Bollettino_Salesiano_202007

Bollettino_Salesiano_202007

1 Pages 1-10

▲back to top

1.1 Page 1

▲back to top
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
LUGLIO/AGOSTO 2020
Le case di
don Bosco
Cuneo
L’invitato
Don Giordano
Piccinotti
Salesiani
nel mondo
Benin
I nostri eroi
Monsignor
Giuseppe Cognata

1.2 Page 2

▲back to top
LE COSE DI DON BOSCO
B.F.
Il re e le sue guardie
C’ era una volta un re… che
voleva bene a don Bosco.
Lo so bene io, umile ma
elegante penna della scrivania regale.
Quella scrivania su cui arrivava tutto
quello che accadeva nel Regno.
Un giorno ci fu una riunione di
pezzi grossi: il sindaco di Torino, il
Marchese Cavour, il padre del famo-
so Camillo, voleva chiudere l’oratorio
di don Bosco.
Solo il conte Provana di Collegno,
buon amico di don Bosco, ne parlò al
re Carlo Alberto. Il re diceva spesso
che sperava che si aprissero altri
oratori in tutto il Regno e a Capo-
danno mandava un assegno di 300
lire con questa dedica: «Ai monelli di
Don Bosco». Il re decise che l’oratorio
doveva continuare.
Il sindaco, però brontolò a don Bo-
sco: «Manderò a sorvegliare le vostre
adunanze. Al primo atto compro-
mettente farò disperdere i vostri
monelli».
Così, finché rimase in carica, egli
mandò ogni domenica alcune
guardie civiche a passare la giornata
all’Oratorio, con incarico di assistere
e di spiare tutto quello che si faceva
in chiesa e fuori di chiesa. Quei rudi
poliziotti furono piacevolmente im-
pressionati dall’atmosfera seria e al-
legra dei giovani di Valdocco e dalle
parole di don Bosco. Il Santo stesso
raccontò: «Mi rincresce di non avere
un quadro o una foto di quei tempi,
perché ora si vedesse come stavano
in chiesa, come erano ordinati in
classe, e quanti e quali
fossero. Sarebbe stato un
bel quadro, m’immagino,
l’osservare più centinaia
di giovani seduti e attenti
ascoltare le mie parole,
e sei guardie civiche in
divisa, a due a due, ritte
e impalate in tre diversi
punti della chiesa, colle
braccia conserte, udire
anch’essi la medesima pre-
dica... Oh! Quelle guardie
mi servivano tanto bene
da assistenti ai giovani,
anche se erano venute per
assistere me! Sarebbe bello
vedere queste guardie quando col
rovescio della mano si asciugavano le
lacrime, o col fazzoletto si coprivano
la faccia perché gli altri non vedes-
sero la loro commozione, oppure
quando, inginocchiate fra i giovani,
circondando anch’esse il mio confes-
sionale, aspettavano il loro turno!
Le prediche talvolta io le faceva più
per loro che per i giovani!»
Un bello scacco matto al sindaco.
Ma don Bosco come sempre voleva
la pace con tutti. Si presentò osse-
quiente al sindaco dichiarandogli
una grande stima. Alle fine, rabbo-
nito, il sindaco gli chiese: «Ma lei
dove prende i danari per sostenere
tante spese?»
Con un sorriso sulle labbra e con
gli occhi levati al cielo: «Confido»
rispose don Bosco «unicamente nella
Divina Provvidenza! e se la Divi-
na Provvidenza ispirasse in questo
istante il signor sindaco a conceder-
mi qualche soccorso, io lo ringrazie-
rei di cuore!»
Il Marchese, commosso, sorrise a sua
volta e gli porse duecento lire.
LA STORIA
Nel 1846, il Vicario (sindaco) di Torino decise di far chiudere l’Oratorio di don
Bosco mediante una condanna formale della Ragioneria di Stato. Faceva parte
di questo organismo il conte Giuseppe Provana di Collegno, insigne benefatto-
re di don Bosco. (Memorie Biografiche II, 442-449)
2
Luglio / Agosto 2020

1.3 Page 3

▲back to top
Rivista fondata da
S. Giovanni Bosco
nel 1877
LUGLIO/AGOSTO 2020
Le case di
don Bosco
Cuneo
L’invitato
Don Giordano
Piccinotti
Salesiani
nel mondo
Benin
I nostri eroi
Monsignor
Giuseppe Cognata
LUGLIO / AGOSTO 2020
ANNO CXLIV
NUMERO 07
Mensile di informazione e cultura
religiosa edito dalla Congregazione
Salesiana di San Giovanni Bosco
La copertina: L’estate è il tempo
della maturità per tanti giovani
(Foto di Yuliia Hurzhos, Shutterstock).
2 LE COSE DI DON BOSCO
4 IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
6 SALESIANI NEL MONDO
Pietà per i bambini del Benin
10 TEMPO DELLO SPIRITO
Silvoterapia
12 SALESIANI
Risorgi Venezuela!
16 FMA
L’Elba del vicino
18 L’INVITATO
Don Giordano Piccinotti
22 POSTER
24 LE CASE DI DON BOSCO
I Sale di Cuneo
28 LA STORIA
30 I NOSTRI EROI
Monsignor Cognata
34 COME DON BOSCO
Il contatto visivo
36 LA LINEA D’OMBRA
38 LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
40 I NOSTRI SANTI
41 IL LORO RICORDO È BENEDIZIONE
42 RELAX
43 LA BUONANOTTE
6
12
18
Il BOLLETTINO SALESIANO
si stampa nel mondo in 66
edizioni, 31 lingue diverse
e raggiunge 132 Nazioni.
Direttore Responsabile:
Bruno Ferrero
Segreteria: Fabiana Di Bello
Redazione:
Il Bollettino Salesiano
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel./Fax 06.65612643
e-mail: biesse@sdb.org
web: http://biesseonline.sdb.org
Hanno collaborato a questo
numero: Agenzia Ans, Enrico
Bergadano, Pierluigi Cameroni,
Massimiliano Cavallo, Roberto
Desiderati, Emilia Di Massimo, Fano,
Ángel Fernández Artime, Claudia
Gualtieri, Carmen Laval, Cesare Lo
Monaco, Alessandra Mastrodonato,
Rafael Montenegro, Dora Montenegro,
Francesco Motto, Pino Pellegrino,
Giampietro Pettenon, O. Pori Mecoi,
Luigi Zonta, Fabrizio Zubani.
Diffusione e Amministrazione:
Tullio Orler (Roma)
Fondazione
DON BOSCO NEL MONDO ONLUS
Via Marsala, 42 - 00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
web: www.donbosconelmondo.org
CF 97210180580
Banca Intesa Sanpaolo
IBAN: IT84 Y030 6909 6061 0000 0122 971
BIC: BCITITMM
Ccp 36885028
Progetto grafico e impaginazione:
Puntografica s.r.l. - Torino
Stampa: Mediagraf s.p.a. - Padova
Registrazione: Tribunale di Torino
n. 403 del 16.2.1949
La certificazione
PEFC™ garantisce
che la materia
prima per la
produzione della
carta deriva da
foreste gestite
in maniera
sostenibile secondo standard rigorosi riconosciuti a
livello internazionale che tutelano le foreste, l’ambiente
e i lavoratori.
Associato alla Unione Stampa
Periodica Italiana

1.4 Page 4

▲back to top
IL MESSAGGIO DEL RETTOR MAGGIORE
Don Ángel Fernández Artime
“Sognate e fate sognare”
(Papa Francesco ai Salesiani)
Poveri giovani, se oltre a tutto
quello che subiscono oggi,
uccidiamo o calpestiamo anche
i loro sogni e il loro desiderio
di fare qualcosa di grande
e bello con la vita.
C arissimi amici di don Bosco di tutto il
mondo, e anche voi che forse avete aper-
to per caso questo Bollettino Salesiano,
strumento di comunicazione che don Bo-
sco stesso ha fondato e tanto amato, vi invio un
saluto che ha sapore di affettuosa vicinanza e di
spirito di famiglia. Faccio mio il messaggio che
papa Francesco ha rivolto a tutta la famiglia sale-
siana, rivolgendosi a noi, salesiani di don Bosco,
nel momento in cui stavamo celebrando il nostro
Capitolo Generale.
Il Santo Padre, il semplice uomo di Dio che è il
“leader” più credibile del mondo, l’uomo di Dio
che da solo, il 27 marzo, in un pomeriggio piovo-
so, cupo, in una piazza San Pietro completamente
vuota, ha pregato per l’umanità, forse mai così ter-
rorizzata, mai così fragile e ferita da un virus che
ha paralizzato la terra. Francesco, uomo di Dio, in
quella preghiera non è mai stato così solo e nel-
lo stesso tempo così accompagnato. Tre settimane
prima, ha voluto farsi presente al nostro Capitolo
Generale attraverso un messaggio che non ha nulla
di protocollare ma è tutto familiare, propositivo e
interpellante per i figli di don Bosco.
Dopo tante cose significative che ci dice, papa
Francesco conclude così: «Desidero offrirvi que-
ste parole come le “buone notti” di ogni buona
casa salesiana al termine della giornata, invi-
tandovi a sognare e a sognare in grande. Sap-
piate che il resto vi sarà dato in aggiunta. So-
gnate case aperte, feconde ed evangelizzatrici,
capaci di permettere al Signore di mostrare a
tanti giovani il suo amore incondizionato e di
permettere a voi di godere della bellezza a cui
siete stati chiamati. Sognate… E non solo
4
Luglio / Agosto 2020

1.5 Page 5

▲back to top
per voi e per il bene della Congregazione,
ma per tutti i giovani privi della forza, del-
la luce e del conforto dell’amicizia con Gesù
Cristo, privi di una comunità di fede che li
sostenga, di un orizzonte di senso e di vita.
Sognate… E fate sognare!»
Che bella sfida per tutte le persone
che fanno parte della famiglia di don
Bosco e per tante altre che provano
grande simpatia per questo santo che
ha vissuto per i giovani, per i suoi ragaz-
zi e le sue ragazze (nel caso delle ragazze,
attraverso le Figlie di Maria Ausiliatrice, che
anche don Bosco ha sognato e fondato con Maria
Domenica Mazzarello, come monumento vivente a
Maria Ausiliatrice).
Non sto né tacendo né ignorando il dolore dell’u-
manità in questa grave crisi che il mondo sta viven-
do; una crisi sanitaria dovuta alla grave pandemia
che nel momento in cui scrivo ha già causato quasi
377 000 morti. Non ignoro un’altra crisi più grave
che è la mancanza di salario e di cibo per decine di
milioni di persone nel mondo, con milioni di per-
sone che in due mesi hanno perso il lavoro, nuovi
poveri che in alcuni casi sono aiutati dagli orga-
nismi statali, ma nella maggior parte dei casi non
hanno alternative.
Non dimentico tanto dolore nelle famiglie, nei
bambini e nei giovani, soprattutto i più poveri,
che sono sempre i più danneggiati da tutto ciò che
colpisce le nostre società, anche se apparentemente
non ha nulla a che fare direttamente con loro.
Proprio perché non ignoro questa realtà, perché non
guardo dall’altra parte, credo che sia quasi un’emer-
genza trasformare in realtà le parole di papa Fran-
cesco, aiutare cioè i giovani a sognare, e a sognare
in grande, perché si può tenere i piedi ben saldi per
terra e sognare in grande. Come don Bosco.
Poveri giovani se, oltre a tutto quello che subiscono
oggi, uccidiamo, calpestiamo o amputiamo anche i
loro sogni, i loro desideri di fare qualcosa di grande
e bello con la vita. Cosa resta loro se non trovano
un forte senso per vivere, un senso che dia loro mo-
tivazione ed energia per iniziare ogni giorno?
Noi adulti ricordiamo i nostri sogni? Li ricordate?
Voglio pensare che lo facciamo e che in qualche
modo si stiano avverando.
Ebbene, continuiamo a pensare, in un secolo in cui
tanti dicono che le utopie sono cadute, che è pos-
sibile offrire orizzonti, ideali e sogni; continuiamo
a pensare e a sperare che dopo questa pandemia il
nostro mondo, le nostre società, non ripetano ciò
che abbiamo vissuto e fatto, quasi volessimo ritor-
nare al tempo perduto. Credo che ci siano realtà
che potremmo ripensare, come ad esempio prende-
re molto seriamente il fatto che la nostra casa co-
mune, il pianeta Terra, abbia bisogno di ritrovare il
respiro della Creazione.
Voglio sognare e desiderare che non rinunciamo
a fare passi verso realtà sempre più giuste. Voglio
sognare e desiderare che il razzismo, molto più pre-
sente di quanto pensiamo, possa scomparire.
Voglio sognare e sperare che avremo più fiducia e
crederemo di più nei giovani e nelle generazioni
che verranno.
Per questo faccio mie le parole di papa Francesco, vo-
glio sognare e far sognare tutti coloro che incontro.
Che il buon Dio vi benedica.
Luglio / Agosto 2020
5

1.6 Page 6

▲back to top
SALESIANI NEL MONDO
Giampietro Pettenon
Pietà per i bambini
del Benin
Alla Belle Étoile
L’emergenza sanitaria dovuta al
19 si innesta
La vita di un bambino può
su una preesistente crisi economica e sociale che fa
del Benin uno dei Paesi più poveri al mondo, nono-
costare 30 euro. Alle disperate
condizioni igienico-sanitarie
stante la buona considerazione internazionale per la
sua stabilità politica e le sue istituzioni democrati-
che ben consolidate: un terzo della sua popolazione
si aggiunge il fenomeno
dei bambini, ma soprattutto
delle bambine, vittime di tratta.
I salesiani hanno raccolto la sfida.
vive al di sotto della soglia di povertà. In Benin solo
1 abitante su 5 ha accesso a servizi igienico-sanitari
adeguati, mentre esiste un rischio molto elevato di
gravi malattie infettive, come la malaria, la dengue,
l’epatite, il tifo e la meningite.
In questo contesto i più vulnerabili sono i bambini.
In Benin il 32% dei bambini sotto i 5 anni soffre di
Il Benin è un piccolo paese tra il Togo e la Ni-
geria. Anche qui è arrivata la pandemia causata
dal
19. La malattia è stata “importata”,
cioè è arrivata attraverso un cittadino europeo
che aveva viaggiato in Paesi dove il contagio era già
malnutrizione. La situazione degli ospedali pedia-
trici e a dir poco difficile. Si trovano ricoverati fino
diffuso ed è entrato in Benin senza osservare il pe-
riodo di quarantena imposto dalle autorità locali.
I casi stanno aumentando lentamente, ma preoc-
cupa la diffusione del virus in Paesi confinanti o
comunque vicini, come il Burkina Faso, il Ghana,
la Nigeria, il Togo.
«Il coronavirus è un rischio grave ma non si può im-
porre l’isolamento e ‘affamare’ il Paese» ha dichia-
rato il presidente del Benin che ha motivato così
la decisione di non sospendere le attività economi-
che, né imporre restrizioni diffuse per far fronte ai
rischi di epidemia. A differenza dei cittadini dei
Paesi avanzati d’America, Europa e Asia, la gran
parte della popolazione vive solo grazie al poco de-
naro che ricava nella giornata stessa: proibir loro di
uscire vorrebbe comunque dire condannarli a morir
di fame. Qui i problemi non vengono mai soli...
6
Luglio / Agosto 2020

