BS 1880s|1881|Bollettino Salesiano Luglio 1881

ANNO V. N. 7.   Esce una volta al mese.   LUGLIO 1881.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo N. 32, TORINO

SOMMARIO - Particolarità della Novena e Festa di Maria Ausiliatrice - Esercizii spirituali per le Signore - Esempio e ricordo intorno alla limosina - Notizie e Conferenze Salesiane - Oratorio festivo di Maria Immacolata in Firenze - Un poco di arena per la Chiesa del Sacro Cuore - I Cooperatori Salesiani di Sezzè - Lettera Patagonica - Lettera Spagnuola - I Salesiani dell' Uruguay nella seconda città della Repubblica - Monsignor Giacinto Vera - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - La Patagonia e le terre australi del Continente americano - Sconfitta dell' eresia in Vallecrosia - Per la Chiesa del Sacro Cuore in Roma - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

PARTICOLARITÀ DELLA NOVENA E FESTA di Maria Ausiliatrice.

Durante la noveva e nella festa del 24 maggio, intorno alla quale nel numero precedente abbiamo pubblicata un'ampia relazione, avvennero più altre cose, pur degne di essere conosciute. Per amore di brevità avendole dovuto omettere in allora, ne diremo qui brevemente almeno delle principali.

Il Priore e la Priora.

Nell'avvicinarsi della solennità suolsi eleggere un Priore ed una Priora della festa. Il Priore quest'anno, a dire il vero, fu un po' piccino ; non aveva che sei anni ; ma fu altrettanto più caro a Maria e a tutti i divoti di Lei per la circostanza, che siamo per dire. Due anni or sono questo bimbo si trovava in Roquefort in agonia, e il vedovo padre, che è il conte Floyosc di Villeneuve, generale francese, era al colmo della costernazione. In quel doloroso frangente il nobile signore, altrettanto divoto e fervoroso cristiano che prode soldato, si getta a terra in ginocchio, e, con urla fede che trasporta le montagne, prega Maria Ausiliatrice che voglia lasciargli quel figlio a conforto di sua vita. Il fanciulletto aveva allora già perduta la parola, e sembrava che avesse pur dato l'ultimo respiro. Il buon padre quasi per accertarsi che fosse ancor vivo , gli si accosta e lo chiama, e con infinita consolazione ode a rispondersi : Papà , lasciami dormire. Da quel momento il bimbo, invece di mandare l'ultimo fiato, prende a migliorare, e poco dopo si alza di letto. Il padre nel giorno stesso ebbe a telegrafare a Don Bosco : Raimondo guarito per miracolo.

L'anno scorso il pio signore fu a Torino per ringraziarne personalmente Maria Ausiliatrice, e quest'anno vi ritornò conducendovi anche il figliuolino, il quale, come notammo, fece da Priore. Lo chiamavano il piccolo Priore, le Petit Prieur; ed egli coll'angelico contegno seppe attirarsi l'ammirazione e l' affetto di tutti. Facciamo voti ardenti che Maria Ausiliatrice gli continui la valida sua protezione, e gli faccia sempre da tenerissima Madre.

La Priora fu Madama Jacques, gentildonna marsigliese d'insigne pietà e di una carità operosissima. Essa fa da vera madre ai fanciulli della nostra Casa di Marsiglia ; cuciste, rattoppa, provvede di abiti e di biancheria i più bisognosi ; impiega insomma non solamente le sue sostanze, ma eziandio la sua persona a vantaggio dei poverelli. E una rediviva Tabita. Nei pochi giorni che si fermò tra noi in Torino l' egregia signora non ismentì punto la bella fama, che l'aveva preceduta, e fece a noi pure esperimentare gli effetti di sua squisita carità. Il buon Dio e Maria Ausiliatrice gliene concedano il centuplo nella vita presente, e una più bella corona di gloria nella vita futura.

La predicazione novendiale.

La predicazione nei giorni feriali della novena venne fatta dal M. Rev. sig. T. Roero di Monticelli , Canonico del Corpus Domini in Torino, il quale con una parola semplice ed affettuosa ci venne esponendo le più belle virtù di Maria , e ci animò efficacemente a ricopiarle in noi medesimi. Nelle due domeniche, che occorsero in quel frattempo, essendo egli altrove impegnato, venne a supplirlo il Professore D. Bonnet. Disse della maternità e delle grandezze di Maria con tale profluvio e fioritezza di lingua, da mostrarsi oratore forbito e facondo.

Grazie riferite.

In ciascuno dei nove giorni abbiamo ricevute parecchie lettere, che riferivano grazie ottenute per intercessione di Maria Aiuto dei Cristiani. Ne daremo qui il riassunto di una per giorno, riserbandoci di pubblicarle poscia in disteso con moltissime altre in apposito libretto.

Primo giorno della Novena.

Da Mirabello Monferrato il sig. Vincenzo Provera scrive che una Cooperatrice, trovandosi in una grande angustia, fece ricorso a Maria Ausiliatrice e ne fu esaudita. Manda un' apposita offerta di lire 10.

Secondo giorno.

Da Maserà di Padova ci si scrive : Soltanto dodici ore dopo di aver invocata Maria sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, ho ricevuto la grazia. Le invio pertanto questa piccola offerta di L. 50, e così da Cooperatore Salesiano onorario comincio ad essere Cooperatore attivo per intercessione della Vergine benedetta.

Il ritorno di D. Bosco.

Nella sera di questo secondo giorno ci venne fatta una delle più dolci e consolanti sorprese, e fu l'arrivo di D. Bosco a casa, dopo un'assenza di circa quattro mesi. Lo si attendeva bensì di quella sera medesima , ma dopo le funzioni di Chiesa, onde poterlo ricevere , secondo il solito, con tutte quelle dimostrazioni di stima ed affetto, che si addicono a figli bennati verso il migliore dei padri. Questa volta fummo delusi. Don Bosco aveva pensato di anticipare la sua venuta, e giunse all' Oratorio nell' ora appunto che tutti erravamo in Chiesa. Entrato nella sacrestia domandò d'impartire la benedizione col SS. Sacramento. Al vedernelo uscire vestito dei sacri paramenti, ed avviarsi all'altare, ognuno ne trasalì di gioia, e lagrime di consolazione spunta: ori su moltissimi occhi. Appié dell' altare noi ringraziammo il Signore di averci ricondotto sano e salvo il nostro padre, e D. Bosco lo ringraziò di averlo restituito a' suoi cari figli. Si cantò e si pregò con fervore indicibile; tutti andavano a gara per attestare alla Vergine Ausiliatrice i sentimenti della più viva riconoscenza. Il resto della sera fu passato in canti di gioia , in cordiali applausi, e in melodiose serenate della banda musicale.

Terzo giorno.

Una Maestra nelle vicinanze di Torino colta da grave mal d'occhi ne doveva, secondo il parere dei medici, rimanere priva del sinistro, o almeno con sopra una macchia indelebile. In vista di tanto pericolo ella si raccomanda a Maria Auxilium Christianorum, e incomincia una novena ad onore di Lei. Ora coll' animo giubilante e pieno di riconoscenza attesta che il terzo giorno dell'intrapresa sua novena ottenne da Maria la perfetta guarigione quasi istantanea.

Quarto giorno.

Il sig. Prevosto D. Antonio Bertetti ci scrive da Maglione : Rimetto alla S. V. lire 20 in onore della Vergine SS. Ausiliatrice dei Cristiani, per ringraziamento di una grazia ricevuta, e colla speranza di riceverne un'altra.

Quinto giorno.

Una persona di Casale, che desidera di conservarsi anonima, ci scrive così : Avendo ricevuta una grazia segnalata per intercessione di Maria Santissima Ausiliatrice, in segno di gratitudine, mando a cotesto suo Santuario la tenuissima offerta di L. 5, sperando che la Beata Vergine guarderà piuttosto al cuore con cui é fatta, che non alla somma.

La Conferenza ai Cooperatori.

In questo giorno medesimo, verso le ore 3 pomeridiane, ebbe luogo la Conferenza pei Cooperatori Torinesi, nell'antica Chiesa di S. Francesco di Sales. Le si diede principio colla lettura e col canto, e poscia D. Bosco fece l'esposizione di alcune opere compiutesi e che stanno compiendosi, ne annunziò delle altre intraprese, raccomandandole alla carità degli intervenuti. Tra le altre egli parlò della Chiesa di san Giovanni Evangelista.

Come avrete già veduto , egli disse, i lavori stanno ultimandosi. Presentemente vi attendono i pittori e il decoratore ; nel tempo stesso vi si colloca il pavimento di marmo, si preparano gli altari, la balaustra, i banchi, i confessionali, le porte, le finestre, l' orchestra, l' organo, le campane e via dicendo. L'ardore con cui si lavora ci conforta a sperare che potremo inaugurare al divin culto il sacro edifizio nel 27 dicembre, festa dell'Apostolo prediletto , seppure la cattiva stagione non ci obbligherà a trasferire la grandiosa solennità nella primavera dell' anno venturo. - Forse qualcuno , soggiunse D. Bosco , desidererà di sapere a quale condizione di fedeli avrà poscia a servire la detta Chiesa ; se per gli adulti o pei fanciulli; se sarà parrocchia o non lo sarà. - Rispondo brevemente che quella Chiesa servirà per gli adulti e pei fanciulli ; per gli adulti al di sopra, e pei fanciulli dell'annesso Oratorio festivo al di sotto, dove tra varii altri membri ne uscì pure una seconda Chiesuola, capace di 500 giovanetti. - In quanto poi alla qualità di parrocchia , mi limito a dire che essa l' avrà , purché v'intervenga il consenso dell'Autorità ecclesiastica. Per parte di D. Bosco, egli non metterà -difficoltà che sia eretta in Chiesa parrocchiale; ma anche senza di ciò noi faremo sì, che vi abbiano la cristiana istruzione grandi e piccoli, e la necessaria religiosa assistenza sani e malati ; soprattutto per quanto dipenderà da noi faremo in modo, che niuna famiglia cattolica di quelle parti possa addurre pretesti di andare od inviare i figli alla vicina scuola dell'eresia.

Venuto a parlare della Casa in Vallecrosia presso Ventimiglia, Don Bosco notò che la costruzione della Chiesa da dedicarsi a Maria Ausiliatrice tira innanzi, ma che finora si dovette andare un poco a rilento, perché parve più urgente il bisogno di fabbricarvi da presso delle altre scuole, essendo le prime divenute insufficienti. La fabbrica di queste é ora terminata , ed oltre ad aversi il sito necessario per raccogliere nelle rispettive classi un maggior numero di fanciulli e di fanciulle, si -ebbe altresì una sala, che servirà di cappella provvisoria più vasta e più decente della prima. Per questa guisa, mentre resta provveduto alla conveniente istruzione dei piccoli e degli adulti, noi ci troviamo in grado di poter attendere con tutto bell'agio ad innalzare la Chiesa incominciata. Intanto già fin d'ora é constatato un fatto dei più consolanti : mentre le scuole dei Salesiani e delle Suore di Maria Ausiliatrice sono affollate, quelle dei vicini Valdesi fecero fallimento. In questo modo s'impedì che venisse pervertita nella Religione tanta povera gioventù di quelle parti ; si impedì che facessero naufragio nella fede tante famiglie cattoliche ; s'impedì insomma che divenissero eretiche la presente e poscia le future generazioni.

Che dirò delle scuole e dell'Oratorio maschile della Spezia? domandò Don Bosco. Ecco brevemente. Fin dai primi giorni , che coll' aiuto del grande Pio IX noi vi avevamo posto il piede, i nemici, soprattutto i Protestanti, che vi hanno tempio e scuole , fecero di tutto per osteggiare l'opera nostra. Per atterrirci si posero i giornali della setta scrivendoci contro, si scagliarono ingiurie, si fecero minaccie, e in fine si ricorse a mezzi più disdicevoli ancora, collocandoci da vicino persone immorali. Allora che cosa abbiamo fatto noi? Giacché stavamo in casa appigionata, e pagavamo un affitto caro e salato, abbiamo cercato modo di fabbricarci una casa apposita, colle relative scuole e cappella adattata. Coll' aiuto di alcune benemerite persone della diocesi, col valido appoggio dei Cooperatori e Cooperatrici, e soprattutto col generoso concorso di un egregio signore della città, che ci somministrò caritatevolmente il terreno ed anche sussidii in danaro, noi l'anno scorso abbiamo posto mano alla progettata fabbrica. Non ostante un disgustoso incidente cagionato dall' intemperie , non ostante le buffonate e le varie dicerie dei tristi, questa fabbrica, sotto la savia direzione del sig. ingegnere Bruschi, é oggi ultimata. Fra pochi giorni sarà benedetta la nuova cappella, e i Salesiani fisseranno le tende in casa loro. Unitamente col clero della città e con altri zelanti cattolici noi continueremo nelle scuole e nelle radunanze festive a coltivare la numerosa gioventù , e nella cappella ad istruire gli adulti predicando ed amministrando i Sacramenti della Confessione e Comunione ; ci adopreremo , secondo il nostro potere, a far sì che l' errore non s' infiltri maggiormente ad avvelenare la mente ed il cuore dei padri e dei figli. Presentemente frequentano le nostre scuole ed Oratorio circa 400 ragazzi, buona parte dei quali strappati alla scuola degli eretici.

L'anno scorso, continuò D. Bosco, nel mio ritorno da Roma passando in Firenze m'imbattei in una lunga processione di giovanetti, che seguivano una bandiera. Non sapendomi dare ragione di quel fatto, domandai al Sacerdote fiorentino, che m'accompagnava, chi fossero quei fanciulli e dove andassero, ed egli traendo un doloroso sospiro rispose : Sono bambini cattolici, che escono dalle scuole protestanti, ed ora si portano al così detto sermone, che tiene il ministro. - Da queste parole e dalla vista di tanti poveri fanciulli, che come agnelli andavano al macello, D. Bosco fu profondamente commosso. Prima di partire egli si presentò a Sua Eccellenza Rev." Mons. Arcivescovo, il quale, saputo che i Salesiani sarebbero stati disposti a venirgli in aiuto per impedire e riparare danni così deplorabili, si pose tosto a capo di alcune caritatevoli persone della città, e colle sue parole le eccitò, coi suoi lumi le diresse a trovare i mezzi opportuni per dare incominciamento ad un'Oratorio festivo. Coll'aiuto di varii Cooperatori e Cooperatrici i mezzi furono trovati; si prese a pigione una casa; fu stabilito il modo di sussistenza, e i Salesiani sono in Firenze sin dal mese di marzo. L' Oratorio é oggidì frequentato da circa 200 giovanetti, che vanno aumentando di numero festa per festa. Più altre cose disse ancora Don Bosco a questo proposito, ma qui le omettiamo, perché pubblicheremo più sotto una lettera del Direttore locale, che completerà queste notizie.

Da Firenze D. Bosco portò il suo discorso sopra la Chiesa ed Ospizio del Sacro Cuore al Castro Pretorio in Roma. Notato come alacremente si lavori, disse dell'acquisto fatto poc'anzi di un vicino edifizio, dove si aprirà provvisoriamente una cappella parrocchiale per fare il Catechismo ai fanciulli, e per dispensare la parola di Dio e i Sacramenti agli adulti di quei dintorni assai popolati. La Casa Salesiana é già inaugurata nel nuovo locale , e la cappella sarà probabilmente benedetta nel mese di luglio dall'Eminentissimo sig. Cardinale Vicario di Sua Santità.

Da Roma il pensiero di D. Bosco volò nell'America. Riferì di varie Case aperte poc'anzi nella Repubblica dell'Uruguay tra colonie abbandonate; ma si fermò di preferenza sopra le missioni della Patagonia. Annunziò come il sac. Don Giuseppe Fagnano era partito in quei giorni per una missione verso il centro di quella selvaggia contrada; descrisse i pericoli, a cui vanno soggetti e Salesiani e Suore in quelle parti, e pose sott' occhio le loro fatiche e stenti per mancanza di mezzi. Qui colta l' opportunità ei fece un commovente confronto tra la vita del missionario e quella di tanti cristiani, che guazzano nelle delizie, e pur non si muovono a dare una limosina per cooperare alla eterna salute dei fratelli, per soccorrere quei generosi, i quali per le anime, sull'esempio degli Apostoli, lasciano quanto hanno di più caro al mondo, pronti, se occorre , a versare persino il sangue. A cristiani di tal fatta, disse D. Bosco, si potrebbero rivolgere le parole, che S. Pietro in altra occasione pronunziò contro a Simon Mago Pecunia tua tecum sit in perditionem: Il tuo danaro perisca con te. Cotali cristiani dovrebbero riflettere che Iddio chiederà conto un giorno dei beni che ha loro concessi. Egli dirà a ciascun facoltoso : Io ti aveva dato delle sostanze, affinché una parte ne disponessi alla mia gloria e a vantaggio del tuo prossimo; ed invece che ne facesti ? Il lusso, i divertimenti, i viaggi di piacere, le gozzoviglie , le partite , le comparse, ecco la voragine dei tuoi beni. - Taluno dirà: I beni miei io non li spreco ; me li tengo cari , li accresco ogni anno ; compero case, campi, vigne e via dicendo. Anche a costoro dirà il Signore: Li accumulaste ! li accresceste ! Sì, é vero ; ma intanto i poveri soffrivano di fame ; ma intanto migliaia di fanciulli abbandonati crescevano nella ignoranza della religione e nel mal costume ; ma intanto le anime redente dal mio Sangue cadevano nell'inferno. Aveste più a cuore i vostri danari che non la mia gloria, più care le vostre borse che non le anime dei vostri fratelli ! Orbene, coi vostri piaceri, coi vostri tesori, colle vostre sostanze andatevene alla perdizione: Pe cunia tua tecum sit in perditionem. So bene, soggiunse D. Bosco, che voi non siete di questi tali, e che fate limosina secondo le vostre forze ; ma nel mondo quanti sono che potrebbero imitare il vostro esempio , eppur non lo imitano ?

