Bollettino_Salesiano_202106

Bollettino_Salesiano_202106

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
Stati Uniti
Gli IRONMEN
di don Bosco
Confidate in
Maria Ausiliatrice
LMeingeousevtsrleoeÁdngnruogeideitelemcirhaecocolisa
García (Don Bosco)
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
GIUGNO
Poster
2021
La Strenna
manga
L’invitato
Dentro
l’ANS

1.2 Page 2

▲back to top
I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
Don Bosco salvato
dalle acque
U n gelido pomeriggio del feb-
braio 1883, don Bosco era a
Nizza, dove fioriva una
splendida scuola salesiana, stimata e
rispettata da tutti. Nizza era diven-
tata francese, ma i legami centenari
con Torino e Genova erano ancora
molto forti.
A Nizza tutti conoscevano e amava-
no don Bosco e quel freddo pome-
riggio era stato invitato dal vescovo
della città, monsignor Balain a
vedere un terreno che dei benefattori
volevano offrire gratuitamente nel
caso che, come sembrava, il Governo
procedesse all’esproprio dell’im-
mobile di Piazza d’Armi, dato a
don Bosco, nell’intendimento di
costruir­vi una caserma.
Don Bosco volle fare il tragitto in-
teramente a piedi, accompagnato da
don Ronchail e dal barone Héraud.
Arrivato al torrente Paillon, invece
di proseguire fino al ponte Gari-
baldi, don Bosco preferì abbreviare
d’un buon tratto la strada, attraver-
sando il torrente.
L’aveva già fatto una
volta, in senso inverso
sette anni prima, quando
era a venuto a comperare
la villa Gautier. In fondo,
desiderava commemorare
quell’anniversario.
Il greto del Paillon, come
capita nei torrenti, era larghissimo,
mentre il corso dell’acqua era in pro-
porzione assai povero; pure acqua ce
n’era e in tre punti bisognava cam-
minare su passerelle traballanti.
Con brio giovanile don Bosco, ri-
cordando ai suoi compagni di essere
stato un provetto acrobata, si avviò
senz’aiuto del Direttore e del Barone,
che, uno davanti e l’altro dietro, gli
volevano dare la mano. Per le due
prime passerelle e fin quasi all’estre-
mità della terza tutto andò benone;
ma quest’ultima era particolarmente
viscida. A don Bosco scivolò l’ap-
poggio e cadde nell’unica pozza
colma d’acqua.
«Oh, por préive!» gridarono esterre-
fatte parecchie lavandaie piemontesi
sulla riva.
Fu un brutto momento per don
Ronchail, che sapeva in che stato don
Bosco avesse le gambe. Per fortuna
don Bosco si rialzò subito e, bagnato
fradicio dalla testa ai piedi, salutò il
suo cappotto che, tenuto solo sulle
spalle, gli era caduto continuando a
navigare per proprio conto ancora per
un bel pezzo. Tutto intriso e gron-
dante acqua, don Bosco fu fatto mon-
tare in una carrozza, che lo ricondusse
rapidamente a casa.
Ma non possedeva vestiti o biancheria
di ricambio. Così il Direttore lo fece
mettere a letto. Gli amici, appena lo
seppero fecero a gara per provvedere.
Sulle prime, in casa non si seppe nulla
dell’incidente; solo, a quanti chiede-
vano, rispondevano che don Bosco si
sentiva un po’ stanco; ma il dì appres-
so, nel pranzo solenne dinanzi a una
ventina d’invitati, don Bosco raccontò
per filo e per segno la sua caduta nel
Paillon e il bagno forzato.
Il barone Héraud divulgò ai gior-
nali una fotografia col panorama
di Nizza, su cui aveva disegnato un
monumento nel posto della caduta
e sotto il monumento aveva scritto
un’epigrafe che diceva: «24 febbraio
1883. Don Bosco salvato dalle acque
del Paillon».
LA STORIA
Questa storia è raccontata in una lettera di don Ronchail.
2
GIUGNO 2021

1.3 Page 3

▲back to top
Stati Uniti
Gli IRONMEN
di don Bosco
Confidate in
Maria Ausiliatrice
LMeingeousevtsrleoeÁdngnruogeideitelemcirhaecocolisa
García (Don Bosco)
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
GIUGNO
Poster
2021
La Strenna
manga
L’invitato
Dentro
l’ANS
GIUGNO 2021
ANNO CXLV
NUMERO 06
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: Un ragazzino che si impegna con tutte
le sue forze. Il mondo sarà salvato dalla grinta dei più
giovani. È la speranza di don Bosco e dei Salesiani
(Foto Sharomka / Shutterstock).
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 DON BOSCO NEL MONDO
Brasile
10 TEMPO DELLO SPIRITO
12 LE NOSTRE GUIDE
Miguel Ángel García
16 FMA
Il nostro cortile digitale
18 SALESIANI
ANS
22 POSTER
La Strenna manga
24 IN PRIMA LINEA
Sergej Goman
28 LE CASE DI DON BOSCO
Don Bosco Preparatory
High School
32 LA NOSTRA STORIA
Don Bosco e i migranti
34 COME DON BOSCO
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
12
18
28
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 66
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Joaquim
Antunes, Pierluigi Cameroni, Roberto
Desiderati, Emilia Di Massimo, Ángel
Fernández Artime, Carmen Laval,
Cesare Lo Monaco, James Hauser,
Alessandra Mastrodonato, Jean-
François Meurs, Francesco Motto,
Marcella Orsini, Pino Pellegrino,
O. Pori Mecoi, Luigi Zonta, Fabrizio
Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Giampietro Pettenon (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
web: www.donbosconelmondo.org
CF 97210180580
Banca Intesa Sanpaolo
IBAN: IT84 Y030 6909 6061 0000 0122 971
BIC: BCITITMM
Ccp 36885028
Progetto grafico e impaginazione:
Puntografica s.r.l. - Torino
Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova
Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
La certificazione
PEFC™ garantisce
che la materia
prima per la
produzione della
carta deriva da
foreste gestite
in maniera
sostenibile secondo standard rigorosi riconosciuti a
livello internazionale che tutelano le foreste, l’ambiente
e i lavoratori.
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

1.4 Page 4

▲back to top
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Lceutoterraedgi ruanto
«Quasi per caso, mi sono imbattuto in una
busta con dentro una lettera che mi è
stata consegnata da una giovane donna
quando ho visitato l’opera salesiana
della città di Americana in Brasile,
nell’ispettoria salesiana di San Paolo».
Ècon piacere che mi incontro con voi in que-
sto spazio che fu tanto caro a don Bosco
stesso. In molti dei Bollettini pubblicati
durante la sua vita (don Bosco visse undici
anni dopo la fondazione del Bollettino Salesiano)
il buon Padre raccontava ai suoi lettori quello che
succedeva a Valdocco e nelle altre case salesiane,
e inoltre entusiasmava i suoi ragazzi e i suoi letto-
ri con le notizie che venivano dall’America, prima
dall’Argentina e poi da altri paesi.
Credo che anche oggi abbiamo il dovere di esse-
re entusiasti, di far conoscere il bene che si sta fa-
cendo, di accompagnare anche il dolore, come in
questo momento, non solo per il Covid, ma anche
la sofferenza che stanno vivendo in questo momen-
to il Brasile e l’India. Questa realtà deve renderci
sempre vicini al cuore e al dolore degli altri. Così
è la vita: c’è tanto di cui essere grati, tante ragioni
per gioire e altre per piangere ed essere al fianco di
chi soffre.
Chi mi legge da sette anni avrà notato che in que-
sto saluto cerco soprattutto di trasmettere qualcosa
della mia vita, qualcosa dei “miracoli” che il Si-
gnore mi permette di scoprire e vedere in tutto il
mondo, per comunicare testimonianze semplici che
toccano il cuore. Come questa.
Mentre stavo riordinando le carte mi sono imbat-
tuto in una busta con dentro una lettera che mi è
stata consegnata da una giovane donna, quando ho
visitato l’opera salesiana della città di Americana in
Brasile, nell’ispettoria salesiana di San Paolo.
Ricordo che durante quella visita ho vissuto uno
degli incontri e dialoghi più ricchi e profondi con i
giovani, ragazzi e ragazze di una certa età (tra i 16 e
i 24 anni). Per due ore abbiamo parlato dell’“umano
e del divino”. È stato un bel dialogo con circa cento
giovani di quella casa salesiana.
Quando ho trovato la lettera e l’ho riletta mi sono
detto che, con il “presunto” permesso di Elian, do-
vevo condividere il semplice messaggio trasmesso-
mi dal cuore di una giovane donna che ha trovato
in una casa salesiana un luogo, un clima e delle per-
sone che le hanno cambiato la vita.
Ho pensato a don Bosco, che era entusiasta di far
conoscere il bene che si faceva e come il suo sistema
educativo ed evangelizzatore trasformava la vita dei
suoi ragazzi.
Oggi, sarebbe contento di far conoscere quello che
4
GIUGNO 2021

1.5 Page 5

▲back to top
dicono molti giovani del nostro tempo. Alcuni ma-
gari possono essere insoddisfatti, ma moltissimi
sono felici nelle case di Don Bosco, dove hanno
trovato amici e momenti gioiosi da condividere,
una scuola che li prepara alla vita, un pieno di vita
per conoscere Dio in libertà, una casa che accoglie
incondizionatamente, come è successo a Elian.
La differenza nella mia vita
Nella sua lettera scrive: «Americana, 12 ottobre
2017. Caro P. Angel, mi chiamo Elian T.S. e ho 17
anni. Sono emozionata perché non mi capita spesso
di essere onorata dalla presenza e dall’attenzione di
qualcuno che rappresenta coloro che svolgono un
lavoro così bello e grande che fa la differenza nella
mia vita.
Posso dire che chi conosce o semplicemente si avvi-
cina all’opera salesiana non è più lo stesso, indipen-
dentemente dalla religione, dall’etnia o dal colore.
Gli insegnamenti, i valori e gli affetti che vengono
trasmessi a noi giovani hanno il potere di impattare
su di noi in modo tale che la loro impronta rimane
per tutta la vita.
Sono arrivata in America nel 2005 e, nonostante
provenga da un ambiente religioso diverso, all’e-
tà di 7 anni ho cominciato ad essere coinvolta nel
mondo salesiano.
Da questo contatto con la storia e l’opera di don
Bosco ho potuto conoscere meglio la vita, molto di
quello che tanti giovani cercano nel mondo e non
trovano. Ho potuto vedere che le cose difficili della
vita possono essere superate con l’aiuto, con la vi-
cinanza, con un sorriso alla fine di un pomeriggio.
Ho sperimentato che i sacerdoti della casa in cui
mi trovo possono spesso essere buoni amici e buoni
consiglieri, e che niente è più bello dell’azione di
Dio nella nostra vita.
Non posso dire che sia stato sempre facile. Molte
volte ho provato stanchezza e frustrazione, e molte
volte avrei voluto abbandonare impegni e lavoro,
ma per fortuna, insieme a don Bosco, ho potuto in-
contrare persone (di cui ricordo dolcemente i volti)
che in ogni momento mi hanno aiutata e non mi
hanno lasciato “perdere”, persone che hanno aper-
to il loro cuore e mi hanno mostrato e insegnato
ad amare come Gesù. E come il Padre e Maestro
dei giovani amava i suoi ragazzi. Così ho potuto
unirmi all’Equipe Missionaria, al Gruppo Cuore
di Gesù e all’Oratorio di San Domenico Savio a
cui mi dedico attualmente e che semplicemente si-
gnifica tanto per me, perché attraverso i sorrisi dei
bambini con i quali mi trovo, sperimento e sento
che tutto vale la pena.
So che parlo molto, ma nessuna di queste parole
che escono dalla mia bocca o che sono scritte qui
sarebbe sufficiente per mostrare la mia gratitudine
e il mio affetto per questo uomo di fede che ha dato
se stesso per noi giovani e per coloro che continua-
no a fare lo stesso oggi, salesiani e uomini e donne
di queste case di Don Bosco. È magnifico!
Grazie per tutto e per essere il
nostro Rettore Maggiore.
Con molto affetto,
Elian T.S.».
Così la lettera di
questa giovane
donna. Non so
dove sia ora.
Forse all’Uni-
versità o all’i-
nizio di un’altra
tappa della sua
vita, forse con un
lavoro, forse pen-
sando al suo futuro e
al suo progetto di vita, for-
se, forse... Ma quello di cui non
ho dubbi è che quello che porta nel cuore (e questa
lettera ne è un piccolo ma prezioso campione), le
darà la forza di essere una grande donna nella vita
e di dare il meglio di sé agli altri. Questo è il senso
dell’educazione e della famiglia. Prepararsi alla vita
per dare in essa sempre il meglio di sé.
Che il Signore della Vita vi benedica tutti.
GIUGNO 2021
5

1.6 Page 6

▲back to top
DON BOSCO NEL MONDO
Marcella Orsini
Brasile
Insieme siamo
più forti della
pandemia
Come i centri giovanili
dell’Ispettoria Salesiana di Belo
Horizonte affrontano l’emergenza
sanitaria in Brasile.
In Brasile,
i Salesiani
impegnano
le loro forze
soprattutto
per i più fragili
e dimenticati.
Il Brasile, con i suoi oltre 13 milioni e mezzo di
casi positivi al Covid-19 dichiarati a metà aprile
dal Ministero della Salute, è il secondo Paese al
mondo per numero di contagi. Per mesi è stato
il più colpito dalla pandemia in termini di contagi,
a causa di una politica federale che ha dato ai singo-
li Stati ampio potere nell’adozione (o non adozione)
di misure restrittive e di un Governo centrale la-
sciato in balia di teorie negazioniste e suggestioni
fuori controllo del presidente Jair Bolsonaro. Sol-
tanto nel mese di marzo di quest’anno, dopo ben
dodici mesi dagli esordi della pandemia, è stato
istituito un organo di crisi per la gestione concorde
della drammatica situazione del Paese. La spinta
è stata data dalla variante del virus riscontrata in
Amazzonia, tuttavia il Brasile resta il Paese con il
più alto numero di decessi al mondo.
La Fondazione Don Bosco nel mondo, grazie al
5×1000 quest’anno ha finanziato il progetto “Insie-
me nella protezione dal Covid-19” che l’Ispettoria
Salesiana di Belo Horizonte, in Brasile, sta realiz-
zando in quattro centri giovanili.
Ognuno di questi centri e oratori è frequentato da
circa 250 bambine, bambini e adolescenti prove-
nienti dalle realtà più povere delle città in cui sor-
gono, ma il numero cresce ogni giorno di più ed
è destinato a crescere ancora, a causa dell’aumento
dell’insicurezza economica e della drastica riduzio-
6
GIUGNO 2021

