BS 1880s|1889|Bollettino Salesiano Aprile 1889

ANNO XIII - N. 4.   Esce una volta al mese.   APRILE 1889

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario. Il Mese di Maria - La Pasqua di Risurrezione. Conferenze salesiane - Scena religiosa in mare - L'ultimo saluto dei fratelli e dei figli - Due care festicciuole - S. Tommaso a Valsalice e la benedizione del S. Padre - Un fiore dell'Oratorio Salesiano in Catania - Guarigione d'una fanciulla; la benedizione d'un Vescovo - Cooperatori defunti nel febbraio e marzo.

IL MESE DI MARIA.

Il 23 corrente Aprile si darà principio nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino al mese consecrato alla divozione della Gran Madre di Dio.

Tutti i giorni al mattino alle ore 5 e 1/2 e alle 7 e 1/2 vi sarà messa letta per la Comunità, rosario e comunione con canti e preghiere.

Per concessione Pontificia ogni fedele Cristiano, assistendo divotamente a tali esercizii di pietà, può lucrare ogni volta l'indulgenza di tre anni.

Alla sera alle ore 7 e 1/2 dopo il canto di una lode, si terrà un breve discorso, e si darà la benedizione col SS. Sacramento. Alle feste poi questo discorso avrà luogo dopo i vespri alle ore 4.

Invitiamo caldamente i cooperatori e le cooperatrici di Torino a prendervi parte ; ed esortiamo tutti gli altri a celebrare con divozione speciale il mese di maggio, per ottenere dalla SS. Vergine tutte quelle grazie spirituali e temporali che ci sono necessarie.

LA PASQUA DI RISURREZIONE, Pensieri e riflessi.

Al 21 di questo mese ricorre la Pasqua di Risurrezione. Oh! quai dolci e consolanti pensieri non risveglia questa solennità. Di quanta contentezza, di quanta gìoia non riempie l' animo del credente. La Chiesa, cessato il lugubre canto delle lamentazioni de' santi profeti, deposte le nere gramaglie, si veste a insolita festa, e col cuore traboccante di gioia intuona quell'inno, che gli spiriti celesti innalzano del continuo al trono dell'Altissimo : Alleluia, alleluia.

Ma donde tanta letizia, tanto tripudio? Il pensiero che più turba l'animo umano e da cui naturalmente più si abborre egli è senza dubbio quello della morte. Si ah da morire. Tutti andiamo incontro alla morte, tutti scendiamo al sepolcro, a somiglianza delle acque che corrono senza far più ritorno. Questo piccolo mondo che è il corpo nostro, plasmato dalle mani istesse d'Iddio, questo sublime edificio, a cui riverenti s'inchinano meravigliati i più sommi ingegni , questa parte di noi stessi, per la quale ci pigliamo tanta cura, tanti pensieri , ha da infralire, cadere e dissolversi. Oh! tristo pensiero e pur duro anche per chi crede all'immortalità dell'anima. L'uomo, creato per la vita dell' anima e del corpo, sente di essere immortale , nè vorrebbe pur credere che il corpo suo ha da perire. Eppure ogni illusione è vana. La terribile realtà ogni giorno si manifesta intorno a lui e sotto i suoi occhi.

Ma si rallegri il credente colla Chiesa nel giorno pasquale. Raffermi la sua fede nella immortalità sua. Lasceremo per alcun tempo il corpo alla terra, diverrà esso polvere ; ma allo squillo di quella tromba, che nel tetro silenzio del mondo distrutto griderà - Levatevi, o morti - le varie parti di esso, disperse ovunque si voglia, si riuniranno insieme, si ricomporranno, ed in forma gloriosa, se saremo stati crocifissi con Gesù Cristo, riceveranno in se nuovamente, l' anima nostra. E qual è il fondamento di questa nostra fede ? È la Risurrezione di Nostro Signor Gesù Cristo ; perchè, come scrive l'Apostolo Paolo, sicut in Adam omnes moriuntur, ita et in Christo omnes vivificabuntur (I. Cor. 15, 22). Gesù Cristo ha trionfato. Egli nostro Capo è pur morto, ma è risorto glorioso e trionfante. Ha spezzato per sè e per noi il tirannico giogo della morte che il fallo di Adamo ci aveva posto sul collo. Impererà essa sui nostri corpi solamente fino al giorno dell'universale giudizio, ma allora risorgeranno liberi, agili, risplendenti e colle anime saliranno al Paradiso, ove vivranno eternamente beati in compagnia di Cristo.

Come ciò fia possibile non è dato all'uomo di conoscere. Un intimo sentimento ce ne persuade, la fede poi ci rassicura. Quel Dio, che ha saputo con un solo atto della sua volontà trarre dal nulla il mondo che noi abitiamo e con esso tutto l'universo, non potrà egli forse con un altro atto di sua medesima volontà riunire insieme gli avanzi del nostro corpo mortale, per quanto essi siano dispersi e trasformati ?

Il credente non ha bisogno di maggiori prove. Sa che Dio ha rivelata questa consolantissima verità, e che non può mentire. Questo gli basta. E dice col santo Giobbe : « Io so che vive il mio Redentore, e che nell'ultimo giorno io risorgerò dalla terra e di nuovo sarò rivestito di questa mia pelle, e nella mia carne vedrò il mio Dio, cui vedrò io medesimo e non un altro e in cui fisserò io stesso i miei occhi » (Job. xix, 25-27).

E che si vuole di più? Un pegno, una caparra i Ecco anche questa. Il Figlio di Dio medesimo fattosi uomo, Gesù Cristo, dà se stesso in pegno di un dogma tanto confortevole per l'uomo. La santa Comunione è dessa una caparra di nostra risurrezione. Sono parole di Cristo : Ego sum resurrectio et vita (Joan. xi, 25); Io sono la risurrezione e la vita. Qui manducat meam carnem et bibit meum sanguinem, habet vitam aeternam, et ego resuscitabo eum in novissimo die (Joan. vi, 55); Chi mangia la carne di Cristo e beve il suo sangue, ha la vita eterna, ed Egli lo risusciterà nell'ultimo giorno.

E noi, o cattolici, ubbidendo alla nostra Santa Madre, la Chiesa, rìceveremo questo pegno ne' dì solenni di Pasqua. Con quanta gioia dovrebbero tutti i fedeli eseguire un sì caro precetto in questi giorni, nei quali il divin Salvatore ha spezzate le catene onde Satana teneva avvinta la misera umanità. Se i popoli nel dì anniversario della lor liberazione da somma sventura fanno grande festa e mandano rappresentanti a porgere i loro ringraziamenti ed omaggi al prode che li ha salvati ; che non farem noi inverso di Gesù , nel giorno pasquale, perpetuo anniversario del suo trionfo sopra dell'infernale nostro nemico, che ci teneva schiavi, soggetti alla morte dell'anima e del corpo ? Assecondiamo con piacere, con giubilo all'invito che ci fa la Chiesa, ed accostiamoci in fai giorni sì felici per noi a ricevere il Nostro Redentore nella SS. Comunione. Questo è il miglior modo onde mostrare la nostra gratitudine per un tanto Salvatore ed assicurarci di risorgere come lui risplendenti e gloriosi nel giorno finale. Prepariamo sin d' ora il nostro cuore per ricevere Gesù. Purghiamolo da ogni macchia col lavacro salutare della Confessione: togliamo dal nostro cuore i germi di morte eterna e di risurrezione ingloriosa. Se vogliamo che Gesù Cristo operi in noi quei mirabili effetti che ha promesso, se bramiamo ch'Egli sia davvero la nostra vita , la nostra risurrezione , stacchiamo il nostro cuore dagli affetti terreni, ed indirizziamolo al nostro ultimo fine, eleviamolo al cielo, come ne invita l'Apostolo : Quae sursum sunt sapite, non quae super terram.

