4.9 Page 39

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Stupendo! Si capisce allora perché
don Bosco di ritorno dai suoi viaggi,
prima di arrivare nel festoso bailam-
me all’Oratorio, quasi sempre invita-
va don Rua presso qualche famiglia
amica in Torino, onde potergli fargli
tranquillamente relazione degli esiti
dei suoi incontri.
Il sistema
educativo di
don Bosco è
molto concreto.
È fatto di
amicizia, senso
del dovere e
del servizio,
sacrificio, gioia,
comunità.
Eppure non basta amare
Stando così le cose, non c’è dunque
da preoccuparsi se recenti studi hanno
documentato che, dal punto di vista
storico, non risulta che don Bosco sia
l’autore della circolare del 1883 Dei ca-
stighi da infliggersi nelle case salesiane. Si
propende invece a credere che l’autore
sia un altro salesiano, probabilmente il
prof. don Giovanni Battista Francesia,
direttore del collegio di Valsalice.
A dirla tutta, si può essere contenti
di questa “novità”; non era per niente
piacevole sapere che don Bosco avesse
sentito il bisogno di scrivere una lun-
ga circolare sui castighi, con un titolo
poi così sgradevole (da infliggersi!),
tanto più che sul tema era già inter-
venuto nel 1877 con “una parola sui
castighi” posta alla fine (e solo alla
fine) del famoso Trattatello sul Siste-
ma Preventivo”.
Pazienza allora se l’espressione più
famosa della circolare in oggetto,
“l’educazione è cosa di cuore” non
sia uscita dalla penna di don Bosco e
forse neppure dalla sua bocca. Non ce
ne era bisogno. Nel Trattatello aveva
già parlato di cuore ben cinque volte,
quattro volte di amore (amorevolezza,
amoroso) e due volte di Caritas (bi-
blica). E nella nota “lettera da Roma”
del 1884, preoccupato per una certa
deriva del rapporto educatori-giovani,
avrebbe aggiunto che l’amore per i
giovani non bastava; occorreva che
essi riconoscessero l’amore dei loro
educatori: “Che i giovani non solo sia-
no amati, ma che essi stessi conoscano
di essere amati”. Forse non per caso
la circolare è restata confinata negli
Archivi per 50 anni, è rimasta lettera
morta, anche se pubblicata, per altri
40 anni e solo da una trentina d’anni,
in particolari contesti socio-culturali,
è stata messa al centro di posters, ar-
ticoli, libri e convegni.
Oggi poi la parola amore(volezza) ri-
schia facilmente di essere fraintesa.
Dunque sulla scia di don Bosco, per
educare accanto all’amore dato e rico-
nosciuto come tale, vanno posti subi-
to gli altri due pilastri di sostegno del
suo Sistema Preventivo, vale a dire la
ragione e la religione, due dimensioni
della persona umana che papa Bene-
detto XVI non cessa di presentare e il-
lustrare al mondo in termini filosofici
e teologici, due dimensioni che la Fa-
miglia Salesiana è invitata a interpre-
tare e tradurre in termini educativi e
di attualità. Simul stabunt, simul cadent,
verrebbe quasi voglia di dire a propo-
sito di tali fondamenti dell’educazione
donboschiana. Ma poi don Bosco nel-
la sua concretezza vi avrebbe aggiunto
anche altro: l’amicizia, il senso del do-
vere e del servizio, il sacrificio, la gioia,
la preghiera, la solidarietà, la comunità
(degli educatori e degli educandi), il
gruppo, la musica, il teatro…
Aprile 2012
39

4.10 Page 40

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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale - postulazione@sdb.org
Mamma e papà
in preghiera
Nel 2005 alla mia fidanzata era
stato diagnosticato un carcinoma
all’ovaia destra. Si sottopose a
chemioterapia. Fu quello il perio-
do più triste e preoccupante della
nostra vita, trovandoci presi dalla
paura e sentendoci impotenti.
Dopo che il referto di una eco-
grafia ebbe evidenziato delle cisti
all’altra ovaia, disperati, ci recam-
mo a pregare nella chiesetta dei
Salesiani al Borgo don Bosco. Lì,
tramite un numero del Bollettino
Salesiano, venivamo a conoscen-
za di san Domenico Savio, protet-
tore delle mamme in attesa e dei
loro nascituri. Subito richiedem-
mo un abitino del santo e iniziam-
mo a pregare la novena, mentre la
mia fidanzata iniziò a portare con
sé l’abitino, affinché Dio ci desse
la gioia di poter diventare genitori.
