BS 1880s|1885|Bollettino Salesiano Giugno 1885

ANNO IX. N. 6.   Esce una volta al mese.   GIUGNO 1885

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32. TORINO

SOMMARIO - II Sacro Cuore di Gesù - Grazie concesse dal Cuor di Gesù nei tempi antichi - Grazie concesse dal Sacro Curare di Gesù nei tempi presenti - Arrivo dei nostri Missionari - Lettere Brasiliane I - II - Glorie dei Missionari cattolici nel Congo - Il primo pontificale di Monsignor Valfrè - Pubblico saggio dato dai fanciulli dell'asilo infantile di Nichellino- Grazia di Maria SS. Ausiliatrice - Varietà ; Eroismo del clero - Nove osservazioni sulla Mistica Città di Dio - Bibliografia.

IL SACRO CUORE DI GESU',

Facciamo noto ai nostri Cooperatori ed alle nostre Cooperatrici come l'estrazione dei biglietti della lotteria sia stata prorogata fino al 31 dicembre 1885, per concessione delle Autorità Civili. Fummo costretti a chiedere questa autorizzazione, sia pel numero grande dei biglietti che ancora rimangono da collocare, sia per i nuovi doni e premii che abbiam ricevuti e che i Benefattori continuano a spedirci, sia per le spese urgenti gravissime e per l'estinzione dei debiti che abbiamo contratti colle costruzioni colossali al Castro Pretorio in Roma in onore del Sacro Cuore di Gesù.

Opera certamente accetta al Sacro Cuore si è l'innalzare al suo onore un tempio nella Capitale del mondo cattolico, l'aprire un ricovero alla gioventù povera e abbandonata tanto cara al Divin Salvatore, l' ottemperare a un desiderio vivissimo del Sommo Pontefice, Vicario di Dio in terra.

Noi perciò continuiamo a raccomandare vivamente questa lotteria ai nostri benemeriti Cooperatori e Cooperatrici , essendo questa cooperazione un mezzo validissimo per ottener dal cielo favori speciali.

Entriamo nel mese di giugno consecrato specialmente a questo Cuore Divino : e quale pratica di pietà potrà darsi migliore di questa, di salvare cioè molte anime, e di promuovere la gloria del Signore colle nostre elemosine? Fabbricando noi sulla terra un' abitazione a Dio ed ai suoi poverelli ci edifichiamo colle nostre proprie mani l'abitazione nostra eterna nei Cieli.

Intanto per maggiormente accendere nelle anime la divozione al Sacro Cuore di Gesù narreremo alcuni fatti a questo nobile scopo.

Grazie concesse dal Cuor di Gesù nei tempi antichi.

Potremmo portare moltissimi esempi di quanto il Sacro Cuore di Gesù operò in favore de' suoi devoti nei tempi antichi ; ma bastino i due seguenti

L'anno 1720 si sviluppò la peste nella città di Marsiglia ; e il fatal morbo prese ad infierire talmente, che portò in ogni dove la desolazione ed il terrore. Le più sagge precauzioni, i rimedii più pronti a nulla giovavano. In breve tempo 40 mila vite erano state mietute dalla falce della morte. Le case, le vie, le piazze erano ingombre di cadaveri; ed il fiero morbo , lungi dal rallentare, minacciava di non lasciare più persona viva. In tanto frangente il vescovo della città, monsignor Belsunce, invita gli abitanti a far ricorso al Cuor di Gesù e ne vien corrisposto. La festa di Ognissanti prosteso innanzi ad un altare eretto all'aperto, in un silenzio profondo, interrotto soltanto dai gemiti e dai singulti della moltitudine astante, con voce commossa pronunzia, a nome di tutti, l'onorevole ammenda e l'atto di consacrazione al Cuor di Gesù. Mirabile bontà di questo Cuore! Da quel giorno il flagello sensibilmente diminuì , e in breve cessò affatto. Cosi il restante del popolo si vide pel Cuor di Gesù prodigiosamente preservato dal terribile flagello, come già nell'Egitto furono risparmiati dalla spada dell' angelo sterminatore quegli avventurati israeliti che avevano segnate le porte delle loro case col sangue dell'agnello. L'anno dopo presentandosi nuove minacce, il magistrato fece voto di andare ogni anno nella festa del Sacro Cuore a comunicarsi nel monastero della Visitazione , offrirvi un cero con impressovi lo stemma della città, e di assistere nel giorno stesso ad una pubblica processione. Tanto bastò perché Marsiglia, sebbene pel suo commercio esposta a nuovi assalti del terribile malore , non ne fosse tocca più. La memoria dell'insigne benefizio ben si conserva da quella cattolica cittadinanza, che ogni anno con solenni rendimenti di grazie ancor si protesta di essere stata salvata dal Cuor di Gesù. Monsignor di Belsunce nella sua lettera di ringraziamento del 26 settembre 1721 volgeva queste affettuose parole ai navigatori marsigliesi. « E voi, figliuoli amatissimi, che correte pei mari tutta la estensione delle acque, pubblicate dall'un capo all'altro della terra le lodi del Cuor di Gesù, annunziate a tutte le nazioni anche più barbare la gloria, la possanza, le misericordie infinite del sacratissimo Cuore che ha testé operati prodigi a nostro favore, e fatto succedere il gaudio alle prolungate sciagure da noi sofferte. »

Uno dei più zelanti propagatori del culto al Cuor di Gesù fu il padre Galiffet, degno discepolo del La Colombiére. Ora questo buon religioso fin dal principio della cara divozione ricevette pel Cuor di Gesù una guarigione, che si può reputare come un vero prodigio. La racconta egli stesso colle se guenti parole: « L'anno 1680, al mio uscire dal noviziato, ebbi la bella sorte di trovare a padre dell'anima mia Claudio de La Colombiére direttore dato già da Dio alla madre Alacoque allora peranco in vita; e dalle prime istruzioni ricevute da lui intorno al Sacro Cuore di Gesù Cristo, presi a stimarlo ed affezionarmivi grandemente. Terminati gli studii di teologia fui destinato alla nostra casa di s. Giuseppe in Lione, dove servendo ai malati nello spedale contrassi una febbre maligna, che in sei o sette giorni mi ridusse agli estremi di vita; di guisa che per l'Olio santo non si aspettò neppure il ritorno del sacrestano che era uscito, ma si ricorse frettolosamente al vicino monastero; si certa ed imminente mi si prenunciava dai medici la morte. Poche ore dopo, perduto il conoscere e il sentire, venni all' agonia , aspettandone gli altri di momento in momento l' estremo sospiro. A passo cosi disperato, uno dei miei cari, da noi avuto per santo, si senti mosso a ricorrere al divin Sacramento, a cui promise con voto che, ove a lui piacesse guarirmi , io spenderei tutta intiera la vita a gloria del Sacro Cuore. La preghiera ne fu esaudita, ed io risanai a grande stupore dei medicì. Trascorso il pericolo, venni a sapere del voto, datomi per iscritto, e da me ratificato con tutto l' animo , riguardandomi da quel punto come uomo dedicato al Cuore adorabile del mio Signore. »

Grazie concesse dal Sacro Cuore di Gesù nei tempi presenti.

Ai dì nostri è pur manifesto essere volontà di Dio che i fedeli attingano per questo mezzo nei tesori della sua misericordia. Tutti i giornali religiosi di Francia, d'Italia e di altre nazioni recano continuamente prove dell'efficacia di questa. divozione e colla irresistibile eloquenza dei fatti dimostrano come la divina bontà voglia che si riconosca essere il Cuore di Gesù il tesoro dischiuso per ricolmarci di grazie di ogni maniera. Guarigioni da mali incurabili, affari complicati e disperati condotti a buon termine, difficoltà quasi insuperabili dissipate in favore di chi aspirava allo stato religioso o ecclesiastico, sono grazie concesse dal cuore di Gesù in questi ultimi tempi. Ma sopra tutte le grazie quelle che spiccano sono le innumerevoli conversioni di tante anime delle quali sembrava impossibile il ritorno a Dio. Ciò può essere buon motivo di speranza a tanti poveri genitori che piangono inconsolabili sui traviamenti dei figli, di tante spose che non possono ricondurre a Dio i loro mariti, di tanti ministri del Signore che veggono restie alle loro voci quelle pecorelle che la Provvidenza ha loro affidato. Togliamo alcuni fatti dal benemerito periodico intitolato Il Messaggere del Sacro Cuore di Gesù.

Un giovane che vivea lontano dalla Chiesa, e scherniva la madre sua ogni qualvolta lo esortava al bene, fu colto da lenta tisi. La buona donna era afflittissima, vedendo il figlio avvicinarsi al suo fine, ma più ancora per tema non morisse impenitente. Molte persone si unirono a lei nel far ricorso al Cuor santissimo di Gesù per la conversione dell'infelice. Gli venne indossato dalla madre l' abitino del S. Cuore; e il giovane che a stento reggevasi in piedi, accettò d'entrare nei santi Esercizi, col solo fine, egli diceva, di riposare un poco ; ma Gesù ve lo chiamava per ben disporlo alla morte. Difatti pochi giorni dopo, uscito da quel santo ritiro, moriva dando i segni più consolanti e più certi d' un vero pentimento e d'una coscienza santamente timorosa e delicata, chiedendo più volte del confessore, per colpe eziandio molto leggere. Così rassegnato e tranquillo spirava l'anima nel Cuore misericordioso di Gesù Redentore.

Una giovane di buona famiglia, ammalatasi di consunzione, era ridotta agli estremi di vita, senza aver pensiero alcuno per la sorte dell'anima propria, che trovavasi in pessimo stato. Da circa dieci anni essa non si accostava ai santi Sacramenti; i suoi discorsi erano quelli d'un' incredula, e le visite che riceveva più volentieri erano quelle di persone senza il menomo principio religioso. Non si ristava in tanto da' suoi di pregare fervorosamente per lei, e di promettere al Cuor di Gesù la pubblicazione della grazia non appena si fosse ricevuta.

Finalmente una divota del S. Cuore potè avvicinarsele : ma non appena all'inferma prese a parlare d'anima, di Dio, di Sacramenti, costei incominciò dare in ismanie, piangere, disperarsi. Bisognò allora che la pia visitatrice cambiasse idea: pur non volle allontanarsi da quel letto di dolore e di disperazione senza fare un ultimo tentativo. Trasse di tasca un abitino e lo porse alla sofferente, assicurandola che in quel Cuore adorabile troverebbe lenimento ai dolori. Con un moto quasi convulso, la malata lo prese, lo baciò e se lo strinse al petto; poi levando gli occhi al cielo parve mormorasse una preghiera. E quel Gesù che scruta nel cuore di tutti gli uomini e che immensamente li ama, fe' sentire la potenza della sua misericordia. Qual cambiamento avvenne nei modi dell'inferma ! Si volse tosto alla sua visitatrice e le disse: « Mi si mandi un sacerdote, ed io mi confesserò volentieri. » Nel di seguente infatti si confessò, ricevette con edificante pietà il S. Viatico, e nei giorni che le rimasero di vita diede evidenti prove del gran mutamento che erasi operato nell'anima sua. Con quanta premura desiderava al suo fianco persone pie e religiose ! Con qual trasporto baciava l'abitino del Sacro Cuore ! Vi fu anzi un istante che fece da apostolo in mezzo ai suoi, esortandoli a darsi al Signore, perché in Lui solo, diceva ella, si trova felicità vera. Quando pel delirio usciva dai sensi; tornava subito in sè, chiamata con qualche pensiero religioso o con qualche aspirazione a Dio. Ricevuto anche l' Olio santo e tutti i conforti della nostra santa religione, morì il 1° di maggio, dandoci evidenti prove della salvezza dell'anima sua.

