BS 1880s|1881|Bollettino Salesiano Dicembre 1881

ANNO V. N. 12.   Esce una volta al mese   DICEMBRE 1881.

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO - Riconoscenza ed augurii di felicità - Nuova partenza dì Salesiani per le Missioni di America - La Direzione del Bollettino Salesiano ai Cooperatori e Cooperatrici - Letture Cattoliche e Biblioteca della Gioventù Italiana - La Diocesi di Casale Monferrato e la prima Conferenza dei Cooperatori - Tratti della Divina Provvidenza in riguardo alla Chiesa del Sacro Cuore - Una Conferenza Ecclesiastica e la Chiesa del Sacro Cuore - La Chiesa del Sacro Cuore e la diocesi di Trento- Progetto di una rete meteorologica nell'America del Sud per cura dei Salesiani- Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - Suor Maria Mazzarello -Collocamento del prima pietra di un nuovo spedale in Torino - Due notizie - Il Sinodo Diocesano di Torino e varie opere di religione e di carità, - Brevi cenni sull'Oratorio festivo della città di Carmagnola - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

RICONOSCENZA ED AUGURII DI FELICITÀ

Il Sacerdote Giovanni Bosco e i numerosi suoi giovanetti, ricordando con piacere come, l'anno passato , molte benevole persone abbiano avuto il caritatevole pensiero di mandare loro la strenna, godono di cogliere la propizia occasione delle prossime Feste Natalizie e della fine dell' anno , per augurar loro con viva riconoscenza le più elette benedizioni ed ogni prosperità,.

La Comunione, che per privilegio Pontificio faranno nelle loro Chiese nella mezzanotte del Santo Natale, i Salesiani e i loro alunni la indirizzeranno a Dio , affinché, pei meriti del graziosissimo Gesù

Bambino, spanda sopra dei loro Benefattori e Benefattrici l'abbondanza delle sue grazie celesti, e conceda loro un nuovo e felicissimo anno, colla. perseveranza nel bene.

NUOVA PARTENZA DI SALESIANI per le Missioni di America.

La partenza di una nuova schiera di Salesiani per le Missioni dell' America del Sud, già annunziata da noi nel N. precedente, venne fissata pei lo del corrente dicembre.

Nelle ore 3 pomeridiane di detto giorno, nel Santuario di Maria SS. Ausiliatrice in Torino, si terrà la Conferenza dei Cooperatori e delle Cooperatrici ; dopo cui s'impartirà la Benedizione col SS. Sacramento, si legheranno le preghiere- della Chiesa pei divoti pellegrinanti, e infine si darà dai fratelli l'addio ai fratelli appié dell' Altare della Vergine.

Nella sera stessa i Missionari partiranno per Marsiglia, donde il 18, sul bastimento, La France, salperanno pel nuovo mondo. Essi sono guidati dal Sacerdote D. Luigi Lasagna, già assai noto ai nostri lettori, il quale mesì sono essendo ritornato tra noi, per ristorare la sua mal ferma salute, oggi riede alla direzione del suo collegio di Villa Colon, per la Dio mercè affatto ristabilito, e ripieno di giovanile e santo ardore.

Invitìamo i Cooperatori e le Cooperatrici ad implorare da Dio a questi nostri Confratelli un viaggio felice. A quest'uopo li esortiamo a voler recitare, durante la novena del Santo Natale, un Patere ed Ave a Gesù Bambino, affinchè comandi ai venti ed al mare che siano loro propizi.

LA DIREZIONE DEL BOLLETTINO SALESIANO AI COOPERATORI E COOPERATRICI.

Ci gode l'animo al vedere tanti Cooperatori e Cooperatrici, che ben conoscendo la spesa, a cui dobbiamo sottostare nello stampare e nell'inviar loro il Bollettino, concorrono volenterosi ad aiutarci secondo le loro forze. Essi o sul principio, o sulla fine, o nel corso dell'anno ci mandano la loro piccola tangente fissata in L. 3, la quale ci riesce una vera provvidenza. Di questa loro carità noi li ringraziamo qui di vivo cuore , e preghiamo Iddio che ne li rimuneri coll' abbondanza delle sue celesti benedizioni.

Altri non potendo soggiacere a questa spesuccia si compiacciono d'informarcene, facendoci umili scuse; anzi non pochi, come adontati di non essere in grado di mandarci qualche materiale soccorso, quasi ci pregano che loro non ispediamo più il giornaletto, quantunque lo ricevano e lo leggano con molto piacere. Noi lodiamo questa loro delicatezza di coscienza ; e siccome il Bollettino è quale un mezzo di unione tra ciascun Cooperatore ed il Superiore della pia Società Salesiana , così noi crediamo ben fatto di continuarne loro la spedizione , nella speranza che quello che non possono fare oggi, il possano domani, o che pure, non potendo far grandi cose di per sè, si adoperino a cercarci aiuti presso ad altre persone caritatevoli, e preghino per noi.

A coloro poi dei Cooperatori o Cooperatrici, che potrebbero aiutarci, ma nol fecero finora per dimenticanza , oppure perchè non sapevano quale mezzo adoperare, noi li preghiamo umilmente che voglìano avere la bontà di farci tenere quel sussidio, che fosse in loro potere. Il piccolo obolo di L. 3 per la spesa del Bollettino sarebbe una carità squisita, specialmente in questo tempo, in cui abbiamo dovuto allestire una nuova spedizione di Missionarii per l'America.

Il mezzo da usare per farci avere la loro carità si è il Vaglia postale in lettera semplicemente affrancata , oppure biglietti di banca in lettera raccomandata od assicurata. Si ricevono eziandio con riconoscenza offerte di cibo e di vestiario, poiché dobbiamo provvedere vitto e vestito a più migliaia di poveri giovanetti, raccolti nelle nostre Case.

LETTURE CATTOLICHE

Pubblicazione mensile di Torino.

I nostri Cooperatori e Cooperatrici , che leggono la storia dell'Oratorio, sanno da quando cominciarono le Letture Cattoliche, quali sacrifizi costarono a D. Bosco, il bene che produssero fin da principio tra il popolo cristiano , le lodi che riscossero dai buoni, e le ire dei nemici della fede.

Noi preghiamo pertanto i Cooperatori, che vogliano associarvisi e per vantaggio proprio e dei loro dipendenti, e in questo modo aiutarci a promuovere più efficacemente il bene della Religione e della società, che é lo scopo della nostra Pia Unione.

A quest'uopo mettiamo sotto i loro occhi la lettera seguente e il piano d'associazione.

ILL.mo E BENEM. SIGNORE,

Alla vista del gran danno, che reca in mezzo al popolo cristiano la cattiva lettura , il sottoscritto si adoperò di porvi qualche argine mediante la diffusione di libretti, che si stampano a modico prezzo in Torino col titolo di Letture Cattoliche.

Ma affinché i suoi sforzi non tornino inutili, egli invita a coadiuvarlo tutti coloro, che amano la nostra santa Religione e il bene delle anime, che é pur quello della civile società.

Per la qual cosa raccomanda alla S. V. B. il Programma delle mentovate Letture , pregandola umilmente che voglia dardi quella maggior pubblicità che Le sarà possibile, per accrescere ognor più il numero degli associati e quello dei lettori.

Che questi opuscoletti siano di grande utilità al popolo cristiano, ben si può rilevare dall'elogio che si degnò di farne il grande Pontefice Pio IX di santa memoria, non che dalle testimonianze, possiam dire, di tutto l'Episcopato italiano.

L'esperienza di quasi trent'anni ne é pure una prova solenne.

Pertanto nella speranza che la S. V. voglia prendere in benevola considerazione questa domanda, gliene rendo i più sentiti ringraziamenti, e pregandole dal Signore ogni bene, con tutto rispetto e gratitudine mi professo

Di V. S. Benemerita

Obbl.mo Servitore Sac. GIOVANNI BOSCO.

PIANO Di ASSOCIAZIONE.

1. Lo scopo di questa Associazione si è di diffondere libri di stile semplice e dicitura popolare. La materia ne saranno istruzioni morali, ameni racconti, storie edificanti, ma che riguardano esclusivamente la Cattolica Religione.

2. In ciascun mese uscirà un fascicolo di circa 108 pagine.

3. Il prezzo d'Associazione é di L. 1,25 ogni semestre, e di L. 2,25 all'anno per chi vuole i fascicoli franchi di posta. All'uffizio di Torino L. 0,90 per semestre , e L. 1,80 all'anno. Fuori d'Italia L. 3 per tutta l'Europa.

4. Per fare tutte le agevolezze possibili alle benemerite persone ecclesiastiche e secolari, che vorranno dar mano a quest'opera di carità, saranno loro spediti i fascicoli franchi di porto per tutte le parti d'Italia , dove sono attivate le ferrovie e per l'estero sino al confine , allo stesso prezzo di L. 0,90 per semestre , o L. 1,80 all'anno, purché i socii facciano un centro, ove si possano indirizzare non meno di 50 fascicoli.

5. Ove si possono spedire insieme per la posta 25 fascicoli, il prezzo d'associazione sarà ridotto a L. 2.

6. Il socio s'intende obbligato per sei mesi, e qualora non intenda continuare, é pregato di darne avviso un mese prima.

7. Nelle città e luoghi di provincia le associazioni si ricevono da persone designate dai rispettivi Ordinarii diocesani, a cui l'opera é in particolar modo raccomandata.

8. In Torino si ricevono nell'uffizio delle medesime Letture, che trovasi nell'Oratorio di san Francesco di Sales, via Cottolengo, n. 32.

9. Attesa la modicità del prezzo d'associazione, si prega di spedire i pieghi e le lettere franche di posta.

BIBLIOTECA DELLA GIOVENTÙ ITALIANA.

Oltre alle Letture Cattoliche vi ha la pubblicazione della Biblioteca della Gioventù Italiana. Essa é destinata specialmente per le persone studiose , che amano di percorrere le più belle opere letterarie dei classici italiani, senza incontrarsi in pagine lubriche ed irriverenti alla Religione.

Noi la raccomandiamo soprattutto ai padri di famiglia , i quali hanno figli , che percorrono o percorsero già la via degli studii; e volgiamo ad un tempo umile preghiera ai professori delle scuole secondarie, ai direttori dei Ginnasi e dei Licei, che la vogliano far conoscere ai loro scolari ed alunni.

Un illustre letterato dei giorni nostri, Pietro Fanfani, così si esprimeva sul pregio di questa pubblicazione: « Essa è una collezione di migliori classici nostri, condotta con ogni diligenza, con note di parecchi valentuomini. Non si può avere a più buon mercato una biblioteca di tal genere; e raramente si vedono i classici pubblicati con tanta diligenza e perizia. »

Condizioni di associazione.

1. La Biblioteca della Gioventù Italiana sarà

composta di volumi in complesso di pagine 250 caduno, e ne sarà pubblicato uno al mese nel formato di 32°.

2. L'Associazione è obbligatoria soltanto per un anno, e la pubblicazione sarà fatta in modo, che ciascun anno abbia le opere complete.

3. Il prezzo dell'associazione è di L. 6 all'anno, da pagarsi anticipatamente. I volumi sono franchi per la posta nell'interno. All'estero: L. 8.

4. Chi procura otto associati ad uno stesso indirizzo avrà una copia gratuita.

5. I pagamenti si fanno in persona o con vaglia postale indirizzato all'ufficio centrale, che è in Torino nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Questi pagamenti si possono anche fare a mano di quei corrispondenti, presso cui è stata presa l'associazione.

6. Ogni piego , lettera , o qualsiasi altra corrispondenza deve essere franca di posta , indirizzata semplicemente: Al Direttore della Biblioteca della Gioventù Italiana in Torino, via Cottolengo, n. 32.

LA DIOCESI DI CASALE MONFERRATO e la prima Conferenza dei Cooperatori.

Sono ormai 18 anni, dacché sotto il titolo di S. Carlo fu inaugurato il primo nostro Collegio nella Diocesi di Casale Monferrato , e da quel tempo in qua D. Bosco e i figli suoi vi ricevettero da ogni ceto di persone splendide prove di benevolenza. Per toccarne rapidamente-alcune, fu pel concorso di una esimia famiglia di quella Diocesi, che noi gettammo in Mirabello le fondamenta della prima nostra Casa fuori di Torino ; fu pel sussidio di una nobile matrona di quelle parti, che ne proseguimmo alacremente la fabbrica ; e fu pure perla carità di varie persone del clero e del laicato di colà , che ne facemmo fronte ad una buona parte delle spese.

Aperto il Collegio nell'ottobre del 1863, la Diocesi Casalese continuò a darci prove di sua affezione e confidenza, coll' affidarci i suoi figli in educazione. Fin dal primo anno salirono questi a cento, e poi a centottanta, indi a duecento ed oltre.

Per maggior comodità dí viaggio l'anno 1870 da Mirabello fu trasferito il Collegio in altro magnifico locale , nel paese di Borgo San Martino della medesima Diocesi, presso la ferrovia di Alessandria-Vercelli; ma la benevolenza dei Casalesi non che scemare si accrebbe. Di mano in mano che il Collegio, corrispondendo all'aspettazione delle famiglie, restituiva loro i proprii figliuoli bene educati ed istruiti , e varii di essi percorrevano luminosamente la carriera o civile od ecclesiastica, le domande di nuove ammissioni aumentarono. Queste furono ultimamente così numerose , che fu d' uopo aprire nella stessa Diocesi un secondo Collegio per ricevervi quegli allievi, che per mancanza di posto non potevano più essere accolti nel primo. Perciò di bel nuovo col favore di persone caritatevoli del Monferrato si acquistò una casa nel paese di Penango presso Moncalvo, si ottenne un'apposita Stazione sulla ferrovia Asti-Mortara , e fin dall' anno scorso si cominciò il nuovo Collegio. Oggidì quel sito è già sì ripieno d'alunni, che si dovette innanzi tempo por termine alle accettazioni per difetto di spazio.

Nè dobbiamo tacere le prove di benevolenza dateci dagli abitanti di Lu, altro paese della Diocesi medesima. Colà una pia e cattolica famiglia ed altre caritatevoli persone provvidero una casa, e vi chiamarono le nostre Suore di Maria Ausiliatrice ad aprire asilo infantile , scuola privata, laboratorio ed Oratorio festivo per le fanciulle. Quest'opera di carità e di religione vi esiste ormai da sei anni, e quei buoni terrazzani, soprattutto i Cooperatori e le Cooperatrici, non cessano di aiutarla secondo le proprie forze.

Che più ? In tutte le spedizioni di Missionarii per l'America la Diocesi di Casale prese una parte vivissima. Essa ci diede parecchi dei suoi figli tra i Salesiani, e varie sue figlie tra le Suore di Maria Ausiliatrice; mandò sussidii pel loro viaggio, e provvide a dovizia oggetti di biancheria e di vestiario. Per la qual cosa possiamo dire che ben poche Diocesi la pareggiarono in generosità verso di noi, e nessuna la superò.

