BS 1880s|1881|Bollettino Salesiano Giugno 1881

ANNO V. N. 6   Esce una volta al mese.   GIUGNO 1881.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell'Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo. N. 32, TORINO

SOMMARIO - La festa del 24 Maggio nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino - Lettera Patagonica - La Chiesa del Sacro Cuore in Roma - 1 a Conferenza dei Cooperatori a Roma - Giubileo Sacerdotale dell' Arcivescovo di Milano - La Superiora generale delle Suore di Maria Ausiliatrice - Due santi uomini tolti dalla terra - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - D. Gaudenzio - Bibliografia. Meraviglie nel Cuore di S. Teresa - Libri di premio - Eresia dei Vecchi Cattolici - Fatto edificante - Il Pontificio Seminario Pio e la Pia Società Salesiana - Morte del Vescovo di Montevideo - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

LA FESTA DEL 24 MAGGIO nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino.

Viva Dio! Viva Maria Ausiliatrice! Viva la Religione cattolica! Sono questi i fervidi accenti, i quali spuntarono in sul labbro di migliaia di persone di ogni ordine ed età, che, nel giorno 24 di maggio ora decorso, intervennero alla festa di Maria, Aiuto dei Cristiani , celebratasi solennemente nella Chiesa a Lei dedicata in Torino.

A gloria di Gesù Cristo nostro divin Salvatore, ad onore dell' augusta sua Madre , ad edificazione dei nostri Cooperatori e Cooperatrici, vorremmo qui possedere urla penna capace a descrivere adequatamente la solennità memoranda ; ma quantunque ripiena ancora la mente dei sublimi pensieri, che essa ci ha desti ; quantunque palpitante il cuore di caldo affetto per Maria, pur ci confessiamo impari al gran cómpito ; imperocchè il divoto spettacolo di quel giorno, non già descrivere, puossi appena immaginare. Pur ne diremo qualche cosa , esclamando con s. Leone il Grande : Soccomba alla gloria di Dio la debolezza umana, e nello spiegare le opere di Lui si trovi pur sempre incapace : Succumbat humana infirmitas gloriae Dei, et in explicandis operibus ejus imparem se semper inveniat.

Concorso e pietà dei divoti.

Il concorso di popolo appiè di Maria , la pietà dimostrata verso di Lei, le grazie insigni per sua intercessione ricevute in quel giorno, sono tali fatti, che non possono non reputarsi opera di Dio. Essi sono un inno giocondissimo alla gloria di Gesù Cristo, perchè gli onori tributati alla Madre si rifondono nel Figlio, il quale col Padre e collo Spirito Santo si compiacque di farla, come si esprime il nostro s. Francesco di Sales, la Creatura più Amante, più Amabile e più Amata di quante ne sieno uscite mai dalle sue mani onnipotenti.

Vi fu chi si prese la pena di contare le persone, che il 24 maggio entrarono nel Santuario di Maria Ausiliatrice, passando per la porta maggiore, ed ebbe la consolazione di calcolarne un cinquanta mila. Ora ha da sapersi che dalle ore quattro del mattino sino alle nove della sera, un numero sterminato vi penetrò eziandio, passando per la portieria dell'Istituto Salesiano, lasciata appositamente libera. Nelle ultime ore poi della giornata tanta fu la folla, che un calcolo esatto si rese impossibile. Ci basti il notare che in quello spazio di tempo, mentre nel vasto tempio la gente vi stava così fitta da potersi camminare sulle teste, una calca immensa ne innondava i dintorni. La sottostante piazzetta dentro alla cancellata, la via Cottolengo, la via dirimpetto al Santuario, i prati adiacenti, e persino il viale e parte del Corso Regina Margherita, distanti circa 200 metri, erano gremiti di gente, che, vedendo spalancata la porta maggiore, si beava del dolce spettacolo dell'altare mirabilmente illuminato , e in divoto atteggiamento pigliava la benedizione del Santissimo. Ognuno aspettava che gli altri se ne uscissero di Chiesa, a fine di penetrarvi alla sua volta, ed effondere almeno una breve preghiera dinanzi all'immagine di Maria. Torino pareva difatto colà riversatasi , come una famiglia amorosa incontro alla propria madre, da lungo tempo attesa e sospirata.

La divozione poi con cui si pregava era una prova lampante che non la curiosità, ma la fede, la fiducia, la gratitudine, l'amore insomma erano la causa di quel religioso trasporto verso l' augusta Regina del Cielo. Sono di ciò un saldo argomento i tribunali di penitenza, dalle 4 del mattino sino a mezzogiorno assiepati di fedeli ; argomento soprattutto le settemila comunioni amministrate in quell'occasione. A queste se si aggiungono le comunioni fattesi durante la novena, risulta che in dieci giorni ben 20 mila persone si accostarono alla Mensa degli Angeli in ossequio a Maria Ausiliatrice, e si arricchirono degli spirituali tesori, elargiti dalla Santa Chiesa ai pii visitatori del Santuario.

Un fatto merita qui di essere segnalato, e fu che in questa dimostrazione di pietà si mostrò in prima fila il fiore della nobiltà di Torino. Nelle ore pomeridiane fu continuo lo sfilare di superbe vetture in livrea a menarvi signori e signore delle più ragguardevoli famiglie ; esempio questo assai consolante, che riuscì di alta edificazione al basso popolo, il quale si specchia soprattutto nei grandi.

Come tutti gli altri anni, così in questo eziandio abbiamo pur notati molti pellegrini venuti da lontani paesi , quali per isciogliere un voto per grazia ricevuta, e quali per implorarne personalmente, pieni di fiducia. Laonde al vedere sì gran numero di gente , e all'udire parlare molti dialetti ci parvero come avverate le parole del profeta, quando rivolto alla nuova Gerusalemme le disse Alza all' intorno il tuo sguardo, e mira : tutti costoro si sono radunati per venire a te: da lungi verranno i tuoi figliuoli, e da ogni lato sorgeranno le tue figlie : Leva in circuitu oculos tuos, et vide: omnes isti congregati sunt, venerunt tibi : fui tui de longe venient , et fliae tuae de latere surgent. Più volte in quel giorno ci accadde di doverci fare una grande violenza per frenare le lagrime , udendo queste e quelle altre persone a raccontare come, o per mancanza di mezzi, o per divozione , o per voto fatto , avevano camminato tutta la notte a piedi, a fine di venirsi a confessare ed accostare alla santa Comunione nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Che dolce conforto al cuore era poi l'ascoltare la esposizione dei favori insigni ricevuti da tanta gente, e in tanti e sì svariati luoghi, dopo un ricorso, una preghiera, un voto, un triduo , una novena fatta a Maria, invocata sotto il titolo di Auxilium Christianorum ! Abbiamo allora veduto quasi cogli occhi nostri , abbiamo udito colle nostre orecchie, che Maria in questi tempi ha pur scelto il suo Santuario di Valdocco quale un treno di grazia e di misericordia, donde ascoltare ed esaudire le preghiere, che dai suoi divoti Le vengono indirizzate da ogni parte del mondo. In quei momenti dicevamo in cuor nostro : Vorremmo che fossero qui presenti certi increduli dei giorni nostri , vorremmo un poco sentire che cosa direbbero all' udire l' unisono di tante testimonianze in onor di Maria, e in prova del valido suo intervento a sollievo delle umane miserie ; vorremmo un po' sentire , se avrebbero ancora il coraggio di gridare alla superstizione nel veder pubblicate grazie per mezzo di Lei ottenute. Ma lasciamo ormai questi infelici , e noi godiamo in cuor nostro di essere l' oggetto, o almeno i testimonii delle divine misericordie, e di poterci persuadere ognor più che tra di noi non si é ancora abbreviato il braccio dell'Onnipotente, né esaurita la bontà di Maria.

In quel giorno ci siamo eziandio convinti che le grazie di Maria Ausiliatrice , divulgate in appositi libretti, producono tra il popolo frutti ammirabili. Quei fascicoli eccitano dappertutto amore, speranza e fiducia nella Madre del nostro divin Redentore, spronano i fedeli a ricorrere a Lei nelle loro strettezze, e ad obbligarla, per così dire, a versare nel loro seno ogni sorta di favori. Per la qual cosa noi preghiamo i nostri Cooperatori e le nostre Cooperatrici a volerci spedire per iscritto la relazione di quelle, o che avessero già ottenute e non ancora riferite , o che fossero per ricevere in avvenire. Triplice è il bene che da ciò si ricava : - Si fa vie meglio conoscere ed ammirare la bontà e la potenza di Maria ; si eccita e si mantiene nei fedeli la divozione verso di Lei, e intanto si porge occasione e mezzo a molti infelici di trovare nelle loro pene ed angustie aiuto e conforto, la loro salute temporale ed eterna.

Discorso di Mons. Lorenzo Pampirio.

Qui non possiamo passare sotto silenzio il discorso fatto in sulla sera da un celebre oratore, quale si è il Rev.mo Mons. Lorenzo Pampirio, degnissimo Vescovo di Alba. Salito sul pulpito, e vedutasi dinanzi tanta moltitudine di gente, provò una repentina, ineffabile sensazione ; diremmo che in quell'istante ei sentì l'anima sua darsi in balia ad un sacro entusiasmo. Perciò, non potendo contenere la piena degli affetti, eruppe in accenti di ammirazione, e sciolse un inno di lode a Dio ed alla Vergine per un sì grandioso ed imponente spettacolo di religione e di fede. Notò che più non occorreva che ei facesse il suo discorso, poiché Maria veniva eloquentemente predicata dal divoto contegno di un popolo così numeroso, affollato dinanzi al suo altare ; veniva da tante voci di esultanza, da tanti cuori palpitanti di amore e di riconoscenza proclamata Aiuto dei Cristiani più solennemente, che fatto non avrebbe qualsiasi oratore col più magnifico e fiorito encomio. Nondimeno egli tesse brevemente il suo panegirico , e dimostrò da pari suo come noi abbiamo motivo di chiamare Maria nostra Madre ed Aiuto, e di riporre in Lei piena fiducia. « Al suo materno seno, disse egregiamente Mons. Pampirio, al suo materno seno Maria già raccolse e strinse bambino Colui, che é la compiacenza del divin Padre , la delizia degli Angeli , la gioia dei Santi. Maria nutrì Gesù, gli prodigò tutte le cure di Madre, lo amò di un affetto indicibile. Di tutto questo Gesù ebbe un giorno bisogno; ebbe bisogno di posare su quel seno; ebbe bisogno di abbandonarsi su quelle braccia ; ebbe bisogno di godere di quelle amorose finezze. Ma salendo al Cielo Ei cessava di averne mestieri; ed allora che fece? Avendo esperimentato e ben sapendo qual buona, qual tenera Madre si fosse Maria, Gesù Le pose in braccio altri figli. Dalla croce Le pose in seno s. Giovanni Evangelista, e nella persona di lui Le diede per figliuoli noi tutti. Da quel momento Maria prese ad amare i Cristiani come i suoi secondogeniti, prese a beneficarli, a proteggerli, a mostrarsi in una parola loro possente Aiuto. Sì, Ella ci ama perchè la sua bontà sovrumana la spinge ad amarci ; ci ama perché Gesù glielo impone ; ci ama perché coopera col Figlio alla nostra salute ; ci ama perchè noi medesimi, perché l'umanità intiera sente bisogno dell'amore di una madre. Di qui é che in tutti i tempi e luoghi i veri Cristiani si sono raccolti sotto il manto di Maria, si sono gettati nelle sue braccia come figli in seno alla madre, apostoli e martiri, confessori e vergini, santi e sante, i fedeli insomma di ogni età e condizione ; di qui é che in tutti i tempi e luoghi individui e famiglie , principi e popoli , città e regni, la Chiesa e i suoi Capi ne implorarono con fiducia l' aiuto e ne furono esauditi; di qui é ancora che ciascheduno di noi non trova forse un giorno di sua vita, che non sia segnato da un benefizio di Maria, e non abbia ragione di cantare colla Chiesa : Oh! dies felix, memoranda fastis. » - Qui l' eloquente Prelato , aperta per un istante la ecclesiastica istoria, accennò alcuni fatti nei quali maggiormente rifulge la bontà e la potenza di Maria, per cui meritamente Le fu attribuito il glorioso titolo di Auxilium Christianorum. Disse di Pio V, che per aiuto di Maria vide tuffata la tracotante Mezzaluna nelle acque di Lepanto; di Pio VII, che per suo intervento, dopo un lustro di tristo esiglio, ritornò nella sua Roma glorioso e trionfante , mentre il suo persecutore due volte scoronato, due volte precipitato dal trono veniva confinato sullo scoglio di S. Elena ; disse di Pio IX, che nel suo straordinario pontificato aveva le cento volte esperimentata la valida protezione di Maria Ausiliatrice, da dover attestare pubblicamente che a Lei egli doveva ogni bene. Illuminato così e convinto il suo uditorio, il sacro oratore prese ad esortarlo ad una fiducia illimitata nella Gran Vergine, dicendo che avevano ragione di abbandonarsi nelle sue braccia giusti e peccatori, sani e malati, grandi e piccoli , giovani e vecchi , il forte e il debol sesso, il clero ed il popolo. Finalmente rivoltosi con mirabil enfasi a Maria ne invocò sopra di tutti l'aiuto potente, e con un suo fervido invito trascinò la immensa moltitudine a gridare una volta con lui: Evviva, evviva Maria!