In un ospedale militare ammalò di polmonea un furiere: la suora che l'assisteva gli disse : « Signore, si raccomandi a Dio per aver forza di sostenere con rassegnazione il suo male. » Ma le fu data una risposta da miscredente. Più tardi si provò a. far baciare all'infermo un crocifisso, ma egli si rifiutò egualmente; pensò allora la Suora di mettere sotto il guanciale, a sua insaputa, una medaglietta della Madonna, supplicandola d'intercedere presso il suo divin Figliuolo per la conversione di questo povero giovine. Intanto si fecero preghiere al Sacro Cuore in comune, d' innanzi alla sua immagine, che si venera esposta nell' ospedale stesso. La Suora raddoppiò le premure nell'assistere il furiere e di tratto in tratto, secondo che l'occasione le si presentava, non ristava di dirgli qualche buona parola; ma tutto inutile.

Intanto un altro soldato della stessa sala, sentendosi ridotto a mal partito dalla sua malattia, volle fare la SS. Comunione, e dopo pregò la Suora di volersi fermare presso il suo letto, perché quel furiere avealo minacciato di discendere con lui a risse e peggio se egli avesse ricevuto il S. Viatico. La Suora si fermò per contentare il giovine, e lo consigliò a non temere, perché il furiere non poteva muoversi da letto, e ancora perchè la disciplina militare impediva il suo tristo divisamento. Cosi ella dolorosamente confermava che senza un miracolo del Cuor di Gesù, quel furiere non si sarebbe convertito. Il giorno stesso tentò la Suora di dire a quell'ostinato qualche buona parola, ché lo vedeva in fin di vita - Furiere, gli disse, quanto mai ella si troverebbe contenta e tranquilla se ricevesse i Sacramenti! - Ma io, rispose quegli, non ho peccati. - Ascolti, rispose la Suora, la vita militare ha dei pesi, potrebbe ella non averli portati tranquillamente; avendo il comando di giovani militi, questi qualche volta le avranno dato motivo d'inquietarsi, e così si sarà trovato in occasione di commettere altre colpe, che il cappellano l'aiuterà a ricordare. - L'infermo ascoltò... stette un momento, e poi disse : -Voglio confessarmi: mi chiami il cappellano. - Fece la sua confessione e comunione, licenziò tutti i suoi amici, che molti ne aveva, e disse loro: - Lasciatemi tranquillo con la Suora. Questa, rimasta, gli suggeriva atti di ringraziamento dopo la SS. Comunione: e quando ebbe terminato - Suora, le disse, ora sono contento. -

Il buon Gesù donandogli la salute dell'anima volle anche donargli quella del corpo, e in breve tempo guarì.

Un sergente della stessa sala, visto il fatto del compagno, chiamò la Suora e le disse: - Vorrei confessarmi, come ha fatto il furiere, ma sono già tre anni che sto lontano dai Sacramentì; non ho coraggio di farlo. - Il furiere al sentire quelle parole, tosto gli disse: - Fatti animo; io dalla prima Comunione non aveva più ricevuto i Sacramentì; ma, dopoché mi sono confessato mi sento contentissimo. - Il sergente si persuase a tal consiglio e ricevette anch'egli i Sacramenti. Prima di uscire dall'ospedale il nostro furiere andò a salutare la Suora, pel cui mezzo il cuor di Gesù gli aveva concesso un si singolare favore; e le fece promessa che nella occasione della vicina Pasqua soddisferebbe il precetto.

Sia benedetto in eterno il Cuore SS. di Gesù !

ARRIVO DEI NOSTRI MISSIONARI.

Collegio Pio Villa Colon (Montevideo) 20 marzo 1885.

REv.mo E CARISS. SIG. D. RUA,

A quest'ora avrà ricevuta la lunga relazione del nostro viaggio da Marsiglia a Montevideo, con tutte le circostanze più o meno buone, e con la consolante notizia del felice nostro arrivo in questo nuovo mondo. Mi restringerò pertanto solamente a quello che riguarda Monsignor Cagliero dappoi il suo arrivo in Colon.

Arrivammo a Montevideo il giovedì scorso 12 corrente. Avendo Monsignore divisa la squadra salesiana e deciso di scendere a terra in questa Repubblica, per visitare le case dell' Uruguay e riposarsi alquanto, approfittò delle gentilezze della Commissione sanitaria di questa città , venuta a visitare i passeggieri, e scese con quei signori nel magnifico vaporino del governo, accompagnato da D. Savio Angelo, dal segretario e da sei altri. Ciò che pareva semplice buona ventura era invece disposizione della Provvidenza. Il dottore della Commissione , buon cattolico , avendo saputo dal comandante della Bourgogne che quegli ecclesiastici erano Salesiani e che Monsignor Cagliero, benché vestito da semplice prete, era il Vescovo titolare di Magida, ne fece gran festa , entrò in intimità con Monsignore, piacendogli , diceva egli, questo modo di viaggiare democratico e repubblicano , e colmandolo di onori lo presentò agli altri impiegati del governo.

Cammin facendo incontrammo D. Lasagna e D. Costamagna sopra di una barca; fermammo il vaporino, e quindi scesero essi pure con noi a terra. Il molo era rigurgitante di curiosi, e noi in numero di undici tra preti e chierici sbarcammo, mentre un decreto del governo ed un progetto di legge che si stavano approvando contro i religiosi, tendeva a proibir loro l'entrata nel porto, perchè già troppi e troppo numerose le loro case. Temevamo quindi, ed a ragione, qualche scherzo dai popolani; ma nulla di questo. La moltitudine veduto il vaporino del governo e la Commissione sanitaria del porto, che ci stringeva la mano e ci dava il saluto ed il buon arrivederci, tacque e fece largo al nostro passaggio.

Fummo subito da Monsignor Yeregui ed era assente; quindi dal signor Buxareo nostro amico, ed esso pure non era in casa. Allora visitate le Monache salesiane ci recammo alla stazione del Ferro Carril Central per giungere quanto prima a Colon. Di qui Monsignore spedì il telegramma a Torino annunziante il suo felice arrivo.

Alla stazione di Colon erano ad attenderci i giovani tutti del Collegio , avendo alla testa tre alunni che portavano tre bandiere : l' Uruguayana, la Papale e l'Italiana, cioè quelle bandiere che aveva Monsignore stabilite nel 1876. Discesi noi dal treno, ci accolsero tra entusiastici evviva di gioia e con spari di migliaia di razzi e di petardi da sembrare il nostro non un arrivo di amici , ma un attacco di nemici. Preceduti da un vispo giovanetto a cavallo portante la bandiera nazionale, ci avviammo pel lungo ed incantevole viale che mette al collegio, sempre accompagnati e seguiti da spari ed evviva.

Giunti al collegio Pio per prima cosa s' entrò nella cappella a rendere grazie a Dio ed alla Vergine SS. Ausiliatrice per tanti e sì grandi favori che ci compartirono nella traversata. Esposto il Santissimo Sacramento, Monsignore dopo il solenne Te Deum diede la benedizione pontificalmente. Si immagini, carissimo signor Don Rua, se abbiamo potuto dimenticarci in quel solenne istante dell'amatissimo Padre nostro D. Bosco, di V. S., dei confratelli , dei cari giovani dell' Oratorio e di quanti Cooperatori e Cooperatrici hanno colle loro preghiere concorso al nostro felice arrivo sul continente americano ! Pregammo , ed assicuro che proprio di cuore per tutti, implorando sopra di ciascuno le benedizioni del Cielo.

Il giorno 13 si passò in collegio riposando presso il soave profumo e la più soave e balsamica ombra degli Eucaliptus della grandiosa Villa Colon. Ne avevamo proprio bisogno. Pensi che da 15 o 20 giorni parecchi di noi non avevano dormito, e tutti bramavamo di esercitarsi nuovamente nel camminare diritti, giacche l'ondeggiare del Bourgogne avevaci sponte e spinte assuefatti a camminare barcollando.

La voce del lontano Vescovo di Montevideo venne a rallegrare il nostro riposo. Per mezzo del telefono dava il benvenuto a Monsignor Cagliero, palesava il suo rincrescimento per non essersi trovate a casa nell'ora dell'arrivo, chiedeva notizie di D. Bosco.

D. Costamagna verso sera affrettavasi a partire per Buenos-Aires, onde trovarsi allo sbarco del resto della carovana rimasta a bordo del Bourgogne. Il giorno 14, sabbato, dovea pure essere trasportato a Buenos-Aires tutto l'equipaggio salesiano. All' indomani Monsignore dopo la santa Messa, accompagnato dal carissimo nostro D. Lasagna, incominciò le sue visite. Andammo primieramente a Montevideo per ossequiare S. E. Monsignor Matera, Delegato Apostolico, il quale, dopoché fu espulso da Buenos-Aires, vive ritiratissimo in una palazzina quasi fuori di città. Essendo però quel giorno la festa natalizia dell'Imperatore del Brasile, come diplomatico doveva far visita al ministro brasiliano e quindi erasi recato a pranzo presso i PP. Baionesi , che stanno nel centro di Montevideo. Lo trovammo colà e ci ricevette con grande piacere, abbracciando Monsignore e intrattenendosi con lui in particolare colloquio per circa tre quarti d'ora.

Accomiatandoci , volle accompagnarci fino alla porta di strada. I buoni PP. Baionesi sono pure grandemente affezionati ai Salesiani che presso di loro trovano , semprechè vanno in Montevideo , ospitalità proprio fraterna. Il Signore solo può ricompensarli di tanta carità.

Usciti di là ci portammo all'Episcopio. Monsignore Yereguy ebbe per noi parole d'amicizia consolanti , che lasciarono nel nostro cuore le più dolci speranze. Esso ricordò la visita fatta all'Oratorio, quando anni sono venne in Italia, e parlò con molto affetto di D. Bosco, dei superiori e dei giovanetti di Valdocco.

Tornammo a Colon a sera inoltrata stanchi di corpo, ma col cuore pieno di consolazione.

L' indomani 15, domenica , dopo le funzioni in chiesa del mattino, Monsignore si ebbe una gratissima sorpresa in collegio. Vennero a visitarle da Montevideo Don Feliz Buxareo nostro amicissimo; il valentissimo scrittore del Bien Público, il Margotti dell'Uruguay, il valente oratore, il dottore Don Juan Zorilla ; il signor Macheca deputato di Paysandù, con altri due signori di quella città, e alcuni giovani amici , già alunni del Collegio Pio nel 1876-1877.

Benefattori ed ammiratori del collegio e delle opere salesiane venivano a intrattenersi col primo Vescovo salesiano, a salutare il loro antico ed intimo amico , e chieder e notizie di D. Bosco e a passare allegramente la giornata con noi. Facendo bella corona a Monsignor Cagliero presero parte al modesto pranzo del collegio. Non dico dei brindisi che fioccarono da ogni lato del nostro grande refettorio, secondo l'uso americano. Parlarono gli invitati lodando i Salesiani e felicitando i nostri cento alunni ; parlarono gli alunni inneggiando agli invitati , a Don Bosco , ai loro cari professori, a Leone XIII ed a Mons. Cagliero.

S'io volessi qui restringere e riassumere l' infuocato discorso del prefato dottor Zorilla, non ci potrei riuscire, a meno che mi contentassi di una storpiatura; e mancami ora il tempo di accennare a lungo le sue belle parole. Monsignore finì coll'animare i giovani ad essere fedeli alla grazia del Signore, che loro procurava nel collegio Pio una vera, sana e soda educazione cristiana.

Quanta religione e quanto coraggio cristiano nei cattolici orientali! Dio li conservi sempre tali e conceda di attirare nelle loro file ancora molti altri poveri giovani caduti nelle trame della framassoneria.