Da un esame ecografico succes-
sivo risultò che le cisti erano spa-
rite. Sono trascorsi quattro anni. Il
2 dicembre 2009 io e mia moglie
abbiamo avuto la grazia di diven-
tare il papà e la mamma di Antonio
Maria, che abbiamo affidato alla
potente protezione di san Domeni-
co Savio e della Madonna.
Leonardo e Angela, Roma
La bella notizia
Da tempo ormai io e mio marito
Paolo desideravamo un figlio,
ma non arrivava. Più aumentava
il desiderio, più forti ostacoli ci
allontanavano dalla nostra meta.
Avevamo provato tanti momenti
brutti, ma questo ci sembrava il
più angustiante e il più lungo. Io
cominciai a pregare, perché in
Per la pubblicazione non
si tiene conto delle lettere
non firmate e senza
recapito. Su richiesta
si potrà omettere
l’indicazione del nome.
quel momento era l’unica cosa
che mi dava conforto. Un giorno
ricevetti da mia suocera l’abitino
di san Domenico Savio. Mi fece
promettere di portarlo sempre con
me e così feci. Dopo pochi giorni
la bella notizia finalmente arrivò:
aspettavo un bambino! Per nove
mesi io ho portato con me l’abitino
e ho pregato san Domenico Savio,
affinché ci proteggesse entrambi.
Il 17 ottobre 2008 finalmente è
nato Nicolas, la nostra gioia più
grande. Alla sera, quando io e il
suo papà con un bacio lo salutia-
mo, prima della nanna, lui ci guar-
da con i suoi occhioni azzurri e ci
sorride. Allora siamo veramente
felici, perché lui è il nostro grande
dono di Dio…
Leali Cristina, Domaso CO
Caso gravissimo
Il mio pronipotino Leonardo è
nato il 23 febbraio 2010 all’ospe-
dale di Asola (MN). Rientrato in
casa dall’ospedale, si manifestò
un’improvvisa infezione, per cui
fu curato con terapia cortisonica.
Il 30 agosto improvvisamente
divenne tutto gonfio. Poiché il
caso si presentava gravissimo, fu
trasportato in elicottero all’ospe-
dale dei bambini a Milano, dove
gli fu diagnosticata un’infezione
dovuta all’accumulo di farmaci.
Il bambino venne sottoposto a
terapia intensiva per due giorni. I
genitori con tutti i familiari erano
angosciati e iniziarono una novena
a san Domenico Savio affinché lo
salvasse. Il santo fece sentire la
sua potente intercessione; infatti
il bambino migliorò e poté lasciare
l’ospedale. Ora viene sottoposto
a controlli periodici, sempre più
diradati. I genitori e i parenti sono
molto grati a san Domenico Savio.
Corradi Luigi, Guidizzolo MN
Mio figlio è guarito
Sono mamma di tre figli, uno di
40 anni e due gemelle di 42. Il 20
novembre 2010 mio figlio accu-
sava un forte dolore al fianco de-
Notizie dalla Postulazione
Avviata la causa di Nino Baglieri
Sabato 3 Marzo 2012 nella splendida cattedrale di Noto (Siracusa)
in concomitanza con il V anniversario della morte è stata avviata
la causa di beatificazione di Antonino Baglieri (1951-2007) Vo-
lontario con Don Bosco. Don Pierlugi Cameroni, Postulatore, ha
presentato la richiesta ufficiale (Supplex libellus) al vescovo della
diocesi, monsignor Antonio Staglianò. Il Rettor Maggiore, don Pa-
scual Chávez, è intervenuto sottolineando l’attualità ecclesiale della
testimonianza di Nino: un’esistenza di fedeltà e di amore alla vita,
vissuta nel solco della spiritualità salesiana, con intenso senso ec-
clesiale, nella luce della nuova evangelizzazione.
Nino Baglieri nasce a Modica nel 1951. Dopo aver frequentato le scuo-
le elementari e aver intrapreso il mestiere di muratore, a diciassette
anni, il 6 Maggio 1968, precipita giù da un’impalcatura alta 17 metri.