1.7 Page 7

▲back to top
I centri giovanili salesiani sono il fulcro dell’azio-
ne sociale e di solidarietà dell’intera isjb Inspetoria
São João Bosco. Essi si caratterizzano per essere un
luogo sicuro per la cura, la protezione e la crescita
di bambini e ragazzi provenienti da famiglie svan-
taggiate, garantendo loro un’istruzione che assicuri
loro la possibilità di un futuro più dignitoso.
gra zLiea
Fondazione Don Bosco nel mondo,
al 5x1000 quest’anno ha finanziato
il progetto “Insieme nella protezione
dal Covid-19” che l’Ispettoria Salesiana di Belo
Horizonte, in Brasile, sta realizzando
in quattro centri giovanili
ne dell’accesso ai servizi che hanno investito il Bra-
sile con la pandemia.
Obiettivo generale del progetto è favorire la convi-
venza e il rafforzamento dei legami familiari e so-
ciali come strumento di protezione e di superamen-
to della pandemia. Obiettivo specifico è fornire
materiali e prodotti di protezione dal virus oltreché
laboratori di formazione sulle pratiche igienico-
sanitarie per ridurre il contagio tra i giovani.
L’Ispettoria Salesiana San Giovanni Bosco di Belo
Horizonte (isjb Inspetoria São João Bosco) opera
nel Distretto Federale e negli Stati di Minas Ge-
rais, Espírito Santo, Rio de Janeiro e Goiás con
diverse attività finalizzate alla formazione e allo
sviluppo di bambini e ragazzi alla ricerca del rico-
noscimento di cittadini attivi e titolari di diritti e di
migliori condizioni di vita.
Un valore aggiunto dell’opera salesiana dell’Ispet-
toria di Belo Horizonte è l’istituzione e lo sviluppo
di partnership con altre istituzioni governative e
organizzazioni non governative per raggiungere i
suoi obiettivi attraverso l’erogazione di servizi so-
ciali, educativi e pastorali integrati.
Le azioni socio-ricreative sono pianificate ed ese-
guite in modo che valori come la cooperazione, la
solidarietà, il pensiero critico e la perseveranza pos-
sano essere stimolati e potenziati.
Le attività dei centri giovanili si articolano in tutto
il mondo nell’attuazione del sistema preventivo di
don Bosco, investendo l’educazione e la formazione
di un valore fortemente orientato alla tutela di va-
lori e di diritti invece che alla riparazione di situa-
zioni di rischio e di disagio.
I centri
giovanili
salesiani
sono il fulcro
dell’azione
solidale
dell’intera
Ispettoria
di Belo
Horizonte.
GIUGNO 2021
7

1.8 Page 8

▲back to top
DON BOSCO NEL MONDO
Le azioni socio-
ricreative sono
pianificate
ed eseguite
in modo che
valori come la
cooperazione,
la solidarietà,
il pensiero
critico e la
perseveranza
possano
essere
stimolati e
potenziati.
I quattro centri
La più grande sfida per i centri giovanili salesiani
è ancora oggi quella di mantenere viva l’assistenza
ai bambini e agli adolescenti, ma anche alle loro
famiglie, sebbene a distanza, contribuendo all’at-
tuazione costante dei diritti sociali.
In particolare, il progetto “Insieme nella protezione
dal Covid-19” si sviluppa in due Centri giovanili
nello Stato di Minas Gerais e in due nello Stato di
Rio de Janeiro.
Unico, grande obiettivo è quello di contribuire con
il 5×1000 della Fondazione Don Bosco nel mondo
al rafforzamento dei legami familiari e comunitari,
garantendo l’accesso ai diritti fondamentali, attra-
verso azioni basate sul soddisfacimento dei bisogni
materiali e psicologici dei bambini, dei ragazzi e
delle loro famiglie nell’emergenza sanitaria.
Nello Stato di Minas Gerais, nella città di Belo
Horizonte, il Centro Juvenil Dom Bosco è fre-
quentato da circa 250 bambini e adolescenti tra i 6 e
i 16 anni, le cui famiglie vivono in una situazione di
vulnerabilità sociale, con un reddito pro capite pari
a un quarto del salario minimo mensile. Il Centro
si trova nel quartiere di Cabana do Pai Tomaz, a
Ovest della città.
Allo stesso modo, sempre nello Stato di Minas Ge-
rais, nella città di Pará de Minas, il Centro Juvenil
São Domingos Sávio è frequentato da circa 250
bambini e adolescenti vulnerabili e privi di acces-
so ai servizi essenziali. Secondo i dati raccolti nelle
indagini effettuate nel 2019 e nel 2020 dal Dipar-
timento di Assistenza e Sviluppo Sociale di Pará
de Minas sulla vulnerabilità sociale nel Comune,
in relazione al numero di bambini e di adolescenti
appartenenti alle famiglie con il reddito pro capite
più basso, il quartiere di Padre Libério ha una per-
centuale del 692% superiore alla media e detiene il
triste primato di essere in cima alla lista dei quar-
tieri più poveri della città.
Secondo le indagini dell’anno precedente, inoltre,
la comunità del quartiere di Padre Libério, da dove
proviene l’80% dei ragazzi frequentanti il centro
giovanile salesiano, è risultata prima nella dram-
matica lista delle comunità di quartiere con il più
alto numero di casi di violenza perpetrata ai danni
dei minori e prima nella violazione dei diritti dei
bambini e degli adolescenti.
I casi registrati nel 2018 sono del 433% superiori
alla media generale ed è in questo scenario che la
presenza salesiana, con numerosi progetti e varie
iniziative, contribuisce in modo significativo a in-
dividuare strategie e a sviluppare programmi per
far fronte alle situazioni di disagio derivanti per lo
più dalla povertà estrema.
8
GIUGNO 2021

1.9 Page 9

▲back to top
Un supporto alle famiglie
Anche nel Centro Juvenil Mamãe Margarida di Ni-
terói, nello Stato di Rio de Janeiro, i beneficiari pro-
vengono dalle fasce più svantaggiate e bisognose della
popolazione. Essi appartengono alle famiglie segna-
late alle opere salesiane dai servizi socio-assistenziali.
Si tratta di circa 250 bambine, bambini e adolescenti
appartenenti alle famiglie inserite nei programmi di
sussidio governativo, ma che non hanno alcuna sicu-
rezza economica a medio e lungo termine.
Vivono nelle comunità intorno al quartiere di Santa
Rosa e vivono in una situazione di vulnerabilità e
di rischio, derivante dalla povertà estrema e dalla
disgregazione dei legami affettivi ed emotivi.
Nel Centro Juvenil São Pedro di Campos dos
Goytacazes, ancora nello Stato di Rio de Janeiro,
i salesiani operano nelle comunità del Margem da
Linha/Tapera. Questo territorio secondo il Pia-
no Municipale di Assistenza Sociale (pmas) è
composto per il 66% da una popolazione estrema-
mente povera costituita principalmente da donne
afrodiscendenti. I bambini e gli adolescenti rap-
presentano il 46% della popolazione dell’intero
territorio. Si tratta di persone fragili ed esposte
al rischio di violenza e di emarginazione. Per loro
sono richiesti interventi specifici a lungo termine.
In tutte queste località la pandemia ha aggravato
la situazione economica e sociale delle famiglie,
soprattutto di quelle monoreddito. Moltissimi ge-
nitori hanno perso il lavoro a causa della pandemia
e, dunque, l’unica fonte di guadagno per tutta la
famiglia. La maggior parte delle famiglie vive oggi
con il sussidio governativo o di espedienti quoti-
diani che, tuttavia, sono insufficienti ad affrontare
le spese per i servizi e per i beni di prima necessità.
Il progetto “Insieme nella protezione dal Covid-19”
si propone di fornire supporto alle famiglie dei
bambini e dei ragazzi, al fine di permettere loro di
affrontare con dignità e speranza un tempo diffi-
cile, segnato da grandi perdite e da un forte impo-
verimento.
L’esperienza dell’emergenza in Brasile ha offerto
l’occasione di ampliare la missione dei Figli di Don
Bosco a quante più persone fragili possibile e di
sperimentare nuovi metodi per realizzarla, al fine
di ridurre l’impatto della pandemia sulla vita dei
più poveri e svantaggiati.
Con il 5×1000 alla Fondazione Don Bosco nel
mondo è possibile per tutti partecipare alla missio-
ne salesiana anche nelle situazioni di emergenza e
post-emergenza, arrivando nelle comunità che sa-
rebbero altresì isolate e private di tutela e accesso ai
diritti fondamentali.
Con il
5×1000 alla
“Fondazione
Don Bosco
nel mondo”
è possibile
portare
un aiuto a
famiglie
sfinite dalla
pandemia.
GIUGNO 2021
9

1.10 Page 10

▲back to top
TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
Sei mosse per ritrovare
il gusto del futuro
Seguire una logica di convalescenza
significa cambiare prospettiva,
abbandonare le proprie convinzioni
negative (pessimismo, fatalismo)
e iniziare un nuovo ciclo di vita,
ricco del proprio passato
e fiducioso nel proprio futuro.
1. Stai riemergendo
È un fatto, non sei più nel mezzo della tempesta.
Anche se stai ancora guadando sentimenti ed emo-
zioni difficili, il più impetuoso è passato. E tu ce l’hai
fatta. Hai trovato il tempo di congratularti con te
stesso per questo? Non è troppo tardi per farlo. Pren-
diti il tempo di sederti da solo e in silenzio e, come se
stessi guardando un film, proiettati in alcune scene
del difficile passato, poi torna qui e ora. Prenditi il
tempo di sentire il tuo corpo, il tuo respiro e di con-
gratularti con te stesso per aver percorso questo cam-
mino, per esserti rialzato, forse più volte. La cura di
sé è un circolo virtuoso: meglio ci trattiamo, meglio
siamo trattati e migliori sono le scelte che facciamo.
Scrivile per poterti convincere nei giorni in cui du-
biterai di te stesso.
3. Ora farai di più e meglio
Il recupero emotivo ha una particolarità: è come
la fine di un’ibernazione. Genera una nuova e più
potente energia vitale perché è alimentata dal desi-
derio, più o meno cosciente, di lasciarsi alle spalle il
disagio e la sofferenza. Questo può tradursi in una
maggiore motivazione sul lavoro, nel desiderio di
portare avanti diversi progetti personali ma anche
nel desiderio di essere totalmente coinvolti in tutto
ciò che si fa. È come recuperare il tempo perduto.
Alla fine, tutto quello che fai e produci guadagna
in diversità, creatività e qualità.
2. Ti sei rivelato
Le prove spesso rivelano risorse e capacità insospet-
tate. Freddezza, perseveranza, resistenza, audacia,
creatività e, soprattutto, coraggio. Spesso sono gli
altri che ci fanno notare queste qualità. “Non ti cre-
devo capace di…”, “Sapevo che…”, “Non avrei avuto
la tua forza”. Prenditi del tempo per riflettere sul-
le qualità che hai dimostrato nel superare la prova.
4. Sceglierai meglio le tue relazioni
Ci sono quelli che ti hanno lasciato sulla strada,
quelli che si sono gradualmente allontanati e gli al-
tri. Che non sono sempre quelli che pensate siano.
Quando le amicizie deludono, altre si rivelano. Un
sostegno inaspettato, in forme inaspettate, arriva
come una sorpresa e un conforto. In tutti i casi, una
prova di vita, professionale o personale, è una po-
10
GIUGNO 2021

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
SE POTESSI RINASCERE, VIVRESTI LA VITA IN MANIERA DIVERSA?
Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei
vissuto la vita in maniera diversa. Li per lì ho risposto di no, poi
ci ho pensato un po’ su e… Potendo rivivere la mia vita, avrei
parlato meno e ascoltato di più.
Non avrei rinunciato a invitare a cena gli amici soltanto perché
il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano
era stinta. Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono
e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal
caminetto acceso. Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno
quando rievocava gli anni della sua giovinezza.
Non avrei mai preteso, in un giorno d’estate, che i finestrini
della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la
messa in piega. Non avrei lasciato che la candela a forma di
rosa si sciogliesse, dimenticata, nello sgabuzzino. L’avrei con-
sumata io, a forza di accenderla. Mi sarei stesa sul prato con
i bambini senza badare alle macchie d’erba sui vestiti. Avrei
pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osser-
vando la vita. Avrei condiviso maggiormente le responsabilità
di mio marito.
Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare
febbricitante al lavoro quasi che, mancando io dall’ufficio, il
mondo si sarebbe fermato. Invece di non veder l’ora che finis-
sero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni atti-
mo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva
dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla
realizzazione di un miracolo.
A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto: “Su,
su, basta. Va’ a lavarti che la cena è pronta“. Avrei detto più
spesso: “Ti voglio bene” e meno spesso: “Mi dispiace“… ma
soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadro-
nirei di ogni minuto… lo guarderei fino a vederlo veramente,
lo vivrei… e non lo restituirei mai più. Ogni istante che Dio ti
dona è un tesoro immenso. Non buttarlo. Non correre sempre,
alla ricerca di chissà quale domani.
Vivi meglio che puoi, pensa meglio che puoi e fai del tuo me-
glio oggi. Perché l’oggi sarà presto il domani e il domani sarà
presto l’eterno.
Erma Bombeck
tente rivelazione. Non c’è dubbio che ora sai su chi
contare e chi dimenticare. Appaiono linee di forza
e di fragilità, si mettono insieme pezzi del nostro
puzzle personale e familiare. Vediamo più chiara-
mente. In noi e intorno a noi.
5. Ritroverai il gusto di vivere
Una volta che lo sconforto e la sofferenza sono pas-
sati, possiamo riscoprire i piccoli piaceri, quelli che
ci danno i nostri sensi, il nostro spirito e i nostri
legami. Soffocati, sepolti sotto il calvario, fiorisco-
no di nuovo, a piccoli passi. Un pasto condiviso con
gli amici, un momento di lettura raggomitolata sul
divano, una passeggiata in montagna o in riva al
mare. Ma anche il desiderio, ancora timido, di fare
progetti, di realizzarli. La vita scorre di nuovo.
6. Quattro passi verso l’ottimismo
Questi sono 4 pensieri da avere, se possibile appena
svegli, per iniziare la giornata con il piede giusto.
Pensiero numero 1: oggi farò qualcosa di utile.
Non c’è giorno in cui non fai qualcosa di utile per
gli altri. Che sia nel vostro lavoro o nella vostra vita
personale. Svegliarsi con questo in mente ti dà uno
scopo. Ti stai preparando per una noiosa giorna-
ta di lavoro? Prendete una banconota da 5 euro e
datela a un senzatetto. Fare qualcosa di positivo, e
anticiparlo, ti dà energia.
Pensiero numero 2: oggi farò qualcosa per me.
Ogni mattina, pensa alla piccola dose di egoismo
che ti regalerai: sport, meditazione, lettura, un ape-
ritivo con qualcuno che non vedi da molto tempo,
una telefonata all’amico che vorresti sempre chia-
mare ma che non riesci mai a fare… Qualcosa per
TE, e solo per te, una volta al giorno.
Pensiero numero 3: sono una
brava persona. Il prossimo
OGNI MATTINA
passo è fare un complimento
a se stessi ogni mattina e im-
parare a cambiare il modo in
Ti adoro, mio Dio, e ti amo con
tutto il cuore. Ti ringrazio di
avermi creato, fatto cristiano e
cui guardiamo noi stessi.
conservato in questa notte. Ti
Pensiero numero 4: sono
offro le azioni della giornata,
vivo. Sì, questo è fondamen-
tale. Ricordarci che siamo
vivi, sani quando lo siamo,
che viviamo in un paese dove
la scuola e la salute sono gra-
tis.
fa’ che siano tutte secondo la
tua santa volontà per la mag-
gior tua gloria. Preservami
dal peccato e da ogni male. La
tua grazia sia sempre con me
e con tutti i miei cari. Amen.
GIUGNO 2021
11