E perchè noi destinati a gloria immortale, ci lascerem vincere dalle apparenze di beni caduchi ? Sursum corda. Diceva Bossuet « La sanità non è che un nome, la vita un sogno , la gloria un'apparenza, le grazie ed i piaceri non altro che un diletto pernicioso. Tutto in noi è vanità... Per quanto superbe siano le distinzioni, delle quali si pavoneggiano gli uomini, questi hanno tutti una medesima origine e quest'origine è ben piccolina. I loro anni si incalzano gli uni gli altri , come i flutti; non cessano di scorrere, finchè, dopo aver alcuni fatto alquanto più rumore che gli altri, ed aver attraversato qualche più estesa regione, vanno tutti a confondersi insieme in un abisso , ove più non sono riconoscibili nè principi , nè re, nè tutti quegli altri vantati pregi, che distinguono gli uomini, allo stesso modo che i più rinomati fiumi dimorano senza nome e senza gloria mescolati nell'oceano coi più sconosciuti fiumicelli ». Se tutto in questo mondo passa, nè più di esso rimane traccia alcuna, altrove adunque noi cerchiamo una felicità imperitura. Se desideriamo esser ricchi, amiamo le vere ricchezze; se cerchiamo l'apice della vera gloria, aneliamo al regno dei Cieli. L'uomo fui creato inesterminabile , e fu creato per Dio. Nessun'altra cosa, fuori di Dio, è la sua ricchezza, la sua gloria, la sua felicità. Dio sarà la sua ricompensa grande oltremodo per tutta un'eternità.

CONFERENZE SALESIANE.

Anche quest'anno ci pervennero molte relazioni intorno alle Conferenze dei Cooperatori e delle Cooperatrici tenute in varie città e paesi ad onore di S. Francesco di Sales.

Dalle medesime apprendemmo con grande soddisfazione dell'animo l'incremento che ne ricevette la gloria di Dio, l'onore del Santo Patrono e la pietà e carità dei nostri Cooperatori e delle nostre Cooperatrici, i quali contìnuano e vanno progredendo in quel buono spirito che loro ha inspirato il nostro istitutore, l'amatissimo D. Bosco. Occupandoci troppo spazio il dìre di tutte, noi, conservando negli archivii memoria e della bella festa celebrata ad onor del Santo nel Seminario di Macerata, ove da anni è stata pur eretta una Pia Unione fra gli alunni coll'approvazione del loro Vescovo, per ottenere che venga ivi accelerata l' apertura di una Casa Salesiana a vantaggio della povera gioventù ; e di quella, solenne come sempre, fattasi a Bobbio, ove tenne la conferenza a quei numerosi e buoni Cooperatori il Reverendissimo Can. Francesco Cadebò, e di tutte le altre, daremo un cenno di due sole. L'una servirà di stimolo e di esempio a que' Cooperatori che non avessero ancora potuto costituirsi un centro con un Direttore a capo; perchè vogliano essi medesimi eleggere tra di loro una persona o ecclesiastica o secolare di buona riputazione, intorno alla quale si possano radunare alcune volte nell'anno per informarsi bene allo spirito del loro Regolamento, per venire a cognizione dei favori spirituali che possono godere, del bene che hanno operato e di quello che possono operare i Cooperatori Salesiani.

L'altra porgerà un modello di traccia, che potrà seguirsi nel tenere le prescritte conferenze, ove i Cooperatori sono bene organizzati. È desso il metodo che usava D. Bosco stesso tutte le volte che rivolgeva la parola ai Cooperatori, e col quale inteneriva i suoi benevoli uditori e li moveva a portargli aiuto nella grandiosa sua impresa.

A Pavia.

La conferenza tenuta in questa città segna un'epoca importante nella storia de' nostri Cooperatori, perocchè essa data la fondazione in corpo e pubblicamente de' medesimi in detta città. Sono gìà parecchi anni che ivi abbiamo dei Cooperatori, i quali in più circostanze ci hanno mostrato desiderio d'avere un capo, sotto la cui presidenza si potessero radunare tutti insieme per vie meglio conoscere lo scopo dell'istituzione. Ma non era ancor loro riuscito. Si è loro stabilito un decurione nella persona del Rev.mo Can. Francesco Mariani , ed ora hanno potuto raccogliersi a conferenza generale, come riceviamo da lettera che quel Direttore ci scrisse in data 5 febbraio scorso

« Il 24 gennaio p. p. nella chiesa parrocchiale di S. Teodoro , gentilmente concessa da quel R.mo signor Prevosto, fu tenuta la prima adunanza generale dei Cooperatori e delle Cooperatrici, per inaugurare le conferenze e stabilire il da farsi per la festa di S. Francesco di Sales, Patrono della nostra Pia Società. In quell'adunanza, resa importante dall'intervento di quasi tutti gli specchiatissimi Ecclesiastici che fanno parte dei Cooperatori di questa città, si lesse dapprima il Regolamento, onde formarsi un'idea chiara dello spirito e dello scopo dell'Opera; indi si stabilì che la mattina del 29 gennaio, alle ore 8, l'umile Direttore avrebbe celebrato la santa Messa all'altare di S. Francesco di Sales, tenendovi un discorsetto di circostanza e distribuendo la SS. Comunione generale.

» Questa piccola, ma devota festicciuola fu celebrata , dietro grazioso invito del reverendissimo Mons. Prevosto Magani, nella sua chiesa parrocchiale di S. Francesco, ove ogni anno suol solennizzarsi con pompa la sacra ricorrenza del Salesio.

» È poco quel che si è fatto; ma giova sperare che sarà il principio di quel maggior bene che si potrà fare nell'avvenire, quando la Pia Unione dei Cooperatori si sarà tra di noi consolidata su più larga base e potrà disporre di mezzi.

» Intanto lo spirito che anima gli attuali ascritti è eccellente; grande è l'interesse che piglia il nostro Veneratissimo Vescovo, e dove in qualche modo entra lui, uopo è che anche i cadaveri si riscuotano a vita vigorosa.

» Speriamo dunque in un fiorente avvenire per la nostra società pavese, e in una sua più larga manifestazione nella ventura festa di Maria SS. Ausiliatrice. »

Il buon Dio benedica que' nostri Cooperatori e li aiuti ne' loro sforzi per promuovere la salute delle anime ed in ispecie della gioventù pericolante.

A Roma.

Al 27 febbraio si teneva pure in Roma nella chiesa parrocchiale del Sacro Cuore di Gesù, al Castro Pretorio, la conferenza prescritta ai Cooperatori ed alle Cooperatrici dell'alma città. Dopo la lettura d'un tratto della Vita di S. Francesco di Sales ed il canto di un mottetto, compariva sul pulpito l'Eminentissimo Cardinal Parocchi, Vicario generale di Sua Santità e nostro amorosissimo Protettore. Noi diamo qui un brevissimo sunto di quanto Sua Eminenza Revma. disse con quella sua chiara, facile ed elegante parola:

-Disse già un cotal Gamaliele ai magistrati e ministri che macchinavano dar morte agli Apostoli : « Lasciate fare, se sarà opera dell'uomo, l'impresa cadrà da sè ; se sarà opera di Dio, a nulla varranno le opposizioni e le difficoltà; le supererà tutte e andrà sempre più fiorendo, perchè opera di Dio. » (Atti degli Apostoli, c. v. vers. 38 e 39).

Io applico la sentenza alla grande Opera avviata dalla felice memoria di Don Bosco. Se quest'Opera fosse stata puramente umana, un'opera filantropica secondo l' andazzo dei moderni, in cui non si attenda che alla temporale felicità, al benessere materiale, dopo la morte di quest'uomo noi avremmo veduto l'Opera sua indebolire, intisichire e perire. Per lo contrario in quest'anno, primo dacchè quella bell'anima è volata, come fermamente speriamo, a godere la ricompensa celeste, lasciando nel pianto derelitti i suoi figli, l'Opera sua, dico, prese a spiegare in quest'anno nuove ali e nuovi voli intentati, dando prove anco maggiori della sua stabilità. Perchè abbiate un'idea , cari Cooperatori Salesiani , delle opere fatte nello scorso anno, io accennerò parte per parte, provincia per provincia, regione per regione, le opere in esso compiute. -

E ciò fatto, proseguiva : - Da questo breve riassunto possiamo constatare quanto bene abbiano operato i Salesiani in quest'anno critico , spaventoso. Affinchè però questa vita rigogliosa si mantenga nelle loro opere , i Cooperatori Salesiani oramai debbono raddoppiare il loro zelo per concorrere in loro aiuto. Imperocchè il venerando Don Bosco impresse alle suddette una vita potente, colla manifestazione viva, eloquente della grazia soprannaturale. Bastava infatti che egli si presentasse per accaparrarsi gli animi anche i più ribelli , per vincere i sentimenti i più avversi. La sua sola presenza destava l'entusiasmo, come avvenne in Francia a Parigi, ove alla sua predicazione correva tutto il popolo, che anzi per le vie di quella metropoli si affollava intorno a lui rapito al solo suo aspetto. Italia, Francia, Spagna, America, Asia ammiravano e desideravano l'opere sue. Tutto quanto era effetto del carisma, della soprabbondanza, del cumulo dei doni soprannaturali, tale da far stupire e scuotere anche questo secolo decimonono, secolo miscredente. Ora egli non è più; bisogna compensare col nostro zelo , colla nostra carità la sua assenza per far prosperare l'opera sua, che è opera di Dio.