1.7 Page 7

▲back to top
a 3 bambini per ogni letto di degenza: per intender-
ci, in una stanza con quattro letti ci si può trovare
in 12 famiglie.
Moltissimi bambini e ragazzi vivono in strada, espo-
sti a ogni sorta di pericolo. Migliaia di giovani – si
stima che siano 14 mila i piccoli schiavi – lavorano
nel mercato Dantokpà di Cotonou come venditori
ambulanti o più spesso trasportando merci o ancora
raccogliendo la spazzatura. La zona più degradata è
quella ironicamente ribattezzata la Belle Étoile, per-
ché proprio in quel posto, su un letto di rifiuti a cielo
aperto, moltissime persone ne hanno fatto il proprio
tetto sotto le stelle. Il paradosso è che devono anche
pagare un affitto per questo bivacco malsano. Le
condizioni igienico-sanitarie di questi bambini sono
pessime: vivono in mezzo alla spazzatura, scalzi,
con il rischio concreto di contrarre malattie. Epatite,
tetano, febbre tifoidea mietono molte vittime fra i
bambini del mercato di Cotonou.
Al problema sanitario e di povertà diffusa si aggiun-
ge il fenomeno dei bambini,
ma soprattutto delle bambi-
ne, vittime di tratta. A questo proposito in Benin il
fenomeno delle “vidomegon”, le bambine schiave, è
purtroppo molto diffuso. Sono bambine orfane che
vengono affidate ad altri membri della famiglia di
origine: zii, cugini, nonni, fratelli maggiori… Que-
sti parenti, poveri anch’essi, in mancanza di risorse
per farli crescere ed educarli, li sfruttano incenti-
vando il lavoro minorile, op-
pure li vendono come schia-
vi per poche decine di euro.
Proprio il mercato Dantokpà
è diventato lo snodo del traf-
fico di bambini e bambine
venduti come manodopera
domestica, quando va bene,
mi vien purtroppo da dire.
Ma più spesso le bambine
sono avviate alla prostituzio-
ne nei bordelli della capitale
oppure portate illegalmen-
te in Nigeria da dove poi prendono la strada per
l’Europa, dove vanno ad alimentare il mercato della
prostituzione di strada. I ragazzini schiavi invece
sono portati nelle miniere d’oro del Ghana, perché
piccoli e capaci di entrare in gallerie basse e angu-
ste. E quando il loro respiro e i polmoni sono com-
promessi, sono rivenduti ai pescatori nel delta del
Volta, imbarcati su piccole piroghe e praticamente
costretti a vivere sulla barca.
La gran
parte della
popolazione
vive solo
grazie al poco
denaro che
ricava nella
giornata
stessa:
proibirgli
di uscire
vorrebbe dire
condannarli
a morir di
fame.
Luglio / Agosto 2020
7

1.8 Page 8

▲back to top
SALESIANI NEL MONDO
un mestiere che permetta di lasciare la strada.
Insieme alle suore salesiane, le Figlie di Maria Au-
siliatrice da anni portano avanti un progetto che
offre protezione notturna, reintegrazione socio-
professionale e reinserimento familiare ai minori
in condizione di vulnerabilità del mercato di Co-
tonou.
In casa Mamma Margherita i bambini di età com-
presa tra i 10 e 17 anni possono dormire, avere una
formazione che permette loro di migliorare il futu-
ro e di sentirsi al sicuro. È stato attrezzato il labora-
torio per la cucitura e per la meccanica di motocicli,
che sta funzionando e offre una formazione profes-
sionale che consente loro di entrare nel mondo del
lavoro e migliorare le loro condizioni di vita.
La Costa degli schiavi
Un tempo il Benin si chiamava Dahomey, ed era
noto per la qualità dei suoi schiavi. Cent’anni dopo
In Benin
il 32% dei
bambini sotto
i 5 anni soffre
di malnu-
trizione. La
situazione
degli ospedali
pediatrici è
a dir poco
difficile.
“Mamma Margherita”
I numeri di questo fenomeno sono impressionanti:
oltre 40mila bambini e bambine tra 6 e 17 anni di
età sono stati vittime di tratta nel paese.
Per questa ragione i missionari salesiani, presen-
ti a Cotonou con due opere di cui una dal nome
evocativo “Mamma Margherita” – la mamma di
don Bosco – rivolta ai ragazzi di strada, hanno
avviato una campagna di vaccinazione e un’inizia-
tiva di sensibilizzazione alle tematiche di igiene e
pulizia. Inoltre i salesiani ogni giorno avvicina-
no tanti piccoli che vivono in strada per offrire
loro accoglienza, istruzione e apprendimento di
8
Luglio / Agosto 2020

1.9 Page 9

▲back to top
la fine della tratta, gli schiavi sono ancora il prin-
cipale prodotto d’esportazione del Paese: cambiano
solo l’età (oggi sono bambini), il mezzo di trasporto
(l’automobile) e la destinazione (la Nigeria).
I trafficanti li cercano nei grandi mercati della capi-
tale Porto-Novo, di Cotonou e di Sèmè-Kraké, che
pullulano di bambini di strada. Talvolta riescono a
convincere i genitori a venderli. Battono i villaggi
più poveri, promettono lavoro ben retribuito, tol-
gono alla famiglia il peso di una bocca da sfamare.
A volte sono gli stessi genitori a entrare in contatto
con i trafficanti per liberarsi di un figlio di troppo.
La Nigeria, al di là di un confine volatile, è un Pae-
se enorme, ricco, senza controllo e senza morale: la
domanda di schiavi è sempre alta, braccia gratuite
nelle case, nei negozi, nei campi, nelle miniere. Il
ministero della Famiglia beninese stima (per quan-
to possibile: la scomparsa di un bambino di strada
non viene mai denunciata) che i bambini vittime
della tratta oscillino i 50 e i 200 mila l’anno. La
maggior parte di loro sparisce per sempre.
Un trafficante pentito racconta: «Nei ghetti di Co-
tonou ognuno ha la sua specialità. La nostra era
prendere i bambini. Li prendevamo di notte, fra i
bambini di strada del quartiere, o nei villaggi fuori
mano. Poi, sempre di notte, li portavamo nella fo-
resta dove ci davano appuntamento i nigeriani. Lì
non c’è nessun controllo, si può passare dal Benin
alla Nigeria tranquillamente. I nigeriani venivano
in macchina, si caricavano i bambini, ci sganciava-
no i soldi e arrivederci alla prossima. Non so bene
che cosa ci facessero, con tutti quei bambini. Noi li
prendevamo e basta».
Insieme alle
Figlie di Maria
Ausiliatrice, i
Salesiani da
anni portano
avanti un
progetto che
offre protezione
notturna,
reintegrazione
socio-
professionale e
reinserimento
familiare ai
minori.
Luglio / Agosto 2020
9

1.10 Page 10

▲back to top
TEMPO DELLO SPIRITO
Carmen Laval
Silvoterapia
Don Bosco ovunque è andato ha trovato o voluto una vite.
Era la pianta di casa sua, della sua collina.
Esiste una medicina portentosa e assoluta-
mente gratuita. Si chiama “silvoterapia”,
guarire con gli alberi.
Ecco qualche esempio.
Il TIGLIO, un balsamo per il cuore
Ha foglie grandi a forma di cuore. Vive poco nel-
la foresta perché cresce lentamente e gli altri suoi
simili crescono più velocemente di quanto non fac-
cia, dandogli troppa ombra. Si trova bene nei par-
chi, nei giardini di città vicino agli esseri umani.
È un albero venerato per il suo aspetto morbido e
accogliente. È il più dolce degli alberi, un balsamo per
il cuore. È un albero che ammorbidisce e abbellisce.
La sua generosità riempie di bellezza e di empatia
mentre inonda il mondo con la sua sottile fragranza.
Contro il suo tronco, potete lasciare a lui la vostra
rabbia e il vostro risentimento. Riequilibra l’energia
del cuore, infondendovi fiducia e pace. È come una
mamma: ti accoglie sempre e non ti giudica mai.
Il SALICE, la nonna consolatrice
La famiglia dei salici è vasta, con circa 300 alberi che
portano il nome Salix. La sua crescita è rapida, so-
prattutto quando vive vicino all’acqua. Le foglie, di
colore grigio argento con una leggera peluria setosa
nella pagina inferiore, donano alla chioma un aspetto
bianco-argenteo. Le virtù terapeutiche della cortec-
cia del salice sono note fin dall’antichità. È l’albero
che ha inventato l’aspirina, cioè l’acido acetilsalicilico!
I suoi rami sono usati per fare dei cesti o altri oggetti
di vimini. Un tempo erano necessari per “legare” i
tralci della vite senza ferirli. Se il tiglio è la madre
rassicurante, il salice simboleggia la nonna confor-
tante. I suoi lunghi rami e le sue foglie a forma di
lacrima ti invitano a liberarti da tutti i tuoi dispia-
ceri e ad affidarli a lui. Il suo tronco, dove spes-
so appare una cavità, rappresenta la parte
ferita che si trova in ognuno di noi. Il salice
ti aiuterà a chiudere e a fasciare le tue ferite.
L’OLIVO, la pace e la saggezza
Quest’albero, molto presente nel bacino
del Mediterraneo, rimane sempre-
verde. Le sue lunghe foglie lanceo-
late sono ricoperte da un sottile strato di cera che
le protegge dagli agenti patogeni. Le sue foglie, che
hanno il lato inferiore argenteo, brillano al sole e
danzano al vento. Il suo tronco è nodoso e contor-
to. I più antichi hanno una grande circonferenza e
possono vivere per centinaia d’anni. I suoi frutti, le
olive, si mangiano in molte cucine del mondo. Le
sue foglie hanno proprietà medicinali che aiutano a
combattere l’ipertensione.
Presente in molte leggende e tradizioni, l’olivo è il
simbolo della Pace e della Saggezza. Avvicinandosi
all’olivo, si avverte una sensazione di pace e di lentez-
za. Può guidarti e far emergere il meglio di te, così
come l’uomo ha saputo sublimarlo rendendolo pre-
zioso, attraverso il suo legno, il suo olio o i suoi frutti.
La QUERCIA, il potere regale
Questo albero, ben noto a tutti, è sicuramente il più
robusto. I suoi frutti, le ghiande, facevano parte del-
la dieta in tutta Europa. È stato a lungo un albero
sacro e ha sempre avuto la reputazione di essere il
10
Luglio / Agosto 2020

2 Pages 11-20

▲back to top

2.1 Page 11

▲back to top
Questa Signora Bianca è riuscita a colonizzare con
la sua luce le terre desolate del Nord, riempiendole
di energia e trasformandole in magnifiche foreste.
Accanto alla betulla, la tua ispirazione crescerà e ti
sentirai respirare di felicità e gioia di vivere. Un’e-
nergia leggera ti inonderà, avrai voglia di cambiare
il mondo, di prendere nuove decisioni. La betulla è
come una tua sorella maggiore, accogliente e piena
di dolcezza. Incontrarla durante la tua passeggiata,
tranquillizza l’anima, ti fa sentire ascoltato e com-
preso.
re delle foreste. È per le sue qualità di
resistenza e protezione che è stato spesso utilizzato
per costruire navi, porte e anche scudi. La quercia
simboleggia forza, potenza e longevità. Troverete in
essa tutta l’energia necessaria per affrontare gli eventi
della vita. Dopo una pausa al suo fianco, vi sentirete
pieni di energia e di fiducia. Tranquilla e determina-
ta, la presenza della quercia sviluppa il vostro tem-
peramento combattivo. La quercia, essendo statica e
ben piantata sulle sue radici, permette di apprezzare
la stabilità e di vivere con costanza. La quercia può
aiutarti nei momenti di dubbio o di grandi cambia-
menti nella tua vita (nuova casa, nuovo lavoro...).
La BETULLA, sorella accogliente
Facilmente distinguibile per il suo tronco bianco, i
suoi rami cadono come vele che galleggiano al vento.
La sua corteccia è liscia e morbida. Un tempo veniva
usata come supporto per la scrittura perché può essere
facilmente staccata e conservata a lungo. La betulla
forma spesso boschi e foreste. La sua linfa è preziosa
in medicina per la sua azione diuretica e depurativa.
Il CASTAGNO, il fedele amico
Il castagno è un albero a foglie caduche che ha una
durata di vita molto lunga. I suoi frutti, le castagne,
sono apprezzati da tutti.
Il castagno è un albero umile: vive accanto a noi
da molto tempo eppure non è associato a nessuna
leggenda o mito, ma è stato un’importante fonte di
cibo e di legno. È sensibile, sembra amare tutte le
creature che lo visitano. È segnato dalla generosità
e dall’amicizia. Tutte le creature della foresta lo ap-
prezzano perché sa essere amichevole e accogliere i
suoi visitatori. Puoi sentire la sua presenza avvolgen-
te se rimani un po’ con lui, perché il castagno sa farci
sentire tutta la sua gentilezza e semplicità. Dopo che
sarai stato all’ombra di un castagno sentirai genero-
sità, attenzione e rispetto verso ciò che ti circonda.
Il PINO, la madre amorevole
Ci sono più di cento specie di pini. È un albero
che vive in terreni poveri, che sa adattarsi a qual-
siasi difficoltà perché uno dei suoi grandi punti di
forza è la resistenza. La sua grande radice a fittone
gli permette di resistere a venti molto forti. Le sue
foglie-ago sono sempre in coppia. La sua resina è
benefica per la nostra salute.
La sua energia è molto materna, come l’energia di
una madre per il suo bambino. Con lui si dovrebbe
provare un sentimento di amore puro e incondizio-
nato. Il pino distilla le sue essenze sulla terra per tra-
smettere tutta la sua bontà.
Luglio / Agosto 2020
11

2.2 Page 12

▲back to top
SALESIANI
Rafael Montenegro
Risorgi Venezuela!
Testimonianza di don Rafael Montenegro, nuovo
superiore dell’Ispettoria salesiana del Venezuela:
«La ricchezza naturale che Dio ha donato
alla nostra terra, con il petrolio e le varie
miniere di qualità così alta nel nostro
sottosuolo (oro, ferro, coltan, torio),
paradossalmente è diventata
un fattore di progressivo
impoverimento».
In alto:
Don Rafael
Montenegro,
nuovo superiore
dell’Ispettoria
salesiana del
Venezuela.
Sotto:
Una scuola
amazzonica.
«Sono venezuelano e Salesiano»
Mi chiamo Rafael Montenegro e sono originario
del Venezuela. Sono Salesiano di don Bosco da
trentacinque anni (dal 7 settembre 1985) e sacerdo-
te da venticinque anni (dal 3 giugno 1995).
Anni fa, nel corso di un incontro con i giovani,
uno dei presenti mi chiese quando fosse comincia-
ta la mia vita di Salesiano e, senza pensarci molto,
risposi che era iniziata quando avevo otto anni e
cominciai a frequentare la quarta elementare pres-
so l’indimenticata scuola Don Bosco di Valencia.
Mentre rispondevo alla domanda di quel giovane,
mi sono reso conto che la mia vita salesiana è sta-
ta un cammino ininterrotto tra e con i Salesiani a
partire dal momento in cui i miei genitori, volendo
offrirmi la migliore istruzione possibile, bussarono
alle porte dei Salesiani. Il percorso di crescita ini-
ziato con la guida della mia famiglia si è ampliato e
arricchito con l’attenzione offertami dalla Famiglia
Salesiana: ho imparato ad amare Maria Ausiliatrice
e don Bosco, ho compiuto i passi della fede consueti
di un bambino, poi di un giovane. In quegli anni e
in quegli ambienti ho maturato le mie scelte e ho
preso le decisioni per la vita che mi hanno portato
qui. Sono cresciuto e mi sono formato insieme alla
Famiglia Salesiana... e dico Famiglia Salesiana per-
ché in seguito ho compreso che cosa ho vissuto in
quegli anni, in quegli ambienti che un giorno dopo
l’altro sono diventati la mia seconda casa.
12
Luglio / Agosto 2020