Lunedì, 16, dopo la s. Messa, Monsignore volle recarsi a visitare il collegio di Las Piedras. Questo paese dista da Colon circa 20 minuti di ferrocarril. La popolazione vi è buona e cattolica ; e si può dire (mi assicurano) che è il paese mas catolico y religioso de la Republica oriental.

Il collegio é unito alla parrocchia. I giovani tutti, in numero di 60 , erano ad attenderci alla staziono coi loro maestri ed assistenti. Il direttore e parroco D. Mazzarello ci accolse e condusse festante stante in collegio, povero alla salesiana, ma ricco di pietà e di allegria, e di uno spirito di semplicità che incanta. Veramente non ci pare d'essere tanto lontani da Torino ! I buoni giovani di Las Piedras ci accoglievano colla stessa confidenza, ilarità di quelli dell' Oratorio , e se avessero un locale più ampio (e parlassero italiano anziché spagnuolo) diremmo che un sogno è il nostro e che noi siamo ancora presso del tempio di Maria SS. Ausiliatrice. Quante grazie ci fa il Signore fin dal principio della missione. Se i poveri Indii della Patagonia e della Terra del Fuoco saranno tutti così, dove avremo noi un po' di merito?

Qui fermossi Monsignore fino all'indomani, martedì, per aver tempo di visitare il piccolo collegio delle Suore di Maria Ausiliatrice , che già conta 6 alunne interne e circa cento esterne, e quando sarà preparato un locale sufficiente, promette di aumentare prodigiosamente, come prodigiosamente aumentò ed aumenta quello dei giovanetti.

Celebrata la s. Messa nella bellissima chiesa parrocchiale ce ne ritornammo in Colon, ove, circa le 10 , venne Mons. Nunzio a restituire la visita a Monsignore. Buono com'è accettò l'invito e fermossi a pranzo con noi e s'intrattenne a discorrere famigliarmente coi Salesiani e coi giovani, dimostrandosi soddisfattissimo dell' ordinamento e dell'andamento del collegio e contentissimo al tempo stesso d' aver conosciuto bene lo scopo e lo spirito della Congregazione Salesiana. In segno di sua soddisfazione regalò a Monsignor Cagliero un bel paio di sandali pontificali in tela bianca riccamente ricamati in oro fino e di prima qualità; e vari altri oggetti preziosi, dono a lui fatto dal compianto vescovo di Cordova.

Lo accompagnammo, Monsignore ed io, a visitare la bellissima quinta (chinta o palazzina) delle Suore, e ci accomiatammo del miglior accordo. Deo gratias! Mercoledì 18, due chierici partirono pel collegio di Paysandù; e Don Ferrero per Las Piedras.

Verso le 9 Mons. Yereguy venne a restituire la visita e s'intrattenne circa un' ora visitando il collegio.

Alla sera essendo la vigilia di S. José, incominciai io pure a confessare , e mi sono meco medesimo meravigliato di tanto ardire. Ma in nomine Domini ho lavorato per ben circa tre ore e parlando spagnuolo , non di quello classico certamente ! !

Ieri , giovedì 19 , festa del nostro protettore S. José, Monsignore disse Messa della Comunità, e vi fu comunione generale. Indi alle 10 D. Savio cantò la Messa assistita pontificalmente. Dopo la Messa Monsignore diede la Cresima a più di 50 tra giovanetti e giovanette , bambini e bambine , interni alcuni, ma la maggior parte della campagna d'intorno.

Dopo pranzo andammo, Monsignore ed io con Don Lasagna, a fare visita al signor Piaggio agente della Compagnia o Società Piaggio di navigazione.

D. Cavatorta con un compagno partì per Nictheroy sul medesimo Bourgogne che aveva portati noi qui, gli altri a Buenos Aires, ed ora ritorna a Marsiglia.

In maggio alcuni altri dovranno recarsi a Nictheroy per andare di là al aprire la nuova casa di San Paolo.

Alla sera i giovani del collegio diedero una piccola Accademia in onore di Monsignore. Si cantò qualche pezzo de' melodrammi del nostro D. Rota, che mi parvero stupendi e non a me solo; si lessero componimenti bellissimi in prosa e poesia, e Monsignore finì ringraziando dell' affetto, ed esortando tutti a mantenersi sempre coraggiosi cattolici, lontani da coloro che cercano di rubar loro la fede solleticandoli con piaceri ecc. Così terminò la giornata in onore di S. Giuseppe. Oggi, 20, incominciano regolarmente le scuole , giacché le vacanze autunnali sono dal 24 dicembre al 1° marzo.

Buenos Aires, 27 marzo 1885.

Riprendo la mia corrispondenza che non ho potuto inviare, e così proseguo il mio diario.

Al 21 celebrata di buon mattino la s. Messa , Monsignore con Don Lasagna e col segretario partì per fare alcune visite in Montevideo. Ci recammo primieramente al magnifico collegio diretto dalle ottime Suore dell' Orto. Visitammo la cappella, le scuole , i laboratori, le sale di ricreazione tutto insomma, e le assicuro, carissimo sig. Don Rua, che quel locale è proprio ordinato per bene a cristianamente educare le giovanette della capitale dell'Uruguay. Non parlo delle attenzioni usate nè delle feste fatte a Monsignore , ché può ben immaginarle. Di là passammo a visitare il nostro principalissimo benefattore di Colon, il signor Buxareo e la sua eccellentissima signora. Facemmo in casa loro l' almuerzo ossia dejeuner, e poi ci recammo alla cattedrale per recitare un Requiem sulla tomba, monumento del santo Vescovo Monsignor Vera. Indi andammo alla curia e poi ai Padri Cappuccini, che sono amici nostri a tutta prova. Quantunque stanchi e grondanti sudore per il caldo soffocante, Monsignore volle visitare ancora alcune altre persone benemerite dell'opera nostra; e dopo le 5 p. partimmo col treno per Colon, ove giungemmo alle 6 1/4 per riposarci un poco e prepararci alla funzione del domani, domenica di Passione.

Erasi stabilito appunto questo giorno 22 per conferire le sacre ordinazioni del Presbiterato ad Albanello , e de' Minori a quattro altri confratelli. Padrino del neo sacerdote fu il sig. Uriarte, ferventissimo cattolico della capitale e nostro amico e Cooperatore Salesiano. Egli regalò al suo pupillo un bellissimo calice d'argento. Dopo una funzione pontificale non breve e tanto faticosa, Monsignore anziché riposarsi , al dopo pranzo recossi a dare la Benedizione dalle nostre Suore, indi verso le 6 assistette alla merenda campestre dei convittori che in 80 circa si sono mangiato un bue arrostito in mezzo al campo.

Gustammo noi pure l'assado con cuero e lo trovammo eccellente. Quindi staremo bene in Patagonia, ove non avremo altro cibo. Questo assado con cuero altro non è che un arrosto di bue, cui non si tolse nè cuoio nè peli.

Alle 7 1/2 Monsignore tenne ai confratelli una conferenza e raccomandò a tutti lavoro e pietà. Il lunedì 23 era fissato per la partenza , epperò celebrata la s. Messa e preso commiato dai confratelli e dai giovani che ci si stringevano attorno con quella affettuosa famigliarità tutta loro propria e che ci fece pensare alla partenza da Torino, lasciammo il Collegio Pio e Montevideo, ci imbarcammo sull'Apollo per Buenos Aires. Eravamo quattro ; Monsignore, D. Savio, D. Lasagna e lo scrivente. Gli altri già ci avevano preceduti.

Soffiava un fortissimo vento ; le onde sbattevano furiose contro il vapore, folte nuvole coprivano il cielo, quando noi in nomine Domini salpammo col cuore commosso sì, ma pieno di confidenza in Colui che comanda ai venti ed in Quella che è Stella del mare. Monsignore si ritirò in cabina, D. Lasagna lo seguì , e D. Savio ed io ci recammo a pranzo, e quindi sul ponte a contemplare a nostro bell'agio la maestosa imponenza di un mare in tempesta : non discendemmo a riposo che dopo le 11.

Alle 6 del domani 24, eravamo a Buenos Aires ! Era cessato il vento , calmo il mare , sereno il cielo , e Don Tomatis sopra di una barchetta ci aspettava. Discendemmo ; sul porto attendevanci , oltre a D. Cassinis, e Belmonte, una rappresentanza della Società di S. Vincenzo de'Paoli, e altra della cappella italiana, con varii signori Cooperatori.

Salimmo in vettura e dopo un'ora, o poco meno, scendevamo innanzi alla chiesa di S. Carlos in Almagro. Vennero incontro a Monsignore i giovani delle Compagnie del SS. Sacramento, di S. Luigi e di S. Giuseppe col proprio stendardo. Oh quanto ci commosse la divozione di tanti cari nostri giovani ! Monsignore celebrò Messa mentre dall' orchestra si cantavano mottetti, e si suonava l'harmonium e la banda ; indi quantunque stanco e digiuno da 24 ore, volle dall'altare salutare e ringraziare i Benefattori, amici e Cooperatori e i giovani tutti della bellissima accoglienza; e parlò per quasi mezz'ora. Usciti di chiesa in mezzo agli evviva e suoni e canti, s'andò a prendere un po' di ristoro. In questo mentre Mons. Espinosa Vicario gen. di S. E. ed il dottor Torrero giunsero per abbracciare l' antico amico , novello Vescovo, dimostrando una volta ancora quanto bel cuore essi abbiano in seno e quanto affetto ci portino.

Senza porre tempo in mezzo, essendo la sera prima arrivato pure S. E. l'Arcivescovo da una missione al campo, siam andati a prostrarci innanzi a lui, che accolse Monsignore colla bontà di un padre, coll'affetto di un fratello, e s'intrattenne con lui affabilissimamente, domandando notizie di D. Bosco e di D. Rua e degli altri superiori , cui ricorda sempre con affetto e con piacere. Nell' accomiatarsi, volle ad ogni costo mettere la croce a Monsignor Cagliero , patente non solo , ma sopra del pastrano, e così l'accompagnò fino alla porta, ordinando egli stesso a sue spese una bellissima vettura.

Venne eziandio a visitar Mons. Cagliero il sig. Dottor Carranza, Presidente generale della Società di San Vincenzo de' Paoli in tutta la Repubblica, e nostro amico.

Dopo tante fatiche era ben giusto che Monsignore si riposasse, e riposò difatti il 25 e 20, ben inteso solo occupandosi delle cose nostre e visitando le nostre Suore e trattando con i confratelli degli affari particolari.

L'Arcivescovo venne ieri (26) a restituire la visita a Monsignor Cagliero insistendo che vuole che pontifichi e faccia funzioni con tutta libertà. Intanto il parroco della Plata , nuova città fabbricata in questi ultimi anni, scrisse a D. Costamagna per avere un sacerdote italiano nel tempo pasquale, per le confessioni ed istruzioni degli Italiani di là : probabilmente partirà D. Savio lunedì prossimo e vi si fermerà due o tre settimane.

Noi cominceremo a lavorare parte qui in San Carlos, parte alla Boca e parte alla cappella della Misericordia, e coll'aiuto di Dio e la protezione di Maria SS. Ausiliatrice, per le preghiere del carissimo nostro D. Bosco e dei confratelli e Cooperatori , speriamo fare un po' di bene a tante povere anime, misere schiave del demonio, quantunque figlie, pel battesimo, del Signore.

Continui, sig. D. Rua, a pregare per noi e per me particolarmente affinché il Signore mi conceda la perseveranza nel proposito buono di amarlo e servirlo tutto il tempo della mia vita.