Il nostro Divin Maestro disse ai suoi Apostoli prima di ascendere al cielo : Expedit vobis ut ego vadam : si enim non abiero, Paraclitus non veniet ad vos. È spediente ch'io me ne vada affinchè voì possiate ricevere lo spirito Paraclito. D. Bosco pure negli ultimi giorni del viver suo ripetè È spediente ch'io vada, la mia morte sarà a voi giovevole : perchè, s'io restassi tra voi, voi potreste credere che sia opera mia e non opera del Signore. Mettete la vostra confidenza in Lui che vi aiuterà e vi farà prosperare ancor più che non facessi io. E questo si è avverato. Come infatti il Signore disse de' suoi discepoli, che avrebbero fatte opere simili a quelle che aveva fatto Lui, e maggiori ancora; così pure avvenne dei figli di D. Bosco. Hanno fatto e faranno simili e maggiori opere ancora coll'aiuto del Signore, ma anche colla vostra cooperazione. Molte opere restano a compiere ; tra le altre eccone alcune proposte per l'anno 1889. - E dava conto di quanto la nostra Congregazione intende di fare nel presente anno, e Dio benedicendo, anche negli anni avvenire ; riportando ciò che D. Michele Rua annunziava nella sua lettera ai Cooperatori, stampata sul Bollettino del mese di Gennaio. Quindi l'Eminentissimo continuava : - Qui , reverendi Confratelli e Cooperatori , permettetemi un' osservazione sulle spese enormi che debbono sostenere i Salesiani per provvedere al mantenimento di tutta questa sterminata gioventù, provvedere per le scuole, per le arti e mestieri, per dare una educazione religiosa, morale ed artistica conveniente. Sono circa 300 mila i fanciulli raccolti nelle Case della Congregazione. Di questi un gran numero sono ricoverati affatto gratuitamente, gli altri non credo giungano a pagare un terzo di quel che costa il loro mantenimento. Or pensate voi, colla carezza di ogni cosa, quale sia la spesa a carico della Congregazione Salesiana. Ma v'ha di più. In America sono 300 i Missionari Salesiani da sostenere. Se per il viaggio di soli 55 si dovettero sborsare più che 50,000 mila lire, che sarà delle spese indispensabili per lunghissimi viaggi e frequentissimi e costosissimi che debbono sostenere nel luogo della loro missione per recarsi da una stazione ad un'altra? Fate conto infatti che la nostra Italia sia una di quelle Prefetture apostoliche, e avrete un'idea della vastità di quelle missioni ch'essi debbono percorrere. Inoltre, mentre essi mancano di tutto e vivono di carità, debbono pensare a fabbricarsi casa, chiesa, scuole pei fanciulli, provvedere abiti e regali pei selvaggi onde cattivarseli e tirarli alla nostra santa religione. Ma come faranno a trovare tali somme se i Cooperatori non vengono loro in aiuto? Voglio ammettere che qualche aiuto lo riceveranno dalla Società della Propagazione della Fede in Francia e dalla Sacra Congregazione di Propaganda Fide. Ma è ben poco tale aiuto in comparazione del bisogno. E ciò per una semplicissima ragione, cioè : La massima parte delle offerte che raccoglie la predetta Società della Propagazione della Fede, proviene dalla Francia. Per esempio l'anno scorso , sopra 1,800,000 lire , sapete quanto concorse la carità dei Francesi? Per più di 900,000 lire. Sopra cinque parti cioè, quattro parti sono offerte loro. E tutto questo mentre hanno altre costosissime opere di carità da sostenere, soprattutto le scuole libere cristiane da contrapporre alle empie governative laicizzate, in cui si rompono le gambe ai crocifissi e si demoralizza la crescente generazione. Questi mali costano annualmente milioni e milioni ai Francesi. Da ciò ne viene, e non a torto, che la maggior parte delle offerte fatte alla Società della Propagazione della Fede siano destinate alle missioni francesi. È giusto, dico, che così si retribuisca la carità a chi la fece. E quindi ben poco sono sostenute le povere missioni italiane. Ora la missione della Patagonia è essenzialmente italiana, e versa precisamente in tali strette condizioni.

Molte altre opere bisognose di aiuto vi sono e che più da vicino ci riguardano. Vi è tra l'altre il compimento dell'Ospizio del Sacro Cuore qui in Roma, di cui non v'è che il principio, e voi vedete quanto ancora manchi a compire il quadrato della fabbrica. Eppure sarebbe tanto necessario fosse presto finito. Poichè in Roma se pel sesso femminile, per fanciulle di ogni età e condizione, avvi somma facilità di collocazione , tutto l'opposto si è per i fanciulli. Per una popolazione di 400,000 anime son più che insufficienti i pochi e ristretti orfanotrofi ed ospizi esistenti. Aggiungi che in quasi tutti hanvi condizioni e leggi imprescindibili, e che quindi non possono che raramente soddisfare al bisogno. Sì, quest'Opera è di somma importanza ed urgenza, e deve quindi stare molto a cuore ai Cooperatori Salesiani, onde possa presto essere compiuta e dare ricetto a 500 e più fanciulli, di quanti speriamo sia capace.

Altra opera raccomandata alla carità dei Cooperatori è la decorazione del tempio di Maria Santissima Ausiliatrice a Torino, ove è la Casa propria e centro della Congregazione Salesiana. A questa chiesa D. Bosco consecrò le più vive sollecitudini, ma per le ingenti spese non potè decorarla di marmi , pitture e oro e si accontentò di semplice tinta. In appresso, specie in questi anni, memore dei prodigi operati, testimone di tante grazie concesse, aveva concepito vivissimo desiderio, di por mano ad abbellirla. Perciò si è pensato di compiere quest'opera, formandone un monumento a D. Bosco in onore di Maria Ausiliatrice.

Ecco le opere raccomandate allo zelo dei Cooperatori Salesiani per l'anno 1889. Sono assai, è vero, ma la carità vostra non deve venir meno, nè rallentarsi. Rincresce il pensare che per la sola propagazione dei libri la protestante Inghilterra spende annualmente dieci volte più che non la Propagazione della Fede e la Sacra Congregazione di Propaganda Fide. È veramente doloroso. Per la propagazione dell'errore essi spendono tant'oro , e noi per la propagazione della vera fede saremo meno generosi, meno zelanti? Oh se tanti cristiani invece di spandere in vanità, in frivolezze tanti danari , con danno alcune volte del benessere delle famiglie, impiegassero parte di quelle somme in opere di carità, quanto bene farebbero e agli altri e a se medesimi e alle loro famiglie ancora!

Io conchiudo ricordandovi che il Signore ci fa pesare la sua mano in questi giorni con flagelli anche temporali, perchè noi abbiam dimenticato Lui, abbiamo dimenticato le opere di carità. Ma nelle sue viscere di misericordia Egli con questi flagelli, non ci vuol già perdere, ma salvare. Richiede però la nostra cooperazione alla sua bontà. Egli vuole che riprendiamo le buone opere, che riaccendiamo in noi lo spirito di zelo, di carità.

Riuniamoci adunque ad ascoltare la sua voce, mentre siamo in tempo, ed il Signore ci benedirà e ricompenserà largamente qui in terra e lassù in cielo nella beata eternità. -

Noi pure coll'Osservatore e colla Squilla romana, speriamo e facciamo voti che le parole dell'Eminentiss. Cardinale nostro Protettore non cadranno a vuoto, e che non solo in Roma, ma anche fuori, i buoni concorreranno tutti ad un'opera di grandissima utilità e nella quale si disposano mirabilmente la religione e la patria.

SCENA RELIGIOSA IN MARE.

Alcuni giorni dopo la partenza di D. Fagnano per lo stretto di Magellano, s'imbarcavano a Genova due altri Salesiani diretti alla Repubblica dell'Uruguay. Ecco una graziosa scena del loro viaggio:

Las Piedras, 13 dicembre 1888. AMATISSIMO PADRE,

Finalmente siamo giunti sani e salvi a nostra destinazione con un felicissimo viaggio. Eccettuati due giorni, abbiamo potuto celebrare sempre la santa Messa. La Provvidenza aveva disposto che il nostro capitano fosse un gentilìssimo signore, il quale ci permise di celebrare sul ponte tutte le domeniche, assistendo esso stesso alla s. Messa con tuttì gli uffiziali e i mille ottocento passeggierì con una divozione ammirabile.