2.3 Page 13

▲back to top
Sono vissuto con i Salesiani di don Bosco, con in-
segnanti e personale laico, collaboratori, exallievi,
che hanno fatto di quella casa un ambiente diverso
e amato da molti di noi che hanno studiato là. Tra
loro e con loro ho imparato l’importanza di colla-
borare, di impegnarsi per gli altri. Ho imparato che
un giovane si mette al servizio di altri giovani. Se a
un certo punto ho deciso di iniziare il percorso di
formazione per diventare nell’intento di rispon-
dere alla domanda che sentivo in quel momento nel
profondo del mio cuore di adolescente (avevo quin-
dici anni), lo devo all’esempio dei miei genitori e
alla testimonianza di vita di persone concrete, molto
diverse tra loro, ma tutte impegnate al servizio di
noi ragazzi della scuola. Devo dire che, quando ho
avuto momenti di dubbio o incertezza nella mia vita
salesiana, sono tornato con la memoria all’esperienza
vissuta in quegli anni, poiché per me sono un riferi-
mento personale dello spirito che mi ha conquistato
e mi ha fatto innamorare della vita salesiana.
L’Ispettoria San Lucas
del Venezuela
La nostra Ispettoria conta 142 sdb e 4 novizi; 98 sono
nati in Venezuela e altri sono Salesiani che quando
erano giovani sono arrivati in missione dall’Italia,
dalla Spagna, dalla Polonia, dalla Siria, con una
media di 50 anni di permanenza in Venezuela. Tre
confratelli sono giovani missionari salesiani che ar-
rivano dal Vietnam, dal Congo e dal Madagascar.
L’età media dei Salesiani della nostra Ispettoria è di
cinquantacinque anni, con 43 giovani in forma-
zione iniziale (7 pre-novizi, 4 novizi, 16 post-novizi,
4 novizi e 12 studenti di teologia); è interessante no-
tare che negli ultimi anni abbiamo avuto un calo del
numero di vocazioni e un incremento della perseve-
ranza nella vocazione.
La nostra Ispettoria propone una vasta gamma di
attività. Abbiamo 22 comunità, con varie opere che
gestiamo insieme ai laici e alcune sono state affidate
a un gruppo della Famiglia Salesiana. Le nostre Pre-
senze apostoliche operano in ambiti molto popolari
del Paese; svolgiamo un servizio educativo pastorale
in parrocchie, scuole, centri di formazione per giova-
ni che non hanno possibilità di frequentare le scuole
statali, centri giovanili e oratori.
Un’espressione peculiare della nostra Ispettoria è
la presenza missionaria tra le popolazioni indigene
dello Stato dell’Amazzonia (Yanomami; Huottüja
o Piaroas; Hiwi o Guajibos): abbiamo quattro co-
munità che svolgono la loro opera pastorale proprio
qui. Abbiamo anche una presenza nello Stato di
Zulia, dove lavoriamo con una popolazione indi-
gena, sebbene abbia avuto maggiori contatti con
discendenti di Europei, i Wayú o Guajiros.
Insieme a queste presenze missionarie, i Salesiani
del Venezuela realizzano due progetti con grande
soddisfazione, in risposta alle sfide dell’opzione
preferenziale: la Rete dei Centri di Formazione
“Gioventù e Lavoro”, per i giovani che non possono
frequentare altre scuole e la “Rete delle Case Don
Bosco” per bambini e adolescenti ad alto rischio.
Queste opere sono diventate la punta di diamante
della nostra missione salesiana tra i più poveri.
L’opera “Gioventù e lavoro”, sebbene il numero
di giovani a cui dedichiamo il nostro impegno sia
diminuito a causa della situazione complicata del
«Un’espressione
peculiare della
nostra Ispettoria
è la presenza
missionaria tra
le popolazioni
indigene
dello Stato
dell’Amazzonia
(Yanomami;
Huottüja o
Piaroas; Hiwi o
Guajibos)».
Luglio / Agosto 2020
13

2.4 Page 14

▲back to top
SALESIANI
«Affrontiamo
sfide di livello
basilare,
come la fame,
la carenza
di cibo e
medicine».
Paese, è ancora una risposta ai giovani che han-
no lasciato la scuola o che lavorano in modo non
qualificato. Partecipano a questa iniziativa più di
3000 giovani che, se non fossero nei nostri Centri,
sarebbero facile preda del crimine e della disoccu-
pazione. La “Rete delle Case Don Bosco” fa parte
dei servizi di assistenza per bambini e adolescenti;
ha ora nuovo impulso grazie alla solidarietà e ai fi-
nanziamenti dall’estero.
I diplomati
della scuola
agricola di
Barinas.
La situazione attuale
del Venezuela
La situazione che stiamo vivendo in Venezuela è
complessa e molto problematica, come conseguen-
za di scelte politiche sbagliate e dannose, di inte-
ressi economici di gruppi di potere nazionali e in-
ternazionali e della mancanza di formazione di una
coscienza socio-politica di cittadini responsabili
delle vicende della nazionale di tutti i Venezuelani.
La ricchezza naturale che Dio ha donato alla nostra
terra, con il petrolio e le varie miniere di qualità così
alta nel nostro sottosuolo (oro, ferro, coltan, torio),
paradossalmente è diventata un fattore di progres-
sivo impoverimento e ha generato pratiche di esclu-
sione ed emarginazione di grandi gruppi di persone.
Ci dedicavamo allo sfruttamento geologico (petrolio
e minerali) trascurando la produzione agricola, lo
sviluppo dell’industria tessile e il grande potenzia-
le turistico (mare, montagna, pianura e giungla); le
microimprese private che sarebbero potute derivare
da queste attività sono state contrastate dai grandi
interessi economici viziati dal male sociale che ci af-
fligge anche in Venezuela: la corruzione.
La situazione economica è molto complicata. La
grande ricchezza ottenuta durante il “boom petro-
lifero” degli anni ’70 non è stata ottimizzata a be-
neficio dell’intera popolazione e delle sue esigenze
di sviluppo sostenibile. La capacità industriale che
era stata raggiunta nei decenni precedenti è stata
rapidamente distrutta a causa della mancanza di
investimenti e del limitato stimolo alla produzio-
ne nazionale, che è stata sostituita da un’insazia-
bile importazione di quasi tutti i beni di consumo
necessari per la popolazione. È stata un’occasione
di arricchimento per pochissimi e ha determinato
una perdita crescente di indipendenza economica.
I posti di lavoro sono stati distrutti ed è cresciuta
l’economia informale. Da oltre due anni siamo alle
prese con un’iperinflazione che arreca gravi proble-
mi alle famiglie venezuelane: disoccupazione, mal-
nutrizione infantile, abbandono scolastico, fame
14
Luglio / Agosto 2020

2.5 Page 15

▲back to top
ampiamente diffusa tra la popolazione. Secondo
i dati delle Nazioni Unite, nel mese di febbraio
2020, tre (3) Venezuelani su dieci (10) soffrivano
la fame. Sono diffusi tra noi indici finanziari privi
del minimo criterio. Basti citare a titolo di esempio
il caso del nostro salario minimo mensile: 3,71 dol-
lari ; se si aggiunge il bonus alimentare elargi-
to dal regime, ammonta a 6,71 dollari (per il
mese di febbraio 2020).
Il sistema educativo è praticamente distrutto, a causa
dell’abbandono scolastico da parte degli allievi do-
vuto a difficoltà economiche della famiglia, al crollo
delle infrastrutture scolastiche e alla fuga degli inse-
gnanti verso altri Paesi o verso attività meglio pagate
rispetto alle misere somme che ricevono per il loro
lavoro di docenti. L’istruzione privata, e l’educazione
cattolica rientra in questo novero, ha messo in atto
strategie per resistere ai contraccolpi di questa situa-
zione e continuare ad adempiere una missione così
importante; la sostenibilità delle nostre istituzioni
educative diventa però sempre più difficile.
Le conseguenze socio-economiche sono evidenti: il
progressivo impoverimento di un popolo ricco di va-
lori, con una preziosa identità culturale centrata sulla
famiglia, grande dedizione al lavoro e a varie arti,
con un particolare senso dell’umorismo caraibico.
Ora ci troviamo in una situazione di miseria e alie-
nazione. Ci sentiamo estranei a noi stessi, come se
fossimo in esilio, perché, senza aver lasciato il luogo
geografico, viviamo fuori della nostra cultura. Può
essere intesa così l’implosione sociale che stiamo vi-
vendo, con il fenomeno migratorio che ci colpisce.
In passato eravamo un Paese che accolse tante per-
sone alla ricerca di un’opportunità per vivere e siamo
ora diventati un popolo emigrante che cerca una vita
migliore ad altre latitudini. Negli ultimi anni sono
emigrati più di cinque milioni di Venezuelani, per
lo più giovani che, non avendo speranze concrete nel
nostro Paese, si sono orientati verso altri luoghi alla
ricerca di un miglioramento e di un’opportunità per
realizzare i loro progetti di vita.
«La forza della nostra fedeltà
è il fuoco che ci stimola»
In questi tempi difficili, la forza della nostra fedel-
tà è il fuoco che ci stimola a svegliarci dal torpore
e dallo scoraggiamento. Siamo chiamati a essere
testimoni di speranza, seminatori pazienti di una
democrazia solidale fondata sul Vangelo di Cristo
Buon Pastore, con la pedagogia e la spiritualità di
san Giovanni Bosco, che ai suoi tempi visse sfide
simili e diede una risposta preventiva ai suoi giova-
ni e alla società in transizione verso il nuovo Stato
che si stava formando.
Affrontiamo sfide di livello basilare, come la fame,
la carenza di cibo e medicine; nell’ambito dell’i-
struzione, viviamo la sfida di riuscire a mantenere
elevata la qualità dell’insegnamento in una buona
interazione tra studenti e docenti nelle scuole di
ogni ordine e grado e nella conservazione delle
strutture. Il problema è così complesso che a volte
sembra lasciare in ombra quella che è veramente la
sfida più importante: il cambiamento di un popo-
lo secondo il progetto di Dio. Si tratta di passare
dal disordine sociale, dallo scoraggiamento, dall’a-
narchia, dalla pratica della corruzione all’esercizio
costante della solidarietà, con uno sviluppo socio-
economico sostenibile, nell’impegno per la giusti-
zia e la democrazia.
Gli allievi
del “Colegio
Puerto La
Cruz”.
Luglio / Agosto 2020
15

2.6 Page 16

▲back to top
FMA
Emilia Di Massimo
L’Elba del vicino
C’è un’isola di solidarietà, ospitalità, finalizzata
al contrasto della povertà educativa minorile
animata da Figlie di Maria Ausiliatrice,
volontarie ed exallieve.
L’oratorio
quotidiano è
stato assunto
dalle ex-
allieve e da
volontari.
Una sana crisi
C’è una casa ospitale ed accogliente, in grado di
favorire un’esperienza di comunità e di condivisio-
ne, incastonata nella natura, nell’arte e nella storia.
Sono queste le note essenziali che tratteggiano un
luogo reale: una casa dove si costruiscono esperien-
ze di incontro che portano ad immergersi nella real-
tà di Rio Marina, dell’Isola d’Elba. Le Salesiane vi
sono arrivate nel 1907, si sono inserite nella vita del
paese secondo quelle che erano le esigenze cultu-
rali, professionali, lavorative
e familiari delle giovani del
tempo: la scuola di lavoro,
l’oratorio festivo, il catechi-
smo parrocchiale, la scuola
elementare femminile, il
giardino d’infanzia.
Nel 2015 la loro presenza è
stata sospesa ma non l’espe-
rienza carismatica: l’orato-
rio quotidiano è stato assunto dalle exallieve e da
volontari. L’opera di Rio Marina è stata ripensata
e nel 2016 è iniziato ufficialmente il processo di
ricerca-azione con il territorio e la popolazione lo-
cale, giungendo a costruire insieme una presenza
significativa, al passo con le necessità odierne. Suor
Lucia Bardelli e suor Beatrice Neroni sono tornate
come presenza stabile, anche se non ancora come
comunità religiosa. Ci dice suor Lucia: il proget-
to L’Elba del Vicino nasce da una sana crisi: dopo
più di 100 anni a Rio Marina, la comunità delle
Salesiane decide di sospendere la sua presenza ma
per ripensarla. Un gruppo di laici e suore dà cor-
po a questo “ripensamento” con un comune deno-
minatore: amore per i giovani, per la storia, per le
esperienze educative, pastorali e sociali all’insegna
dell’innovazione e senza nessuna idea-soluzione
precostituita.
Riflettere (non da sole)
L’esigenza di un cambiamento, quindi, ha gene-
rato nelle Figlie di Maria Ausiliatrice la necessità
di riflettere ma non da sole, per rispondere meglio
alle esigenze dei giovani e del territorio; da tale
consapevolezza è nato il progetto L’Elba del Vicino,
una progettualità innovativa in cui le Salesiane ed
il privato sociale collaborano, costruiscono e con-
cretizzano insieme idee nuove. Una ricerca-azione
in atto permette di conoscere la situazione da tan-
ti punti di vista iniziando un dialogo con le asso-
ciazioni e i singoli cittadini, creando una sorta di
processo laboratoriale aperto. Si innesca la proget-
tazione di un intervento capace di fondere il biso-
gno di costruire nuove relazioni tra generazioni, la
16
Luglio / Agosto 2020

2.7 Page 17

▲back to top
di turismo emozionale ed educativo che rendono il
progetto principalmente esperienza.
necessità di aumentare soprattutto nei giovani l’au-
tostima e la capacità auto imprenditoriale, il reale
potenziale offerto dall’accoglienza dei turisti sia dal
punto di vista economico sia dal punto di vista delle
conoscenze, delle emozioni, dei sentimenti e delle
competenze che essa comporta.
L’Elba del Vicino procede proponendo una nuova
modalità di ricezione turistica; l’Ispettoria FMA Ma-
donna del Cenacolo, Vedogiovane (Cooperativa socia-
le) e il
(Ente di formazione professionale),
che hanno condiviso la prima fase di ripensamen-
to e riprogettazione, organizzano l’apertura di un
ostello a gestione partecipata. L’obiettivo è quello
di dare vita ad un luogo di incontro, di socializza-
zione, di condivisione di idee e di valori raggiungi-
bile mediante la sperimentazione di una formula di
accoglienza alternativa: i turisti e la realtà locale in-
teragiscono in un’ottica di scambio, di condivisione
della bellezza e delle risorse del luogo lontana dalle
logiche di sfruttamento del territorio. A L’Elba del
Vicino nessuno potrà considerarsi solo un cliente
ma un ospite creativo responsabile di ogni esperien-
za condivisibile in una casa accogliente dove vive
una comunità che aiuta ad organizzare esperienze
Condividere Costruire Crescere
Da un anno L’Elba del Vicino, ci spiega suor Silvia
Biglietti, si amplia nella dimensione dell’animazio-
ne giovanile con il progetto “l’Isola che c’è”, fina-
lizzato al contrasto della povertà educativa minorile
con l’obiettivo di dare unitarietà al lavoro della co-
munità educante attivandola e rendendola capace
di creare condizioni di benessere e di crescita, in
particolare per i minori, sviluppando le loro com-
petenze di base, professionali e sociali.
Il progetto prevede la riappropriazione di spazi
pubblici appartenenti alla scuola e ad altri sogget-
ti distribuiti in punti strategici dell’isola, i quali
verranno riallestiti perché siano spazi comunitari
aperti alla cittadinanza, gestiti da uno staff di edu-
catori appositamente selezionati, in seguito forma-
ti perché acquisiscano specifiche competenze. In
questo momento di sospensione delle attività per
l’epidemia
19 l’Ostello attende di riaprire ai
propri ospiti con le sue proposte, mentre le attivi-
tà educative vengono portate avanti a distanza con
creatività dalle educatrici. Lo staff de L’Elba del Vi-
cino sarà a disposizione di quanti desiderano riap-
propriarsi di un tempo e di uno spazio di vicinanza,
di condivisione, di contatto con sé, con gli altri, con
la natura e con Dio.
L’obiettivo
è quello
di dare vita
ad un luogo
di incontro, di
socializzazione,
di condivisione
di idee e
di valori.
Luglio / Agosto 2020
17