2.2 Page 12

▲back to top
LE NOSTRE GUIDE
Joaquim Antunes
Miguel Ángel García
La sfida è viva
Spagnolo, 52 anni, don Miguel
Angel García Morcuende è da marzo
scorso il nuovo Consigliere Generale
per la Pastorale Giovanile,
un settore fondamentale per
la Congregazione, che
orienta il lavoro con e per
tutti i ragazzi e i giovani.
L’accompa­
gna­mento
personal­e
e diretto, la
condivisione
della fede,
la testimo­
nian­za, la
celebrazione
e l’impegno
sono
essenziali
nell’azione
pastorale.
Che cosa l’ha spinto a farsi salesiano?
Credo di aver sempre sentito un vivo desiderio di
Dio e di donare la mia vita agli altri. Dio non lo si
vede, ma lo si può ascoltare.
Attraverso l’accompagnamento personale e delle
comunità, la preghiera e la vita apostolica con i
giovani, ho gradualmente ascoltato questa serena
voce interiore e, con la grazia di Dio, ho speri-
mentato come in ogni attimo di vita vissuta questi
profondi desideri interiori provenissero unica-
mente da Dio.
A poco a poco, l’impossibile è diventato possibile
e mi sono ripetutamente meravigliato nel vedere
come Dio visibilmente “sposti le montagne” nella
vita delle persone che chiama, come ha fatto con
la mia persona. Gesù non si stanca mai di chiama-
re: chiamare è per Lui una forma del verbo amare.
Ecco cosa ha motivato la mia scelta.
Lei è stato eletto al di fuori del
CG28. Come ha appreso la notizia
dell’elezione? Quali erano invece
i suoi progetti?
Stavo portando avanti il mio incarico di Direttore
dell’opera di Santander, al nord della Spagna. In
quei giorni del CG28 ci era stato appena comu-
nicato il decreto riguardante il lockdown totale in
Spagna per contrastare l’ondata del Coronavirus e,
con esso, la chiusura ufficiale di tutte le scuole. Il
giorno successivo alla mia elezione, infatti, abbia-
mo dovuto predisporre tutto per lo smart working
degli insegnanti in modo da pianificare le lezio-
ni online. In questo contesto di pandemia, come
Direttore della scuola avevo molte preoccupazioni
ed ero proiettato su questa emergenza per cui tale
notizia è stata una vera sorpresa. Anche se questo
nuovo incarico mi richiede personalmente un in-
vestimento di energie inatteso, ringrazio il Signore
per avermi chiamato a lavorare per i giovani, ovun-
que Egli voglia. Uno dei passi del Vangelo per me
12
GIUGNO 2021

2.3 Page 13

▲back to top
di maggior impatto è la “parabola dei talenti”; io
credo che Dio mi stia parlando attraverso questo
incarico dicendomi di mettermi alla prova e di sco-
prire tutto ciò che sono per servire gli altri. E allora
assumo questo compito con grande umiltà.
Nel Dicastero per la Pastorale
Giovanile ha già lavorato per diversi
anni, ora è chiamato a guidarlo.
Ho avuto l’occasione di lavorare nei diversi settori
della pastorale giovanile e questo mi ha portato ad
acquisire l’esperienza sul campo. Come un “artigia-
no”, ho maturato le mie intuizioni pastorali: l’abi-
tudine alla riflessione per dare qualità alla proposta
educativo-pastorale; l’urgenza dell’animazione e
dell’accompagnamento degli operatori pastorali; il
lavoro di gruppo e l’impegno personale nella mis-
sione tra i giovani.
Com’è la sua “storia” salesiana?
Nella mia vita salesiana ho conciliato l’azione pa-
storale e la formazione delle nuove generazioni di
salesiani. Dopo i miei studi di filosofia a Salaman-
ca e a Roma, mi è stato chiesto di specializzarmi
con i gesuiti nell’accompagnamento personale e nel
discernimento vocazionale. In questo campo ho
diretto numerosi workshop e sono stato coinvolto
nel lancio di alcune iniziative. Sono stato direttore
della Casa di Santander mentre frequentavo il cor-
so di Esperto in Direzione di Scuole Cattoliche.
Ho insegnato all’Istituto Superiore di Filosofia di
Burgos e nei collegi salesiani in Spagna. Ho pub-
blicato alcuni libri sul tutoraggio nella scuola sale-
siana, il modello educativo-pastorale salesiano; ho
progettato due corsi online per la Scuola Salesiana
Americana. Sono stato Delegato per la Pastora-
le Giovanile dell’Ispettoria Salesiana di Madrid e
fondatore di un Centro di Intervento Sociale inter-
congregazionale in Spagna: Asociación “Lumbre”.
Sono stato membro del Dicastero per la Pastorale
Giovanile tre anni fa.
Uno scienziato portoghese ha detto:
“Dio non è morto perché l’umanità
ha bisogno di lui”. Questo è vero
per l’evangelizzazione dei giovani?
Certamente. L’umanità ha bisogno di Dio. Sta a
noi “educare gli occhi dei giovani”, educare i loro
sguardi nel vedere non solo ciò che è negativo, ma
soprattutto il potenziale inaspettato di questo mon-
È essenziale
accompa­
gnar­e i
giovani per
aiutarli a
vedere il
mondo con
gli occhi di
Dio, in modo
amorevole,
solidale e
critico sulla
realtà.
GIUGNO 2021
13

2.4 Page 14

▲back to top
LE NOSTRE GUIDE
L’umanità
ha bisogno
di Dio. Sta a
noi “educare
gli occhi dei
giovani”.
do. La pastorale giovanile è una lente per leggere il
nostro tempo, ma allo stesso tempo un telescopio
per guardare più lontano. Quindi è essenziale ac-
compagnare i gioveni per aiutarli a vedere il mondo
con gli occhi di Dio, in modo amorevole, solidale e
critico sulla realtà, soprattutto quando attraversano
le tempeste della vita. A questo sguardo si aggiun-
ge l’etica della cura, dell’ospitalità, con le esigenze
del rispetto dei vulnerabili e di una giustizia senza
sconti. Guardare alla vita da un altro punto di vi-
sta: quello della fragilità, dell’empatia, del limite,
dell’imprevedibile.
La secolarizzazione e l’indifferenza
religiosa sono molto diffuse,
anche tra i giovani.
I rapporti sui giovani ci dicono come loro stiano
vivendo il loro cammino di fede a diverse velocità:
quelli che “sono a casa”; quelli che “stanno lascian-
do casa” e quelli che “non conoscono la dimensione
della casa”. Soprattutto, dobbiamo fare uno sfor-
zo per raggiungere tutti: quelli nel primo scenario
dobbiamo accompagnarli nella loro crescita nella
vita di fede.
Per coloro che si trovano nel terzo scenario dob-
biamo continuare ad annunciare loro il Vangelo e
mostrare loro la gioia della nostra fede, con le por-
te di “casa” sempre aperte. Con quelli del secondo
scenario, dobbiamo agire come a Emmaus: andare
loro incontro, camminare con loro, ascoltarli e mo-
strare loro la Parola di Dio, fino al luogo in cui da
soli riconoscono Cristo nello spezzare il pane.
Affinché l’evangelizzazione sia attuabile, diventa essenziale connettersi
“intelligentemente” con i giovani, per identificare i loro bisogni
e il loro desiderio di felicità».
14
GIUGNO 2021

2.5 Page 15

▲back to top
Molti pensano che essere presenti
nel continente digitale sia già un
mezzo di evangelizzazione. È vero?
Se vogliamo evangelizzare questa nuova civiltà che
abitiamo, dobbiamo presentarci negli ambienti in cui
i giovani si formano e si informano; internet sicura-
mente è un mezzo privilegiato. Affinché l’evangeliz-
zazione sia attuabile, diventa essenziale connettersi
“intelligentemente” con loro, per identificare i loro
bisogni e il loro desiderio di felicità. Tuttavia, la “sag-
gezza pastorale” ci dice che questo non è sufficien-
te. L’ambiente virtuale è solo un’opzione pedagogica
per favorire un modo rinnovato di pensare la fede, di
esprimerla e di viverla. Ma non fermiamoci qui.
La pastorale ha bisogno di
“spazi di esperienza di fede” o no?
Nel campo dell’evangelizzazione camminiamo
sempre sui carboni ardenti e le sfide che affrontia-
mo sono vive, non morte o sepolte. Perciò diventa
fondamentale far intravedere la bellezza del dono
della vita che propone la fede cristiana, molto più
del peso dei sacrifici che implica. Se il peso della
rinuncia supera la bellezza del tesoro trovato, come
non esserne attratti? Tra le altre mediazioni per
raggiungere questo obiettivo c’è l’accompagnamen-
to personale e diretto, attraverso cui le persone con-
dividono la fede, la testimonianza, la celebrazione e
l’impegno e vivono la relazione.
nes sLuanpo.reNseesnszuansaatleescinaonlaognoianpluasòcsiaosintidtuieirtlrao
perché richiede un volto, uno sguardo,
un incontro, il saper accompagnare.
Nelle condizioni attuali, come
realizzare il processo educativo
salesiano basato sulle relazioni
personali?
La cultura dell’incontro e della cura pastorale non
sono solo un’altra “prassi pastorale”, ma la pratica
di accompagnamento più adatta a questi tempi. La
nostra pastorale passa necessariamente attraverso la
cura della realtà dell’altro, e questo esige da noi,
specialmente ora, la capacità di essere in sintonia
con l’oceano di sentimenti dei giovani. L’assisten-
za salesiana non lascia indietro nessuno. Nessuna
tecnologia può sostituirla perché richiede un volto,
uno sguardo, un incontro, il saper accompagnare. E
il primo passo per questo implica immergersi nella
realtà della persona con il cuore del Buon Pastore.
Amiamo ciò che ci interessa e ci prendiamo cura di
ciò che amiamo.
L’importante
non è parlare
“ai” giovani,
ma parlare
“con” i
giovani.
L’educazione e l’evangelizzazione
possono essere pensate “online”
senza il faccia a faccia?
Non si può dire che siamo scollegati, ma che sia-
mo collegati in modo diverso. Pur riconoscendo la
validità della virtualità in un tempo di emergenza
e la sua funzione integrativa nell’attività ordinaria,
occorre ribadire che questa digitalizzazione dei
rapporti, privata della dimensione relazionale fisi-
ca, perde di vista il ruolo primario della relazione
interpersonale salesiana, non sempre/ovunque ga-
rantita dallo schermo.
GIUGNO 2021
15

2.6 Page 16

▲back to top
FMA
Emilia Di Massimo
Il nostro cortile digitale
Ci sono domande nel mondo dei giovani:
«Ho 3000 follower, e ho bisogno di un amico»,
«Condivido così tante cose nella rete, ma nessuno
mi conosce», «Adoro i like che mi inviano,
tuttavia, non mi sento accettato»,
«Non so chi sono, mi sento vuoto ...
Ho bisogno di Dio, mi sento solo».
Queste frasi provocano il cuore
salesiano. Così è nato ESSALES.
L a tecnologia digitale offre grandi ed efficienti
potenzialità comunicative e le persone abita-
no tale ambiente con naturalezza, facendone
il loro cortile abituale di incontro e di scam-
bio, di amicizia e di aggregazione con i coetanei.
Ma la realtà virtuale costituisce una sorta di sfida
che non esaurisce la profonda domanda di senso,
soprattutto dei giovani. Spesso l’ambiente digitale
è un territorio di solitudine, di manipolazione, di
sfruttamento e di violenza, ma è anche un luogo ir-
rinunciabile per raggiungerli e coinvolgerli perché
abbiano la possibilità di fare esperienza di un in-
contro che riveli il significato dell’esistenza, anche
venendo a conoscenza della spiritualità salesiana.
È questa sete di spiritualità che dà vita a essales,
una nuova forma di Missione Educativa Onli-
Un’équipe
di persone
composta
da Figlie
di Maria
Ausiliatrice
e laici.
16
GIUGNO 2021

2.7 Page 17

▲back to top
ne, nello stile di Madre
Mazzarello e don Bosco.
I componenti dell’équipe vivono in Honduras, Co-
sta Rica e Colombia, El Salvador. Mossi da questo
desiderio, ci dice suor Ana Beatriz, responsabile
della comunicazione, abbiamo deciso di entrare nel
cortile digitale per imparare a stare al suo interno
e far sì che la rete divenga luogo di incontro e di
amicizia, particolarmente con coloro che si trovano
in sintonia con il carisma di don Bosco e Madre
Mazzarrello. L’obiettivo è quello di migliorare la
qualità della vita spirituale mediante la spiritualitá
salesiana, quindi il Sistema Preventivo, l’innova-
zione tecnologica, così da offrire un supporto for-
mativo sia agli educatori sia ai giovani del nostro
tempo.
essales è un’équipe di persone composta da Figlie
di Maria Ausiliatrice e laici che, con stile sinodale,
vogliono condividere la ricchezza della spiritualità
salesiana e mettere le proprie competenze profes-
sionali al servizio degli altri.
Parole sul volto
E S: Spirito Santo (Espíritu in castigliano) e Espi-
ritualidad Salesiana, (in castigliano)
Sal: il sale della terra, nei nuovi cortili digitali
Sales: “nello stile di San Francesco di Sales”
essales: Spiritualità Salesiana Figlie di Maria Au-
siliatrice che nasce dallo sguardo di Madre Mazza-
rello, uno sguardo profondo che si trasforma in una
gioiosa accoglienza e amicizia per le persone che
abitano i diversi territori del mondo.
Ecco l’origine del nome essales che ha come prin-
cipali destinatari del progetto coloro che esercitano
una funzione educatrice nei confronti dei bambini
e dei giovani (leader di gruppi giovanili, genito-
ri, catechisti ecc.) attraverso lo stile di
Madre Mazzarello e don Bosco.
essales ha due anni di vita, un periodo paragonabile
ad un viaggio che ha visto tante belle esperienze, tra
cui tratti di strada percorsi con i giovani e l’opportu-
nità di poter imparare molto dai ragazzi stessi; il che
per l’équipe è considerata una grande benedizione.
Da poco sono iniziati alcuni incontri formativi di
spiritualità salesiana residenziali perché il virtuale è
un ponte che conduce al reale, alla relazione; l’équi-
pe guarda a don Bosco e a Madre Mazzarello che
hanno sempre privilegiato la relazione, a loro sembra
fare eco quanto asserisce Sherry Turkle, tecnologa
statunitense: “Quando sei davanti a una persona, os-
servi l’ombra delle tue parole sul suo volto”.
essales offre, attraverso i social network, interes-
santi iniziative che cercano di custodire e far rivi-
vere la salesianità nel quotidiano, anche mediante
le riflessioni mensili che ricordano un aspetto del
Sistema preventivo vissuto da Madre Mazzarello
e don Bosco, inoltre ogni 24 del mese ricordiamo
Maria Ausiliatrice, la Madre e la Maestra che ci
aiuta a camminare guidandoci.
Ecco gli indirizzi per chi volesse curiosare! L’équi-
pe è lieta di ospitarvi… salesianamente!
ESSALES
offre,
attraverso
i social
network,
interessanti
iniziative che
cercano di
custodire e
far rivivere
la salesianità
nel
quotidiano.
GIUGNO 2021
17

2.8 Page 18

▲back to top
L’INVITATO
B.F.
ANS L’Agenzia Internazionale
di don Bosco
Incontro con il direttore José Luis Munoz
salesiano dal 2013 direttore dell’Agenzia
Internazionale di informazione salesiana
ANS, con sede a Roma, Italia.
La redazione
dell’ANS al
completo.
Qual è la tua “storia” salesiana?
La mia vocazione è iniziata, come la maggior parte
delle vocazioni salesiane, nel lavoro apostolico con i
giovani e soprattutto ai tempi della scuola, vedendo
come vivevano i salesiani intorno a me. Sono stato
studente in una scuola salesiana a Santiago del Cile
e lì ho assistito a bellissime testimonianze di sale-
siani che erano sempre con noi e che hanno dato il
meglio di sé per noi.
Come è nata la tua vocazione?
Inizialmente volevo fare il prete e ho professato nel-
la congregazione come chierico, ma durante i miei
studi di filosofia ho incontrato la figura di fratel
Artemide Zatti e sono rimasto veramente colpito
da come viveva un’esperienza di totale dedizione al
servizio dei più poveri e soprattutto di vicinanza
alle persone che aiutava, aveva la capacità di guarire
il corpo e il cuore della gente. Questo mi ha portato
a cambiare la mia scelta di vita.
Sono stato subito attratto dalla sua figura e ho ca-
pito che era lì che volevo vivere la mia vocazione
salesiana in quel modo di servire i giovani per aiu-
tarli e, per quanto possibile, accompagnarli nella
realizzazione dei loro obiettivi.
Come ha reagito la tua famiglia?
La mia famiglia ha visto questa chiamata alla vita
salesiana come qualcosa di naturale, dato che ab-
biamo sempre vissuto vicino a una parrocchia sale-
siana e partecipato alle sue attività. Soprattutto ci
siamo sentiti identificati con la vita di don Bosco e
della Madonna Ausiliatrice.
Perché sei stato nominato direttore
dell’ANS?
Sono sempre stato attratto dalla comunicazione so-
ciale come spazio di evangelizzazione e l’ho scelto
come area della mia specializzazione come laico
18
GIUGNO 2021