Don Bosco finiva coll'annunziare che poche ore prima era venuto a sapere come la Casa di san Benigno, nella quale appunto si educano i futuri missionarii, e i futuri direttori, maestri ed assistenti per i nostri Collegi, si trovava in gran bisogno. Da parecchi mesi non aveva più potuto pagare il panattiere, il quale perciò non ostante la buona volontà non era più in grado di somministrare il pane. Era mia intenzione, disse Don Bosco, di raccomandarvi la limosina a vantaggio di varie opere importanti ; ma siccome tra tutte la più importante si é quella di non lasciar mancare il necessario a coloro, che lavorano ed avranno da lavorare per la gloria di Dio e per la salute delle anime, così ve la raccomando per questo fine. La carità che voi farete partirà ancora di questa sera medesima a consolare quei miei cari figli e vostri fratelli, affidati intieramente alla divina Provvidenza,

Quando D. Bosco ebbe finito il suo discorso, un coro di giovanetti cantò in musica il Regina coeli e il Tantum ergo. Impartitasi poscia la benedizione col SS. Sacramento, si chiuse la divota funzione colla recita del De profundis in suffragio dei Cooperatori defunti.

Giorno sesto.

Da Fiorenzuola d'Arda un buon Sacerdote, pieno l'animo di riconoscenza, ci scrive una lunga lettera, di cui ecco i punti principali : - Mia madre d'anni 81 venne colpita di paralisi alla spina dorsale, a cui tenne dietro una fortissima congestione polmonare, per modo che stante la sua grave età versava in evidente pericolo della vita. Tutti quelli che la venivano visitare esclamavano Poveretta ! Sarà ancora una grazia se potrà tirare innanzi qualche tempo adagiata sopra una seggiola, e con un continuo servizio alla sua persona ! Io che l' amava teneramente pregai e feci pregare Maria SS. sotto il titolo di Auxilium Christianorum, perché scongiurasse tanto pericolo, e le ottenesse almeno di poter avere libero in qualche modo l'uso delle sue membra ; e fui esaudito. In meno che non si pensava fu superata la congestione polmonare, e le si fece più libero il respiro. Ciò non basta; poiché cessò eziandio la paralisia, ed oggi l'ottuagenaria mia madre esce di letto e cammina senza l'altrui aiuto. A detta di tutti essa vive e si muove per una grazia speciale del Cielo; e io non sarò l'ultimo a proclamare che essa vive e si muove per un favore di Maria SS. Ausiliatrice.

Settimo giorno.

Da Vallestura Caviglio Carlo scrive che una donna da 5 anni tribolata da malattia nervosa, e distrutta , per così dire , da una tosse ostinata che le sopraggiunse, si votò a Maria Ausiliatrice e ne fu liberata.

Ottavo giorno.

Il sac. D. Giuseppe Pavarato da Cavarzere (Venezia), la domenica 22 maggio, sopra un barroccino si portava a celebrare la Messa a 6 chilometri distante dalla Chiesa parrocchiale, quando il cavallo improvvisamente s' impenna, rompe le redini e parte dei fornimenti, e si dà alla fuga. Il cocchiere visto il pericolo si getta a terra , e lascia il povero Prete alla discrezione di una bestia impaurita , che corre a precipizio e senza freno. Ognuno può immaginarsi lo spavento del pio Sacerdote, che si vedeva così vicino al sepolcro. Ma da più anni egli è ascritto all' Arciconfraternita dei divoti di Maria Ausiliatrice e ne fa puntualmente la Novena. Or in quel terribile frangente ei si raccomanda a Maria, la quale gli viene tosto in aiuto. In uno svolto il biroccio si rovescia, ed il Prete cade col capo rasente ad un muro senza farsi alcun male , se ne eccettui alcune leggiere contusioni, che punto non gli impediscono di celebrare la Messa e portare il Santissimo Viatico ad un infermo. Al dopo pranzo egli tiene un sermoncino in onore di Maria Santissima, ne dimostra la potenza del patrocinio, e tra le altre ne porta per esempio la grazia da lui ottenuta nel mattino di quel giorno memorando, che senza di Lei sarebbe stato l'ultimo di sua vita. Diciamo l'ultimo di sua vita, perocché se nel cadere egli avesse battuto tre dita più in là si sarebbe sfracellato il capo nel muro.

Nono giorno.

La signora Teresa Colli da Parona di Lomellina ci manda relazione di due grazie, di cui una è la seguente. Nel febbraio del 1880 una donna fu assalita da acutissimi dolori alla gamba destra. Tormentata da più mesi, e talora in maniera tale , che non sapeva più dove posare la gamba, ella si valse di quanti rimedii le furono suggeriti ; ma inutilmente. Fu allora che le venne la salutare inspirazione di rivolgersi a Maria SS. Ausiliatrice, e di chiedere a sì potente Avvocata la grazia della guarigione. Incominciò una fervorosa novena, e promise una piccola offerta a favore della Chiesa a Lei dedicata in Torino. Ed oh ! potenza di Maria ! Non aveva ancora finita la novena, ed essa era già perfettamente guarita.

Conferenza alle Cooperatrici.

Lo stesso giorno, ultimo della novena e vigilia della festa di Maria Ausiliatrice , si tenne nell'ora e luogo solito la Conferenza alle pie Cooperatrici di Torino, le quali intervennero in sì bel numero, che la Chiesa dell'Oratorio festivo grane letteralmente stipata. Dopo una breve lettura spirituale e un po' di canto in musica, Don Bosco salito in pergamo esordì il suo discorso, esternando la sua consolazione nel vedere un numero così considerevole di Cooperatrici insieme raccolte, e notando che coll' aiuto di tante persone, che sanno dare siffatte prove di pietà e di zelo, si può fondatamente sperare di fare del gran bene nel mondo. Annunziata poscia una speciale benedizione del Santo Padre, e l'acquisto della indulgenza plenaria a chi prendeva parte alla Conferenza, egli disse che avrebbe potuto in quella sera fare una predica sulla eccellenza della carità, o sulla potenza della Religione pel benessere della civile società ; ma che intendeva in quella vece di fare una semplice esposizione di quanto erasi operato nel corso dell'anno, e andavasi operando, a vantaggio spirituale e corporale di tanta povera gioventù. Notò l'aumento di Case pei Salesiani e per le Suore di Maria Ausiliatrice a pro dei giovanetti e delle giovanette ; notò l'ognor crescente numero di anime, che vengono indirizzate sulla via del Cielo, e in modo particolare fermò il suo discorso sopra le colonie agricole, sopra gli asili e scuole, e specialmente sopra gli Oratori festivi femminili. Una qualche idea del bene che si fa, disse D. Bosco, voi potreste averla , o pie Cooperatrici, portandovi nei giorni di festa nella Casa delle nostre Suore di Torino o in quella della vicina città di Chieri. Voi vedreste più centinaia e talora anche migliaia di fanciulle raccolte presso le dette Suore a udirvi il catechismo, a riceverne una istruzione loro adattata, ad assistere alle sacre funzioni del mattino e della sera; ne vedreste un buon numero distribuite nelle scuole ad impararvi a leggere e a scrivere ; le vedreste poi tutte nelle ore più pericolose della giornata a passarsela in santa allegria, assistite e invigilate, mentre pur troppo molte altre, lontane dalla Chiesa e dagli occhi dei genitori, vanno girovagando per le vie della città, dando e ricevendo deplorabili scandali. A quello spettacolo voi provereste una grande consolazione, e non potreste non desiderare che si aprissero simili istituti in più altri punti della città, anzi in ogni paese del mondo. Ora quello che si fa vicino a noi nelle città di Torino e di Chieri si fa oggimai in 40 e più altre case dirette dalle Suore di Maria Ausiliatrice ; si fa in Italia, in Francia, in America ; si fa persino nella barbara Patagonia. Oh ! se avessimo dei mezzi, quanto maggior bene non si potrebbe fare? Il buon volere non manca ; ma questo non basta. Per incominciare e sostenere queste opere occorrono mezzi pecuniarii, e questi il più delle volte si fanno desiderare.

Venuto poscia a dire del modo di promuovere queste ed altre opere di carità e di religione, Don Bosco spronò alla limosina le sue uditrici , riferendo quello che avevano fatto le donne ebree nel deserto, quando si trattò di formarsi un idolo per adorarlo invece del vero Dio. Mosé, diss'egli, era salito sul monte Sinai per ricevere dal Signore le tavole della legge, e tardava a discenderne. Allora il popolo impaziente si sollevò contro di Aronne, e volle che questi gli facesse un idolo simile a quelli, che si adoravano in Egitto, volle che gli facesse un vitello. Impaurito dai tumultuanti, Aronne si mostrò pronto ad accondiscendere, ma forse nella speranza di distogliere quegli sciagurati dall' empia pretesa, domandò loro che gli portassero gli anelli , i braccialetti , le collane, e gli orecchini delle donne e delle figlie. Il credereste ? Aveva appena fatta tale richiesta , che egli vide portarsi a' suoi piedi un mucchio di quegli oggetti d'oro, che fatti fondere ne compose un vitello, avanti al quale uomini e donne si prostrarono, facendo un'empia ed oscena baldoria, come si legge nella Sacra Scrittura (Esod. xxxii). Ciò posto, conchiuse D. Bosco, non é una vergogna il vedere da una parte le donne e le figlie ebree a privarsi dei loro oggetti più cari per concorrere ad un'opera iniqua, e dall'altra parte vedere le donne e le figlie cristiane abbigliarsi come tante regine e dame di Corte, e mettersi così nella impossibilità di dare una limosina a gloria del vero Dio, a decoro delle sue Chiese, a sollievo di tanti fanciulli e fanciulle abbandonate ? Oh ! io per certo non vorrei trovarmi al posto di queste cristiane nel punto di morte ! Non vorrei essere al loro posto nel dì del giudizio ! Con questo io non voglio già dire che una donna, che una signora sia obbligata a spogliarsi dei suoi ornamenti, che sono secondo il suo stato ; se le convenienze non le permettono di farne senza, se li tenga pure; ma intendo di dire che è obbligata a non trasmodare, a non correre dietro alle vanità del mondo ; é obbligata di osservare se ha del superfluo nei mobili di casa , sulla persona, nel trattamento e via dicendo, e trovandolo è obbligata a disporne in pro della Religione, a vantaggio del suo prossimo. Questo voi già lo faceste per lo passato ; deh ! continuate , o benemerite Cooperatrici, a farlo per l'avvenire , affinché chi in un modo e chi in un altro possiamo far amare e glorificare il nostro divin Salvatore Gesù Cristo su questa terra, e mandare un gran numero di anime in Cielo.

La limosina che fu raccolta provò che la parola di D. Bosco era stata ascoltata con frutto, e che le Cooperatrici di Torino sono tali di nome e di fatto.

Giorno della festa.

A quanto ne abbiamo già detto nello scorso mese aggiungiamo che la Messa della Comunione generale fu celebrata da Sua Eccellenza Revma Mons. Lorenzo Pampirio, circondato da numerosissimo clero. Fin dalle prime ore di quel dì avventurato giungevano in Torino, sopra un apposito Omnibus, le allieve del nostro Educatorio e parecchie giovanette dell'Oratorio di Chieri,accompagnate dalle Suore di Maria Ausiliatrice loro maestre ed assistenti. Erano da quella città partite per tempissimo, spinte dal vivo desiderio di ricevere la santa Comunione all'altare di Maria, giudicando per un nulla la privazione del riposo, l'incomodo del viaggio e la pena del necessario digiuno, protratto sino ad ora tarda. Quasi nel medesimo tempo arrivavano i giovani dei vicini Collegi di Lanzo, di S. Benigno, e verso le ore dieci gli alunni del Collegio di Valsalice. Lo stesso avrebbero fatto i giovani di ogni altra nostra Casa del Piemonte e della Liguria ; ma di questa consolazione li privò la troppa lontananza e l'impossibilità o di ripartire della sera stessa, o di essere albergati nell'Oratorio la notte seguente.

Contando i quasi mille giovani dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, quelli delle Case suddette, varii parenti dei Salesiani e delle Suore di Maria Ausiliatrice, i molti forestieri, i musici della città ed altri invitati benefattori delle opere nostre, la tavola di D. Bosco fu in quel giorno onorata da ben 1900 persone. Eppure tutti ebbero quanto occorreva pel pranzo, e la maggior parte ancora per la colezione e per la cena. E dove e come si trovò da soddisfare a tanta gente ? Maria Ausiliatrice , che da provvida ed amorosissima Madre aveva già procurato il vino nelle nozze di Cana, provvide a noi pure in quel giorno non il vino soltanto , ma più altre cose eziandio. Ella inspirò a molte persone sue divote di somministrarci quanto ci abbisognava ; e ciò fu fatto in sì grande abbondanza, che ancora nei giorni susseguenti si continuò a godere delle offerte mandateci ad onore di Lei. Il suo divin Figlio Gesù disse già una volta a s. Caterina da Siena: Figlia, pensa a me ed io penserò a te; e così parve aver fatto Essa verso di noi Nella nostra pochezza abbiamo procurato che la novena e festa riuscissero splendidamente ; quantunque non ancora come avremmo voluto, noi abbiamo tuttavia pensato a Maria, ed Ella gradendo il nostro cuore ci ricompensò in mille guise, poiché non si lascia mai vincere in amore dai servi suoi. Ma di ogni cosa sia lode e gloria a Dio, che la fece Dispensatrice dei suoi tesori.

La vigilia e festa furono coronate dalla illuminazione della cupola del Santuario, la quale domina i quartieri di Valdocco e della Dora , e si vede pur di lontano da tutto il versante occidentale della collina : spettacolo bellissimo ed affatto singolare. La illuminazione è a gaz, e la si spegne in un attimo, chiudendone il tubo con apposita chiavetta o robinetto. Or l'improvviso passaggio dalla luce alle tenebre, mentre ci destò un sentimento di rammarico pel finire della festa, inspirò nel tempo stesso il più vivo desiderio delle feste celesti in seno a Dio, Padre dei lumi, nel quale, secondo la bella espressione di s. Giacomo Apostolo, non vi é mutamento, né alternativa di adombramento : Apud quem non est transmutatio, nec vicissitudinis obumbratio ; feste che noi bramiamo con tutte le forze dell' anima, ed auguriamo e preghiamo a tutti i nostri benefattori e benefattrici dal più intimo del cuore.

ESERCIZII SPIRITUALI PER LE SIGNORE.

Per secondare il desiderio di molte zitelle e maestre di scuola, nonché di pie signore, le quali amerebbero passare alcuni giorni di sacro ritiro spirituale per attendere al bene dell' anima loro, saranno dati in questo anno, come negli anni addietro , gli Esercizi Spirituali nel Conservatorio della Madonna delle Grazie , diretto dalle Suore di Maria SS. Ausiliatrice, in Nizza Monferrato.

Incominciano la sera del 2 agosto, e terminano la mattina dell'11.

La pensione è fissata in L. 20 ; si fa un'eccezione per le maestre, la cui quota sarà di L. 15.

L'aria salubre e di campagna, il sito amenissimo e solitario sono allo stesso tempo un sollievo per lo spirito affaticato e bisognevole di riposo.

Si prega di farne pervenire la domanda non più tardi del 20 luglio alla Superiora dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato, od a D. Bosco, via Cottolengo, 32, Torino.

NB. Nizza Monferrato è stazione della Ferrovia ALESSANDRIA-CAVALLERMAGGIORE.

ESEMPIO E RICORDO INTORNO ALLA LIMOSINA.

Uno dei mezzi più efficaci per ottenere da Dio abbondante misericordia, e per assicurarci l'eterna felicità, si é il versare in seno dei poveri larghe limosine. Ma se sono lodevoli e meritorie le limosine fatte in morte, di molto maggior merito e più degne di encomio sono quelle che si fanno in vita. Che liberalità é mai questa, dice S. Basilio

Magno, donare a Dio ciò che uno non può più ritenere per sé, nè portar seco? E quale carità il voler essere amico del genere umano allora solamente, che uno non é più fra i viventi?

S. Lucia volendosi consecrare tutta a Dio disse alla madre che non le parlasse più di sposo terreno, e la pregò a dispensare ai poveri tutto quello che aveva destinato di costituirle per dote. La madre rispose, che alla sua morte le avrebbe lasciato tutto ciò che possedeva, acciocché ne disponesse a suo piacimento. Ma la santa figlia, assai più illuminata della madre, replicò che se ella voleva mostrare a Dio la sua gratitudine per la guarigione ottenuta alla tomba di sant'Agata, e acquistare un merito maggiore, bisognava spogliarsi in vita di questi beni caduchi, e farne un dono a G. Cristo nella persona dei suoi poveri. Così fecero ambedue , memori dell' avvertimento che dà lo Spirito Santo nell' Ecclesiastico : Fa del bene al tuo amico, e secondo le tue forze porgi soccorso al povero prima di morire. Per questo modo l'elemosina torna più gradita a Dio, e ci spiana più facilmente la via per giungere alla patria celeste.

NOTIZIE E CONFERENZE SALESIANE.

Da varii luoghi d'Italia, di Francia, di Spagna ed anche delle due Repubbliche della Plata abbiamo ricevute consolanti notizie intorno alla festa di Maria Ausiliatrice, e della Conferenza tenutasi in quell'occasione. Soprattutto nei siti dove trovasi una delle nostre Case la festa e la Conferenza furono celebrate con dimostrazione di pietà singolare. Concorso alle Chiese Salesiane, frequenza ai Santi Sacramenti, intervento alle Conferenze, proteste di affetto e di concorso alle opere della Pia Società, ecco in sostanza l'oggetto delle avute relazioni. Non potendole tutte, pubblicheremo quelle, che ci permette lo spazio.

ORATORIO FESTIVO DI MARIA IMMACOLATA.

Firenze, 24 maggio 1881.

M. R. D. BONETTI,

Che bel giorno é questo mai per tutti i Salesiani e i giovanetti dell' Oratorio di Torino ! La gioia pura e solenne di una festa di famiglia, e festa la più grande e la più cara, perché festa della propria Madre e Signora celeste, Maria Ausiliatrice, tutti li invade e li inebria dal primo spuntare dell'alba al suono di allegri concerti, che partono dal campanile dell' Oratorio, fino a sopraggiunger della notte illuminata da mille e mille faci, che consumandosi ad onore della gran Madre di Dio, a Lei dicono nel loro muto linguaggio : Così tutti i Salesiani e tutti i giovanetti, che vivono in questa Casa, all' ombra di questo tuo Santuario, si struggono d'amore per Te.

