BS 1920s|1928|Bollettino Salesiano Giugno 1928

Anno LII.   GIUGNO 1928   Numero 6.

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

SOMMARIO : La Pagina d'Oro. - La risposta. - Sviluppi dell'Opera Salesiana : La nuova missione di Krishnagar e di Porto Velho. - Lettera di D. Giulivo ai Giovani. - Convegni annuali di Decurioni Salesiani. - Tesoro spirituale. - Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco. - Dalle nostre Missioni: Nel compiersi del II anniversario dei Salesiani in Giappone. - Giorni di esultanza e di riconoscenza in Cina. - Dalle foreste dei Kivaros. - Dal Matto Grosso. - Culto e grazie di Maria Ausiliatrice. - Dalle nostre case: Pisa - Messina - Buenos Aires - Panama - Mar del Plata - S. Paulo - Florida. - Cooperatori defunti.

LA PAGINA D'ORO

Lo sviluppo della Crociata per le Borse Missionarie.

Le Borse vanno formandosi per la generosità di tauti ottimi Amici e Cooperatori delle Opere di D. Bosco, di tanti Ex allievi e Allievi nostri. L'appello che il Sig. D. Rinaldi ha lanciato per quest'opera santa ha avuto larga eco in tutta Italia e all'Estero, e molti hanno già risposto promettendo la loro cooperazione per realizzare il maggior numero possibile di "Borse Missionarie".

Siamo lieti intanto d'iniziare l'elenco delle Borse già costituite o in via di sicura costituzione:

1. Borsa. D. Filippo Rinaldi

2. Borsa. D. Giuseppe Pavia 3. Borsa. Savio Domenico sono opera del "Circolo Auxilium„ dell'Unione Ex Allievi e delle Classi Oratoriane dei primo Oratorio Festivo di Don bosco di Torino.

4. Borsa. Principessa Clotilde fondata dall'Avv. Comm. Felice Masera, Presidente Internazionale degli Ex Allievi di Don Bosco.

5. Borsa. Savio Domenico ad iniziativa della Sezione Studenti dell'Oratorio Salesiano di Torino.

6. Borsa. San Giuseppe della Sezione Artigiani dell'Oratorio Salesiano di Torino.

7. Borsa del Salento per lo zelo dei Decurioni e Cooperatori della regione Salentina.

8. Borsa. Card. G. Cagliero fondata dalla S. E. I. di Torino.

9. Borsa. Don Bosco fondata da diversi Cooperatori che versarono l'importo al nostro Don Fasulo.

10. Borsa. Terra di Lavoro ad iniziativa dei Decurioni e Cooperatori Salesiani Casertini.

11. Borsa. San Gennaro ad iniziativa dei Decurioni e Cooperatori Napoletani.

12. Borsa. D. Andrea Beltrami ad opera degli Alunni dell'Istituto Salesiano di Novara.

Nei prossimi mesi continueremo l'elenco delle Borse che ci perverranno. Ormai il movimento è iniziato anche all'Estero, e speriamo dia fecondi risultati colla benedizione di Dio e di Maria Ausiliatrice.

LA RISPOSTA.

Fu unanime, consolante.

« Ai sacrifizi dei Missionari devono rispondere i sacrifizi nostri».

«Posso fare una proposta? » - scrive un'anima ardente. - « Eccola. Si rivolga a tutti l'invito di fare, in un giorno determinato, un sacrifizio per le Borse Missionarie. Se l'idea viene accolta la si pubblichi sul Bollettino».

L'idea è ottima, e noi ci affrettiamo a comunicarla a tutte le anime buone.

Dal 24 Giugno al 15 Agosto.

Forse non è pratico stabilire un giorno determinato per tutti: fissiamo il periodo che decorre dal 24 Giugno, onomastico del Ven. Don Bosco, al 15 Agosto, giorno della sua nascita. Molti preferiranno questa variante che permette loro di offrire non uno, ma parecchi sacrifizi. Anzi a renderne più facile l'attuazione mi permetto di passare senz'altro in rassegna alcuni sacrifizi più comuni e facili che si possono offrire a vantaggio delle Missioni.

La moda dei Bororos.

Ricordate a quale ripiego dovette ricorrere il compianto Don Balzola allorchè iniziò la missione tra i « Bororos » del Matto Grosso?

Quei poveretti non avevano di che coprirsi. Egli, ad evitare lo sconcio di averli in quello stato nell'umile cappella, fece fare, colla ruvida tela di cui poteva disporre, dei lunghi camicioni. Darli subito agli Indi perchè li usassero costantemente, v'era il pericolo che li perdessero, li sciupassero in breve tempo o li dessero in cambio per qualche gingillo... e allora si sarebbe riaffacciato il problema. Il buon Don Balzola escogitò un sistema... solo applicabile al Matto Grosso: di mettere indosso agli Indi il ruvido camicione quando entravano in cappella, e di raccoglierlo all'uscita dalle funzioni.

Un po' poco, dirà sorridendo taluno.

Verissimo! Anzi tra le mortificazioni del missionario forse nessuna è più penosa, più moralmente mortificante di questa. Certe nudità e scene degradanti sono spine pungenti per un cuore formato alla modestia e purità cristiana. E precisamente per porre un argine a una vita tutta imbrattata di fango e insozzata di lordura che il missionario, sacrificando gli affetti più puri, va a vivere tra i poveri selvaggi. Chi non vorrà aiutarlo a coprire le nudità corporali di quei popoli, indice e sfrontato incentivo della più abietta miseria spirituale?

Mentre la fiumana di una moda invereconda offusca, minaccia e, troppe volte, travolge la purezza dei costumi, per scongiurarne le disastrose conseguenze, chi non vorrà fare il sacrifizio di un vestito, di una gonna, di uno scialle, di un cappello, di un nastro, di una cravatta, di una calzatura, di un gingillo per amore di Gesù, che nudo morì per noi sulla croce?

Se tutti i nostri Cooperatori e le nostre Cooperatrici facessero con generosità un sacrifizio di questo genere, anche solo pel valore di cento lire, avremmo assicurate le mille Borse Missionarie.

Le vittime della fame.

Il 24 novembre dello scorso anno, verso mezzodì, il valoroso Capitano del « Pilsna », sul quale da Bombay io navigava verso Aden, avvistò un punto nero nel lontano orizzonte. Intuì; volse la prora in quella direzione ed ebbe la sorte di raccogliere alcuni poveri naufraghi, che ammontichiati in un lurido cassone, da 14 giorni, in balia delle onde lottavano colla fame e colla sete. Degli otto, tre erano periti d'inedia; un ragazzo emaciato, scheletrito, mori a bordo poche ore dopo; gli altri sembravano spettri. La fame! Poveri Missionari! Quante volte l'hanno provata e doppiamente sentita alla vista dei loro poveri orfanelli che essi erano impotenti a sfamare!

E di ieri la straziante storia dei nostri fratelli del Rio Negro che, bloccati dalla siccità, tagliate le comunicazioni fluviali, vedevano con terrore diminuire ogni giorno l'unico sacco di riso che serviva a sfamare gli orfanelli raccolti a San Gabriel.

Mio Dio! Quanti ne vidi di questi sventurati naufraghi della miseria, buttati dalla crudeltà dei parenti sulla via, nelle risaie, sul greto del fiume, colle manine innocenti e con grida strazianti, invocare il soccorso, un tozzo di pane da cuori generosi.

Per amor di Dio e di questi sventurati bambini, chi non vorrà imporsi un leggero sacrifizio? Come sono soavi, celesti le scene della carità cristiana! Sentite.

Mi trovavo, non è molto, nel nostro Collegio di Alassio. Durante la ricreazione cosidetta della merenda, un giovanetto degli ultimi corsi ginnasiali, si presentava con un cestino ai suoi compagni invitandoli a compiere un piccolo sacrifizio per le Missioni. Potei a stento trattenere le lacrime, che certamente non avrebbe trattenute (e sarebbero state lacrime di gioia ineffabile!) la mamma fortunata di quel bambino generoso.

A Lanzo mi fu presentato un alunno che il giorno delle nozze di una sua sorella, al levar delle mense, passò da tutti i commensali pregandoli di santificare la gioia di quel giorno con un offerta per le Missioni.

Generosi giovanetti, che sulle orme di questi vostri compagni dal cuore di apostoli, lavorate, in nobile gara, pel successo della Crociata Missionaria, giunga a voi caldo, affettuoso il ringraziamento dei poveri Missionari e il plauso dei buoni. Fortunati i genitori e gli educatori che sanno plasmare cuori sì generosi, speranza e vanto della Religione e della Patria!

Un dolce, una leccornia, una bottiglia di vino, la frutta, le caramelle, una piccola privazione insomma per le Borse Missionarie, mentre tempra l'anima alla virtù, è un soccorso al fratello affamato, è un atto di fiorita carità. Sarà il babbo o la mamma, sarà a volte il piccino o la bimba che invitano la famiglia a compiere un sacrifizio il cui frutto va alla Borsa Missionaria. Quale rugiada di benedizioni sulle anime che sanno concepire e vivere la vita alla luce e al calore di questi nobili sentimenti!

Allegria... e sacrifizio.

Cosa santa l'allegria! Quante volte si compiaceva il Ven. Don Bosco di ripetere l'augurio scritturale: , «Servite il Signore nella gioia! State allegri!». Era questo il suo saluto più abituale.

Conceda il Signore ai nostri Cooperatori, alle nostre Cooperatrici, a tutti quella allegria santa, serena, perenne, ch'è l'eco della pace del cuore, sorriso dell'anima, riflesso dell'amore di Dio!

Ma, anche nelle ore della gioia, non dimentichiamo il fratello che soffre : è questa una bella rivelazione della nobiltà del cuore. In quelle ore il pensiero nostro voli al Missionario sperduto nelle steppe della Terra del Fuoco, nelle foreste vergini dei Jìvaros e dei Bororos, nelle lande inospitali dell'Africa, sotto i climi infuocati dell'Asia, tra i disgraziati cannibali delle isole Oceaniche. Là lavora, soffre s'immola pei nostri fratelli il Missionario.

Sulle roccie aguzze di Las Lajas, tra le giogaie delle Ande, l'intrepido compianto Card. Cagliero, sbalzato da cavallo, rotte le costole, ferito a morte, veniva raccolto e portato, tra disagi e sofferenze inaudite, al toldo di un indio, a migliaia di kilometri da ogni centro civile, privo dei più elementari soccorsi dell'igiene e della scienza.

Ricordo il paraggio nefasto dell'isola Dawson, dove il buon Don Pistone cogli altri suoi compagni, assaliti proditoriamente dai Fueghini eccitati dallo stregone malvagio, malmenati, ripetutamente colpiti dal ferro micidiale, irroravano il campo del loro apostolato col sangue che, a fiotti, sgorgava dalle loro ferite.

L'invitto Mons. Giordano, consunto dalle febbri, nella sua fragile canoa, moriva nelle zone infide del Rio Negro, solo, senza conforto di un confratello che alzasse la destra a benedire la sua agonia.

Nell'aprile dello scorso anno, in Birmania, mescolava le mie lacrime con quelle degli intrepidi missionari di quel distretto che piangevano, inorriditi, esterrefatti, la morte di un loro fratello, colpito, durante la notte, da mano assassina, che gli spezzava il capo e crivellava di ben sedici ferite di scure il corpo del povero sacerdote, ministro di pace e di amore.

Che dovrei dire se volessi anche solo enumerare i dolori, gli strazi dei poveri indigeni decimati dalle pestilenze, scheletriti dalla fame, trucidati e massacrati a volte nel modo più inumano? Abbiamo ancora dinanzi il macabro carname degli innumeri Congolesi massacrati, or sono due anni, da un infame sicario.

Anche oggi il mio occhio istintivamente rifugge al pensiero di certe scene terribili pietose di cui fui spettatore nella Cina. Eppure sono nostri fratelli quegli infelici che vidi morenti, stesi sul duro suolo, in aperta campagna, in angosciosa attesa della morte che stroncasse d'un colpo colla vita le loro inaudite torture. I cadaveri irrigiditi, tumefatti, fetenti, abbandonati lungo gli stretti sentieri, oggetto di ribrezzo ai passanti, siano stimolo a noi di nobilissimi sensi.

Ogni nostro sacrifizio rechi ai disgraziati fratelli balsamo sulle loro piaghe, sia luce di redenzione per le loro anime.

Procuratevi, o cuori cristiani, la gioia santa di fare del bene.

A volte, invece di recarvi a teatro, al cine, destinatene la spesa pel fratello, pel Missionario che soffre: ne proverete gioia ineffabile, vi sentirete migliori. Sacrificate una gita, un divertimento, anche un solo toscano, una sigaretta; avrete inebriato di soave letizia il vostro spirito.

Vi recherete tra breve al mare, in montagna; là pure vi accompagni il pensiero di amore, di commiserazione verso i nostri fratelli. Non solo, ma siate apostoli; invitando amici, conoscenti, ogni anima buona a fare un sacrifizio, una privazione, un atto di cristiana carità in favore dei Missionari, dei loro orfanelli e neofiti. Avrete in tal modo santificata la vostra gioia, resa più pura l'allegria, più balsamica la cura.

Anche le... gioie.

Non intendo parlare delle gioie del cuore. Già fu detto essere cosa ottima associare i sofferenti alle nostre gioie, ricordarli e beneficarli a conforto e lenimento dei nostri dolori. Certe date, i giorni del gaudio o del lutto per es., devono essere consacrati da qualche atto memorando di carità. I nomi delle persone care che iniziano tra i sorrisi o chiudono tra il pianto la loro esistenza, siano irradiati e resi perenni da un atto di amore che ci stringa a Dio e al prossimo.

Ma è di altre gioie che intendo parlare: di quelle che giacciono inoperose nei forzieri e nelle casseforti. Quanta vita potrebbe sprigionarsi da quell'inerzia! Perchè non convertire l'oro, le gemme, i diamanti sepolti nell'oscurità di un forziere in luce sfolgorante di cristiana carità, in ricchezze e corone celestiali? Quanti milioni infecondi, dei quali Iddio domanderà, un giorno, stretto conto; come già lo chiese al servo che, invece di trafficare, aveva sepolto il talento!

Orsù, liberiamoci da una non lieve responsabilità e sacrifichiamo, con gesto cristianamente generoso, lo spillo, l'anello, il diamante, la catena, l'oggetto d'arte: traffichiamo i capitali inoperosi, dando a Dio per le Borse Missionarie: ne avremo benedizioni quaggiù e ampia ricompensa in Cielo.

