BS 1880s|1889|Bollettino Salesiano Dicembre 1889

ANNO XIII - N. 12.   Esce una volta al mese.   DICEMBRE 1889

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario. - Riconoscenza ed augurii di felicità. - Il Santo Padre e la questione operaia: discorso del Papa agli operai francesi e commenti su questo del giornalismo in Francia. - Grazia ottenuta per intercessione di Maria Ausiliatrice. - Notizie dei nostri Missionarii : dalla Patagonia e dall'Argentina. - Il Cav. Antonio Rua. - Passeggiate. - Bibliografia. - Cooperatori defunti nell'Ottobre e Novembre. - Indice dell'annata.

Si prega di mandarci pel nuovo anno le occorrenti rettificazioni degli indirizzi.

RICONOSCENZA ED AUGURII DI FELICITÀ.

Il sacerdote D. Michele Rua e i numerosi suoi giovanetti, ricordando con piacere come l'anno passato molte benevole persone abbiano avuto il caritatevole pensiero di mandar loro la strenna, godono di cogliere la propizia occasione delle prossimo feste Natalizie e della fine dell'anno per augurar loro con viva riconoscenza le più elette benedizioni ed ogni prosperità.

La Comunione che per privilegio pontificio faranno nelle loro chiese nella mezzanotte del santo Natale i Salesiani ed i loro alunni la indirizzeranno al graziosissimo Gesù Bambino, affinchè spanda sopra dei loro benefattori e benefattrici l'abbondanza dello sue grazie celesti, e conceda loro un nuovo e felicissimo anno, colla perseveranza nel bene.

IL SANTO PADRE E LA QUESTIONE OPERAIA.

Il giorno 20 ottobre nell'aula della canonizzazione sovrastante il portico di San Pietro si radunavano due mila operai francesi, avanguardia di altri ottomila che dovevano seguirli divisi in varie schiere nelle settimane seguenti. Guidava questo numeroso pellegrinaggio il signor Léon Harmel, buon cattolico e generoso benefattore della classe operaia, proprietario di una delle più importanti officine della Francia. Tutto intorno alle pareti della vasta sala spiccavano i ricchi e svariati vessilii delle provincie cui appartenevano i pellegrini, le bandiere delle corporazioni e le insegne delle società cattoliche alle quali essi erano ascritti.

Alle 12 1/4 il Santo Padre, salutato da vivissimi segni di affetto e di divozione, solennemente entrava nell'aula portato sulla sedia gestatoria, preceduto dai Cardinali, accompagnato dalla sua Corte sì ecclesiastica che secolare e attorniato dalle sue guardie nobili, e s'assideva sul trono.

Allora l' Eminentissimo Cardinale Langénieux, Arcivescovo di Reims, lesse il suo indirizzo a nome degli operai pellegrini.

Il Santo Padre rispose con quel magnifico discorso che risuonò per tutta la terra, riempiendo gli uomini di meraviglia, e che noi in seguito riporteremo a conoscenza di tutti i nostri cari Cooperatori.

Oggidì che la questione operaia giganteggia nella vecchia Europa e nell'America, e i pericoli che minacciano una società allontanatasi da Dio si fanno sempre più gravi, la parola del Papa agli operai non poteva giungere più opportuna. Egli non fece che ripetere la dottrina di Gesù Cristo. Sollevò la bandiera della carità reciproca tra padroni ed operai, ricordando esser questa virtù legge sociale obbligatoria per qualunque cittadino cristiano.

Quale differenza tra la sua parola e quella di coloro che si vantano sostenitori dei diritti dell'operaio e del proletario! È odio che essi vanno seminando, false massime che misconoscono ogni dovere, sbrigliamento di ogni passione, negazione del diritto di proprietà. Eritis sicut dii ! vanno ripetendo, come Satana ai nostri progenitori : Operai, sollevatevi si sterminino coloro che comandano ! E poi soggiungono: Noi vi guideremo, noi saremo i vostri Capi! E il fine della loro magniloquenza non è già di togliere il popolo dalla sua miseria, ma di arricchire se stessi e farsi grandi, servendosi così di esso come di sgabello per salire in alto.

La parola del Papa invece come è soave, veritiera, fonte di pace e di felicità temporale ed eterna, se verrà messa in pratica ! Egli vuole ricondurre la società a Gesù Cristo, nel quale solo sta la salvezza di tutti.

Leggendo il discorso pontificio non si può a meno che ripetere al sapientissimo Leone XIII ciò che gli Apostoli dicevano a Gesù Cristo: Signore, tu hai parole di vita eterna : Verba vitae aeternae habes.

DISCORSO DEL SANTO PADRE agli operai francesi.

« Or sono due anni, una numerosa falange di operai, giunti dalla Francia, si affollava qui intorno a Noi. Con essi e sotto i più lieti auspizi s' inaugurava allora il Nostro anno giubilare., per il quale Ci arrecavano come le primizie delle dimostrazioni del mondo cattolico. Quel giorno lasciò nell'animo Nostro una dolce e forte impressione, che la vostra presenza, cari figli, e le nobili parole indirizzateci in vostro nome dal Cardinale che presiede questo pellegrinaggio, non possono se non ravvivare in Noi e rendere per sempre indelebile. - Siate i ben venuti. L' omaggio che voi rendete in questo momento al Capo supremo della religione cattolica rivela la sostanza del vostro pensiero. Voi avete compreso - e ve lo dettarono insieme il vostro cuore e la vostra intelligenza - voi avete compreso che solo nella religione voi troverete forza e consolazione in mezzo alle vostre incessanti fatiche ed allo miserie di quaggiù. La religione sola di fatto aprirà le anime vostre alle immortali speranze, essa sola nobiliterà il vostro lavoro , sollevandolo all'altezza della dignità e della libertà umana. Affidando dunque alla religione i vostri presenti e futuri destini, voi non potevate far atto di più alta saviezza. E su questo punto Noi siamo lieti di qui confermare le parole pronunziate da Noi in altre circostanze e che voi ricordaste. Noi vogliamo anzi insistere una volta di più sii questa verità, persuasi, come siamo, che per voi pure la vostra salvezza sarà l'opera della Chiesa e de' suoi insegnamenti rimessi in onore nella società.

« Il paganesimo, voi non l'ignorate, avea preteso risolvere il problema sociale, spogliando dei suoi diritti la parte debole del - l'umanità, soffocando le sue aspirazioni, paralizzando le sue facoltà intellettuali e morali, riducendola allo stato di assoluta impotenza. Era la schiavitù. - Il cristianesimo venne ad annunziare al mondo che tutta quanta la famiglia umana, senza distinzione di nobili e di plebei, era chiamata ad entrare a partecipare del divino retaggio ; dichiarò che tutti erano, per lo stesso titolo, i figli del Padre celeste, e riscattati allo stesso prezzo ; esso insegnò che il lavoro era su questa terra la condizione naturale dell'uomo, che accettarlo con coraggio era, per lui, un onore ed una prova di saggezza, che volervisi sottrarre era insieme un mostrarsi vili e tradire un sacro e fondamentale dovere.

« Per riconfortare ancora più efficacemente i lavoratori ed i poveri, il divin fondatore del cristianesimo si degnò di unire l'esempio colle parole: non ebbe ove riposare il suo capo, provò i rigori della fame e della sete; passò tutta la sua vita sia pubblica sia privata nelle fatiche, nelle angoscie e nelle sofferenze. Secondo la sua dottrina , il ricco, come si esprime Tertulliano , fu creato per essere il tesoriere di Dio sulla terra ; a lui le prescrizioni per il retto uso dei beni temporali , contro di lui le formidabili minaccio del Salvatore, se chiude il suo cuore innanzi all'infortunio ed alla povertà !

« Tuttavia ciò non bastava ancora. Bisognava riavvicinare le due classi, stabilire tra esse un vincolo religioso ed indissolubile. Fu questo il cómpito della carità ; essa creò questo vincolo sociale, e gli diede una forza e una dolcezza fino allora sconosciute ; essa inventò, moltiplicando se stessa, un rimedio a tutti i mali, una consolazione a tutti i dolori ; ed essa seppe, colle sue innumerevoli opere ed istituzioni suscitare in favore degli infelici una nobile gara di zelo, di generosità, di annegazione.

« Tale fu l'unica soluzione, che, nella inevitabile ineguaglianza delle condizioni umane, poteva procurare ad ognuno una esistenza tollerabile. Durante secoli, questa soluzione ora universalmente accettata e s'imponeva a tutti. Senza dubbio si videro prodursi atti di rivolta ed insubordinazione, ma non furono mai se non parziali e circoscritti; la fede avea troppo profonde radici nelle anime, perchè un ecclisse generale e definitivo fosse allora possibile.

Nessuno si sarebbe permesso di contestare la legittimità di questa base sociale ; nessuno avrebbe osato formare il vasto progetto di pervertire su questo punto l'animo ed il cuore delle popolazioni e di mirare alla totale rovina della società. Quali furono le dottrine funeste e gli avvenimenti che scossero, più tardi, l'edifizio sociale così pazientemente innalzato dalla Chiesa, l' abbiamo detto altrove : non vogliamo qui rìtornarvi.

« Ciò che Noi domandiamo , è che si cementi a nuovo questo edifizio , facendo ritorno alle dottrine ed allo spirito del cristianesimo; facendo rivivere, almeno in quanto alla sostanza, nella loro virtù benefica e molteplice, e sotto quelle forme che possono permettere le condizioni dei tempi, quelle corporazioni di arti e mestieri, che, già informate del pensiero cristiano, ed ispirandosi alla materna sollecitudine della Chiesa, provvedevano ai bisogni materiali e religiosi degli operai, loro agevolavano il lavoro, prendevano cura dei loro risparmi e delle loro economie , difendevano i loro diritti ed appoggiavano nella misura voluta le loro legittime rivendicazioni. - Ciò che Noi domandiamo è, che con un sincero ritorno ai principii cristiani, si ristabilisca e si consolidi tra padroni ed operai, tra il capitala ed il lavoro quell' armonia e quell'unione, che sono l' unica tutela dei loro reciproci interessi, e da cui dipendono insieme il benessere privato, la pace e la tranquillità pubblica.

« Intorno a voi, cari figli , si agitano migliaia di altri lavoratori, che, sedotti da false dottrine, s'immaginano di trovare un rimedio ai loro mali nel rovesciare quanto costituisce come l'essenza stessa della società politica e civile, nella distruzione ed annientamento della proprietà. Vane illusioni! Andranno ad urtare contro leggi immutabili, che nulla potrà sopprimere. Insanguineranno le vie per cui passeranno, accumulandovi le rovine e seminandovi la discordia ed il disordine, ma con ciò non faranno se non aggravare le proprie loro miserie ed attirare su di loro le maledizioni delle anime oneste. No, il rimedio non istà nè nei progetti e negli atti perversi e sovversivi degli uni , nè nelle teorie seducenti, ma erronee, degli altri ; sta tutto intiero nel fedele adempimento dei doveri che incombono a tutte le classi della società, nel rispetto e nella salvaguardia delle funzioni e delle attribuzioni proprie ad ognuna di esse in particolare. Queste verità e questi doveri la Chiesa ha la missione di altamente proclamarli ed inculcarli a tutti.

