Bollettino_Salesiano_202101

Bollettino_Salesiano_202101

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
L’invitato
Father Val
Don Bosco
nel mondo
Sudafrica
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
GENNAIO 2021
I nostri padri
Don Albera
Iniziative
Due giorni con
Domenico Savio
Poster
la Strenna

1.2 Page 2

▲back to top
I FIORETTI DI DON BOSCO
B.F.
Il miracolo della polenta
U n giorno, nella camera di
don Bosco si presentò un
uomo con il cappello in
mano. Come accadeva spesso, il
bersagliere Brosio, fedelissimo
aiutante di don Bosco, si trovava
nella camera-ufficio del santo.
«Vi prego, datemi qualcosa» sup-
plicò quell’uomo. «Ho quattro figli
piccoli e da ieri non ho trovato nulla
da mangiare. Sono disperato. Non
fanno che piangere».
Don Bosco lo guardò con aria di
compassione e poi fruga di qua,
fruga di là, finalmente trovò quattro
soldi e glieli diede, accompagnandoli
con una benedizione.
Quell’uomo, dopo averlo ringraziato
se ne andò quasi di corsa.
Rimasti soli, don Bosco disse che gli
rincresceva molto di non avere avuto
denari per dargliene di più: che se
avesse avuto cento lire, gliele avrebbe
donate tutte, perché quel poveretto
gli aveva detto la verità.
Brosio protestò: «E lei come può
sapere che quest’uomo abbia detto la
verità, mentre lei non sa nemmeno
dove abita? Costui non potrebbe
essere uno di quegli scrocconi che
fanno mestiere di chiedere l’elemosi-
na, gabbando le persone caritatevoli
per poi andare all’osteria e bere e
mangiare a ufo, beffandosi di tutti
e particolarmente dei preti?»
«No, non parlar così, mio caro
Brosio. Quest’uomo è sincero e leale:
anzi aggiungerò che è laborioso e
molto affezionato alla sua
famiglia. Ha avuto solo tanta
sfortuna».
«E come fa lei a sapere tutto
questo?» chiese il Bersagliere.
Allora don Bosco lo guardò
fisso in faccia, e poi mormo-
rò: «Gli ho letto in cuore».
«Oh bella! Ma allora lei
vede anche i miei peccati?»
domandò Brosio.
«Sì, ne sento l’odore» rispose,
ridendo don Bosco.
Più tardi, il Bersagliere ammise:
«Difatti ne sentiva proprio l’odore,
o, meglio direi, mi leggeva nel cuore
perché se mi dimenticavo di dirgli
qualche cosa in confessione, subito
mi poneva sotto gli occhi la cosa
precisa tal quale era. E come faceva
a saperlo, se non mi leggeva in
cuore? Poiché io abitavo mezzo
miglio almeno lontano da lui».
Solo lui conosceva la fine della
storia: «Una sera incontrai in Torino
quell’uomo al quale don Bosco aveva
dati i quattro soldi; mi riconobbe,
mi fermò e disse che con quei soldi
era andato a comprarsi della farina
di meliga ed aveva fatta la polenta
mangiandone egli e tutta la famiglia
a sazietà, sicché per quel giorno non
ebbero più fame. E che dopo aver
ricevuto quella benedizione di don
Bosco, gli affari di sua casa andavano
migliorando tutti i giorni: aggiunse
che don Bosco era veramente un
santo e che non si sarebbe mai più
scordato di lui. E mi ripeteva: in
famiglia noi lo chiamiamo il prete
del miracolo della polenta, perché con
quattro soldi di farina, al prezzo che
si paga, ce n’era scarsamente per due
persone, ed invece ne mangiarono
ben sette».
LA STORIA
Il racconto di Giuseppe Brosio è nelle Memorie Biografiche III, 494.
2
GENNAIO 2021

1.3 Page 3

▲back to top
L’invitato
Father Val
Don Bosco
nel mondo
Sudafrica
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
GENNAIO 2021
I nostri padri
Don Albera
Iniziative
Due giorni con
Domenico Savio
Poster
la Strenna
GENNAIO 2021
ANNO CXLV
NUMERO 01
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: Incominciamo questo nuovo anno
sotto lo sguardo e la protezione di don Bosco
(Dipinto di Mario Caffaro Rore).
2 I FIORETTI DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 DON BOSCO NEL MONDO
Sudafrica
10 L’INVITATO
Father Val
14 FMA
Suor Lavoro in bici
16 RITRATTI
Salesiano in Congo
20 COME DON BOSCO
Autogrill per educatori 1
22 POSTER
24 LE CASE DI DON BOSCO
Andria
28 I NOSTRI PADRI
Don Albera
32 INIZIATIVE
San Domenico Savio
36 LA LINEA D’OMBRA
Anche gli adulti sognano...
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
10
14
16
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 66
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Valeriano
Barbero, Pierluigi Cameroni, Roberto
Desiderati, Emilia Di Massimo, Ángel
Fernández Artime, Antonio Labanca,
Carmen Laval, Marco Leonetti,
Cesare Lo Monaco, Alessandra
Mastrodonato, Titus Mwamba,
Francesco Motto, Pino Pellegrino,
Pinuccio Pomo, O. Pori Mecoi, Luigi
Zonta, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
web: www.donbosconelmondo.org
CF 97210180580
Banca Intesa Sanpaolo
IBAN: IT84 Y030 6909 6061 0000 0122 971
BIC: BCITITMM
Ccp 36885028
Progetto grafico e impaginazione:
Puntografica s.r.l. - Torino
Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova
Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
La certificazione
PEFC™ garantisce
che la materia
prima per la
produzione della
carta deriva da
foreste gestite
in maniera
sostenibile secondo standard rigorosi riconosciuti a
livello internazionale che tutelano le foreste, l’ambiente
e i lavoratori.
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

1.4 Page 4

▲back to top
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
Don Bosco
Il genio che donava
felicità ai giovani
Facciamo di ogni spazio
educativo, di ogni casa salesiana,
di ogni incontro personale,
un motivo per comunicare che
la vita è bella, che è un dono
di Dio, amante della vita, e quindi
da vivere come una festa anche
nei giorni grigi.
Miei cari amici e lettori del Bollettino Sa-
lesiano, ancora una volta ci incontria-
mo sulle pagine di questa rivista tanto
amata dallo stesso don Bosco, che l’ha
creata nel 1877, 144 anni fa, e che oggi è presen-
te in più di cento nazioni e in 31 lingue diverse.
Questo numero del primo gennaio coincide con
la grande celebrazione mondiale della festa di don
Bosco (31 gennaio). E c’è un’altra cosa: in questo
anno 2021 commemoriamo il centenario della
morte del suo secondo successore, don Paolo Albe-
ra (che era Paolino per don Bosco) e che i francesi
avevano definito “il piccolo don Bosco”. È proprio
lui il ragazzo della famosa fotografia in cui don Bo-
sco “posa” con tanti giovani assiepati attorno al suo
confessionale improvvisato. In quel tempo, i sog-
getti da ritrarre dovevano restare immobili per un
tempo lunghissimo. Don Bosco chiese di posare in
atto di confessare un gruppo di chierici e semplici
alunni. Dovendo scegliere un alunno che prendesse
posto sull’inginocchiatoio fingendo di confessarsi,
si guardò intorno e sorridendo chiamò: «Paolino,
vieni qui. Mettiti in ginocchio ed appoggia la tua
fronte alla mia, così non ci muoveremo!»
Paolino Albera rimase a lungo con la sua testa ap-
poggiata a quella di don Bosco. Il risultato fu qual-
cosa di magico. Don Bosco qualcosa intuì e volle
che questo ritratto, nella versione ritoccata a mati-
ta, fosse appeso nella sua anticamera.
Questo è il nostro don Bosco, capace di far sentire
a tutti i suoi ragazzi che erano amati, che erano
magnifici, stupendi e che aveva grandi progetti
per ognuno di loro, perché erano i progetti di Dio.
Infatti, lo dirò esprimendo una mia forte con-
vinzione, don Bosco aveva la grande capacità di
far vivere ai suoi ragazzi la vita come una festa e
la fede come felicità.
4
GENNAIO 2021

1.5 Page 5

▲back to top
Mi sembra che questo sia il grande dono o uno dei
grandi doni di don Bosco. Ci ho pensato molte vol-
te, cercando di avvicinarmi il più possibile al suo
cuore, sorgente pulsante di tutto: don Bosco aveva
la capacità di fare della vita ordinaria, quotidiana,
pesante, stanca, affamata e assetata un motivo per
vivere nella festa. E, proprio come accadeva nel cie-
lo sereno della sua anima, aiutava i ragazzi a sco-
prire la profonda felicità che esiste nell’amare Dio e
nell’essere amati da Lui.
Ditemi se non è opera di un vero genio della pe-
dagogia.
Quando ho visto il film “La vita è bella”, molti anni
fa, sono rimasto profondamente colpito dall’amo-
re di quel padre e anche dall’amorevole creatività
che ha avuto nel far vivere al suo figlioletto l’or-
rore del campo di concentramento come un’avven-
tura, come un gioco, come un momento incantato
di continue sorprese. Qualcuno potrebbe obiettare
che quel padre ingannava il figlio. Non è così. Quel
padre ha avuto la dolce genialità, per amore, di far
vivere al suo bambino la tremenda realtà in modo
tale che l’orrore quotidiano non lo distruggesse, in
modo tale che il sorriso e la speranza non sparissero
mai dal suo viso e dal suo animo.
Don Bosco era un maestro in questo. È stato un
genio nel saper trovare la felicità e i motivi di spe-
ranza nelle piccole cose, nell’attenzione che viene
data a tutti, nei gesti semplici che sembrano per-
dersi nell’ordinario di ogni giorno ma che hanno
grande importanza e grande valore.
Come diceva Domenico Savio ad un nuovo arriva-
to: «Sappi che noi qui facciamo consistere la santità
nello star molto allegri». Nel giardino di don Bosco
maturava il frutto dello Spirito che è «amore, gioia,
pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza,
dominio di sé» come dice san Paolo.
E questa è un’eredità preziosa che don Bosco ha
lasciato ai suoi Salesiani e Figlie di Maria Ausi-
liatrice, a tutta la sua famiglia salesiana: quella di
essere uomini e donne che cercano ogni giorno il
dono della simpatia per l’incontro con i ragazzi
e le ragazze, con un senso molto concreto e reale
dell’incontro con ogni persona (anche la più timi-
da, quella che si sente meno qualificata e dotata).
Donne e uomini, capaci di fare sempre il primo
passo quando si tratta di raggiungere i giovani,
che cercano di avvicinarsi a tutti con rispetto, con
il desiderio di capire e aiutare, con la gioia di es-
sere presenti tra loro, soprattutto i più bisognosi.
Questa è l’amorevolezza salesiana: un vero affetto
come educatori in cui c’è sia il calore umano che la
delicatezza spirituale. Per questo e per molto altro
ancora, ogni ragazzo dell’oratorio di don Bosco si
sentiva il più amato da lui, come se fosse unico.
Una ragazza ha scritto: «Per quasi un anno ho fatto
l›animatrice nell’oratorio di un quartiere molto
difficile, ma quando ero con i miei ragazzi mi
sentivo immensamente felice, a volte senza sapere
il perché che, credo, Tu mi hai trasmesso attraverso
il tuo cuore e le tue parole: grazie don Bosco!»
Ecco un buon motivo per celebrare la sua festa in
questo nuovo anno, che viene da un anno diffici-
le a causa del Covid-19 e delle sue conseguenze,
mentre confidiamo di riuscire a superarlo in pochi
mesi. Facciamo di ogni spazio educativo, di ogni
casa salesiana, di ogni incontro personale, un moti-
vo per comunicare che la vita è bella, che è un dono
di Dio, e quindi da vivere come una festa anche
nei giorni grigi. Una vita piena della luce che viene
dall’abbandono fiducioso nel Dio della vita.
Vi auguro un anno 2021 fe-
lice e benedetto, pieno di
gioia e di grazia di Dio e
tutto vissuto sotto il manto
materno di Maria Ausi-
liatrice.
E tenendo tutti la
nostra fronte salda-
mente appoggiata
a quella di don
Bosco: «Così
non ci muove-
remo!».
GENNAIO 2021
5

1.6 Page 6

▲back to top
DON BOSCO NEL MONDO
Antonio Labanca
A scuola per la vita
La Learn to Live School of Skills è ciò
che si propone già nel nome: insegnare
a vivere. Ancora meglio: accogliere
studenti che vogliano imparare a vivere.
Sono allievi particolari: ragazzi considerati
scarto della società e che rischiano
di diventarlo assai presto perché
a loro non vengono dati strumenti
per riscattarsi dalla condizione di povertà
e di emarginazione.
Cassidy
Rudolph.
La scuola dei
Salesiani ha
cambiato
radicalmente
la sua vita.
C assidy è un giovane talento dell’arte dell’ac-
conciatura. Un anno fa si è diplomato alla
Learn to Live School of Skills di Città
del Capo, Sudafrica, ed ha sùbito trovato
lavoro in un salone di prestigio, il Waterfront. Di
solito alla sua età, vent’anni, si entra come appren-
disti e si deve aspettare del tempo prima di vedere
consolidato il contratto.
La società che lo ha assunto fa parte di una catena
a servizio dei turisti oltre che dei benestanti del-
la capitale. Collocato su un promontorio, gestisce
un grande centro di cura estetica e di rivendita di
prodotti per il corpo. La sede è collocata tra alber-
ghi internazionali e ristoranti di prestigio, vicino
al Museo dell’Africa contemporanea e al porto, a
cui si accede anche dalla vicina pista di atterraggio
degli elicotteri.
Insomma, per Cassidy un ottimo inizio del percor-
so professionale, sul quale aveva scommesso con-
vintamente il suo insegnante e tutore Namhla.
Ma la pandemia di Covid-19 non ha risparmiato
Città del Capo, che sul turismo fonda una buona
parte dei suoi affari: voli dall’estero bloccati, alber-
ghi chiusi, safari impraticabili. Mancando il pub-
blico ed essendo sottoposti a pesanti limitazioni per
la prevenzione sanitaria, molti locali del centro città
hanno dovuto chiudere e licenziare i dipendenti. A
inizio 2020 questo masso è precipitato anche sulla
strada percorsa da Cassidy.
Il suo insegnante era molto preoccupato, anche
perché l’esempio di questo allievo è di incoraggia-
6
GENNAIO 2021

1.7 Page 7

▲back to top
mento per i suoi compagni. Dopo qualche mese si
sono incontrati casualmente al Somerset Mall, un
grande centro commerciale raggiungibile con l’au-
tostrada nell’hinterland della metropoli. Cassidy è
stato assunto a tempo pieno al Partner Gents, per
fare il parrucchiere da uomo. La soddisfazione di
Namhla è duplice: il suo exallievo incarna non solo
la capacità tecnica di svolgere al meglio il proprio
mestiere ma anche l’intraprendenza che la scuola
ha cercato di trasmettergli: la capacità di autogesti-
re le opportunità.
Radici salesiane
La Learn to Live School of Skills è ciò che si pro-
pone già nel nome: insegnare a vivere. Ancora me-
glio: accogliere studenti che vogliano imparare a
vivere. Sono allievi particolari: ragazzi considerati
scarto della società e che rischiano di diventarlo
assai presto perché a loro non vengono dati stru-
menti per riscattarsi dalla condizione di povertà e
di emarginazione a cui sono sottoposti. Cassidy è
nato a Mitchells Plain, una delle tante città sorte
intorno a Città del Capo negli anni Settanta per at-
tuare la politica di segregazione razziale voluta dal
governo di allora. Una grande periferia di “persone
di colore” tenute sufficientemente a distanza dalle
residenze dei bianchi. Questo ventenne oggi sta ri-
scattando la sua storia, quella della sua famiglia e
della comunità in cui è nato.
La “formula” della Scuola per Imparare a Vivere af-
fonda le sue radici e si sviluppa nel carisma salesiano.
In questo tempo che si considera quello della “quarta
rivoluzione industriale”, l’esempio e il metodo di don
Bosco esercitati durante la prima rivoluzione indu-
striale a Torino danno buoni frutti anche in questa
parte di mondo dall’altra parte dell’emisfero.
I salesiani sono giunti in questa città 110 anni fa.
Alle spalle del porto, dove era più facile incrociare
ragazzi alla ricerca di qualche chiamata per cari-
care e scaricare le navi mercantili, i Figli di Don
Bosco fondarono lo loro Casa a Greenpoint, punto
nevralgico della città.
È un’Opera che si occupa di formazione scolasti-
ca. Ha attraversato le vicende controverse di un
colonialismo particolarmente opprimente, della
lotta contro l’apartheid diventata impegno anche
delle Chiese cristiane, della speranza popolare
quando Nelson Mandela fu scarcerato e diven-
ne il presidente del nuovo Sud Africa. Ora sta
Oltre ai
corsi di
acconciatura
ci sono
laboratori di
elettrotecnica,
cucina e
falegnameria.
GENNAIO 2021
7