Ma forseché anche i Salesiani sparsi nelle altre Case d'Italia, di Francia, di Spagna e delle lontane Americhe non partecipano in questo giorno

all'esultanza ed alla festa de' Salesiani di Torino ? Per me io credo che una medesima corrente invada in questo giorno le menti ed i cuori di tutti i Salesiani, in qualunque parte del mondo essi sieno, sicché tutti pensino all'Oratorio di Torino, al tempio di Maria Ausiliatrice , ai soavi concenti che in esso si fanno udire , ai solenni apparati che lo rendono più maestoso, e a quella cara immagine di Maria Ausiliatrice, che sembra abbia per tutti quei, che la contemplano, un sorriso d i amore, una parola di conforto, una potenza ineffabile d'attrarre il cuore ad amarne il prototipo che é ne' Cieli. Sì, tutti i Salesiani si trovano oggi a Torino, se non colla persona certo coll'intenzione e coll'affetto, e se non visibilmente, invisibilmente e spiritualmente fanno il loro pellegrinaggio al Santuario di Maria Ausiliatrice, e godono della bella festa che vi si fa.

In quanto a me io ci volo col mio pensiero, mi prostro a baciare le soglie della Casa di Dio, che Maria ha eletto per dimostrare con migliaia di prodigi che Essa é sempre l' Ausiliatrice dei Cristiani; piego le ginocchia davanti alla venerata immagine, e con tutta la fiducia che mi inspira il più figliale amore, e l'esperienza di tante grazie già ricevute, dico a Maria Ausiliatrice : Beneditemi , o Madre Santa , e concedetemi aiuti grandi , pari ai grandi bisogni in cui mi trovo.

Ma a me non basta il volare in questo giorno a Torino in ispirito a far la festa di Maria Ausiliatrice ; io voglio venirvi anche per posta con questa mia per rendere testimonianza della materna predilezione, che Maria SS. ha voluto dimostrare verso questa nuova Casa di Firenze, ed anche per soddisfare alle domande della S. V. che, qual Direttore del Bollettino Salesiano, desidera notizie intorno a questo novello Oratorio.

Sappia adunque che appena arrivati in questa città, tanto illustre per uomini insigni nelle arti, nelle lettere e nelle scienze, e più ancora per la sua costante devozione a Maria SS., al di cui onore ha innalzato tante Chiese, tanti Santuarii e una Cattedrale che é un vero miracolo del pensiero e dell' arte umana , mentreché fu pure la culla gloriosa dei sette Beati fondatori dei Servi di Maria, e di tanti altri Santi che si distinsero per l'amore alla gran Madre di Dio, noi Salesiani trovammo che la protezione della Vergine Ausiliatrice ci aveva prevenuti, disponendo gli animi assai favorevolmente a nostro riguardo.

Difatti noi non potevamo desiderare da parte dell' Ill.mo e Rev.mo Arcivescovo di questa città, Mons. Eugenio Cecconi, del suo Vicario Generale Mons. Gaetano Righi, e del M. R. D. Luigi Dolfi Priore della Parrocchia di S. Salvi, entro i cui limiti noi venivamo a stabilirci , un' accoglienza più amorevole e più incoraggiante. Più, noi trovammo che una Commissione, composta di ragguardevolissimi signori fiorentini e Cooperatori Salesiani, si era occupata di noi , e ci aveva preparato la via per poterci mettere tosto a far qualche bene.

Ma un segno sensibile che Maria SS. voleva esser la nostra Patrona e la nostra Ausiliatrice, e prender a proteggere in modo particolare l'opera nostra in Firenze, l' ebbimo fin dai primi giorni dopo il nostro arrivo in questa città. Mentre infatti nella casa presa a pigione dall'anzidetto Comitato , per provvisoria abitazione dei Salesiani, si stava riducendo due botteghe del piano terreno ad uso di cappella per l'Oratorio festivo, e si disputava a chi si sarebbe dedicata la cappella medesima, e non si sapeva come decidere la cosa, perché non si avea ancora un quadro da metter sull'altare, ecco che una sera dinanzi alla nostra abitazione si ferma una carrozza, e si presenta alla porta una signora tutta vestita a bruno, la quale domanda del Direttore dei Salesiani, e frattanto fa dai servi levare dalla carrozza un grande involto, e lo fa portare nella cappella, ove i muratori ed i falegnami stavano appunto ultimando i loro lavori, e quindi dice a me : Io vengo per parte di una signora, di cui non posso dire il nome, perché me l'ha proibito, e sono mandata a portarle un regalo per questa nuova cappella. Se lo aggradisce, eccolo, e in così dire mi scopre un bellissimo quadro con grande cornice a raggiera dorata, sormontato da due Angeli portanti una corona reale, e rappresentante con dipinto ad olio sopra tela la Vergine Immacolata di Lourdes nell' atto di rivelarsi alla fortunata Bernardina con queste parole : Je suis l'Immaculee Conception : Io sono l' Immacolata Concezione. Ma soggiunse la signora : Chi le dona questo quadro desidererebbe che la cappella fosse dedicata all'Immacolata. Volle la circostanza che in quel momento sopraggiungessero alcuni dei detti signori della Commissione ed altri Cooperatori Salesiani, e da tutti insieme senza eccezione fu approvata la proposta. Subito si adattò il quadro sull'altare, e si trovò che corrispondeva precisamente allo spazio che restava tra l' altare medesimo e la volta della cappella. Fu in seguito fissato stabilmente e pochi giorni dopo, e precisamente il dì 19 marzo, festa di S. Giuseppe, allorché la cappella fu solennemente benedetta, fu anche, previo il consenso di S. E. Mons. Arcivescovo, dedicata alla Vergine Immacolata, e secondariamente a S. Giuseppe e a S. Francesco di Sales. Per tal modo Maria SS. prendeva possesso della nostra Cappella e della nostra Casa, e diveniva la Patrona e prima Protettrice dell'opera nostra.

L'opera protetta da Maria non poteva a meno di prosperare, e prosperò. Difatti il giorno stesso della benedizione della Cappella si poté iniziare l'Oratorio festivo con una trentina di giovanetti, e questo numero andò di festa in festa vieppiù aumentando, sicché ora dopo due soli mesi il numero dei giovanetti del nostro Oratorio festivo ascende a circa 200. Per un certo numero di questi l'Oratorio festivo é già divenuto Oratorio quotidiano ; ma quel che più consola si é che questi medesimi giovinetti, tolti per la maggior parte dalle scuole dei Protestanti o dalle vie dove andavano vagando tutta la festa, senza neppur curarsi di ascoltare la s. Messa di precetto, quantunque si dimostrassero nelle prime feste indisciplinati all' eccesso sì in Chiesa, che in ricreazione a tale, che alcuni buoni Cooperatori che intervenivano all' Oratorio per aiutarci ad insegnare il Catechismo ed altre persone del vicinato ne erano grandemente spaventati, tuttavia ora sono divenuti così arrendevoli alla disciplina, e stanno già tanto bene in Chiesa, che tutti ne sono maravigliati.

Argomento poi non meno evidente della protezione della nostra Madre celeste sopra di noi e sull'opera nostra qui a Firenze, fu la Conferenza che, nel suo ritorno da Roma, D. Bosco tenne ai Cooperatori e Cooperatrici di questa città. Come la S. V. ben sa, già da parecchi anni egli aveva fatto dei Cooperatori e delle Cooperatrici in Firenze, e lo stupendo tappeto che in quest'oggi copre il pavimento del presbitero e i gradini dell'altare di Maria Ausiliatrice, e che porta l'inscrizione : Le dame fiorentine a Maria Ausiliatrice 1867, ne é una prova. Ma ora dal punto che Don Bosco é venuto a stabilire nella stessa Firenze le sue tende trovò necessario riunire questi Cooperatori, per istruirli dello scopo per cui veniva a fondare una Casa di Salesiani in questa città, ed eccitarli a concorrervi con generose offerte , ciò che fece appunto coll'anzidetta Conferenza. Questa fu tenuta la domenica 15 del corrente , alle ore 5 pom. nella Chiesa dei RR. PP. Filippini, i quali la concedettero al detto scopo con una cordialità superiore ad ogni espressione di ringraziamento, e ben paragonabile a quella con cui un giorno l'amorevolissimo s. Filippo Neri già vecchio abbracciava in Roma l'amabile e santo giovane Francesco di Sales.

Tutti i signori Cooperatori e lo signore Cooperatrici della città e dintorni di Firenze, nonché molte altre persone della nobiltà cattolica fiorentina, erano stati invitati con apposta lettera a stampa, e all'ora stabilita la Chiesa dei RR. PP. di S. Filippo, detta di S. Firenze, era gremita di gente. S. E. Mons. Arcivescovo trovandosi in visita pastorale fuori di città, e l'Illm° e Revmo Vicario Generale essendo gravemente ammalato, presiedeva all'adunanza l'Ill.mo e Rev.Mo Monsignor Provicario, Canonico Luigi Ciaranfi.

Si incominciò come al solito con la lettura di un capo della vita di s. Francesco di Sales. A questa tenne dietro il canto di un mottetto in musica, diretto dall'egregio Maestro Edoardo Soldi, ed eseguito ottimamente dai giovani dell'Oratorio di S. Filippo. Dopo di che D. Bosco salì in cattedra e tenne discorso per più d' un'ora. Esordi coll' esternare la sua consolazione nel poter parlare per la prima volta pubblicamente ai Cooperatori e Cooperatrici della città di Firenze, nella Chiesa di quella benemerita Congregazione, per mezzo della quale anni addietro aveva fatto le prime conoscenze e le prime relazioni tra i Fiorentini, relazioni che sempre si tennero vive, e giunsero al punto da determinarlo a mandare tra loro i suoi Salesiani ad aprire una Casa. Quindi accennò allo scopo della Conferenza, che era quello di far conoscere che cosa fossero i Salesiani, quali le loro mire, che cosa avessero fatto altrove, che cosa venissero a fare in Firenze, e quanto avessero bisogno del concorso efficace dei Cooperatori e delle Cooperatrici e di tutti i buoni, per riuscire nel loro intento. Che cosa D. Bosco abbia lotto per isviluppare questo assunto V. S. facilmente

lo può immaginare ; solo le faccio osservare come nello svolgimento dell' ultimo punto della Conferenza D. Bosco, dopo aver accennato al dovere che hanno i Cristiani di fare elemosina, secondo il detto del N. D. Salvatore : Quod superest date eleemosynam, si diffuse non poco a dimostrare il modo con cui fare questa elemosina. « Voi mi domanderete , così egli si esprimeva su questo, mi domanderete come possiamo noi avere del superfluo da dare in elemosina negli anni che corrono così critici, in cui non si sa come andar innanzi. Ed io vi rispondo francamente che del superfluo tutti ne abbiamo da dare anche ai poveri e alle opere pie, basta che vogliamo. Del superfluo ce n'é nelle abitazioni e nel lusso che vi si sfoggia. Quanti mobili, quanti oggetti anche preziosi e superflui. Del superfluo ce n'è nei cavalli e nei cocchi e sulle forniture. Quanti potrebbero fare anche a meno di quel cavallo, di quel cocchio ecc. Del superfluo ce n'è nelle persone di servizio, ce n'é nelle vestimenta, ce n'è nel vitto e ce n'è, se volete, anche in molte borse. Ora secondo il precetto di N. S. questo superfluo si deve ai poveri. Alcuni, continuava D. Bosco, fanno questione quanto ciascuno debba dare del proprio superfluo in elemosina, e chi dice un quinto, chi un quarto, chi altro. Per me, io credo già sciolta questa questione dalle parole del Vangelo, che non potrebbero esser più semplici e più chiare: Quod superest date eleemosynam. Quello che vi sopravanza datelo in elemosina. E tra coloro ai quali dovete fare la vostra elemosina sono tanti poveri giovanetti abbandonati, che si aggirano oggidì sucidi, scalzi e pezzenti per le contrade di questa vostra città, e che vivendo d'accatto e andando la sera a stivarsi malamente in certe locande, senz'alcuno che si prenda cura pietosa del loro corpo e della loro anima, crescono ignoranti delle cose di Dio, della Religione e dei loro doveri morali, bestemmiatori , ladri, impudici, ingolfati in tutti i vizi, e capaci d'ogni azione anche la più scellerata, e molti dei quali vanno poi a cadere miseramente o nelle mani della giustizia, che li caccia a marcire in qualche prigione, oppure, ciò che é ancor peggio, tra le branche dei Protestanti, che in Firenze hanno ormai aperti molti covi, dove la povera gioventù allettata dal luccicare dell' oro e da mille promesse fallaci, dopo aver perduto ogni altro bene e calpestata ogn'altra virtù, vanno a far getto deplorabile anche della lor fede. Fatti di simil genere voi li avete sott' occhio tutto dì. Voi stessi mi avete narrato come i Protestanti abbiano già irretito coll'oro e con regali d'ogni sorta, sì di oggetti di vestiario, sì di commestibili, molti giovinetti e giovinette, anzi famiglie intiere, che, secondo la vostra espressione, si sono vendute ai nemici della nostra fede, ai ministri di Satana. Come infatti puossi arrestare tanto male ed impedirne le luttuose conseguenze? D. Bosco é venuto per questo a Firenze, aderendo agli inviti in primo luogo di S. E. Rev.ma Mons. Arcivescovo, poi dei più zelanti Cooperatori e Cooperatrici. D. Bosco in Firenze, e precisamente in via Cimabue, n° 31, ha già aperto un Oratorio festivo. D. Bosco vorrebbe aprire anche un Ospizio per ricoverare tanti poveri figliuoli abbandonati, salvarli dalla corruzione dei costumi e dalla perdita della fede, ed educarli in modo da farne buoni cittadini e veri cristiani. Ma D. Bosco ha bisogno perciò della vostra carità ; D. Bosco ha bisogno che a lui consegniate quel superfluo che avete, e che egli saprà usare alla maggior gloria di Dio e della Vergine SS. e al maggior bene delle anime, specie della gioventù. Dunque per conchiudere vi dirò: Io devo partire di Firenze, vi lascio però il mio rappresentante, il Direttore dell' Oratorio sopraccennato. Versate nelle sue mani, secondo che Iddio ve ne ha dato il potere, larghe elemosine, e con ciò i desiderii miei, che sono pure i vostri, si realizzeranno ; si salveranno molte e molte anime, e, come dice s. Agostino, voi salvando l' anima dei vostri prossimi avrete assicurata la salvezza dell'anima vostra: Animam salvasti, animam tuam praedestinasti.

Questa in sostanza è la conclusione del discorso di D. Bosco. La Conferenza medesima terminò col canto di un altro mottetto e colla Benedizione del SS. Sacramento. Certo l'entusiasmo del momento fu grande ; ed esso porterà copiosi frutti. Le parole di D. Bosco, le sue esortazioni, il suo appello alla carità dei signori fiorentini farà concepire e maturare in qualche cuore generoso e cristiano delle generose e cristiane deliberazioni, perché l'opera dei Salesiani trovi appoggio e mezzi per progredire alacremente.

Noi abbiamo fiducia nel concorso dei Fiorentini e specialmente dei Cooperatori e delle Cooperatrici. Per questo D. Bosco partendo da Firenze mi ha lasciato ordine di trovar locali adatti, e area per fabbricare, onde dare incominciamento ad un Ospizio pei poveri giovanetti abbandonati. Mi ha anche significato il suo desiderio che vicino all'Ospizio sorga una Chiesa degna della gran Madre di Dio Immacolata, e della pietà dei Fiorentini che la devono erigere. Iddio rimeriti questa nostra fiducia alla sua maggior gloria e alla salute di tanta povera gioventù. La S. V. preghi e faccia pregare per questo, e specialmente per me, onde non mi renda immeritevole delle grazie di Maria SS., ma possa essere nelle mani di questa nostra cara Madre celeste strumento non affatto inutile per l'opera sua , e frattanto mi creda con distinta stima

Di V. M. R.

Affmo confratello

Sac. FAUSTINO CONFORTOLA.

UN POCO DI ARENA per la Chiesa del Sacro Cuore in Roma.

Una zelante Cooperatrice della città di Acqui scrive a D. Bosco una lettera, che crediamo assai meritevole di vedere la pubblica luce. Essa è del tenore seguente.

REVERENDISSIMO DON Bosco,

Colla più viva gioia le rimetto il frutto della colletta fatta alla Conferenza nel giorno di Maria Ausiliatrice. Il Signore, che gradì l'obolo della povera vedova, gradirà altresì questo piccolo frutto della nostra buona volontà. Mi sono adoperata per quanto ho potuto perché il concorso delle Cooperatrici fosse numeroso. Una settimana prima ne avvertii la maggior parte con lettera d'invito , ed altre procurai di avvertire o far avvertire a voce. Quindi, coll'aiuto di Maria SS. , molte risposero all' appello, e talune di quelle che non poterono prender parte alla Conferenza mi mandarono per altro mezzo la loro offerta.

Ho quindi potuto raccogliere la somma di lire 37, colla quale ci reputiamo ben fortunate di poter concorrere, non fosse che per un po'di arena, all'edificazione del Tempio in onore del Sacro Cuore di Gesù in Roma, come rilevammo dal caro Bollettino.

Permetta che umilmente le presentiamo i nostri sentimenti di gratitudine e di gioia pel consolante articolo del Bollettino, col quale ci comunica la Benedizione del nostro Sommo Pontefice. In Conferenza tale articolo si stimò opportuno leggere in ginocchio , e far susseguire dalla recita di un Pater, Ave e Gloria , per attirare su di noi tale santa Benedizione.