« Alle classi dirigenti abbisognano un cuore e viscere per quelli che guadagnano il loro pane col sudore della propria fronte ; loro fa d'uopo porre un freno a questo desiderio insaziabile delle ricchezze, del lusso e dei piaceri , che, in basso come in alto, non cessa di sempre più propagarsi. Di fatto in ogni grado si ha sete di godimenti, e, come non è dato a tutti di poterla soddisfare, ne derivano un immenso malessere e scontento, che avranno per risultato la ribellione e l'insurrezione in permanenza.

« A coloro, che ritengono il potere, spetta prima di ogni cosa penetrarsi di questa verità, che, per iscongiurare il pericolo, il quale minaccia la società, nè le leggi umane, nè la repressione dei giudici, nè le armi dei soldati potrebbero bastare; ciò che importa sovra ogni cosa, ciò che è indispensabile è che si lasci alla Chiesa la libertà di risuscitare nelle anime i precetti divini e di stendere su tutte le classi della società la sua influenza salutare; è che con regolamenti e norme saggie ed eque vengano guarentiti gl' interessi delle classi laboriose, si proteggano la gioventù, la debolezza e la missione tutta domestica della donna, il diritto ed il dovere del riposo alla domenica, e così si favoriscano nelle famiglie, come negli individui, la purità dei costumi, e le consuetudini diano vita ordinata e cristiana. Il pubblico bene non meno che la giustizia ed il diritto naturale reclamano che sia così.

Ai padroni è prescritto di considerare l' operaio come un fratello, di raddolcire la sua sorte nei limiti possibili e con condizioni eque, di vegliare su' suoi interessi, sia spirituali, sia temporali, di edificarlo col buon esempio d' una vita cristiana e soprattutto di non allontanarsi mai a di lui riguardo e detrimento dalle norme dell'equità e della giustizia, mirando a profitti e guadagni rapidi e sproporzionati.

« A voi, finalmente , miei cari figli, ed a tutti quanti sono del vostro stato, conviene tenere sempre una condotta degna di lode colla fedele pratica dei vostri doveri religiosi, domestici e sociali. Voi or ora lo dichiaraste, essere vostra formale volontà sottomettervi con rassegnazione al lavoro ed alle penose sue conseguenze, di mostrarvi sempre pacifici e rispettosi verso i vostri padroni, la cui missione è di procurarvi del lavoro ed ordinarlo , di astenervi da ogni atto capace di turbare l'ordine e la tranquillità, di conservare finalmente e nutrire nei vostri cuori sentimenti di riconoscenza e di fiducìa filiale verso la Santa Chiesa, la quale vi liberò dall' antico giogo della schiavitù e dell' oppressione, e verso il Vicario di Gesù Cristo , che non cessa e non cesserà mai di vegliare su di voi qual Padre, d' informarsi dei vostri interessi e favorirli, ricordando a tutti i loro rispettivi doveri e loro parlando il linguaggio della carità.

« Questo sentimento di riconoscenza e questa devozione alla Chiesa ed al suo Capo rimangano incrollabili, e sempre più si accrescano. - La Nostra condizione si aggrava ogni anno, e la necessità per Noi d'una indipendenza reale e di una vera libertà nell'esercizio del Nostro ministero apostolico diventa di giorno in giorno sempre più evidente. Da buoni cattolici siate fedeli, cari figli, a questa nobilissima causa. Fatela vostra , ed ognuno di voi, nella sua sfera si faccia un dovere di difenderla e di affrettarne il trionfo.

« Ed ora, cari figli, ritornate nella vostra patria, in quella Francia, dove, malgrado aberrazioni individuali e passeggiere, non si vide mai diminuire l' ardore per il bene, nè impallidire la fiamma della generosità e del sacrifizio. Ritornate nei vostri focolari e colla vostra condotta provate che nelle Associazioni , nelle quali sono in onore i principii religiosi, regnano nello stesso tempo l'amore fraterno, la pace, la disciplina, la sobrietà, lo spirito di previdenza e di economia domestica. Andate e la grazia del Signore vi accompagni dappertutto, vi assista, vi protegga, vi sostenga nelle vostre fatiche, v'incoraggi, facendovi gustare, fin d'ora, le ineffabili gioie che sgorgano dalla virtù e che dà la speranza di una vita migliore nella patria dei credenti.

È collo sguardo e colle mani alzate verso il cielo, che Noi facciamo salire ed ogni giorno faremo salire su di voi , amatissimi figli, questi voti, queste suppliche, queste preghiere. Intanto, e come pegno di questi celesti favori , Noi vi accordiamo la benedizione apostolica. Benediciamo voi tutti, qui presenti, con tutta l' effusione del Nostro cuore di Padre ; Noi benediciamo le vostre spose, i vostri figli e le vostre famiglie. Noi benediciamo i vostri capi, i vostri padroni ed i vostri benefattori, comprese tutte le pie Associazioni di cui fate parte. »

IL DISCORSO DEL PAPA AGLI OPERAI FRANCESI

giudicato in Francia.

Così scrive il Patriote de Tarn et Garonne:

Ben so che ne diranno coloro i quali non si sono mai serviti degli operai che per farne il loro marciapiede

« State in guardia ! La Chiesa vuol metter le mani sopra di voi. Ella vuol ridurvi alle condizioni di schiavi dei padroni e dei preti! »

Ecco il tema

Se ne affretta lo sviluppo.

Ebbene ; ho letto il discorso del Santo Padre agli operai francesi, e dichiaro, per quanto abbia sfogliato il repertorio dei discorsi socialisti, e repubblicani, che nulla vi ho rinvenuto che si avvicini a questo linguaggio sì nobile, sì grande e che segni più chiaramente la soluzione della questione sociale.

Il Santo Padre non si limita soltanto a indicare agli operai i loro diritti, ma indica anche i doveri.

E li indica anche ai padroni, meglio che non l'abbiano mai fatto i pretesi amici del popolo.

Sì, il Santo Padre dice agli operai

- Sappiate rassegnarvi.

Il Santo Padre dice ai padroni

- Sappiate, sacrificarvi; spandete i vostri beneficii in favore di quelli che sono lo strumento della vostra fortuna. Proteggeteli, amateli, trattateli da buoni padri di famiglia. Del frutto del lavoro, che è santificazione, sappiate fare buon uso. E se voi esigete virtù dai vostri operai, non date loro l'esempio di tutti i vizi. Cessate di sfoggiare un lusso che sembra un insulto alla loro miseria ; cessate di affettare uno scetticismo o una incredulità che piombano sulle anime dei vostri dipendenti, e ne fanno dei disperati e dei ribelli. Insomma, amatevi, soccorretevi gli uni e gli altri.

« È il vecchio vezzo, l'antico artifizio, » vanno gridando quelli che null'altro temono che di vedere la Chiesa riprendere la sua autorità morale sulle masse, che essi ingannano e che sviano a perdizione.

Sarà benissimo il vecchio vezzo, ma è un buon vezzo. E se i padroni e lavoratori seguissero domani i paterni insegnamenti di Leone XIII, la questione sociale sarebbe risoluta.

Invece di due campi nemici che si odiano, si disprezzano, si combattono, vi sarebbe un grande popolo di fratelli.

Del resto, vorremmo ben sapere che cosa è che propongono costoro di meglio di questo insegnamento.

Non sono certamente le proposte di soluzione che mancarono al problema.

Che cosa hanno prodotto ? E il problema non é forse ancor tutto da risolvere?

Ci furono molte agitazioni, molte lotte, molti dolori. E, alla fine, non si è fatto un passo verso la soluzione. E la questione si impone sempre, or più che mai, all'attenzione delle menti serie.

« Noi non vogliamo essere gli schiavi della Chiesa. »

Parole !

È la Chiesa che ha spezzato le catene degli schiavi, e che, per prima, ha proclamato l' eguaglianza nel mondo pagano.

È parimenti essa che vuol redimere il lavoratore, dicendo al padrone:

« Non dimenticare che questo è tuo fratello, e che tu devi trattarlo come tale.

« Ma per raggiungere tale scopo bisogna che vi inchiniate gli uni e gli altri davanti a Colui che è padrone di noi tutti, davanti a Dio. »

Insomma un giogo ben leggiero a sopportare, ben più di quello che addossano al padrone e all' operaio l' ateismo e la Rivoluzione. L' ateismo dice ai primi : « Non c'è niente al di là di questo mondo. Traffica adunque l'operaio, che è una macchina , e affrettati a godere del frutto del tuo traffico ! »

Agli operai la Rivoluzione dice

« Coalizzatevi contro gli sfruttatori o trafficatori ; votate contro loro un odio eterno ; non c' è niente al disopra della forza, i diritti devono primeggiare sui doveri. »

E le due forze si urtano incessantemente.

E la grande questione sociale è messa innanzi.

« Amatevi gli imi gli altri: chinatevi sotto l'autorità di Dio, padrone supremo... »

Si sghignazzi finchè si vuole nel campo degli increduli.

Si protesti finchè si vuole nel campo degli sfruttatori.

Se padroni od operai ascoltassero questa grande voce, la questione sociale sarebbe sciolta.

Bisogna convenire che con un medesimo colpo sarebbe finito il regno d'una masnada di commedianti e dì sfruttatori.

Ora i commedianti e gli sfruttatori non vogliono abdicare.

Ecco perchè li sentiremo per certo gridare agli operai

« All'erta! si vuol rendervi schiavi! »

Le parole del Santo Padre non lascieranno per questo di avere un'eco immensa nel mondo.

Ed è specialmente su ciò che noi volevamo richiamar l'attenzione.

Nel Clairon du Lot l'articolista Paolo Duchè scrive

Invitiamo amici ed avversarii a leggere il discorso che il Papa ha rivolto agli operai francesi.

I primi vi ritempreranno la fede ed il coraggio.

I secondi ne impareranno, se non lo sanno già, che la soluzione di questa questione sociale, cui iscrivono con tanta pompa e tanta ipocrisia in cima ai loro programmi ondeggianti e diversi, è molto più lontana da essi che non fingono di credere.

Come dice giustissimamente il nostro confratello Ribes-Mery se padroni ed operai ascoltassero questa grande voce, la questione sociale sarebbe sciolta.