Avendo noi visto che fra i passeggieri vi erano molti fanciulli e molte fanciulle che mancavano d'istruzione religiosa, abbiamo accarezzata l'idea di far loro il catechismo due volte al giorno. Prima di incominciare il nostro caro apostolato, abbiamo parlato col comandante, al quale piacque molto il nostro progetto e mise tosto a nostra disposizione il salone delle signore nella prima classe. Non contento di ciò fece affiggere varii annunzii in luoghi diversi della nave raccomandando ai padri e alle madri di famiglia che mandassero con premura i loro figliuoli al catechismo.

Questa raccomandazione fu accolta con entusiasmo, e noi mattina e sera ci vedevamo circondati da turbe di piccolini attenti alle lezioni di vita eterna, che davamo loro con indescrivibile piacere. Nessuno può immaginarsi la nostra felicità in quei momenti. Dal più profondo dell'anima noi rendevamo grazie al Signore che ci aveva offerta un'occasione sì bella per farlo conoscere ed amare da quei cari fanciulli, dei quali molti per la prima volta forse udivano le cose da noi insegnate.

La nostra consolazione fu al colmo quando finiti i catechismi, ne vedemmo molti preparati e disposti a ricevere la s. Comunione e quindici a farla per la prima volta.

Prima di presentarli al Re dei re, che doveva discendere nei loro cuori, abbiamo loro indirizzate poche parole, per far conoscere sempre meglio la grazia che il Signore in quel giorno loro concedeva, e le nostre parole furono ascoltate con commovente attenzione. Finita la s. Messa ed il ringraziamento e dato a tutti un ricordo di quella bella festa, i fanciulli nell' uscire dalla cappella improvvisata, ebbero la grata sorpresa di sapere come il comandante avesse dato ordine di preparare per essi una sontuosa colezione. Con viva gioia risposero all'invito e sparecchiarono come per incanto tutto ciò che era stato posto sulle mense.

Fu questa la circostanza degna di nota del nostro viaggio...

Tutti i miei confratelli mi incaricano di presentarle i loro ossequi e di chiederle la sua paterna benedizione.

Suo obb.mo figlio in G. e M.

DON GIUSEPPE GAMBA.

L'ULTIMO SALUTO DEI FRATELLI E DEI FIGLI,

I missionari che accompagnavano Mons. Cagliero eransi recati al Collegio di Valsalice per passare uno degli ultimi giorni di loro permanenza in Torino, presso la tomba di D. Bosco e in lieta compagnia con quei loro confratelli. Quivi per onorarli si tenne una splendida accademia, e un giovane chierico leggeva loro la seguente affettuosa poesia

L'ADDIO AL MISSIONARIO DALLA TOMBA DI D. BOSCO.

Dolci fratelli, addio !

È giunta la mest'ora

Dell'amplesso fraterno, forse estremo: Pochi momenti ancora, E voi, da Dio eletti, Ai fratelli diletti

Direte addio, e noi Addio diremo a voi.

Oh povero mio cuor tu tremi ; ahi quanto Del fraterno saluto Ti costa la parola ! Oh quale nuovo Di speme e di timor affetto misto, Tra lieto e tristo, in petto L'ardente cor ci affanna ! Ma l'alma si rinfranchi: Anco Gesù tracanna

Tutta del duol la feccia, e non s'arresta, Ma il doloroso calle Ecco a salir s'appresta;

E dietro a Lui la Madre pia che langue.

Or così Voi, perchè del Divo Sangue Il frutto più s'estenda, Perchè là ove attenda

Satanno, ed ove orgoglioso accoglie D'incensi ampio tributo,

U', d'ogni luce muto,

Di Cristo il nome non risuona ancora, Voi in viso dolenti, Ma nel pio cuor ferventi, Il piè di pace apportator volgete: E dei fratelli al coro Di gaudio e di dolore Pio argomento, o miei fratelli, siete Che se pronto è lo spirto Si sta la carne inferma

Di sua fralezza prova è il pianto mio...

O miei fratelli, addio !

Ma qui sul sacro avello

Che chiude il cener santo

Di chi Padre a noi fu, e amammo tanto ! Pria che all'ardua palestra Il vostro piè sia volto, qui la destra Stringiam, e sacro un voto Da noi si rinnovelli

Che d'un sol Padre figli, Ci salutiam fratelli.

Nel desolato Pampas, nel deserto Isterilito e brullo,

Del morto Padre il nome glorioso Per voi risuonerà Ed allor che il fanciullo Col ciglio lacrimoso Vi chiederà gemendo Chi fu tanto pietoso

Ver lui, ignoto ancora, e gli diè mano Dite, dite, o fratelli Che da loro lontano

E mille leghe e mille,

Un sepolcro glorioso Chiude chi pure morto Tanta sparge di vita Nel mondo e di conforto Inesauribil vena:

Dite che Ei vive ancor nei figli suoi: Dite... che Ei vive in voi.

E perchè lieto rassereni il ciglio

Dello sterile Pampas Il derelitto figlio, Dite, o fratelli, ancora

Che mentre in strania prode

Di Cristo e di Don Bosco il nome s'ode Per voi a risuonar;

Un'altra schiera sta vigil custode Ed in fervida calma

Alla mesta urna fisi il guardo, e prostri All'ossa preziose,

A belle, a generose Imprese accendon l'alma

E col desir van affrettando il giorno Di mostrarsi coll'opre d'un tal Padre Non degeneri figli. Dite che vi seguiamo Tutti, tutti col fervido desio Dolci fratelli, addio !

Ed or, fratelli, con serena fronte Partite : nei perigli Di vostra lunga via, Su voi, suoi dolci figli, Oh veglierà Maria !

E Lei che al caro Padre

Nell'opra guida fu, nel duol conforto. Or che il buon Padre è morto, La pia Materna cura Raddoppierà sui figli derelitti. Ite dunque fidenti

E se d'Averno l'ira

Contro voi desterà fiera procella, Il pensier vi conforti Che dal seno di Dio Lieto su voi rimira

D. Bosco, e il guardo in voi soave posa La Vergin gioriosa.

Ite fidenti, sì : del gran Leone,

D'ogni più eletta grazia apportatrice, La fatidica destra

Benedicendo è scesa Su Voi, dal Vaticano.

A rinfrancarvi da nemica offesa,

E a voi no, non invano

L'onde pregò benigne e miti i venti, Con affettuosi accenti, Il porporato Prence, Che di Torino il gregge Di padre con amor guida e corregge. Ite fidenti : il Padre ecco v'affida Del paterno suo cuore Al prediletto figlio

A Lui, che ognor con indomato ciglio Saprà d'ogni periglio Con vigorosa mari ritrarvi fuore A Lui, che dei Patagoni Pastore, Del nostro sodalizio è nobil vanto

E fulgido splendore:

Ecco, fratelli, il Duca vostro, il Padre ; Sereno, umile e in suo consiglio altero Gioite : è vosco Mons. Cagliero !

Fratelli invidiati,

Addio ! se dì verrà, che alcun di voi Invigorito e stanco Sovra il deserto suol, il sol cadente Saluti, e all'egro fianco, Indarno cerchi col desioso guardo, Un fratel che il consoli L'alma abbattuta si ritempri e voli Qui del piangente salice Entro l'angusta valle

E il travaglioso calle

Come s'addolcirà

Oh quale ardor novello

Se gli soccorre al cor, che mentre Ei, forte Del Redentor campione, Dura l'aspra tenzone, Qui di cari fratelli

Un eletto drappello,

Per Lui prega del Padre al sacro avello.

Dolci fratelli, addio!

Ecco che dell'Atlantico All'Occidental lido

Di gioia echeggia un grido: V'attende un'altra schiera

Che con voi per Gesù combatte e spera. Eccoli : son pur quelli Diletti a noi fratelli. Mentre lieti e festanti Accoglieranno voi

Lor direte salute anche per noi. Addio, fratelli, addio !

È giunta la mest'ora

Dell'amplesso fraterno, forse estremo Forse non più qui in terra... Ma ferma è in cor la speme Di ritrovarci al dolce Padre insieme Un giorno, in seno a Dio.

Addio, fratelli, addio !   Ch. G. R. V.