A tutte queste luminose prove di benevolenza, che accenniamo di volo , i nostri Cooperatori e Cooperatrici di Casale un' altra ultimamente ne aggiunsero , la quale ci riempì di consolazione. Desiderosi che si tenesse in quella città una Conferenza Salesiana , essi ne parlarono col dotto e zelante loro Vescovo, Mons. Pietro Maria Ferrè, il quale non solamente approvò il pio loro divisamento, ma si degnò di scriverne di proprio pugno a D. Bosco, e benignamente dispose che i Parroci della città ne parlassero ai fedeli dal pulpito. Né pago di ciò, volle che vi prendessero parte gli 80 suoi Seminaristi , la maggior parte dei quali già alunni dei nostri Collegi; anzi per aggiungere lustro alla pia Radunanza v'intervenne egli stesso in persona, tenendo alla numerosa udienza un discorso magnifico.

Siccome questa é la prima Conferenza dei Cooperatori Salesiani tenuta nella capitale del Monferrato, così giudichiamo pregio dell'opera il fare qui partitamente menzione delle cose principali, per conservarne più duratura memoria.

Invito alla Conferenza.

Qualche giorno prima, Don Bosco mandava ai benemeriti signori Cooperatori e Cooperatrici Salesiane della Diocesi di Casale, e dei paesi circonvicini, l'invito del tenore seguente

Giovedì prossimo 17 corrente si terrà una Conferenza pei Signori Cooperatori e per le Signore Cooperatrici della Città di Casale e suoi dintorni. Questa è la prima Conferenza che io ho l'onore di tenere in detta Città. Prego perciò le SS. VV. che vogliano degnarsi d'intervenire onde, raccolti insieme come membri di una stessa famiglia, possiamo viemmeglio infervorarci nell' osservanza del nostro Regolamento, a vantaggio ed a benessere di tanta gioventù povera ed abbandonata.

Sua Eccellenza Reverendissima Monsig. Pietro Maria Ferrò, veneratissimo Vescovo di Casale, ha l'alta degnazione di presiedere e dar lustro alla pia Radunanza colla sua presenza. Il Sommo Pontefice concede Indulgenza Plenaria a quelli che vi prenderanno parte.

Lieto di poter fin d'ora ringraziarvi dell'aiuto, che prestate alle opere che abbiam tra mano, prego Dio che sparga larghe Benedizioni sopra di Voi e sopra le vostre famiglie, mentre ho l'onore di potermi professare

Delle SS. VV. Benemerite

Torino, 12 novembre 1881.

Obblm° Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

Avvertenze.

I. La Conferenza si terrà alle ore 3,30 pom. nella Chiesa di S. Filippo attigua al Seminario.

II. E fatta facoltà di condur seco i proprii parenti e quelle persone, che desiderassero conoscere la Pia Unione dei Cooperatori per farvisi inscrivere.

III. Si darà principio con una breve lettura, a cui terrà dietro il canto di un mottetto in musica.

IV. Il Sacerdote Giovanni Bosco farà una breve esposizione di alcune opere compiute e di altre da compiersi a vantaggio della Religione e della Società.

V. Si farà una questua in favore dell' Ospizio e della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma, e pei nuovi Missionari Salesiani, che stanno per partire nel prossimo mese alla volta della Patagonia e del- Brasile.

VI. I Cooperatori e Cooperatrici sono quindi pregati di raccogliere eziandio limosine ed offerte presso quei soci e quelle caritatevoli persone, che non potessero intervenire alla Conferenza.

VII. Si porrà fine col canto del Tantum Ergo in musica, colla Benedizione del SS. Sacramento , impartita da Sua Eccellenza Revma, Monsignor Vescovo , e col De Profundis in suffragio delle anime deì Cooperatori e Cooperatrici defunti.

VIII. Per norma di chi viene e parte per ferrovia si pone quì il seguente specchietto dell'Orario delle linee, che fanno capo a Casale.

Esposizione di D. Bosco.

Nel giorno ed ora stabiliti la vasta Chiesa di S. Filippo, splendidamente addobbata a festa, era ripiena di Cooperatori e di Cooperatrici, e di molti fedeli di Casale e di altri paesi anche lontani. Vi si vedevano raccolti insieme il ricco ed il povero, la dama e la donna di casa, il borghese e il contadino, il padrone ed il servo. Quello poi, che molto edificava, era lo scorgere tra il popolo i Parroci e moltissimi altri Sacerdoti della città e delle Parrocchie della Diocesi.

All'ora fissata si diede principio alla Conferenza colla lettura di un tratto della vita di san Vincenzo de' Paoli , laddove si descrive il suo zelo ! per la gloria di Dio e per la salute delle anime, e la sua industriosa ed inesauribile carità in sollievo delle umane miserie. Intanto assisa Sua Eccellenza Revma sopra il suo trono episcopale, un coro di Seminaristi sull'accompagnamento dell'organo cantò il mottetto O quam suavis, la cui felice esecuzione, preceduta da una bellissima suonata dell' abile maestro di musica il sig. Buffa, preparò egregiamente gli animi alle parole di Don Bosco. Il quale, salito il pergamo, parlò per un'ora e cinque minuti, e la numerosa udienza pendette dal suo labbro con tale attenzione, che ben rivelava e l'alta benevolenza e il vivo interesse, che ognuno prendeva per le cose, che l'oratore andava esponendo.

Siccome era la prima volta che egli parlava ai suoi Cooperatori e Cooperatrici di Casale , così dopo esersi rallegrato della numerosa udienza , che lo onorava, tesse l'origine e lo sviluppo dell'Oratorio e dell'Ospizio annesso. In questa guisa venne man mano facendosi strada a dire l' appoggio, che fin dai primordii gli prestarono signori e signore nel condurre innanzi l'opera sua, e quello che facevano in allora a benefizio dei suoi poveri giovanetti; disse poscia della istituzione delle Suore di Maria Ausiliatrice per la educazione delle fanciulle ; della formale instituzione dei Cooperatori a delle Cooperatrici approvata dal grande Pontefice Pio IX, ed arricchita di grazie e favori segnalati; discorse delle principali opere intraprese e condotte a buon fine, mediante la loro carità , in Italia , in Francia, nella Spagna, in America ; l' impianto di numerosi ospizi e laboratorii per insegnare arti e mestieri a giovanetti derelitti, onde renderli capaci a guadagnarsi un pane onorato; della fondazione di colonie agricole per addestrare alla coltura della campagna fanciulli e giovinette di famiglie contadine, e con questo mezzo tenerle lontane dal mettersi a servizio nelle città, dove farebbero facilmente naufragio e nella fede e nel costume ; dell'apertura di Collegi a modica pensione, per dare ad un maggior numero di giovani di eletto ingegno comodità di ricevere un'istruzione non disgiunta da una cristiana educazione, onde riescano col tempo

o buoni Sacerdoti, o coraggiosi Missionarii, o savii padri di famiglia ; della istituzione di Oratorii festivi e giardini di ricreazione , per mezzo dei quali attirare i ragazzi al Catechismo, tenerli lontani dall'ozio, ed aiutarli a compiere i loro doveri di pietà e di religione. A questo proposito annunziò come avesse poc'anzi ricevuto da Faenza un telegramma, il quale gli dava la consolante notizia del felice arrivo di alcuni Salesiani colà spediti, per aprirvi un Oratorio festivo ; e nel tempo stesso lasciò speranza che un Oratorio consimile si sarebbe aperto tra non molto nella stessa città di Casale. Toccò poscia delle sacre Missioni nella selvaggia e sterminata Patagonia ; delle Case già aperte colà a vantaggio dei figli e delle figlie dei selvaggi ; della prossima partenza di altri Missionarii per quelle regioni ; e di una nuova Casa, che sarà aperta tra poco nell'impero del Brasile. Finalmente venne a parlare della Chiesa e dell'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma, la cui erezione il regnante Pontefice Leone XIII si degnò di affidare allo zelo e alla carità dei Cooperatori Salesiani.

Dopo di aver detto abbastanza estesamente delle sullodate opere, D. Bosco confessò che da se solo non avrebbe potuto , non che compierle, neppure incominciarle ; perciò ne attribuì la lode primieramente a Dio Ottimo, Massimo, poscia alla carità dei Cattolici, soprattutto dei suoi Coope- ratori e Cooperatrici, che ben sapendo dove va a finire la loro beneficenza, chi più chi meno, giusta le proprie sostanze, non cessarono mai di aprirgli generosamente la mano. Qui D. Bosco indirizzando al suo uditorio un caldo appello , perché volesse continuargli il suo caritatevole appoggio, svolse alcuni pensieri sopra i vantaggi della limosina, che crediamo utilissimo di mettere sott'occhio ai nostri lettori.

Vantaggi della Limosina.

La limosina che si elargisce in favore delle opere Salesiane, osservò D. Bosco, si estende al corpo e all'anima, alla società e alla religione, al tempo e alla eternità. Si estende al corpo, perché serve a provvedere albergo, vitto e vestito a più migliaia di poveri giovanetti, raccolti nelle nostre Case di beneficenza, i quali senza di questo aiuto languirebbero nella più squallida miseria, o perché privi di parenti, o perché abbandonati. Si estende all' anima , perché questi giovanetti ricevono in pari tempo una istruzione religiosa, sono educati nel timor di Dio e nel buon costume, sono in mille guise aiutati a procacciarsi l'eterna salvezza, a divenire un giorno felici abitatori del regno dei Cieli. Si estende alla società domestica e civile, perchè i prelodati ragazzi, se sono addetti ad un laboratorio, si faranno col tempo capaci, coll'esercizio dell'arte loro, a provvedere un onesto sostentamento alla propria famiglia, e colla loro industria ed attività recheranno pure non lieve giovamento al civile consorzio ; se poi attendono allo studio delle scienze o delle lettere si renderanno utili alla società colle opere d'ingegno, o con questo o con quell'altro civile impiego. E poi, tanto gli uni quanto gli altri, essendo non solo istruiti, ma, quello che più importa, saviamente educati , saranno sempre tra il popolo una guarentigia di moralità e di buon ordine, saranno onesti cittadini, e non daranno fastidii alle autorità né politiche né giudiziarie. Si estende alla Religione, poiché oltre che serve, come ho detto, a rendere buoni cristiani tanti giovanetti , giova in pari tempo ad aiutare molti di essi a divenire Sacerdoti, dei quali altri impiegheranno la loro persona e il loro talento in sostegno della Religione nei nostri paesi, altri più coraggiosi battendo le orme degli Apostoli andranno come Missionarii a propagarla tra i popoli, che ancor non la conoscono,. come fanno oggidì molti Salesiani nella Patagonia. Si estende ancora alla Religione ; perché parte di detta limosina viene impiegata ad innalzar Chiese al divin culto, nelle quali le verità insegnateci da Gesù Cristo saranno predicate, di fese e praticate nel presente e nell'avvenire. Che poi si estenda al tempo e all'eternità chiaramente si rileva da altri vantaggi , che la limosina apporta a chi la riceve e a chi la fa.

Qui D. Bosco, lasciati a parte i vantaggi temporali ed eterni, che la limosina procura a coloro, a cui vien fatta, disse dei vantaggi medesimi procacciati a chi la dispensa per amor di Dio, rilevandoli e dal santo Vangelo , e dalle parole che si leggono nel libro di Tobia, in lode della limosina, le quali riporteremo più sotto.

Tutti, disse D. Bosco, abbiamo bisogno di ricevere limosina da Dio. Abbiamo bisogno che il Signore dia la sanità del corpo a noi e alle nostre famiglie, la fertilità delle campagne, la buona riuscita dei nostri affari e via dicendo. Or bene, qual é il mezzo più efficace per ottenere questa limosina da Dio? Uditelo dalla bocca dello stesso nostro Signor Gesù Cristo : Date et dabitur vobis ; date, e vi sarà dato ; fate limosina agli altri, e Dio la farà a voi. In altro luogo lo stesso divin Salvatore promette di retribuire quaggiù il cento per uno di quanto si sarà dato per amor suo: Centuplum accipiet in tempore hoc (1). Questo centuplo Iddio lo dà non solo in beni spirituali, ma, come spiegano i santi Padri, anche in beni temporali. - Oggidì si lamentano forti rapine, incendi, grassazioni e peggio. Sono mali questi, sono disordini dolorosi ; ma diciamolo anche : Di una buona parte di questi malanni sono pur causa coloro, che potendo non fanno limosina. Se quel facoltoso, se quel ricco allargasse un po' meglio la mano verso gl'Istituti di carità, se vi facesse ritirare a sue spese quei giovanetti, che sono pressoché abbandonati, egli leverebbe tanti individui dal pericolo di diventare ladri e malfattori. Se quei signori, se quelle signore, se quei possidenti facessero limosina toglierebbero molte persone dalla mala vita, e intanto sarebbero più amati dai poveri, sarebbero eziandio più rispettati nelle loro campagne, nei loro negozi, nei loro possessi ; e così non si avrebbero a deplorare tanti delitti. Invece coll'avarizia, coll'interesse, colla spilorceria, colla durezza di cuore, mentre lasciano crescere tanti malfattori in mezzo alle vie, mentre lasciano languire tante famiglie nell'imo della miseria, e le - mettono come nella dura necessità di provvedersi per forza ciò , che vien loro negato per carità, si fanno eziandio mal volere e odiare, e in un subbuglio saranno essi i primi a pagarla (2). E poi che avverrà ? In un giorno, forse non lontano, si avvereranno anche quaggiù i guai pronunziati da Gesù Cristo e dall'apostolo S. Giacomo contro i ricchi senza cuore : Vae vobis divitibus: Guai a voi, o ricchi. Agite nunc divites, plorate ululantes in miseriis vestris , quae advenient vobis : Su via, o ricchi, piangete, alzate le grida a motivo delle miserie, che verranno sopra di voi.