S. Carlos en Almagro (Buenos Aires), 30 marzo 1885.

Monsignore, il giorno 24 marzo , alle 2 pomeridiane, andava a visitare le nostre Suore di Maria SS. Ausiliatrice presso Almagro. In questa casa si erano radunate per accoglierlo tutte le Suore della Boca , di Moron e di S. Isidro, e in una sala modestamente addobbata gli lessero alcuni indirizzi. Qui nell'anno scorso si diede principio ad un educatorio per fanciulle, ed il loro, numero va crescendo in modo che presto non si potrà accettarne più nessuna per mancanza di locale. Però l'infaticabile D. Costamagna è dietro a far costrurre un altro braccio di fabbrica per rendere più commodo il Collegio. Le Suore hanno eziandio aperte scuole per le figlie esterne , le quali presentemente ascendono al numero di 50. Se ne potrebbero raccogliere molte di più se non mancassero i mezzi per riceverle gratuitamente.

In quanto all'Oratorio festivo , grazie a Dio , questo va prendendo sempre più sviluppo. Nel Ranchito (così chiamasi la casa in cui stavano prima le Suore , per essere fatta a modo delle abitazioni di campagna, chiamate Ranchos) non si poteva fare quasi nulla a pro delle povere giovanette , perché ristrettissimo era il luogo. Era molto quando si potevano radunare venti o trenta ragazze, e la cappella essendo piccola, n'era piena o zeppa. Vi era proprio di bisogno che la Madonna desse una mano e porgesse aiuto per fare un un po' di bene. Infatti Essa ci procurò l'attuale abitazione. Quindi adesso tutte le domeniche si vedono qui raccolte cento e più ragazze per assistere alle sacre funzioni , per udire la parola di Dio , per cantare le lodi di Maria, per ricevere la benedizione. Qui passano il restante del giorno festivo divertendosi allegramente fuori dal pericolo di offendere il Signore , quantunque sia molto limitato lo spazio destinato alla ricreazione.

Molte di queste giovanette appartengono alla Congregazione delle Figlie di Maria, quindi tutte le Domeniche cantano l'uffizio della celeste Madre e al mattino buon numero di esse si accosta ai SS. Sacramenti con una devozione che grandemente consola. Una volta al mese c'è la Comunione generale di tutte le Figlie di Maria e nelle principali festività eziandio la Comunione di tutte le altre che già vi sono ammesse. Per attirarle vie più alle pratiche religiose le buone Suore usano varie industrie. Di quando in quando dànno rappresentazioni teatrali e due volte all'anno, anche la così detta riffa. Ogni ragazza che frequenta l'Oratorio ha un libretto , nel quale ogni domenica si stampa un vale, e chi ha frequentato di più l'Oratorio, avendo più vale, può guadagnare maggior numero di piccoli premii che servono di stimolo ad una maggiore assiduità. Così pure si fa nelle altre case delle nostre monache che abbiamo in America, La Boca, S. Isidro, Moron, Montevideo ed anche nella Patagonia.

Come vede , sig. D. Rua, le fatiche dei Salesiani e delle Suore sono dal Signore visibilmente benedette e prosperate. Dunque a Lui solo sia l'onore e la gloria. Aggiungo che la nostra chiesa nuova alla Boca è omai terminata e speriamo che presto si potrà aprire al pubblico.

Almagro, 16 aprile 1885.

Siamo tornati ieri mattina alle 10 1/2 da Paysandu. Monsignore , accompagnato dal segretario e dall' ispettore D. Lasagna , vi era andato il 7 del corrente per visitare que' buoni confratelli, per incoraggiarli e per rallegrarsi seco loro nel Signore del gran bene che già s'incomincia a fare specialmente ai giovanetti di quella città. Non sono che pochi mesi che si aperse il Collegio sotto il titolo di Nostra Signora del SS. Rosario , e già ebbimo la consolazione di trovarvi alcuni giovanetti interni e quasi un centinaio di esterni. Tutti di un carattere semplice e pieghevole molto, hanno preso tanta affezione al Collegio ed ai Salesiani che dal mattino alle 6 1/2 sono con loro fino alla sera all'ora stessa, eccettuato il tempo del pranzo che essi ad industria abbreviano per correre a ricrearsi in Collegio. Se fosse loro permesso, passerebbero quivi tutto il giorno e tutta la notte. Le posso assicurare, e non io solo, ma sono meco dello stesso pensiero D. Lasagna e D. Giordano , che cioè questi buoni giovanetti non sono per niente inferiori a que' bravi nostri amici alunni dell'Oratorio.

Quanto abbiamo parlato di essi e del tempo passato negli otto giorni trascorsi in Paysandu ! La Domenica in Albis Monsignore distribuì infra missam la prima Comunione a circa 150 tra giovanetti e giovanette. Queste ultime in numero di cinquanta circa , erano state istruite dalle Suore dell'Ospedale. La parrocchia era letteralmente piena stivata di gente : e quando prima di far la Comunione Monsignore dall'altare rivolse alcune infervorate parole ai fortunati angioletti che stavangli innanzi, vidersi non pochi a versar lagrime di tenerezza e di amore per Gesù che si preparavano a ricevere. Stupendo e non senza frutto fu pure il discorso, fatto da Monsignore al popolo , dopo la Messa. L'argomento fu : « La fede non basta, ci vogliono le buone opere, ci vuole la pratica dei Sacramenti. » Questa funzione destò grande entusiasmo nel popolo.

Il Collegio , fabbricato tutto di pianta allato della parrocchia, è assai bello e può meritamente dirsi la prima costruzione di Paysandu per bellezza e solidità. É capace di 100 giovanetti interni e 200 esterni. Costò invero una somma enorme, che tuttavia gravita sulle spalle dei poveri confratelli Salesiani, e non sappiamo quando potranno sgravarsene.

Partendo, il signor Governatore e capo del dazio ebbe la gentilezza di accompagnarci esso stesso a bordo del vapore Rivadavia, nella sua scialuppa con bandiera spiegata e marinai in divisa.

Da Paysandù a Buenos Aires si viaggiò sul fiume Uruguay, che ad un certo punto unendosi col Paranà, entra nel Plata. Il tempo della navigazione generalmene bella e quieta varia dalle 12 alle 15 ore. Ora stiamo attendendo D. Fagnano, che partì il 15 da Patagónes ed arriverà qui domenica prossima , se il Pampero dei giorni passati non lo arrestò per via. Lunedì Monsignore pensa di partire per S. Nicolas. Sta benissimo di salute.

D. Savio ritornò dalla Plata, ove fece del gran bene a tante migliaia di Italiani. Si lavora eziandio molto nel sacro ministero in Almagro , alla Cappella della Misericordia, ed alla Boca.

Preghi, carissimo signor D. Rua, e dica all'amatissimo nostro padre D. Bosco che faccia fare molte Comunioni pel buon esito della nostra missione. Il Signore ricompenserà largamente le loro preghiere e la loro carità.

Saluti tutti i superiori e confratelli , baci per me la mano a D. Bosco e lo riverisca da parte di Monsignore.

Suo a ff.mo in G. C. Sac. ANTONIO RICCARDI.

LETTERE BRASILIANE.

I.

Le molteplicì ed importanti notizie che dovemmo pubblicare nei mesi passati ci impedirono di dare alla stampa la seguente lettera, la quale per altro sia per la lontananza dei luoghi, come per un ritardo di recapito, giungeva a destinazione verso il fine di febbraio. Tuttavia per i sentimenti che vi sono espressi e per le care notizie che reca, crediamo cosa conveniente pubblicarla.

W Gesù e Maria

Nichteroy, 6 dicembre 1884. AMAT.MO E REV.MO PADRE,

L' anno volge al suo termine , e si avvicina a grandi passi la solennissima festa del santo Natale. Fra tutte le feste dell'anno , senza dubbio, questa è la più cara e simpatica al cuore del vero cristiano, tanto per la festa in sè come per il suo significato, e forse è per questo ancora che all'avvicinarsi di essa si sogliono da tutte parti mandare augurii e felicitazioni, il fratello al fratello, l' amico all' amico, il figlio al padre... Io so che in questi giorni numerosissime sono le lettere che da tutte le nostre Case e da mille altri luoghi Le arrivano in Torino, e che perciò immenso è pure il lavoro che ha per rispondere a tutte. Ciò non ostante permetta , amat.mo Padre, che io pure , benchè indegno ed ultimo tra' suoi figli, unisca la mia voce al coro maraviglioso e stupendo che da tutte parti s'innalza, ed a mio nome ed a quello di tutti i confratelli e giovani di questa unica e povera Casa Brasiliana, Le auguri le buone feste pel santo Natale. Ah ! sì, amatissimo Padre, viva felice in mezzo a' suoi cari figli di Torino e d'Italia tutta ! Essi di noi più fortunati hanno la bella sorte di vederla spesso , di parlarle e baciarle la sacra destra ! Noi però benchè lontani non l'amiamo meno, nè ci sentiamo animati da minore ardore per Lei, nostro sempre amatissimo e veneratissimo Padre. Con tutto l'ardore di cui è capace il nostro povero cuore La felicitiamo in questa faustissima circostanza , ed imploriamo ogni sorta di benedizioni sopra di Lei , il quale tanto ci ama, e che tanto desidera tenerci tutti quanti stretti stretti al suo tenerissimo cuore. Oh ! Mille grazie , signor D. Bosco, mille grazie per l' affetto che Ella nutre per noi suoi poveri figli ; ed accetti gli augurii ed i voti che noi dal più profondo del nostro cuore eleviamo all'Altissimo per la sua prosperità temporale ed eterna. Voglia Iddio e la santa Vergine Ausiliatrice esaudire i nostri sincerissimi voti.

Approfitto di questa occasione per farle un poco di rendiconto annuale e dirle qualche cosa dell'andamento della nostra povera casa. Lo faccio con piacere perchè ve ne sono varie che Le causeranno vera allegrezza ; e causare allegrezza e piacere a D. Bosco è per noi la più grande , la più dolce soddisfazione.

Anzi tutto comincerò col dirle che dobbiamo veramente esser riconoscenti al Signore ed alla Santissima Vergine Ausiliatrice della protezione visibile che si degnarono prestarci, durante tutto il presente anno, per cui, malgrado le vivissime opposizioni dei cattivi , si poterono compiere varie opere veramente sorprendenti.

In secondo luogo subito dopo Dio e la Vergine Santissima dobbiamo la nostra riconoscenza ed il nostro affetto al veneratissimo e degnissimo Vescovo D. Pedro Maria Lacerda, il quale vero imitatore delle virtù del grande ed immortale Pio IX e del suo successore Leone XIII, ci protegge ed assiste, non solo come Vescovo, ma eziandio come Padre amantissimo. La frase, tanto celebre, da Lui proferita molto tempo prima che noi venissimo al Brasile : I figli tuoi saranno i figli miei , si è avverata alla lettera; e le assicuro che noi non avremo mai creduto di potere qui in queste terre straniere trovare un Padre sì sollecito ed amante del nostro benessere, come lo è questo santo e degno successore degli Apostoli.

Oltre l' averci Egli solo , e tutto di suo regalato il terreno e la casa che trovammo al nostro arrivo in Brasile, esso non ci abbandonò mai un solo istante e sempre ci aiutò e protesse con tutti i mezzi che stavano in suo potere. Quando in sul principio dell'anno, all'aprirsi di questo collegio al pubblico, i giornali ci mossero quella terribile guerra, che tanto danno ci fece e che poco mancò ci facesse naufragare in sul bel principio , molti che prima si erano dichiarati nostri amici ci abbandonarono ; però fummo sempre potentemente aiutati e consolati dal nostro Vescovo. Si temette da tutti per un istante che la casa non potesse andare avanti e che si sarebbe dovuta chiudere; ma il Vescovo stette saldo, e dando l' esempio a tutti di coraggio e di fortezza ci sostenne e vinse.

