Bollettino_Salesiano_201107

Bollettino_Salesiano_201107

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IL
LUGLIO
AGOSTO
2011
In cammino verso Madrid
Non solo papa boys!
Salesiani nel mondo
Don Bosco a Istanbul
Le case
di don Bosco
L’Astori
di Mogliano
Veneto
Luoghi
salesiani
Pellegrini
ad Annecy
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
L’invitato
Suor
Enrica
Rosanna
una FMA
in Vaticano

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LE COSE DI DON BOSCO
JOSÉ J. GÓMEZ PALACIOS
L’asino
della
Generala
Sono forte e resistente.
Ho imparato a non
mostrarmi troppo ca-
parbio o cocciuto. Non
sono mica un mulo.
Anche perché in caso
contrario mi riempiono di botte.
Il mio pelo grigio è il riflesso
della mia vita triste.
Quando ero solo un puledrino
fui comprato dall’amministrato-
re della “Generala”, il carcere per
giovani delinquenti di Torino.
Servo a trasportare gli arnesi più
pesanti che i carcerati devono
usare durante i lavori forzati.
Quando le guardie li prendono
a bastonate, questi giovani or-
ribili si rifanno su di me, a calci
e pugni, come se anch’io fossi
un carceriere. Sono tristi, cattivi,
sporchi e puzzolenti.
Ma in mezzo a tante sofferen-
ze, conservo un segreto che è
stato un lampo di luce nella mia
povera vita. C’era una persona
speciale che veniva di tanto in
tanto a visitare i giovani carcerati
e li riempiva di dolci e soprat-
tutto di amicizia e parole buone.
Era un giovane prete e tutti lo
chiamavano don Bosco.
Un giorno, il giovane prete
si presentò arditamente dal
direttore del carcere e propose:
«Questi giovani hanno bisogno
di aria aperta. Vorrei farli uscire
tutti per un giorno. Una bella
passeggiata farà loro del bene
all’anima e al corpo».
Il Direttore sbalordito fece un
salto sulla sedia: «Lei scherza,
vero?» «Per nulla! Mi impegno
a riportarli tutti alla sera» ribatté
don Bosco. Ma per avere il
permesso dovette ricorrere al
Ministro del Re, che acconsentì:
«Va bene, ma dei carabinieri
in incognito vi seguiranno».
Il giovane prete aveva sorriso:
«Vorrei essere da solo, se non le
dispiace»
Il Ministro, sbalordito, brontolò:
«Alla sera non ne porterà nem-
meno uno».
Il giorno dopo un’allegra e va-
riopinta carovana prese la strada
di Stupinigi, una delle più belle
ville del re. Io trottavo davanti
a tutti, con un gran carico di
salami, pagnotte e fiaschi di
vino. Ero così felice che non mi
accorgevo del peso.
Ad un certo punto, temendo
che don Bosco si stancasse, mi
liberarono dalle provviste e mi
misero don Bosco sulla groppa.
Mi sentivo più fiero del cavallo
del re.
A Stupinigi don Bosco li con-
dusse in chiesa, celebrò la Messa,
li trattò allegramente a pranzo
La storia
Nel 1855, don Bosco ottenne il permesso di portare in gita
a Stupinigi tutti i giovani del carcere minorile “La Generala”
di Torino. Le vettovaglie erano portate da un asino su cui
i giovani fecero salire don Bosco. Alla sera, tutti i giovani
tornarono in carcere. (Memorie Biografiche V, 220 e ss.)
e a merenda e durante tutta la
giornata li occupò in diversi di-
vertimenti. Descrivere la felicità
che rifioriva su tutti quei volti è
impossibile. Godettero un mon-
do di delizie, nei viali del castello
reale, all’ombra delle piante, sulle
sponde delle acque, in quei prati
vestiti di erbe e smaltati di fiori.
La sera, rientrarono tutti nella
loro triste dimora.
Il Ministro aspettava con impa-
zienza il risultato della spedi-
zione e ne fu contento. Anzi,
siccome aveva un giovane nipote
assai dissipato, decise di affidarlo
a don Bosco, dichiarando: «Solo
lui può cambiargli il cuore!».
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Luglio/Agosto 2011

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IL
LUGLIO/AGOSTO 2011
ANNO CXXXV
Numero 7
IL
LUGLIO
AGOSTO
2011
In cammino verso Madrid
Non solo papa boys!
Salesiani nel mondo
Don Bosco a Istanbul
Le case
di don Bosco
L’Astori
di Mogliano
Veneto
Luoghi
salesiani
Pellegrini
ad Annecy
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
L’invitato
Suor
Enrica
Rosanna
una FMA
in Vaticano
2 LE COSE DI DON BOSCO
L’asino della Generala
4 STRENNA 2011
Augusto Czartoryski
6 LETTERE
8 EVENTI
Non solo papa boys!
10 SALESIANI NEL MONDO
Don Bosco a Istanbul
13 MESSAGGIO A UN GIOVANE
14 L’INVITATO
Suor Enrica Rosanna
18 LE CASE DI DON BOSCO
20 FINO AI CONFINI DEL MONDO
22 I LUOGHI DI DON BOSCO
Pellegrini ad Annecy
26 NOTE DI SPIRITUALITÀ SALESIANA
A come ascolto
28 LE CHIESE DI DON BOSCO
Santo Stefano a Beitgemal
30 GIOVANI
32 UNO SGUARDO SALESIANO
La figlia numero cinque
34 A TU PER TU
Clive Mifsud
36 NOI & LORO
38 I SALESIANI E L’UNITÀ D’ITALIA
Nel difficile ventennio
41 I NOSTRI SANTI
42 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
43 LA BUONANOTTE
14
30
34
Mensile di
informazione e
cultura religiosa
edito dalla
Congregazione
Salesiana di San
Giovanni Bosco
In copertina:
Da tutti i paesi
del mondo,
i giovani si sono
messi in cammino
verso Madrid per la
Giornata Mondiale
della Gioventù
(Foto Shutterstock).
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 57
edizioni, 29 lingue diverse e
raggiunge 131 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via della Pisana, 1111 - 00163 Roma
Tel./Fax 06.65612643
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web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Fabio Attard,
Chiara Bertoglio, Severino Cagnin,
Pierluigi Cameroni, Gianni
Ghiglione, Cesare Lo Monaco,
Alessandra Mastrodonato, O. Pori
Mecoi, Michele Molinar, Francesco
Motto, Marianna Pacucci, José
J. Gomez Palacios, Alberto Pellai,
Mario Scudu, Carlo Terraneo,
Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Luciano Alloisio (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via della Pisana 1111 - 00163 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612658
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n. 403 del 16.2.1949
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

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VENITE E VEDRETE
PASCUAL CHÁVEZ VILLANUEVA
Beato facile unione con Dio”, e quella del compatriota
san Stanislao Kostka, di cui Augusto fece proprio
il motto: “Ad maiora natus sum”.
L’evento decisivo della sua ricerca e del-
Augusto la sua vita è l’incontro con don Bosco,
avvenuto a Parigi nel maggio del 1883: “È da
molto tempo che desideravo fare la sua conoscen-
za!”, dice don Bosco ad Augusto. Da quel giorno
Augusto vede nel santo educatore il padre della
sua anima e l’arbitro del suo avvenire. Dopo l’in-
Czartoryski contro con don Bosco, Augusto non solo sente
rafforzarsi la vocazione allo stato religioso, ma ha
la netta convinzione di essere chiamato a diventa-
re salesiano: “Se Iddio lo vuole, tutto riuscirà bene,
Egli medesimo farà scomparire ogni ostacolo, e se
Dio non vuole, non lo voglio neppure io”. Tutta-
via don Bosco, a motivo della condizione sociale e
Il giovane ricco che disse di sìdi salute di Augusto,manifesta un atteggiamento
di grande cautela e di riserva circa l’accettazione
del principe in Congregazione. È il Papa in per-
sona, Leone XIII, a sciogliere ogni dubbio: “Dite
L a nascita di Augusto Czartoryski a Parigi
il 2 agosto 1858, primogenito della no-
bile e illustre famiglia polacca, è salutata
come segno di speranza: è il predestinato
al trono di san Casimiro e quindi punto
di riferimento di tutti coloro che sogna-
a don Bosco essere volontà del Papa che vi riceva
tra i Salesiani”. “Ebbene, mio caro”, risponde im-
mediatamente don Bosco, “io l’accetto. Da questo
istante, ella fa parte della nostra Società e deside-
ro che vi appartenga fino alla morte”.
no la rinascita della Polonia. Ma i disegni di Dio
sono altri. Questo giovane, minato fin da
ragazzo dalla tubercolosi, accompagna
ai forzati pellegrinaggi in cerca della
salute un’altra ricerca ben più preziosa,
quella della sua vocazione.
Accanto al titolo:
Augusto Czarto-
ryski in talare. Fu
ordinato sacerdote
il 2 aprile 1892.
A destra: Augusto
vestito secondo
il suo rango e
don Bosco. Si
conobbero a Parigi
nel 1883.
Egli non tarda molto a capire che non è fatto per la
vita di corte: “Le confesso che sono stanco di tutto
ciò. Sono divertimenti inutili che mi angustiano”,
scrive al padre. Molto influsso sul giovane principe
lo esercita il suo precettore Giuseppe Kalinowski,
oggi santo carmelitano, che orienta Augusto nella
sua ricerca vocazionale presentandogli le figure di
san Luigi Gonzaga, la cui vita “gli aprì la via a più
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Luglio/Agosto 2011