Ma quelli, che ci devono più efficacemente spronare a fare limosina , proseguì D. Bosco, sono i vantaggi spirituali che essa ci arreca. L'Arcangelo Raffaele parlando ai vecchio Tobia in nome di Dio pronunziò sulla limosina queste parole Eleemosina a morte liberat , et ipsa est quae purgat peccata, et facit invenire misericordiam et vitam aeternam. La limosina libera dalla morte. Ciò può intendersi in tre sensi. Libera dalla morte dell'anima, o coll'ottenerci di non cadere in peccati mortali, o col meritarci il pentimento dei medesimi, e la grazia di confessarcene colle dovute disposizioni, quindi il perdono. Libera dalla morte eterna, ossia dalla eterna dannazione, in quanto che ci ottiene il dono della perseveranza finale, la grazia cioé di morire nell'amicizia di Dio. Libera anche dalla morte corporale non già assolutamente, come se ci rendesse immortali, ma relativamente col tenerci lontani certi mali, che ci arrecherebbero più presto la morte, coll' ottenerci la guarigione di malattie anche gravi e disperate. La sacra Bibbia ci narra di una certa Tabita da s. Pietro risuscitata da morte a cagione delle sue limosine. Quando poi giunga l'ora nostra, la limosina ci libererà dal fare una morte crudele e spaventosa, ci otterrà di terminare la vita rassegnati e confortati, ci renderà la morte come il sonno di un bambino, che si addormenta placidamente nelle braccia di amorosa madre : Eleemosina a morte liberat - L'Arcangelo aggiunge : Ed essa è che purga i peccati: et ipsa est quae purgat peccata. La limosina purga i peccati in questa e nell' altra vita. Una persona, che faccia limosina per amor di Dio o del prossimo, esercita un atto di carità ; ora un atto di carità verso Dio perfetta cancella dall'anima non solamente i peccati veniali, ma anche i mortali , purché abbia il desiderio di confessarli quando le si presenti occasione. Li purga eziandio coll' ottenercene più facilmente il perdono da Dio ; li purga col rendere più disposta l'anima a ricevere in maggior abbondanza le grazie del Sacramento della Confessione e della Comunione. Li purga non solo per questa, ma eziandio per l'altra vita; poichè la limosina, specialmente quando viene fatta con qualche sacrifizio, soddisfa pei peccati commessi, ci libera dalla pena, che, per causa dei medesimi dovrem soffrire in questo o nell' altro mondo , e c' impedisce di cadere o di rimanere a lungo nel Purgatorio. E questo vantaggio lo apporta la limosina non soltanto all' anima di chi la fa, ma alle anime, che già si trovano in pena , soddisfacendo pei loro peccati, liberandole dalla loro prigione, e mettendole più presto al possesso dell'eterna gloria. - Finalmente, facit invenire misericordiam et vitam aeternam ; la limosina fa trovare misericordia e la vita eterna. Guai a noi, se il Signore ci trattasse a tutto rigor di giustizia! Chi non avrebbe a temere di cadere da un momento all'altro sotto i flagelli dell'ira sua ? Chi non avrebbe a tremare nel doversi presentare al suo giudizio? Abbiamo quindi assoluto bisogno, che Iddio ci usi compassione, ci usi pietà e misericordia. E questa compassione, questa pietà e misericordia Egli la userà con noi, se noi la usiamo verso gli altri mediante le nostre limosine. Gesù Cristo ce lo promise con queste parole : Beati i misericordiosi, perchè troveranno misericordia ; ed invece ha fatto minacciare dall' apostolo S. Giacomo un giudizio senza misericordia a colui, che non avrebbe fatto misericordia: Iudicium sine misericordia ci, qui non fecit misericordiam. Ma non solo la limosina fa trovare misericordia, ma altresì la vita eterna, vale a dire, il regno dei Cieli. Il divin Redentore ce lo assicura , laddove parlando del giudizio universale ci dice le parole, colle quali nell'ultimo giorno decreterà ai benedetti il premio, e ai maledetti il castigo eterno : « Venite, o benedetti dal Padre mio, prendete possesso del regno a voi preparato sino dalla fondazione del mondo : imperocchè nella persona del vostro prossimo io ebbi fame, e voi mi deste da mangiare ; ebbi sete, e mi deste da bere ; fui pellegrino, e mi ricoveraste ; era ignudo e mi vestiste ; era malato e carcerato, e mi visitaste. » Poi rivolto ai cattivi : « Via da me, o maledetti, Egli dirà, al fuoco eterno ; imperocchè nella persona dei vostri fratelli io era nel bisogno, e voi non mi avete assistito. » Sì, conchiuse D. Bosco, eleemosina a morte liberat , purgat peccata, et facit invenire misericordiam et vitam aeternam. Procurate adrurque di farla ora e in avvenire ; e per non rendervela impossibile abbiate l'occhio a non isprecare il danaro con delle inutili spese. Sappiate fare dei risparmii nella persona, negli abiti, nella tavola, nei mobili, nei viaggi e via dicendo ; e qualora poi per sostenere le opere di religione e di carità doveste fare anche dei gravi sacrifizi, vi conforti il pensiero che le vostre sostanze al di là della tomba non varranno più niente, e che invece adoperandole quaggiù a procurare la salute delle anime altrui, voi assicurate la salvezza dell'anima vostra.

Parole del Vescovo.

Finito che D. Bosco ebbe di parlare, alzossi sopra la sua cattedra Sua Eccellenza Rev.ma, ed improvvisò un sì bel discorso, che ci rincresce altamente di non averlo fatto raccogliere per mezzo dello stenografo. Le sue parole furono la più splendida corona, che si potesse mettere alla esposizione di D. Bosco. Sua Eccellenza, fatto primieramente rilevare l'intervento della mano di Dio nelle opere esposte dal Superiore, passò ad eccitare il suo popolo e l'eletta del suo clero a cooperare efficacemente in loro sostegno. L' esimio Prelato usò un linguaggio sì ardente e facondo, da dimostrare che non solamente nutre una grande affezione pei Salesiani, ma possiede eziandio colla dottrina la vera eloquenza. Non permettendogli il tempo di discorrere a lungo sul vasto argomento, egli si limitò a segnalare tre opere, alle quali sono oggidì diretti in particolar modo i pensieri, le fatiche e le sollecitudini dei Salesiani ; e dimostrato con istringenti ragioni la importanza di ciascuna delle medesime, mosse chi lo ascoltava a farsene benevolo sostenitore e patrono. Ecco in sostanza i tre punti svolti dal Vescovo di Casale.

1° La buona educazione della gioventù. - I Salesiani istruiscono i giovanetti non solo nelle scienze e nelle arti, ma nella religione ; non solo ne dirozzano la mente, con utili cognizioni, ma ne formano il cuore a sode virtù, per mezzo dell'istruzione religiosa e colla pratica della medesima. E ciò sapientemente : imperocchè Iddio non ci chiamerà conto, se saremo stati valenti matematici, o dotti letterati, o imaginosi e fervidi poeti ; ma bensì se saremo stati buoni cristiani. Oggi un fatale errore corre nel mondo : da molti si considera l'uomo solo a mezzo, come se non possedesse un' anima immortale, come se non avesse degli interessi al di là della tomba , e tutta la sua felicità consistesse quaggiù ; quindi altro non sì cerca che d'istruirlo ed abilitarlo a procacciarsi una bella posizione nella vita presente, senza alcun pensiero della vita futura. Tutto pel corpo, nulla per l'anima ; tutto per la terra, nulla pel Cielo. Ora contro un errore così funesto i Salesiani combattono a tutta possa. Nei loro Istituti, coll'insegnamento delle arti e delle lettere, eglino si adoprano bensì a rendere i loro giovanetti capaci a guadagnarsi un giorno il pane della vita, ed una conveniente posizione sociale ; ma in essi promuovono anzitutto gli interessi dell' anima, e fanno si, che in cima all'arte, in cima allo studio mettano sempre il pensiero dell'ultimo loro fine, qual si è il possesso di Dio in questa vita mediante la grazia, e nell' altra mediante la gloria. Aiutiamoli adunque colle nostre limosine, affinché possano procurare questo immenso , anzi questo unico bene, ad un numero di giovanetti ognor più grande.

2° La evangelizzazione degli infedeli. - Noi abbiamo la bella sorte, proseguì Monsignore, di conoscere Iddio ; godiamo i frutti della redenzione ; camminiamo sulla via, che conduce alla felicità soprannaturate ; noi possediamo insomma la vera fede , la vera religione; ma quanti popoli della terra sono ancora privi di questo benefizio ? E che cosa manca loro, perchè ancor essi lo possano ricevere ? Mancano solo degli Apostoli , che adempiano le parole di Gesù Cristo: Euntes docete omnes gentes : andate ed ammaestrate tutte

le genti. Quantunque scarsi al grande bisogno, pure oggidì molti novelli Apostoli attendono ad evangelizzare le tribù e le nazioni infedeli nell'Asia, nell'Affrica, nell' Oceania e nell'America. Tra questi si annoverano anche i Salesiani. Mentre una parte di essi colla scuola, colla predicazione, colla stampa lavorano a conservare ed accrescere tra di noi la Religione di Gesù Cristo, altri non pochi, benedetti dal Romano Pontefice, salpano il mare, si portano nel nuovo mondo, e colà con uno zelo ammirabile imprendono ad evangelizzare una sterminata regione, la così detta Patagonia , sforzandosi con sacrifizi indicibili a condurre alla cognizione del vero Dio innumerevoli tribù di selvaggi , allargando i confini del regno di Cristo , accrescendo di nuovi figli la Chiesa , di felici abitatori il Cielo. Come figli dello stesso Padre noi dobbiamo adoperarci altresì per la salvezza di tanti nostri fratelli, tuttora sepolti nelle tenebre del paganesimo ; ma siccome non possiamo prestar loro questo benefizio col portarci tra essi in persona, così soccorriamo coloro, che a tanta impresa si sentono il coraggio, ed hanno la missione. In questo modo dilateremo ancor noi, per quanto possiamo, il, regno di Dio in sulla terra, e parteciperemo ai meriti ed alla gloria degli Apostoli di Gesù Cristo.

3° L'erezione della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma. - La nostra penna è inetta a riprodurre i nobili pensieri svolti dall'eloquente Vescovo intorno a questo argomento. Ne daremo tuttavia una sfumatura. - Un'altra gloriosa impresa, disse in sostanza Mons. Ferrè, hanno oggidì tra mano i Salesiani. Il Vicario di Dio ha loro affidata la erezione di una Chiesa da dedicarsi al Sacro Cuore di Gesù nella capitale del Cattolicismo, nell'alma città di Roma, ed essi ossequenti hanno accettato l'onorevole sì, ma pur grave incarico. Ora importa assaissimo che questa impresa sia condotta felicemente a termine ; imperocchè essa tornerà di gloria a Gesù Cristo, di decoro alla Santa Romana Chiesa, di onore al grande Pio IX, a cui servirà di monumento, di sollievo alla umanità. Di gloria a Gesù Cristo, il quale per l'amore, di cui arse il suo divin Cuore verso di noi, ha dato tutto il suo preziosissimo Sangue ; di decoro alla Santa Romana Chiesa, perchè colla suprema sua autorità avendo fin dai primordii approvata e promossa la divozione al sacratissimo Cuore, ormai per tutto il mondo diffusa, é conveniente che vi metta l' ultimo suggello colla erezione di un apposito Santuario in Roma stessa , da cui si spande la luce della verità e del buon esempio a tutte le parti del mondo; di onore al grande Pio IX, che per lo straordinario suo pontificato levò tanta fama di sè, e fu già la delizia dei popoli ; di sollievo finalmente alla umanità, perché accanto al gran tempio sorgerà in pari tempo un ospizio di carità, dove saranno ricoverati 500 e più giovanetti poveri e derelitti di qualunque paese e nazione. E dunque questa un'opera nobilissima ed importante, oggi soprattutto che gli empii insultano Gesù Cristo, e lo vogliono bandito dalla famiglia, dalla scuola , dalla società ; oggi che si applaude ai suoi nemici, e s'innalzano monumenti a chi gli ha dichiarata sacrilega guerra ; oggi che nella stessa Roma si costruiscono tempii, e si ergono cattedre di pestilenza contro la sua Sposa immacolata, la Chiesa Cattolica. Ma un edifizio così colossale non s'innalza né coi desiderii, né colle parole. Occorrono mezzi materiali e grandi. E questi mezzi non si trovano già nelle mani dei Salesiani, ma nelle mani dei loro Cooperatori e Cooperatrici ; si trovano nelle mani dei Cattolici. Per la qual cosa anche per quest' opera D. Bosco fa appello alla carità dei fedeli ; e il Vescovo di Casale é ben lieto di appoggiare il suo appello , e pregarvi, o uditori dilettissimi, di venirgli generosamente in aiuto.

Sua Eccellenza terminava il suo mirabile discorso , ricordando il fatto degli antichi Ebrei , fabbricatori del secondo tempio di Gerusalemme. Da una mano, conchiuse il dotto Prelato , usavano gli strumenti dell' arte innalzando il sacro edifizio, e dall'altra brandivano la spada per difendersi dai nemici, che li molestavano. Così fanno i Salesiani. Noi dobbiamo coadiuvarli in questi giorni; quindi con una mano prendere parte alle opere di carità e di religìone, a cui essi attendono, e combattere coll'altra, per conservare intatta in noi e nei nostri simili quella fede, che ci fa grati a Dio, e che dalla terra c'innalza al Cielo.

Se fosse stato acconsentito , siamo sicuri che l'immenso uditorio avrebbe onorato il discorso del suo Vescovo con un fragoroso applauso ; ma se mancò l'applauso delle mani , quello non mancò della limosina , che superò la comune aspettazione.

La chiusura fu pure solenne e degna della prima Conferenza Salesiana fatta nella capitale del Monferrato. Era veramente edificante e commovente vedere il Capo della Diocesi , circondato dal rispettabile Clero della città, e da quasi un centinaio di Seminaristi, trepide speranze della Chiesa, prostrati appiè dell'altare riccamente adorno ed illuminato, mentre un coro di giovani cantori faceva risuonare per la Chiesa in dolci note il mottetto : Sacerdos et Pontifex... pastor bone in populo, ora pro nobis Dominum. Esposto il Santissimo Sacramento, ed eseguito il Tantum Ergo in musica da un drappello di allievi del nostro Collegio di Borgo S. Martino, Sua Eccellenza impartiva la benedizione col Venerabile. Né furono dimenticati i Confratelli e Consorelle defunti , pel riposo delle cui anime venne in fine recitato il De profundis.

La funzione, che durò per quasi tre ore, lasciò nell'animo di tutti la più soave impressione. Dal canto nostro non dimenticheremo giammai i segni di benevolenza ricevuti in quel giorno, e mentre dal fondo del cuore ringraziamo Sua Eccellenza Revma, i Superiori del Seminario , i Cooperatori e le Cooperatrici, che nulla risparmiarono per la buona riuscita della Conferenza, imploriamo sopra di loro tutti ogni celeste favore.

(1) Matth. XIX. 29, e Mar. X. 30.

(2) Sappiamo che in un paese essendosi appiccato il fuoco alla cascina di un avaro; quasi nessuno degli abitanti si mosse in aiuto per ispegnerlo. Dicevano: Il diavolo si porta via quello, che costui ha rifiutato ai poveri.

TRATTI DELLA DIVINA PROVVIDENZA in riguardo alla Chiesa del Sacro Cuore.

Nel mese di settembre ci vennero a mancare i mezzi per la erezione della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, e quindi per non interromperne i lavori abbiamo dovuto fare un imprestito di 20 mila lire. Ma chi ci aveva caritatevolmente imprestata questa somma, trovatosi all' improvviso in bisogno , venne , dopo appena due mesi, per ritirarla. Per questo imprevisto contrattempo, il 10 del mese di novembre, D. Bosco si vedeva in un vero imbarazzo, e non sapeva dove dare del capo, per mettere insieme una tal somma e resti - tuirla; quand'ecco arrivare il corriere e portare le lettere. Tra queste egli trova le due, che qui pubblichiamo, per dare un solenne attestato di gratitudine alla divina Provvidenza, la quale si compiacque di mutarci le spine in soavissime rose. La prima viene dalla Repubblica Argentina , la seconda dal Novarese.