Durante poi l' anno scolastico ci diede tali prove di amore che mai e poi mai le potremo dimenticare. Per la festa di S. Francesco di Sales benchè non invitato, perchè poveri e privi di tutto il necessario per ricevere un sì illustre Ospite , volle onorarci di sua presenza e si degnò dire la santa Messa nella nostra piccola cappella, e si trattenne con noi per ben due giorni , dividendo con noi la povertà e gli incomodi a cui eravamo ancora soggetti per la strettezza del locale.

Per la festa di Maria Ausiliatrice invitato dal nostro amatissimo superiore D. Lasagna , accettò con molto piacere l'invito e venne a celebrare la Messa della Comunità, a dar la Cresima e ad assistere alla Conferenza dei Cooperatori, la quale mercé l'esempio dato da S. E. Rev.ma, produsse la bella somma di circa 2000 fr. Più ancora; egli stesso si offerì per fare il panegirico della SS. Vergine, ed il fece con tanto ardore, con tanta eleganza e nello stesso tempo con tale una dottrina, da lasciarci tutti ammirati da non sapere quello che più dovessimo lodare in lui , se l' amore che nutre per la SS. Vergine , o la scienza e la dottrina di cui è fornito e di che fece mirabilissimo sfoggio. Questa volta fermossi con noi una settimana dandoci continue prove di amore veramente paterno, interrogando egli stesso or l'uno or l'altro sulla propria salute, e dando a tutti avvisi e consigli conforme credeva meglio per il nostro bene.

Quello però che più ci ha dimostrato quale sia l'amore del nostro Vescovo per noi, si fu la prova che ci diede il giorno di s. Michele , mio giorno onomastico. Oh ! non dimenticherò mai più in mia vita un giorno sì bello. i confratelli e giovani della casa vollero, a mia insaputa , fare un poco di festa in quei giorno e preparare varie cosette da offerirmi la sera avanti con poesie , lettere canti, ecc., ecc. Fu invitato anche il Vescovo. In quel giorno però la pioggia cadeva a dirotto, e la nostra casa dista almeno un'ora e mezza dalla capitale, ove abita il Vescovo, e con un tratto di mare da traversaro. Nissuno credeva possibile la venuta del Vescovo con simile tempaccio, quand'ecco verso il mezzogiorno spuntare una vettura tirata da due cavalli bianchi ed i servi in livrea. Era Monsignora che veniva ad augurarmi la buona festa e a tener compagnia all'Ecc.mo Internunzio Monsignor Rocco Cocchia , il quale era giunto poco prima anche egli invitato per lo stesso fine. Dire come rimanessi a tale vista non è dato ad una penna coma la mia. Quello che le posso dire si è che incancellabile rimarrà per sempre nel mio cuore la memoria di un si fausto giorno e che profondamente vi resteranno scolpite le parole che mi diressero verso il fine di tavola e l'Internunzio e il Vescovo.

Per amor di brevità passo sotto silenzio molte altre cose che potrei dirle onde rendere testimonianza del vero sentimento di carità, di affetto e della protezione tutta eccezionale che ci diede e continua a darci questo novello esemplare di santi Vescovi e conchiuderò queste poche e mal scritte linee, dicendole che mediante gli aiuti ricevuti, abbiamo già un locale capace di cinquanta e più ragazzi, si sono già aperte le tre scuole elementari, ed abbiamo già cominciato con cinque laboratori : cioè tipografia, legatoria, sartoria, calzoleria e falegnami. Le cose tutte paiono ben incamminate e spero di essere presto in grado di fare assai più in vantaggio di questo paese ove tanto abbondano i ragazzi poveri e derelitti. Ciò che ci strazia l' anima si è vederli scorrazzare per le strade senza direzione , senza guida. Poveri giovani ! vanno a perdersi!

Oh ! Amatissimo Padre , non si dimentichi di noi nelle sue preghiere , ci mandi dei confratelli in aiuto perché siamo pochi e isolati. S. Paolo ci aspetta , Parà ci sospira , ecc., ecc. , da tutte parti del Brasile ci chiamano. Ho in mano più di 50 domande. Mi raccomando a lei, mi raccomando ai confratelli tutti perchè le necessità di questi paesi sono urgentissime ed un poco più che si spetti non si arriva più a tempo. Mi raccomando ai Cooperatori e Cooperatrici perché noti manchino col loro zelo nel servizio di Dio e colle loro orazioni di aiutare l'opera nostra.

Rinnovando adesso con tutto il cuore gli auguri e le felicitazioni espresse al principio della presente, le estendo ancora a tutti i confratelli e superiori della casa di Torino ed in modo particolare al Rev.mo Sig. D. Rua, e a Mons. Cagliero che aspettiamo di giorno in giorno con aiuti; ed a tutti gli altri.

Mi benedica, amatissimo Padre, si ricordi di me nelle sue preghiere e mi creda

Di V. S. Rev.ma

Obbl.mo ed aff.mo figlio in G. C. Sec. MICHELE BORGHINO. II.

Collegio di Santa Rosa Nictheroy, 12 febbraio 1885.

REV.MO ED AMAT.MO SIG. D. Bosco,

Perdoni il mio lungo silenzio. Più volte volli scriverle qualche cosa sopra le mie escursioni fatte in diversi luoghi di questa provincia col fine di ottenere qualche aiuto pecuniario pel nostro povero Collegio, ma sempre differii di giorno in giorno, or per una ragione, ora per un'altra.

Finalmente eccomi qua ad esporle con semplicità e brevità la generosa carità del popolo Brasiliano.

Per chi conosceva le innumerevoli sottoscrizioni che si fecero in questo paese per ogni genere di opere caritatevoli, considerando ancora la crisi per cui sta passando questo Impero, parea follia sperare aiuti pecuniarii.

Tutti coloro che vennero in questa provincia a chieder limosina or in favore dei bisognosi, or di opere pie, vuoi del Brasile, vuoi dell'Inghilterra, vuoi dei paesi dell'Asia e dell'Africa , ebbero la consolazione di essere generosamente soccorsi. L'Eccellentissimo Vescovo di Auran dimandò l' obolo della carità Fluminense a beneficio dei Cristiani d'Oriente: il Rev. sacerdote Vanghan supplicava per l'opera dell'Espiazione nel centro della città di Londra ; i reverendi Missionari dell'Africa in favore delle loro spinose missioni ; l'Ecc.mo Monsignor Vescovo di Paleopolis e Vicario Apostolico di Ho-nam pel bene della povera infanzia della Cina; e tutti furono generosamente soccorsi dalla carità dei Brasiliani.

Ma chi non si era negato a tante sottoscrizioni di opere pie , potea non attendere alla voce supplichevole del suo Angelo, del suo Pastore, alla voce del suo Vescovo

Essi infatti diedero ascolto alle suppliche di chi andava munito di una pastorale del Vescovo a favore del nostro Collegio.

In questa pastorale l'Ecc.mo Mons. Vescovo D. Pietro. M. Lacerda, oltre dimostrare i vantaggi che recherà ai giovanetti il nostro povero Collegio d'arti e mestieri, manifestava eziandio il cuor di un padre il quale raccomanda ai suoi fedeli di aiutare e voler bene ai suoi figli.

Dietro l'invito di un ottimo signor Fazendero Pietro Cunha, andai a casa sua, chiamata Fazenda di S. Sebastiano, che si trova in Dores do Pirahy, e di lì cominciai la mia missione. Che cuor d'oro ha mai quel buon signore! Oltre una generosa elemosina mi diede lettere di raccomandazione ai suoi amici. Quasi sempre mi servii de' suoi cavalli e del suo cocchio in Dores do Pirahy e ne' suoi dintorni. ll primo a cui fui raccomandato è un dottore in età già avanzata, e da tutti amato per le sue virtù e pel suo sapere. Questi ebbe la pazienza di sottomettersi a molti incomodi, accompagnandomi per ben quindici o venti giorni di fazenda in fazenda.

Ecco il nome di ciascun paese dove son stato a chieder limosina

Dores do Pirahy , Barra do Pirahy , Turvo , Amparo, Ipiabas, Città di Rezende, Barra Mensa, Quatiz de Barra Mensa, Sào Joaquim , Conservatoria, Santa Isabel do Rio e Preto.

Fui sempre bene accolto e trattato da per tutto con molta carità e cortesia, fatte pochissime eccezioni, e cospicuo fu il risultato della questua.

Due cose notai nel caratter Brasiliano : molta carità verso il prossimo bisognoso e molta divozione alla sempre cara nostra Madonna la Vergine Santissima.

Chi mi aiutò molto , oltre la zelante cooperazione dei parroci , fu il signor presidente della Camera di Barra Mensa comm. Joaquim Leite, al quale devo molti favori.

Gesù e Maria non permisero che in questi viaggi, molte volte fatti sotto i cocenti raggi del sole ed altre fiate con pioggia, mi alterassero la salute del corpo, nè che il contatto continuo del mondo facesse del male all'anima mia. Conobbi sempre più che nelle cose fatte per obbedienza , vir obediens, loquetur victoriam.

Amatissimo Padre, permetta che le dica ancor qualche cosa rispetto alla festa del Santo Natale e a quella di S. Francesco nostro caro Patrono.

Siccome il direttore D. Borghino era partito il giorno 22 dicembre per Montevideo per varii affari, pregai il Rev.mo sig. Vicario generale canonico Luigi Raimondo De Silva Britto a venirci a cantare la Messa di mezzanotte. Accettò e venne di buonissima volontà. Ci fu Messa , cantata in musica dai ragazzi, e la Comunione generale di quei di casa e di molte persone di fuori. Venne molta gente e tutto andò bene.

Per la festa poi di S. Francesco , non trovandosi ancora a casa il Direttore, il Rev.mo Vicario generale, benché un poco ammalato, venne a cantar Messa, predicando l'amatissimo signor Vescovo. Che bella presentazione e descrizione delle virtù e doti di S. Francesco ! Era il cuor d'un santo che tracciava le lodi dell'altro. Ricordò con somma soddisfazione come egli fosse il primo Vescovo della Chiesa cattolica che festeggiasse con Messa pontificale la pubblicazione del Decreto Apostolico concedente gli onori liturgici e canonici di dottore della Chiesa al preclarissimo S. Francesco di Sales, Patrono e Titolare della Congregazione Salesiana di D. Bosco.

Assisteva pure alla nostra funzione, alla sinistra di Sua Eccellenza Rev.ma, l'Ecc.mo signor Presidente della Provincia.

Finita la funzione, invitammo Mons. Vescovo ed il signor Presidente a visitare i nostri cinque laboratorii, che sono quelli dei falegnami, dei calzolai, dei sarti, dei legatori e dei tipografi. Accompagnavano Sua Eccellenza Rev.ma e l'ill.mo signor Presidente, molti signori, canonici, parroci ed altri preti. Rimasero soddisfattissimi. Alle 6 1/2 colla benedizione del SS. Sacramento, data dal Vicario di Nictheroy, terminò la festa.

Avendo supplicato S. Eccellenza Mons. Vescovo a volersi fermare per alcuni giorni in nostra compagnia, fummo esauditi. La sua dimora fu per noi un graditissimo regalo. Infatti il giorno 31 gennaio cadeva il suo cinquantesimo quinto compleanno. Al pranzo vennero molti canonici, preti e signori

Al levar delle mense incominciarono i brindisi pel compleanno del Pastore, del Padre. Egli rispose, ringraziando prima particolarmente varii benefattori pel loro zelo ed amore con cui ci aiutano e poi tutti in generale. Era un padre che col cuore commosso ringrazia chi fa del bene a' suoi figli. Volle quindi lasciarci un ricordo di quella festa, regalandoci un bellissimo harmonium del valore di 250 scudi. Noi lo ringraziammo col canto di due inni composti in suo onore.