1.8 Page 8

▲back to top
DON BOSCO NEL MONDO
Gli studenti sono e sono stati gravemente colpiti
da famiglie e da comunità molto povere,
disfunzionali e svantaggiate.
Padre Pat Naughton, salesiano
I ragazzi
beneficiano
di un grande
sollievo
psicologico e
ambientale.
attraversando la diffusione del Covid-19, che in
Sudafrica fra gli altri effetti ha quello di un au-
mento esponenziale della disoccupazione e della
segregazione di fatto.
Fra le cento scuole del mondo
Intanto l’attività della Learn to Live School of
Skills non si ferma, e semmai prevede di consolida-
re le sue capacità di intervento coinvolgendo nuovi
partner. È stata scelta fra le 100 scuole di tutto il
mondo per la Giornata Mondiale dell’Istruzione,
voluta dalle Nazioni Unite, tenutasi tra il 5 il 9 ot-
tobre 2020. Collegati via Web, insegnanti e allievi
hanno raccontato al mondo come creare, sulla base
delle proprie esperienze innovative e dei risulta-
ti ottenuti, un cambiamento radicale nel mondo
dell’educazione.
Con la concretezza di cui sono campioni, i respon-
sabili della Scuola si sono posti anzitutto il pro-
blema di come consentire ai ragazzi “a rischio” di
frequentare le lezioni.
Prima questione: come fanno ad arrivare alla sede?
Il costo del trasporto è alto per l’economia delle loro
famiglie, le distanze a Città del Capo sono elevate,
i sobborghi patiscono le carenze del servizio pubbli-
co. Ecco dunque il Transport Scheme Project, che
procura e distribuisce le risorse per consentire agli
studenti di utilizzare mezzi di trasporto più accessi-
bili, dei minibus, quando treno o pullman non sono
adeguati. Un investimento da poco meno di 14 000
euro per coprire l’intero ciclo annuale.
Seconda questione: come si può studiare a pancia
vuota o con un’alimentazione inadeguata allo sfor-
zo fisico e mentale richiesto a scuola? I salesiani
hanno servito 47 354 pasti nel corso del 2019, con
l’intenzione di ripetersi non appena gli allievi po-
tranno tornare in presenza. Il costo del Feeding
Scheme (piano alimentare) è di circa 70 centesimi
per allievo. Il reddito giornaliero di metà della po-
polazione è inferiore a questa cifra.
Terza questione: nessuno dei ragazzi ha possibilità
di pagare una tassa di iscrizione. La risposta della
scuola è che i quattro anni dei corsi sono accessibili
del tutto gratuitamente ai 230 studenti di età com-
presa fra i 14 e i 18 anni.
Assicurata così la frequenza alla Scuola, i salesiani
possono svolgere i loro programmi formativi spal-
mati su 202 giorni di frequenza. Oltre ai corsi di
acconciatura, che promettono buone possibilità
per i diplomati, ci sono laboratori di elettrotecnica
in cui sono state introdotte le competenze per l’uso
dell’energia solare. Un corso intende intercettare
la richiesta di operatori qualificati per l’accoglien-
za turistica: il Sudafrica scommette sulla confer-
ma del Paese come meta scelta dai grandi opera-
tori internazionali una volta passata la pandemia.
Recentemente un’impresa ha proposto di sviluppa-
8
GENNAIO 2021

1.9 Page 9

▲back to top
re i corsi di falegnameria proponendo la specializ-
zazione in ebanisteria e l’addestramento all’assem-
blaggio di parti in melammina.
La formazione professionale si completa con quel-
la più generale della persona: musica e sport sono
due capisaldi dell’approccio olistico propugnato dai
salesiani, che ha portato anche a ottenere una sov-
venzione da parte del Consiglio nazionale delle arti
per la formazione di un coro.
Un effetto indiretto ma non per questo non previsto
dai programmi educativi della Learn to Live School
of Skills è il sollievo anche psicologico e ambientale
di cui i ragazzi beneficiano. Il fatto di stare insie-
me in gruppo, lontano dai loro ambienti, è di per
sé terapeutico. L’esperienza massima in proposito è
quella del campo-scuola, l’escursione di una giornata
intera compiuta dalle classi quarte insieme. “Ciò ha
permesso di abbattere diverse barriere emotive du-
rante i momenti di conversazione in gruppo” spiega
un educatore, “c’erano tante lacrime quante erano le
risate. I ragazzi si sentivano più aperti e in grado di
comunicare senza paura del ridicolo.”
Fuori dalla Scuola per loro spesso è vita da inferno.
“Sono approdati a questi corsi attraverso l’interven-
to dei tribunali, degli assistenti sociali, dei dirigen-
ti scolastici locali o dei genitori disperati” spiega
padre Pat Naughton, salesiano incaricato dell’ese-
cuzione della Learn to Live School of Skills. “Gli
studenti sono e sono stati gravemente colpiti da fa-
miglie e da comunità molto povere, disfunzionali e
svantaggiate”. I casi sono costituiti dall’affiliazione
a bande criminali (in un caso avvenuta a 5 anni di
età), dall’aver subito abusi sessuali, fisici, emotivi o
mentali, dalla denutrizione grave con effetti sulle
capacità cerebrali. Il 90% degli allievi ha fatto con-
sumo di droghe. A 14-18 anni hanno la capacità di
lettura e comprensione di un testo come quella di
un bambino di 9 anni.
Padre Pat è realista ma determinato: “Non possia-
mo combattere le bande, ma possiamo e dobbiamo
offrire un’alternativa!”.
E i risultati si vedono. Il giovane Cassidy, che i suoi
fratelli vedono come un modello riuscito che dà
speranza anche a loro, ha detto una frase emble-
matica a conclusione del suo percorso alla Learn to
Live School of Skills: “Gli ostacoli sono nella tua
mente e puoi fare tutto ciò che vuoi se le oppor-
tunità ti vengono presentate”. Dice tutta la consa-
pevolezza di chi ha appreso un mestiere ed è certo
che il futuro è nelle sue capacità di farlo valere: il
risultato migliore che potevano aspettarsi i salesiani
che gli sono stati vicino.
La
formazione
professionale
si completa
con quella
più generale
della
persona:
musica e
sport.
GENNAIO 2021
9

1.10 Page 10

▲back to top
L’INVITATO
V.B.
Father Val
Don Valeriano
Barbero
Don Valeriano con
i riconoscimenti
che ha più che
meritato.
«Nel Golfo passando di villaggio
in villaggio, senza convertire,
senza fare rumore, ma sempre
presente alla persona anziana,
all’ammalato, a chi moriva di
tubercolosi, a chi aveva la lebbra,
a chi aveva fame, penso di avere
portato negli anni trascorsi nelle
paludi e nella foresta e sui fiumi
del Golfo la carezza o il profumo
di Dio».
I fondatori: “Father Val” è al centro.
Chi sono
Il mio nome è Valeriano Barbero. Sono nato a Bel-
linzago Novarese, in Piemonte. La leggenda dice
che è un paese dove le persone sono senza anima,
dove ogni famiglia, e questo non è leggenda, ha un
prete, una suora ed un asino e dove la chiesa è sem-
pre zeppa di fedeli. Fu per questo che l’Antonelli
fece costruire una chiesa enorme.
A parte l’anima, la mia famiglia entrava bene in
questi parametri: una suora, un prete e un asino. Al
presente rimango solo io: il prete. Uno dei ricordi che
va più lontano è che alla domenica si andava sempre
in chiesa. Mi piaceva servire messa e sognavo di po-
ter anch’io un giorno celebrarla ed essere come quei
missionari che venivano in paese e ci raccontavano
tante cose fantastiche. Andai persino dal parroco per
dirgli che volevo andare in Africa quando sarei cre-
sciuto. «Vuoi farti mangiare dai leoni?», mi chiese.
La mia vocazione
Per seguire una vocazione, fui mandato a Torino
al Cottolengo. Il parroco era un exallievo di quella
casa di formazione e la vide come un posto adatto
per me. I due anni delle medie terminarono in un
disastro e con una lettera di non ritorno. In paese
incontrai un sacerdote salesiano, don Angelo Mi-
glio che era venuto in visita alla famiglia. «Perché
non vieni da noi, dai Salesiani?» mi chiese, dopo
avere esaminato la mia cartella clinica! Dai Salesia-
ni? Chi andava dai Salesiani era di famiglia bene-
10
GENNAIO 2021

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
stante. Una proposta quindi impossibile per i miei.
Ma don Angelo non si arrese e da quel giorno non
sognai se non che dovevo diventare Salesiano per-
ché, come mi disse per convincermi, «la Madonna
Ausiliatrice aveva dei piani per me». Divenni Sale-
siano nel 1956 e sacerdote nel 1967.
Non ci fu opposizione in famiglia a riguardo di
qualsiasi decisione prendessi. Papà non aveva voce in
certe decisioni. Aveva già perso e si era arreso quan-
do mia sorella era partita per farsi suora. E mamma
che cosa poteva dire? In cuor suo doveva sapere qual-
che cosa di cui non poteva parlare. Quasi un segreto
tra lei e il buon Dio. E come mi feci salesiano con
la loro benedizione, con la stessa potei partire per
le cosiddette missioni. Si era al termine del mese di
ottobre del 1960 e la destinazione assegnatami come
nuovo campo di lavoro erano le Isole Filippine.
Avevo 22 anni. Mamma era presente a Genova per
darmi l’addio. Non aveva parole; non avevo parole.
Ci fu un abbraccio sofferente e solo con due parole
senza senso, in dialetto: «Torna indietro», mentre mi
dava una busta con dentro qualche centinaio di lire.
Poi via su quella nave che doveva poco dopo salpa-
re. Il signor Luigi Da Roit, il coadiutore salesiano
incaricato dell’Ufficio Missioni, mi diede 10 dollari
con la raccomandazione di non usarli senza necessi-
tà. 10 dollari per un viaggio di 27 giorni da Genova
a Hong Kong e per fortuna con quelle poche lire
per girare Napoli, e trovare il Consolato inglese per
ottenere il visto per Hong Kong, pena ritornare a
Genova o a Torino e non partire più.
Araimiri, una terra di sogno
Quando arrivai a Manila dopo una permanenza di
alcuni mesi ad Hong Kong, con le parole di benve-
nuto mi fu chiesto: «Hai qualche soldo?» Ed io: «Sì
10 dollari» e li consegnai.
Mai avrei pensato che quei 10 dollari si sarebbero
nel tempo trasformati in migliaia e migliaia, per pa-
gare debiti e costruire scuole e chiese. Nelle Filip-
pine incontrai Salesiani di grande valore e umanità.
Basti ricordare don Carlo Braga. Le sue parole in
occasione della mia professione perpetua mi risuo-
nano ancora come profetiche: Dio solo. Nelle Filip-
pine fui economo di una scuola di 2000 studenti e
poi economo ispettoriale. Ebbi la fortuna o la grazia
di costruire il teologato, ricostruire scuole e soprat-
tutto la grande chiesa dedicata alla Madonna.
Mi sento ancora adesso ridicolo se penso a come
scrivevo le cifre sugli assegni quando fui alle prime
armi nel lavoro di economo. Nascondevo un bigliet-
to per copiare come si scrivevano i numeri in inglese!
La nuova frontiera però era Papua Nuova Guinea,
la parte orientale della quasi omonima isola. È il
secondo Stato dell’Oceania per estensione dopo
l’Australia, da cui dista un centinaio di chilometri.
Una terra poco conosciuta, con lingue e tribù diver-
se, povertà, divisione e tragedie.
Partimmo in tre: il 12 giugno 1980 il sottoscrit-
to, don Rolando Fernandez e il Coadiutore Joseph
Kramar. Arrivammo a Kerema e quindi ad Arai-
miri il giorno 14, memoria del Cuore Immacolato
di Maria. Fui nominato parroco con queste sempli-
ci parole: «I confini della parrocchia sono ben se-
gnati: dal mare alle montagne, dalla spiaggia della
baia di Kerema al fiume Vailala. Ad Araimiri, c’è
inoltre una scuola con circa 100 interni. È affidata
a voi salesiani con l’impegno che abbiate cura dei
giovani che non hanno alcuna possibilità di pro-
seguire gli studi perché non accettati dalle scuole
governative. La scuola è vostra; fate tutto quello
che pensate sia necessario». La scuola consisteva in
Si comincia
dai più
piccoli.
GENNAIO 2021
11

2.2 Page 12

▲back to top
L’INVITATO
Una persona anziana mi disse:
“Non parlarmi di Cristo; siediti qui accanto a me,
voglio sentire il tuo odore e se questo
è il Suo odore allora mi potrai battezzare”.
alcune baracche, un rimasuglio in rovina lasciato
dai Missionari del Sacro Cuore e adattate per l’oc-
casione ad essere una scuola.
Dopo due settimane, non conoscevamo ancora i ra-
gazzi, ma cominciammo bene. Stavamo mangiando
nella comunità – pesce in scatola e felci, tanto per
cambiare (una prelibatezza di padre Fernandez),
quando abbiamo sentito i ragazzi urlare. Dovevano
studiare in classe, e infatti erano in classe. Ci siamo
precipitati lì. Li abbiamo trovati tutti molto eccitati
per un ragazzo che giaceva svenuto sul pavimento.
Era morto? In quel momento ho sentito che dovevo
fare il mio dovere di sacerdote e ho chiesto dell’acqua:
«Giuseppe, ti battezzo...» Il contatto con l’acqua ha
fatto reagire il ragazzo. Grazie a Dio era vivo. Non
avevo idea di che cosa fosse la malaria cerebrale. Lo
tenemmo incosciente nella scuola fino a quando non
passò il trattore della vicina piantagione di cocco con
il suo carico di copra. Il ragazzo ce l’ha fatta e quando
è tornato a scuola ho scoperto che era già stato battez-
zato e che il suo nome cristiano era proprio Giuseppe!
Ma eravamo giovani, pieni di entusiasmo e niente
ci scoraggiava.
Fui attaccato con una scure, fui portato in tribuna-
le varie volte per questioni di terre o di alberi, fui
minacciato per i più strani motivi con la speranza
che cedessi alle loro richieste. Persino che ero uno
di loro ritornato in vita, ma adesso ero bianco e mi
rifiutavo di dare loro l’aiuto promesso quando ero
di colore nero. Contrassi molte volte la malaria e
come ultimo tocco anche la lebbra.
Per darci forza non mancarono autentici miracoli, o
almeno tali creduti dalla gente, come quello di avere
fatto risuscitare una donna che era già data per mor-
ta o quando il mare ci restituì dopo due mesi le 100
lastre di alluminio per il tetto, affondate con la bar-
ca che le portava. Era proprio il 24 maggio quando
queste lastre si resero visibili nella fanghiglia della
baia, mentre noi avevamo perso ogni speranza.
Nel Golfo passando da villaggio in villaggio, senza
convertire, senza fare rumore, ma sempre presente
alla persona anziana, all’ammalato, a chi moriva di
tubercolosi, a chi aveva la lebbra, a chi aveva fame
penso di avere portato negli anni trascorsi nelle palu-
Araimiri oggi:
chiesa, scuola,
laboratori,
cortili.
12
GENNAIO 2021