Borsa " Principessa Clotilde ".

Questo nome augusto è certamente una delle glorie più fulgide della nostra pagina d'oro. È bene che di questa Borsa tu ti conoscano la delicata, bellissima origine.

Ecco ciò che l'Avv. Comm. Felice Masera, Presidente Internazionale degli Ex allievi di Don Bosco, scrive al Rev.mo Sig. Don Rinaldi:

Torino, 4 Aprile 1928.

Rev.mo Sig. Don Rinaldi,

La presente per accertare che la sua lettera-appello ha trovato particolare rispondenza nella mia anima e per comunicarle che assumo l'impegno della fondazione di una borsa missionaria che desidererei intestata alla santa "Principessa Clotilde " proponendomi di raccogliere i mezzi in Moncalieri e comuni viciniori.

La principessa Maria Clotilde ebbe cura particolarissima delle vocazioni religiose, ed oggi ancora buon numero di ottimi sacerdoti devono a lei l'aver conseguita la santa mèta: mio fratello, fu il primo tra quelli che S. A. chiamava « suoi figli spirituali nel Sacro Cuore di Gesù ». Questo desidererei: con la borsa missionaria, veder continuata l'opera apostolica della santa Principessa; e però, desiderando ancora, che a tanta squisita opera di bene e dì apostolato, concorra il primo « figlio spirituale » della Augusta Principessa, così mi permetto donarle catena e croce pettorale, d'oro e pietre preziose, perchè con le somme ricavande si inizi questa fondazione della borsa missionaria « Principessa Clotilde ».

Conto nell'adesione di tanti, ex allievi sopratutto, della mia città; conto nella protezione materna della santa Principessa, che fu degnissima cooperatrice salesiana.

Grazie della offerta occasione di fare un po' di bene, e della possibilità di tonalizzare in senso cristiano, cattolico, questa povera vita che ha tanta sete di Cristo.

Con cordiale ossequio

AVV. FELICE MASERA.

La nobiltà di questo scritto non vuole essere offuscata da commento di sorta. Dinanzi a queste delicate rinunzie, a sacrifizi che, per un cuore sensibile che sa concepirli, hanno tutto il valore di un vero eroismo, altro non rimane che il plauso incondizionato e il proposito di seguirne i fulgidi esempi

Il giorno del sacrifizio.

Resti adunque stabilito: dal 24 giugno al 15 agosto tutti offrano qualche sacrifizio a vantaggio delle Missioni destinandone l'importo alle Borse Missionarie.

Di più: ognuno si faccia un dovere di diffonderne l'idea, di far leggere il Bollettino ad amici e conoscenti, e di invitarli ad associarsi in qualsiasi misura, anche la più modesta, a quest'opera di fede e civiltà.

Iddio che premia il bicchier d'acqua dato per amor suo al poverello, farà scendere su tutti i benefattori delle Missioni le grazie più abbondanti.

SAC. P. RICALDONE.

Nel teatro Regio di Torino.

La Conferenza Pro Crociata Missonaria, organizzata dalle illustri Dame Patronesse dell'Opera di D. Bosco nel teatro Regio di Torino, ebbe il 12 maggio un magnifico successo. La vasta sala del Regio era gremita dalla platea ai palchi, alle gallerie di un pubblico sceltissimo ed attento: quanto può di meglio offrire Torino cattolica e benefica.

Hanno presenziato S. A. R. il Principe Ereditario e la Duchessa delle Puglie. Assistevano pure il Prefetto, il Podestà, il Commissario della Provincia, i magistrati Maiola e Adami, il Provveditore agli Studi, il Questore col capo gabinetto. Era pure presente S. Em. il Card. Gamba Arcivescovo di Torino, e l'Arcivescovo di Puebla.

La conferenza tenuta dal R.mo Don Ricaldone illustrò al numeroso uditorio le necessità delle Missioni Salesiane dell'Estremo Oriente. La sua parola fervida, persuasiva prospettò il bene che possono compiere le anime generose col sostenere l'opera di civiltà cristiana intrapresa dai missionari.

Seguirono proiezioni cinematografiche sulla visita compiuta dal Principe alle Case Salesiane di America e sulle Missioni dell'India e dell'Assam.

Ogni visione è stata sottolineata da mormorii di ammirazione e da applausi.

Alle Dame Patronesse, che col loro zelo prepararono il successo di questa riunione, il nostro riconoscente ringraziamento.

SVILUPPI DELL'OPERA SALESIANA

La nuova Missione di Krishnagar

Nel Concistoro segreto del 2o giugno il S. Padre annunziava la traslazione di S. E. Mons. Santino Taveggia, dei Missionari di S. Calogero di Milano, dalla Diocesi di Krishnagar a quella di Dinaipur. La Diocesi-missione di Krishnagar dalla S. Sede venne affidata ora alla nostra Pia Società.

La nuova missione che abbraccia 35.879 kmq. con 6.994.640 abitanti, è confinante al nord col Gange, a ovest colla Archidiocesi di Calcutta, a est con la Diocesi di Dacca e a sud si protende sul Golfo del Bengala. Comprende quattro distretti interi : Murshinadabat - Nadia - Iessore-Kulna e una parte del distretto di Faritpur. La popolazione è in maggioranza maomettana (4.045.000); vi sono poi 2.913.900 Hindù, ecc.

I Cattolici sommano a 6250.

Le Residenze sono dislocate a Krishnagar, a Bhoborpara, a Phulbari, a Shimulia e a Iessore. La Missione comprende pure 19 chiese, 40 cappelle, 23 scuole con 674 alunni.

Il lavoro di evangelizzazione era disimpegnato da 7 sacerdoti, e 27 suore, di cui 4 indigene.

Come vedono i nostri benemeriti Cooperatori, il campo della nostra azione missionaria si va ampliando; noi siamo i primi a risentire alquanto gravosi gli oneri che vengono ad accrescere le nostre respon sabilità e nello stesso tempo troviamo più sensibili le nostre strettezze per provvedere a tanti e svariati bisogni che hanno le varie nostre missioni. Ma ci ispira fiducia il pensiero che il nostro lavoro è per salvare le anime, e che la generosità dei buoni ci verrà in soccorso per continuare le opere intraprese alla maggior gloria di Dio.

La nuova missione di Porto Velho.

Un nuovo campo missionario è stato affidato ai Salesiani nel Brasile e prende nome dalla cittadina di Porto Velho sulla destra del Rio Madeira.

La missione, di cui già hanno preso possesso i nostri Confratelli, si estende sulle due rive del Madeira e si addentra verso oriente fino al Rio Tapaioz; comprende un tratto del territorio di Amazzonia (da Tres Casas a P. Velho) e tutto il municipio di S. Antonio dello Stato di Matto-Grosso fino al 12 parallelo sud.

I centri civili, esclusivamente sul R. Madeira-Mamorè, sono: Tres Casas, Humaità (la cittadina più antica della regione), P. Velho, S. Antonio, Pres. Marques, Villa Murtinho e Guaiarà-Mirim. Da Porto Velho a Guaiarà Mirim corre ora parallela al fiume una ferrovia di 366 km. costruita nel 1924: è in corrispondenza della zona delle rapide che ostacolano la navigazione del Mamorè e del Madeira, « Questo tronco ferroviario - ha scritto l'aviatore De Pinedo (1) - costò innumerevoli sacrifici di sangue e di denaro, per la sua costruzione. Nonostante l'immensa abbondanza di legna, furono fatte venire le traversine dall'Australia, poichè, tutto sommato, venivano a costare meno dell'impianto di segherie per sfruttare, sul posto, il legno delle foreste. La malaria e la febbre gialla fecero strage dei lavoratori, impiegati nella costruzione e si dice che ogni traversina sia costata una vita umana».

Il territorio della Missione di Porto Velho è tutto una pianura ricoperta dalla foresta tropicale, di un verde cupo, fittissima, impraticabile. Nell'interno di questo «inferno verde» sono disseminate le tribù degli indi, alcune delle quali sono note, come quelle degli Urumis, Abaitaras, Pauatès, Pacanovas, Arikemes, Caripunas, e quelle assai numerose dei Nhambiquaràs e dei feroci Piratitintins. Ma quante altre rimangono ancora sconosciute in quella plaga forestale inesplorata! e quante di esse sono forse di istinti barbari e cannibaleschi!

Sei grandi fiumi percorrono in direzione Sud-Nord il territorio e sono: il R, Mamorè-Madeira (sul lato occidentale), il Gy Paranà, il R. Castanho o Roosevelt, il R. Aripuana, l'Iuruena e il S. Manoel (sul lato orientale). Il R. Roosevelt fu scoperto appena nel 1914 dall'ex Presidente degli Stati Uniti che pel primo ne annunziò l'esistenza: per una strana incredulità umana la scoperta non fu creduta, e il Governo Americano allestì una nuova spedizione al comando di Dycott perchè rifacesse l'itinerario di Roosevelt e verificasse ciò che vi era di vero e di falso. Il Dycott ripercorse il fiume e più volte fu messo sull'avviso dagli indiani perchè evitasse determinate località infestate da tribù che solevano tagliare mani e piedi ai forestieri e mangiarseli. Gli incontri con gli indiani furono una delle incognite più preoccupanti.

La superficie della missione è di circa 30o mila kmq.

Vogliano i nostri ottimi Cooperatori raccomandare al Signore il lavoro che i nostri missionari già avranno iniziato in questo nuovo campo, perchè riesca fecondo con la benedizione di Dio.

(1) Il mio volo, pag. 120.

Lettera di Don Giulivo ai Giovani.

Cari amici,

Nel Bollettino Salesiano di Maggio v'invitavo a discutere tra voi, e trovare modi pratici da proporre ai giovanetti e alle giovanette delle famiglie, delle Scuole, degli Oratori, Collegi, ecc. per concorrere alle Borse Missionarie.

Da molti si discusse e da molti ancora si corse subito all'attuazione. Ecco intanto le belle notizie che già mi pervennero.

1° - Nell'Oratorio Salesiano Interno in Torino (Casa Madre delle Opere e Missioni Salesiane) i 30o allievi del Ginnasio e i 30o allievi delle Scuole professionali deliberarono di preparare quattro grandiosi banchi di beneficenza durante le prossime Feste di Maria Ausiliatrice.

Formarono a tal uopo un Comitato di 12 studenti e di 16 Artigiani, che lanciò un appello per raccogliere doni e offerte a più di mille generosi.

2° - Nell'Oratorio ancora, ogni classe ha istituito il proprio Gruppo Missionario per la propaganda nella classe stessa, con lo scopo di raccogliere l'obolo dei singoli allievi, per raggiungere !a somma di almeno 50 lire e ottenere il Diploma di Benemerenza Missionaria, o di lire 10o per il Diploma maggiore.

Magnifico esempio da proporsi a tutte le Scuole del mondo.

3° - Alunni e non poche alunne di Oratori, Scuole, Collegi, Educandati ci scrissero di inviar loro degli schedari e piccoli blocchi per la registrazione delle offerte, proponendosi di raccoglierle con zelo nella propria famiglia e parentela.

4° - Altri chiesero per lo stesso scopo dei salvadanai.

5° - Altri infine scrissero proponendo mezzi pratici, dei quali farò cenno al prossimo mese.

Tutti all'opera.

Questi nobili esempi debbono, Amici miei, animarvi tutti a lavorare per quest'opera, tanto bella, santa e meritoria presso Dio e presso gli uomini.

Leggete e fate leggere a molti il Bollettino Salesiano per animare tutti alla Crociata Missionaria.

Vi manderò a semplice richiesta degli opuscoli di propaganda.'

Frattanto rinnovo la promessa di inviare un regaluccio a tutti quelli che mi scriveranno notizie e proposte su questa santa propaganda: ad alcuni poi risponderò anche con letterina di plauso e di incoraggiamento.

Anime buone e generose, vi benedica Iddio, Maria SS. Ausiliatrice e il Ven. Don Bosco vi arridano dal Cielo e v implorino le più elette grazie.

Vi saluto cordialmente

il vostro DON GIULIVO.

Torino, Oratorio Salesiano = Via Cottolengo, 32.

Il "Bollettino" per un'anticipazione di stampa va in macchina prima che si svolgano le Giornate Missionarie e la Festa di Maria Ausiliatrice: ne daremo conto al prossimo numero.

Convegni annuali di Decurioni Salesiani nell'Ispettoria Ligure Toscana.

Se ne sono tenuti tre con esito consolante: a Firenze, a Livorno, alla Spezia.

A causa dell'inclemenza del tempo, furono rimandati quelli che avrebbero dovuto tenersi S. Pier d'Arena e ad Alassio.

Al convegno di Firenze, tenuto l'8 marzo, nel teatro dell'Oratorio Salesiano, sotto la presidenza del Vescovo di Pistoia e Prato, parteciparono circa cento rappresentanti della Toscana orientale.

Attorno all'Ecc.mo Mons. Vettori erano: il Rev.mo P. Abate Tarani di S. Trinità; Mons. Fanelli, Arciprete di S. Maria del Fiore, in rappresentanza dell'Em.mo Cardinale Arcivescovo; il Can. Bigi in rappresentanza delVescovo di Fiesole; l'Ispettore Salesiano, prof. D. Paolo Valle, il Presidente degli ex allievi, Cav. Uff. Prof. Meli, e D. Fasulo, regolatore.

Prese primo la parola il Direttore dell'Istituto Salesiano D. Savarè, per commemorare il compianto Direttore Diocesano di Firenze, Mons. Donato Velluti Zati e presentare il successore, il Rev.mo Mons. Emanuele Magri. Dopo un breve resoconto del movimento locale e generale della Pia Unione, seguono un'interessante relazione del Prof. D. Torretti sul Culto di Maria Ausiliatrice e un'altra del Prof. D. Mori, sulla figura del Ven. D. Bosco.

Opportuni rilievi fatti da vari dei presenti si intrecciano alla discussione dell'ordine del giorno e dànno varietà e calore alla simpatica adunanza cui furono degna chiusa la parola e e la benedizione di Mons. Vettori.

Il secondo Convegno, tenuto a Livorno il 13 marzo, prese le proporzioni di un vero Congresso regionale. Fu presieduto da tre Ecc.mi Vescovi: Mons. Piccioni di Livorno, Monsignor Matteoni di Grosseto e Mons. Munerati di Volterra; e, non ostante la pioggia dirotta, gli intervenuti dalla città e da tutte le diocesi della Toscana occidentale furono in tanto numero da gremire il vasto teatro dell'Istituto Salesiano in cui l'adunanza si svolse in un'atmosfera di calda e schietta cordialità.