2.8 Page 18

▲back to top
L’INVITATO
O. Pori Mecoi
In migliaia mi dicono
«thank you»
Incontro con don Giordano
Piccinotti – Responsabile di Opera
Don Bosco.
Don Giordano con un
bambino di Zway (Etiopia).
Può autopresentarsi?
Mi chiamo Giordano Piccinotti, sono nato a Ma-
nerbio (BS) il 23 febbraio 1975, figlio di Serafino
e Maria. Salesiano dal 1998 e sacerdote dal 2006.
Provengo da una famiglia semplice, i miei genitori
mi hanno sempre insegnato ad essere autentico e
a guadagnarmi il pane con il sudore della fronte.
Ho trascorso gli anni della mia fanciullezza nel mio
paese, Faverzano, tra famiglia, oratorio e chiesa.
Al termine del servizio
militare ho chiesto all’Ispettore
di allora di entrare nei salesiani
di don Bosco, da quel momento
è iniziata un’avventura fantastica
e il Signore mi ha mostrato
concretamente che cosa significa
ricevere il centuplo.
Qui ho imparato l’amore all’oratorio e a don Bo-
sco, grazie al mio parroco di allora, don Gianni. Il
desiderio di diventare prete, la voglia di stare in un
ambiente allegro mi hanno portato dai Salesiani al
Don Bosco di Brescia, dove ho frequentato i corsi
di formazione professionale e al termine del percor-
so formativo ho trovato subito un ottimo lavoro. Il
passo successivo è stato quello del servizio militare,
esperienza dura ma profondamente arricchente per
un ragazzo di provincia come me. Al termine del
servizio militare ho chiesto all’Ispettore di allora,
don Francesco Cereda, di entrare nei salesiani di
don Bosco, da quel momento è iniziata un’avventu-
ra fantastica e il Signore mi ha mostrato concreta-
mente che cosa significa ricevere il centuplo.
Il mio percorso è proseguito nel prenoviziato a Bo-
logna, dove ho concluso gli studi superiori, poi a
Pinerolo nel noviziato, il post noviziato a Nave, il
tirocinio a Sesto San Giovanni, la teologia a Roma,
conclusasi con la licenza in teologia spirituale.
Dopo l’ordinazione sacerdotale, la prima obbe-
dienza è stata all’Istituto Elvetico di Lugano, come
economo, poi nel 2011 l’economato ispettoriale, e
dal 2012 anche diverse Fondazioni che si occupano
di raccogliere fondi per le missioni salesiane. Sono
un salesiano felice.
18
Luglio / Agosto 2020

2.9 Page 19

▲back to top
Com’è nata la sua vocazione?
Senza alcun dubbio, la mia vocazione è nata a con-
tatto con persone felici di servire il Signore. Penso
al nonno Piero, morto a novantotto anni, che mi ha
insegnato il valore della preghiera. Penso al parroco
diocesano del mio paese, don Gianni Piovani, all’a-
more che ha sempre avuto per san Giovanni Bosco.
Passava le calde estati nella bassa bresciana a or-
ganizzare le attività estive e i campi scuola per noi
ragazzi. Penso ai miei genitori e alla testimonianza
di amore e fedeltà, vissute nella quotidianità. Loro
mi hanno insegnato il valore del sacrificio, della ca-
rità, del servizio gratuito per i piccoli e i poveri. La
mia vocazione è profondamente legata alle persone
e alla vita della mia terra.
Qual è il suo compito attuale?
Attualmente mi occupo della gestione di tre fon-
dazioni: l’Opera Don Bosco nel mondo di Lugano
(Svizzera), la Fondazione Opera Don Bosco on-
lus di Milano, e la Fondazione Don Bosco in Der
Welt Stiftung di Schaan (Liechtenstein). Si tratta
di Fondazioni che si occupano della raccolta fondi
per le missioni salesiane nel mondo intero.
La Fondazione Opera Don Bosco
ha come motto «Continuate a fare
il bene e a farlo bene!».
Come lo attua?
Questo motto era molto amato da don Arturo Lo-
rini, salesiano fondatore in Lombardia del sostegno
a distanza per migliaia di ragazzi poveri nel mon-
do. Mi sembra rispecchi bene il nostro modo di la-
vorare. Non basta fare il bene, bisogna farlo bene,
creando possibilità di sviluppo, dotando le persone,
per noi soprattutto i giovani, di quegli strumenti
umani, culturali, educativi e spirituali che diano
loro “una possibilità” per il futuro. Per molti è una
seconda e ultima chance. Ma questo non era altro
che il pensiero educativo del nostro padre don Bo-
sco, che sosteneva il diritto di ogni giovane ad avere
una possibilità di riscatto. Tutto questo, realizzato
con un grande ottimismo e una fiducia incrollabile
in Dio e nell’uomo.
Quali sono le più belle realizzazioni?
Ogni realizzazione è un miracolo reso possibile da
benefattori, strutture, salesiani, ragazzi e tanta pre-
ghiera. Quindi, ogni progetto è il più bel progetto!
Una delle realizzazioni più belle è certamente quella
del sostegno a distanza che ci dà la possibilità di so-
stenere diverse migliaia di ragazzi in tutto il mondo.
Il sostegno concreto di tante famiglie che da molti
anni (alcune anche più di venti) garantiscono ai ra-
gazzi la possibilità di frequentare la scuola e avere
anche un piccolo sostentamento alimentare.
Nel mese di dicembre abbiamo inaugurato la nuova
panetteria di Dekemhare in Eritrea, dove cinque-
cento ragazzi potranno non solo avere il pane quo-
tidiano ma anche imparare come si fa.
Nel mese di gennaio ho benedetto la scuola dell’in-
fanzia delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Hlaling
Thar Yar nella periferia di Yangon in Myanmar,
dove le suore salesiane lavorano in un quartiere
buddista ortodosso, caratterizzato da una grande
povertà e da tanti altri problemi.
In Sri Lanka è ormai concluso un progetto molto
bello e al passo con i tempi: grazie a un importante
gruppo industriale i giovani della regione di Me-
Don
Giordano
con i ragazzi
di Anisakan
(Myanmar).
Luglio / Agosto 2020
19

2.10 Page 20

▲back to top
L’INVITATO
Gli ex ragazzi
di strada di
Guayaquil
(Equador).
tiyagane potranno frequentare i corsi di ingegneria
civile nel nuovo istituto, costruito con tecnologie
moderne. Ci sarebbero anche tanti altri progetti…
Quali gli incontri più toccanti?
Ogni viaggio è un’occasione per incontrare storie,
esperienze di vita e soprattutto persone che por-
tano nel cuore speranza, tanta speranza! Decine di
incontri, decine di volti che non dimenticherò mai.
Ogni persona occupa nel mio cuore e nelle mie pre-
ghiere un posto del tutto particolare.
In occasione di un viaggio nel sud dell’India visi-
tando la missione salesiana e la città di Salem, mi
sono imbattuto in una scena abbastanza ordinaria
nella vita di chi come me segue le missioni: l’in-
contro con i ragazzi e le ragazze della scuola, un
momento di riconoscenza verso i benefattori, pro-
fondamente sentito nel cuore di ogni ragazzo.
A prima vista, niente di diverso rispetto alle altre
missioni, ma a mano a mano che incontro i ragazzi
mi rendo conto che in realtà qualcosa di diverso
c’è: la tipologia di bambini e ragazzi accolti. A Sa-
lem arrivano mandati dalla polizia e dal tribuna-
le, per lo più sono storie di giovani abbandonati o
venduti dalle stesse famiglie per una manciata di
rupie. Famiglie troppo numerose che per soprav-
vivere sono costrette a compiere questo atto “con-
tro natura”. I ragazzi, dopo essere stati identificati
vengono portati alla missione salesiana, viene pro-
posto loro un cammino educativo (imparare a leg-
gere e a scrivere).
Ebbene, nella conoscenza dei ragazzi mi sono im-
battuto in Arul, un ragazzino di 8 anni, un soldo
di cacio, che mi abbraccia forte e in un timido e
incerto inglese mi dice: “thank you”. Mi commuo-
vo e quando mi riprendo chiedo la storia di questo
bambino. Mi dicono che Arul è stato trovato da
alcuni collaboratori laici, fermo ad un incrocio stra-
dale, con in mano una cassetta di legno contenente
fiammiferi. Lo chiamano il “piccolo fiammiferaio”,
è un bambino dolcissimo con un sorriso sincero e
una faccia da furbetto. Un giorno i suoi genitori gli
dicono che lo devono lasciare da “parenti” per qual-
che tempo, perché devono affrontare un viaggio, in
realtà lo vendono a una banda di criminali che uti-
lizza i piccoli per chiedere l’elemosina lungo le vie
della città. Arul adesso è al sicuro, i salesiani sono
la sua famiglia e gli altri bambini gli vogliono bene,
nel suo cuore c’è solo un sentimento: la gratitudine,
e il sorriso dietro a quel “thank you” lo rivela con
semplicità. Ho subito pensato che ancora una volta
i destinatari della nostra missione permettono a noi
di crescere e maturare, non siamo noi che aiutiamo
loro ma sono loro che aiutano noi a diventare un
po’ meno egoisti. Mai come in quell’occasione ho
fatto mia la frase di Antonio César Fernández un
salesiano Santo, missionario, trucidato in Burkina
Faso nel 2019: “Sono i giovani del mondo che mi han-
no insegnato ad essere salesiano”.
Quali sono i suoi progetti
e i suoi sogni?
La vita non mi appartiene, è nelle mani di Dio e
per quanto riguarda i miei progetti, solitamente
20
Luglio / Agosto 2020

3 Pages 21-30

▲back to top

3.1 Page 21

▲back to top
«L’ABBRACCIO DEL PAPERO»
In Sri Lanka, nel pomeriggio, abbiamo visitato l’or-
fanotrofio di Uswetakeiyawa, dove 41 ragazzi orfani
(dai 3 ai 12 anni) vengono accolti dai salesiani. L’ope-
ra salesiana si chiama “Don Bosco Sevana” e più che
un istituto è una vera e propria famiglia, dove due sa-
lesiani vivono per 365 giorni l’anno con questi ragaz-
zi, vittime di abusi e di violenze. Sono rimasto molto
impressionato dal clima di famiglia che si respira in
questa casa di don Bosco. Parlando con il responsa-
bile della struttura, Padre Pinto, ho capito subito che
sono in gravi difficoltà economiche e non riescono a
garantire a tutti i ragazzi un tenore di vita dignitoso,
per crescere e formarsi. Per questo ho deciso di inizia-
re una collaborazione concreta e attraverso il network
ODB, invieremo un sostegno annuale di 10 000 euro
e un ulteriore contributo per la sistemazione del cam-
po di basketball.
Quando Padre Pinto ha annunciato ai ragazzi le mie
intenzioni, c’è stata grande emozione e la gioia di
ognuno è diventata subito riconoscenza, i ragazzi
erano felicissimi e si abbracciavano. Qualche lacrima
ha solcato il loro viso. Per le nostre fondazioni è un
piccolo gesto, ma per quei ragazzi è una speranza di
futuro. L’opera di “Don Bosco Sevana”, è certamente
meritoria e continueremo ad aiutare salesiani e bam-
bini, perché possano guardare al futuro con lo stesso
entusiasmo dei ragazzi che vivono alle nostre latitu-
dini. Quando visito un’opera salesiana di accoglienza,
verifico sempre tre luoghi: il refettorio, i bagni e le
camerate. Lo faccio perché voglio che siano luoghi
accoglienti, puliti e ambienti dove i ragazzi vengono
accolti con dignità.
Mentre passo nei dormitori, la mia curiosità si ferma
davanti a un papero giallo, appoggiato ad un cuscino.
Padre Pinto, dice che in quel letto dorme un bambino
di otto anni che non ha mai conosciuto mamma e
papà e la notte per addormentarsi stringe forte forte
il papero e gli dice “ti voglio bene”. Proietta sul papero
il desiderio di affetto. Sono costretto da un “marmoc-
chio” a fare un profondo esame di coscienza. Tra me e
me pensavo: nella vita ho avuto tante volte la fortuna
di essere abbracciato forte forte e sentirmi amato, ci
sono tante persone che mi vogliono bene. Tante volte
“sono stato papero” e non me ne sono mai reso conto
come oggi. A stento trattengo le lacrime, è un pugno
forte nello stomaco, ma è anche il messaggio più bel-
lo: proprio come l’abbraccio delle persone care che
portiamo nel cuore.
«Non ha mai
conosciuto
mamma e
papà e la
notte per
addormen-
tarsi stringe
forte forte
il papero
e gli dice
“ti voglio
bene”».
se ne occupa l’Ausiliatrice. Il desiderio che porto
nel cuore è solo di fare la Sua volontà attraverso
la mediazione e l’intelligenza creativa dei Superio-
ri. Spero di poter continuare a portare avanti tanti
progetti missionari nel mondo, progetti che possa-
no dare soprattutto ai giovani una “opportunità”.
Tante volte mi è capitato di incontrare ragazzi, nei
luoghi più disparati del globo che mi hanno ringra-
ziato per l’opportunità che i salesiani hanno dato
loro. Come figlio di don Bosco, credo profonda-
mente che ogni uomo abbia diritto ad avere una
possibilità di riscatto, umano, sociale e spirituale.
Ogni uomo ha diritto ad avere una “nuova oppor-
tunità”.
Luglio / Agosto 2020
21

3.2 Page 22

▲back to top

3.3 Page 23

▲back to top

3.4 Page 24

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
Massimiliano Cavallo
I Sale di Cuneo
Benvoluti, stimati, amati, i Salesiani a Cuneo sono un pezzo
del cuore della città.
Ne sono testimonianza le tante visite che fece in
città: l’amicizia con monsignor Clemente Manzini,
Vescovo di Cuneo dal 1844 al 1865, è riconosciuta
da tutti i biografi del santo. Manzini era confessore
e direttore spirituale del prete santo, a cui proprio
chiese consiglio per l’erezione del Seminario nel
1853, ed era uno “dei più affezionati benefattori”
dell’opera di don Bosco.
Il primo gruppo dei Salesiani arriva per gestire e
portare avanti il Convitto Civico, nel cuore del cen-
tro storico, affidato alla Congregazione dal Comu-
ne di Cuneo con la chiesa di Santa Chiara, piccolo
gioiello del barocco piemontese. Il Convitto era
aperto per tutti i giovani che studiavano in città ma
che abitavano lontani, nelle tante vallate cuneesi
intorno al capoluogo, all’epoca molto abitate e con
tanti ragazzi e giovani. Il Convitto chiude nel 1982
perché non erano più sufficienti i numeri per tenere
aperta una struttura simile. I giovani passati per il
Convitto nei suoi 54 anni di vita sono stati più di
2500 e tra questi tanti “buoni cristiani e onesti cit-
tadini” professionisti stimati, religiosi e sacerdoti,
sindaci e politici, professori ed educatori.
Il parroco don
Mauro nella
celebrazione
di inizio
dell’anno.
ISalesiani di Don Bosco arrivano a Cuneo nel
1928. E la storia della presenza salesiana in città
si è diramata nel corso di questi oltre 90 anni di
vita in tre opere fondamentali: il Convitto, l’O-
ratorio e la Parrocchia. Ma la storia e il carisma di
don Bosco a Cuneo è cosa di lunga data: don Bosco
amava Cuneo e i cuneesi, aveva molti amici qui.
Nato dall’alto
Ma intanto era nato l’Oratorio e la storia della sua
genesi è davvero simile a quella del primo Orato-
rio di don Bosco. È la Provvidenza che pensa alla
sua nascita avvenuta il 13 ottobre 1935. La bene-
fattrice signorina Discalzi sogna don Bosco che la
invita ad aiutare i suoi giovani di Cuneo, per cui
regala il terreno che è più o meno quello di oggi:
ma tutt’intorno non c’era quasi nulla di quello che
c’è oggi. Un campo agricolo in mezzo ai campi,
24
Luglio / Agosto 2020