Non ostante che nella foga del suo dire gli venisse a mancare alquanto la voce, Monsignor Pampirio non venne meno alla ben meritata fama di facondo ed affettuoso oratore, e il suo discorso fu degno della solennità, e quale si doveva attendere da un membro illustre di quell' inclito Ordine, che non invano si appella dei Padri Predicatori.- Grazie pertanto, o Rev.mo Monsignore, grazie vivissime ve ne rendiamo dati' intimo del cuore. La Vergine Ausiliatrice ve ne dia per noi il meritato guiderdone ; vi rimuneri a dovizia di quanto faceste in quel giorno , e vi conservi a lungo all'amor nostro, e all' amore del vostro gregge , che va meritamente altero di avervi a pastore e ad angelo tutelare.

La musica.

Alle eterne feste della Chiesa trionfante hanno pur parte i cantici, le armonie , i concenti degli Angeli e dei Santi. Il profeta Isaia udì i Serafini a ripetere alternativamente e a far echeggiare in tutta la Magione celeste il graziosissimo inno: Sanctus, Sanctus, Sanctus. E l'ultimo dei profeti , l' apostolo s. Giovanni , rapito una festa nel più alto dei Cieli, udì ancor egli le angeliche melodie, gli inni di gioia che vi risuonavano, e così ne scrive nella sua Apocalisse, o libro delle rivelazioni : « E udii la voce di molti Angeli e Santi, i quali cantavano un cantico nuovo dicendo : O Signore, o Agnello di Dio che fosti ucciso, degno tu sei di ricevere e la divinità , e la sapienza, e la fortezza, e l'onore , e la gloria e la benedizione. »

Ora le feste della Chiesa militante devono modellarsi su quelle della trionfante. Per la qual cosa tutti gli anni usiamo una cura particolare, perché le opere musicali da eseguirsi nella solennità di Maria Ausiliatrice sieno di quegli autori, che levarono più alto grido nel mondo, e che seppero sublimarsi al di sopra degli altri, inspirandosi alle note celesti. Tra costoro vanno senza contrasto annoverati il M. Pacini e il M. Haydn; e sono appunto le composizioni di questi sommi, che furono scelte quest'anno per la Messa solenne della gran festa.

La Messa in ogni sua parte fu eseguita con tale maestria e precisione da riscuotere gli applausi non solo del semplice volgo, ma pur degli intelligenti ; imperocchè al coro di ben 200 .giovanetti dell' Oratorio erano cortesemente venuti a congiungere l'omaggio della loro voce parecchi dei più distinti artisti e maestri nella bell' arte. Tra gli altri ci piace notare il sig. cav. Giuseppe Bertone , il sig. M. Marziano Cantone , il sig. Prospero Succio e il sig. Luigi Fumero di Torino, ai quali tutti ci riesce dolce il qui tributare i più cordiali ringraziamenti.

Se dovessimo dire della felice esecuzione delle singole parti, e delle profonde emozioni suscitate nel popolo, ci toccherebbe distenderci di troppo. Quindi notiamo solo che nella Messa la fuga del Cum Sancto Spiritu del Gloria , il Crucifixus e il Vitam venturi saeculi del Credo furono giudicati pezzi e canti veramente sublimi. Ma quello che riportò la palma su tutti fu l'Agnus Dei dell'Haydn. Sì, davvero, quel Miserere, quel Dona nobis pacem... pacem... pacem parve ad ognuno una composizione più divina che umana.

Quello che diciamo della esecuzione della Messa va pure inteso della esecuzione dei Vespri, e della antifona Sancta Maria succurre miseris di Don Cagliero. Il suo Tantum ergo poi a due cori fu un serto ben degno a tutta la musica di quel giorno. Più si ascolta e più si gradisce, e se ne resta ammirati. Quel ripetersi da tante voci argentine Veneremur , laus et jubilatio , con un motivo, con una espressione così delicata , che penna alcuna non varrebbe a descrivere, ti trasporta come in sulla soglia del Paradiso, ove ti pare di udire un coro di Angeli invitare tutti i Beati a prostrarsi veneratori dinanzi al Re dei secoli. Allora tu ti senti ravvivare la fede , innondare di gioia il cuore , e spuntare sul ciglio una pia lagrima. In quell' istante solenne l' uomo anche meno divoto piega il ginocchio a terra, e se per ciò fare gli manca lo spazio, china riverente la fronte, e dall'intimo del cuore mormora una preghiera e dice : Si , mio Dio , io vi credo qui presente, io vi adoro, io vi amo.

Di tutto il canto di quel giorno, che nel complesso durò 5 ore, dovette sopra ogni altro andar lieto il M. Giuseppe Dogliani , che della sua fatica nelle ripetute prove ed accompagnamento si ebbe nella felicissima riuscita il premio più ambito al suo cuore.

Gli apparati.

Per gli splendidi suoi apparati la Chiesa di Maria Ausiliatrice risvegliò nella mente l'idea della Città santa, della Gerusalemme celeste, di cui parla il discepolo prediletto, messa in ordine come una Sposa abbigliata pel suo Sposo : Paratam sicut Sponsam ornatam viro suo. Il bellissimo tappeto, che copriva gran parte del presbitero, e dono delle signore fiorentine ; le ricche piramidi regalate a D. Bosco dagli antichi allievi dell'Oratorio, disposte in bell'ordine sui gradini dell' altar maggiore ; la corona ed il contorno di cuori d'argento, che ornavano il quadro di Maria Ausiliatrice ; i ricchi paramenti dei sacri ministri , egregio lavoro della signora Battistolo, provvisti in buona parte per le generose offerte di alcuni patrizi e matrone torinesi ; le parecchie centinaia di lumi risplendenti dinanzi alla veneranda immagine, tutto questo ed altro ancora formava nell'insieme uno spettacolo così attraente, che ognuno andava esclamando : Oh ! come è bello ! Sembra il Paradiso ! No, quello non era ancora il Paradiso. Del Paradiso non fu che un'ombra, che servì nondimeno a distaccare gli animi dalla terra e sollevarli al Cielo. Composti di anima e di corpo, intenti la maggior parte della vita alle cose materiali, noi abbiamo pur bisogno della magnificenza del culto esterno, che in qualche modo ci ricordi le bellezze e gli splendori immortali, che ci attendono al di là della tomba. E tra le altre la festa di Maria Ausiliatrice in Torino, le musicali squisite note, di cui risuonarono le sacre volte del suo Santuario , i ricchi addobbi , di cui era bellamente rivestito, la larga corona di leviti che attorniavano l'altare in edificante contegno, furono quale una scuola eminentemente morale; una scuola feconda di sublimi pensieri, ed inspiratrice di sante risoluzioni.

Articoletto dell'Unità Cattolica.

Crediamo pregio dell'opera chiudere questa nostra relazione con un grazioso articoletto, che vide già la luce nell'egregio giornale, l'Unità Cattolica, concepito in questi termini

» Il 24 maggio abbiamo assistito alla festa di Maria Ausiliatrice, celebratasi solennemente nel Santuario a Lei dedicato in Torino , e ne siamo stati edificati. Sceltissima fu la musica, e i giovanetti di Don Bosco nell'eseguirla, mattino e sera, superarono ogni aspettazione. I Torinesi poi diedero una prova splendidissima di pietà verso l'augusta Madre di Dio. Quantunque giorno feriale, nondimeno la Chiesa fin dalle ore 4 del mattino fu frequentatissima. A mezzogiorno ancor si confessava ed amministravasi la santa Comunione. Nelle ore pomeridiane il concorso di popolo appié della venerata immagine di Maria fu incessante ed immenso. Ai Torinesi vennero ad unirsi pure molti pellegrini di varii paesi e città d'Italia. - Alla sera, Monsignor Lorenzo Pampirio, degnissimo Vescovo di Alba, salito sul pulpito, vedendo tanto popolo, eruppe in caldo ringraziamento a Dio, e disse che più non occorreva che egli facesse il panegirico a Maria , poiché magnifico il facevano i Torinesi col loro numero e colla loro pietà. Tuttavia parlò con molto slancio ed affetto dei motivi che abbiamo di amare Maria, e di sperare e confidare in Lei. Il Tantum ergo a cori, il ricco apparato, i lumi innumerevoli che ardevano sull'altare furono cosa di un effetto inesprimibile. Non essendovi stati i pontificali, cantò Messa solenne e diede la benedizione il reverendissimo Don Bosco ; cosa che rallegrò tutti. Dio conservi ancora per molti anni questo degno ecclesiastico, il quale, nella sua umiltà e zelo, sa eccitare e tener così viva la pietà in mezzo al popolo cristiano » Fin qui l'Unità Cattolica (1).

Avremmo ancora più altre cose a riferire, avvenute in Torino e altrove nel giorno della festa e durante la novena ; ma urgendo il tempo le pubblicheremo altra volta con varie importantissime lettere.

(1) V. N° 124, Giovedì, 26 Maggio 1881

LETTERA PATAGONICA.

Patagones, 18 Aprile 1881.

Amatissimo Padre in G. C.

Le do alcune notizie, che la fretta mi permette di consegnare alla carta. Di sanità stiamo tutti bene ; di lavoro ciascuno ne ha per quattro, e se fossimo ben mille ne avremmo per tutti. Abbiamo poc' anzi battezzati 85 adulti, tra cui alcuni bambini di 70 e 80 anni. Oltre a ciò abbiamo dato il battesimo a 400 fanciulli ; e la pasqua a 150 tra ragazzi e ragazze. Per questo le nostre Suore ci sono di grande aiuto.

Ho pronto il cavallo per partire e recarmi in missione alla tribù di Catriel, distante di qui 220 chilometri. Non mi fermerò che otto giorni, perché il primo di Maggio dovrò portarmi ad un' altra missione straordinaria , e di grande importanza, verso il centro della Patagonia. Allora mi toccherà percorrere non meno di mille chilometri per luoghi incolti e deserti, senza strade e senza civili abitazioni. Mi fermerò presso il lago Nahuel-Huapi, dove trovansi 2000 Indii in piena barbarie. E la prima volta che il Missionario, o dirò meglio, che il piede straniero va a calcare quelle terre sconosciute. Spero che potrò fare un po' di bene. Se riusciremo a fondare colà una colonia, noi avremo un luogo ove fermarci alquanto, e donde poter esaminare eziandio l' interno della Patagonia verso le Cordilliere. Andrò adunque, vedrò, raccoglierò le notizie che mi saranno possibili, e poi le darò relazione di tutto.

