Bollettino_Salesiano_201109

Bollettino_Salesiano_201109

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IL
SETTEMBRE
2011
L’invitato
Padre
Lombardi
Le case
di don Bosco
Catania
Luoghi salesiani
Ratisbonne
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
A tu per tu
CNOS FAP:
il futuro ha
le mani unte
Salesiani
nel mondo
La presenza
salesiana
in Uganda

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
Il contratto di
apprendistato
La storia
Nel novembre del 1851, Don Bosco scrive e fa firmare
uno dei primi contratti della storia tra padrone e appren-
dista. Don Bosco mette il dito su molte piaghe.
Alcuni padroni usavano i giovani apprendisti come ser-
vitori e sguatteri. Egli li obbliga a impiegarli solo nel loro
mestiere.
Si preoccupa della salute, del riposo festivo e delle ferie
annuali. Ed esige uno stipendio “progressivo” (Memorie
Biografiche IV, 295-297).
Non dimenticherò mai
quel giovane prete che
infuse un’anima di dignità
nel mio fragile corpo di
carta. Ero un normale foglio
di carta sul tavolo del signor
Carlo Aimino, maestro vetraio
e padrone di un laboratorio di
vetreria. Ero rassegnato al mio
destino: diventare una fattura.
Mi illuminavano a tratti i
bagliori rossi del forno in cui
s’arroventava la pasta di vetro.
Vedevo gli operai soffiare nei
lunghi tubi per dar forma a
bottiglie, fiaschi, portafiori,
soprammobili modellando
velocemente le masse di vetro
incandescente.
Mi piacevano soprattutto
le grosse “lacrime” lucci-
canti per i grandi lampa-
dari a goccia dei signori.
Un giorno arrivò in fabbrica
quel giovane prete. Lo accom-
pagnava un ragazzo di appena
dodici anni. Sentii che il pa-
drone protestava: «Don Bosco,
quello che mi propone lei è una
assurdità! Nessuno fa una roba
simile!». Gentile e sorridente
ma irremovibile, don Bosco
insisteva.
Poi, con un gesto rapido,
mi afferrò e cominciò a
scrivere su di me. Aveva le
idee chiare: le parole fluivano
celeri e la penna correva veloce
sul mio corpo di carta.
«Il Sig. Carlo Aimino riceve
come apprendizzo nell’arte sua
di vetraio il giovane Giuseppe
Bordone nativo di Biella, pro-
mette e si obbliga di insegnar-
gli la medesima nello spazio
di tre anni, i quali avranno il
suo termine con tutto il mille
ottocento e cinquantaquattro il
primo dicembre e dargli durante
il corso del suo apprendizzag-
gio le necessarie istruzioni e le
migliori regole riguardanti l’arte
sua ed insieme gli opportuni
avvisi relativi alla sua buona
condotta, con correggerlo, nel
caso di qualche mancamento,
con parole e non altrimenti;
e si obbliga pure di occuparlo
continuamente in lavori relativi
all’arte sua e non estranei ad
essa, con avere cura che non
eccedano le sue forze…»
Alcuni minuti dopo, don
Bosco soffiò sulla mia
superficie per asciugare
l’inchiostro. Poi mi consegnò
al mio padrone che lesse con
attenzione e sospirò. Ebbi un
attimo di paura. Ma alla fine il
buon Carlo firmò e strinse la
mano di don Bosco. Respirai
sollevato.
Ora sono inquadrato in
una elegante cornice, con-
servato con ogni cura a
Valdocco. Sono entrato nella
storia come uno dei primissimi
contratti di apprendistato per
la difesa dei giovani lavoratori,
che prima erano isolati e indife-
si nelle mani dei padroni.
Grazie a me (e soprattutto a
don Bosco) un ragazzo ave-
va potuto
apprendere
un mestiere,
essere giu-
stamente
retribuito e
soprattutto
ricevere il
rispetto e la
dignità di
giovane lavo-
ratore.
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Settembre 2011

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IL
SETTEMBRE 2011
ANNO CXXXV
Numero 8
IL
SETTEMBRE
2011
L’invitato
Padre
Lombardi
Le case
di don Bosco
Catania
Luoghi salesiani
Ratisbonne
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
A tu per tu
CNOS FAP:
il futuro ha
le mani unte
Salesiani
nel mondo
La presenza
salesiana
in Uganda
2 LE COSE DI DON BOSCO
Il contratto di apprendistato
4 STRENNA 2011
Venerabile Vincenzo Cimatti
6 LETTERE
8 SALESIANI NEL MONDO
Uganda
12 L’INVITATO
Padre Lombardi
8
15 MESSAGGIO A UN GIOVANE
16 NOTE DI SPIRITUALITÀ SALESIANA
Otto vie verso una vita riuscita
18 LE CASE DI DON BOSCO
A Cibali il Valdocco della Sicilia
20 I LUOGHI DI DON BOSCO
Diventare preti a Gerusalemme
24 FMA
Come casa il mondo
26 A TU PER TU
24
CNOS FAP
29 FINO AI CONFINI DEL MONDO
30 DIARIO SALESIANO
33 FINO AI CONFINI DEL MONDO
34 COME DON BOSCO
Come parlare di diavolo e angeli?
36 NOI & LORO
38 I SALESIANI E L’UNITÀ D’ITALIA
40 I NOSTRI SANTI
30
42 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
43 LA BUONANOTTE
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina:
Un giovane appren-
dista. L’impegno
dei salesiani per le
scuole professionali
è costante e deciso
sotto l’insegna
CNOS-FAP. L’arti-
colo è a pagina 26.
(Foto Shutterstock).
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
Tel./Fax 06.65612643
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web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Pierluigi
Cameroni, Maria Antonia Chinello,
Pidi Giordano, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, Francesco
Motto, Marianna Pacucci, José J.
Gomez Palacios, Marco Pappalardo,
O. Pori Mecoi, Arnaldo Scaglioni,
Carlo Terraneo, Gianni Uboldi, Rosa
Vettese, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Luciano Alloisio (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
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Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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VENITE E VEDRETE
PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA
Venerabile
Un atleta dello Spirito
Vincenzo Cimatti
La vocazione
di un’affascinante personalità
Incorniciato dalla
lunga barba bianca
splendeva un sor-
riso indimentica-
bile, che incantava
grandi e piccoli.
Don Cimatti, a conoscerlo bene, c’è da in-
namorarsene. Dalla sua famiglia, povera
e provata, ma ricca di fede, dove una san-
ta mamma di nome Rosa tira su tre figli:
Raffaella che entrerà nella Congregazio-
ne delle Suore Ospedaliere della Mise-
ricordia, una campionessa di bontà attiva tra gli
ammalati degli ospedali, nei dintorni di Roma e
già beata; Luigi, salesiano coadiutore e missiona-
rio in America Latina, morto in concetto di san-
tità; il nostro Vincenzo, oggi venerabile.
«Vincenzino, guarda don Bosco!»
La vita di Vincenzo Cimatti è tutta una corsa al
servizio di Cristo, nelle file di don Bosco, perché è
proprio il santo dei giovani che gli dà il “via” nella
corsa della vita. A tre anni infatti è portato dal-
la mamma nella chiesa dei Serviti a Faenza dove
sta predicando don Bosco: «Vincenzino, guarda,
guarda don Bosco!», gli grida la mamma alzando-
lo in mezzo alla folla accorsa a vedere il santo. Per
tutta la vita Vincenzo ricorderà il volto buono del
vecchio prete.
La prima tappa della corsa è a 17 anni quando di-
venta salesiano con professione perpetua e viene
mandato a Torino-Valsalice, dove insegna e ac-
cumula titoli di studio: diploma di composizione
presso il Conservatorio di Parma, laurea in agra-
ria, in filosofia e pedagogia alla Regia Università
di Torino. Si segnala sempre per la sua intelligen-
za, la sua bontà e la sua bella voce. Le sue operette
vengono eseguite ampiamente nelle scuole e negli
oratori salesiani. Viene chiamato Maestro da ge-
nerazioni di chierici. Quanto lavoro, anche ma-
nuale, negli oratori torinesi per i giovani; quan-
to correre per aiutare le famiglie povere. Intanto
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chiedeva al Rettor Maggiore con tanta insistenza:
«Mi trovi un posto nella missione più
povera, più faticosa, più abbandonata.
Nelle comodità io non mi ci trovo».
Diventare terra giapponese
Finalmente a 46 anni la sua corsa fa un salto
di qualità: viene inviato in Giappone a fondare
l’opera salesiana nella terra del Celeste Impero.
Vi lavora per 40 anni, conquistando il cuore dei
giapponesi con la sua bontà e impegnandosi come
don Bosco nell’apostolato della stampa e della
musica. Viaggia molto per incoraggiare continua-
mente i primi salesiani e apre opere soprattutto
per i ragazzi orfani ed emarginati. Potrebbe tor-
nare in Italia e trascorrere in pace la sua vecchia-
ia. Vuol morire in Giappone, “diventare terra
giapponese”. E morirà, serenamente, come un
patriarca, con quella sua gran barba bianca, tra i
“suoi” giapponesi. Il sorridente atleta di Cristo ha
finito la corsa.
mentre è coinvolto in innumerevoli difficoltà e
sofferenze.
Solo attraverso i suoi scritti, fino ad oggi per la
maggior parte rimasti inediti, si riesce a com-
prendere che dietro al suo sorriso e alla sua bo-
narietà vi era una inesausta lotta con se stesso ed
una enorme capacità di patire affrontando tutte
quelle difficoltà, quei disagi, quelle povertà e sop-
portando quelle persone, che non l’hanno saputo
comprendere ed aiutare, specialmente nel mo-
mento del bisogno.
Era l’uomo più naturale del mondo, nell’agire, nel
parlare, nel pregare, con quel suo atteggiamento
senza pose che incantava tutti, adulti e piccoli,
con un sorriso indimenticabile.
Una grande e poliedrica personalità, ricca di doti
umane e morali, e notevole per virtù, soprattutto la
carità, che fanno compren-
dere come don Cimatti
sia l’autentico porta-
tore del carisma sa-
lesiano in Giappone,
colui che ha incar-
nato più per-
fettamente
don Bosco
in quella
terra.
Potrebbe tornare in
Italia e trascorrere
in pace la sua
vecchiaia. Vuol
morire in Giappo-
ne, “diventare terra
giapponese”.
Un sorriso indimenticabile
Tocca a noi conoscerne la vita e seguirne l’esem-
pio, per quello che ne siamo capaci. Perché lui
fu proprio un gran corridore e attraverso le sue
numerosissime lettere possiamo entrare nella sua
anima, vista nelle sue componenti umane, cristia-
ne e salesiane, dove ci viene mostrato quello che
veramente era, non solo un santo, ma un uomo
autentico. Intelligente, volitivo, sensibile, uno
a cui la musica sgorga spontanea, amante della
natura e che ama tutti i prossimi, padrone di sé
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LA POSTA
I NOSTRI ESPERTI RISPONDONO
E ALLORA,
maestro MUTI?
«Anche la persona più semplice
e lontana, sentendo l’ Ave Verum
di Mozart può essere trasportata
verso una dimensione spiritua-
le», Riccardo Muti ha rilanciato
un appello per tornare a riempire
le chiese «del grande patrimonio
musicale» da Mozart a Bach, met-
tendo da parte le «canzonette»
strimpellate con la chitarra.
Quale exallievo primi anni ’50
dell’Istituto salesiano di Ven-
drogno, ora chiuso, ancora oggi
credo nei grandi valori educativi
di don Bosco. A tutti oggi è noto
il difficile momento che sta at-
traversando la nostra Chiesa. Ho
assistito, partecipato e ascoltato
anche tramite radio e TV ad ec-
cellenti cori parrocchiali formati
esclusivamente da giovani che
credono che anche con la loro
musica ci si possa avvicinare al
Signore. Quest’ultimo bada solo ai
cuori delle persone non agli stru-
menti musicali.
Molti nostri sacerdoti, e non solo
Salesiani, sanno benissimo quanta
fatica, camicie e tonache si sudano
per metterne in piedi uno. Mesi e
mesi. E se poi per il signor Muti c’è
anche un pianoforte, scandalo!
Nelle Sacre Scritture si dice di
onorare Dio con l’arpa a dieci
corde, la lira, il corno, ecc. Dove
la troviamo un’arpista in chiesa?
È già un miracolo trovare un or-
ganista. Tutto l’insieme degli stru-
menti dei ragazzi è gratis, per non
parlare del tempo per i preparativi.
Anche questo è preghiera.
Invito il signor Muti a frequentare
la Chiesa (quella spirituale) e a
parlare con questi giovani, non
allontanarli con espressioni del
tipo “strimpellatori” ricordando-
gli bene che la Chiesa del futuro
sono e saranno questi “strimpel-
latori” che “inquinano” le volte
delle chiese stile romanico, ba-
rocco, gotico… portando avanti
faticosamente la barca di Pietro.
Per favore, scenda dall’Olimpo del-
la musica classica! Chissà don Bo-
sco che cosa gli avrebbe risposto.
Exallievo
Marcello Pettinato
E gregio sig. Pettinato,
mi piace la sua citazione
finale di don Bosco, quello
stesso don Bosco che pri-
ma di presentare in pub-
blico le sue omelie dome-
nicali voleva leggerle a sua madre,
persona semplice e non colta: se lei
non capiva qualche parola, imme-
diatamente lui sceglieva un termine
più semplice, per poter essere dav-
vero comprensibile a tutti. Era infatti
quello il suo unico obiettivo.
La comprensibilità è dunque un
primo problema della musica li-
turgica: la chiesa ha una tradizione
musicale ricca ed elevata (il grego-
riano, la polifonia, la musica sacra
scritta da grandi compositori…)
ma non molti posseggono gli stru-
menti per comprenderla bene. An-
che se alcuni brani sono accessibili
alla sensibilità di tutti (Muti cita
OGNI MESE
DON BOSCO
A CASA TUA
Il Bollettino Salesiano vie-
ne inviato gratuitamente a
chi ne fa richiesta.
Dal 1877 è un dono di don
Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra
i giovani e le missioni.
Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate su-
bito il cambio di indirizzo.
giustamente l’Ave Verum), ve ne
sono però molti altri che eccedono
le capacità di ascolto di un normale
ambito parrocchiale. Lo dico an-
che per quanto riguarda l’effettiva
capacità di eseguire tali musiche,
capacità che prevede professionali-
tà, musicalità, costanza e sacrificio.
Un secondo elemento di riflessione
riguarda poi il genere della canzone
che, pur essendo trasversalmente
presente nella storia musicale già
dal medioevo, ha però assunto
proporzioni enormi nel Novecento,
con la produzione di consumo. Un
compositore impegnato e intel-
ligente come Angelo Branduardi
sosteneva tempo fa che “la canzone
è un mondo”: piccola nella forma e
nel numero di battute, essa è però
assai efficace per la carica poetica
che possiede. Se a questa osserva-
zione noi associamo la lista di com-
positori che hanno scritto le canzo-
ni liturgiche oggi più usate (da don
Stefano Varnavà, che negli anni
Settanta cercò di coinvolgere le
case discografiche nella produzio-
ne e diffusione di brani religiosi, a
Gino Stefani che, pur essendo mu-
sicologo e diplomato in conserva-
torio, non ha disdegnato di fornire il
testo a brani come “Noi canteremo
gloria a Te”, o le melodie per i canti
funebri, tutt’oggi insuperate…), le
sarà chiaro il rischio di perentorie
generalizzazioni, per quanto fonda-
te a livello magisteriale.
La chiesa ha oggi il compito di par-
tire da quelle “canzoni” per insegna-
re ai giovani, con fine pedagogia,
come migliorare l’animazione musi-
cale: nell’esecuzione, nella scelta di
repertorio, nel gusto, che progressi-
vamente può essere orientato verso
livelli più elevati. Se le note possono
cambiare il cuore, perché non può
accadere anche il contrario?
Maurizio Palazzo
Direttore di Armonia di voci
Anche il nostro
gatto è su Facebook
Siamo diventati una famiglia di
facebook-alcolisti! Hanno comin-
ciato i nostri due figli naturalmente,
poi mio marito, perché era preoc-
cupato dal momento che nella
classe di nostra figlia c’era stato il
precedente di una ragazza mole-
stata dopo un contatto su internet,
poi ci ha preso gusto e se comincia
a rispondere non riesce a staccarsi,
passa da una discussione all’altra
(con un filosofo di Cuba, pensi un
po’!) e fa le quattro di mattina. Alle
mie rimostranze risponde che an-
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Settembre 2011