2.3 Page 13

▲back to top
di e nella foresta e sui fiumi del Golfo la carezza o il
profumo di Dio. È orgoglio pensare così? Non lo so.
Ho tanti ricordi
Ricordo un’allieva interna nella scuola di Araimiri.
La espulsi quando rimase incinta per avere invitato i
ragazzi nel dormitorio della scuola. Dopo molti anni
mi dissero che era ammalata di e cacciata via
dal villaggio e abbandonata da tutti. La feci cercare
e lei venne alla scuola di Port Moresby. Era irrico-
noscibile. Le chiesi delle sue avventure: sposata, in-
fettata dal marito, vedova, buttata via. Le diedi da
mangiare e del cibo di scorta per lei e per una figlia
lasciata in ospedale. La congedai, ma era triste, mol-
to triste. Allora mi avvicinai e l’abbracciai. Ci fu un
sorriso. Per me fu un sorriso di Dio. Venni poi a sa-
pere che morì dopo una settimana da quell’incontro.
Essere missionario. Che parola! Una persona an-
ziana mi disse: «Non parlarmi di Cristo; siediti qui
accanto a me, voglio sentire il tuo odore e se questo
è il Suo odore allora mi potrai battezzare».
Questo ero io nella Provincia del Golfo di Papua
Nuova Guinea. Ero conosciuto come Father Val.
Pronunciare il mio nome era troppo complicato e
così da padre malaria fui ribattezzato Padre Val, sia
dai papuani sia dagli australiani che venivano come
volontari ad aiutarci nella scuola.
Allora da 40 anni circa sono Father Val, un nome
che mi sta bene.
Lasciai la Provincia del Golfo nel 1994 evitando di
soffrire per i cambiamenti portati dalle Multina-
zionali che venivano a sfruttare le foreste, a scoprire
i giacimenti di petrolio e a cercare oro.
A perderci più di tutto fu la semplicità primitiva
della popolazione, che incominciò a scomparire.
Io fui chiamato a Port Moresby per aprire altri cen-
tri e per entrare in un sistema di vita più moder-
no: telefoni, strade, mezzi di trasporto, elettricità,
acqua, supermercati. Fortunatamente non smisi
mai di sognare e così altri sogni incominciarono
a materializzarsi: una scuola superiore, un centro
di spiritualità, una chiesa dedicata all’Ausiliatrice
in ringraziamento per la sua presenza nelle grandi
opere che noi Salesiani abbiamo sviluppato in varie
città di Papua Nuova Guinea.
Il biglietto di ritorno e la lebbra
Adesso sono in Italia, oramai anziano con 82 anni
compiuti, lottando con i danni collaterali lasciatimi
dalla lebbra e con un tumore che dicono io abbia.
Ero venuto con il biglietto di ritorno e Dio volendo
spero di poterlo usare.
Qui in attesa ho tanto tempo per riflettere sul mio
passato e sulle diverse avventure accumulate in 40
anni. Penso al passato, a quando ero direttore ed
economo e parroco di Araimiri, a quando divenni
vicario della diocesi di Kerema, una carica tanto im-
portante che nella necessità di parlare con il Vescovo
venivo a sapere da chi accudiva la casa che il Vescovo
era da giorni in Svizzera. Penso ad anni successivi,
quando fui accettato per 2 anni nell’Arcidiocesi di
Rabaul dove l’Arcivescovo era Francesco Panfilo,
salesiano, che mi affidò le finanze dell’arcidioce-
si; e poi a Kerema come Amministratore delegato
dell’Arcivescovo di Port Moresby in attesa che un
nuovo vescovo fosse nominato. Quindi di nuovo a
Rabaul nella nostra scuola come economo. Sarebbe-
ro tanti i poi… Ma adesso finalmente ecco un com-
pito datomi in “ubbidienza” dalla competente Auto-
rità salesiana: «Non morire prima di avere costruito
la tua terza chiesa per la nuova parrocchia affidata
ai Salesiani della scuola di Rabaul». A questo vor-
rei dire: «Obbedisco!» ma forse è meglio lasciare al
buon Dio la decisione finale.
Le scuole
salesiane in
Papua Nuova
Guinea
cambiano
la gioventù e
la nazione.
GENNAIO 2021
13

2.4 Page 14

▲back to top
FMA
Emilia Di Massimo
Suor Lavoro in bici
Il suo talento è quello di incontrare amministratori
delegati e coinvolgerli nella collaborazione
dei progetti. Ha al suo attivo, oltre 300 contatti
con le imprese del Veneto. «Un’azienda –
afferma – ha assunto, nel corso di qualche
anno, ben venti ragazzi, alcuni arrivati
a ruoli dirigenziali».
Suor Raffaella.
Formazione e
pianificazione.
Ha il piglio del capo d’azienda. Nota soprat-
tutto tra gli imprenditori come la «suora
della bicicletta», tra un’azienda e l’altra
di chilometri ne ha fatti davvero tanti.
Almeno tanti quanti gli allievi che ha seguito e ai
quali ha trovato lavoro, e proprio per il lavoro suor
Raffaella Soga per anni è andata in giro come “suor
Lavoro in bici”. Così la chiamano gli imprenditori
con cui collabora. Le aziende le va a visitare in sel-
la alla sua Graziella. «L’ho distrutta proprio come
hanno fatto con le loro scarpe gli emigrati veneti
che andavano a cercar lavoro all’estero. «Adesso
però prendo anche bus e treni perché non mi fermo
alla zona della mia provincia».
Con i dirigenti delle aziende, ormai coinvolti nel
progetto del centro, ogni anno rivede i program-
mi dei corsi di formazione e la pianificazione del-
lo stage. Sostiene che la formazione orientata al
lavoro richiede sempre maggiore precisione sulle
competenze da consegnare ai giovani. È il suo
aggancio imprenditoriale nel campo formativo!
Ha costruito in tutto il Veneto un sistema di mi-
smatch formativo-lavorativo ed una collaborazione
stabile con le aziende. Questo le consente di pro-
porre ai giovani, grazie ad un servizio di orienta-
mento, lo stage più adatto alla loro qualifica e alle
qualità personali.
Il corso più gettonato
Suor Raffaella, nata a Valdagno, si è diplomata in
Scienze religiose all’Università Pontificia Salesia-
na, dove ha lavorato per vent’anni. Da trenta svolge
il ruolo di dirigente nella scuola professionale delle
salesiane di Vittorio Veneto, il - (Centro
Italiano Opere Femminili Salesiane – Formazione
Professionale).
Lei è un’educatrice nata alla scuola di don Bosco. Il
suo ideale di impegno: «non bisogna mai smettere
di educare, è l’unica prevenzione. Se investi in un
giovane lo salvi!», afferma citando don Bosco, poi
commenta con orgoglio il corso di 800 ore, Esperti
nelle relazioni commerciali con l’estero. La metà delle
ore svolte come stage in azienda sotto la guida del
tutor aziendale e la supervisione del tutor del cen-
tro. È il corso più gettonato dalle ragazze.
Il centro offre anche corsi diurni e serali, fra i qua-
li quello serale di Logistica è il più frequentato dai
ragazzi. Significativo il dato che i docenti proven-
14
GENNAIO 2021

2.5 Page 15

▲back to top
gano per lo più dalle imprese che contribuiscono
alla verifica delle competenze e alle indicazioni per
l’aggiornamento delle attrezzature.
Gli studenti provengono oltre che dall’Italia, dai di-
versi continenti. Questa peculiarità plurinazionale
offre loro una possibilità di confronto e collaborazio-
ne richiesti sul lavoro. Incoraggiante il dato occupa-
zionale: a tre mesi dalla fine del corso, il 90% degli
allievi è occupato. Per molti ragazzi è importante
avvalorare i titoli di base con un attestato Regiona-
le che rende la formazione pregressa spendibile in
Italia.
Ma non si ferma, suor Raffaella allarga gli oriz-
zonti della missione e dei giovani, attivando stage
all’estero. Quest’anno le prime due borse di stu-
dio in Portogallo e in Virginia, d’altronde «Don
Bosco oggi non trascurerebbe questo aspetto nella
formazione dei suoi giovani».
Match point
Il suo talento è quello di incontrare amministra-
tori delegati e coinvolgerli nella collaborazione dei
progetti. Ha al suo attivo, oltre 300 contatti con le
imprese del Veneto. «Un’azienda – afferma – ha as-
sunto, nel corso di qualche anno, ben venti ragazzi,
alcuni arrivati a ruoli dirigenziali».
L’obiettivo proposto è di giocarsi quel match point
che va oltre lo stipendio e il posto fisso, e si fonda
sulle competenze professionali e sulle qualità per-
sonali.
La Proposta Formativa del centro sottolinea come
missione – oltre a quanto sopra indicato – la colla-
borazione costante anche con Enti Pubblici, Uni-
versità, Associazioni culturali, economiche, socia-
li e imprenditoriali, presenti sul territorio. Altro
aspetto importante è lo studio di nuove figure pro-
fessionali richieste dal sistema produttivo in stretto
rapporto con la Regione.
Per don Bosco prevenire, quando si tratta di giovani,
voleva dire arrivare prima, dare una base, un “pezzo
di carta” che, oltre ad essere un’attestazione di com-
petenze, è ancor più un riconoscimento della perso-
na. «Credo che la vita vada donata e non c’è niente di
più bello che offrire agli altri la possibilità di crescere
come persone, vivere valorizzando ciò che si è. La
dignità si raggiunge attraverso il lavoro».
La bicicletta oggi non c’è più ma, in ogni caso, non
le basterebbe! I rapporti con gli imprenditori sono
istituzionalizzati e il livello di interlocuzione è co-
stante. «Sì, afferma, quando mi trovo seduta accan-
to a presidenti d’azienda e amministratori delegati
a discutere di come fare rete – qualcuno arriva dalla
Serbia, un altro è atterrato un’ora prima dal Ca-
nada – e tutti mi ascoltano con l’obiettivo di fare
progetti utili per i giovani, mi sento ripagata dalle
tante fatiche».
E loro, gli imprenditori, che cosa dicono di una suora
così tenace e dotata di così tanta progettualità? «Mi
assumerebbero tutti», conclude suor Raffaella.
Con la
collaborazione
costante di
Enti Pubblici,
Università,
Associazioni
culturali,
economiche,
sociali e
imprenditoriali,
presenti sul
territorio.
GENNAIO 2021
15

2.6 Page 16

▲back to top
RITRATTI
Titus Mwamba Kalemba
Salesiano in Congo
Siamo una popolazione molto giovane
in cui l’età media dei Salesiani delle due
Ispettorie (afc e acc) è di più o meno
34 anni. Tanti Salesiani giovani in mezzo
ad Opere piene di ragazzi e ragazze
che hanno voglia di imparare
e di costruirsi un futuro migliore.
In un Paese pieno di sfide.
Tante scuole
sono piene di
allievi e senza
infrastrutture.
Da sette mesi sono rientrato nella Repub-
blica Democratica del Congo dopo i miei
anni di studi e di preparazione in Italia
in vista di una missione salesiana più am-
pia in mezzo ai nostri ragazzi poveri del Congo,
e vorrei esprimere innanzitutto la mia gratitudine
per tutto quello che l’Italia mi ha dato, facendo
crescere in me: la fede, l’amore per la Chiesa e per
il Carisma Salesiano; la professionalità nell’ambi-
to delle scienze dell’educazione; insomma l’amore
per Dio e per l’uomo. Come diceva il nostro padre
san Giovanni Bosco: «Fate quello che potete; Dio
farà quello che non possiamo fare noi. Confidate
ogni cosa in Gesù Sacramentato e in Maria Au-
siliatrice; e vedrete che cosa sono i miracoli». Mi
rendo conto davvero che grande è l’impegno di
tutti i Salesiani nel mondo, ed in modo particolare
nella Repubblica Democratica del Congo. Siamo
una popolazione molto giovane in cui l’età media
dei Salesiani delle due Ispettorie ( e ) è di
più o meno 34 anni. Tanti Salesiani giovani in
mezzo ad Opere piene di ragazzi e ragazze che
hanno voglia di imparare e di costruirsi un futuro
migliore in una società congolese con tante sfide.
“Fate quello che potete” ci insegna a fare ognuno
prima di tutto il suo lavoro, a rispondere in prima
persona alla sua obbedienza, e a collaborare con
tutti alla bella e impegnativa missione salesiana a
noi affidata dalla Congregazione nella Chiesa lo-
cale Congolese.
16
GENNAIO 2021

2.7 Page 17

▲back to top
“Fate quello che potete” ci insegna nel contesto
congolese di più di 80 milioni di abitanti a lavorare
ogni giorno facendo dei grandi sacrifici, rimanen-
do ottimisti nella speranza che diversi cambiamen-
ti verranno. Ci vuole tanta pazienza di fronte alla
disoccupazione che c’è nella società Congolese, la
lunga burocrazia prima che migliaia di insegnanti
che lavorano quotidianamente siano tutti pagati un
giorno al posto di coloro che da anni sono pagati
senza mai lavorare! Davvero, Dio fa quello che non
possiamo fare noi nella , facendo sì che la gente
sia così paziente e pacifica!
Nella mia nuova obbedienza: sono membro dell’O-
pera Salesiana di Kingabwa, e Vice-Coordinatore
delle Scuole Cattoliche dell’Arcidiocesi di Kinsha-
sa Capitale del Congo di 14 milioni di abitanti.
Come Capo ufficio nell’accompagnamento peda-
gogico, sto gestendo 530 scuole tra quelle Materne,
Elementari e Secondarie per orientare coloro che
concludono la maturità verso l’Università Cattolica.
Una missione davvero intensa e vado tutti i gior-
ni con i mezzi pubblici a lavorare nell’ufficio della
Coordinazione che sta lontano dalla nostra comu-
nità Salesiana. Bisogna visitare e animare diverse
scuole della nostra capitale sulle strade non buone.
Tante scuole sono piene di allievi e senza infra-
strutture. Poche scuole Salesiane e quelle dell’Arci-
diocesi sono abbastanza attrezzate. Come Coordi-
nazione, siamo impegnati in un lavoro continuo di
animazione, di guida e di formazione.
La paga degli insegnanti
Da quasi 26 anni, i poveri insegnanti dovevano
dipendere dai genitori che pagavano le scuole e le
tasse scolastiche. Per ogni figlio, bisognava pagare
dai 100 ai 500 dollari per studiare nelle scuole più
attrezzate. Lo Stato quindi se n’era lavato le mani
per così tanti anni e non cedeva nonostante tutta
la pressione sociale a riprendere in mano le sue re-
sponsabilità! L’Articolo 43 della Costituzione con-
golese afferma che “ogni persona ha diritto all’e-
ducazione scolastica, e che l’insegnamento di base
è obbligatorio e gratuito nelle scuole pubbliche”. È
solo dal 2019 con il nuovo Governo che questo Ar-
ticolo 43 è stato messo in applicazione, ma senza
una matura preparazione. Abbiamo quindi comin-
ciato l’anno scolastico 2019-2020 dal mese di set-
tembre fino ad oggi con il problema della “Gratuità
dell’insegnamento di base” avendo 3 categorie di
Insegnanti: 1°) Gli immatricolati pagati; 2°) I non
pagati ( ) nonostante l’immatricolazione; 3°) Le
nuove unità ( ) senza l’immatricolazione e non
pagati. Noi della Coordinazione delle scuole cat-
toliche abbiamo lavorato molto per concedere allo
Stato gli elenchi più affidabili degli insegnanti, e
così assicurare la paga di tutti gli insegnanti. Come
Lo stipendio
degli
insegnanti
è un grosso
problema.
GENNAIO 2021
17