Infatti è certo che vi è cento volte maggior democrazia, maggior liberalismo, maggior vero amore del popolo nel linguaggio di Leone XIII, che non ce ne sia stato mai in tutti i discorsi, in tutti i programmi, in tutti gli affissi elettorali dei ciarlatani del radicalismo o dell' opportunismo officiale.

Si confronti con questa pretesa democrazia, la quale non è altro che una stomachevole tirannide, il programma cristiano e veramente socialista, - nel significato nobile della parola, - il programma esposto da Leone XIII !

Che cosa dimanda il Papa ai cattolici?

Di lavorare a riavvicinare i padroni agli operai; a stringere viemmeglio colla mutua stima e simpatia i legami che li uniscono ; a rendere comuni i loro interessi e doveri; a sviluppare nell' operaio, nel piccolo, nell' umile, il sentimento della sua dignità e forza; a sopprimere, per quanto è possibile, nelle relazioni quotidiane, le ineguaglianze di grado e di fortuna.

Se è questa l'oppressione clericale, la preferiamo cento volte alla libertà e democrazia opportunista, il cui primo termine, previamente allo scrutinio, è questo: vota per me, o crepa di fame! e l'ultimo termine, dopo lo scrutinio, è : adesso che hai votato per me, puoi crepar di fame!

Adriano Dubé, che pubblica nell'Étoile de la Vendèe le dichiarazioni pontificie sulla questione sociale, conclude così, parlando al partito conservatore:

Andiamo a tutti i punzecchiati, a tutti i disillusi, a tutti coloro che la Rivoluzione ha ingannati, a tutti coloro che la repubblica dei frammassoni ha feriti nelle loro libertà, nei loro interessi materiali, paghiamo colla nostra persona, andiamovi cristianamente, generosamente. Invece di dividerei talvolta su questioni di persone o di influenza locale, lavoriamo generosamente alla soluzione di questa questione sociale che la rivoluzione ha resa sì acuta, sì irritante, e diamoci tutti il convegno su questo terreno comune dove il Sommo Pontefice c'invita a lavorare : la carità.

GRAZIA OTTENUTA

per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice Reverendìssimo Signor D. Rua,

Con sommo piacere riferìsco alla S. V. Rev.ma una segnalatissima grazia, ottenuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice in favore di una mia nipotina, pregando la ben nota cortesia della Rev.ma S. V. a volerla far pubblicare nel Bollettino Salesiano, alla maggior glorìa di Dio e ad onore della potentissima Madonna Ausiliatrice.

Boido Marietta, d'anni 6, da Castelboglione (Acqui) che da circa 5 mesi trovavisi qui con noi, il 15 Aprile u. s. cadde ammalata affetta dalle rossole. La madre, che in quei giorni era pure qui colla zia mia moglie, prodigarono alla bambina le più acconcie ed amorevoli cure, sicchè, in capo ad otto giorni, le tracce del male eran quasi scomparse. In famiglia già si faceva festa per la pronta guarigione della cara Marietta. Tale gioia però non solo non durò, ma tosto si cambiò in tristezza. Infatti al mattino del 23 Aprile, la bambina parve di nuovo aggravata in causa d'una tosse improvvisa e maligna che le si era manifestata. S'andò tosto pel medico, ma questi non accennò a pericolo. Lungo il giorno la tosse si fece più frequente e soffocante, e verso sera il dottore, chiamato ancora d'urgenza, trovò la bambina in preda del crudel morbo, il crup, già tanto pronunciato da disperare di salvarla. Il triste annunzio c'immerse nel più profondo dolore. Intanto il morbo faceva sì rapidi progressi, che la bambina strozzata dalla tosse pareva soffocasse da un istante all'altro. Lo strazio della madre e di noi tutti era indescrivibile; ma tanto non bastava, e la Marietta già agonizzante fu ancora sottoposta alla penosissima operazione chirurgica, unica prova e prova incerta, che rimanesse a tentare. Questa venne fatta all'una ant. del 24 nell'Ospedale Maggiore di S. Giovanni, ove la bambina fin portata alle 11 di sera. Appena operata, Marietta si riebbe ed accennò a miglioramento per quel giorno ed il successivo 25; ma, in seguito cioè alle 2 ant. del 26 la febbre aumentò così rapidamente che la bimba ne rimase accasciata ed in breve fu ridotta all'agonia. Mia moglie, che in quella notte era rimasta colla madre al letto dell'inferma, alle 5 del mattino corse a casa, e, va in fretta, mi disse, se vuoi vederla ancora. Volai dalla Marietta e la trovai in lotta colla morte. Le labbra livide, gli occhi socchiusi e travolti, la faccia coperta di sudor freddo, le dita aggrinzate, il respiro interrotto ed appena sensibile, tutto rivelava l'imminente dipartita di quella cara esistenza. Che tortura per la madre, che angoscia per noi tutti! Il dottore che, in quel mattino l'aveva più volte visitata, alle 8 1/2 la credette morta; la Suora assistente l'asperse coll'acqua benedetta, mentre la madre non reggendo più al dolore, era passata nella camera attigua, e noi col cuore lacero e gli occhi gonfi dal pianto stavamo per abbandonare per sempre quel caro angioletto.

Maria SS. Ausiliatrice, alla quale eravamo ricorsi ai primo manifestarsi del morbo, come già altra volta aveva favorita la potentissima sua protezione alla bambina col darle, il 23 Giugno 1887, la parola e l'udito, volle pure ora esaudirci; e quando appunto la Marietta fu veramente creduta morta e l'infermiera stava per portarla nella camera mortuaria, con inenarrabile stupore di tutti i presenti, essa riapre gli occhi, ed in men che lo dico il suo aspetto cadaverico si cambia, riacquista i sensi, le membra già fredde si rinvigoriscono, le livide guancie riprendono colore ed alle 8 3/4 Marietta può prender cibo. Da quel punto, colla stessa rapidità che il male erasi aggravato, la bambina si ristabilì. Dopo otto giorni lasciò l'Ospedale, ed ora, sana, robusta ed allegra, forma la consolazione de' suoi parenti, mentre testifica la portentosa guarigione ottenuta per intercessione della Vergine SS. Ausiliatrice. I parenti convinti di tanta grazia in segno di riconoscenza ed a perenne ricordanza posero nella chiesa parrocchiale di Castelboglione un quadro coll' effigie della miracolosa Madonna Ausiliatrice.

Del favore che, spero, vorrà accordarmi, le anticipo i miei più vivi ringraziamenti, mentre coi sensi della più alta stima e profondo rispetto vado lieto segnarmi

Di V. S. Rev.ma

Torino, 2 Luglio 1889.

Umilino Osseq.mo ed Ubb.mo Servitore SERRA GIUSEPPE.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI

Dalla Patagonia. Choele-Choel, 2 luglio 1889 REV.MO SIGNOR D. RUA,

Credo che già sarà pervenuta nelle sua mani la relazione della benedizione della nuova cappella innalzata a Chos - Malal. Ora, cedendo ai buoni desiderii di V. S. Rev.ma, di cui mi faccio interprete, ho determinato di darle alcuni ragguagli di un'altra Missione data sul littorale dell'Atlantico compreso tra lo sbocco del Rio Negro e del Rio Colorado e sulla rive di quest'ultimo.

Il sette di maggio del corrente anno partivamo, inviati da Monsignor Cagliero, Don Savio ed io col catechista Emanuele Mendes, giovane chileno che da un anno a questa parte ci presta i suoi buoni servizi. Il 28 di giugno, dopo d'aver percorso quasi 200 leghe sulle spiagge del mare e nella valle adiacente al Rio Colorado, spingendo talvolta le nostre incursioni più verso il centro della Pampa, giungemmo al fine al Fortin Uno, che si trova sulla destra sponda di questo Rio, in fronte a Choele-Choel.

La riviera compresa tra i due fiumi accennati è popolata da poche famiglie. La maggior parte sono cattoliche, poche totalmente protestanti ed alcune composte di protestanti e di cattolici. Ma tutte in generale sono indifferenti in materia di religione, fatta eccezione di alcune poche, la cui fede è ben radicata.

Sulle sponde del Colorado e a più leghe verso il centro si estendono più numerose la famiglie, sebbene siano quasi sempre sparpagliate qua e là ad una certa distanza le une dalle altre. Solamente nella Colonia del Deserto, che si trova a 12 leghe dal Rio sulla sponda sinistra , abbiamo visto un piccolo gruppo di famiglie riunite, che non passa la mezza dozzina. La popolazione del Colorado aumentò notevolmente in questi ultimi anni, e si calcola che il numero de' suoi abitanti non sia inferiore ai 3 mila. Qual sia poi lo stato morale-religioso e politico di questa genio, si può facilmente arguire dal vedere la maggior parte delle famìglie formate all' indigena ; padri il cui vincolo non è stato benedetto dalla Chiesa; e numerosa prole, di cui una parte ignora il nome dei proprii genitori. Si sono trovate famiglie numerose, dove nessuno sa fare il segno della santa croce e meno a recitare il Padre Nostro ed altre orazioni. Come rarità. si è trovato qualche buona famiglia che insegna le preghiere alla propria figliuolanza. Davvero, fa compassione vedere tante anime immerse nell'ignoranza di quelle verità più elementari, che formano la base e il fondamento di nostra salvazione.

Monsignore inviandoci c' incaricò di vedere dove si potesse erigere una Cappella, che serva di stazione per la Missione. Da quanto pare, Las Isletas è il centro più popolato e dove si spera dal signor Luro, padrone del campo, una pronta cooperazione onde realizzarne l'opera. In seguito converrà innalzarne altre due. Una in Los Gauchos, oppure in Fortin Mercedes, ed una terza in Las Chacaritas a circa 40 leghe più in su da Mercedes. La popolazione sul Colorado oggigiorno si estende già sino di fronte a Roca; ed è probabile che di qui a poco arriveremo alle Cordigliere unendoci con quei di Malbarco, del Rio Barranca e del Rio Hundo.

Per relazione fedele sappiamo che Acha, capitale del territorio della Pampa, è popolata da molti indigeni e da altri provenienti da varie provincie, dando il principale contingente quella di Buenos-Ayres. Lì non v'è che un cappellano, il quale, anche avesse la miglior volontà, non potrebbe attendere adeguatamente al bisogno spirituale di tante anime. In Victorica, paesetto che conta pochi anni di esistenza, situato sulla sponda del Rio Salado, vi è già una bella chiesuola, però non vi ha chi la funzioni. Epperciò quella popolazione è completamente abbandonata in quanto a religione.