Collegio di S. Nicolas, 16 ottobre 1881. REv. ED AMATO PADRE IN G. C.

Alcuni fra i Cooperatori Salesiani di questa città, avendo letto nel Bollettino che Ella ha bisogno del soccorso dei Cattolici, per continuare e terminare la Chiesa e l'Ospizio del Sacro Cuor di Gesù in Roma, deliberarono di concorrere essi pure con qualche limosina ad un'opera così bella e meritoria. A tal fine, vennero Domenica passata a trovarmi in numero di sedici tutti italiani, e la maggior parte contadini, e, dopo un breve discorso che io tenni loro, ciascuno mi consegnò la sua limosina. Il totale della somma ricevuta fu di sessanta mila cinquecento pesos in moneta del paese, equivalente a dodici mila duecento novantatre franchi in oro, che per la cambiale qui unita Ella potrà riscuotere in Torino.

Come vede, é una somma considerevole, e se si tiene in conto la circostanza che gli offerenti sono sedici contadini, i quali si guadagnano il pane col sudore della fronte, e devono inoltre pensare alle loro famiglie, risulterà più chiaramente la generosità e nobiltà di cuore di questi ottimi Cooperatori.

Essi mi hanno pregato di farle sapere, che nel fare cotesta limosina hanno avuto di mira un triplice fine. Il primo é di cooperare come Cattolici, ed in particolare come Salesiani, alla edificazione della Chiesa del Sacro Cuor di Gesù, e così meritare a sé e alle loro famiglie le benedizioni spirituali e temporali , di cui abbisognano. In secondo luogo di dare un attestato di venerazione e di attaccamento al Santo Padre Leone XIII, che tanto raccomanda quest'opera. Finalmente intendono di ringraziare anche la S. V., e manifestarle la sincera loro gratitudine pii benefizi spirituali, che ricevono dai suoi figli , da sei anni stabiliti in questa città.

In mezzo a tante fatiche e travagli, che V. S. deve sopportare, potrà tornarle di qualche conforto il sapere che i Cooperatori Salesiani aumentano di numero e di fervore, e quindi che, se col loro concorso Ella poté già compiere cose grandi nel passato, può nutrire speranza di poterne compiere delle maggiori ancora per l' avvenire. Dal canto mio posso assicurarla che i suoi Cooperatori di S. Nicolas non saranno gli ultimi a rispondere alla sua chiamata.

Possa questo nobile esempio di poveri contadini dell'America essere di stimolo a tanti Cattolici di Europa a porgerle la mano , affinchè la S. V. possa condurre a fine tante belle opere alla maggior gloria di Dio e alla salute delle anime.

Termino col presentarle i rispettosi ed affettuosissimi saluti di tutti i suoi figli di S. Nicolas, Salesiani e Cooperatori; pregandola a benedirci tutti nel Signore.

Mons. Ceccarelli La riverisce in particolare maniera. Egli è tutto occupato nel condurre a buon termine la Chiesa Parrocchialc di questa città; impresa grande e difficile, ma di sommo vantaggio alla popolazione di S. Nicolas, che già gli deve tanto. Preghi anche Lei, affinché il Signore benedica e faciliti la esecuzione di così bell'opera.

Con rispetto ed amore La riverisco e mi professo

Di V. S. Rev.ma

Umil.mo ed affez.mo figlio in G. C. Sac. Domenico TomATIS.

7 novembre 1881.

REVERENDISSIMO D. Bosco,

La lettera, che la S. V. ebbe la degnazione di scrivermi di tutto suo pugno , mi ha veramente commosso. Ella dunque si trova in bisogno di aiuto per la erezione della Chiesa e dell'Ospizio del Sacro Cuore in Roma, e mi promette la ricompensa del Sacro Cuore, se concorro ancor io alle spese. Ebbene., io non voglio tardare a consolare la S. V. e procacciare a me stesso i divini favori. Perciò fin da questo momento metto alla sua disposizione lire diecimila. La somma, se è piccola in confronto di quella che io vorrei dare, e che altri daranno, tuttavia alla mia tenuità essa costa uno sforzo. Però lo faccio con grande piacere per doppia ragione.

La prima è per appagare il desiderio espresso dal Santo Padre nell'ultimo discorso ai pellegrini italiani, la cui importanza non so esprimere a parole quanto mi. apparisca grande e solenne. Se con ogni sforzo dobbiamo aiutarlo nella lotta, che Ei sostiene per la salute del mondo, sembrami soprattutto efficace offrire al Sacro Cuor di Gesù gli ossequii, che gli sono più graditi , onde impetrarne il divino soccorso. Or quale ossequio più gradito che il concorrere, come ne esortò lo stesso Santo Padre, a innalzare in Roma un tempio sontuoso, che attesti altamente la nostra riconoscenza a Gesù, che dava il suo Cuore quale estremo rimedio ai mali che ci affliggono!

Fortunato Lei, Rev. sig. D. Bosco , che dal Vicario di Gesù Cristo ha l'incarico di recare al Cuore di Lui sì dolce consolazione, di innalzargli cioé il trono, da cui sfogherà la piena delle sue grazie su tutti i popoli, e proprio da quel monte, in cui la sua SS. Madre colla neve prodigiosa ha segnato già il terreno, sopra cui voleva fabbricata quella basilica, che chiamiamo di S. Maria Maggiore.

Le confesso che appena seppi come il Santo Padre per mezzo della S. V. aveva affidata tale opera ai Salesiani e ai loro Cooperatori, io concepii ferma fiducia che si sarebbero radunate le necessarie risorse, da fare che il tempio emulasse le più belle chiese di Roma. Diceva a me stesso Se a s. Pietro fu dedicato in detta città sì bel tempio, qual è il Vaticano, non è egli conveniente che uno pur magnifico vi sia elevato a Colui, del quale s. Pietro non é che il Vicario? Se tutti i Cattolici si decidessero di portarvi la loro pietra, l'obolo della loro Fede e del loro amore, non sarebbe ciò il principio della salute universale? Non sarebbe da sperare che il Cuor di Gesù nella sua divina bontà si movesse a compierla, facendo anzi tutto cessare l' abbominazione della desolazione sedente nel luogo Santo? Nel presentare l'umile mia offerta questo voto gl'innalzo con tutto l'ardore del mio cuore.

L'altra ragione é che tale ossequio é pur arma efficacissima ed opportuna, per riuscire vittoriosi nella lotta suddetta. Mentre i nemici del Papa a sbandeggiarlo da Roma, a soppiantarlo affatto, se dato lor fosse, lo traducono come il nemico dei popoli; mentre specialmente i protestanti di ogni setta, cogliendo l'occasione favorevole di sfogar l'antico loro odio contro al Cattolicismo, e proprio sotto gli occhi del Romano Pontefice, e presso le stesse mura del tempio iniziato al Sacro Cuore, erigono cappelle e scuole coll'infernale intento di rapire ai grandi ed ai piccoli la vera fede, il rispetto al Romano Pontefice e al Sacerdozio, è al certo opportunissimo, pressantissimo che il mondo cattolico e specialmente il Clero sorga a pacifica efficace difesa, col far risplendere in tutta la pompa la vera carità, di cui é affidata la missione alla Cattolica Chiesa. Vegga Roma , vegga il mondo, vegga l'immortal Pio IX, vegga il suo degno Successore Leone XIII, sollevar in alto lo stendardo del Cuor SS. di Gesù e innalzargli un tempio sull'Esquilino ; veggano amici e nemici sorgere accanto al tempio anche un ospizio, per ricevervi i poveri giovanetti, che furono già, sono e saranno sempre la delizia del Cuor di Gesù ; li veggano strappati dai pericoli della corruzione , educati alle arti, alle scienze, alle virtù cristiane, e persino all'Apostolato. Questi sono gli effetti di quella carità, per la quale G. C. voleva esser riconosciuto per Dio , pel vero Messia : Ut cognoscat mundus quia tu me misisti. Qual gusto sarà mai vedere anche in Roma molti giovanetti tolti ai pericoli della eresia e del mal costume, conservati o trasformati in buoni cristiani, in buoni artigiani ed anche in buoni sacerdoti e zelanti missionarii! Allora i nemici della Religione nostra, e soprattutto gli eretici, riconosceranno per prova che la carità vera e feconda si trova solamente nella Chiesa Cattolica, che sola possiede ad un tempo la vera dottrina di Gesù Cristo; daranno pure a vedere al mondo che le sétte nemiche, mentre nella fede si combattono a vicenda senza poter mostrare un solo articolo di credenza, che sia ammesso unanimamente , fuor dell'odio al Papato e del proposito d'impedirlo dal beneficare i popoli, nelle opere di carità sono sterili e morte, perché non vivificate dal fuoco d'amore, di cui il Cuor di Gesù é ardente fornace.

A Roma adunque è il posto d'onore, dove il Clero cattolico deve schierarsi attorno allo stendardo del Sacro Cuor di Gesù, per adempiere la nobile sua missione, di rinnovare i prodigi della sua divina carità.

A tale spettacolo il popolo vedrà più chiaro il bene, che apporta il Papato e la Cattolica Chiesa ; sarà stimolato a correre in seno a questa provvida ed amorosa Madre ; si lascierà da lei guidare con piena fiducia, perché col fatto, colla sua sollecitudine si dimostra quella vera Madre , che non vuole la divisione dei figli, ma la salute. - Date huic infantem vivum, haec est vera mater.

Perdoni, Rev.mo D. Bosco , se troppo a lungo l'ho tediata, e raccomandi al Sacro Cuor di Gesù questo suo

Aff.mo e Dev.mo Servo

Sac. N. N.

(Ne tacciamo il nome per suo espresso comando).

UNA CONFERENZA ECCLESIASTICA e la Chiesa del sacro Cuore.

Riceviamo da uno zelante Collettore la lettera seguente colla limosina in essa notata.

Sezzè, 17 novembre 1881. CARO D. Bosco,

Oggi in Sezzé ebbe luogo la Conferenza ecclesiastica di tutta la Vicaria per la soluzione di varii casi dommatici e morali , secondo il prescritto di S. E. Rev.ma Mons. Vescovo di Acqui.

Il sottoscritto in tale occasione coll' annuenza del suo prevosto Mallarini invitò tutti i membri della suddetta Conferenza a venire in aiuto a V. S. per la erezione della Chiesa del S. Cuor di Gesù ed annesso Ospizio , cotanto raccomandati da Sua Santità. La mia proposta fu bene accolta; si fece la colletta, che fruttò la somma di L. 85, la quale siccome Collettore da V. S. delegato ho ritirata, ed ora Le trasmetto.

Domani parto per dettare gli Esercizi spirituali in S. Giuliano Vecchio. In quella occasione mi adopererò pure per la bella impresa. Altrettanto spero di fare in Castelnuovo Bormida ed in Bistagno, dove predicherò la Quaresima.

Nella fiducia di poterle inviare altre somme maggiori mi raccomando alle sue preghiere, nell'atto che mi professo con alta stima

Di V. S. Rev.rna

Affezionatissimo

Sac. ALESSANDRO BUFFA

Missionario Apostolico.

LA CHIESA DEL SACRO CUORE e la Diocesi di Trento.

Riproduciamo una seconda lettera sulla relazione del viaggio fatto da un nostro Sacerdote nella religiosa Diocesi di Trento, allo scopo di raccogliere offerte per la Chiesa e per l'Ospizio del Sacro Cuore. Essa dimostrerà una volta di più quanto caritatevole e pietosa sia quella popolazione ad onta delle sue poco prospere condizioni finanziarie.

Trento il 15 settembre 1851. AMATISSIMO E CARISSIMO SIG. D. Bosco,

Questa volta le spedisco mie nuove dalla cara ed amena città di Trento, dopo aver percorse tutte le valli di Non, di Fieme, di Fassa. La materia sarebbe piuttosto abbondante ; ma avendo Ella i suoi minuti contati, mi sarà necessario di dipingerle il mio viaggio a tratti ed a pennellate.

Sotto un cielo limpidissimo, qual si suoi godere sul principio d'autunno nelle alpestri vallate del Tirolo, partito da Malé rifeci parte del mio viaggio del mattino. Visitato varie borgate e paesetti, che si trovano sullo stradale o poco lungi, montai la salita fino a Cagnò, e pernottai presso l'ottimo Curato. Percorsi poscia tutte quelle curazie fino a Castelfondo, costeggiando a ritroso la riva destra del Noce, sopra un altipiano singolarmente pittoresco , mentre il fiume scorreva a basso in una ristretta valle profonda. Da Ca- stelfondo, dove ritrovai parecchi Cooperatori e Cooperatrici zelantissimi , diretti da quel caro e amabile vecchietto, che é il sig. Parroco Paternoster, mi diressi a Fondo, grossa borgata e sede di un Decano, posta su di una delle più alte posizioni del Trentino. Alloggiato in Canonica con isquisita ospitalità. mi recai a visitare varie buone persone, che mi furono larghe di offerte e di cortesie. Fra queste debbo rammentarle il sig. Maestro Anzelini, il quale unitamente all'ottima sua consorte s'occupa con zelo alla buona educazione della gioventù del paese. Egli mì usò la gentilezza di accompagnarmi per un gran tratto della mia peregrinazione, facendomi da guida fedele e da buon Cicerone.

Calcata al mattino sempre con dolce pendio la strada postale, tracciata poco lungi dalla riva sinistra del Noce, e sostato nei varii paesi del decanato di Fondo, entrai in quello di Taio , dove ripetuto lo stesso ritornello, discesi alla fortezza di Rocchetta e di là a Mezzo Lombardo per visitare il sìg. Decano.

Ripartii al mattino per Mezzo Tedesco , dove potei conoscere quelle due perle di sacerdoti, che sono i fratelli Grandi ; Parroco l'uno e Cappellano l' altro , e varie zelanti Cooperatrici Salesiane , fra cui la brava maestra signora Teresa Gervasi, Direttrice dell' Asilo Infantile e Presidente delle Figlie di Maria. Il ricavato della questua, grazie a queste buone persone, fu superiore ad ogni mia aspettazione.