Intanto, colle ginocchia della mente inchine , Le dimando una speciale benedizione, e mi raccomando alle sue preghiere , e a quelle di tutti i nostri Confratelli , di tutti i Cooperatori e Cooperatrici. Sì , preghino molto per noi in questo difficile momento. Le anime, che speriamo di salvare, saranno quelle che un giorno ci apriranno le porte del Cielo.

Padre amatissimo, nell'ultima sua, Ella mi domandò se io prego per Lei. - Sì, le rispondo, prego tutti i giorni ; e nella santa Messa , nel memento dei vivi, mi é impossibile il poterla dimenticare, e ciò sia per dovere di giustizia, sia per l' affetto particolare, che cresce a misura della distanza che da Lei mi separa. Oh! quante volte, e allora soprattutto quando la notte mi sorprende fuori di casa , e che mi tocca pigliare un po' di riposo sdraiato presso un cespuglio o un tronco di albero, mi porto col mio pensiero a Lei e dico Oh ! se il mio caro D. Bosco mi vedesse in questo stato, qual pena non ne soffrirebbe mai il suo buon cuore!

Termino col ricordarle che durante il mese di Maggio e di Giugno io mi troverò nel maggior cimento. Perciò mi raccomandi in modo speciale a Maria Ausiliatrice, e al Sacro Cuore di Gesù, nel quale mi dico

Di V. S. M. Rev.

Affezionatissimo figlio in G. C.

Sac. GIUSEPPE FAGNANO.

LA CHIESA DEL SACRO CUORE in Roma.

I lavori nella Chiesa del Sacro Cuore in Roma continuano con alacrità. Vero è che nei mesi passati i Protestanti, i quali vi hanno da presso un loro istituto, andavano dicendo ed anche scrivendo che D. Bosco stava per fare bancarotta ; ma finora questo non é che un loro desiderio. Se il concorso dei nostri Cooperatori e Cooperatrici non ci verrà meno, i lavori proseguiranno con vie maggior lena, e faremo vedere che cosa sappia fare la carità dei Cattolici.

A gloria di Dio e ad eccitamento dei buoni dobbiamo dire che ogni giorno ci pervengono limosine a quest' uopo ; sono piccole, ma sono frequenti. Fin dal 12 gennaio dell' anno corrente diedero il primo impulso alcuni Cooperatori della città di Udine coll' offerta di L. 25; poco dopo ne imitò l' esempio una Cooperatrice di Caramagna (Piemonte), che morendo lasciava a questo scopo L. 700. D' allora in poi la divina Provvidenza proseguì a mandare soccorsi, ora all'Eminentissimo Cardinale Vicario di S. S., ora al Sac. Professor Francesco Dalmazzo in Roma , ora a Don Bosco in Torino, e speriamo che non ci mancherà dei suoi favori neppure per l'avvenire.

Questa primavera varii Patrizi e Matrone di Roma diedero una splendida prova di loro generosa pietà. Delle dodici colonne, di circa 2500 franchi caduna, che sono destinate ad ornare il sacro edifizio, otto furono distribuite nelle famiglie romane , le quali si faranno un vanto di lasciare nella novella Chiesa un monumento di loro pietà verso il Sacro Cuore di Gesù, e di ammirazione al Grande Pontefice Pio IX, di veneranda memoria.

Con tutto ciò non bisogna già credere che le nostre finanze siano in buono stato. Ognuno rifletta che per terminare l'Opera intrapresa, coll'Istituto annesso, occorrono ingenti spese, e che per terminare la sola fabbrica della Chiesa in tre anni sono necessarii 15 mila franchi al mese soltanto nella mano d'opera. Diciamo questo affinché niuno tralasci d'aiutarci col dire : La Chiesa si farà anche senza del mio concorso.

In Italia, Francia, Spagna ed America furono stabiliti dei Collettori, che raccolgono offerte per la Chiesa del Sacro Cuore, e i nostri Benefattori potranno eziandio far capo alle nostre Case, per depositarvi l' obolo della loro carità. Per ricordarlo sarà spedito, da esporsi in luogo visibile, un apposito cartello con queste parole SI RICEVONO OFFERTE PER LA CHIESA DEL SACRO CUORE DI GESÙ' E PeR L' ANNESSO OSPIZIO SUL MONTE ESQUILINO IN ROMA. IL SANTO PADRE LeONE XIII IMPARTISCE UNA SPECIALE BENEDIZIONE A TUTTI I BENEFATTORI DI QUEST'OPERA PIA.

Siamo nel mese del Sacro Cuore di Gesù ; coraggio , buoni Cooperatori e pie Cooperatrici, e meritatevi le sue amorose finezze con qualche limosina a gloria di questo dolcissimo Cuore. Tale limosina potrà certamente servire per quella prescritta per l'acquisto del Santo Giubileo.

LA CONFERENZA DEI COOPERATORI A ROMA.

Crescendoci la materia tra mano, dobbiamo rimandare ad altro mese la relazione della Conferenza tenutasi in Torino. Ci limitiamo a riferire per ora quella che ebbe luogo in Roma, e il faremo col riprodurre un bellissimo articolo , che già ne pubblicava l'Aurora nel suo n. 109 del 13 maggio, col titolo : A Tor de' Specchi.

A TOR DE' SPECCHI.

« Ieri nelle ore del pomeriggio la piazza di Tor de' Specchi era piena di carrozze. I cocchieri mezzo giacenti sui loro sedili facevano noto trattarsi di cosa non breve.

» Entrammo, e traversate le molte aule bellamente dipinte, nelle quali veggonsi effigiati i vari fatti della vita di S. Francesca Romana, e salite le scale, a pie' delle quali é ritratto a tempera il solenne traslocamento del corpo della Santa, avvenuto parecchi anni or sono, entrammo nella bella Chiesa delle Oblate.

» Quella Chiesa ha qualcosa di singolare. Nella sua semplicità, unita a dovizia d'intagli, di marmi e di dorature, ha un incanto maraviglioso.

» Intorno intorno si distendono i lucidi sedili di noce, di leggiadro, ma semplice intaglio a due ordini. Quelle prospere, nelle quali ogni giorno le figlie di S. Francesca pronunziano le lodi del Signore, in certe occasioni di maggiore solennità sono occupate dalle persone varie e distinte per grado che vi convengono.

» Notammo tra due oblate, la giovane Laura Altieri, fra due altre vedevasi la sua madre donna Beatrice, e poi altre oblate ed altre persone del nostro patriziato, la principessa Massimo, la principessa Odescalchi, la marchesa Cavalletti, ed altre distinte signore. Innanzi all'altare erano molte sedie per prelati ed altre persone, l' arcivescovo d' Efeso Mons. Folicaldi, Mons. Allegro vescovo d'Albenga ed altri prelati.

• Un uomo affranto dagli anni, ma vigoroso pel fuoco dello zelo, saliva sul palco coperto con drappi rossi. La sua parola era calma come il suo aspetto, era la parola della carità. Tutti gli sguardi erano intenti in lui, il quale coll' eloquenza de' fatti narrava di che s' era operato nell' anno dalla Congregazione Salesiana, e con giubilo accennava al sorgere della Chiesa consacrata al Cuore di Gesù. Era D. Giovanni Bosco. Ecco le principali linee del suo discorso

» Dopo aver annunziato che Sua Santità degna— vasi inviare una benedizione speciale ai Signori intervenuti alla adunanza, disse che avrebbe parlato delle opere dei Salesiani in genere e poi della Chiesa del Sacro Cuore. Dall' anno decorso in poi le Case dei Salesiani sono aumentate. Le missioni della Patagonia prosperano. Consolidate ed estese le fondazioni di Nizza, Ventimiglia, Spezia, Lucca, Firenze; dove, sorti e prosperando i nuovi istituti al fianco di istituzioni consimili aperte dai protestanti, riescono a paralizzare i loro dannosissimi effetti ed a strappare anime al regno di Satana. La gioventù e l'avvenire essere, secondo la frase di Dupanloup, una stessa cosa, e doversi augurare all' Italia un avvenire sereno, posto che quest'opera benefica di educare e salvare la gioventù , mediante il sussidio dei Cooperatori Salesiani, prenda nuovo incremento.

» Venendo quindi a parlare della Chiesa del Sacro Cuore, disse essere stato con ottimo intendimento stabilito che sorgesse sul colle Esquilino,. una volta sacro ai numi , un tempio sacro alla divina Clemenza, cioé al Sacro Cuore. Come un di però ivi stavano le excubiae, o sentinelle, convenire far sì, che vi sorgesse uno stabilimento da educarvi le sentinelle destinate a vegliare per la salute delle anime.

» L'egregio P. Maresca avea cominciato con zelo il lavoro. I Salesiani lo continueranno. Ben 66 stabilimenti protestanti , sale , scuole , ospizi grandiosi disputano in questa Roma le anime alla fede cattolica, e molti adescati da promesse di lavoro e da facili concessioni si lasciano sedurre. Convenire porre un argine a questa propaganda, e raccorre questi giovani senza parenti, senza protettori, senza pane, da qualunque parte d'Italia siano; e però accanto alla Chiesa del S. Cuore doversi erigere un asilo per raccorre, educare almeno un cinquecento giovani. A quest' oggetto faceva un appello alla carità dei Romani, che, se prima furon larghi di aiuto a lui per fare il bene in altre città d'Italia, oggi dovrebbero stendergli la mano, onde non si avesse a vedere qui in Roma i protestanti solleciti di impiegare energia e tesori nel trionfo dell'eresia, e neghittosi ed impotenti i Romani per il trionfo della fede. Terminò dicendo che a confortarli a questa carità l'Eminentissimo Alimonda avea gentilmente consentito di rivolgere a loro due parole ; che egli era felice di veder l'eloquente Porporato trattar la causa dei Salesiani.

» Dopo il discorso di D. Bosco saliva sul palco l' Eminentissimo Card. Alimonda. La sua nobile figura grandeggiava maestosamente , ma sul suo volto era dipinta l' affettuosa bontà dell' apostolo. Le purpuree sete, la croce d'oro crescevano maestà al venerando oratore, il quale colla sua maniera semplice e sublime, familiare e maestosa, grave per molta dottrina ed erudizione e piacevole per maravigliosi lampi d'immaginazione, svolgeva un suo concetto intorno alla fede romana lodata da S. Paolo, raffrontando tempi a tempi, costumi a costumi, speranze a speranze. Ecco in breve la traccia del suo discorso

» Cari quei cuori che vedendo il male fan di tutto per impedirlo e dissiparlo; sono somiglianti al cuore di Dio. Ei vide il male nell' uomo e ne fu impietosito, mescolò alle sue minacce una promessa, ed ecco Gesù Cristo. Ei vede l'uomo nel vizio e lo indirizza alla virtù , lo vede debole e lo rafforza, caduto lo rialza e gli schiude il Cielo per farlo felice. A questo amore scaldavasi il cuore di S. Paolo quando diceva : Chi tra voi s' inferma che non mi infermi ancor io? Conforme al cuore dei servi di Dio è il cuore dei Salesiani. Questa Congregazione sembra essere stata istituita dalla Provvidenza per recare un balsamo a tante ferite, rialzare tanti caduti, recar pace a tanti disperati, per glorificare il nome di Dio e sterminare il peccato. Avete udito la relazione fatta dal fondatore e istitutore dei Salesiani ; quanto bene si é fatto: quanto non é da sperarsi che andranno sempre più facendone istituzioni così belle.

» Per eccitarvi pertanto ad aiutare queste opere qui in Roma, lasciate che io vi proponga alcuni ammaestramenti contenuti nella lettera di Paolo ai Romani.