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che il Papa è su Facebook.
E ora ci sono cascata io! Un paio
di anni fa una collega d’ufficio mi
ha invitata a entrare e ho finito per
ritrovare la mia compagna di ban-
co della Ragioneria e seguendo
lei quasi tutta la classe e ci scam-
biamo di tutto: fotografie, espe-
rienze, ricette e soprattutto amici-
zia. Così ho messo su Facebook
anche il nostro gatto, perché alla
sera era l’unico a non picchiettare
sulla tastiera di un computer. Na-
turalmente i miei figli non hanno
accettato la mia amicizia.
Ho qualche rimorso. Sto sba-
gliando?
Giuliana S. Lecco
Siamo in piena Facebook-
mania, il social network
inventato da un dician-
novenne, adesso miliar-
dario, solo per tenere i
contatti con i compagni
di università è diventato una rete
planetaria con cinquecento milioni di
utenti, dodici milioni e mezzo in Italia.
Ci sono tesi di laurea e poderosi studi
di psicologia del fenomeno. È buono?
È cattivo? La domanda ultimamente si
è allargata. I social network sono pe-
ricolosi? Stanno creando una genera-
zione disinteressata e narcisista?
Intanto è impossibile sfuggire ai
social network (oltre Facebook ci
sono Linkedin, Badoo, Anobii, Bebo,
Myspace, Netlog, Orkut e Twitter).
L’assedio è asfissiante. E le opinioni
sul fenomeno piene di ambiguità.
L’economista Don Tapscott ha inter-
vistato più di undicimila giovani ed
elaborato una grande quantità di dati
con risultati sorprendenti. Invece di
un gruppo di ragazzi viziati, incapaci
di concentrarsi e privi di abilità socia-
li, ha scoperto una comunità di menti
brillanti, capace di sviluppare nuovi,
rivoluzionari modi di pensare, interagi-
re, lavorare e socializzare. I Net Gener
(tra gli 11 e i 30 anni) per la prima volta
nella storia, stanno modificando, con
un uso innovativo della tecnologia,
ogni ambito della società, dal lavoro
all’economia, dalla vita scolastica a
quella familiare. Una visione ottimista
anche dal punto di vista sociale e po-
litico: ci avviamo a una trasformazione
del concetto stesso di democrazia.
Una visione ottimista, ma Renato
Vignati, psicologo e psicoterapeuta,
ribatte: «Ma certo, bisogna dominare
il mezzo e non diventarne schiavi. Va-
lutarne le potenzialità, usare la rapidità
dello scambio per integrare ciò che la
vita quotidiana non ci permette. Per
trovare persone che hanno interessi
simili ai nostri o scoprire un’appar-
tenenza che non sapevamo di avere.
Qualche volta ci può anche servire ad
affrontare il nostro passato, perché un
incontro, anche virtuale, fa riemergere
emozioni forti che ci eravamo lasciati
alle spalle o avevamo inconsciamente
rimosso. E poi c’è il vantaggio di usci-
re dall’isolamento, di sfogarsi. A patto
di non delegare al social network ogni
contatto umano. Vedersi e parlarsi di
persona resta importantissimo».
Facebook nasce dal bisogno di comu-
nicare. Ricordiamoci però che il con-
fessionale privato, in realtà è pubblico,
come nel Grande Fratello. Che fare?
Se vogliamo che il social network non
Dobbiamo
amare
la patria in cui
siamo nati?
In certe parti del mondo c’è una
bellissima usanza: quando nasce
un bambino, si pianta un albero.
È un modo simpatico per dimo-
strare che si nasce in una fami-
glia e in una patria, e che questa
patria ci accoglie. È un paese,
una terra, un clima, una men-
talità, ma anche tante persone
che ci aprono le braccia.
Come l’albero affonda le sue radici
per crescere, così noi cresciamo in
una patria. E per svilupparci bene,
anche noi abbiamo bisogno di
una terra buona e di concime. Noi
riceviamo ciò che le generazioni
prima di noi hanno ricevuto: il
modo di vestire, di mangiare, una
lingua e anche una religione. Tutto
questo ci aiuta a crescere. Amare
la propria patria è un modo di rin-
graziare per quanto abbiamo rice-
vuto e che ci ha insegnato a vivere.
È anche un modo di farla progre-
dire, con una vita buona e giusta,
in solidarietà con gli altri cittadini.
Un bel giardino si irriga, si cura!
Quando si è nati in una patria che
non è quella dei genitori, o quan-
do si vive in una patria diversa da
quella in cui siamo nati, natural-
mente le amiamo entrambe, quella
dei nostri antenati e quella in cui
viviamo oggi. Ciò richiede un po’
più d’acqua nell’innaffiatoio… Ma
è molto arricchente avere due pa-
trie e amarle entrambe.
Mamma Margherita
diventi un nemico, pensiamo alle av-
vertenze della homepage: “Non pos-
siamo garantirti che i contenuti che
invii al sito non siano visualizzabili da
persone non autorizzate”.
Facebook & C. sono confessori che
non solo non mantengono il segreto,
ma spiattellano tutto al mondo intero.
Su Facebook (ma ancora di più su
Badoo, che non richiede per l’in-
gresso un nome e un cognome,
basta un nick, cioè uno pseudo-
nimo) possiamo fare un restyling
della nostra personalità, presentarci
con un’identità inventata e interagire
con altre identità inventate. Questo
fa di Facebook il regno della falsità.
Ma Enrico De Sanctis, psicologo e
psicoterapeuta a Milano, smonta an-
che questo argomento: «Se io sono
una persona autentica, non ho biso-
gno di essere artificioso in Facebook
(a meno di non voler compiere una
truffa intenzionalmente). Forse è più
vero il contrario. Facebook potrebbe
garantire alla persona che ha inibi-
zioni, timidezze, difficoltà di rela-
zione, una libertà d’espressione non
consentita nella vita di ogni giorno».
Il problema potrebbe essere un al-
tro: chi si sente più libero sul web,
potrebbe non trovare più il coraggio
necessario per affrontare la vita reale,
fuori della porta di casa. Pensate solo
a come cambia la parola “amico”. Per
questo i figli vanno protetti con molta
accortezza.
Perciò bisogna imparare a vivere tutte
e due le vite, in rete e fuori. Con un
vantaggio: basta aggiornare il profilo
e lo stato per dichiarare «Io esisto».
Alla fin fine entrare in Facebook è
come entrare in un grande magazzino
e curiosare tra gli scaffali per uscire,
ore dopo, con un oggetto inutile.
Alcuino Monaco
sociologo
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SALESIANI NEL MONDO
GIANNI UBOLDI
Abbiamo un sogno
La presenza salesiana in Uganda
La banda di
Kamuli. La volontà
di riscatto e di ri-
costruire un futuro
per l’Uganda è
anche nella fierezza
di questi suonatori.
Non vorrei sbagliarmi,ma la banda
musicale più numerosa – ma non
rumorosa! – che conosco in Afri-
ca, si trova a Kamuli, in Uganda.
Ha una sua storia.
Un giovane missionario di origine
olandese entrò nella parrocchia di Kamuli e de-
cise di creare un’attività che piacesse ai ragazzi
e generasse fondi per la loro educazione. Decise
così di importare gli strumenti e le divise di una
banda musicale, che chiudeva battenti in Olan-
da. Il maestro di banda non tardò a presentarsi:
un capitano-maestro di banda del corpo musicale
delle forze armate ugandesi, ormai in pensione.
Era il 1981.
Sfortunatamente, in quegli stessi anni, le cose non
andavano troppo bene per il Paese. Dal 1972, la
figura del dittatore Idi Amin aveva dominato la
scena politica. Con un misto di demagogia, buf-
foneria, incompetenza, atrocità e vendette aveva
trascinato l’Uganda in una crisi economica inso-
stenibile. Snobbato e deriso dal resto del mondo,
la sua dittatura era poi finita con un confronto
militare con la vicina Tanzania, poi seguita da
una guerra civile (1980-1985). La stabilità arrivò
quindici anni dopo nel 1986, con la vittoria del
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presidente Yoweri Museveni, che da allora è an-
cora alla guida del Paese. A quel tempo si trattava
di cominciare un intenso lavoro di ricostruzione,
morale, civile e anche religiosa.
Nel Triangolo di Luwero
Nel 1988, su invito del Cardinale di Kampala, i pri-
mi Salesiani, d’origine polacca, aprirono una nuova
parrocchia a Bombo. Il Triangolo di Luwero, nome
del distretto dove si trova la cittadina di Bombo,
era stato l’epicentro della guerra civile, sede della
caserma militare più grande dell’Uganda. La gente
aveva sofferto crimini orribili, esecuzioni in massa,
stupri, saccheggi e violenze d’ogni genere. Migliaia
di civili vennero massacrati dall’esercito, con il solo
sospetto di appoggiare la guerriglia. Case, villaggi,
campagne e chiese erano stati abbandonati: le ca-
noniche sovente erano divenute quartier generale
dei ribelli, e le chiese i loro depositi d’armi. Ma ora
la pace sembrava tenere e tutti avevano voglia di
ricominciare una vita nuova. La presenza salesiana
si affiancò al cammino di ricostruzione, inserendosi
progressivamente, prima con la parrocchia e le at-
tività per i giovani all’Oratorio-Centro Giovanile,
poi con le scuole (primarie, secondarie, professio-
nali), poi con un dispensario medico con servizi di
laboratorio, pediatria, per la prevenzione e assisten-
za ai malati di AIDS, oltre che la cura delle più
comuni malattie tropicali.
Nel 1994 era ormai ora di raddoppiare. A Kamuli,
il padre olandese Hyus si ritirava ed era preoc-
cupato per cosa potesse succedere alla sua
Banda d’ottoni e alla scuola professionale
avviata tre anni prima. Due Sale-
siani furono scelti per dare inizio a
questa presenza, e anche qui la sto-
ria di don Bosco si rifece, però al
contrario, dalla scuola all’oratorio.
I cancelli della scuola professionale
si aprirono al centro giovanile: la
Banda, le corali, i gruppi di danza
tradizionali, gli acrobati, il Dominic
Savio Football Club, il programma di sponsoriz-
zazione per gli orfani di AIDS. La scuola tecnica
stessa è cresciuta, includendo un istituto tecnico,
che rilascia titoli accreditati a livello nazionale,
ma allo stesso tempo offre corsi, anche di breve
durata, ai giovani che hanno bisogno di un’imme-
diata professionalità per entrare nel mondo del
lavoro.
Storia di Peter
Ocan Peter vive ad Atede, un villaggio a 15 km
da Gulu, sulla strada sterrata che collega Gulu
– il maggior centro nel Nord dell’Uganda – con
Opit, in direzione sud-est. A casa, Peter vive con
la mamma, le sue tre sorelle, più giovani di lui.
I suoi due fratelli e sorelle più grandi non sono
ancora tornati a casa dal campo profughi e non sa
se torneranno un giorno.
Non è da molto che Peter fre-
quenta la scuola elementare
di Atede, dove al suo arrivo, il
preside lo ha inserito nella
classe quinta. È ap-
I giovani studenti
dell’internato di
Bombo. L’immagi-
ne di san Giuseppe
veglia su tutto.
Dall’agosto 2010
due Salesiani –
un italiano e uno
sloveno – stanno
avviando la nuova
presenza ad Atede,
dove i cristiani
stanno già pre-
parando i mattoni
(10 000 per ogni
cappella) per la co-
struzione della casa
per i padri e per la
nuova chiesa.
Settembre 2011
9

1.10 Page 10

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SALESIANI NEL MONDO
Don Gianni Uboldi
con i primi ragaz-
zini dell’oratorio di
Atede.
pena un anno infatti,
che Peter, la mamma e
le sorelle sono tornati a
casa loro dai campi di
rifugiati. Le scuole nei
campi non funziona-
vano granché, e molto
del tempo si passava a
far code per le distribu-
zioni di cibo e per l’ac-
qua. Restava ben poco
per studiare. Ora però
era tornato al suo vil-
laggio. Già qualche volta
con la mamma era stato
ad Atede, dove aveva visto i
tetti delle case bruciati e i campi
spogli, ma tutte le famiglie di Atede erano state
costrette a vivere in grandi campi profughi, dove
lui e le sue sorelline erano nati.
Peter – come tanti altri – è vittima della guerra
civile tra le truppe dell’esercito regolare ugandese
e le truppe ribelli dell’Esercito di Resistenza del
Signore (LRA) di Joseph Kony.
Il conflitto ha fortemente provato il Nord Ugan-
da – il gruppo etnico degli Acoli in particolare
– per vent’anni con incredibili atrocità: oltre 100
mila morti, 30 mila minori rapiti e trasformati in
“bambini soldato”, migliaia di persone mutilate
dalle torture, dalle armi e dalle mine, 2,5 milioni
di sfollati in campi profughi, imposti dal Go-
verno per togliere l’appoggio civile alla causa
dei ribelli.
Per quanti erano rimasti nei villaggi,
questi 20 anni di guerra hanno la-
sciato ferite terribili: fame, malat-
tie e insicurezza continua; interi
villaggi controllati dai ribelli con
metodi di intimidazione che in-
cludevano il taglio delle orec-
chie, labbra, braccia o gambe;
imboscate e rapimenti improvvisi
di ragazzi e ragazze; chiese chiuse, distrutte, mai più
visitate da preti; scuole chiuse e abbandonate. La
stessa città di Gulu – off limits per i ribelli – era cre-
sciuta a dismisura e si gonfiava ancor di più la notte,
quando famiglie intere di pendolari lasciavano i vil-
laggi insicuri per dormire sui marciapiedi e per poi
tornare a casa la mattina dopo in silenziose colonne.
Per i rifugiati, i 20 anni passati nei campi hanno
distrutto molto del tessuto sociale e delle tradizioni
Acoli. La forzata promiscuità ha indotto immora-
lità e diffuso malattie (Tbc, AIDS). Scuole e chie-
se nei villaggi d’origine sono state abbandonate, e
non sempre rimpiazzate nei campi. Le necessarie
distribuzioni di razioni di cibo hanno scoraggiato
ogni attività produttiva, inducendo ozio e crimine.
Ora la pace è tornata nel Nord Uganda e lenta-
mente le famiglie lasciano i campi per rientrare nei
loro villaggi d’origine e ai loro campi. Ma non tutto
si cancella con una firma sul trattato di pace: i se-
gni della guerra hanno inciso sulla storia personale,
soprattutto di ragazzi, ragazze e giovani.
Ci sono ragazzi che hanno passato anni con i ribel-
li, sequestrati e divenuti soldati loro stessi, trauma-
tizzati con le pubbliche esecuzioni
di chi tra loro tentava la fuga.
Giovani che hanno speso gran
parte della loro vita in campi
profughi senza possibilità di
studiare. Ragazzi e ragazze che
nei campi sono diventate vittime
dell’AIDS. Giovani che hanno
imparato a sopravvivere con
le distribuzioni di cibo senza
conoscere la fatica
del lavoro. Orfani
che hanno perso
entrambi i genito-
Vent’anni di guerra e di crudeltà
inaudite hanno lasciato ferite
terribili. Oggi ritornano i primi
timidi sorrisi.
10
Settembre 2011

2 Pages 11-20

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2.1 Page 11

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ri. Famiglie intere che hanno smarrito, nell’ano-
nimato della vita dei campi, i loro legami con la
rete familiare, così essenziale nella cultura africana.
Gente che può perfino aver dubitato nell’amore
di Dio, che li ha abbandonati all’odio della guerra.
Un campo immenso per chi, come don Bosco, si
commuove davanti a giovani e ragazzi/e poveri e
sofferenti.
Costruttori di pace
I Salesiani non potevano rimanere insensibili a
questo dramma. Oltre ai tre centri di cui abbiamo
parlato nel Sud del Paese: la parrocchia con scuo-
la primaria, secondaria e professionale a Bombo;
l’Istituto tecnico a Kamuli e una casa per ragaz-
zi di strada, orfani e abbandonati a Kampala, da
anni si desiderava aprire una presenza salesiana al
Nord del Paese, ma la guerra e la totale insicurez-
za hanno frustrato ogni nostro tentativo. Non ci
restava che aspettare e dare ospitalità, nelle nostre
opere esistenti, a bambini e ragazzi/e vittime della
guerra, che le ONG e la Chiesa operanti al Nord
ci affidavano.
Ma con l’arrivo della pace, il nostro Ispettore ha
offerto all’Arcivescovo di Gulu, monsignor John
Baptist Odama – uno dei “costruttori della pace”
nel Nord Uganda – i suoi Salesiani a servizio della
Chiesa e dei giovani.
Ad Atede c’è una chiesetta, dedicata ai santi Pie-
tro e Paolo, costruita dai padri Comboniani nel
1946, che ha resistito alle scorrerie delle truppe.
Altre undici cappelle in villaggi più all’interno
fanno parte della nuova parrocchia di Atede. Una
scuola elementare sta venendo su a fianco della
chiesa, con già 850 ragazzi e ragazze dai vicini
villaggi, mentre altre cinque scuole elementari af-
fiancano altrettante cappelle nei centri più lonta-
ni. Dall’agosto 2010 due Salesiani – un italiano e
uno sloveno – stanno avviando la nuova presenza
ad Atede, dove i cristiani stanno già preparando i
mattoni (10 000 per ogni cappella) per la costru-
zione della casa per i padri e per la nuova chiesa.
Su un sentiero tra l’erba alta due metri, che circon-
da la chiesa e la scuola di Atede, incontro Peter,
mentre torna a casa. Ormai ci conosciamo. Mi sa-
luta. Sorride. Lo vedo allontanarsi con i suoi amici.
Non c’è molto adesso nei 25 ettari che circondano
la piccola chiesa. Ma nei “sogni di don Bosco” c’è
già una nuova chiesa per ringraziare il Signore del-
la pace; una casa e una scuola; dei campi sportivi;
un dispensario medico; una scuola professionale;
progetti agricoli per ricominciare a coltivare la ter-
ra con metodi moderni... e tante famiglie, bambini,
ragazzi e giovani che sorridono alla pace.
Un campo immen-
so per chi, come
don Bosco, si
commuove davanti
a giovani e ragazzi
poveri e sofferenti.
I sogni sono fatti
anche di pietre,
terra, mattoni e
fatica.
Settembre 2011
11