Accomiatatomi, presi la via di Margreid , primo paese del Tirolo Tedesco, collo scopo di assaggiare per un'altra volta quel terreno, che mi si era dipinto fertilissimo. Si dava allora una missione, e visitato il sig. Parroco mi feci ad esporre il fine della mia venuta. Egli gentilmente m'assegnò per compagno il suo Cappellano, ottimo prete, col quale m' acconciai alla bella meglio a masticare un po' di tedesco. Avvicinate le principali famiglie, m' accorsi subito che le informazioni erano improntate della più sincera verità. Profondo rispetto in tutti verso i sacerdoti, nelle case segni esterni di religione e, quello che più meraviglia, nelle stesse osterie si vedeano il Crocifisso e la piletta dell'acqua santa. Tutti fecero la loro offerta relativamente generosa, ed io ne rimasi contento ed edificato. Ma.... questa volta c'é un ma curioso. Mi si minacciò nientemeno dal birgenmaister (Capo Comune) di farmi vedere il sole a scacchi. Recatomi a fargli visita, gli mostrai le mie carte, ma egli esaminatele, con un cipiglio grave e severo, mi disse : - Ella potrà andare incontro a dei gravissimi dispiaceri... Ed io a lui: - Forse di venir condotto in prigione? - Per l' appunto , se i gendarmi volessero fare il loro dovere. - Gli risposi con vivacità - Signore, in prigione ci vanno i birboni, ed io son conscio d'essere un galantuomo. Sappia che son mandato- a questuare dal mio Superiore col permesso in iscritto di S. A. Revma il Vescovo, e coll' approvazione della I. R. Luogotenenza di Trento. Le dico inoltre che il mio ufficio tende nientemeno che a salvare dalla prigione un grandissimo numero di poveri giovani abbandonati, appartenenti a qualsiasi nazione , raccogliendoli nell'Ospizio che si sta fabbricando in Roma, e procurando loro con una buona educazione un pane onorato. - Calmato da questa dichiarazione, e datomi ancor egli il suo obolo , mi consigliò di munirmi del permesso della Luogotenenza d'Inspruch , da cui dipende il Tirolo Tedesco; ma per non perder tempo , credetti bene per allora di sospendere, e attraversata la feracissima vallata dell'Adige, mi diressi a Cavalese, capo luogo della Val di Fieme , dove arrivai dopo otto ore di continua ma romantica salita.

Il sig. Decano, un esimio e zelante ecclesiastico, già allievo del benemerito Istituto Mazza di Verona, da cui tanti valentuomini uscirono per la Chiesa e per la civil società , mi fece accompagnare da uno de'suoi Cappellani presso varie famiglie signorili. Volli anche parlare col signor Capo Comune, il quale mi ottenne dalla Giunta Comunale un sussidio. Fu questo il primo Comune, che con un atto, il quale molto lo onora, stanziò un'offerta pel nostro scopo, sotto il punto di vista che, accogliendo l'Ospizio giovani d'ogni nazione, era pur conveniente che da tutte venisse aiutato.

Da Cavalese mi rivolsi a Predazzo, fermandomi a Tesaro e Ziano e negli altri paesi lungo la bella strada tracciata sul fianco del monte. A Predazzo alloggiai presso l'ottima famiglia del nostro Dell'Antonio ; indi mi diressi nella valle di Fassa fino a Pozza, dove m'ebbi da tutti ogni più amorevole accoglienza, specialmente da quel caro ed amabile Sacerdote, tutto bontà e dolcezza, ed a Lei, sig. D. Bosco, affezionatissimo , il quale meritatamente presiede al Decanato, che porta. il nome stesso della valle.

Fatta ancor là una buona questua , e ritornato a Cavalese, mi recai a visitare il Sacerdote Don G. B. Sieff, , zelante curato di Molina e paziente ed esperto cultore dell'arte apistica. Mi fece gentilmente osservare gli apparati del suo sistema razionale, che veramente gli fa ottenere buoni risultati, ed in fine mi dié ad assaggiare del suo celebratissimo miele, meritamente assai stimato e ricercato.

Visitato qualche altro paese , discesi velocemente a Montagna , e passando per Neumarck, sostai a Salorno, dove feci la conoscenza dell'ottimo sig. Decano. Ripreso il cammino per San Michele, vi ammirai un bellissimo Istituto agrario , molto bene tenuto , e nell'interna economia amministrato da monache. Da S. Michele mi recai a Lavis, grosso paese poco lungi da Trento, che si potrebbe chiamare una piccola cittadella. Accompagnato dal sac. Dell'Antonio, feci visita a varie signorili famiglie, che ho trovato molto educate e caritatevoli.

Al mattino, col cavallo di s. Francesco, preso per poco a pigione in cambio del solito bucefalo, fatta una volata ginnastica al colle di Teano dei Vigo, vi ritrovai eccellenti Sacerdoti , e col loro mezzo potei fare la personale conoscenza di due rispettabili signori, che sono i Baroni Salvatori, di Riva il primo , e di Vigo il secondo. Quindi sano e salvo sono ritornato a Trento,

Domani ripartirò per Val Sugana, e di poi, a Dio piacendo, percorrerò le Giudicarie, sperando in un'altra lettera di renderle conto delle nuove mie avventure.

D. Febbraro mi scrive, che grazie all'aria salnberrima , alle acque ed alle sollecite cure dei buoni Cappuccini, sta molto meglio di salute, e le manda tanti affettuosi ossequii. Ed ai suoi unendo anche i miei, mi raccomando di nuovo alle sue preghiere, e con profonda venerazione mi protesto

Di V. S. Illma e Rev.ma umil.mo aff.mo figlio in G. C.

Sac. PIETRO POZZaN.

PROGETTO di una rete meteorologica nell' America del Sud per cura dei Salesiani.

La Religione Cattolica lungi dall'essere nemica delle scienze profane, come vanno vociferando taluni o maliziosi o ignoranti, n'è invece amicissima. Né potrebbe essere altrimenti. Infatti che cosa è in fin dei conti la scienza di qualsiasi genere ? Altro non è che la cognizione o di Dio o di qualche verità od opera sua. Quindi é che il primo amatore delle scienze è il Signore stesso, che si fa chiamare loro Dio : Deus scientiarum Dominus. Per la qual cosa in ogni tempo uomini pii e religiosi coltivarono or questo or quell'altro ramo di scienza anche profana, con grande studio ed amore, persuasi di fare cosa gradita a Dio e vantaggiosa alla società.

Una delle scienze, che forma oggidì la delizia degli uomini dotti, si é la così detta meteorologia, la scienza cioè, la quale ha per oggetto i fenomeni, che avvengono ed hanno origine nell'atmosfera, come venti, burrasche, pioggia, neve, grandine, apparizioni luminose, terremoti e simili. In questi tempi vagii illustri ecclesiastici attendono con ardore a questa scienza. Il celebre Padre Denza, Barnabita, Rettore del Collegio Carlo Alberto in Moncalieri, ne sta in prima fila. Vi si applicano eziandio i Salesiani, specialmente nel Collegio di Alassio e di Lanzo. Tra poco si farà altrettanto in varie nostre Caso dell'America, come si rileva dalla seguente esposizione del prelodato Padre Denza.

« Il terzo Congresso Geografico Internazionale di Venezia emise in seduta solenne il seguente voto proposto dal 3° Gruppo.

» Il 3° Gruppo propone che si istituiscano lungo il Rio Negro di Patagonia e sulla baia di san Giuseppe alcuni Osservatorii meteorologici, diretti specialmente alle osservazioni magnetiche, valendosi in ciò della cooperazione dei Missionarii italiani in Patagonia.

» L'importanza di stabilire delle stazioni meteorologiche in quelle regioni era già stata riconosciuta dal Comitato internazionale della meteorologia polare, e nella Conferenza, che esso raccolse a Berna nell'agosto dell'anno passato 1880, per mezzo del delegato italiano prof. Cora, aveva espresso il desiderio, perché si ordinasse almeno una di tali stazioni nell' estremo Sud-America. Ma diverse difficoltà s'incontrarono per l'attuazione di questo progetto, e la proposta del delegato Italiano di stabilire una stazione al Capo Horn, od in altri luoghi vicini, non trovò valido appoggio nel suo paese. Pare ora che i Francesi vogliano andar essi al Capo Horn, ma è cosa ancora incerta.

» Appartenendo io appunto, come Segretario al terzo Gruppo del Congresso di Venezia, da cui fu formulato il voto, non osai aggiungere parola, per non compromettere innanzi tempo i Missionarii Italiani , della Congregazione dei Salesiani, che sono in quelle regioni, sebbene ne conoscessi l'operosità e il buon volere.

» Giunto però a Torino ne conferii senza indugio col venerando Capo, il sac. D. Giovanni Bosco, già noto dovunque per la mirabile sua energia nell'iniziare opere buone d'ogni sorta, il quale invia ogni anno in quei lontani paesi un eletto stuolo di suoi figli, che si consacrano al bene religioso di quei popoli, senza trascurarne l'intellettuale e materiale vantaggio.

» Come io già m'aspettava, D. Bosco accondiscese di buon grado a quanto io gli esposi, soddisfacendo in tal modo, senza molte pratiche inutili e senza difficoltà, al desiderio del mondo scientifico di estendere il suo dominio sulle regioni poco conosciute del globo.

» Un primo progetto fli concertato insieme, ed in seguito andrà man mano completandosi e perfezionandosi.

» Innanzi tutto , importa sapere , che , anche prima del Congresso Geografico, nel mese di luglio, era venuto da me l'egregio prof. D. Luigi Lasagna, Direttore del Collegio Pio che i Salesiani hanno a Montevideo , manifestandomi il divisamento che egli aveva di ordinare una buona stazione di meteorologia in quel Collegio, collocato in ottima posizione. Io accolsi con tutto il favore l'opportunissima proposta, e l'Osservatorio di Montevideo ormai può dirsi un fatto compiuto. Gli istrumenti sono già acquistati , ed io sto addestrando gli Osservatori, che tra breve partiranno per quel luogo.

» L'Osservatorio di Montevideo sarà fornito di tutti i migliori istrumenti, che posseggono le nostre stazioni meteorologiche , non escluso l'anemoietografo Denza, ed un buon apparato per la declinazione magnetica. Esso potrà riguardarsi l'Osservatorio centrale della nuova rete.

» Oltre a questo Osservatorio, la cui fondazione, come è stato detto, è indipendente dal voto del Congresso Geografico , Don Bosco ne mette sin d'ora a disposizione altri due in quelle contrade, uno a Buenos-Ayres e l'altro a Carmen non lungi dalle foci del Rio Negro, che é il confine settentrionale della Patagonia.

» Queste due stazioni saranno anch'esse fornite di tutti gli istrumenti richiesti per una completa stazione di meteorologia. In esse del pari che a Montevideo le osservazioni si faranno in modo regolare e continuo, perchè esistono già in quelle località Case di Salesiani fornite di personale adatto.

» Alle tre suddette stazioni se ne deve aggiungere una quarta, che l'Associazione meteorologica possiede nell'interno della stessa Repubblica Argentina, dappresso alle Ande, fondata dall'antica Cor- rispondenza meteorologica Italiana, nel Seminario Conciliare di Salta, sotto la direzione del professore Sac. Noalles, e che già manda le sue osservazioni da due anni.

» Alle ricordate stazioni se ne aggiungeranno altre di terzo ordine , che saranno incaricate di osservazioni sulla temperatura, sulla pioggia e su altri fatti atmosferici, specialmente sul Rio Negro.

» Un'altra stazione, che anch'essa non mancherà d'importanza, verrà molto facilmente ordinata dagli stessi Missionarii a Petropoli oltre Rio Janeiro.

» Questo primo ordinamento di un servizio meteorologico, nelle regioni più meridionali dell'America , offre già per se solo una importanza grandissima per la Fisica del Globo. Esso però non è che il cominciamento di un lavoro assai più grande ed esteso ; e, grazie all'operosità dei Missionari Italiani, ed al favore sempre crescente che essi godono meritamente in quei paesi, altri luoghi d'osservazioni anche più importanti si andranno man mano ordinando, e vi ha grande speranza che tra pochi anni uno sarà messo vicino allo stesso Capo Horn.

» In tal maniera senza grave dispendio, ' e senza rumori, si giungerà alla difficile soluzione di un problema , a cui anela ardentemente la odierna meteorologia; e, ciò che importa non poco, i risultati che saranno a noi inviati da quelle remote contrade del Globo, in cui è ben difficile istituire controlli, saranno tali da meritarsi l'intera fiducia de' dotti, perché raccolti da quegli uomini di sagrifizio, con nessun altro intendimento , salvo quello di rendersi utili alla Società ed alla Scienza.

Dall'Osservatorio di Moncalieri, 2 novembre 1881. P. F. DENZA. »

STORIA DELL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES

PARTE SECONDA. CAPO III.

Attentati - Castagne e vino avvelenato - Coltello da macellaio - Biasimevole condotta della pubblica .forza - Buon Uffizìo di un amico - Grandine di bastonate.

I due ribaldi, di cui discorremmo nel capo procedente , uscendo dalla camera di D. Bosco, avevano soggiunto con irato cipiglio : Ci rivedremo. Queste parole e le non oscure minacce lasciatesi sfuggire nel corso della loro conversazione ci danno il bandolo di una lunga serie di attentati contro la vita di D. Bosco. Essi furono tanti e così fraudolentemente preparati e violenti , che possiam dire senza esitazione che fu solo per un tratto straordinario della divina Provvidenza, fu solo per miracolo, che D. Bosco ne scampò ogni volta. Questi fatti, riguardando così da vicino l'istitutore del nostro Oratorio , sono strettamente collegati colla nostra istoria. Per la qual cosa noi ne racconteremo alcuni dei principali, di cui o fummo testimoni oculari , o ne avemmo fedele relazione da coloro stessi, che lo erano stati.

Una sera dopo cena stava D. Bosco facendo la consueta scuola serale, quando due uomini di tristo aspetto vennero a chiamarlo, che andasse in fretta a confessare un moribondo, in un sito poco distante da noi, appellato il Cuor d'oro. Sempre pronto al servizio delle anime, egli affida tosto ad un altro la sua classe, e si dispone a partire immantinente. Nell'uscire di casa, stante l'ora un po' avanzata, gli venne il pensiero di menar seco alcuni dei giovani più grandicelli , affinché gli facessero compagnia, e li chiama. -- Non occorre che conduca giovani insieme , dissero quei due sconosciuti; noi stessi l'accompagneremo nell'andare e nel venire : e poi l'infermo potrebbe essere disturbato dalla loro presenza. - Non datevi pena di questo, rispose D. Bosco , questi miei giovanotti hanno piacere di fare una passeggiatina , e giunti alla camera del malato si fermeranno al di fuori. - E quei due, sebbene a malincuore, tacquero e lasciarono fare.