2.9 Page 19

▲back to top
salesiano. Lì lentamente stavo crescendo soprat-
tutto nel campo delle nuove tecnologie e facendo
esperienze di lavoro negli anni ’90 nello sviluppo di
siti web e l’applicazione delle nuove tecnologie nella
scuola fino a quando nel 2013 il rettore maggiore
dei Salesiani San Pascual Chavez mi ha invitato a
collaborare nel dicastero della comunicazione come
capo dell’agenzia di stampa salesiana.
Per me è stata una bella sfida perché mi ha dato
la possibilità di toccare con mano la realtà della
congregazione in tutte le sue forme e ampiezze e
soprattutto mi ha dato la possibilità di conoscere
come la congregazione è presente nel mondo nelle
sue varie forme.
Con te ANS ha fatto molti passi avanti.
Come è organizzato oggi?
È vero che in questi anni, sia per lo sviluppo
tecnologico che per la presenza di collaboratori
molto preparati, sono stati fatti molti passi avanti
nel servizio che l’agenzia offre alla congregazione.
La sua presenza sulle reti sociali è cresciuta,
promuovendo nuovi formati per la presentazione
dei contenuti e migliorando la loro qualità. Il
servizio dell’agenzia a livello di congregazione in
questi anni è diventato sempre più significativo.
Chi sono i principali collaboratori?
Nella sede dell’agenzia a Roma lavoriamo con 4
persone che pubblicano le notizie che ci arrivano
ogni giorno in 6 lingue, oltre al team di laici e sa-
lesiani che ci aiutano nella traduzione delle notizie.
Credo che la forza dell’ans stia nei suoi collabo-
ratori, le persone che lavorano in tutto il mondo e
che fanno parte delle cosiddette “equipe locali di
comunicazione sociale” nei vari paesi dove siamo
presenti. Il loro lavoro è fondamentale per la vita
dell’ans e poco a poco hanno formato una rete di
informazione che copre praticamente tutti i paesi
dove noi salesiani siamo presenti.
Il direttore
José Luis
Munoz con
il Rettor
Maggiore.
GIUGNO 2021
19

2.10 Page 20

▲back to top
L’INVITATO
Come vedi la rete comunicativa
salesiana?
Per me, la rete dei collaboratori di ans è come un
corpo vivo, è un’organizzazione che ho visto cresce-
re, adattarsi e svilupparsi durante questi otto anni
ai nuovi scenari della comunicazione. Sono respon-
sabile dell’agenzia e direi che questo modo di co-
municare in rete ha creato una dinamica che ci ha
aiutato a crescere come congregazione perché ci ha
permesso di conoscere gradualmente il nostro la-
voro in diversi contesti sociali e culturali. Una rete
sempre più solida e significativa è stata costrui­ta
per la chiesa e per la congregazione.
«Una rete
sempre più
solida e
significativa è
stata costruita
per la chiesa e
per la congre­
gazione».
Come prepari le notizie
di ogni giorno?
All’inizio della giornata c’è una revisione delle e-
mail che riceviamo durante tutta la notte prece-
dente inviate dai nostri corrispondenti di tutto il
mondo, passiamo anche in rassegna i siti di infor-
mazione più significativi della congregazione, poi
viene la riunione di redazione che fa una selezione
delle notizie nel foglio del giorno. Di solito abbia-
mo tra 70 e 90 notizie da pubblicare, tra queste
notizie dobbiamo scegliere quali potrebbero essere
significative al momento per i salesiani.
Quali sono i criteri di selezione?
I criteri editoriali che ci siamo dati nel selezionare
le notizie sono fondamentalmente quattro: prima
di tutto le informazioni che provengono dai vari di-
casteri, poi le notizie dove salesiani e giovani stan-
no lavorando insieme, in terzo luogo quelle che ci
arrivano da presenze significative, comprese quelle
che servono i più poveri e nelle zone di frontiera, e
infine le iniziative dove i salesiani collaborano con
strutture ecclesiali e sociali.
Quali sono le difficoltà che incontri?
Le principali difficoltà che abbiamo oggi sono a
livello di coordinamento con i vari livelli della con-
gregazione per avere informazioni aggiornate e si-
gnificative.
Molte volte troviamo sul web notizie che sono di
reale importanza per la vita della congregazione e
che purtroppo non ci arrivano attraverso i canali
interni. Penso che il nostro stile di vita e il nostro
lavoro, fondamentalmente orientato al servizio
concreto giorno per giorno, ci rende difficile trova-
re il tempo per sederci a riflettere e scrivere quello
che si sta facendo.
Penso che i nostri confratelli non percepiscano che
quello che stanno facendo può essere molto signifi-
cativo e potrebbe aiutare altri nell’apostolato come
esperienze di successo da imitare.
20
GIUGNO 2021

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
Come sogni il futuro?
Nel futuro sogno un’agenzia di notizie che cresca da
un cambiamento nel paradigma dell’informazione
che abbiamo oggi, che si abbandoni l’informazione
unidirezionale gestita solo da Roma e che si riesca a
consolidare una rete dove i vari centri di informazio-
ne interagiscano con le sedi centrali nelle regioni dove
la congregazione è presente. Questo significa che i
nuclei regionali dovrebbero essere rafforzati dalla lin-
gua, attualmente Asia e Oceania lo stanno facendo
con il loro sito “boscolink” che pubblica con successo
informazioni da tutta la regione oltre che dalla con-
gregazione. La rete d’informazione che pubblica in
inglese riceve informazioni da almeno 20 paesi.
In futuro ans dovrebbe consolidarsi come una rete
che dà visibilità al mondo salesiano e di conseguen-
za ci aiuta a conoscere meglio e ad amare il bene
che si fa per i giovani.
Come mettersi in contatto con ANS
https://www.infoans.org/
ans@infoans.org
Agenzia Info Salesiana - Ans / @agenziaans
@infoANS_IT
@infoANS_EN
@infoANS_ES
@infoANS_FR
@infoANS_PT
@infoANS_PL
@agenziainfosalesiana
Nella sede
dell’agenzia a
Roma lavorano
4 persone che
pubblicano
le notizie che
arrivano ogni
giorno in 6
lingue, oltre al
team di laici e
salesiani che
aiutano nella
traduzione
delle notizie.
IL POSTER
Una bella ispirazione per l’Estate Ragazzi degli Oratori. Lo
spazio libero a sinistra è per la personalizzazione del mani-
festo.
Autore del disegno è il famoso Manga Artist, Guri Suzuki, che
collabora da anni con l’Ispettoria Salesiana del Giappone.
L’ispirazione di base per questo poster della Strenna 2021
“Moved by Hope” è l’omelia del 27 marzo all’inizio della pan-
demia, quando papa Francesco ha condiviso questa storia
evangelica di Gesù che naviga con noi, come paradigma della
nostra vita in questi tempi difficili (cfr Mc 4,35-41).
Siamo grati all’ufficio SC dell’Ispettoria del Giappone e li
informeremo dell’uso di questa immagine salesiana mera-
vigliosa, attraente e bella che pone Gesù, don Bosco, i suoi
Salesiani e tanti giovani in una barca di speranza.
GIUGNO 2021
21

3.2 Page 22

▲back to top

3.3 Page 23

▲back to top

3.4 Page 24

▲back to top
IN PRIMA LINEA
O. Pori Mecoi
Sergej Goman
«Centinaia di bambini
mi chiamano papà»
Don Sergej Goman è un
missionario salesiano originario
della Bielorussia. Poco più che
quarantenne, ha trascorso la
maggior parte della sua vita
religiosa nell’Africa Occidentale.
In Sierra Leone si è dedicato ai
bambini di strada, agli orfani
dell’Ebola e durante la pandemia
ha anche collaborato a vari progetti
con l’opera “Don Bosco Fambul”.
«Mi chiamo don Sergej Goman, ho
quarantadue anni e sono nato in
Bielorussia, nell’ex Unione So-
vietica. La mia famiglia non è
molto numerosa: sono il maggiore di tre figli. La
mia famiglia ha una piccola fattoria. Dopo aver
frequentato la scuola media mi sono iscritto a un
istituto tecnico e mi sono diplomato in saldatura.
Ho poi cominciato a lavorare come saldatore in una
fabbrica».
«L’obiettivo principale del nostro lavoro
è proteggere i bambini più vulnerabili e
responsabilizzare i giovani».
24
GIUGNO 2021

3.5 Page 25

▲back to top
SIERRA LEONE
La Sierra Leone è uno dei Paesi più poveri della Terra.
Oltre il 60% della popolazione vive con meno di 1,06
euro al giorno. Tredici anni di guerra e l’epidemia di
Ebola hanno devastato il Paese. Più di 500 000 per-
sone sono state sfollate e più di 60 000 bambini sono
rimasti orfani e senza casa. I salesiani sono arrivati a
Freetown nel 1994 e si sono posti l’obiettivo di testi-
moniare l’amore di Dio per i giovani sviluppando le
varie opere tipiche di don Bosco: ricoveri per i ragazzi
di strada, scuole, centri giovanili e parrocchie.
Perché sei diventato religioso
e salesiano?
Molte vocazioni sono un mistero di Dio ed è diffi-
cile spiegarle. Ho frequentato il noviziato in Russia,
a Mosca. Ho studiato filosofia ancora in Russia, a
San Pietroburgo. Ho poi seguito il tirocinio a Mo-
sca, in Russia, e in Ghana, ad Ashaiman. Ho quindi
studiato teologia in Kenya, a Karen.
Qual è stato il motivo per cui ho seguito Cristo?
Quando ero piccolo andavo spesso a trovare mia
nonna, perché i miei genitori erano impegnati in
varie occupazioni. Ammiravo molto mia nonna,
per diverse ragioni. Sebbene i cristiani fossero per-
seguitati, aveva una fede molto forte. Tutte le do-
meniche andava in chiesa e pregava regolarmente
ogni giorno. Ricordo che un poliziotto andò a casa
sua e le impose di pagare una multa perché aveva
infranto la norma vigente nello Stato che intima-
va di non andare in chiesa portando con sé i nipo-
ti. Mia nonna pagò umilmente l’ammenda e offrì
persino latte da bere al poliziotto. Rimasi davvero
colpito dal comportamento che adottò in quella cir-
costanza. Un detto molto saggio di un Santo Padre
della Chiesa Ortodossa recita: “Quando un uomo
cammina nel timore di Dio non ha paura, anche
se è circondato da uomini malvagi. Ha il timore di
Dio dentro di sé e indossa l’invincibile armatura
della fede, che lo rende forte e capace di affron-
tare qualsiasi cosa, anche ciò che sembra difficile
o impossibile alla maggior parte delle persone. Un
uomo così è come un gigante circondato da scim-
mie o un leone ruggente tra cani e volpi. Va avanti
confidando nel Signore e la sua volontà costante
colpisce e paralizza i suoi nemici. Brandisce con
saggezza la clava ardente della Parola” (San Simo-
ne). Dopo aver ricevuto tutti questi esempi comin-
ciai a partecipare alla Messa domenicale. Mi recavo
in chiesa due ore prima dell’inizio della Messa e
uscivo un’ora dopo la fine, per fare in modo che i
miei insegnanti non mi vedessero. La prima volta
in cui andai a Messa non capii di cosa si trattasse.
La Messa era celebrata in lingua polacca. Con il
passare del tempo cominciai a capire. Pochi mesi
dopo diventai ministrante in quella stessa chiesa.
Ricevetti poi la Prima Comunione. Nonostan-
te le circostanze, non smettevo di pensare a Dio
e all’eventualità di diventare sacerdote. Ne parlai
con i miei amici e con i miei insegnanti, sebbene
fossero in maggioranza atei. Negli occhi di molti
di loro vidi la paura, ma anche la domanda: «E se
fosse vero? E se Cristo esistesse e fosse risorto dai
morti? E se sbaglio?» Questo è stato lo sfondo della
mia vocazione e questa è la persona che con le sue
azioni interpellò la mia fede. Dopo il 1991, quando
il regime comunista crollò, la situazione migliorò
leggermente: potevamo andare in chiesa e io mi
impegnai di più nelle attività al suo interno. Fre-
«Provvediamo
alle loro
necessità di
base, offrendo
loro tre pasti al
giorno e cure
mediche».
GIUGNO 2021
25

3.6 Page 26

▲back to top
IN PRIMA LINEA
«La realtà
più bella
nell’opera di
Don Bosco
è il successo
che abbiamo
ottenuto
nel corso
degli anni
aiutando
centinaia
di giovani,
soprattutto
ragazze,
a lasciare
la vita di
strada».
quentai alcuni laboratori organizzati dai Salesiani,
attraverso i quali ebbi modo di conoscerli meglio e
alla fine sentii che volevo entrare a far parte della
Congregazione Salesiana.
Come reagì la tua famiglia?
Mio padre è ortodosso e mia madre è cattolica.
Nessuno dei due praticava la propria fede in Gesù.
I miei genitori avevano una mentalità aperta e non
si opposero alla mia scelta di diventare salesiano.
Quando le dissi che pensavo di diventare sacerdote,
mia nonna cominciò a pregare senza sosta.
Quali caratteristiche ha l’opera
in cui lavori?
Il Don Bosco Fambul è un’organizzazione non go-
vernativa locale cattolica che opera in Sierra Leone
dal 1998. L’obiettivo principale del nostro lavoro è
proteggere i bambini in condizione di vulnerabili-
tà e responsabilizzare i giovani affinché diventino
cittadini responsabili e capaci di dare un buon con-
tributo al loro ambiente. Al Don Bosco abbiamo
elaborato circa otto progetti, tutti orientati al mi-
glioramento delle condizioni personali ed econo-
miche dei giovani in Sierra Leone. Siamo contenti
dell’opera a cui lavoriamo, perché vediamo che va
nella direzione di ciò che desideriamo per cambiare
la vita di molti giovani in tutto il Paese.
Possiamo inoltre offrire quotidianamente un servizio
educativo e di consulenza ai giovani presso il centro
giovanile e aiuti di emergenza in situazioni critiche.
Il Don Bosco Fambul li aiuta anche a scoprire le
loro attitudini attraverso il teatro, la danza e il la-
voro artigianale.
Come sono i vostri giovani?
I giovani che attualmente si trovano nelle nostre
strutture di accoglienza temporanea stanno bene
perché provvediamo alle loro necessità di base, of-
frendo loro tre pasti al giorno e cure mediche. For-
niamo tutti i servizi disponibili, che spaziano dalla
consulenza psicosociale alla consulenza individuale
con i nostri assistenti sociali. Anche i giovani che
non vivono nelle nostre strutture di accoglienza
temporanea, ma fruiscono del progetto Hope Plus,
stanno bene, poiché la maggior parte di loro va a
scuola grazie al nostro sostegno e altri frequenta-
no il Centro di formazione professionale. I giovani
che si sono diplomati in questi centri di formazione
ora lavorano nel settore del turismo, alcuni han-
no negozi di sartoria, altri saloni di acconciature.
Molte ragazze che abbiamo accolto nei centri di
26
GIUGNO 2021