2.2 Page 12

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L’INVITATO
PIDI GIORDANO
Padre Lombardi
la webcam del Papa
ha una memoria
salesiana
Sull’angolo, risparmiato dallo tsunami cartaceo, un minuscolo
tavolo a salvare un computer. Da questa postazione, padre Federico
Lombardi, gesuita, dirige un complesso sistema comunicativo
che mette in relazione la Santa Sede con tutto il mondo. Ha come
colonne portanti la Radio Vaticana (attivata da Pio XI nel 1931 con
l’apporto di Guglielmo Marconi) e il Centro Televisivo Vaticano
(voluto da Giovanni Paolo II nel 1983). Dal luglio 2006 dirige anche
la Sala Stampa della Santa Sede. Conta quasi 400 dipendenti,
postazioni in 60 Paesi, intreccia 45 lingue diverse. Ma lui, padre
Lombardi, tradisce un originario accento piemontese.
S ono nato a Saluzzo, anche se
la mia famiglia è originaria di
Dronero (Cuneo). In realtà,
la mia gioventù l’ho passata
a Torino. Ho frequentato le
Elementari alla scuola pub-
blica, le Medie e il Liceo dai Gesuiti.
Ma il riferimento dell’attività extra-
scolastica era l’Oratorio Salesiano
della Crocetta. La mia gioventù ha
camminato con due gambe: una dai
Gesuiti, l’altra dagli Scout del Reparto
Torino24 alla Crocetta.
Scoutismo
e Oratorio Salesiano
andavano d’accordo?
Anche se lo Scoutismo ha una sua
organizzazione e un suo stile molto
specifico, noi l’abbiamo vissuto come
parte attiva e integrata nell’Oratorio.
I Salesiani che ci seguivano, capivano,
accoglievano e valorizzavano la nostra
esperienza scoutistica.
Ricorda qualche educatore
in particolare?
Ricordo un personaggio, un confra-
tello laico, Balìn, da lui dipendeva la
consegna delle palline per giocare. Poi
ricordo don Dusan Stefani, veniva
sempre con noi in bicicletta, ai campi
estivi. Don Ugo Santucci, anche lui
assistente del mio Reparto. Don Pie-
ro Rota, mitico direttore dell’Orato-
rio. Poi don Favale e studenti, anche
stranieri, che studiavano all’Ateneo
della Crocetta, ma ci seguivano nelle
nostre attività dell’Oratorio. Ci senti-
vamo a casa. Ci trattavano con gran-
de rispetto. Ci sentivamo ben visti e
ben accolti. I Salesiani che ho avuto
la fortuna di conoscere erano figure
estremamente vicine ai giovani, at-
tente a quello che i giovani potevano
12
Settembre 2011

2.3 Page 13

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desiderare. Erano amichevoli, allegri,
persone con cui ci si stava volentieri
e ti facevano sentire a tuo agio. Inco-
raggiavano le attività, partecipavano
ai momenti belli e difficili delle nostre
iniziative: una bellissima presenza sa-
cerdotale vicina ai giovani.
Dalla tenda scout al mondo
della comunicazione.
Com’è capitato?
Frequentavo l’università di matema-
tica a Torino. Avevo coltivato amici-
zie con giovani impegnati in campo
sociale, culturale, politico. Avevamo
dato vita a una rivista, che però non
ebbe lunga vita. Lì pubblicavamo le
nostre riflessioni sull’impegno dei
cattolici. Andando a Francoforte per
gli studi di teologia, mi capitò di oc-
cuparmi dei lavoratori italiani che
erano in Germania.
Dal punto di vista pastorale, ma an-
che sociale. Fui stimolato a scrivere
su questi temi da alcuni Gesuiti della
“Civiltà cattolica” che erano passati
a Francoforte. Scrissi alcuni articoli,
perché mi sembrava un modo per far
conoscere i problemi di queste per-
sone. Finiti gli studi, fui mandato a
collaborare con questa rivista. Così è
nato il mio indirizzo verso le comuni-
cazioni sociali.
Dovetti imparare molte cose e in tem-
pi brevi. Per me era una novità, anche
come “mezzo” comunicativo. La radio
punta sull’attualità, corre sulla notizia.
Si esprime in breve. È tutto concen-
trato. Il rapporto con l’informazione
è molto diverso, rispetto ad un quin-
dicinale che cura l’approfondimento
o scava in un arco ristretto di tema-
tiche. Poi, la Radio Vaticana, con la
sua internazionalità, mi ha proiettato
su un orizzonte mondiale: ogni gior-
no ho a che fare con i problemi di
tutto il mondo, nei Paesi più diversi,
guardando ai problemi della Chiesa
in generale, ma anche a temi politici,
sociali, culturali…
Da questo ufficio, però,
dirige anche il CTV, la Sala
Stampa, la Rete internet
della Santa Sede.
Con il tempo sono venute ad assom-
marsi diverse competenze. Ho cercato
di valorizzare le collaborazioni e le in-
tegrazioni della Radio, del CTV e del-
la Sala Stampa. In particolare tra Ra-
dio e TV. È una sinergia naturale. Con
la TV vedi l’immagine di un evento
vaticano; il suono lo produce la Radio.
Negli ultimi tempi, l’entrata in Rete
porta ad una ulteriore convergenza del
lavoro del Centro TV e della Radio fa-
vorendo la produzione di videoclip per
il web. Lo sviluppo delle nuove tecno-
logie e della presenza in rete ha forzato
la crescita di questa collaborazione che
sta diventando quotidianamente sem-
pre più importante.
Come si sente nel compito
di far conoscere, soprattutto
al mondo esterno, ciò che sta
a cuore al Papa e alla Chiesa?
Cerco di presentare obiettivamente e
onestamente gli elementi di informa-
zione che riguardano l’attività e la po-
sizione del Papa e della Chiesa. Cerco
di spiegare l’intenzione reale di quello
che la Chiesa vuol dire. Io aiuto a ca-
pire. Poi, ognuno è libero di accoglie-
re, di identificarsi nel messaggio pre-
sentato, di sostenerlo, di amplificarlo
e rilanciarlo, oppure di presentarlo
E l’ulteriore salto
verso l’etere?
I miei superiori avevano bisogno di
qualcuno che seguisse Radio Vatica-
na. Venni a imparare cos’era una radio.
La mia gioventù ha camminato con due gambe: una
dai Gesuiti, l’altra negli Scout del Reparto Torino24
dai Salesiani della Crocetta.
Settembre 2011
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2.4 Page 14

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L’INVITATO
obiettivamente ma con distacco, di
criticarlo o di falsarlo e manipolarlo
in modo parziale fino a combatterlo.
C’è qualche aspetto
della nostra cultura
che il Sommo Pontefice
vorrebbe “comunicare” con
una particolare insistenza
e attenzione?
Ricevo centinaia di richieste ogni gior-
no. Ma il Papa non può passare il tem-
po a concedere interviste. Per il Ve-
nerdì Santo il Papa ha personalmente
risposto in modo positivo perché ha
colto in questa data l’opportunità di
rimarcare l’attenzione su Gesù e la
All’Oratorio salesiano
ci sentivamo a casa. Ci
trattavano con grande
rispetto. Ci sentivamo
ben visti e ben accolti.
Sua centralità per
l’uomo di oggi. Anche
a seguito del viaggio in
Inghilterra, che ha avuto esito
positivo, la BBC ha presentato la ri-
chiesta di un messaggio natalizio per il
pubblico inglese. È una richiesta. Una
possibilità. L’ho caldeggiata e il Papa
risponderà a questo invito. Non c’è una
strategia di comunicazione, gestita da
chi si siede a tavolino e progetta chissà
quali piani di intervento. Siamo per-
sone che camminano dentro il mondo
di oggi e, quando cogliamo occasioni
positive, cerchiamo di assecondarle
con umiltà e concretezza. Le decisioni
ultime sono del Papa stesso. Quando
gli ho proposto di aprire un canale su
YouTube, mi ha detto di sì. Così come
l’iniziativa di mandare SMS con paro-
le del Papa alla GMG di Sydney.
Dalla sua terra, dal
Piemonte, nel secolo scorso
due Santi hanno fatto scelte
coraggiose e profetiche:
don Bosco si è lanciato
nella “stampa”, fino a
inventare i “tascabili”
per arrivare a tutti,
e don Alberione ha inventato
una Famiglia religiosa
dedita alla comunicazione
del Vangelo. Non le sembra
che oggi, la Chiesa segni un
po’ il passo, rispetto a questi
segnali così coraggiosi?
Il nostro mondo è sempre più com-
plesso. Ci sono poteri enormi dal
punto di vista economico. Nella no-
stra comunicazione ci sembra di esse-
re piccoli e insignificanti. Io non sono
pessimista. C’è uno sforzo grandissi-
mo di entrare nei nuovi media. Non
ho affatto l’impressione che la Chiesa
sia assente o inconsapevole. Vedo una
grandissima vitalità. Certo, siamo in-
dietro rispetto alle necessità del mon-
do. Ma non nell’impegno ad accettare
la sfida.
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Settembre 2011

2.5 Page 15

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MESSAGGIO A UN GIOVANE
CARLO TERRANEO - carloterraneo@libero.it
Che dire:
Single ?
Singolare?
Carissimo, non mi sento au-
torizzato a fare irruzione nei
tuoi sentimenti. Da qualche
mese hai scelto di vivere da
solo – single – in un mini ap-
partamento. Gli imprenditori
conoscono questo fenomeno sociale in
crescita. I monolocali sono richiesti da
studenti, universitari, operai, persone
sole, separati, divorziati. Ho visto il tuo
habitat da single, come ami farti chia-
mare. È una cuccia. Tutto è piccolo,
anche il mobilio è molto dimagrito.
Frigo vuoto, letto sfatto, cestino della
carta rigonfio, lavatrice ingolfata, tele-
visione accesa, scarpe un po’ dovunque.
Che cosa ti manca che altri abbiano?
Tutto. Che cosa pensi di avere in più,
che altri non abbiano? Niente. Che
cosa desideri? Tutto e niente.
Anche le tue decisioni oscillano come
un pendolo. Occorre un sismografo
per registrare i tuoi alti e bassi. Mi hai
chiesto una parola per mettere un po’
di ordine ad uno tsunami che ti ha col-
to di sorpresa. Ti ha portato via tutto:
dall’amore alla speranza. Ti trovi a
mani vuote, senza futuro, senza lavoro
e senza la compagna della tua vita.
Fa’ di necessità, virtù. C’è un lato notte
e un lato giorno cui far fronte ogni
24 ore. Non sono uno contro l’altro,
anche se sconfinano l’uno nell’altro.
Lato notte
Non sei stato messo all’incasso da chi
si è allontanato da te. Hai la percezio-
ne che il cuore evapori, perché ti senti
invadere dalla tristezza, dalla depres-
sione. La vita non scompare. Ritrova
il filo della tua esistenza. Non farti
fuorviare. Anche un vetro frantumato
continua a riflettere briciole di luce.
Togliti l’angoscia di non avere futuro.
C’è un punto zero da cui ripartire. La
vita è un albero: darà i suoi frutti. Ad
ogni ceppo c’è un virgulto.
Lato giorno
Ogni ripartenza comporta un cam-
biamento. Guarda con franchezza il
tuo vissuto. Accetta e porta con te ciò
che è valido e lascia cadere nel vuoto
ciò che potrebbe essere di ostacolo.
Impara a vivere da solo, padrone di
decidere. Non ti senti preso per mano
come quando eri piccolo. Sentirai che
cosa significa camminare con le mani
in mano e non più mano nella mano
come un innamorato.
Se continui a rovistare nel tuo passato,
la terra ti mancherà sotto i piedi.
L’aratro entra di forza nel campo una
sola volta e poi sta a guardare l’effetto
del suo vomere. C’è un tempo per ara-
re, un tempo per crescere, un tempo
per fiorire e un tempo per raccogliere.
Si può guarire. Si può continuare
a vivere. Single è parente stretto di
singolare. È singolare, degno di am-
mirazione una persona onesta, fedele,
coerente. Quanta tenerezza mi fa chi
sa rialzarsi dalle sue fragilità. Quanta
gioia porta la guarigione dopo una
lunga degenza in ospedale.
Che dire:
single? singolare?
Fai tu, prendi tutto quello che ti ho
detto come titoli di coda che scor-
rono durante la trasmissione di un
telegiornale, di una telenovela, di una
televita.
Settembre 2011
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2.6 Page 16

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NOTE DI SPIRITUALITÀ SALESIANA
DON ARNALDO SCAGLIONI SDB
vie Otto
verso
una vita
riuscita
Le beatitudini evangeliche sono piantate al centro della
spiritualità salesiana. Sono il suo «codice della felicità»,
disse il Rettor Maggiore don Juan Vecchi. «Viviamo con
radicalità la vita nuova delle beatitudini annunciando
e testimoniando alle giovani e con le giovani la Buona
Novella della redenzione» afferma l’articolo 8 delle
Costituzioni delle Figlie di Maria Ausiliatrice.
1. Beati i poveri in spirito perché di essi
è il regno dei cieli.
Accontentati! “Nulla rifiutare e nulla domanda-
re”. La prima caratteristica della povertà di don
Bosco è stata un’incrollabile fiducia nella Divina
Provvidenza. I veri poveri hanno il cuore sgom-
bro per liberare tesori d’amore verso Dio e verso
i fratelli. Il vero povero trova sempre per loro un
pezzo di pane e un posto a tavola.
2. Beati gli afflitti perché saranno con-
solati.
Sto soffrendo sul serio, però voglio reagire. Non
voglio lasciarmi possedere dal fatalismo o dallo sco-
ramento. Sono deciso a riprendermi, come Giob-
be: “Dio ha dato, Dio ha tolto”. La consolazione di
Dio è la speranza nel cuore del dolore. “Dove c’è
sofferenza la terra è consacrata” (Nietsche).
3. Beati i miti perché erediteranno la terra.
Mi manterrò calmo, conterò fino a dieci prima di
reagire, voglio essere benevolo, amabile, sensibile,
educabile, buono sempre, dovunque, comunque.
«Non con le percosse, con la mansuetudine e con
la carità dovrai guadagnare questi tuoi amici» dis-
se il Signore a Giovannino nel sogno dei nove
anni. I miti non sono i fiacchi e i rassegnati, ma
gli uomini solidi e pazienti che non temono di
parlare anche quando le parole fanno male, che
hanno il coraggio di affrontare i conflitti, che per
sposare la causa di Dio, la sua infinita pazienza,
la sua tolleranza sconfinata, a volte accettano di
lasciarsi inchiodare su una croce.
4. Beati quelli che hanno fame e sete
della giustizia perché saranno saziati.
Da’ il meglio di te. Dio ti ha dato più di quanto
pensi di essere. Questo “più” è quello che devi
dare “in più”. Coloro che hanno fame e sete di
giustizia sono coloro che contro tutto riman-
gono giusti, che usano la loro intelligenza per
dare a ognuno ciò che gli è dovuto: coloro che
armonizzano azioni e pensieri con la volontà di
Dio, che hanno la passione dell’uomo e che pa-
gano di persona perché l’uomo più non sia una
merce che si compra e si vende: coloro che si
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Settembre 2011