2.8 Page 18

▲back to top
RITRATTI
cioè dai 220 ai 250 dollari al mese senza distinzione
dei titoli di studio e dei gradi. Per cui, la situazio-
ne rimane molto difficile perché tanti insegnanti
sono passati da una paga così alta di 300, 500 fino
a 900 dollari (con il contributo dei genitori per ben
26 anni) ai 250 dollari ricevuti dallo Stato adesso,
e che non sono ancora assicurati per tutti. Come
fare per vivere nelle comunità e sostenere anche le
nostre solite attività del dopo scuola? Ci trovavamo
quindi già in quella crisi quando è arrivato anche il
Covid-19.
Tante scuole
piene di
allievi e senza
infrastrutture.
Salesiano e Vice-Coordinatore delle scuole catto-
liche, ho partecipato ad un livello così importante
per decidere insieme al Governo sul buon anda-
mento della scuola, e permettere ai ragazzi anche
più poveri di usufruire del diritto all’educazione
calpestato per loro durante decenni. Poteva stu-
diare solo chi aveva genitori capaci di mandarlo a
scuola. Una sfida grande per tutta la e per i
Salesiani in modo particolare.
Tutti i Salesiani che lavorano nelle scuole congolesi,
siano esse Cattoliche semplicemente o Cattoliche e
Salesiane considerate tutte come scuole pubbliche,
devono oggi dipendere non più dal contributo dei
Genitori, ma dalla paga dello Stato che ha deciso di
pagare ormai tutti gli insegnanti allo stesso modo,
Di fronte alla pandemia
Scrive il Rettor Maggiore nella sua recente lettera
dicendo: “Mi sembra corretto dire che stiamo attra-
versando un momento di vera tribolazione (con tutto
il significato che la parola ha nel nuovo Testamento).
Come cittadini responsabili seguiamo scrupolosa-
mente le regole che sono state date per facilitare il
superamento di questa pandemia. Accettiamo anche
noi i sacrifici che questo comporta come per tutte le
persone. In molti paesi stiamo portando avanti ini-
ziative di carità, solidarietà e fraternità con numerose
iniziative. Ci raggiungono le eco di dolore da parte
di migliaia di persone (anche nelle case salesiane e
nelle Ispettorie a cui ho fatto riferimento). C’è un
senso di costernazione, di stordimento. Preghiamo
per i malati e per coloro che operano nel mondo
18
GENNAIO 2021

2.9 Page 19

▲back to top
Inmezzo Non possiamo stare con
a tante
difficoltà,
cresce una
generazione
le mani in mano
che possiede
soltanto i
sogni.
Abbiamo
bisogno di voi!
sanitario. Preghiamo per i morti e le loro famiglie.
Presentiamo al Signore gli sforzi di tanti scienziati
e ricercatori che stanno lavorando intensamente alla
ricerca di un vaccino. È come se il mondo si fos-
se fermato: la vita pubblica, i viaggi, l’economia,
gran parte del lavoro nelle aziende, gli spettacoli, lo
sport… lo si vive come ‘un male necessario’ in at-
tesa di un bene maggiore”. Noi Salesiani in Congo
ci sentiamo in grande sintonia con il nostro Rettor
Maggiore e l’intera nostra Congregazione Salesiana.
Come Salesiani in Congo, seguiamo scrupolosa-
mente le misure preventive e, quindi, siamo chiusi
nelle nostre case dal 19 marzo 2020 in poi, in attesa
di uscirne presto! Le scuole, le chiese, gli oratori
sono chiusi e lavoriamo all’interno. Abbiamo delle
celebrazioni domenicali per 20 persone al massimo
in ogni opera. Siamo solidali con i i più poveri te-
nendo come al solito nei nostri internati i ragazzi
più poveri e gli anziani nelle case di riposo. Pre-
ghiamo di più in questo periodo del confinamento
per il mondo intero perché il Signore ci venga in
aiuto, sostenga il personale sanitario, assista scien-
ziati e ricercatori per trovare un vaccino che possa
aiutare tutti. Recitiamo il Rosario ogni sera insie-
me, come ci ha chiesto papa Francesco, per soste-
nere la nostra umanità sofferente.
ANCHE UNA PICCOLA DONAZIONE AIUTA
IL SOGNO DI DON BOSCO E DEI SALESIANI
Con il CCP che ricevi con il Bollettino Salesiano puoi
effettuare liberamente un’offerta per aiutare i bambini
e i giovani e coloro che danno la vita per loro.
Anche con piccoli contributi – donazioni una tantum o
regolari – possiamo ottenere molto nei nostri progetti.
Potete sostenere il nostro lavoro anche in altri modi:
attraverso donazioni e lasciti a FONDAZIONE DON BOSCO
NEL MONDO; reclutando nuovi amici e sostenitori.
Se volete saperne di più,
siamo a vostra disposizione.
Cod. Fisc. 97210180580
Via Marsala 42 - 00185 Roma
Tel. +39 06 6561 2663
WhatsApp +39 342 9984165
donbosconelmondo@sdb.org
ww.donbosconelmondo.org
GENNAIO 2021
19

2.10 Page 20

▲back to top
COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Autogrill per educatori
1 Una buona partenza
Ricordarsi
«Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma po-
chi di essi se ne ricordano». È la dedica de Il piccolo
principe dello scrittore francese Antoine De Saint-
Exupéry.
Ricordarsi d’essere stati bambini anche noi è una
potente medicina alle nostre pretese nei confron-
ti dei piccoli. Significa essere più pazienti; non
strattonare il bambino che ha voglia di fermarsi
per assaggiare il mondo che ancora non conosce;
non perdere le staffe quando si sporca, o quando fa
schizzare l’acqua delle pozzanghere.
Ricordarsi d’essere stati bambini è pensare che la
nostra è una società adulto-centrica: centrata sugli
adulti, fatta per gli adulti.
Che guaio nascere piccoli, oggi!
I pavimenti si sporcano, i porta-cenere si rompo-
no, le pareti si rigano… per non combinarne una
delle sue, il bambino dovrebbe nascere “mummia”!
È un’immensa fatica per il piccolo uscire vivo da
certi genitori che non si ricordano d’essere stati, un
tempo, anche loro, bambini.
Il benessere
«A mio figlio non deve mancare niente…» È, ormai,
una specie di ritornello di tanti genitori. E così
la distanza tra il desiderio e la sua realizzazione
è diventata, via via, sempre più breve fino ad az-
zerarsi.
Sono scomparse l’attesa e la conquista che erano
stati efficaci ormoni di crescita psicologica.
Il desiderio ha perso la sua spinta creativa. Tutto è lì
pronto. L’uomo trova tutto, meno lo sforzo.
Il che vuol dire: l’uomo non trova più l’uomo.
Quando la persona umana non ha più da fatica-
re, da combattere, da raggiungere, da costruire, da
battersi per qualcosa o per qualcuno, è come se fos-
se morta.
Il troppo benessere non è una meta: è una trappola.
Parole-perle
Il simpatico scrittore italoamericano Leo Busca-
glia termina il suo libro Papà con alcune frasi che
il padre, di tanto in tanto, lasciava cadere a tavola
oppure nei momenti più impensati.
Quelle frasi hanno costruito nel figlio uno schema
morale tale da reggerlo per tutta la vita.
Il papà gli diceva:
«È fondamentale amare».
20
GENNAIO 2021

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
«Le persone sono buone se si dà loro la
possibilità di esserlo».
«La dignità è essenziale per vivere».
«Non tradire mai te stesso!».
«Canta, balla, e ridi quanto puoi!».
«Resta vicino a Dio!».
«La crudeltà è segno di debolezza».
«La gente che crede di saper tutto può es-
sere pericolosa».
«Non costa niente essere gentili».
Parole-perle che hanno bussato e sono entrate
nell’anima del figlio.
Ha ragione il poeta tedesco J.P.F. Richter
a dire che «le parole che un padre dice ai figli
nell’intimità della casa nessuno le sente al momento,
ma alla fine la loro eco raggiungerà i posteri».
Lanciare sfide
Un grande maestro di chitarra, Doc Watson, di-
venne cieco quando aveva appena due anni. I suoi
famigliari, però, non gli diedero mai la sensazione
di considerarlo un minorato.
«I miei fratelli, mi portava-
no fuori a giocare con loro»
ricorda. «Io mi arrampicavo
sugli alberi e cadevo come tutti
gli altri. Imparai così il concetto
di spazio e a trovare le cose orien-
tandomi sull’eco dei suoni».
Suo padre ebbe un’importanza
speciale nell’aiutarlo ad aumentare
la fiducia in se stesso.
«Avevo undici anni» ricorda Watson,
«poco prima che la chitarra en-
trasse nella mia vita, papà mi
porse un piccolo ‘banjo’ e mi disse: “Prendi, figliolo! Se
imparerai a suonare bene questo strumento, potrà aiu-
tarti ad affrontare il mondo!” Invece di relegarmi in un
angolino dicendomi: “Figlio mio, sei un povero cieco”
mi lanciava sfide!»
Quante ali tarpate per mancanza di proposte! Edu-
care non è dare ordini, ma chiedere “imprese”.
Shutterstock.com
GENNAIO 2021
21

3.2 Page 22

▲back to top

3.3 Page 23

▲back to top

3.4 Page 24

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
Pinuccio Pomo - Marco Leonetti
Andria
Don Bosco
ha mantenuto
la promessa
I Salesiani
hanno inaugu-
rato ad Andria
una stagione
di fermento
culturale e
spirituale che
si è mante-
nuta vivace e
appassionata
fino a oggi.
Le origini
“... per il momento non ci è possibile mandare i Salesia-
ni ad Andria, ma le prometto che in appresso verranno
e saranno in casa Sua”.
Con queste parole don Bosco concludeva la con-
versazione con il canonico don Sabino Troja, pri-
micerio della Cattedrale, che nel 1880 si era recato
a Torino per trattare direttamente con il Santo la
Una casa padronale
di campagna con orto,
frantoio e magazzini
trasformata in oratorio.
Dal 1934 universale punto
di riferimento e di incontro
per l’intera città.
fondazione dell’Opera Salesiana nella propria città.
Sulla quella ‘profezia’, con testamento pubblico del
24 gennaio 1903, il pio sacerdote donava alla Con-
gregazione la sua proprietà.
Quando nei primi giorni di gennaio del 1934, don
Rodrigo Lo Re, primo Direttore dell’Opera Sale-
siana, giunse ad Andria, dovette assaporare la stes-
sa atmosfera che don Bosco respirò a Valdocco. Al-
lora, la Casa di Andria era praticamente in periferia
ed era costituita dall’orto, dal frantoio, dall’olivaia,
dalle stalle e da un edificio che aveva l’aspetto di
un’abitazione padronale di campagna.
Subito dopo la conclusione del tragico secondo
conflitto mondiale fu innalzata la nuova cappel-
la dell’oratorio ad aula unica. Fu la prima grande
costruzione che, insieme alla terrazza sul teatro,
iniziava a delineare l’attuale fisionomia dell’Opera.
Le ultime trasformazioni riguardano la costruzione
delle sale sotto il porticato mentre il vecchio teatro
è adibito e consacrato a nuova cappella; la vecchia
chiesa, ad aula unica, diventa un capiente teatro
che ospita spettacoli e importanti eventi culturali
cittadini.
Fu monsignor Ferdinando Bernardi, vescovo di
Andria, ad affidare ai primi Salesiani giunti in cit-
tà la cura della chiesa parrocchiale dedicata all’Im-
macolata, bel tempio di stile neogotico-lombardo a
tre navate eretto nella prima metà del secolo scorso
sull’elegante via Regina Margherita, a poca distan-
za dall’Oratorio.
24
GENNAIO 2021

3.5 Page 25

▲back to top
Un’Opera
a servizio
della
Comunità
cittadina
I Salesiani hanno inau-
gurato ad Andria una sta-
gione di fermento culturale e
spirituale che si è mantenuta vivace
e appassionata fino a oggi e che continua con sor-
prendente vitalità. Palestra di vita e di aggregazio-
ne sociale, l’Opera salesiana rappresenta ancora un
modello di prima grandezza per la crescita morale,
materiale, intellettuale e spirituale di una intera
città, con particolare riguardo ai giovani. I campi
di intervento sono molteplici e creativi soprattutto
in questi anni assai difficili di disagio economico
e sociale.
Posta in pieno centro cittadino, l’Opera è punto
rilevante di riferimento nella città aprendosi, in ac-
cordo e sintonia con la Diocesi, alla massima col-
laborazione con tutte le associazioni cittadine, sia
di impronta culturale sia di servizio civile, e con
gli organi istituzionali. Lo attestano, insieme con
le imprescindibili attività di carattere religioso e
di catechismo, le iniziative svolte nel corso degli
anni: animazione dei quartieri (tra le ultime pro-
poste nel periodo natalizio: “La pettolata di Don
Bosco” e “Befana in bici”), incontri culturali, sport,
corsi di musica, teatro, iniziative benefiche e altro.
I Salesiani, inoltre, ospitano l’Unione Ex Allievi di
Don Bosco, L’Associazione Sordi “L.P. Apicella” e
il Circolo della Stampa “San Francesco di Sales”.
Tra i vari doveri annoverati da don Bosco ricorre più
volte quello allo studio e alla formazione. I Salesiani
di Andria hanno colto un grande bisogno dei giova-
ni andriesi, i quali da tempo vivono una situazione
di disagio poiché privi di luoghi dove studiare: la
Biblioteca Comunale, sebbene fruibile, osserva orari
limitati, il laboratorio urbano giovanile dell’Officina
San Domenico è da tempo chiuso, le librerie fan-
no difficoltà a rimane-
re aperte. Per questo
motivo dal 1° febbraio
2020 presso l’Oratorio
Salesiano è a dispo-
sizione degli studenti
andriesi una nuova aula
studio polifunzionale: uno
spazio accogliente per lo studio,
la ricerca e la cultura. L’ambiente è
climatizzato, dotato di rete Wi-Fi, computer, stam-
panti, una smart e angolo bar. Un progetto che
sta riscuotendo notevole successo vista la moltitudi-
ne di giovani che vi accedono tranquillamente tra-
mite badge elettronico.
Nelle aule dell’Oratorio, messe a nuovo grazie all’ar-
dore di alcuni padri di famiglia, si svolgono corsi di
formazione per i giovani di ogni fascia di età, dalla
scuola media sino ai più grandi che si approcciano ai
corsi di preparazione da pre-animatore e animato-
re salesiano. Giovani che, da qualche anno, curano
anche i social network collegati all’Opera Salesiana
di Andria. Basti pensare alla pagina Facebook e al
profilo Instagram ogni giorno seguiti da centinaia e
centinaia di followers; strumenti virtuali che spesso
riescono ad arrivare anche alla mente e al cuore dei
più lontani, soprattutto nel periodo di allontana-
mento forzato dovuto al lockdown.
È palestra
di vita e di
aggregazione
sociale.
GENNAIO 2021
25