3.5 Page 25

▲back to top
nella zona dove stavano sorgendo la nuova mo-
numentale stazione ferroviaria dell’altipiano, vil-
le, palazzi, caserme. Oggi è uno dei quartieri più
popolosi, diversificato e servito della città. Non
a caso vent’anni dopo la nascita dell’Oratorio, il
Vescovo di Cuneo decise di istituire il 1° maggio
del 1955 la parrocchia di San Giovanni Bosco che
è diventata la seconda parrocchia per numero di
abitanti della città.
Nel 1958 la comunità si arricchisce di una presen-
za importante, quella del carisma femminile delle
opere salesiane. Le Figlie di Maria Ausiliatrice as-
sumono la responsabilità del costruendo asilo co-
munale infantile Alice e Tancredi Galimberti, che
è ancora oggi una delle più importanti e apprezzate
scuole dell’infanzia paritarie.
Fin dalla nascita della parrocchia si forma anche
il gruppo Caritas che rimane una delle realtà più
attive sul territorio con l’attenzione ai poveri di ieri
e di oggi. Nel corso degli anni sono cambiate pa-
storalmente molte cose, ma l’attenzione ai poveri
da sempre ha caratterizzato la vita della parrocchia
e dell’oratorio.
Sentirsi comunità
Oratorio e parrocchia, che a Cuneo si conoscono
come “Sale” sono strutturalmente e non solo un
tutt’uno. L’oratorio in 85 anni di vita si è ingran-
dito e si è modificato con cortili, campi e strutture
sportive, una sala della comunità moderna e at-
trezzata. Anche la storica cappella dell’oratorio, nel
cuore stesso dell’intera struttura, per oltre vent’anni
usata come chiesa parrocchiale è stata trasformata.
Ma quello che non è cambiato negli anni è la pas-
sione educativa per i ragazzi e per i gio-
vani che spingeva i Salesiani del 1935,
con la stessa attrattiva
L’oratorio
in 85 anni
di vita si è
ingrandito
e si è
modificato
con cortili,
campi e
strutture
sportive.
L’amore dei
bambini e dei
ragazzi per i
“Sale” rimane
immutato.
Luglio / Agosto 2020
25

3.6 Page 26

▲back to top
LE CASE DI DON BOSCO
8 dicembre
1975 la
cerimonia di
posa della
prima pietra
della chiesa
parrocchiale
con don
Luciano
direttore, e
don Borello
parroco.
che fece bussare alla porta dell’Oratorio quella pri-
ma mattina il bambino Luigi Mammoli (il 1° ora-
toriano), cercando nel quotidiano di lasciare quelle
orme indelebili di bontà, generosità, allegria, ric-
chezza, preghiera che hanno caratterizzato tante
persone che hanno speso la loro vita o anche solo il
loro tempo libero, e comunque sempre il cuore, per
realizzare il sogno di don Bosco anche a Cuneo.
L’Oratorio continua oggi a vivere anni di grande
fervore un po’ in tutti i settori. Le strutture presen-
ti permettono di mettere in campo molte attività:
l’oratorio quotidiano dalle 15 alle 19, con giochi
all’aperto e con giochi di sala; attività di catechi-
smo dalla seconda elementare alla terza media; per-
corsi di formazione con gli adolescenti, nei gruppi
del biennio e del triennio e anche di universitari e
giovani lavoratori; gruppo dei ministranti; giochi e
attività per gruppi di fascia; attività sportive con la
Pgsd Auxilium di calcio, pallavolo, basket, ginna-
stica ritmica, tennis tavolo; le attività di cinema e
teatro della Sala della comunità; le attività artisti-
che e di musica della Sale Academy; l’attività socia-
le con il Centro diurno aggregativo per i ragazzi e
il doposcuola; la lunga attività dell’Estate ragazzi.
E intanto continuano le attività e la testimonian-
za dei gruppi della Famiglia Salesiana; exallievi e
exallieve e salesiani cooperatori. Ma c’è ancora la
Filodrammatica, la più “antica” compagnia di tea-
tro amatoriale della città, il Centro Anziani nei
locali di quello che un tempo era l’oratorio fem-
minile. E le attività formative e socio-assistenziali
si sviluppano con un’attenzione particolare al ter-
ritorio e al volontariato extra oratoriano, l’anima-
zione missionaria. Un tempo erano il volontariato
al Cottolengo, all’Audiofonetica, l’animazione di
strada al quartiere popolare Donatello, alla prima
accoglienza nelle casermette a fianco della chiesa;
oggi sono il Centro diurno, la mensa dei poveri, il
doposcuola. Tante attività che vengono raccontate e
aggiornate sui social e sul sito www. salecuneo.it un
nuovo modo di comunicare e di sentirsi comunità.
Fino all’altro mondo
Molte le vocazioni che i Salesiani hanno fatto na-
scere tra i giovani: sacerdoti, salesiani, missionari,
suore e coadiutori. E proprio la sensibilizzazione
alla realtà missionaria è sempre stata una caratte-
ristica cuneese, accentuando il senso della solida-
rietà, della condivisione e della corresponsabilità.
Basta citare il gruppo Compartir che continua a
lavorare a fianco dei “cuneesi”, e non solo, missio-
nari: in Bolivia prima con don Borello e don Gian-
26
Luglio / Agosto 2020

3.7 Page 27

▲back to top
ni Gallo ora con don Serafino Chiesa, in Messico
con don Osvaldo Gorzegno, in Congo con la dot-
toressa Piera Tortore, e ora anche in Cina con don
Michele Ferrero, tutte vocazioni salesiane nate nei
cortili di Cuneo.
I “Sale” di Cuneo sono per la città davvero un am-
biente educativo come lo ha voluto e inventato don
Bosco. Egli desiderava che ogni opera salesiana si
distinguesse per essere una casa che accoglie, che
evangelizza e che educa alla vita nei suoi più vari
aspetti: dalla cultura al teatro, dalla musica allo
sport e al tempo libero. Ambienti per i giovani che
animano l’oratorio e lo dimensionano secondo la
loro allegria, seguendo quel sistema preventivo che
è un sistema d’amore a cui anche le famiglie e gli
adulti che sostengono e camminano insieme a sale-
siani, suore ed educatori cercano di essere fedeli.
La chiesa.
A sinistra:
Celebrazione
domenicale
nella chiesa
parrocchiale.
Dai gruppi
oratoriani
sono nate
numerose
e stupende
vocazioni
salesiane.
Luglio / Agosto 2020
27

3.8 Page 28

▲back to top
LA STORIA
Dora Montenegro
Giorni di fame
«Millie, la cosa peggiore che ci
può capitare è che la polizia ci
arresti. A causa della quarantena,
sai... Ma se ci prendono, almeno
ci daranno da mangiare».
Niente, non avevano più niente da mangiare.
Con l’ultima confezione di pasta, tre pa-
tate, un pezzo di zucca e un dado per il
brodo, Muriel aveva preparato un pasto.
Era quello che avevano mangiato entrambi, tre gior-
ni prima.
Poi avevano la fame e nient’altro.
Muriel guardò Millie, sua figlia di 7 anni, che dor-
miva nel letto. La fame ti fa dormire. Ma quando ti
sveglia, ti taglia lo stomaco come un coltello fred-
do, smussato e ottuso.
Quando Millie si è svegliata, ha detto la stessa cosa
di ieri: «Mamma, ho tanta fame».
Allora Muriel le diede del tè non zuccherato e dis-
se: «Millie... Oggi andiamo a mangiare. Te lo pro-
metto».
Ha preso gli attrezzi con cui si guadagnava da vive-
re e con la bambina per mano è uscita in strada. Nel
bel mezzo della quarantena.
L’angolo tra South One e East Avenue, quello con
il semaforo rosso lungo, è il luogo dove lavora Mu-
riel. Ha fatto sedere la figlia sul marciapiede e ha
avuto il suo primo colpo di fortuna.
In una tasca della sua giacca ha trovato una cara-
mella e l’ha data a Millie.
«Millie, la cosa peggiore che ci può capitare è che la
polizia ci arresti. A causa della quarantena, sai... Ma
se ci prendono, almeno ci daranno da mangiare».
Quando il semaforo è diventato rosso, Muriel è
saltata in mezzo alla strada con due cerchi e tre maz-
ze. C’erano solo tre auto di fila. Il terzo ha gridato:
«Negra! Che ci fai per strada? Siamo in quarantena!»
Muriel ha ignorato l’insulto. Ha cercato di far gi-
rare i cerchi intorno alla vita, ma non ci è riuscita.
Non è riuscita neanche a far volteggiare le clave e
una si è schiantata sull’asfalto.
Si vergognava, lasciò passare le macchine e si se-
dette accanto a sua figlia. La debolezza le impediva
di essere un’artista di strada. E la fame. Quel vuoto
nelle sue viscere che la lasciava senza forza e senza
coordinazione.
Un ragazzino le passò accanto. Tornava da un ac-
quisto di pane. Muriel lo guardò e disse: «Ragazzo,
posso avere un pezzo di pane per la mia bambina?».
Il ragazzo la guardò e continuò a camminare fino a
quando non entrò nel palazzo dall’altra parte della
strada.
28
Luglio / Agosto 2020

3.9 Page 29

▲back to top
Poi arrivò la polizia. La interrogarono, le fecero il
test e le ordinarono di andare a casa. Tutti doveva-
no rispettare la quarantena obbligatoria.
«Non ci arrestate...?» chiese Muriel.
«No, signora. Non possiamo fermarti con una
bambina minorenne». Rispose uno dei poliziotti e
se ne andarono.
Loro sono rimaste lì. Affamate.
Muriel trattenne le lacrime. Aveva promesso a sua
figlia che avrebbero mangiato.
Poi è arrivato il Buon Samaritano, dalla casa dell’al-
tra parte della strada.
Il ragazzo che poco prima le aveva rifiutato il pane
stava tornando con la madre. Aveva due grandi
borse piene di cibo. Riso, pasta, latte, zucchero, fa-
rina, pollo, salsicce ecc. E le hanno date a Muriel.
«Ho preparato dei panini con formaggio, spero che
vi piacciano» disse la donna.
«Grazie, grazie, signora» rispose piangendo Muriel.
«Non piangete e andate a casa, dovete prendervi
cura di voi stesse. Tutti dobbiamo prenderci cura
di noi stessi».
«Signora, voglio scusarmi con suo figlio, per aver
pensato male di lui quando ci ha rifiutato un po’
di pane».
«Non preoccuparti... È stato Gabriel a riempire le
borse di cibo... Lui ti apprezza. Ti guarda sem-
pre dalla finestra, ti chiama “La ragazza hula hula
hoop”. Mio figlio è autistico, parla a malapena, ma
conosce le persone: ha questo dono».
«Siamo in quarantena... Puoi abbracciare Gabriel
per me? E in quell’abbraccio ringraziarlo? So che
alle persone autistiche non piacciono gli abbracci,
soprattutto da una donna estranea come me».
«Per mio figlio non sei un’estranea, ragazza hula
hula hoop».
Muriel sorrise, prese le borse e andò a casa felice.
Lungo la strada lei e la bambina divorarono i pani-
ni al formaggio. A casa, dentro la borsa trovò una
busta, con dei soldi e un biglietto. Muriel lo lesse,
abbracciando la figlia. Baciò la bambina e disse:
«Vedi Millie...? Te l’avevo detto che oggi avremmo
mangiato».
(Con Jon Kokura e Marcelo Adrian Sanchez)
Luglio / Agosto 2020
29

3.10 Page 30

▲back to top
I NOSTRI EROI
Pierluigi Cameroni
Un calvario per il vescovo
Lo volevano nella carriera
diplomatica, ma lui scelse di
essere educatore di ragazzi
poveri. Per sette anni fu vescovo,
e si batté per le chiese, le
scuole e le strade. Poi la croce
pesantissima e per vent’anni
silenzio e preghiera. La splendida
figura di monsignor Cognata.
Un ritratto
ufficiale del
vescovo e
(a destra)
monsignor
Cognata con
san Paolo VI.
Il 22 luglio del 1972 si spense a
quasi 87 anni di età monsignor
Giuseppe Cognata, vescovo sa-
lesiano e fondatore della congre-
gazione delle «Salesiane Oblate del
Sacro Cuore». Scomparve con lui
una figura non comune di sacerdote
fedele e pastore intraprendente, che,
sottoposto alle prove più sconfortanti,
seppe uscirne grazie a una fede senza
limiti nella Provvidenza e nei suoi di-
segni misteriosi, e grazie a un’umiltà
disposta alle più dure rinunce.
Un annuncio pasquale
Il Rettor Maggiore dei Salesiani, don
Ángel Fernández Artime, sabato 18
30
Luglio / Agosto 2020

4 Pages 31-40

▲back to top

4.1 Page 31

▲back to top
aprile 2020 nella gioia del tempo pasquale e nella
festa della Divina Misericordia, ha annunciato la
seguente comunicazione pervenuta dalla Congrega-
zione delle Cause dei Santi: «La Congregazione per
la Dottrina della Fede, con Lettera del 17 febbraio
c.a., ha comunicato a questo Dicastero che il Santo
Padre “dopo attento e ponderato esame, ha dato il
Suo augusto consenso alle richieste di religiosi e laici
che impetravano l’apertura della Causa di beatifica-
zione di S.E. monsignor Giuseppe Cognata, S.D.B.,
Vescovo di Bova”».
Dietro a tale provvedimento di papa Francesco c’è
una storia lunga e dolorosa fatta di accuse infaman-
ti e ingiusta condanna che portò il vescovo sale-
siano ad essere unito all’oblazione di Gesù, sigil-
lando con l’offerta della sua vita la sua vocazione
salesiana, il suo ministero episcopale, il suo essere
fondatore.
Nato a Girgenti (Agrigento) il 14 ottobre 1885 da
famiglia benestante e influente (il padre era avvo-
cato, il nonno senatore), Giuseppe Cognata a 12
anni frequentò il collegio salesiano di Randazzo e
vi maturò la sua futura vocazione. Una vocazione
che venne messa alla prova dalla famiglia, non con-
traria alla sua scelta del sacerdozio, ma che prefe-
riva vederlo – anziché educatore di ragazzi poveri
– avviato alla carriera diplomatica a servizio della
Santa Sede. Su insistenza dei genitori, frequentò il
qualificato collegio Capranica, ma ne uscì deciso
più di prima a farsi salesiano.
Il 5 maggio 1908 il chierico Giuseppe Cognata
emetteva la professione perpetua a San Gregorio di
Catania, nelle mani dell’allora Rettore Maggiore
don Michele Rua, oggi Beato, e l’anno dopo, il 29
agosto 1909, riceveva ad Acireale l’ordinazione sa-
cerdotale. Aveva conseguito brillantemente la lau-
rea sia in Lettere sia in Filosofia ed ora andava ai
giovani non solo come professore e assistente, ma
come sacerdote pieno di zelo, svolgendo la sua mis-
sione in Sicilia a Bronte, nel Veneto a Este, nelle
Marche a Macerata.
La Prima Guerra Mondiale vide don Cognata
soldato a Palermo, Trapani, Padova. E proprio a
Monsignor
Cognata con
le sue suore
e (a sinistra)
mentre
guida una
processione
nella diocesi
di Bova.
Luglio / Agosto 2020
31

4.2 Page 32

▲back to top
I NOSTRI EROI
nei centri più piccoli, sperduti, abbandonati. Nac-
que così l’8 dicembre 1933, la Congregazione delle
Salesiane Oblate del Sacro Cuore.
Poco prima
della partenza
per il Paradiso
e (sotto) la sua
tomba a Tivoli
nella Casa
Generalizia
delle Salesiane
Oblate.
Trapani gettò le prime basi dell’Opera salesiana
che fu chiamato a dirigere alcuni anni dopo. Fu
direttore di opere, ma più ancora direttore di ani-
me. Da Trapani fu chiamato a dirigere il collegio
di Randazzo (Catania), poi quello di Gualdo Ta-
dino in Umbria e finalmente fu direttore al “Sacro
Cuore” di Roma.
Vescovo e Fondatore
Pio XI nel Concistoro del 16 marzo 1933 nominò
don Giuseppe Cognata vescovo di Bova, una Dio-
cesi della Calabria particolarmente povera e disa-
giata. Ricevette l’ordinazione episcopale il 23 aprile
successivo nella basilica del Sacro Cuore a Roma
dal cardinale salesiano Augusto Hlond, Arcivesco-
vo metropolita di Gniezno e Poznań, oggi Vene-
rabile, consacranti il Vescovo salesiano di Sutri e
Nepi Luigi Maria Olivares, anch’egli Venerabile, e
monsignor Romolo Genuardi, vescovo ausiliare di
Palermo. Attraverso sentieri scoscesi e mulattiere
monsignor Cognata – che aveva scelto come motto
episcopale l’espressione paolina «Caritas Christi ur-
get nos» – volle visitare e confortare non solo tutti i
paesetti della diocesi, ma anche i gruppi di povere
famiglie sparse qua e là nei luoghi più remoti e più
inaccessibili. Diede vita a una pia società di giovani
generose, disposte a lavorare con coraggio e gioia
Nel silenzio e nella solitudine
Nel 1939 una bufera infernale si scatenò contro il
Fondatore e la sua Istituzione. Il 20 dicembre 1939
la Congregazione del Sant’Uffizio, sulla base di
false accuse, condannò ingiustamente monsignor
Cognata alla destituzione dalla dignità episcopale.
Egli allora andò lontano, vivendo per lunghi anni
nel silenzio e nella solitudine, separato dalle sue fi-
glie spirituali. Venne accolto nelle case salesiane di
Trento e Rovereto fino al 1952 e poi in quella di
Castello di Godego (Treviso) fino al 1972, svol-
gendo un assiduo e apprezzato ministero di confes-
sore e guida spirituale.
La Croce è speranza, certezza di risurrezione e di
vita. Monsignor Giuseppe Cognata nella Pasqua
1962 venne reintegrato da papa Giovanni XXIII
nell’Episcopato. Partecipò così per volontà di papa
Paolo VI alla seconda, alla terza e alla quarta ses-
sione del Concilio Vaticano II. Il 6 agosto 1963 fu
nominato Vescovo titolare di Farsalo. Il 29 genna-
io 1972 ebbe la gioia di sapere il suo Istituto rico-
nosciuto con il «Decreto di Lode» da parte della
32
Luglio / Agosto 2020