» Non vogliate , diceva S. Paolo, conformarvi a questo secolo. Erano tristi quei tempi, assai tristi. S. Paolo diceva : La notte precedette con le sue opere tenebrose , ma non vi conformate a quelle, perché il di s'avvicinò ; riformatevi nella novità del pensiero e dell' affetto. Il secolo presente è come quello in cui scriveva Paolo. La notte si é avanzata. Povere nazioni ! Povera Italia, piena di tribuni della plebe, di passioni demagogiche, di atei, i quali corrompono il cuore, e di romanzieri, di gazzettieri, che seminano errori, discordie... L' Italia ha bisogno di Santi come un Benedetto , un Francesco d'Assisi , un Ildebrando , un Filippo Neri, una Caterina da Siena, quindi anche dei Salesiani. Accoglieteli , rendetevi riformatori di voi stessi sugli esempi di questi generosi.

» I Salesiani che faranno? Tutto il bene possibile ; cercheranno i fanciulli , li instruiranno , li ridurranno sulla retta via , combatteranno le iniquità. Anche a' tempi di S. Paolo non mancava chi seminasse scandali tra i credenti ; e S. Paolo diceva ai Romani di schivarli. I protestanti vengono a seminare dissensione, pretendono portare a Roma il Vangelo, quasi i Romani non lo conoscessero. Oh ! se furono i primi loro a riceverne la luce e la fede. Lutero stesso ebbe a confermarlo : tutto quello che abbiamo, disse , lo abbiamo da Roma. Sì, ce lo hanno rubato e guasto sì, che non è più quello. E or che fare ? Fuggirli. Son venuti in mal punto a seminare scisma tra i fratelli, mentre il materialismo , il comunismo e il socialismo invadono la società.

» Conviene lavorare di buona lena, e, secondo S. Paolo, rivestirci di Gesù Cristo. In che deve consistere questa riforma lo dice S. Paolo : Non ti lasciar vincere dal tristo, ma vincilo nel bene. Quali mali affliggono i popoli? Dissipazione di idee, perversione di costumi, dimenticanza e disprezzo della Religione. Viene la festa, il popolo si diverte in ferrovie, in escursioni, in danze , in dissipazioni di ogni genere; non si va alla Messa, non si ascolta la Parola di Dio, non s'impara il Catechismo, non si frequentano i Sacramenti. Un giorno le classi operaie avevano le loro società, un Santo protettore, la Domenica si raccoglievano divote insieme a pregare. Ora al Santo é successa un' altra bandiera, alle riunioni della Domenica sono successe altre riunioni, alla Congregazione la setta. Anche le donne han cambiato. Non più quelle sante ed eroiche madri di famiglia, educatrici di virtuosi figli. Ora frequentano non più la Chiesa , ma la strada cui scandalizzano, e crescono i figli al vizio più che alla virtù. Questi sono i mali. Come si vinceranno ? Lo dice S. Paolo: Con il bene. Ecco l'opera dei Salesiani. Voi Romani avete un clero virtuoso , è vero , ma. gli aiuti morali non sono mai troppi, e si accolgono volentieri da qualsiasi parte ne vengano.

» Bel pensiero è stato quello di edificare al Castro Pretorio la Chiesa del Sacro Cuore. Due città

sono al mondo per diversi motivi assai celebri. Parigi e Roma. Fortunatamente l' una e l' altra vedono oggi sorgere un tempio dedicato al Sacro Cuore di Gesù.

» Avete inteso i bisogni che ci sono. Cresca il numero dei Cooperatori a quest' opera che è di Dio. Diamo per la salute delle anime. Anco Dio ha dato tanto a noi. E voi date per strappare all' empietà, all' errore, i figli del popolo. Nella speranza che sarete generosi benedico Iddio, e sento in cuore sorgere la confidenza, che la mano del Signore su di Roma non sarà abbreviata.

» La maestosa cerimonia, abbellita dalla parola di due uomini straordinari, era chiusa dalla benedizione del Venerabile, che veniva impartita dallo stesso Eminentissimo Cardinale.

» Alcune signore raccoglievano l' elemosina, la quale era stata raccomandata dalla bella parola dell'Eminentissimo oratore, che avea detto a un dipresso così: - Vedete il sole, la luna, le stelle i fiori ? sono essi una elemosina della Creazione. Vedete il Calvario, il sangue, le piaghe di Cristo, non sono queste cose anche una elemosina ? L'elemosina della Redenzione. E la Chiesa non ci fa elemosina coi suoi Sacramenti, colla diffusione della divina Parola ? Tutto é elemosina. -

» Facciamo anche noi la nostra elemosina pel bene dei fratelli nostri.

» Alle Oblate di Tor de' Specchi una parola d'encomio. Devesi ad esse il buon andamento di questa pia cerimonia. Figlie degne di Francesca Romana, s' adoprano di promuovere tutto ciò che giova alla religione, della quale é sede precipua questa Roma. E di vero quante volte ci avvenne di accorrere a questa loro interna e magnifica Chiesa per assistere a belle cerimonie di culto , specialmente per consacrazioni episcopali ? Il cantico della esultanza come torna gradito in questo tempio, in cui sembra vivere tuttavia e pregare nelle sue figlie l'anima bella di Francesca Romana ! »

Fin qui l'egregio giornale romano.

GIUBILEO SACERDOTALE dell'Arcivescovo di Milano.

Il 28 e 29 del maggio ora decorso, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Luigi Nazari di Calabiana, già Vescovo di Casale, ed ora Arcivescovo di Milano, celebrò il suo Giubileo sacerdotale, vale a dire il cinquantesimo anno della sua ordinazione a Sacerdote e della sua prima Messa.

A festeggiare condegnamente sì fausto avvenimento concorsero unanimi i rappresentanti di tre Diocesi; di Torino, nella quale egli ebbe i natali e passò i primi anni della sua vita da Chierico e da Sacerdote esemplarissimo; di Casale , dove fu Vescovo dal 1847 al 1867, amato e venerato da tutti; e di Milano, nella quale pel corso di quasi tre lustri seppe cattivarsi l' affetto e l'ammirazione di ogni persona dabbene. Le dimostrazioni furono cordialissime, le feste oltremodo splendide, avendovi personalmente partecipato ben 17 tra Arcivescovi e Vescovi d'Italia.

Memori dell' alta benevolenza, onde Mons. di Calabiana ci accolse, quando nel 1863 andammo ad aprire il nostro primo Collegio nella sua diocesi Casalese ; memori delle innumerevoli prove di paterno affetto date a noi, ai nostri figli e giovanetti, che ebbero la bella sorte di essere tra le pecorelle del suo amatissimo gregge; memori sopratutto dell'alto seggio, che egli occupa siccome successore di sant'Ambrogio e di S. Carlo, noi non potemmo non prendere parte alle sue gioie. Pregammo Iddio che gli concedesse ancora molti anni di vita , ed il 29 gli esternammo i nostri cordialissimi ossequii coll'invio di un telegramma di questo tenore:

Arcivescovo Milano - Salesiani, loro allievi, vostri affezionatissimi figli, fanno cordialissime congratulazioni vostro Giubileo sacerdotale, ricordando Voi amico, protettore, benefattore. Tutti pregano Dio conservarvi coi vostri commensali per rinnovazione questo giorno.

L'insigne Prelato, che in bontà non é secondo ad alcuno, ci rispondeva tosto in questi termini

Sacerdote Bosco, Istituto Salesiani, Torino. - Ringrazio commosso , amorevole attenzione. Benedico cordialmente padre, figli.

- LUIGI Arcivescovo.

Deh ! siaci la sua benedizione propizia ed efficace per l'avvenire, come lo fu per lo passato.

LA SUPERIORA GENERALE delle Suore di Maria Ausiliatrice.

Il nostro Istituto delle Suore di Maria Ausiliatrice, fondato nel 1872, ha fatto poc'anzi una perdita sensibilissima. Il 14 dello scorso maggio in Nizza Monferrato Suor Maria Mazzarello, Superiora generale, anzi la pietra angolare e lo strumento abilissimo, che la divina Provvidenza ci aveva messo nelle mani per la nascente Congregazione, tra il pianto delle numerose sue figlie, spirava l'anima nel bacio del Signore, vittima del suo ardentissimo zelo. Nel decorso inverno ella volle fare la visita delle sue case di Francia , a fine di mantenervi sempre vivo lo spirito di pietà tra le sue figlie, e il desiderio della religiosa perfezione. In questa fatica ella contrasse un morbo fatale , che lentamente la doveva condurre alla tomba in età di soli 44 anni. Era donna fornita di doni speciali nella direzione delle anime, sicché in breve tempo seppe dare tale sviluppo al novello Istituto, che n'ebbe a maravigliare lo stesso suo fondatore. Nello spazio di nove anni appena del suo generalato, le Suore di Maria Ausiliatrice salirono a parecchie centinaia ; si sparsero in più luoghi del Piemonte, della Liguria, del LombardoVeneto e della Francia ; anzi, salparono l'Oceano, si portarono nell'America, e penetrarono persino nella barbara Patagonia, per farvi conoscere ed amare il loro celeste Sposo. Figlie degne di una tal Madre, a cui sia pace in Cielo e nome imperituro eziandio in sulla terra. - Di quest'anima eletta stiamo ora preparando una breve biografia, che vedrà la luce nei prossimi numeri del Bollettino Salesiano.

DUE SANTI UOMINI TOLTI DALLA TERRA.

Due santi uomini mancarono in sulla terra presso la festa di Maria Ausiliatrice, uno in Torino il 28, e l'altro in Roma il 29 maggio. Il primo é Mons. Luigi Anglesio , Superiore della Piccola Casa della Provvidenza ; il secondo é Mons. Vincenzo Anivitti, Vescovo di Caristo in partibus infidelium, suffraganeo dell' eminentissimo Cardinal Bilio Vescovo di Sabina. Erano ambidue fervorosi Cooperatori Salesiani , e pieni di affetto verso la nostra Pia Società; erano due perle, due gemme della Chiesa cattolica.

MONSIGNOR LUIGI ANGLESIO.

Mons. Luigi Anglesio nacque in Torino nel 1803. Fin dai teneri anni era un esempio di pietà e di modestia; veniva chiamato il piccolo S. Luigi, e le madri lo proponevano quale modello ai loro figliuoli.

Vestito l'abito da chierico, e poscia insignito dell'Ordine sacerdotale diede tosto prova del suo ardentissimo zelo per la gloria di Dio e per la salute delle anime, frequentando assiduamente il confessionale, e predicando con unzione e semplicità attraente. Eletto nel 1832 a Canonico della SS. Trinità, e nel 1838 a membro della Congregazione di S. Lorenzo ebbe a compagno e a collega il Venerabile Canonico Giuseppe Cottolengo, del quale l'anno dopo si fece umile discepolo, consacrandosi intieramente con lui al servizio dei poveri nel suo Istituto, trasferito in Valdocco fin dal 1832.

Morto nel 1842 il Venerabile fondatore, l'Anglesio fu designato a succedergli. Dire il bene, che egli ha fatto in quella Casa pei corso di circa 40 anni, ci é cosa impossibile. Basti il notare che tra bimbi, orfani, muti, paralitici , ciechi , fatui, vecchi, ebeti, invalidi, infermi, egli ricevette in eredità settecento poveri, e morendo ne lasciava tre mila. Del pio Istituto del Cottolengo Mons. Anglesio fece come una città di rifugio , dove hanno sollievo e conforto tutte le miserie, da cui é afflitta la povera umanità.

Per dire poi delle sue eroiche virtù occorrerebbero grossi volumi. Dai suoi ricoverati egli era venerato qual Padre; da suoi concittadini era avuto qual Santo. Nella sua morte fu unanime l'esclamazione dei Torinesi: E morto il Santo della Piccola Casa ; abbiamo un Santo di meno in sulla terra!