Aprì la seduta Mons. Marcucci Direttore Diocesano di Livorno, col saluto all'assemblea e il resoconto del convegno precedente.

Del Culto della Madonna di Don Bosco trattò il R. D. Luigi Francalanci, il quale nella sua chiara e sentita relazione si fece eco fedele dell'appello rivolto dal nostro Superiore Generale alla famiglia Salesiana per invitarla a ce lebrare il Venticinquesimo Anniversario dell'incoronazione di Maria Ausiliatrice.

D. Pedussia, dopo aver illustrato il decreto sull'eroicità delle virtù di D. Bosco, esorta i Decurioni alla divota riconoscenza verso il Santo Padre Pio XI e all'imitazione delle virtù del Venerabile.

Di queste virtù si occuparono gli oratori che si seguirono in rapida, bella gara. Mons. Poletti, Cappellano Capo della R. Marina, rievoca la figura di D. Bosco Apostolo della gioventù. D. Fasano, Cappellano Capo dell'Esercito, mette in rilievo due caratteristiche di questo apostolato del Venerabile: l'amabilità e l'umiltà; Don Fasulo ricorda lo zelo di D. Bosco per le vocazioni ecclesiastiche e la sua illimitata fiducia nella Provvidenza, traendone auspici per il compimento delle vaste nostre opere intraprese a Livorno; Don Guarona dà notizie interessanti sulle condizioni delle Missioni in Cina. - Invitato dal Vescovo Diocesano, sorse infine a parlare S. E. Mons. Matteoni, il quale, dopo avere segnalato il bene fatto dai Salesiani a Grosseto, fa voti che insieme coll'opera di bonifica che sta trasformando in terre ubertose le maremme toscane si possano in esse compiere, nel nome e collo spirito di D. Bosco, il risanamento morale e la rinascita cristiana.

Il terzo Convegno che ebbe luogo, il 15 marzo, nell'Istituto Salesiano della Spezia, sotto la presidenza dell'Ecc.mo Amministratore Apostolico Mons. Costantini, parteciparono Decurioni e Zelatori - un'ottantina - delle Diocesi della Spezia, Sarzana e Brugnato, Massa-Carrara, e Pontremoli. Era anche presente la rappresentanza delle Dame Patronesse con a capo la Signora dell'Ecc.mo Prefetto della Città.

Anche qui l'adunanza fu caratterizzata da agili, varie e animate relazioni.

La prima fu letta dal Direttore Diocesano di Massa-Carrara, Mons. Corona il quale volle sciogliere un inno a Maria Ausiliatrice. Il Direttore Diocesano della Spezia, D. Dellagata, parlò di D. Bosco educatore cristiano alla gioventù; il Direttore dell'Istituto Prof. D. Lingueglia ne prospettò brillantemente la ricca geniale figura sotto svariati, caratteristici profili. L'Ispettore D. Valle prende lo spunto dagli esempi di D. Bosco per raccomandare gli oratori festivi e le vocazioni; D. Fasulo presenta D. Bosco splendido modello nell'esercizio del ministero sacerdotale all'altare, al pulpito, al confessionale.

Chiusero l'adunanza, ascoltatissimi, l'Avv. Boracchia che portò ai convenuti il saluto degli ex allievi e l'Ecc.mo Amministratore Apostolico.

Lo spirito di fraternità salesiana e sacerdotale che aleggiò nei convegni e nelle liete agapi fu espresso con devoti telegrammi al Vicario di Gesù Cristo e al Successore di D. Bosco.

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche chiesa o pubblica cappella, o se viventi in comunità la propria cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare l'indulgenza plenaria (con.a dal Decreto della Sacra Congregazione delle Indulgenze 2 Ottobre 1904):

L'indulgenza plenaria: Ogni mese.

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno in cui faranno l'esercizio della Buona Morte;

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza.

Dal 1° Giugno al 31 Giugno nei seguenti giorni:

3 SS. Trinità.

7 Corpus Domini.

15 Sacro Cuore di Gesù.

24 Natività di San Giov. Battista.

Ricordare anche che ogni giorno, con la sola condizione d'essere in grazia di Dio, i Cooperatori Salesiani, che durante il loro lavoro o in mezzo alle loro occupazioni uniranno il loro cuore a Dio per mezzo d'una breve e pia invocazione, possono acquistare:

1. Per una invocazione qualunque a loro scelta, un'indulgenza plenaria.

2. Per tutte le altre, 400 giorni d'indulgenza, ogni volta.

NOVENA consigliata dal Ven. Don Bosco per ottenere grazie e favori da Maria SS. Ausiliatrice.

1) Recitare per nove giorni: Tre Pater, Ave, Gloria al SS. Sacramento con la giaculatoria: Sia lodato e ringraziato ogni momento il Santissimo e Divinissimo Sacramento; tre Salve Regina a Maria SS. Ausiliatrice con la giaculatoria: Maria, Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

2) Accostarsi ai SS. Sacramenti.

3) Fare un'offerta secondo le proprie forze per le Opere Salesiane.

4) Aver molta fede in Gesù Sacramentato e in Maria SS. Ausiliatrice.

Anime riconoscenti al Ven. Don Bosco.

Affidai a D. Bosco la guarigione della mia mamma. Benchè le diagnosi di vari medici fossero sconfortanti e l'età avanzata rendesse quasi audace la mia speranza, pure ebbi salda fede nell'intercessione di Don Bosco.

Miracolosamente, con sorpresa dei medici stessi, si manifestò la vera causa delle crisi che distruggevano l'organismo della mamma, sì che oggi, curata nel suo male; essa migliora sensibilmente ed acquista forze che sorprendono.

Biella, 14 aprile 1928.

MARIUCCIA GUGLIELMINOTTI.

Nell'agosto 1920 la sorella Caterina, allora ventenne, e assai robusta, fu colta da improvviso malore (apoplessia nevralgica) e per un lustro dovette rassegnarsi, malgrado le spese e le cure, a soffrire e a privarsi dell'assistere alle care funzioni parrocchiali perchè le sincopi si susseguivano con frequenza.

Incoraggiati dalla lettura del Bollettino Salesiano, ci rivolgemmo al Ven. Don Bosco per ottenere la guarigione dell'amata sorella. Ed ecco il risultato: dal 1920 al 1925 più di 5oo cadute; nel 1925 solo 5; nel 1926 una sola e nessuna nel 1927 e principio del 1928... il che ci conforta a sperare che ogni pericolo di ripresa sia scomparso.

Inviamo pertanto la nostra offerta in segno di gratitudine fiduciosi di avere sulla famiglia la protezione di D. Bosco per l'avvenire.

Caldane.

FAMIGLIA BERNARD.

Dopo la nascita del mio primo figliuolo, il medico curante credette di vedere una anomalia sul mio lato destro e temendo si trattasse di un carcinoma voleva subito sottopormi ad un'operazione. La sola idea mi gettò in uno sconforto, in una pena indicibile; a quest'angoscia s'aggiunsero sofferenze di spirito, e fui da Dio provata in buona misura. Non ricordo più come, mi capitò tra le mani una preghiera in onore di Maria Ausiliatrice e tosto ricorsi a Lei, mediante l'intercessione del suo grande divoto Don Bosco, implorando di esser salva dal mio male ed anche dall'operazione, alla quale non mi sapevo adattare.

Venne intanto il Prof Bastianelli, il quale pur escludendo che nel mio malanno vi fosse alcunchè di maligno, tuttavia confermò la necessità dell'operazione. Tutti ne fummo sollevati. Però io pregavo sempre D. Bosco fervidamente per scongiurare la necessità dell'atto operatorio, e gli promisi per le missioni un'offerta di L. 1ooo da spedire in due rate. Una notte mentr'ero sveglia, sentii qualche cosa, che non saprei definire, scorrere sul lato destro: istintivamente portai la mano sul male quasi a constatare se vi era ancora. Purtroppo vi era: Don Bosco non voleva forse darmi la gioia tutta ad un tratto. Rimessami alquanto mi portai dai Professori per essere esaminata ed essi mi diedero la consolante notizia che non occorreva più alcuna operazione essendo il gonfiore un'anomalia pura e semplice. Sono passati 20 mesi da quel giorno ed io, grazie al Cielo, sto benissimo. Mando la prima rata dell'offerta promessa, esprimendo pubblicamente la mia riconoscenza al Venerabile Protettore.

LUISA LEONE DE CASTRIS.

Avevo domandato a D. Bosco la grazia della guarigione perfetta per la festa di S. Giuseppe: mi ha pienamente esaudito. Disturbi nella salute mi causavano insonnia, difficoltà nel respiro, affanno in ogni più piccolo sforzo. E il giorno di S. Giuseppe dopo una fervorosa Comunione e più cordiali preghiere mi sono sentito immediatamente libero da ogni malessere.

Un chierico Salesiano.

Il 17 marzo l'influenza colpì quaranta convittrici del nostro Convitto Operaie. Le febbri altissime ci facevano temere assai. In tanta afflizione ci ricordammo di essere figlie tue, o D. Bosco, e a Te ricorremmo con fiducia. In pochi giorni le care ammalate, ricuperata la salute, tornarono felici al loro lavoro. Riconoscenti inviamo offerta e speriamo continua, efficace la tua protezione, o buon Padre, su noi e sulle cose nostre.

Direttrice: Sr. CASTELLOTTI.

N. N. (Porcari) è riconoscente a Don Bosco per averle guarito due nipotine colpite da grave malore e offre 95o lire per le Missioni Salesiane.

Mi ero rivolto al Ven. Don Bosco per la conclusione di un affare dal quale dipendeva in modo assoluto, l'avvenire di nostro figlio. Erano quasi 30 mesi che ci si angustiava per questo complicato affare, anzi si lottava terribilmente sostenendo fieri combattimenti e pur avendo già ricorso a molti Santi all'ultimo momento pensammo che il Venerabile Don Bosco doveva avere una speciale predilezione per questo nostro figliuolo, allevato presso i Salesiani e affidammo completamente a Lui la nostra disperata causa.

In poco meno di un mese la situazione venne completamente chiarita, le cose cambiarono tanto d'aspetto da rischiarare luminosamente lo stato della questione e da farci insomma completamente felici.

A Don Bosco io, mia moglie, mio figlio e la sua consorte dobbiamo la nostra salvezza; per conseguenza gli professiamo la nostra indelebile gratitudine.

Rimini, 3 Aprile 1928.

C. G. E.

Il mio Mario, non ancora di quattro anni, colpito nel luglio scorso da tifo intestinale, seguito da meningite associata a polmonite doppia, fu sull'orlo della tomba. Il medico curante non esitò a dichiarare che il povero figliuolo avrebbe avuto poche ore di vita.

Mentre al capezzale dell'infermo ero in preda al più vivo dolore, mi fu recapitata una lettera di mio fratello salesiano, con acclusa un'immagine di Maria Ausiliatrice e una reliquia del Venerabile D. Bosco.

Posi tosto sul petto del piccolo Mario la reliquia e fiduciosa lo raccomandai fervorosamente al Venerabile. Mezz'ora dopo il malato fu preso da violenti convulsioni; poi, calmatosi, si assopì. Venne intanto il medico con la sicurezza di trovare un morto; ma visto mutato lo stato del bimbo mi disse: - È salvo per un prodigio!

Da quel momento il bimbo, che era rimasto privo di parola e paralizzato nel braccio sinistro, andava migliorando, e riacquistava prima i movimenti del braccio poi la favella. In due mesi il prodigio era completo con la guarigione perfetta del bambino.

Ringrazio dal profondo del cuore il Ven. Don Bosco, pregandolo di continuare sulla mia famiglia la sua assistenza preziosa.

MARIA PERSICHILLO SANTELIA.

Sac. CAMILLO MELLERIO. - Ringrazia Don Bosco per l'assistenza accordatagli in un caso speciale in cui si era a Lui affidato.

Il Centenario di Emanuele Filiberto e la Sma. Sindone.

Il Comitato per il Centenario di Emanuele Filiberto, presieduto da S. A. R. il Duca d'Aosta, ha testè pubblicato un elegante volume (di pagine XXXII - 496, in carta finissima, con tavole illustrative e una tabella genealogica fuori testo) su Emanuele Filiberto. L'opera, diretta dal Prof. Costanzo Rinaudo, si compone di 14 monografie redatte da un'accolta di studiosi, costituenti un tutto organico, da cui spicca la solenne figura del cattolico restauratore della Monarchia e della religione negli Stati di Savoia. Un'ampia introduzione del prof. Rinaudo ne riassume il contenuto, e chiude il volume un inno alato che S. A. R. il Duca d'Aosta eleva al suo Grande Antenato. Il volume contiene due interessantissime memorie del Salesiano prof. D. Alberto Caviglia: « La prima giovinezza di E. F. » e « Profilo religioso di E. Fil. e la SS. Sindone ». In esse particolarmente sono illustrati i sentimenti e l'opera di restaurazione religiosa e di difesa cattolica del grande amico di S. Carlo Borromeo, e glorificatore della S. Sindone. Per l'acquisto rivolgersi alla Casa Editrice S. Lattes e C., Torino; oppure alla Libreria Internazionale Editrice.

DALLE NOSTRE MISSIONI

Nel compiersi del II Anniversario dei Salesiani in Giappone.

Miyazaki, 8 febbraio 1928. Amatissimo Padre,

Proprio due, anni fa, come oggi, in una nebbiosa giornata che ci impedì di ammirare d'un colpo lo splendore della terra benedetta che la Provvidenza ci affidava, sbarcavamo a Moji. Forse non le sarà sgradito che in uno sguardo retrospettivo le riassuma il lavoro fatto, le nostre speranze e i nostri desideri intensi che ci fanno sembrare sempre troppo esigui i risultati conseguiti ed eccessivamente lenti i passi del programma salesiano in questa grande nazione. Tale riassunto sarà di conforto per quanti, e sono molti, colla preghiera, coi sacrifizi, colle offerte materiali hanno cooperato al lavoro compiuto e a gettare le basi per quello da compiere. Grazie, Superiori e Confratelli amatissimi; grazie, allievi ed ex allievi nostri, grazie, generosi Cooperatori e Cooperatrici nostre, per la vostra beneficenza spirituale e materiale: è per questa che si è potuto iniziare qualche cosa. Ma sopratutto grazie al buon Dio, cui solo l'onore e la gloria.