3.6 Page 26

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
La pandemia di Covid-19 ha senza dubbio accen-
tuato il carattere centrale dell’Opera. Il cortile,
in occasione delle Celebrazioni Eucaristiche, si
trasforma nella grande cappella di Andria dove è
possibile riunire un cospicuo numero di fedeli ri-
spettando le norme di sicurezza anti contagio. La
partecipazione alla Messa in cortile è stata davvero
straordinaria. Quel cortile dove centinaia di ragaz-
ze e ragazzi schiamazzanti inseguono un pallone
o si rincorrono allegramente spensierati e felici
diventa miracolosamente silenzioso luogo di devo-
zione, di raccoglimento e di preghiera. Le uniche
voci quelle del celebrante, quelle dei canti liturgici
e, all’unisono, quelle del Popolo di Dio. Un altro
segno del profetico sogno di don Bosco che si at-
tualizza e diventa realtà.
Tra passato e presente
Dalle colonie estive
all’Estate Ragazzi
Sul finire degli anni ’50, per molti ragazzi andrie-
si, l’unica possibilità di vacanza era rappresentata
dalla partecipazione alla colonia estiva organizzata
dai Salesiani. In calzoncini e maglietta di colo-
re azzurro, con il cappellino blu e bianco,
pronti per la partenza verso le spiag-
ge di Trani mentre addentavano un
panino con la frittata o un fetta
di pane e pomodoro.
All’ordine del fischietto del Direttore, la corsa ir-
refrenabile di centinaia di giovani lanciata verso le
onde finiva coll’innalzare una miriade di spruzzi
bianchi di acqua salata. Quando non era prevista la
gita al mare, nel cortile dell’Oratorio si organizza-
vano i più vari tornei. Il pomeriggio si apriva con
la merenda distribuita sotto forma di pane e mar-
mellata o cioccolato ammorbidito dalla canicola. Il
resto del tempo era dedicato a lavoretti di legno, di
terracotta, di carta o alla preparazione di scenette
per allietare la serata finale. Erede di quella tradi-
zione è l’Estate ragazzi che rimane per tanti ragazzi
e ragazze un’esperienza straordinaria all’insegna
dell’allegria. Giochi nel cortile, bans, giornate
all’acquapark, laboratori, tornei, serate danzanti.
Il sabato sera, al termine della consueta messa in
cortile, le calde serate d’estate vedono la parteci-
pazione dei bambini e anche dei genitori chiamati
a partecipare alla serata. Da qualche anno, al ter-
mine dell’Estate ragazzi che dura circa un mese, ha
inizio il
per i pre-animatori e animatori, la
cosiddetta Estate Giovani. I giovani più grandi, che
nel mese precedente si erano indaffarati a preparare
i giochi dei più piccoli, diventano veri protagonisti
delle serate, giochi e uscite organizzate per loro.
Festa e
allegria
restano il
distintivo
dell’Oratorio.
26
GENNAIO 2021

3.7 Page 27

▲back to top
La tessera e i bollini,
segno di appartenenza
Verde acqua, arancio, rosa. Cambiava ogni anno il
colore della tessera d’iscrizione all’Oratorio. All’in-
terno la tessera era suddivisa in tante caselle sulle
quali, partecipando alle celebrazioni e alle attività
dell’Oratorio, veniva apposto un bollino stampi-
gliato ad inchiostro blu con timbrini diversi. L’àn-
cora per il primo venerdì del mese, il cuoricino per
la messa, la stellina per il catechismo e così via. C’e-
ra un bollino anche per il cinema, per l’adorazione
eucaristica del pomeriggio della domenica, per le
novene e per la via crucis. Più che allo sconto per
l’ingresso al cinema o alla riduzione della quota di
partecipazione alla colonia o ancora per i grandi e
piccoli premi riservati ai più meritevoli e assidui,
i ragazzi durante l’anno rivaleggiavano fra loro su
chi avesse più bollini.
Ancora oggi i ragazzi sono chiamati a tesserarsi.
Saranno cambiati i colori o i timbri delle tessere,
ma rimane intatto lo spirito di appartenenza alla
Casa di Don Bosco ad Andria che la tessera stessa
rappresenta.
Il panino all’uscita
della cappella e le castagne
È una storia che pare davvero lontana, da epopea.
Invece in pieno boom economico, la felicità era
un panino con la mortadella. Veniva distribuito
ai ragazzi che partecipavano alla celebrazione eu-
caristica in occasioni particolari. Alla festa di don
Bosco o di Maria Ausiliatrice, alla prima messa
d’un Salesiano, alla visita del Vescovo. C’era una
ressa festante intorno alla cesta di pane che conte-
neva la gustosa colazione della domenica mattina
di quei giorni speciali. Il cortile si riempiva d’una
allegria contagiosa. Oggi il panino è offerto ai ra-
gazzi dall’Unione Ex-Allievi il giorno della festa
liturgica di don Bosco. Intonsa è rimasta la tradi-
zione, il giorno della commemorazione dei defunti,
di recarsi presso il Cimitero della città per pregare
insieme a tutta la comunità educativa pastorale. Al
termine del sacro pellegrinaggio, ci si ritrova tutti
insieme nel cortile dell’Oratorio per assaporare le
caldarroste cucinate con amore da alcune mamme
e papà dei ragazzi, in ricordo del miracolo delle ca-
stagne: gesto antico e sempre nuovo.
Dal festival della canzone
oratoriana agli odierni Musical
Si teneva in estate. Un grande palco eretto al centro
del cortile annunciava serate di festa sublime. L’im-
pianto di amplificazione e le luci venivano provate
dal primo pomeriggio. I partecipanti erano suddi-
visi in categorie. I ragazzi dell’Oratorio in genere
cantavano parodie di motivi religiosi o di canzon-
cine oratoriane. Poi c’erano i big. Giovanotti prove-
nienti da tutta la città che intonavano le canzoni in
voga. Lo spettacolo e il divertimento erano assicu-
rati come le ambizioni canore dei concorrenti.
Il festival ha lasciato il passo gli spettacoli teatrali
e musical organizzati dai giovani dell’Oratorio e da
una compagnia di meno giovani da anni dediti alla
recitazione. D’altronde il Teatro del nostro Orato-
rio, dopo la chiusura del teatro cittadino Astra, è
effettivamente l’unico contenitore che spesso ospita
eventi e spettacoli di rilevante caratura e importan-
za a livello locale.
Gli anni sono passati e la storia ha fatto il suo corso,
ma ferve ancora l’attenzione dei Salesiani di Andria
verso l’impegno alla partecipazione attiva e al bene
comune. Basti pensare che i tre sindaci che han-
no amministrato negli ultimi anni la città sono di
estrazione e formazione oratoriana.
Posta in
pieno centro
cittadino,
l‘Opera
è punto
rilevante di
riferimento
nella città.
GENNAIO 2021
27

3.8 Page 28

▲back to top
I NOSTRI PADRI
B.F.
Il “piccolo don Bosco”
Don Albera Visse con la mente e il cuore
di don Bosco e di don Rua
Don Bosco doveva sceglierne
uno che prendesse posto
sull’inginocchiatoio in atto di
fare l’accusa. Si guardò intorno
e sorridendo chiamò: «Paolino,
vieni qui. Mettiti in ginocchio ed
appoggia la tua fronte alla mia,
così non ci muoveremo!».
Sotto
l’apparenza
mite e
riservata di
don Paolo
Albera si
celavano
un animo
adamantino
e una volontà
d’acciaio.
T utti sentivano un affetto sconfinato per
don Bosco ed erano preoccupati per la sua
salute. Inoltre la sua vena dinamica pareva
inesauribile. Notte e giorno non si fermava
mai e la sua forte fibra sembrava indebolita. Ma
mancava una cosa! Una cosa che la tecnica moderna
permetteva anche se era ancora largamente speri-
mentale: una fotografia.
Dovevano assolutamente avere un ritratto “vero”
del loro don Bosco. La vera difficoltà fu convincere
don Bosco, ma dopo mille insistenze ci riuscirono.
Il grande giorno fu il 21 marzo 1861. In quel tem-
po, i soggetti da ritrarre dovevano restare immobili
per un tempo lunghissimo. Don Bosco chiese di
posare fra un gruppo di chierici e semplici alunni,
lui in atto di confessare, questi inginocchiati de-
votamente. Don Bosco doveva sceglierne uno che
prendesse posto sull’inginocchiatoio in atto di fare
l’accusa. Si guardò intorno e sorridendo chiamò:
«Paolino, vieni qui. Mettiti in ginocchio ed appog-
gia la tua fronte alla mia, così non ci muoveremo!»
Paolino era Paolo Albera e rimase a lungo con la
sua testa appoggiata a quella di don Bosco. Il ri-
sultato fu qualcosa di magico. Don Bosco qualcosa
intuiva e volle questo ritratto, nella versione ritoc-
cata a matita, appeso nella sua anticamera. Quel
ragazzino gentile con la testa appoggiata alla sua,
Paolino Albera, sarà il suo secondo successore.
Don Bosco lo aveva incontrato nell’autunno del
1858 a None, un paesino della pianura torinese,
perché il parroco, suo buon amico, gli aveva det-
to di aver un piccolo parrocchiano di tredici anni
che desiderava diventare prete. Don Bosco lo vol-
le vedere e si trovò davanti un ragazzetto delicato,
dall’aria mite e serena e lo sguardo vivo e curioso.
28
GENNAIO 2021

3.9 Page 29

▲back to top
Paolo Albera all’Oratorio
Nel 1858, l’Oratorio era ancor pieno del profumo
di santità che vi aveva diffuso il quindicenne Do-
menico Savio, volato in paradiso l’anno prima. C’e-
ra un altro ragazzo che stava conquistando la stessa
fama: Michele Magone. Michele era tutt’argento
vivo; e l’affetto di don Bosco ne aveva fatto un an-
gelo. Paolino Albera e Michele Magone finirono
vicini di letto in camerata e divennero amici. Un’a-
micizia gioiosa e leale che durò poco. Michele morì
a quattordici anni e Paolo Albera poté ascoltare
commosso le parole che scambiò con don Bosco
quando cadde malato: «Se il Signore ti offrisse la
scelta o di guarire o di andare in paradiso, che sce-
glieresti?» chiese don Bosco. Magone rispose: «Chi
sarebbe tanto matto da non scegliere il paradiso?»
Vedendolo gravissimo, don Bosco gli disse: «Prima
di lasciarti partire per il paradiso vorrei incaricarti
d’una commissione». Magone rispose: «Dica pure,
io farò quanto potrò per obbedirla». E don Bosco:
«Quando sarai in paradiso e avrai veduto la grande
Vergine Maria, falle un umile e rispettoso saluto
da parte mia e da parte di quelli che sono in questa
casa. Pregala che si degni di darci la sua santa be-
nedizione; che ci accolga tutti sotto la potente sua
protezione, e ci aiuti in modo che nessuno di quelli
che sono, o che la Divina Provvidenza manderà in
questa casa, abbia a perdersi».
I fatti dimostreranno che Michele Magone ha fatto
la sua “commissione”.
Con questo ricordo nel cuore e gli occhi sempre
ben fissi su don Bosco, Paolo Albera, timido e ri-
servato, ma più che mai risoluto divenne uno dei
migliori. La casa di don Bosco era la sua casa. Più
tardi descrisse così quel periodo benedetto: «Don
Bosco educava amando, attirando, conquistando e
trasformando. Ci avvolgeva tutti e interamente qua-
si in un’atmosfera di contentezza e di felicità, da cui
erano bandite pene, tristezze, malinconie... Tutto in
lui aveva per noi una potente attrazione: il suo sguar-
do penetrante e talora più efficace d’una predica; il
semplice muover del capo; il sorriso che gli fioriva
perenne sulle labbra, sempre nuovo e variatissimo,
e pur sempre calmo; la flessione della bocca, come
quando si vuoi parlare senza pronunziar le parole; le
parole stesse cadenzate in un modo piuttosto che in
un altro; il portamento della persona e la sua anda-
tura snella e spigliata: tutte queste cose operavano
sui nostri cuori giovanili a mo’ di una calamita a cui
non era possibile sottrarsi; e anche se l’avessimo po-
tuto, non l’avremmo fatto per tutto l’oro del mondo,
tanto si era felici di questo suo singolarissimo ascen-
dente sopra di noi, che in lui era la cosa più naturale,
senza studio né sforzo alcuno».
Fra i primi Salesiani
Fu assolutamente naturale quindi per Paolo Albera
vestire la talare da chierico, il 27 ottobre 1861, e
l’anno dopo, il 14 maggio 1862, essere uno dei ven-
tidue primi salesiani.
«Quella sera – così narra don Bonetti – dopo molti
desideri si emisero la prima volta formalmente i voti
di povertà, di castità, di obbedienza dai vari membri
della Pia Società novellamente costituita, che... a ciò
si sentivano chiamati.
Oh come bello sarebbe
il descrivere in quali
umili modi si compiva
questo atto memorando!
Ci trovammo stretti
stretti in una angusta
cameretta, ove non ave-
vamo scranni per seder-
ci. La maggior parte dei
membri si trovava nel
fior degli anni, chi nella
rettorica, chi nel primo
e secondo anno di filo-
sofia, alcuni nei primi
corsi di teologia e pochi
nei sacri ordini...
«Facemmo dunque in
numero di 22, non com-
preso don Bosco, che in
La foto
del 1861:
don Bosco
e Paolino
Albera fermi
a lungo
fronte contro
fronte.
GENNAIO 2021
29

3.10 Page 30

▲back to top
I NOSTRI PADRI
Il Signore
benedisse
ampiamente
la sua vita
laboriosa,
piena di
sollecitudine
e di decisioni
sagge.
mezzo a noi stava inginocchiato presso il tavolino
su cui era il Crocifisso, i nostri voti secondo il re-
golamento».
Dopo ciò don Bosco, alzatosi in piedi, ci indirizzò
alcune parole per nostra tranquillità e per infonder-
ci maggiormente coraggio per l’avvenire: «Chi sa
che il Signore non voglia servirsi di questa nostra
Società per fare molto bene nella sua Chiesa! Da
qui a venticinque o trent’anni se il Signore conti-
nua ad aiutarci, come fece finora, la nostra Società
sparsa per diverse parti del mondo potrà ascendere
al numero di mille soci... Quanto bene si farà!»
Paolo Albera aveva diciassette anni. Da quel mo-
mento la Congregazione Salesiana sarà tutta la
sua vita. Molti pensavano che l’opera di don Bo-
sco fosse completata. Non facevano i conti con la
sua formidabile visione creativa. Proprio al timido
e serio chierico Albera, alla fine di quell’anno, don
Bosco svelò il suo prossimo passo: «Paolino, la no-
stra Chiesa di san Francesco di Sales è troppo pic-
cola: non contiene tutti i giovani, o pure vi stanno
addossati l’uno all’altro. Quindi ne fabbricheremo
un’altra più bella, più grande, magnifica e le dare-
mo il titolo: Chiesa di Maria Ausiliatrice».
La salute di don Bosco destava sempre più preoc-
cupazioni, ma la “rivoluzione salesiana” era solo
all’inizio. Nel 1863, un primo gruppo di salesiani,
tutti giovanissimi, sciamò da Valdocco per fondare
la casa di Mirabello Monferrato. Fu il primo pas-
so di un’espansione che continua oggi, dopo 157
anni. Nei cinque anni di Mirabello, Paolo Albera
dimostrò capacità prodigiose. Insegnava nel ginna-
sio, compì gli studi teologici e si laureò in lettere
all’Università di Torino. Fu ordinato prete nel 1868
e don Bosco lo richiamò a Torino. Aveva bisogno di
chi facesse le sue veci nel trattare le pratiche di ac-
cettazione dei giovani nell’Oratorio: delicatissimo
ufficio, che richiedeva molto buon senso e molto
buon cuore: qualità che non mancavano a Paolo Al-
bera. Nei due anni in cui ebbe questa carica, duran-
te la quale imparò a conoscere tante miserie umane,
fece anche parte del Consiglio della nuova Società.
«Sarà il mio secondo…»
Don Bosco aveva un fiuto straordinario per gli uo-
mini. È uno dei suoi tanti segreti. Sapeva che sotto
l’apparenza riservata e mite di Paolo Albera si cela-
vano un animo adamantino e una volontà d’acciaio.
Perciò nell’ottobre del 1871, lo inviò ad aprire una
nuova casa a Genova, nel sobborgo di Marassi. Il
giovane prete aveva appena 26 anni, e il compito
avrebbe fatto tremare chiunque.
Lui pensò di portare con sé qualche centinaio di
franchi per far fronte alle prime spese indispensa-
bili e ne chiese l’autorizzazione a don Bosco.
Il buon padre lo guardò sorridendo e si fece conse-
gnare il denaro. Gli restituì quel tanto che gli era
necessario per pagare il viaggio a sé e ai suoi com-
pagni, dicendogli: «Va’ tranquillo! Per domani ci
penserà il Signore!»
Don Albera capì perfettamente il messaggio di don
Bosco. Da quel momento, per tutta la vita, si ab-
bandonò completamente alla Provvidenza. Come
don Bosco.
E il Signore per mezzo di molte caritatevoli per-
sone venne talmente in soccorso al nuovo Istituto,
che l’anno appresso poté essere trasportato in una
più ampia e comoda sede a Sampierdarena con uno
sviluppo che stupisce ancora oggi. Qui divenne an-
che la sede di un’altra opera fondata dal Venerabile
30
GENNAIO 2021