4.3 Page 33

▲back to top
UNA CATENA DI SANTITÀ
Il servo di Dio monsignor Giuseppe Cognata è l’ultimo
anello di quella catena di santità della nostra Famiglia
Salesiana che, cominciando con il venerabile Andrea
Beltrami e continuando con Augusto Czartoryski, Luigi
Variara, Laura Vicun˜ a, Eusebia Palomino, Alexandrina
da Costa, Nino Baglieri, Vera Grita e i numerosi martiri,
ha reso visibile e incarnato in modo speciale la dimen-
sione oblativa del carisma salesiano: la fecondità del
Da mihi animas dipende dalla radicalità del cetera tolle.
La Congregazione delle Salesiane
Oblate del Sacro Cuore aspettava
da tanto tempo questo lieto giorno.
Che cosa rappresenta l’avvio
della Causa di Beatificazione
del vostro fondatore?
Qual è l’attualità ecclesiale
della testimonianza evangelica
di monsignor Cognata?
Per me l’aspetto più bello e impegnativo che ha vissu-
to monsignor Cognata è quello della fiducia assoluta
nell’accettazione di quanto il Signore ha permesso.
Si tratta di quella docilità interiore che accoglie come
privilegio l’essere associati all’opera redentrice abbrac-
ciando la croce, per assomigliare al Maestro. Croce che
diventa anche possibilità di dono gioioso e serenità
interiore, anche nella prova.
Quando mi è pervenuta la notizia da tanto attesa e
sperata, dentro di me si sono rincorsi tanti sentimen-
ti, emozioni e volti di sorelle che in questi lunghi anni
hanno offerto, pregato e sofferto perché arrivasse que-
sto giorno. Una sola parola sentivo insistentemente
sgorgare dal mio cuore: “grazie”. Il grazie al Signore
che ha illuminato le tenebre dell’errore dando splen-
dore alla verità; grazie al Santo Padre papa Francesco
per il coraggio nel riconoscere l’innocenza di monsi-
gnor Cognata, dando un segno trasparente di giustizia
e rispetto. Questa volta sentivo scorrere lacrime di gio-
ia, finalmente la vita ha trionfato sulla morte.
Risonanza di madre Graziella Benghini
Superiora Generale delle Salesiane Oblate del Sacro Cuore.
Santa Sede. Si spense il 22 luglio del 1972 proprio
a Pellaro (Reggio Calabria), sede iniziale dell’at-
tività missionaria delle Salesiane Oblate. Le sue
spoglie riposano nella casa generalizia delle Suore
Oblate a Tivoli.
Don Luigi Castano così sintetizzò il profilo spi-
rituale di monsignor Cognata: «Gentiluomo per-
fetto, educatore per istinto e vocazione – proveniva
dalla Congregazione salesiana – letterato e parlato-
re forbito, pastore e apostolo di terre e popolazioni
bisognose, monsignor Cognata è anche fondatore
di un Istituto religioso femminile, chiamato a rac-
cogliere le “briciole”, o se vogliamo le spighe tra-
scurate o abbandonate nei campi di Dio… uomo
dell’umiliazione e della sofferenza; del sorriso mai
smentito e della bontà; e soprattutto della fiducia
in Dio e del completo abbandono ai misteriosi di-
segni della Provvidenza, che lascia cadere in terra
“il chicco di grano perché – con la sua distruzione
– rechi molti frutti” (Gv 12,24)».
Per conoscere monsignor Cognata
L. Castano, Il Calvario di un vescovo, Paoline, 2009.
G. Perrone, Il Vescovo di Bova. Mons. Giuseppe
Cognata (1885-1972), Pizza Editore, 2013.
Luglio / Agosto 2020
33

4.4 Page 34

▲back to top
COME DON BOSCO
Pino Pellegrino
Il contatto
visivo
Uno dei segni della fretta che
condiziona le persone del
nostro tempo è l’incapacità
crescente di comunicare con gli
occhi. I contatti tra le persone
si sono moltiplicati: internet,
e-mail, telefonino… E ci stiamo
dimenticando del contatto più
semplice: il contatto visivo.
In famiglia, scompaiono le occasioni che consen-
tivano alle persone di “guardarsi”. Una statisti-
ca afferma che il tempo medio che un genitore
trascorre con un figlio adolescente è attualmente
stimabile in 12 minuti al giorno. Anche il pasto della
sera non viene più consumato insieme, per le troppe
attività in cui ciascuno è impegnato e i diversi gusti
televisivi. Dei 12 minuti, almeno 10 vengono impie-
gati per dare istruzioni o verificare l’esecuzione di
quelle impartite il giorno precedente, gli altri minuti
si esauriscono in questioni poco significative.
È così che diventa realmente possibile la preghiera
ormai classica: «Signore, fammi diventare un tele-
visore, così la mia mamma e il mio papà mi guar-
deranno un po’ di più».
Il contatto visivo è guardare direttamente una per-
sona negli occhi. La maggioranza della gente non
capisce quanto questo contatto sia vitale. Quasi tut-
ti però conoscono il disagio di una conversazione
EMERGENZA UOMO
Il tempo si è fatto breve: o l’uomo
torna ad essere umano o i dinosauri
torneranno a trotterellare sulla Terra.
Se l’emergenza ecologica è allarmante,
l’emergenza antropologica è drammatica.
Urge fermare lo scardinamento
dell’uomo con proposte concrete
come quelle che, di mese in mese,
offriamo ai lettori.
con qualcuno che guarda costantemente altrove e
che è incapace di guardare in faccia l’interlocutore.
Le persone hanno bisogno di essere guardate. A
che cosa servono le tante cure al vestito, al look, al
corpo se non per attirare l’attenzione e lo sguardo
degli altri? Anche il piercing, i tatuaggi e le spesso
sconcertanti originalità degli adolescenti sono l’in-
quietante invocazione: «Guardatemi!».
Il contatto visivo è essenziale non solo per co-
municare con i bambini ma per soddisfare i loro
bisogni emotivi. Il bambino utilizza il contatto vi-
sivo con i genitori per nutrirsi emotivamente. Con
gli occhi si comunica amore. Lo sanno bene gli in-
namorati. Tutti sentono la profonda emotività della
frase «Mangiarsi con gli occhi». Anche l’evangeli-
sta Marco nell’episodio dell’incontro tra Gesù e il
giovane ricco, afferma: «Gesù, fissatolo, lo amò…».
Lo sguardo dei genitori significa amore, atten-
zione reale, apprezzamento e interesse. Gli occhi
dei genitori sono una fonte di valore e una forma
di nutrimento morale ed emotivo. Un figlio mol-
tiplica il proprio impegno se si sente guardato dai
genitori. Purtroppo molti genitori sono occupati a
far tante cose per i propri figli e poi si dimenticano
di “guardarli”.
Ormai è provato: lo sguardo caldo e in-
coraggiante dell’insegnante aumenta
l’impegno dell’alunno, lo aiuta a ca-
pire meglio ciò che gli viene detto.
Così pure è certo che i bambini
memorizzano meglio le fiabe rac-
contate guardandoli negli occhi.
34
Luglio / Agosto 2020

4.5 Page 35

▲back to top
Insomma, la mancanza del contatto visivo è un
danno umano di non poco conto e non utilizzar-
lo sarebbe da irresponsabili. Anche perché esiste il
pericolo della sua scomparsa (o quasi) a causa della
inarrestabile e sempre più invadente comunicazione
digitale! L’insidia è davvero alta. Il cellulare, il tablet,
lo smartphone connettono, ma non mettono in relazione.
I “connessi” non sentono la vibrazione dello stare
vicino l’uno all’altro, del guardarsi, dello sfiorarsi.
Si è scoperto che i ragazzi che chattano molto
non arrossiscono più ed hanno difficoltà a fis-
sarsi negli occhi. Questa è povertà umana!
Nei campi di concentramento tedeschi era se-
veramente proibito ai prigionieri guardare negli
occhi le guardie di sorveglianza, per timore che
queste avrebbero potuto intenerirsi ed essere
meno dure.
Quello dell’occhio poliziesco dei genitori che con-
trollano ogni mossa del figlio, lo pedinano tutto
il giorno, gli soffiano continuamente sul collo,
gli razionano i metri di libertà. L’occhio poli-
ziesco non è fattore di crescita: potrà fare un di-
sciplinato, ma non un educato. “Mai la catena ha
fatto buon cane”, recita l’indovinato proverbio.
Un secondo tipo di contatto visivo sbagliato è
quello dell’occhio minaccioso, fulminante. “Guar-
dami negli occhi!”, urlano alcuni genitori che si
dimenticano che la paura non ha mai innalzato
alcuno, ma ha sempre solo formato nani.
Terzo tipo di contatto visivo sbagliato (il peg-
giore tra tutti!) è quello dell’occhio indifferente.
L’indifferenza è sempre insopportabile: ti gela
l’anima, ti fa perdere la voglia d’essere al mondo.
L’indifferenza è la sorella gemella della crudeltà!
I contatti sbagliati
Fin qui tutto pare correre liscio. In realtà non è
così. Non tutti i contatti visivi, infatti, hanno va-
lenza umanizzante.
Vi sono contatti sbagliati che
danneggiano la nostra
crescita umana ed
altri che la favo-
riscono.
I contatti buoni
Passiamo ai contatti buoni.
Contatto buono è quello dell’occhio generoso che
vede ciò che nessuno vede.
Un tale si era innamorato della celebre cantante e
ballerina Elena Sontag che vedeva stupenda.
Un giorno un amico gli disse: “Ma non hai notato
che la signorina ha un occhio più piccolo dell’altro?”.
“Macché – ribatté il convinto ammiratore – “ha un
occhio più grande dell’altro!”.
A questi livelli di generosità (di umanità) possono
arrivare gli occhi generosi, i più apprezzati dai pe-
dagogisti che sono d’accordo con la magnifica
intuizione dello scrittore francese François
Mauriac: “Amare qualcuno significa essere l’uni-
co a vedere un miracolo che per tutti è invisibile”.
Buono è il contatto visivo incoraggiante
che dà la spinta e fa volare alto.
Buono è il contatto visivo accogliente che
ti avvolge come un manto ripieno d’amore e
di empatia. Un contatto visivo con tali carat-
teri ha più valenza umanizzante di tutti i
milioni di contatti digitali del mondo
messi insieme!
Luglio / Agosto 2020
35

4.6 Page 36

▲back to top
LA LINEA D’OMBRA
Alessandra Mastrodonato
La scommessa
del perdono
L a strada del perdono appare spesso come un
sentiero difficile da imboccare. Non è facile
mettere da parte il risentimento, lasciar an-
dare la rabbia, vincere l’amor proprio, per far
posto ad un altro tipo di amore, che si nutre della
sincera comprensione della debolezza e della falli-
bilità di ciascuno. Ciò implica, infatti, la capacità di
compiere un deciso salto di qualità rispetto ad at-
teggiamenti assolutamente legittimi da un punto di
vista morale, come il senso di giustizia, o comunque
considerati “ragionevoli” nell’am-
bito della normale espressione dei
sentimenti umani o nella prospet-
tiva di un’ordinata regolamenta-
zione dei rapporti sociali, come il
E ora che abbiamo capito /
e abbiamo spazio infinito, /
brindiamo al nostro passato,
/ buttiamo alle spalle quello
che è stato... / Vedrai che
cambierà, cambierà e se
cambierà / vale anche
perdonare, perdonare /
non è mai facile!
bisogno di essere risarciti per un torto ricevuto, di
sanzionare chi trasgredisce ad una norma comune,
di revocare la propria fiducia a chi dimostra di esse-
re inaffidabile sul piano del comportamento.
Difficile volersi bene,
non metterci mai le catene,
la somma di tutti gli errori
ci ha reso comunque migliori.
In mezzo al casino del mondo,
negli occhi hai il senso profondo
di questa vita...
Difficile per ogni uomo
non restare sempre bambino,
mi accetti per quello che sono,
mi senti per quello che suono.
E ora che, giorno per giorno,
ci metto il mio istinto, l'impegno,
esiste soltanto averti accanto
ed esserne degno...
36
Luglio / Agosto 2020

4.7 Page 37

▲back to top
Rispetto a tali esigenze, la logica del perdono può
apparire, talvolta, perdente, eccessivamente arren-
devole e remissiva, o quanto meno molto rischiosa,
nella misura in cui comporta l’apertura di un cre-
dito verso l’altro, a fronte di promesse assai fragili e
aleatorie e di un’unica certezza che ci pesa sul cuore
con la concretezza opprimente di una montagna:
una delusione subita nel passato che non è escluso
possa reiterarsi anche in futuro.
Ma se è vero che il perdono non cancella ciò che è
stato, esso rappresenta uno strumento potente per
riconciliarci con un passato spesso inquinato da
situazioni conflittuali e interromperne l’inevitabi-
le strascico di sofferenza e recriminazioni. Se non
può offrirci garanzie certe su ciò che sarà, ci resti-
tuisce il senso autentico del futuro, insegnandoci
che vale molto di più scommettere su ciò che si può
ancora essere che rinvangare all’infinito gli errori
commessi e i torti subiti. Se non ci mette al riparo
dalla fatica dell’impegnarci giorno dopo giorno per
ri-costruire un’etica della fiducia, ci dona la serenità
del cuore, liberandoci dal continuo sospetto verso
l’altro e dalla paura di amare incondizionatamente.
È proprio questo, del resto, il significato profon-
do della parola “perdono”: essa allude alla capacità
di “donarsi pienamente” e, in tal senso, chiama in
causa la disponibilità a mettersi completamente in
gioco nelle relazioni affettive, accettando anche il
rischio dell’errore, del conflitto e della delusione,
che sono elementi ineliminabili e necessari in ogni
rapporto d’amore, poiché ci ricordano che l’indivi-
dualità dell’altro è irriducibile alle nostre pretese e
aspettative.
Da questo punto di vista, l’esercizio del perdono
non è mai un percorso indolore, poichè implica
una rivoluzione interiore, una conversione del cuore
che disorienta e sorprende sia chi lo offre sia chi lo
riceve. Una conversione che parte dal riconoscersi
nella condizione di perdonati – giacché nessuno è
esente da sbagli e mancanze – e approda alla con-
sapevolezza che, di fronte ai cortocircuiti delle re-
lazioni interpersonali, è sempre possibile ripartire,
Difficile crescere insieme,
mischiare veleno col miele,
la somma dei nostri difetti
insieme ci rende perfetti...
In mezzo alla tempesta noi siamo ancora qui,
tenendoci più forte per non perderci.
Vedrai che cambierà, cambierà e se cambierà
vale anche perdonare, perdonare
non è mai facile!
Rialziamoci da terra, ripartiamo da qui,
se ancora due destini dicono di sì.
Lo so che cambierà, cambierà e se cambierà
tu mi sai perdonare, perdonare...
Così questo cuore ti è grato
e non ti darà per scontato:
è tutto quello in cui credo,
sei in tutto quello che vedo.
E ora che abbiamo capito
e abbiamo spazio infinito,
brindiamo al nostro passato,
buttiamo alle spalle quello che è stato...
Vedrai che cambierà, cambierà e se cambierà
vale anche perdonare, perdonare
non è mai facile!
Rialziamoci da terra, ripartiamo da qui,
se ancora due destini dicono di sì.
Lo so che cambierà, cambierà e se cambierà
amare, perdonare, perdonare...
(Nek, Perdonare, 2020)
ricucendo con cura e pazienza i lembi sdruciti del
rapporto con l’altro e formulando una nuova scom-
messa d’amore, nella ricerca sincera di una felicità
che non sia a buon mercato.
Si tratta, certo, di una prospettiva esigente, che
richiede un impegno quotidiano di mediazione e
comprensione reciproca, ma è solo attraverso questa
strada in salita che si giunge a costruire relazioni
mature ed è possibile progredire nel cammino verso
l’adultità.
Luglio / Agosto 2020
37