Nel primo anno ridiventati bimbi delle elementari, ci siamo cimentati colla difficile lingua, che, anche ora a due anni di distanza, balbettiamo e salvo il servizio materiale all'altare e per rendere solenni le feste cristiane non potemmo in pratica far altro. All'inizio del secondo anno, giunge l'ordine di prendere possesso successivamente delle tre residenze di Miyazaki, Nakatsu e Oita. Assestate le cose nostre, si comincia il lavoro con questo programma minimo: 1) Prendere contatto coi cristiani, conoscerli e farsi conoscere, e dov'è possibile organizzarli.

- 2) Far conoscere l'opera nostra e le nostre istituzioni. - 3) Iniziare il lavoro di avvicinamento dei pagani, specialmente attendendo ai fanciulli e per mezzo di questi fare opera di penetrazione nelle famiglie.

I cristiani, sparsi nelle due provincie di Oita e Miyazaki, su circa due milioni di abitanti, possono valutarsi a poco più di 400, col nucleo più forte a Miyazaki. I cristiani ferventi in gran parte sono discendenti degli antichi cristiani di Nagasaki, oppure alcuni pochi convertiti dal paganesimo e dal protestantesimo; molti sparsi qua e là, lontani dalla missione, non avendo avuto per lungo tempo comodità di essere a contatto col missionario si sono necessariamente indeboliti nella loro fede.

Era dunque dovere iniziare il lavoro per queste anime, dando a tutti la comodità dei mezzi della grazia, predicando a tutti la buona parola; raggrupparli in associazioni che li obbligassero santamente al lavoro di apostolato tra i pagani e ad un consolidamento nella loro fede.

I mezzi usati furono visite personali a ogni famiglia; richiami per lettera, invio di buoni libri e giornali; distribuzione di oggetti religiosi; ampio sviluppo dei mezzi della grazia e dell'istruzione religiosa, propagazione della devozione a Gesù e a Maria, ecc.

Dove fu possibile sorsero le organizzazioni. A Miyazaki ad es. i giovanetti sono organizzati nella Compagnia di S. Luigi e del Piccolo Clero, che colle sacre cerimonie e col canto rendono più solenni le funzioni religiose. Sono le nostre speranze di possibili vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa. Funzionano l'Unione Padri di famiglia, l'Unione Madri cristiane, il Circolo femminile Maria Ausiliatrice e proprio nel giorno di S. Francesco di Sales, come magnifico frutto di questa prima coltivazione salesiana, si inaugurò il Circolo giovanile D. Bosco. Le riunioni mensili e settimanali dei Soci, l'istituzione della biblioteca circolare danno modo di ribadire le istruzioni religiose fatte in chiesa, di abituare tutti a parlare e a fraternizzare, e di essere di grande aiuto al padre missionario. Non abbiamo catechisti, non siamo ancora esperti nella lingua, ma i buoni padri di famiglia e qualche giovinotto si prestano già volentieri e contenti ad accompagnare il missionario e a facilitargli l'apostolato nei lunghi viaggi, che si fanno per portare ad anime abbandonate e lontane colla celebrazione della S. Messa, coll'amministrazione dei Ss. Sacramenti, coll'istruzione religiosa, il necessario conforto e nutrimento spirituale.

Non abbiamo teatri o grandi sale, ma per attirare e divertire piccoli e grandi già si organizzarono festicciuole, proiezioni luminose e cinema, teatrino e musica, tombole e lotteria; pezzi di giardino e di orto si trasformarono in piccoli cortili con giuochi. Tentiamo insomma nella nostra povertà e ristrettezza di locale di gareggiare coi nostri grandi oratori festivi. Sono le prime cellule che svolgendosi rigogliose daranno organismi saldi e vigorosi di vita cristiana.

Abbiamo inoltre cominciato a far conoscere l'opera nostra e le nostre istituzioni. Fedeli alle direttive di D. Bosco ci teniamo in buona armonia colle autorità politiche, civili e scolastiche. Foglietti di propaganda, distribuzione di immagini e medaglie, articoli di giornali fecero conoscere Maria Ausiliatrice e l'Associazione dei suoi devoti, le divozioni e pie pratiche a noi care: S. Francesco di Sales; D. Bosco e lo scopo della nostra società. Come presentare ad es. S. Francesco di Sales, patrono della stampa cattolica? Radunammo alle varie case della Missione i giornalisti pagani (dove trovare qui il giornale cattolico?) che vennero volentieri e conobbero così qualche cosa della vita di S. Francesco e dell'Opera Salesiana, e si dissero fortunati di mettere a nostra disposizione il loro giornale.

Nell'anniversario della morte del nostro Don Bosco spandemmo pel Giappone la prima traduzione in giapponese di una breve vita di Don Bosco e dalle lettere di ringraziamento che si incominciano a ricevere, si può arguire quanto sia stata gradita, e quanto tutti attendano di bene dalla nostra Società.

Ed è doveroso accennare all'aiuto più che fraterno che i missionari delle Missioni estere di Parigi, i sacerdoti del Clero giapponese, gli ottimi PP. Francescani di Kagoshima, i PP. Trappisti, i Fratelli Marianisti e tutti gli altri ordini e congregazioni religiose maschili e fem minili diedero ai figli di D. Bosco colla preghiera, col consiglio, colla predicazione. A questi veri campioni dell'apostolato missionario, che coll'ardente parola e coll'esempio sono a noi di edificazione e di insegnamento, vada il nostro riconoscente grazie. Gli Ecc.mi Vescovi pure ci furono di grande aiuto, e sopra tutti il compianto Vescovo di Nagasaki Mons. Combaz, l'attuale nostro Vescovo Diocesano Monsignor Thiry, e il Delegato Apostolico Monsignor Giardini, che si dimostrarono in ogni tempo veri padri per noi.

Una forma davvero originale di propaganda di cui volle servirsi la Provvidenza per far conoscere i Salesiani furono i concerti vocali, di armonium e pianoforte.

Sono oltre 25 i concerti dati in varie occasioni in teatri pubblici, in saloni, in scuole, all'aperto: migliaia e migliaia di persone colla musica tanto gradita ai giapponesi, udirono la buona parola in luoghi in cui certo per la prima volta risuonavano i nomi dolcissimi di Dio, della Vergine, di D. Bosco, dell'Italia.

Finalmente si iniziò il lavoro di penetrazione fra i pagani, rifacendo salesianamente per essi nei limiti del possibile ed applicato alle loro speciali condizioni, quanto si era fatto pei cristiani. Sorsero con questo intento specialmente gli oratori di Oita e Nakatsu (in cui i cristiani sono ancora una minima espressione) nei quali viene delineandosi un complesso di lavoro consolante, e per il numero di quelli che li frequentano, e per la simpatia che i parenti dimostrano per l'opera nostra, tanto che alcuni hanno già permesso ai loro figli di intraprendere lo studio della religione, e perchè questi fanciulli pagani cominciano a frequentare la chiesa, a pregare, a cantare coi pochi cristiani. Oh la preghiera dei fanciulli è onnipotente sul cuore di Dio! Con qual fervore anch'essi pregano colle parole del Saverio: « Eterno Dio, creatore di tutte le cose, ricordatevi che voi solo creaste le anime degli infedeli... fate che anch'esse conoscano Colui che voi inviaste, Gesù Cristo vostro figliuolo e Signore nostro... ».

Sono tipiche associazioni, ad Oita l'Unione Savio Domenico, tutta di fanciulli pagani, che lavorano davvero attivamente a fare opera di penetrazione e propaganda fra compagni e nelle famiglie a favore della Missione - a Nakatsu la società Filarmonica, che presto si produrrà in qualche concerto e che (come dappertutto, colla musica, col teatro, coi divertimenti, coll'istruzione, ecc.) serve ad attrarre giovani e simpatie all'oratorio.

Quali i frutti spirituali a vantaggio delle anime? Il buon Dio li vede e li valuta. A noi pare di constatare un risveglio di vita cristiana: il termometro salesiano della frequenza ai Sacramenti sale, sale... Cifre? Migliaia, migliaia... Non deve gioire Gesù? I battesimi nel primo anno di lavoro sono 39, di cui 2o adulti o fanciulli pagani. In Giappone il missionario non pesca (purtroppo) colla rete, ma coll'amo... e colla prospettiva del totam noctem laborantes, nihil coepimus.

Ma, guardi, colpe ci vuol bene il Signore!

Proprio nell' anniversario della nostra venuta, a Nakatsu D. Piacenza dà il battesimo ad un giovane dell'oratorio che è in pericolo di vita. Lo chiamavamo il gobbetto (e lo è di fatti); è il primo entrato all'oratorio, sempre assiduo coi suoi fratelli e anche socio della filarmonica. I genitori hanno dato volentieri il consenso pel battesimo e gli fu imposto il nome di Savio Domenico. È il primo frutto dell'Oratorio!

O buon Padre, presenti a Maria Ausiliatrice i primi passi nell'apostolato dei suoi lontani figli del Giappone. Vorrei nell'effusione immensa dell'animo farmi udire da tutto il mondo che ha a cuore l'adveniat regnum tuum: « Oh pregate, pregate per la conversione del Giappone. Dirò colle parole del primo Vescovo giapponese: Il nome di Giappone è sinonimo del sol levante.

» O fratelli, preghiamo che questo nome si realizzi pienamente, e che la luce della fede illumini tutto questo popolo. Il Giappone propagherà questa fede in Orien†e e specialmente in Cina, l'immensa repubblica di 400 milioni d'abitanti. O fratelli, aiutateci colle preghiere e nella misura delle vostre possibilità coi vostri soccorsi, e tutti insieme noi lavoreremo a stabilire anche in queste terre il regno di Dio, a realizzare l'adveniat regnum tuum ».

Ma ricordi, o amato Padre, ricordi che il Giappone è nel mondo intero la zona più povera dei missionari cattolici, perciò in tutte le forme ci venga in aiuto, e ci benedica nel Signore.

Suo Dev.mo

D. VINCENZO CIMATTI.

Giorni di esultanza e di riconoscenza.

Parlare di gioia, di festività, di esultanza in questa Cina, che gronda sangue e che è tuttora sotto l'incubo e la minaccia del terrore bolscevico, può sembrare un paradosso, o almeno azzardato.

Era ancora vivo l'eco straziante della carneficina e dell'incendio di Canton; le notizie che giungevano dai nostri distretti di Lok Chong e di Yan Fa erano ben tristi; nella notte stessa 5-6 febbraio i fucili crepitarono sinistramente facendo sei vittime nella caserma vicina alla nostra casa.

Eppure questa risuonava della festosità, della gioia intima, che si sprigionava dal nostro cuore in un sentimento di sentita e profonda riconoscenza.

Riconoscenza! Si era nei primi giorni della guerra contro le nostre istituzioni: si temeva che esse soccombessero, schiantate dalla bufera bolscevica; si trepidava per le nostre cristianità, minacciate di restare senza i loro pastori e dal nostro cuore partì la promessa di una solennità, in onore di S. Francesco, coll'intervento dei cristiani dei diversi distretti e di una offerta per le cause di beatificazione del Ven. Don Bosco e di Suor Mazzarello. Promessa che portava la fermezza di voto e la confidenza di figli.

Si scatenò la bufera: fece cadere qualche foglia ingiallita, stroncò qualche ramo secco, ma le nostre istituzioni poi apparvero più belle, più forti; i pastori non abbandonarono il loro gregge, che al giungere del lupo si strinse con ansia, con affetto ai piedi dell'altare.

La grazia era ottenuta! A noi il dovere di manifestare pubblicamente, esteriormente quella riconoscenza, che giganteggiava ogni giorno più nel nostro animo. E calarono dai distretti i nostri cristiani, non pochi dei quali portavano nel cuore e sul corpo il ricordo, i segni, le cicatrici di tante sofferenze e di tanto dolore. Si unirono a noi per cantare l'inno di ringraziamento e di lode.

E noi missionari? Ci contammo. Nessuno mancava! D. Ronchi, D. Cucchiara, D. Correa erano rimasti sul campo del lavoro, sula breccia dove ancora si combatteva, ma non si dubitava della vittoria; anch'essi erano presenti alla festa comune, perchè, li sentivamo uniti, stretti a S. E. Mons. Versiglia, il nostro Padre e Capo, a noi nel comune sentimento di esultanza e di riconoscenza. E ci raccontavamo le nostre pene, le ore più tristi, tutto il nostro dolore; ma anche questo dava maggiore risalto, diceva la ragione della festa.

Fare la cronaca della Solennità ci sembra diminuirla, stroncarla; perchè questa fu festa di cuori, di affetti; fu vissuta nel più intimo dell'animo e il suo ricordo si perpetuerà in coloro che vi parteciparono, pegno dell'assistenza divina per le battaglie passate e per quelle che ci attendono.

La propaganda di qualche anno cercò di iniettare l'odio contro gli stranieri, contro la Religione cristiana; ma mai come in questa fase della lotta noi, stranieri, ci sentimmo fratelli di questo buon popolo cinese; mai come in quei giorni sentimmo, vivemmo la carità cristiana, che ci avvince tutti a Cristo, facendo scomparire le diversità di razza, superando e rovesciando le barriere di confini e nazioni, nel riconoscere, amare e adorare il Padre comune.

La mattina del 6 P. Battezzati della nostra diletta Italia, celebrava la sua prima Messa per la comunità; D. A. Thong dell'amata Cina, cantava la Messa solenne. Il lontano Occidente inneggiava coll'Estremo Oriente per l'avvento del Regno di Cristo Re.

Oltrechè festa di riconoscenza a Dio, riuscì festa di unione più intima, più affettuosa tra le nostre anime. I numerosi brindisi e i discorsi all'Accademia ribadirono e fecero sempre più risaltare il concetto dell'assistenza divina nella lotta e quindi il debito della nostra riconoscenza, e come la Chiesa Cattolica abbracci tutti in un unico sentimento di amore per condurre tutti a Cristo.

Anche Shien A Piau aveva il volto suffuso di gioia, di contento.

Povero A Piau! Vi colpisce subito: la faccia tipica cinese; lunghi e radi baffi spioventi; occhio a mandorla socchiusi; piuttosto curvo non tanto per gli anni, quanto per le sofferenze e le privazioni, a cui dovette soggiacere, e per il dolore che lo accascia. Tutta la famiglia è stata rapita dai pirati e riscattata dietro lo sborso di forti somme di denaro; ed egli ed il figlio fu alla mercè dei bolscevichi, che gli estorsero il poco denaro che gli rimaneva, lo misero alla tortura, gli devastarono la casa, gli confiscarono i terreni.