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Alla fine di giugno del 1887,
dopo aver fatto tutte le rinunce
in favore dei fratelli, intraprende
il cammino di noviziato, capo-
volgendo tante consuetudini:
l’orario, il vitto, la vita comune...
Deve anche lottare contro i tenta-
tivi della famiglia, che non si rasse-
gna a questa scelta. Il padre va a visi-
tarlo e tenta di dissuaderlo. Ma Augusto
non si lascia vincere. Il 24 novembre 1887 fa la
vestizione nella Basilica di Maria Ausiliatrice per
le mani di don Bosco. “Coraggio, mio principe –
gli sussurra il Santo all’orecchio –, oggi abbiamo
riportato una magnifica vittoria. Ma posso anche
dirle, con grande gioia, che verrà un giorno
in cui lei sarà sacerdote e per volontà di
Dio farà molto bene alla sua patria”.
La vocazione
di un Principe
diventato Salesiano
Il decorso della malattia fa riprendere con mag-
gior insistenza i tentativi della famiglia, che ri-
corre anche alle pressioni dei medici. Al cardi-
nale Parocchi, pregato di usare la sua influenza
per strapparlo alla vita salesiana, egli scrive: “In
piena libertà ho voluto emettere i voti, e lo feci
con grande gioia del mio cuore. Da quel giorno
godo, vivendo in Congregazione, una grande pace
di spirito, e ringrazio il Signore di avermi fatto
conoscere la Società Salesiana e di avermi chia-
mato a vivere in essa”.
La vita sacerdotale di don Augusto dura appe-
na un anno, che egli trascorre ad Alassio, in una
camera che dà sul cortile dei ragazzi. Il cardinal
Cagliero riassume così questo ultimo scorcio della
sua vita: “Egli non era più di questo mondo! La
sua unione con Dio, la conformità
perfetta al divino volere nell’ag-
gravata infermità, il desiderio di
uniformarsi a Gesù Cristo nei
patimenti e nelle afflizioni, lo
rendevano eroico nella pazienza,
calmo nello spirito, e invitto, più
che nel dolore, nell’amore di Dio”.
Si spegne ad Alassio la sera di sabato
8 aprile 1893, nell’ottava di Pasqua, sedu-
to sul seggiolone già usato da don Bosco. “Che
bella Pasqua!”, aveva detto lunedì al confratello che
l’assisteva, senza immaginare che l’ultimo giorno
dell’ottava l’avrebbe celebrato in paradiso».
«Quanto sono amabili le tue dimore, Signore de-
gli eserciti! L’anima mia languisce e brama gli atri
del Signore… Per me un giorno nei tuoi atri è più
che mille altrove» (Salmo 84/83). Il beato Au-
gusto Czartoryski ha scritto queste parole come
motto di vita sull’immaginetta della prima Messa.
In esse è contenuto il rapimento di un uomo che,
seguendo la voce della chiamata, scopre la bellez-
za del ministero sacerdotale. Risuona in esse l’eco
delle diverse scelte che deve fare chiunque scorge
la volontà di Dio e desidera compierla.
Augusto Czartoryski, giovane principe, ha ela-
borato un efficace metodo di discerni-
mento dei disegni divini.
Presentava a Dio nella preghie-
ra tutte le domande e le perples-
sità di fondo e poi nello spirito
di obbedienza seguiva i consigli
delle sue guide spirituali. Così
ha compreso la sua vocazione
di intraprendere la vita povera
per servire i più piccoli. Lo stes-
so metodo gli ha permesso, nel
corso di tutta la vita, di compie-
re scelte tali, che oggi possiamo
dire che egli ha realizzato i dise-
gni della Provvidenza Divina in
modo eroico.
Sopra: Augusto in
una foto giovanile.
Sotto: Una delle
ultime fotografie
del Beato. Morì ad
Alassio l’8 aprile
1893, a 35 anni.
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LA POSTA
I NOSTRI ESPERTI RISPONDONO
La maleducazione
sessuale
Carissimo signor direttore, le
scrivo questa lettera per con-
dividere con lei e, spero, con
molti dei suoi lettori un argo-
mento che mi sta molto a cuore.
Come lei certamente sa, in molte
scuole italiane équipe delle varie
ASL territoriali tengono con gli
studenti incontri sul tema dell’e-
ducazione sessuale e anche la
più piccola delle mie tre figlie
di quindici anni di recente vi ha
partecipato. Per usare le stesse
parole usate da mia figlia questi
incontri più che all’educazione
sessuale preparano i giovani
ad avere rapporti completi con
chiunque capiti, a loro dire, in
maniera protetta. Naturalmen-
te gli anticoncezionali e il loro
uso viene largamente diffuso e
argomentato, peccato però che
scientificamente alcuni inse-
gnamenti siano imprecisi. Ad
esempio all’incontro a cui ha
partecipato mia figlia mancava
la figura del medico. La pillola
del giorno dopo non viene fatta
passare come rimedio abortivo
ma, cosa ancora più grave, non
si informano le eventuali “giova-
ni consumatrici” dei rischi a cui
potrebbero andare incontro fa-
cendone uso come ad esempio
l’insorgere di emorragie tanto
che la somministrazione della
suddetta pillola viene consi-
gliata solo sotto stretto control-
lo medico. Il preservativo che
viene dato come sicuro quasi
al cento per cento non solo per
evitare gravidanze indesiderate
ma anche per ridurre i rischi di
contagio di malattie infettive, più
grave fra tutte l’AIDS, non è ben
spiegato. Una volta che purtrop-
po si “incappa” in una gravidan-
za indesiderata e non cercata,
almeno a livello “responsabile”
si può ricorrere all’aborto che,
se non autorizzato dai genitori
come prevede la legge in caso
di minori, può esserlo tramite
l’intervento di un giudice. La
legge è chiara ma non è altret-
tanto chiara la coscienza di chi
non spiega alle ragazzine a quali
terribili conseguenze psicologi-
che vanno sicuramente incontro
dopo un’esperienza devastante
dal punto di vista mentale ed
emotivo come quella dell’aborto.
Alla precisa domanda di mia fi-
glia se magari non sarebbe me-
glio evitare in questa giovane età
rapporti sessuali completi le è
stato risposto che questo è uto-
pistico perché queste sono cose
naturali e poco importa se si è
esposta la ragazza stessa alla
derisione di quasi tutta la classe
che l’ha etichettata come suora.
Ai miei tempi, ed io non mi ri-
tengo tanto vecchia, ho quaran-
totto anni... ma oggi è tutto cam-
biato! Una ragazzina non ha più
il diritto di sognare il principe
azzurro, di arrossire per le prime
attenzioni di un maschietto, di
provare l’emozione del primo in-
namoramento, del primo bacio.
OGNI MESE
DON BOSCO
A CASA TUA
Il Bollettino Salesiano vie-
ne inviato gratuitamente a
chi ne fa richiesta.
Dal 1877 è un dono di don
Bosco a chi segue con sim-
patia il lavoro salesiano tra
i giovani e le missioni.
Diffondetelo tra i parenti e
gli amici. Comunicate su-
bito il cambio di indirizzo.
Oggi bisogna essere emancipa-
te, preoccuparsi di mettere bene
in mostra il proprio corpo, la
propria “mercanzia”. Purezza è
un termine superato, lo si può o
peggio lo si vuole cancellare dal
vocabolario dei nostri giovani.
Serenella
mamma, catechista,
salesiana cooperatrice
L ei interpreta le preoccupa-
zioni di tanti genitori che
devono fare i conti con
metodi educativi che su
questioni vitali come la
sessualità si limitano alla
sola informazione sui ‘mezzi’ più
idonei per fare ‘sesso sicuro’.
Che dire di quest’approccio educa-
tivo? Che l’informazione che spiega
e risolve tutto ha occupato il posto
dell’educazione. Hai mal di testa?
prendi l’aspirina. Sei più di là che di
qua? Stacca la spina. Vuoi far sesso
‘sicuro’? Prendi la pillola e/o usa il
preservativo, ecc. Non c’è un nostro
problema che non abbia già pronta
un’informazione al riguardo.
Se la scienza e la tecnica spiega-
no e risolvono quasi tutto, perché
scomodare l’educazione e, nel caso
specifico, l’educazione sessuale?
Non basta informare gli allievi di
una classe su cosa e come fare?
L’informazione – cosa peraltro ne-
cessaria – ha preso il posto dell’e-
ducazione: a tutti i livelli. Anche
la scuola – al di là della retorica
educativa di circostanza – si limita
sempre più a trasmettere informa-
zioni culturali, scientifiche, infor-
matiche, storiche e via dicendo.
Del resto, scuola e famiglie sono in
grado di educare? Domanda bruta-
le, ma necessaria. Per educare bi-
sogna aver sufficientemente chiaro
dove puntare per una vita umana-
mente riuscita. La verità è che noi
oggi non si è per nulla d’accordo
su quali vie percorrere perché un
ragazzo/a diventi una persona ma-
tura, responsabile, capace di rela-
zioni vere, solide, ecc.
Emblematica al riguardo la risposta
di un gruppo di docenti del liceo
Spedalieri di Catania a dei giovani
liceisti, i quali chiedevano di avere
«qualcuno che aiuti a trovare il sen-
so del vivere e del morire, qualcuno
che non censuri la nostra domanda
di felicità e di verità». La risposta
è stata delle più sconfortanti. La
scuola deve «limitarsi a stimolare
domande». Quanto al «senso della
vita» ciascuno deve trovare le «ri-
sposte adeguate al proprio percor-
so», perché «proporvi, o imporvi
delle verità è integralismo, cioè
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barbarie, e pertanto questo atteg-
giamento non può aver luogo nella
scuola pubblica, cioè democratica
e laica» (G. Belardinelli sul Corriere
della Sera del 10 marzo 2007).
Sono certo che la stragrande mag-
gioranza dei docenti non condivide
questo vuoto educativo. E tuttavia,
il problema è uno solo. Per educare
occorre condividere alcuni fonda-
mentali valori che diano senso e
significato al presente e al futuro
dei giovani. Purtroppo il clima di
esasperato relativismo delle nostre
società frustra di continuo gli sforzi
educativi di docenti e genitori.
Di qui l’inevitabile prevalere dell’in-
formazione sull’educazione in gene-
re e morale-religiosa in particolare.
Nonostante ciò, l’esigenza educativa
vien fuori ogni volta che un perché
affiora nella coscienza. Ad esempio:
perché si nasce maschi e femmine?
Perché l’attrazione sessuale è così
forte? Perché all’amore vero non ba-
sta il solo erotismo? Cercare rispo-
ste sensate a questi e ad altri perché
è proprio dell’educazione. Purtrop-
po, i ‘perché’ della vita fanno fatica
ad emergere e ad instaurare un
dialogo educativo: vengono soffo-
cati sul nascere dalle tante risposte
‘tecniche’ sempre a disposizione.
Che fare? Puntare sulla capacità
educativa della famiglia? Santa
verità. Ma basta? Educare è anche,
se non soprattutto, un’emergenza
sociale, culturale, politica! Quanto
pesa sul presente e sul futuro dei
nostri giovani una società sempre
più indifferente ai perché della vita?
Se ne può uscire? Nonostante tut-
to, la relazione personale, gratui-
ta, vera resta sempre il percorso
più affidabile.
Sabino Frigato
Docente di Teologia Morale
Il Purgatorio farà
la fine del Limbo?
Leggo con molto interesse le sag-
ge ed esaurienti risposte date alla
Posta dei Lettori. Per questo vorrei
sottoporvi il seguente quesito.
Ho sentito recentemente che il
concetto di Purgatorio sarebbe
stato introdotto dalla Chiesa Cat-
tolica verso il VII secolo, senza che
il Vecchio e il Nuovo Testamento
ne avessero mai fatto menzione.
Il Purgatorio deriva dunque da
una interpretazione dei Testi Sa-
cri? Ed esiste veramente?
Ho in mente la recente sconfes-
sione del Limbo da parte della
Chiesa.
Piergiorgio Marchetti
Gentile signor Piergior-
gio, per quanto riguarda
il Limbo, la chiesa non
l’ha mai sconfessato per
il semplice motivo che
non ci ha mai creduto.
Le cito testualmente quanto l’allora
cardinal Ratzinger, nel libro “Rap-
porto sulla fede”, Paoline 1985,
scriveva a pagina 154: “Il limbo non
è mai stata verità definita di fede.
Personalmente – parlando più che
mai come teologo e non come Pre-
fetto della Congregazione – lascerei
Non so
proprio
che cosa dire a Dio
Questo non capita soltanto ai
bambini. Non è un gran male,
ma pregare non è poi così diffi-
cile. Eccoti qualche esempio di
preghiera:
«Se tu mi ami veramente, Dio,
parlami in modo che ti possa
comprendere!».
«Ti amo Signore, tu sei la mia
forza».
«Io sono così infelice! Perché mi
hai fatto nascere?».
«Ho peccato contro di te, Signo-
re! Cancella il mio peccato!».
«Il mio cuore balza di gioia, per-
ché sei la mia salvezza».
Puoi trovare queste preghiere nel-
la Bibbia. Sono uscite dalla bocca
di Mosè, Davide, Giobbe, Maria.
Come vedi, a Dio si può dire tutto,
come quando si parla a un amico.
Raccontagli le tue gioie, le tue
pene, le tue collere, le tue spe-
ranze. O le domande che ti fai. A
pregare si impara pregando, poco
per volta.
Puoi anche parlargli con le parole
che hai imparato a memoria: il
Padre nostro, l’Ave Maria, o quel-
la preghiera che si chiama il Ma-
gnificat, quella di san Francesco
d’Assisi, o anche un canto... La
scelta è ampia, per lodare la sua
bontà, per dirgli grazie, per chie-
dergli perdono o domandargli
qualcosa.
E poi, abbi fiducia. Lo Spirito
Santo ti suggerirà che cosa dire.
Ti insegnerà anche a stare in
silenzio, tranquillo, nelle mani
di Dio, nostro Padre. O anche a
gustare un piccolo brano della
Bibbia. In esso è Dio che ci parla.
E ascoltarlo è già una preghiera!
Mamma Margherita
cadere questa che è sempre stata
soltanto un’ipotesi teologica”.
Infatti, questa ipotesi è stata, recen-
temente, lasciata cadere ufficial-
mente dalla Chiesa.
Altra è la musica per il Purgatorio,
che è una verità di fede proclamata il
6 luglio 1439 dal concilio di Firenze
con il decreto Laetentur caeli in cui
si ribadivano tre cose: che il Purga-
torio esiste; che non è un “luogo”,
ma è uno “stato” nel quale i defunti
sono purificati; che i vivi possono
aiutare i defunti attraverso suffragi.
Il Concilio Vaticano II nella Lumen
Gentium 51 esplicita ulteriormente
la sua fede nel Purgatorio. La Sacra
Scrittura non ne parla, in quanto il
termine è di origine medioevale.
Lutero dichiarò che “l’esistenza del
Purgatorio non può essere prova-
ta dalle Scritture” e, quindi, non
ammette la preghiera per i defunti.
Che dire? Ridò la parola al cardinal
Ratzinger citando dalla pagina 153
del libro sopra citato. Il Papa imputa
il silenzio, anche cattolico, a riguar-
do del Purgatorio allo “scritturismo”
per cui si afferma che non sarebbero
sufficienti e sufficientemente chiari i
testi della Scrittura su quello stato
che la Tradizione ha chiamato “Pur-
gatorio”. Ma questo scritturismo ha
poco a che fare con il concetto cat-
tolico di Scrittura, che va letta nella
Chiesa e con la sua fede. Io dico
che se il Purgatorio non esistesse,
bisognerebbe inventarlo. Più chiaro
di così...
Ermete Tessore
Docente di Filosofia
e di Religione
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IN CAMMINO VERSO MADRID
DON FABIO ATTARD - CONSIGLIERE GENERALE PER LA PASTORALE GIOVANILE
Non solo papa boys!
Molti giovani e salesiani
si stanno preparando per
Radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede
la Giornata Mondiale della
Gioventù di Madrid. Sarà
l’evento ecclesiale più
importante dell’estate.
Come possiamo coniugare
la Strenna del Rettor
Maggiore ”Venite e
vedrete” con il tema della
GMG ”Radicati e fondati in
Cristo, saldi nella fede”? La Giornata Mondiale della Gioventù è uno straordinario appuntamento ecclesiale per tutti i giovani del
mondo. Un segno di vitalità che sorprende sempre.
Essere vivi
a se stessi
Credo che la linea del Rettor Maggio-
re sia molto affine e convergente con
quella del Papa e specialmente con il
messaggio che ci ha dato a metà Set-
tembre in preparazione alla GMG.
Una delle più grandi figure del vente-
simo secolo Edith Stein ha detto “La
grazia di Dio si ferma davanti alla li-
bertà della persona” che significa che
la grazia di Dio si presenta all’uomo,
però ad un certo punto deve dialogare
con la nostra libertà.
“Venite e vedrete” è una porta che si
apre davanti a quello che il Papa chia-
ma l’anelito nella persona umana, che
nella giovinezza trova lo spazio mi-
gliore, fertile e fecondo.
Essere vivi a se stessi significa proprio
questo: una umanità piena, dove incon-
tro e sento l’anelito per quello che è ve-
ramente grande. Dice il Papa: “È parte
dell’essere giovane desiderare qualcosa
di più della quotidianità regolare”.
Sentire questo anelito non basta, bi-
sogna chiedersi “dove vai mio aneli-
to?”, quali sono i distinguo che faccio
tra i miei bisogni e i miei desideri, tra
quello che è più profondo e quello
che è relativo?
Sono le domande della persona uma-
na matura, ma non aspettiamo questa
maturità a quarant’anni. La maturità
è un processo, implica una dimensio-
ne di tensione. In questo senso essere
vivi a noi stessi è un processo ed è ne-
cessario che io sia attento, quindi vi-
tale, dinamico, energico nella verifica
di questo anelito.
I giovani hanno
diritto a dei punti
di riferimento
Io dico sempre ai nostri educatori che
la nostra generazione ha bisogno di
una compagnia davvero affidabile, vi-
cina in tutti i momenti e circostanze
della vita, siano esse liete e gratificanti
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CREDENTI O NON CREDENTI, SENZA SFUMATURE
oppure ardue ed oscure. Una com-
pagnia che non ci abbandonerà mai,
nemmeno nella morte.
Ecco allora il “Venite e vedrete” della
Strenna che sono le prime parole di
Gesù nel Vangelo di Giovanni, Gesù
esordisce con “Che cercate?”. A que-
sta domanda di Gesù non bisogna ri-
spondere perché da questa domanda
nasce un’altra domanda, “Dove abiti
maestro?” e Gesù non dà una rispo-
sta ma apre un cammino: «Venite e
vedrete». Si presuppone una scel-
ta ed è quella scelta che apre ad un
mondo, ad una esperienza che vale
la pena accettare come hanno fatto i
discepoli, scegliendo di rimanere con
lui. Se esaminiamo il verbo rimane-
re dal testo greco, è un verbo usato
114 volte nel nuovo Testamento e 70
volte circa nel Vangelo e nelle lettere
di Giovanni. Rimanere, restare, per-
manere come viene poi tradotto in
italiano.
Perciò è un verbo che dice che ho
fatto una scelta. Si ricollega benissi-
mo al tema dell’essere radicati, difatti
nella parabola della vigna e dei tralci
è usato proprio lo stesso verbo: resta-
re, radicati, saldi, fondati; ecco allora
essere vivi a ciò che mi si presenta,
essere vivi alla mia interiorità, essere
vivi alla bellezza dell’essere chiamati,
essere vivi nell’intimità di Dio.
Avere un cuore
intelligente
L’intelligenza cosa fa? Illumina, gui-
da, mi rende comprensibile la realtà.
Nella misura in cui nel mio cuore
mantengo questa relazione con Gesù,
Questi dati provengono da una ricerca dell’istituto IARD. Prende in considerazione giovani
tra i 18 e i 29 anni in tutta Italia e compara i risultati dell’anno 2010 con quelli del 2004.
Innanzi tutto c’è una crisi dei giovani nel rapporto con le chiese, al tempo stesso c’è una vo-
lontà d’interessarsi al sacro, che non per forza significa un’adesione ad una religione o fede,
ma è un’attenzione verso ciò che riporta al sacro, quindi alle domande di senso.
Che cosa entra maggiormente in crisi? Sono le adesioni ritualistiche ed intimistiche al cat-
tolicesimo, ma questo non significa un allontanamento dal cattolicesimo. È una trasfor-
mazione: da una visione ritualistica, che può rinviare anche al legame con la comunità, la
dimensione diventa individualistica.
Se i non credenti rimangono stabili (nel confronto tra 2004 e 2010), aumenta del 10% la per-
centuale di coloro che credono senza identificarsi con una chiesa. I cattolici non praticanti
diminuiscono, ma perché aumentano quelli che invece di dirsi non praticanti preferiscono
definirsi non credenti. Rimane quasi stabile la dimensione dei cattolici praticanti.
Se nel 2004, il 70% si definiva cattolico, nel 2010 diminuiamo di quasi il 20%. Questo è
nell’arco di sei anni. Ci dà l’idea del veloce cambiamento.
Aumenta il non credo a nessuna religione
piuttosto che credo ad entità superiori senza
riferimento ad alcuna religione.
Importanza attribuita alla religione: cresce il
numero di coloro che dicono “poca” o “per
niente”, dal 20% a quasi il 28%, mentre
cambia molto poco la percentuale di coloro
che davano “molta importanza”.
La Messa di Natale perde drasticamente
terreno, un 10%. Aumenta la percentuale
invece alla voce processioni religiose ed i
pellegrinaggi in luoghi santi. Quindi inizia
ad esserci la volontà di andare verso espe-
rienze forti.
l’intelligenza mi rende un grandissi-
mo servizio.
Se noi andiamo a guardare la storia
e la vita di don Bosco che cosa tro-
viamo? Un ragazzo che fin dall’inizio
cerca di comprendere il sogno nel
confronto, a volte duro, con la realtà.
Il sogno dei nove anni mostra come
questo ragazzo cresce con la consa-
pevolezza che la sua vita è aperta al
mistero, guidata ed illuminata dal mi-
stero. Perciò non è un uomo che si la-
scia trascinare, piuttosto un uomo che
accetta di aprirsi ad una dimensione
misterica.
Alzare il tono
Guai a noi se ci acconten-
tiamo della mediocrità, la
mediocrità è il certificato del disa-
stro. Nella fede non esiste mediocri-
tà, nel momento in cui accettiamo
di essere mediocri abbiamo tradito
la fede. Allora in questo senso noi
salesiani abbiamo una responsabili-
tà non solo ecclesiale ma anche sto-
rica. In un momento in cui stanno
mancando i punti di riferimento,
dove sta mancando il Padre che ci
fa fratelli, noi come andiamo a Ma-
drid?
A creare uno spirito di famiglia, a ri-
conoscere che Dio è nostro Padre, che
Gesù è suo Figlio che si è fatto come
noi, come dice sant’Ireneo, «perché
noi ci facciamo come Lui».
Sembra un’eresia. Per fortuna non
lo è.
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SALESIANI NEL MONDO
PIERLUIGI CAMERONI
Don Bosco a Istanbul
La presenza salesiana
in Turchia
Santa Sofia, il
simbolo di Istan-
bul, per secoli fu
la basilica più
importante di tutto
il cristianesimo,
rimanendo per
quasi un millennio
la cattedrale più
grande del mondo.
È stata trasformata
in moschea e poi
in museo.
Sotto: la statua
di Benedetto XV,
davanti alla chiesa
dei salesiani.
E sistono città con una personalità talmente
forte che camminando per le loro strade
si ha la sensazione che non ci si potreb-
be trovare in nessun altro posto al mondo.
Istanbul, l’antica Costantinopoli e poi Bi-
sanzio, è una delle città più affascinanti,
ponte, anche geografico, tra Europa ed Asia, ricca
di storia, religione, cultura e arte.
La presenza cristiana in questa città ha una storia
singolare e fondamentale per la vita della Chiesa:
nella moderna e tentacolare Istanbul, i segni della
vecchia Costantinopoli, anche se spesso non mol-
to visibili o offuscati dalla maestosità delle Mo-
schee, sono eloquenti. La Chiesa di San Salvatore
in Chora conserva mosaici bellissimi e, inaspet-
tatamente, all’interno del Palazzo di Topkapi, re-
sidenza degli Ottomani, vi è una piccola chiesa
dedicata a Santa Irene, famosa per essere quella
del Credo Niceo-Costantinopolitano. Inoltre due
quartieri della moderna ed attuale Istanbul asiati-
ca sono le antiche Calcedonia e Nicea!
Un’anonima porticina
Oggi la presenza salesiana ad Istanbul è collega-
ta alla Cattedrale Latina “Saint-Esprit”, retta dal
Clero Secolare del Vicariato fino al 1989 e affida-
ta ai salesiani dal 1989. La chiesa, consacrata ed
elevata al rango di cattedrale nel 1975, nel 1909
fu dichiarata Basilica Minore. Per raggiunger-
la si entra da un’anonima porticina nell’edificio
del Liceo Notre Dame de Sion, che dà su una
delle grandi arterie che collega la centrale piazza
Taksim con i quartieri di Sisli e Nisantasi.
Ci accoglie il parroco salesiano don Nicola Ma-
sedu, di origine sarda e arrivato qui ad Istanbul
da pochi mesi, dopo diversi anni trascorsi in Ter-
rasanta.
Che cosa significa essere parroco
della cattedrale cattolica latina
di Istanbul?
Questo luogo è carico di significato sia in
rapporto alla figura di alcuni papi sia per
il dialogo ecumenico con
il mondo ortodosso. Da-
vanti alla chiesa è posta una
statua del papa Benedetto XV,
papa dal 1914 al 1922. Durante
il suo pontificato, nell’Impero
Ottomano si verificarono tragi-
ci massacri di cittadini cristiani
e questo pontefice cercò di so-
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2.1 Page 11