Da Genova, nell'atto di imbarcarsi D. Antonio Riccardi, segretario di Mons. Cagliero,. a nome dei compagni scriveva un saluto a D. Rua

Genova, 21 gennaio 1889.

CARISSIMO SIG. D. RUA,

Oggi alle 2 pom. la Duchessa di Genova leverà l'àncora e si metterà in rotta per Barcellona. E noi e le suore di Maria Ausiliatrice , benedetti ancora una volta dalla paterna mano di V. S. carissima e da Monsignor Manacorda, diremo addio a questa povera patria nostra, ove ci legano tanti vincoli di gratitudine, di filiale, tenero affetto verso così buoni e cari superiori, confratelli ed amici. Mons. Manacorda graziosamente venne da Genova , ove alloggia presso il collegio dei Figli di Maria in Carignano, questa mane per celebrare la Messa della Comunità in Sampierdarena nella nostra chiesa di S. Gaetano e ci disse alcune parole affettuose di commiato e di ricordo.

Esso accettò di cantare la Messa pontificale per l'anniversario dell'amato D. Bosco.

Noi siamo ognora più compresi di gratitudine verso il Divin Salvatore che si degnò presceglierci a vocazione sì alta e sublime, quale è quella di portare il Vangelo a quelli che vivono tuttora nell' ignoranza del loro Creatore e Salvatore e non conoscono la cara Madre Nostra Maria.

Noi partiamo. Nel nostro cuore sta scolpita l'immagine dell'amato nostro D. Bosco, risoluti di tracopiarla il più perfettamente che da noi si possa in ogni nostra azione e formarla in tutti quelli che la Divina Provvidenza ci affiderà.

Sta eziandio ben impressa in noi la memoria di Lei, o nostro carissimo Padre, e ci studieremo di assecondare il suo ardentissimo zelo per la salute delle anime.

Noi partiamo. Carissimo sig. D. Rua, superiori e confratelli amati, addio.

Af.mo in G. M. D. ANTONIO RICCARDI.

Un telegramma ci annunzia che con viaggio felicissimo giunsero a Buenos Aires il 15 febbraio.

DUE CARE FESTICCIUOLE.

Riportiamo con piacere le relazioni di due care festicciuole , l'una celebrata nel nostro Oratorio di S. Croce in Lucca ed allietata dalla presenza d' illustri personaggi, tra i quali il celebre oratore Padre Agostino da Montefeltro , che vi andò per tessere il panegirico del nostro Patrono s. Francesco di Sales, e s'intrattenne tutto un giorno coi nostri Salesiani; l'altra non meno bella fatta e goduta dai ragazzi e dalle ragazze delle scuole annesse alla nostra missione di Londra.

Così ci scrivono da Lucca

« Il giorno 24 di febbraio si celebrò con molta solennità in questo Oratorio la festa del gran santo e Patrono dei Salesiani S. Francesco di Sales. L'illustre e M. R. Mons. Giustino Pardini, Decano e Ordinario della Collegiata di S. Michele, celebrò la messa della comunione generale, rivolgendo un breve ed affettuoso discorso ai giovanetti che s'accostavano per la prima volta a ricevere il Pane degli Angeli. Il M. Rev. Sig. Gaetano Penesi parroco di Peccioli, cooperatore salesiano, cantò la Messa solenne, eseguita molto bene in musica dai giovanetti dell'Oratorio. Ma ciò che contribuì maggiormente a render lieta e simpatica la festa fu la presenza del Padre Agostino da Montefeltro, il quale volle trattenersi con noi fino alla sera, rallegrandoci colla sua amabile conversazione, piena di affettuosa famigliarità, e facendoci amare ed ammirare s. Francesco di Sales con un magnifico discorso sulla sua vita e le sue virtù.

La festa terminò con una rappresentazione comico-seria, eseguita con abilità e applauditissima dal pubblico che vi assisteva, e lasciò in tutti un' impressione di santa e tranquilla allegrezza, di pace soave, che il mondo, con tutti i suoi allettamenti e col frastuono de' rumorosi suoi divertimenti, non è capace di dare. »

Da Londra poi abbiamo ricevuta la seguente lettera

Battersea-Londra, 14 gennaio 1889.

MOLTO REV. S. DIRETTORE,

Confido non le tornerà discara questa benchè sbozzata relazione, che, per incarico, le trasmetto, di una sìmpatica festicciuola fatta nelle scuole annesse a questa missione.

Una piissima e caritatevole signora, Miss Henry Whiting, disegnava far trascorrere più lieto il Natale ai ragazzi e ragazze che frequentano queste scuole, dove, come le è noto, insegnano con lode di raro zelo e perizia le suore di Notre Dame di Namur. Aggiuntasi la ricorrenza del 21mo compleanno della figlia, Miss Juliette Whiting, fedele ritratto delle virtù materne, ambedue le pie signore vollero lasciare un particolare attestato di loro bontà.

Venne fissato il giorno 11 gennaio. Un'ampia scuola fu trasformata il meglio possibile in teatro. In mezzo alla platea grandeggiava un bell'albero di Natale , sopra e d'intorno al quale erano graziosamente disposti in bella mostra più di quattrocento regali, balocchi scelti, adattati all'età e condizione. Alle tre pom. presero posto i numerosi ragazzi che da pezza attendevano con insolita impazienza. Poco dopo entravano le signore Whiting, accolte da un fragoroso battimano e da una suonata eseguita a cartofoni da un 25 ragazzi ; fu questa una novità, fece buona prova e piacque. Sedevano nei posti d'onore in un colle due benefattrici altre illustri signore ed il M. R. Padre Linnet. Presentato alla signora Whiting un elegante volume con lettera in francese ed alla damìgella un magnifico mazzo di fiori con poesia, fu cantato dai ragazzi il Ciabattino e l'Angelo Custode, dove la mimica tenne luogo dell'interpretazione.

Alla loro volta le ragazze rappresentarono con maestria un melodramma applauditissimo ed una graziosa pantomima con ventagli, intercalata e conchiusa da suonate.

Ma non dovevano mancare i bimbi ; e ad intercalare d'un tratto si vide comparire in iscena una schiera di vezzosi puttini con tanto d'occhi sbarrati sui numerosi spettatori. Alle prime note dell'armonium cominciarono un loro canto, e maneggiando in pari tempo due regoletti, componevano successivamente le principali figure geometriche, cui il canto riferivasi, e battevanli in accordo alla cadenza della strofetta. Fu scena che trasse vivi e ripetuti applausi.

Finita questa prima parte in onore delle egregie Benefattrici, spettatori ed attori furono tutti introdotti in altra scuola. Le generose gentildonne li fecero tutti servire copiosamente di thè e confetti. Erano circa quattrocento, e tutti ebbero posto a tavola. Ebbri di gioia fra lo sgretolamento dei confetti cominciarono un passeraio animatissimo. Fu uno spettacolo di allegria ed anche di bontà per parte di quelle egregie signore, che a gara si aggiravano a servire i loro piccoli convitati.

Usciti di là e scorrazzato un po' all' aria libera, ad un cenno si disposero per ritornare nella prima scuola per ricevere ciascuno un regalo, destinato loro dal numero che estraevano e che ricevevano dalle mani delle due signore. Questo mise il colmo alla contentezza di quella turba infantile e coronò la festa con evidente soddisfazione delle esimie Benefattrici e lasciando in tutti un soave ricordo di quella giornata.

E noi che ebbimo molte prove della carità di questo egregie signore in varie strettezze, godiamo potere attestar loro ora in qualche modo la nostra profonda gratitudìne e preghiamo loro da Dio degna ricompensa, che certo non mancherà copiosa ad anime sì pie e caritatevoli.

Gradisca, signor Direttore, gli ossequi di tutti, e ricordi qualche volta il suo in corde Iesu

Sempre aff.mo

Sac. GIOVENALE BONAVIA.

S. TOMMASO A VALSALICE e la benedizione del S. Padre.

Bella davvero fu la festa che si fece in onore di S. Tommaso d'Aquino, celeste protettore delle scuole cattoliche, giovedì 14 marzo, nel Seminario Salesiano per le Missioni estere a Valsalice presso Torino. Celebrava la prima Messa e distribuiva la santa Comunione a quell'eletta di futuri missionarii Mons. Basilio Leto, vescovo titolare di Samaria, e cantava la Messa solenne il parroco della Gran Madre, il teologo Piano , e fra la Messa tesseva le lodi del Santo quel facondo oratore ed eccellente scrittore che è il teologo Vigo, parroco di Santa Giulia. Nelle ore pomeridiane ebbe luogo solennissima accademia filosofico-letteraria, intercalata da scelti pezzi di musica. Sua Eccellenza R.ma Mons. Basilio Leto, il Padre Denza, varii illustri canonici e parrochi della città e dei contorni e molti illustri signori la presenziavano. Rappresentava l'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo, impedito di intervenire, il suo degnissimo segretario, il canonico Raffaele Forcheri.