La gente del litorale, come quella che vive sulle sponde del Colorado, si dedica alla pastorizia. Assai poco si coltiva l'agricoltura, eccettuate Las Isletas, dove si coltiva una grande estensione di terreno per mezzo di alcuni Italiani. Produce ogni sorta di legumi e verdura. Vi alligna la vite ed altri alberi fruttiferi. Sono fecondissime le zucche. le quali si producono in tanta quantità, che nell'autunno ne resta quasi coperto il suolo. Noi altri durante il corso di questa Missione ci siamo nutriti ordinariamente di sola carne, tranne in alcuni punti, dove ci hanno servito alla mensa di buon piatto di zucche , cavoli, ecc. Abbiamo avuta la fortuna di poter dormire sempre sotto tetto, fuori di una notte che io solo dovetti passare a cielo aperto per circostanze inevitabili. Il letto non fu sempre morbido, ma neppure tanto duro da impedirci il sonno. Soventi volte ci siamo trovati accovacciati in una stretta capanna, dove il vento soffiava da ogni parte ed il freddo ci intirizziva le membra, nè ci lasciava dormire a talento. D. Savio si lamenta del freddo, ed io, avendo passati due inverni tra le Cordigliere, dove il freddo è assai più intenso, non me ne accorgo nemmeno.

Stando al Fortin Viejo, scomparvero due dei nostri cavalli, che malgrado averli cercati, come si dice, per mare e per terra, non abbiamo potuto trovarli. Il giovane Mendes fece 15 leghe ed io ne feci altre 20, ma inutilmente : i cavalli non si lasciarono più vedere. Forse li troveremo più tardi. E giacche parliamo di cavalli, le dirò come l'anno 1886 ce ne involarono 4 ; l'anno seguente, tra morti e perduti, 5 ; e l'anno ultimo scorso ce ne morirono 3 e ce ne rubarono 6. Al presente non ne abbiamo che una dozzina pel servizio della Missione, a sono assai pochi.

Ma è omai tempo che taciamo delle cose materiali e veniamo a materie più importanti e spirituali. Durante quest'ultima Missione potemmo celebrare quasi tutti i giorni e fare, dove le circostanze ce lo permettevano, un po' di spiegazione della dottrina cristiana tanto ai grandi quanto ai piccoli, così ai cristiani come a quelli che sono tuttora infedeli. Non se ne poterono far Cristiani un gran numero, perchè andavamo in fretta, essendo nostro scopo, oltre dar Missione, esplorare nuovo terreno. Abbiam visto che anche nel Colorado messis quidem multa. Epperciò aspettiamo che il Signore ci mandi novelle piante, cha producano squisiti frutti di conversioni. V. S. Rev.ma conosce la necessità che ne abbiamo, non ci dimentichi : preghi e faccia pregare per le Missioni della Patagonia , perchè si degni il buon Dio di estendere il suo regno in tutta questa vasta regione. Io son persuaso che la nostra Congregazione è chiamata a portar la luce del Vangelo in varie altre terre d'infedeli, e nutro fiducia nel Signore che tra pochi anni migliaia di anime , riscattate dal sangue di N. S. G. C. per cooperazione dei Salesiani, loderanno e benediranno Iddio sommo bene in questa terra per andarsene alla beata eternità.

Il frutto di quest'ultima Missione diede il contingente di 86 battesimi, dei quali una terza parte sono indigeni, 5 matrimonii e 70 comunioni.

D. Savio ha sofferto qualche poco per i disagi inerenti alla Missione; però ha acquistato maggior robustezza e miglior colorito.

Il 29 di giugno, festa di S. Pietro e Paolo, attraversando la Pampa che separa i due Rii, siamo giunti a un'ora di notte a ChoeleChoel. All'entrare nel paese i cavalli ed una carica, che traevamo dietro, si spaventarono della luce dei fanali, e ci scapparono : nè ci fu più possibile trovarli che all'indomani. Qui incontrammo D. Stefenelli con un catechista destinati a Roca e D. Gavotto destinato per compagno di D. Panaro a Chos-Malal, i quali partirono stamane per tempo.

Noi abbiamo ricevuto ordine da Monsignore di andarcene a Balcheta, dove è più urgente il bisogno della Missione. Sono quasi tutti indigeni e forse più d'una metà sono ancora infedeli.

A Guardia Pringles si è già aperta una casa con scuola. Le Suore ed i Salesiani hanno molti alunni, e quasi manca loro il locale per riceverli tutti.

In Patagones ed in Viedma i nostri Collegi cogli Oratorii festivi vanno progredendo ogni dì più. Coll'arrivo di Monsignore e degli altri Salesiani si destò l'entusiasmo negli abitanti della valle del Rio Negro, tra cui si può già pronosticare un gran miglioramento nello sviluppo della fede, nella morale cristiana e perfino nel commercio , il quale partecipa in parte del bene della Missione.

Varie altre coserelle vorrei dirle, Rev.m° D. Rua, ma il tempo preme; D. Savio, praecinctís lumbis, vuol che partiamo. Dopo 3 giorni di marcia saremo ai piedi di questa formidabile traversata che conta 37 leghe senza trovar acqua. È tuttora fresca la notizia di 3 individui che morirono di sete l'anno passato. Ma noi prenderemo le dovute misure perchè , coll'aiuto di Dio e di Maria Ausilìatrice, possiamo esser liberi da ogni disgrazia.

Riceva intanto i saluti più cordiali di colui che umilmente si professa

Di V. S. Rev.ma

Aff.mo in Gesù e Maria

Sac. Domenico MILANESIO.

Dalla Repubblica Argentina.

CARISSIMO E VENERANDO PADRE

D. RUA,

Buenos Aires.... luglio 1889.

Un po' per pigrizia e un po' anche pel mio da far continuo tralasciavo di darle una notizia che dev'essere a lei di sommo aggradimento. I miei cari confratelli, e soprattutto le Suore di Maria Ausiliatrice, non vogliono ch'io più indugi, tanto lor preme che si sappia come in America eziandio la nostra Mamma Maria ha poste le sue compiacenze. Si tratta di un bellissimo fiore che la celeste giardiniera volle cogliere dal Collegio delle nostre educande d'Almagro, per trapiantarlo nel giardino eletto del Paradiso.

Eloisa Mera è stato questo fiore bellissimo, che vagheggiato dagli Angioli e da Maria stessa , nel giorno a Lei dedicato sotto il titolo di Ausiliatrice, il 24 maggio di quest' anno, fece la sua prima comparsa., tra le aiuole celestiali.. Eccole qua alcuni cenni della sua vita.

Stette nel nostro educandato per due anni: consecutivi , dando sempre esempi di virtù non comune : specialmente quando, accusata falsamente, seppe sopportare con tranquillità la calunnia, e perdonò di buon cuore a quelle lingue malediche, le quali sì acerbamente l'avevano ferita. Di 13 anni appena già sospirava per lo stato religioso, e sperava di poter presto aggregarsi alle Figlie di M. A.,, cui tanto amava.

Ma la Madonna fece su di lei altri calcoli.. Per una costipazione alquanto trascurata che convertissi dipoi in etisia, Eloisa dovette a malincuore lasciare il caro nido d'Almagro e far ritorno in famiglia, dove destina_ vala il Signore apostolo ai suoi parenti.

Eran costoro gente, data interamente al traffico, il che vuol dire, specie in Buenos Aires , che avean perduto di vista il vero, l'unico negozio, qual'è quello di salvare l'anima propria. - « Ci voleva quest' angelo, così esprimevasi il padre suo, per rimetterci in pace con Dio e cogli uomini, e per ravviarci sul sentiero della patria celeste. » - Eranvi in quella famiglia divisioni e serie assai, ma dopo alquanti mesi di soggiorno d'Eloisa in casa, comparve il più bel, l'iride che mai si fosse visto. Che se talvolta per qualche incidente si veniva al punto da dover rompere quella santa armonia, la fanciulla accorreva, e or con una paroletta ed or con uno sguardo solo che dir voleva Amiamoci per amore di Gesù - ognuno si rabboniva e tornava la quiete, la pace.

I servi addetti al negozio del padre , che non eran sempre prudenti nel modo di parlare , dovetter ben presto persuadersi che alla sua presenza era meglio tacere ; perchè o li sfolgorava con uno sguardo, o, se sparlasser di nostra santa religione, con argomenti che essa andava ad attingere sovente da persone saggie ed istruite, faceva far loro la figura d'ignorantoni, riducendoli al silenzio.

Per mezzo di lei entrò in quella famiglia la consuetudine d' accostarsi più volte all'anno alla s. Comunione. Stava essa in casa col corpo, ma col cuore era nel collegio d'Almagro, dove, almeno una volta al mese, nel dì della riunione delle Figlie di Maria e nella principali solennità ella passava l' intiera giornata. Era impossibile che i parenti che la dovevano accompagnare, vedendo la devozione con cui stava davanti a Maria Ausiliatrice ed il raccoglimento onde presentavasi alla s. Comunione , non ne restassero presi e come obbligati ad imitarla.

Intanto Eloisa aveva passati due anni di malattia in famiglia, e per quanto i parenti si lusingassero di una pronta guarigione, ella se ne rideva interiormente ; anzi prendendo dolcemente a gabbo le speranze di sua sorella che tanto l' amava, ogni venerdì, alla stessa ora in cui spirò sulla croce N. S. Gesù Cristo, essa immaginavasi di morire, e con tal illusione atteggiavasi come corpo morto.

- Che fai? chiedevale la buona sorella. Oh! che spavento ! non fare così.

- Non aver paura, rispondevate essa ; io devo morire, e... voglio morire appunto in giorno di venerdì, quando morì Gesù ; così Mamma Ausiliatrice non mi lascerà penare che un pochino nel purgatorio, ed al sabato mi chiamerà con sè.

E questo giuoco, per così dire, alla morte, lo ripetè sempre ogni venerdì, finchè non si potè più alzare da letto.

Allora le cento e più educande d'Almagro, sue compagne , le quali l' amavano teneramente, non tardarono d' accorgersi che la buona Eloisa non si faceva più viva alle feste della Madonna. Chiesero pertanto ed ottennero d'andarla a trovare. Ogni vìsita che le facevano serviva loro di predica ; se ne tornavano sempre tutte compunte e penetrate dal salutare pensiero dell'eternità.

- Oh! quanto è felice, diceva una d'esse; è sempre stata un angelo: parla d'andare al Cielo come d' una passeggiata la più facile al mondo.

- A me, soggiungeva un' altra, raccomandò di farmi Figlia di Maria Ausiliatrice e di Don Bosco in luogo suo, giacchè la morte lo impedisce ad essa.

- Quanta modestia in quegli occhi, ripigliavano altre ; quanta prudenza e quanta carità in quelle parole !

- Oh! fortunata chi vorrà imitarla !

La virtuosa giovanetta segnalavasi pure per una speciale divozione verso Maria SS. e verso Don Bosco. La prima volta che io chiamato andai per apparecchiarla a ben ricevere il SS. Viatico, vidi a capo del letto appeso il Crocifisso, e da un lato l'immagine di Maria e dall'altro il ritratto di D. Bosco.