3.7 Page 27

▲back to top
formazione professionale vivevano nel mondo della
prostituzione, ma oggi sono cittadine responsabili
che contribuiscono allo sviluppo socio-economico
della Sierra Leone.
Sono orgoglioso di dire che i nostri giovani stanno
compiendo un ottimo percorso. Sono ragazzi di età
compresa tra i 10 e i 25 anni della comunità, che
frequentano regolarmente l’oratorio e devono affron-
tare problemi di conflitti personali e interpersonali.
Com’è considerata la Chiesa
in Sierra Leone?
La Chiesa è considerata un’istituzione sacra re-
sponsabile della cura spirituale delle anime e del-
la pacifica convivenza nella società. In passato la
Chiesa era vista come un simbolo di speranza e
religiosità. La Chiesa cattolica è ancora rispettata,
perché è tuttora un rifugio sicuro per i giovani più
vulnerabili che credono nelle sue dottrine.
La Sierra Leone è ufficialmente uno stato laico,
sebbene l’Islam e il cristianesimo siano le due re-
ligioni principali e predominanti nel paese. La
costituzione della Sierra Leone prevede la libertà
di religione e il governo della Sierra Leone gene-
ralmente la salvaguarda. Al Governo della Sierra
Leone è costituzionalmente vietato designare una
religione di stato, sebbene solitamente all’inizio
delle principali occasioni politiche, compreso l’in-
sediamento presidenziale, nel Paese siano recitate
preghiere musulmane e cristiane.
Si ritiene che la Chiesa abbia svolto un ruolo molto
importante al servizio della pace e dell’istruzione: la
maggior parte delle scuole appartiene alla missione
cattolica. Le figure con ruoli di guida nell’ambito
della Chiesa sono molto rispettate da tutti perché
diffondono messaggi di pace.
E i Salesiani?
I Salesiani esercitano un’influenza positiva sui gio-
vani tramite gli oratori/centri giovanili, le parroc-
chie, le scuole e l’impegno accanto ai bambini in
situazioni di rischio.
Quali sono le realtà più belle?
La realtà più bella nell’opera di Don Bosco è il
successo che abbiamo ottenuto nel corso degli anni
aiutando centinaia di giovani, soprattutto ragazze,
a lasciare la vita di strada. Il Don Bosco Fambul
attraverso il progetto Hope Plus ha aiutato oltre 600
giovani adulti, a partire dall’inizio del progetto nel
2018, e ne abbiamo accolti varie centinaia negli
istituti di formazione professionale di Freetown.
L’altra bella realtà è che Don Bosco è riuscito ad
aiutare più di mille giovani di strada, ragazzi e ra-
gazze, a riunirsi alle loro famiglie in tutto il Paese.
Quali sono i vostri problemi?
I problemi sono molti, ma siamo resilienti e riuscia-
mo a superarli per fare in modo che i giovani per cui
lavoriamo siano felici. Il problema principale che
affligge noi Salesiani è vedere per le strade ragaz-
zi che abbiamo aiutato, a cui abbiamo offerto tutte
le risorse di cui disponiamo, che tornano a vivere
come facevano prima che li accogliessimo nei nostri
centri. Anche il Coronavirus ultimamente ostacola
le nostre attività e i nostri programmi. Alcuni dei
nostri benefattori ne sono stati gravemente colpiti e
alcuni hanno perso familiari a causa della pande-
mia. Il Don Bosco Fambul non è un orfanotrofio e
dunque avere nelle nostre case di accoglienza vitti-
me di abusi sessuali e di altre violenze domestiche, i
cui casi sono trattati nei tribunali, ostacola il nostro
lavoro, poiché ci sono meno risorse per altri che do-
vrebbero essere accolti.
I Salesiani
esercitano
un’influenza
positiva
sui giovani
tramite
gli oratori,
i centri
giovanili, le
parrocchie,
le scuole e
l’impegno
accanto ai
bambini in
situazioni di
rischio.
GIUGNO 2021
27

3.8 Page 28

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
James Heuser
Don Bosco
Preparatory
High School
Ramsey, New Jersey,
Stati Uniti
Le iscrizioni
degli
studenti sono
aumentate e
ammontano
ora a oltre
800 ragazzi
che arrivano
in questo
campus da
oltre 150
città del New
Jersey e di
New York.
L e origini del Liceo “Don Bosco Preparato-
ry High School” affondano le loro radici in
un’altra opera salesiana, il Columbus Institu-
te, con sede a Hawthorne, New York. Era un
collegio gestito da un gruppo di Salesiani, alcuni
di origine italiana, altri provenienti dalla Polonia,
al servizio di ragazzi poveri originari di questi due
Paesi europei. Nel 1915 fu stabilito di dividere il
gruppo, destinando i ragazzi a due scuole diverse in
base al loro Paese di provenienza.
Il 3 aprile 1915 sei Salesiani e un piccolo gruppo
di ragazzi di origine polacca si trasferirono in un
edificio che in passato era stato adibito a pensione
ubicato in un frutteto a Ramsey, nel New Jersey.
Inizialmente la scuola era conosciuta con il nome
di Istituto Don Bosco per ragazzi polacchi e, dopo
i lavori di ampliamento presto avviati, si estendeva
su tre piani e comprendeva una pregevole cappella
e, al lato opposto, una palestra. Al secondo piano
furono allestite le aule e al terzo piano i dormito-
ri. Una grande sala fu intitolata a don Bosco, ma
assunse la denominazione St. John Bosco dopo
la canonizzazione del Santo avvenuta nel 1934.
Poco tempo dopo, la scuola iniziò ad accogliere ra-
gazzi di altre nazionalità e allievi che la frequenta-
Un magnifico modello
di casa genuinamente
salesiana. Gli allievi sono
definiti Ironmen per
il carattere e la tenacia
che dimostrano in tutto.
vano solo di giorno. Diventò necessario affiancarle
un secondo edificio e nel 1954 fu costruita la Casa
dell’Immacolata, così chiamata in onore del cen-
tesimo anniversario della dichiarazione del dogma
dell’Immacolata Concezione. Vi si trovavano una
nuova palestra che fungeva anche da teatro, un
nuovo refettorio e nuove aule per accogliere il nu-
mero crescente di studenti.
Data l’alta reputazione dell’istituto per l’ottima
preparazione all’università che offriva, nel 1969 fu
costruito un terzo edificio, denominato DeSales.
Comprendeva più aule, laboratori scientifici, sale
conferenze e un nuovo auditorium per le arti dello
spettacolo. Nel 1972 il programma dedicato agli al-
lievi interni fu gradualmente abbandonato, mentre
il numero di studenti che frequentavano la scuo-
28
GIUGNO 2021

3.9 Page 29

▲back to top
la durante il giorno continuava ad aumentare. Lo
stesso anno fu costruito uno stadio di atletica, con
un vasto campo e una pista da corsa, per rispondere
alle necessità legate dal numero sempre più ampio
di programmi di atletica che la scuola proponeva.
Negli ultimi dieci anni, in vista della celebrazione
del centesimo anniversario della scuola, è stato ag-
giunto un quarto edificio, la “Savio Hall”, con una
nuova mensa, aule e spazi per l’apprendimento. An-
che il campus è stato trasformato, con un quadri-
latero centrale, la nuova Cappella del Sacro Cuore,
in posizione centrale, un altro campo di atletica, un
centro salute e benessere, un parco per commemo-
rare un allievo ucciso da un attentatore suicida in
Afghanistan e ulteriori aree di parcheggio.
Le iscrizioni degli studenti sono aumentate e am-
montano a oltre 800 ragazzi, che arrivano in questo
campus, che si estende per 15 ettari, da oltre 150 cit-
tà del New Jersey e di New York; vi si recano ogni
giorno in auto, con l’autobus o in treno e alcuni im-
piegano oltre un’ora. I dati degli ultimi cinque anni
indicano che gli studenti sono per l’82% cattolici, ma
accogliamo giovani che professano qualsiasi religio-
ne e non credenti. La scuola è diventata progressiva-
mente multietnica, con un aumento del numero di
studenti di colore, asiatici e appartenenti a varie etnie.
Il modello “Oratorio”
I punti di forza del Don Bosco Prep derivano dal
modello dell’Oratorio, che ci ispira nello svolgi-
mento delle nostre attività.
Una casa: un ambiente accogliente, caratterizzato
da uno spirito di famiglia. Gli allievi chiamano il
legame che li unisce “fratellanza” e definiscono i
loro educatori, salesiani e laici, “premurosi”, “atten-
ti” e dicono che sono “sempre con loro”.
Una scuola: il programma curricolare della scuola è
rigoroso, a tutti i livelli. Sono proposti corsi avan-
zati e di eccellenza, corsi regolari di preparazione
all’università, varie risorse e lavorano qui vari docen-
ti per gli allievi (oltre 100) con necessità specifiche
di apprendimento. Collaboriamo con due università
locali per offrire percorsi riconosciuti da entrambe le
istituzioni e abbiamo elaborato quattro percorsi uni-
versitari che propongono un apprendimento currico-
lare ed esperienziale per consentire agli studenti di
concentrarsi su un ambito specifico per il loro futuro:
aziendale, delle arti della comunicazione, ingegneri-
stico, delle belle arti e dello spettacolo.
Una chiesa: il Don Bosco Prep è conosciuto per la
sua vitalità spirituale. Propone un corso di teologia
della durata di 4 anni, con lezioni quotidiane, come
per le altre discipline universitarie. Ma ci sono an-
che la preghiera e il buongiorno alla comunità sco-
lastica all’inizio di ogni giornata e una preghiera
prima di ogni lezione e di ogni attività svolta du-
Nei 105 anni
di esistenza
della scuola,
oltre 130
studenti
si sono
incamminati
lungo il
percorso
della vita
religiosa
o del
sacerdozio
diocesano.
GIUGNO 2021
29

3.10 Page 30

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
Il programma
curricolare
della scuola
è rigoroso,
a tutti i
livelli. Sono
proposti corsi
avanzati e di
eccellenza
e corsi
regolari di
preparazione
all’università.
L’espressione
«insieme
siamo
ironmen»
si riferisce
all’impegno
per favorire
l’unità della
comunità
educativa e
pastorale.
rante la giornata. C’è l’opportunità di partecipare
alla Messa quotidiana e don John Blanco, il nostro
Salesiano più anziano, è disponibile tutte le matti-
ne per il Sacramento della Riconciliazione.
Uno spazio per lo sport e l’arte: il Don Bosco Prep pro-
pone una serie di attività per coinvolgere i giovani.
Nell’ambito dell’atletica, sono proposti 19 sport per
universitari distribuiti su tre stagioni: autunno, in-
verno e primavera. La proposta di arti dello spetta-
colo è ricca e varia, con coro, concerti bandistici, en-
semble di chitarristi, orchestra d’archi, performance
teatrali d’inverno e musical in primavera.
«Insieme siamo ironmen»
Il termine “Ironmen” (uomini d’acciaio) era stato
attribuito agli studenti della scuola negli anni ’40
da un giornalista sportivo, che vide i ragazzi del-
la nostra squadra di basket competere con spirito
e forza sorprendenti in diverse partite nell’arco di
un solo giorno. È stato quindi adottato come so-
prannome per tutti i nostri allievi ed exallievi, non
solo nell’atletica. In questi anni abbiamo citato il
versetto del libro dei Proverbi 27,17: “Il ferro si af-
fila con il ferro, l’uomo si affina nei rapporti con gli
altri”. L’espressione «insieme siamo ironmen» si ri-
ferisce dunque all’impegno per favorire l’unità della
comunità educativa e pastorale, mentre ci aiutiamo
a rafforzarci a vicenda: come studenti, come atleti e
soprattutto come persone di Dio.
La figura di don Bosco è presentata fin dall’ini-
zio. Agli studenti che si iscrivono è richiesto di
leggere una biografia di don Bosco durante i mesi
estivi prima dell’ingresso nella scuola. Durante il
primo anno di corso studiano la sua vita e quella
di Domenico Savio. Le statue di entrambi i santi
occupano un posto d’onore nel nostro quadrilatero
del campus centrale [insieme a Maria Ausiliatrice]
e vi si fa costantemente riferimento nel buongiorno
quotidiano, nelle omelie e in altre circostanze. Gli
studenti imparano velocemente a identificarsi con
don Bosco. E tutti sanno nominare le quattro di-
mensioni del suo Oratorio.
Non lontano da qua ci sono un liceo dell’Arcidio-
cesi di Newark e un liceo dei Fratelli Cristiani di
Edmund Rice. Sono i nostri avversari nelle gare
30
GIUGNO 2021

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
KEVIN WHITE, SDB
«SONO SALESIANO GRAZIE AL DON BOSCO PREP»
Oggi sono Salesiano grazie all’esperienza che ho vis-
suto al Don Bosco Prep. Quando frequentavo l’ultimo
anno di liceo, un sacerdote salesiano arrivato da poco
era stato chiamato a svolgere l’incarico di Coordinatore
della Pastorale Giovanile. L’ho incontrato perché era
uno dei miei docenti. L’ho conosciuto non solo in clas-
se, ma anche nel “cortile”. La pallavolo era il mio sport
preferito e anche il suo; abbiamo dunque costruito
un’amicizia sulla base di questo interesse comune. Co-
noscendolo e trascorrendo più tempo con lui, ho capito
che lui aveva qualcosa che anch’io volevo.
Potrei dire che manifestasse una pace e una gioia inte-
riore che io non avevo. Dall’esterno potevo sembrare
felice, ma sapevo che nel mio intimo non lo ero. Nel
mese di ottobre, dedicato al Rosario, vidi questo Sale-
siano pregare una decina del Rosario con la nostra clas-
se ogni giorno. Pensai che forse la preghiera e il Rosa-
rio infondessero in lui la pace e la gioia che mostrava
e decisi dunque di pregare il Rosario ogni giorno nel
mese di ottobre. Questa semplice pratica cambiò total-
mente la mia vita! Mi sentivo più felice e in pace.
Mi piaceva molto pregare! Prima non avevo un rappor-
to personale con Dio, ma grazie all’esempio silenzio-
so e quasi sconosciuto di questo Salesiano sono stato
guidato a costruire una relazione con Gesù attraverso
sua madre! Dopo un paio di settimane in cui avevo
recitato il Rosario, avevo frequentato regolarmente la
Messa e mi ero confessato più spesso, iniziai a pensa-
re di diventare sacerdote salesiano. Ammiravo questo
Salesiano e progettavo di fare quello che faceva lui:
insegnare, trascorrere tempo con i giovani e guidarli
all’incontro con Gesù Cristo.
Guardo indietro e vedo in questo la mano di Maria
Ausiliatrice. Alcune settimane dopo aver comin-
ciato a pregare il Rosario, pensai per la prima
volta di seguire suo Figlio lungo le orme di don
Bosco. Maria è stata con me in ogni fase del cam-
mino che ho compiuto seguendo la mia vocazione
salesiana! Volevo che tutti i giovani vivessero lo
stesso incontro con Cristo che io ho speri-
mentato quando frequentavo il Don
Bosco Prep. Sentivo che Dio mi chie-
deva di fare questo diventando Sa-
lesiano di Don Bosco. Il sacerdote
salesiano che avevo incontrato era
stato don Bosco per me e io vole-
vo essere come questo sacerdote
e seguire don Bosco come lui.
«Maria è
stata con
me in ogni
fase del
cammino».
sportive e così il canto “Noi siamo Bosco” diventa
un grido di battaglia nei giorni delle competizioni!
Un numero sorprendente
di vocazioni
Ma agli studenti sono presentati costantemente e
in modo più approfondito i cinque aspetti della spi-
ritualità giovanile salesiana secondo lo stile di don
Bosco [Vita quotidiana ordinaria, gioia e ottimi-
smo, amicizia con Gesù, comunione nella Chiesa
e servizio responsabile] e tutti sono incoraggiati a
vivere con questa identità.
Nei 105 anni di esistenza della scuola, oltre 130
studenti si sono incamminati lungo il percorso del-
la vita religiosa o del sacerdozio diocesano. Due di
loro diventarono prelati, Alexander Zaleski (cor-
so del 1924), che divenne vescovo di Lansing, nel
Michigan, e John O’Hara (corso del 1963), che è
attualmente Vescovo ausiliare di New York. Mol-
ti sono diventati Salesiani. E due nostri exallievi
stanno seguendo il percorso della formazione ini-
ziale con i Salesiani e due sono entrati nel semina-
rio diocesano.
Dopo il diploma, la maggior parte degli studenti
conserva un grande affetto per il Don Bosco Prep.
Il senso di fratellanza che li lega è così forte che,
come molti dichiarano, rimangono amici per tutta
la vita, più di quanto accada con le amicizie che
stringono successivamente, all’università.
Negli anni successivi molti tornano a trovarci, per-
ché hanno conservato un legame di affetto anche
con i loro educatori. Alcuni chiedono di sposarsi
nella cappella della nostra scuola o di far battezzare
i loro figli qui.
GIUGNO 2021
31