Arrivati alla casa destinata, - Entri un momento in questa stanza , dissero coloro , e noi andremo ad avvertire l'ammalato della sua venuta. - I giovani rimasero fuori, e Don Bosco entrò in una camera a pian terreno , dove trovò una mezza dozzina di bontemponi , che dopo una lauta cena mangiavano o fingevano di mangiar castagne. Accolsero essi D. Bosco con molti segni di rispetto, lodandolo a cielo ed applaudendo. - Favorisca, sig. D. Bosco, di servirsi delle nostre castagne, gli disse poscia uno della brigata, porgendogli il piatto. - Non mi sento più di mangiare, rispos'egli ; ho fatto cena solo poc' anzi, e non prendo più altro. - Almeno beverà un bicchiere del nostro vino ; lo troverà buono, sa ; viene dalle parti d' Asti. - Non mi sento ; non sono abituato a bere fuori di pasto, e se bevessi mi farebbe male. - Oibò ! Un piccolo bicchiere di buon vino noti le farà male certamente , anzi le farà bene , aiuterà la digestione. Lei beverà dunque per farci piacere.

Ciò detto, colui dà di piglio ad una bottiglia sul tavolo e mette da bere nei bicchieri. Siccome studiosamente ne aveva messo uno di meno, così egli, versatone in tutti, va poscia a pigliare e bicchiere e bottiglia in disparte e ne mesce per D. Bosco. Non occorse d'avvantaggio, perché questi si accorgesse del perverso loro divisamento, che era di fargli bere il veleno. Senza dare ad intendere che aveva scoperto la loro insidia , D. Bosco prende in mano il bicchiere colmo di spumeggiante vino, fa un brindisi alla salute di quei disgraziati, ma, invece di metterlo alle labbra, cerca di riporlo sul tavolo, ricusando di bere. - Non ci dia questo disgusto, cominciò a dire uno ; non ci faccia questo insulto, soggiunse un altro ; é un vino eccellente ; vogliamo che lo assaggi alla nostra salute, gridarono tutti. - Ho già detto che non mi sento, ed ora aggiungo che non posso e non voglio bere , riprese D. Bosco. - Eppure bisogna che Lei beva ad ogni costo, esclamarono in coro quei furfanti. Poscia dai detti passando ai fatti, uno di loro prese il povero prete per la spalla destra, un altro per la sinistra, dicendo : - Non possiamo tollerare questo insulto : se non vuol bere per amore, beverà per forza.

A questa violenza D. Bosco si trovò veramente tra il martello e l'incudine ; e fu quello per lui certamente un brutto istante. Siccome l'usare contro di loro la forza non era nè prudente, nè facile cosa, così giudicò meglio ricorrere all'astuzia , e così fece. Disse pertanto : - Se assolutamente volete che io beva, lasciatemi in libertà, perché prendendomi per le spalle e per le braccia mi fate tremare la mano e versare il vino. - Ha ragione, risposero quelli, e si scostarono alquanto. Allora D. Bosco, colto il momento propizio , fa un lungo passo indietro, si avvicina all'uscio, che fortunatamente non era chiavato, lo apre e invita i suoi giovani ad entrare. Lo spalancarsi improvvisamente dell'uscio, e la comparsa di quattro o cinque giovinotti sui 18 e 20 anni pose freno alla tracotanza di coloro, il cui capo fattosi mogio mogio disse : - Se non vuol bere , pazienza ; lasci pure, e stia tranquillo.

Ma dov'è il moribondo? domandò D. Bosco; bisogna almeno che io lo veda. - Per coprire il loro vile attentato uno di quei malfattori condusse il sacerdote in una camera al secondo piano. Colà invece di un malato, D. Bosco trovò coricato nel letto uno di quei due, che era andato a chiamarlo all'Oratorio. Don Bosco gli fece tuttavia alcune domande, e quell' impostore matricolato , non ostante lo sforzo erculeo per contenersi, non potendone più, diede in uno scroscio di risa dicendo : Mi confesserò poi domani; e D. Bosco se ne partì, ringraziando in cuor suo il Signore di averlo per mezzo dei figli suoi protetto da quella mano di scellerati.

Avendo poi inteso per filo e per segno come erano andate le cose, alcuni di noi abbiamo voluto al domani fare delle indagini intorno a questo fatto, e siamo venuti a scoprire che un cotale aveva pagato a quei vigliacchi una lauta cena, col patto che avessero fatto bere a D. Bosco un po' di vino, che egli aveva preparato appositamente per lui. Coloro adunque erano compri sicarii.

Gli attentati, che avevano incominciato sin dai primordii della emancipazione data ai protestanti e agli ebrei, e si erano fatti più frequenti quando in Piemonte, nel 1850, venne abolito il foro ecclesiastico , crebbero di poi in tanto numero, che una vasta congiura di eretici e di malfattori pareva essersi in Torino organizzata coll'unico scopo di levare Don Bosco dal mondo, come il nemico loro più formidabile. Essendo impossibile il ricordarli tutti, ne riferiremo qui ancor due, che ci stanno presenti alla mente , come se or ora fossero accaduti.

Una sera di agosto intorno alle ore sei Don Bosco trattenevasi presso il cancello di legno, che chiudeva il cortile dell'Oratorio, e discorreva piacevolmente con alcuni dei suoi giovinetti, quando un grido si fa udire di mezzo a loro : Un assassino, un assassino. Ecco infatti un certo Andr...   in manica di camicia, con un coltello da macellaio in mano , correre furiosamente contro D. Bosco gridando : Voglio Don Bosco, voglio D. Bosco. Lo spavento a primo tratto s'impadronì di noi tutti , che ci demmo alla fuga sbandati, chi nel campo aperto che ci stava dinanzi, e chi nel cortile della casa. Tra i fuggenti eravi un chierico, oggidì parroco di una illustre chiesa di Torino. L'assassino, presolo per D. Bosco, si diede ad inseguirlo ; ma accortosi dello sbaglio ritornò verso il cancello. In quel breve intervallo D. Bosco aveva avuto tempo di mettersi in salvo, salendo alla sua camera , e chiudendo a chiave il piccolo cancello di ferro , che stava a piè della scala. Questo era appena fermato, quando sopraggiunse il manigoldo, il quale trovando chiuso prese a battere, scuotere, urtare con impeto il cancello per aprirlo, ma indarno. Egli stette colà per più di tre ore come tigre aspettante la preda ; pareva un pazzo, ma il fingeva per interesse.

Intanto i giovani , scosso il primo spavento e alquanto rinfrancati, si erano nuovamente riuniti. Alla vista di colui, che minacciava la vita del nostro benefattore e padre , ci sentimmo bollire il sangue nelle vene. Dando ascolto alla voce del cuore, ed abbandonandoci all' ardor giovanile , ci armammo ognuno di uno strumento , chi di bastone, chi di pietre, chi di altro arnese, e ci disponemmo ad assalire quel miserabile e a farlo in pezzi ; ma D. Bosco, temendo che alcuno di noi avesse a riceverne qualche ferìta, ci proibì di toccarlo.

Con quella fiera in casa niuno poteva quietare. La buona Margherita soprattutto era . nella più alta costernazione e pei figlio e per noi. Che fare? Si mandò subito e ripetutamente avviso alla questura ; ma, duole il dirlo, non si vide mai comparire né una guardia, né un carabiniere sino alle nove e mezzo di sera. A quell'ora soltanto si presentarono due gendarmi , legarono quel malandrino, e seco lo condussero alla caserma, liberandoci da una violenza , che fece poco onore a chi presiedeva in quei giorni alla pubblica forza. E come se una tale inerzia nel difendere un libero cittadino non fosse ancora sufficiente ad impensierire ogni persona onesta, ecco all'indomani commettersi dal questore un' imprudenza ancor peggiore. Ei manda un uomo della polizia ad interrogare D. Bosco, se perdonava a quell'oltraggiatore. Rispose egli che come cristiano e come Sacerdote perdonava quella ed altre ingiurie ancora ; ma come cittadino e capo d' Istituto invocava a nome della legge, che la pubblica autorità gli guarentisse un po' meglio la persona e la casa. Or chi lo crederebbe? Nel giorno stesso il questore fa mettere in libertà quello scellerato, il quale nella sera stava nuovamente appostato a poca distanza dall' Oratorio , attendendo che D. Bosco ne uscisse per eseguire il suo sanguinario disegno.

Ma chi moveva colui a tanta scelleratezza ? - Un amico di D. Bosco e nostro insigne benefattore, il Com. Dupré, ci pose in grado di poter rispondere a questa domanda. Osservando egli che non poteva aversi dalla pubblica forza una sicura difesa, si assunse il cómpito di parlare con quello sciagurato, che ci teneva notte e giorno in angosciosa apprensione. - Io sono pagato, rispose il ribaldo ; mi si dia quanto altri mi danno, e me ne andrò. - Ciò inteso, gli vennero pagati ottanta franchi di fitto scaduto, ed altri ottanta per anticipazione , e così finì quella commedia , che avrebbe potuto finire in sanguinosa tragedia.

Ma più insidiosa fu l' aggressione che stiamo per descrivere, e dalla quale D. Bosco non usci intieramente incolume.

Poco dopo il fatto riferito, una domenica a sera verso notte D. Bosco vien chiamato da un uomo, per confessare una malata in casa Sardi, quasi di rimpetto all' Istituto del Rifugio. I fatti precedenti gli suggerirono di farsi accompagnare da due di noi. - Lasci, lasci pure i suoi giovani a casa, disse quel cotale, non li disturbi ; l'accompagnerò io stesso. - Queste parole fecero crescere il sospetto e produssero l'effetto contrario ; quindi D. Bosco invece di due giovani ne chiamò quattro, tra cui un certo Giacinto Arnaud e Giacomo Cerruti, così nerboruti e forti , che in un bisogno avrebbero squartato un bue. Giunto al luogo designato , egli ne lasciò due a pié della scala, e i due sopra nominati salirono con lui al primo piano, e fermaronsi sul pianerottolo presso l'uscio della camera. Entrato, vi scorge in letto una donna tutta ansante , la quale sapeva fingere sì bene, che pareva veramente volesse mandare l'ultimo fiato. A quella vista Don Bosco invitò gli astanti in numero di quattro ad allontanarsi, a fine di parlar liberamente alla malata e prepararla ad acconciarsi dell'anima. - Prima di confessarmi, prese allora a dire la donnaccia con una gran voce, io voglio che quel briccone là si ritratti delle calunnie, che mi ha imputate. - No, rispose uno Silenzio, aggiunse un altro - Sì - No - Taci infame, se no ti strozzo. - Questi ed altri non men graziosi accenti , misti ad orrende imprecazioni, si sollevarono ben tosto a produrre un' eco spaventosa per quella camera d'inferno. In mezzo a questo diavolio si spengono i lumi, e allora nel buio cessa il tuono e comincia una grandine di bastonate, dirette al sito dove stava D. Bosco. Non tardò egli ad indovinare il giuoco che gli volevano fare , vale a dire, rompergli le ossa. In quel frangente , non sapendo come meglio ripararsi, egli in tutta fretta dà di piglio alla scranna, che stava presso il letto, se la pose in testa, e sotto a quel parabotte cerca di guadaguare l'uscio. Intanto quei scellerati davano giù colpi mortali, che invece di cadere sul capo del povero D. Bosco, piombavano con gran fracasso sulla sedia. A quel rumore i due giovani appostati aprono l'uscio, e D. Bosco gettata la sedia si lancia nelle loro braccia, lieto di aver portate salve le spalle e la testa. Ricevette tuttavia una bastonata sopra il pollice della sinistra mano, che in quel parapiglia teneva appoggiata sullo schienale della sedia. Il colpo, quantunque per se stesso leggiero , nondimeno gli portò via l'unghia colla metà della falange, e dopo 25 e più anni D. Bosco ne conserva tuttora la cicatrice.

Non sono infondati i sospetti che queste ed altre moltissime insidie fossero ordite o per la malizia o pel danaro di coloro, i quali vedevano di mal occhio il giornaletto l'Amico della Gioventù, gli Avvisi ai Cattolici e sopratutto le Letture Cattoliche.

Del resto gli eretici di Torino non facevano che battere le orme dei loro' antenati , i quali, per tacere di molti altri assassinii , il giorno 9 di aprile dell'anno 1374, in Bricherasio, con una grandine di colpi trucidarono barbaramente il beato Pavonio da Savigliano , perché predicava contro la loro dottrina, e convertiva gran numero di Valdesi alla Chiesa Cattolica.

SUOR MARIA MAZZARELLO

CAPO III. La prima figlia di Maria Ausiliatrice,

Seguendo la storia di Maria Mazzarello l' abbiam vista da saggia fanciulla divenire fervente figlia dell'Immacolata, separarsi poscia coraggiosamente dall'amata famiglia, unirsi ad alcune sue buone consorelle col sacro vincolo della carità di Gesù Cristo, formare con loro una piccola Comunità, e animata dall'instancabile suo zelo, sotto la direzione dell' esimio sacerdote Domenico Pestarino, pregare e lavorare'indefessa pel bene delle anime.

Or bene quella piccola Comunità fu il primo nucleo della Congregazione delle Figlie o Suore di Maria Ausiliatrice ; Congregazione, che protetta in modo speciale dalla Vergine Santissima sua Patrona, fa ai giorni nostri un gran bene alle fanciulle del popolo, e, coadiuvata dai benemeriti Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, attende oggimai alla educazione ed istruzione non solo in vani luoghi d'Europa, ma eziandio nell'America, e persino tra le povere selvagge della Patagonia.

E pregio dell'opera il dire qui come incominciasse questa umile Congregazione. Ecco in breve quanto si ricava dalla cronaca delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

L'anno 1862 il virtuoso sacerdote D. Domenico Pestarino di Mornese, avendo conosciuto D. Bosco e la Pia Società di S. Francesco di Sales, concepì vivo desiderio d'impiegare alla maggior gloria di Dio ed a salute del prossimo le sue sostanze, anzi la sua vita stessa. Recatosi pertanto in Torino si offerse volenteroso a D. Bosco come docile suddito al proprio Superiore. Più tardi si legava alla Congregazione dei Salesiani, divenendone membro operosissimo. Era intenzione del buon Sacerdote di fondare nel suo paese nativo una qualche opera di pubblica utilità; per la qual cosa pose le fondamenta di un vasto edifizio da destinarsi all'educazione della gioventù, coadiuvato efficacemente da D. Bosco e di danaro e di consiglio pel compimento dell'opera. Desiderio de'suoi compatriotti si era che quell'ampio locale servisse per un Collegio di fanciulli, e tale era pure il pensiero di D. Bosco. Ma il Signore, che nella sua divina Provvidenza aveva disposto altrimenti, permise che insorgessero alcune gravissime difficoltà. In quel frattempo D. Bosco, il quale aveva già fondate varie case ed oratorii per l'educazione dei giovanetti, ricevette da molte parti domande pressanti, che volesse provvedere eziandio al benessere morale, civile e religioso delle fanciulle. Egli vi pensò sopra alcun tempo, ne conferì con varie assennate persone , e d'accordo con D. Pestarino determinò che il nuovo fabbricato servisse non più a Collegio pei giovanetti, ma fosse un Educatorio per le giovani zitelle. A questo fine l'anno 1870 furono chiamate ad abitarlo colle poche loro educande le buone Figlie dell'Immacolata, di cui abbiamo sopra parlato, e delle quali faceva da Superiora la nostra buona Maria Mazzarello.