- A quanto pare, le dissi, Eloisa, volete un gran bene alla Madonna Ausiliatrice.

- Ah! Padre , non mi dica ; è mia Mamma e basta.

- E a D. Bosco volete anche bene?

- Veda, Padre, quando arrivi al Cielo, dopo aver fatto il mio dovere colla Madonna, andrò direttamente a salutare D. Bosco, e me ne voglio stare con lui e colle sue Suore per sempre, per sempre... ; io sono di Don Bosco, lei già lo sa.

Ricevuto con santo ardore il Viatico il giorno stesso di Pasqua, voleva che l' altarino a ciò preparato non si togliesse, sì per poter ricevere altre volte l' Ospite divino, e sì per ricordare sempre il luogo ov'erasi degnato di posarsi Gesù per venirla a visitare.

Ma il male facevasi ognor più rapido ed io fui presto chiamato per amministrarle l'ultimo Sacramento ed impartirle la benedizione papale. Temendo non mi riconoscesse più le chiesi

- Eloisa, mi conoscete voi

- Sì.

- Chi sono?

- Il Padre.

- Ma qual Padre ?

- Il Padre dell'anima mia.

- Avete più caro vivere o andare al Pa radiso ?

- Voglio andare con Maria e con Don Bosco in Paradiso.

- Bene; prendete un piccolo Crocifisso coll' indulgenza plenaria in articulo mortis, baciandolo in quell' estremo momento con cuore contrito , voi andrete dirittamente da Maria SS. e con D. Bosco.

- Sì, Padre, grazie.

- Siamo nella novena di Maria Ausiliatrice ; oh! quanto sarebbe bello, se la Madonna vi pigliasse seco in questi giorni.

Ella mi rispose con un sorriso che pareva dicesse : - Ne son certa ; oh! che gioia !

Intanto passò la novena, venne la festa di M. A. ed Eloisa viveva ancora; ma ecco verso le 3 pom. di detta festa il male peggiora e la fanciulla in pochi minuti è ridotta agli estremi. Cerca il Crocifisso, lo bacia e spira tra le braccia del suo genitore.

Maria Ausiliatrice la tolse alla terra nel dì stesso della sua festa, giorno di venerdì, e vogliamo sperare che non avrà aspettato il sabato per accoglierla seco in cielo, ma subito le avrà mostrata la faccia divina del Redentore Gesù e di tutti i Santi, e l' avrà posta qual nuova gemma all'aureola che circonda il veneratissimo nostro Padre D. Bosco.

Le educande d'Almagro vollero farlo un solennissimo funerale, pel quale eressero un tumulo a guisa d'un monte coperto di gigli, da cui pareva alzarsi in candide vesti l'angelo Eloisa, loro dicendo : - V'aspetto tutte con D. Bosco in Paradiso.

Amatissimo Padre , ho soddisfatto il mio desiderio ed i voti dei miei confratelli e dello Suore d'Almagro. Voglia Iddio concedere a tutti i giovanotti e le giovanette, che escono dai nostri Collegi ed Educandati, di operare un tacito e maggior bene nella propria famiglia e nella popolazione in cui vivono ; e Maria Ausiliatrice si degni in fin di vita consolarli colla dolce speranza di andare insieme con lei e coll'amato nostro Don Bosco a godere la beatifica vista di Dio in sempiterno.

Mi benedica e mi creda suo

Aff.mo Figlio in G. C. Sac. G. COSTAMAGNA.

IL CAV. ANTONIO RUA.

Confortato dai soccorsi di nostra Religione, ed assistito dalla famiglia, che gli faceva mesta corona d'attorno al letto, spirava nel bacio del Signore il dì 31 ottobre p. p. il Cav. Antonio Rua.

Il cenno necrologico che facciamo di lui nel Bollettino Salesiano e la pia sua memoria che raccomandiamo ai benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, non ci vien tanto suggerito dal vincolo fraterno col venerato nostro Superiore, quanto dai meriti speciali ed individuali del caro estinto. Da più anni, dopo di aver servito il Governo per quarant'anni in qualità prima di controllore alla fabbrica delle armi in Valdocco, e poi di Direttore a quella di Val Trompia ed anche in Brescia, egli viveva per la sua famiglia e pel nostro Oratorio. Egli essi messo, per così dire, tutto a -disposizione della nostra Casa, e pratico degli affari, e specialmente dolce, mansueto, operoso faceva tanto per noi, che ora essendo scomparso, ci pare d' aver perduto un amico, un aiuto , un fratello e quasi vorremmo dire un padre. L' opera intelligente e continua che egli prestava in servizio dei nostri orfanelli sarà per molto tempo desiderata, e non si sa quando la Provvidenza ci manderà chi lo possa e lo sappia sostituire.

Egli per qualunque stagione, o che tirasse vento o piovesse, o nevicasse, con una regolarità esemplare veniva a bussare alla porta dei superiori per prendere gli ordini della giornata, e più gliene davano e con maggior sollecitudine si metteva in moto per eseguirli. Sa il buon Dio quante noie alcune volte ne ricavava ! Talvolta le sue fatiche non riuscivano come si sarebbe voluto, ma non si riusciva a fargli perdere quella inalterabile pazienza, che formava il modello per noi degno di imitazione e vorremmo quasi dire di ammirazione.

E quale ne era la mercede? Quale ne è ? Allora era la consolazione di aiutare Don Bosco, secondo le sue forze, nell' opera cristiana della carità per i giovanetti poveri ed abbandonati, e poi, mancato quel nostro buon Padre, col medesimo affetto e zelo prestare il suo braccio al fratello D. Michele. Ed i nostri orfanelli come l'amavano ! Come lo vedevano con piacere e cercavano di mostrargliene come si poteva la loro gratitudine.

Quando morì, vollero accompagnarlo alla sepoltura; e facendo quasi violenza al loro Superiore e Padre, D. Rua, una parte si unì ai chierici e preti della parrocchia, e la banda dell' Oratorio con le sue note lamentevoli esprimeva il nostro duolo. Nel giorno poi di settima si cantò Messa solenne, con una comunione generale nella chiesa di Maria Ausiliatrice. ll buon Dio, che avrà accolta quell'anima benedetta negli eterni riposi, si degni mandar al nostro Oratorio altri uomini, che come lui sappiano lavorare e sacrificarsi per l'opera dei nostri giovanetti.

PASSEGGIATE.

CAPO II.

Una sorpresa amica - I maccheroni - Chieri - Un ciarlatano ed il piccolo avversario.

Ora quale gradita sorpresa ci attendeva ! Immaginatevi che un nostro buon amico del Pino, che allora si godeva qualche giorno di vacanza, sapendo che in quell'ora ed in quel giorno dovevamo passare noi in numero plurale, aveva fatto preparare niente meno che quanto poteva essere necessario per soddisfar il nostro appetito.

Domandiamo perdono fin d'ora se in queste pagine dovremo parlarne sovente, anzi, forse troppo sovente.

Che volete, cari lettori , allora di regola eravamo soliti, in tempi normali, mangiare quattro volte al giorno, e con qual copia lo diceva ogni mese il panattiere, che si faceva pagare la nota; ora eravamo in passeggiata, in aria che ci faceva digerir le pietre, e con una salute da non essere scrollata che dal tempo. Dunque fu una vera fortuna per noi l'aver incontrato lui, che, dopo Messa , era disceso sulla pubblica via ad attendere noi, poveri merlotti, perchè dovessimo cadere inconsapevoli in quella insidiosa rete, che ei ci tendeva.

Chi se lo sarebbe immaginato ! O benedetto D. Ghivarello, come la tua presenza ci rallegrò, e come più e meglio la tua proposta che accolta ed accettata con un formidabile urrah! senza tema di comprometterci, esilarò il nostro cuore e ci mise in pace col nostro stomaco. Seppimo dopo che era stato un tranello, combinato con arte e pietosa ìndustria da Don Bosco col zio del nostro compagno, e che fu ben lieto di accoglierci con semplicità patriarcale, ma con abbondanza signorile.

Si deviò a sinistra, ma felice deviazione, che fu per noi tanto guadagno !

Del Pino, non si vede dalla nostra città che la torre, che nei tempi eroici serviva anche di telegrafo, per far conoscere qualche grave notizia con un po' più di celerità, che non erano le vetture di una volta. Come monumento di antichità quella torre si può visitare, ma non presenta nessuna importanza. Al Pino esisteva un secolo fa un bel convento di Teresiani , i quali scomparvero al venire della famosa rivoluzione francese. ln suo luogo si eresse la parrocchia. Che magnifica posizione ! Ci dissero che il nascere del sole fa un'illusione maravigliosa. come se venisse fuori dal mare.

Si dice che in nessun altro luogo del Piemonte si goda di una vista così incantevole. Noi eravamo giunti alle nove circa, e non prima delle dieci alla nuova destinazione. Ci dicevano, che avremmo avuto un po' di pane e d'uva per recarci in via. Ma se quella non fosse una bugia, non sapremmo quale altra cosa meriterebbe tal nome. Mentre noi ci riposavamo con assai piacere all'ombra della casa, la mamma di D. Ghivarello e la sorella ed i fratelli si fecero in più parti per preparare tavola, distendere mantili, lavare tondi e scodelle, che ci facevano aprir tanto di occhi ed interrogarci a che giuoco mai si sarebbe giuocato.

Io credo che a codesto giuoco, misurando il mio formidabile appetito, disse un burlone, guadagnerò tutti, e vedrete.

Erano quasi le undici, quando l' amico D. Ghivarello disse al capo della carovana che ci facesse sedere, perchè tutto era preparato. E questo tutto come fu gradito e copioso ! Un oh! lungo e fragoroso salutò la messa in tavola della minestra. La pentola fumava, che era uno spettacolo a vederla ; ed anche adesso ci ricordiamo che aveva quasi l'aspetto di un piccolo vulcano.

« Ma che buona minestra , ma come stupenda, ma come gustosa!

« Oh i bei maccheroni ! Neh ? venne su un nostro amico piacevolissimo e parolaio, sai tu perchè le paste di Napoli si chiaman maccaroni? » « Mah! chi lo sa? » « Lo so ben io. » « Un buontempone mentre se ne mangiava un piattello, su quel di Napoli, condite come sanno fare colà con il bravo spruzzo, con la bagna, con il formaggio, con non so quante droghe insieme, fu interrogato se gli eran cari quei vermicelli. Egli a bocca piena ed a labbra, direi, unte e bisunte, con una facciona soddisfatta, rispose senz'altro che non solo gli erano cari, ma caroni : e la parola rimase ad eternare la contentezza di quel buongustaio. Ora da Napoli a Susa non si trovano che maccaroni più o meno conditi ; ma saporiti, ma amabili come questa minestra che ci fu preparata. »

« Bravo ! bene ! noi gli abbiam detto; chi si immaginava che avessi tanto senno in quella testa ! » Intanto, fatta la prima dispensa, si domandò chi volesse replica : e si videro quasi cento piattelli in alto. Ce ne fu da contentar tutti, perchè si era preveduto il caso del nostro indivisibile compagno, l'appetito.