4.2 Page 32

▲back to top
LA NOSTRA STORIA
Jean-François Meurs (quadri di Nino Musio)
Don Bosco e i migranti
Fin dall’inizio della sua opera
pastorale ed educativa,
don Bosco conobbe la realtà
della migrazione. I primi giovani
che si riunivano nel suo oratorio,
e quelli che lui accoglieva, erano
infatti minori non accompagnati.
Erano adolescenti di quindici, sedici o più
anni, ma c’erano anche bambini di dieci o
dodici anni che venivano a cercare fortuna,
come nella nota canzone del piccolo savo-
iardo che passava la stagione invernale come spaz-
zacamino nelle grandi città. Molti erano “scarica-
ti” dalla famiglia per poter avere qualche bocca in
meno durante la stagione invernale. E i ragazzi, a
Torino, dovevano “cavarsela”.
“I me fieuj”
Molti di questi giovani venivano dalle zone rura-
li in cerca di lavoro nella capitale del regno, come
lavoratori a giornata, braccianti, apprendisti mura-
tori. Non parlavano italiano, non sapevano sempre
il piemontese. In una discussione con dei preti di
Torino che rimproveravano a don Bosco di tenere
i giovani lontani dalle parrocchie, egli rispose che
erano quasi tutti stranieri, lasciati a se stessi, ab-
bandonati dai loro parenti. Arrivavano spinti dalla
fame e dalla miseria, per trovare lavoro, con la spe-
ranza di un futuro.
Lombardi, savoiardi, svizzeri, valdostani, di Biella.
Erano lontani dalla loro patria, parlavano dialetti
diversi, non sapevano dove erano arrivati, non ave-
vano un posto fisso, non conoscevano le parrocchie.
Quando, a distanza di anni, don Bosco ricostruisce
i suoi incontri singolari con i giovani, come quello
di Bartolomeo Garelli, o anche quello di Domeni-
co Savio, è facile intuire che si sono svolti in pie-
montese o nel dialetto astigiano.
Questi giovani erano quelli che oggi chiamiamo
“minori non accompagnati”. All’epoca venivano
chiamati “orfani”, ma Don Bosco usava il nome
“me fieuj”, “i miei figli”.
È il caso del ragazzo della Valsesia – don Bosco
non ci dice il suo nome – che rimase orfano a 15
anni e fu il primo ragazzo ad essere accolto a Casa
Pinardi. È anche il caso di Carlo Gastini, l’ap-
prendista barbiere di 10 anni, al quale don Bosco
offrì le sue guance “di legno” (bosco!) per la sua
prima rasatura; quando perse la madre e si trovò
solo, don Bosco si fece suo protettore e gli trovò
un posto a Valdocco. Ma c’era anche chi fuggiva
dalla violenza delle proprie case, dalle percosse di
un padre brutale, come Felice Reviglio, che soste-
neva di essere il secondo ragazzo accolto a Val-
docco, diventato prete della diocesi di Torino, e
che ha testimoniato la sua gratitudine durante il
processo di canonizzazione.
32
GIUGNO 2021

4.3 Page 33

▲back to top
Offrire una casa
Don Bosco si rese conto di questa miseria quando
visitò le prigioni. Quei giovani erano finiti lì dopo
piccoli furti, spinti dalla fame e dalla disperazione,
o costretti dai più anziani che giocavano a fare i capi
banda, sfruttando la vulnerabilità dei più giovani.
Don Bosco rifletteva che questi ragazzi non sareb-
bero lì se avessero trovato un amico che li consiglias-
se e proteggesse, una famiglia che li accogliesse. Non
si accontentava di ospitare i giovani, dava loro lezioni
di italiano, insegnava loro a scrivere, li preparava a
una professione, li rendeva cittadini “utili”. Coloro
che oggi accolgono i giovani migranti, i centri edu-
cativi, gli educatori, le famiglie ospitanti, non hanno
un programma migliore: dare sicurezza, offrire un
ambiente affettivo di sostegno, imparare la lingua e
la cultura, dare accesso al lavoro.
Nelle missioni
Il flusso migratorio diminuì negli anni cinquanta
e poi si spostò quando Torino perse il suo posto di
capitale d’Italia e il governo si trasferì a Firenze e
poi a Roma. Don Bosco si era reso conto della mi-
seria dei suoi compatrioti immigrati, soprattutto in
Argentina. Inviò allora un bel numero di salesiani
in diverse spedizioni.
Durante la prima spedizione del 1875, esortò i gio-
vani missionari con queste parole: «Andate, cercate
i nostri fratelli che la miseria o la sventura ha por-
tato in un paese straniero, e dimostrate loro quanto
è grande la misericordia di Dio».
I missionari salesiani, che erano andati in Patago-
nia, furono raggiunti da giovanissime suore della
Congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice,
che don Bosco aveva fondato pochi anni prima con
Maria Domenica Mazzarello. Erano preziosissime
perché riuscivano più facilmente a guadagnare la
fiducia delle famiglie. Portavano una gentilezza
gradita in mezzo alle dure condizioni di vita e alla
frequente brutalità.
Al tempo di don Rua e don Albera, i primi succes-
sori di don Bosco, la congregazione consolidò que-
sta attenzione agli emigranti italiani, ma anche ai
polacchi e ai tedeschi, e più tardi agli italiani partiti
per l’Africa e il Medio Oriente. Don Rua inviò dei
missionari agli immigrati italiani a San Francisco
nel 1897, perché si occupassero della colonia di
North Beach, rispondendo alla chiamata dell’arci-
vescovo Patrick Riordan. La grandezza del lavoro
svolto tra gli immigrati fu incredibile. Nel 1904,
solo in America, i salesiani si prendevano cura di
450 000 emigranti. Già a quel tempo, don Michele
Rua aveva creato una “Commissione salesiana per
l’emigrazione”.
In Europa
All’interno dell’Europa stessa, erano numerose le
persone fuggite dall’Europa orientale verso l’Occi-
dente, specialmente durante il periodo comunista.
Altre fuggirono dalla Spagna al tempo della guerra
civile, altre erano emigrate dall’Italia o dalla Polonia
per lavorare nelle miniere dopo la guerra mondiale, o
per altre ragioni. Molti salesiani fornirono un servi-
zio di cappellania a queste comunità espatriate nelle
missioni italiane, slovacche e portoghesi.
In Belgio, la casa di Ramegnies-Chin, vicino a
Tournai, gestita da confratelli salesiani che erano
fuggiti dal regime comunista, spesso in circostanze
drammatiche, accolse giovani rifugiati dalla Ceco-
slovacchia e dall’Ungheria negli anni 50 e fino agli
anni ’80. Comunità di accoglienza per giovani pro-
fughi fiorirono anche in Italia per giovani slovacchi,
lituani, ungheresi.
Don Bosco
non si accon­
ten­tava di
ospitare i
giovani: li
aiutava a
studiare, a
prepararsi
per una
professione.
GIUGNO 2021
33

4.4 Page 34

▲back to top
COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Autogrill per educatori
6
Le parole
(preziose)
sono
pietre
«O taccio o setaccio». Prima di
rompere il silenzio, sarà bene
setacciare le parole. Possono
essere micidiali per la famiglia
come pallottole o preziose come
carezze d’amore.
Parole-pallottole
Purtroppo l’elenco delle parole-pallottole è lungo.
Quello che normalmente sentono i bambini: stai
fermo, muoviti, fai piano, sbrigati, non toccare, stai
attento, mangia tutto, lavati i denti, non ti sporca-
re, ti sei sporcato, stai zitto, parla t’ho detto, chiedi
scusa, saluta, vieni qui, non starmi sempre intorno,
vai a giocare, non disturbare, non correre, non su-
dare, attento che cadi, te l’avevo detto che cadevi,
peggio per te, non stai mai attento, non sei capace,
sei troppo piccolo, lo faccio io, ormai sei grande,
vai a letto, alzati, farai tardi, ho da fare, gioca per
conto tuo, copriti, non stare al sole, stai al sole, non
si parla con la bocca piena.
Poi, con l’età le cose peggiorano: ma che figlio ab-
biamo, questa me l’attacco al dito, bisognerebbe pe-
starti, sei antipatico a tutti, come fai ad essere così
stupido? con il carattere che hai, nessuno ti sposerai
mai, non sappiamo più cosa fare con te eccetera e
via peggiorando.
Queste sono parole contundenti. Da buttare im-
mediatamente nella pattumiera e non pronunciare
mai! La scrittrice francese Simone de Beauvoir di-
ceva “Ci sono parole che hanno la stessa capacità di
uccidere delle camere a gas”.
E Raoul Follereau racconta: La storia di tutti i gior-
ni. Dice la mamma al suo bambino: «Guarda, mio caro,
guarda quel piccolo gobbo: com’è buffo!». Diceva il figlio:
«Gobbo, vieni qui che ti tocco la gobba portafortuna!».
E il piccolo gobbo chinava il capo e poi scappava via.
E così ogni giorno. Per tanti anni. Eppure il suo cuore
non conosceva l’odio. Desiderava soltanto essere norma-
le, come gli altri. Era invece gobbo.
«Gobbo, gobbo…» sentiva di giorno, sognava di
notte. Allora volle dormire, per dimenticare. S’è
avvelenato.
34
GIUGNO 2021

4.5 Page 35

▲back to top
Parole-carezze
L’elenco potrebbe essere lungo. Ci limitiamo a
qualche esempio: ti amo, sei bello, sono felice di
averti, parliamo un po’ di te, troviamo un po’ di
tempo per noi, come ti senti, sei triste, hai paura,
perché non ne hai voglia, sei dolce, sei morbido e
soffice, sei tenero, raccontami, sono orgoglioso di
te, che cosa hai provato, sei felice, mi piace quando
ridi, puoi piangere se vuoi, sei scontento, cosa ti fa
soffrire, che cosa ti ha fatto arrabbiare, puoi dire
tutto quello che vuoi, ho fiducia in te, mi piaci, io
ti piaccio, quando non ti piaccio, ti ascolto, sei in-
namorato, cosa ne pensi, mi piace stare con te, ho
voglia di parlarti, ho voglia di ascoltarti, quando ti
senti più infelice, mi piaci come sei, è bello stare
insieme, dimmi se ho sbagliato, torna presto, tifo
per te, bravo, sappi che ci sono sempre, è bello avere
un figlio come te.
Parole carezze. Non perdiamo mai il loro profumo!
Sono parole balsamiche, parole che abbracciano,
parole che hanno un potenziale psichico enorme!
Parole terapeutiche. Regaliamole ai nostri figli
senza usare il misurino. Come dice la psicologa Si-
mona Gioia: “La parola rimane l’unica oasi, l’unico
controveleno contro un diluvio di immagini che
minacciano di pietrificarci. La parola buona è una
vitamina C indispensabile per i nostri figli e per il
nostro domani”.
Un luogo magico: la cucina
Oggi la cucina non è grande come quella di ieri,
ma i sentimenti non hanno bisogno di spazio; anzi,
quanto più il luogo è piccolo, tanto più si ha l’im-
pressione che i cuori si tocchino.
La cucina è la cameretta tiepida, buona, dolce. La
cucina è il luogo ove la madre lavora e si muove,
ciabatte o babbucce ai piedi, per non disturbare i
figli che studiano, per non farsi notare.
Di tanto in tanto il silenzio della cucina è rotto da
suoni che ci sono familiari: l’acqua che bolle, l’uovo
che frigge, il caffè che gorgoglia, le fette di patate
che, ad una ad una, cadono nel recipiente per pulirsi
prima d’essere buttate in padella. La cucina è piena
di profumi: quello del passato di verdura, del pane,
dell’insalata, e, alla domenica, talora, anche quello
del dolce. In cucina si sta bene: ci si sente protetti,
sicuri, liberi. In cucina il luogo di abitazione che è
la ‘casa’ diventa ‘famiglia’: gruppo di persone tra le
quali circola amore vero.
Quante cose si dicono in cucina: sono confidenze,
sfoghi, lamentele, preghiere…
In cucina c’è un mobile prezioso: il tavolo.
È collocato al centro, per accogliere tutti attorno a sé.
Il tavolo è fatto apposta per sedersi a mangiare, per
guardarsi negli occhi, per parlare. Seduti attorno al
tavolo, viene spontaneo dire qualcosa, chiacchiera-
re, raccontare la giornata, scherzare, ridere.
Il tavolo serve per questo! Non per sgridare, non
per fare interrogatori di terzo grado su come è an-
data la scuola, non per mugugnare…
Un momento magico: la sera
La sera è benigna, è discreta, è buona: è il momento
più adatto per il dialogo, l’incontro, l’intimità. Di
sera è più facile avere pensieri miti, pensieri di pace.
Don Bosco che di educazione si intendeva, ha capi-
to che le ore della sera sono importanti; per questo
ha voluto la ‘Buona notte’: quel discorsetto affettuo-
so che nelle case salesiane il direttore rivolge alla
‘famiglia’ per chiudere la giornata.
Prima di andare a letto, c’è nell’aria voglia di calore,
di affetto, di bontà, di stringersi insieme. La notte
incombe e fa paura; per questo si desidera qualcuno
che ci tenga per mano.
Un papà (le mamme, in fondo, lo fanno già) che ac-
compagna il suo bambino a letto, gli siede accanto,
gli parla, gli racconta una fiaba; un papà che prega
insieme, avrà con il piccolo d’oggi e con il ragazzo
di domani un rapporto stupendo e soddisfacente.
Perché il calore della sera fa dimenticare il freddo
della giornata, le impazienze, le sgridate…
Perché le cose dette da un papà e da una mamma
prima di addormentarci, non si dimenticano mai,
ma restano dentro per tutta la vita.
GIUGNO 2021
35