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stenere in tutti i modi questi perseguitati, con la
parola, con l’azione caritatevole e quella diploma-
tica. Nel 1919 gli fu eretta, sebbene fosse ancora
vivente, una statua di sette metri con la scritta «Al
grande Pontefice della tragedia mondiale, Bene-
detto XV, benefattore dei popoli, senza distinzione
di nazionalità o religione, in segno di riconoscen-
za, l’Oriente». Alla spesa contribuì personalmente
pure il Sultano con 500 lire. Inoltre dal 1934 fino
al 1944 monsignor Angelo Giuseppe Roncalli, il
futuro papa Giovanni XXIII, fu l’Amministratore
Apostolico del Vicariato. Infine questa chiesa ha
l’onore di aver avuto la visita di tre Papi e di tre
Patriarchi ecumenici, che restituirono loro la visita:
Paolo VI, che qui incontrò il S. S. Atenagora (25
luglio 1967), Giovanni Paolo II, che qui incontrò
S. S. Dimitrios I (29 novembre 1979) e Benedetto
XVI che qui incontrò S. S. Bartolomeo I (1° di-
cembre 2006). Merita ricordare che il Santo
Patrono del Vicariato latino d’Istanbul è san
Giovanni Crisostomo (344-407), vescovo e
dottore della Chiesa, insieme con il beato
Giovanni XXIII. Li ricordiamo nella ri-
correnza della celebrazione che ne fan-
no i nostri fratelli Greci ortodossi, verso
metà novembre.
Chi sono i fedeli che frequentano
la vostra chiesa?
La Parrocchia ha un volto multiculturale, plurie-
tnico e multilinguistico. La domenica si celebra-
no due Messe, una in inglese e l’altra in francese.
Alla Messa in inglese intervengono soprattut-
to donne filippine, famiglie americane, Indiani,
Africani di lingua inglese, nonché gruppi in pel-
legrinaggio. La Messa in francese è frequenta-
ta da un numero ridotto, rispetto al passato, di
“Levantini”, che sono discendenti di Genovesi,
Veneziani, Francesi. Molti, a causa della guerra
greco-turca per Cipro, sono stati obbligati a la-
sciare il paese. Gli Africani, la terza domenica
del mese, partecipano all’animazione della Mes-
sa con canti loro propri.
Avete altre attività pastorali in città?
Ai salesiani è stato affidato anche il santuario
della Madonna di Lourdes, una chiesa fondata
da religiosi e religiose georgiani appartenenti
a congregazioni religiose ormai estinte. Lì ce-
lebriamo la liturgia in lingua turca. Non man-
ca l’animazione formativa e spirituale sia di un
gruppetto di salesiani Cooperatori sia di un
fiorente gruppo dell’ADMA, oltre alla Legio
Mariae. Abbiamo pure la cura pastorale della
parrocchia latina a Bursa, regolarmente servita
da don Felice Morandi, da diversi decenni cit-
tadino turco.
A sinistra: La
facciata della
Cattedrale Latina
affidata ai salesiani.
Sotto: I salesiani
con alcune signore
dell’ADMA.
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2.2 Page 12

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SALESIANI NEL MONDO
I salesiani con
alcuni giovani
Cooperatori.
Celebrazione
della Messa nella
Cattedrale.
Caleidoscopio
salesiano
Dal punto di vista
educativo, quali le opere
svolte dai salesiani?
Abbiamo una scuola, chiamata
“Evrim”, che in passato era una scuola italiana con
convitto, ma alla fine degli anni ’80 fu trasformata
in scuola turca privata. Attualmente vi sono circa
300 allievi nell’asilo e nelle 8 classi primarie (l’8a
classe corrisponde alla 3a media). La Scuola Evrim
è riconosciuta sempre più come scuola cattolica e
salesiana. L’offerta formativa è valida; è caratteriz-
zata dallo studio della lingua italiana e di quella
inglese e sta aumentando il numero degli allievi.
I salesiani hanno fondato e dirigono tuttora anche
una scuola per ragazze e ragazzi iracheni, rifugiati
in attesa di emigrare. Si cura la lingua inglese so-
prattutto per prepararli ad ambientarsi nei paesi
di destinazione: Stati Uniti, Australia... Grazie
all’impegno di salesiani e laici e al sostegno della
Conferenza Episcopale Italiana, si realizzano tante
attività. S’insegnano Inglese, Matematica, Scien-
ze, Disegno, Musica, Informatica; si fanno sport e
danza; si distribuiscono vestiti, un pasto, sostegni
economici alle famiglie; si organizzano feste, gite,
soggiorni estivi; si seguono le procedure per l’otte-
nimento dello stato di rifugiato o del visto per emi-
grare. Soprattutto si aiutano a crescere, a superare i
traumi subiti, a costruire il proprio futuro a partire
dall’educazione, dallo sviluppo umano, dalla ricerca
della pace e della convivenza. Si offre loro un cli-
ma familiare, di calore, di umanità, cercando di farli
sentire amati come li avrebbe amati don Bosco.
Per gli Africani emigrati il nostro confratello don
Jacky, originario di Haiti, ha aperto un “centro
culturale” finanziato dal VIS e dalla Procura Mis-
sionaria Salesiana di Bonn. È stata allestita una
sala con diversi computer, si svolgono corsi di stu-
dio del turco e di studio della Bibbia. Si fornisco-
nono, nei casi di necessità, anche aiuti materiali.
Assicuriamo l’assistenza religiosa giornaliera
presso l’ospedale “La Paix” gestito dalle Figlie
della Carità, e settimanalmente, presso l’ospizio
“L’Artigiana”. Abbiamo una casa per vacanze e
ritiri spirituali a Buyukada. Abbiamo pure la cura
pastorale della parrocchia latina a Bursa. Tutte le
nostre attività sono segno del nostro inserimento
nella Chiesa locale offrendo il contributo cari-
smatico salesiano.
Quali le sfide e le nuove frontiere?
Oltre all’attenzione ai giovani poveri, sentiamo
l’urgenza di coinvolgere e formare le famiglie.
Una nuova frontiera riguarda il dialogo ecclesiale
ed ecumenico con i cattolici dei diversi riti e con
gli altri cristiani. È pure importante approfondire
come intendere la laicità nella scuola, come supe-
rarla gradualmente e come applicare pienamente
il sistema preventivo. È infine necessario il dialo-
go interreligioso con l’Islam.
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Luglio/Agosto 2011

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MESSAGGIO A UN GIOVANE
CARLO TERRANEO - carloterraneo@libero.it
Sonpo apà! Èunacartaassorbente.
Mi sento impegnato, responsabile,
garante.
Insieme faremo tanto, a incomin-
ciare dalle piccole cose, con umili
gesti, giorno dopo giorno.
La felicità è un viaggio che inizia da
piccoli.
Voglio essere felice.
Insieme vinceremo le nostre batta-
glie corpo a corpo.
Siamo un cuore solo e un’anima sola.
Voglio essere tuo
Insieme. L’amore è un andirivieni
A hahahahah!!!!!
Emozione? Vagito? Man-
canza di “self control”?
Scoppio di gioia. Sono
papà! Mi sento vulnerabile,
friabile, addirittura impal-
mia immortalità. Sento il mio corpo
come il prolungamento del suo, quasi
fossi la sua protesi.
Le mie mani a cucchiaio sono suffi-
cienti per farlo sentire sicuro.
Lo sollevo in alto come una corolla
che ci rivela e ci nutre.
Voglio essere noi: io tu e la mamma.
Sappi che d’ora in avanti il cuore di
papà e mamma sono il giaciglio dei
tuoi sogni.
Tu pensa a sognare e faremo di tutto
pabile, leggero come una farfalla. Sto al sole.
per non svegliarti.
vivendo uno stato d’animo intenso. Sono io a sentirmi su di giri.
Papà e mamma sognano ad occhi
È nato. Sono rinato.
Mi fa sentire piccolo con tanta voglia aperti.
C’è. Mi mancava. Sono cambiato. di carezze.
È un grande dono il primo giorno di
Mi sento completo, maturo. Un flus- Ha svegliato il bimbo nascosto in me. vita.
so di vitalità, un’energia impensata Ripeterai tutto quello che dirò?
Insieme lo faremo durare tutta la
ritrovo in me dopo tanto attendere. Farai tutto quello che farò?
vita.
Nove mesi. Attesa? Ansia? Fretta?
Chi sa perché la parola nove non mi
richiama un numero, ma un aggetti-
vo “nuovo”.
Da oggi tutto è nuovo.
È come se mi fossi messo a dieta,
perché mi sta solo a cuore che mangi
lui.
Anche il volto di mia moglie è più
bello, più dolce, più tenero, più diste-
so, materno.
Sono papà!
Imparo a coccolare le parole.
Mi dico, senza farmi sentire: “lui
incomincia dove finisco io”. È la
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2.4 Page 14

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L’INVITATO
O. PORI MECOI
Una FMA
Incontro con suor Enrica Rosanna
sottosegretario della Congregazione
per gli Istituti di vita consacrata
e le Società di Vita apostolica
della Santa Sede
in Vaticano
Scherzando, si potrebbe
dire che lei è una
primadonna! Se non
sbaglio, lei è stata la prima
donna che ha conseguito
il dottorato alla Pontificia
Università Gregoriana
e ora è la prima donna
Sottosegretario di una
Congregazione romana.
Non sbaglia. Ma dobbiamo un po’ ri-
dimensionare questo “essere una pri-
madonna”. Qualcuno ha avuto fiducia
in me e mi ha aiutato a fare tanti passi:
le Superiore dell’Istituto delle FMA
mandandomi a conseguire la licenza
e il Dottorato in una Università Pon-
tificia (teniamo presente che le Uni-
versità pontificie diedero l’accesso alle
donne solo dopo il Concilio Vaticano
II); Sua Santità Giovanni Paolo II
chiamandomi come esperta a tre Si-
nodi dei Vescovi e nominandomi poi
Sottosegretario della Congregazione
per gli Istituti di vita consacrata e le
Società di vita apostolica. Mentre rin-
grazio per questa grande e inaspettata
(e forse immeritata fiducia: perché a
me e non ad altre migliori di me?, mi
domando spesso), ringrazio il Signo-
re perché mi ha permesso attraverso
queste responsabilità di capire che
senza di Lui non possiamo fare nulla.
È Lui che ci precede e ci accompagna
nella fatica e nel gaudio della respon-
sabilità.
Ha dovuto lottare molto
per sfatare certi tabù?
Ho cercato sempre di fare il mio dove-
re con responsabilità, gioia e sacrificio,
puntando molto sulla collaborazione.
Il tempo e l’esempio faranno il resto.
Com’era la sua famiglia?
Modesta e bellissima. Dalla mia fami-
glia ho imparato ad amare il Signore,
a pregare, a servire, a collaborare. In
parole povere, ho imparato quei valo-
ri umani e cristiani che fanno bella la
vita, la colorano di onestà e la rendono
degna di essere vissuta. Siamo in tre
sorelle. La maggiore, suor Teresina, è
anche lei figlia di Maria Ausiliatrice,
la minore, Angela, è sposata e ha sei
figli. Mamma e papà sono in paradiso.
A loro mi affido spesso perché ci pro-
teggano e diano modo a noi figlie di
imitarne gli esempi.
Chi le ha raccontato per
primo la storia di Gesù?
Nella mia famiglia si respirava un cli-
ma di religiosità profonda. Un esem-
pio splendido di religiosità ci veniva
dal nonno materno che viveva con
noi: pregava in continuazione e fre-
quentava quotidianamente la parroc-
chia. Quando non poté più cammi-
nare faceva tutte le funzioni religiose
seduto sulla sedia o nel letto alternan-
do la lingua italiana con quella lati-
na e con il dialetto. Noi ragazze non
eravamo in grado allora di apprezzare
tutto questo. Soltanto con il passare
degli anni ci rendemmo conto della
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Luglio/Agosto 2011

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ricchezza che avevamo ricevuto.
La mia famiglia ci ha rese “familiari”
con la parrocchia, dove abbiamo rice-
vuto tutti i sacramenti dell’iniziazione
cristiana e dove abbiamo vissuto l’e-
sperienza entusiasmante dell’Azione
Cattolica. Un contributo grande per
conoscere Gesù ci è stato offerto dal
nostro parroco: uomo di Dio, padre e
pastore.
Com’è nata
la sua vocazione?
Cominciai a riflettere seriamente sul
mio futuro a 20 anni dopo la doman-
da di una suora, che a bruciapelo un
giorno mi chiese: «Hai mai pensato
a farti religiosa?». Devo dire since-
ramente che durante gli anni delle
scuole superiori, con le amiche più
vicine, parlavamo spesso del nostro
futuro, ma la scelta della vita religio-
sa ci faceva paura e la accantonavamo
sempre. Ringrazio il mio parroco e le
mie suore che mi hanno aiutato ad
ascoltare la voce di Dio! Da sola non
ci sarei arrivata.
tanta fiducia in noi e ce la dimostra-
vano in modo concreto. Era bello sta-
re con le suore, sempre.
In Vaticano
mi sento a casa
Qual è il suo compito
attuale?
Dal 24 aprile 2004 sono sottosegreta-
rio della Congregazione per gli Istituti
di vita consacrata e le Società di Vita
apostolica della Santa Sede. È stato il
beato Giovanni Paolo II a chiedermi
questo servizio.
Come si trova
a lavorare in un ambiente
come il Vaticano?
Bene. Mi sento a casa. La mia espe-
rienza di lavoro con sacerdoti e vesco-
vi non è però nuova. Penso al servizio
Perché Figlia
di Maria Ausiliatrice?
Frequentavo l’oratorio delle FMA e
mi colpiva tanto la loro gioia e lo stare
in mezzo a noi sempre. Non eravamo
abituate a questa familiarità e a questa
gioia. Ci rendevano gioiosa anche la
preghiera, anche il servizio, anche il
sacrificio e sapevano accettarci come
eravamo: vivaci e terribili. Avevano
Una foto molto cara a suor Enrica. Fu proprio il
beato Giovanni Paolo II a chiamarla alla Congrega-
zione Vaticana.
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L’INVITATO
presso alcune commissioni della Con-
ferenza episcopale italiana, al Sinodo
di Roma, al Convegno della Chiesa
italiana a Palermo, al Progetto cul-
turale, ai Sinodi dei Vescovi e al mio
servizio come Preside dell’Auxilium,
per non parlare della mia giovinezza
vissuta in ambienti sociali e politici.
Dal suo posto privilegiato
di osservazione, che cosa
pensa della situazione
attuale della vita religiosa
e di quella femminile,
in particolare?
La presenza delle consacrate e del-
le religiose è oggi particolarmente
importante; esse hanno un peso no-
tevole nell’evangelizzazione anche
se molte volte svolgono una missio-
ne nascosta, sono cioè lievito nella
massa. Sono però anche lampada
sul candelabro perché la gente vede
e riconosce in loro “persone sempre
disponibili ad accogliere” per risolve-
re problemi, dare consigli, sostenere,
guidare, confortare, educare. Esse
mettono a disposizione della gen-
te non solo il loro “genio femmini-
le”, ma i diversi carismi che hanno
ricevuto in dono da Dio: il carisma
della compassione, il carisma dell’e-
ducazione, il carisma dell’evangeliz-
zazione, il carisma del servizio ai po-
veri. Pensiamo alle grandi sante a cui
ispirano il proprio servizio: Teresa di
Calcutta, Maria Domenica Mazza-
rello, Angela Merici, Chiara d’As-
sisi, Maddalena di Canossa, Teresa
d’Avila, Caterina da Siena e tante
altre ancora. Queste sante insegna-
no a noi religiose non solo a servire,
valorizzando i nostri carismi, ma ad
imparare dalle persone che abbia-
mo l’onore di servire. Dai poveri e
dai bisognosi si impara sempre. Non
dobbiamo dimenticare la parola del
Signore: “C’è più gioia nel dare che
nel ricevere”.
Di meno, ma più vividi
È possibile un’inversione
di tendenza nelle vocazioni
alla vita consacrata?
È un dato di fatto che il numero dei
religiosi e delle religiose, negli ultimi
decenni, è calato in modo drastico, in
particolare nei paesi industrializza-
ti. A questo proposito, un autore ha
scritto opportunamente che in questi
momenti di prova noi consacrati dob-
biamo vivere quella “spiritualità del
crepuscolo”, che ci porta ad essere più
fervorosi, più impegnati, più evange-
lizzatori e perciò doppiamente testi-
moni del Signore Gesù. Precisamente
perché siamo di meno, il Signore ci
chiama ad essere lampade più vivide
sul moggio.
Sono convinta che Dio continua a
chiamare alla sua sequela, ma ci sono
troppe cause che impediscono alle
giovani generazioni di ascoltare la
voce di Dio. Ciò nonostante, o pro-
prio per questo, dobbiamo guardare la
realtà con speranza, dando una testi-
monianza gioiosa della nostra seque-
la, nonostante l’invecchiamento, le
difficoltà di ogni genere, le defezioni.
Finché c’è speranza c’è vita anche per
Suor Enrica tra i cardinali: «La presenza delle
consacrate e delle religiose è oggi particolarmente
importante».
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Luglio/Agosto 2011