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
per dare alla Chiesa presto molti e buoni preti, inti-
tolata: Opera di Maria Ausiliatrice per le Vocazioni
degli adulti allo Stato Ecclesiastico.
C’erano delle difficoltà, naturalmente, ma a chi
gliele riferiva, don Bosco rispose: «Don Albera non
solo ha superate, quelle difficoltà, ma ne supererà
tante altre, e sarà il mio secondo…»
Non finì la frase, ma passandosi una mano sulla
fronte stette come assorto in una visione lontana,
poi proseguì: «Oh sì, don Albera ci sarà di grande
aiuto!»
Presente alla conversazione c’era un giovane ven-
tenne, che divenne salesiano e sacerdote e diven-
ne il terzo successore di don Bosco: don Filippo
Rinaldi. Don Bosco era come un albero magnifico
che estendeva rami poderosi. Il futuro dell’opera
salesiana cresceva intorno a lui.
Il “piccolo don Bosco”
Ora tutti sapevano quanto valesse don Paolo Al-
bera. Nell’ottobre del 1881 fu mandato a Marsiglia
ispettore delle Case di Francia. Là si conquistò il
nome di «piccolo don Bosco», come lo definirono i
giornali e i tanti ammiratori dell’Opera Salesiana.
Nominato nel 1892, Catechista generale della Pia
Società Salesiana, nel 1900 ebbe da don Rua l’in-
carico di visitare, come suo rappresentante, tutte le
Case Salesiane delle due Americhe. Per tre anni, con
i mezzi di trasporto rudimentali dell’epoca e infiniti
disagi, visitò tutte le presenze salesiane del Nuovo
Mondo. Ne ritornò entusiasta: «Il nome di don Bo-
sco spianò le vie, vinse gli ostacoli, guadagnò i cuori,
creò simpatie, e perché non dirlo? slegò le borse, e ne
trasse i mezzi con cui fondar case, laboratori, scuole,
oratorii festivi, chiese, ospedali e quanto occorreva
alla salvezza di innumerevoli anime. Non è un effi-
mero entusiasmo, né col tempo viene meno la dolce
attrattiva e la salutare impressione che esercita sui
cuori il nome di don Bosco, che continua ad essere
pronunziato in America con venerazione e ricono-
scenza da Prelati, da Presidenti e Ministri di Go-
verno, da ogni ceto di persone, da popoli intieri...».
Ripeteva spesso: «Quanto è amato don Bosco!
quanto ci ama Maria Ausiliatrice!»
Don Albera era talmente stimato che sembrò as-
solutamente naturale eleggerlo Rettor Maggiore, il
16 agosto 1910. Appena eletto corse sulla tomba
di don Bosco: «Lamentandomi fortemente con lui
perché avesse lasciato cadere in sì misere mani il ti-
mone della navicella salesiana. A lui, più col pianto
che con le parole, esposi le mie ansie, i miei timori,
la mia estrema debolezza, e poiché mi era giocofor-
za portare la pesantissima croce che era stata posta
sulle vacillanti mie spalle, lo pregai con tutto fer-
vore perché mi venisse in aiuto. Mi alzai da quel
sacro avello di Valsalice, se non del tutto rassicu-
rato, almeno più fidente e rassegnato. Non occorre
aggiunga che promisi a don Bosco e a don Rua che
nulla avrei risparmiato per conservare nella nostra
umile Congregazione lo spirito e le tradizioni che
da loro abbiamo imparato».
Il Signore benedisse ampiamente la sua vita labo-
riosa, piena di sollecitudini e di opere buone. Gli
diede la consolazione di veder benedette le sue fati-
che, nel numero dei salesiani aumentato di quasi un
migliaio durante il suo Rettorato, nonostante i vuoti
causati dalla guerra; nel numero delle case aumen-
tate di 103; nelle nuove Missioni aperte in Africa,
nel Congo belga: in Asia, nella Cina e nell’Assam:
in America nel Rio Negro in Brasile e nel Chaco
Paraguayo; nella crescita dell’Istituto delle Figlie di
Maria Ausiliatrice, che sostenne con affetto; nelle
varie case di formazione di nuovo personale; e nei
nuovi e fiorenti Oratori festivi.
Il Signore gli concedette infine la grazia di superare
l’ardua prova della guerra, di veder la Pia Società
riprendere il ritmo normale, con sempre maggiore
attenzione alla vita spirituale.
Morì il 29 ottobre 1921, in silenzio, discretamente
come sempre. Prima del recente trasferimento nel-
la Basilica di Maria Ausiliatrice, fu sepolto presso
don Bosco e don Rua a Valsalice.
Era giusto che avesse la tomba, là dov’ebbe la mente
e il cuore.
GENNAIO 2021
31

4.2 Page 32

▲back to top
INIZIATIVE
Carmen Laval
San Domenico Savio
l’angelo delle mamme
Nella Basilica di Maria Ausiliatrice
la sua cappella è traboccante
di fiocchi che annunciano l’arrivo
di un neonato. Le storie che
riferiscono i miracoli piccoli e
grandi che avvengono per sua
intercessione sono incessanti.
In tutto il mondo.
Le grazie e i
miracoli per
intercessione
di san
Domenico
Savio
continuano
ininterrotta-
mente.
Due esempi recenti.
«Desideriamo ringraziare san Domenico
Savio per esserci stato accanto in maniera
del tutto speciale nella nostra vita di cop-
pia. Il 20 settembre 2017 abbiamo visitato il Colle
don Bosco, e in quella circostanza Barbara ha senti-
to il desiderio di richiedere un abitino da indossare
e, dopo 16 anni di matrimonio, il 24 maggio 2018,
festa di Maria Santissima Ausiliatrice, un piccolo
cuore iniziava a battere nel grembo di mia moglie.
Eppure, non tutto era ancora compiuto: una grande
prova di fede ci veniva richiesta. L’11 luglio abbiamo
saputo che la vita del nostro piccolo si era interrotta.
Il 2 gennaio 2019 siamo ritornati a Colle don Bo-
sco per ringraziare san Domenico Savio per il nostro
bambino in Cielo. Nell’occasione abbiamo visitato le
frazioni di Morialdo e di Mondonio, rientrando poi
a casa con la promessa rivolta a san Domenico di
tornare per visitare la sua casa natale, con il nostro
bimbo in braccio: quel bimbo che lui, ne eravamo
certi, ci avrebbe ottenuto in dono dal Cielo.
E nostro figlio ora è qua, accanto a noi: l’11 febbraio
2019, Memoria della Beata Vergine di Lourdes,
abbiamo saputo che Barbara era in attesa e il 10 ot-
tobre è venuto alla luce, dopo 17 anni di matrimo-
nio, Domenico Maria» (Tazzari Federico, Barbara e
Domenico Maria, Massa Lombarda).
«Mi è apparso un bambino…»
Una signora garbata e gentile, Mariella Ravese, che
frequenta assiduamente la parrocchia dei Salesiani
di Gioia Tauro, racconta la sua esperienza.
“L’anno scorso una notte ho accusato un forte do-
lore al seno, al mattino pensai subito di recarmi dal
32
GENNAIO 2021

4.3 Page 33

▲back to top
dottore. Mi sono spaventata e così ho subito fatto
una mammografia, che ha evidenziato un nodulo
al seno. Effettuata l’ecografia, il responso venne
sottoposto ad un oncologo amico in Germania. La
risposta che giunse fu drammatica: dovevo partire
subito e sottopormi all’operazione. I medici tede-
schi mi sottoposero ad una risonanza magnetica
che purtroppo evidenziò un quadro clinico molto
più complesso. Dovevo subito essere operata! Non
potete immaginare la mia disperazione.
Il giorno prima dell’operazione, la sera del 4 no-
vembre, ero sola nel letto dell’ospedale, piangevo
mentre recitavo il Rosario alla Madonna. Mentre
pregavo mi sono addormentata. Nel sonno ho avu-
to una visione o un sogno, non so dire.
Ho visto un prato verde, di un verde meraviglioso e
intorno a questo prato c’erano tante case, non tanto
alte. Al centro di queste case, c’era una chiesetta
di colore beige. Udivo delle voci di bambini, voci
gioiose, schiamazzi, stavano giocando.
Piano piano mi incamminai verso la chiesa e mi
è apparso un bambino, poteva avere 12 o 13 anni,
vestito come san Domenico Savio, proprio come la
statua che c’è nella nostra chiesa. Questo bambino
mi guardava, io gli chiesi se avesse fame, ma lui
continuava a guardarmi, i suoi occhi emanavano
una luce celestiale ed io lo guardavo incantata.
Ad un certo punto mi porse la mano e stringendo
la mia mi disse: «Siamo qui con don Bosco, siamo
Salesiani». Mentre lui parlava, io avvertivo una pre-
senza dietro di me, ma non mi sono girata, perché
ero rapita dai suoi occhi. Allora gli dissi: «Anche
nella mia parrocchia ci sono i Salesiani. Come ti
chiami?». Lui subito mi rispose: «Domenico». Capii
che era san Domenico Savio e mi sono svegliata.
Al risveglio provavo una grandissima pace interio-
re, la paura era come svanita. Al mattino affrontai
l’operazione senza un minimo di paura.
È andato tutto bene, non ho avuto bisogno né di
chemioterapia, né di radioterapia né di farmaci. E
ora sto benissimo. Un vero miracolo».
San
Domenico
Savio: una
santità che
non finisce
di stupire.
GENNAIO 2021
33

4.4 Page 34

▲back to top
INIZIATIVE
La vera storia
dell’abitino
Un minuscolo lembo di stoffa per
sentirsi uniti all’amore di un figlio
per la madre e per tutte le
mamme del mondo e partecipare
alla sua immensa fede in Dio
e in Maria Ausiliatrice.
Un piccolo
grande
segno della
Benedizione
di Dio
per tutte
le donne.
È Teresa Savio, la sorella minore di Domeni-
co Savio, morta a Torino nel 1933, che rac-
conta la storia di questo singolare angolino
di stoffa.
«Fin da bambina sentivo da mio padre, dai miei
parenti e vicini narrarmi una cosa, che non ho più
dimenticato. La mia mamma versava in uno sta-
to gravissimo, doveva dare alla luce un bambino e
soffriva tantissimo. Le donne che l’assistevano non
sapevano più che cosa fare. Mio padre allora de-
cise di partire per Buttigliera d’Asti a prendere il
dottore. Quando giunse alla svolta per Buttigliera,
s’imbatté in mio fratello Domenico, ancor piccino,
che veniva a Mondonio. Mio padre stupito gli do-
mandò: «Dove vai?»
«Vado a trovare la mamma che è ammalata».
Nessuno glielo aveva comunicato. So che a don
Bosco aveva detto semplicemente: «Devo andare a
casa mia, perché mia madre è molto malata, e la
Madonna la vuole far guarire».
Don Bosco lo conosceva bene e gli diede i soldi per
il viaggio, ma lui venne a piedi.
Il babbo che a quell’ora non lo avrebbe voluto a
Mondonio gli rispose: «Prima passa dal nonno a
Ranello (una piccola borgata che è tra Castelnuovo
e Mondonio).
Ma Minot, mio fratello, spinto certamente da una
forza interiore, giunse alla casa paterna. La mamma
appena lo vede, lo saluta; ma poi si affretta a dirgli:
«Va’, mio piccino, va’ qui dai miei vicini adesso; ti
chiamerò più tardi».
Ma Domenico saltò rapido sul letto, abbracciò for-
temente la mamma, la baciò e poi esclamò: «Adesso
vado via, ma prima volevo abbracciarti».
Appena Domenico lasciò Mondonio, cessarono i
dolori di mia madre. Il dottore, sopraggiunto con il
babbo, non trovò nulla da fare.
Intanto, mentre i vicini si davano mille premure
attorno a lei, le trovarono al collo un nastro verde,
cui era attaccato un pezzo di seta piegato e cucito
come un abitino. Allora tutti compresero che mio
fratello, nell’abbracciarla, le aveva messo al collo
quel nastro. Mia madre, finché visse, tenne sempre
34
GENNAIO 2021

4.5 Page 35

▲back to top
in dosso quella cara reliquia, che era stata la sua
salvezza.
Nacque un bel bambino e Domenico gli fece da
padrino.
Alcuni giorni dopo rivide don Bosco, lo ringraziò
e aggiunse: «Mia madre è bell’e guarita: l’ha fatta
guarire la Madonna, che le ho messo al collo».
Qualche anno dopo, prima di morire, tornando
ad abbracciare la mamma, Minot le disse: «Quel-
la Madonna, che ti ho messo al collo quando eri
malata, ti prego di prestarla a tutte le donne che
saranno malate, come lo eri tu».
Di quel caro nastro mi sono giovata anch’io – pro-
segue Teresa nel suo racconto. – Ero gravemente
malata. La sorella, che era venuta appositamente da
Torino per aiutarmi, mio marito, le compagne, i vi-
cini, tutti erano in grande ansietà per la mia vita.
Mia sorella scrisse subito al fratello Giovanni, per-
ché cercasse quella preziosa reliquia: egli si mise in
giro: andò di paese in paese, finché riuscì a rintrac-
ciare quel sacro ricordo. Quando questo mi fu messo
al collo, io ero del tutto stremata di forze, e nessuno
aveva più speranza nella mia guarigione; ma bastò
la presenza di quel nastro od abitino, perché io ricu-
perassi sull’istante la salute e la vita. Quest’oggetto
miracoloso ha avuto tante richieste, è entrato in tante
case, è stato posto sul petto di tante madri, che erano
in pericolo di vita: e non mi è stato più restituito.
Questo per me è un gran dispiacere».
Si può richiedere a
abitinodomenicosavio@ausiliatrice.net
DUE GIORNI
CON DOMENICO SAVIO
27-28 FEBBRAIO 2021
Destinatari: Famiglie “legate” all’abitino. Figli / genitori che hanno
vissuto “un’esperienza” con Domenico Savio. Tutti quelli che vogliono
partecipare all’esperienza.
Obiettivi: Far conoscere la figura di Domenico Savio. Offrire una
esperienza di famiglia nei luoghi di Domenico Savio. Rilanciare l’abi-
tino di Domenico Savio.
Programma
27 febbraio
Possibilità di partire da Valdocco
Mondonio: La giornata inizia dalla casa di Domenico Savio.
Passeggiata fino a Castelnuovo Don Bosco (3,3 km)
– Eucaristia nella chiesa di Sant’Andrea dove Domenico ricevette
la Prima Comunione.
Colle Don Bosco – pranzo (al sacco)
– Pomeriggio con giochi e attività dove Domenico Savio incontrò
don Bosco.
– Ritorno a Valdocco o a casa. Cena libera o self service.
Veglia – Testimonianze
28 febbraio
Colazione.
Preghiera iniziale.
Adulti: Conferenza.
Bambini: giochi all’Oratorio.
Eucaristia.
Pranzo (al sacco o self service).
Rientro a casa.
Informazioni
Tutto il pacchetto con alloggio (prenotazione obbligatoria 15 giorni).
Tutto il pacchetto senza alloggio (con colazione).
Solo sabato. Solo domenica.
https://basilicamariaausiliatrice.it/contatti/
Indicare se si sceglie la proposta con alloggio presso Valdocco
(prenotazione obbligatoria entro il 14 febbraio) o la partecipazione
senza alloggio. Specificare se sceglie di partecipare solo al sabato o
solo alla domenica.
GENNAIO 2021
35