4.6 Page 36

▲back to top
LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
L’umanità del limite
La fede è come un’arma per combattere ogni sfida. /
Ho fede in Te e ho fede nell’Amore, / per descrivere la fede,
poi, non servono parole. /La fede è un conduttore fra un
dubbio e questo immenso / quando il resto perde il senso...
Mai come nella presente fase storica l’uo-
mo ha accarezzato il mito – e l’illusione
– dell’onnipotenza, l’altera convinzione
di essere pienamente padrone della pro-
pria storia, di essere in grado, con le proprie scelte e
con le proprie azioni, di autodeterminarsi e di ten-
dere a forme via via più elevate di autorealizzazio-
Ho fede nei silenzi colti a un passo dal coraggio,
quando cerco di capire il senso del mio viaggio.
Ho fede nelle cose che mi aspettano domani,
nelle scarpe che porto, ho fede in queste mani.
Ho fede mentre sento la mia fede che fluisce,
energia imbarazzata che costruisce
uno spazio illuminante che dà scopo a questa vita;
la fede è come un'arma per combattere ogni sfida.
Ho fede in Te e ho fede nell'Amore,
per descrivere la fede, poi, non servono parole.
La fede è un conduttore fra un dubbio e questo immenso
quando il resto perde il senso...
Ho fede nelle buche dove sono inciampato,
nelle mie ginocchia rotte e nei giorni che ho sbagliato,
perché oggi non mi spezzo e non abbasso mai lo sguardo
e, se sono così forte, lo devo solo al mio passato.
Ho fede in Te e ho fede nel colore
delle tue risposte acerbe che trasmettono stupore.
La fede è l'impressione di averti sempre accanto
quando ho camminato tanto...
ne, fino alla miope pretesa di poter spostare sempre
un po’ più in là la soglia della propria finitudine.
Nessuno può ritenersi veramente immune da que-
sta tentazione, ma essa sembra essere più marcata
nei giovani adulti, cresciuti all’ombra di una società
che ha fatto dell’efficienza e della perfezione il pro-
prio modello di riferimento e spesso schiavi di una
soggettività ipertrofica ed eccessivamente dilatata
che non è più abituata a fare i conti con i propri li-
miti. Una generazione che, non a torto, nutre gran-
de fiducia nella propria capacità di trasformare in
meglio il reale, ma che talvolta fatica ad accettare
la strutturale fragilità della condizione umana, la
provvisorietà dell’esistenza, le tante debolezze che
ciascuno di noi si porta dentro, l’impotenza dell’in-
dividuo di fronte alla sofferenza e alla morte.
Eppure è proprio il “senso del limite” che ci resti-
tuisce la nostra umanità. Potrà, forse, sembrare un
argomento paradossale, una riflessione del tutto
dissonante rispetto a una cultura che rifiuta pro-
grammaticamente l’imperfezione e non ammette il
fallimento. Ma la questione del limite ci richiama
ad un “principio di realtà” che non deve mai veni-
re meno nel cammino verso l’adultità: la consape-
volezza che ci sono eventi che sfuggono al nostro
controllo, verità al di fuori della nostra portata,
mancanze con cui dobbiamo imparare a convivere.
Lungi dal rappresentare uno schiaffo all’orgoglio e
all’amor proprio, il riconoscimento e l’accettazione
del limite costituiscono un’importante scommessa
educativa. Perché vivere senza limiti significa es-
36
GIUGNO 2021

4.7 Page 37

▲back to top
sere come «acqua senza argini, che non scorre e si
impaluda e infine evapora sotto il sole, senza por-
tare a niente».
È nel percepirci come “esseri finiti e limitati” che
riusciamo a valorizzare appieno il tempo che ci è
dato di vivere, a ridare un senso e una direzione
di marcia alla nostra esistenza, ad individuare una
chiave di accesso per comprendere e accettare tutto
ciò che, nella nostra quotidianità, rimanda alla di-
mensione della fallibilità.
Affinché la consapevolezza della nostra fragilità
non si trasformi in una trappola o in un alibi a ri-
nunciare in partenza ad ogni sforzo di trasfigura-
zione dell’esistente è, però, indispensabile tenere a
mente che, come esseri umani, siamo costantemen-
te in bilico tra finitudi-
ne e trascendenza, tra
il nostro essere ine-
sorabilmente deboli
e imperfetti, con le
nostre miserie e i nostri
passi falsi, e la nostra
“sconfinata” – quella sì
davvero priva di limiti –
capacità di amare che, a
dispetto di tutti i nostri
errori e le nostre pover-
tà, ci rende in grado di
“fare grandi cose”. Com-
preso l’essere solidali e
compassionevoli verso
le fragilità di chi
A un passo da domani,
a un passo ormai da Te,
ma cosa rende umani
se non un limite?
A un passo dalla forza
che avevamo e ora non c'è,
ho bisogno di credere,
ho bisogno di Te...
Mi manca l'aria, l'aria sotto i piedi,
da una prigione senza sbarre lasciami scappare.
Quello che cerco io lo so, ma non lo so spiegare,
allora ascolta il mio respiro, io aspetto...
A un passo da domani,
a un passo ormai da Te,
ma cosa rende umani
se non un limite?
A un passo dalla rabbia
che avevamo e ora non c'è,
ho bisogno di credere,
ho bisogno di Te...
(Fabrizio Moro, Ho bisogno di credere, 2019)
ci sta accanto, nelle quali reciprocamente ricono-
sciamo le nostre.
È, questa, indubbiamente la sfida più ardua ver-
so cui ci sollecita la nostra umanità, ma in que-
sta partita così impegnativa
ci viene in soccorso la fede,
nella misura in cui ci provoca
a interrogarci incessantemen-
te sul significato profondo del
nostro “essere nel mondo”, ci
incoraggia a ricercare una verità
più esigente di quelle cui può acce-
dere l’intelligenza umana, ci aiuta
a guardare ogni cosa dal basso,
ma anche dall’alto, per com-
prenderne fino in fondo il
senso e rinnovare radical-
mente le coordinate della
nostra esistenza.
GIUGNO 2021
37

4.8 Page 38

▲back to top
LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
Il Bollettino Salesiano
“Non è un giornale
come gli altri”(continua dal mese precedente)
Don Bosco fu un comunicatore
nato. Di razza, incontenibile.
Nella comunicazione modificava
se stesso, diventato più moderno
delle sue idee, inventava
pedagogie. Mostrava d’aver
capito bene la civiltà industriale,
di cui per principio era nemico.
E come tutti i grandi comunicatori,
attraeva e faceva paura.
Centotrentatré anni dopo
la morte, continua quell’effetto.
Nei primi numeri del “Bollettino Salesia-
no” (1877…) erano privilegiate le intri-
ganti puntate della storia dell’Oratorio
di San Francesco di Sales e la lettera di
gennaio di don Bosco ai Cooperatori, nella quale
descriveva le opere compiute nell’anno trascorso e
previste per l’anno in corso. Ampio spazio era de-
dicato alle “lettere americane” dei missionari, con
appetitosi reportage di situazioni, usi e costumi di
vaste aree dell’America Latina totalmente scono-
sciute ai lettori.
Perché diverso dagli altri?
Scriveva don Bosco il 28 novembre 1885 a don Ema-
nuele Morossi, che gli aveva inviato una offerta per le
sue opere: “In quanto poi alla spedizione del Bollettino
Salesiano la S.V. e il Signor Parroco mi permetteranno
ch’io la continui. Non si diano fastidio del pagamento,
ché non è un giornale come gli altri, né è fatto in vista di
lucro [guadagno]… Non lo rifiutino ne le prego ambidue
e credano pure che facendolo leggere a quanti più posso-
no fanno opera di grande carità, senza che s’abbiano a
prendere pensiero d’alcuna offerta da inviare negli anni
avvenire, finché possano farlo senza grave incomodo”.
In Italia, ma ovunque nel mondo, venivano pub-
blicati Bollettini di ogni genere, ma quello di don
Bosco voleva essere diverso dagli altri: per il conte-
nuto “originale”, “unico”, “salesiano”, “missionario”,
che abbiamo appena ricordato, per lo stile semplice,
comprensibile ad ogni genere di persone, per il fatto
di essere spedito gratuitamente “a chi voleva e a chi
non lo voleva”. In occasione del terzo Capitolo Gene-
rale dei salesiani (1883) asseriva: “A noi non importa
il ricevere un 10 lire di più o di meno, ma conseguire
la maggior gloria di Dio. Se i governi non ci met-
teranno incaglio, il Bollettino diverrà una potenza,
non per sé, ma per le persone che riunirà”.
Secondo l’intuizione di don Bosco il Bollettino sale-
siano non è una semplice cronaca di avvenimenti, ma
divulga lo spirito della Congregazione, attraverso la
narrazione di fatti e di opere, più che attraverso una
diffusione di idee speculativamente dimostrate. Esso
38
GIUGNO 2021

4.9 Page 39

▲back to top
offre una lettura della realtà
contemporanea dal punto di
vista salesiano ed accoglie
le provocazioni del mondo
giovanile ed ecclesiale in vi-
sta di un progetto educativo
e pastorale più globale.
«Il Bollettino Salesiano
aveva per suo obiettivo di
mantenere fra i membri del-
la pia unione la maggiore
possibile identità di pensie-
ro e armonia di azione per
il raggiungimento del fine
comune» (Memorie Biogra-
fiche XIII, 603).
Il direttore
All’inizio don Bosco lo
curò personalmente per
dargli l’indirizzo da lui inteso; poi lo affidò ad un
suo stretto collaboratore, don Giovanni Bonetti.
Questi, ottimo scrittore ma anche polemista nato,
talvolta si permetteva qualche licenza di troppo,
dilatando certe notizie e finendo per urtare certe
sensibilità civili ed ecclesiastiche. Don Bosco lo
richiamava a maggior serenità: preferiva far sem-
plicemente conoscere in tono semplice le opere sa-
lesiane, anziché impegnarsi in polemiche a mezzo
stampe. Collaborò con lui, divenendone poi primo
successore vivente don Bosco, don Giovani Battista
Lemoyne, il ben noto scrittore delle monumentali
Memorie Biografiche di don Bosco.
Altre lingue
La presenza in Francia di opere salesiane dal 1875
e anche la necessità di raggiungere un numero sem-
pre più vasto di benestanti benefattori in Europa,
presumibilmente in grado di leggere la lingua fran-
cese (Belgi, Polacchi…), spinse don Bosco a pub-
blicare un’edizione del Bollettino in tale lingua.
Il Bulletin salésien francese ebbe inizio a Genova-
Sampierdarena nell’aprile
1879. Sempre vivente don
Bosco furono pubblicate
pure due edizioni in lingua
spagnola: la prima in Ar-
gentina e la seconda per la
Spagna, ma edita a Torino.
Il BS raggiunse le case di
ricchi e poveri, di nobili
e comuni cittadini, di au-
torità civili e religiose, di
dotti e di persone semplici,
cattolici o meno, in Italia e
all’estero. Don Bosco non
esitò a farne rilegare alcune
annate e ad omaggiarle alla
famiglia imperiale di Vien-
na e ad altre case regnanti.
Con una tiratura passata
rapidamente da poche mi-
gliaia a decine di migliaia di copie alla morte di
don Bosco, il BS, in assenza dei moderni mezzi
di comunicazione sociale (radio, TV, social…) ha
contribuito in larga misura a fare la “fortuna” della
Famiglia Salesiana: in termini di vocazioni di sa-
lesiane e di Figlie di Maria Ausiliatrice, di opere
salesiane, e, perché no?, di sostegno economico.
Sempre unico
In 125 anni di vita il BS, ideato e realizzato con
enorme successo da don Bosco, è passato dal bian-
co e nero al colore, ha aggiornato continuamente la
grafica, ha diversificato le rubriche, ha moltiplica-
to la tiratura, è tutto on line. Oggi poi è stampato
in 66 edizioni, 31 lingue diverse e raggiunge oltre
130 nazioni. Ognuno è diverso dall’altro, ciascu-
no con le proprie esigenze ed i propri lettori, ma
ognuno vuole essere fedele all’ispirazione originale
e originaria di don Bosco. Quello italiano, che state
leggendo, è già arrivato o arriverà presto in molti
Paesi; tradotta, porta ogni mese la parola del Rettor
Maggiore in ogni parte del mondo.
Apertura
del sito del
Bollettino
Salesiano:
https://
bollettinosa­
lesiano.it/
GIUGNO 2021
39

4.10 Page 40

▲back to top
I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni  postulatore generale
 Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
 Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di giugno preghiamo per la Canonizzazione
del beato Augusto Czartoryski, Salesiano di don Bosco.
Augusto Czartoryski nacque a
Parigi il 2 agosto 1858, in esilio,
dal principe polacco Ladislao e
dalla principessa Maria Ampa-
ro, figlia della regina di Spagna.
A sei anni perse la madre. Tra i
10 e i 17 anni studiò a Parigi e a
Cracovia, ma la sua cagionevole
salute dovuta alla tubercolosi lo
costrinse a interrompere gli stu-
di e a spostarsi di frequente nel
Sud dell’Europa in cerca di un
clima migliore. In quegli anni
la Provvidenza gli mise accan-
to il precettore Giuseppe Kali-
nowski, che lo guidò con pru-
denza non solo negli studi, ma
soprattutto nella vita spirituale.
In seguito Kalinowski divenne
carmelitano. Oggi la Chiesa lo
venera come santo. Nel maggio
del 1883 don Bosco si trova in
Francia. Viene invitato a Palazzo
Lambert dove Augusto gli serve
la Messa, e il santo gli dice: “È da
molto che desidero fare la sua
conoscenza!” Il principe rimane
folgorato dall’incontro. Gli chie-
de con insistenza di entrare a far
parte dei Salesiani, ma il Fonda-
tore ha delle perplessità. Augu-
sto parla col Papa Leone XIII, che
invita don Bosco ad accettare il
principe. Nel luglio del 1887,
dopo aver rinunciato ai beni e
alla possibilità del trono, entra
in noviziato contro il parere del-
la famiglia. Ha 29 anni. Si sfor-
za di adeguarsi agli orari e allo
stile di vita, diventa il più umile
dei novizi. Don Bosco gli bene-
dice l’abito talare. Nella casa di
Valsalice, a Torino incontra il
venerabile Andrea Beltrami, con
il quale stringe una profondissi-
ma amicizia spirituale. Viene or-
dinato sacerdote a San Remo, il
2 aprile 1892, dal vescovo mon-
signor Tommaso Reggio, oggi
beato. Don Augusto muore ad
Alassio l’8 Aprile 1893, sabato
nell’ottava di Pasqua: “Che bella
Pasqua!” aveva detto. Sulla sua
immaginetta di Prima Messa
aveva scritto: “Per me un giorno
nei tuoi atri è più che mille altro-
ve. Beato chi abita la tua casa:
sempre canta le tue lodi” (Salmo
83). Augusto incarna la spiritua-
lità salesiana, in particolar modo
l’aspetto del sacrificio e l’offerta
della propria vita e della pro-
pria sofferenza per il bene dei
giovani e della Congregazione.
Giovanni Paolo II l’ha beatificato
il 25 aprile 2004. La sua salma
è venerata a Przemysl (Polonia).
Preghiera
Signore Gesù, che da ricco ti sei fatto povero,
aiutaci ad imitare l’esempio del Beato Augusto:
fa’ che sappiamo discernere la tua volontà,
docili alle ispirazioni interiori
e alle guide spirituali che tu stesso ci doni.
Rendici umili e poveri,
capaci di lasciare tutto quello che impedisce di seguirti;
confermaci nel proposito di amare e di servire te
e i giovani con il tuo stesso amore.
Ti supplichiamo di voler glorificare questo tuo servo
e di concederci, per sua intercessione,
la grazia che ti chiediamo...
Amen.
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
Il 12 marzo 2021 è stata consegnata presso la Congregazio-
ne delle Cause dei Santi la Positio super Vita, Virtutibus
et Fama Sanctitatis del Servo di Dio Carlo Crespi Croci,
(1891-1982) Sacerdote Professo della Società di San France-
sco di Sales, missionario in Ecuador.
Ringraziano
Mi chiamo don Luigi (Gigi)
Guerini, sono sacerdote della
Diocesi di Brescia, da un anno
sono “confinato” in convale-
scenza per le conseguenze del
COVID 19 e mi sento di dare
la mia testimonianza sul Ser-
vo di Dio don Silvio Galli.
Ho conosciuto don Silvio tanti
anni fa, negli anni ’80 quando,
giovane sacerdote a Palazzolo
sull’Oglio, si facevano i ritiri
mensili dei sacerdoti della zona
a S. Bernardino. Don Silvio era
sempre a disposizione per le
confessioni e per la direzio-
ne spirituale. Ricordo di quel
tempo la sua semplicità nella
talare usurata. Con uno sguar-
do penetrante ed indagatore,
con gli occhi profondi durante
la confessione mi accorgevo di
essere accompagnato, come se
lui stesso fosse stato vicino alla
mia esistenza, tanto da cono-
scermi nel profondo prima che
mi esprimessi. Ne avevo parla-
to anche al mio parroco di al-
lora, che mi aveva confermato
la stessa cosa. Lui lo conosceva
da tanti anni e mi comunicava
la sua ammirazione per quel
salesiano. Il 10 marzo 2020
inizia il mio calvario: febbre,
mal di gola, tosse, mancanza di
forze. Per ben 5 volte in punto
di morte con blocco renale e
blocco organi interni. Situazio-
ne disperata. Improvvisamente
i reni cominciano a funzionare.
Alcuni amici, avendo conosciu-
to don Galli, hanno iniziato a
pregarlo di giorno e anche di
notte incessantemente. Pur-
troppo in certi momenti anche
i medici si sentivano impotenti.
La mia ripresa dopo le dimissio-
ni da Monza a fine giugno e due
mesi al don Gnocchi di Rovato
per riabilitazione, è costante,
ma non ancora completa, so-
prattutto in alcuni movimenti.
In una visita a Monza all’inizio
di Settembre con un chek-up
completo, dove ho saputo per
la prima volta quel che mi era
successo, il virologo dopo aver
letto tutta la mia diagnosi e
avermi detto che pur non aven-
domi mai visto mi conosceva,
alla mia domanda: “Ma allora è
un miracolo?” mi ha proprio ri-
sposto: “Sei un sacerdote, puoi
dirlo”. Anche se la medicina ha
fatto il suo corso possiamo con-
fidare che don Galli abbia inter-
ceduto per la mia vita.
40
GIUGNO 2021