Ricoverato d’urgenza, Nino si accorge con amarezza di essere rimasto
completamente paralizzato. Inizia così il suo cammino di sofferenza,
passando da un centro ospedaliero all’altro, ma senza alcun miglio-
ramento. Ritornato nel 1970 al paese natio, iniziano per Nino dieci
lunghi anni oscuri, senza uscire di casa, in solitudine, sofferenza e
tanta disperazione. Il 24 Marzo 1978, venerdì santo, alle quattro del
pomeriggio, un gruppo di persone facenti parte del Rinnovamento
nello Spirito pregano per lui; Nino sente in sé una trasformazione. Da
quel momento accetta la Croce e dice il suo “sì” al Signore. Incomincia
a leggere il Vangelo e la Bibbia: riscopre le meraviglie della fede. Aiu-
tando alcuni ragazzini, vicini di casa, a fare i compiti, impara a scrivere
con la bocca. Redige, così, le sue memorie, le lettere a persone di ogni
categoria in varie parti del mondo, personalizza immagini-ricordo che
omaggia a quanti vanno a visitarlo. Dal 6 Maggio 1982 in poi, Nino
festeggia l’Anniversario della Croce e, lo stesso anno, entra a far parte
della Famiglia Salesiana come Cooperatore. Il 31 Agosto 2004 emette
la professione perpetua tra i Volontari con Don Bosco (CDB). Il 2 Mar-
zo 2007, alle ore 8, Nino Baglieri, dopo un periodo di lunga sofferenza
e di prova, rende la sua anima a Dio. Dopo la morte, lo vestirono con
la tuta e le scarpe da ginnastica, affinché, come aveva detto «nel mio
ultimo viaggio verso Dio, potrò corrergli incontro».
stro con febbre. Il 28 novembre fu
operato d’urgenza di appendicite
acuta cancrenosa con aderenza,
mediante laparoscopia. Dimes-
so dall’ospedale dopo una set-
timana dall’operazione, avendo
ancora febbre e dolore al fianco
destro, fu nuovamente operato,
perché s’era prodotta un’infezio-
ne con relativo ascesso. L’inter-
vento alquanto complicato durò
parecchie ore, tanto che i medici
se ne sono riservata la prognosi.
Al primo intervento, visto che si
presentava con delle incognite, ho
pregato tanto, e al secondo poi mi
sono sentita ancor più preoccupa-
ta. Con le mie sorelle ho invitato
diversi amici, un gruppo di pa-
renti, le suore di Madre Teresa di
Calcutta, e tutti insieme abbiamo
formato una catena di preghiera.
Mi sono rivolta devotamente a
Maria Ausiliatrice, Don Bosco, a
san Domenico Savio e alla beata
Morano, affinché intercedessero
presso Dio per ottenermi la grazia
di salvare mio figlio. Oggi ringra-
zio Dio perché mio figlio è guarito
del tutto: sta bene, è padre di due
bambine rispettivamente di tre
e quattro anni per le quali vive e
ringrazia Dio.
Pluchino Palmira, Vittoria RG
40
Aprile 2012

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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IL CRUCIVERBA
ROBERTO DESIDERATI
Scoprendo don Bosco
Scopriamo i luoghi
e gli avvenimenti
legati alla vita
del grande Santo.
La soluzione nel prossimo numero.
Ovunque nel mondo ma a fianco di don Bosco
Con molta lungimiranza don Bosco, all’inizio
della sua laboriosa attività, si accorse che il
suo progetto apostolico a favore dei ragazzi
poveri e abbandonati di Torino poteva e do-
veva espandersi ben oltre i confini della città
sabauda. Si rese conto, pertanto, di aver bi-
sogno di chi lo aiutasse nel fare ciò. Pensava
ai sacerdoti ma soprattutto ai laici impegnati
nella missione salesiana. Era il 1841 quando
don Bosco riunì i XXX in un’associazione per dare maggiore impulso e significato al loro operato.