2.7 Page 17

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8 ATTEGGIAMENTI - 8 MODI DI ESSERE CHE POSSONO AIUTARCI A VIVERE FELICI:
1. Accontentati
2. Sto soffrendo sul serio
3. Mi manterrò calmo
4. Da’ il meglio di te
5. Tratterò gli altri come vorrei
che gli altri trattassero me
6. Fatti amare
7. Sii costruttore di ponti
8. Scegli di essere felice
battono perché egli possa vivere in piedi nella
sua dignità.
5. Beati i misericordiosi perché trove-
ranno misericordia.
Tratterò gli altri come vorrei che gli altri trattas-
sero me. È una promessa. È un principio efficace,
è una norma di felicità. Dio si prende cura di te
perché tu possa prenderti cura degli altri.
I missionari e le missionarie salesiani sono sta-
ti uomini e donne di misericordia fin dall’inizio.
«Quante schiere di giovani si vedono oggi dedite
con immensa gioia al servizio dei fratelli in ogni
luogo e nelle circostanze più difficili della vita! La
testimonianza del servizio e della fraternità che
offre la gioventù di oggi è una delle cose più con-
solanti e stupende del nostro mondo» (Giovanni
Paolo II).
6. Beati i puri di cuore perché vedranno
Dio.
Fatti amare. Il cuore puro è il cuore semplice,
schietto, limpido. Ci sono persone che ci vengono
incontro sin dall’infanzia con qualcosa di limpi-
do e puro, schietto e vero. Un incontro con per-
sone del genere ci fa bene. Illumina qualcosa in
noi. Così era don Bosco per i suoi ragazzi. Se in-
contriamo una persona i cui occhi brillano senza
seconde intenzioni, allora anche in noi qualcosa
diventa limpido e schietto.
di riconciliazione e di pacificazione nel groviglio
delle tensioni. In un secolo in preda a guerre e
rivoluzioni, don Bosco fu, contrariamente a pa-
recchi suoi concittadini, un costruttore di pace.
8. Beati i perseguitati per causa della
giustizia perché di essi è il regno dei cieli.
Scegli di essere felice! Sta a te sentirti felice, a te
solo. Coloro che sono poveri in spirito sono come
coloro che vengono perseguitati per la giustizia:
uomini liberi interiormente, che non dipendono
dall’opinione degli altri. Questi uomini sono li-
beri, perché non si lasciano dominare dagli altri e
neppure dall’opinione pubblica, ma perché hanno
trovato in Dio la loro vera essenza. Dio regna in
loro. E dato che Dio regna in loro, sono del tutto
se stessi, liberi dal potere degli uomini. Dato che
Dio è il loro centro, sono loro stessi al proprio
centro, in armonia con se stessi.
7. Beati gli operatori di pace perché sa-
ranno chiamati figli di Dio.
Sii costruttore di ponti. Essere pacificatori, faci-
litatori, motivatori. Essere tra coloro che resisto-
no a tutte le forze dell’odio e della divisione che
sconvolgono il mondo. Coloro che mai accettano
la separazione, che non hanno paura del ridico-
lo pur di salvare l’unità, coloro che sono sorgente
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2.8 Page 18

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LE CASE DI DON BOSCO
MARCO PAPPALARDO
A Cibali
il Valdocco
della Sicilia
L’Istituto “San Francesco di Sales” di Catania La facciata dell’istituto con il monumento a don Bosco.
Il simpatico logo
dell’Istituto. Il
Cibali è la terza
casa salesiana a
essere stata fondata
in Sicilia.
I l “San Francesco di Sales” è la terza casa sale-
siana ad essere stata fondata in Sicilia nel 1889,
dopo il “San Basilio” di Randazzo (1879) e il
“San Filippo Neri”di via Teatro greco,nel cen-
tro storico della città (1885). Dalla cronistoria
e oggi anche dal sito www.salesianiciba-
li.it si legge che un anno dopo la morte di don
Bosco, inizia la costruzione dell’edificio centrale in
una posizione incantevole che guarda da una par-
te all’Etna e dall’altra al mare, «sulla via che dalla
piazza Santa Maria di Gesù va alla vicina borgata
di Cibali, in mezzo agli orti e ai giardini di limoni
che rendono incantevole la località». Fu costruito
su un terreno donato dal sacerdote catanese Pla-
cido Piccione che aveva lasciato anche dei beni a
questo scopo. L’edificio viene parzialmente abita-
to nel 1891 «dal primo Direttore Don Giovanni
Chiesa, qualche altro salesiano non precisato e una
ventina di giovani artigiani».
L’Istituto viene inaugurato il 10 maggio 1892
alla presenza del cardinale Giuseppe Benedetto
Dusmet, arcivescovo di Catania, oggi beato. Come
auspicio gli si volle dare il titolo di “San Francesco
di Sales”, lo stesso nome che il Santo dei giovani
aveva dato al suo primo Oratorio in Torino. L’ope-
ra salesiana, dapprima, accolse giovani apprendisti
artigiani (con i primi laboratori di sartoria, fale-
gnameria, calzature e legatoria), ma ben presto si
aprì anche a giovani studenti del Ginnasio inferio-
re e superiore (corrispondenti alla scuola media e al
ginnasio di oggi). Gli artigiani e gli studenti “inter-
ni”, di provenienza dall’intera Sicilia, pernottavano
in Istituto e ritornavano in famiglia solo per le va-
canze, gli “esterni”, residenti a Catania e dintorni,
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2.9 Page 19

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invece, dimoravano presso le proprie famiglie.
Negli anni sarà visitato da don Cagliero, tra i figli
di don Bosco il primo vescovo e il primo cardi-
nale, e più volte da don Michele Rua, primo suc-
cessore di don Bosco. Tra i laboratori già esistenti,
viene inaugurata dallo stesso don Rua una scuola
tipografica il cui primo lavoro fu il biglietto da vi-
sita dello stesso Rettor Maggiore, a lui omaggiato
dagli allievi e dagli istruttori.
Nel 1894, con l’Ispettore don Giuseppe Bertello,
“Cibali” diventa la sede ispettoriale della Sicilia; sì,
“Cibali” (dal greco significherebbe “testa”), questo
è il nome con cui ancora oggi, in Ispettoria, la casa
viene chiamata informalmente o meglio familiar-
mente in relazione al quartiere in cui si trova.
La storia naturalmente continua fino ai nostri gior-
ni, passando attraverso le guerre mondiali, i cam-
biamenti della missione educativa e dei salesiani,
la nascita e crescita dei licei, la contestuale cura dei
ragazzi in difficoltà o “ a rischio”, i significativi con-
vegni dell’Unione exallievi, la celebrazione del cen-
tenario della presenza, lo sviluppo costante dell’o-
ratorio, la nascita del Centro Cooperatori e quella
più recente dell’ADMA, la visita dell’urna di san
Domenico Savio e tanto altro.Negli ultimi vent’an-
ni questa realtà salesiana si è interrogata su come
essere significativa per i giovani del nostro tempo,
scommettendo sempre più sulla formazione, sulla
preghiera, sul servizio, sull’accoglienza, sull’apertura
al territorio, alla parrocchia, alla diocesi.
si combatte con la crisi vocazionale, economica,
educativa e dei valori; si lotta con la stanchezza,
contro la routine, con gli insuccessi educativi, con
le debolezze umane. Tutto ciò non si nasconde
certo sotto il pavimento dei cortili o negli ango-
li remoti di questo grande istituto, ma è offerto
quotidianamente, alla luce del sole, con il sudore
dell’azione educativa e la costanza della preghiera.
Qualcuno, ritornando dopo anni o forse un po’sfi-
duciato, dice: «Una volta era diverso, belli i tempi
antichi, invece ora…». Da cristiani si sa, però, che
“fare memoria” non è un nostalgico e malinconico
ricordo, non è fissare le lapidi e le statue erette
un tempo, ma è celebrare la vita, illuminare una
storia che continua, che risorge sempre “il terzo
giorno”, pronti a perdere ciascuno qualcosa, ma-
gari a cambiare tutto, ma fiduciosi nell’annuncio
della speranza.
Nella società del “tutto e subito” questa comuni-
tà educativa vuol essere ancora luogo di crescita
totale dei ragazzi, di formazione per le loro fa-
miglie, di proposta vocazionale, di spinta alla
missionarietà, di rilancio culturale per Catania, di
forte spiritualità.
I ragazzi del Cibali
intorno al direttore
don Pippo Ruta.
Impegnati e aperti come sempre
Così il “San Francesco di Sales” continua il proprio
servizio educativo, culturale e socio-religioso a fa-
vore della gioventù e delle famiglie dell’interland
catanese. Lo fa attraverso la dedizione della comu-
nità religiosa, guidata dal Direttore don Giusep-
pe Ruta, degli animatori dell’oratorio, dei docenti
della scuola paritaria di ogni ordine e grado, dei
giovani stessi impegnati nel volontariato, aperto
alle situazioni di povertà della città e della Sicilia.
Non sono mancate e non mancano le difficoltà:
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2.10 Page 20

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I LUOGHI DI DON BOSCO
O. PORI MECOI
Diventare preti a
Gerusalemme
Da allora più di 130 studenti hanno frequentato
l’Istituto Ratisbonne. Provengono da numerosi e
svariati paesi dei cinque continenti, una piccola
ONU, imparano a conoscere le ricchezze di ogni
cultura, la vitalità del Cristianesimo e la fecondità
del carisma salesiano in notevole espansione nel
mondo.
In questi anni si è lavorato per renderlo bello,
moderno e accogliente per quaranta studenti sa-
lesiani di teologia che si preparano al sacerdozio
Uno scorcio del Ra-
tisbonne. È un’oasi
cristiana nel cuore
della Gerusalemme
ebraica.
Sono trascorsi oramai più di sette anni
dall’avvio dell’avventura salesiana a Ra-
tisbonne.
Dal 2004 i Salesiani sono arrivati a Ge-
rusalemme dal piccolo centro di Cre-
misan vicino a Betlemme, dove da oltre
cinquant’anni si trovava lo Studentato Teologico.
Richiesti dalla Santa Sede, hanno occupato que-
sta bella costruzione di fine ottocento costruita
dal padre Alphonse Maria Ratisbonne.
L’Istituto si trova al Centro della nuova zona re-
sidenziale ebraica di Gerusalemme. Qui ci sono
residenze eleganti, grattacieli e a cinquecento me-
tri la grande Sinagoga Centrale di Israele. Una
piccola isola cattolica nella più esclusiva zona
ebraica.
20
Settembre 2011

3 Pages 21-30

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3.1 Page 21

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accompagnati da una decina di
professori. A loro si aggiungo-
no una dozzina di missionari
africani (i Padri Bianchi), e altri
studenti esterni religiosi e laici:
francesi, canadesi, americani,
brasiliani ecc. In tutto 32 nazio-
ni diverse del mondo! La lingua
ufficiale è l’inglese. Tutto esau-
rito. La casa vive la ricchezza
di una comunità multietnica e
multiculturale, con tutti i diversi
problemi del convivere.
Qui l’esperienza di quattro anni di studio della
teologia e di preparazione al sacerdozio è qual-
cosa di veramente unico e irripetibile. Cono-
scere, visitare, studiare in Terra Santa, la terra
di Gesù dove lui visse, morì, risorse. Nazareth
e Betlemme, Cana, il Tabor, Nablus ed Ebron,
e soprattutto Gerusalemme: il Santo Sepolcro,
il monte degli Ulivi, il Gethsemani, il Cenacolo,
e poi il Mar Morto con Qumran e Masada, solo
per citare in modo molto sommario alcuni nomi
che diventano, leggendo e pregando la
Bibbia, luoghi familiari e pieni di
significato per un futuro sacer-
dote. Israele, la Giordania
con Petra, l’Egitto con
il Monte Sinai: un’au-
la per la teologia e la
Bibbia unica al mon-
do, preziosa e impa-
gabile.
Recentemente Ra-
tisbonne è diventata
Sezione Inglese (En-
La casa vive la ricchezza di
una comunità multietnica e
multiculturale, con tutti i di-
versi problemi del convivere.
glish Campus) della nostra Università Pontificia
Salesiana di Roma. E per la prima volta a Rati-
sbonne si è svolto il Convegno Mondiale dei Bi-
blisti Salesiani.
A Gerusalemme vi sono quattro università
religiose cattoliche di alto livello: lo Studium
Francescanum, l’Ecole Biblique de Jerusalem
dei domenicani, il Pontificio Istituto Biblico
dei gesuiti e, ultimo arrivato, ma entusiastica-
mente rampante, la nostra Salesian Pontifical
University.
Il tocco salesiano
Gli studenti seguono un programma formati-
vo impegnativo: nello studio quotidiano portato
avanti attraverso il curricolo quadriennale di te-
ologia penetrano nel Mistero di Dio per impa-
rare a dare risposte al cuore dell’uomo sempre
inquieto, nella preghiera personale e liturgica
gustano la bellezza di essere amati dal Signore e
a Lui danno lode, nelle varie attività di lavoro e
di animazione della comunità plasmano la loro
personalità perché sia docile al lavoro dello Spi-
rito Santo. Usufruiscono di ambienti funzionali e
dignitosi, sapientemente ristrutturati ed adattati
alle esigenze di una comunità formativa: il cam-
po da gioco, recentemente inaugurato, ha dato un
tocco d’inconfondibile “salesianità” all’edificio di
Ratisbonne.
Don Maurizio
Spreafico (al centro
in prima fila) supe-
riore dell’Ispettoria
Salesiana del Me-
dio Oriente con un
gruppo di chierici
studenti.
Settembre 2011
21

3.2 Page 22

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LE CHIESE DI DON BOSCO
Il cortile, come
in tutte le case
salesiane, è una
gradita “materia”
di studio.
Coloro che hanno già completato il programma
formativo rientrano nelle loro Ispettorie di origine
e si tuffano con entusiamo nell’esercizio della mis-
sione educativa ed evangelizzatrice salesiana. Con-
servano nel cuore il ricordo degli anni trascorsi nel
contesto straordinario della Terra Santa, il quinto
Vangelo, contemplato durante le visite ai Luoghi
santi e ai parchi archeologici, sotto la guida esperta
dei loro docenti.
A Ratisbonne non mancano neppure le attività
pastorali. Innanzitutto il lavoro per la numerosa
comunità dei cattolici filippini. Sono la più gran-
de comunità cattolica di Terra Santa. Soprattutto
a fine settimana sono quattro i centri dove i gio-
vani salesiani svolgono la loro attività pastorale,
non solo per le Sante Messe, ma anche per i Ca-
techismi e la preparazione ai vari sacramenti.
L’apostolato tra i palestinesi, per ovvie ragioni
linguistiche, si riduce ai piccoli oratori di Betlem-
me e Cremisan e ad un istituto di poveri ragazzi
disabili.
È nato anche un centro audiovisivo in collabo-
razione con la Procura Missionaria di Torino. È
stato realizzato un cortometraggio sulla piscina di
Siloe che, presentato al 26° Festival Internaziona-
le del Cinema Cattolico in Polonia, ha ottenuto
la menzione di merito e il premio per la sezione
educativa.
Un’esperienza benedetta dal Signore quella di
Ratisbonne, fino ad ora. I Superiori Salesiani,
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Settembre 2011

3.3 Page 23

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PERCHÉ RATISBONNE?
Il 31 gennaio 1842, nella cappella romana del cardinal Patrizi, un ebreo
francese riceveva il Battesimo: si chiamava Alphonse Ratisbonne. Dodici
giorni prima, la Madonna gli era apparsa nella chiesa di Sant’Andrea delle
Fratte ed Alphonse, che vi era entrato ateo ed anticlericale, ne uscì del
tutto convertito. Prese anche il nome di Maria, divenne gesuita e si trasferì
in Palestina dove fondò insieme al fratello Teodoro, anche lui diventato
gesuita, la Congregazione dei Fratelli e Sorelle di Sion per la conversione
degli Ebrei.
Su una collina nei pressi di Gerusalemme, che a fine Ottocento era solo
un luogo abbandonato occupato solamente da pietre e capre, costruì un
edificio per l’educazione professionale ed umana dei ragazzi appartenenti
alle tre religioni monoteistiche. Ratisbonne volle in quel sito la sua scuola,
seguendo una tradizione di allora che affermava che proprio là il profeta
Isaia, quasi ottocento anni prima, aveva profetizzato al re Acaz (Isaia 7,14
ss.) che una vergine avrebbe concepito un bimbo chiamato ad essere il
salvatore di Israele.
Morì, ad Ain Karem, nel 1884.
Dopo la guerra israelo-palestinese del 1948, la scuola dovette chiudere e re-
stare praticamente inutilizzata.
I religiosi dei fratelli Ratisbonne lasciarono la casa e ora i figli di don Bosco le
hanno donato una vita nuova e, soprattutto, un futuro. Facendo felice anche
il profeta Isaia.
particolarmente il Rettor Maggiore, la seguono
con interesse e grande speranza. I Vescovi del-
la Terra Santa esprimono apprezzamento per
la presenza dei salesiani di Gerusalemme che,
con la loro istituzione teologica, qualificano
l’impegno culturale della Chiesa locale. Le altre
prestigiose strutture accademiche gerosolomi-
tane non mancano di offrire stima soprattutto
in occasione delle iniziative di studio promosse
dal centro di studi salesiano di Ratisbonne. Esse
sono onorate frequentemente dalla presenza del
Nunzio Apostolico in Israele, rappresentante del
papa Benedetto XVI, che inviò una Sua perso-
nale benedizione in occasione del saluto a Lui
rivolto dal Preside, don Roberto Spataro, duran-
te un’udienza.
Dopo aver creato uno stile ed elaborato un pro-
getto, si apre una nuova fase, quella del conso-
lidamento e della crescita. E così al Direttore
della comunità formatrice, don Francis Preston,
all’Economo, don Dario Superina, e al Preside del
centro di studi don Roberto Spataro, succedono,
nel regolare avvicendamento della vita religiosa,
altri responsabili che con operosità “donboschia-
na” raccoglieranno l’eredità ricevuta perché Ra-
tisbonne sia sempre fucina di santità salesiana e
sacerdotale.
Per chi ne volesse sapere di più, il sito web è:
ratisbonnesdb.org
Il team dei
superiori. A loro è
affidato il magnifico
compito di formare
i Salesiani del
futuro.
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3.4 Page 24