Fervente cristiano, ricevette con rassegnazione la dolorosa prova e, non sapendo dove bussare per avere asilo, a chi domandare da mangiare, venne a Shiuchow, alla nostra residenza centrale. A S. Ecc. presentò la famiglia disfatta dalla paura e dalle sofferenze, senza tetto e con voce rotta dal pianto:

- Monsignore, non ho più nulla, nè casa, nè riso; ringrazio il Signore se siamo tutti vivi.

- Non temere: finchè avrò una scodella di riso da mangiare, la dividerò con te. -

Che altro poteva rispondere Monsignore?

Era ancora la carità cristiana, che dal lontano Occidente veniva ad alleviare le pene e a sfamare un povero fratello dell'Estremo Oriente, non per mire politiche, non per cupidigia di interessi materiali, ma per la redenzione delle anime, per il trionfo di Cristo Re.

E in quei fausti giorni anche il povero A Piau gioì della gioia di tutti; anch'egli, anzi specialmente egli, innalzò a Dio, ai benefattori l'inno della riconoscenza cristiana.

Un missionario Salesiano.

Dalle foreste dei Kivaros.

Rev.mo e Venerato Padre,

Dalla lontana e difficile Missione di Macas, le invio i più rispettosi filiali auguri, unitamente alle Suore tutte e alle Kivarine e Kivaretti della missione. Sono quindici in tutto, e tutti portati alle Suore dalla Madonna in modo provvidenziale.

Nella sua ultima visita, Mons. Comin battezzò sei Kivari e tre Kivarette: di essi tre vivono con le Suore, gli altri presso famiglie di Macas. Due altri, battezzati da Sr. Troncatti, volarono al cielo nel corso dell'anno.

Se vedesse, Padre, in che stato ce li portano alla Missione! Prima li fanno girovagare per l'intera foresta da tutti gli stregoni e quando son ridotti a scheletri, allora li portano alla Suora, dicendole: - Se lo guarisci, te lo regalo! E la Madonna moltiplica i miracoli perchè restino con noi queste povere anime che in altre condizioni non avrebbero forse mai conosciuto ed amato il Signore.

Tutto qui contribuisce a rendere molto difficile questa missione. Le strade, dove esistono, sono vere pozzanghere e fangali in certe stagioni. E si debbono fare talora da sei a sette giorni di cammino a piedi per salite che sembrano pareti a picco, senza contare i giorni che si va a cavallo. L'alloggio poi durante i viaggi è impossibile a descriversi. Anche il trasporto delle merci è un duro problema...

Eppure le Suore, che vivono così isolate e che devono fare veri sacrifici, sono sempre serene, contente, animate dal più vivo desiderio di fare del bene alle anime dei coloni e specialmente dei Kivaretti. Molto sentita è la deficienza di locali adatti, ma si spera a poco a poco di costruirne dei nuovi e di migliorare quelli già esistenti...

Si degni, Rev.mo Padre, accettare i nostri voti e le nostre preghiere, e benedire le sue Figlie dell'Equatore, in particolar modo la dev.ma e umile figlia

Suor CAROLINA MIOLETTI.

II.

Macas, 8 Settembre 1927.

Macas, situato all'estremo Nord del Vic. di Mendez e Gualaquiza, è un paesetto di circa 70o abitanti. Posto a un migliaio di m. sul livello del mare, ai piedi delle Ande, gode d'un clima saluberrimo, veramente ideale; vi regna una primavera continua. Il terreno fertilissimo produce in abbondanza tutti i frutti della zona torrida; l'agricoltura però è ancor bambina. La gente è ottima, come il clima; sono discendenti degli Spagnuoli dell'antica Siviglia dell'Oro che sorgeva sull'altra sponda del fiume Upano. Malgrado l'abbandono religioso di oltre 30 anni, si son conservati ancora cristiani: certo c'è dell'indifferenza in molti e roz zezza di costumi che per altro tende a diminuire.

Ci hanno ricevuti con molto entusiasmo e con prove non dubbie d'immenso giubilo, che aumentò quando ci videro al lavoro specialmente coi loro figliuoletti alla scuola numerosa di 7o alunni. Ci aiutarono così efficacemente che si poterono costrurre in pochi mesi due case comodissime dove furono ricevute le Figlie di M. A. - Ma anche i Salesiani avevano bisogno della loro casa: vivevano in continuo pericolo di essere sepolti sotto le travi e assi tarlate d'un vecchio casolare; cosicché per poco che soffiasse il vento, dovevano fuggire all'aperto; ed ecco che nell'ultima visita che ci fece il nostro Vicario Ap. abbiamo potuto riceverlo in un nuovo edifizio, se non elegante, almeno sicuro. Ora si sta lavorando per fabbricare una chiesa: l'attuale è in rovina: il tetto di paglia, quantunque continuamente riparato, ad ogni acquazzone si apre in cento buchi, al punto che una domenica fu necessario che un brav'uomo tenesse un ombrello aperto sopra il sacerdote che celebrava la Messa. Assai più importante è l'aiuto che ci prestarono i buoni Macabei per avvicinare i Kivari. Quest'anno passato abbiam avuto nella scuola regolarmente 34 Kivaretti. Vivono nelle varie famiglie dei cristiani che, con una piccola retribuzione somministrano loro il vitto; noi provvediamo i vestiti. Anche adesso, quando gli alunni bianchi sono in vacanza, i selvaggetti vengono tutti i giorni alla scuola e al catechismo. Ma se era difficile che i Kivari lasciassero qui i loro figli, sembrava impossibile che si separassero dalle bambine: invece anche questo si è ottenuto; e sono già nove le Kivarette affidate alle Suore. Al principio i loro parenti venivano assai di frequente a vederle: temevano che le portassero fuori della selva: ora sono tranquilli ed hanno tutta la fiducia nelle buone religiose. Hanno poi una fede cieca quando si tratta di ammalati: grandi e piccoli vengono condotti qui, naturalmente dopo aver tentato l'opera degli stregoni. Alle volte portano qui povere creature ridotte agli estremi, come successe con un bambino che qui chiamano - Gioanin dla fam... - Suo padre, un attaccabrighe incorreggibile, per evitare d'essere ucciso, si nascose nella selva, portando con sè l'unico figliuoletto, che lasciava tutto il giorno solo in un casotto, mentre egli andava in cerca di che mangiare. Vedendo ridotto il piccino ad uno scheletro, lo mandò alla Missione, perchè lo battezzassero e lo seppellissero. Ma per le cure premurose delle Suore fu salvato, dopo essere stato per alcune settimane fra la vita e la morte. Ora è allegro e comincia a rimpolparsi. L venuto il padre a vederlo, e pianse il povero selvaggio. « Sapevo, disse, che le Madri sanno curare le malattie; ora vedo che sanno anche scongiurare le stregonerie: il mio bambino era stregato; per questo si seccava... ».

Venne un giorno la Kivara Nacaimi, portando in braccio una bambinetta di circa tre anni, già agli estremi. Si presentò con una buona donna di Macas. « Padre, disse, battezza la mia bambina, e poi la seppellirai coi cristiani ». Due giorni dopo la piccola inferma moriva, e la buona ospite provvide alla sepoltura. Dietro il corteo funebre veniva la povera Nacaimi, piangendo; non coi singhiozzi rabbiosi delle selvagge, ma con un pianto rassegnato, silenzioso... Fatte le esequie e tornati dal cimitero, mi si avvicinò e disse:

- Padre, la mia bambina è in cielo?

- Certo, le risposi, e in Cielo, felice e prega per te.

- Battezza anche me; così andrò anch'io in Cielo.

- Bene, vieni di frequente per imparare il catechismo e ti battezzerò. Anche tu verrai, dissi ad una ragazza che l'accompagnava.

- Io no, rispose bruscamente: io voglio esser Kivara.

- Bene, resterai Kivara, ma battezzata.

- No; mio padre l'han battezzato ed è morto. - Ciò detto si allontanò.

- Come è cattiva tua sorella; dissi a Nacaimi.

- Non è mia sorella, rispose.

- Chi è?

-Vigna Keiru (mia compagna): - altra moglie dello stesso marito.

Poveri noi! sempre con questo ostacolo! Quanto è difficile la conversione dei Kivari adulti! Che il Signore continui ad inviarci i fanciulli: con questi si può sperare di più: si mostrano abbastanza affezionati a noi ed alle famiglie presso cui vivono.

« Sapete, diceva un giorno il Kivaretto Sciacaimi ai suoi compagni; non torno più alla Kivaria: c'è il demonio; l'ho visto coi miei occhi: un scimmione rosso, colle corna, accovacciato su di un tronco vicino a casa mia. Qui in mezzo ai Cristiani non c'è da temere; il demonio non può avvicinarsi! ».

Voglia il Cielo che presto si possa battezzare un bel numero di questi ragazzetti.

Sac. SALVATORE DURONI.

Missionario Salesiano.

VOLETE FARE UN'OPERA BUONA ?

Datevi attorno perchè i vostri parenti, amici, conoscenti contribuiscano a una borsa missionaria. Una buona parola, detta da voi a coteste anime, le inclinerà a quest'opera di bene e le renderà sodisfatte di aver contribuito alla prosperità delle Missioni Salesiane. Ognuno faccia un po' di propaganda !. .. e volentieri.

Per regioni inesplorate del Matto Grosso

(Relazione di D. Colbacchini).

Rev.mo Sig. D. Rinaldi,

Le giungerà forse un po' in ritardo questa relazione del mio viaggio per il Basso Araguaya e propriamente attraverso l'interland che si estende tra l'Araguaya e il Rio Das Mortes. Spero le tornerà gradita perchè servirà a far conoscere le grandi difficoltà che travagliano l'umile nostra vita di missionari.

A Dumbà.

Dopo aver raggiunto sull'Araguaya la località chiamata Cocalinho, io con alcuni compagni ci staccam no dalla comitiva di Mons. Couturon per internarci nelle foreste e steppe, che nessun civilizzato ha finora percorse, tra l'Araguaya e il Rio Das Mortes. Questi due grandi fiumi nascono sull'altipiano centrale del Matto Grosso a poca distanza relativamente l'uno dall'altro. Corrono paralleli da ponente a levante, poi si dirigono al nord, sempre più avvicinandosi, finchè dopo 2ooo chilometri di corso il R. Das Mortes entra nell'Araguaya. Più o meno, all'altezza del 14° parallelo di latitudine Sud, i due fiumi sono a una distanza dai 2oo ai 250 km. l'uno dall'altro.

Questa zona volle l'Eccellentissimo Amministratore Apostolico che io esplorassi per riconoscere l'abitabilità e la topografia del terreno, se vi era possibilità di tracciare una strada tra i due fiumi e sopratutto se vi erano selvaggi erranti per la foresta.

Il luogo prescelto per l'accampamento definitivo della comitiva e punto da cui dovevo iniziare il mio viaggio per l'interno fu Dumbàgrande, a breve distanza dal Cocalinho, uno dei più alti punti della riva sinistra dell'Araguaya mai raggiunto dalle acque delle più grandi piene. Alta, scoscesa, su enormi pietre è la sponda; e dietro si estende vigorosa e lussureggiante la foresta vergine. Un niveo banco di sabbia corre sul lato destro del fiume che qui è maestoso e imponente nella sua larghezza di più di 5oo metri.

Dumbà dista da Registro circa 3oo km. e riunito al luogo denominato Cocalinho, forma un piccolo centro civilizzato. Un gruppo di famiglie si sono qui fissate e attendono a vari lavori colla speranza di riuscire a dar vita ed incremento al piccolo villaggio. Dumbà è anche il primo luogo in cui si incontra un nucleo di selvaggi Carajàs. Da questo punto in giù, la tribù dei Carajàs abita l'Araguaya scaglionata in gruppi più o meno numerosi per oltre mille chilometri. Il centro però della tribù e dove le aldee sono più numerose è dopo la foce del Rio das Mortes fino all'estremità nord dell'isola Bananal.

Il Carajàs vive sui banchi di sabbia dei fiumi; solo nelle grandi piene si ritira sui punti più alti delle rive e ritorna poi sul letto del fiume, e su quelle bianche distese di sabbie nasce, vive e muore. Il Carajàs ama le sabbie del fiume come l'Eschimese i ghiacci e le nevi. La sabbia, l'acqua e l'ubà (canoa) costituiscono l'essenziale alla vita del Carajà.

Alcune famiglie di questi selvaggi erano accampate nell'esteso banco di sabbia che si prospetta all'altra- sponda del fiume. Mentre navigavamo verso Dumbà ad uno svolto del fiume, davanti alla prora delle nostre imbarcazioni, si delineò la nera sagoma di varie canoe che venivano verso di noi. Erano i Carajàs che avvisati del nostro arrivo venivano ad incontrarci!

Approdammo quasi insieme. Uomini, donne e bambini allegramente ci salutarono, ci squadrarono e poi sorrisero; volevano dirci tante cose.

Si presentarono a noi nella loro più squallida miseria, nella nudità più completa che si possa immaginare... e tutti, uomini, donne e bambini, nello stato in cui si trovavano, si fecero attorno a noi con tanta affabilità, confidenza ed espansione come se fossimo stati già da molto tempo loro intimi amici...

I bambini poi erano così affabili, si mostravano così affezionati a noi che stringeva il cuore vederli in quello stato di perfetta selvatichezza. Alcuni già erano battezzati e portavano nomi cristiani...

Non senza difficoltà e contrattempi, una settimana dopo il nostro arrivo a Dumbà, la carovana per l'interno era pronta. Quattro compagni ben disposti e pratici, animali da sella e di carico, viveri ed accessori.

La partenza.

Il giorno 8 agosto 1927 dopo aver abbracciato con tutto l'affetto l'Eccellentissimo Monsignor Couturon ed i cari Confratelli che rimanevano, raccomandandomi alle preghiere di tutti e confidando nell'aiuto e protezione di Maria S. Ausiliatrice e del nostro Venerabile Padre Don Bosco, inforcai il mio mulo e coi miei compagni mi internai nella foresta. Lo spesso fogliame ed i vecchi tronchi ci fecero perdere tosto di vista Monsignore .. Ancora una voce, udii...