Se l'Ospizio progredisce , dopo Dio e la Vergine, lo dobbiamo a Mons. Vescovo , il quale ci soccorse continuamente e con grandi somme. Fu esso che ci comperò la prima casa e più di tutti ci aiutò a fabbricare la nuova; esso il primo nostro benefattore ed amico !

I laboratorii vanno abbastanza bene : l'Ecc.mo sig. Presidente ci promise la sua protezione e già mandò lavoro per la tipografia, ed una pompa con otto galeotti per aiutarci a fare un pozzo.

Ora abbiamo in collegio 43 ragazzi interni ed 8 o 10 esterni; ne aspettiamo in questi giorni almeno 8 ancora, che furono già accettati.

Molte altre cose vorrei dirle ancora, ma temo aver già abusato della sua bontà. Accetti di cuore i sinceri ossequii che i suoi ultimi, ma affezionatissimi figli della prima Casa Brasiliana le mandano, e tutti ci benedica, o amatissimo Padre.

Di Vostra Paternità R.ma

Umile ed obb.mo figlio in G. C. che rispettosamente le bacia le mani

D. CARLO GIACOMO PERETTO.

GLORIE DEI MISSIONARI CATTOLICI Nel Congo. Estratto dall'Unità Cattolica 24 Maggio 1885).

Il generale Gordon, prima di mettersi alla testa della spedizione inglese nel Sudan , dove lasciò miseramente la vita nel modo che tutti sanno , era stato nominato amministratore generale delle importanti stazioni che l'Associazione internazionale possiede nel nuovo regno africano del Congo: - carica che, da lui dopo abbandonata, è ora occupata dal luogotenente colonnello sir Francis De Vinton. - Fermati col presidente gli accordi e prese tutte le determinazioni relative al suo alto impiego, Gordon era sulle mosse per andarsene , quando, ripigliandosi, disse : « Non abbiamo pensato al meglio : ai missionari ! » - Non datevi pensiero di ciò , gli rispose il presidente : già si è provveduto e continueremo a provvedere. L'Associazione è larga di aiuto e di protezione a tutti i missionari, senza distinzione. » Pensando poi di dire cosa gradita al generale Gordon, che era protestante della setta dei Presbiteriani, soggiunse « Abbiamo inoltre dato un sussidio speciale ai missionari della Società Biblica, ai Battisti, ai... » - « Tutto questo sta bene, interruppe Gordon , ma inviatemi missionari romani, molti romani, i romani che più potete ! »

Racconta quest'aneddoto, in un articolo pubblicato testè nella Revue Générale di Bruxelles, l'illustre pubblicista Alfonso Haulleville , il quale espone altresì le ragioni per cui il generale Gordon ai missionari protestanti , suoi correligionari e maestri, preferisse i missionari inviati da Roma, dal Papa. Quel generale, dopo una lunga dimora e frequenti esplorazioni. che avea fatto in Africa, erasi , come tanti altri prima di lui e come lui protestanti, convinto che « le missioni cattoliche vi producono risultati più decisivi e di maggior durata che non le protestanti. Cosa facile a spiegare, poiché i missionari protestanti, conducendo con sé la propria famiglia , alla sicurezza ed al benessere di questa consacrano le loro prime cure; dove invece i sacerdoti cattolici, non d'altro occupati che del proprio ministero , più presto si fanno ben volere dagli indigeni , più facilmente s'insinuano nel cuore dei neri , legandosi ad essi con rapporti più diretti e famigliari. »

E di questa differenza il generale Gordon aveva sotto gli occhi quante prove bastavano , per soggiogare anche il più implacabile nemico del cattolicismo. « I missionari cattolici non tardarono a comprendere come il miglior modo di spianare la via alla civiltà cristiana, in quelle terre abbrutite , fosse di estendere in modo speciale le loro sollecitudini alla gioventù. Insegnano ai fanciulli la religione, loro apprendono un mestiere, e frattanto creano nuovi apostoli, i quali, venuto il loro tempo, spargeranno la buona novella ai loro fratelli diseredati. I neri adulti, ammirati, degli stabilimenti che vedono sorgere accanto alle loro capanne , e delle paterne cure che ai loro figli si prodigano , ricevono e trattano i missionari con rispetto ; ascoltano i loro insegnamenti, e non pochi si convertono di cuore. »

Certo, sull'animo d'un amministratore generale, come era il generale Gordon, il quale doveva rispondere dell'ardua impresa di dirozzare un paese incognito, non poté a meno di produrre una viva sorpresa l'aver veduto a Bagamoyo, San Giuseppe, Léopoldville , ecc. , sotto la direzione dei Padri dello Spirito Santo, « i giovani neri, in ampii e comodi stabilimenti, lavorare chi da tipografo, chi da sarto, chi da calzolaio, chi da agricoltore ; ed i missionari cattolici spargere su quella gioventù i sudori d'una pazienza incredibile. » Né al suo intelligente sguardo poté sfuggire che le conversioni operate dalle Società Bibliche e relativi missionari « duravano quanto duravano l'interesse e la cupidigia che le avevano determinate. » Quindi nessuna meraviglia che, volendo rispondere all'aspettazione che aveva dell'opera sua l'Associazione internazionale del Congo, mettesse egli per condizione che gli si inviassero missionari romani, molti missionari romani , missionari romani quanti più si poteva.

Non fu diverso da quello del generale Gordon l'avviso della Conferenza europea, che, negli scorsi mesi, si tenne sul Congo a Berlino. Ivi pure è stato ritenuto che l'opera incivilitrice aveva bisogno dell'apostolato religioso che la precedesse, e, colla fiaccola della fede nella mano, le rischiarasse la via. Imperocchè, come egregiamente osserva Alfonso De Haulleville , « l'apprendere ai selvaggi ed in parte cannibali dell'Africa centrale i benefizi del commercio, del libero scambio, dell'igiene ; loro insegnare a vestirsi , a costrurre abitazioni, coltivare la terra... è, fuori di dubbio, grande e nobile scopo, ma non é il tutto e non è la cosa principale. I nostri padri, i grandi colonizzatori di ducento anni fa , quegli uomini che fondarono colonie e tanto floride in America, alle isole Manille, sull'occidente dell'Africa , non fondavano colonie senza la scorta della Croce: Crux spes unica! Se veramente si desidera , di popoli incolti, formare nazioni forti e civili , è mestieri che si parli al loro cuore , alla loro coscienza ; loro si insegnino i consolanti precetti della cristiana religione , prima che si parli d'interesse. Se questa prima condizione è trascurata, si corre rischio di svolgere dei loro istinti , solamente i meno nobili e più pericolosi...»

Fra le schiere de' missionari cattolici che, come scriveva fin dal dicembre 1884 l'officiosa Corrispondenza Politica di Vienna, « vi stanno araldi della civiltà, » milita valoroso, infaticabile, ricco già di trofei e di gloriose conquiste , anche un drappello d'Italiani, i missionari, vogliamo dire , che vi spedisce e vi mantiene , con zelo di apostolo e con generosità di Principe della Chiesa , l'eminentissimo Cardinale Arcivescovo di Verona.

Il Vicariato apostolico dell'Africa centrale, che essi reggono, è uno dei più importanti, e ripetute volte noi stessi abbiamo avuto occasione di trattenere i nostri lettori sul loro eroismo nello scuotere dall'Africa le tenebre ed il giogo della barbarie, diffondendovi i lumi della civiltà cristiana.

Il pensiero dei veri Italiani vola spesso a quei generosi, i quali, nell'atto che , spregiando ogni maniera di pericoli ed affrontando impavidi la morte, fanno rifiorire in Africa la libertà dei figli di Dio, vi tengono alto, accanto alle altre nazioni, il nome italiano , che in Italia si fa a chi più avvilisce e contamina. Ma vola oggi specialmente, festa delle Pentecoste , e contemplando i missionari africani di Verona, lottanti nel glorioso agone, ne prende conforto ai mali che ci premono e ritempra la sua speranza nel Divino Spirito, il cui suono rinnova i prodigi di 19 secoli fa, che il Manzoni, ne' suoi Inni Sacri, così ritrae

Come la luce rapida Piove di cosa in cosa, E i color varii suscita Ovunque si riposa; Tal risuonò molteplice La voce dello Spiro L'Arabo, il Parto, il Siro In suo sermon l'udì.

IL PRIMO PONTIFICALE DI MONS. VALFRÈ.

Mercoledi, 6 maggio, si celebrava solennemente nella chiesa di S. Giovanni Evangelista la festa di questo gran Santo, chiamata ante portam latinam. Riferisce Tertulliano che sotto l'imperatore Domiziano, autore della seconda persecuzione contro i Cristiani , l'Evangelista S. Giovanni fu da Efeso mandato a Roma ; e perché non volle rinnegare la santa fede , venne immerso in una caldaia d'olio bollente (da cui uscì più puro e più vegeto che non fosse entrato) innanzi ad una delle porte romane chiamata Latina. Di qui il nome della festa ante portam Latinam.

Sua Eccellenza Reverendissima monsignor Valfrè, novello vescovo di Cuneo, celebrava in tale solennità, e nella suddetta chiesa salesiana, il suo primo e solenne Pontificale. Non abbiamo parole sufficienti per esprimere la nostra soddisfazione per tale festa. La Messa del maestro Terziani ed il Tu es Sacerdos del maestro Dogliani al mattino ; i vespri di monsignor Cagliero ed il Tantum Ergo del maestro De-Vecchi alla sera, furono eseguiti a perfezione dai giovani allievi dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Per tutto quel giorno monsignor Valfré ebbe pure la bontà d'intrattenersi in quel novello Istituto Salesiano ; e durante il pranzo non mancò qualche affettuosa lettura in prosa ed in poesia in onore del novello Vescovo; sicché Monsignore ebbe a dire che fu commosso per tanti segni di sincera affezione, e che spera che il suo primo Pontificale sia il primo anello di una lunga catena che lo unirà a D. Bosco ed ai Salesiani. Noi auguriamo al novello Vescovo di Cuneo sanità, lunga vita e mezzi per far del gran bene in mezzo al suo gregge , che ardentemente lo desidera.

Monsignor Teodoro Valfré di Bonzo appartiene ad una nobile famiglia di Bra , la quale ebbe il titolo di conte nelle infeudazioni del 1720. I Valfré di Bra erano agnati di quelli di Chieri, conti di Valdieri e consignori di Montaldo Roero. Padre del nuovo Vescovo fu il conte Giacinto , tenente Generale di cavalleria, e la madre appartiene ai Del Carretto di Torre Bormida e Bergolo.

Monsignor Teodoro, valente teologo e abile giureconsulto , era stato incaricato da Sua Santità Leone XIII di una missione diplomatica in America, ma non avendo potuto recarsi in quella regione causa la guerra rotta dalle Autorità locali contro la Chiesa, venne addetto come prelato consultore alla Congregazione degli affari ecclesiatici straordinarii, posto difficile che esige nei titolari un'istruzione non comune, e una conoscenza profonda degli uomini e delle cose.

Esso è il più giovane fra i Vescovi della Chiesa cattolica , avendo di pochi mesi oltrepassato il 31° anno di sua età.

PUBBLICO SAGGIO DATO DAI FANCIULLI DELL'ASILO INFANTILE DI NICHELLINO il giorno 4 Maggio 1833.