2.7 Page 17

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i nostri Istituti. Dobbiamo dire con
la vita alle giovani generazioni che è
bello, entusiasmante, seguire il Signo-
re, anche se la sequela è fatica e corag-
gio. Dobbiamo aiutare le giovani e i
ragazzi a seguire Gesù e a impegnarsi
per Lui e con Lui per tradurre nell’og-
gi il discorso della Montagna.
Quindi lei ha fiducia
nel futuro?
Le vocazioni alla vita consacrata ci
sono e ci sono giovani, e io lo credo
fermamente, che hanno bisogno di
essere guidati a comprendere come
è bello seguire il Signore Gesù con
cuore indiviso. Questa constatazio-
ne mi nutre il cuore di speranza:
speranza che il cuore delle giovani
generazioni è ancora terra fertile e
vale perciò la pena seminare, anche
se una parte del seme cadrà sui rovi,
un’altra sulle pietre…; speranza che
noi consacrati e consacrate abbia-
mo la forza per creare quella cultu-
ra vocazionale che porta le giovani
generazioni a scoprire Cristo, a in-
contrarlo, a credere in Lui, a seguirlo
come Pietro, Giovanni, Andrea, Si-
mone, come Teresa d’Avila, Chiara
d’Assisi, Teresa del Bambino Gesù,
Teresa di Calcutta, Maria Dome-
nica Mazzarello; speranza che tutta
la vita consacrata con le sue risorse
ha qualcosa da dire alla società e alla
chiesa; speranza che verranno tempi
migliori anche per la vita consacrata
e la messe continuerà ad essere ab-
bondante. Se è vero infatti che molti
Istituti patiscono una profonda crisi
vocazionale, e che gli abbandoni am-
montano ad una percentuale signifi-
cativa, è pure vero che gli Istituti di
antica fondazione, come i nostri, sono
sempre coraggiosamente in frontie-
ra (penso per esempio alla missione
Africa della Famiglia Salesiana) per
essere balsamo per le antiche e nuove
povertà; che nascono nuove forme di
vita evangelica, che le vocazioni fio-
riscono nelle giovani Chiese, che la
testimonianza di tante consacrate e
consacrati coraggiosi fino al martirio
è realtà anche di oggi.
Come vede
la Congregazione salesiana
nella Chiesa di oggi?
Don Bosco, madre Mazzarello e tutti
i nostri santi e beati ci hanno inse-
gnato ad amare la Chiesa, l’hanno
amata e servita con tutte le proprie
forze dedicandosi all’educazione del-
la gioventù. Ogni giorno, quando
passo nella Basilica di San Pietro,
mi soffermo a guardare il quadro di
madre Mazzarello e la statua di don
Bosco (che sono posti l’uno di fronte
all’altro e si guardano) e chiedo loro
di dare a tutta la Famiglia Salesiana
quell’amore alla Chiesa e al Vicario
di Cristo che ha caratterizzato la loro
vita e li ha portati a spendersi total-
mente e con gioia per l’educazione
dei giovani, in particolare dei più po-
veri. Il mio lavoro in Curia è un ge-
sto di fiducia del S. Padre, oggi bea-
to Giovanni Paolo II, non solo nei
miei riguardi, ma verso il mio Istitu-
to e tutta la Famiglia Salesiana e uno
stimolo per ogni salesiano e salesiana
a rinnovarsi nella fedeltà al Vicario
di Cristo e nell’adesione sincera e ge-
nerosa ai suoi insegnamenti.
«Il mio lavoro in Curia è un gesto di fiducia del S.
Padre non solo nei miei riguardi, ma verso il mio
Istituto e tutta la Famiglia Salesiana».
Ha un messaggio
per la Famiglia Salesiana?
Il Papa, nell’Esortazione apostolica
Vita consacrata, coraggiosamente invi-
ta i consacrati e perciò anche ciascu-
no di noi e, perché no anche tutti i
membri della Famiglia Salesiana, non
solo a ricordare e a raccontare la pro-
pria gloriosa storia, ma a costruire una
grande storia.
“Guardate al futuro – Egli afferma
– nel quale lo Spirito vi proietta per
fare con voi cose grandi. Siate sempre
pronti, fedeli a Cristo, alla Chiesa, al
vostro Istituto e all’uomo del nostro
tempo. Sarete così da Cristo rinnovati
di giorno in giorno, per costruire con
il suo Spirito comunità fraterne, per
lavare con Lui i piedi ai poveri e dare
il vostro insostituibile contributo alla
trasfigurazione del mondo”.
Faccio mio questo augurio e chiedo
che i nostri santi aiutino tutti i mem-
bri della Famiglia Salesiana a farlo
diventare realtà quotidiana.
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LE CASE DI DON BOSCO
SEVERINO CAGNIN
L’Astori di
Mogliano Veneto
Il grande e glorioso istituto della
Ispettoria Italia Nord-Est vive una
seconda giovinezza, dopo 128
anni. Vera scuola per la persona,
continua ad “essere con don Bosco
e con i tempi” con una cultura
integrale e attiva sul territorio
La facciata dell’A-
stori di Mogliano
Veneto. La scuola
è molto stimata e
quotidianamente
frequentata da più
di mille allievi. Il
livello di soddisfa-
zione della famiglie
è elevatissimo.
«E hi, piacere di vederti, una volta
all’anno, gli amici della clas-
se non si possono dimenticare!
Quanti anni assieme, a fare i
compiti, qualche volta con il tuo
aiuto, senza che il prof vedesse
o fingeva di non vedere. Dalla quinta elementare
alla maturità sono stati nove anni, ma la cosa che
ricordo con maggior piacere è stato fare teatro! La
paura prima dell’apertura del sipario e l’emozione
nell’apparire sul palcoscenico mi hanno cambia-
to: con quelli della compagnia ci troviamo spesso
e sempre più amici».
Ascoltavo con curiosità il 21 novembre, arriva-
to anch’io per conoscere l’opera salesiana, molto
nota nel Triveneto e oltre, perché alcuni exallievi
lavorano all’estero e occupano importanti cariche
professionali, scientifiche e religiose, in Russia,
Madagascar, Romania, Colombia, Brasile…
Vedo un gruppo di bambini schiamazzare alle-
gramente. Con loro giovani mamme, che li lascia-
no correre: sono exallieve che li hanno iscritti alle
elementari – mi dicono – con la fiducia che una
educazione, iniziata serenamente da piccoli, sia
una buona base per il periodo più difficile della
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BENEDETTA DAL FINESTRINO
adolescenza e della giovinezza. Se resisteranno
per quindici anni fino all’Università.
Complessa, ma sempre “casa”
Alcuni giovani salutano il direttore, don Mauri-
zio Tisato, a cui mi rivolgo per avere qualche no-
tizia sull’opera. È un giovane sacerdote, exallievo
del Don Bosco di Verona – mi dice sorridendo
– contento di essere qui anche come preside delle
Scuole Superiori, perché laureato in Statistica.
Mi promette l’Annuario, pubblicato con tutti i dati
e foto a colori. Nel 2009-2010 le classi sono state
52, gli allievi 1033 nei 7 istituti, senza contare adulti
delle scuole serali e di corsi postdiploma e univer-
sitari. I maschi superano le femmine per circa 200.
92 sono del Personale Docente, tra cui 10 sale-
siani e gli altri 82 sono esterni. Molto valido per
generosità e condivisione dei criteri educativi è
il personale Ausiliario e dell’Amministrazione:
ogni giorno si trova cortesia e risposta nella acco-
gliente portineria del collegio.
«Il sostegno maggiore dell’opera – continua don
Maurizio – è la conduzione di ogni settore in
modo collegiale: a parte il Consiglio e l’Assem-
blea della Comunità Salesiana con incontri set-
timanali, sono cinque i Direttivi delle scuole con
membri di diritto e altri, eletti, rappresentanti di
docenti, genitori e studenti.
Oggi è una giornata speciale perché presiede la
Concelebrazione Eucaristica don Lorenzo Te-
ston, exallievo e poi docente all’Astori, ora preside
Sulla nascita del Collegio Astori di Moglia-
no Veneto fu determinante la stima di molti
verso don Bosco e la Provvidenza. Vin-
cenzo Omobono, di famiglia bergamasca,
trasferitasi a Venezia nel sec. XVIII, ebbe
fortuna nel lavoro e acquistò palazzi in cit-
tà e terreni nella campagna veneziana. Alla
sua morte, la moglie chiese a don Bosco di
aprire una scuola agricola a Mogliano. Nel
novembre del 1882 arrivarono i primi sale-
siani, guidati da don Mosè Veronesi, accolti
dalla signora e aiutati in ogni modo finché
visse. Morì nella Villa di via Marignana, at-
tigua ai terreni della scuola agraria, unica
e rivoluzionaria per quei tempi, il 26 aprile 1888. Le sue spoglie riposano,
accanto a quelle del marito, nella chiesa del collegio salesiano.
Don Rua poté vedere la Casa di Mogliano già l’anno dopo, nel luglio del 1883,
mentre con don Bosco era in viaggio per Vienna. Dal finestrino dell’Omnibus,
che passava per la stazione ferroviaria di Mogliano, egli mostrò a don Bosco
il nuovo istituto: assieme benedirono la Casa e i loro figli.
Nella Prima Guerra Mondiale, l’Astori fu sede più volte del comando della III
Armata, del corrispettivo Ospedale Militare e di altre istituzioni, come i Co-
mandi di altri Corpi Militari e degli Arditi.
La presenza che lo rese più celebre fu la redazione del settimanale La Tradotta
con autori, scritti e illustrazioni a favore della pace. Tra i nomi più ricordati
sono il direttore del Giornale di Trincea, La Tradotta, lo scrittore Arnaldo Frac-
caroli, Arnoldo Mondadori e il vicedirettore sottoufficiale Renato Simoni.
L’Astori ha visto simili testimonianze anche sulla Seconda Guerra Mondiale,
come i libri autobiografici dell’exallievo Giuseppe Berto, del salesiano don
Michelangelo Alfiero e dell’exallievo Enrico Reginato (1913-1990), medico,
alpino, generale, medaglia d’oro al Valor Militare.
al Don Bosco di Pordenone. L’omelia è un com-
mosso ringraziamento per l’educazione ricevuta,
quella di “essere onesti cittadini e buoni cristiani”,
senza rifiutare nessuno, anche chi sbaglia, convin-
to che nel cuore di ogni uomo c’è un punto posi-
tivo su cui fare leva per vivere in serenità.
A pranzo con anziani exallievi, salesiani, giova-
ni venuti per la consegna del diploma, bambini:
un’aria di festa, difficile da trovare al ristorante o
in discoteca, mi confida una giovane coppia, vicina.
«Qui si sente di stare in famiglia, forse nelle fa-
miglie di un tempo, dove anziano e neonato, per-
sone e animali, sani e ammalati stavano assieme
a mangiare, pregare, giocare a carte». Don Bosco
chiamò ogni sua opera con il nome “casa” e inse-
gnò sempre per essa “lo spirito di famiglia”.
Forse, pensavo, l’Astori, dopo 128 anni, va avanti
perché va, in un certo senso, anche indietro.
A sinistra: Una
tavolata di exallievi
al raduno annuale.
Sopra: La chiesa
semi-pubblica
dell’istituto.
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FINO AI CONFINI DEL MONDO
A CURA DELL’ANS – WWW.INFOANS.ORG
OLANDA
La festa
di don Bosco
nel Giorno
della Regina
(ANS - Amsterdam) –
Il 30 aprile, come già avvenuto negli anni scor-
si, in occasione del “Giorno della Regina” la co-
munità salesiana di Amsterdam ha promosso
alcune iniziative all’insegna della beneficenza
e dell’allegria salesiana. 50 giovani volontari si
sono impegnati nella vendita di vestiti, gio-
cattoli e libri usati, e hanno offerto massaggi,
caffè o tè presentando alla gente le esperienze
di volontariato salesiano da essi svolte. Tra le
iniziative anche un défilé di moda che ha visto
volontari e volontarie sfilare come modelli
indossando abiti poi venduti. I negozianti
vicini hanno deciso di donare una percentuale
dei profitti della giornata ai salesiani. In totale
sono stati raccolti 2700 euro che sono stati de-
stinati ai ragazzi di strada dell’India. Oltre 700
sono state le persone che hanno visitato l’opera
e si sono informate sulle attività dei salesiani e
dei giovani volontari in Olanda.
MESSICO
25 anni ispirati
da Domenico
Savio
(ANS - León) – I gruppi
“Amici di Domenico
Savio”, meglio noti come
“ADS”, dell’Ispettoria di
Messico-Guadalajara
(MEG) festeggiano
quest’anno i loro primi 25
anni di vita. Per onorare
questo quarto di secolo
di attività educative e
pastorali, don Javier Prieto
Medina, uno dei fondatori
degli ADS messicani, e don
Francisco Enríquez Zulaica,
che nell’associazione ha
iniziato il suo cammino
vocazionale, hanno indetto
un anno dedicato agli Ami-
ci di Domenico Savio. Nei
prossimi mesi i vari gruppi
sono chiamati a rafforzarsi
e a crearne di nuovi. Gli
ADS sono l’associazione
del Movimento Giovanile
Salesiano dell’Ispettoria più
strutturata e consolidata,
con un buon itinerario for-
mativo. Molti gruppi sono
sorti anche nelle parrocchie
diocesane.
CASA GENERALIZIA
Le novità
del Sistema
Salesiano di
Comunicazione
Sociale
(ANS - Roma) – Nel mese di aprile e di
maggio il Consigliere per le Comunica-
zioni Sociali, don Filiberto González, ha
promosso una serie di incontri a Manila,
Tiruchy e Genzano di Roma. Agli ap-
puntamenti hanno partecipato i Delegati
ispettoriali per la Comunicazione Sociale
delle regioni salesiane Asia est-Oceania,
Asia sud e dell’Europa. Scopo primario
di questi appuntamenti è stata la pre-
sentazione delle novità proposte con la
revisione del Sistema Salesiano di Co-
municazione Sociale. Nelle riunioni, oltre
ai temi specifici delle diverse realtà, sono
stati approfonditi anche vari argomenti
come l’approccio alle nuove tecnologie,
l’attenzione per le traduzioni linguistiche,
necessarie nel variegato mondo salesiano,
un’etica di comunicazione in rapporto alla
vita religiosa, soprattutto in rapporto alla
evoluzione digitale.
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Luglio/Agosto 2011

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3.1 Page 21

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COLOMBIA
Da “bambini
soldato”
a giovani
universitari
(ANS - Cali) – Lore-
na ed Edwin, ex
bambini-soldato,
hanno percorso
Spagna, Germania,
Italia e Svizzera per
presentare nelle scuole
salesiane, università
ed ONG il “Proget-
to Università” che
ha permesso loro
di studiare ed avere
valide prospettive di
vita. Il programma, destinato al recupero dei
bambini-soldato, è stato avviato nel 2001
dal governo nazionale, nella città di Cali, in
collaborazione con i salesiani che si assun-
sero la responsabilità dell’educazione e della
formazione per i ragazzi e le ragazze che
non volevano più far parte di gruppi armati.
Dopo 10 anni, molti di questi giovani si sono
reinseriti nella società entrando in imprese,
trovando un la-
voro autonomo
o impegnando-
si, a loro volta,
come educatori
dei giovani
strappati ai
conflitti.
Attualmente
20 di loro si
stanno forman-
do attraverso un
corso tecnico
universitario.
ITALIA
Incontro sul
volontariato
(ANS - Roma) – Dal
10 al 12 aprile si è
svolto, presso la Casa
generalizia dei salesiani,
l’incontro dei respon-
sabili del volontariato
missionario giovanile.
L’iniziativa fa parte delle
attività pensate dal Dica-
stero per le Missioni per
la Giornata Missionaria
Salesiana 2011, dedicata
al Volontariato. Sono
intervenuti i direttori di
varie realtà associative
presenti nel mondo
salesiano. L’incontro ha
segnalato l’importanza di
favorire lo scambio dei
programmi di formazione
e delle buone pratiche,
e di promuovere la
qualità dei progetti nelle
varie regioni e Ispettorie
salesiane. Il confronto
ha riguardato anche i
singoli programmi, i
metodi formativi, l’inte-
grazione, l’accettazione e
il sostegno dei volontari
nelle missioni.
REPUBBLICA
DEMOCRATICA
DEL CONGO
“Red Deporte”
e salesiani
collaborano
per Goma
(ANS - Goma) – Dai primi di aprile 30
ragazzi in difficoltà vivono presso l’opera di
Boscolac, un centro umanitario costruito a
Goma dalla ONG “Red Deporte”, in colla-
borazione con i salesiani. I ragazzi proven-
gono da famiglie di sfollati che vivono in
Mugunga, una baraccopoli alla periferia di
Goma. Il centro offre a questi giovani una
casa, li aiuta a sviluppare le loro doti umane
e permette a tutta la comunità di crescere dal
punto di vista socio-culturale. L’opera di Bo-
scolac promuove anche laboratori sulla riso-
luzione dei conflitti, i diritti umani, la sanità
di base e la nutrizione, ai quali partecipano i
capi della comunità dei quartieri circostanti e
alcuni genitori dei ragazzi accolti dal centro.
Sono in programma anche dei progetti di
lavoro retribuito e un servizio di consulenza
psicologica presso l’infermeria del centro.
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3.2 Page 22

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I LUOGHI DI DON BOSCO
MNAICTAHLEELEMMAFOFLIIONLAIR
Pellegrini adAnnecy
La cittadina di Annecy, anche detta “la Venezia
della Savoia”, ha il fascino della grandezza
nella semplicità, un paesaggio dalle proporzioni
armoniche, perfettamente dosato tra lago e montagna,
antico e moderno, sacro e profano.
Qui è maturata la spiritualità di san Francesco di Sales,
qui possiamo recuperare le radici spirituali di don Bosco
che fin da giovane si è avvicinato all’esperienza umana
di san Francesco di Sales e se ne è sentito rappresentato
e guidato al punto da imprimere la sua identità nel nome
stesso della Congregazione che ha fondato.
italiani”, così chiamata perché fondata dal santo
nel 1618, fu affidata ai nostri connazionali che ad
inizio secolo XIX emigrarono in grande numero
alla ricerca di lavoro; la comunità italiana è viva
ancora oggi, guidata da un sacerdote italiano.
A partire dal 1612, nel monastero annesso alla
chiesa si è organizzata la prima esperienza di vita
religiosa con le suore della Visitazione, fondate
dal nostro santo Vescovo e dalla baronessa Gio-
vanna di Chantal. La chiesa è stata restaurata nel
2002-2003. Se percorriamo la navata centrale fino
al presbiterio noteremo, a destra e a sinistra, i due
sepolcri che conservarono, per più di un secolo, le
spoglie mortali dei santi fondatori. Sul presbiterio
campeggia una splendida pala d’altare lignea che
ESopra: Un angolo
tipico di Annecy.
A destra: La chiesa
“degli italiani”, qui
furono conservate
per più di un seco-
lo le spoglie di san
Francesco di Sales
e santa Giovanna di
Chantal.
ntrando in città si è catturati dal monu-
mento simbolo di Annecy: una costruzio-
ne in pietra a forma di prua di nave ada-
giata dentro il canale Thiou.
Nella piazza antistante scopriamo la pri-
ma tappa del nostro itinerario salesiano: la
chiesa di San Francesco di Sales o “degli
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Luglio/Agosto 2011

3.3 Page 23

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tratteggia i connotati della santità sale-
siana, mentre una statua di don Bosco,
attorniato da ragazzi, ci ricorda il pro-
fondo legame tra i santi.
Proprio in questo luogo dove prese for-
ma la scelta di affidarsi totalmente ad un
Dio dal cuore umano, la nostra preghiera
si apre alla riconoscenza per il dono del
Battesimo e diventa offerta e invocazio-
ne per orientare la nostra vocazione se-
condo i desideri di Dio.
A pochi passi, scopriamo la chiesa di
san Maurizio dove il nostro santo fece
la prima Comunione e ricevette la Cresi-
ma. Da Vescovo, proprio qui, radunava i
ragazzi per il catechismo: di queste lezioni abbiamo
testimonianze commoventi che narrano della sua
pedagogia catechistica dove ci è immediato ricono-
scere i tratti e le sensibilità di don Bosco.
Addentrandoci ulteriormente nel centro città im-
bocchiamo Rue Grenette, Rue Filaterie sotto un
suggestivo portico medioevale, in pochi minu-
ti raggiungiamo la chiesa di Notre Dame de
Liesse (Nostra Signora della gioia); una impo-
nente e solida facciata neo classica per una Basilica
mariana che ha segnato le origini familiari e spiri-
tuali di Francesco di Sales. Sulla facciata una lapide
marmorea ricorda il motivo di un incontro sicura-
mente provvidenziale tra la Madre del Signore, la
Sindone e una giovane sposa: nel 1566 la mamma
di Francesco venne in questa chiesa a venerare la
Santa Sindone e, davanti al santo Lino, chiese il
dono di un figlio che avrebbe voluto regalare al
Signore. Questo dono del Signore fu Francesco, il
suo primogenito, che nascerà il 21 agosto 1567.
Sul lato sinistro della piazza, accanto all’antico
Comune di Annecy, si apre un vialetto che, co-
steggiando un canale, ci porta in pochi passi alla
Cattedrale della città. Inizialmente dedicata
a Francesco di Assisi, nei tempi della Controri-
forma fu intitolata a san Pietro per creare almeno
un legame spirituale con la cattedrale di Ginevra,
titolare della diocesi e intitolata al primo degli
Apostoli. Francesco di Sales ricevette gli ordini
minori e fu ordinato sacerdote il 18 dicembre
1593 e, sempre qui, come Vescovo dal 1602 svolse
le sue funzioni di pastore nella celebrazione, con-
fessioni e predicazione. Il 24 gennaio 1623 questa
chiesa vide le esequie solenni del santo Vescovo.
È interessante, proprio in questa chiesa, rileggere
sul nostro vissuto cristiano alcune parole di Fran-
cesco di Sales che marchiano il suo stile pastorale
e ci fanno appassionare alle nostre radici salesia-
ne: “La lingua parla alle orecchie, il cuore parla al
cuore – Dio sia il vostro unico desiderio, la vostra
unica paura sia quella di perderlo, la vostra ambi-
zione quella di possederlo per sempre”.
Da sinistra: Notre
Dame de Liesse,
dove la mamma
di san Francesco
venne a venerare
la Sindone e chiese
il dono di un figlio
da regalare al
Signore, e la cat-
tedrale della città,
dove Francesco di
Sales fu ordinato
sacerdote.
La chiesa di San
Maurizio. Qui san
Francesco già
vescovo radunava
i bambini per il
catechismo.
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3.4 Page 24