Il 23 maggio, vigilia della festa di Maria Ausiliatrice, egli doveva venire a dare la benedizione nel nostro Santuario , come costumava gli anni addietro; ma non potè soddisfare i suoi e i nostri voti, perché al 21 era stato colpito da malattia. Sebbene in apparenza leggiera, egli presago di quello che doveva succedere domandò tosto gli ultimi Sacramenti. Fervide preghiere s'innalzarono subito al Cielo nella Piccola Casa per la sua guarigione; ed anche nel nostro Oratorio di Torino si fecero vive istanze a Maria Ausiliatrice, perché lasciasse ancora tra di noi un uomo, il quale ci era stato amico sincero, e, in più circostanze della vita, guida ed oracolo.

Tante suppliche parvero per alcuni giorni esaudite. Il giorno 24, solennità di Maria Ausiliatrice, abbiamo inviato un Sacerdote a prendere di sue notizie. Informatone, il venerando malato fece andare quel Sacerdote presso al suo letticiuolo , e poi con lucida mente, con parole affettuosissime, che gli fiorivano abbondanti in sul labbro, egli ci mandò a ringraziare delle preghiere fatte per lui nella Chiesa di Maria Ausiliatrice , ed ebbe la degnazione di uscire in tali espressioni a riguardo dell' Opera nostra , da somministrarci una prova invincibile di sua preziosa benevolenza. Noi le conserveremo in cuor nostro come un conforto, che ci mandò il Signore per bocca d'un suo Servo, morto in odore di santità.

La notizia di un miglioramento aveva già dilatato il cuore de'suoi figli e figlie, anzi di tutti i buoni Torinesi; quand'ecco restringerlo nuovamente e più profondamente ferirlo la voce, che il Padre era in agonia. Poco prima che spirasse , avendogli il Confessore ricordato le dolci parole, colle quali S. Giovanni apostolo chiude il suo libro dell'Apocalisse: Veni, Domine Jesu, vieni, o Signore mio Gesù, il buon Padre soggiunse tosto: Et noli tardare, e non tardar più. Furono queste quasi le ultime parole, poiché poco dopo egli si addormentava nel bacio del Signore.

Per Gesù aveva patito e lavorato , per Gesù aveva vissuto, e con Gesù in cuore e in sul labbro egli moriva: Vita e morte da Santo !

MONSIGNOR VINCENZO ANIVITTI.

Questo ornamento del Clero romano nacque in Roma l'anno 1824. Della sua alta dottrina sono prova non dubbia i volumi da lui dati alla luce, e le splendide onoranze di cui fu ricolmo. Superiori poi ad ogni umana lode sono le sue virtù ; sublime la sua carità , e veramente apostolico il suo zelo. A buon diritto egli sarà chiamato l'Apostolo di Roma. Maestro alla gioventù ecclesiastica del Seminario Romano , egli non isdegnava punto di scendere a fare il catechismo ai fanciulli, prepararli alla prima Comunione , e gettare nei loro cuori il seme delle virtù cristiane. Con una eloquenza tutta sua propria, con una grazia incomparabile spezzava il pane della divina Parola al popolo ed ai dotti, e ne illuminava la mente , ne guadagnava il cuore. La Chiesa di Santa Maria della Pace, nella quale per molti anni esercitò il sacro ministero, era sempre affollatissima. Dal pergamo egli scendeva nel tribunale di penitenza, e vi durava le ore instancabile. Per questo il grande Pio IX lo ebbe sempre carissimo; e il gloriosamente regnante Leone XIII, appena salito al trono pontificio, lo nominò suo Cameriere segreto Partecipante, e poco dopo lo insigniva della dignità episcopale.

Mons. Anivitti era per eccellenza il predicatore ed il Vescovo di Maria. Ne promosse il culto non solo colla fervida parola , ma ancor colla forbita sua penna, scrivendo articoli bellissimi nel periodico intitolato La Vergine; e la Vergine pietosissima lo volle con se pria che finisse il suo bel mese. Buon soldato di Gesù Cristo non depose le armi giammai. Lavorò così strenuamente, che ben poté dire con S. Paolo : Bonum certamen certavi, ed aspettarsi con fiducia la corona della giustizia.

« Proprio sul principio del mese sacro a Maria, narra il giornale l'Aurora, Mons. Anivitti, stanco per varie prediche, ché talvolta in un giorno ne faceva sino a sei, moveva frettoloso verso la via che mette al campo Verano. Il suo volto era acceso, e l' andar , d'uomo che a grande fatica si mena. Interrogato da alcuno ove traesse, rispose per una Cresima nelle vicinanze del Campo Santo. Erano gli ultimi sforzi dell'infaticabile Sacerdote. Non molto dopo il pianto dei suoi amici, de'suoi figli l'avrebbe accompagnato a quel luogo, per deporre la sua salma benedetta in pace. »

Terminiamo questi brevi cenni necrologici colle belle parole di una corrispondenza romana alla Unità Cattolica di Torino:

« Era un Santo ! - è l'elogio che tutta Roma fa al compianto Mons. Anivitti; è la parola che ieri correva sulle labbra di tutta quella moltitudine, che si accalcava nei pressi di Santa Maria della Pace. - Era un Santo! - e lo era proprio quel caro D. Vincenzo, così amante di Maria Santissima, infaticabile predicatore , illibato ne'suoi costumi, umile nel suo zelo , grande esempio di pietà per tutta Roma! l questa proprio la sorte dei Santi; la morte loro, preziosa nel cospetto del Signore, accresce la venerazione, che già se ne aveva durante la loro vita , e non mai co sì bene si conosce qual tesoro sia un Santo, come quando irreparabilmente si perde. »

Sì, Iddio quasi nel medesimo giorno ci tolse due Santi. Voglia Egli degnarsi di mandarcene altri per nostro modello e per nostro conforto.

STORIA DELL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES

CAPO XXX.

Progetto della Chiesa di S. Francesco di Sales - O profezia o pronostico - Benedizione e collocamento della pietra fondamentale - Discorso del P. Barrera - Circolare del Vescovo di Biella - La prima Lotteria - Generosa sovvenzione del Re.

Liberati dalle vessazioni morali degli inquilini di casa Pinardi colla compera della medesima, e distrutto l'attiguo albergo della Giardiniera, era d'uopo rivolgere il pensiero alla fabbrica di una Chiesa più decorosa pel divin culto, e più acconcia al crescente bisogno. L'antica, coll' aggiunta di alcune camerette, si era bensi alquanto ingrandita, ma non cessava di essere insufficiente e disadatta. Siccome per entrarvi bisognava discendere due scalini, così d'inverno e in tempo piovoso era sovente allagata ed inumidita. D' estate poi, a causa di sua bassezza e poca ventilazione, vi si veniva meno e soffocavasi per l'eccessivo caldo, onde passavano ben pochi giorni di festa senza che qualche giovanetto venisse colto da sfinimento, e portatone fuori come asfissiato. Era dunque non solo utile , ma necessario che si desse mano ad un sacro edifizio più divoto, più capace e salubre.

D. Bosco aveva da pochi giorni stipulato il contratto e pagata la casa Pinardi, quando una sera rivoltosi a sua madre le disse : Ora voglio che innalziamo una bella Chiesa in onore di s. Francesco di Sales. - Ma dove prenderai i danari? gli dimandò la buona Margherita. Sai che di nostro abbiamo più nulla ; tutto fu già alienato per dare vitto e vestito a questi poveri giovanetti. Quindi prima di assoggettarti alle spese di una Chiesa devi pensarci due volte, e intenderti bene col Signore. - E faremo appunto così. Se aveste del danaro me ne dareste voi? - Puoi immaginarti con quanto piacere. - Or bene, conchiuse il figlio , Iddio, che é tanto più buono e più generoso di voi , del danaro ne ha per tutto il mondo, e trattandosi di un'opera, che deve tornare alla sua maggior gloria, spero che me ne manderà a tempo e luogo.

Con questa fiducia Don Bosco fece un giorno chiamare l' ingegnere, il sig. cav. Blachier , lo condusse sul luogo da destinarsi al sacro edifizio, e lo pregò di fare un disegno; quasi nel medesimo tempo, avuto a sé un certo sig. Federico Bocca, gli domandò se voleva prendersi l'impresa di eseguirlo. - Di buon grado, rispose quegli. - Ma l'avverto, soggiunse D. Bosco, che potrebbe darsi che qualche volta io non avessi il denaro per lo opportune spese. - E allora andremo più adagio nei lavori. - Ma no , ché io vorrei che andassimo in fretta, e tra un anno avessimo la Chiesa bell'e fatta. - E andremo anche in fretta, riprese l'impresario. - Dunque incominci, conchiuse D. Bosco. Qualche cosa di fondo vi é già ; il resto la divina Provvidenza ce lo spedirà a suo tempo.

Pertanto nella primavera del 1851 si cominciarono a praticare gli scavi, e sul principio dell'estate a gettare le prime fondamenta.

Qui ci ricorda un fatto, che vogliamo registrare, senza portare giudizio intorno alla natura del medesimo.

L'anno 1846 nel ridurre ad uso di Cappella la rimessa del sig. Pinardi si dovette scavare, come abbiamo notato a suo tempo, un metro di terra, a fine di non dovere battere il capo nel soffitto. La terra estratta erasi ammonticchiata in un sito a Nord-Ovest della casa , e serviva come luogo di trastullo ai giovanetti , che vi salivano o discendevano a guisa di soldati, quando vincono o perdono una posizione strategica. Or bene , una festa di estate di quell'anno medesimo D. Bosco era ancor egli salito su quel monticello, ed attorniato da molti giovani faceva cantare con un'aria tutta speciale questi versi:

Lodato sempre sia

Il nome di Gesù e di Maria. E sempre sia lodato

Il nome di Gesù, Verbo incarnato;

quando ad un tratto egli impone silenzio e ci dice : « Miei cari figliuoli, udite un pensiero che mi viene ora in mente: Un giorno o l'altro in questo sito medesimo, dove ora ci troviamo, vi sarà l'altare di una Chiesa, presso al quale voi verrete a fare la santa Comunione e a cantare le lodi del Signore. Dopo cinque anni la Chiesa era incominciata, e l'altare maggiore riusciva nel luogo appunto, segnato da Don Bosco.

Intanto lavoravasi di tutta lena, e in pochi mesi le opere si portarono al punto, che al 21 luglio poteva celebrarsi la solennità della benedizione e collocamento della pietra angolare. I seicento e più giovani dell'Oratorio, come altrettante trombe, avendo sparsa questa notizia per tutta la città, la sera di quel giorno si trovò sul luogo sì gran folla di gente , quanta non si era vista mai in quelle parti.

La benedizione della pietra sarebbe certamente stata fatta da Mons. Luigi Fransoni, Arcivescovo di Torino, che tanto ci amava; ma per la tristizia dei tempi questo intrepido Prelato fin dall'agosto dell' anno innanzi (1850) era stato costretto a prendere la via dell'esiglio, e dimorava in Lione. La benediceva in sua vece il sig. Canonico Ab. Moreno, economo generale ; e la collocava a posto il signor Commendatore Giuseppe Cotta, grande amico dei poveri e nostro insigne benefattore. Di tutto fu redatto apposito verbale , di cui una copia con monete, medaglie ed altre memorie, venne deposta dentro la pietra medesima.