« Addio, buon viaggio; che Dio vi accompagni e benedica ». Era la sua, l'ultimo saluto.

Attraversammo la densa foresta per una strada apertaci colla scure. Per quella prima giornata non ci preoccupavamo perchè avremmo incontrato alcune famiglie che vivono in quei pressi. Sul mezzogiorno arrivammo difatti alla casa di un nostro amico, il signor Roberto; che ci, ospitò cordialmente ed insistette perchè passassimo con lui e la sua famiglia quel resto della giornata. Mi dispiacque di non poter appagare questo suo desiderio; era necessario proseguire il viaggio.

Verso sera giungemmo alla capanna di una povera donna che ci ricevette con tanta cordialità. La capanna non era sufficiente per noi e per i nostri bagagli e perciò ci accampammo al sereno, facendo prima onore a una frugale e semplice cena che la buona donna ci aveva preparata.

Mentre stavamo consumando quel poco di riso cotto con carne disseccata, essa ci contò le sue miserie e i suoi dolori. Era venuta in quella solitudine portando con sè qualche cosa, alcuni capi di bovini, alcune capre ed il desiderio forte di prosperare la sua condizione e passare una vita tranquilla e felice. Ma le febbri maligne in pochi mesi le uccisero il marito ed essa colle sue figlie lo seppellì là ai piedi di una grande palma Burity (Mauritia vinifera) che mi mostrava col dito. Dopo le si ammalò la figlia maggiore, che era la sua speranza, il suo appoggio. Inutile ogni cura; in pochi giorni anche questo tesoro lo dovette portare ai piedi della palma e, lasciarvelo per sempre. I suoi dolori non erano finiti. La figlia più piccola dopo non molto tempo pur essa morì della morte della sorella maggiore. Una sera, mentr'era seduta sul limitare della povera capanna, fu colta da forti brividi; tremava la poverina pel freddo, batteva i denti, non ci fu nulla che la potesse riscaldare; e poi la reazione, un calore di fuoco, un'arsura cocente... era la febbre, la terribile febbre malarica che tante vittime miete in questi paraggi... La povera bambina resistette pochi giorni agli assalti della febbre, quindi declinò. E la povera madre coll'unico figlio che ancor le rimaneva dovette portarla ai piedi della grande palma!... Gli occhi della povera donna sono fissi là mentre racconta e il pianto le soffoca la parola; e chiude indicando col dito la palma e alternando ai singhiozzi queste parole: -

Là... là, stanno le mie figlie! il Signore mi lasciò ancor questo... è l'unico che mi resta... per quanto mi resterà ancora? Dovrò io rimanere sola un giorno, abbandonata in questo deserto? Non voglio partire di qui... là stanno i miei cari, e vicino a 'loro voglio restare.

La consolai meglio che potei con parole di pace e conforto; le ravvivai nel cuore la speranza e la fiducia nella infinita, misericordiosa bontà di Dio, ed a queste parole di fede vidi quanto la buona donna era rassegnata alla volontà del Signore e quanto cristianamente aveva sofferto tanti dolori e tante prove!

Col cuore oppresso dal triste racconto, col pensiero rivolto alle misere condizioni di questi poveri abitanti, gettati e spersi così nel mezzo della più aspra e selvaggia natura, afflitti da stenti, da privazioni continue, flagellati dall'inclemenza del clima, dalle febbri, senza aiuto, confidati solo in Dio... passai la notte quasi insonne.

L'ultimo punto civile.

Ai primi albori, riuniti i nostri animali, cordialmente salutata la buona donna, ci rimettemmo in viaggio. Quel giorno avremmo dato l'addio ad ogni vestigia di civiltà per internarci nell'ignoto; ma il Signore dispose diversamente.

Io e il mio fido e valente compagno Luigi Duarto, lasciando dietro a noi i compagni ed animali di carica, ci siamo affrettati per raggiungere l'abitazione del signor Giovanni Marin, distante pochi chilometri, e avere da lui, pratico di quei dintorni, alcune spiegazioni, indicazioni, norme, ecc. per il nostro viaggio. Egli era l'ultima persona civile che avremmo incontrato.

Ricevuti con ogni cordialità, egli ci fece entrare in casa sua: e mentre stavamo discorrendo del nostro viaggio e del nostro itinerario sentimmo il rumore di una cavalcatura che si approssimava... Vedendo arrivare uno solo, l'interrogai: - Che c'è di nuovo? Dove sono i compagni e gli animali da carico? - Sono lì che vengono, mi rispose; ma uno dei muli passando il fiumicello pose forse un piede in fallo e cadde nell'acqua proprio dove era più profonda e quando siamo accorsi la carica era tutta immersa... Bene, pazienza, soggiunsi; vedremo quello che si dovrà fare.

Fra proprio quello che portava la mia roba da una parte e, dall'altra, i viveri ed altre cosette. Dovemmo sacrificare la giornata e forzatamente far asciugare le nostre cose e provvedere a sostituire i viveri deteriorati: farina di mandioca, rapadura (mattonelle di zucchero).

Il buon amico, signor Martin, si meravigliava della nostra temerità e , continuava a - ripetere: - Entrar così in pochi in questo mondo sconosciuto, bisogna aver coraggio! Quel che si cela qua dentro, nessuno lo sa. Noi siamo abituati al deserto, alla foresta, all'ignoto; ma non osiamo spingerci molto avanti; non conosciamo il segreto, il mistero di questa zona. Di quando in quando vediamo alzarsi al cielo nel lontano orizzonte negre e densi nubi di fumo. Donde viene? Chi ha messo fuoco alla steppa? Chi vaga per quei deserti? Quelle colonne di fumo ci stringono il cuore: pensiamo a selvaggi feroci e sanguinari che possono attentare alla nostra vita, alla nostra famiglia e stiamo sempre in guardia. Oltre un certo fiume (o lago che sia) dalle acque profonde e nere mai abbiamo osato metter piede; passare al di là di questo fiume è imprudente, temerario, pericoloso... E il regno di selvaggi sconosciuti; è il regno delle più feroci belve del bosco. E in quel fiume dalle acque calme e profonde, si annidano i più grandi e terribili « jacarè » (caimani) che si conoscono, i più grossi e lunghi « sucury » (pitoni) e le feroci « piranhas », quei terribili pesci dalle mandibole a rasoio, che divorano in pochi istanti qualunque animale che cada nell'acqua...

No, Padre; Lei non sa e non conosce questi pericoli e per questo non teme e si azzarda ad un simile viaggio... Perchè vogliono mettersi in tanto pericolo? in così pochi? Meglio è aspettare ad altro tempo; formare una carovana ben numerosa e ben armata ed allora si potrà tentare...

Coi più vivi e spaventosi colori ci dipingeva il quadro di ciò che avremmo incontrato nel nostro viaggio, e insisteva perchè desistessimo dal nostro progetto o almeno lo rimandassimo a miglior tempo dopo aver allestito una carovana più numerosa e più armata.

Desistere dal viaggio e dal tentativo di penetrare in quella zona così su due piedi, solo perchè me lo dipingevano tanto pericoloso non potevo, nè dovevo

Pregai il nostro signor Martin di aver la bontà di accompagnarci fino a quel fiume o laguna a cui egli si riferiva, punto estremo da lui sconosciuto. L'ottimo uomo non fece difficoltà; anzi mi disse: - Lo faccio tanto volentieri; visto che Lei non intende desistere dal suo progetto, non solo l'accompagnerò fino a quel luogo, ma l'aiuterò a passare quel fiume così infestato da caimani.

Una tribù scomparsa?

Quella sera abbiamo fatto un giro a cavallo .col signor Martin per vedere un luogo, dove s'incontrano vestigia, cocci, pezzi di anfore, di vasi e simili resti, a quanto sembra di un'antica tribù selvaggia scomparsa. La storia e la tradizione non dicono che quei luoghi fossero abitatii anticamente da civilizzati; e nulla prova un qualche incontro nella località tra civilizzati e selvaggi, con seguito di vicende che cau sarono in altri luoghi lo sterminio o l'esodo di tribù selvaggie. A chi appartennero quei pezzi di terra cotta sparsi sulle zolle? Per quale causa è avvenuto l'abbandono di quei luoghi? Mi ricordai che simili vestigia trovai pure sulla riva destra del Rio das Mortes e che domandando ai Bororos che cosa sapessero di ciò, mi risposero che in altri tempi doveva esser vissuta colà una tribù, della quale essi nulla sapevano, ma di cui parlavano i loro vecchi... gente simile a loro e che si chiamava « Koroge » e che oggi era scomparsa. I Bororos non sanno altro e giudicano che questi avanzi siano appartenuti alla tribù dei « Koròge »; questa però è una loro supposizione; quale potrà esser la realtà?

Avevamo incontrato inoltrandoci prima una zona di foresta poi subito immense estensioni piane, senza alberi e vegetazione, eccetto alte erbe ed alcune palme della specie « Burity » (Mauritia vinifera) sparse qua e là. Le lagune, gli stagni melmosi si succedevano alle praterie acquitrinose, ai pantani. Poi, a poco a poco il terreno si elevava, si faceva più secco ed alto fino a formare piccole colline con enormi massi di roccie accumulantisi uno sull'altro. In questa zona più elevata è sita l'azienda del signor Martin.

Eravamo già a 20 e più km. dal fiume Araguaya e pensavo che oltre l'immensa lacustre bassura attraversata, l'elevazione incontrata continuasse accentuandosi fino all'incontro di una catena montagnosa che appariva all'orizzonte in direzione nord. Mi sorrideva questa speranza perchè avevo sempre considerato che la maggior difficoltà in questo viaggio sarebbe data dalle grandi lagune, paludi, pantani enormi, terreni acquitrinosi che sogliono accompagnare i grandi fiumi, e specialmente l'Araguaya.

Per una distanza immensa le acque si estendono da lato a lato del grande fiume e vi rimangono generalmente da novembre o dicembre fino ad aprile o maggio. Si ritirano poi lasciando pantani, paludi e lagune che si stendono a vista d'occhio, veri focolari di infezione malarica, regno della maligna, insopportabile zanzara mosquito (Culex Anophelis) dove vive a nugoli, spargendo in tutta la zona il veleno delle febbri palustri, la più penosa e terribile piaga, il flagello più temuto dagli abitanti dell'Araguaya.

Al mattino, preparati i nostri carichi, ci siamo messi in viaggio. Il signor Martin ci faceva da guida. Andammo tra palmizzi e boschi annosi, in un terreno accidentato, che a mano a mano scendeva, finchè ci siamo trovati in perfetta pianura dove i fossi di acqua stagnante erano frequenti ed estesi i pantani.

Sul mezzogiorno riposammo un po', presso un piccolo corso d'acqua. Il mio desiderio era di raggiungere quanto prima quel fiume o laguna di cui aveva parlato il signor Martin; ma era ancora distante e non vi saremmo pervenuti che prima di notte.

Il fiume dei caimani.

Il terreno continuava basso e pantanoso; ma non ci presentava difficoltà alcuna e si proseguiva di buona lena desiderando tutti di avere davanti la famosa laguna.

Lontano una striscia più alta ed oscura di foresta si delineava da Sud a Nord e si confondeva coll'orizzonte. - Là, mi disse la guida, dobbiamo arrivare oggi; avremo da camminare ancora per un buon paio di ore. - Man mano, che si avanzava, quell'orlo verde cupo dell'orizzonte si faceva più vicino, più alto, più distinto. Al bosco rado e basso succedevano steppe coperte di alte erbe, di cannetti; di lunghe erbe acquatiche e specialmente di una specie di palma nana, irta di spine nel tronco e nelle foglie che, in certi luoghi dove erano più unite, rendevano difficile il passaggio: gli animali si rifiutavano di avanzare e ne uscivano colle gambe sanguinanti per le punture. Nè miglior sorte toccava a noi.

Finalmente si giunse al luogo determinato. Avevamo ancora più di un'ora al sole, sebbene avessimo percorso più di 4o km. Si cercò il luogo più opportuno per mettere il nostro accampamento e stender la tenda, il che si fece in pochi minuti. Non troppo vicino all'acqua perchè dovevamo premunirci contro qualche sorpresa notturna dei feroci jacarè, e dei terribili sucury, che potevano sorprenderci nel sonno e strascinarci nelle acque per servire ad un buon pasto.

La foresta lasciava un andito largo e quella radura, coperta di alte erbe, conduceva fino all'orlo dell'acqua. Ai lati l'oscura foresta chiudeva la radura; davanti la densa superficie dell'acqua, al di là della quale ancor più tetra pareva estendersi la selva.

(Continua).

Per la cura dei fanghi di Acqui. Signore e Signorine che desiderano alloggio e pensione accurata e tranquilla durante la cura alle Terme, possono averla presso l'Istituto Santo Spirito delle Salesiane di Don Bosco. - Per schiarimenti e programmi rivolgersi alla Direzione Istituto Santo Spirito. ACQUI (Alessandria).

CULTO E GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Mi salva da un'operazione.

Lo scorso novembre fui colpita improvvisamente da forti attacchi di eclampsia. Chiamato il medico di famiglia, dichiarò il caso molto grave, e decise immediatamente di chiamare uno specialista, onde tentare una non facile, ma urgente operazione.

Giunse lo specialista, constatò lui pure la gravità della situazione, e perciò si accinse subito per la difficile operazione, ma con poca speranza di successo.

Quando tutto fu pronto per l'operazione, con grande meraviglia dei tre Dottori curanti, il grave caso si risolveva senza bisogno dell'atto chirurgico.

Ringrazio perciò infinitamente la Vergine SS. di avermi conservata all'affetto dei miei cari, e prego voler continuare sempre su me e sulla famiglia, la sua potente e benevola protezione.

Feisoglio (Cuneo), 15 Marzo 1928.

RAVINA ROSA IN QUAZZO.

Mi ha tratto da un imbroglio.

Per una questione finanziaria mi sono trovato in un imbroglio che mi teneva preoccupato, date le condizioni in cui versava la mia parrocchia. Dopo un anno di trattative, non vedendo via per uscirne, ho fatto una novena a Maria Ausiliatrice perchè mi aiutasse nella mia critica situazione. La grazia venne e tutto si potè accomodare. Inviando l'offerta, mi raccomando ancora per un'altra grazia per cui prometto una più generosa elemosina.

Muzzano.

D. LUIGI ABBONDIO.

Maria protegge i suoi figli.