Avevamo davanti a noi ancora qualche cosa con un pane, che non era già più il grissino della capitale, e non erano ancora le pagnottelle dette tudeschini, allora forse dai Tedeschi che le avevano portate fra di noi (cari e benedetti i Tedeschi se non ci avessero portato altro!), quando, data una suonatina, aiutammo a sparecchiare la tavola, si ringraziarono i cortesissimi ospiti, e via a gambe !

La via principale era abbastanza lontana, e di là a Chieri la distanza era sensibile. Ma in quattro e quattr'otto ci arrivammo.

Ecco Chieri ! Bella, comoda, simpatica cittadina. Un tempo repubblica ed abbastanza potente, da meritassi lo sdegno del Barbarossa, che la fece incendiare.

Qualche etimologista vuole che quel feroce imperatore (noi ne abbiamo fortissimi dubbi per credere il contrario), alludendo alla floridezza passata ed al mucchio di ceneri, che rimanevano, della misera città, le dicesse quasi con gioia : Povera città, ricordati ora soltanto chi eri.

Ora però, sebbén modesta, è città molto industriosa, e per soprappiù capitale del paese ove si commercia il vino fatto dalla celebre freisa.

Quanta cose ci ricordava del nostro Don Bosco ! Colà aveva ancora condiscepoli che lo amavano tanto, amici moltissimi e tra gli altri annoverava il suo professore, che portava con orgoglio il suo medesimo nome e cognome, e che considerava Don Bosco come suo carissimo amico, dal quale volle essere trattato col famigliarissimo tu appena uscito dalle scuole.

Chieri poi ci ricorda le prime prove del sapere , della virtù e della vocazione nel sacro ministero del nostro venerato Padre ; sicchè nominare questa città, era per noi un tempo ripeterci le più amene e saporite avventure di lui.

Egli quando era tutto ancora per noi, e le udienze numerose e le occupazioni delle sua opere glielo consentivano, ci tratteneva di quando in quando con maniera incantevole di quelle piccole avventure, che gli capitavano fin da quei tempi.

Così, per esempio (veramente ciò sembrerebbe estraneo alle nostre passeggiate, ma forse lo è meno di quel che si crede), allora passando di là sempre ricordavamo con infinito piacere alcuni suoi episodii.

In sul primo entrare della piccola città vi era, e vi è tuttavia, un bellissimo viale di platani, dove noi sapevamo che un tempo Don Bosco aveva sfidato a correre ed aveva vinto un ciarlatano , che veniva ad impedirgli certe sue radunante di fanciullini, ch'egli faceva fin da quel tempo in ogni giovedì.

Si sa che l'uccello vola per istinto, e Don Bosco era già verso la gioventù, fin da quel tempo, quegli che dimostrò d'essere in tempo posteriore.

Al giovedì dunque raccoglieva pochi o molti compagni, a cui l'ozio poteva essere dannoso, e poi se li conduceva a questo od a quel sito. Era per lo più ad una cappella campestre, ove con quanto ognuno si portava, si provvedeva per una merenda od un piccolo asciolvere, e qualche volta anche un po' d'accademia letteraria.

In quest'ultima caso non mancavano, per dare incoraggiamento ai piccoli accademici, di intervenirvi alcuni professori. Era perciò una bellezza il vedere quanti accorrevano quante mamme volevano che i loro figli fosser annoverati tra la giovine carovana, e come essi ci trovavan proprio tutto il loro gusto.

Certamente il piccolo capo non aveva poco da fare : ma con prudenza e con una rara abilità, egli sapeva guidare i suoi quindici o venti amici, che alcune volte giungevano fino a quaranta, e tutti si mostravano affezionati e devotissimi.

Ora avveniva che il giovedì, specialmente quando cominciava il bel tempo, era il giorno aspettato con doppio piacere da tutti, ed era nome una disgrazia quando, o per la pioggia, o per qualche altro motivo non si poteva eseguire la passeggiata.

Un giorno dunque, mentre egli usciva per le sue escursioni con i suoi piccoli granatieri, ecco un saltimbanco a cominciare i suoi giuochi.

Egli saltava, egli suonava la tromba, batteva il tamburro, agitava i campanelli e con la sua parola veniva promettendo tante e sì belle cose, che i figliuoletti, quasi per incanto, piantarono lui là in asso, come si dice, ed attorniarono per la novità il ciarlatano con vaghezza e diletto. Il povero giovane divenne rosso per la vergogna, e con l'intenzione di dar un tienti-a-mente a quel mal capitato, quasi fosse vinto esso pure dal desiderio di quelle cose, accorre con gli altri. Certamente non è a supporre che egli avesse letto in un libro tristamente famoso, ma già praticava col suo retto e buon senso, che là dove non si può più negare un favore, o rifiutar una domanda , è prudenza ed accortezza concederla spontaneamente, quasi antivedendo il desiderio. Eccolo dunque là co' suoi, a far anch'esso corona al ciarlatano, il quale sorrideva a chi accorreva, sperando dal maggior numero di spettatori una maggior raccolta di soldi.

Ma il poverino faceva i conti senza l'oste, chè qui doveva essere ed era il nostro futuro Don Bosco, che tante volte in appresso ebbe a combattere, e vinse sempre in Domino chi tentava, senza cattiva volontà forse, impedirgli le sue oneste ricreazioni.

Dicono che in politica suol vincere chi sa metter fuori come per sorpresa un maggior numero di stratagemmi, di artifizi più o meno pronti e sagaci. Ora D. Bosco diede saggio fin d'allora d'essere fino diplomatico ed arguto nel trovare mezzi per togliersi dagli imbrogli. E da quali e quanti seppe poi liberarsi nella lunga e faticosa sua vita !

Disse dunque a colui, che fin da quell'istante considerò come suo rivale:

« Voi siete venuto qui per fare dei giuochi, non è vero l Ebbene, io scommetto di farne come voi e meglio di voi. » Non è possibile esprimere la meraviglia, la sorpresa, il sollazzo, che in un baleno si comunicò fra quei curiosi, che poterono udire le sue prime parole. Il ciarlatano però non solo fu sorpreso, ma sbalordito e quasi indignato; ed era lì lì per far la scommessa a scappellotti con chi aveva, secondo lui, la temerità di fare a giuochi con lui; con lui, che si vantava il primo ciarlatano che correva per le fiere e per i mercati d'allora. Gli diede perciò un'occhiatina tra lo sprezzante ed il minaccioso, e poi confidando di potere in un subito togliere anche la speranza di più contendere con il suo avversario improvvisato, disse

« Insolentello , ti insegnerò io come si fa a misurarsi con un pari mio. Su, si scommetta, e non una somma da poco, e vedremo chi saprà guadagnarla. »

Intanto il numero dei curiosi era duplicato, triplicato, e tutti si ripetevano la sfida, tutti volevano vedere l'ardimentoso fanciullo: tutti poi parevano aspettare con ansietà in quale cosa avrebbe dovuto consistere la contesa.

Perciò tutto occhi , tutto orecchi stavano mirando il povero giovanetto , che si trovava, non è a dirsi , in una difficoltà ben seria, e così seria, anzi tanto grave da metterlo in sul bel principio nel pericolo d'essere vinto.

Il ciarlatano aveva messo fuori un bello scudo d'argento, e voleva che il suo avversario facesse lo stesso , da mettersi nelle mani di un terzo. E Don Bosco fin d'allora non aveva il lardo da dare ai gatti ; cioè, con rispetto, non aveva danaro da mettere in isfida.

Ma, come poscia, per altre grandissime imprese, così allora non gli mancò l'aiuto ed il soccorso degli amici.

Indovinarono essi in quale imbroglio doveva trovarsi, e lo prevennero col procurargli di raccogliere fra di loro la somma di lire cinque. Detto, fatto : vuotarono il loro borsellino e gli posero in mano la graziosa sommetta. Respirò il piccolo contendente , ed animato da così lieti auspizi, aspettava a pie' fermo in che cosa avrebbe dovuto consistere la sfida.

Si propose la corsa. Si doveva partire da un capo del lungo viale, e correre fino al fondo, e chi fosse andato e ritornato il primo era il vincitore dello scudo.

Fu accettata la proposta. In mezzo ai suoi compagni chiassosi e pieni di speranza, Bosco va a mettersi a paro col ciarlatano, per partire insieme ad un segno convenuto.

Sono a posto : il silenzio si fa generale gli occhi di tutti i giovanetti e di altri ed altri moltissimi sano rivolti su colui, che essi amavano tanto, ed ora vedevano in un sì grave ed inaspettato pericolo.

Avresti sentito quasi l' alitare d' una mosca, il muoversi d'una fronda. Al tre si deve partire... Tutti pensavano che la lotta non poteva essere eguale, perchè il ciarlatano era agile alla corsa, anzi soleva alcune volte proporre chi desiderasse correre con lui : ma tacitamente pensavano come anche Bosco sapeva a tempo essere veloce, e come in certe corse coi suoi compagni, all'ora del bisogno, ancorchè all'aspetto paresse di poca agilità, si lasciava dietro quanti cercavano di competere con lui. Questo sapevano e ricordavano a vicenda i compagni, e questo serviva loro come di conforto in quella vera agitazione. Chè anch' essi erano veramente inquieti, e più d'uno parea pallido nel viso, come se lui stesso dovesse correre al pallio. Si fa dai circostanti una doppia fila, e dentro devono correre i due giostratori. Al segno dato si parte... Fu un momento di ansietà, poi di bisbiglio, poi un vero frastuono da non dirsi. Il piccolo Bosco par che voli e tocchi appena la terra. È già al fondo, ritorna come il vento... È sicuro dell' esito, eccolo alla meta prefissa. Di fatti lasciò il meschino quasi alla metà della seconda corsa. Accompagnato dai fischi, dagli urli, dagli scherni, dagli sghignazzi di tutta la gente ormai numerosissima colà accorsa, a capo chino, con la furia dipinta sul volto, con l'animo di farne aspra vendetta, arrivava il ciarlatano. Chi aveva in deposito le monete, le diede alla vista di tutti a Bosco , il quale, è il caso proprio di dirlo, stavasi tutto umile in tanta gloria, ed era dubbioso se avesse a prenderle o lasciarle al suo competitore. Ma questi punto sul vivo dell' onore lasciò dar giù alquanto la furia degli applausi e poi propose una seconda sfida da eseguirsi subito. Si era sotto i viali di platani, come si vedono belli tuttavia ed omai vecchi, ed il ciarlatano leggerissimo della persona propose di salire sopra uno di essi, a chi sarebbe stato capace di mettere i piedi più in alto. Alla strana scommessa corrispose prontamente Bosco, che in tempo molto posteriore ricordava, con nostro ed altrui diletto , le sue valentia nel cercare nidiate, i pericoli corsi, gli spettacoli dati in un tempo in cui li poteva dare. Nè queste liete avventure della sua prima gioventù diceva solo a noi, ma quando nel 1858 fu la prima volta a Roma, le raccontava con edificante semplicità a Sua Em. il Cardinale Marini, che se le faceva ripetere con gusto infinito. Anzi non una volta sola quando nei suoi appartamenti accorreva in gran numero la folla dei visitatori, voleva che Don Bosco raccontasse la sua vita fanciullesca e campestre. E noi abbiamo veduto allora con nostra meraviglia quegli illustri personaggi ascoltare queste cose con il medesimo diletto e con la medesima soddisfazione, che qualunque di noi. Ma torniamo a Chieri. Il piccolo Bosco dice al ciarlatano

- A voi il primo posto. - Ei si arrampica, si trascina, striscia e poi su, su : si abbarbica ad un branco che diritto e più alto si eleva dal fusto maggiore e va, va... Il ramo dondola e cigolando si muove per l' aria in paurosa maniera. Era l' estremo che si potesse fare e quasi immaginare.