Quei degni alunni missionari si fecero proprio onore. La dissertazione - Della creazione secondo San Tommaso e l'Alighieri del prof. D. Matteo Ottonello - fu un lavoro proprio classico. L' egregio autore mostrò quanto fosse addentro nelle dottrine dell'Angelico e del divino Poeta. Bello e stringente fu il dialogo - Sul litigio tra rosminiani e tomisti; - non vana polemica , non appassionato argomentare; messo invece in chiara luce il gran concetto di Leone XIII, che chi non si attiene strettamente a San Tommaso nelle dottrine filosofiche , certamente deve dare in scogli d'ogni genere. Bella, grandemente bella la canzone - San Tommaso, Leone XIII, l'Alimonda e Don Bosco. - Bello tutto il resto, ma celeste, direi, la musica. Chi può udire il Laudate Pueri del Capocci, eseguìto, come fu, con voci che non possiamo chiamare altramente che angeliche, senza sentirci come imparadisare ?

Ponevano fine all'accademia alcune belle parole di Don Rua, del Padre Denza e del Canonico Forcheri, che esprimeva il rincrescimento di Sua Eminenza di non aver potuto presiedere, non ostante il gran desiderio che avrebbe avuto, così bella festa.

Della festa fu degno incoronamento l'implorata benedizione del S. Padre trasmessa col seguente telegramma : « Rev. Barberis, direttore Seminario Salesiano, missioni estere.

- Santo Padre , gradito contenuto telegramma, imparte con paterno affetto implorata apostolica benedizione : Cardinale RAMPOLLA. »

La benedizione del Santo Padre non può non attirare le benedizioni dell'Altissimo. Questo Seminario, siam certi, riuscirà a far quel bene che aveva in mente il suo santo fondatore Don Bosco nello stabilirlo.

(Dall' Unità Cattolica).

UN FIORE DELL'ORATORIO SALESIANO in Catania.

Da lettera pervenutaci da Catania del nostro confratello D. Francesco Piccollo ricaviamo la seguente relazione di una morte veramente preziosa nel cospetto del Signore

- Il 1° marzo , verso l'una del mattino, volava al paradiso con una morte invidiabile uno de' nostri più cari alunni. Essendo la prima volta che la morte visita gli ascritti al nostro Oratorio di Catania , fece molta impressione in tutta la città. Il giovane defunto si chiama Agatino Vigillito : aveva 15 anni, frequentava le scuole tecniche Recupero della città ed aveva un genio specialissimo per la pittura. Era affezionatissimo al nostro Oratorio, nè conosceva, si può dire, all'infuori della casa sua, altro luogo che il nostro cortile. Di ottima condotta, frequentava esemplarmente i Sacramenti, ed era notevole per la divozione a S. Luigi, a Don Bosco ed a Maria Ausiliatrice. Pochi giorni prima che cadesse ammalato, avendogli io chiesto : - Agatino, di chi sei? - mi rispose : - Tutto della Madonna; - e la Madonna lo volle seco.

Il 24 febbraio, colto da maligno morbo alla gola, si pose in letto. Desiderava che i Salesiani lo andassero a trovare; io però mi sono recato da lui spesse volte. Si mostrava paziente e rassegnato in mezzo, agli acuti dolori che lo tormentavano ; a me ubbidiva, con meraviglia della famiglia , anche nelle cose più urtanti e difficili. Parlava co' suoi genitori quasi sempre dell'Oratorio e de' suoi compagni, e spesso pregava Maria Ausiliatrice e D. Bosco, di cui teneva sul petto una reliquia.

La sera del 28 febbraio, essendosi notabilmente aggravato il male, fui chiamato per prepararlo a morire. Ricevette subito il Viatico, l'indulgenza plenaria e l'Estrema Unzione di mia mano. Accortosi allora di dover morire, non solo non si impaurì, ma mostrò chiari segni di esserne contento. Con volto composto a celestiale sorriso, esclamava : - Vado al Paradiso; vestitevi a festa, ecco che viene a prendermi l'Angelo del Signore. - Nelle poche ore che continuò a vivere, non fece altro che pregare. Si stringeva al petto un piccolo quadro della Madonna con tanto affetto, che, dubitando gli potesse far male, glielo si dovette togliere di mano. Più tardi mi disse : - La ringrazio vivamente della sua carità ; non mi abbandoni ; in Paradiso pregherò poi per lei e per i miei compagni. Li saluti di cuore da parte mia e dica loro che preghino per me. - Venne poi a supplirmi nell'assistenza il nostro Direttore D. Chiesa, ed il caro ammalato seguitò sempre a pregare, nè voleva sentir parlar d'altro fuorchè di Dio, di Maria e delle cose del Cielo. Verso la mezzanotte con ammirabile calma volle abbracciare uno per uno i parenti , salutò ancora una volta i compagni, ed esclamò - Viva Maria Ausiliatrìce, viva sant'Agata, viva S. Luigi. - Quindi pregò il Direttore a permettere che il suo cadavere venisse poi trasportato nella nostra chiesa, per avere ivi i funerali. Infine gli disse : - Entro in agonia : pregate. - Entrò infatti in una dolce agonia, che durò mezz'ora, e verso l'una antimeridiana del 1° marzo placidamente si addormentava in Dio.

Questa morte noi la riteniamo per una delle grazie più belle che ci abbia fatto il Signore. I giovani nostri a cagion di essa passarono gli ultimi giorni del carnevale in preghiere, facendo seriamente il solito esercizio mensile nel quale le Comunioni furono numerosissime. Parteciparono pure ai frutti di questa santa morte i giovani delle scuole tecniche coi rispettivi professori, che intervennero ai funerali. -Dei quali così parla l'Eco d'Italia nel suo numero 56

« Imponentissimo riuscì il funerale celebratosi il 2 febbraio nella chiesa dei Salesiani.

Oltre al numero grande di persone d'ogni condizione, si trovarono presenti tutti i compagni di scuola del compianto Agatino coi loro professori; tutti i socii della fiorente Compagnia di S. Luigi, cui egli apparteneva, non che gli alunni delle scuole diurne dell'Oratorio Salesiano. Commoventissimo riuscì l'elogio funebre letto del R. D. Piccollo entro la chiesa, e l'altro letto dal R. can. Vito Messina fuori di chiesa appena il corteo si preparava a partire. Apriva il corteo la banda musicale seguita dai giovani della numerosa Compagnia di S. Luigi, tutti fregiati il petto di una grande medaglia. Gli alunni delle scuole tecniche con bandiera abbrunata, con a capo i professori, fecero ottima impressione. Arrivato il feretro nelle vicinanze del cimitero, si arrestò e vennero letti da Santonocito Cirino Silvestri, Gongi, Ragusa Fragala Lofaro, compagni intimi di Agatino, bellissimi elogi funebri coronati da brevi ma commoventi parole del vice-direttore professore De-Benedetti, improntate a sentimenti perfettamente cristiani. »

GUARIGIONE D'UNA FANCIULLA. La benedizione d'un Vescovo.

Negli ultimi giorni di gennaio e nella prima metà di febbraio scorso , i giornali lombardi hanno fatto gran rumore circa la guarigione d'una fanciulla di Borgo Ticino di Pavia, avvenuta dopo aver ricevuta la benedizione di S. E. R.ma Mons. Riboldì, Vescovo di quella città, il 20 gennaio passato. Alcuni di que' giornali , increduli certo in fatto di soprannaturale, hanno attribuita tal guarigione ad un preparato stricnico che l'inferma prese la mattina di quel giorno, stesso ; altri l'hanno classificata tra i miracoli che Iddio suole operare per mezzo del segno della croce ; altri infine non si sono pronunciati, contenti di esporre semplicemente l' avvenuto. Desiderosi di far conoscere ai nostri cari Cooperatori tal fatto,. che ha tutte le apparenze di un vero miracolo, lasciandone con questi ultimi il giudizio all'autorità competente, abbiamo creduto pur noi di riprodurre il fatto quale avvenne; notando però che nulla havvi d'improbabile, che Iddio si valga del sacro segno della croce e per mano di un Vescovo, per fare strepitosi prodigii, che anzi ciò Egli fece spesse volte; e che il demonio non fa tanto strepito per una guarigione avvenuta naturalmente, quanto ne fecero alcuni giornali che si scagliarono contro di quel santo Vescovo. E per non correr pericolo di mutare il fatto di un punto, riportiamo la relazione fatta dalla madre istessa della fanciulla guarita, e tratta dal N. 31 dell'Osservatore Cattolico di Milano.