4.8 Page 38

▲back to top
LA STORIA SCONOSCIUTA DI DON BOSCO
Francesco Motto
I libri itineranti
di don Bosco
“Il buon libro entra persino
nelle case ove non può entrare
il sacerdote… Talora rimane
polveroso sovra un tavolino o in
una biblioteca. Nessuno pensa a
lui. Ma vien l’ora della solitudine,
o della mestizia, o del dolore, o
della noia, o della necessità di
svago, o dell’ansia dell’avvenire,
e questo amico fedele depone la
sua polvere, apre i suoi fogli e…”.
Ispezione
nella stanza
di don
Bosco. Era
considerato
pericoloso.
Mi è venuta in mente questa citazione di
una bellissima lettera-circolare di don
Bosco del luglio 1885 quando ho senti-
to e letto che molti italiani, costretti a
rimanere in casa per oltre due mesi dall’emergenza
corona virus, hanno letto o riletto qualche libro di-
menticato su uno scaffale di casa.
“Senza libri non c’è lettura e senza lettura non c’è
conoscenza; senza conoscenza non c’è libertà”, leg-
go su internet, non so se scritto da qualche nostal-
gico o affezionato ai libri o da qualche buon cono-
scitore di Cicerone.
Don Bosco dal canto suo, appena terminati gli stu-
di, si è fatto subito scrittore e qualche suo libro è
poi diventato un autentico best seller con decine e
decine di edizioni e ristampe. Una volta poi fondata
la congregazione, ha invitato i suoi giovani collabo-
ratori a fare altrettanto, servendosi di una tipogra-
fia in proprio avviata nella stessa casa di Valdocco.
In un tempo in cui tre quarti degli Italiani erano
analfabeti così scriveva nella succitata circolare:
“Un libro in una famiglia, se non è letto da colui a
cui è destinato o donato, è letto dal figlio o dalla
figlia, dall’amico o dal vicino. Un libro in un paese
talora passa nelle mani di cento persone. Iddio solo
conosce il bene che produce un libro in una città,
in una biblioteca circolante, in una società d’operai, in
un ospedale, donato come pegno di amicizia. E ag-
giungeva: “In meno di trent’anni sommano circa a
venti milioni i fascicoli o volumi da noi sparsi tra
il popolo. Se qualche libro sarà rimasto trascurato,
altri avranno avuto ciascuno un centinaio di lettori,
e quindi il numero di coloro ai quali i nostri libri fecero
del bene si può credere con certezza di gran lunga mag-
giore del numero dei volumi pubblicati”.
Con un po’ di fantasia potremmo dire che in qual-
che modo la rete editoriale di don Bosco annuncia-
va oggi tanto il libro online, che sta lì a disposizione
di tutti, che cammina da solo, quasi vagabondo,
quanto l’e-book, l’unico che nella perdurante crisi
della lettura in Italia in questi anni fa registrare
38
Luglio / Agosto 2020

4.9 Page 39

▲back to top
nuovi acquirenti e nuovi lettori grazie anche al suo
costo ridotto.
La concorrenza
La concorrenza alla lettura di un libro è forte: oggi
si passano ore ed ore con gli occhi fissi su Facebook,
WhatsApp e Instagram, blog e piattaforme di ogni
genere per mandare e ricevere messaggini, per ve-
dere e spedire foto, per guardare filmati e ascoltare
musica. Di per sé potrebbero essere tutte cose belle,
buone e giuste, ma possono sostituire la lettura di
un buon libro?
Qualche dubbio è legittimo. I social per lo più sono
promotori di una sorta di cultura dell’effimero, del
transitorio, del frammentario – anche senza pensare
subito all’alluvione delle fake news – dove ogni nuova
comunicazione elimina quello precedente. Lo dicono
i nomi stessi: SMS “servizio di un breve messaggio” o
Twitter, cinguettio di uccello, Instagram, ossia imma-
gine veloce pubblicata sul momento. Essi trasmet-
tono rapide informazioni, brevissime condivisioni di
esperienze e stati d’animo con persone con cui sei già
in contatto. I libri, i buoni libri invece, quelli pensati
e meditati, sono in grado di suscitare interrogativi,
di farci percepire in profondità la bellezza che si tro-
va nella natura e nell’arte in tutte le sue forme, nella
solidarietà fra gli uomini, nella passione e nel cuo-
re che mettiamo in ogni nostra azione. E non solo,
perché è proprio una vasta cultura generale, data so-
prattutto dai libri di storia in particolare, quella che
offre alle classi dirigenziali la duttilità, la capacità di
orientamento, l’ampiezza di orizzonti che, unite alle
competenze, servono per compiere le scelte di portata
generale e di natura complessiva che loro competo-
no. Del deficit di tale cultura ce ne stiamo rendendo
conto proprio in questi giorni di pandemia.
hanno scritti libri per la gioventù, ha fatto crescere
migliaia di giovani come “onesti cittadini e buoni
cristiani”. Quanto è malinconico oggi venire a co-
noscenza che circa mezzo milione di ragazzi in Ita-
lia frequentano istituti scolastici privi di biblioteca!
Certo è più facile e immediatamente redditizio co-
struire nuovi supermercati, nuovi centri commer-
ciali, cinema all’avanguardia, catene multinazionali
che trattano tecnologia e innovazione.
Libri cartacei o i libri online – oggi le biblioteche
grazie alla tecnologia offrono interessantissimi ser-
vizi a distanza di vario genere – non fa differenza:
purché facciano crescere in umanità. Ad una con-
dizione però: che siano leggibili e a disposizione di
tutti, anche dei non nativi digitali, anche di chi non
ha gli strumenti dell’ultimissima generazione, an-
che a chi vive in situazioni disagiate. Lo ha scritto
don Bosco nella lettera succitata: “Rammentatevi
che s. Agostino divenuto Vescovo, benché esimio
maestro di belle lettere ed oratore eloquente, prefe-
riva le improprietà di lingua e la niuna eleganza di
stile, al rischio di non essere inteso dal popolo”. È
quanto continuano a fare attualmente i figli di don
Bosco, con libri, con libretti divulgativi, con video
e materiali postati nel web, che continuano a girare,
oggi come ieri, in tutte le lingue ovunque, fino agli
estremi confini della terra.
L’attentato
a don Bosco
mentre
predicava
nella cappella
Pinardi.
Volevano
impedirgli
di parlare e
di scrivere
“perché la
gente lo
capiva”!
La biblioteca di don Bosco
Don Bosco con la diffusione dei suoi libri, con la
biblioteca di Valdocco ricca di 15 mila libri, con
la sua tipografia, con le biblioteche delle singo-
le case salesiane, con uno stuolo di salesiani che
Luglio / Agosto 2020
39

4.10 Page 40

▲back to top
I NOSTRI SANTI
A cura di Pierluigi Cameroni postulatore generale
Coloro che ricevessero grazie o favori per intercessione
dei nostri beati, venerabili e servi di Dio, sono pregati
di segnalarlo a postulatore@sdb.org
Per la pubblicazione non si tiene conto delle lettere
non firmate e senza recapito. Su richiesta si potrà
omettere l’indicazione del nome.
IL SANTO DEL MESE
In questo mese di luglio preghiamo per la beatificazione
del Servo di Dio Silvio Galli, Salesiano sacerdote.
Don Silvio Galli nasce il 10 set-
tembre 1927 a Palazzolo Mila-
nese (MI) da Giuseppe e Carca-
no Luigia, primo di otto fratelli.
Battezzato il 12 settembre 1927,
viene cresimato il 3 ottobre
1938 dal beato cardinal Alfredo
Ildefonso Schuster. Frequenta
il ginnasio presso l’Istituto sa-
lesiano S. Ambrogio di Milano.
Terminato il noviziato a Mon-
todine (CR), emette la prima
professione come salesiano l’11
settembre 1943 e quella per-
petua nel 1949. Viene ordinato
sacerdote il 1 luglio 1953. Du-
rante il tirocinio pratico a Varese,
don Silvio stringe una profonda
amicizia spirituale con Domeni-
chino Zamberletti, un ragazzino
morto in concetto di santità.
Destinato alla casa di Bologna,
consegue la laurea in Lettere e
dal 1959 fino al termine della
vita sarà a Chiari (Brescia), de-
dicandosi nei primi anni all’in-
segnamento degli aspiranti
alla vita salesiana e poi con il
passare degli anni sempre più
nel servizio generoso ai poveri,
agli immigrati, ai carcerati, a chi
ha fame, a chi non ha casa, ai
tossicodipendenti, agli alcolisti,
ai malati di mente, a variegate
forme di povertà materiale, spi-
rituale e morale. Con l’aiuto di
generosi volontari e benefattori
fonda il Centro di accoglienza
Auxilium. Con la vita e la paro-
la insegna a scoprire e a servire
Cristo nei poveri, testimoniando
la carità del Buon Pastore.
Conclude la sua vita terrena il 12
giugno 2012, circondato da una
diffusa fama di santità e di segni
che con gli anni va crescendo tra
persone di ogni ceto sociale, che
riconoscono in lui un uomo di
Dio, un autentico devoto di Ma-
ria Ausiliatrice, un vero figlio di
don Bosco, confermando così la
sua promessa: «Appena giungo
in paradiso mando una cesta
piena di grazie a tutti coloro che
mi hanno conosciuto».
Preghiera
Padre buono e misericordioso,
noi ti rendiamo grazie perché in don Silvio Galli, Salesiano di don Bosco,
ci hai dato un vero discepolo del Maestro delle Beatitudini:
un povero di cuore aperto alle necessità del prossimo;
un uomo mite e umile, segno della consolazione dello Spirito
per tanti fratelli e sorelle feriti nell’anima e nel corpo;
un appassionato ministro del perdono
che guardava ad ogni persona con misericordia;
un puro di cuore aperto alla tua grazia;
un operatore di pace, seminatore di speranza;
un fedele compagno della croce fino al termine della vita.
Ti supplichiamo, per l’intercessione della Vergine Ausiliatrice,
a cui fin da ragazzo si è affidato con cuore di figlio,
di glorificare questo tuo Servo fedele
e di concedere a noi, per sua intercessione,
la grazia che fiduciosi chiediamo.
Amen!
CRONACA DELLA POSTULAZIONE
Nell’esultanza del tempo pasquale e nella festa della Divina
Misericordia, il Rettor Maggiore dei salesiani ha annuncia-
to che la Congregazione delle Cause dei Santi, con lettera
inviata in data 15 aprile 2020 al Postulatore Generale dei
Salesiani (Prot. VAR. 8579/20), don Pierluigi Cameroni, a
firma di monsignor Marcello Bartolucci, Segretario della
medesima Congregazione, comunica: «Sono lieto di infor-
marLa che la Congregazione per la Dottrina della Fede, con
Lettera N. Prot. 911/1935-AS265-74579 del 17 febbraio c.a.,
ha comunicato a questo Dicastero che il Santo Padre “dopo
attento e ponderato esame, ha dato il Suo augusto con-
senso alle richieste di religiosi e laici che impetravano
l’apertura della Causa di beatificazione di S.E. Mons.
Giuseppe Cognata, S.D.B., Vescovo di Bova”».
Ringraziano
Sono una delle prime coopera-
trici salesiane di Siracusa, di 91
anni; come tale mi sono affidata
sempre a Maria Ausiliatrice e a
san Giovanni Bosco. Il 31 genna-
io 2019, festa di questo santo mio
protettore, sono caduta riportan-
do una brutta frattura al femore.
I medici, dopo l’operazione fatta
d’urgenza, erano alquanto scet-
tici circa la mia guarigione. Oggi,
ritenendomi guarita miracolosa-
mente, attribuisco la mia ripresa
in salute alla protezione di don
Bosco e Maria Ausiliatrice, che
ringrazio con tutto il cuore.
(lettera firmata)
Io e mio marito siamo consa-
crati nell’Opera dei Tabernacoli
Viventi. Desideriamo testimo-
niare la grazia ricevuta per in-
tercessione della serva di Dio
Vera di Gesù. Una nostra figlia
stava vivendo un brutto perio-
do di depressione ed eravamo
molto preoccupati per la sua sa-
lute. A novembre 2019 una so-
rella del gruppo dei Tabernacoli
Viventi di Pordenone ci ha pro-
posto di iniziare insieme, uniti
spiritualmente, una novena a
Vera di Gesù per la guarigione
di nostra figlia e per la canoniz-
zazione di Vera di Gesù. Abbia-
mo accettato molto volentieri,
poi il tempo è passato tra psico-
logi, psichiatri e farmaci. Infine
Vera di Gesù ha interceduto per
noi una grande grazia: nostra
figlia ha trovato un bel lavoro
a tempo indeterminato, molto
appagante nonostante non
abbia ancora conseguito il di-
ploma e con un trattamento
economico e un livello più che
soddisfacenti. I suoi titolari le
danno molta stima e fiducia.
E ... sorpresa! La sua titolare si
chiama ... VERA!!!
Donatella e Giuliano – Pordenone
40
Luglio / Agosto 2020