In quell'occasione il celebre P. Barrera, commosso alla vista del gran popolo accorso, ed edificato del bel numero di Sacerdoti, di Patrizi e Matrone torinesi, che gli facevano corona, montò sopra un rialzo di terra , ed improvvisò un discorso stupendo. Egli esordiva con queste parole « Signori, la pietra, che fu testé benedetta e collocata nelle fondamenta di questa futura Chiesa, ha due grandi significati. Essa significa il granello di senapa, che crescerà in albero mistico, presso cui molti ragazzi, come augelli dell' aria, verranno a cercarvi rifugio ; essa significa ancora che l' Opera degli Oratorii , basata sulla fede e sulla carità di Gesù Cristo, sarà qual sasso immobile , contro del quale invano lotteranno i nemici della Religione e gli spiriti delle tenebre. »

L'Oratore dimostrava poscia l'una e l'altra delle proposizioni con tanta eloquenza, che tutto l'uditorio pendeva come estatico dal suo labbro. Ma una similitudine ed una preghiera non ci sfuggì più dalla mente. Egli paragonò i tempi ad un uragano , che minaccia di devastazione e rovina città e villaggi. « In quel periglioso cimento, che vediamo noi, o signori ? domandò l' illustre Dottrinario. Noi vediamo ogni vivente impaurito e trepidante cercarsi un riparo. La gente si ritira nelle sue case ; le fiere del campo fuggono alle loro tane ; e gli augelli dell' aria volano al proprio nido, fortunati se lo hanno fabbricato sopra un albero ben saldo e sicuro. I tempi che corrono si fanno cattivi, cattivi soprattutto per la povera gioventù. Ecco qui pertanto una Chiesa, ecco qui un albero, che metterà profonde le sue radici, e non crollerà la cima pel soffiar dei venti. All'ombra di questo albero, nel recinto di questo sacro edifizio verranno migliaia di giovanetti a trovar riparo e difesa contro ad errori, seminati oggidì da uomini empi e da scrittori venali ; riparo e difesa contro a massime distruggitrici di ogni idea di virtù e di morale ; riparo e difesa eziandio dalle saette infuocate delle ardenti giovanili passioni, eccitate dai mali esempi e dagli scandali di ogni ceto di persone. Già mi pare di vedere stormi di giovanetti, come colombe atterrite levarsi a volo quali da una e quali da un'altra parte, a qui dirigersi come in luogo sicuro, a qui riunirsi non solamente per trovarvi riparo e difesa, ma cibo, ma nutrimento di vita temporale ed eterna. Signori, che mi ascoltate, deh ! col consiglio e colla mano adoperatevi a far sì, che quest'albero cresca presto gigante, distenda i suoi rami per tutta la città, e sotto vi raccolga tanti poveri giovanetti, che a disdoro della Religione, a vitupero della morale, veggonsi a scorrazzare nei giorni di festa per le vie e per le piazze, in pericolo di divenire così il disonore di se stessi, l' onta delle famiglie, lo scompiglio e la desolazione della civile società. La vostra carità , o Signori , non potrebbe oggimai impiegarsi in opera più utile alla Chiesa e allo Stato ; poiché dalla gioventù bene o male educata dipende la vita o la morte delle famiglie, dei regni e del mondo. » - In fine il buon Padre rivolto a Gesù Cristo gli fece una preghiera sì bella, che a molti trasse le lagrime. « E voi, mio Dio, egli disse , Voi Salvator nostro Gesù Cristo , simboleggiato nella pietra qui collocata , deh ! colla virtù del vostro braccio onnipotente proteggete l'Opera di questo Oratorio. Sarà ella forse dagli empi maledetta ? e Voi beneditela ; combattuta? e Voi difendetela; odiata? e Voi amatela come la pupilla degli occhi vostri. Essa ha tutti i titoli alla vostra benevolenza , perché ha per iscopo di raccogliere , istruire , educare quei fanciulli, che in vostra vita mortale formavano la delizia del vostro cuore, e sono e saranno sempre l'oggetto delle vostre amorose finezze , come agnelletti del vostro gregge , come il fiore più eletto del giardino della vostra Chiesa. Sì, sotto il vostro usbergo duri quest'Opera imperitura ; anzi il suo seme portato dal vento della vostra grazia si spanda per ogni dove, e pria abbiano a crollare le colonne, che sostengono il firmamento, che dessa venga a cessare in sulla terra. » - Le parole dell'eloquente religioso furono di un effetto mirabile. Esse ci parvero quasi dal Cielo inspirate, ci parvero come profetiche , perché si avverarono e continuano ad avverarsi luminosamente.

Già il sacro edifizio usciva alcuni metri da terra, quando D. Bosco si accorse che erano pressoché esauste le sue finanze. Coll'aiuto di alcune benemerite persone egli aveva raccolto 35 mila lire ; ma queste erano scomparse come ghiaccio al sole. Fu d'uopo allora di ricorrere alla beneficenza pubblica. Il Vescovo di Biella, Mons. Pietro Losanna, riflettendo che il novello edilizio e l' instituzione degli Oratorii tornava a particolare vantaggio dei garzoni muratori di sua Diocesi, per la maggior parte dell'anno residenti in Torino, invitò i suoi Parroci a concorrervi col loro obolo. A questo fine egli diramò la circolare seguente.

« M. REv. SIGNORE,

» L'egregio e pio Sacerdote D. Bosco, animato da una veramente evangelica carità, prese a raccogliere nei dì festivi in Torino quanti giovani incontrava , abbandonati e dispersi per le piazze e per le contrade nel lungo e popoloso tratto tra Borgo Dora e il Martinetto, e a ricoverarli in un sito appropriato, sia per un onesto loro trattenimento, che per la loro istruzione ed educazione cristiana. Tale fu la di lui santa industria , che la Cappella locale divenne sì ristretta all'uopo, che attualmente non sarebbe sufficiente a contenere più di un terzo fra li seicento e più che già vi accorrono. Spinto dall'amor di tanto bene si accinse all'ardua opera di costrurre una Chiesa corrispondente ai bisogni del pietoso suo disegno, e si rivolse perciò alla carità dei Cattolici fedeli, onde poter sopperire alle troppo gravi spese, che vi vogliono per compirla. Con particolare fiducia poi egli ricorre a questa Provincia e Diocesi per mio mezzo, in quanto che di seicento e più che già si riuniscono a lui d'intorno, e frequentano il suo Oratorio, più di un terzo (oltre a 200) sono giovani Biellesi, di cui anche parecchi vengono da lui ricoverati in c :sa sua, e gratuitamente provveduti di quanto loro occorre pel vitto e pel vestito, onde possano apprendere una professione. Oltre al titolo quindi di carità , tal soccorso lo reclama da noi anche il titolo di giustizia, per cui io prego la S. V. M. Rev.da di voler prevenire li buoni suoi Parrocchiani su di sì interessante oggetto, di ricorrere ai più facoltosi, e destinare un dì festivo per una limosina da farsi in Chiesa a tal fine, la quale verrà tosto trasmessa alla Curia in modo sicuro, e colla sovrascritta etichetta sì della somma entro-chiusa, che del luogo di sua provenienza.

» Mentre li figli delle tenebre tentano di aprir un tempio per insegnarvi l' errore a perdizione dei loro fratelli (1), verranno eglino meno li fortunati figli della luce per aprire una Chiesa , onde insegnarvi la verità a salvamento loro, e dei loro fratelli, e massime compatriotti?

» Nella viva speranza pertanto di poter quanto prima colle offerte, che ci perverranno , porgere un confortevole aiuto all' impresa dell' encomiato uomo di Dio , ed insieme un pubblico attestato della pietà illuminata e riconoscente de' miei Diocesani verso un' opera sì santa, sì utile, anzi sì necessaria ai tempi che corrono, colgo questa opportunità per ripetermi colla maggiore stima ed affetto

Della S. V. M. Rev.da

Biella, il 13 settembre 1851.

Dev.mo Obbl.mo Servo Gio. PIETRO Vescovo. »

Questo appello fruttò la somma di mille franchi; i quali non furono tuttavia che poche goccie d'acqua sopra terreno arsiccio. Onde fu mestieri ricorrere ad altro mezzo. Fu allora che D. Bosco ideò la prima Lotteria di oggetti, ossia di piccoli doni, concessa dal sig. Intendente Generale con suo Decreto del 9 Dicembre 1851. Si stabilì un'apposita Commissione promotrice, composta di benemeriti signori e signore, e si domandarono doni da tutte parti. Il Sommo Pontefice Pio IX, sua Maestà il Re Vittorio Emanuele , la Regina madre Maria Teresa, la Regina Adelaide , il Duca e la Duchessa di Genova, in genere tutta la Corte reale e la nobiltà Torinese si segnalarono colle proprie offerte. Il medesimo Governo per favorire la pia impresa condonò tutte le spese di posta , sia per lettere e pieghi, sia per inviare e ricevere doni e biglietti. Si raccolsero ben 3251 oggetti, che furono depositati e pubblicamente esposti in una vastissima sala a ciò benignamente favorita dal Municipio di Torino dietro la Chiesa di S. Domenico. In vista del loro valore si ottenne l'autorizzazione di emettere cento mila biglietti, a centesimi cinquanta caduno. Ne furono quindi spediti in tutte le principali città dello Stato, e fu nobile la gara, colla quale persone ecclesiastiche e laiche concorsero alla caritatevole opera di o ritenerli per sé, o di smerciarli presso i conoscenti ed amici, mandandone il prezzo a D. Bosco. In tanta dispersione molti biglietti essendo andati smarriti, si ricavò il prezzo di soli settantaquattro mila; somma nondimeno considerevole, ma che D. Bosco nella sua g 'erosa carità fece parte eziandio alla Piccola Caga della Divina Provvidenza, detta comunemente il pio Istituto del Cottolengo , governato già fin d'allora da quel virtuosissimo uomo, che fu il Canonico Luigi Anglesio, la cui morte accaduta in questi giorni fu per Torino un lutto universale.

La divina Bontà si compiacque di vedere D. Bosco a dividere fraternamente i frutti della carità coi poveri del Cottolengo , e non lasciò di dargliene una ben degna ricompensa; ed ecco in qual modo.

Circa un mese prima del solenne collocamento della pietra fondamentale , D. Bosco aveva umiliata al trono di Re Vittorio Emanuele una supplica , nella quale ricordava con gratitudine la sovrana sua benevolenza verso i giovanetti dell'Oratorio, gli dava contezza della costruzione della novella Chiesa, lo pregava che si volesse degnare di recarsi a collocarne la prima pietra. e, ove ciò non potesse fare, supplicava la Maestà Sua, che seguendo, come aveva fatto sino allora , le gloriose pedate dell'augusto suo Genitore, volesse continuare al nostro Istituto il suo appoggio sovrano. Or bene, poco appresso D. Bosco riceveva dalla Regia Segreteria di Stato la seguente importantissima lettera, e, prima che la Chiesa fosse ultimata, la generosa sovvenzione di lire dieci mila, con altre offerte opportunissime.

Torino, addì 5 Luglio 1851. Molto Rev.d° Sig. Oss.m°

« Sua Eccellenza il Duca Pasqua, Prefetto del Real Palazzo, cui questo Dicastero ha dovuto trasmettere per ragione di competenza il ricorso stato presentato da V. S. M. Rev., ha con suo foglio del 25 ultimo scorso mese notificato che, avendo rassegnato alle reali determinazioni le inoltrate istanze, Sua Maestà vide con vera soddisfazione la determinazione presa dalla S. V. e dalle altre pie persone, di raccogliere giovani nell' Oratorio quivi stabilito, onde procurar loro una religiosa e morale educazione.

» Che per ciò nel desiderio di promuovere l'esecuzione della pia opera, e non potendo, attesele molte sue occupazioni, intervenire al collocamento della pietra fondamentale della nuova Chiesa, di cui fu progettata la costruzione, si é degnato di dare fin d' ora una prova del generoso Reale suo animo, con manifestare l' intenzione di concorrere in qualche modo per siffatta opera, quando ne sarà il caso.

» Mi é ben soddisfacente il far conoscere alla S. V. M. Rev. le favorevoli disposizioni manifestate dalla Maestà Sua a riguardo di una istituzione cotanto commendevole per il pio scopo cui é diretta, e non potendo non aggiungere nel mio particolare un tributo d'encomio per le zelanti cure, con cui Ella la promuove e dirige, profitto della propizia occasione, che mi si presenta, per profferirmi con distinta stima

Di V. S. M. Rev.

Devotissimo Servitore Pel Ministro Il primo Uffiziale DeANDREIS. »

(1) Allude al tempio che i protestanti avevano in costruzione nel corso Vittorio Emmanuele, presso al quale sorge oggidì la nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista.

D. GAUDENZIO

CAPO VI. Una festa senza predicatore - Felici pronostici.