Invernizzi Giovanni da quattro mesi alunno del Collegio S. Carlo in Borgo S. Martino, dove godeva buona salute, il 14 gennaio ammalò quasi improvvisamente per un'infezione maligna con ascessi, per cui fu dovuto trasportare all'Ospedale di Pavia per l'operazione chirurgica. Il Professore Medico Chirurgo appena lo ebbe visitato manifestò i più forti dubbi di poter arrestare l'infezione totale del sangue. Fu allora che consigliai alla costernata famiglia una Novena a Maria SS. Ausiliatrice e al Venerabile D. Giovanni Bosco e diedi anche una reliquia del medesimo. Gravissimo era il pericolo ma prontissimo fu anche l'intervento divino, per cui nel secondo giorno della Novena si ebbe a riscontrare subito un insperato arresto dell'infezione maligna ed il Professore Medico Chirurgo, di ciò meravigliatissimo, potè procedere all'operazione chirurgica riuscita felicemente ed auspicare la guarigione completa ora ottenuta.

Balossa Bigli (Pavia), 9 Marzo 1928.

Sac. FIOCCHI VINCENZO.

Guarita prodigiosamente.

Nello scorso anno la nostra piccola Lena, d'anni i i forse in seguito a caduta, fu colpita da un grave male alla coscia, per cui non poteva reggersi e camminare se non zoppicando.

Consultati diversi medici, a Casale, dichiararono che si trattava probabilmente di una coscite, malattia lunga e di difficile guarigione, per cui si consigliava la cura in clinica. Condotta a Torino fu esaminata ai raggi e si confermò la stessa diagnosi e le fu applicata una gessatura alla gamba ed alla coscia, obbligandola a restare immobile per circa un mese, nell'ospedale Mauriziano, dove fu ricoverata e dove le furono prodigate tutte le osservazioni e le cure dovute.

È facile immaginare l'ansia e la trepidazione di tutta la famiglia pel timore che la povera bambina restasse sciancata per tutta la vita. Ma più che nei mezzi umani la nostra speranza era riposta nell'aiuto divino, e per tutto il tempo della malattia, si ricorse con fiducia a Maria SS. Ausiliatrice e a D. Bosco. Passato il mese, le fu tolta la gessatura, e benchè non si vedesse nessuna lesione, pure la bambina continuava a zoppicare. Fu ricondotta provvisoriamente in famiglia per lasciar passare alcuni giorni prima di ripetere la cura...

Grande era l'aspettazione di tutti... ma specialmente della buona nonna, donna di gran fede, che si era offerta vittima volontaria per la salute dell'amata nipotina. E il Signore volle accettare la sua offerta e il suo sacrificio... Quel giorno era festa e la buona nonna l'aveva passato tutto in preghiera con altri della famiglia.

Il treno che riconduceva la piccola era in arrivo a Borgo S. Martino, passava davanti alla cascina e prima che giungesse alla stazione, la buona nonna veniva colpita improvvisamente da apoplessia cerebrale e dopo 8 giorni di sofferenze sopportate colla calma delle anime sante, passava dalla terra al cielo per intercedere presso a Dio la grazia sospirata.

La bambina intanto pareva zoppicasse peggio di prima... E dopo 2o giorni di riposo, fu ricondotta a Torino per essere sottoposta a nuova cura... Fu un giorno di contiguo strapazzo, avendo dovuto recarsi in vari luoghi; ed essendo pure lontano da Torino lo specialista che si voleva consultare, la bambina rimase ricoverata, per quella notte, presso le buone Suore di Maria Ausiliatrice, che si erano unite a noi nel pregare. Il giorno dopo all'alzarsi, la piccolina incominciò a dire a tutti: - Ma io sono guarita! Questa notte io sono guarita! - E infatti essa camminava speditamente come fosse sempre stata sana: e fece a piedi il tratto da casa all'Ospedale... Sottoposta a nuova visita da una Commissione di quattro dottori specialisti, e passata di nuovo ai raggi, si dichiarò che era perfettamente guarita. E da un anno non ha più sofferto alcun disturbo.

Siano grazie alla Celeste Dispensatrice dei favori divini, e al suo fedel Servo che ci hanno esauditi.

Borgo S. Martino, 24 Aprile 1928. RoTTICCi AGOSTINO E FAMIGLIA.

Salvato da Maria Ausiliatrice.

Nel gennaio dello scorso anno un mio figlio si ammalava gravemente di tifo, e dopo; qualche mese di malattia stazionaria si aggiungevano altre complicazioni.

Il latte che gli veniva dato come alimento, cominciò a produrre gonfiore allo stomaco ed atroci dolori, fino al punto di otturare le vie intestinali, lasciando scorgere la necessità di qualche operazione chirurgica. Visto il caso disperato si ricorse allora con una novena a Maria SS. Ausiliatrice, promettendo l'invio di una offerta e mettendo ancora sotto il capezzale, dell'ammalato la reliquia del venerabile Don Bosco.

Il male intanto perdurava, quando una notte, all'ammalato parve di vedere contro il muro opposto la figura del venerabile D. Bosco.

Da quell'istante cominciò a dare segni di miglioramento, ed ora trovasi perfettamente guarito. Con animo profondamente grato rendo pubbliche grazie alla Madonna che tanto mi ha consolata.

Trapani, 9 Marzo 1928.

BARRARO CATERINA.

Teol. GIULIo BoRIs (Milano), per grazia ricevuta, manda offerta in onore di Maria Ausiliatrice.

GIusuE' RossIN (Graminka) ringrazia Maria per aver guarito suo cognato colpito di grippe e ridotto agli estremi dalle altissime febbri.

N. N., atterrita dalla minaccia d'una dolorosa operazione a una sua figliuola, si rivolse a Maria Ausiliatrice e il pericolo fu scongiurato.

D. B. M. (Piobesi) raccomandò a Maria Ausiliatrice un suo fratello che partiva accasciato, disfatto per la visita medica e se lo vide arrivare alla sera arzillo e perfettamente guarito, senza che lo specialista trovasse traccia del male.

Gilli Rina ringrazia M. A. per aver ridonata la salute a una sua amica.

A scopo di dare maggior sviluppo alla divozione di Maria Ausiliatrice, non essendo a ciò sufficiente il breve spazio assegnato nel "Bollettino Salesiano ", si è pubblicato

"MARIA AUSILIATRICE„ Periodico Mensile del Santuario.

Il nuovo periodico farà ampiamente conoscere la vita religiosa che si svolge nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino; pubblicherà relazioni di grazie ricevute, la storia del Santuario, articoli sull'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice, le offerte ricevute, le domande di grazie, le visite illustri, le grazie attribuite all'intercessione del Servo di Dio Domenico Savio, i nomi dei benefattori defunti, notizie sulla diffusione del' culto di Maria Ausiliatrice nel mondo, ecc. I cooperatori salesiani sono vivamente pregati di diffondere il nuovo periodico e inviare alla Direzione tutte quelle notizie che potessero tornar di gloria a Maria SS. e favorire la propagazione del suo culto.

L'abbonamento annuale è : Per l'Italia: L. 5,00 - Per l'Estero: L. 8,00.

Per numeri di saggio rivolgersi alla Direzione del Periodico, Via Cottolengo, 32, Torino,

DALLE NOSTRE CASE

PISA. - L'Istituto Salesiano di Pisa ha celebrato il 22 aprile il suo XXX anno di vita con l'inaugurazione di un ricordo marmoreo alla memoria del primo Direttore - il compianto D. Andrea Chiarinotti - e con un solenne convegno degli Ex Allievi dell'Istituto. L'Em.mo Card. Maffi, che in una cordialissima lettera di adesione, già aveva esaltato con nobili e affettuose parole la fausta data, scrivendo: « Trent'anni di benedizione colla presenza dei figli di D. Bosco nella nostra città! », si degnava intervenirvi, aggiungendo alla simpatica riunione splendore con la sua dignità e colla sua squisita benevolenza.

La storia dell'istituto di Pisa è un poco simile a quella degli altri istituti salesiani. Fu aperto dietro invito di ottime persone, e cominciò nel 1897 nella più perfetta povertà aiutato fin dai primi giorni dalla carità dei benefattori pisani; di anno in anno sviluppò e perfezionò le belle opere che ora vi fioriscono rigogliose, l'Oratorio, le Scuole Serali e Diurne, il Ritrovo serale, la Casa del Soldato, il Pensionato Universitario, la Chiesa di S. Eufrasia, ecc. facendo sentire la sua benefica influenza a svariate categorie di persone.

MESSINA - Conferenza Salesiana. - Il 12 febbraio gli zelanti Cooperatori di Messina si adunarono per infervorarsi ad esplicare una più attiva azione in sostegno delle Opere Salesiane, specialmente missionarie. Al mattino convennero all'istituto Salesiano S. Luigi per ascoltare la messa celebrata da Mons. Giardina, il quale con fervida parola parlò loro della cooperazione che è opera di formazione propria e di carità verso gli altri. Poi alla sera ascoltarono con avidità la smagliante conferenza dell'Avv. Ignazio Sciortino che con vivissimo affetto disse delle Opere di Don Bosco e della cooperazione salesiana. I cooperatori messinesi sempre entusiasti per le Opere salesiane, non mancheranno di rendere ognor più attiva la loro azione e portare all'Unione tante altre anime buone, disposte ad aiutare le Opere che D. Bosco ha fondato a salvezza della gioventù.

BUENOS AIRES - Cinquantenario alla Boca. Le feste cinquantenarie della presa di possesso dei Salesiani alla Boca sono riuscite splendide e fruttuose. Ed era giusto si celebrasse la data del 18 marzo perchè segna l'epilogo di una gloriosa conquista. Ciò che era il sobborgo della Boca cinquant'anni fa, è noto a tutti: per le condizioni particolari del luogo - lontano dal centro della città, con scarse comunicazioni, abbandonato completamente dalle civili autorità - era divenuto il covo della malavita e delle loggie massoniche. Ne fecero purtroppo un brutto esperimento i confratelli salesiani che pei primi si accinsero a cristianizzarlo.

Ci volle il coraggio di D. Cagliero per pregare l'Arcivescovo Mons. Federico Aneiros di affidare alle cure dei Salesiani quel sito, dove il sacerdote era il più inviso e insultato. Don Cagliero l'affidò allo zelo industrioso e prudente di D. Francesco Bodratto, Ispettore, che vi andò il 20 maggio 1877. All'opera sua e dei suoi zelanti successori si deve il risanamento morale del sobborgo che oggi conta oltre 1oo.ooo anime.

Si costruì dapprima una piccola cappella di legno (m. 3o per 6 e per 3,5o di altezza) e accanto sorse l'Oratorio e una Scuola parrocchiale di 4o alunni. Oggi le aule scolastiche del fiorente Istituto, ampie e spaziose, contengono la bellezza di 40o alunni! Anche la misera cappella si rivelò ben presto insufficiente e il parroco D. Bourlot nel gennaio 1879 costituì la prima Commissione per studiare e provvedere alla costruzione di una chiesa più ampia e più bella. Solo nel marzo 1883 Mons. Aneiros ne benediceva la prima pietra, fungendo da padrino l'Ecc.mo Presidente della Repubblica, il generale Giulio Roca. Tre anni dopo il tempio veniva consacrato solennemente da Monsignor Arcivescovo con Mons. Espinosa e aperto al culto, dedicato a S. Giovanni Evangelista.

Nel 1911 per iniziativa di D. Valentino Bonetti, fu decorato con ricchi fregi e dipinti dall'artista italiano Enrico Reffo. Nel raggio della Parrocchia si elevò un'altra chiesa, dedicata a S. Pietro, per opera della signora Dominga de Frumento in memoria del suo sposo: serve mirabilmente nei giorni festivi a dar comodità alla popolazione di compiere i doveri religiosi: è ufficiata da sacerdoti salesiani ed ha annesso un Oratorio frequentato al mattino dai ragazzi, nel pomeriggio dalle ragazze dirette dalle Figlie di Maria Ausiliatrice che hanno un Collegio, importantissimo centro di istruzione per le fanciulle del sobborgo.

La Boca oggi non ha più nulla che ricordi il brutto di cinquant'anni fa e la vita vi si svolge in tutte le manifestazioni civili e cristiane come negli altri luoghi. Nel corso di questi dieci lustri furono amministrati 72.9oo battesimi e benedetti 12.168 matrimoni; e il numero di Comunioni distribuite tocca annualmente la media di 107.000. Come si vede, progresso se n'è fatto! E lo dimostra la Parrocchia, fiorente oggi di associazioni religiose e sociali, che molte altre parrocchie potrebbero invidiare: vi sono tra le altre: l'Apostolato della preghiera con 1200 socie - il « Pane del povero » per soccorrere la povera gente - le Conferenze di S. Vincenzo per le signore e per i giovani che compiono un'opera di meravigliosa beneficenza - la Società di mutuo soccorso con 342 associati - l'Opera di Maria Ausiliatrice che annualmente dispone di 40 mila lire per sostenere le vocazioni ecclesiastiche, ecc., ecc.

L'Unione Popolare Cattolica Argentina che ha sempre con vivissimo zelo coadiuvato l'azione del Parroco ed ha pure contribuito con generose offerte, in questa ricorrenza cinquantenaria ha promosso una serie di festeggiamenti per commemorare lo stabilirsi dei Salesiani alla Boca e ci piace ricordare in modo particolare la brillante Settimana Sociale riuscita assai fruttuosa. Tre distinti oratori svolsero temi di attualità sull'azione parrocchiale e sue influenze intellettuali, morali ed economiche, ascoltati da un numeroso uditorio che trasse molti insegnamenti opportunissimi. La « settimana » fu chiusa con una giornata eucaristica alla quale prese parte l'Eccellentissimo Nunzio Pontificio Mons. Filippo Cortesi. Poi il giorno del patrono della Chiesa il Nunzio Apostolico e Mons. Bottaro, Arcivescovo di Buenos Aires, celebrarono le messe della Comunione Generale con consolazione indicibile. Quindi alla messa solenne l'Ispettore salesiano D. Serié intonò il Te Deum di ringraziamento a Dio per la protezione elargita all'opera salesiana della Boca. La folla straordinaria, che prese parte vivissima a tutti i festeggiamenti, non mancò neppure a tarda sera per ammirare estatica l'artistica illuminazione elettrica della facciata e del campanile della parrocchia.

Un cinquantenario così glorioso di opere è una buona promessa di più proficuo lavoro futuro per il bene delle anime.