Nella sua concezione sarebbero dovuti essere i Salesiani esterni della Congregazione di San Fran-
cesco di Sales, ossia coloro che avrebbero agito in sua vece nelle più lontane e disparate località
del mondo. Il pontefice Pio IX però consigliò di convertire questa configurazione in una Pia Unione
(l’attuale ACS) con proprio regolamento approvato nel 1876. Gli associati crebbero velocemente
di numero e si diffusero in Italia, poi in Francia e Spagna e successivamente nel resto del mondo,
confermando la solidità e il valore del loro lavoro. Il principio sostenuto da don Bosco era che
a fianco del sacerdote anche il laico, gentiluomo agiato,
donna umile od operaio, potesse contribuire, ognuno se-
condo le proprie possibilità all’educazione cristiana della
gioventù mediante la nascita e lo sviluppo di laboratori di
arti e mestieri, società di mutuo soccorso, colonie agricole,
tipografie, scuole diurne e serali, oratori, ospizi, missioni e
orfanotrofi. La Consulta mondiale ha la funzione di guidare
l’intera Associazione e di coordinare le iniziative formati-
ve e apostoliche. Oggi l’Associazione conta circa 30 000
membri, 1254 Centri ed è presente in 58 Paesi.
Definizioni
ORIZZONTALI. 1. Capaci, esperti -
6. Responsabilità Civile - 8. Massimo,
conduttore dell’Arena - 13. Una falsità
considerata, in genere, meno grave della
menzogna - 14. L’organizzazione inter-
nazionale che codifica aeroporti e voli -
16. Andare in poesia - 17. Congiunge...
a Londra - 19. ...side” celebre serie tv
col protagonista costretto su una sedia a
rotelle - 20. Un tipo di spumante - 22.
Devote, fidate - 23. Talora senza vocali
- 24. Rimescolata, rimaneggiata - 26.
Articolo per caso - 27. Boa senza testa
- 28. XXX - 29. Asti - 30. Raggiun-
gere lo scopo - 32. Calmante, antido-
lorifico - 33. La cosa per i latini - 34.
Il segno che moltiplica - 35. Infiamma-
zione oculare - 36. Due romani - 37.
Vi è di casa Sarkozy - 40. Produce auto
dal 1899 - 42. Ha compiuto un gesto di
grande coraggio - 43. Raganelle arbo-
ree - 44. Particole.
VERTICALI. 1. Vestito - 2. Scher-
zare, celiare - 3. Il primo nome di Stra-
vinskij - 4. Piao, rivoluzionario nomi-
nato successore di Mao e poi accusato
di tradimento - 5. Afferma a Berlino
(j=i) - 6. Colmare - 7. Una roulotte con
auto incorporata! - 8. Quella d’amante
è un nodo - 9. Antica regione dell’Asia
Minore - 10. Articolo romanesco - 11.
Tempo Atomico Internazionale - 12.
Vivono a Mumbai - 15. Copricapo
usati un tempo dai papi - 18. Muscolo
della spalla - 20. Il vescovo ne è il pa-
store - 21. Le unità di superficie agra-
rie pari ognuna a 100 are - 22. Lotte e
vendette tra famiglie ostili - 24. Sono
più brutti delle rane - 25. È tra il passo
e il galoppo - 28. Il simbolo chimico
del rame - 31. Il lago detto anche Sebi-
no - 33. Sono riconosciute colpevoli -
35. I filamenti radicali dei funghi - 38.
Iniziali di Einaudi, secondo Presidente
della Repubblica - 39. Pari nelle dosi
- 41. In mezzo alle liti.
Aprile 2012
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5.2 Page 42

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
DON MARCO FERRARIO
Morto ad Arese (Mi) l’8 ottobre 2011 a 95 anni
Un salesiano
sempre giovane
«La mia casa è in Via Copernico,
9!»: ripeteva spesso ai salesia-
ni, che si recavano a fargli visita
all’ospedale di Niguarda, dove era
ricoverato.
“Mia casa” per don Ferrario vo-
leva dire la Comunità salesiana,
dove era vissuto per tantissimi
anni da consigliere, da catechista,
da insegnante e infine da “non-
pensionato”. E “mia casa” voleva
dire i ragazzi della scuola me-
dia: “i primini”. Per loro durante
l’estate aveva progettato l’ennesi-
mo giornalino sportivo-culturale.
Per loro aveva già architettato il
campionato “dell’accoglienza”, al
quale avrebbero fatto seguito tor-
nei di calcio, di basket e di volley
senza soluzione di continuità fino
alla fine dell’anno scolastico.