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LE LUOGHI DI DON BOSCO
La Basilica della
Visitazione, il punto
spiritualmente più
intenso di Annecy,
cuore della devo-
zione salesiana e
dell’Ordine della
Visitazione, che ha
appena celebrato
i 400 anni della
fondazione.
La Basilica della Visitazione
Terminiamo il nostro pellegrinaggio salesiano
concedendo un doveroso e piacevole tributo alla
Annecy antica e commerciale che si snoda in
Rue de l’Isle, Rue Perriere fino alla antica por-
ta Est. Seguendo le indicazioni “Basilique de la
Visitation” in 15 minuti siamo sul piazzale che
ci regala il punto panoramico e spiritualmente
più intenso di Annecy. Una facciata alta 72 metri
in neo romanico di Sicilia introduce alla Basili-
ca della Visitazione. Una registrazione audio e
parecchi opuscoli ci permetteranno di gustare i
particolari architettonici e i richiami spirituali di
questo luogo che è la Chiesa di riferimento delle
suore della Visitazione e della devozione salesia-
na. Davanti ad uno splendido e grandioso mosai-
co del Cristo crocifisso ma vivente i nostri occhi,
spontaneamente, ne assimilano il messaggio: un
Amore totalizzante che cerca l’incontro vitale.
Alla base di tale mosaico, silenziose splendenti
e umili, le due urne contenenti le spoglie mortali
di san Francesco di Sales e santa Giovanna di
Chantal ci ricordano che tale incontro è possi-
bile, desiderabile e realmente trasfigurante, capa-
ce di far brillare la nostra umanità dello stesso
splendore di Dio; e questa diventa affascinante e
convincente.
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Dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida
dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida dida
dida dida dida.
Foto Shutterstock

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UN ANNIVERSARIO DI FAMIGLIA Gianni Ghiglione
È appena terminato un anniversario “salesiano” importante: i 400
anni della fondazione dell’Ordine della Visitazione. Il 6 giugno 1610
ad Annecy, in Savoia, Giovanna di Chantal con due sue amiche ini-
ziava l’anno di noviziato sotto la guida del vescovo Francesco di Sa-
les (il Santo che don Bosco sceglierà come Patrono e modello per la
sua Congregazione!).
Questa nuova famiglia religiosa si estende rapidamente soprattutto
in Francia e ancora oggi, a distanza di 4 secoli, sono 150 i Monasteri
sparsi in tutto il mondo, di cui 30 in Italia.
Oggi sono pochi quelli che sanno dell’esistenza di questo Ordine
monastico e ne conoscono lo spirito, che risale ai Fondatori, santa
Giovanna di Chantal e San Francesco di Sales.
Intanto la dicitura corretta è Visitazione di Santa Maria, per cui
l’anima di tutto viene attinta all’icona evangelica della Visitazione
della Vergine alla cugina Elisabetta (festa che si celebra oggi nella
Chiesa il 31 maggio).
Scrivono le Visitandine di Parigi in un recente opuscolo: “L’Ordine
non ha mai smesso di attingere in questa scena del Vangelo tutto il
meglio della propria spiritualità. Contemplazione e lode del Signore,
unite al servizio del prossimo; spirito di ringraziamento e umiltà del
Magnificat; povertà reale che si getta con confidenza infinita nella
bontà del Padre; disponibilità allo Spirito; ardore missionario per ri-
velare la presenza del Cristo; mistero di comunione delle persone,
radicato nel Mistero della Trinità; sguardo che si allarga alla umanità
intera; comunità di vita nella diversità e nella complementarietà; gioia
nel Signore; Maria che custodisce fedelmente tutte queste
cose nel suo cuore”.
Le Visitandine vivono la loro vita all’interno di
un Monastero, alternando il lavoro alla pre-
ghiera, i momenti di svago e di fraternità
allo studio e alla meditazione, in un clima
di silenzio operoso e di gioiosa vita fra-
terna.
Siamo al cuore della Visitazione: una vita
donata completamente a Dio, privilegian-
do alcune virtù tipiche:
• Nulla domandare, nulla rifiutare
… la perfezione interiore di cui dobbiamo fare
professione… consiste nella pratica esatta dell’ul-
timo documento che il nostro Beato Padre ci ha lasciato e che ci
ha inculcato migliaia di volte con parole e con scritti… non do-
mandate nulla, non rifiutate nulla. Mie care Sorelle, si può così dire
che questo santo ordine è il suo testamento per noi, nel quale ha
concentrato tutti gli insegnamenti che ci ha donato e le sue ultime
volontà su di noi” (santa Giovanna de Chantal).
• Semplicità e puro amore
C’è una certa semplicità di cuore nella quale consiste la perfezione
di tutte le perfezioni ed è questa semplicità che fa in modo che la
nostra anima non guardi altro che Dio e che si tenga tutta raccolta e
chiusa in se stessa per applicarsi con tutta la fedeltà possibile all’os-
servanza delle sue regole, senza disperdersi nel desiderare né voler
intraprendere qualcosa più di questo(TRT IX, 219).
• Umiltà, dolcezza, generosità
Le due virtù dell’umiltà e della generosità sono talmente legate e
unite l’una all’altra, che non sono e non possono essere separate…
l’umiltà che non produce generosità è senz’altro falsa….
• Cordialità e unione dei cuori
È uno dei grandi e principali punti e frutti della religione e il prin-
cipale della vita monastica l’unione con Dio e con il prossimo:
cosa bella e piacevole! I cuori uniti nella carità sono dei vasi pronti
a ricevere le grazie celesti, mentre i cuori disuniti finiscono per
perire.
L’opera più sublime di Francesco di Sales, il Trattato
dell’amor di Dio o Teotimo, si chiude portando
il lettore sul Calvario. … il monte Calvario
è il monte degli innamorati. Ogni amore che
non trae la sua origine dalla passione del
Salvatore è frivolo e pericoloso…”.
E questo spiega lo stemma della Visita-
zione che è il cuore di Gesù, trafitto da
due frecce, sormontato da una croce e cir-
condato da una corona di spine. Non per
nulla sarà proprio una Visitandina di Paray-
le-Monial, santa Margherita Maria Alacoque,
che porterà al mondo intero la devozione al di-
vin Cuore di Gesù.
L’affetto spinge alla imitazione” scrive Francesco
nella Filotea. Forse potremmo anche dirlo così:
“la simpatia crea sintonia” e quindi il deside-
rio di approfondire le nostre radici cristiane e
salesiane: una santità che sembra fatta apposta
per farcene innamorare. Proprio come la città di
Annecy.
Uno scorcio di Annecy. Una città con il cuore salesiano.
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3.6 Page 26

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NOTE DI SPIRITUALITÀ SALESIANA
B.F.
coamsecolto Un’accurata ricerca afferma che la persona media ascolta
per diciassette secondi prima di interrompere e
incominciare a parlare lei. Questa prassi può essere
definita ascolto egocentrico e raramente favorisce una
conversazione costruttiva. Il vero ascolto, invece, crea
un clima positivo in cui con ogni probabilità il vostro
interlocutore sarà disponibile ad ascoltare ciò che volete dire.
Il fascino irresistibile di don Bosco derivava anche
da questa qualità: era un uomo che sapeva ascolta-
re. Per questo non ha incontrato una sola persona
Ache non gli donasse fiducia incondizionata.
compreso, quanto comprendere».
Ascoltate con il collo. Quando annuite con
il capo esprimete questo concetto: «Sto cercando
di comprendere quello che mi dici. Sono con te».
Quattordici semplici consigli
Ascoltate con le mani. Non giocherellate
con matite, carta, con il telecomando del televiso-
Ascoltate con gli occhi. Offrite al vostro re. Tenete le mani ferme sui fianchi o appoggiate
interlocutore un’attenzione esclusiva. Spegnete il alle gambe; non intrecciatele dietro la nuca e non
televisore, chiudete il libro o la rivista che stava- sollevatele verso il soffitto come se foste annoiati.
te leggendo e guardate il vostro interlocutore. Il Ascoltate con la schiena. Mentre il vostro
contatto con gli occhi esprime questo pensiero: interlocutore parla, ogni tanto chinatevi in avan-
«Quello che mi dici è importante per me».
ti verso di lui, invece di rimanere seduti con un
Ascoltate con la bocca. Tenete la bocca atteggiamento rigido. Un leggero movimento del
chiusa per almeno cinque minuti. Se esprimete corpo comunica: «Hai la mia piena attenzione».
troppo presto il vostro pensiero, dimostrate che Ascoltate con i piedi. State fermi. Mentre il
non state ascoltando con empatia. Finché il vo- vostro interlocutore parla, non uscite dalla stanza
stro interlocutore parla, il vostro compito è ascol- in cui vi trovate, a meno che non si presenti un’e-
tare. Ricordate che il vostro obiettivo è mergenza nella stanza accanto, ovviamente. Se si
comprendere ciò che il vostro interlo- verifica un evento inatteso, comunicate al vostro
cutore custodisce nella sua mente e nel interlocutore il motivo per cui vi allontanate. Ad
suo cuore. Fate vostra la preghiera di san Fran- esempio, potete dire: «Tesoro, vado a spegnere il
cesco: «Signore, fa ch’io non cerchi tanto di essere gas in cucina e torno subito».
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Luglio/Agosto 2011

3.7 Page 27

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Oltre ai fatti, ascoltate anche i senti-
menti. Se vi limitate ad ascoltare ciò che il
vostro interlocutore dice e a replicare alle parole
che avete ascoltato, ignorando i sentimenti che
vengono espressi, il vostro interlocutore non si
sentirà compreso.
Mentre ascoltate il vostro interlocuto-
re, cercate di vedere la situazione dal
suo punto di vista. Cercate di comprendere
l’interpretazione che il vostro interlocutore ha
elaborato e i sentimenti che sono stati suscitati
nel suo intimo da ciò che è accaduto. È un im-
pegno difficile, perché gli esseri umani sono per
natura egocentrici, ma è essenziale per acquisire
la capacità di ascoltare con empatia.
Resistete alla tentazione di manifesta-
re il vostro punto di vista prima che il
vostro interlocutore si senta compreso.
Non dite al vostro interlocutore che non ha una
visione corretta dei fatti, che ha frainteso le vostre
intenzioni o che non ha il diritto di sentirsi ferito
o deluso. Quando si sentirà compreso, sarà molto
più disponibile e capace di ascoltare la vostra opi-
nione.
Cercate di comprendere meglio le idee
del vostro interlocutore ponendo do-
mande adeguate. «Intendi dire che pensi...
Ho capito bene?». Quando otterrete la risposta a
questa domanda, annuite con il capo. Non aggre-
dite il vostro interlocutore, neppure se disappro-
vate ciò che avete appena ascoltato.
Cercate di comprendere meglio le
emozioni del vostro interlocutore con
l’aiuto di opportune domande. Potete
esprimervi in questo modo: «Mi sembra che tu
sia deluso per questo… È così?». Il vostro interlo-
cutore può rispondere affermativamente, oppure
potrebbe aggiungere: «Deluso? Mi sento ferito,
adirato e frustrato!».
Dopo che il vostro interlocutore avrà
espresso i suoi pensieri e sentimenti,
riassumete ciò che avete compreso. «Ho
capito che ti senti ferito e adirato perché ritieni
che io ti abbia deluso per quello che ho fatto. La
mia interpretazione è corretta?».
Il passo più importante dell’ascolto:
l’incoraggiamento e il sostegno. Manife-
state verbalmente il vostro sostegno per i pensieri
e i sentimenti che vi sono stati comunicati. Potete
esordire in questo modo: «Ascoltandoti, ho com-
preso quanto ti senti ferito e quanto tu sia adirato
con me. Se io fossi al tuo posto, penso che pro-
verei le stesse sensazioni» (e sarebbe davvero così,
se voi consideraste la situazione dal punto di vista
del vostro interlocutore). Manifestando il vostro
sostegno di fronte ai pensieri e ai sentimenti del
vostro interlocutore, mostrate di essere un partner
comprensivo e non un nemico.
Chiedete se potete manifestare il vostro
punto di vista. Ora che avete ascoltato con at-
tenzione il vostro interlocutore e avete compreso
i suoi pensieri e i suoi sentimenti, potete doman-
dare il permesso di esprimere la vostra opinione.
Se il vostro interlocutore è disponibile ad ascol-
tarvi, e normalmente chi si sente compreso lo
è, sarete liberi di esporre il vostro punto di vista
relativamente a ciò che avete fatto e alle motiva-
zioni che vi hanno indotto ad adottare quel com-
portamento.
Luglio/Agosto 2011
Don Bosco che
confessa i suoi
giovani. Versione
dipinta di una ce-
lebre fotografia del
santo. Don Bosco
è tutto assorto
nell’ascolto.
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3.8 Page 28

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LE CHIESE DI DON BOSCO
MARIO SCUDU
Santo Stefano
a Beitgemal
Un interessante simposio
sull’arte cristiana in
Terra Santa organizzato
da un Istituto ebraico
di Gerusalemme e dalla
comunità dei salesiani
ha avuto come oggetto
proprio la nostra chiesa.
Ivisitatori salgono a Beitgemal per un po’ di
distensione, per ammirare il panorama o an-
che per visitare la Chiesa di Santo Stefano,
molto interessante per i suoi dipinti. Proprio
questi sono stati l’oggetto del simposio, che
ha avuto una partecipazione di circa 120
persone tutte qualificate culturalmente, tra i
quali professori di università, esperti e cultori
d’arte, il 7 aprile scorso.
L’incontro era stato preceduto già alcuni giorni
prima da un’intervista della TV israeliana a don
Domenico Dezzuto. Il simposio, promosso dal-
l’lnstitute of Yad Ben-Zvi di Gerusalemme con
la consulenza e assistenza di don Antonio Scudu,
direttore della Comunità e di don Domenico, ha
avuto il primo pezzo forte proprio nella relazio-
ne della dottoressa Nirit Shalev-Khalifa, con la
presentazione della sua ricerca per il dottorato,
con il titolo “Cicli murali nelle Chiese Cattoliche
e Monasteri della Terra Santa (1917-1948)”, con
una attenzione particolare per la Chiesa di Santo
Stefano a Beitgemal.
Gli autori delle decorazioni di questa piccola
ma bella chiesa, costruita e abbellita sotto
la supervisione del benedettino svizze-
ro padre Maurizio Gisler, sono stati
il carmelitano maltese Luigi Poggi,
del Monastero di Haifa, che ha
illustrato nella navata centrale la
storia di santo Stefano.
Nel suo lavoro la fonte di ispira-
zione è stata la tradizione dei mo-
saici in stile bizantino e quelli di
Ravenna.
28
Luglio/Agosto 2011
L’ingresso un po’ anonimo della chiesa di
Santo Stefano. Non mancano mai visitatori
e pellegrini.