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FMA
MARIA ANTONIA CHINELLO
Come casa
il mondo
L’Italia sta celebrando i 150 anni della sua Unità.
Le iniziative e gli eventi non mancano, anche
in casa salesiana.
150 anni di educazione, scritti dalla dedizione
incondizionata di uomini e donne.
Le Figlie di Maria Ausiliatrice e i Salesiani da sempre
hanno avuto cura di chi attraversa le frontiere e,
portando la sua patria tra le braccia, approda in un
paese straniero alla ricerca di vita, lavoro, futuro.
La memoria del passato ci aiuta a leggere
il presente e a preparare il domani.
Oggi il fenomeno migratorio
ha assunto fisionomie nuove.
L’Italia, porta dell’Europa, e
i suoi abitanti non sono più
nella condizione di essere
“accolti”, quanto piuttosto
interpellati ad “accogliere” i popoli
che bussano a ondate e con sempre
più frequenza alle frontiere. Per le Fi-
glie di Maria Ausiliatrice, cambiano
le modalità dall’intervento, ma non la
passione e la cura educativa.
A Padova da 12 anni presso i locali
dell’Istituto Maria Ausiliatrice è attiva
una scuola per l’insegnamento dell’i-
taliano agli stranieri. Suor Anna Ma-
ria Zabai è la Delegata Regionale e
la Referente dei Progetti del VIDES
Veneto che coordina questo progetto
insieme ad altri servizi attivati sul ter-
ritorio: «I migranti che partecipano al
Corso annuale sono ormai 450, di cui
circa 370 frequentano qui a Padova,
il giovedì sera e il sabato pomeriggio.
Gli altri sono a Valdagno (Vicenza)
e a Conegliano (Treviso). Quando c’è
lezione di italiano possiamo dire che
il mondo viene a trovarci in casa, poi-
ché accogliamo gente che proviene da
43 paesi dei quattro continenti».
L’attività del Vides, in questo anno
particolare, tenta di coniugare unità
con solidarietà: «Con il nostro servizio
contribuiamo a costruire la pace attra-
verso l’educazione al rispetto delle di-
versità, all’accoglienza, alla conoscenza
reciproca. Insegnando a conoscere le
leggi italiane, la cultura del nostro Pae-
se, la lingua, si forniscono gli strumen-
ti perché i migranti si realizzino come
“onesti cittadini e buoni cristiani”. At-
traverso l’amore e il rispetto della terra
d’Italia, che ci ospita tutti, trasmettia-
mo la cooperazione come approccio
efficace al benessere collettivo».
La Scuola nasce su richiesta della co-
munità filippina residente in città:
urgeva un aiuto per l’apprendimento
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Settembre 2011
Nel 1911, le Figlie di Maria Ausiliatrice assumono
a Napoli la direzione del segretariato dell’Italica
Gens, una federazione per l’assistenza degli
emigranti transoceanici.

3.5 Page 25

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della lingua italiana. Così
nel 1999 prende il via il pri-
mo corso di alfabetizzazio-
ne per adulti filippini. Ogni
giovedì sera intere famiglie
si riunivano nei locali dell’I-
stituto Maria Ausliatrice dove
volontari e volontarie si lan-
ciano nell’avventura dell’in-
segnamento della lingua, gui-
dati da un docente qualificato e
da una volontaria che si occupa-
no della didattica. In seguito, a chie-
dere sarà un gruppo di donne dell’est
europeo con un alto livello di istruzio-
ne. Poi è la volta delle comunità cinese
e indiana. A questo punto, nel 2001, si
decide di aprire le porte della scuola ai
migranti di tutti i Paesi del mondo.
«È stato un continuo lasciarsi inter-
rogare, come comunità educante, dai
nuovi bisogni di integrazione tra abi-
tanti di vecchia e nuova data. Il flusso
migratorio che investiva il nostro Paese
in quegli anni – continua suor Anna
Maria – lasciava intravedere che, oltre
la lingua, uomini e donne di molte cul-
ture, diverse tra loro, desideravano con-
frontarsi con la cultura italiana per pro-
curarsi le risorse necessarie per vivere e
i mezzi per poterlo fare con efficacia».
All’Istituto Maria Ausiliatrice i migran-
ti trovano anche accoglienza, umanità,
amicizia. Diventano parte di una “fa-
miglia”: «Negli anni l’Associazione si
è attivata, rinnovando il suo operare, a
fronte di veloci cambiamenti politico-
sociali e perseguendo sempre maggior
qualità e professionalità nelle azioni. È
molto attenta a tutelare e a promuove-
re la donna nelle sue specificità e a far
emergere le risorse dei giovani».
Laboratori di umanità
Oggi, oltre al corso di italiano, la map-
pa dei servizi del Vides, che coinvolge
anche la sede di Valdagno, mira a fa-
vorire la comprensione e la conoscen-
za reciproca degli italiani con i popoli
che abitano la città: «Il Laboratorio
di scrittura autobiografica e teatro, lo
Sportello di ascolto e accompagnamento
psicologico e quello di orientamento, il
Consultorio e Sportello Donna cercano
di tradurre in azione gli obiettivi che
il Vides Veneto persegue e i valori su
cui ha messo le proprie radici: acco-
glienza, condivisione e solidarietà. Il
suo impegno è volto alla creazione
di una società più umana, dove ogni
persona esiste e vive senza subire umi-
liazioni, ingiustizie e impedimenti alla
propria dignità. Secondo i principi
della carità cristiana si cerca l’affer-
mazione della pace e della giustizia e
si promuove attivamente l’incontro di
popoli e tradizioni diverse per diffon-
dere una cultura della cooperazione.
I volontari e le volontarie lavorano per-
ché soprattutto le donne, i giovani e i
bambini immigrati siano accolti come
Oggi, a Padova: centro di accoglienza per immi-
grati. Per le Figlie di Maria Ausiliatrice, cambiano
le modalità dell’intervento, ma non la passione e la
cura educativa.
persone, rispettati nella loro specificità,
promossi nella loro potenzialità».
L’opera cresce di anno in anno, grazie
soprattutto alla passione e all’impe-
gno dei 105 volontari, alla responsabi-
lità dei collaboratori, alla condivisione
di idee e risorse con altre realtà edu-
canti, culturali e sociali del territorio,
con cui si lavora in rete per sostenere,
anche economicamente, i progetti:
associazioni culturali, di comunità di
immigrati, Movimento Giovanile Sa-
lesiano, Diocesi, Caritas, Università
degli Studi di Padova, Regione Ve-
neto, CSV della Provincia di Padova,
Comuni di Padova, Valdagno, Asolo.
«Sono tante le persone da ringraziare,
ma soprattutto vogliamo raggiungere
tutte le Figlie di Maria Ausiliatrice
del Triveneto, che supportano l’Asso-
ciazione in tutto il suo percorso, e in
particolare le 15 fma presenza attiva
tra noi, per la loro disponibilità e il
loro amore».
Settembre 2011
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3.6 Page 26

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A TU PER TU
O. PORI MECOI
CNOS FAP: il futuro
ha le mani unte Incontro
con il presidente
don Gennaro Comite
Qual è la vostra attività?
La nostra attività è la Formazione
professionale (FP). Gli Allievi, che
prevalentemente provengono dalla
Scuola Media, frequentano un trien-
nio per la qualifica, con l’assolvimento
dell’obbligo di istruzione: è la Forma-
zione iniziale. Dopo la Formazione
iniziale, abbiamo corsi per la forma-
zione superiore (postlaurea/postdi-
ploma) e per la formazione continua
(aggiornamento di lavoratori già
occupati o da reinserire nel mondo
del lavoro). Ultimamente si è aperto
un cantiere nuovo con la normativa
sull’apprendistato. Il tutto nei princi-
pali settori professionali dell’Ente.
Come funziona
concretamente?
Secondo l’ordinamento italiano (ri-
forma Gelmini 2010), dopo la Terza
Media l’allievo si può iscrivere o alla
Scuola Superiore (5 anni in vista di
un diploma) o ai Corsi di Formazione
professionale regionali: è la Formazio-
ne iniziale, di cui si diceva, che dà la
qualifica professionale di II livello eu-
ropeo, con cui può procedere con un
altro anno per il diploma, e in prospet-
tiva accedere anche all’Università.
È un’attività riconosciuta
dalle famiglie e dallo Stato?
Dalle famiglie è molto attesa, anche
se non sempre conosciuta (il Censis
dice che più del 50% delle famiglie
non conosce questo canale di for-
mazione), perché la FP risponde a
specifiche loro esigenze, come la più
facile occupabilità (specie per i figli di
immigrati) e minori uscite dal sistema
scolastico con la conseguente disper-
sione. E poi la FP risponde spesso alla
“vocazione” di tanti giovani con intel-
ligenza pratica e portati più al “fare”
che al pensare astratto.
Quanto al riconoscimento da par-
te dello Stato, si deve tener presente
che la FP per il riconoscimento-fi-
nanziamento dipende dalle Regioni,
cui è demandata la responsabilità di
tutto ciò che attiene al lavoro e alla
formazione al lavoro (Titolo V del-
la Costituzione). Naturalmente qui
si dipende dal funzionamento delle
Regioni, che in Italia sono una realtà
a macchia di leopardo: alcune, cioè,
sono “virtuose”, nel senso che dimo-
strano attenzione al sistema e inter-
vengono fattivamente; altre, invece, si
lasciano condizionare dalla situazione
economica attuale, ma a volte anche
Laboratorio per Elettricisti.
26
Settembre 2011

3.7 Page 27

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CNOS FAP
da visioni ideologiche, per cui avven-
gono continui tagli nell’assegnazione
dei corsi e nei finanziamenti, ritardi,
se non azzeramento completo…
Quali sono i vostri punti
di eccellenza?
Laboratori attrezzati, come cardine
di una formazione adeguata ai tempi;
stage presso le Aziende durante l’iter
formativo; stretto legame di collabo-
razione con molte Aziende; recupero
e rimotivazione di moltissimi allievi
che riprendono quota (o nella FP o nel
rientro a scuola); elevata percentuale di
occupati dopo la qualifica (nei nostri
CFP superiamo di molto il 65-70%);
continuo aggiornamento educativo,
culturale e professionale, fatto insieme
alle Università (in primis Università sa-
lesiana) e con adeguate pubblicazioni
(Linee guida; studi; ricerche; rivista;
notiziario mensile…); il Concorso an-
nuale dei Settori, che si svolge a livello
nazionale, per i migliori allievi dell’ul-
timo anno.
Chi paga gli insegnanti?
Noi non parliamo di Insegnanti-
Docenti ma di Formatori (che sono
docenti o tecnici) che a vari livelli
curano tutta la formazione. Costoro
rientrano nel finanziamento pubbli-
co (Regione). Le famiglie in questo,
a differenza di quanto avviene per la
scuola paritaria, non hanno oneri eco-
nomici.
Da tener presente, comunque, che il
finanziamento pubblico non copre
tutti i costi per le attrezzature e l’am-
modernamento dei laboratori e tutta
l’attività formativa dell’Ente.
Centro Nazionale Opere Salesiane – Formazione Aggiornamento Professionale. Ente giuridico,
nato nel 1977, associazione di fatto senza scopo di lucro, emanazione dell’Ente Cnos, riconosciu-
to con Decreto Presidente della Repubblica (DPR n. 1016 del 20.9.67). Il Cnos-Fap promuove un
servizio di pubblico interesse nel campo dell’orientamento, della formazione e dell’aggiornamento
professionale, secondo lo stile educativo di don Bosco. È presente in 16 Regioni, dal Friuli alla
Sicilia, dalla Valle d’Aosta al Veneto, con più di 60 Centri (CFP, Centri Formazione Professionale),
con sede nazionale a Roma (www.cnos-fap.it). Nell’anno formativo 2010-2011: 1645 corsi con
22954 allievi (di tutta la filiera, dalla formazione iniziale alla formazione superiore postlaurea o
postdiploma, alla formazione continua, alla formazione non finanziata), con 682588 ore di corso,
circa 100 Salesiani e 1335 Formatori laici. Principali settori di formazione sono: Elettrico-elettro-
nico, Meccanica industria-
le, Meccanica d’auto (au-
toriparatore e carrozziere),
Grafico/multimediale, In-
formatico, Turistico/Risto-
razione, cui si aggiungono,
trasversali a tutti i Settori,
tre Commissioni (Cultura,
Matematico/Scientifica,
Orientamento) che inte-
grano, a livello formativo,
i corsi strettamente tecnici.
Allievi CFP Schio al lavoro
per un brevetto “Braccio
Meccanico”.
Quali sono i problemi
e i punti d’ombra della
Formazione Professionale?
Una grande conquista è stata l’ultimo
riordino del sistema istruzione in Italia
(2010) che ha equiparato la Formazio-
ne Professionale al sistema di istruzio-
ne scolastico tradizionale: la FP non è
più una realtà di serie B. Il passaggio,
però alle Regioni per quanto attiene
non solo il finanziamento, ma anche
per l’impostazione del sistema stesso
(assegnazione dei corsi, riconoscimento
delle qualifiche…), crea non poche dif-
ficoltà, insieme al grosso punto interro-
gativo che sarà la riforma, attualmente
in itinere, del federalismo fiscale…
Il primo grande problema
giovanile è l’occupazione.
Il vostro è un punto
di osservazione privilegiato.
Qual è la situazione?
Oggi ci sono alcune contraddizio-
ni nel sistema Italia. Per esempio, da
una parte si parla di crisi di occupa-
zione giovanile e dall’altra c’è carenza
di mano d’opera in molti settori in-
dustriali e artigianali. Si comprende
come la FP possa dare un apporto
non secondario per superare questo
divario. Inoltre, gli immigrati trovano
più facilmente occupazione dei nostri
giovani, per una maggiore duttilità di
approccio al lavoro: e questo chiama in
causa una formazione adeguata. E, poi,
tutti sappiamo che l’economia italiana
si regge sulle piccole e medie imprese:
in queste realtà, spesso a conduzione
familiare, è forte il bisogno di prepa-
razione adeguata e moderna: e questa
preparazione non la dà certo la scuola.
Ancora, persiste in tante famiglie ita-
liane la corsa ai “licei” (e conseguente-
Settembre 2011
27