Avvenne intanto un fatto, che vogliamo raccontare con tutta comodità , e con tutte le sue circostanze.

Fu, nel dì consacrato a S. Rocco, festa titolare e patronale di una piccola terra vicina, invitato con tutta la sua famiglia. Era un giorno feriale, e vi tenne graziosamente l'invito. Sul dopo pranzo, se ne stava preparato per servire i vespri, quando corse la voce, che era intervenuto un caso doloroso a chi doveva farne il panegirico, e non poteva più venire. Tutti i Sacerdoti, e prima di tutti il Paroco, sentirono infinito dispiacere. Come fare ? Chi ne diceva una, e chi ne diceva un' altra. Il partito però, che pareva prevalere, era quello, che se il predicatore non veniva , la predica non ci fosse. Al buon Chierico non andò diritta la proposta, e faceva meraviglie, come fra tanti Sacerdoti non si trovasse chi potesse surrogare il predicatore. Lo disse forse con un po' di vivacità giovanile, e seppe di amaro a chi l' udì. Oh, disse più d' uno, non si fa così presto a prepararsi un panegirico, e così su due piedi i Vorrei un po' vedere chi sarebbe così audace ! - Poi posando l'occhio su Matteo, e Lei, disse, che pronunziò l' ardita parola, Lei si sentirebbe di farlo? - Io per me , disse Matteo, tra il confuso e tranquillo, se non temessi di commettere una sgarbatezza , certamente lo farei ! - Pronunziò queste poche parole con umiltà e franchezza , che piacquero ; e tutti ad una voce lo incoraggiarono a soddisfare il popolo, che si aspettava in quel dì la predica. Certamente, disse più d' uno , non farà guari onore a noi, ma pazienza ! Meglio un Chierico che nessuno. Quando poi conobbero chi era quel Chierico di sì umile sembianza, dicevano che non si potevano aspettare di meno. Il Paroco però del luogo, da quell'uomo di senno che era, tolse in disparte il nostro Matteo , e prima di lasciarlo esporre quasi all' improvviso , ancorché sapesse per udito di qual ingegno e pietà fosse, e di quanto zelo, tuttavia volle interrogarlo se non fosse di troppo ardimento l'opera a cui si preparava. Signor Prevosto , disse Matteo , la ringrazio di questa carità che mi usa, e che mi fa conoscere come Ella mi ami ; ma non mi pare né sì ardita l'impresa, né sì difficile da dovermene ristare. Qualche cosa della vita di questo Santo la conosco già, e se Ella mi sarà cortese di qualche libretto, che ne racconti le imprese, e me ne precisi le date, io credo che farò men male, se non proprio bene. Giacché Lei, soggiunse lieto il Paroco, é propriamente ferma nel suo proposito, accetti per ora i miei ringraziamenti e quelli della mia popolazione, ed abbia il patrocinio del Santo mentre Ella ne dirà le lodi. Prenda intanto questo libretto, che solo ho di questo carissimo nostro Santo, e rimanga qui, mentre io sono chiamato in Chiesa per i vespri. - Disse, e si condusse in Chiesa, dove ornai si mormorava per il soverchio ritardo. Arrivata l'ora della predica egli, con passo sicuro calò in sacristia per indossare la cotta, e poi... Quando il papà e la mamma videro il loro figlio ascendere il pulpito, e comparire vicino al Crocifisso con franchezza di predicatore provetto, furono prima meravigliati, poi confusi, poi arrossiti ; e se non si fossero trovati in mezzo a, tanto popolo e come prigionieri ne' loro banchi, sarebbero fuggiti di chiesa. Credettero di sognare sulle prime, e non volevano proprio prestar fede ai loro occhi. Ma poi la voce del loro caro figliuolo li venne ad avvertire, che lui era veramente lui. Serena e calma sul principio, e poi viva ed ardente ed a volta tonante, si insinuava dolcemente per le vie de' cuori. Dapprima fu sorpresa, poi vero stupore, che suscitò ne' suoi uditori, e specialmente in coloro, che sapevano come egli erasi in un punto deliberato di togliere dall' imbarazzo il povero Paroco. Né si creda che egli sia andato in cerca di frasi pellegrine e di concetti fuori dell'ordinario ; ma semplice nella forma e chiaro nella lingua e pratico nella dottrina, non fece che esporre in bella maniera alcuni punti della vita del glorioso Santo di Mompellieri. Tolse per testo il Vangelo, che la Chiesa propone nel dì della festa del Santo; e poi provò come S. Rocco era veramente quel ricco signore che era andato in lontano paese per meritarsi il possesso del suo regno e poi ritornare. « Ma quanto, soggiungeva esso, non dovette faticare per acquistarlo ! Ma a nulla perdonò, non a viaggi, non a stenti , non a sacrifizi , non ad umiliazioni. Eccolo : egli lascia Mompellieri, i suoi vassalli, i suoi parenti; e si avventura ad una vita la più faticosa per l' acquisto del cielo. Ed il Signore benedisse le sue intenzioni e le sue opere. S'incontrò in tempi difficili, e si mantenne fermo nella fede, e per il suo prossimo pose in pericolo la sua vita. » Raccontò come Dio lo mandò a salute di varie città, come Torino, Firenze e Roma, colpite dalla pestilenza. Come a Piacenza Egli secondò i suoi voti col farlo cader vittima di quel morbo, che altrove colle preghiere aveva allontanato, e come quella medesima mano che prima lo percosse, dopo lo risanò col dargli ancora guadagnato il cuore di ricco signore, che, colla santità della vita e colla profusione delle sue sostanze, edificò quella città che prima aveva scandalizzato colla sua rea condotta. - Fu commovente, quando narrò, che giunto in patria fu condotto innanzi a'suoi parenti, che pur lo aspettavano, ma non come il consolatore della loro vecchiaia, ma come sospetto di tradimento, epperciò condannato a carcere perpetuo. Vide il lutto, che si faceva per lui, sentì il desiderio, che tutti avevano di ancor riabbracciarlo, e intanto lo punivano di un delitto che non aveva commesso. Dio chiamava da lui un intiero sacrifizio, ed egli volentieri lo compiva col patire e col tacere. - Allora volgendosi all'udienza s'interrompeva così: Padri, se Dio domandasse da voi tale sacrifizio sareste disposti a farlo? Rinunziare agli altri e forse facile cosa, ma rinunziare a se stessi... In sul finire benediceva a nome del Santo il paese nelle sue campagne, nelle sue famiglie e ne' suoi materiali interessi. Ma, terminava , sarebbe poca cosa il suo patrocinio , se non ci benedicesse nell' anima, a guarirla dalle sue piaghe , e non ci aiutasse a salvarla. Si , conchiudeva , benedite , o glorioso Santo, questi vostri divoti : ma la vostra benedizione ci valga a tenere lontani da noi, come la pestilenza, i cattivi discorsi e le opere nefande, che ne sono la vera e l'unica rovina. Così ci insegnarono i vostri esempi, così la intiera vostra vita , impiegata a sanare i corpi e ad indirizzare le anime nostre al regno dei cieli. »

Durò circa tre quarti d'ora , e parve un momento. I vecchi del paese ripetevano, che in tanti anni non avevano sentito un discorso così bello, chiaro e commovente. Anche al papà ed alla mamma parve un piccolo miracolo quel panegirico, e non rinvenivano in sé dallo stupore. Per lungo tempo ne durò la memoria e forse ne dura tuttavia in quanti lo sentirono. Il buon Chierico lieto che Dio l'avesse aiutato a fare quel poco di bene, ne lo ringraziava dal profondo del suo cuore senza dare il più piccolo segno di compiacenza, o attribuire a sé il merito di quel vero trionfo, sapendo che Lui solo l'aveva fatto eloquente.

Così il pio Levita occupava i giorni di vacanza, solo intento ad arricchire l'anima sua di belle doti, ed a prepararla a ricevere il massimo dei doni, di essere fatto degno di salire un giorno i sacri altari. Oramai siamo giunti al termine de' suoi desiderii. Era il quinto anno di teologia, ed egli si trovava all' età capace degli Ordini. Quando fu proposto per la Tonsura ed i quattro Minori, egli vi si preparò con serietà, per riceverne col titolo anche la grazia. Alle parole del Vescovo, che Dio doveva essere omai la sua eredità e la parte del calice, che l' aveva a sorreggere in questa vita , egli le ripeteva con trasporto di tanta carità, che per la commozione pianse, e fece piangere più d'uno dei circostanti. Ma fu rara fra le più rare, e virtuosa fra le più virtuose, la preparazione che premise alle Ordinazioni del Sacerdozio. Avvicinandosi quel solenne giorno, egli sentiva entrare nell' animo suo lo sbigottimento e la profondità del gran mistero. Egli pure ripeteva con Mosé di essere indegno dell'alta missione; ed avrebbe voluto rimanersene qual era, se i suoi Superiori non ve lo incoraggiavano con le più calde esortazioni. Pareva assorto di continuo nel pensiero del gran dì, come egli soleva chiamare quello delle Ordinazioni, e nulla poteva distrarlo. I suoi compagni, alcuni de' quali, forse con motivi un po' leggieri, cercavano di scuoterlo da tanta costernazione , alla vista di tanta pietà , lo ammirarono dapprima, e poi lo imitarono. Fu quella una Ordinazione di veri atleti del Signore, che diede alla Diocesi molti e valenti predicatori e piissimi Sacerdoti, alcuni dei quali si conoscono ancora, e la pietà di quei giorni non venne mai meno, anzi andò sempre crescendo a maggior perfezione. Anima di tutti era Matteo, che fatto superiore a se stesso , tutto compreso della immensa misericordia di Dio, che lo chiamava a quell' altissimo stato di suo ministro , trovava ogni dì argomenti più forti, per disporre il suo cuore a riceverne tutta la virtù e la grazia. I suoi Superiori vennero fino a temere, che tanto fervore di spirito dovesse riuscire pericoloso alla salute. Dio però lo sosteneva cogli immensi suoi favori , e non faceva che renderlo vie più degno di essere suo Sacerdote.

BIBLIOGRAFIA.

Meraviglie nel Cuore di S. Teresa.

L'anno venturo nel mese di ottobre si celebrerà il terzo Centenario dalla preziosa morte di una Santa, conosciutissima nella Chiesa e carissima a tutte le famiglie cristiane , vogliamo dire Santa Teresa di Gesù. Riserbandoci di parlarne a suo

tempo, ci limitiamo a notare per ora che, a fine di preparare i fedeli al fausto avvenimento, il M. R. sig. D. Giacomo Murena, prete della Mis- sione, ha testé pubblicato un opuscolo intorno alle meraviglie , che da parecchi lustri, in Alba di Tormes in Ispagna, si vanno operando nel cuore della serafica Vergine, feritole già miracolosamente in sua vita mortale da un Angelo. L'operetta ha per titolo: Meraviglie antiche e nuove nel cuore di Santa Teresa. Si vende nella nostra Libre- ria di Torino , Via Cottolengo, n. 32, al prezzo di L. 1.

LIBRI DI PREMIO

Si avvicina il tempo della chiusura delle scuole e della distribuzione dei premii. In questa circostanza i buoni maestri e maestre, i savii direttori e direttrici si dànno talora la tortura al cervello, per cercare libri adattati da mettere nelle mani dei loro allievi ed allieve, e spesso nella fretta o per non trovarne dei migliori, si contentano dei mediocri. Anzi accade non di rado che il libro regalato sia così poco morale, da riuscire un danno ed un tradimento delle anime e delle famiglie. Non é guari che un buon padre ci mostrava un libro dato per premio ad un suo figlio della 4a elementare, ed altamente rammaricato , veda, ci diceva, se sono questi i libri da dare in premio! Sotto l'eleganza della legatura vi si nasconde l'infamia e la turpitudine; ed aveva ragione.