La piccola Comunità fino a questo punto aveva sempre osservate le regole della Compagnia delle figlie di Maria Immacolata di Mornese, e pel volere e per l'esempio della Mazzarello era rimasta ognora soggetta alla Superiora della medesima. Ma entrate che furono nella casa novella fu d'uopo mutare dipendenza. Allora quella sottomissione ed ubbidienza, che avevano professato alla Superiora delle figlie della Immacolata, cominciarono ad esercitarla verso D. Bosco e al sacerdote D. Domenico Pestarino, che a nome di lui prese a dirigerle.

Fin qui quelle buone figlie non avevano alcun pensiero di farsi religiose, quantunque già vivessero come tali. Ma cosa chiama cosa, e la corrispondenza ad una grazia rende meritevole di .una grazia più bella. Ora in premio della loro umiltà, e soprattutto in vista del basso concetto in che si teneva la giovane Maria, il Signore non tardò ad infondere nel cuore di lei e delle sue figlie un vivissimo desiderio di costituirsi insieme per tal modo, da poter attendere con maggior frutto all'educazione delle giovanette. Il pio divisamento veniva dal cielo, e D. Bosco, coadiuvato da D. Pestarino, lo assecondò efficacemente. Pertanto, dopo averne conferito e chiesto opportuno consiglio a S. E. Rev.ma Monsig. Giuseppe Sciandra Vescovo di Acqui , ne compose una regola conforme ai bisogni dei tempi e secondo lo spirito della Chiesa, e si diede viva sollecitudine ad erigere quell'umile Comunità in religioso Istituto femminile, avente lo scopo di fare pel bene delle fanciulle quello, che la Congregazione Salesiana già procurava a vantaggio dei giovanetti.

Se da principio si fosse detto alla giovane Mazzarello ed alle sue compagne, che tra breve sarebbero state le pietre fondamentali d'una Congregazione religiosa, non avrebbero creduto. Eppure contro la loro stessa aspettazione il Signore le avviò al nobile stato di Spose a Lui sacre per mezzo dei consigli evangelici , e sotto il vessillo della Vergine Auxilium Christianorum. In questo modo Iddio dimostrò quanto sia ammirabile nella sua provvidenza. Egli sa disporre ogni cosa soavemente e pur con fortezza, secondo gli alti suoi consigli. Fortunati coloro, che desiderosi di amarlo e di servirlo si abbandonano nelle sue braccia amorose ! Così fece la nostra Maria Mazzarello, ed ebbe la bella sorte di essere la pietra angolare di un nuovo Istituto religioso ; la prima Figlia o Suora di Maria Ausiliatrice.

Disposte le cose e fatti precedere alcuni giornì di Esercizii spirituali, l'anno 1872 al dì 5 Agosto, sacro alla SS. Vergine della Neve , ben 15 di loro ricevevano dalle mani di S. E. Rev.ma, il Vescovo di Acqui, l'abito religioso, e prendevano il titolo di Figlie di Maria Ausiliatrice. Nello stesso giorno la nostra Maria con varie sue figlie dinanzi all'altare di Gesù Sacramentato, ed alla presenza di Monsignor Vescovo e di D. Bosco, pronunziava con amoroso trasporto i santi voti di povertà, castità ed obbedienza.

Alla religiosa e commovente funzione erano presenti, oltre il Vescovo, D. Bosco e D. Domenico Pestarino, parecchi illustri personaggi, tra cui il sig. Canonico Olivieri, Arciprete della Cattedrale di Acqui ; il sig. D. Marco Mallarini Vicario Foranco di Canelli, Monsignor Verri Arciprete d'Incisa, e il sig. D. Carlo Valle Prevosto in Mornese.

Indicibile fu la gioia che inondò in quel giorno i cuori di quelle vergini avventurate; indescrivibile il ginbilo della Mazzarello, quando videsi incoronare quale Sposa di Gesù. Ella più non rifiniva di ringraziarne Iddio e la Santissima sua Madre, e con parole piene di riconoscenza faceva considerare alle sue figlie quale grazia sublime avesse loro fatta il Signore; perciò le esortava ad amarlo ognora più, ad imitarlo nei patimenti e nelle umiliazioni, a perseverare in quollo stato sino alla morte, e a farsi sante e presto sante. Fu quello un giorno di gran festa, e in ogni angolo della casa si udiva ripetere : Viva Gesù - Sempre nei nostri cuori - Viva Maria - E chi la creò.

Se fino allora Maria Mazzarello aveva camminato a grandi passi sulla via della perfezione, da quel giorno Ella prese a salirne l'alta cima con rapidi voli.

Ma prima di proseguire questi cenni crediamo bene di qui riportare il giudizio , che ne emise il saggio suo Direttore spirituale , D. Pestarino, il quale in un suo memoriale , prendendo nota delle prime Figlie che avevano fatta vestiziene e professione, e dato formale incominciamento al nuovo Istituto, così si esprime sulla nostra Maria: « Maria Mazzarello mostrò sempre buono spirito, ed un cuore molto inclinato alla pietà. Frequentava molto i santi Sacramenti della Confessione e Comunione, ed era assai divota di Maria Vergine. Accettò volentieri di entrare nel nuovo Istituto e fu pur sempre tra le più impegnate nel bene, e sottomesse ai Superiori. Era d'indole schietta ed ardente, e di cuore molto sensibile. Mostravasi sempre disposta a ricevere qualunque avviso dai Superiori, e pronta a dar loro prova di umile sommessione e rispetto. Fu sempre conforme di volontà e di giudizio, e così unita di spirito coi medesimi, che si protestava pronta a dar la vita ed a sacrificare ogni cosa, per obbedirli e per promuovere il bene. Tenendo luogo di Superiora era fervente nel proporre e nel sostenere la parte, che le parea ragionevole ; però finiva sempre coll'umiliarsi e pregare le compagne d'avvisarla quando mancava.

A questa bella testimonianza vogliamo aggiungerne un'altra, che ricevemmo solo poc'anzi dalla sua sorella, ancor essa Suora di Maria Ausiliatrice. Testimonio dei suoi primi anni e dei primordii di sua vita religiosa così ella ne scrisse:

« Quando l'indimenticabile mia sorella si trovava ancora in famiglia erano tali le disposizioni del suo cuore, che ben dava a divedere averli Iddio destinata a grandi cose. Giovanetta ancora già avea risoluto di tutta consacrarsi al Signore, E tanto amava la bella virtù verginale, che fin d'allora ne fece voto a Dio.

» L'amore poi che nutriva al Celeste suo Sposo Gesù era molto forte; e ben, lo può attestare il metodo di vita che teneva per compiacerlo.

» Dovendo attendere ai lavori campestri, poco o nulla di tempo le rimaneva per le pratiche di pietà. Stanca e spossata dalle fatiche del giorno il corpo suo, piuttosto gracile, chiedeva riposo, ma che faceva ella? Vincendo la natura, compieva di notte ciò, che di giorno le era impossibile !

» Quante volte per potersi risvegliare per tempo ed accostarsi al banchetto Eucaristico, cui tanto anelava, coricavasi per terra vestita ! Negando alle stanche sue membra il necessario riposo, alzavasi per tempissimo , si recava alla chiesa, e cibatasi delle immacolate carni di Gesù ritornava a casa, prima che la famiglia si fosse posta al lavoro. E ciò ella faceva d'inverno e d'estate, non badando nè al freddo, né alle intemperie, né alle pessime strade, che le toccava percorrere per arrivare alla Parrocchia, abitando noi in campagna.

» Quando i genitori la mandavano in paese per qualche commissione, si rallegrava grandemente, perchè poteva in tale occasione visitare il suo caro Gesù Sacramentato !

» Se invece mandavano me, caldamente mi pregava a voler far le sue parti innanzi al Santo Tabernacolo.

» Quando le fu dato di appagare l'ardente suo desiderio, quello cioè di riunire alcune buone figlie ed insieme convivere per meglio servire il Signore, la sua gioia fu al colmo. Coraggiosamente abbandonò padre, madre, fratelli, sorelle, insomma l'intiera famiglia, lasciandoci tutti nel pianto e nella desolazione.

» In questo nuovo genere di vita, ella diede prova d'un coraggio eroico. Nella nuova casa trovò la vera povertà di G. Cristo. Tante volte mancava alla piccola Comunità il necessario sostentamento, mancava talora persino la farina per fare la polenta, e spesso quando si aveva questa mancava il legno per farla cuocere !

» Che faceva essa allora ? Usciva in campagna con alcuna delle figlie, ed ora in qualche bosco o della famiglia, o di un conoscente, o del Comune faceva un fascio di legna secche , e con quello in ispalla, come santa Francesca Romana, ritornava a casa a preparare il cibo. Fatta la polenta, la portava poscia nel cortile , e depostala col piatto sul nudo terreno invitava le compagne al lauto pranzo. Mancavano i tondi , mancavano le posate, ma non l'appetito. Quando mancava eziandio un po' di pietanza, mia sorella la somministrava colle amene e sante sue parole. Difatto pareva che i suoi discorsi sapessero dare tale condimento al povero cibo, da renderlo più saporito d'ogni squisita vivanda. Erano povere, ma contente di quella contentezza, che proviene dalla grazia di Dio e dal desiderio d'imitare Gesù Cristo e la SS. Vergine nella casa di Nazaret.

» Poco però rimasero in tale abitazione. Dopo alcun tempo la piccola Comunità, fu chiamata ad abitare un vasto locale , quello cioè che fu la prima Casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

» La carissima mia sorella, intesa la volontà del Superiore, non vi pose ostacolo, ed incoraggiando le più timide, entrò con grand'animo nella nuova abitazione.

» Posto che vi ebbero il piede, il paese non tardò a sparger voce che non l'avrebbero durata a lungo. E umanamente parlando, e stante la mancanza di molte cose , avrebbe dovuto essere così. Ma la coraggiosa figlia non si sgomentò delle prime difficoltà, e tenendo la mente ed il cuore fissi in Dio, da lui solo aspettava l'opportuno soccorso. Colà essa continuò la sua vita di fatica e di sacrificio. Non essendo ancora terminata la fabbrica, era tutto il giorno occupata ad accumulare pietre. E con qual ardore persisteva in tale faticosissimo lavoro ! Come animava le altre colla parola e coll'esempio ! E il bucato ? Oh ' anch' esso serviva ad esercitare nella virtù e la mia sorella e le degne sue compagne. Il fiume così detto Verno si trovava alquanto lungi dal paese. Venuto il giorno destinato pel lavare, essa punto non esimevasi da quell'uffizio; ma preso un po' di pane, od anche solo alcune fette di polenta, si portava con varie altre al fiume , e vi durava sino alla fine del lavoro.

» In simili occasioni non si vedea sul volto di alcuna né tristezza, né scoraggiamento, che anzi erano quelli i giorni più cari per tutte. L'amata sorella colla sua allegria e col suo esempio sapeva convertire i più duri sacrifizii in dolci e soavi diletti; sicché lasciava in tutte il desiderio di sempre nuovi patimenti.

» Ritornata a casa stanca ed anche bagnata, ella non si occupava di sè, ma era tutta sollecitudine per far cambiare le altre , per preparar loro qualche cosa di caldo, e simili. Era insomma, come le madri amorose, sempre intenta a preferire ai proprii i comodi delle sue figliuole.

» A questa vita attiva e sacrificata ella congiungeva più altre eccellenti virtù. Ho sempre scorto in lei gran candore di vita, profonda umiltà , povertà , ubbidienza, rassegnazione a tutta prova. » Fin qui la sua sorella, suor Felicita Mazzarello.

Tale si era dunque la prima Figlia dell'Istituto di Maria Ausiliatrice. Vedremo in appresso quale ne sia stata la prima Superiora generale.

COLLOCAMENTO DELLA PRIMA PIETRA di un nuovo Spedale in Torino.

Torino, città del Santissimo Sacramento e di Maria Consolatrice ed Ausiliatrice dei Cristiani. non scema punto, neppure ai tempi nostri, nè la sua fede, nè la sua carità. Mentre i Protestanti nei loro rendiconti confessano che detta città è campo sterile per essi, noi la vediamo andarsi fecondando di nuove opere di carità a sollievo delle umane miserie.

Sul principio dello scorso novembre l'augusta Torino vedea sorgere nel suo seno un'umile casa delle Piccole Suore dei poveri, a conforto dei vecchi poveri ed abbandonati; e all'undici di detto mese assisteva al collocamento della prima pietra di un nuovo Spedale dell'Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro. La funzione , nella quale non ci entrò politica , fu religiosa e civile , ordinata e splendida. Il Rev.mo Arcivescovo di Torino ne benedisse la pietra secondo il rito, e Sua Maestà il Re Umberto I vi pose la prima calce.

Noi salutiamo di vivo cuore il principio di quel monumento di pubblica beneficenza , e il vederlo consacrato dalla Religione ci fa aprire l'animo alla lieta speranza, che sarà da Dio benedetto e condotto a termine felicemente.

DUE NOTIZIE.

Per abbondanza di materia e per difetto di spazio diamo qui due notizie compendiosamente , riserbandoci di parlarne altra volta più in diffuso.

Oratorio Salesiano in Faenza - Per impegni presi già da qualche anno, abbiamo dovuto mandare alcuni Salesiani ad aprire un Oratorio festivo pei giovanetti nella città di Faenza. I Salesiani vi fecero il loro ingresso il giorno 10 dello scorso novembre , accolti dal Clero e dal popolo con significazioni della più alta benevolenza ; e il giorno 20 dello stesso mese , benedetta la cappella , inaugurarono l' Oratorio sotto il titolo di S. Francesco di Sales. Abbiamo sott'occhio una lettera scrittaci in proposito da un Cooperatore faentino, che pubblicheremo in altra occasione.

Benedizione di Campane - Il 10 del corrente dicembre furono battezzate cinque campane della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino. La funzione quantunque quasi improvvisata riuscì nondimeno di alta soddisfazione. Speriamo di descriverla in altro numero, e dire alcun che dei lavori della detta Chiesa, la quale è oggimai un vero gioiello. La consacrazione ne sarà fatta o nell'aprile o nel maggio dell'anno venturo.

IL SINODO DIOCESANO DI TORINO ED ALCUNE OPERE DI RELIGIONE E DI CARITÀ.

Il dieci dello scorso novembre venne raccolto in Torino il sinodo diocesano. In quella propizia occasione Sua Eccellenza Rev.ma, l'Arcivescovo Mons. Lorenzo Gastaldi, raccomandò al Clero varie opere di religione e di carità, altamente reclamate dai bisogni dei tempi. Crediamo utile accennare qui almeno le principali di esse , siccome quelle che corrispondono allo scopo della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.