Dal Rev` nostro Direttore udimmo poi in tal giorno le più calde parole di esortazione , d' incoraggiamento e di conforto, colle quali mirò specialmente a tener vivo, e a sempre più accendere nel cuore delle Cooperatrici Acquesi , un grande zelo per la Congregazione Salesiana, e ciò mettendo in evidenza quanto Ella sia opera gradita al Signore, e quanto vantaggio apporti alle anime nostre , colla partecipazione delle innumerevoli preghiere e buone opere che in essa si fanno. Egli é infatti ben dolce conforto il pensare, che anche noi partecipiamo delle grandi fatiche dei Missionari e delle Suore di Maria Ausiliatrice ; e le lacrime vengono spontanee sul ciglio, e il cuore s' apre alla più viva riconoscenza verso quelle care anime , quando di loro apprendiamo novelle dal Bollettino; ed allora animate da una santa invidia il cuore si unisce ad esse, e scioglie la più ardente preghiera al Signore, implorando su di loro le celesti benedizioni.

Tale grazia implorano altresì ogni giorno sul capo di Lei, Revm° Don Bosco, le sue devotissime Cooperatrici Acquesi, e sperando un giorno di poter avere il conforto della sua presenza e della sua parola le chiedono ora per mezzo mio la sua santa benedizione.

Acqui, 29 maggio 1881.

Per le Cooperatrici Acquesi

GIOVANNA BOSIO-SALADINO.

I COOPERATORI SALESIANI DI SEZZÈ

Dal Sacerdote Alessandro Buffa , Missionario Apostolico e nostro affezionatissimo Cooperatore, riceviamo il Verbale della Conferenza Salesiana

tenutasi il 20 Maggio in Sezzé, nel suo Oratorio privato, sotto la presidenza del M. R. Sig. Prevosto D. Giovanni Battista Mallarini. Eccone la sostanza.

Previe le debite preghiere, il deg.mo prelodato Sig. Prevosto lesse un bel discorso di occasione, in cui espose la storia degli Oratorii Salesiani, dimostrando il progresso , i vantaggi e lo scopo di quest'opera, che pare nei tempi presenti suscitata da Dio per mettere argine ai mali crescenti della gioventù abbandonata, in Italia non solo, ma altresì nella Francia, nella Spagna e nelle Americhe. Invitava quindi i presenti ad unirsi ed animarsi vincendevolmente per accrescere il numero dei Cooperatori e delle Cooperatrici, onde concorrere coi Salesiani a promuovere, propagare la nobile e generosa impresa con tutti i mezzi loro compatibili vuoi morali, vuoi materiali. Citò l'esempio dei due Pontefici Pio IX e Leone XIII, i quali benedissero alla Congregazione Salesiana, l'arricchirono di innumerevoli indulgenze, e presero parte attiva all' incremento della medesima. In fine eccitava tutti i Congregati a fare la loro offerta da mandarsi a D. Bosco in Torino ; e fu raccolta la somma di L. 54.

Questa limosina ci venne caritatevolmente rimessa ; e noi ringraziammo di cuore i promotori di detta Conferenza, e tutti quelli, che colle preghiere, e colle elemosine ci vennero in aiuto, e non lascieremo di pregare Iddio che ne li rimeriti colle più elette benedizioni.

LETTERA PATAGONICA.

Ci giunse in ritardo una lettera dalla Patagonia, che crediamo utile di far conoscere ai nostri Cooperatori e Cooperatrici. É la seguente

M. REV. SIG. D. RUA,

Ricevetti la sua preziosa lettera in data del 20 dicembre dello scorso anno. La ringrazio dei grati sentimenti di congratulazioni in mio favore, e conoscendomene indegno ne faccio offerta a Gesù Cristo, solo autore di ogni bene.

Non le scrissi sul principio di mia dimora in questa Missione , onde poterle dare dopo alcun tempo notizie più precise.

Come già saprà, D. Costamagna nostro Ispettore mi fece nominare Vicario della parrocchia di N. S. della Mercede in Viedma di Patagonia. La mia elezione avvenne il 9 ottobre del 1880. Il 26, celebrata la Messa alle 7 del mattino, all'insaputa dei parrocchiani della Bocca io saliva sopra un barco a vela, e dopo dodici giorni di viaggio, traghettando un tratto di mare come dai 700 agli 800 miglia, arrivava in Patagonia. Era il giorno 8 di novembre; giorno in cui presso gli Americani si suole cominciare il Mese di Maria, facendone la chiusura all'8 dicembre , festa dell'Immacolata Concezione.

Il viaggio non fu guari felice ; ché il mare burrascoso mi sottomise a dure prove, sino ad obbligarmi a fare più volte l' atto di contrizione. Ma per grazia di Dio giunsi a porto, quantunque collo stomaco rotto e sconcertato. Ma oggimai sono completamente ristabilito.

Al mio arrivo fui accolto amorevolmente dai nostri cari ed amati confratelli, D. Fagnano, Superiore della Missione, D. Luigi Chiara e da altre benevole persone.

La popolazione é composta di cristiani e di pagani. Fin dai primi giorni mi vi posi a lavorare, incominciando il Mese di Maria colle pratiche di pietà, come si costuma in Italia ; ma ben tosto mi accorsi che mi trovava tra gente che non ha fede, come sono molti indii, e tra cristiani, i quali, fatte poche eccezioni, hanno una fede debole e quasi spenta, specialmente gli uomini. Alla Messa non assistevano che poche persone ; alla Confessione e Comunione si accostavano appena alcune donne, pochi fanciulli e giovanette. Da principio una specie di scoraggiamento s'impadronì di me; ma esaminando le cose più attentamente mi avvidi che una siffatta indifferenza religiosa non era effetto di durezza di cuore e raffinata malizia, ma bensì di una ignoranza quasi assoluta dei misteri di nostra santa Religione. Allora mi sono messo a fare non già prediche morali, ma semplici catechismi, riguardando gli adulti come se fossero ancora fanciulletti della prima Comunione. Alcuni cristiani di qui parlano degli indii con disprezzo, li chiamano ignoranti e senza testa, ma, a dir il vero, se li avvantaggiano nell' industria e nella vita civile, in fatto di Religione vi é ben poca differenza tra gli uni e gli altri. Gli indii per lo meno conoscono in parte il loro deplorabile stato, mentre certi uomini inciviliti, credendosi sapienti, si scusano dall'andare in chiesa, e stimandosi illuminati camminano nelle tenebre. Nella loro condotta costoro possono essere paragonati a colui, che secondo le parole dell'Apocalisse diceva: Dives sum, et locupletatus et nullius egeo : Io son ricco e dovizioso e non mi manca mente ; ed invece meritava questo rimprovero da Gesù Cristo: E non sai che tu sei meschino, e miserabile, e povero, e cieco : Et nescis quia tu es miser, et miserabilis, et pauper et coecus.

Un grande ostacolo si oppone alla istruzione e conversione degli indii, che sono o impiegati, o a servizio di certi padroni. Essi sono occupati tutto il giorno , e se nella festa si concede loro un poco. di libertà, questa si concede per un divertimento, come una corsa a cavallo, un'allegria all' albergo , un ballo e via dicendo. Se diciamo loro che ce li mandino alla dottrina, ci rispondono che hanno bisogno del loro servizio, e ci negano questo favore ; padroni e signori che non hanno Religione e punto non si curano che altri l'apprenda; padroni e signori che smaniano per iscoprire nuove terre ed assoggettare gente al loro dominio, e quando le hanno conquistate invece di regalarle a Dio, le conservano per Satanasso, e chiudono a questi infelici le porte del Cielo; non entrano essi e non permettono che vi entrino quelli che ne avrebbero le migliori disposizioni ; padroni e signori, a cui starebbero bene applicate le parole già rivolte dal divin Salvatore agli Scribi e Farisei : Guai a voi, o Scribi e Farisei ipocriti, poichè chiudete il regno del Cielo dinanzi agli uomini ; imperocchè non entrate voi e non lasciate entrare chi sta per entrarvi.

Questa è la dura condizione nella quale attualmente qui si vive finchè Dio , mosso a pietà di questa povera gente, non ce ne liberi. Perciò abbiamo bisogno di preghiere e di mezzi materiali per venire in aiuto a tanti poveri indii, per liberarli prima da certi padroni, a fine di poterli sciogliere dalla schiavitù del demonio.

Ora le parlerò della, mia prima Missione fra gli indii del campo. Alla distanza di 5 leghe da Viedma vi é un borgo, chiamato S. Javier, di circa 800 persone, tra cui molti indii. Di questi alcuni sono già battezzati ed altri no ; onde quando il tempo me lo permette, monto il mio cavallo e volo fra di loro, a fine d'istruirli e prepararli a ricevere il santo Battesimo. Ne disposi già una trentina , di cui 14 li battezzai il 24 ed il 25 dello scorso febbraio. Gli altri li battezzerò il più presto possibile.

Difficilmente si comprende la fatica che occorre per istruirli. In primo luogo non si possono riunire tutt'insieme perché distanti gli uni dagli altri; poscia per l'età loro, poiché molti toccano i 70 e gli 80 anni , e anche per la mancanza .di un decente vestito. Per conseguenza mi porto per lo più in ciascuna famiglia ; e fatti i primi convenevoli, mi seggo sopra di uno scagno, che natura fece, li ordino a me d'intorno, e, poi facendomi intendere alla meglio, li istruisco circa i principali misteri di nostra Religione, dove una mezz'ora e dove anche un'ora secondo le circostanze. Quando son più famiglie, allora sopra l'erba fresca del vicino prato fo sedere in due file i miei bimbi e bimbe di 30, 50 ed anche 70 ed 80 anni, gli uomini dinanzi e le donne di dietro, in modo che i due sessi non si possano mirare in faccia, e così li ammaestro fino a che non mi paiono stanchi.

In generale sono docili, ma hanno poca ritentiva per difetto di esercizio di memoria. Da principio, di preghiera non insegno altro che a fare il segno della santa Croce, a giungere le mani e dire : Gesù mio, misericordia. Per imparare questo a noi è molto facile ; ed essi invece lo ripetono 50 ed anche 100 volte prima di saperlo a mente ; e due giorni dopo la maggior parte di essi non lo ricordano più. Da ciò ella può arguire la difficoltà d'insegnare a siffatta gente. Ma la nostra Religione ci comanda di amarli come nostri fratelli, come figli del Padre Celeste, come anime redente dal Sangue di Gesù Cristo ; e perciò colla carità paziente, benigna , e che tutto spera, si dice , si ripete un giorno, due, dieci, venti finchè basta, e finalmente si riesce a far loro imparare le cose necessarie. Se vedesse poi come sono contenti dopo; é una vera consolazione per essi e per noi, che ci ricompensa di tutto.

A sei leghe al di là di questo borgo vi ha una colonia di buoni Italiani. Il loro territorio é distante da Viedma come da Torino ad Alessandria. Qui pure vi sono alcuni indii, che nel tempo della messe in qualità di giornalieri lavorano, imparando a mangiare il pane a costo di loro fatica; e seguitando alla destra del Rio Negro sempre s'incontrano case abitate. Infine si arriva alla colonia Conesa composta quasi tutta di indii , per la cui conversione Monsignor Antonio Espinoza, e D. Fagnano molto si occuparono. Io ancor non la conosco da vicino; ma mi vi recherò al più presto possibile. Essa dista da Viedma 30 leghe. Sarebbe come da Torino a Milano ; colla sola differenza che il viaggio va fatto a piedi, o sul dorso di un cavallo. Il cavallo ! Veramente questo animale é pel Missionario Americano un mezzo, direi quasi , necessario per propagare il Vangelo in queste vastissime contrade. Senza di lui in queste lande gli verrebbe meno il coraggio ; e sarebbe talora impossibile il portare soccorso a tanti suoi fratelli ; poiché il più delle volte gli mancherebbe la vita nel cammino.

Mi dimenticava di dirle che le nostre scuole dirette dai Salesiani e dalle Suore di Maria Ausiliatrice in Patagones hanno avuto buon esito nell'esame. Nei due paesi si é anche incominciato l'Oratorio festivo.

Ci faccia sapere alcune notizie di Torino e delle altre Case, poiché qui siamo digiuni di tutto. Favorisca di farci spedire anche il Bollettino Salesiano, affinché almeno ogni mese possiamo avere notizie delle cose di Europa ; e gliene saremo grati e riconoscenti.

Perdoni la prolissità e la sconnessione di questa lettera: ho dovuto scriverla a più riprese. Altra volta sarò più breve ed ordinato.

Saluti il comun nostro Padre Don Bosco, ed i nostri cari Confratelli, e mi creda

Viedma, 28 marzo 1881.

Suo Obblmo

Sac. DOMENICO MILANESIO.

LETTERA SPAGNUOLA.

Utrera, 16 giugno 1881.

MOLTO REVERENDO E CARO PADRE,

Siamo vicinissimi alla festa di S. Giovanni, giorno aspettato con febbrile impazienza da migliaia di giovani , che hanno la bella sorte di chiamare V. S. loro Padre amatissimo. In questa faustissima occasione ancor noi , primi figli di Spagna, vorremmo non essere secondi ad alcuno nel manifestarle i nostri sentimenti di amore e di gratitudine per mezzo di doni i più svariati e preziosi, ma abbiamo le mani vuote. Epperciò, non potendo inviare a V. S. doni materiali, gradisca i voti ardenti che facciamo al buon Dio , perché la ricompensi invece nostra coi suoi tesori celesti, e il buon volere che abbiamo di lavorare molto nella vigna del Signore. A questo uniamo eziandio un mazzolino non so se di fiori o di spighe, che raccogliemmo in questo campo novello. Sappiamo che V. S. M. R. pone in cima d' ogni suo pensiero la gloria di Dio e la salute delle anime ; e niente le torna più gradito che il sapere che questo per mezzo dei suoi figli si va ottenendo.

La condizione di questa Casa già la conoscerà per lettere, e meglio ancora per la verbale relazione di D. Cagliero, perciò qui altro non faccio che accennarle in succinto qualche cosa avvenuta dopo la sua partenza.

Il giorno 24 Aprile nella mia prima predica feci appello a' molti uditori di prendere parte alla divozione del Mese di Maria, al quale si dava principio il sabbato prossimo 30 dello stesso mese.

Le mie deboli parole furono ben accolte, come lo dimostrò il concorso dei divoti. Si diede principio al Mese colla recita del S. Rosario, con una considerazione quotidiana letta e più delle volte a viva voce spianata con riflessioni in proposito. Dopo la considerazione veniva il canto delle Litanie in musica , cui seguiva il Tantum Ergo e benedizione, come si usa costì all' Oratorio , e si chiudeva l'esercizio col canto di una lode sacra. Nei dì festivi tutto come nei giorni feriali, con la variazione della Esposizione prima del Rosario nel modo che si usa costì nelle 40 ore, aggiuntavi la recita di una stazione o Trisagio , pratica a cui hanno qui una grandissima divozione.

Pare che la SS. Vergine gradisse queste nostre poche fatiche , e ci consolava aumentando ogni giorno il numero de' suoi divoti, i quali non solo prendevano parte agli esercizi della sera, ma per nostra maggior consolazione si vedevano anche a frequentare i SS. Sacramenti, cosa che ci confortava come ci conforta tuttavia in mezzo ai travagli , che dobbiamo sostenere nel parlare una lingua, che, quantunque germana della nostra, non lascia però di aver le sue buone difficoltà.

Alle opere di pietà si unirono presto anche quelle del culto , epperciò la nostra Chiesa , che mancava di tutto , presto si trovò nella miglior condizione. Una buona signora si prese l'incarico di mantenere l'olio alla lampada del SS. Sacramento ; altra ordinò a sue spese una piramide in forma di mezza luna di buona scoltura in legno, e dorata con eleganza, che magnificamente adorna la bella e divota statua di N. Signora del Carmine ; la medesima persona fece eziandio porre un elegante frontale all'altare di S. Angelo, che era in assai cattivo stato. Altra benefattrice fece riattare un'antica, ma preziosa Cappella che noi trovammo in istato di magazzino, nella quale si pose un nuovo altare contro un gran piedestallo, che porta una magnifica urna con entro il Redentore sepolto, adorna della più fina tartaruga, di tersi cristalli, e per entro dorata, con drappi preziosi che coprono il corpo di Gesù, il cui capo posa sopra elegante e ricco cuscino. Quello che più di tutto ci consola si è che l'altare si consecrò a san Francesco di Sales, la cui imagine portata con noi vi sta come sottoquadro. Molte altre cose si stanno iniziando e che le comunicheremo a suo tempo, tra le altre la Compagnia di N. S. del Carmine, di cui già teniamo le debite autorizzazioni di S. E. RA Mons. Arcivescovo, e le patenti del Provinciale Carmelita di Siviglia.

Già saprà per una lettera scritta a D. Rua, che il giorno 24 maggio solennissimo costì fu anche solenne per noi. Per varii motivi non avevamo intenzione di festeggiare per quest' anno

M. Ausiliatrice, ma questa buona Madre ci fece cambiare pensiero , ispirando a molte persone e possiamo dire a tutte le signore di questa città, di venire a dimandare , e insistere sino all' importunità per saper l'ordine delle funzioni di quel giorno. Riconoscendo in questo la volontà della SS. Vergine, ci determinammo di celebrare quella solennità , la quale riuscì bella e soddisfacente oltre le nostre speranze.

Si cantò la messa della S. Infanzia di D. Cagliero ; alla sera vi fu il discorso, il canto delle Litanie ed il Tantum ergo in musica , con un concorso veramente straordinario , per cui ebbe principio in questa città la divozione a Maria Ausiliatrice.

Per maggior comodità delle varie classi di persone abbiamo differita la chiusura del Mese di Maria sino alla 1a Domenica di Giugno. Quel giorno venne solennizzato con la maggior pompa che da noi si poté.

Con previo Invito Sacro si annunziò l' ordine delle funzioni, il predicatore della solennità, e i cantici sacri accompagnati con orchestra.

Numerosa e splendida fu la Comunione generale, senza computarle Comunioni fatte nelle singole messe. La Messa solenne fu assistita da tanta gente, che destò grande meraviglia. Alla sera la calca superò ogni aspettazione; e grande fu l' entusiasmo per lo splendore della funzione e per la novità della musica. Don Cagliero, De-Vecchi, il M. Mercadante concorsero colle loro note a dar lustro alla nostra festa. I molto RR. Parroci della Città con grande zelo ci prestarono l'opera loro : il sig. Cura F. Padilla cantò Messa, il sig. Vicario ci venne ad impartire la Benedizione col SS` , ed il rimanente Clero per quanto poté vi prese parte attiva.