Vincerà Bosco? Sarà vinto? Dirvi che si fosse contenti non oso asserirlo, perchè si era partigiani : perciò con nostra pena egli discendeva. sicuro di riavere il suo scudo perduto e quello ancora dell'avversario, perchè ora la scommessa era stata del doppio. Non pareva possibile salir più in alto. Senza inquietarsi di nulla, anzi con visibile piacere, Bosco si avvicina alla pianta, ed in meno che non si dice, è alla metà, poi alla cima, poi là dove il leggerissimo ciarlatano aveva l'aspetto di passero che vola. Era a vedersi ed a sentirsi quassi un momento che stringeva il cuore. La scommessa era dunque che avrebbe vinto chi avesse saputo mettere i piedi più in alto, ed il nostro Bosco arrivato colassù con mirabile e sicura sveltezza , tenendosi bene con le mani , si capovolse e spinse in alto i piedi. La novità prima sorprese, quindi fece passare in ogni cuore lo spavento ; in oltre diede luogo ad un subbisso di applausi, che riempivano l' aria e salivano su, su verso il cielo. Un solo stava muto pensando alle sue continue perdite di quel giorno. Se avesse potuto prendere da solo il piccolo avversario , se trattarlo come il cuore gli suggeriva, non so che cosa gli avrebbe regalato; ma in mezzo a tanta gente che lo applaudiva e proteggeva, non poteva e non doveva far altro che pagare e tacere. Discese lo spiritoso giovane dall'albero della scienza per lui, prese i quattro scudi guadagnati , e mentre tutti gli erano d' attorno a festeggiarlo, egli si recò dal povero ciarlatano, che non sapeva più in qual mondo vivesse, e certamente avrebbe desiderato d'essere o sotto terra o molto lontano da Chieri, e con bella maniera gli disse : - Amico, ecco i vostri scudi. Io non so che cosa farne. Prendeteveli e andate. Una cosa sola io vi domando, e sapete qual'è? - Quale? disse il ciarlatano con un risolino di gioia, che si diffondeva in tutta la faccia, quale? - Che voi andiate via da Chieri immediatamente. soggiunse il suo vincitore, e che per molto tempo non vi ritorniate a guastare i nostri divertimenti nei giorni di vacanza. Io credo che la lezione che avete avuto quest'oggi vi servirà per lungo tempo. Non ho altro a dirvi, non ho altro a domandarvi.

Quel poveretto che temeva di dovere per le sue perdite digiunare in seguito per alquanti giorni, quando si vide restituiti quei tre scudi che aveva depositati e perduti, parve tornar un altro. Voleva ringraziare e non trovava più parole, riprendere il danaro che gli si offeriva, e non sapeva con qual maniera; fece un inchino, e facendo battere quei tre lucidissimi scindi in segno di trionfo, se ne andava tra le risa ed il divertimento di tutti. Oh! le strane boccaccia che faceva ! Oh i più strani ringraziamenti ! S'accorgeva che se l'era scapolata con poco danno, e partiva da Chieri con il fermo proposito per allora di non mai più ritornare. Il giovane Bosco lo richiamò ancora una volta , e ricordandogli la fatta promessa, gli disse: « Che non abbiate a perdere è una cosa ; ma voglio pure che abbiate un po' di guadagno. Ecco qui lo scudo che fu raccolto per me e che voi dovevate guadagnare. Esso non mi appartiene e questi miei buoni amici sono ben contenti di regalarvelo, affinchè abbiate a ricordarvi della loro cortesia e generosità. Siete contenti, non è vero? » Piacque la proposta e fu accolta con applausi da tutti, e con visibile riconoscenza del povero uomo, che s'inchinò nella più comica maniera, e, carico del suo tamburro, tromba ed altri simili arnesi del suo mestiere, dilungandosi di là verso Torino , andava ringraziando coi gesti della mano, coi movimenti degli occhi e con tutta la sua mobile persona. - Queste amene avventure della gioventù di Don Bosco ci ricordava quel viale, e noi ripassando allora di là , le ascoltammo da uno dei più vecchi della brigata e vedemmo per di più anche il numero dell' albero su cui era salito Don Bosco. Le tante piccolezze che si leggono nelle vite pur di coloro che si dicono grandi del mondo, possono servir di scusa a noi, se esponemmo ciò che capitò a chi doveva a suo tempo essere a noi padre e maestro. Tanto più che in questa occasione il piccolo Bosco rivelava già il Don Bosco cacciatore e amico della gioventù !

Intanto si era camminato , e piuttosto in sul tardi si arrivò ai Becchi, dove eravamo aspettati, e dove noi tante volte eravamo già arrivati col pensiero. Dopo Buttigliera d'Asti, invece di prendere la via larga che conduce con comodità , ma per più lunghi andirivieni, si prese un sentiero a man destra e giù lietamente per la valle. Di qui di giorno si sarebbe potuto vedere sull'opposta collina la desiderata casetta di Don Bosco, ma a quell' ora , e con tanta fretta , non si aveva neppur per l'idea di tentare l'impresa. Tanto più che, mal pratici dei sentieri, avevamo non poco da fare, per tenerci insieme e per non fuorviare. Qui nella medesima valle ci capitò una piccola avventura. In essa c'è un torrentello , detto mi par la Traversella, che serve a far girare nel buon tempo le ruote d' un molino. Per ordinario ha poca acqua, e noi potevamo di giorno con un piccolo salto passare con divertimento da una sponda all' altra ; oppure, quando scorreva più copioso, sopra una pedanca. Ci ricordiamo però che arrivati là ad ora piuttosto avanzata di sera , e poco sicuri di poterlo saltare senza pericolo di cadervi in mezzo, dovemmo cercare di accendere un po' di lume per vedere ed assicurarci di non caderci dentro. Tra tutti abbiamo trovato un zolfanello ! Bisogna dunque fare in modo che esso serva per tutti, abbiamo detto ! Ci siamo messi rasente la riva, e con gli occhi rivolti al passo che si doveva fare , mentre l' amico col suo zolfanello spandeva bastevole luce d'attorno; uno, due, tre, cinque alla volta saltammo senza danno dall'altra sponda. Ultimo fu il benefico lumifero, che fu anche l'unico a cadere nel bel mezzo con nostra e sua meraviglia e sollazzo. Il poveretto guazzò un poco dei piedi, e spandendo e spruzzando acqua di qua e di là, ridendo e gridando lasciò dietro a sè il mal passo del torrente. Anche questi piccoli accidenti che sembrano ad altri di sì poca importanza, ci facevano buon sangue, ci esilaravano, ci mettevano in grande allegria , come delle più grandi cose dal mondo. (continua).

BIBLIOGRAFIA

Esercizi Spirituali di s. Geltrude Monaca Benedettina. Versione fedele dal latino del P. CLEMENTE PoGG1ALI, in 8°. piccolo di pagine, 106: L. 1, 00. Rivolgersi alle Librerie Salesiane.

Sono esortazioni e preghiere ripiene di uno spirito soavissimo e dettate da una delle più grandi Sante che abbia avuto la Chiesa.

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Elenco dei Cooperatori defunti nel Settembre e Ottobre. (Seguito)

56 Pinto D. Giuseppe - Napoli.

57 Pletti D. Gio. Batta. Parroco - Variano (LdineJ.

58 Poggi D. Alessandro Cappellano - Voghera (Pavia).

59 Pollara D.- Filippo Canonico - Palermo.

60 Riccardi-Badellino Lucia - S. Vittoria d'Alba (Cuneo).

61 Roggieri Felicita - Carassone di Mondovì (Cuneo).

62 Rolando D. Pietro Canonico - Palermo.

63 Schiaffino Mons. Placido Maria Cardfnale - Roma.

64 Schifalacgna D. Gio. Batta. Canonico Fallano (Roma).

65 Sesia Stefano tenente - Brusisco (Torino).

66 Sordi P. GinsPppe Rettore - Cascia di Reggello /1'irenzeJ.

67 Sutora D. Salvatore Canonico - Palermo.

68 Tacchi D. Bonifazio Parroco - Strigliano (Dfacerata).

69 E de?•zo D. Marco Parroco - Anciguano (Vicenza).

70 Ughetto Apollonia - Ventimiglia. 71 Vicari Teresa - Selva di Trissino (Vicenza).

72 Visciglio D. Angelo abate parroco - Bisceglie (Bari).

73 V.isentin Luigi- Nervesa (Treviso). 74 Zappalà Agata - Tre Castagni (Catania).

75 Zoncu D. Salvatore Parroco - Rioda (Cagliari,).

76 Zorsi D. Giovanni - San Martino Buon Albergo (Verona).

Novembre.