3.9 Page 29

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Sono seguite altre due relazioni: della dottoressa
Einat Segai, riguardante la Chiesa Salesiana di
Nazaret, ed infine quella della professoressa Nu-
rith Kenaan-Kedar. Questa studiosa, dell’Univer-
sità di Tel Aviv, ha messo in risalto le due realtà
rappresentate nella Chiesa: quella fisica, e cioè la
struttura architettonica, e quella simbolica, con il
richiamo alla Gerusalemme Celeste, verso la qua-
le tutti, Ebrei e Cristiani, siamo in cammino.
Come si è arrivati
a questo Simposio così speciale?
Risponde don Antonio: «L’idea è stata della dot-
toressa Nirit. Da parte nostra c’è stata tutta la di-
sponibilità a cooperare perché tale simposio fosse
un successo, essendo tale proposta rispondente alla
missione della nostra comunità. Non abbiamo
sempre dei giovani che corrono dietro a un pal-
lone o stanno a pregare in chiesa durante i ritiri
spirituali che si tengono qui, ma abbiamo sempre
degli Ebrei che salgono a Beitgemal per curiosità,
per un po’ di quiete e silenzio, per cultura, o per-
ché in ricerca di qualcosa che non trovano nella
loro religione.
La riuscita del simposio, con la partecipazione
di gente così qualificata, ci ha fatto toccare con
mano quanto la nostra presenza qui sia impor-
tante. Si parla tanto ad alto livello dell’avvici-
namento che ci deve essere tra i Cristiani e il
mondo Ebraico. Qui da noi è pane quotidiano.
Lo si fa, è vero, con mezzi modesti ma tutto è
portato avanti da salesiani, che pur nei loro limi-
ti, lavorano con entusiasmo e convinzione. Non
credo che sia presuntuoso dire che la Comunità
di Beitgemal è un luogo dove, in qualche manie-
ra e per chi vuole, gli Ebrei possono incontrare
Cristo e “leggere” il Vangelo. Sì, leggere anche
nel vero senso della parola, perché, forse solo qui,
uno può ricevere una copia del NT in Ebraico
moderno, senza essere condizionato, e leggerlo
per la propria cultura o per arricchimento spiri-
tuale. E questo grazie all’intuizione di don Do-
menico, 25 anni fa».
Un simposio speciale, dunque, e importante. Non
solo per la consistenza delle relazioni sull’arte
cristiana in Terra Santa, tenute da studiose ebree
che hanno affrontato la ricerca con competenza
e simpatia, ma anche per l’ambiente in cui il tut-
to si è tenuto: un monastero-comunità cristiana.
Riconosciuta e lodata da tutti la collaborazione
da parte salesiana per la ricerca di archivio e per
l’organizzazione dell’incontro.
L’atmosfera è stata amichevole, serena, di stima
reciproca. I partecipanti sono stati tutti accolti
bene, rispettati, trattati con simpatia. Non pochi
di essi alla fine hanno affermato di essersi sentiti
come a casa loro. Come fratelli tra fratelli. E non
è poco.
Due istantanee
del Simposio che
ha catalizzato
l’attenzione di
esperti ebrei e
cristiani sulle
magnifiche deco-
razioni della chiesa
di Santo Stefano
a Beitgemal.
Luglio/Agosto 2011
29

3.10 Page 30

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GIOVANI
ALBERTO PELLAI
Le 7 regole d’oro
per crescere un figlio
capace di dire no
A vete mai parlato con i vostri figli
dell’importanza di saper dire no senza
sentirsi esclusi, emarginati da un grup-
po che invece questa competenza non
ce l’ha? Avete mai discusso con loro
della necessità di resistere alla pressione
dei pari quando essa tenta di allontanarli da ciò
che vorrebbero essere?
La prevenzione ha bisogno di tempi lunghi e ap-
propriati, di relazione e comunicazione efficace,
non è mai un intervento last minute: ecco una
mappa di consigli e regole educative per non
essere il genitore della “raccomandazione sulla
soglia di casa”.
Stategli vicino.
Amatelo con continuità e garantitegli sempre
presenza, affetto e tempo, perché la prevenzione
dei comportamenti a rischio comincia dai pri-
mi momenti di vita. Molti genitori sentono suo-
nare i campanelli d’allarme quando i figli vanno
alla scuola superiore e cominciano a manifestare
comportamenti tipici della preadolescenza.
Parlate di tutto.
Create occasioni di conversazione con lui anche
su temi difficili da affrontare sin da quando è
piccolo. Droga, sesso su Internet, alcol e guida
pericolosa: su questi temi spesso i genitori non
hanno alcuna esperienza di conversazione con i
propri figli. È fondamentale che mamma e papà
sappiano che è di capitale importanza affrontare
presto questi temi senza aspettare l’età dell’a-
dolescenza (quando a volte sono proposti sot-
to forma di prediche sgradite). Fin dalla scuola
primaria i bambini vivono nel mondo, ne as-
sorbono i temi, i problemi, le parole, gli aspetti
controversi. Ascoltano le notizie della cronaca,
percepiscono l’intensità emotiva con cui certe
questioni vengono discusse, magari sottovoce,
dai genitori durante il telegiornale. Per questo
devono essere loro, con l’azione congiunta de-
gli insegnanti a scuola, a prendere per mano i
propri figli e a dialogare di temi scomodi, su cui
30
Luglio/Agosto 2011

4 Pages 31-40

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4.1 Page 31

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IL LIBRO
le mamme e i papà di un tempo non sapevano
trovare le parole.
Chiaritevi le idee.
Non abbiate timore a comunicare i vostri valo-
ri e a testimoniarli con coerenza, anche quando
pensate che siano fuori moda o troppo distanti
da lui. Non deve mai venire meno il ruolo auto-
revole e responsabile dei genitori, alla vana ricer-
ca di un’illusoria situazione di parità: scendere al
livello dei figli toglie a un genitore la possibilità
di fare la voce grossa, di presidiare dall’alto del
proprio ruolo le possibilità di sperimentazione di
un adolescente. Padri che dicono “Sono il miglio-
re amico di mio figlio”, oppure madri che fanno
shopping nei negozi della figlia per comprarsi gli
stessi vestiti – “così sembriamo due sorelle” – ge-
nerano una grandissima confusione nella mente
degli adolescenti.
Ascoltatelo sempre.
Prestate sempre ascolto a ciò che vuole dirvi,
anche quando non ha le parole per raccontar-
lo. Perché questo accada hanno però bisogno di
trascorrere con lui tempo di qualità, ma anche
la quantità ha la sua importanza, a dispetto
di quanto se ne è scritto negli ultimi decenni.
Entrare nel mondo delle emozioni di un figlio,
mettersi a disposizione per diventarne l’allena-
tore principale, significa imparare a sentire quel-
lo che lui sente, saperlo accogliere, abbracciare,
offrirgli una gamma di emozioni complementari
da integrare alle sue, soprattutto quando quelle
emozioni lo fanno stare male o gli creano disagio.
Siate pazienti.
Non fatevi prendere dall’angoscia e dategli il
tempo di correggere i suoi difetti. L’educazio-
ne non è mai un processo veloce né istantaneo.
Richiede pazienza, tolleranza, buona volontà, af-
fetto e fermezza. E porta con sé una fatica che
molti genitori non si aspettano di dover soste-
nere. È interessante notare come i giovani ge-
nitori trovino davvero molto impegnativo vivere
con un neonato che non dorme di notte, fatica
ALBERTO PELLAI
E ORA BASTA!
I consigli e le regole per affrontare
le sfide e i rischi dell’adolescenza
(Kowalski)
Questo libro è una mappa preziosa per
orientarsi nel labirinto dei rapporti con un
figlio adolescente.
L’autore
Alberto Pellai, medico e psicoterapeuta dell’età evolutiva, è ricercatore
presso il Dipartimento di Sanità Pubblica dell’Università degli Studi di Milano,
dove si occupa di prevenzione in età evolutiva. Dal 2006 conduce ogni sabato
sulle frequenze di Radio24 Questa casa non è un albergo, l’unico pro-
gramma della radiofonia italiana dedicato alle relazioni tra genitori e figli, poi
diventato nel 2009 un libro per Kowalski. Nel 2004 il Ministero della Salute gli
ha conferito la medaglia d’argento al merito della Sanità Pubblica. È autore di
numerosi libri rivolti a genitori, insegnanti, adolescenti e bambini tra i quali Da
padre a figlia (San Paolo Edizioni), Mamma, cos’è l’amore?, Nella pancia
del papa, Le parole non dette (Franco Angeli) e Una calamità di mamma
(Edizioni Centro Studi Erickson). È padre di quattro figli: Jacopo, Alice, Pietro
e Caterina.
ad alimentarsi e stravolge i ritmi della loro quo-
tidianità. Ma è ancora più interessante vedere
come genitori di adolescenti sorridano di queste
difficoltà, consapevoli di quanta strada ancora ci
sia da fare e di quanto impervio si presenti il
percorso che accompagna la crescita di un figlio.
Una frase che da sempre costituisce un classico
sulla genitorialità tramandata di generazione in
generazione è: “Figli piccoli, pensieri piccoli; figli
grandi, pensieri grandi”.
Siate orgogliosi di lui.
Non abbiate paura di dirgli cose belle, valoriz-
zate i suoi punti di forza e aiutatelo ad accettare
i suoi limiti.
Lavorate in squadra.
Concordate all’interno della coppia gli inter-
venti educativi e non trasmettete messaggi che
possano confonderlo. Condividere pienamente
con il proprio coniuge tutti gli aspetti del pro-
getto educativo è assolutamente fondamentale, e
questo ancor di più se mamma e papà non vivo-
no insieme perché separati o divorziati.
Luglio/Agosto 2011
31

4.2 Page 32

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UNO SGUARDO SALESIANO
CHIARA BERTOGLIO
Una bella, grande famiglia:
quattro bellissime bimbe, nate
dal 1999 in poi, un’altra in
arrivo. Marco oggi ha trentanove
anni, da quattordici è sposato
La
figlia
Un’inattesa
avventura di vita
e di fede
numero cinque con Claudia. È un educatore
professionale; da dieci anni
lavora presso la Caritas della sua
città e soprattutto nel carcere.
In passato si è occupato di adulti
con disagio, senza fissa dimora,
unità di strada per le vittime della è stato come se alle sue parole si so- hanno saputo costruire e rafforzare la
tratta, malati terminali di HIV.
vrapponessero nel mio cuore quelle di speranza».
Eppure il giorno della nascita di Qualcuno che mi diceva: “Caro Mar- «Sapevo che, in quel reparto, di
Sara Benedetta, la figlia numero
cinque, è stato diverso.
co, qui c’è un grande regalo per voi”». fronte alla morte ed all’immen-
E alla “voce” di Dio, Marco risponde sa sofferenza degli innocenti, la
subito: “Beh, Signore, se ci doni una mia fede sarebbe andata in cri-
bambina così vuol dire che, almeno un si. Sapevo che avrei litigato con
po’, di noi ti fidi”. Mentre abbracciavo Dio, ma temevo soprattutto di
Sara per la prima volta, sono stato io sperimentarne l’assenza».
a sentirmi abbracciato come non mai». Marco condivide con noi alcune ri-
Non è tutto rose e fiori, ovviamente. ghe che aveva scritto proprio in quei
«Questi cuccioli speciali», come li de- giorni, nella rianimazione dell’ospe-
finisce Marco, «sono anche straordi- dale, passati nell’impotenza davanti
nariamente delicati». Sara ha bisogno alla piccola Sara, immobile, intubata,
delle cure della terapia intensiva, per “crocifissa”.
una malformazione cardiaca congeni- «Io, in questo reparto, ho capito che
ta; viene intubata e dovrà essere operata dopo anni di preghiera, studio, medi-
«Imedici mi avevano invi-
tato a seguirli: dovevano
parlarmi. Dai toni e dal-
le espressioni dei medici
si capiva che non po-
tevo aspettarmi buone
al massimo entro il sesto mese di vita.
«Il vero dramma», dice Marco, «non è
accogliere un figlio Down, ma vivere
la malattia di un figlio».
Paradossalmente, però, è Sara che dà
una mano ai suoi cari, nonostante sia
tazione biblica e dotte letture, del Dio
di Gesù Cristo non ho proprio capito
nulla. Molte volte, specialmente du-
rante le catechesi quaresimali, avevo
commentato ironicamente il compor-
tamento degli apostoli di fronte alla
notizie, non mi rendevo conto che in piccolissima. Ha una gran voglia di passione di Gesù. Ma come? Sono sta-
quegli istanti iniziava un’inattesa av- vivere e di guarire e, oltretutto, come ti fianco a fianco con il Cristo per tre
ventura di vita e di fede».
ricorda Marco sorridendo, «ha sempre anni e non avevano capito che tipo di
«Non sono uno che sente le “voci”, né potuto usufruire della miglior terapia: Messia Dio aveva inviato? Sorridevo
ho apparizioni mistiche. Eppure, men- coccole delle sorelle, calore di nonni e davanti a questi discepoli preoccupa-
tre la pediatra mi diceva che la mia zii, vicinanza e preghiera degli amici e ti di fare carriera, pronti a morire per
piccola Sara ha la sindrome di Down, della comunità, che, con il loro amore, un Messia liberatore, ma traditori di
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Luglio/Agosto 2011

4.3 Page 33

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quello fattosi agnello condotto al ma-
cello. Perdonatemi, fratelli apostoli:
se voi non avevate compreso Gesù, io
non ho capito né lui, né voi. In questa
rianimazione ho fatto pasqua. Il pro-
blema non è che si sente Dio lontano o
peggio assente: Dio c’è, eccome! Lo si
sente ben presente... Il problema è che
sperimenti sulla tua pelle cosa significa
che le sue vie non sono le nostre. Un
Dio così mi ha fatto paura, e anch’io
sono scappato, esattamente come gli
apostoli nel Getsemani. Per me non
c’è stato un gallo che ha cantato, ma
l’allarme di un monitor che è scatta-
to; non c’era nessuno ad accusarmi di
nulla, ma come Pietro nel cortile della
casa del sommo sacerdote, pensando a
Gesù, ho potuto solo dire: Io non lo
conosco!».
«Quando Sara è entrata in casa
per la prima volta, Giona, il
cane di famiglia, dopo averla
brevemente annusata, le si è ac-
cucciato accanto, e per tutto il
giorno non si è più mosso. Sem-
brava volerci dire che certi bambini de-
vono essere protetti e tutelati, forse più
di altri. E che lui la sua parte l’avrebbe
fatta fedelmente e fino in fondo. I cani
certe cose le sanno... e noi?»
«Un bimbo Down, ordinariamente,
non lo si cerca e non lo si augura a
nessuno», afferma senza mezzi termi-
ni. «Sara in pochi minuti mi ha spie-
gato che non serve né essere pronti,
né avere qualche vocazione speciale,
basta essere normali genitori che ac-
colgono un bimbo.
Oggi con Sara la nostra famiglia è più
ricca e felice e in casa non è entrato
un problema, ma un dono, esattamen-
te come quando sono nate Chiara,
Giulia, Francesca e Lucia».
«Ormai, quasi tutti, durante una gra-
vidanza, consigliati dai ginecologi,
optano per l’amniocentesi per avere
una diagnosi prenatale della triso-
mia 21. E presto basterà un esame
del sangue. Con qualsiasi metodo la
si ottenga, lo scopo della diagnosi, di
solito, è uno solo: non far nascere il
bambino, proprio perché è Down».
«Con Sara, in casa, è entrato un sorriso
in servizio permanente effettivo: lo so
che si crede che questi bambini sop-
portino dei limiti che li penalizzano, io
mi convinco invece sempre di più che
viceversa custodiscono delle capacità
di gioia e conoscano vie di felicità che
in molti ci siamo persi per strada e che
loro possono insegnarci a recuperare».
«Ringrazio Dio perché con la
nascita di Sara il FIL (Felicità
Interna Lorda) della famiglia
si è impennato. Perché per lei non
conta di chi è il compleanno: l’impor-
tante è essere tanti, insieme, a far festa.
Perché le patatine fritte in tavola sono
motivo sufficiente per esultare, come
per un goal dell’Italia ai mondiali. Per-
ché i gatti con lei fanno le fusa, anche
se li accarezza contropelo. Perché se re-
sto troppo tempo al computer, con pre-
cisione scientifica sa pigiare quella se-
quenza di tasti che impallano il sistema
e mi ricorda che c’è di meglio da fare.
Perché sembra sapere sempre dove abi-
ta la felicità, e se mi perdo mi ci riporta.
Perché, come tutti i bambini, si arrab-
bia, piange, fa i capricci, tiene il muso e
in un attimo passa tutto. Perché se ho
bisogno di uno di quegli abbracci che ti
scaldano l’anima, lei me ne garantisce
almeno tre (rinnovabili). Perché ha un
sorriso che potrei brevettare come te-
rapia antidepressiva, ma non si può: è
gratis ed è per tutti! Perché come ogni
bimbo che nasce, Sara è una scommes-
sa di Dio in favore dell’uomo».
Marco conclude con un sorriso:
«Quando, durante la gravidanza, ab-
biamo affrontato il terribile (provate
a mettere d’accordo quattro sorelle!)
problema del nome con cui battezza-
re la nuova arrivata, interminabili di-
scussioni e votazioni hanno preceduto
la scelta di Sara, ma sul secondo nome
siamo da subito stati tutti d’accordo:
senza saperlo ci eravamo già detti che
quella creatura sarebbe stata per noi e
per sempre, Benedetta».
Luglio/Agosto 2011
33

4.4 Page 34

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A TU PER TU
O. PORI MECOI
Con slancio
tutto maltese
Clive Mifsud è un giovane
salesiano coadiutore che
ha temporaneamente
lasciato il sole e il mare
di Malta per studiare
teologia a Valdocco.
Che cosa significa per te
essere salesiano e maltese?
Gioia. Essere ed essere nel Signore
assieme alla mia comunità! La gioia e
l’incontrarsi fanno parte della cultura
maltese, a questo si aggiunge il clima
di famiglia, tipicamente salesiano, con
tanto di confronto personale e di con-
fratelli entusiasti per Cristo, don Bo-
sco e la vita.
Qual è la tua città?
La mia città è Birzebbuga, ottomila
abitanti, che si trova sulla riva del mare,
nella parte sud-orientale di Malta. Es-
sendo nella ‘bocca del pesce’ (Malta ha
la forma di un pesce) è un porto che
provvede a servizi per container.
Com’è la tua famiglia?
Siamo quattro a casa e io sono il più
grande di due fratelli maschi. Papà
e mamma lavorano nella nostra ti-
politografia e mio fratello fa l’inse-
gnante.
Chi per primo
ti ha raccontato
la storia di Gesù?
Mamma, lei era sempre attenta a que-
sti dettagli e anche alle cose di reli-
gione. Ho chiaro in mente la Messa
ogni mattina, e lei che mi sottolinea-
va i momenti importanti della Messa,
spiegandomi l’amore che dobbiamo
avere per Gesù.
Quali tradizioni religiose
della tua isola ricordi
in modo particolare?
A Malta resistono molte tradizioni
religiose, dalla “Predica del Bambino”
a Natale, alle processioni di Venerdì
Santo e per chi conosce Malta, du-
rante l’estate, le feste in ogni villaggio
in onore al Santo patrono del villag-
gio. Ma la tradizione che mi sta più
a cuore è il Triduo della Settimana
In alto: Clive con don Fabio Attard, Consigliere per
la Pastorale Giovanile, anche lui maltese. Sotto:
Clive, al centro, con il Rettor Maggiore e un gruppo
di salesiani maltesi.
34
Luglio/Agosto 2011