Il P. D. José M. Alvarez , devotissimo della Vergine, fu mirabile nel suo Discorso. Egli parlò con tanta unzione e forza di argomenti della potenza di Maria, da rendere come estatici i suoi uditori.

Una cosa destò ammirazione, e fu che il nostro amatissimo Arcivescovo M. Joaquin Lluch, avendo saputo che si stava preparando questa solennità, volle aggiungere alle indulgenze proprie del Mese di Maria anche la sua di 80 giorni ; ed ordinò al medesimo P. Alvarez che prima di dare principio al suo argomento annunziasse dal pulpito le indulgenze che S. E. R.ma concedeva a tutti i presenti a quella funzione. Aggiunse di più 80 giorni di indulgenza a tutti i fedeli per ogni atto di pietà, che d'allora in poi avessero compiuto nella Chiesa del Carmine. Di ciò non pago, promise eziandio che avrebbe fatto una visita a questa Chiesa per mostrare la sua affezione ai Salesiani che la ufficiano; né queste furono parole soltanto. Imperocchè una lettera del Provvisore giunse ben tosto al sig. Vicario annunziando che il 14 del corrente S. E. R.ma giungerebbe ad Utrera per una visita privata ai Salesiani , e che non voleva pubbliche dimostrazioni. Sparsasi questa notizia , non fu possibile impedire le dimostrazioni ; quindi all'ora dell'arrivo di S. E. ben 18 vetture di gala erano a riceverlo alla Stazione. S' immagini V. S. che spettacolo ! Invece di trovare noi col sig. Vicario, ed una rappresentanza del Clero, egli si trovò innanzi tutto il Clero delle due parrocchie, i più ragguardevoli signori della città ; trovò il Colonnello comandante di arma con tutta l'ufficialità e decorati di croci ; trovò i Giudici dei tribunali col loro personale, l'Alcalde ed il Municipio in corpo , il Comandante le guardie, ecc. ecc. In mezzo a sacerdoti e a soldati non mancavano i Salesiani; e l'egregio Monsignore, disceso dalla vettura , appena ci vide, disse con grande affetto : Ecco qui i miei figli Salesiani ; son venuto per voi altri. Vista poi tanta folla di gente, domandò : E tutti questi signori ? - Sono qui per onorare V. E., gli si rispose, ed egli salutatili con quella cortesia ed affabilità che gli é propria, subito dimostrò il desiderio di andare alla Chiesa del Carmine ; e vi fu accompagnato. Precedutolo sopra un'altra vettura, lo ricevemmo con le debite forme alla porta della Chiesa piena di gente, che genuflessa lo attendeva. Monsignore si fermò ad orare alquanto dinanzi al SS. Sacramento ; passò quindi alla Sagrestia, prese informazione delle cose nostre, e ritornò a percorrere la Chiesa ammirando la nuova Cappella di S. Francesco , che per sua delegazione era stata benedetta il giorno 3 del corrente dal Rm° suo Vicario. Noi passammo ore preziose in sua compagnia; volse a tutti i confratelli parole di amore, e ci ricordò che Egli é e sarà sempre il gran Papà dei Salesiani. Vedendo un personaggio così insigne in tutta la Spagna ad usarci tanta bontà, ne siamo stati come confusi, e dal fondo del cuore abbiamo ringraziato Iddio che in siffatta guisa ci ricompensasse della pena sofferta , quando ci separammo da Lei , o carissimo D. Bosco. In fine ci diede la sua pastorale benedizione, dicendoci che presto ci chiamerebbe in Siviglia in una nuova casa, senza però lasciare Utrera campo de' nostri primi esperimenti.

Eccole, caro Padre, il presente che le offriamo pei suo onomastico: un po' di bene fatto nella vigna del Signore , col desiderio di farne molto di più, a misura che la divina Provvidenza ce ne somministrerà i mezzi.

V. S. ci benedica tutti, con una di quelle benedizioni che fecondano e fanno produrre frutti abbondanti anche ad alberi sterili, come é lo scrivente.

D. Oberti, D. Pane, il ch. Atzeni, mi hermano e Goitre si uniscono con me corde et animo nell'ossequiare V. S. in questa occasione avventurata. Ringraziando il Signore, finora il calore non ci pregiudicò ; e siamo tutti bene in salute.

Gradisca, caro Padre, i miei rispetti e mi abbia sempre pei suo

Umil.mo e Devot.mo figlio, Sac. GIOVANNI BRANDA.

PS. Non le parlai in questa mia dell' impareggiabile sig. Marchese Ulloa nostro benefattore, che, oltre alle spese che lei sa, fece costrurre il tetto della Sacrestia, e due camere per abitazione, e di più va fornendo la Chiesa di banchi ed altri oggetti. Egli è per noi una provvidenza. Per una combinazione non poté trovarsi all' arrivo dell' Arcivescovo, cosa che gli rincrebbe immensamente.

I SALESIANI DELL'URUGUAY nella seconda città della Repubblica.

AMATISSIMO D. BONETTI,

E' ormai tempo che adempia alle mie promesse di scriverle qualche ragguaglio sulla nostra spedizione a Paysandú e sull' impianto della nuova Casa in quella città ; tanto più che fu accompagnato da tali circostanze che interesserebbero vivamente i nostri cari Cooperatori , facendo loro toccare con mano la sollecitudine amorosa, con cui Maria SS. ci accompagna e ci protegge ne' più gravi ed inaspettati pericoli.

Paysandú è una delle città più antiche della Repubblica Orientale, adagiata sulla sponda sinistra del gran fiume Uruguay, sul quale ha un bellissimo porto commerciale, cui giungono le navi ed i battelli a vapore che manda l'Europa a caricare lane , cuoi , carni salate ed altre derrate del paese. Dopo quello di Montevideo dicon tutti che sia desso il porto più frequentato e più prospero che abbia lo Stato.

Ma certo non si potrebbero fare eguali encomii sulle condizioni morali e religiose della città e della campagna circonvicina. E come potrebb'essere altrimenti? Una popolazione di oltre a 25 mila abitanti non ha che una sola Parrocchia, una sola Chiesa. Di più il Parroco s' era allontanato, lasciando il suo gregge in uno stato deplorevolissimo. Nessuna Congregazione religiosa non vi ha mai messo piede , né aperto scuole , né asili di beneficenza. Tutte le scuole maschili e femminili sono in mano di gente, che professa nell'insegnamento il materialismo più sfacciato. La corruzione quindi e l'immoralità, non trovando argini, traboccano da ogni parte. Povero paese ! povere anime! Monsignor Vera, nostro Vescovo zelantissimo, si sentiva straziare il cuore, non potendo venire in aiuto di tante sue pecorelle abbandonate alla voracità del lupo infernale. Non avendo in sua Diocesi Sacerdoti disponibili, aveva ricorso a diversi Ordini religiosi, ma inutilmente. Allora vedendo avvicinarsi a gran passo la Settimana Santa e le Solennità pasquali, mi fece chiamare a sé in Montevideo, e mi supplicò ardentemente che lo togliessi da quel martirio, e che accettassimo noi Salesiani la direzione parrocchiale di tante anime derelitte, le quali noi potevamo ravviare sul buon cammino colla predicazione, colle scuole, cogli Oratorii festivi, coll'aiuto delle Suore di Maria Ausiliatrice, e con tutti quei mezzi di propaganda cristiana , che riuscirono sì bene in molte altre parti. Che vuole? Per disposizione della Divina Provvidenza io aveva ricevuto quel giorno stesso lettera da D. Cagliero, che tra pochi giorni dovevano mettersi in viaggio i nuovi Missionari, da noi tanto sospirati. Potei quindi offrire speranze al nostro veneratissimo Vescovo, e prender tempo per consultare i compagni, e soprattutto il nostro Superiore D. Costamagna su ciò che si doveva risolvere.

Ritornato al Collegio Pio, radunai i nostri buoni confratelli , raccontai il fatto nelle sua commoventi circostanze, li pregai a voler reggere forti sul lavoro, e domandai se credevano di rinunziare generosamente a favore delle nuove imprese quegli aiuti, che stavano per giungerci dall' Europa. Il loro zelo per le anime , il loro entusiasmo per lo sviluppo ed incremento della Pia Società Salesiana, la brama ardentissima di estendere dappertutto il regno di Dio, fece sì che tutti approvarono unanimamente la nuova spedizione , che col permesso del nostro Ispettore avremmo intrapreso da noi soli , senza chiedere aiuti di personale o di danaro ai cari confratelli della Repubblica Argentina, già troppo aggravati e troppo pochi per le faticose opere che hanno tra mano. Ella conosce già per prova il gran cuore e lo zelo instancabile di D. Costamagna , suo compatriotta, per punto non maravigliarsi, se mandò immediatamente il suo consenso e la sua benedizione alla nuova impresa.

Da quel momento io mi posi nelle mani di Monsignor Vera, il quale, col cuore ripieno di gioia, ci raccomandò caldamente di partire alla volta di Paysandú il più presto possibile, per non dar tempo che se ne spargesse la voce, e che il demonio ci suscitasse ostacoli e resistenze dolorose. Monsignore conosceva troppo bene le cose e le persone. Anche a noi parve naturale che Satanasso dovesse fremere al veder giungere Missionarii, decisi a disputargli il dominio su di una popolazione che già teneva in sua balia ; quindi risolvemmo di partire fra quattro giorni, durante i quali dovevano sbarcare d' Europa i nostri confratelli, che sarebbero rimasti al nostro posto. La egregia signora Clara S. Heber, che ci fa da madre, ci allestì in fretta tutto il corredo necessario, ci preparò i bauli, ci mise in mano il danaro del viaggio, ed alla sera del 9 di Marzo, D. Giovanni Allavena, D. Agostino Mazzarello, il catechista Giacomo Ceva ed io c'imbarcammo sul battello Cosmos nel Porto di Montevideo. Viaggiammo tutta la sera e la notte seguente sulle tranquillissime onde del Plata , e quando spuntò in cielo l' aurora del 10 il vapore gettava l'àncora in faccia a Buenos-Ayres, dove si doveva fermare cinque ore. Scendemmo a terra, e là sul molo, ritto in piedi, colle braccia tese verso di noi, vedemmo l'amato nostro Ispettore D. Costamagna, che vi era accorso per tempissimo ad aspettarci, a fine di confortarci ciel suo affetto e de' suoi consigli in una impresa, che un segreto presentimento ci faceva pronosticare irta di gravissime difficoltà. Celebrata la S. Messa nella vicina Chiesa dei Padri Domenicani, il cui Superiore, valente oratore e santa persona, ci accolse con amorevolezza paterna, ritornammo in fretta a bordo, accompagnati dal nostro caro D. Costamagna, che di gran cuore sarebbe partito con noi, se alcuni affari delicati ed urgenti non glielo avessero impedito. Alle dieci del mattino , con un tempo calmo e sereno, il battello levò l'àncora, e cominciò a rimontare il Plata, il cui immenso letto via via stringevasi dinanzi a noi, finché, lasciando a sinistra una dopo l'altra le numerose bocche del maestoso Paranà , entrammo nel corso del pittoresco Uruguay, serrato da vaghissime e verdeggianti sponde, su cui s'innalzano di tratto in tratto bellissimi villaggi. Cadde infin la notte , e mentre il battello continuava velocemente la sua via , sospinto dal favorevole flusso delle acque del Plata , noi scendemmo a rinchiuderci nelle nostre cabine a pregare ed a riposare. Due volte ancora si fermò il battello durante la notte per isbarcare passeggeri alla città di Mercede e poi a Fraybentos , ma per pochi minuti. La mattina seguente per tempissimo, svegliati dall' acutissimo fischio della macchina, ci affacciammo allo sportello, e vedemmo spiegato davanti al nostro sguardo attonito il magnifico panorama della-città di Paysandú, che dal Porto sul fiume si distende su su per un buon chilometro sul fianco di una soave collinetta, sulla cui cima torreggia maestosa la nuova Chiesa parrocchiale.

Erano le cinque antimeridiane del giorno 11 di Marzo, bellissima mattinata d'estate, quando noi ponemmo piede in terra , senza che alcuno ci aspettasse, senza che alcuno in città sapesse del nostro arrivo, senza avere una casa, un tetto amico, ove ricoverarci. Chiusi in una vettura corremmo difilati alla Chiesa, per gettarci nelle braccia di Gesù Sacramentato, ed implorare il suo appoggio nella nostra difficilissima Missione. Gl' insoliti e ripetuti rintocchi delle campane che annunziavano la celebrazione di tre Messe, la voce che subito si sparse dell'arrivo di nuovi Sacerdoti, trasse in Chiesa molti curiosi, che ci guatavano stupiti, e poi correvano fuori a far mille castelli in aria sulla nostra venuta , sulla nostra origine , sulla nostra Missione. Preso quindi possesso , e fatto un po' d'inventario delle miserabili masserizie della Chiesa, dei pochi e poveri vasi sacri, dei meschinissimi arredi, pannilini e paramenti, quel giorno e l'altro l' impiegammo nel cercarci un alloggio, nel presentarci alle autorità civili, e ad alcune famiglie cospicue , presso le quali aveva ottenuto lettere di raccomandazione da amici e benefattori della capitale. Fummo generalmente ben accolti , specialmente dal Comandante del Porto , Giulio Muró, il quale avendo avuto due suoi figli in educazione a Colon nel nostro Collegio Pio, ci voleva personalmente un gran bene , ed ebbe appunto occasione di dimostrarcelo in momenti assai critici, come dirò tra poco.

Alcuni giornali della città presero tosto a spargere voci sinistre contro il nostro arrivo inaspettato ; ci chiamarono invasori della parrocchia, gente fanatica, e provocarono il popolo a sollevarsi contro di noi. Infatti incominciarono a firmare petizioni al Vescovo pel nostro richiamo , ed in men di due giorni si raccolsero centinaia di firme; ma questo non ci faceva pena. L' orizzonte si faceva buio buio per altra parte; ma noi avevamo posto una fiducia particolare in S. Giuseppe, in onor del quale venivamo disposti a fare una gran festa, dichiarandolo fin da principio Patrono di quella povera popolazione.

Quindi la dimane, che era giorno di domenica, cominciammo con zelo l'opera nostra. D. Allavena , di buon mattino, predicò alla prima Messa, frequentata specialmente da molti poveri coloni Italiani de' dintorni; alle dieci cantò la messa D. Mazzarello, ed io asceso in pulpito annunziai pel sabbato, 19 Marzo, la gran festa di S. Giuseppe, preceduta da un triduo solenne di prediche e di benedizioni ; pregai i genitori a mandare i loro figli alla dottrina cristiana due volte la settimana durante il resto della quaresima ; spiegai loro lo scopo di nostra venuta, ed il gran desiderio che avevamo di servire con zelo ed abnegazione ai bisogni spirituali della città e campagna ; poscia svolsi nel resto della predica un tema morale di opportunità. La sera vi fu solenne Via Crucis, dopo la quale tornai a predicare brevemente, e con più energia.

Questa operosità spiegata fin da principio ci guadagnò i cuori de' buoni e degli onesti, che ritirarono le loro firme; ma per vero dire irritò vie più contro di noi gl'intolleranti, nemici di ogni bene, che vedendo di non poter far nulla da soli macchinarono di ricorrere ad altre armi. Al solenne triduo ci accorse gran folla, ma molti vi venivano solo per ispiare i nuovi Missionarii, e tenevano in Chiesa un contegno assai sconveniente. Nelle prediche ci siamo ben guardati dal provocare e pungere chicchessia ; parlammo colla massima dolcezza e mansuetudine , ma che vuole ? L' ultima sera, dopo la benedizione, era appena chiuso il S. Tabernacolo, che in Chiesa stessa scoppiò il tumulto, e si cominciò a gridare abbasso e morte. La folla si agglomerò sulla piazza e vi si udiva una tempesta di fischi , di urli, di minaccie d'ogni genere, un baccano d'inferno. Siccome noi per recarci alla nostra povera casetta dovevamo uscire sulla piazza , dove la turba continuava ad urlare e a fremere , ce ne restammo in Chiesa appié dell' altare, disponendoci a fare il sacrifizio della vita, se così avesse piaciuto al Signore. Frattanto intervenne la forza pubblica e disperse gli ammutinati. Questo pronto e felice scioglimento lo dovevamo al nostro carissimo amico Giulio Muró, che in que' giorni non posò un momento dal vigilare sopra di noi , dal difenderci nelle riunioni e nelle famiglie, intervenendo col suo prestigio presso il Governatore della città , perché non ci lasciasse esposti agli oltraggi ed alle violenze degli insensati.

Come se nulla fosse accaduto la dimane celebrammo colla solennità promessa la festa del gran Patriarca S. Giuseppe, e, come può ben immaginarsi, lo facemmo con una speciale riconoscenza per averci salvati da si gravi pericoli. Per quel giorno avevamo chiesto per telegramma un magnifico armonium a Montevideo, donde ci arrivò per tempo. D. Allavena tesse un panegirico che piacque assai ; la Messa solenne in tre, cosa quasi nuova, trasse le simpatie di molti; così che la giornata si passò di un modo consolantissimo, notando che al mattino s'erano fatte circa quaranta Comunioni, spettacolo che in quella città non si era visto mai, se non in tempo di qualche straordinaria Missione. Il giorno seguente essendo domenica facemmo come il solito le nostre funzioni e le nostre prediche , sempre più frequentate e devote. In breve la città tornò in perfetta calma ; anzi la maggior parte degli abitanti non tardarono a mostrarsi contentissimi della nostra venuta.

Pertanto vedendo le cose assai bene avviate, e scomparso ogni pericolo di tumulto , credetti di ritornare a Villa Colon. Preso commiato da alcuni benefattori, scesi al Porto, accompagnato dai confratelli. Il sig, Comandante volle trasportarmi a bordo del Cosmos lui stesso coi suoi soldati, sulla barca ufficiale, da cui sventolava la bandiera nazionale. Colà abbracciai intenerito i miei confratelli, ed al fischiar della macchina partii, seguendo ancora coll'occhio e salutando da lungi colla mano e col fazzoletto bianco chi dalle sponde mi faceva segnali e saluti. A poco a poco il Porto, la sponda, la città, le torri della Chiesa sparirono dietro le colline, ed io scesi triste e commosso a pregare per i Salesiani che lasciava dietro di me, e per quella popolazione che Iddio affidava alle nostre cure.