1 Allocco Maria Maddalena - Torino.

2 Barberis Pietro - Quarguento (Alessandria).

3 Bellina D. Pietro canonico - Id. Id.

4 Bellini D. Luigi arciprete -- Buso Olevigo).   -

5 Bettanini D. Domenico parroco - Selva (Treviso).

6 Boeri D. Felice canonico - Cuneo.

7 Brunengo D. Giacomo arciprete - Cisano sul Neva (Genova).

8 Buffo D. Francesco prevosto - Pratigliono (Tortino).

9 Cabiddu prof. Elia cappellano - Cagliari.

10 Cantoni D. Pietro prevosto- Pavia.

11 Caretto-Faldella Celestina - Crescentino (Novara).

12 Carlino-Grassi Francesca - Ivrea (Torino).

13 Carsetti Ma. Luigia suora terziaria - S. Severino Marche (Macerata).

14 Caviglia D. Giuseppe prevosto - Alessandria.

15 Ceresolo D. Maurizio teol. cav. - Torino.

16 Cerri Assunta - Camaiore (Lucca).

17 Cerasti D. Ferrando - Tornata (Cremona).

18 Corsi Angelo - Milano.

19 Cuttica Tommaso - Quargiiento (Alessandria).

20 Del Zoppo D. G io. Battista - Baveno (Novara).

21 Ferrero D. Giovanni - Cesto (Novara).

22 Ferrero D. Francesco Pinerolo (Torino).

23 Frapporti D. Lodovico arciprete - Rivoli (Verona).

24 Fuseo D. Francesco vicario foraneo - Forino (Salerno).

25 Galleani d'Agliauo conte Pio - Palazzasso di Caraglio (C7,.asco).

26 Galvagno Nioolao avvocato - Marene (Cuneo).

27 Gasparini D. Carlo curato - Carro (Vicenza).

28 Gatti D. Flaminio - Torino.

29 Giacomelli Rosina - Breno (Brescia).

80 Giacomini D. Giuseppe parroco - Livemmo (Brescia),

31 Gilli Giovanni - Torino.

32 Giuso D. Pietro rettore - Cavalcaselle (Verona).

33 Grossi D. Leone canonico - Albenga (Genova).

34 Guerinoni D. Giacomo parroco - Grassobbio (Bergamo).

35 Lago D. Alessandro - Rosà (Vicenza). -

36 Margarita D. Giuseppe - Castelrosso (Torino).

37 Marini vedova dell'avo. Giovanni - Messina.

38 Martinetti Andrea   Mezzotedesco (Tirolo Austriaco).

39 Mediasi D. Turibio parroco - Vedriano (Bologna).

40 Miglio D. Antonio parroco - Nibbia (Novara).

41 Moiso Francesco - Cherso (Istria). 42 Monti Sebastiano - Fermo (Ascoli Piceno).

43 Morale D. Giampietro Vincenzo vicario for. - Avola (Siracusa).

44 Nosenzo cav. Giuseppe - Colle Euomondo (Alessandria).

45 Obiglio cav. Alessandro - Torino46 Origoni Antonietta - Meda (Milano).

47 Orrù D. Bernardino vice-parroco - Iogoro (Cagliari).

48 Panizzon D. Antonio - Venezia.

49 Paponi D. Leopoldo preposto - Montecatini in Val di Nievole (Lucca). 50 Perizzolo D. Giovami arciprete - 01mAle (Treviso).

51 Petraroia prof. dell'Istit. dei SordoMuti (Roana).

52 Pirici Amalia - Rosa (Cagliari).

53 Poggio D. Lanfranco - Sartirana (Pavia).

54 Pozzi D. Nicola parroco - Afonteleone /Forlì).

55 Ramazzini D. Antonio arciprete - Gaggio di Montano (Bologna).

56 Renzanigo Giovanni - Trevigiio (-Bergamo).

57 R'zzolo Giovanni Antonio - CastelboYlione U.lessan(lria).

58 Rossetti-Bosebieri Giuditta - Collabrigo (Treviso).

59 Samuelli Stefano - Gardone di Riviera (Brescia).

60 Sansevero D. Raffaele professore -Padula (Salerno).

61 Santi Giovanni - Bra (Cuneo).

62 Scolari. D. Marco parroco - Tre Pallide (Venezia).

63 Semino D. Giovanni curato - Bettole di Villaly ernia (Alessandria). 64 Spelanzon D. Angelo cappellano - Conegliano (Treviso).

65 Stradolini D. Innocenza cappell. - Cargnacco (Udine,).

66 Taricco Giuseppe - F escano (Cuneo). 67 Toscani Adele - Siena. 68 Tragella D. Gaetano - Vimodrone (Milano).

69 Turco Giovanni - Castelnuovo d'Asti (Alessandria;.

70 Ugazio D. Giuseppe parroco - Isola Superiore (Novara).

71 Valentinotti D. Francesco - MioneCorte (Austria).

72 Varaldo Secondina maestra - Benevello (Cuoco).

73 Vercesi Mons. Michele cameriere di S. S. prevosto - Canneto (Pavia). 73 Vicentini D. Sisto arciprete - Cona (Venezia).

75 Villa D. Giacomo -- Orsenigo (Como). 70 Zangrandi-Pinzati. Giuseppina - :Piacenza.

77 Zinutti D. Giovanni-Cabla (Udine)

INDICE DELL' ANNATA 1889.

Gennaio.

Partenza di Mons. Cagliero per l'America del Sud   . . Pag 1

Lettera del Sac. Michele Rua ai Cooperatori Salesiani    » ib.

Grazia di Maria Ausliatrice    » 8

Sentimenti di un figlio. sacerdote salesiano, nella morte del padre . . . . Pa g. 8 Strenna di Maria Ausiliatrice    » 1.0 Il Gal)u t r. s;y) , per Vanno 1889 . . . . » 12 Funerali per la morte di D. Bosco (Appendice) » 13 Avvisa    » 16

Febbraio.

Il 31 gennaio 1889    Pag. 17

Opportuno ricordo    » 18 Partenza dei Missionari per la Patagonia » ivi

Dalla Plata       » 27 Grazia ottenuta » 28 Elenco dei Cooperatori defunti nell'anno 1888 » 29

Marzo.

Primo anniversario della morte di D. Bosco » 33 Il Patrono della stampa cattolica S. Francesco di Sales   . .   » 37 I Salesiani in Inghilterra : Primizie dolorose del loro apostolato .   » 38 Grazie ottenute per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice . » 40 Viaggio dei Missionaria per la Terra del Fuoco » 41 Bibliografia . . » 47 Elenco de' Cooperatori definiti nel 1888 e nel gennaio e febbraio 1889   » 48

Aprile.

Il Mese di Maria    » 49

La Pasqua di Risurrezione    » ivi

Conferenze Salesiane       » 51 Scena religiosa in mare . . . » 5,1 L'ultimo saluto dei fratelli e dei figli » ivi Due care festicciuole . » 56 S. Tommaso a Valsalice e la benedizione del Santo Padre » 57 Un fiore dell'Oratorio Salesiano in Catania » ari Guarigione d'ima fanciulla ; la benedizione d'un Vescovo   . . . . » 58 Cooperatori defunti nel febbraio e marzo » 60

Maria Ausiliatrice    » 61 Una conversione ottenuta per intercessione di Maria Ausiliatrice nel tempio a Lei dedicato in Torino    » 64 Novena e festa di Maria Ausiliatrice . . » 65 Un'indegna truffa . » 66 Viaggio dei Missionaria per la Patagonia » ani

L'Arcivescovo di Vercelli    » 69

1 Riminesi a Don Bosco    » 70 Avviso ai signori Sacerdoti . . » 72 Elenco dei Cooperatori defunti nel marzo e aprile    » ani

Giugno.

II S. Cuore di Gesù   » 73 La commemorazione di Don Bosco e la festa di Don Rna    » 75 La tomba di Don Bosco . . . » 76 Maria Ausiliatrice e i Protestanti . . . » 77

Dal Rio Negro    » 82 Bibliografia . » 84 Elenco dei Cooperatori defunti nell'aprile e maggio    » ivi,

Luglio.

dolori del Sommo Pontefice in questi giorni e i doveri dei Cooperatori Salesiana . » 85 tre monumenti innalzati da Don Bosco e il Papa

festa di Maria SS. Ausiliatrice . . . » 89 i pietra angolare di una Cappella a Torino e la pietra fondamentale di un Ospizio a Macerata   . . .   » 92 «ereizi spirituali Der le Maestre e per altre

Notizie delle nostre Case d'America (Dall'Equatore)    Pag. 94 Bibliografia . . . . . . » 95 Elenco dei Cooperatori defunti . . . . » 96

Agosto.

I Salesiani al Sommo Pontefice per il 9 giugno 1889   » 97 A S. S. Leone XIII ed al Card. Gaetano Alimonda nel giorno loro onomastico . . » 9€ Riconoscenza ed amore . . . » 99 Primo Congresso Catechistico a Piacenza » 105 Le feste al Sacro Cuore di Gesù nella nostra chiesa in Roma . » ani Moncrivello e le Suore di Maria Ausiliatrice » 107 Grazia ottenuta per intercessione di Maria Ansi1aatrice e di Don Bosco . . . » 108 Notizie delle nostre Case d'America . . » ivi Collegi Salesiani . . » 109 ,' Elenco dei Cooperatori defunti nel mese di giugno e luglio    » 112

Settembre.

L'Opera dei Catechismi    » 113 Le feste Salesiane a Faenza . » 115 Notizie delle nostre Case d'America : Dalla Patagonia Meridionale; dal Brasile . » 119 Il merito premiato all'Oratorio di San Francesco di Sales in Torino   . » 123 Conferenze Salesiane a Pavia, a Viterbo, Novara, Casale    » 124

Bibliografia    » 127 Una rettifica . . . » 128 Cooperatori defunti nel luglio ed agosto . » ivi

Ottobre.

Leone XIII, il Rosario e la divozione a San Giuseppe    » 129

Una gita ai Becchi    » 132 Notizie delle nostre Case d'America : Dalla Patagonia e dall'Argentina . . . . » 133 Le feste al S. Cuore di Gesù in Patagonia » 137 Una grazia del S. Cuore di Gesù . » 140 Cooperatori defunti nell'agosto e settembre » aura

Novembre.

Nuova partenza di Missionaria Salesiani . » 141 Stringiamo amicizia con le anime del Purgatorio . . . . » ivi Ancor un pensiero ai nostri morti . » 143 Notizie dei nostri Missionaria : Dall'Uruguay, dalla Patagonia e dal Brasile   . » ivi Parole del teol. Felice Reviglio per l'inaugurazione della lapide ai Becchi . . . » 146 Passeggiate (Periodo II)    » 148

Paolina Occelletti    » 151

Bibliografia    » 152

Avviso    » ivi

Cooperatori defunti    » ivi

Dicembre.

Riconoscenza ed augurii di felicità   » 153 Il Santo Padre e la questione operaia: discorso del Papa agli operai francesi e commenti su questo del giornalismo in Francia . » ivt Grazia ottenuta per intercessione di Maria Ausiliatrice   » 157 Notizie dei nostri Missionaria: dalla Patagonia e dall'Argentina » 158 Il Cav. Antonio Rua    » 162

Passeggiate   » ivi

Bibliografia » 166