I nostri Sig. Cooperatori e Cooperatrici hanno già notizia dell' asilo infantile di Nichellino diretto dalle Suore Salesiane di M. A. , perchè altra volta se n'è parlato. Quivi appunto la Domenica 4 Maggio verso sera si dava pubblico saggio dai fanciulli dell'Asilo. Grande fu l' affollarsi della gente specialmente babbi e mamme ansiosi di veder le prove de' loro bimbi, e molte furono le persone ragguardevoli che, nonostante il minacciar del tempo, benignamente vi intervennero. Oltre al Chiaris. e M. Rev. Parroco presidente dell' amministrazione dell'Asilo ed altri membri di essa, si notava il benemerito, ed amato Sig. Sindaco Foresto, il valente Sig. Dottore Cav. Coppa, l'esimio e caritatevole Sig. Lasagno Matteo, il Revmo. Canonico Martini di Moncalieri ed altri conspicui e rispettabili Signori e Signore. La ben ordinata e robusta banda musicale del paese ancor essa vi si trovava per rallegrare vieppiù la cara festa colle bellissime marcie, e co' scelti pezzi di lodata musica. I bimbi assestati ammodo della personcina e già bellamente disposti per una scaléa a ciò preparata, stavano così fermi al loro posto e silenziosi che era una maraviglia a vedere. Ruppe il silenzio il M. Rev. Sig. Parroco colla lettura di un discorso d' occasione per ogni verso fornito e bellissimo, di cui vorremmo far gustare alcun branetto se non temessimo guastarlo non riportandolo per intiero. Poscia al comando fermo e sicuro ed insieme affettuoso della Suora (Madre) Direttrice si fece principio alle prove dei bimbi ; e quivi non è possibile che possiamo tener dietro a cotanto numero e varietà di saggi dati in tutto ciò che di buono ed utile si confà a quelle menti tenerelle. Saremo quindi scusati se per sommi capi ce la sbrigheremo, notando solo quello che massimamente ha colpito e commosso nell' anima gli astanti.

Era giusto che si cominciasse da Dio, e davvero che teneva tutti ammirati e commossi il recitare che facevano le preghiere con tanto affetto e candore. Come si sentiva qui il grato profumo della preghiera dell'innocente, la quale squarcia e trapassa le nubi e senza intoppo vola cara ed esaudita al Cielo! Parevano proprio angioli benedetti preganti a Dio tanto eran divoti ed amabili quei volti! Mi passo poi dei giuochi ginnastici compatibili a quelle deboli membra, eseguiti sempre con garbo e franchezza e dal loro posto e di poi a squadriglie nel vano che era tra gli spettatori ed il loro ordine di gradi; mi passo pure de' canti fatti da tutti insieme a due cori distinti, come pure a soli, o in duetto, o in terzetto, in cui quelle sottili vocine intonate e concordanti mostravano coronata la pazienza tragrande che la ottima Maestra doveva aver durata a cotal impresa. Di poesie se ne recitarono a memoria di bellissime a Dio, alla patria, ai parenti, ai benefattori, all'esimio Signor Sindaco, e tutte furono declamate con candido sentimento ed arte da non doversi non dico cercare, ma quasi neppure sperare in fanciulletti di poca età. Tra gli altri va poi segnalato un lungo dialogo fatto tra alquanti bimbi , ed alcune bimbe, che fu cosa oltremisura stupenda. Era svariatissimo per le cognizioni bellamente intessutevi e di storia naturale e di geografia e tale da tornare soprammodo istruttivo. Bisognava vedere con che disinvoltura e sicurezza si succedevano gl'interlocutori e come ben mostravano di avere appreso ciò di cui parlavano. Basti qui notare che da ognuno degli astanti stupefatti era un dire: - Oh ! gustosissima cosa, - come ben riuscito, - non par vero che si possa giungere a tal segno. -

Tutto questo che appena appena abbiamo accennato che cosa prova se non splendidamente coronate le gravi cure, i benefizi e ad una le speranze dell' Ottimo ed affettuosissimo Sig. Pievano Sac. Reviglio Giuseppe a cui quest' Asilo è proprio pupilla dell'occhio e di tutta la egregia Amministrazione? Come si può al tutto tacere una ben meritata lode a quella Suora Madre ed alle Suore Maestre che con tanta abilità, carità ed affettuosa pazienza sanno ottenere si copiosi e belli frutti? Se la loro umiltà non cel vietasse ben più dovremmo dire; ma esse bramerebbero che soltanto Iddio sapesse i sacrifizi e le pene che tutta la giornata han da sostenere. Oh ! Carità cristiana come splendide e sublimi sono le tue opere ! quanti miracoli tutto giorno compi sopra la terra! - In fine poi all' Illustr.mo Sig. Sindaco si debbe uno speciale e sentito encomio, perché non tralascia cosa od occasione per addimostrare quanto quell' opera sia cara al suo cuore.

GRAZIA DI MARIA SS. AUSILIATRICE. Egregio Sig. Direttore,

A maggior gloria di Maria SS ed a soddisfazione della promessa da me fatta desidererei che in uno dei prossimi numeri del Bollettino sia inserito quanto sono per esporre.

Il mio carissimo padre già infermo per malattia cronica da tre anni, si era in questi giorni assai aggravato e poteva ritenersi prossimo al termine della vita.

Con tutta rassegnazione mi sarei sottomesso al volere della Provvidenza, ma bisognoso di tranquillità e di quiete per attendere con profitto al disimpegno di un dovere del mio ministero, avrei desiderato che si allontanasse il pericolo della temuta catastrofe almeno fino al compimento della incombenza affidatami.

Mi sovvenne pertanto in buon punto delle molteplici grazie ottenute da varie persone per la intercessione di Maria SS. Ausiliatrice e fiducioso ebbi ricorso al suo patrocinio, invocandola con quel titolo consolante.

Ho ottenuta la desiderata grazia ; mio padre vive e migliora ed oggi sciolgo il voto, aggiungendo a compimento del medesimo che al termine di ogni anno e precisamente in occasione della S. Pasqua, rimetterò a questa Direzione una qualche offerta, sia pur lieve, per l' opera eminentemente caritatevole e pia dell'ottimo Sig. D. Bosco che il Signore tenga ancora in vita per molti anni.

Con ossequio mi dico

Giovedì Santo 1885.

D. V. S. Illstr.ma. Dev. in G. C.

Un Sacerdote Toscano.

VARIETÀ

EROISMO DEL CLERO.

Il 20 settembre 1884 una orrenda dìsgrazia ha funestato la città di Nocera inferiore.

Nella cucina del convento de' frati dell' ordine di S. Francesco, vi è un pozzo assai stretto e di una profondità vertiginosa dal quale viene estratta l'acqua per una pompa a ruota. Da giorni questa non agiva più. I frati chiamarono lo stagnaio del convento per farla riparare , il quale provvistosi delle ferramenta occorrenti e di uno scaldino con del carbone acceso, discese per la scala a grappe di ferro, fissa lungo il muro del pozzo per la bellezza di 25 metri di profondità.

Un frate ed un compagno dell' artiere stavano lì in cucina ad aspettare che lo stagnaio avesse loro ordinato di provare se la pompa tirava bene, quando udirono una voce cupa e disperata uscire dal pozzo, che gridava

- Su il fuoco ! Tirate su il fuoco ! Presto... per carità... soffoco

Non c'era tempo da perdere. L'azione del carbonico lo stava assopendo nel sonno della morte.

Gli calarono sollecitamente una fune.

- Legati saldo, gli dicevano, che ti tiriamo su, hai capito? Legati bene! Hai presa la fune? Di' hai preso la fune !

Nessuna risposta.

- Presto, scenda giù uno a soccorrerle - sì andavano dicendo l'un l'altro.

Ma nessuno si moveva.

Non c'era più rimedio; l'artigiano doveva orribilmente morire !

Ma no.

Un giovane frate di 23 anni , per nome Antonino Cioffo , da Vico Equense , trascinato da un impeto generoso di carità, colla rapidità del pensiero pensò di salvarlo.

E lesto come uno scoiattolo , discese rapidamente per la medesima scala di ferro , da dove era disceso lo stagnaio poc'anzi.

Uno spettacolo assai triste e commovente si offrì ai suoi occhi.

Quasi privo di sensi, col respiro soffocato e lento, vide lo stagnaio con le mani aggrappate , nell'impeto della massima disperazione, alle grappe della scala.

L'eroico frate presa la fune , legò ben saldo l'altro e lo fe' tirar su dagli accorsi , i quali tirato che l' ebbero si accingevano già a slegarlo , quando un gran tonfo cupo, giù nel pozzo , li distolse esterrefatti dall'opera incominciata.

Deposto per terra lo stagnaio e affidatolo alle cure di alcune persone, si affrettarono a chiamare ripetutamente per nome frate Antonino.

Ricalarono la fune, sperando che questi potesse avere ancora tanta energia da legarsi a quella. Ma il frate non rispose, e la fune rimaneva inutile.

Ed ecco com'era andata la cosa.

Compiuta la bella azione il povero giovine si avvide che non c'era più aria respirabile e che gli veniva quindi a mancare il respiro.

Con la risolutezza di chi non si perde mai di animo , si affrettò senz' altro di salir su per la scala di ferro, ma si sentiva già soffocare: i sentimenti gli vennero meno, le forze lo abbandonarono, le mani cedettero, e il poveretto cadde rovescio nell'acqua, nè più si vide a galla.

Antonino periva vittima di carità!

NOVE OSSERVAZIONI SULLA MISTICA CITTÀ DI DIO.

Nel Bollettino Salesiano del mese di gennaio dell'anno 1881 noi annunziavamo la pubblicazione della Vita di Maria Santissima, scritta dalla Venerabile Suor Maria della Concezione di Agreda, col titolo Mistica Città di Dio. Per far meglio conoscere i pregi di quest'Opera ammirabile noi abbiamo in allora recate alcune delle innumerevoli lodi, che per lo spazio di oltre a 200 anni le furono tributate da insigni Teologi e da illustri Vescovi, Arcivescovi e Cardinali di Santa Chiesa. Ed ora a gloria di Maria Ausiliatrice vogliamo qui aggiungere nove osservazioni in proposito, e sono le seguenti 1a La Mistica Città di Dio , lodata a Cielo da innumerevoli ed insigni personaggi, ebbe eziandio alcuni avversarii , come avversarii si ebbero altri lavori consimili, a mo' d'esempio le opere di s. Ildegarde , di s. Brigida , di s. Geltrude , di s. Teresa, e le rivelazioni della Beata Margarita Alacoque , discepola ed apostola specialissima del Sacro Cuore di Gesù.

2a Siccome i più accaniti nemici delle rivelazioni fatte alla Beata Salesiana , e della divozione al divin Cuore da lei propagata , furono i così detti Giansenisti ed altre persone di dottrine sospette , così gli avversarii più inviperiti della Mistica Città di Dio, scritta dalla Venerabile Francescana , furono parimenti Giansenisti e persone , che apertamente o nascostamente impugnarono la divozione verso l'Augusta Madre di Dio, e soprattutto la sua Immacolata Concezione.

3a La Chiesa , scrive Benedetto XIV , raramente riconosce come vere e divine tutte e singole le rivelazioni private di un libro, nè mai riconobbe come tali tutte e singole le rivelazioni di s. Catterina da Siena, di s. Ildegarde, di s. Brigida , di s. Geltrude, di s. Teresa , nè moltissimi altri fatti consimili, contenuti nei libri ascetici del Dottore sant' Alfonso; eppure ogni fedel cristiano può crederle e chiamarle vere e divine, cioè soprannaturali e di origine celeste : Quod attinet ad integrum volumen visionum... rara sunt exempla approbationum. L'approvazione poi che ne fa talora la Chiesa consiste solo nel dichiarare che tali rivelazioni non contengono cosa contraria alla fede ed alla morale; e che essendo appoggiate sopra storica probabilità possono essere pienamente credute: « Dall'approvazione di simili rivelazioni, dice il medesimo Pontefice, non si trae altro se non che, dopo un maturo esame , è permesso di pubblicarle per utilità del fedeli (1). » E questa per lo appunto è la condotta tenuta dalla Chiesa in riguardo alla Mistica Città di Dio.