Le notizie ricevute posteriormente furono sempre ogni volta più consolanti. I fanciulli attratti dalle belle maniere, e da piccoli regalucci accorsero numerosissimi ai catechismi. Nella settimana Santa si fecero splendide funzioni, e la folla che vi accorse dalle campagne fu immensa. Molti cominciarono a far la santa Pasqua, che da molti anni più non facevano. La persona dei nostri venne sempre meglio assicurata vuoi dalle simpatie della popolazione, vuoi dall'amicizia del nuovo Governatore della città, uomo cortese, e già nostro vicino di Villa Colon.

Ma ciò che più di tutto meriterebbe di essere narrato in disteso sono le fatiche e le curiose avventure della Missione in campagna. Don Allavena è più d'un mese che, seguito dal Catechista Ceva, traendosi dietro l'altare portatile, percorre a cavallo i varii punti della sua Parrocchia, più estesa che tutta l'archidiocesi di Torino, battezzando , benedicendo matrimonii , predicando ed evangelizzando gli abitanti delle campagne, sparsi qua e là a grandi distanze, addetti alla custodia degli armenti, vivendo in misere capanne, formate di fango e di paglia, a guisa di selvaggi, senza vedere mai il volto di un Ministro di Dio, senza Chiese, senza Sacramenti. Chi può dire i disagi, le privazioni, le fatiche del povero Missionario, che va alla ventura cercando le pecorelle perdute nel fondo di quelle valli, per ricondurle all'ovile del Signore?

M' avveggo che se proseguissi questo tema la mia lettera più non finirebbe ; quindi aspetto un'altra occasione per scriverle con più agio. Per ora raccomando a lei ed a tutti i Cooperatori che preghino molto pei poveri Missionari d'America, che tanto abbisognano di essere sostenuti nel loro zelo e nella loro sanità.

Avrà ben notato , sig. D. Bonetti , che questa mia manca di data. Si é perchè l'ho cominciata a Montevideo, continuata a bordo dell'Umberto I, e finita a Marsiglia , dove presentemente mi trovo. Come ella sa, io ritorno a rivedere il nostro venerato D. Bosco per rendergli conto dei nostri lavori ; ritorno per promuovere su più vasta scala altre imprese ed altre Missioni, che devono ridondare ad immenso benefizio delle anime e della religione ; ritorno anche per provvedere alla mia salute un po' sciupata. Permetta adunque che per mezzo del Bollettino io mandi un tenero ed affettuoso saluto a tutti i cari Confratelli e Cooperateri Salesiani per parte mia e di tutti i Salesiani d'America. Nella mia breve permanenza in Europa vorrei vederli tutti, ma non mi sarà possibile. Se avrò tempo, le darò a viva voce notizie dei paesi da cui vengo, e poi pregherò tutti a man giunte di volerci aiutare nel sostenere un'opera, che ha già dato frutti così copiosi e consolanti, e che ce ne fa sperare dei migliori ancora.

La saluto di gran cuore, e nella viva speranza di presto riabbracciarla mi dico

Data del timbro di Marsiglia, 27 giugno 1881.

Suo aff.mo Confratello Sac. LUIGI LASAGNA.

MONSIGNOR GIACINTO VERA.

Dai giornali della Repubblica Argentina e dell'Uruguay e da nostre corrispondenze di colà riceviamo le seguenti notizie sul compianto Monsignor Giacinto Vera, primo Vescovo di Montevideo, del quale annunziavamo la morte nel passato numero del Bollettino.

La notizia della morte di questo illustre Prelato della Chiesa Uruguayana si sparse in un momento in tutti quei centri sociali , riempiendo di costernazione quanti conoscevano questo rispettabile e virtuoso Ministro del Signore. Ben fondato invero é tale sentimento, poichè le doti che adornavano il compianto Vescovo , lo rendevano rispettabile sotto ogni riguardo.

Nobile e grave in tutti gli atti suoi, dotato di pronta intelligenza e di carattere dolcissimo, di fina penetrazione, prudente e discreto nel governo del suo gregge, caritatevole al sommo verso i poveri ed i derelitti di sua Diocesi, energico e geloso nel difendere i diritti a lui confidati, diligentissimo per la salute spirituale de' suoi cari fedeli, sempre occupato e trepido del bene del suo amato popolo cattolico , e della prosperità e grandezza della sua patria, cui professava singolare affetto, Mons. Vera discese nella tomba circondato dal rispetto di tutta una nazione, benedetto da migliaia di anime, che lo videro sempre sul sentiero del dovere senza vacillare neppure davanti al potente.

Oriundo di una famiglia spagnuola delle Isole Canarie, nacque Mons. Vera il 3 di luglio 1813, sulle acque del Brasile, mentre il padre suo navigava verso la Repubblica dell'Uruguay.

Negli anni suoi giovanili prese parte attiva alle vicissitudini politiche, per cui ebbe a passare nella Repubblica dell'Uruguay. Di carattere pacifico ed inclinato alla carità , si sentì chiamato allo stato ecclesiastico. Ordinato Sacerdote, per 19 anni fu Curato Vicario di Canelones, e con zelo, disinteresse e canta veramente apostolica, lavorò assai nel guidare il suo popolo nel cammino dell'eterna salvezza.

Nel 1865 fu consacrato Vescovo di Megara in p. i. e da S. S. Pio IX nominato Vicario Apostolico dell'Uruguay. La consecrazione fu fatta dall'indimenticabile Prelato, Dottor Escalada, cui Mons. Vera, a suo turno, nel 1868 impose il pallio arcivescovile , essendo stato nominato in quell'epoca primo Arcivescovo di Buenos Ayres.

Or son tre anni che fu eretta in Diocesi la Chiesa della Repubblica Orientale dell'Uruguay, e Mons. Vera fu il primo Vescovo che occupò la sede episcopale della nuova Diocesi. Ressela egli con sapienza e prudenza superiore ad ogni lode, mantenendo col Governo le migliori relazioni, evitando ogni conflitto, senza cedere punto de'suoi diritti , e rispettando le considerazioni dovute al decoro di ambo i poteri.

La carità di M. Vera é proverbiale in Montevideo, e moltissimi sono i poveri che oggi piangono il loro benefattore e padre. Raccontasi che alcuni Curati della sua Diocesi deposero nelle sue mani certi risparmii fatti nell' esercizio del loro ministero. Un giorno si presentarono al loro Vescovo per ritirare ciò che gli aveano consegnato, ed ebbero la seguente risposta : Voi mi diceste che erano quelli i risparmii vostri, ed io per sicurtà di maggior frutto per voi li ho depositati in mano dei poveri delle vostre parrocchie. Gesù Cristo, che nel suo Vangelo si nomina il rappresentante dei poveri, vi renderà i vostri risparmii col cento per uno, come ha promesso.

Mons. Vera nutriva in cuore un affetto grandissimo per i Salesiani , e lo dimostrò in molte e varie circostanze. Al loro arrivo in Montevideo egli mise il suo episcopio a loro disposizione, e li volle alla sua mensa per tutto il tempo che in esso si fermarono. Non ostanti le gravissime sue occupazioni pel governo di sua estesissima Diocesi, egli sempre si prestò a celebrare nel Collegio di Colon le sacre funzioni, in occasione di varie solennità , ogni volta che fu invitato. Recossi colà per la benedizione della campana. Volle affidare a' Salesiani le Parrocchie di Las Piedras e di Paysandù. Insieme con i Salesiani di buon grado si portò a dettare nella prima di esse Parrocchie i santi Spirituali Esercizi , fermandovisi per più giorni, e contentandosi dello scarso e grossolano vitto, e dell'umile letto di cui potevano onorarlo nella loro povertà i novelli Missionarii. Egli non faceva fra i Salesiani distinzione alcuna. Dovendo, per ragioni di servizio, un nostro cuoco addetto al Collegio di Villa Colon , traslocarsi nella Casa di Buenos Ayres accompagnato da un Sacerdote, e per incidenti sopraggiunti, non essendo essi arrivati in tempo a salpare sul piroscafo, dovettero rimanere in Montevideo più giorni per aspettare altro passaggio. Mons. Vera, nella sua grande carità , volle , come sempre , quei Salesiani presso di sé per quel tempo, ed entrambi tenne alla sua mensa, non ostante che il povero cuoco, confuso per tanto onore, protestasse, ma invano, quello non essere il posto suo, ma dover lui rimanersi in cucina fra gli arnesi dell'arte sua e le persone di sua condizione. L'anno scorso, il nostro Collegio di Colon versava in strettissime condizioni finanziarie, tali da destare serii timori pel suo avvenire. Or bene, bastò che il Direttore si rivolgesse al cuore di M. Vera, ché questi nell'industriosa sua carità, in brevissimo tempo, seppe trovar modo di sovvenire al bisogno e scongiurar ogni pericolo per l'avvenire del Collegio.

Coronato di meriti, pieno di virtù, morì Monsignor Vera, compiendo la sua missione. Era giunto a Pan de Azùcar facendo la visita pastorale, allorché un attacco al cervello lo strappò ai suoi Diocesani, alla sua Chiesa, alla sua patria, a coloro tutti cui consacrò la sua vita, e a' quali prestò grandi e segnalati servizi. Molti infelici, che in lui trovarono alleviamento nelle proprie disgrazie e soccorso al loro infortunio, e a cui donò pane e vestito; molti, cui fu Angelo di conforto nell'ora dell'abbattimento morale, spargendo nello spirito, colla naturale dolcezza della sua soave ed amorosa parola , il balsamo della rassegnazione e della consolazione , sparsero lagrime sulla sua tomba, e tra i mesti accenti della preghiera. risuonarono e risuoneranno ancora le più tenere benedizioni al nome dall'estinto Pastore, amico dei bisognosi, padre dei poveri e degli afflitti.

Serva di conforto al dolore di coloro, che giustamente pìangono una perdita così sensibile, le speranze che quello spirito, il quale animò Monsignor Giacinto Vera, goda il gaudio eterno, e che la sua memoria sarà imperitura nella terra, che lo vide nascere , ed in quella ove seppe cattivarsi tanta simpatia il virtuoso ed umile, caro e rispettato Vescovo di Montevideo.

STORIA DELL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES

CAPO XXXI.

Scoppio della polveriera - Pericolo di peggiori disastri - Eroismo del sergente Sacchi - Il cappello di D. Bosco. - Visibile protezione di Maria - Fatti diversi - Una colomba - Una trave infuocata - Il giovanetto Gabriele Fassio - Il Pater ed Ave a s. Luigi - Guasti nell'Oratorio - Sovvenzione - Riflesso,

L'anno 1852 una terribile sventura come fulmine a ciel sereno piombava sopra la città di Torino, la quale poco mancò che non divenisse un mucchio di rovine e la tomba dei suoi abitanti.

In mezzo al Borgo Dora, presso al cenotafio di S. Pietro in Vincoli , sorgevano una fabbrica e tre magazzini da polvere. Talora vi stavano raccolti più migliaia di miriagrammi di polvere da mina e da caccia ; e quindi il detto Borgo e la città intiera avevano nel loro seno un nemico più formidabile, che non un'orda di barbari, avidi di saccheggio e di rapine.

Or bene erano le undici e tre quarti antimeridiane del 26 aprile, quando per causa della imperfezione di una macchina si eccita una scintilla in un laboratorio. In men che non si dice il fuoco si appicca a due granitoi laterali , passa ai frulloni, indi alla polvere distesa all'aperto. L'incendio di quest' ultima mette il fuoco prima ad un piccolo magazzino di polvere da caccia, e poscia ad un altro di polvere da mina , che a breve istante l'uno dall' altro scoppiano con un rombo tremendo , facendo traballare la città, sgangherando usci e porte, e non lasciando alle finestre chiuse un vetro intatto. La grossa fabbrica di polvere salta in aria, le case vicine si rovesciano, due file di annosi gelsi sono strozzati a mezzo come tenere pianticelle ; pietre , chiodi , spranghe di ferro, travi infuocate volano per aria, e piombano sui palazzi, nelle vie e nelle piazze come proiettili d' immensa bomba, minacciando strage e morte ; a 400 metri di distanza cadono sassi di 10, 15 e 20 miriagrammi l'uno; trenta uomini addetti alla polveriera sono o colpiti a morte, o bruciati, o sepolti sotto le macerie. Intanto una densa nuvola di fumo come un funereo manto si stende sopra tutta Torino, le toglie la vista del sole e la riempie di terrore ; pare giunto il finimondo. Chi grida, chi piange , chi fugge senza saper dove, perchè dai più s'ignora da principio il luogo e la causa del disastro. Corsane a poco a poco la voce, molti dall'interno della città volgono i passi verso la polveriera ; ma giunti nelle sue vicinanze ne vengono strascinati indietro dalla calca fuggitiva delle vicine contrade, che annunzia imminenti peggiori disastri. Varii per altro dei più coraggiosi insieme coi soldati e le civili autorità e la stessa reale Maestà di Vittorio Emanuele, si portano sul luogo della desolazione ; tra questi vi fu anche il nostro D. Bosco.

Nel momento del primo scoppio trovavasi egli nella sala dell'esposizione degli oggetti di lotteria. Al fragore, che aveva scosso tutti gli edifizii, era egli disceso nella pubblica via, onde saper che fosse avvenuto. In quell' istante si fa sentire il secondo scroscio, ed un momento dopo un sacco di avena dall'alto gli cade accanto, poco mancando che lo schiacciasse. Non tardò ad accorgersi che aveva preso fuoco la polveriera, distante dall' Oratorio poco più di 500 metri. Si dirige tosto a casa nel timore che fosse accaduto qualche sinistro ; ma la trova vuota, chè tutti sani e salvi erano fuggiti nei vicini campi e prati. Allora, senza mettere tempo in mezzo, e senza badare al pericolo, egli vola sul luogo del disastro, a fine di recare a qualche infelice il soccorso del sacro ministero. Per via s'imbatte nella madre, che tenta d'intrattenerlo, ma indarno. Arrivato sul luogo, poté a stento farsi strada tra le immense ruine. Quale straziante spettacolo ! Pezzi di cadaveri, gambe e braccia sparsi qua e colà! Voci lagrimevoli che ancora uscivano dalle fumanti macerie ! e, quello che era più spaventoso, l'imminenza di un terzo scoppio, che avrebbe fatto macello di tutti i vicini , e dei più lontani ancora. Imperocchè i due magazzini, che avevano preso fuoco e menata sì orrenda strage e rovina, non contenevano che pochi miriagrammi di polvere ; ma a pochi metri da quelli un terzo ancor se ne trovava, che ne conteneva ben settantamila chilogrammi ! Era un terribile vulcano , che, se prendeva fuoco, forse non solo il Borgo Dora, ma buona parte di Torino sarebbe crollata da capo a fondo ; e tal pericolo era vicinissimo. Or chi salverà Torino? La salverà Maria per mezzo di un suo divoto, il cui nome é ben giusto che da noi pure sia tramandato alla più tarda posterità.

È questi il, sergente foriere Paolo Sacchi da Voghera , capo degli operai addetti alla fabbrica, scampato come per miracolo dall' orribile strage. Per ben tre volte dalla violenza degli scoppi egli é stramazzato a terra siccome morto; si alza nondimeno e colle membra peste, colla faccia, colla testa e colle mani abbrustolite, mettendo sangue persino dalle orecchie rintronate e sconvolte, in mezzo ad una confusione indescrivibile, tra il macello de' suoi operai, tra i pianti e le grida di disperazione , egli mostra una perspicacia e spiega tale un coraggio , che é superiore ad ogni encomio. Vinti i ripetuti sbalordimenti, che gli avevano cagionato gli orrendi scrosci, egli si avvede che è ancor salvo il terzo magazzino, ma che il fuoco già si é appiccato ad una coperta che vi si trovava. A questo pericolo di vicina morte egli non fugge, no, corre anzi, rimuove la coperta a tempo, e rimane sul luogo impavido, chiamando aiuto. Dal suo eroismo animati accorrono ben tosto alcuni cittadini ; si aggiungono indi soldati, e pompieri, e si stabilisce un pronto servizio : gli uni attendono a spegnere il fuoco, che si manifesta qua e colà ; gli altri trasportano dal gran magazzino gli 800 barili di polvere, che vi conteneva. Questi lavori, nella generale trepidazione degli animi, durarono sino alle ore quattro pomeridiane e furono compiuti felicemente. Così in quel giorno di angoscia Torino andò salva per l'intervento di Maria, e per l'eroismo di un uomo, che in quell'orribile frangente a Lei si rivolse per consiglio e conforto, e che fino ad oggi tu vedi ogni sabato prostrato dinanzi all'altare della Vergine Consolatrice a sciogliere un voto di ringraziamento, per averlo non solamente salvato, ma resolo salvatore dei suoi fratelli. Quest'uomo semplice ed onesto, che tra mezzo a singolarissime vicende della sua vita giovanile sembra essere stato riserbato e preparato da Dio alla nobile missione di salvare Torino, ricevette nei primi giorni da tutti gli ordini della cittadinanza lusinghiere dimostrazioni di stima e di onore ; ma non tardò ad essere pure abbeverato di fiele e mirra. Presso a taluni egli ebbe il torto di avere attribuito pubblicamente il proprio eroismo alla Vergine benedetta. Per questo fu subito oggetto di sarcasmi, di dileggio e di calunnie per parte di coloro, cui il nome di Dio e dell'Augusta sua Madre suona male all' orecchio. Ebbe per altro dal Governo la medaglia d'oro ; dalla Guardia Nazionale una corona ; e dal Consiglio Comunale gli onori di Cittadinanza Torinese, una via che porta il suo nome , ed un' annua pensione vitalizia di L. 1200. Giova sperare che un giorno in Torino si possa innalzare al Sacchi un monumento pari al suo coraggio ed alla sua pietà.