5 Pages 41-50

▲back to top

5.1 Page 41

▲back to top
IL LORO RICORDO E` BENEDIZIONE
Enrico Bergadano
Don Nicola Faletti
Morto a Ivrea, l’8 gennaio 2020, a 103 anni
Nicola Faletti nasce il 26 genna-
io 1917 a Cimena, frazione di S.
Raffaele, da Giovanna Saroglia
e Alessandro Faletti, penultimo
di sette figli: famiglia contadina,
semplice, umile e profonda-
mente religiosa.
La cugina Francesca Negro di-
venterà suora delle Figlie di Ma-
ria Ausiliatrice, infermiera.
Uno zio, Giuseppe Faletti, sarà
religioso salesiano, coadiutore
e missionario in Venezuela e
influenzerà non poco il giova-
nissimo Nicola nella sua scelta
di essere anche lui salesiano di
don Bosco e, se Dio vorrà, anche
lui missionario.
Da piccolo Nicola mangia poco e
la mamma sovente gli dice: «Ti,
Nicola, it mangii poch’, perché it
l’as la pansa cita».
Lo zio salesiano convince papà
Alessandro ad iscrivere Nicola a
Valdocco in Torino, anziché alle
scuole di Avviamento di Chivas-
so. Nella casa di Valdocco Nicola
vive a contatto con i salesiani
della prima ora; è presente alla
traslazione della salma di don
Bosco nel santuario di Maria Au-
siliatrice. Qui ancora, nel marzo
1930, partecipa alla messa di Tri-
gesima in memoria di don Cal-
listo Caravario, trucidato in Cina
insieme a Mons. Luigi Versiglia.
Parecchi anni dopo, don Nicola
diventerà instancabile diffuso-
re e custode della memoria di
questo santo martire originario
di Cuorgnè.
Per la V Ginnasio è trasferito ad
Avigliana, e tra i vari incarichi è
addetto alla distribuzione dei
pasti ai poveri che si presenta-
no al Santuario. Poi il Noviziato
a Monte Oliveto nel 1933. Poi a
Foglizzo per gli studi di Filoso-
fia, poi il tirocinio a Valdocco per
quattro anni. Nel ’40 è a Torino-
Crocetta per la Teologia e qui
consegue il suo famoso patenti-
no di operatore cinematografico
e diventa “proiezionista”.
A causa della guerra e dei bom-
bardamenti aerei sul capoluogo
piemontese è trasferito per un
anno a Bagnolo Piemonte. Do-
menica 2 luglio 1944 è ancora
a Valdocco per essere ordinato
prete dal cardinal Maurilio Fos-
sati. Papà Alessandro andrà in
cielo prima di poter servire mes-
sa al suo don Nicola.
Per un anno, dopo l’ordinazio-
ne, viene mandato a Chieri per
completare gli studi teologici e
come assistente dei ragazzi.
Dal 1945 si apre il grande capi-
tolo di don Faletti nel Canavese.
Comincia con San Benigno,
dove rimarrà per 16 anni, prin-
cipalmente come economo ed
insegnante. Qui nasce la cono-
scenza e l’amicizia con un giova-
ne chierico originario di Roma-
no Canavese, Tarcisio Bertone.
Insieme si lanciano in svariate
attività: oratorio, recite teatrali,
banda musicale, gite…
E proprio don Faletti verrà scelto
per tenere l’omelia della prima
messa di don Bertone quando
il futuro Cardinale sarà ordinato
sacerdote.
Dal 1961 al ’65, breve parentesi
a Fossano. Nel settembre 1965
ritorna in Canavese, a Cuorgnè
all’Istituto “Giusto Morgando”
come consigliere, insegnante e
rettore della nuova chiesa che
verrà consacrata nel ’66. Cap-
pellano della casa delle Figlie di
Maria Ausiliatrice a Castelnuo-
vo Nigra, dove “svolge un ser-
vizio religioso caratterizzato da
dedizione e serena paternità”,
come ebbe a dire l’Ispettrice
FMA dell’epoca. Servizio svolto
in ogni occasione e con qualsia-
si tempo, in auto, in pullman e,
non poche volte, a piedi.
Nel 1972 il vescovo di Ivrea,
monsignor Luigi Bettazzi è il
principale responsabile del con-
nubio Faletti-Villa Castelnuovo:
amore condiviso e inossidabile.
All’improvviso, imprevedibile,
gli cade fra capo e collo la re-
voca (da parte del superiore
salesiano) dell’incarico pasto-
rale a Villa Castelnuovo. È una
miccia che accende nell’animo
pastorale di don Nicola mille
fuochi d’artificio: Cooperatori,
Exallievi, ritiri spirituali, Uni-
versità della Terza Età, cinefo-
rum, visite a tappeto ai malati,
e poi... viaggi e pellegrinaggi
ovunque ci sia qualcosa di
bello da vedere o un santuario
della Madonna: Oropa, Loreto,
Madonna della Guardia, 33
volte a Lourdes, 13 a Fatima,
14 a Medjugorje. Dal 2006 don
Faletti è “costretto” a trasferirsi
ad Ivrea, al “Cagliero”, ma non
cessa di assicurare il suo prezio-
sissimo servizio pastorale alle
comunità di Cuorgnè, di Villa e
ovunque lo chiamino le persone
che hanno bisogno del suo con-
siglio, del suo incoraggiamento,
del suo servizio pastorale.
Gli ultimi 13 anni trascorsi da
don Faletti ai Salesiani del “Ca-
gliero” di Ivrea sono storia re-
cente; gli ultimi metri per que-
sto maratoneta di Dio, il “Don
Bosco del Canavese”, in tante
occasioni il più giovanile dei sa-
lesiani della comunità, per tutti
noi un grande esempio.
Qualche preoccupazione, è nor-
male, per la tua salute. Nel 2009
ci preoccupa una brutta polmo-
nite. Ci preoccupa soprattutto
il fatto che tu, don Nicola, beva
acqua; ma è acqua di Lourdes
nella tipica bottiglietta di plasti-
ca offerta da amici di Laigueglia,
tramite l’onnipresente buon Pie-
ro, che organizza anche l’incon-
tro storico con Papa Francesco
nel 2014. Qualche preoccupa-
zione, è naturale. Ma Simona,
Marilena, Michele, gli amici di
Villa e i confratelli della casa ti
sono costantemente accanto,
non tanto per aiutarti a stare in
piedi, ma per cercare di tenerti
seduto. Qualche preoccupazio-
ne, è chiaro. E don Cavicchiolo
che si sforza invano di convin-
certi che il Barbera e la Bonarda
sono vini buoni e se proprio non
li gradisci più, certamente ber-
rai vini migliori in Paradiso.
Emozione, certo, e sgomento
perché te ne sei andato. Ma
così va la vita.
Se oggi siamo così commossi
ma nello stesso tempo sereni,
è perché tu ci hai voluto tanto
bene e noi ti vogliamo tanto
bene. Tutto è grazia. Oggi, è
vero, c’è in giro qualche lacri-
ma. Ma tutto il resto è gioia.
Luglio / Agosto 2020
41

5.2 Page 42

▲back to top
IL CRUCIVERBA
Roberto Desiderati
Scoprendo don Bosco
DEFINIZIONI
La soluzione nel prossimo numero.
ORIZZONTALI. 1. Quando c’è ne con-
segue una scarsa efficienza - 15. Im-
prevista, non aspettata - 16. Rischiara
le tenebre - 17. Sono dispari nell’atti-
co - 18. Insegnante (abbr.) - 20. Uffici
Tecnici di Finanza (sigla) - 21. La Perego
della Tv (iniz.) - 22. Catena spagnola di
abbigliamento diffusa in tutto il mondo
- 24. Ha il compito di portare la fiacco-
la olimpica - 27. Caloria in breve - 28.
XXX - 31. Fuori Corso - 32. Una riva
artificiale - 33. Non vanno calpestate -
? 34. Una memoria del computer - 36.
Fanno diventare dolente il dente! - 38.
Le istituzioni come comuni e province -
40. Lo stare in qualche luogo solo per
farsi vedere, senza partecipare - 47. In
?
mezzo alla neve - 48. Uccide animali
violando la legge, bracconiere.
L’ANNO DELLA POVERTÀ
A metà della seconda decade del 1800 si abbatté nel nord
Italia una grave carestia che portò miseria e disperazione tra
il popolo, e i più umili, soprattutto quelli che si sostentavano
con i lavori dei campi, patirono la fame. Interi raccolti andarono
perduti e coltivazioni di alcune importanti varietà (riso, mais, gelsi ecc.) ridussero drasticamente la
produzione. Nel capoluogo piemontese folle di individui ridotti allo stremo si spostavano in città
dalle campagne nella speranza di elemosinare qualche moneta o del cibo. Si accampavano nei
pressi dei palazzi dei signori e delle chiese e poi vagavano per le strade sperando nella carità dei
passanti. In Italia, questo terribile stato di cose cominciò a farsi sentire proprio nell’anno in cui morì
il padre di Giovanni Bosco, e risalire alla causa non fu difficile: era colpa del clima, quell’anno fu
ricordato come “l’anno senza estate” o “l’anno della povertà”, in quelli successivi il cielo era peren-
nemente plumbeo e la natura ne risentì come in un lungo inverno. Ma il cielo di tutto il pianeta si
era oscurato per una ragione ben precisa, per XXX lontanissimo, il Tambòra, situato nell’arcipelago
della Sonda, in Indonesia. Conosciuto proprio per la devastante eruzione del 1815 durante la qua-
le perse 1500 metri di altezza e proiettò nell’atmosfera migliaia di tonnellate di ceneri che i venti
diffusero ovunque. Conobbe la fame soprattutto l’emisfero settentrionale e in particolare il nord
Soluzione del numero precedente
America e l’Europa. Questa anomalia climatica fu dovu-
ta all’eruzione del Tambòra seguita a quelle di altri due
vulcani avvenute negli anni precedenti e che si aggiun-
se a un periodo di bassa attività solare e alla cosiddetta
“piccola glaciazione”. La famiglia Bosco poté sopravvivere
solo grazie all’infaticabile lavoro di mamma Margherita,
risparmiando su tutto per molti anni per far fronte ai de-
biti contratti.
VERTICALI. 1. Rimpiazzò Cadorna
dopo la disfatta di Caporetto - 2. Scal-
fita, non più integra - 3. Tutt’altro che
profano - 4. Otto a metà - 5. Al centro
del quartiere! - 6. Gruppo di persone
poco raccomandabili - 7. Blocchi mili-
tari prolungati per costringere alla resa
città o eserciti - 8. Napoli (sigla) - 9.
Fine della vacanza - 10. Di qualcun al-
tro - 11. Flauto di legno - 12. Novanta-
nove latini - 13. La fine di Ivanhoe - 14.
Sostanza che può scoppiare - 19. Ruo-
ta a Parigi - 20. Le cova la chioccia - 21.
Il dio dei boschi - 23. Arto per volare
- 25. Una valuta in uso in paesi un tem-
po facenti parte dell’Impero Ottomano
- 26. Il Nero del Cinema (iniz.) - 27.
Città della Normandia - 29. Valorosi -
30. È chiaro per gli inglesi - 31. Abito
maschile da cerimonia - 35. Mitico
senza vocali - 37. Fra Mao e Tung - 39.
Fu uno dei tre fratelli Kennedy - 41.
L’antica lingua romanza ricordata con
l’oil - 42. Perito Tecnico - 43. Articolo
romanesco - 44. Congiunzione eufoni-
ca - 45. Nei denti e nell’unghia - 46.
Iniziali di zinco e ferro.
42
Luglio / Agosto 2020

5.3 Page 43

▲back to top
LA BUONANOTTE
B.F. Disegno di Fabrizio Zubani
La più grande saggezza
del mondo
I
n un piccolo paese, nelle
vicinanze di una grande città,
in una casa modesta, ma
Un giorno, un anziano
insegnante in pensione
gli disse: «Figliolo, se
linda e curata, vivevano una vedova vuoi la vera saggezza
con suo figlio. Conducevano una vita devi andare sulla mon-
semplice. Giorno dopo giorno, la
tagna. C’è un tempio
mamma coltivava un orto fertile e
lassù dove i monaci
allevava una dozzina di galline, lavava possiedono il segreto
il bucato e si occupava della casa.
della più grande sag-
Il figlio era inquieto e un giorno
?
disse: «Voglio migliorare la mia
posizione. Per questo ho bisogno
gezza del mondo».
Il giovane partì. Il
cammino era aspro e
di acquistare cultura e soprattutto difficile. Era già in
sapienza. Partirò alla ricerca dei
viaggio da qualche giorno, quando giovane, ma, siccome aveva promesso
migliori maestri del mondo».
una sera tardi arrivò alla capanna di di seguire le parole dei saggi, partì la
Con il cuore pesante, la vedova disse un eremita e gli chiese un posto dove mattina dopo per tornare nella sua
addio a suo figlio. Sapeva di non
sostare. Alla luce di una fioca cande- città. Dall’alba al tramonto, scrutava
poterlo trattenere, perché il giovane la condivisero una magra zuppa.
tutti quelli che incontrava, ma non
non si sentiva preparato per la vita e «Dove stai andando?» gli chiese
incontrò nessuno con la lanterna
pensava che la scuola non gli avesse l’eremita.
vacillante e le scarpe all’incontrario.
insegnato ciò che più gli serviva.
«Voglio andare al tempio sulla
Era notte fonda quando arrivò da-
Gli preparò un fagottino con tutto montagna per ottenere saggezza e vanti alla sua casa.
l’indispensabile.
illuminazione».
Bussò dapprima timidamente.
«Trova un vero maestro, figlio mio, «Hai ancora una strada molto lunga Nessuno rispose. Bussò più forte e
che ti insegni la vera saggezza e la
e pericolosa da percorrere. Cosa ti fa un’improvvisa paura per la sua anzia-
strada per la felicità, ma non dimen- sperare di trovare la saggezza lassù e di na madre lo afferrò. Bussò ancora più
ticare la tua vecchia madre» gli disse raggiungere l’illuminazione recitando forte e gridò: «Mamma, sono io, tuo
con il viso rigato di lacrime.
per anni versi sacri? Torna indietro. Il figlio! Apri la porta!»
Il giovane partì baldanzoso e cam- segreto della più grande saggezza del Finalmente sentì dei passi striscianti,
minò di buona lena per alcuni giorni. mondo è posseduto da una persona la chiave girò nella serratura, la porta
Arrivò in una grande città e poi in della tua città. La riconoscerai da due si aprì.
un’altra e ogni volta frequentava le più segni: avrà in mano una lanterna vacil- Davanti a lui c’era sua madre, aveva
famose Università e incontrava i più lante e calzerà le pantofole all’incon- in mano una lanterna tremolante, si
celebri professori del Regno. Ma nes- trario, la destra a sinistra e viceversa». era infilate le pantofole in gran fretta
suno gli insegnava una vera sapienza. Le parole dell’eremita sconvolsero il ed erano “all’incontrario”!
Luglio / Agosto 2020
43

5.4 Page 44

▲back to top
TAXE PERÇUE
tassa riscossa
PADOVA c.m.p.
In caso di mancato
recapito restituire a:
ufficio di PADOVA
cmp – Il mittente si
impegna a corrispon-
dere la prevista tariffa.
Senza di voi
non possiamo
fare nulla!
Senza la vostra carità io
avrei potuto fare poco
o nulla; con la vostra
carità abbiamo invece
cooperato con la grazia di Dio
ad asciugare molte lagrime e
salvare molte anime.
Nel prossimo numero
Il Messaggio
del Rettor Maggiore
L’invitato
Don Mauro Mantovani
Rettor Magnifico dell’Università
Pontificia Salesiana
Le case di don Bosco
Treviglio
Passione educativa,
cultura e futuro
Salesiani nel mondo
«Anch’io sono un uomo»
La Scuola don Bosco di Ithari
(India)
I nostri eroi
Eric Meert
L’incredibile “Oeuvres
Maman Marguerite”
La nostra storia
Il forno di Valdocco
Dove si faceva il pane in casa
Il tempo dello Spirito
Mettete in ordine la vita
«C’è un tempo per conservare
e un tempo per buttare via»
PER SOSTENERE LE OPERE SALESIANE
Notifichiamo che l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino, avente personalità
giuridica per Regio Decreto 13-01-1924 n. 22, e la Fondazione Don Bosco nel mondo
(per il sostegno in particolare delle missioni salesiane), con sede in Roma, riconosciuta
con D.M. del 06-08-2002, possono ricevere Legati ed Eredità.
Queste le formule
Se si tratta di un Legato
a)
Di beni mobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma) a titolo di legato la somma di € ……………..,
o titoli, ecc., per i fini istituzionali dell’Ente”.
b)
Di beni immobili
“… Lascio all’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o alla Fondazione
Don Bosco nel mondo con sede in Roma), a titolo di legato, l’immobile sito in… per i fini
istituzionali dell’Ente”.
Se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l’uno o l’altro dei due enti
sopraindicati
“… Annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomino mio erede universale
l’Istituto Salesiano per le Missioni con sede in Torino (o la Fondazione Don Bosco
nel mondo con sede in Roma) lasciando a esso/a quanto mi appartiene a qualsiasi titolo,
per i fini istituzionali dell’Ente”.
(Luogo e data)
(firma per esteso e leggibile)
N.B. Il testamento deve essere scritto per intero di mano propria dal testatore.
INDIRIZZI
Istituto Salesiano per le Missioni
Via Maria Ausiliatrice, 32
10152 Torino
Tel. 011.5224247-8
e-mail: istitutomissioni@salesiani-icp.net
Fondazione Don Bosco nel mondo
Via Marsala, 42
00185 Roma
Tel. 06.656121 - 06.65612663
e-mail: donbosconelmondo@sdb.org
IndltrVoloeceeuscntcntotphoaalèerecrgehouèsrceaonsphtlauaeeoermirrtrvfoilapivo’.cacralbiehelcbsiistoesoatnearnsetatfoiaalmilreBedeSni -
un’offerta.