4.5 Page 35

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Santa. Non so definire tutti i dettagli
ma sembra che tutta Malta si fermi,
per vivere questo momento parti-
colare, tutti insieme, come un’unica
comunità. Dalla celebrazione della
liturgia, alla quale una gran parte dei
fedeli partecipa, a cose più tradiziona-
li come le processioni, le manifesta-
zioni religiose e le rappresentazioni
della Passione.
Come hai conosciuto
i salesiani?
Un giorno mi arrivò a casa un bollet-
tino che pubblicizzava un incontro
giovanile al Savio College (una delle
nostre scuole salesiane di Malta), mi
sembrava interessante e mamma mi
incoraggiò ad andare. Là mi sono
innamorato del posto, che è bello,
dei salesiani, che giocavano con noi,
cantavano, ti ascoltavano. Ritornan-
do a casa, dovendo scegliere una
nuova scuola di lì a qualche mese,
dissi alla mamma: «O Savio College
o niente!».
Com’è nata
la tua vocazione?
Io attribuisco la mia vocazione a don
Frank Clifton, un salesiano inglese
di Malta. Negli anni di scuola
al Savio, in un modo o nell’al-
tro, è riuscito a fare uscire il
meglio di me. Ammiravo la
dedizione e la solidità del
suo lavoro, della preghiera,
dell’apostolato. L’esempio
di altri salesiani ha poi
continuato a fortificare la
mia scelta. E il processo
continua!
I tuoi studi?
Prima di entrare tra i
salesiani ho portato a
termine il baccalau-
reato in Informatica
e Gestione Aziendale.
Da salesiano ho fatto
due anni di filosofia e
psicologia, adesso ho
cominciato a studiare
Teologia.
Il tuo hobby preferito?
Disegno Grafico e Informatica, anche
se oggi ho poco tempo da dedicargli.
Perché salesiano
coadiutore?
Sono stato abituato a vedere la voca-
zione come la volontà di Dio per la
persona. Essere salesiano presbitero o
laico è una vocazione nella vocazione.
Dopo una lunga riflessione, arricchi-
ta di preghiera e confronto, sento che
questa è la vocazione che Dio vuole
da me.
Come sono i giovani
di Malta?
Sono pieni di vita, con tanto entusia-
smo e voglia di incontrarsi (il mare e
il sole aiutano in questo), alla ricerca
di una vita che abbia senso, e molte
volte in modo cristiano.
Come vedi l’avvenire della
Congregazione in Europa
e nel mondo?
Un avvenire bello, anche se difficile.
Le nuove tecnologie, la globalizzazio-
ne, le economie emergenti, lo scambio
di culture, assieme ad altre realtà sono
tutte cose che, come salesiani e Chie-
sa, dobbiamo affrontare. Manca
ciò che è veramente importante
per la persona, e questo è il ter-
reno dove devono lavorare i
salesiani.
Accanto: Clive, al centro, con
due novizi maltesi.
In alto: Clive con un gruppo
di giovani: «I giovani maltesi
sono pieni di vita, con tanto
entusiasmo e voglia di incon-
trarsi».
Luglio/Agosto 2011
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4.6 Page 36

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NOI & LORO
ALESSANDRA MASTRODONATO
LA FIGLIA
Sì, viaggiare!
T empo di vacanze; per molti, tem-
po di viaggi. Giunta l’estate, tanti
ragazzi e ragazze si apprestano
ad affrontare, magari per la pri-
ma volta, l’esperienza esaltante e,
in qualche caso, avventurosa del
viaggio. Per tanti di loro è la prima esperienza
lontani da casa, con tutte le ansie e le preoccupa-
zioni che una simile novità genera inevitabilmente
nei loro genitori; per altri si tratta di un’abitudi-
ne ormai consolidata, ma che anno dopo anno si
colora di nuove sfumature e di inedite aspettative,
rinnovando ogni volta l’emozione della partenza,
la curiosità della scoperta, il desiderio di lanciarsi
all’esplorazione di orizzonti sempre nuovi e diversi.
Che si tratti di una vacanza al mare, di un weekend
in montagna, di un campo estivo con gli amici, di
un’esperienza all’estero o, magari, di un ben più mo-
vimentato interrail, ciò che spinge gli adolescenti
a partire – e ad agognare per tutto l’anno il mo-
mento magico della partenza – è, certo, il desiderio
di evasione, la voglia di lanciarsi alla scoperta del
mondo esterno lontano dall’ala protettiva del-
la famiglia, l’ansia di sfuggire, almeno
per qualche giorno o settimana, dal
controllo dei genitori o anche, più
semplicemente, da una quoti-
dianità asfittica e monotona che
spesso i ragazzi percepiscono
come troppo stretta e
incapace di dar voce
ai loro desideri più
autentici e profondi.
Ma non è solo questo. Per gli adolescenti
viaggiare non significa solamente fuggi-
re da qualcosa; viaggiare è prima di tutto
un cercare qualcosa. L’esperienza del viaggio,
in effetti, implica sempre una ricerca: di nuovi
spazi (fisici e simbolici) da esplorare, di emozioni
inedite da sperimentare, di relazioni da intreccia-
re, di un diverso e più consapevole significato da
dare alla propria esistenza. È come se, attraverso
l’esperienza del viaggio, ogni ragazzo desse voce
all’insopprimibile desiderio di spaziare, di pren-
dere il largo, di allargare l’orizzonte delle proprie
vedute ed il proprio universo di senso. Ma c’è an-
cora un altro aspetto da considerare: da sempre il
viaggio rappresenta per ogni uomo, e per gli ado-
lescenti in particolare, un’occasione per uscire da
sé, per confrontarsi con ciò che è “altro” e “oltre”
rispetto alla propria interiorità, alla propria cul-
tura, alla realtà in cui si è abituati a vivere. Cia-
scuno di noi, infatti, ha bisogno di estensione, di
prospettive, di orizzonti. E, soprattutto per i più
giovani, l’esperienza del viaggio acquista un valore
esistenziale e pedagogico irrinunciabile, in quan-
to offre loro la possibilità di superare i limiti an-
gusti del proprio egocentrismo, facendo spazio alla
dimensione dell’alterità.
Non bisogna, però, dimenticare che «il
vero viaggio di scoperta è sempre circolare:
la gioia della partenza, la gioia del ritorno».
E, dunque, è importante che anche, e forse soprat-
tutto, gli adolescenti, per i quali più forte è il rischio
di vivere il viaggio come pura evasione e fuga dalla
realtà quotidiana, imparino ad aver sempre chiaro
il senso del percorso e a non smarrire la strada (e
la gioia) del ritorno, pur nella consapevolezza che
mai si torna a casa esattamente uguali a quando si
è partiti, bensì con un bagaglio di esperienze, di
emozioni e di incontri che inevitabilmente lascia-
no un segno profondo e incancellabile in chi li ha
vissuti. E allora, zaino in spalla e bussola in mano,
tutti pronti a partire (e a tornare) alla ricerca di se
stessi e alla scoperta di nuovi territori.
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Luglio/Agosto 2011

4.7 Page 37

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MARIANNA PACUCCI
E’terribile ammetterlo, ma è una
verità incontrastata. Per molti
adulti l’esperienza del viaggio si
identifica con l’andare via, met-
tere una distanza dai luoghi e
dai legami della famigliarità, al-
lontanarsi da una quotidianità che appare
poco significativa. Va da sé che queste defini-
zioni non riguardano soltanto l’esperienza perso-
nale del viaggiare, quanto il dover subire i viaggi
dei propri figli, che appaiono ai genitori molto più
che un salutare passatempo e non raramente scon-
finano in paventate forme di evasione dal controllo
familiare e trasgressione delle regole abituali.
L’estate assume, per questo, tinte diverse e non sem-
pre gradevoli. L’attesa delle vacanze spesso
produce l’attesa di un viaggio che possa es-
sere una sorta di premio o di risarcimento
di un anno di vicende faticose e poco grati-
ficanti; si fanno progetti e programmi che mesco-
lano festosamente curiosità e voglia di avventura, bi-
sogno di nuove conoscenze e incontri, la necessità di
evadere dal già dato e dal già visto. Poi, al momento
di realizzare questa vacanza del corpo e della men-
te, ci si accorge quasi puntualmente che i conti non
tornano: le esigenze di ogni membro della famiglia
sono sempre differenti dalle altre, non si riesce a
stare nei limiti del tempo e dei soldi disponibili, il
desiderio di ritrovare se stessi attraverso l’esperienza
del viaggio rischia di sconfinare in una problematica
uscita dal proprio mondo esteriore e interiore.
E comunque vada il rapporto fra aspettative e rea-
lizzazioni, il viaggiare viene affrontato con perce-
zioni ambigue: quel che si vive è spesso diverso e
inferiore a quel che si sperava di raggiungere. La
rappresentazione mentale del viaggio, inevitabil-
mente, va ben al di là di quel che si sperimenta e
per questo molti adulti tornano dalle vacanze tal-
volta più delusi e stressati che prima della partenza
e resta in bocca un sentimento amaro di rimpianto
e di nostalgia verso un’occasione persa. La verità è
che se non si mettono in moto il cuore e la mente,
Partire
è un po’
come morire
accanto al corpo, non si va mai davvero lontano o
comunque si resta in fuga da qualcosa o qualcuno,
quando sarebbe giusto invece poter sperimentare
nuove forme di prossimità, di accoglienza, di con-
fronto, di contemplazione del mondo.
Sarebbe bello poter imparare dai giovani,
che sono figli della globalizzazione, che
il viaggio non è solo un andare ma an-
cor più un arrivare; che la ricerca di una
meta non annulla la possibilità di godere
del percorso; che la strada percorsa ha il
misterioso potere di trasformare in pro-
fondità la persona, consentendo l’acces-
so ad una rinnovata cosmologia.
Ma forse anche gli adulti hanno qualcosa da in-
segnare alle nuove generazioni: ad
esempio, la capacità di assa-
porare tanto la gioia della
partenza, quanto quella
del ritorno, che è il
grande antidoto alla
tentazione dello sra-
dicamento giovanile
dalla propria realtà
quotidiana. Ma ancor
più, la consapevolez-
za che viaggiare non
vuol dire soltanto cer-
care nuove terre, ma
avere nuovi occhi.
LA MADRE
Luglio/Agosto 2011
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4.8 Page 38

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I SALESIANI E L’UNITÀ D’ITALIA
FRANCESCO MOTTO
Educare l’onesto cittadino
e il buon cristiano
nel difficile ventennio
Gli anni del fascismo furono
difficili tanto per la situazio-
ne politica quanto per l’edu-
cazione dei giovani, che il
regime cercò di riservare alla
propria esclusiva competenza
mediante “il più grandioso tentativo
di educazione statale della gioventù
che la storia ricordi”.
Le numerose organizzazioni fasciste
si assunsero il compito di “preparare”
a loro modo le nuove generazioni ri-
dimensionando le altre organizzazioni
giovanili, in particolare l’Azione Cat-
tolica o costringendole alla chiusura
(Scout). Con la creazione del nuovo
“ministero dell’Educazione Naziona-
le”, il regime oltre ad un pesante con-
dizionamento nel campo scolastico,
promosse una serie di attività di gran-
de richiamo in ambito sportivo, teatra-
le, cinematografico, musicale, culturale.
Con la riforma Gentile poi l’istruzio-
ne religiosa, impartita in scuola, ebbe
lo scopo di ottenere il consenso e la
collaborazione delle autorità ecclesia-
stiche mettendo in discussione l’utilità
e la validità della formazione religiosa
impartita nelle associazioni cattoliche.
Grazie infine alle convocazioni per le
festività nazionali e al “Sabato fascista”
del 1935 “tutta l’Italia si trasformò in
una gigantesca caserma”.
L’atteggiamento non
statico dei salesiani
nelle vicende nazionali
Di fronte a tutto ciò i salesiani modi-
ficarono il loro atteggiamento secondo
lo scenario politico del momento. Ne-
gli anni ’20, alla richiesta di cappella-
La scuola tipografica di Valdocco, prima e dopo la Seconda Guerra Mondiale si è imposta come polo educativo e professionale di eccellenza, al di là delle vicende
politiche della nazione.
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Luglio/Agosto 2011

4.9 Page 39

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ni per l’Opera Nazionale Balilla e di
“inquadrare” i loro giovani fra i balil-
la, scelsero la linea della prudenza ma
anche della fermezza “nel non lasciare
che altri venissero a comandare o diri-
gere in casa nostra”. Ma nel 1929 con
la Conciliazione e la beatificazione di
don Bosco, si mostrarono disponibili
alla collaborazione pur nella distinzio-
ne e nelle case salesiane cominciò ad
essere presente il mondo fascista con i
suoi uomini, i suoi canti, i suoi “gesti”.
Ma quando nel 1931 il fascismo chia-
rì la sua intenzione di avere in mano
il monopolio dell’educazione dei gio-
vani, negli oratori salesiani si registra-
rono vari “incidenti”. Mussolini allora
a fine maggio sciolse le Associazioni
cattoliche, fra cui i circoli salesiani, ma
il materiale loro sequestrato non diede
i risultati sperati, per cui il 9 giugno si
decretò la chiusura anche degli Oratori.
I Superiori di Torino protestarono im-
mediatamente per “tale provvedimen-
to” che si sentiva ingiusto, in quanto
poterono dichiarare “di non aver de-
meritata la stima della Patria e delle
Autorità politiche e civili”. L’ordine
di chiusura degli Oratori rientrò e dal
1931 si avviò la “fase del consenso”, la
cui espressione più significativa fu la
canonizzazione di don Bosco nel 1934,
con la celebrazione civile in Campido-
glio, dove alla presenza di Mussolini
don Bosco fu definito “il più italiano
dei santi”. La strumentalizzazione della
sua figura continuò anche dopo, sia da
parte fascista sia da parte salesiana. Il
“consenso” dalle parole si tradusse pure
nei “fatti”, con numerosi salesiani ad-
detti all’assistenza religiosa nell’ONB,
con un aumento del numero dei balilla
nelle loro case (an-
che per non creare
difficoltà ai giovani
uscendo dal collegi),
con la partecipazione
alle occorrenze più si-
gnificative della patria
e del fascismo. Il clima
di aperto consenso si tra-
sformò però infine in pro-
gressivo raffreddamento a partire
dalla politica razziale del luglio 1938 e
dall’alleanza con Hitler, fino alla chiara
presa di distanza dopo l’invasione nazi-
sta della Polonia.
Un diverso progetto
educativo alternativo
per i giovani italiani
Consapevoli di possedere un proget-
to educativo in grado di dare risposta
a tutte le esigenze del giovane, ben
diverso dal modello di uomo nuovo
propugnato dal fascismo, i salesiani
lentamente si estraniarono dal mon-
do esterno, elaborando una propria
struttura, capace di accompagnare
passo passo la crescita del giovane. I
tanti gruppi, sia in Oratorio sia nei
collegi, animarono la vita delle opere
salesiane in “parallelo” e in alternati-
va sia a quelli dell’ONB, sia a quelli
dell’Azione Cattolica.
Il ragazzo, specie il collegiale, venne
per così dire isolato dalla realtà che lo
circondava e in tal modo difeso sia dai
“falsi valori” della società, che dall’“in-
dottrinamento” sui miti che il regime
voleva inculcare. Questa separatezza
andò unita, almeno fino al 1931, ad
una forte spinta all’apostolato-sfida
Un momento del Seminario di Roma sui 150 anni
di educazione salesiana in Italia.
L’onesto cittadino nel sistema salesiano è la perso-
na capace di inserirsi in modo ordinato e operoso
nella società.
nei confronti della realtà circostante.
Tali furono le processioni o le continue
manifestazioni pubbliche con tanto di
bandiere, gagliardetti e distintivi, ulte-
riore motivo di tensione tra il mondo
cattolico (e salesiano) e quello fascista
(1939). E tali furono le tematiche più
ricorrenti negli incontri e nei ritiri spi-
rituali delle Compagnie e dei Circoli:
critica dello stile gregario, timoroso, di
rispetto umano e di impegno; invito al
giovane a partire alla conquista della
società, quasi in rapporto di sfida con
il Regime, con piglio battagliero (Po-
tius mori quam foedari), sull’esempio
di grandi modelli recenti, come Pier
Giorgio Frassati (†1925), che proprio il
salesiano don Cojazzi contribuiva a far
conoscere.
Sul piano del “Buon cristiano” i salesia-
ni recepirono al loro interno il clima
spirituale del momento, condivisero il
piano programmatico di Pio XI (pax
Christi in regno Christi) e lo tradussero
sia nella costruzione di una forte inte-
riorità con i suoi caratteri cristocentrici
ed eucaristici, sia riprendendo le tema-
Luglio/Agosto 2011
39

4.10 Page 40

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I SALESIANI E L’UNITÀ D’ITALIA
FRANCESCO MOTTO
tiche “specifiche” della pedagogia, non
solo salesiana, dell’epoca: l’insistenza
sulla purezza e l’apostolato, volte alla
ricristianizzazione della società, quali
l’opera di moralizzazione contro i balli,
la moda, la pornografia e le campa-
gne antiblasfeme, la propaganda della
“buona stampa”. Fu anche il momento
dell’espansione missionaria, alimentata
dalla costituzione nel 1923 dell’ufficio
Film Missioni Don Bosco, dalla fonda-
zione di una serie di aspirantati missio-
nari, dall’Esposizione Missionaria Sale-
siana (1926), dalla Crociata missionaria
(1928), dalla diffusione di riviste che
infiammano i ragazzi di entusiasmo e
di ammirazione verso i missionari.
Circa la formazione dell’“onesto cit-
tadino”, nel sistema salesiano questo
è prima di tutto la persona capace di
inserirsi in modo ordinato e operoso
nella società. Oltre 80 furono le case
salesiane fondate nel corso del ven-
tennio, talora proprio là dove il regime
andava fondando nuove città.
Per quanto riguarda la dimensione po-
litica, fino al 1929 le opere salesiane
I due volumi dei salesiani e delle Figlie di
Maria Ausiliatrice per i 150 anni dell’Italia.
rimasero per lo più estranee, forse
anche refrattarie e ostili alle proposte
educative dell’uomo nuovo fascista, e
risposero con una propria forte pro-
posta “alternativa”. Non così nel tem-
po del “consenso”, quando vi fu non
solo una partecipazione “fisica” e in
qualche modo “ideologica” al proget-
to fascista. Alla fine degli anni ’30 i
rapporti si raffreddarono e si presero
le distanze: le conferenze salesiane
riguardarono tematiche “diverse” da
quelle della martellante propaganda
fascista ed i giovani vennero indiriz-
zati verso un impegno di carità, quasi
in parallelo con l’attivismo fascista.
Un ideale di eroismo
Ovviamente non vanno nascosti i
punti deboli dell’educazione salesiana
dell’epoca. Lo sforzo di salvaguardarne
i caratteri peculiari comportò anzitutto
un isolamento dalla realtà circostante.
Più che aperta “critica” nei confronti
della società in genere, si contrastarono
i “falsi modelli”di vita offerti, ad esem-
pio, dal cinema e dalle mode, compre-
sa una certa libertà sessuale. Tutto ven-
ne allora predisposto per impedire il
verificarsi di qualche “disordine”, senza
dare spazio ad una specifica ed illumi-
nata educazione all’affettività. Per altro
l’ideale giovane cristiano proposto, ca-
pace di eroismo, ascesi e sacrificio era
già un’opposizione critica alla visione
che esaltava nell’uomo solo le compo-
nenti della fisicità e della “virilità”.
Inoltre un sistema educativo come
quello salesiano mirante alla forma-
zione di una forte coscienza “perso-
nale” e non di massa, in alternativa
netta alla proposta fascista, ha però
accentuato la componente “interiore”,
a scapito dell’impegno socio-politico,
caratteristica che aveva, invece, con-
traddistinto l’azione salesiana nei pri-
mi anni ’20. La tradizionale linea della
“neutralità politica” si rilevò ambigua
sul piano dell’attuazione pratica e la-
cunosa in campo teorico, in quanto di
fronte alle incongruenze politiche del
fascismo l’atteggiamento dominante
in ambito salesiano (e cattolico) fu
quello di “rinserrarsi” nei propri spazi,
di affermare in un certo modo la pro-
pria differenza dai miti fascisti, senza
però metterli mai in discussione alla
radice, senza abituare a confrontarsi
con la realtà in termini critici e non
moralistici, senza assumersi “da solo”
le proprie responsabilità nei confron-
ti della vita sociale. Ciononostante
centinaia di ragazzi educati nelle case
salesiane avrebbero svolto ruoli di pri-
mo piano, anche politico, nel dopo
ventennio. Del resto, se il presidente
Pertini riconosceva i meriti dell’edu-
cazione salesiana ricevuta prima della
grande guerra, Alcide De Gasperi, nel
secondo dopoguerra, si sarebbe vanta-
to di essere Cooperatore salesiano.
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Luglio/Agosto 2011