3.8 Page 28

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A TU PER TU
mente alla laurea) per i propri figli: ma
qui non è assicurata la permanenza di
frequenza con conseguente dispersio-
ne scolastica: offrire, quindi, un altro
sistema di formazione è rispondere
anche al problema dell’occupazione.
La nostra esperienza, avvalorata anche
da studi dell’Isfol, ci dice che con la
qualifica trova lavoro il 64% (in alcune
regioni anche oltre il 70%) degli allie-
vi, a dimostrazione del fatto che non
è vero che si sfornano disoccupati o
frustrati.
C’è uno stile salesiano nella
Formazione Professionale?
Noi abbiamo innanzi tutto la Carta
dei valori che indica i valori caratteri-
stici, ispirati al metodo di don Bosco:
l’educazione (intesa come formazione
integrale della persona), la formazio-
ne professionale (intesa come conce-
zione cristiana del lavoro), il clima di
famiglia che caratterizza ogni Opera
salesiana, l’attenzione all’orientamento
alla vita, la formazione etico-religiosa
quale coronamento di ogni autentica
crescita umana e cristiana.
E poi abbiamo la Proposta formativa
che concretizza questi valori in speci-
Laboratorio auto.
fiche mete educative, metodologie di
intervento, attività integrative…: in-
somma i punti fondamentali del me-
todo educativo salesiano, che vanno
dalla formazione religiosa (catechesi,
liturgia…) all’associazionismo (gruppi
di vario genere…).
Che tipo di rapporto avete
con le Aziende?
Questa è stata sempre una caratteri-
stica della FP salesiana: a questo pro-
posito si ricordano i rapporti storici
(che addirittura risalgono a don Bo-
sco) con Fiat e con l’Ente Ferrovie di
Torino alla fine dell’800. E poi, con
Lanerossi Vicenza (Schio), con la
Falk di Sesto S. Giovanni, con Mon-
dadori a Verona, con Magneti Marelli
e con Pirelli in varie zone del Nord…
Negli ultimi 10 anni la Federazione
ha particolarmente sviluppato questi
rapporti, arrivando a importanti ac-
cordi (come, per esempio, con Fiat
Group con il Progetto TechPro2,
esportato poi anche in Polonia, Spa-
gna, Sud America…). Ma anche con
Schneider Electric, con DMG, con
Siemens, con Heidehnain, con De
Gruppo Serramentisti CFP Roma Gerini.
Lorenzo, con ENI, ma soprattutto
con una miriade di piccole e medie
imprese, a livello territoriale, come
è nella vocazione della FP. Questi
accordi prevedono, per esempio, la
possibilità di stage degli allievi presso
Officine delle Aziende (e questo apre
spesso a successive assunzioni); la
partecipazione dei nostri Formatori
ad aggiornamenti periodici presso le
loro strutture industriali; aiuti econo-
mici o in attrezzature; consulenze per
aggiornamento delle stesse strutture
tecnologiche…
Come vedete il futuro della
Formazione Professionale
salesiana?
La FP salesiana si regge su due gam-
be: da una parte, la convinzione che
avranno i Salesiani di concepirla sem-
pre come una dimensione privilegiata
che sta nel cuore del carisma (giova-
ni, emarginati, lavoro, formazione…);
dall’altra, la reale possibilità che da-
ranno le istituzioni per poter avere
condizioni di fattibilità.
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Settembre 2011

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
GIAPPONE
20 anni del Don
Bosco Overseas
Young Volunteer
Group
POLONIA
Festival
dei Giovani
Senza
Frontiere
(ANS - Tokyo) – Il “Don Bosco Over-
seas Young Volunteer Group” (DBVG) ha
festeggiato nel mese di maggio 20 anni di
attività. Circa 200 persone, soprattutto gio-
vani coinvolti a vario titolo nei programmi
del movimento, hanno partecipato alla
commemorazione ufficiale.
Monsignor Francesco Mizobe Osamu,
vescovo emerito di Takamatsu e fondatore
del movimento, non potendo partecipa-
re in prima persona è intervenuto con un
discorso video registrato. Erano presenti,
invece, gli altri direttori che hanno guidato
il movimento successivamente. In 20 anni di
attività il DBVG ha coinvolto circa 230 gio-
vani in oltre 40 spedizioni di volontariato.
I giovani che sono coinvolti dal DBVG sono
per la maggior parte non battezzati ma,
vivendo in un contesto cristiano e salesiano,
possono fare un’esperienza di conoscenza e
incontro con Gesù e il suo insegnamento.
COSTA RICA
CEDES Don
Bosco alla Fie-
ra Internazio-
nale di Scienza
e Tecnologia
(ANS - San José) – Anche
quest’anno il Centro di
Educazione Salesiana Don
Bosco (CEDES) di San José
è stato rappresentato da due
giovani studenti alla Fiera
Internazionale di Scienza
e Tecnologia “Intel 2011”
(Intel ISEF), la più grande
competizione al mondo per
progetti scientifici elaborati
da ragazzi delle scuole
secondarie. Gli studenti
Nicole Mena e José Miguel
González, entrambi all’ulti-
mo anno del CEDES, con
indirizzo elettronico, hanno
creato un dispositivo che
consente ad una persona
cieca di riprodurre musica
senza dover memorizzare la
partitura attraverso il meto-
do Braille: con una maglia
in grado di rispondere a
diversi tipi di vibrazioni, in-
fatti, le persone non vedenti
possono percepire le note
musicali sul corpo mentre
suonano lo strumento.
(ANS - Różanystok) – Per il secondo
anno consecutivo l’Ispettoria di Varsavia
ha ospitato il “Festival dei Giovani Senza
Frontiere”.
L’incontro, durato cinque giorni, ha riu-
nito 300 giovani provenienti da Estonia,
Lituania e Polonia e ha permesso loro di
conoscere culture e tradizioni dei Paesi
partecipanti.
Alle ambasciate di Colombia, Perù e Vene-
zuela è stato assegnato il Patronato onora-
rio del Festival. I ragazzi hanno partecipato
a seminari e laboratori di teatro, pittura,
scultura, musica, ma anche ballo sudameri-
cano, cucina e arti marziali.
Ogni giornata si è conclusa con concerti ed
esibizioni che hanno consentito una piace-
vole condivisione culturale. Nella mattina
di sabato 21 maggio i giovani hanno pre-
sentato i risultati dei vari laboratori da loro
frequentati nei giorni precedenti.
Il festival si è concluso con un grande con-
certo, il cui programma è stato preparato
insieme dai giovani partecipanti.
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3.10 Page 30

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DIARIO SALESIANO
ROSA VEZZESE
Marie Emmanuelle
La bambina mai nata
C’era una volta uno sparuto gruppetto di
bambini che giocavano in strada, mangiavano
in strada, chiedevano l’elemosina in strada, in
strada facevano tutto. Crescendo impararono
anche a rubacchiare e ad amarsi. Fin tanto che
quelle bambine/i, non più bambine/i oramai,
hanno concepito un bimbo.
Si chiamano Clarisse ed Emmanuel, in
strada da sempre, con un tentativo fal-
lito di accoglienza presso Enfant de soleil
(lei), e Ambalakilonga (lui).
Da anni seguivano le attività del merco-
ledì proposte dall’oratorio.
Poi ad ottobre la notizia di un bimbo in arrivo.
Abbiamo cominciato con le visite mediche per
lei. L’ecografia diceva indicativamente il parto
all’incirca per fine anno. Allora ci siamo detti:
abbiamo un mese per pensare all’affitto di una
stanza, il parto in ospedale, una borsa lavoro per
Emmanuel.
Ed invece lunedì 6 dicembre, Clarisse comincia
Bambini per le stra-
de di Fianarantsoa
(Madagascar). Per
loro spendono la
vita salesiani e
volontari.
ad aver mal di pancia, la porto al centro medico,
ma non vogliono visitarla, poiché aveva già un ap-
puntamento per il dispensario di stato al 19 gen-
naio. Insisto che venga visitata subito. Mi dicono:
non è nulla, un falso allarme. E la mandano via
senza badarci più di tanto.
Mercoledì mattina (8 dicembre), arrivano prestis-
simo due dei nostri ragazzi della strada per dirci
che Clarisse ha partorito nella notte. Nella notte?
dove? come? con chi? Nella notte c’era stato un
gran temporale.
Dove? in strada ovviamente, come tutte le altre
cose che fanno in strada. Come? con mezzi im-
provvisati tra sacchetti di plastica, stracci sporchi
ed una bacinella mezza rotta. Con chi? con una
donna che ha perso il senno anni fa ed ora vive
sotto un cellophane con un numero imprecisato
di cani. Poi il gestore di Carambole (il negozio
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Settembre 2011

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4.1 Page 31

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LA CASA PIENA DI COSE BUONE (HENINTSOA)
La Comunità della Missione di Don Bosco (CMB), 28° gruppo della Famiglia Salesiana, nasce a Bologna nel 1981. Sono un gruppo di
laici, uomini e donne, (di ogni età) che impegnano la loro vita, a favore di bambini e ragazzi, secondo lo spirito di don Bosco, con la peculiarità
della “missione ad gentes”.
Negli anni l’attività della CMB si è via via strutturata non solo in Italia, ma anche all’estero: Burundi, Cile, Argentina, Haiti e Madagascar, e proprio
in quest’ultimo paese avvia nel 1998, a Fianarantsoa, la sua collaborazione con i salesiani, dapprima facendo animazione in oratori di campagna
circostanti la città stessa, poi man mano che il gruppo della CMB di Fianarantsoa si consolida, inizia a sognare anche un servizio più mirato a favore
dei bambini del quartiere di Ankofafa.
Nasce così nel 2008 CASA HENINTSOA.
Una casa pienamente immersa nel quartiere che accoglie in regime residen-
ziale (dal lunedì al venerdì) 12 bambine, di età compresa tra i 6 e gli 11 anni;
che frequentano la scuola elementare diocesana gestita dalle Figlie di Maria
Ausiliatrice.
A casa Henintsoa le bimbe residenti vengono seguite nei compiti, nel gioco
e nella cura della persona in tutti i suoi aspetti, mentre i fratelli/sorelle del
nucleo più stretto (46 complessivamente che fanno anch’essi riferimento
alla vita del centro) sono seguiti a vari livelli (scolarizzazione, salute, dina-
miche relazionali) secondo i bisogni della famiglia.
Nel progetto sono coinvolte le mamme, che collaborano con le educatrici della
casa, perché riteniamo che la famiglia sia la prima responsabile del percorso
educativo dei loro figli. Sono le madri stesse, quindi, che a rotazione provve-
dono a preparare i pasti, fare il bucato, accompagnarle a scuola e allo stesso
tempo è proposto loro di partecipare a degli incontri organizzativi e formativi
(alfabetizzazione, educazione igienico-sanitario, familiare, ecc.) atti a miglio-
rare le loro condizioni di vita, supportate in questo percorso da frequenti ve-
rifiche e regolari visite domiciliari. Crediamo fortemente nella famiglia come
risorsa educativa, lavorare solo sui bambini sarebbe riduttivo, si rischierebbe,
alle dimissioni (dopo un periodo di permanenza di circa 5 anni) la non continuità, vanificando così l’operato precedente.
Tra le carenze di risorse che hanno queste famiglie, quella della povertà materiale incide fortemente, ed è uno dei grossi limiti per attuare i nostri
percorsi educativi: a tal proposito il progetto, in questi due anni, è stato integrato, con l’attivazione di borse di lavoro per alcune mamme e l’acquisto
di un terreno da dare in usufrutto alle famiglie al fine di guadagnarsi da vivere in maniera dignitosa, senza dover sempre dipendere dalle elargizioni
di elemosine o recuperare di che vivere nella discarica cittadina, situata per l’appunto nel nostro quartiere.
che vende souvenir) ha dato loro ospitalità: uno
sgabuzzino, tra sacchi di carbone, pneumatici
vecchi, taniche d’olio. Meglio che niente, piutto-
sto che stare in strada sotto il diluvio.
Infine alle 14 arriviamo Lanto ed io, e la troviamo
là, sdraiata su una stuoia in mezzo a quella confu-
sione, con una bimba microscopica che dormiva
come un angelo.
Che si fa ?
Una visita innanzi tutto per ma-
dre e bambina. Tanto il centro
medico è li a pochi metri.
Vado, spiego e chiedo. Ri-
sposta negativa: non si può né
portarla per una visita né far
arrivare la suora ostetrica,
non c’è personale suffi-
ciente per queste cose.
Ritorno e con Lanto decidiamo di portarcela a
casa, al piano di sotto abbiamo ricavato una stan-
za per le emergenze.
Telefoniamo alla dottoressa Eugenie, che subito
la visita: c’è un’infezione in corso, è avvenuta una
lacerazione, ma è troppo tardi per la sutura. La
bimba è troppo piccola (1,9 kg), ma sembra in
salute seppur gracile, le lega il cordone ombelicale
e la medica.
Nel frattempo la mamma di Emmanuel (che vive
in strada anche lei) arriva e ci dice che il capo
dove lavora da qualche tempo, le ha trovato una
casa dove stare tutti e tre, proprio a 400 metri da
casa Henintsoa.
Intanto si fanno le 17 ed è ora di andare a Messa
per la festa dell’Immacolata e per i rinnovi de-
gli atti di dedizione, Lanto questa dedizione l’ha
proprio nel cuore.
Nel progetto dei
CMB vengono
coinvolte anche
le mamme.
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4.2 Page 32

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DIARIO SALESIANO
Anche questi
bambini possono
ritrovare il sorriso
nel nome di don
Bosco.
Durante la Messa, mi permetto di ricordare al Si-
gnore, che una stalla è stata più dignitosa di una
strada bagnata, fra cani e sacchetti di plastica.
Il trasloco
Tutti si danno da fare. I salesiani portano materasso
e suppellettili varie, le nostre mamme stanno spie-
gando a Clarisse come fare a dar da mangiare alla
piccola che fino a poco fa non aveva un nome. De-
cidono di chiamarla Marie Emmanuelle Viviane.
La mamma di Clarisse (anche lei vive di espedienti
in strada ed allatta un piccolo di circa un anno
e mezzo) è venuta per lavarle i panni spor-
chi; le nostre bambine vanno e
vengono tenendole un poco
di compagnia.
Così oggi sbrighiamo il
“trasloco” e domani (vener-
dì) tutti possono anda-
re a stare nella nuova
stanza. Guardo tutto
questo movimento di
cose e di persone e mi
commuovo. La strada
luogo assurdo per vivere, per crescerci. La strada è
allo stesso tempo nemica e amica, la strada devasta,
uccide la dignità, ma mette in movimento un gran
numero di persone, è comunque un luogo capace
di generare risorse ed attivare solidarietà.
Non abbiamo fatto il miracolo. La piccola Marie
Emmanuelle, è morta oggi pomeriggio (sabato) in
ospedale. Ha avuto una crisi respiratoria e ipoter-
mia, mi han detto che è tipico dei bimbi prematuri.
Domani mattina alle quattro, la seppelliremo.
Per lo Stato risulta “mai nata”, suo padre non ave-
va ancora fatto la dichiarazione di na-
scita, ma nel nostro cuore continua
a vivere.
Anche noi continuiamo. Ad Emma-
nuel abbiamo dato una borsa lavoro
ed ora hanno in affitto una stanza e
vivono insieme. Con loro hanno pre-
so altri due bambini di strada e Cla-
risse è di nuovo incinta di 3 mesi
e sperano in una bambina.
Perché così vanno le cose,
qui da noi, a Fianarantsoa,
Madagascar.
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Settembre 2011

4.3 Page 33

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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
ISOLE SALOMONE
Il Giorno
dell’Industria
(ANS - Henderson)
– I ragazzi del corso
elettronico della scuola tecnica di Hender-
son hanno partecipato a metà maggio ad
una giornata di formazione e valutazione
animata da Max Kilokilo, Supervisore
del reparto elettronico della Guadalcanal
Plains Palm Oil Limited (GPPOL). “Svi-
luppate una personalità onesta e una buona
attitudine al lavoro, che vi permetteranno
di completare ogni lavoro che vi verrà affi-
dato” ha detto il professionista ai giovani.
All’incontro formativo hanno partecipato
sia i ragazzi del corso senior sia quelli del
corso junior. I giovani sono stati soddisfatti
delle indicazioni offerte da Kilokilo, che ha
esaminato i prodotti di laboratorio e posto
loro varie domande. Durante le attività
pratiche i ragazzi più grandi sono stati
interrogati sulla loro comprensione degli
schemi e dei circuiti industriali, mentre ai
ragazzi più piccoli è stato chiesto di parlare
del cablaggio domestico.
ITALIA
In ricordo
di Nino Baglieri
(ANS - Modica) – Per
celebrare il IV anniversario
della morte di Nino Baglieri
(1951-2007), Volontario
Con Don Bosco (CDB), la
Famiglia Salesiana della Si-
cilia ha promosso molteplici
attività. Sabato 14 maggio
presso il salone della casa
salesiana di Modica, città
natale di Nino Baglieri, don
Pippo Ruta ha presentato
un nuovo volume: “Nino
Baglieri a 360° – L’atleta di
Dio sotto vari punti di vista”,
nel quale la figura del con-
sacrato CDB è approfondita
dai punti di vista clinico,
bioetico, biografico e spiri-
tuale, canonico e salesiano,
e infine linguistico-espres-
sivo. Dopo un’Eucaristia
di suffragio, la giornata
di commemorazione si è
conclusa con il musical
“Sulle ali dell’amore”. Il
prossimo anno si prevede
di dare avvio al processo
diocesano per la causa di
beatificazione e canonizza-
zione del Volontario Con
Don Bosco.
COSTA D’AVORIO
A sostegno
dei bisognosi
(ANS - Duékoué) – Nel periodo di cri-
si sociopolitica sorta in occasione delle
elezioni presidenziali, e prolungatasi anche
dopo la vittoria del neo presidente Ouattara
su Gbabgo, la missione di “Santa Teresa
di Gesù Bambino” di Duékoué ha accolto
decine di migliaia di profughi. Per mesi i
due salesiani dell’opera hanno dovuto far
fronte a una situazione di crisi umanitaria.
Terminato il conflitto armato tra le fazioni e
avviato il processo di stabilizzazione politica
del paese, la gente, intimorita da possibili ri-
torsioni e attacchi o perché aveva perso ogni
cosa, ha continuato comunque ad affollare
l’opera salesiana.
La solidarietà salesiana di vari paesi del
mondo non ha fatto mancare il proprio
sostegno. I salesiani hanno valutato l’idea
di aprire un orfanotrofio per accogliere i
minori che, durante la crisi, hanno perso i
genitori e ogni contatto familiare.
Settembre 2011
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4.4 Page 34