4a Non sarebbe esatto il dire: La Chiesa sinora non ha ancora riconosciuta per vera una rivelazione; dunque questa non è vera, non è divina; imperocchè una rivelazione, od un fatto consimile può essere in se stesso vero e divino , ed anche ritenersi per tale, quantunque la Chiesa non l'abbia ancora solennemente riconosciuto. Ci spiegheremo con un esempio: La Chiesa non ha finora riconosciuta l' apparizione della SS. Vergine presso la grotta di Lourdes in quella forma, con cui ha riconosciute e ritiene per vere e divine le rivelazioni della Sacra Scrittura; eppure, secondo tutti i gradi di probalità, quell'apparizione è vera e divina, e per tale la si può credere, come difatto la crede oggimai la Francia , anzi il mondo intiero. Ora , ciò che si dice di quest' apparizione si può dire delle rivelazioni contenute nella Mistica Città. La Chiesa non le dichiarò per vere e divine , e perciò i fedeli non sono obbligati in coscienza a ritenerle per tali; ma siccome esse non contengono nulla contro la Religione ed i buoni costumi, cosi ogni cristiano, appoggiato sopra sufficienti motivi di probabilità, può crederle piamente vere e divine: Quae circumferuntur a sanctis viris, et mulieribus scriptae non ideo approbatae censeatur , ut illis certitudine fidei assentiamur, sed ut eas tamquam probabiles recipiamus (1). Se mai accadesse in avvenire che la Chiesa desse alle rivelazioni della Venerabile Vergine di Agreda tale solenne sanzione, da eguagliarle alle rivelazioni fatte ai profeti ed agli apostoli, allora noi le crederemo VERE E DIVINE CON FEDE CATTOLICA E DIVINA; ma finchè ciò non avvenga, nulla ci vieta di crederle VERE E DIVINE CON FEDE PRIVATA ED UMANA (2).

5" Il libro « Mistica Città » non si può e non si deve chiamare divino nel senso rigoroso , che si dà alla Sacra Scrittura; ma ben gli si può dare questo attributo in senso largo , come lo si dà comunemente alle opere di pregio singolare. In questo senso , per es., noi chiamiamo Divina Commedia il poema di Dante. Del resto poi appoggiati ad intrinseche ed estrinseche ragioni più Vescovi dotti e pii diedero il titolo di divina alla Mistica Città. Tra gli altri il Vescovo di Tarazzona, D. Michele d'Escartin, Ordinario della Venerabile Scrittrice , emetteva il suo giudizio in questi termini : Non può entrare il menomo dubbio che questa scrittura non sia da Dio; e il Rev.mo D. Diego de Silva , maestro di Sacra Teologia , Generale dell'Ordine di s. Benedetto e poi Vescovo di Guadix, così ne scriveva alla sua volta: Tutto é divino quanto contiene. Tuttavia invece di Opera divina è meglio chiamarla Storia divina, titolo che porta da più di due secoli.

6a Non ostanti le ripetute istanze degli avversarci della Mistica Città, la Chiesa non fu mai che si piegasse ad appagare i loro desiderii col condannarla o notarla di qualche censura ; anzi in quella vece permise e tuttavia permette che essa corra liberamente per le mani dei fedeli. Ora per noi Cattolici, i quali sappiamo l' amorosa sollecitudine, con cui la Chiesa nostra Madre e Maestra ci sottrae dinanzi ogni scritto, che possa tornare - a danno delle anime nostre , questo suo benigno contegno verso la Mistica Città equivale ad una ricognizione, atta a toglierci ogni sinistro sospetta contro di essa ; anzi ci è di forte eccitamento a leggerla non diremo solo con tranquillità di coscienza, ma con positiva intenzione di fare tesoro delle sublimi dottrine, che vi sono a piene mani profuse.

7 La Mistica Città fu difesa in Roma dal Tribunale del Santo Offizio contro l'inquisitore di Ceneda che l'aveva interdetta; fu discussa da quattro Congregazioni di Cardinali, e sempre trovata degna di fede e di ammirazione; fu sostenuta dai nomi autorevolissimi dei Papi Clemente X, Innocenzo XI, Alessandro VIII, Clemente XI, Benedetto XIlI e Benedetto XIV. Che cosa adunque si vorrebbe di più per accertarsi che la dottrina che vi contiene è soda e sanissima? E dopo tutto ciò si può egli dire con verità che quest'opera non fu dalla Chiesa riconosciuta nemmeno indirettamente?

8 La Mistica Città fu più volte dedicata a Principi di Santa Chiesa. Così la edizione francese, uscita in Parigi nell' anno 1860, fu dedicata all'Eminentissimo Cardinale Carlo Augusto de Reisach, residente a Roma e membro della S. Congregazione dell'Indice. La edizione italiana, da noi annunziata, porta la dedica a quella gloria illustre della Chiesa Cattolica, che è il dotto e pio Cardinale Gaetano Alimonda, oggidì Arcivescovo di Torino. Questa circostanza è un ben valido argomento in favore della Città Mistica; imperocchè quei saggi Porporati non avrebbero certamente permesso che il loro nome comparisse in fronte ad un libro , cui la S. Sede considerasse di dottrina anche solo sospetta, ed appena lo tollerasse. Arrogi che l'autore della prefata edizione francese (il Padre Serafino Passionista) avendo fatto presentare a Sua Santità Pio IX, di santa memoria, un esemplare della sua Opera, l' immortale Pontefice dell'Immacolata ebbe la degnazione di fargli conoscere quanto egli ne apprezzasse l'offerta per mezzo del suo Nunzio di Bruxelles, il quale scrisse all'autore medesimo queste parole: « L'argomento da V. R. trattato nell'anzidetta Opera non poteva non rendere gradita alla Santità di Nostro Signore l'offerta da lei depositata ai suoi piedi. » I lettori pertanto ne possono stare tranquilli.

9a Ammaestrando i fedeli, ed esponendo loro la dottrina della Chiesa, non si pecca punto contro le regole canoniche , facendo uso dell' Opera della Venerabile di Agreda; imperocchè il Cardinale Orsini, Arcivescovo di Benevento, che fu poi Papa col nome di Benedetto XIII, se ne giovava per la sua predicazione; e i più valenti sacri oratori sogliono abbellire i loro discorsi colle dottrine ricavate dalla Città Mistica. Che poi quest'opera sia di singolare utilità al Clero ce n'è garante il Cardinale Dechamps Arcivescovo di Malines e Primate del Belgio, il quale la raccomandò con queste parole: « Noi esortiamo il Clero ed i pii fedeli ad approfittarsi di questa pubblicazione, la quale essi non leggeranno senza edificazione ed utilità. » E alla sua volta l'Università di Tolosa l'aveva già chiamata « opportunissima per l' istruzione dei fedeli e per confondere i nemici della Beatissima Vergine. » In quanto alle regole canoniche, esse prescrivono soltanto che a simili rivelazioni e fatti sopra naturali non si attribuisca una fede divina; ma non proibiscono punto di attribuire loro una fede umana, e di servircene in questo senso a nostra ed altrui edificazione , come non proibiscono di far uso dei fatti ed esempi consimili , ricavati dalle vite dei Santi, e dalle varie raccolte di apparizioni , grazie e prodigi della Santissima Vergine. E poi, dal momento che le regole canoniche permettono che i fedeli si ammaestrino da se stessi colla lettura della Città Mistica, perchè mai peccherebbe contro di esse chi nell' istruirli a viva voce facesse uso della medesima?

Ci piace di porre fine a questo articolo col riportare un periodo dell'accennata stupenda dedica, che si legge nella edizione italiana. Il traduttore D. Giovanni Giacinto Cereseto, e il tipografo Bigini e Comp., editori, così vi parlano all'Eminentissimo Alimonda : « Se non che il nemico della GRAN DONNA neppur oggidì per avventura cesserà d'insidiare al calcagno di Lei, che pur inesorabilmente lo conquide. Si trasformerà, com'è usato, in angelo di luce; e contro quest' Opera unicamente intesa a glorificare MARIA, nuovamente , (come già per lo addietro) tutta la schiera dei suoi artifizi accamperà: uno scherno impudente, una scienza leggiera, uno zelo amaro, un pietismo ipocrita, ed altri cotali suoi diabolici argomenti. Ma indarno! Ché questa Mistica Città difesa dal valore dei vostri dardi, o Eminenza, dalla luce sfolgorante della vostra sapienza, avrà, ci confidiamo, la bella sorte di raccogliere alfine dalla bocca della vostra mistica Colomba (1) quel segno e pegno di pace, cui più non valgono acque od arti nemiche a turbare. »

(1) Bened. XIV. De canonizat. lib. 2. cap. 32. n. 11 e 12. - Vedi anche il primo Articolo del Bollettino di aprile del 1881.

(1) Cardinal. Bon. De discret. spirit. cap. 20. n. 1, citato dal prelodato Benedetto XIV.

(2) Bened. XIV De Can. lib. 3, cap. ult. n. 15.

(1) Si allude allo stemma del Cardinale Alimonda, che ha per emblema la colomba con in bocca il ramoscello di ulivo, simbolo di pace.

BIBLIOGRAFIA

IL PIU' BELLO DI TUTTI I LIBRI OSSIA IL CROCIFISSO (Parte II - massime Eterne)

É questo un nuovo opuscolo -del T. Bongiovanni D. O. di M. V., affatto diverso da quello già conosciutissimo intitolato: Il più bello di tutti i libri, ossia il Crocifisso, poichè tratta tutt'altro argomento. Nel primo (di pag. 64 a cent. 15) l'Autore fece leggere sul Crocifisso le Virtù Cristiane , e in questo fa trovar scritte sul Crocifisso le Massime Eterne, e ne è come la seconda parte. Si spera che questo secondo supererà il primo nella diffusione per la gravità dell'argomento.

NB. Indicare ben chiaramente nelle domande se si vuole quello che tratta delle Virtù Cristiane, oppure quello che tratta delle Massime Eterne, avvertendo che questo secondo essendo di 88 pagine, si vende a cent. 20 la copia.

VOLI DELL'ANIMA del Prof Luigi Bottaro.

Vendibile presso la Tipografia e Libreria S. Vincenzo in S. Pier d'Arena, la Libreria Salesiana in Torino, e presso i principali librai. - Cent. 50.

Il chiaro e simpatico autore del quale abbiamo annunziato nel precedente numero il volumetto Feste Cristiane, pubblica ora quest'altra operetta degna della prima, e che ad ogni anima cristiana potrà essere di gran giovamento e conforto.

Essa porta per epigrafe : Chi mi darà penne come quelle della colomba e volerò e riposerò. L'epigrafe spiega benissimo l'intento dell'autore far che le anime volino a Dio per riposarsi in seno alla sua bontà.

E perchè volino a Dio , l'autore prende occasione di esaltarlo da tutte le opere della sua creazione, con alti e affettuosi pensieri , veri Voli dell'anima al cielo.

E un vero gioiello che tutte le famiglie cristiane vorranno possedere ; è uno di quei libri che non si leggono solo , ma si rileggono quando si sente maggior bisogno di conforto e di sante gioie.