5 Pages 41-50

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5.1 Page 41

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I NOSTRI SANTI
A CURA DI PIERLUIGI CAMERONI postulatore generale
Illesa da due investimenti
Per intercessione della Mamma
celeste Maria Ausiliatrice, potente
Aiuto dei cristiani, sono uscita il-
lesa da due investimenti verificatisi
nell’arco di un mese. Nel primo mi
trovavo sola a bordo della mia auto:
ad un incrocio, mentre attraversavo
la strada con diritto di precedenza,
venni urtata da un camion, che pro-
veniva dalla mia sinistra e non si era
fermato allo stop. Dopo un mese
esatto subivo il secondo investi-
mento. Transitavo alla stessa ora
sulla stessa strada con mio marito,
che guidava la sua automobile. Allo
stesso punto un’auto, proveniente
dalla mia destra, non si arrestò allo
stop e ci urtò. Anche questa volta
rimasi illesa, pur avendo subìto un
duplice spavento.
I. S., Ceglie Messapica (BR)
Un figlio affidato
Io e mio marito abbiamo adottato
Johnny quando aveva 14 mesi di
età. È cresciuto nella nostra fa-
miglia, circondato dai nonni, zii e
cugini. Ora ha 22 anni. Terminato
il corso dei suoi studi presso una
scuola salesiana, ha lavorato per
un anno; poi non ha più trovato
impiego. Vedendolo disoccupato,
eravamo stanchi di quella situa-
zione e anche in contrasto con la
sua voglia di vita indipendente. Il
giorno dopo la festa di don Bosco,
decisi di andare a parlare con un
salesiano dell’istituto, dove nostro
figlio aveva studiato. All’entrata
fissai lo sguardo sul quadro della
Venerabile Margherita Occhiena,
la Mamma di Don Bosco, la quale
sembrava mi dicesse: “Coraggio,
Don Bosco ti aiuterà”. Il giorno
stesso, un amico di mio figlio l’av-
vertì che presso il luogo dove lui
lavorava, si era licenziata una per-
sona e che c’era quindi la possibi-
lità di prenderne il posto. Mio figlio
andò a parlare con il datore di la-
voro, il quale lo assunse in prova
per due settimane. Attualmente,
trascorsi oltre due mesi, mio figlio
ha potuto assicurarsi un lavoro per
almeno sei mesi. Ora sono sicura
che il Signore illumina il cammino
dei nostri figli e che ci sono affidati
dalla sua Provvidenza.
Bonato Carla, Este (PD)
Liberato da grave accusa
Sono un avvocato. Nel settembre
2010 tornavo a casa dalle vacanze
estive con mia moglie e i miei due
bambini di 6 e 3 anni. Ci aspetta-
va una triste notizia: ero accusato
di un grave reato economico, per
aver assistito una società nei mesi
precedenti. Tale notizia ci tenne
amareggiati per vari mesi, privan-
doci di quella serenità che tanto ci
mancava per accompagnare i no-
stri figli. Tutte le sere ero assalito
da una grande ansia, che mi impe-
diva quasi il respiro e che durava
quasi tutta la notte. Ci affidammo
alla Madonna Ausiliatrice e a don
Bosco, affinché mi aiutassero e mi
liberassero da quella grave accu-
sa, che mi distruggeva moralmen-
te e anche fisicamente. Nel marzo
2011 le nostre preghiere venivano
esaudite; infatti con grande gioia
seppi che il procedimento a mio
carico era stato archiviato. Grato
per tanto favore, promisi a Maria
Ausiliatrice e a don Bosco di collo-
care una statuetta dell’Ausiliatrice
nell’atrio di casa nostra.
F. R.
San Domenico Savio
(studio di Caffaro Rore).
NOTIZIE DALLA POSTULAZIONE
Vaticano – Consegna della
Positio di Sándor Stefano,
salesiano coadiutore, martire
Mercoledì 27 aprile 2011 è stata conse-
gnata presso la Cancelleria della Congre-
gazione delle Cause dei Santi la “Positio
super martyrio” del salesiano coadiutore
Stefano Sándor, ucciso in Ungheria in
odio alla fede l’8 giugno 1953. È uno dei
numerosi martiri che versarono il loro sangue per Cristo e per la
Chiesa durante il periodo del regime comunista.
La Positio, che ha avuto come relatore il padre Vincenzo Criscuolo
OFM Cap. e come collaboratore il salesiano ungherese don János
Szo´´ke, consta di un breve profilo biografico del Servo di Dio, un’e-
sposizione ampia e convincente del suo martirio formale e materia-
le, senza omettere di delineare la descrizione della vita virtuosa, in
particolare la costante preoccupazione del Servo di Dio di essere
fedele alla sua vocazione di salesiano coadiutore. Le prove testifica-
li e documentali sono particolarmente ricche e significative sia circa
le vicende del Servo di Dio che l’evento martiriale. Ora si attende
il giudizio dei Consultori storici, dei teologi e del Congresso dei
cardinali e dei vescovi.
Sándor Stefano nacque a Szolnok, in Ungheria, il 26 novembre
1914 da Stefano e Maria Fekete. Leggendo il Bollettino Salesiano
conobbe don Bosco. Si sentì subito attratto dal carisma salesiano.
Nel 1936 fu accettato al Clarisseum a Budapest, dove in due anni
fece l’aspirantato. Frequentò nella tipografia “Don Bosco” i corsi
di tecnico-stampatore. Iniziò il noviziato, ma dovette interromperlo
per la chiamata alle armi. Nel 1939 raggiunse il congedo definitivo
e, dopo l’anno di noviziato, emise la sua prima professione l’8 set-
tembre 1940 come salesiano coadiutore. Destinato al Clarisseum,
si impegnò attivamente nell’insegnamento presso i corsi professio-
nali. Ebbe anche l’incarico dell’assistenza all’oratorio, che condusse
con entusiasmo e competenza. Fu il promotore della Gioventù Ope-
raia Cattolica. Alla fine della Seconda Guerra mondiale si impegnò
nella ricostruzione materiale e morale della società, dedicandosi in
particolare ai giovani più poveri, che radunava insegnando loro un
mestiere. Quando lo Stato nel 1949, sotto Mátyás Rákosi, incamerò
i beni ecclesiastici e iniziarono le persecuzioni nei confronti delle
scuole cattoliche, Sándor cercò di salvare il salvabile. Di colpo i re-
ligiosi si ritrovarono senza più nulla e vennero dispersi. Anche Ste-
fano dovette “sparire”, lasciando la sua tipografia che era diventata
famosa. Invece di rifugiarsi all’estero, rimase in patria per salvare
la gioventù ungherese. Riuscì a farsi assumere in una fabbrica di
detergenti della capitale, continuando impavido e clandestinamen-
te il suo apostolato, pur sapendo che era un’attività rigorosamente
proibita. Nel luglio del 1952 fu catturato sul posto di lavoro, e non
fu più rivisto dai confratelli. Un documento ufficiale ne certifica il
processo e la condanna a morte eseguita per impiccagione l’8 giu-
gno 1953.
Per informazioni e segnalazioni di grazie scrivere a:
postulazione@sdb.org
Luglio/Agosto 2011
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5.2 Page 42

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IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
Monsignor
CARLO CHENIS sdb
VESCOVO DI
CIVITAVECCHIA-TARQUINIA
Morto a Roma il 19 marzo
2010, a 55 anni.
Aveva 54 anni ed era vescovo
da tre. Quando fu certo della
grave malattia che lo aveva col-
pito scrisse: «Questo terzo an-
niversario della consacrazione
episcopale mi ha fatto riflettere
sul singolare stato di grazia che
sto vivendo in questo periodo
nel quale il ministero di pastore
si è repentinamente associato
all’esperienza di malato. Il tutto
è avvenuto allorquando con-
cludevo il mio venticinquesimo
di ordinazione sacerdotale. A
rinforzare la lettura sopranna-
turale è stato il momento della
“rivelazione” avvenuta durante la
novena di Natale. Impossibile, al-
lora, non ravvisare il segno della
divina provvidenza che, amando,
sospinge alla nostra riqualifica-
zione.
Improvvisamente è piovuta dall’alto
la discriminante, tra il primo ven-
ticinquesimo e il dopo. È piovuta
come grazia che viene dall’alto,
esemplando il Natale del Signore.
Si è configurata come rinascita in
terra e nascita al cielo. Sono entra-
to in uno stato di estasiante grazia,
dimostrabile nella serenità che su-
bito mi ha avvolto allorquando mi
comunicavano la gravità del male.
Consapevole del male, fui subito
avvolto dalla sicurezza di essere
entrato in una avventura a lie-
to fine, sia prospettandosi una
guarigione, sia annunciandosi la
dipartita, poiché la speranza del
paradiso mi stava impregnando
l’intimo».
Passione per l’arte
e servizio ai fratelli
Carlo Chenis era nato a Torino il
20 aprile 1954. Nel 1971 era di-
ventato salesiano e il 26 maggio
1984 era stato ordinato sacerdote
nella casa salesiana di Cuor-
gnè (To). Licenziato in Filosofia
all’Università Pontificia Salesia-
na di Roma si laurea in materie
letterarie con specializzazione in
scienze artistiche all’Università
degli Studi di Torino. Dal 1984
è docente di Filosofia teoretica
nell’Università Pontificia Sale-
siana, dove tiene i corsi di logica
formale, filosofia della conoscen-
za, filosofia del linguaggio, este-
tica. Oltre alla docenza in seno
all’Università Pontificia ricopre
numerosi incarichi nel setto-
re amministrativo accademico.
Nel maggio del 1995 è nomina-
to membro della Commissione
Artistico-Culturale del Grande
Giubileo dell’Anno 2000 e nel
1997 suo coordinatore. Nel mese
di luglio del 1995 il Santo Pa-
dre Giovanni Paolo II lo nomina
Segretario della Pontificia Com-
missione per i Beni Culturali della
Chiesa e nel settembre del 1995
Membro della Pontificia Com-
missione di Archeologia Sacra.
Il 10 febbraio 2007 è consacrato
vescovo nel Tempio di don Bosco
a Roma e destinato alla diocesi di
Civitavecchia-Tarquinia.
Il suo segretario, don Fabio Casil-
li, testimonia: «Monsignor Car-
lo Chenis, nei suoi pochi ma fe-
condi anni di attività pastorale, ha
seminato instancabilmente l’a-
more di Dio per ogni creatura, at-
traverso una straordinaria espe-
rienza di umiltà e di dedizione
alla cura della anime, senza per-
dere di vista la ricerca filosofica
e teologica. Egli è stato per me,
ogni giorno, testimone dell’amo-
re di Dio, sempre pronto ad acco-
gliere, ammaestrare, donare. Ciò
che mi colpiva provocando in me
anche grande entusiasmo era la
sua personale sintesi tra la pas-
sione per la bellezza e per l’arte
e il servizio ai fratelli, dote che
traeva nutrimento dalla sua quo-
tidiana e silenziosa adesione alla
volontà del Signore. Nel mio star-
gli vicino in qualità di segretario,
ho avuto modo di vivere la sua in-
stancabile opera di evangelizza-
zione e abnegazione di sé, anche
quando ormai la via della Croce
era a lui presente. Egli è passato,
nella sua vita, dall’attenzione per
la liturgia come luogo di incon-
tro tra Dio e l’uomo, alla liturgia
dell’abbandono e dell’offerta della
sua sofferenza, nei momenti della
malattia. Il Volto di Gesù era ciò
Antonio Dolgetta: ”S.E.R.
Mons. Carlo Chenis
Vescovo di Civitavecchia-
Tarquinia. Il suo
Episcopato attraverso le
immagini. 24 Febbraio
2007-19 Marzo 2011”
Edizione SIGNUM Pomezia (RM).
Formato del libro chiuso cm 24x32
- Pagg. 232, 50,00 + spese
spedizione.
Per ordinare i libri:
SIGNUM Tel. 06 91629846
E-mail marianna.pacella@arti-
grafichesrl.it
L’opera, preminentemente fo-
tografica, realizzata nell’ambito
delle cerimonie di commemo-
razione del Vescovo, ad un
anno dalla prematura scom-
parsa, raccoglie al suo interno
le immagini più belle del Prela-
to, nella suggestività celebrati-
va delle funzioni religiose da lui
presiedute nella Diocesi.
Il volume è stampato a colori
su carta lucida patinata da 150
g e cartonato in tela rossa con
scritte in oro impressionate a
caldo e sovracopertina plasti-
ficata lucida.
di cui egli cercava una rivelazione
sempre più profonda, sempre più
intima.
Ho avuto la grazia di essere testi-
mone del suo “fiat” alla chiamata
del Signore, dove ho avuto la cer-
tezza che egli avesse finalmente
trovato la sintesi estrema del suo
pellegrinare umano e cristiano».
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Luglio/Agosto 2011

5.3 Page 43

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LA BUONANOTTE
B.F.
Due blocchi
di ghiaccio
C’erano una volta due
blocchi di ghiaccio. Si
erano formati durante il
lungo inverno, all’in-
terno di una grotta di
tronchi, rocce e ster-
paglie in mezzo ad un bosco sulle
pendici di un monte.
Si fronteggiavano con ostentata
reciproca indifferenza. I loro rapporti
erano di una certa freddezza. Qual-
che «buongiorno», qualche «buona-
sera». Niente di più. Non riuscivano
cioè a «rompere il ghiaccio».
Ognuno pensava dell’altro: «Potrebbe
anche venirmi incontro». Ma i bloc-
chi di ghiaccio, da soli, non possono
né andare né venire.
Ma non succedeva niente e ogni
blocco di ghiaccio si chiudeva ancor
di più in se stesso.
Nella grotta viveva un tasso. Che un
giorno sbottò: «Peccato che ve ne
dobbiate stare qui. È una magnifica
giornata di sole!».
I due blocchi di ghiaccio scricchio-
larono penosamente. Fin da piccoli
avevano appreso che il sole era il
grande pericolo.
Sorprendentemente quella volta, uno
dei due blocchi di ghiaccio chiese:
«Com’è il sole?».
«È meravi-
glioso... È la
vita» rispose
imbarazzato
il tasso.
«Puoi
aprirci un
buco nel
tetto della
tana... Vor-
rei vedere il
sole...» disse l’altro.
Il tasso non se lo fece ripetere. Aprì
uno squarcio nell’intrico delle radici
e la luce calda e dolce del sole entrò
come un fiotto dorato.
Dopo qualche mese, un mezzodì,
mentre il sole intiepidiva l’aria, uno
dei blocchi si accorse che poteva fon-
dere un po’ e liquefarsi diventando
un limpido rivolo d’acqua. Si sentiva
diverso, non era più lo stesso blocco
di ghiaccio di prima.
Anche l’altro fece la stessa meravi-
gliosa scoperta.
Giorno dopo giorno, dai blocchi
di ghiaccio sgorgarono due ruscelli
d’acqua che scorrevano all’imboc-
catura della grotta e, dopo poco, si
fondevano insieme formando un
laghetto cristallino, che rifletteva il
colore del cielo.
I due blocchi di ghiaccio sentivano
ancora la loro freddezza, ma anche
la loro fragilità e la loro solitudine,
la preoccupazione e l’insicurezza co-
muni. Scoprirono di essere fatti allo
stesso modo e di aver bisogno
in realtà l’uno dell’altro.
Arrivarono due cardellini e un’al-
lodola e si dissetarono. Gli insetti
vennero a ronzare intorno al laghet-
to, uno scoiattolo dalla lunga coda
morbida ci fece il bagno.
E in tutta questa felicità si rispec-
chiavano i due blocchi di ghiaccio
che ora avevano trovato un cuore.
A volte basta solo un raggio di sole.
Una parola gentile. Un saluto. Una
carezza. Un sorriso. Ci vuole così
poco a fare felici quelli che ci stanno
accanto.
Allora, perché non lo facciamo?
Luglio/Agosto 2011
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TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Nel prossimo numero
Venite e vedrete
Venerabile
Vincenzo Cimatti
Un atleta dello Spirito
Salesiani nel mondo
Uganda
Noi abbiamo un sogno!
L’invitato
Padre
Federico Lombardi
Portavoce del papa
Le case di don Bosco
Il Ratisbonne
Diventare preti
a Gerusalemme!
Il Cibali di Catania
Monumenti
Quel cenotafio
è un capolavoro
Dal testamento di don
Senza di voi
Bosco per i benefattori
Senza la vostra carità io avrei
non possiamo
potuto fare poco o
nulla; con la vostra
carità abbiamo invece
cooperato con la
fare nulla!
grazia di Dio
ad asciugare molte lagrime e
a salvare molte anime.
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente persona-
lità giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta con
D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8 - Fax 011.5224760
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via della Pisana, 1111
00163 Roma - Bravetta
Tel. 06.656121 - 06.65612658
e-mail:donbosconelmondo@sdb.org
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