In quanto al nostro D. Bosco, egli ebbe la consolazione d'impartire ancora l'assoluzione ad un povero operaio, che estratto di sotto alle rovine mutilato di una coscia e straziato in tutto il corpo dava gli ultimi aneliti. Se poi non gli fu permesso di prestare la mano nel difficile lavoro materiale, fece nondimeno un buon servizio il suo cappello. Nel cuor del pericolo si aveva urgente bisogno di portare acqua per impedire che il fuoco si appiccasse alle coperte, stese sopra i barili di polvere. Non avendo alcun recipiente, il Sacchi diè di piglio al cappello di D. Bosco, e di quello si servì alla meglio , finché non giunsero le secchie e le pompe. Ultimamente ancora il prode foriere ci parlava di questo episodio con sua e nostra grande soddisfazione.

Fu ed é generale la persuasione che ad una speciale protezione del Cielo sia dovuta la salvezza di Torino da ulteriori disastri. I primi a provare gli effetti del celeste intervento furono i ricoverati della Piccola Casa della Divina Provvidenza. Il pio Istituto sorgeva a poca distanza dalla polveriera , ed alcuni suoi edifizi non ne erano discosti che da ottanta a cento metri. Quindi nella terribile esplosione rovinano tetti, pareti e soffitti; mobili, guardarobe e cassettoni vanno a soqquadro ; attrezzi di ogni genere sono gettati qua e colà con orrendo fracasso ; sono schiantati usci e porte dai loro cardini; piovono poi da ogni parte travi, pezzi di legno e di ferro, pietre, mattoni e rottami di ogni fatta. Or bene in mezzo a tanto rovinio, in mezzo ad una grandine di micidiali proiettili, in mezzo a tanti pericoli della vita, non una delle mille e trecento persone dell'Istituto ne fu colpita. Eranvi dei malati, eranvi dei ciechi, degli storpi, dei folli, dei bimbi, e niuno ne riportò neppure la menoma contusione o scalfittura. Molti si videro come a passare sotto gli occhi la morte ; si videro a balenare un palmo sul capo la sua terribile falce ; ma non ne furono tocchi. Sopra il letto ove giaceva l'infermo staccavasi e rovinava gran tratto di soffitto , ma cadeva ai piedi od ai fianchi ; altrove pericolava il muro, ma nel suo pendio stava come sospeso per aria, e dava tempo a rimuoverne il letto col suo malato ; nelle camere dei bambini si rovesciava il tetto, cadevano moltissime tegole, ma neppur una sui letticciuoli e sopra le culle degli innocenti. L'infermeria delle figlie sceme od ebeti conteneva oltre venti letti, e da circa tre anni non era mai accaduto che fosse sgombra di malate, soprattutto prima del mezzogiorno. In quel mattino , quasi presentissero ciò che stava per avvenire, si erano alzate tutte , e raccolte nella stanza vicina. Intanto succede lo scoppio e lancia sopra quella infermeria un lungo e grosso troncone di trave, che sfonda il tetto e penetra in mezzo della camera, trascinando con sé la maggior parte del soffitto , e schiacciando persino i letti di ferro.

Ma i più consolanti, e che dimostrano la visibile protezione di Maria , sono i fatti inesplicabili che riguardano le sue immagini. In tutte le stanze tu vedevi le guardarobe, gli armadi, gli usci medesimi strappati dal muro, e rovesciati à terra per la violenza dello scoppio; ma appeso alla parete miravi sempre ancora il quadro della Vergine. Nella infermeria detta di santa Teresa, all'altezza di due metri , stavasi una statua di Maria dentro una campana di vetro ; cadono entrambi sul pavimento, ma e campana e statua restano perfettamente intatte. - Nel lungo dormitorio degli orfani tutte le finestre prospicienti la polveriera stavano chiuse a mattoni. Succede il disastro; le singole murature si rovesciano, ad eccezione di due, a cui erano pententi due quadri di Maria. - In un corridoio sotterraneo, che unisce una parte della casa coll'altra, all'altezza di oltre a tre metri, posava in apposita nicchia una statua in legno dell'augusta Regina del Cielo. Nell'istante dello scoppio, mentre tutto il muro all'intorno precipita a terra, la statua sembra che ne sia come lentamente discesa anzi che precipitata ; poiché si trovò ritta sopra la sua base e attorniata dalle macerie. Pareva che fosse come viva discesa per confortare più da vicino coloro, che cercando scampo transitavano per quell'andito gridando pietà. - Nel privato Oratorio detto il Santuario, già molto caro al Venerabile Cottolengo, stavano appesi al muro un 300 quadri di varie dimensioni , col rispettivo vetro o cristallo , rappresentanti i santuarii più celebri e miracolosi, che sorgono nel mondo ad onore della Madre di Gesù. Esso era situato dirimpetto alla polveriera, esposto quindi al primo impeto della violenta bufera e senza riparo. Or bene, scoppia da vicino il tremendo vulcano ; nella camera dietro al Santuario, protetto dal muro, precipitano a terra grosse e pesanti guardarobe, rovina una parte del soffitto, si sfracella l'uscio, e la spranga di ferro che lo chiude s'intortiglia come corda o molle candela ; e i quadri ? I quadri del Santuario restano al loro posto coi rispettivi vetri interissimi. - Nella Chiesa della Comunità e nella cappella del SS. Rosario stavasi la statua di Maria, chiusa nella sua nicchia. Alla distanza di sei metri si fende il grande arcone che sostiene la cupola della Chiesa ; l'organo che stava entro lo sfondo di una tribuna viene rovesciato a terra e portato in là d'alcuni passi; spalancasi il telaio coi larghi cristalli, che chiudono la nicchia ; ma la statua di Maria come Padrona e Regina si rimane immobile colla sua corona in capo, ed appena permette che le cada dall'orecchio uno dei suoi pendenti. - Ma con un linguaggio ancor più eloquente dimostrò la potentissima Vergine la visibile sua protezione in quel giorno ; ed é coi due fatti seguenti.

Nell'atrio d'ingresso del pio Istituto del Cottolengo, presso alle due porte, che mettono nella via pubblica, vi stava, come sta pure oggidì, affisso ad un sottile tavolato in legno, un quadra di un metro di altezza, in cui é effigiata da mano maestra la Vergine Consolatrice. Il quadro era, come ora, custodito da una lastra di vetro, circondato da fiori, da cuori di argento e da altri vaghi ornamenti. Innanzi a quella immagine veneranda suolsi da chi entra e da chi esce recitare l'Ave Maria. L' atrio nella parte interna, che introduce nel cortile sottostante, trovavasi in faccia alla polveriera , e senza alcun riparo tra mezzo. Quindi nello scoppio dei due magazzini tale ne fu la scossa prodotta, che si apersero con violenza persino le porte chiuse dell'Istituto ; piu di diecimila lastre di vetro delle sue finestre furono mandate in minuzzoli insieme coi telai, sgangherati e travolti e fatti in pezzi ; anzi in tutta la via di Doragrossa, ed in altra della città distanti oltre un chilometro, non si vedea più alle finestre un vetro intatto ; furono lanciati nel mentovato atrio a nembi a nembi i proiettili di ogni genere , mattoni, sassi, ferro e legno ; alte e pesanti guardarobe che sorgono colà presso sono rovesciate in un attimo; nella parte opposta, cioé di dietro al quadro, l' uscio fortissimo di noce, che mette sulla contrada , chiuso con grosso catenaccio di ferro, spalancasi in due parti, rompendo il catenaccio medesimo ; si rompe e sfracella l' angolo stesso del muro, contro del quale stava appoggiato il quadro della Vergine ; e questo? Mirabile a dirsi ! Questo solo rimane immobile , con tutti i suoi fregi , e col suo vetro intiero ! La bella immagine di Maria in amabile aspetto pareva che dicesse agli atterriti suoi figli : Ego sum, nolite timere : Sono qua io vostra Madre ; non vogliate temere ; sarò vostro scudo, sarò vostra difesa. Un signore , che poche ore dopo dall'interno della città entrava in quell'atrio, al vedere ancora intatto il vetro dinanzi alla immagine di Maria, mentre nelle case neppur uno se ne vedeva, e nelle vie si camminava sui vetri, si sentì scorrere un misterioso brivido per tutta la vita , e pieno il cuore d' immensa gioia pianse di consolazione come un fanciullo. A vero dire questo intreccio di fatti per quanto siasi studiato di spiegarlo colle leggi della fisica, niuno vi poté riuscire, e quindi fu ed é duopo scorgervi la mano di Dio onnipotente, e la protezione della divina Madre , che mostrava con ciò di vegliare sulle sorti di Torino.

Ma un fatto che risplendette sopra ogni altro, e che fa toccar con mano il patrocinio di Maria Santissima in quel giorno di spavento, é quello che siamo per raccontare colle parole stesse del non mai abbastanza compianto Mons. Luigi Anglesio, in quel tempo già da 10 anni Superiore del portentoso Istituto del Cottolengo.

« Fra tutti i caseggiati (così egli scrive), che facevano come ala, fiancheggiando da due parti la polveriera , il più vicino di tutti, ed alla distanza appena di 80 metri, era un umile casolare detto di Nazaret, di due piani, compreso il terreno. Conteneva al piano terreno oltre una ventina di scemi o cretini, nel piano superiore una trentina di poveri ragazzi cronici ed infermi dai quattro ai nove anni ; siccome il solaio, così tutti i travi del tetto venivano a poggiare sopra un pilastro posto in mezzo della vasta camerata sopra questo pilastro e il tetto erasi alzata un'altra colonna di terra cotta, appunto una di quelle che avevano servito ad uso di stufe; sopra questa colonna ergevasi una statua della Vergine Immacolata, alta oltre un metro, vuota nell'interno, di semplice scagliuola, con intorno al capo un' ampia corona di dodici stelle : avresti detto che stava proprio là per fare la sentinella e scudo alla Piccola Casa, anzi quasi per dar legge alla natura , al flagello, e determinargli le vie, i confini Scoppiano infatti i due magazzini della polvere a quella sì breve distanza, e con quella lunga e dolorosa serie di conseguenze che sopra si sono accennate ; una continuata tempesta di proiettili d' ogni genere e peso viene lanciata insieme all'indescrivibile bufera, per ogni verso all'intorno e contro il caseggiato di Nazaret : la colonna porta l'impronta dei proiettili da cui viene percossa, ma la statua della Vergine appena di un pollice smossa dalla sua base sta illesa ed intatta con in capo la sua corona. Come adunque non riconoscerla , non salutarla e ringraziarla quale fedele Custode ed amorosa Difenditrice ? Infatti il tetto sottostante venne tutto sconquassato ed in parte rovesciato sopra il soffitto, e questo spezzate le travi precipitò insieme alle tegole nella stanza ove stavansi raccolti i bimbi tutti, gli uni giacenti nel loro lettuccio o cuna, gli altri o seduti sui loro seggiolini od in piedi; avresti pensato che forse nessuno o ben pochi avrebbero potuto scampare da tante rovine; e così infatti si persuadevano e temevano queglino tutti che avevano visto o sentito la cosa, accorsero perciò sul luogo onde prestar soccorso a quelle innocenti creaturine in aiuto delle Suore infermiere : ma, grazie alla vigile Madre che dall'alto li contemplava, neppure uno sfuggi alle amorose sue cure: di quei ragazzini i più snelli al primo scoppio si gettarono fuori dell'uscio, gli altri tutti non presti alla fuga, o giacenti nei loro lettucci per un modo a per l'altro, non si sa come, furono tutti protetti, trovati illesi ed incolumi. Tra essi uno si trovò che lo scoppio avea rovesciato per terra insieme alla cuna, ma questa capovolta sul bimbo servì a coprirlo e difenderlo dalle tegole e dai rottami che lo avrebbero incolto. Era poi una scena al tutto commoventissima in mezzo a quelle grida e quei gemiti sentire quelle creaturine esclamare: Perdonateci, Diaria SS., perdonateci, saremo poi bravi, saremo poi bravi. » Fin qui la penna di Mons. Anglesio (1).

Or le accennate maraviglie, e soprattutto quella della debole colonna, parve un fatto così singolare e fuor dell'ordine di natura, che persino gli ebrei tratti dalla curiosità a vederla dissero quello essere un vero miracolo. Il giorno appresso un uomo di mala vita giravasi in quei dintorni, e prorompeva in bestemmie contro Dio per causa di quel disastro ; ma, giunto in faccia a quella delicata statua, e vistala colà immobile con la sua leggiera corona in capo, ammutolì ; la fissò per lunga pezza,. e poi uscì in queste parole: Qui ci debb'essere qualehe diavolo ! Naturalmente ciò non può stare. Noi compatiamo a quel miserabile, e diciamo invece : Il diavolo avrebbe frantumato non solo le immagini della Vergine, ma rovesciato dal suo trono celestiale la Vergine stessa, se dato gli fosse. Quindi è fuor di dubbio che quella fragile statua in quel sito, attorniata da tante rovine, fu un segno visibile della invisibile presenza di Maria, che da Madre amorosa vegliava sopra i figli suoi, vegliava sopra Torino, salvandola da un totale eccidio.

Né la Vergine Santissima si limitò a mostrare che vegliava sopra Torino coi fatti maravigliosi sopra accennati ; poiché in varii altri luoghi pii, esposti ancor essi a gravi pericoli , diede Ella prova non dubbia di sua materna sollecitudine. Nel Monastero delle Maddalene, distante dalla polveriera circa 400 metri, nell'Ospedaletto di santa Filomena, e nell'attiguo Conservatorio, tre Istituti della Marchesa Barolo, erano ricoverate ben 500 tra Suore e giovanette , o sane od inferme ; ed ancor esse dalla prima all'ultima andarono esenti da ogni disgrazia. Nel muro dell' Ospedaletto a mezzanotte si vedono tuttora segni profondi degli scagliati proiettili ; nel Monastero delle Maddalene cadde tra gli altri un macigno del peso di ben 10 micia , e vi si mostra ancora oggidì un armadio pieno di pietre, di spranghe di ferro e simili oggetti, grandinati sopra del loro edilizio, e penetrati persino nelle camere e nei corridoi, ma niuna delle 100 e più persone ne fu menomamente tocca. Anzi nella infermeria si trovavano due Suore malate, che da molto tempo più non si alzavano di letto. Quel mattino verso le undici dimandano di levarsi, ed uscire a prendere un po' d'aria nel giardino, e la Superiora contro il suo solito lo concede. Or bene , appena uscitene un trave enorme viene lanciato sopra il tetto della infermeria, lo sfonda e vi penetra dentro con tal impeto, che schiaccia i letti delle due malate. - Mentre poi le Maddalene con loro immenso dolore stanno per rompere la clausura ed uscire in cerca di un più sicuro riparo, vedono librarsi a volo una candida colomba e andarsi a posare sulla sommità del tetto del loro sacro asilo. Ritengono quello per un felice pronostico e dicono: Se la colomba prenderà il volo di là, ne usciremo anche noi ; se no vi rimarremo. L'uccello ebbe la costanza di fermarsi in quel sito sino alle 4 di sera, quando un messo del Governo andava ad avvertire che il pericolo di nuovi scoppi era scomparso.

E nel nostro Oratorio che cosa avvenne di particolare ? - Un trave infuocato, lungo da 6 a 7 metri, cadde a pochi passi dalla nostra casetta, che stante la cattiva costruzione ce l'avrebbe rovesciata ed abbruciata ad un tempo, se la mano di Dio non l'avesse trattenuto dal piombarvi sopra. - La nuova chiesa ancor fresca e stata poco prima disarmata, avrebbe potuto o crollare o fendersi; ma la divina Provvidenza dispose che, sebbene presso ad essere benedetta , tuttavia non avesse ancora né porte, né finestre a posto. Quindi essendo per ogni lato aperta, l'urto non la scosse con tant'impeto e non le fece alcun danno. Quella che ne soffrì non poco fu la nostra abitazione, la quale si ebbe delle spaccature spaventose. Non occorre il dire che dei vetri non ne rimase pur uno : le finestre chiuse furono aperte con tanta violenza, che , sbattute nel muro, parecchie ne andarono a pezzi. Un uscio della cappella dalla parte di mezzanotte, e perché gonfio dall'umidità dell'inverno, e perché irrugginitane la serratura, da parecchi mesi più non si poteva aprire ; ma lo scoppio ci tolse ogni fastidio, ché non solo lo aperse, ma lo schiantò dai cardini, gettandolo in mezzo alla cappella. Il simile accadde in una cameretta a pian terreno, alla quale si dava il nome di cantina. Anche qui l' uscio fu strappato dal muro, e per alcuni giorni i giovani avrebbero potuto entrarvi liberamente a bere il vino alla mamma; peccato che non ce n'era.

Ma un fatto, che ha dello straordinario ed anche del sovrumano, fu quello che siamo per dire. Tra i nostri compagni uno ne avevamo di circa 13 anni , per nome Gabriele Fassio ; giovanetto di aurei costumi e di esimia pietà ; faceva il ferraio. Don Bosco ne aveva una grande stima, e spesso ce lo proponeva a modello. Or bene, questo buon giovanetto, un anno prima dello scoppio fatale, cadde malato, e fu ridotto agli estremi. Aveva già ricevuto i conforti di nostra santa Religione, quando un giorno, come indettato dall'alto, ei si pose a ripetere : Guai a Torino, guai a Torino. - Alcuni compagni che gli, stavano ai fianchi gli domandarono : E perché guai? - Perché é minacciata da un grave disastro. - E quale? - Un orribile terremoto. - Quando sarà? - Un altr'anno. Oh ! guai a Torino il 26 aprile. - Che cosa dobbiam fare ? - Pregare s. Luigi che protegga l'Oratorio e quelli che vi abitano.

Poco dopo egli santamente moriva all'Ospedale del Cottolengo. Stante le sue rare virtù , e l'accento, diremmo così , inspirato , col quale pronunziava il suo guai, i giovanetti della Casa ne riportarono profonda impressione, e ne accolsero rispettosamente il consiglio. Fu allora che a loro richiesta si aggiunse mattino e sera nelle comuni preghiere un Pater, Ave e Gloria a s. Luigi, colla invocazione : Ab omni malo - libera nos, Domine, pratica che nelle nostre Case vige tuttora.