A 95 anni compiuti voleva tornare
a “casa”: e non da “pensionato”, e
non da “vecchietto”: ma da prete
salesiano, così come lo era stato
per lunghissimi anni: in comunità
e con i ragazzi. E quasi ci stava
riuscendo!
A 16 anni inizia il suo lungo cam-
mino salesiano: l’aspirantato a
Treviglio, il noviziato a Montodi-
ne e gli studi liceali a Foglizzo.
Poi incontra quella che sarà (con
diverse discontinuità!) la “sua
casa”, l’Istituto Salesiano S. Am-
brogio in via Copernico, 9. Sono
gli anni del “tirocinio pratico”.
Giovane chierico, don Ferrario
“impara” a fare il salesiano “fa-
cendo il salesiano” da mattino a
sera: in cortile, a scuola, nella sala
da pranzo, in cappella e infine nel-
le grandi camerate. Impara viven-
do in comunità e in fraternità go-
mito a gomito con altri salesiani;
chierici come lui, preti e coadiuto-
ri, che in quegli anni formano una
numerosa comunità educativa.
Da mezzanotte a mezzanotte don
Ferrario è accanto ai ragazzi: e lì
verifica e radica nel suo cuore uno
stile che lo caratterizzerà fino ai 95
anni. È lo stile dell’“Io con voi mi
trovo bene”. È lo stile dell’“Io per
voi lavoro, per voi studio, per voi
dono la mia vita”. È lo stile dell’“io
con voi gioco”: perché il chierico
Ferrario, prima di essere un terri-
bile tifoso dell’Ambrosiana (allora
la squadra nerazzurra si chiama
così), è uno sportivo, un abile gio-
catore di calcio: in mezzo ai suoi
ragazzi.
E lo sarà anche da giovane sa-
cerdote, come ricorda ancor oggi
chi l’ha visto con la veste talare
un poco infagottata dribblare e
segnare un goal spettacolare sul
magnifico campo del Sant’Ambro-
gio nell’anno 1944. Il giovane sa-
lesiano don Marco in quegli anni
non prepara esami all’Università.
Frequenta l’ASVS (“Alta Scuola
di Vita Salesiana”) che quotidia-
namente (anche nei giorni festivi)
propone impegnative lezioni e se-
minari pratici nei cortili, nelle aule,
nella cappella, nel refettorio e nel-
le camerate dell’Istituto Salesia-
no Sant’Ambrogio. E acquisisce
quelle competenze e quelle abilità,
quel “dottorato in spiritualità e
pedagogia salesiana” che lo abi-
literanno per tutta la vita a essere
“prete alla maniera di don Bosco”.
Don Marco conserverà con cura
nei suoi documenti personali
una copia dell’immagine ricordo
della sua prima Messa. Ha scelto
un’immagine suggestiva che pre-
senta Gesù fanciullo come “buon
pastore” e annota in latino il suo
programma di vita sacerdotale
Mihi vivere Christus est: “la vita
per me è Gesù Cristo!”. Con que-
sto cuore e con questo stile per 64
anni eserciterà il suo sacerdozio,
imparando giorno per giorno a
“essere pastore buono” che dona
la vita per il gregge che ama.
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Aprile 2012

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
baIrl ilotto
Tanto tempo fa, in una terra
lontana, viveva un signore di
bell’aspetto, nobile e im-
ponente. Ma nel suo cuore
era fellone e sleale, astuto e
ipocrita, superbo e crudele.
Non aveva paura né di Dio né degli
uomini. Alla testa di una masnada di
soldatacci anche peggiori di lui aveva
devastato e raso al suolo villaggi e
città. Il desiderio di far del male era
per lui un’ossessione. La sua crudel-
tà era divenuta proverbiale. Ma un
giorno, durante un combattimento,
un colpo di balestra lo ferì gravemen-
te a un fianco. Per la prima volta, il
crudele signore provò la sofferenza
e la paura. Mentre giaceva ferito,
i suoi cavalieri gli fecero balenare
davanti agli occhi la gola spalancata
e infuocata dell’inferno a cui era si-
curamente destinato se non si fosse
pentito dei suoi peccati e confessato
in chiesa. «Pentirmi, io? Mai! Non
confesserò neppure un peccato!».
Tuttavia il pensiero dell’inferno gli
provocò un po’ di spavento salutare.