4.6 Page 36

▲back to top
LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
Anche gli adulti Sognare in grande
per poter agire nella
sognano...
quotidianità, ma
soprattutto imparare a
condividere i propri sogni,
C hi ha detto che la dimensione dell’utopia è
monopolio esclusivo dell’adolescenza, de-
stinata ad essere accantonata man mano
che procediamo nel cammino dell’adulti-
? Che solo i bambini hanno diritto di sognare ad
occhi aperti, poiché agli adulti è richiesto piuttosto
poiché «se si sogna
da soli, è solo un sogno;
se si sogna insieme,
è la realtà che comincia».
di essere realisti, pragmatici, con i piedi ben pian- e il disfattismo di chi è convinto che non valga la
tati per terra?
pena investire tempo ed energie in quest’impresa,
Certo, per un adulto non è facile mediare tra due tanto «non cambia mai niente». Dall’altro, la con-
esigenze contrapposte. Da un lato, il desiderio – mai sapevolezza che, affinché un progetto si traduca in
del tutto sopito e, anzi, per molti aspetti più maturo realtà, bisogna inevitabilmente fare i conti con la
e consapevole con l’avanzare dell’età – di cambiare sua fattibilità e con le sue concrete prospettive di
le cose, di contribuire fattivamente a costruire una realizzazione, altrimenti anche le aspirazioni più
società più equa e solidale, vincendo le resistenze nobili e ambiziose rischiano di rimanere confinate
in una dimensione onirica, nello spazio di frontie-
ra tra il regno del possibile e i domini deludenti
Dicevano che non era possibile
dell’illusione, finendo lentamente con lo spegnersi,
e che lo sforzo sarebbe stato inutile
come una fiamma privata dell’ossigeno che le per-
e, invece, eccoci qui!
metta di continuare ad ardere e a crepitare.
Dicevano non è un terreno fertile,
non c'è nessuno ormai che ha voglia di resistere
e, invece, e invece guardaci...
Pensavano che fossimo un'ipotesi,
un breve guizzo e poi di nuovo pavidi,
e forse, e forse un po' è così.
Ma è questo che ci ha reso imprevedibili,
I sogni dei giovani adulti devono, infatti, nutrir-
si di coraggio e di determinazione, della profonda
convinzione nella possibilità di trasfigurare il rea-
le, scommettendo su tutte quelle risorse inespresse
che, se adeguatamente riconosciute e valorizzate,
possono diventare importanti motori di cambia-
mento. Ma anche di una più acuta capacità di di-
scernimento che consenta di distinguere i desideri
sentirci solidi restando liquidi...
passeggeri dai progetti per cui vale davvero la pena
Perché si può vedere
rimboccarsi le maniche e tentare l’impossibile.
persino in questa nebbia
Sognare, per un adulto del terzo millennio, non
che a rimanere insieme
vuol dire dunque accarezzare l’ingannevole speran-
magari poi, stavolta, qualcosa cambia,
qualcosa cambia...
za che tutte le proprie aspirazioni possano trovare
immediata realizzazione in una sorta di “isola che
non c’è”. Significa piuttosto imparare a guardare
36
GENNAIO 2021

4.7 Page 37

▲back to top
oltre l’apparenza scoraggiante di una realtà spesso
prosaica e irta di ostacoli, non aver paura di colti-
vare la speranza individuando connessioni inedite
tra il presente e il futuro, assaporare il senso del
nuovo provando a prefigurarlo, a giocare d’antici-
po nella quotidiana costruzione del cambiamento.
Significa, in altre parole, immaginare un giardino
fiorito laddove altri vedono solo un terreno arido
e infecondo e fare tesoro anche delle difficoltà per
correggere la rotta delle proprie aspirazioni ed osa-
re innovazioni che agli altri sembrano impossibili,
ma che si intravedono come lo sbocco necessario
per dare realizzazione piena ai propri bisogni e ai
propri valori.
Sognare in grande per poter agire nella quotidiani-
tà: è questo, quindi, il senso che deve assumere l’u-
Ricordati dei giorni più difficili,
fanne tesoro e poi fanne coriandoli
e ridi, lanciandoli.
Ritorneranno, come è logico, gli ostacoli,
saranno altissimi, inamovibili
e, invece, questo è il bello,
gli andremo incontro
e cresceremo scavalcandoli,
superandoli...
Perché si può vedere
persino in questa gabbia
che a rimanere insieme
magari poi, stavolta, qualcosa cambia...
Una musica nuova, una strada pulita,
l'Europa sognata, la Siria guarita.
Un popolo onesto, le navi nei porti,
la scuola diffusa, i processi più corti.
Una generazione che corregga la rotta,
la fiducia che torna, la speranza risorta,
la lingua dei segni spiegata ai bambini...
Qualcosa cambia
e, se non cambia ancora,
cambierà!
Impara a non guardare solo l'emergenza,
vedrai che in lontananza
il cielo è rosa.
Qualcosa cambia...
(Daniele Silvestri, Qualcosa cambia, 2019)
topia per i giovani adulti, se si vuol evitare il rischio
di operare solo in risposta all’emergenza del mo-
mento, nello sforzo di contrapporre alla rassegna-
zione e al cinismo rinunciatario di tanti l’impegno
instancabile e fiducioso della responsabilità indivi-
duale. Ma soprattutto imparare a condividere i pro-
pri sogni, a metterli generosamente a disposizione
degli altri, in modo che diventino un patrimonio
comune. Poiché, come recita un antico proverbio
africano, «se si sogna da soli, è solo un sogno; se si
sogna insieme, è la realtà che comincia».
GENNAIO 2021
37

4.8 Page 38

▲back to top
LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
L’inclusione sociale
secondo don Bosco
La lungimirante proposta
di don Bosco per i “minori
non accompagnati” di Roma.
Èpiuttosto nota la storia della chiesa del Sacro
Cuore di Roma, oggi basilica, assai frequen-
tata da persone che frettolose transitano per
l’attigua stazione Termini. Una storia irta di
problemi e difficoltà di ogni genere per don Bosco
Il cortile della
basilica del
Sacro Cuore
di Roma nel
dopoguerra.
mentre la chiesa era in costruzione (1880-1887),
ma anche motivo di gioia e soddisfazioni una volta
portata a termine (1887). Meno nota invece la sto-
ria dell’origine della “casa di carità e di beneficien-
za capace di accogliere
almeno 500 giovanet-
ti” che don Bosco volle
edificare a fianco della
chiesa. Un’opera, una ri-
flessione estremamente
attuale… di 140 anni fa!
Ce la presenta don Bo-
sco stesso nel numero di
gennaio 1884 del Bol-
lettino Salesiano: “A cen-
tinaia e a migliaia sono
oggidì i poveri fanciulli,
che vagano per le vie e per
le piazze di Roma, in pe-
ricolo della fede e del buon costume. Come già vi faceva
notare in altre occasioni, molti giovanetti o da soli o
colle loro famiglie si recano in detta città non soltanto
dalle varie parti dell’Italia, ma eziandio da altre na-
zioni, colla speranza di trovare lavoro e danaro; ma
delusi nella loro aspettazione cadono ben presto nella
miseria e nel rischio di mal fare, e per conseguenza di
essere condotti a popolare le prigioni”.
Fare l’analisi della condizione giovanile nella “città
eterna” non era difficile: la preoccupante situazio-
ne di “ragazzi di strada”, italiani o no, era sotto gli
occhi di tutti, delle autorità civili e di quelle ec-
clesiastiche, dei cittadini romani e della moltitudi-
ne di “buzzurri” e di stranieri arrivati in città una
volta dichiarata capitale del Regno d’Italia (1871).
La difficoltà nasceva dalla soluzione da prospettare
per risolverla e dalla capacità di realizzarla una vol-
ta individuata.
Don Bosco, per altro non sempre ben visto in città
per la sua origine piemontese, propone ai Coope-
ratori la sua soluzione: “Or bene l’Ospizio del Sacro
Cuore di Gesù avrebbe per iscopo di ricoverare giova-
netti poveri e abbandonati, provenienti da qualsiasi
città d’Italia o di altro paese del mondo, educarli nel-
la scienza e nella religione, istruirli in qualche arte o
mestiere, e così allontanarli dal vestibolo delle prigioni,
ridonarli alle loro famiglie e alla civile società buoni cri-
stiani, onesti cittadini, capaci di guadagnarsi onorato
sostentamento colle proprie fatiche”.
In anticipo sui tempi
Accoglienza, educazione, formazione al lavoro,
integrazione e inclusione sociale: ma non è questo
oggi l’obiettivo prioritario di tutte le politiche gio-
vanili a favore degli immigrati? Don Bosco dalla
sua parte aveva esperienze al riguardo: da 30 anni
a Valdocco si accoglievano ragazzi di varie parti di
Italia, da alcuni anni nelle case salesiane di Francia
vi erano figli di immigrati italiani e non solo, dal
1875 a Buenos Aires i salesiani avevano la cura spi-
38
GENNAIO 2021

4.9 Page 39

▲back to top
rituale degli italiani immigrati, provenienti da varie
regioni d’Italia (decenni dopo si sarebbero anche
interessati di Jorge Mario Bergoglio, futuro papa
Francesco, figlio di immigrati piemontesi).
La dimensione religiosa
Naturalmente a don Bosco interessava soprattutto
la salvezza dell’anima dei giovani, che richiedeva
la professione di fede cattolica: “Extra ecclesia nul-
la salus”, come si diceva. Ed in effetti scrive: “Altri
poi e della città e forestieri per la miseria sono esposti
quotidianamente al pericolo di cadere nelle mani de’
protestanti, che hanno, per così dire, invasa la città di
S. Pietro, e tendono specialmente i loro agguati ai gio-
vanetti poveri e bisognosi, e sotto il colore di porgere
loro l’alimento e le vesti del corpo, propinano invece alle
anime loro il veleno dell’errore e dell’incredulità”.
Si spiega allora come nel suo progetto educativo
di Roma, vorremmo dire, nel suo “global compact
on education”, don Bosco non trascuri la fede. Un
percorso di vera integrazione in una “nuova” socie-
tà civile non può escludere la dimensione religiosa
della popolazione. Gli torna utile l’appoggio papale:
uno stimolo in più “per le persone che amano la reli-
gione e la società”: “Quest’Ospizio sta molto a cuore al
Santo Padre Leone XIII, il quale, mentre con apostolico
zelo si adopra per dilatare la fede ed il buon costume in
ogni parte del mondo, lascia nulla d’intentato in favore
dei fanciulli più esposti ai pericoli. Quest’Ospizio deve
quindi stare a cuore a tutte le persone, che amano la re-
ligione e la società; deve stare a cuore soprattutto ai no-
stri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici, a cui in modo
speciale il Vicario di Gesù Cristo affidò il nobile incarico
e dell’Ospizio medesimo e della Chiesa annessa”.
Infine nell’appello alla generosità dei benefattori
per la costruzione dell’ospizio don Bosco non po-
teva far mancare un riferimento esplicito al Sacro
Cuore di Gesù, cui era dedicata l’attigua chiesa:
Possiamo eziandio ritenere per certo che tale Ospizio
sarà ben gradito al Cuor di Gesù… Nella vicina Chie-
sa il divin Cuore sarà il rifugio degli adulti, e nell’O-
spizio attiguo si mostrerà l’amico amorevole, il tenero
padre dei fanciulli. Egli avrà in Roma ogni giorno
un drappello di 500 fanciulli a fargli divota corona, a
pregarlo, a cantargli osanna, a domandargli la santa
benedizione”.
Tempi nuovi, nuove periferie
L’ospizio salesiano, sorto come scuola di arte e me-
stieri e oratorio alla periferia della città – che all’e-
poca iniziava in piazza della Repubblica – succes-
sivamente risultò assorbito dall’espansione edilizia
della stessa città. La primitiva scuola per ragazzi
poveri ed orfani fu trasportata nel 1930 in una nuo-
va periferia e venne sostituita in tappe successive
da vari tipi di scuole (elementari, medie, ginnasio,
liceo). Diede anche ospitalità per un certo tempo
agli studenti salesiani che frequentavano l’università
gregoriana e ad alcune facoltà dell’Ateneo Salesiano.
Sempre rimase parrocchia e oratorio nonché sede
centrale dell’ispettoria romana. A lungo ha ospitato
alcuni uffici nazionali e da tre anni è sede centrale
della Congregazione salesiana: strutture queste che
hanno animato e animano le case salesiane per lo
più nate e cresciute alle periferie di centinaia di cit-
tà, o nelle “periferie geografiche ed esistenziali” del
mondo per dirla con papa Francesco. Così come il
S. Cuore di Roma, che conserva tuttora un piccolo
segno del grande “sogno” di don Bosco: offre una
primissima assistenza ad immigrati extracomunita-
ri e con il “Banco dei talenti” del Centro giovanile
provvede alimenti, vestiario e beni di prima neces-
sità ai senza tetto della stazione Termini.
Come il
cuore di don
Bosco, la case
salesiane
“accolgono
tutti” per
vocazione.
GENNAIO 2021
39

4.10 Page 40

▲back to top
I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni postulatore generale
Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di gennaio preghiamo per la Beatificazione
del Servo di Dio Carlo Braga, (Tirano, Sondrio, 23 maggio
1889 - Makati, Filippine, 3 gennaio 1971) salesiano missiona-
rio, di cui quest’anno ricorre il 50° della morte
Carlo, rimasto orfano di madre,
venne accolto prima dalle Figlie
di Maria Ausiliatrice di Tirano e
poi dai Salesiani di Sondrio. La
provvidenza gli offrì la straordi-
naria opportunità di incontrare
il successore di san Giovanni
Bosco, il beato Michele Rua, che
aprì al ragazzo la strada, che un
giorno gli avrebbe dato la pos-
sibilità di diventare salesiano.
Nell’incontro personale che ebbe
con don Rua questi gli disse: “Noi
saremo sempre amici”. Nel 1906
divenne salesiano e nel 1914
venne ordinato sacerdote. Con
lo scoppio della Prima Guerra
Mondiale fu reclutato nell’eserci-
to. Alla fine della guerra fece do-
manda di essere inviato in mis-
sione nell’Estremo Oriente. Nel
1919 arrivò a Shiuchow, nel sud
della Cina; qui conobbe monsi-
gnor Luigi Versiglia, oggi santo.
Nel 1930 divenne Ispettore della
Cina. Diede un notevole impulso
allo sviluppo dell’opera missio-
naria salesiana. Venne aperto
l’orfanotrofio a Macau e cinque
grandi centri a Hong Kong. Fon-
dò a Pechino la prima scuola
salesiana: si realizzava il sogno
di don Bosco. L’opera salesiana,
in netta espansione, vide i suoi
sogni interrotti dal comunismo:
ogni attività di educazione, di ca-
rità e di evangelizzazione venne
chiusa. Il crollo di tanto lavoro
non lo demoralizzò. Venne invia-
to nelle Filippine dove avviò la
presenza salesiana, diventando
nel 1958 Visitatore. Il suo zelo e il
suo entusiasmo contagiarono gli
altri missionari. Nelle Filippine
la presenza salesiana si diffuse
con straordinaria profondità.
Profondo ottimismo, bontà e
allegria furono i tratti salienti di
don Braga. Dovunque andasse
promosse un meraviglioso spiri-
to di famiglia.
Ringraziano
Per un forte dolore al braccio
che mi impediva il movimen-
to ho invocato la venerabile
Mamma Margherita, mamma
di don Bosco. Dopo un giorno
ho notato un sensibile miglio-
ramento e successivamente uno
stato di normalizzazione. Ciò
per me rimane un fatto signifi-
cativo; per questo desidero rin-
graziare «Mamma Margherita».
M. G. – Como
Voglio ringraziare il servo di Dio
monsignor Giuseppe Cogna-
ta, vescovo salesiano, per grazia
ricevuta. Domenica 14 giugno
scorso, ritornando in comunità,
dopo aver celebrato la Messa in
due paesi vicini, in seguito a un
colpo di sonno improvviso sono
uscito di strada con l’auto. La
macchina, sfasciata e irrecupe-
rabile, si è fermata nel fosso, for-
tunatamente asciutto. Con fatica
sono riuscito a uscire dall’abita-
Preghiera
Padre onnipotente e misericordioso,
Tu hai chiamato don Carlo Braga a seguire Cristo
sulla via tracciata da san Giovanni Bosco,
perché ne seguisse gli esempi, ne ereditasse lo spirito
e ne moltiplicasse l’opera nella Cina e nelle Filippine,
a favore dei ragazzi e dei giovani più poveri.
Fa’ che, accolto da Te nella gioia eterna come tuo servo fedele,
sia per noi un generoso intercessore.
Concedi a noi il dono della sua glorificazione,
perché possa diventare un esempio gioioso di santità
per la Famiglia Salesiana e per tutti coloro
che dedicano la loro vita alla gioventù bisognosa.
Te lo chiediamo per intercessione di Maria Ausiliatrice dei Cristiani,
che egli ha amato e onorato con cuore di figlio,
e per la mediazione di Gesù Cristo nostro Signore.
Amen!
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
L’11 ottobre 2020 nel Duomo di Chiari (Brescia) si è svolta
la sessione di apertura dell’Inchiesta diocesana sulla vita
e sulle virtù eroiche nonché sulla fama di santità e di segni
del servo di Dio Silvio Galli (1927-2012), Sacerdote Profes-
so della Società di San Francesco di Sales.
Il 23 ottobre 2020 il Congresso Ordinario della Congrega-
zione delle Cause dei Santi ha dato la validità all’Inchiesta
diocesana della Causa di Beatificazione e Canonizzazione
del servo di Dio Andrej Majcen (1904-1999), Sacerdote
Professo della Società di San Francesco di Sales, missiona-
rio in Cina e in Vietnam.
colo autonomamente e subito
aiutato da alcuni giovani passan-
ti, che hanno chiamato il 112.
Portato in ambulanza al pronto
soccorso dell’ospedale di Porde-
none sono stato trattenuto solo
per precauzione. Nonostante il
brutto incidente ne sono uscito
illeso senza “un graffio”. Attribui-
sco la grazia all’intercessione del
Servo di Dio monsignor Giusep-
pe Cognata, che ho conosciuto
vivente e sempre ritenuto, e non
solo da me, come santo. Spesso
l’ho invocato e dopo la sua noti-
ficazione a Servo di Dio lo prego
ogni giorno, ancora di più dopo
la brutta avventura capitatami,
domenica 14 giugno.
Don Paolo Zuccato sdb – Pordenone
Ringrazio monsignor Oreste
Marengo per le importantissi-
me grazie ricevute per sua in-
tercessione: l’inattesa ma tanto
sperata conversione di una per-
sona cara e la soluzione di un
mio problema di salute. Lo prego
quotidianamente affinché non ci
abbandoni nei momenti difficili
che stiamo attraversando.
Paola – Milano
40
GENNAIO 2021