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COME DON BOSCO
BRUNO FERRERO
Come parlare
di diavolo e angeli?
Diavoli e angeli fanno parte della cultura in molti modi.
I bambini li incontrano nelle serie di telefilm, nelle
storie raccontate dagli adulti, nelle vetrate e nei dipinti
in chiesa. E poi al catechismo: anche Gesù è spesso alle
prese con i demoni. E’ logico quindi che siano curiosi
sull’argomento: Il diavolo è forte come Dio? Si può
essere posseduti da un demonio? Tu credi agli angeli?
E’sintomatico osservare
come oggi tante perso-
ne, anche materialisti ad
alta criticità scientifica,
credano che la loro vita
sia influenzata da forze
occulte, buone o cattive. I trafficanti
di oroscopi, di amuleti e di arti occulte
fanno affari d’oro.
Un diavolo nero e ghignante, come
quello di molte serie tv, può apparire
negli incubi notturni di molti ragaz-
zini. Mentre è facile che gli angeli
svaniscano con la scuola dell’infanzia.
Ma il diavolo è anche una realtà
psichica. Il bambino sente talvolta una
forma di pressione a far qualcosa di
male pur sapendo che è male: «Non
sono io che lo voglio, ma c’è qualcosa
dentro di me che mi spinge a farlo ed
è fortissimo, molto più forte di me».
In ogni caso, angeli e demoni fanno
pensare. Sono degli esseri personali
(non delle “forze”), creati e capaci di
“relazione”, quindi liberi di dire sì o
no a Dio.
Come parlarne allora?
Prima di tutto, rassicurare. È
bene che i bambini sentano parlare
di cose terribili e spaventose quando
sono con degli adulti. In questo modo
riescono ad integrare l’orrore e la paura
nel quadro generale dell’esistenza in
modo positivo e senza eccessive dram-
matizzazioni. Queste sono realtà che
i bambini devono incontrare, magari
in forma simbolica, mentre si trovano
in un quadro conosciuto, calmo e ras-
sicurante, sulle ginocchia di qualcuno
forte, capace di difenderli e salvarli.
Rimettere il diavolo al suo po-
sto. Quando un bambino domanda:
«Il diavolo esiste?» è assolutamente
importante rispondergli sinceramente
in conformità a quello che si crede.
Non si rassicura un bambino baran-
do con se stessi per tranquillizzarlo,
perché ogni bambino ha un sesto
senso per la falsità e questo non fa che
aumentare le sue paure.
In ogni caso, non si deve mai parlare
del diavolo senza sottolineare la sua
totale inferiorità in rapporto a Dio.
Non sono due realtà simmetriche! È
sempre Dio che vince, perché la sua
forza non ha paragoni. È difficile far
accettare questa verità ad un ragaz-
zino, perché di solito ha la quasi cer-
tezza che la bontà è più debole della
cattiveria. Lui stesso sa che a scuola i
prepotenti e i perfidi vincono sempre.
È importante ripetere ai bambini che
Dio è l’unico essere non creato.
Affrontare il mistero della
libertà. Utilissimo diventa a questo
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Settembre 2011

4.5 Page 35

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punto parlare degli angeli. Queste sì
sono creature che si possono parago-
nare al diavolo. Diavolo e angeli sono
stati creati da Dio insieme. Il diavolo
ha scelto il male, quando Dio nella sua
bontà e nel suo rispetto, ha lasciato an-
che agli angeli la possibilità di scelta.
Se il bambino domanda perché Dio
ha permesso che un angelo scegliesse
il male solo per l’ambizione di “fare le
scarpe” a Dio, si deve rispondere che
per Dio la libertà ha un’importanza
immensa, perché Dio ama le sue
creature, e quando si ama si rispetta
sempre la libertà dell’altro. Altrimenti
l’altro non è un essere amato, ma uno
schiavo. Dio non ha voluto fare dei
suoi angeli degli schiavi, proprio come
non ha voluto fare degli esseri umani
dei robot già programmati e senza
alcuna libertà di scelta. Per questo ci
sono delle persone che fanno il male.
Più forti del diavolo. È importan-
te spiegare ai bambini che non sono
indifesi di fronte al diavolo. Il diavolo
fa credere di essere terribile, ma in
realtà ha paura di tantissime cose.
Non sopporta la verità, l’umiltà,
l’armonia, l’amore, la fiducia in Dio,
la preghiera, la Madonna, i santi. Nel
Vangelo, Gesù sconfigge sempre il
demonio. Si può insegnare ai bambini
che il diavolo è terrorizzato dall’invo-
cazione a Gesù e che possono quindi
utilizzare una formula come «Nel
nome di Gesù Cristo ti ordino di
lasciarmi tranquillo» accompagnata da
un segno della croce ampio e lento.
Un alleato spirituale. E se i bam-
bini fanno domande sugli angeli? Per
prima cosa bisogna rispondere che
gli angeli sono presenti nella Bibbia
(con nome e cognome perfino, come
Michele, Gabriele e Raffaele, come
pure i cherubini e i serafini). La fede
nell’angelo custode è una tradizione
antichissima e perfettamente logica
perché sgorga dall’infinita bontà di
Dio. Gesù stesso afferma: «Guardate
di non disprezzare uno solo di questi
piccoli, perché io vi dico che i loro an-
geli nei cieli vedono sempre la faccia
del Padre mio che è nei cieli» (Matteo
18, 10). Pregare l’Angelo di Dio con
un bambino tutte le sere non è solo
regalargli la tranquillità per una notte
ma instillargli una forma di sicurezza
spirituale per tutta la vita.
Sentire accanto a sé la presenza di un
angelo favorisce la scelta del bene, la
fiducia, la serenità, l’amore tranquillo
per le creature. Si trasforma spesso in
sorgente di energia positiva e forza
per lottare contro gli eventuali demo-
ni, compresi quelli interiori.
Rimanere padroni dell’ani-
ma. È importante evitare che i
bambini e i ragazzi pensino di
essere una specie di giocatto-
lo in balia di forze invisibili
che li possono indurre al
male o trasportare verso
il bene. I cristiani, anche i
più piccoli, sono “figli della
Risurrezione” e le potenze
del male sono state vinte.
Il quadro dell’Angelo Custode nella
Basilica di Maria Ausiliatrice dipin-
to da G.B. Galizzi. L’altare ricorda
il tenero affetto che don Bosco
portava al suo Angelo Custode.
Gli spiriti del male possono influire
su di noi solo se in qualche modo gli
lasciamo aperta la porta della nostra
anima. Dio continua a lasciarci liberi
di scegliere perché questa è la nostra
fondamentale dignità, ma Gesù ci
ha insegnato la strada sicura per non
perderci in mezzo alle insidie di un
mondo in cui il Maligno continua ad
esercitare il suo potere di seduzione.
Per questo è necessario vegliare atten-
tamente su ciò che entra nella nostra
anima. Per neutralizzare gli elementi
nocivi, la Chiesa fornisce antidoti in
abbondanza: la preghiera, l’Eucaristia,
la Bibbia e la compagnia delle persone
che hanno scelto la via di Dio seguen-
do Gesù.
Senza mai dimenticare, ogni giorno,
l’antica preghiera: «Angelo di Dio, che
sei il mio custode, illumina, custodisci,
reggi e governa me, che ti fui affidato
dalla Pietà celeste. Amen».
Settembre 2011
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4.7 Page 37

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4.8 Page 38

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I SALESIANI E L’UNITÀ D’ITALIA
FRANCESCO MOTTO
Accanto agli italiani
nel tragico biennio 1943-1945
Solidarietà e carità
cristiana verso tutti
La Resistenza alle forze tedesche
occupanti e quelle repubblicane loro
alleate, all’indomani dell’8 settembre
1943 trovò i salesiani solidali mate-
rialmente e moralmente con le po-
polazioni italiane. Nella volontà di al-
largare sempre più gli spazi della loro
opera caritativa li venne a confermare
l’appello lanciato da Valdocco nella
Pasqua 1944, dall’episcopato piemon-
tese: “[Dio] Benedica soprattutto
quelli che mettono al di sopra di tutto
la pratica dell’amore fraterno, l’aiuto
al bisognoso, la misericordia per l’in-
digente ramingo, come ci hanno in-
segnato a fare san Giovanni Bosco e
san Giuseppe Benedetto Cottolengo,
che hanno meravigliato il mondo con
le gesta gigantesche della loro carità”.
Difesa delle proprie opere
Il primo obiettivo che i 5000 salesia-
ni d’Italia cercarono di perseguire in
quei terribili 20 mesi di occupazione
tedesca e di bombardamenti alleati fu
di non abbandonare i giovani loro af-
fidati, continuando la normale attività
educativa nelle oltre 200 case sparse
sul territorio nazionale. Alla prova dei
fatti le loro scuole, gli oratori, i cen-
tri giovanili, le parrocchie, sia pure in
mezzo a crescenti difficoltà per distru-
zioni, carenze alimentari e sfollamenti,
poterono continuare in modo quasi
regolare, salvo ovvie eccezioni nei mo-
menti e nei luoghi di massima attività
bellica. In tale logica difesero le loro
case dalla totale o parziale requisizio-
ne. Ne furono comunque occupate una
quarantina, dal Friuli alla Sicilia, dai
nazifascisti prima e dagli alleati dopo,
man mano che risalivano la penisola.
Accoglienza di ragazzi
sinistrati e di orfani
Una seconda modalità di intervento
nella terribile situazione del momento
fu quella di accogliere ragazzi in stato
di bisogno. Nelle case salesiane si fece
il possibile per soccorrerne il massimo
numero, favoriti in ciò dal posto lasciato
libero da allievi “normali” ridotti di nu-
mero proprio in ragione del pericolo in
cui si viveva. Ai salesiani venne avanza-
ta dalle stesse autorità della RSI la pro-
posta di accettare i 3800 ragazzi della
GIL, con il personale addetto e gli im-
mobili. Accettarono solo i minori della
Lombardia e del Piemonte, assieme a
qualche centinaio di figli di lavoratori
italiani residenti in Libia e consegnati
all’Opera Balilla allo scoppiare della
guerra. Se nel dicembre 1941 il Rettor
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Settembre 2011
I gravi danni del bombardamento sulla casa di
Valdocco.

4.9 Page 39

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Maggiore non aveva esitato a far un
voto di aprire un orfanotrofio in ogni
ispettoria, sul finire del 1944 parve che
fosse giunto il momento opportuno per
ottemperarvi, benché solo in Italia vi
fossero una quarantina di case salesia-
ne totalmente, o quasi, distrutte, e oltre
cinquanta quelle gravemente lesionate,
senza contare le quattro chiese rase al
suolo e la decina di quelle danneggiate.
Presenza fra i carcerati
e gli ostaggi – mediazioni
e martìri
Presenza silenziosa, ma non priva di
pericoli, fu quella di sacerdoti salesia-
ni che lavorarono nelle carceri, fra gli
ostaggi, i rastrellati, i prigionieri politi-
ci, nel desiderio di facilitarne il rilascio
o l’evasione, di favorirne lo scambio, di
chiarificare tante situazioni. Riuscirono
non poche volte, in circostanze diffici-
lissime e in un clima avvelenato da odi
implacabili, a frenare irritazioni, ad im-
pedire violenze e spargimento di san-
gue, a far desistere da azioni inconsulte,
a scongiurare rappresaglie, a intavola-
re trattative, a facilitare rese militari, a
salvare case e bestiame, a proteggere
paesi in pericolo di distruzione. Così
don Cocco per Villastellone (To), don
Molas per vari paesi dei dintorni di
Castelnuovo Don Bosco, don Stickler
per Bagnolo, altri per Cumiana (To),
Novara, Faenza, Borgo S. Lorenzo al
Mugello, Buonalbergo di Benevento.
Ci fu chi pagò con la vita il sentirsi
tutt’uno con la popolazione italiana.
A Caserta l’uccisione da parte dei par-
tigiani di un soldato tedesco fu causa
di morte, per rappresaglia, di quattro
salesiani (tre sacerdoti e un laico), nella
cui casa di sfollamento, sopra Garzano,
i partigiani avevano trovato assistenza.
Don Comini, nel tentativo di ottenere
la liberazione di decine di civili presi
in ostaggio dai tedeschi, venne cat-
turato come spia a Pioppe di Salvaro
(Bologna); rifiutatosi di abbandonare
i compagni di sventura, fu giustiziato
con loro. Nei giorni
immediatamente suc-
cessivi alla liberazione,
il 30 aprile 1945, pres-
so Grugliasco (Tori-
no), don Caustico fu
catturato, seviziato e
fucilato (con altri 61
compagni) a seguito
del fallito tentativo di
trattare la resa dei te-
Nello sfacelo della distruzione, le cupole della
Basilica di Maria Ausiliatrice si distinguono come
segno di speranza. Sotto: L’ingresso al campo di
concentramento di Auschwitz.
deschi ai partigiani della 46° Divisione
“Rinaldo Baratta”, di cui era cappellano.
Alcuni cappellani dei soldati internati
nei campi di prigionia o degli operai
trasferiti nei campi di lavoro in Ger-
mania non fecero più ritorno a casa.
Ai salesiani caduti per mano dei na-
zifascisti andrebbero per altro aggiunti
quelli uccisi dai partigiani perché favo-
revoli alla RSI, come ad esempio don
Sangiorgio, già cappellano militare
in Jugoslavia e in Russia, e in seguito
cappellano della brigata “Montebello”,
fucilato il 30 aprile 1945 a Sordevolo
(VC).
Non abbiamo fatto che il nostro dove-
re, rispose nel giugno 1944 il prefet-
to dell’Istituto Pio XI di Roma al rab-
bino francese che gli chiedeva perché
avesse accolto e nascosto in collegio
ben 70 ragazzi ebrei. Così si potreb-
be dire dei salesiani d’Italia (e delle
Figlie di Maria Ausiliatrice) che in
quel terribile biennio di “guerra civile”
si sono schierati “dalla parte giusta”,
quella degli Italiani che chiedevano
aiuto, conforto, pace e speranza.
Settembre 2011
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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale
Alla ricerca
del nome del santo
Io e mio marito eravamo in dif-
ficoltà per avere un figlio. Una
signora, avendo saputo, tramite
mio marito, la nostra situazione,
se ne interessò e gli diede un
abitino di san Domenico Sa-
vio, pregandolo di portarmelo,
poiché tramite l’intercessione
di questo santo avremmo po-
tuto avere la gioia di avere un
figlio. Mio marito mi consegnò
l’abitino. Io lo conservai molto
volentieri nella mia borsa, pur
non conoscendo il nome del
santo cui apparteneva, poiché
mio marito non se lo ricordava.
Allora mi misi a cercarne il nome
su internet, per poterlo invocare.
Passarono alcuni mesi prima di
riuscire a trovare il nome di que-
sto santo. Finalmente nel marzo
2010 capitai per caso su internet
in un forum, dove delle persone
che non riuscivano ad avere figli
avevano richiesto l’abitino di san
Domenico Savio tramite il sito
dei salesiani di don Bosco. Mi
collegai con questo sito e vidi
che l’immagine del Santo cor-
rispondeva a quella che mi era
stata consegnata. Richiesi un
altro abitino e scaricai dal sito
la novena e la preghiera della
mamma in attesa. Ogni giorno
recitai con mio matrito la novena
e questa preghiera. San Domeni-
co Savio ci ha esauditi: dopo soli
due mesi sono rimasta incinta.
I dottori dicevano che, per le mie
condizioni particolari, avrei po-
tuto avere dei problemi nel corso
della gravidanza. Tuttavia io e
mio marito eravamo fiduciosi.
Abbiamo recitato ogni giorno
la preghiera della mamma in at-
tesa. La mia gravidanza non mi
ha dato nessun problema ed il
7 gennaio 2011 è nata la nostra
bellissima bambina Maria Fran-
cesca.
Perna Annarita
Mi arrivò l’energia
di cui avevo bisogno
Da vario tempo non mi sentivo
bene e i medici non riuscivano
a dare una chiara spiegazione
del mio malessere. Il 27 dicem-
bre 2010 iniziai ad avere febbre
molto alta e respiro faticoso. I
medici non venivano a visitarmi
e io ero impossibilitata ad usci-
re. La guardia medica, giunta
dopo insistenze, formulò una
diagnosi errata, peggiorando
così la mia situazione già pre-
caria. Istintivamente presi tra le
mani l’abitino di san Domenico
Savio, appeso al mio letto, e
me lo misi al collo, pregando-
lo di aiutarmi. Il 30 dicembre
i medici mi diagnosticarono
una broncopolmonite acuta.
Quella stessa notte non riuscii
a respirare. Ricordo che il mio
cuore batteva all’impazzata ed
io mi sentivo venir meno. Ma
ecco che ad un certo momento
successe… qualcosa: mi arri-
vò dentro l’energia di cui avevo
bisogno. Iniziai a stare meglio.
Da quel momento iniziò il per-
corso di guarigione, lungo e fa-
ticoso; infatti poco tempo dopo,
tramite accertamenti mi furono
riscontrati forame ovale pervio
e ischemia cerebrale. I medici
però non riuscivano a venirne a
capo, vagheggiando tra ipotesi
di cura e intervento. Ancora una
volta mi affidai a san Domenico
Savio, finché potei incontrare il
medico giusto che lesse corret-
tamente la mia situazione, ras-
sicurandomi e sapendo come
intervenire.
Garibaldo Michela, Milano
NOTIZIE
DALLA POSTULAZIONE
24 maggio 2011, Pelplin
(Polonia)
Chiusura dell’inchiesta
Diocesana del secondo
gruppo dei martiri della
seconda guerra mondiale,
vittime del nazismo
Il 24 maggio 2011, durante una
solenne celebrazione eucaristica
nella cattedrale di Pelplin (Polo-
nia), si è conclusa la fase dioce-
sana del processo di beatificazio-
ne del secondo gruppo dei martiri
della seconda guerra mondiale,
vittime del nazismo. Il vescovo
monsignor Jan Bernard Szlaga ha
affermato che i documenti raccol-
ti sono esempio di “laboriosità e
accuratezza” del Tribunale.
Il gruppo di questi martiri conta
122 persone tra sacerdoti, reli-
giosi e laici, avendo come capo-
gruppo il Servo di Dio don Antoni
Henryk Szuman. Tutti quanti sono
vittime del nazismo. I Servi di Dio
hanno dato la loro vita per la fede
in vari luoghi della Polonia e an-
che nei campi di sterminio di Da-
chau, Sachsenhausen, Mittelbau,
Buchenwald.
Tra essi vi sono 9 salesiani di don
Bosco: don Jan Swierc e 7 com-
pagni, dell’ispettoria di Cracovia,
martirizzati ad Auschwitz e don
Franciszek Mis´ka SDB, che fu
direttore del Piccolo Seminario
“Figli di Maria” a La¸d negli anni
1936-1942, internato nel campo
di concentramento di Dachau,
dove morì per maltrattamenti e
sevizie il 30 maggio 1942.
Alla sessione di chiusura erano
presenti i Postulatori di sette Dio-
cesi polacche e di dodici Congre-
gazioni religiose legati ai martiri
candidati alla gloria degli altari.
Per i salesiani erano presenti i vice
postulatori don Michal Szafarski
dell’Ispettoria di Cracovia e don
Jaroslaw Wasowicz dell’Ispetto-
ria di Pila. Inoltre vi erano molti
sacerdoti con i parrocchiani delle
parrocchie di cui erano originari i
martiri della seconda guerra mon-
diale. Don Dariusz Dra¸z˙ek è stato
nominato Postulatore per la fase
romana del processo.
Uno dei frutti della prima tappa
del processo di beatificazione è
la pubblicazione del libro “Zgine¸li
za wiare¸”, con le biografie di tutti i
candidati agli altari. Autori di que-
sto libro sono: don Wiesław Mazu-
rowski e don Wojciech We¸ckowski
di Pelplin.
Martedì 7 giugno 2011.
Inizio dell’Inchiesta dioce-
sana per la beatificazione
della Serva di Dio Anna
Maria Lozano
Presso la curia vescovile di Gi-
randot (Colombia) si è avviata uf-
ficialmente l’Inchiesta diocesana
per la beatificazione della Serva
di Dio Anna Maria Lozano, cofon-
datrice dell’Istituto delle Figlie dei
Sacri Cuori di Gesù e di Maria,
fondato dal beato Luigi Variara.
In un forte clima di commozione e
40
Settembre 2011