Ad allontanare pertanto ogni pericolo la Libreria Salesiana ha fatto una scelta di libri istruttivi per la materia , ameni pel racconto , puri per la lingua prettamente italiana, e scevri di ogni detto o parola meno che casta ed onesta. Noi ne raccomandiamo caldamente la diffusione, la quale é una cooperazione efficace alla buona istruzione e moralità tra la gioventù e le famiglie cristiane.

Raccomandiamo specialmente queste ultime pubblicazioni fatte su carta distinta e rilegate in tela con impressioni a oro.

Pei giovanetti:

Bosco. La Storia Sacra illustrata . . L. 2 50 La Storia d'Italia   » 4 00 Pietro, ossia la forza della buona educazione    » 1 50 Il Pastorello delle Alpi . . . » 1 75

Magone Michele    » 1 25

- Savio Domenico    » 1 75 Martinengo. Il Fabro di Nazareth illustrato    » 5 00

Per le giovanette

Bosco. Angelina   » 1 25 Martinengo. Ginetta e Claudina illus. » 4 00

ERESIA DEI VECCHI CATTOLICI.

Non vi è secolo in cui il demonio, principe della ribellione, non abbia cercato di fare dei ribelli all'autorità di Dio e dell'immacolata sua Sposa, la Chiesa Cattolica. Le eresie e gli eretici, ecco tra le altre l' opera di Satana. Il nostro secolo ne vide sorgere varie, tra cui quella così detta del Vecchio Cattolicismo, o dei Vecchi Cattolici, neganti l'infallibilità del Papa, definita dogma di fede dal Concilio Vaticano l'anno 1870. Questa eresia alzò il capo appunto in quell'occasione, per opera principalmente di Döllinger dottore in Monaco di Baviera, uomo erudito, se vuolsi, ma superbo, come sapiente era pure Lucifero, capo di tutti gli eretici, ma superbissimo. Il 4 di giugno 1873 in Colonia questi eretici si elessero a Vescovo un certo Giuseppe Ubert Reinkens, già professore di teologia nell'Università di Breslavia. Si trattava poi di consecrarlo ; e tra i mille Vescovi Cattolici non trovandone neppur uno, che volesse prestarsi al sacrilego uffizio, essi se lo fecero consecrare in Rotterdam dal Vescovo giansenista di Deventer. Questa setta, quantunque spalleggiata dal Governo protestante di Prussia, non potè guari attecchire. Dalle statistiche risulta che i suoi aderenti in Germania ed in Austria non sommano che ad alcune migliaia, che vanno ancor scemando ogni dì. Laonde si può dire che questo Cattolicismo, il quale volle chiamarsi Vecchio fin dal suo nascere , si va facendo precocemente decrepito, e finirà per calare presto nella tomba. Oggimai nel mondo non può prosperare che un Cattolicismo solo, il Cattolicismo sempre giovane apostolico romano. A questo noi vediamo convertirsi le anime traviate, ma più virtuose e morali, mentre le altre cadono prima nella indifferenza e poi nella incredulità, nella negazione di ogni religione. Per questo la Chiesa Cattolica continua il suo trionfante cammino a traverso dei secoli, sempre combattuta sì, ma vinta non mai; perché non falla Colui che disse: Portae inferi non praevalebunt: Le forze d'inferno contro di lei non prevarranno.

FATTO EDIFICANTE.

La Suora di Carità, e il soldato cieco.

Camminavano da Chalons verso Parigi una Suora di Carità ed un soldato. Quest'era cieco per una ferita ricevuta alla testa.

I Prussiani l' aveano abbandonato sulla strada ed i suoi commilitoni , condotti prigionieri, non avevano potuto soccorrerlo. Le porte erano chiuse al soldato mutilato e lo sventurato , vestito dell'assisa francese, aveva dovuto mendicare un frusto di pane per vivere e un po' di paglia per dormire. Ei sarebbe morto nella crocevia della strada senza la Suora di Carità.

Questo soldato al termine d'una carriera assai procellosa, passata in Africa nelle compagnie di disciplina, non possedeva nulla : d'indole violenta, d' umore aspro, pareva ributtasse da sé la simpatia di tutti.

La Suora di Carità prese quest'uomo per mano a fine di condurlo agli invalidi, ove , dicevagli , troverebbe un asilo. Tutti e due camminavano a piedi ; egli cupo e silenzioso, essa sostenuta dalla carità. La Suora mendicava soccorsi pel soldato, lo nutriva del meglio che riceveva e facevasi la serva di questo poveretto.

Le fermate succedevano alle fermate, si viaggiava con la pioggia e con la neve, si viveva di poco e a stento , si soffriva ed il soldato si lamentava. La Suora gli faceva coraggio, talché egli arrossiva della propria debolezza.

A poco a poco ella parlò d' un' altra vita a quest' uomo , che non vedendola ne ascoltava le parole. Un bel mattino il cieco fece osservare che udiva il canto delle lodole. Si fermò per ascoltarlo, e parve che un raggio di luce passasse sulla fronte del vecchio soldato. Allora la Suora lo fece inginocchiare, e avreste veduto su quella grande strada deserta quest' uomo indurato dalla guerra, senza credenza, senza fede e quasi senza pensieri, con la fronte rivolta verso il cielo, ch'ei non vedeva più, congiunte le mani, lasciando il suo chepì nella polvere presso il suo sacco, e ritta in piedi davanti a lui la Suora di Carità, che gli faceva recitare la prima preghiera « Padre nostro che sei ne' cieli. »

Due lacrime scorrevano dalle pallide guancie della Suora.

Ella aveva restituito un'anima a Dio. Di notte il soldato dormiva sulla paglia di qualche capanna, mentre la Suora era ricoverata dalla governante di qualche Paroco di campagna.

La Suora passò gran parte della notte in orazione.

Il dì seguente si rimisero in viaggio ; la Suora era pensierosa, e il soldato mormorava una preghiera. A fine di prendere un istante di riposo, si assisero sul margine d'un fosso. Allora la Suora disse al soldato. - I vostri occhi non sono stati colpiti direttamente dalla ferita. In mezzo a quelle ambulanze i medici non hanno potuto che cicatrizzare la piaga della testa. Non oso infondervi una speranza che forse non é che un sogno, ma ho formato un disegno. Invece di condurvi agli Invalidi, vi condurrò presso i migliori chirurghi e presso i migliori oculisti di Parigi , e li pregherò in ginocchio di prestarvi le loro cure per amore di Dio, ed anche per patriottismo. Se il buon Dio vi rende la vista siate buon Cristiano... me lo promettete?

Iddio vide i due viaggiatori e lasciò cadere sovr'essi il suo sguardo. Su quella solitudine dei campi, lungi dalla dimora degli uomini, una povera donna operava la carità, e tre mesi dopo il prodigio di questa figlia del Cielo era compito.

Il soldato avea ricuperato la vista. La figlia di s. Vincenzo de'Paoli, rientrata nell'umile scuola, insegnava a leggere alle bambine dei contadini.

Verso le cinque ore della sera vedrete nella chiesa di Nostra Signora delle Vittorie un uomo inginocchiato presso i cancelli dell' altare.... é il soldato che prega per la Suora della Carità.

Generale LAMBERT.

(Estratto dalla Buona Settimana di Torino, 17 aprile).

IL PONTIFICIO Seminario PIO E LA PIA SOCIETÀ SALESIANA

Fra i celebri Istituti, di cui per la generosità dei suoi Pontefici va ricca la capitale del mondo cattolico , uno ve ne ha, che dal nome del suo fondatore si chiama Seminario Pio. Fondato dal Grande Pio IX con sua bolla del 27 giugno 1853, quel Seminario ha per iscopo di educare a severi studii e a soda pietà eletti giovani, appartenenti alle diocesi dello Stato Pontificio. Gli alunni, compiuto il corso di filosofia, teologia e legge, e attinta così l'acqua della dottrina cattolica alla fonte stessa del Vaticano, che la deriva a tutta la cristianità, ritornano poscia nelle rispettive diocesi a coltivare il campo evangelico, e farvelo fiorire di belle virtù. Grande stima godono per ogni dove gli alunni di quell'Istituto per le rare loro qualità di mente e di cuore, e splendide e numerose sono le onorificenze, che hanno avute da Pio IX e dal regnante Leone XIII , il quale nutre per essi affezione specialissima. Il Seminario Pio ha per Rettore un Religioso dell' Ordine dei Padri Predicatori. Il primo che lo resse si fu il Reverend.mo Padre Gaude, che venne poscia innalzato alla dignità Cardinalizia, e che l'anno 1858, venuto a Cambiano sua patria , ebbe l'alta degnazione di fare una visita al nostro Oratorio di Torino, e trattenersi per più ore con noi. A lui successe il Rev.mo Padre Tosa torinese, uomo dottissimo ed integerrimo, che da ben 4 lustri saggiamente lo governa , gode dei profitto dei suoi figli, e li vede con piacere slanciarsi nell'arena a combattere strenuamente le battaglie del Signore.

Or bene, si é con lietissimo animo che noi annunziamo come gli alunni del Pontificio Seminario Pio portano uno speciale affetto all'umile nostra Società Salesiana, nata e cresciuta sotto gli auspizi di Pio IX, loro e nostro insigne Benefattore. Appena conobbero che avrebbero potuto appartenervi come Cooperatori, vani di loro domandarono tosto di esservi ascritti ; e intanto non lasciano passare occasione senza che ci diano non dubbie prove della loro benevolenza. Essi ci aiutano colle fervide loro preghiere, ci aiutano colle frequenti limosine, ci aiutano coll'acquisto di oggetti e colla diffusione di buoni libri ; si mostrano insomma veramente animati dallo spirito di san Francesco di Sales, e ne promuovono, giusta il loro potere, le opere. A noi riesce pur dolce il pensiero che , tornati nelle proprie diocesi, essi attenderanno in modo particolare al bene della povera gioventù , oggetto primario dei Salesiani ; divideranno con noi le gioie e le amarezze, e unitici coi cari vincoli della preghiera e dell'amore saranno sempre nostri Cooperatori veraci.

Sì, amatissimi fratelli, vogliamoci bene, e coll' esercizio della carità a pro dei fanciulli dimostriamoci figli non degeneri di Pio IX, nostro comun Padre e Benefattore, che fin dai primi anni del sacerdotale suo Ministero riguardò i piccoli siccome la pupilla degli occhi suoi , e loro prodigò le cure più sollecite ed amorose. Specchiamoci in lui ; e poiché abbiamo goduto e tuttor godiamo della sovrana e generosa sua beneficenza facciamo pur tesoro dei suoi illustri esempi, imitandoli a vantaggio della presente e delle future generazioni.

MORTE DEL VESCOVO DI MONTEVIDEO

Il Bien Public di Montevideo annunzia la morte di monsignor Giacinto Vera, primo vescovo di Montevideo, diocesi creata dal santo Padre Leone XIII. Solenni funerali vennero fatti al venerando Prelato. Il Governo, la stampa di tutte le opinioni, e il popolo si associarono al lutto di tutta la Chiesa. Monsignor Vera era nato in S. Caterina, diocesi di San Sebastiano di Rio Janeiro, il 3 luglio 1813, e nel Concistoro del 22 di settembre 1864 venne preconizzato Vescovo di Megara, e nominato Vicario apostolico di Montevideo. Il 15 luglio 1878 Leone XIII lo trasferì alla diocesi residenziale di Montevideo.

Era l'amico, era il padre dei Salesiani della Repubblica dell'Uruguay. Attendiamo' notizie dai nostri fratelli, e ne riparleremo.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno, mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione purché sia in grazia di Dio.

Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica , e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni , e comunicato, visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Mese di Luglio.

2. Visitazione di Maria Vergine.

8. Santa Elisabetta, Regina di Portogallo.

14. S. Bonaventura vescovo, cardinale e dottore di Santa Chiesa.

16. Comemorazione della Beata Vergine Maria del Monte Carmelo.

25. S. Giacomo Maggiore, Apostolo. 26. Sant'Anna, Madre di Maria SS.

Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.

Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1881.