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
P. Mike Mendl
Padre Romeo Trottier
Morto a Sherbrooke, Quebec,
il 13 settembre 2020, a 83 anni
Padre Romeo Trottier è stato sa-
lesiano per 65 anni e sacerdote
per 54. Vero patriarca dei sale-
siani in Canada, padre Romeo
è stato uno dei grandi uomini
della delegazione e vice ispet-
toria canadese, dove ha trascor-
so tutta la sua vita salesiana,
tranne gli studi nel New Jersey,
a New York e in Italia.
«Era un esperto di spiritualità
salesiana, la persona chia-
ve nella creazione della vice
ispettoria canadese nel 1988,
e un modello di presenza ami-
chevole tra i giovani anche nei
suoi 80 anni», scrive p. Richard
Authier, suo ex ispettore.
Soffriva di leucemia da circa due
anni, ma non ha interrotto nean-
che per un attimo la sua attività.
Padre Romeo è stato delegato
ispettoriale per il Canada nel
1976 e ha servito per 12 anni,
fino all’erezione della delegazio-
ne. Per molti anni, ha curato la
redazione delle notizie salesia-
ne canadesi in un paio di formati
e, dopo la prematura scomparsa
di padre Paul Cossette nel 2013,
ha assunto anche la direzione di
Carrefour Salésien, il Bollettino
Salesiano Canadese.
Padre Romeo proveniva da una
piccola città chiamata Proulxvil-
le, vicino a Three Rivers, Quebec,
dove era nato come don Bosco
nella festa dell’Assunta del 1937.
Il paese era piccolo, ma i Trottier
erano una grande famiglia: pa-
dre Romeo aveva sei fratelli e
sei sorelle, e atterrò quasi esat-
tamente nel mezzo del corteo
familiare, come sestogenito.
Come molti dei nostri con-
fratelli canadesi, deve la sua
vocazione (dopo Dio e la fami-
glia) agli sforzi di reclutamento
del leggendario padre Pierre
Decarie. Nella primavera del
1950, padre Decarie arrivò nel-
la scuola di Romeo per parlare
ai ragazzi di don Bosco e dei
Salesiani, e menzionò anche il
seminario di Newton.
Romeo aveva già sostenuto
l’esame di ammissione al se-
minario minore diocesano di
Three Rivers, ma si mostrò aper-
to ai salesiani. I coniugi Trottier
permisero a Romeo di andare a
Newton. C’erano già molti ca-
nadesi che studiavano là.
Romeo non era mai stato così
lontano da casa. Ma nel luglio
1950 partì in autunno per il se-
minario di don Bosco. Gli piac-
que subito la sua esperienza del
primo anno, anche se doveva
imparare l’inglese. Gli aspiranti
canadesi frequentavano corsi
separati fino a quando non era-
no abbastanza bravi in inglese
da potersi integrare gradual-
mente nelle lezioni regolari.
Desideroso di “essere un buon
salesiano e lavoratore nella vi-
gna del Signore”, Romeo entrò
nel Noviziato di San Giuseppe
a Newton il 7 settembre 1954.
Dopo la laurea al Collegio Don
Bosco nel 1958, magna cum
laude, fece la professione per-
petua nel 1961.
Quando fu il momento di stu-
diare teologia, Romeo ebbe
il lusso di una bella crociera
attraverso l’Atlantico, all’epoca
meno costosa del volo. Mentre
alcuni teologi canadesi si reca-
vano a Lione o a Castellamare,
Romeo fu l’unico ad andare a
Roma per un anno di prepara-
zione agli studi.
Nel 1962 si trasferì a Torino e
si iscrisse al teologato PAS del-
la Crocetta. Purtroppo, arrivò
troppo tardi per avere come
insegnante il venerabile Giu-
seppe Quadrio, ma ricordava
le preghiere dei seminaristi al
capezzale del santo sacerdote
la notte prima della sua morte,
il 23 ottobre 1963.
Padre Romeo si spostò a Roma
nella nuova Università Ponti-
ficia Salesiana nel 1965. Que-
sto gli diede l’opportunità di
assistere all’ultima sessione
del Vaticano II e di partecipare
alla Messa di chiusura, il 7 di-
cembre 1965. Ricordava vivida-
mente la chiusura del Concilio
con i suoi numerosi discorsi
dell’8 dicembre. A Roma, fu or-
dinato il 5 marzo 1966.
Essere presente ai giorni di
chiusura del Vaticano II fu per
lui un’esperienza speciale, e più
speciale fu un’udienza con papa
Paolo VI con i neo sacerdoti. Il
santo Papa disse: “Ovunque
andiate, siate sacerdoti del Con-
cilio”. Padre Romeo lo vivrà sem-
pre come impegno della vita.
Romeo si laureò e insegnò nel-
le scuole superiori a Sherbroo-
ke. Nel 1975 fu nominato di-
rettore della comunità e della
scuola, fino al 1981. Fu poi su-
periore con vari incarichi della
delegazione canadese.
Nel 1984 è stato uno dei dele-
gati dell’Ispettoria al CG22.
Dal 1988 al 2018 divenne dele-
gato ispettoriale salesiano per i
Cooperatori canadesi.
La sua influenza sui Cooperato-
ri è stata enorme. Secondo Rosa
D’Addario, loro ex coordinatri-
ce: «In tutto ciò che è salesiano
era sicuramente l’autorità, il più
informato. Nei confronti degli
altri, era incoraggiante, affet-
tuoso, attento, un ascoltatore
premuroso, con un delizioso
senso dell’umorismo, caloroso,
entusiasta, amichevole, dispo-
nibile, saggio, compassionevo-
le; ti faceva sempre sentire il
benvenuto e completamente a
tuo agio. Ha sempre partecipa-
to agli incontri regionali. Padre
Romeo era una grande perso-
na, e mi mancherà molto».
Ai sentimenti della signora
D’Addario fa eco suor Denise
Sickinger, delegata delle FMA
per i Cooperatori dell’Est degli
Stati Uniti: «P. Romeo è sempre
stato un salesiano impegnato
e zelante, un uomo gentile se-
condo lo stile di Francesco di
Sales. Ha dato tutto se stesso
alla Famiglia Salesiana, special-
mente ai Cooperatori».
GENNAIO 2021
41

5.2 Page 42

▲back to top
IL CRUCIVERBA
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
DEFINIZIONI
ORIZZONTALI. 1. Il Santo che com-
batté contro il drago - 9. Un insieme
di alberi - 14. Opposto a sempre - 15.
Proprio così, appunto - 16. Prodi, eroici
- 18. XXX - 20. Diede i natali a Ettore
Fieramosca - 21. Sono a coppie nei
cassetti - 22. Spaziosi e ventilati - 23.
XXX - 24. Gabbia per pollame - 26.
Perfida - 27. In India è una tipica veste
da donna - 28. XXX - 29. Traccia solchi
nei campi - 30. Mantelli senza anelli! -
31. Sono dispari in mente - 32. Agre,
? acidule - 35. La Williams che interpretò
film con coreografie acquatiche (iniz.) -
36. Li formano i manifestanti sfilando
nelle strade - 39. Codice di avviamento
?
La soluzione nel prossimo numero.
postale (sigla) - 40. Gocciola nel franto-
io - 42. Quello de France lo affrontano
TANTE MANI DAL CIELO PER LA SCUOLA
i ciclisti - 43. Il Mix del cinema muto
(iniz.) - 44. Strumento musicale con il
In virtù della sua instancabile opera educativa, san Giovanni Bosco
è il XXX e di tutte le categorie che hanno a che fare con il mondo
mantice e tastiera a tasti o bottoni - 45.
Formano i numeri.
dell’insegnamento, degli studenti, degli scolari e più in generale
dei giovani, ma anche degli educatori, chiamati a svolgere un ruo-
lo fondamentale nel formare i cittadini e i cattolici di domani. Ma
insieme al nostro Santo altri ve ne sono con meriti simili e ai quali
ugualmente vi ci si può affidare. Come il beato Calasanzio, celeste patrono delle scuole popolari
cristiane, e il francescano san Giuseppe da Copertino, protettore dei candidati agli esami, vissuto
nel xvii secolo. Nella devozione cattolica quest’ultimo viene chiamato il santo dei voli, grazie
alla levitazione che secondo le cronache del tempo avrebbe compiuto in stato di estasi e che gli
procurò un processo dinanzi al Sant’Uffizio per abuso di credulità popolare, dal quale però venne
assolto. Viene anche indicato come il santo degli studenti, perché venne consacrato sacerdote
dopo il difficile superamento degli esami, superamento considerato prodigioso per le difficoltà
VERTICALI. 2. Liquori digestivi - 3. Lo
è la terra d’origine - 4. Percorso in ton-
do - 5. Ciascuno, tutti - 6. Ruscello - 7.
Mezza gara! - 8. Hanno la forma simile
ad un uovo - 9. Tendente al blu - 10.
Le ha pari la botola - 11. Senior (abbr.)
- 12. Sporgenze rocciose sul fianco dei
monti - 13. Avverso, per niente ami-
chevole - 17. Al centro dell’aquaplano
- 18. In India appartengono alla casta
da lui incontrate nonostante l’impegno profuso nello studio; per tale motivo viene invocato dagli più bassa - 19. Il verbo del temerario
studenti durante gli esami. Inoltre, san Filippo Neri e sant’Ignazio di Loyola, entrambi educatori e - 20. Grossa candela - 23. Formulò la
protettori dei giovani in generale. E santa Rosa Venerini, fondatrice del movimento delle maestre teoria sull’evoluzione delle specie - 24.
Pie Venerini, che merita per il suo carisma di essere in- Vissero in Mesopotamia - 25. Il figlio
Soluzione del numero precedente dicata come patrona della scuola italiana. L’ha sostenuto di Piero Angela (iniz.) - 27. Il gambo
l’ex ministro dell’istruzione Beppe Fioroni durante una del fiore - 29. Grosso strumento mu-
visita a Fano, ricordando la santa viterbese benemerita
nel campo dell’educazione. Infine, nel 1880, papa Leone
XIII con la sua lettera apostolica “Cum hoc sit” proclama-
va san Tommaso d’Aquino patrono delle Università, delle
Accademie, dei Licei e delle scuole cattoliche.
sicale a corde - 30. Fanghiglia - 33.
Uno sport invernale - 34. In mezzo
all’impasto - 37. Gustosi biscotti salati
simili ai cracker - 38. Situate in profon-
dità - 40. Il centro di Roma - 41. Io allo
specchio! - 43. Così inizia la Traviata!
42
GENNAIO 2021

5.3 Page 43

▲back to top
LA BUONANOTTE
B.F. Disegno di Fabrizio Zubani
Un ragazzino “speciale”
«V uoi fare l’animatore
al campo estivo?»
chiese il parroco
lui era stato incaricato di parlare.
Sapeva che i ragazzi lo avevano
scelto solo per divertirsi un
ad un giovane universitario
po’ alle sue spalle, e mentre
impegnato nell’oratorio.
Billy raggiungeva a fatica
Il giovane acconsentì e
la prima fila si sentiva il
il parroco gli spiegò:
gruppo dei compagni
«Sono i ragazzi della
ridacchiare. Impiegò
scuola media. Sono
quasi cinque minuti
vivaci e chiassosi,
per dire sette parole.
ma non troppo
«Gesù... mi... ama...
difficili. Vedrai:
e... io... amo... Gesù.”
è un’esperienza
?
che ti farà bene».
La prima cosa che
Quando ebbe
concluso, c’era un
silenzio di tomba.
il giovane animatore
L’animatore guardò di
imparò è che per un
sottecchi dietro di sé e
ragazzino delle scuole
vide tutti quei ragazzi
medie, il concetto di di-
piangere.
vertimento è prendere in giro
Dopo la breve testimo-
gli altri. La fantasia e l’astuzia
nianza di Billy, l’atmosfera
con cui riuscivano a scovare i punti
del campo si trasformò. Fu
deboli di qualcuno e poi colpirlo con
come una rinascita.
raffinata crudeltà era quasi incredi- imitavano i movimenti impacciati. Oggi, quell’animatore, non più
bile.
Una volta, chiese un’indicazione:
giovane, confessa: «Quando qualcu-
In quel campo estivo, c’era un
«Da... che... parte... è... lo... spaccio?» no di quei ragazzi mi incontra dopo
ragazzo che era stato colpito da una balbettò, con uno sforzo commoven- tanti anni mi dice: “Mi riconosce?
semiparalisi, da cui stava lentamente te. Ma gli altri ragazzi gli risposero Mi sono avvicinato alla fede in quel
emergendo a fatica. Aveva difficoltà facendogli il verso: “È... la-là…ggiù... campo estivo”. Noi educatori aveva-
a coordinare braccia e gambe e sten- Bi-Billy”. Poi scoppiarono a ridere. mo provato di tutto per far avvici-
tava a parlare. Ma si sforzava di fare L’animatore era fuori di sé dalla rab- nare quei giovani a Gesù. Avevamo
tutto quello che facevano gli altri. bia e reagiva a urlacci. Ma servivano fatto venire persino dei giocatori e
Si chiamava Billy e i compagni si
a poco.
dei cantanti. Ma Dio aveva scelto di
divertivano a prenderlo in giro.
Il suo disappunto raggiunse il culmi- non servirsi delle celebrità: per fare
Lo deridevano di continuo. Quan- ne un giovedì mattina, quando fu il breccia negli animi pieni di arrogan-
do camminava per il campeggio,
turno della tenda di Billy di guidare za, aveva scelto un ragazzino con una
avanzando in modo scoordinato, si la preghiera. Si chiedeva che cosa
paralisi.
mettevano in fila dietro di lui e ne sarebbe successo, visto che proprio Il nostro è un Dio fatto così».
GENNAIO 2021
43

5.4 Page 44

▲back to top
TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.