A malincuore, si diresse a piedi
verso la caverna di un santo eremita.
Con tono sprezzante, senza neppure
inginocchiarsi, raccontò al santo
frate tutti i suoi peccati: uno dietro
l’altro, senza dimenticarne neppure
uno. Quando ebbe finito la sua con-
fessione in tono arrogante protestò:
«Adesso ti ho detto tutti i fatti miei:
sei contento? Ora lasciami in pace! È
tutto finito!».
«Sire, certamente hai detto tutto, ma
non sei pentito. Dovresti almeno fare
un po’ di penitenza, per dimostrare
che vuoi davvero cambiare vita».
«Farò qualunque penitenza. Non ho
paura di niente, io! Purché sia fini-
ta questa storia». «Digiunerai ogni
venerdì per sette anni...». «Ah, no!
Questo puoi scordartelo!». «Vai in pel-
legrinaggio fino a Roma...». «Neanche
per sogno!». «Vestiti di sacco per un
mese...». «Mai!».
Il superbo cavaliere respinse tutte le
proposte del buon frate, che alla fine
propose: «Bene, figliolo. Fa’ soltanto
una cosa: vammi a riempire d’acqua
questo barilotto e poi riportamelo».
«Scherzi? È una penitenza da bambini
o da donnette!», sbraitò il cavaliere
agitando un pugno minaccioso. Ma la
visione del diavolo sghignazzante lo
ammorbidì subito. Prese il barilotto
sotto braccio e, brontolando, si diresse
al fiume. Immerse il barilotto nell’ac-
qua, ma quello rifiutò di riempirsi. Si
diresse verso una sorgente: il barilotto
rimase ostinatamente vuoto. Furibon-
do, si precipitò al pozzo del villaggio.
Fatica sprecata! Provò a esplorare l’in-
terno del barilotto con un bastone: era
assolutamente vuoto. «Cercherò tutte
le acque del mondo» sbraitò il cavalie-
re. «Ma riporterò questo barilotto pie-
no!». Si mise in viaggio, così com’era,
pieno di rabbia e di rancore. Prese ad
errare sotto la pioggia e in mezzo alle
bufere. Il suo viso si bruciò al sole.
A ogni sorgente, pozza d’acqua, lago
o fiume immergeva il suo barilotto e
provava e riprovava, ma non riusciva a
far entrare una sola goccia d’acqua.
Ogni volta, però, cadeva qualche
pietra del muro di superbia che aveva
nell’anima. Sempre più lacero e sof-
ferente attraversò regioni selvagge e i
deserti.
Anni dopo, il vecchio eremita vide
arrivare un povero straccione dai piedi
sanguinanti e con un barilotto vuoto
sotto il braccio.
«Padre mio, – disse il cavaliere (era
proprio lui) con voce bassa e addolo-
rata –, ho girato tutti i fiumi e le fonti
del mondo, non ho potuto riempire il
barilotto... Ora so che i miei peccati
non saranno perdonati. Sarò dannato
per l’eternità! Ah, i miei peccati, i miei
peccati così pesanti... Troppo tardi mi
sono pentito».
Le lacrime scorrevano sul suo volto
scavato. Una lacrima piccola piccola
scivolando sulla folta barba finì nel
barilotto. Di colpo il barilotto si
riempì fino all’orlo dell’acqua più
pura, fresca e buona che mai si fosse
vista. Una sola piccola lacrima di penti-
mento...
Aprile 2012
43

5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Conoscere don Bosco
La colonna
La devozione a Maria
Ausiliatrice e il suo santuario
nel cuore dell'opera salesiana
Salesiani nel mondo
Mladi za Mlade
I giovani della
Bosnia Erzegovina
L’invitato
Don Achille Loro Piana
Più giapponese
dei giapponesi
Le case di don Bosco
Taranto
Don Bosco tra i due mari
Iniziative
Main
Un grande film
su Madre Mazzarello
Arte salesiana
L'iconografia di Maria
Ausiliatrice in Piemonte
Dal testamento di don
Senza di voi
Bosco per i benefattori
Senza la vostra carità io avrei
non possiamo
potuto fare poco o
nulla; con la vostra
carità abbiamo invece
cooperato con la
fare nulla!
grazia di Dio
ad asciugare molte lagrime e
a salvare molte anime.
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
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un’offerta.