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di gioia spirituale il vescovo dio-
cesano, monsignor Hector Julio
Herrera salesiano, ha presieduto
questo atto che rappresentava
un evento storico per la diocesi
stessa, essendo la prima volta
che veniva iniziato un processo
diocesano di beatificazione.
Dopo il saluto della Madre gene-
rale, suor Eulalia Marin, e una pre-
sentazione del profilo della Serva
di Dio si è proceduto alla costi-
tuzione del tribunale diocesano:
don Aldo Aldana, Delegato epi-
scopale, don Carlos Arturo Garcia
Soriano, Promotore di giustizia, la
sig.ra Ana Miryam Herrera, No-
taio. Successivamente presso la
chiesa parrocchiale di Agua de
Dios è stata celebrata una solenne
eucaristia che ha visto la parteci-
pazione di molte suore della Con-
gregazione, dei membri dell’Isti-
tuto secolare Luis Variara, di vari
rappresentanti della Famiglia Sa-
lesiana, del clero e del seminario
diocesano e di numerosi fedeli.
Il Postulare Generale delle Cause
dei Santi della Famiglia Salesia-
na, don Pierluigi Cameroni, ha
accompagnato questo atto inizia-
le e nel suo indirizzo di saluto ha
chiesto a monsignor Hector Julio
Herrera che la cappella dell’Isti-
tuto delle Figlie dei Sacri Cuori,
dove riposano i resti del beato
Luigi Variara e dove sono custo-
dite le spoglie della madre Anna
Maria, sia riconosciuta come
santuario eucaristico a livello
diocesano.
Nata a Oicatà (Colombia) il 24
settembre 1883, Anna Maria Lo-
zano si trasferisce nel 1897 nel
lazzaretto di Agua de Dios con la
sua famiglia in seguito al contagio
di lebbra del papà. Qui la giovane
rimane affascinata dal carisma
di don Luigi Variara e decide di
entrare a far parte dell’Istituto di
suore che l’apostolo dei lebbro-
si sta fondando per l’assistenza
spirituale e la cura dei malati di
lebbra; l’unico che ammette alla
vita consacrata suore affette dal
morbo di Hansen.
Due anni dopo la fondazione
dell’Istituto giunge la morte della
madre Oliva, prima superiora ge-
nerale, e Anna Maria, all’età di 23
anni, è eletta seconda superiora.
Sarà poi la discepola più vicina
al fondatore, l’erede, ma anche
la responsabile di trasmettere lo
spirito proprio all’Istituto, di farlo
crescere e mantenerlo fedele alle
radici. È Superiora Generale per
55 anni, a più riprese (1907-1919;
1922-1925; 1928-1968), e con-
solida stabilmente il carisma vit-
timale nella spiritualità salesiana.
In lei eccellono un grande amore
per l’Eucaristia, una grande fi-
ducia nella divina Provvidenza,
una chiara coscienza dello spirito
vittimale, vissuto nell’accettare e
offrire tutte le situazioni quotidia-
ne, specialmente le sofferenze e
le contrarietà.
Muore il 5 marzo 1982 all’età di
98 anni.
Per informazioni e segnalazioni di
grazie scrivere a: postulazione@
sdb.org
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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
Claudia Sini vdb
Morta a Rivoli (TO) il 19
giugno 2011, a 36 anni.
Gli ananas
migliori del mondo
Nell’estate del 2008 doveva an-
dare in Camerun con un gruppo
di giovani dell’oratorio. Si pre-
sentò così: «Ciao! Sono Claudia,
ho 32 anni e quest’estate ne avrò
33 (la vecchietta del gruppo!).
Sono medico anestesista, quindi
lavoro in prevalenza in sala ope-
ratoria e nelle urgenze.
Ho sempre pensato che un gior-
no, neanche tanto lontano, sarei
“partita”. A dire la verità ho fatto
medicina proprio per questo. So-
gnavo grandi viaggi, grandi av-
venture in terre lontane e di poter
dare tanto, ma a un “prossimo”
generico che non riuscivo nean-
che a immaginare.
Questa volta c’è una differenza
importante rispetto alle altre vol-
te: mi hanno chiesto di partire,
non è un’iniziativa partita da me.
Che questa volta la chiamata di
Dio sia diversa?
Non so bene cosa aspettarmi.
Mi piacerebbe tanto incontrare
le persone: non solo i bambini,
anche gli adulti. Capire come
vivono, come lavorano e tirano
avanti, come vivono in famiglia.
Soprattutto io parto per tornare:
per riportare qui a casa, nella
“mia missione”, quello che avrò
visto e sentito e imparato in
Africa. Se poi ci saranno nuove
chiamate non lo so: ma per ora
la mia missione è qui, e voglio
affrontarla con gli orizzonti più
aperti possibile.
Per finire riassumo le mie “ca-
pacità”: sono un medico (dovrei
ricordare qualcosa di medicina
generale, le medicazioni le so più
o meno fare, a fare iniezioni sono
bravissima!), suono la chitarra,
canto e faccio cantare, un po’ di
animazione ai bambini dovrei ri-
cordarmi come si fa se mi tocca
farla, uso abbastanza il computer,
parlo italiano, abbastanza ingle-
se, un po’ di spagnolo e il france-
se lo imparerò!
Ferie permettendo, spero di co-
noscervi presto e di mangiare
presto gli ananas migliori del
mondo!»
Il 5 maggio scoprì il linfoma. Era
il suo Getsemani. Non partì, ma
decise di prendere il crocifisso
durante il mandato missionario
in Basilica di Maria Ausiliatrice e
cominciare a vivere la sua espe-
rienza missionaria tra le corsie
dell’ospedale facendo la chemio-
terapia. Sempre disponibile, sor-
ridente, piena di speranza.
Il Signore non era stato avaro di
doni con lei. Aveva una bella fa-
miglia, un carattere solare, una
intelligenza vivacissima, la capa-
cità di legare con tutti.
Una collega dell’ospedale testi-
monia: «Noi abbiamo avuto la
fortuna di condividere e dividere
con Claudia un mestiere tanto
importante, mestiere che lei vi-
veva come una missione di fede.
La sua sensibilità e la sua com-
prensione del dolore facevano sì
che si ponesse con i pazienti con
umanità, pazienza e dolcezza, le
stesse qualità che contraddistin-
guevano il suo modo di interagire
con noi. Oltre al vuoto incolma-
bile per la perdita di un medico
e un’amica così speciale, Claudia
ci lascia un grande esempio di
forza, fede, generosità, compren-
sione e amore per gli altri.
Sia nella sua vita sia nella sua
professione, ci ha insegnato a
non lasciare nulla di scontato e a
guardare sempre tutte le piccole
cose che ci circondano».
Come medico conosceva l’evo-
luzione della sua malattia, ma
comunicò a tutti la sua giovanile
e festosa volontà di guarigione.
Rassicurava tutti, parlava della
sua malattia “come missione”.
Scrisse: «La mia vita ora dipen-
de dagli altri. Già tante volte ho
avuto bisogno di trasfusioni di
globuli rossi e piastrine. Ogni
volta ho ringraziato e pregato in
silenzio per quei donatori che,
senza far rumore, senza mettersi
in mostra, semplicemente erano
andati a donare il loro sangue,
plasma, piastrine. Quante volte
quando lavoravo ho richiesto de-
rivati del sangue per pazienti gra-
vi, traumi, emorragie. Ora tocca a
me ricevere».
Aveva un segreto, custodito ge-
losamente come qualcosa di pre-
zioso. Claudia si era consacrata a
Dio con la professione dei Consi-
gli evangelici nell’Istituto secola-
re salesiano delle Volontarie Don
Bosco. A dicembre avrebbe fatto
i voti perpetui.
«Se sto bene a dicembre si fa la
festa a Valdocco sui luoghi delle
Prime Sorelle VDB. Non sarebbe
meraviglioso? Anche se la festa
mia non è scontata, mai ho smes-
so di cantare, anche se qualche
salmo è triste. Dio mi ama e un
giorno saprò il perché di quello
che mi sta capitando» scrisse
alla Responsabile.
Preparò le letture bibliche e i
canti per la festa della sua defini-
tiva consacrazione a Dio. Furono
quelli usati per il suo funerale.
«Vorrei che il mio funerale fosse
una festa, un incontro tra amici.
È l’ultima volta che posso essere
presente “fisicamente” con la mia
comunità, che tanto amo e tanto
mi ha dato. Vorrei che fosse una
festa come la Messa della dome-
nica, come la veglia di Pasqua».
Così è stato. Sulla bara c’erano
tante rose quanti gli anni della sua
vita. Trentasei rose per proclama-
re che ogni anno, ogni giorno della
sua vita era stato un canto di lode
a Dio. E in Paradiso ci sono i mi-
gliori ananas del mondo.
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Settembre 2011

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
La visita
O gni giorno a mezzogiorno,
un giovane si affacciava sulla
porta della chiesa e ripartiva
qualche minuto più tardi.
Portava un camiciotto a qua-
dri e i jeans sdruciti, come
tutti i giovani della sua età. Aveva
in mano un sacchetto di carta con i
panini per il pranzo.
Insospettito, il parroco gli domandò
che cosa ci venisse a fare. Perché, con i
tempi che corrono, c’è gente che ruba
anche in chiesa.
«Vengo a pregare» rispose il giovane.
«Pregare... Come fai a pregare così
velocemente?».
«Beh... tutti i giorni mi affaccio in
questa chiesa a mezzogiorno e dico
soltanto: “Gesù, è Jim”, poi me ne
vado. È un piccola preghiera, ma sono
sicuro che Lui mi ascolta».
Qualche giorno dopo, per un inciden-
te sul lavoro, il giovane fu trasportato
all’ospedale con alcune fratture molto
dolorose.
Fu sistemato in una camera con altri
ricoverati. Il suo arrivo cambiò il
reparto. Dopo un paio di giorni la
sua camera era diventata un punto
d’incontro per tutti i pazienti del
corridoio. Giovani e anziani si davano
appuntamento intorno al suo letto e
lui aveva un sorriso e una battuta d’in-
coraggiamento per tutti.
Venne a visitarlo anche il parroco e,
accompagnato da un’infermiera, si
recò accanto al letto
del giovane.
«Mi hanno det-
to che sei molto
malconcio, ma che
nonostante questo,
conforti tutti gli
altri. Come fai?».
«È grazie a uno che
mi viene a trovare
tutti i giorni a mez-
zogiorno».
L’infermiera lo
interruppe: «Ma non
c’è nessuno che viene a
mezzogiorno».
«Oh sì! Viene tutti i giorni, si affaccia
alla porta della camera e dice: “Jim, è
Gesù” e se ne va».
Ci sono delle persone che hanno la
virtù di farci star meglio, di scaldarci il
cuore, di donarci forza solo con la loro
presenza. Ed è magnifico se sappiamo
dove trovarle e sapere che desiderano
che noi “andiamo a trovarle”, a fare loro
una visita, anche se abbiamo poco o
niente da portare ma molto da ricevere.
Così è Gesù in una chiesa.
Una nonna entrò in chiesa tenendo
per mano il nipotino.
Cercò con lo sguardo il lumino rosso
che segnalava il tabernacolo del San-
tissimo. Si inginocchiò e cominciò a
pregare.
Il bambino, in piedi sull’inginocchia-
toio, girava gli occhi dalla nonna al
lumino rosso, dal lumino rosso alla
nonna.
Ad un certo punto sbottò: «Ehi,
nonna! Quando viene verde usciamo,
eh?».
Quel lumino non diventerà mai
verde. Continua a ripetere senza posa:
«Fermati!».
Questa è la roccia. L’unica roccia vera
a cui gli esseri umani possono an-
corarsi. L’unica sosta che dà un vero
riposo. «Venite a me voi tutti che siete
stanchi e affaticati e io vi ristorerò».
L’unica predica di Gesù: «Convertite-
vi perché il Regno di Dio è arrivato in
mezzo a voi».
È in mezzo a noi. Ma quanti se ne
accorgono?
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5.4 Page 44

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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Venite e vedrete
Beato Alberto Marvelli
La vocazione di
un exallievo salesiano
Salesiani nel mondo
Agua de Dios
Profezia di speranza
L’invitato
Monsignor Rosario Vella
Ridare un cuore
al Madagascar
I grandi amici
Don Luigi Guanella santo
I salesiani e l’unità d’Italia
Il contributo alla
ricostruzione
postbellica e all’avvio
del miracolo economico
Monumenti
Quel cenotafio
è un capolavoro
Dal testamento di don
Senza di voi
Bosco per i benefattori
Senza la vostra carità io avrei
non possiamo
potuto fare poco o
nulla; con la vostra
carità abbiamo invece
cooperato con la
fare nulla!
grazia di Dio
ad asciugare molte lagrime e
a salvare molte anime.
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail:donbosconelmondo@sdb.org
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