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
La comunità
Don Luigi Zulian
Morto a Torino, il 6 aprile 2021, a 93 anni
«Ho conosciuto don Gigi a Val-
docco, quando lavoravo nel
gruppo della rivista Meridiano
12. Io avevo 17 anni e lui ve-
niva a fare gli abbonamenti.
Quando arrivava portava una
ventata di allegria. Indossava la
talare e, data la sua ridotta sta-
tura, sembrava un chierichetto
scappato dalla sacrestia. Erava-
mo tutti felici di vederlo: aveva
sempre la battuta pronta, era
perennemente di buon umore
e scherzava con tutti. Aveva il
raro dono di far sentire tutti a
loro agio. Aveva un sorriso con-
tagioso che non escludeva mai
nessuno. Non l’ho mai visto
irritato.
Abbiamo avuto una bella ami-
cizia che è durata 54 anni, mi
considerava una delle sue in-
numerevoli nipotine.
Negli anni in cui si trovava a
Roma, con l’incarico non pro-
prio semplice di Terra Nuova,
casa in cui si preparavano i
giovani che volevano andare in
missione, era felice quando an-
davamo a fargli visita. Veniva a
prenderci, ci riaccompagnava
alla stazione e ci ospitava nella
sua casa. Poi, con una scassatis-
sima “Cinquecento” ci portava
per la città a vedere chiese e
monumenti.
Non mancavano mai intoppi,
ma don Gigi sdrammatizzava
qualunque difficoltà, non man-
cava mai di coraggio e aveva
sempre una soluzione di scorta.
Per ben 14 anni è stato assi-
stente del gruppo TO2 di VDB.
Era entrato perfettamente nel-
la mentalità e nel senso della
consacrazione secolare, legava
con tutti, ci voleva molto bene
e si preoccupava di ognuna di
noi ed ha saputo animarci con
allegria e ottimismo.
Le sue catechesi erano semplici
ma toccanti, si preoccupava di
fari capire, ci diceva sempre che
la vita di fede è una cosa seria e
non solo “un puf-puf”, non solo
intimismo ma carità concreta,
quella che lui praticava e lui la
praticava fino in fondo. Rivesti-
va incarichi importanti, ma era
umile, semplice, affabile e ge-
nerosissimo.
Quando ultimamente andava-
mo a trovarlo nell’infermeria
di Valdocco, ricordava sempre i
bei momenti trascorsi insieme,
si ricordava sempre della mia
mamma, di mia nipote e dei
suoi figli.
Don Gigi è stato nella mia vita
e in quella di tante di noi una
bella persona, buona e gentile.
Per tutti indimenticabile. Un
uomo buono è uno che ha buo-
na opinione della vita e chiun-
que ha incontrato don Gigi ha
imparato ad amare la vita e il
suo Creatore con il cuore di don
Bosco, che don Gigi irradiava. È
stato nella nostra vita un dono
prezioso».
Questa testimonianza di una
Volontaria delinea bene la figu-
ra di don Luigi Zulian: un sale-
siano gentile, saggio e genero-
so. Un grandissimo amico per
quelli che lo hanno conosciuto.
Ma anche un grande e geniale
“fondatore”, all’origine di innu-
merevoli iniziative della Con-
gregazione.
Don Luigi Zulian è il coordina-
tore, ispiratore e persona di
riferimento del Centro Inter-
nazionale delle Compagnie
religiose salesiane voluta da
don Ricaldone nel 1950. Ne-
gli anni ’60-’70, lavora per i
gruppi dell’Operazione Mato
Grosso, tanti campi di lavoro,
serate di studio, esperienze.
Nel 1967 Don Gigi è tra coloro
che danno vita a Note di Pasto-
rale Giovanile.
In quegli anni, il Rettor Mag-
giore don Luigi Ricceri fonda
una ONG: Terra Nuova. Sarà per
don Gigi fonte di grandi soddi-
sfazioni e anche di preoccupa-
zioni per gli sviluppi “politici”
della iniziativa che porteranno
alla sua diversa strutturazione.
“Io – scrive don Zulian – mi tro-
vavo in una posizione difficile:
da un lato, per nessuna cosa al
mondo mi sarei staccato dalla
Congregazione, anche se qual-
che confratello mi catalogava
tra i rossi, come quelli che se ne
erano andati; dall’altro cercavo
di non distruggere quello che
di buono si era fatto e si faceva
ancora a TN. Tra l’altro c’erano
giovani tuttora in missione.
Come comportarsi con loro e
con i loro genitori? Grossi pro-
blemi, grosse difficoltà”.
Per fortuna c’era la saggezza
di don Gigi. Tornò a Torino e
diede un grosso contributo alla
fondazione di Radio Proposta.
Quando nel 1986 Don Angelo
Viganò, che in quel periodo
era il Superiore dell’Ispetto-
ria Centrale, raccoglie tutti i
rappresentanti della Famiglia
Salesiana (SDB, FMA, Coope-
ratori, Ex-allievi), ma anche
amici e benefattori, e fondò il
VIS, Volontariato Internaziona-
le per lo Sviluppo, don Gigi fu
nominato assistente operativo.
Nel 1988 presidente del VIS e
responsabile dell’Animazione
Missionaria salesiana italiana
diventa don Ferdinando Co-
lombo. Il lavoro quotidiano e
l’esperienza di don Gigi che già
conosceva bene le Ispettorie
italiane furono determinanti.
Un primo frutto del lavoro di
quegli anni fu l’esperienza esti-
va, per un mese in gruppo. Pro-
gressivamente coinvolse tutte
le Ispettorie Salesiane italiane:
in 25 anni circa 6-7000 giovani
hanno fatto questo cammino
che li ha portati, in dialogo con
gli operatori sociali, politici e
pastorali dei Paesi poveri, ad
approfondire le cause della po-
vertà e del sottosviluppo e a co-
noscere i problemi della gente.
Così conclude il suo direttore:
«Don Gigi, sei stato un uomo di
una energia salesiana e di una
capacità di amicizia contagiosa
inversamente proporzionale
alla tua altezza fisica che condi-
videvi con don Bosco ed insie-
me a questa un pezzo del suo
grande cuore di padre che tutti
in te amavano e ricordano oggi
in benedizione, tu veglia sulla
nostra ispettoria, sulle missio-
ni e sui missionari della nostra
Congregazione».
GIUGNO 2021
41

5.2 Page 42

▲back to top
IL CRUCIVERBA
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
La soluzione nel prossimo numero.
UN GRANDE OBIETTIVO
Nei primi decenni dell’Ottocento gli italiani erano in gran parte analfabeti:
3 italiani su 10 e il 57% dei piemontesi non sapevano leggere né scrivere.
Questo era uno dei motivi per cui don Bosco scrisse tanto durante la sua
vita, far arrivare a tutti, anche ai meno istruiti, messaggi e concetti impor-
tanti, universali come la parola di Cristo. In particolare, la XXX che scrisse
quando aveva 32 anni, nel 1847, espressamente “ad uso delle scuole,
utile ad ogni stato di persone”. La validità del suo metodo, lo scrivere semplice senza intenzione di
volersi sostituire ai testi redatti dagli specialisti della materia ma solo affiancarsi, era confermata
dalla pubblicità spontanea e sincera dei primi lettori di questo suo libro: gli insegnanti l’intro-
ducevano nelle proprie scuole e ne parlavano ai colleghi docenti, gli studenti che, leggendolo e
rileggendolo, manifestavano apprezzamento e soprattutto dimostravano di “capirne” i contenuti.
Questo era l’obiettivo che si prefiggeva il Santo, arrivare dritto ai giovani e parlare loro della parola
di Dio attraverso le pagine scritte e le illustrazioni. Il volume, in 200 pagine, sull’Antico e Nuovo
Testamento fu ben accolto e don Bosco avanzò la richiesta alle autorità della Pubblica Istruzione del
Regno di Sardegna di adottarlo come testo scolastico per le scuole elementari. Il Consiglio Genera-
le, che esaminò minuziosamente il testo, non lo approvò (nonostante fosse evidente la mancanza
Soluzione del numero precedente
di un simile testo di riferimento) per via dello stile e per
via dei «molti errori grammaticali e ortografici», ma non
poté fare a meno di lodarne il contenuto di alto livello e le
numerosissime considerazioni morali. Il valore dell’opera
di don Bosco fu comunque confermata dal successo tra i
lettori e nel 1853 uscì la seconda edizione «migliorata»
e alla sua morte nel 1888 le edizioni-ristampe erano già
ben diciannove.
DEFINIZIONI
ORIZZONTALI. 1. Luoghi geografica-
mente all’opposto - 9. Giudizio critico
espresso a voce o per iscritto - 16. Sino-
nimo scherzoso di barbiere - 18. Lungo
fiume europeo che sfocia nel Mar Balti-
co - 19. Importante istituto assicurativo
chiuso nel 2013 - 20. Congiunzione la-
tina - 21. Decreto senza vocali - 23. L’O-
riente - 24. Torino (sigla) - 25. XXX - 28.
A te - 29. Sono famose quelle di Caracalla
a Roma - 30. Altissimi alberi dalle foglie
ovali - 31. Sacerdote in breve - 32. Iniz.
di Goldoni - 34. Esalazioni malsane - 36.
? Un’attrazione del luna park - 38. Un me-
tallo prezioso - 40. Sindacato che tutela il
personale scolastico (sigla) - 41. Articolo
per nome - 42. Il Capponi condottiero
avverso ai Medici - 43. Dante cita la sua
storia come esempio di pazzia nell’Infer-
no - 45. Il Teocoli della televisione - 47.
Al centro di Gerusalemme! - 48. Relativo
allo scheletro - 49. Sentimento di profon-
da avversione - 50. Il cetaceo più grande.
VERTICALI. 1. Lo spazio interno di una
vettura - 2. Lo è Brontolo - 3. L’ottava
preposizione - 4. In Libia e in Tibet - 5.
Roccia triturata usata nel calcestruzzo - 6.
L’impero turco - 7. La nota di petto - 8.
Un modo poco usato per dire dopo - 9.
Gara di velocità - 10. Un prodotto dell’or-
to come il pomodoro - 11. La camera...
meno cara! - 12. Diresse L’albero degli
zoccoli (iniz.) - 13. Grandezza al centro -
14. Mettere alla prova - 15. L’allergia che
può essere provocata dalle fragole - 17.
Trasportano i clandestini su motoscafi e
gommoni - 22. Lo formavano i comici Lo-
pez, Solenghi e Marchesini - 25. Biblico
fratello di Cam e Jafet - 26. Capitolazio-
ne - 27. Una sigla sindacale - 31. Classe,
portamento - 33. Un tipo di ceramica per
mattonelle - 35. Doppie nel cammello -
37. La squadra di calcio di Ferrara - 39.
L’organizzazione segreta che operava in
Algeria (sigla) - 44. Siede sul trono - 46.
Vocali in treno - 47. Salerno (sigla).
42
GIUGNO 2021

5.3 Page 43

▲back to top
LA BUONANOTTE
B.F.Disegno di Fabrizio Zubani
O gni mattina, il potente e
ricchissimo re di Bengodi
riceveva l’omaggio dei suoi
sudditi.
Aveva conquistato tutto il conqui-
stabile e si annoiava un po’. I sudditi
sfilavano uno dietro l’altro con un
sorriso di circostanza, falso e untuo-
so, dipinto sulla faccia.
In mezzo agli altri, puntuale ogni
mattina, arrivava anche un silen-
zioso mendicante, che porgeva al re
una mela. Poi, sempre in silenzio, si
ritirava.
Il re, abituato a ricevere ben altri re-
gali, con un gesto un po’ infastidito,
accettava il dono, ma appena il men-
dicante voltava le spalle cominciava a
mLaela
deriderlo, imitato da tutta la corte.
Il mendicante non si scoraggiava.
Tornava ogni mattina a consegnare
nelle mani del re il suo dono.
Il re lo prendeva e lo deponeva
macchinalmente in una cesta posta
accanto al trono.
La cesta conteneva tutte le mele por-
tate dal mendicante con gentilezza e
pazienza. E ormai straripava.
Un giorno, la scimmia prediletta del
re prese uno di quei frutti e gli diede
un morso, poi lo gettò sputacchiando
ai piedi del re. Il sovrano, sorpreso,
vide apparire nel cuore della mela
una perla iridescente.
Da domani sarò triste,
da domani.
Ma oggi sarò contento:
a che serve essere tristi,
a che serve?
Perché soffia un vento cattivo?
Perché dovrei dolermi, oggi,
del domani?
Forse il domani è buono,
forse il domani è chiaro.
Forse domani splenderà
ancora il sole.
E non vi sarà ragione
di tristezza.
Da domani sarò triste,
da domani.
Ma oggi, oggi sarò contento;
e ad ogni amaro giorno dirò:
Da domani, sarò triste.
Oggi no.
(Poesia di un ragazzo
trovata in un Ghetto nel 1941)
Fece subito aprire tutti i frutti accu-
mulati nella cesta e trovò all’interno
di ogni mela una perla.
Meravigliato, il re fece chiamare lo
strano mendicante e lo interrogò.
«Ti ho portato questi doni,
sire – rispose l’uomo –, per farti
comprendere che la vita ti offre ogni
mattina un regalo straordinario, che
tu dimentichi e butti via, perché
sei circondato da troppe ricchezze.
Questo regalo è il nuovo giorno che
comincia».
GIUGNO 2021
43

5.4 Page 44

▲back to top
TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.