« Pavia (Borgo Ticino), li 6 febbraio 1889.

» Viste le relazioni date dai giornali cittadini intorno al fatto della guarigione di mia figliuola Ines Storeni, d'anni 11. le quali o dall'una parte o dall'altra sono tutte imperfette, stimo utile cosa il dare direttamente del medesimo una fedele narrazione.

» Però innanzi tutto dichiaro non voler io giudicare il fatto come miracolo o meno, lasciando questo a chi spetta di diritto. Molto meno intendo con ciò denigrare alla fama del dottor Fossati, al quale debbo pubbliche lodi e ringraziamenti per la cura amorosa e saggia usata alla mia figliuola. Soltanto ad onore e gloria della verità mi credo in dovere esporre quanto segue:

» Circa quattro mesi fa la mia povera Ines si pose a letto con una potentissima febbre che fece in sulle prime sospettare di vaiuolo o tifo. Nei primi giorni venne sottoposta alla cura dell'egregio dottor Faraoni, di poi a quella del primario dottor Fossati, il quale dichiarò espressamente a me ed a mio marito essere la malattia della nostra figliuola una potente meningite.

» Dall'occhio instupidito sembrava che la malattia l'avesse colpita nella testa : e la vista ancora forse sarebbe pericolata qualora non vi fossero state le cure sapienti del dottor Fossati. Dopo circa una ventina di giorni passarono le fortissime febbri, lasciando luogo ad un'altra più leggiera e quotidiana, ma la meningite, come ci disse il medico, le avea guasto il midollo spinale, di modo che, tranne le braccia e le mani che moveva liberamente, ed il capo che dondolava a destra ed a sinistra, ma che non poteva alzare menomamente, essa trovavasi ridotta ad una quasi perfetta immobilità. E quando per qualunque necessità doveva essere mossa o toccata nelle parti inferme, la poverina soffriva gli spasimi i più acuti. Pativa totale insonnia, e soggetta alle convulsioni non appena prendeva un poco di cibo che subito ne rimetteva la maggior parte. Il medico curante usò invano tutti i mezzi suggeriti dalla scienza e dall'arte, ed a me, che lamentavo lo stato sempre uguale e sempre miserando della figliuola, egli rispondeva aver fatto ancor più di quello che potea, ed essere l'anno 1888 per lui veramente bisestile, e la scienza sua non valere per la mia povera Ines. Più volte disse che dacchè era medico non avea mai visto guarire perfettamente persona colpita da meningite , e che quindi a guarire la mia inferma era necessario un miracolo di Dio. Anzi , io e la famiglia che indagavamo ogni cosa che potesse riguardare lo stato di nostra figlia, abbiamo saputo di certo come presso varie famiglie dichiarasse che la nostra cara Ines o sarebbe morta di quella malattia, o sarebbe rimasta continuamente inferma. E pochi giorni prima del 20 gennaio, avendomi chiesto il signor dottore come se ne stesse la mia bambina inferma, ed avendo io risposto - sempre ad un modo, - egli in dialetto rispose: anche quello dell'arrosto diceva: - Semper in sì non l'anderà,-El rost el ghe brusà.

» Parole che trafissero il mio cuore materno e che io comunicai poco dopo al marito ed ai conoscenti. Insieme al Fossati venne ancora visitata dall'illustre dottor Comini, direttore dell'Ospedale di Varese, ma nè l'uno nè l'altro diedero nel loro consulto conforto alcuno ; ma pregato il Comini onde avesse liberamente a manifestare il suo pensiero , ci fe' sapere come egli non dava più niuna speranza di guarigione per la nostra cara inferma.

» Tuttavia il medico continuava nelle sue cure, ed in ultimo somministrò alla fanciulla un preparato stricnico, composto in forma di pillole. Erano già parecchi giorni che l'egregio Dottore avea ordinato simil csa, dicendomi di somministrargliene due al giorno. Feci preparare il farmaco dallo speziale di Borgo Ticino, ma avendo letto nella ricetta come contenesse mercurio, temendo non avesse dappoi a sentirne terribili effetti, glie ne somministrai per varii giorni non due, ma una sol pillola, delle quali la maggior parte venne tosto rigettata.

» Conosciuta esser inutile anche quella medicina che non digeriva, tralasciai, nulla dicendo al medico curante, rassegnandomi alla sventura e solo aspettando qualche consolazione da Dio. Abbiamo pregato, abbiamo supplicato in ogni modo il Cielo e la Santissima Vergine. Infine sapendo come S. E. Monsignor Vescovo dovesse venire per la visita pastorale nella chiesa di Santa Maria in Betlem, ed avendo in una con la bambina ferma fiducia e speranza che la benedizione dell'amato Pastore ci avesse a consolare, chiesi ed ottenni da mio marito il consenso di trasportarla alla Chiesa per farla benedire dal Vescovo. Al sabbato sera (19 gennaio u. s.) io mi teneva nelle braccia la cara bambina : ella cascava da tutte le parti, ed io piangendo esclamavo tra me: - Sì, o Signore, io mi rassegno al vostro divino volere; lavorerò continuamente per mantenerla; le farò preparare ancora le grucce, ma la testa, o Signore, chi gliela reggerà? - E mentre così lui straziavo il cuore, mi brillava innanzi pieno di gioia il giorno del domani. Venne la mattina del 20 gennaio; volli che la bambina avesse a prendere qualche ristoro, ma ella - No, disse, voglio prima essere benedetta dal Vescovo. - Al consueto venne il medico e trovò l'Ines già quasi migliorata (ma che però non poteva in alcun modo muoversi da sè, nè reggere il capo) ; mi dimandò se le avevo somministrate le pillole ordinate. Rimasi alquanto confusa, e cercai scusarmi. Allora egli stesso somministrò all'ammalata una pillola del preparato che venne tosto rigettata, gliene diede una seconda con un cucchiaio di vino, e questa rigettò solo in parte. Fu assalita dalle convulsioni ed il medico aiutò a tenerla per le mani.

» Partito il medico, non si pensò che ad effettuare il determinato progetto. Infatti verso la una pomeridiana, noleggiato un brougam, e coll'aiuto di una pia donna e delle mie braccia, trasportai la bambina (che cascava a guisa di corpo morto) in chiesa, ove pregai si notificasse a Monsignor Riboldi come io desiderava farle benedire la mia Ines. Venne poco dopo Monsignore e, senz'altro la benedì. Contenta, ritornai a casa, trasportando la bambina come nell'andata, e la riposi sotto le coltri. Tanta era la mia speranza nella vicina guarigione che, appendendo le vesti di lei ad un attaccapanni, dissi : - Guarda, Ines, le tue vesti non le metto nell'armadio, perchè ho piena fiducia che presto avrai ad indossarle. - Ritiratami nella stanza vicina, pregai Iddio che avesse a concedermi la grazia dimandata, mentre a mio marito, che era a me vicino, venivano i goccioloni agli occhi., Dopo pochi minuti la Ines sentì come una scossa che dal collo passò insino alle estremità inferiori. Si trovò ripiena di forze, liberamente mosse il capo e si pose a sedere sul letto, chiamando papà, mamma. Siamo accorsi alla voce, e con nostro stupore la trovammo così seduta sul letto. - Oh Dio, esclamai, qual grazia ! - Vuoi vedere di più?... dissemi la Ines, e sì dicendo si pose ginocchioni sul letto. - Vuoi ancora di più?... e si alzò ritta in piedi. - Io e mio marito uscimmo per chiamare i vicini a vedere un tale improvviso cambiamento, ed essendo io ritardata d'alcuni minuti, ritornando trovai la stanza ripiena d'ogni sorta di persone, con in mezzo la mia Ines, che vestita (dopo aver già mangiato un tozzo di pane) mi venne incontro.