Il Rev.mo Arcivescovo, dopo di aver parlato della origine dei sinodi, o concilii, e tessuta per sommi capi la storia dei sinodi apostolici, e di alcuni dei primi secoli tenuti in varie città, tra cui la stessa Torino ; dopo di aver discorso dei sinodi diocesani celebrati dai Vescovi suoi predecessori, e detto della loro utilità soprattutto ai giorni nostri, passò a raccomandare varie opere utilissime tra cui le seguenti.

1. Custodire gelosamente la fede in noi medesimi e negli altri, e non metterla a repentaglio col leggere giornali irreligiosi ed empii, né sostenerli col proprio obolo mediante l'associazione. Il farci vedere con siffatti giornali in mano, o il dare a conoscere nel paese che vi si è associato, reca scandalo al popolo, e lo abitua alle stesse pestifere letture colla perdita della fede. Né dobbiamo fidarci della nostra cultura e dottrina, ricordandoci del fatto deplorabile di Tertulliano, il quale dopo aver scritto si bene e dottamente a difesa della Religione, e a salute degli altri, terminò col cadere nella eresia e perdersi egli stesso.

2. Dispensare la parola di Dio con frequenza, con sodezza di dottrina e con ordine, avendo di mira di parlare alla immaginazione con appropriate similitudini e con esempi adattati. Di questo modo di predicare ci é modello il nostro divin Maestro colle parabole del Vangelo.

3. Fondare Oratorii festivi pei giovanetti. A questo proposito il Rev.mo Arcivescovo provò che questi Oratorii, soprattutto nelle città, non solamente sono utili, ma oggimai sono necessarii. Nelle città alquanto popolate si vedono delle nebbie o per meglio dire delle nuvole di fanciulli e giovanetti dai 10 ai 15 anni, la maggior parte dei quali non vanno al catechismo. Che sarà di loro quando saranno adulti ? Se andiamo avanti di questo passo si giungerà al punto che gli uomini non avranno più fede, e noi vedremo le chiese ed i confessionali frequentati solo più dalle donne e dalle ragazze. Gli Oratorii sono il mezzo efficace per iscongiurare questo pericolo. Ivi i giovanetti si attirano mediante onesti divertimenti, ivi s' instruiscono nel catechismo , ivi ancora si rassodano nella fede e nella pietà con istruzioni e prediche adattate alla loro capacità e bisogno. Intanto, prendendo fin dai primi anni la lodevole abitudine di frequentare le funzioni religiose ed i Sacramenti, difficilmente la perderanno nell'età avanzata, e noi li vedremo crescere e vivere ognora da buoni cristiani ed onesti cittadini. Monsignor Arcivescovo confermò la realtà di questo buon risultato con una prova di fatto, e non giudicando di prendere questa prova dalla città di Torino, che fu la culla degli Oratorii di San Francesco di Sales, di S. Luigi Gonzaga, dell'Angelo Custode, di S. Giuseppe, di Santa Giulia, di S. Martino, di S. Filippo, di S. Secondo, e di varii altri per le fanciulle, portò l'esempio degli Oratorii di Brescia diretti dai Filippini.

4. Esortò ognuno ad impegnarsi a fare in modo che dal proprio Comune sieno eletti maestri e maestre, che abbiano lo spirito cristiano , e che colla parola e coll'esempio sappiano instillare nella scolaresca stima, rispetto ed amore alla Religione.

5. Raccomandò l'instituzione delle Società degli Operai Cattolici, e ciò per impedire che i contadini e gli artieri diano il nome alle società massoniche, ed anche per tenerli uniti alla Chiesa Cattolica, che fu sempre la promotrice delle buone Associazioni.

6. Finalmente inculcò che ciascuno si desse grande sollecitudine per avviare dei giovanetti allo stato ecclesiastico. Siccome i giovanetti, che mostrano maggiore attitudine e lasciano più fondata speranza di riuscire in detta carriera , per lo più sono poveri, e le loro famiglie non possono fare le spese per mantenerli agli studii, così il Rev.mo Prelato spronò il suo Clero a mostrarsi caritatevole e generoso, col pagare per essi la necessaria pensione. Qualcuno dirà che si trova egli pure nelle strettezze, e può fare poco o nulla. In questo caso , soggiunse Sua Eccellenza , chi non può per sè, il faccia per mezzo di altri. Ricorra al buon cuore delle persone pie e più o meno facoltose, e perori presso di loro la causa dei poverelli ; e così un po' dall'uno , un po' dall'altro otterrà quanto occorre per la spesa richiesta. Del resto vi sono taluni, osservò giustamente l'Arcivescovo, i quali pregali di voler prestare la mano ad un'opera buona rispondono che non possono o vi concorrono debolissimamente, e poi o spendono anzi sprecano il danaro in cose inutili, o vengono alla fin di vita con vistose eredità da lasciare ai loro nipoti, che in poco di tempo scialacquano tutto. Talora il cadavere dello zio è ancor caldo, o insepolto, e i parenti, mal celando l'interna gioia della morte alfin venuta , fanno oscena baldoria. E non é ella una stoltezza, non è un aver perduta la testa il non impiegare il fatto suo in opere buone in vita, o almeno non disporne saviamente in morte, per lasciarlo a chi forse ne farà sì cattivo uso e non si ricorderà neppure dell'anima nostra ? Adunque adoperiamoci di dare alla diocesi qualche Sacerdote, e se per questo ci occorre di fare alcun sacrifizio , facciamolo volentieri per amor di Gesù Cristo, il quale per la sua Chiesa, e per le anime nostre da ricco si fece povero, e diede persino il suo preziosissimo sangue.

Monsignor Arcivescovo non tralasciò di tributare una pubblica lode a quelli, che morendo avevano disposto dei loro beni secondo le sue lodevoli intenzioni, e intanto pregò i presenti che ne seguissero l'esempio, poiché abbisogna di aiuto per soddisfare alle ingenti spese fatte pel compimento di varie opere importanti.

Più altre cose raccomandò Sua Eccellenza Reverendissima, le quali sarebbe troppo lungo il qui enumerare. Di queste abbiamo voluto tenere parola, perchè nella sostanza sono le medesime, che noi andiamo promovendo col modesto nostro periodico. Vi ha una sola differenza ed é che Mons. Arcivescovo di Torino raccomandò le suddette buone opere al suo Clero solamente, e in favore dei giovanetti e dei fedeli della sua diocesi, e noi la caldeggiamo presso i Cooperatori e Cooperatrici e a benefizio dei giovani e dei fedeli cristiani, non solo della diocesi di Torino, ma di molte altre d'Italia , di Francia , di Spagna , di America, e per gli stessi selvaggi della Patagonia ; perchè sappiamo che questo è il vivo desiderio del Capo della Chiesa Universale, secondo la raccomandazione da Lui fatta nella sua Enciclica Sancta Dei Civitas del 3 dicembre 1880. In quel memorabile documento di carità e di zelo il regnante Pontefice Leone XIII diceva ai Vescovi del mondo cattolico : « Voi, Venerabili Fratelli, chiamati a parte della Nostra sollecitudine, caldamente esortiamo, affinchè sorretti dalla fiducia e non isgomenti da veruna difficoltà , con animi concordi vi adoperiate con Noi ad aiutare alacremente ed energicamente le Apostoliche Missioni. »

Per la qual cosa conchiudendo preghiamo i nostri amatissimi Cooperatori e Cooperatrici, che a sostegno della Fede vogliano promuovere la buona lettura col promuovere e diffondere la stampa cattolica. Voi potete ciò ottenere facilmente, leggendo e facendo leggere i fascicoli delle Letture Cattoliche, della Biblioteca della Gioventù Italiana, il Bollettino Salesiano ed altre molte operette, che vi sono mensilmente annunziate. Poca è la spesa che occorre per provvedersele, immenso é il bene che se ne ritrae.

Adoperatevi con tutto zelo per la istruzione religiosa della gioventù. A questo fine sforzatevi ciascuno nella sua parrocchia a mandare e attirare al catechismo i fanciulli e le fanciulle delle proprie famiglie, dei parenti, dei vicini, dei conoscenti, di tutto il mondo se fosse possibile.

Favorite a quest'uopo l'opera degli Oratorii festivi ; dove ci sono sosteneteli col consiglio e colla mano, e dove mancano procurate che s'impiantino, per attirare un maggior numero di giovanetti alla istruzione cristiana, alla pratica dei Sacramenti, e per allontanarli più efficacemente dalle vie del vizio e della perdizione.

Accrescete il numero dei Cooperatori e delle Cooperatrici, e fate sì che in ogni luogo vi sia un drappello d'uomini e di donne di buona volontà, che uniti ad un patto e animati dallo stesso spirito sostengano la religione e la virtù nei loro paesi, e colla loro beneficenza e carità concorrano a promuoverle eziandio per quanto é larga la terra, per quanto si estende la Chiesa Cattolica, che mira alla salute di tutti i popoli.

E finalmente promovete in tutti i modi le vocazioni allo stato religioso ; sostenete colla vostra generosità quegli Ospizi, quei Ricoveri, quei Collegi che sono pieni di giovanetti, onde piamente educati e saviamente istruiti ne sorgano de' buoni maestri e degli zelanti Sacerdoti a mantenere viva ora e in avvenire la luce del Vangelo nei paesi cristiani, e a portarla eziandio come gli Apostoli ai popoli infedeli.

BREVI CENNI SULL'ORATORIO FESTIVO della città di Carmagnola.

Nel novero de' molti Oratorii festivi , che si andarono istituendo in Piemonte sulle orme di quelli aperti da D. Bosco in Torino, tiene un luogo distinto quello di Carmagnola, la cui fondazione rimonta all'anno 1855. Essa é dovuta alla carità dell'Arciprete Teol. Paolo Serra di sempre venerata memoria, e del Canonico di quella insigne

Collegiata D. Alberto Ariccio. A loro si associarono presto alcuni altri benemeriti sacerdoti e laici, cui, guidava una speciale dilezione per la gioventù.

E a notarsi come sul bel principio convenissero a cotesto Oratorio i giovani di età superiore ai dodici anni, i quali, già addetti a diversi mestieri, nella loro occupazione si erano fatti dimentichi del Catechismo, il quale perciò veniva loro insegnato in sulla sera delle domenìche e dopo le funzioni parrocchiali. In questi trattenimenti si ebbe a conoscere qual bisogno avesse quella gioventù di maggiore educazione. Quindi per sopperirvi, nello inverno si istituì una scuola serale per i più adulti, ed i minori erano ricevuti lungo il giorno al loro ritorno dalla scuola e nella vacanza, ed assistiti con diligenza nello adempimento dei loro cómpiti scolastici, mentre pure si distribuiva loro un po' di nutrimento corporale. Fra quelli, i quali frequentavano il detto Oratorio, fuvvi il giovane Michele Magone, che raccolto poscia nel nostro Ospizio di Torino, vi si segnalò tanto bene nella virtù, che dopo morte D. Bosco ne scrisse una edificante Biografia, che vide la luce nelle Letture Cattoliche.

Subiva di poi quest'Opera di carità, come ogni cosa buona sulla terra, le sue peripezie, particolarmente per la morte di parecchie persone che l'aiutavano.

Ma sopravvivevano per tutti i due soprannominati, i quali cercarono ogni modo di dar nuova vita alla loro Istituzione. E nell'anno 1865 il lodato Canonico, fatto acquisto di un caseggiamento vario e diverso per cortili ed abitazioni, e ridottolo a forma regolare ed ampia, vi fondava l'Istituto di povere figlie, sotto il titolo della Concezione di M. SS., e nella sua industria caritatevole e sacerdotale disponeva siffattamente le cose, che vi si poté annettere altresì l'Oratorio festivo.

Si aggiunse allora terzo per la costituzione dell'Oratorio l'illustre profess. D. Angelo Cantù, il quale come Catechista aveva per qualche tempo frequentato il nostro Oratorio dell'Angelo Custode in Torino, e si era imbevuto dello spirito e impratichito del sistema da tenersi coi giovanetti. Ala sventuratamente egli insieme coll' Arciprete fu troppo presto rapito dalla morte all'amore di Carmagnola.

Al primo aprirsi delle porte del nuovo Istituto vi convennero quasi tutti i fanciulli della città. E Carmagnola salutò con viva riconoscenza l'istituzione dell' Oratorio festivo , lo aiutò col concorso dell'obolo di molte e notabilissime persone, ed ammirò quindi sempre con tutta soddisfazione quest'opera, a cui deve assai la educazione de' suoi figli.

Grandioso é il cortile dell'Oratorio , e vi sono parecchie camere, ove si riuniscono i giovani per lo insegnamento della Dottrina Cristiana. Magnifica poi la Cappella, dove, radunate insieme tutte le classi, si tiene ai ragazzi un breve ragionamento, loro adattato, si cantano i Vespri e si imparte loro la Benedizione di Colui, che ha detto: « Lasciate che i pargoli vengano a me. »

Assistono ai fanciulli nell'Oratorio parecchi laici ed ecclesiastici ; ma é sempre presente col suo amabile ed ilare volto il Canonico Ariccio. Ogni industria vi ò adoperata per dar loro la istruzione religiosa. Non fanno difetto i divertimenti fanciulleschi, le diverse distribuzioni di premii in libri ed abiti, le ricreazioni drammatiche, le passeggiate e tutto il resto, che può rendere piacevole al fanciullo la sua frequenza all'Oratorio.

L'Oratorio gode delle simpatie di ognuno, ed i vispi fanciulli aspettano sempre ansiosi il momento. di nuovamente convenirvi, fatti esperti del gran bene che ne ritraggono.

Sia quindi plauso alla carità del signor Canonico D. Alberto Ariccio , che il suo patrimonio, la sua sanità e tutto se stesso profonde a benefizio della gioventù Carmagnolese , e possa la sua bell'opera godere sempre della necessaria floridezza, e servire di esempio a tante altre instituzioni consimili, di cui vanno già pure forniti vagii luoghi del Piemonte, come Buttigliera d'Asti , Chieri, Carignano, e più altri paesi e città d'Italia, fra cui è da annoverarsi l'Oratorio della Città di Savigliano, che sotto il Titolo di S. Giuseppe si inaugurò l'otto del corrente mese, festa dell'Immacolata.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze nel corso del giorno , mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti , le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.

Oltre a queste, un' altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purché confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa , pregandovi secondo la mente del Sommo Pontefice.

Mese di Gennaio.

1. Circoncisione di N. S. G. C.

6. Epifania.

15. Festa del Santissimo Nome di Gesù. 18. Cattedra di S. Pietro in Roma.

23. Sposalizio della Beata Vergine con S. Giuseppe.

25. Conversione di S. Paolo Apostolo. 23. S. Francesco di Sales.

In questo giorno l'Indulgenza plenaria si può lucrare da tutti i fedeli cristiani, purchò confessati e comunicati visitino una Chiesa o pubblico Oratorio della Congregazione Salesiana.

Con permesso dell'Aut. Eccl. -FERRARI GIUSEPPE gerente respons. Tip. di San Vincenzo De' Paoli, Sampierdarena 1881.