Il danno materiale cagionato dallo scoppio della polveriera fu immenso ; molti fabbricati all' in torno ne soffersero tanto, che per ripararli fu d'uopo demolirli. In vista di ciò fu stabilita dal Governo un'apposita Commissione , incaricata di esaminare le case più danneggiate e di erogare una sovvenzione ai proprietari più poveri, onde ristorarle secondo il bisogno. La Commissione portossi eziandio al nostro ospizio, e vistone il guasto operato, elargì a D. Bosco lire trecento.

Ci piace di porre fine a questo capitolo cori una osservazione. Dopo i due scoppii sopra descritti e all'annunzio di un terzo più terribile che pareva imminente, molti abitanti delle case più o meno vicine, e parecchi degli stessi malati , che a mala pena potevano reggersi in piedi, eransi portati in un campo presso al nostro Oratorio, quasi in faccia alla chiesa in costruzione. Colà facevano ottimi riflessi sulla potenza, sulla giustizia e sulla misericordia di Dio ; colà chi domandava perdono, chi prometteva di migliorare sua vita, chi si raccomandava ai Santi del Cielo. Tutti poi esternavano la più grande fiducia nel valido patrocinio di Maria Vergine ; quindi ricordavano le antiche sue misericordie sopra Torino; quindi la invocavano in quel terribile caso; quindi recitavano il santo Rosario, e facevano risuonare l'aria di sue lodi. Or appunto é bello il riflettere che quel campo fu poscia convertito nel Santuario di Maria Ausiliatrice, a cui continuano a portarsi ed anche solo a rivolgersi gli afflitti e i tribolati di tutte parti per riceverne aiuto e conforto, e ne sono esauditi.

(1) Vedi Le meraviglie della Divina Provvidenza nella Piccola sua Casa ecc. per l'intercessione della SS. Vergine. - Torino presso il Cav. Pietro Marietti, 1877.

LA PATAGONIA e le Terre australi del Continente americano

CAPO VIII. Dalle Cordigliere a Carmen.

La valle di Tchilchuma, in cui passa il Limay, prima di giungere al Rio Negro , é forse la più felice ed amena di quante appaiono fra le montagne della Cordigliera Patagonica. La purezza vivissima dell'aria, la frescura del clima, la bellezza delle vedute, la vita continua di moto e di armonia, che ferve nei rapidi ruscelli, nelle precipitose cascate, negl'innumerevoli augelli ed animali, che popolano i suoi boschi e le sue praterie, la rendono un soggiorno , che sarebbe delizioso agli stessi Europei. Si vede dapprima la fascia serpeggiante del Limay , rotta qua e là da improvvise cataratte, in cui trabalzano le acque, a guisa d' una falange di candidi cavalli dalla foltissima chioma ; più lungi scorgesi il lago di Nahuel-Huapi donde sorge il Rio Negro, vasto, tranquillo, dipinto d'azzurro puro come il firmamento. È incantevole il vedere il largo letto del fiume levarsi uguale e continuo, misto al gorgoglio sparso di agili ruscelli, che come figli chiamati dal padre ad una gita desiderata, scendono rapidi, balzellando fra i dirupi vestiti di cespugli, scivolando frettolosi e crespi sui massi e nei prati, sempre cicaleggiando gai e tranquilli quasi fanciulli in giuoco ; mentre a brevi intervalli, come il tocco della campana dell'agonia, come il grido della scolta vigilante sugli spaldi d'un castello, l'uccello notturno ripete monotono e solo la sua nota malinconica, quasi dicesse all' anima un sentenzioso : « Ricordati ! »

Ed ora riavviandoci pel nostro cammino, vedremo dal lago di Nahuel-Huapi un limpido fascio d'acque scendere veloce verso mezzogiorno. E un piccolo rio che viene a sboccare nel secondo fra i più gran fiumi della Patagonia, il Chubut. Quest'ampio corso d'acqua riceve altresì alimento da tre piccole lagune, ciascuna delle quali gl' invia un ruscello, che congiunto a molti altri prende :aspetto di fiume quasi reale. Anche questa breve contrada, così irrigata, é tenuta fra le più pittoresche e fruttuose della Patagonia. È notevole soprattutto per i suoi pascoli d' una copiosità e floridezza da terra promessa, e per i suoi cavalli, che liberi e pieni di brio, colle loro corse sfrenate per ogni parte la percorrono.

Il Rio Chubut poi, cominciando tra una valle montuosa, presso a poco come quella del Rio Negro, procede quasi a lui parallelo, da occidente ad oriente. In seguito però le sue rive si fanno più aride, meno elevate e più regolari, attraversando in tutta la loro larghezza le sterili lande, nel cui terriccio si affonda come in un ampio fosso. Qui le sponde cadono sovente a picco, come fossero tagliate colla scure e si spiegano in vasti scaglioni, formando un'immensa gradinata, quasi intieramente priva di vegetazione , mentre nella maggior parte del suo corso s'incontrano brevi tratti di pascolo o di terreno coltivabile , frequenti colline infeconde , con luoghi rocciosi ed ispidi.

Poco lungi dal mare, havvi però una valletta, molto acconcia alla coltivazione , abbondante di prati e di saliceti. Qui il Governo Argentino stabilì una colonia, che dalla patria de' suoi abitatori fu detta Gallese.

Lo sbocco del Chubut é un luogo sterile, tutto coperto di dune e di terreno franoso. Da questa foce risalendo su per l'Atlantico fino a quella del Rio Negro troviamo prima la baia dell' Inganno, nonne derivato forse dal pericolo, che vi corrono i bastimenti di arenarsi e farvi naufragio. Di qui fino alla penisola di S. Giuseppe la costa procede montuosa per gli ultimi contrafforti dei monti Uttak. La penisola di S. Giuseppe , su cui gli Spagnuoli, come già dicemmo, avevano stabilito una colonia, che ebbe esito infelice, é fatta quasi a mo' di una mezzaluna molto irregolare, unita alla terra ferma da un istmo, tutto di monti. Alla parte settentrionale della penisola, nella gran baia di S. Matteo, il mare è soprammodo pericoloso per i frequentissimi vortici che ne agitano le acque. Esso perde in quell' ampia baia la regolarità maestosa di ondeggiare, con cui si muove l'Atlantico, ed appare invece tutto arruffato ed in iscompiglio, con flussi rotti, frequenti e scarmigliati, che straziano i fianchi delle navi e le dibattono fra i loro avvolgimenti, con grave minaccia di naufragio.

Continuando ancora verso il Nord, s'incontra finalmente la punta Medanos, presso la quale sbocca in mare il Rio Negro. Tutta questa lunghissima riviera, compresa tra le foci del Rio Negro e del Chubut, é aspra di monti e di precipizi , frastagliata, contorta e quasi deserta. I suoi banchi e le sue scogliere generalmente non dan segno di vita umana ; ma solo appaiono sovente popolate da mostruose foche o leoni marini, che si trascinano gravemente sui massi, e vi si distendono inerti col capo levato a far mostra delle loro folte criniere.

Numerose assai sono le correnti d' acqua che scendono al mare dalle vicine montagne dei Balchitas e degli Uttak, ma quasi tutte sono di poca importanza. Vi s'incontra qualche laguna dall'acqua salsa e grigiastra, qualche piccola catena di colli ; pianure in gran parte coperte d' erba, che serve sufficientemente al pascolo dei cavalli e delle fiere che vi abitano. Hannovi pure vaste saline, abbaglianti a vedersi in pieno giorno, per un brillio infinito di scintille adamantine, di grosse margarite di luce, e di sprazzi quasi avvampanti per l'acutissimo riflesso del sole che le percuote.

A occidente degli Uttak si crede esservi una pianura vulcanica, il cui terreno gialliccio é assai caldo, e ricopre immediatamente uno strato igneo molto vivo. I selvaggi guardano con or rore superstizioso quei luoghi e se ne tengono lontani.

Le pianure attorno sono corse in ogni direzione da tribù e da famiglie di selvaggi, quali in cerca di caccia, quali recando pelliccie o penne di struzzo, o carne di guanaco e d'altri animali alle lontane colonie Argentine che le ricercano. Sicché non é raro vedere, in mezzo a quella sterminata solitudine, frotte di cacciatori Patagoni o Pamperos, sui loro vigorosi corsieri , coi bolas o coi lazos fra mano , gettarsi sull' orme dei guanachi fuggenti, o del pesante bue selvaggio, e dello struzzo inarrivabile, che, alleggerendo il corpo coll'aiuto dell'ali dibattute, non sapresti ben dire se voli o corra. Alcune volte si scorge da lungi, appiè di uno scoscendimento di terreno , qualche piccolo gruppo di toldi, innanzi a cui passeggiano o stanno a sedere gli uomini della tribù, mentre le donne apprestano loro il vitto della giornata, i bambini giuocano intorno fra loro, e i cavalli, sparsi qua e là, vanno brucando l' erba selvatica e scarsa in quell'aridume , mescolati ai cani dal pelo raso, che intendono all'ordine della famiglia animalesca.

Noi possiamo avere una mezza idea di queste tolderie negli attendamenti degli zingari, i quali talvolta son di passaggio nei nostri paesi. I selvaggi sono vestiti appena di pelliccie o di qualche panno avuto o rapito agli stranieri, e generalmente solo tanto coperti da potersi dire decenti. Relativamente al freddo clima della Patagonia, pare che debbano soffrire assai nella stagione invernale, sebbene al Nord del Chubut si tenga dai più che la temperatura non sia molto più aspra di quella del Piemonte.

Tutte le circostanze pare concorrano a rendere quel popolo veramente infelice. Sofferenze, privazioni, disagi , inimicizie sanguinose , incertezza dell'avvenire, ogni malanno s'accumula su quella povera gente, diseredata del benefico retaggio della religione e della civiltà. Rimanesse almeno al loro cuore desolato il consolante pensiero, la speranza santa d'una vita felice oltre la tomba ! Ma nessun conforto, nessun sollievo alla loro miseria, sotto il cui giogo oppressa l'umana natura, abbrutita e resa quasi insensibile dalla consuetudine perpetua, si accascia in una sorta di apatia non curante, che é l' ultimo grado dell' umana infelicità ! Di quella dolce rassegnazione piena di fiducia e d'amore; di quella giusta coscienza dei proprii demeriti che fà parer leggera ogni pena; di quella gratitudine infinita per un Dio sacrificato per la nostra salvezza, modello ed esempio di sofferenza immeritata; della pace soave di chi si abbandona fra le braccia di una Madre celeste ; della speranza sicura d'un eterno compenso ai brevi mali di questa vita... nulla, nulla, neppur l'ombra.

E noi , che possiamo recare a quelle genti la misteriosa influenza di questa dolcezza; noi, ai quali il Signore ha rivelato quest' immenso tessuto di misericordia e di grazia, come il fratello avaro ed egoista lo riterremo nei nostri cuori celato, mentre quello stesso Signore c'impone di parteciparlo altrui ? Ah ci muova a pietà lo stato miserabile di quei poveri selvaggi , e ciascuno offra il suo concorso, colla parola, o coll'avere, o colla persona, secondo che suona nel suo cuore la voce del provvido e misericordioso Iddio.

SCONFITTA DELL'ERESIA IN VALLECROSIA.

Leggiamo nella Unità Cattolica, N.° 152 , quanto segue:

« Negli Acta Pii IX, volume vi, pagina 17, é una bella lettera, che quel grande Pontefice il 13 agosto 1872 scriveva a Monsignor Lorenzo Biale, Vescovo di Ventimiglia, manifestandogli il suo dolore perché l'eresia aveva piantato le sue tende a Vallecrosia presso Bordighera, e non molto lungi da Ventimiglia stessa, fondandovi un asilo evangelico, e cercando coll'oro di comperare le coscienze. Il Vescovo di Ventimiglia aveva allora divisato di frapporre un argine ai guasti dell'eresia, e Pio IX, lodandolo altamente per il suo zelo , mandava-li una generosa offerta di danaro, pregando Iddio che moltiplicasse quell'obolo, come già aveva moltiplicato pochi pani e pochi pesci. La preghiera del Santo Pontefice venne in parte esaudita.

Monsignor Biale affidava a Don Bosco l'incarico di opporre chiese a chiese e scuole a scuole ; e il nostro Don Bosco, che non indietreggia mai, si assunse di gran cuore l'incarico e spedì subito a Vallecrosia i suoi Salesiani. Coadiuvato dal nuovo Vescovo di Ventimiglia, Monsignor Tommaso dei Marchesi Reggio, successore di Mons. Biale, non solo nella sede vescovile, ma emulo del suo zelo generoso ed apostolico, Don Bosco riuscì ad elevare in Vallecrosia una fabbrica sontuosa ed una chiesa bellissima, non ancora ridotta del tutto a compimento, ma che già in parte serve alle solenni funzioni. E solennissima fu quella che vi si celebrò il 12 di giugno, e ce la racconta la seguente corrispondenza

« Vallecrosia, presso Bordighera.

» Una festa veramente consolante si celebrò il 12 giugno nei Piani di Vallecrosia (presso Ventimiglia), la festa cioé di Maria SS. Ausiliatrice e la benedizione della nuova Cappella a Lei dedicata. Al mattino alle 6 1/2 si fece la detta benedizione dal reverendissimo Monsignor Roggeri, Vicario generale della Diocesi di Ventimiglia, che subito dopo vi celebrò la santa Messa della Comunione generale. Molti divoti si accostarono alla mensa Eucaristica con gran fervore, e intieramente santificarono quel giorno, che resterà memorando in queste parti. Durante la distribuzione del Pane degli Angeli, un coro di giovinette eseguì un mottetto per la Comunione, coll'accompagnamento dell' harmonium. Alle 10 1/2 vi fu un' altra funzione assai commovente. Monsignor Roggeri, accompagnato dal clero e dalla folla immensa di popolo, partiva dalla nuova all' antica Cappella, donde trasportava processionalmente il SS. Sacramento.

» Due ali di giovinette bianco vestite, allieve delle Suore di Maria Ausiliatrice , davano principio alla processione. Fra queste una dezzina di fanciullette coperte di bianco velo, con gigli in mano e coll' aria angelica, attiravano lo sguardo di tutti, e richiamavano alla mente il coro delle Vergini che fanno al divino Agnello la più bella corona in cielo. Esse avevano ricevuto in quel mattino la loro prima Comunione, ed aveano diritto a quel posto d' onore vicino al caro Gesù. Venivano quindi le donne e poi il clero, e fra gli incensi ed i lumi si avanzava il Re dei re, accompagnato dalla banda musicale , che spontaneamente concorse a rendere più splendida la solennità. In ultimo una folla di popolo a capo scoperto seguiva con venerazione il suo Dio. Più e più occhi si videro umidi di pianto a questo spettacolo. Giunti alla nuova Cappella, s'incominciò la Messa solenne , cantata dal reverendo Sacerdote Don Francesco Cerruti, Direttore del Collegio di Alassio ; si eseguì da un drappello di Figlie di Maria la Messa della Santa Infanzia del Teol. Don Cagliero. É incalcolabile la calca di gente che dai paesi circonvicini venne a partecipare a questa festa. La strada comunale era zeppa ; e in ogni ora e da ogni parte arrivavano carrozze con forestieri.

» Alle 4 pom. la Chiesa era nuovamente piena di fedeli per le sacre funzioni. Si cantarono i vespri in musica della S. Infanzia del prelodato autore, quindi il reverendissimo Monsignor Roggeri fece il panegirico. Parlò della costernazione in cui gettò gli animi alcuni anni or sono l'arrivo dell'eresia in queste terre, dei gemiti, dei sospiri che si sollevarono, delle lagrime che si sparsero da ogni buon Cattolico, e del grave timore che ognuno aveva concepito pel triste avvenire che si andava preparando. Disse come Maria Ausiliatrice accorse in aiuto a tante anime cristiane, che stavano per divenire preda dell'errore, e riportò vittoria sopra i suoi nemici, dimostrandosi potente Debellatrice delle eresie, ed egualmente che a Lepanto veramente Auxilium Christianorum. Aggiunse che la presente Chiesa è migliore dell'antica , ma non essere che provvisoria , poiché un tempio più bello e meno indegno dell'eccelsa Regina si sta ancor preparando. Indicando la Chiesa in costruzione, fece osservare che quanto erasi fatto sino allora era frutto della carità dei buoni, e raccomandò a tutti di concorrere colle loro offerte al compimento della impresa, la quale deve tornare a gloria di Dio , ad onore di Maria, a difesa della nostra fede ora ed in avvenire.

» Cantato quindi un solenne Te Deum, si esegui il Tantum ergo a solo ed a coro, del maestro Giuseppe Dogliani , e si diede la benedizione col Santissimo Sacramento. La bella funzione fu chiusa col canto del Sit nomen Domini benedictum di Don Cagliero , mentre si ammetteva il popolo al bacio della reliquia di Maria Santissima. In tutto quel giorno vi fu un continuo sparo di mortaretti, e alla sera, in sull' imbrunire, alcune famiglie vicine alla Chiesa vollero ancora esternare la loro contentezza col fare l'illuminazione. La musica continuò a suonare fino a notte, mentre un globo areostatico saliva in aria, manifestando alle più lontane parti il termine della festa ; la quale speriamo che sarà rinnovata tra non molto, allorquando verrà inaugurata al divin culto la vicina Chiesa di Maria Ausiliatrice. »

PER LA CHIESA DEL SACRO CUORE IN ROMA,

Se qualche pia persona avesse intenzione di concorrere con sue limosine alla erezione della Chiesa del Sacro Cuore in Roma noi le faremmo umile ma calda preghiera, che volesse favorircele al più presto possibile, affinché non abbiano a rallentarsi i lavori, che finora progredirono felicemente.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.

Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica , e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni , e comunicato, visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Mese di Agosto.

1. S. Pietro in Vincoli.

2. Dedicazione di Nostra Signora degli Angeli - Indulgenza plenaria toties quoties nelle Chiese Salesiane pei Salesiani e loro Cooperatori.

4. S. Domenico.

5. Beata Vergine della Neve.

6. Trasfigurazione di Nostro Signor Gesù Cristo. 12. S. Chiara Vergine, fondatrice delle Clarisse. 15. Assunzione di Maria Vergine in Cielo. 16. S. Rocco.

24. S. Bartolomeo Apostolo. 25. S. Luigi Re di Francia.

Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.

Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1881.