» Fuori di me per la gioia, me la presi per mano, ed entrambe immediatamente a piedi ce ne andammo alla chiesa parrocchiale a ringraziare Dio che volle esaudire i nostri voti. In quel mentre Monsignore visitava le classi della dottrina cristiana, e l'Ines potè in ringraziamento baciargli il sacro anello. Da quell'ora in poi non ebbe più febbre; (l'egregio dottore Fossati nella sua lettera alla Provincia Pavese, N. 11, anno 1889, confonde il sabbato con la domenica) ; stette alzata sino alle 10 1/2 pomeridiane, mangiò risotto e lo digerì, e la notte dormi tranquillamente. Le rimase debolezza alle gambe , la quale va man mano diminuendo.

» Questa è la narrazione fedele del fatto : se mia figlia fu guarita dalla pillola del medico, oppure dalla benedizione del Vescovo, io non lo so, come eziandio non so intendere perchè la malattia della mia figliuola che prima diceano meningite, ora la chiamino nervosa, So che mia figlia è guarita, e ringrazio Iddio, ringrazio tutti.

» In fede, mi sottoscrivo

» Losio AGOSTINA

» Maritata STORENI. »

Elenco dei Cooperatori defunti nel Febbraio e Marzo.

Affinchè le anime dei Cooperatori defunti abbiano più presto i suffragi dei confratelli, abbiamo pensato di porre in ciascun numero la lista di quelli che passano a miglior vita nel mese precedente. Quindi preghiamo i parenti e i conoscenti a volerci tener avvisati per tempo del loro decesso. Qui mettiamo quelli defunti nel Febbraio e Marzo scorso.

1 Antonino Teresa vedova Poyretti (Torino).

2 Abbona can. D. Giovanni, (Benevagienna) - Cuneo.

3 Arianda Antonio (S. Lorenzo) - Cuneo.

4 Brizzi D. Zeffirino (Cartel d'Aiano)- Bologna.

5 Bessouo Silvia (Vigone) Torino.

6 Balbo Bertone Di Sambuy march. Luisa - Torino.

7 Battistini D. Giovanni rett. (Rovolo)- Modena.

8 Bonadeo D. Dionigi (Rovescala) -Tortona.

9 Bellingeri mores. Gerido (Casale Monferratoo Alessandria.

10 Berta Teresa ved. Pautasso - Torino.

11 Berrettini D. Enrico prev. (Bollano)- Massa e Carrara.

12 Bertero D. Domenico, (Castagnole)- Piemonte.

13 Bagni D. Paolo Arcip. (Ranchio) -Forlì.

14 Bianchi Francesco (Este) _ Padova.

15 Bertotto D. Antonio reti. (Venezia).

16 Bonomo D. Nicolò Ant. reti. (Brusegana) -- Padova.

17 Cavallone D. Giovanni can. (Vercelli) - Novara.

18 Carrani-Massa march. Francesco -Spezia.

19*Cassano D. Luigi (Marcia) - Spezia.

201Covera Francesco (Chivasso) - Torino.

21 Comi baronessa Francesca (Carigliano d'Otranto) - Lecce.

22 Casalegno Pietro - Torino.

23. Caneparo Giuseppina n. Albertini- Torino.

24 Catanesi D. Pietro mane. (Calascibetta) - Caltanisetta.

25 Casanova D. Antonio arcip. (Casco Maggioro - Belluno.

26 Corrantini dott. D ;Francesco canon.- Padova.

27 Carminati D. Demetrio segr. Vesc.- Brescia.

28. Danzetti-D. Domenico (Sabina) -Perugia.

29 Demonte D. Francesco (Buia) - Udine.

30 Del Boca Vittoria (Bora) - Novara.

31 Dolfi D. Giosuè (Saturnanao - Firenze.

32 Deferrari Leonora - Genova.

33 Do Giorgis Matteo (Chivasso) - Torino.

34 Dolfi D. Paolo rett. (Eordenaso) -Parma.

35 Do Rosa Ch. Giacomo, (Spilimbergo)- Udine.

36. Donnini D. Bartolomeo - Arezzo. 37 Dozzina D. Galdino (Castellazzo) -Milano.

38 Faga D. Giuseppe arcip. (Borgomasino) - Novara.

39. Frison D. Baldassarre (Montà S.Bartolomeo) - Padova.

40 Friello Angelantonio (Caiazzo) -Caserta.

41 Fissore Catterina (S. Vittoria di Alba) - Cuneo.

42 Furnari Maria duchessa - Catania. 43 Fagian Giosuè - Treviso.

44 Formica D. Gaetano (Ponte di Barbarano) - Venezia.

45 Fussigh D. Giuseppe (S. Silvestro d'Antro) - Udine

46. Gaioni Antonia (Castelletto) - Verona.

47 Godani D. Andrea (Montale di Varese) - Spezia.

48 Gasparini D. Gio. Batt. (Riomaggiore) - Spezia.

49 Guerneri Bartolomeo (Portocivitànova) - Macerata.

50 Garan tool. Sisinnio dee. del Capitolo di Ales - Cagliari.

51 Galliano D. Francesco (Roburent) - Cuneo.

52 Gentile D. Giuseppe arcip. (Tortotici) - Messina.

53 Galli D. Angelo capp. (Desenzano)- Brescia.

54. Intra D. Fermo arcip. - Sesto Cremonese.

55 Locci cav. Francesco ispett. Tecnico(Serrenti) - Cagliari.

56 Levetti D. Giuseppe rett. (Monteacuto) - Alessandria.

57 Modena Angola (Castelletto) - Verona.

58 Messidonio D. Stefano arcip. (S. Marzanotto) - Alessandria. 59 Merani Catterina n. Castollini -Spezia.

60 Martelli D. Pasquale Vie. Generale (Brugnatoo - Genova.

61 Melis D. Salvatore vice Parr. (Terralba) - Cagliari.

62 Melis Battistina (Terralba) - Cagliari.

63 Marchionati Felicita (Mathi) - Torino.

64 Marracini D. Vincenzo (Ombrone)- Pistoia.

65 Marchesini D. Luigi (Orgiano) -Vicenza.

66 Marchetti D. Antonio (Chiampo) -Vicenza.

67 Meurini D. Giuseppe (Romano Brianza) - Como.

68 Mora D. Enrico part. (A rese) - Milano.

69 Negri D. Francesco (Grignasco) -Novara.

70 Orta Serafino (Terralba)-Cagliari. 71 Podestà baronessa Giuseppina nata Costaldi - Genova.

72 Perri D. Antonio can. (Zogarolo) -Roma.

73 Pedroni mores. Pietro (Pontremoli)- Massa e Carrara.

74 Pogliai D. Placido (Freto) - Modena.

75 Paternò Giovannina (Regnleaso -Catania.

76 Parenti Luigi, libraio (Cannetto sul l'Oglio) - Mantova.

77 Piola D. Luigi (Busca) - Cuneo. 78 Pellini D. Luigi - Siena.

79 Porro D. Giovanni prev. (Bedero Valterra) - Como.

80 Perazzolo D. Agostino (Ronca) -Verona.

81 Ricardi di Netro damigella Clelia - Torino.

82 Romacciui D. Ranulfo can. (Treia) - Macerata.

83 Rosai Felicita (Osazio) - Torino. 84 Rosta-no Cottalorda Annetta - Asti.

85 Rua Vittoria - Torino.

86 Bandone cav. D. Arcangelo (Garessio) - Torino.

87 Ricciardi prof. Luigi direttore delle Scuole Elem. - Spezia.

88 Ricci D. Francesco rett. (Certola)- Spezia.

89 Rossetti Anna (Schio) - Vicenza. 90 Rossetti Giovanni (Schio) - Vicenza. 91 Rodda Giovanni - Torino. 92 Remondini D. Marcello rett. - Genova.

93 Selva D. Gio. Batt. arcip. (Ciavazza) - Novara.

94 Scaricabazozzi D. Filippo arciprete (Crespiatica) - Milano.

95 Stefanini D. Giuseppe (Moti) - Parma.

96 Trucco D. Giovanni (Prasco) - Alessandria.

97 Toracca Paolo - Spezia.

98 Tósehi Orazio - Reggio-Emilia.

99 Tonelli D. Bartolomeo (Busca) - Cuneo.

100 Ticozzi D. Francesco (Bollate) - Milano.

101 Vernetta Carlo - Spezia.

102 Viale D. Carlo. (Mosio) - Alessandria.

103 Vigorita Vincenza - Salerno.

104 Zigiotti D. Domenico (Castel d'Arzignano) - Vicenza.

105 Zampa D. Giuseppe (Montocchio) - Vicenza.