PANAMA - Orfanotrofio Salesiano. - L'orfanotrofio della Capitale della Repubblica, nei primi del febbraio u. s., è stato oggetto delle più benevoli attenzioni da parte delle autorità e da parte della stampa. L'esposizione dei lavori eseguiti dagli alunni delle Scuole Professionali e la solenne distribuzione dei premi, fatta dall'Eccellentissimo Presidente della Repubblica, furono ottime occasioni per richiamare alla sede della benefica istituzione uomini politici e persone di cuore: anche i giornalisti intervennero e con le lodi non mancarono di divulgare ai quattro venti anche le necessità più urgenti dell'Istituto.

Quell'umile orfanotrofio, sorto nel 1909, ha svolto finora la sua azione in silenzio e ad un tratto ha rivelato la sua salda consistenza realizzando, specialmente in questi ultimi anni, un programma tecnico professionale di grande perfezione. L'Esposizione fu visitata il 6 febbraio dal R. Ministro d'Italia, accompagnato dal Reggente del Consolato, che espresse al Direttore D. Ugo Lunati la sua entusiastica ammirazione per i lavori eseguiti e per la disciplina, improntata a spirito di famiglia, dominante nell'istituto. Il 10 febbraio lo stesso R. Ministro assistette accanto al Sig. Presidente della Repubblica alla distribuzione dei premi e al conferimento dei diplomi di operai.

Notiamo che i diplomi conferiti agli alunni delle Scuole Professionali dell'Orfanotrofio si fregiano delle firme delle personalità tecniche più eminenti che si degnano di esaminare l'alunno. Il diploma p. es. di elettromeccanica è firmato dai signori B. Riebe A. Mc Keown e Giulio Hernàndez, alti impiegati degli stabilimenti Balboa (Zona del Canale): sono nomi che da sè formano la più efficace raccomandazione al diplomato per avere prontamente impiego in qualunque stabilimento della zona.

Ciò che tutti i visitatori hanno lamentato, è stata la ristrettezza dei locali e del terreno. I giornali della Capitale si sono fatti portavoce di questo lamento e richiamando l'attenzione della popolazione sulle benemerenze dell'Istituto hanno rivolto un appello alle persone caritatevoli perchè offrano i mezzi per provvedere una nuova e più ampia sede all'orfanotrofio.

MAR DEL PLATA - Per l'Oratorio Salesiano. - La cittadinanza di questa ridente stazione balneare con slancio di carità il 4 marzo ha dato la sua generosa cooperazione ad un'opera buona. all'erigendo Oratorio Salesiano di Mar del Plata. Alla funzione religiosa del mattino, che si svolse solenne nella basilica di San Pietro e S. Cecilia, un'imponente folla di cooperatori si raccolse ai piedi dell'altare per propiziare le grazie di Dio sull'incipiente oratorio. Il Comitato delle Dame Patronesse, che accoglie la più distinta aristocrazia cittadina, faceva servizio d'onore e nulla tralasciò perchè la funzione avesse una fastosità da commuovere profondamente gli animi. Il nostro D. Stefano Trione, che si trovava colà, parlò alla folla devota sciogliendo un inno ai Cooperatori Salesiani ai quali raccomandò l'Oratorio, la più efficace tra le opere ideate da Don Bosco per la gioventù, ed esaltò l'alto patrocinio che l'Ecc.mo Presidente della Repubblica, Dott. Alvear, e la sua illustrissima Consorte Donna Regina Pacini avevano accordato alla novella istituzione, e lo zelo amoroso che per essa spiegava il solerte Comitato delle Dame Patronesse. Varie signorine delle più agiate famiglie si fecero collettrici delle offerte per l'erigendo Oratorio.

Nel pomeriggio poi, sul terreno donato dalle Nobil Donna Maria Unzué de Alvear, si svolse la cerimonia della benedizione della pietra fondamentale dell'Oratorio, compiuta dal Vicario di Mar del Plata, Rev. Guido De Andreis di Biella. Il Presidente della Repubblica, Dott. Marcello De Alvear, e la sua signora vollero l'onore di essere padrini alla bella cerimonia: vi assistevano pure il Ministro degli Esteri Dott. Angelo Gallardo, il Comitato Patronesse al completo, e una distinta accolta di amici e benefattori.

Il Dott. Giovanni Podestà disse con molto calore il discorso di circostanza ricordando l'influenza benefica che gli Oratori fondati da Don Bosco ebbero sulla gioventù e accennò a quella non meno efficace che avrà l'Oratorio di Mar del Plata nell'educazione cristiana della gio ventù argentina, insidiata oggi in tanti modi. Ed elevando il pensiero dei presenti a questioni di attualità connesse intimamente colla salute morale del popolo, rivolse un caldo invito a tutti, poveri e ricchi, perchè avessero simpatia e interesse per quest'opera destinata a formare anime sane e cuori puri, dei quali abbisogna la Patria per essere più grande e forte. I generosi cooperatori dell'Oratorio - conchiuse - avranno a buon diritto un posto nell'albo d'oro della Patria per aver provveduto a far sorgere un'opera di salvaguardia sociale.

La cerimonia, svoltasi splendidamente non ostante il tempo piovigginoso, destò in tutti i presenti molto fervore di entusiasmo per realizzare a beneficio della gioventù di Mar del Plata il desiderato Oratorio. Speriamo che la generosità di tanti amici saprà presto compiere quest'opera stupenda che apporterà incalcolabili vantaggi alla ridente città.

S. PAULO (Brasile) - Visita dell'Ambasciatore d'Italia. - S. E. l'Ambasciatore d'Italia Attolico, accompagnato dalla sua gentile consorte, ha visitato in S. Paulo due grandiosi stabilimenti: il Cotonificio Crespi alla Mocca e la fabbrica del Belemzinho. Quindi si degnò visitare il nostro grande Liceo del S. Cuore di Gesù, accolto dal superbo schieramento dei quasi due mila giovani che l'hanno salutato con calorosi applausi. Un alunno del terzo corso gli rivolse in italiano un vibrante discorsetto, ringraziando S. E. a nome dei compagni, della visita loro fatta e auspicando sempre maggiore affratellamento tra le due grandi nazioni sorelle.

S. E. Attolico ringraziò a sua volta vivamente commosso.

« Giovani - egli disse - tutto mi sarei aspettato di vedere venendo a San Paolo, fuorchè questo spettacolo che voi mi offrite; tutto mi sarei atteso fuorchè di dover assistere a questa meravigliosa rivista della gioventù italiana di San Paolo.

» Voi avete dato al mio cuore ed a quello della Ambasciatrice una gioia che non si esprime a parole.

» Il giovanetto che si è reso interprete dei vostri sentimenti verso l'Italia ha detto una cosa giustissima e santissima: che il cuore della gioventù non mente. Lo so: ed è alla sincerità dei vostri sentimenti che io plaudo: è all'opera poderosa e santa dei figli di Don Bosco che io debbo e voglio rendere omaggio.

» Don Bosco è il santo degli italiani. È dalla sua scuola che sorgono momenti, come questo, superbi che sono affermazione solenne della forza poderosa ed immortale della religione e della Patria ».

E continuò esprimendo in forma lusinghiera il suo compiacimento agli alunni e ai loro educatori. Dopo la visita all'Istituto, agli illustri ospiti fu offerto un rinfresco nell'ampio salone. L'Ispettore Salesiano che faceva gli onori di casa, presentò alle loro Eccellenze il personale dell'Istituto e a nome di tutti i suoi Confratelli espresse insieme col ringraziamento per la visita del Rappresentante d'Italia, i più cordiali voti per la prosperità della Patria diletta.

A tarda ora della sera, l'Ambasciatrice e l'Ambasciatore col loro seguito visitavano pure l'Istituto del Braz delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Le 15oo giovinette operaie che vi frequentano la Scuola Professionale serale accolsero gli ospiti col più schietto entusiasmo. Alle belle parole di omaggio lette con puro accento italiano da una giovinetta, rispose S. E. l'Ambasciatrice con un discorsetto molto appropriato e ascoltato con viva attenzione.

« Il Console on. Mazzolini - cominciò l'illustre Dama - vuole che io vi parli; ma io domando a voi se sia proprio per una madre di famiglia di farvi un discorso.

In ogni modo una cosa voglio dirvi: io provo, trovandovi tutte qui riunite, un sentimento di profonda ammirazione e commozione. Ammirazione per l'opera delle Figlie di Maria Ausiliatrice, degne figlie di quel Don Bosco che io considero il santo dell'Italia nuova come fu già San Francesco d'Assisi il Santo dell'Italia del trecento. Di commozione pensando a voi che qui venite come in un'oasi di pace, stanche dopo una giornata di lavoro ad attingere quello spirito di fede e di pietà che tanto è necessario nella vita.

La fede, sorelle mie, è dono dell'umanità, ma è patrimonio della donna. Essa è il balsamo dei nostri cuori e ci aiuta a compiere la nostra missione nel mondo: missione di abnegazione, di pace e di amore. Portate questo sentimento nelle vostre case con la purità delle vostre coscienze serene, con il sorriso dei vostri volti.

Ho detto stanche, ragazze, dopo una giornata di lavoro: stanche, ma non affrante. Voi amate ne son certa, il lavoro che è legge dell'umanità. E una benedizione di Dio che ci fa maggiormente apprezzare i doni di cui Egli quotidianamente ci colma.

Anch'io, vedete, quando la sera, dopo una giornata occupata e laboriosa, vado a riposarmi, raccolgo l'ultimo mio pensiero nel bacio che dò ai miei piccoli figli adorati, e se pur molte volte mi sento stanca, molto stanca, io benedico Iddio che mi ha reso felice: perchè nell'affetto di mio marito e dei miei figli e in quella vita laboriosa è tutta la mia felicità.

E permettete che io chiuda le mie parole citandovi un esempio di donna che tutte rappresenta le virtù dell'italica stirpe femminile : S. M. la Regina Elena.

Quando, poche ore prima di partire da Roma per Genova, ove dovevamo imbarcarci per il Brasile, io ebbi l'alto onore di essere ricevuta da Lei; Ella mi disse della sua vita, delle sue occupazioni tutte intente a lenire le miserie dell'umanità.

Ebbene figliuole, con il pensiero dell'Augusta Donna, con l'espressione della mia ammirazione per le Suore di Maria Ausiliatrice, io vi saluto e vi bacio ».

FLORIDA (Sfati Uniti) - Un Orfanotrofio Salesiano.

I nostri Confratelli si stabilirono da poco oltre un anno nella fiorente città di Tampa, sul golfo di Messico.

La loro azione si svolge feconda in tre parrocchie della città, di cui una soddisfa esclusivamente i bisogni della numerosa colonia italiana.

Una fiorente scuola parrocchiale, annessa alla nostra chiesa della Madonna della Mercede educa oltre settecento giovanetti e giovanette.

Ora una nuova forma d'azione, ancor più genuinamente salesiana, si prepara nel nuovo orfanotrofio che venne costrutto nei dintorni della città e che nel prossimo settembre riceverà i primi orfanelli. Esso è sorto come per incanto in un bel podere, grazie alla generosità di una cooperatrice nostra, Donna Alicia Neve, ed alla febbrile attività di quel nostro bravo Direttore, Don Rinaldo Bergamo.

Il 19 dello scorso febbraio con un concorso di popolo veramente straordinario per quella città protestante, si benedisse solennemente la pietra fondamentale. Vi dissero belle parole di circostanza il sindaco della città ed il nostro Don Bergamo. Il Vescovo diocesano aderì con una splendida lettera.

Voglia il Signore che lo spirito di Don Bosco sia un vero fermento di vita cattolica a Tampa, dove tra un centinaio di templi che esistono, appena cinque sono cattolici!

" BOLLETTINO SALESIANO ".

Il periodico s'invia ai Cooperatori e alle Cooperatrici Salesiane. e a tutti i benefattori dell'Opera di D. Bosco.

Esso dà ragguaglio di quanto i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice vanno compiendo a bene della Gioventù, segnatamente nelle Missioni.

È anche il periodico che narra le glorie e i trionfi dell'Ausiliatrice, e suggerisce i mezzi più pratici per giovare alla gioventù secondo lo spirito di D. Bosco.

Il « Bollettino » non ha abbonamento. Chi lo riceve procura di corrispondere con quella libera maggior offerta, possibilmente annuale, per le spese di stampa (di circa L. 10) e per le Opere Salesiane, specialmente per gli orfani, per gli aspiranti al sacerdozio, per le Missioni, ecc.

NECROLOGIO

Bicoli Caterina Ved. Tonelli.

A 77 anni volava al cielo, ricca di meriti, il 2 gennaio. Cooperatrice salesiana, spiegò la sua bontà a favore dell'Oratorio nostro di Figline Valdarno, per onorare Maria Ausiliatrice, della quale era divotissima. E trasfuse nei figli questo slancio di carità che divampò così vivida nel suo cuore.

Sac. Augusto Sacchi.

Priore di S. Martino ad Altoreggi.

Amico e benefattore delle opere salesiane, sostenne con provvida carità l'Oratorio di Figline Valdarno. Spirò piacente il 29 gennaio a 55 anni. Al candore dell'animo accoppiava uno zelo vivissimo che sempre lo guidò nel ministero sacerdotale.

Preghiamo anche per:

ALLODA Carolina ved. REVELLI, † Busca (Cuneo). ARMIG Sergio, † Trieste.

BELLANI Giuseppe, † Gorlago (Bergamo). BERTI Giuseppe, † Valmozzola (Parma). BETEGA Libera, † Villa Garibaldi (Brasile). BOGINO Maria Ved. LISSI, † Lanzo Torinese. BORGNINO Battista, † S. Paolo della Valle. BOSETTI Marco, + Nave S. Felice (Trento). BRACCO Antonio, + Verolengo (Torino). BRANCUCCi Luisa DEL GIUDICE, † Roma. BRIGNOLI Maria IN DRAGHI, + Fego (Pavia). BULLA Carlo, † Pralboino (Brescia). CAGNONI Margherita, † Gazzaniga (Bergamo). CAMILLUCCI Prof. Edoardo, † Ascoli-Piceno. CAPRA Caterina Ved. MONTICONE, † Collegno. CARETTA Anna, † Schio (Vicenza). CARMINATI Luigia, † Terno d'Isola (Bergamo). CECI Luigia CERESINI, 1 Parma. COGGIOLA Vincenzo, † Valenza (Alessandria). COLOMBO Carlotta CITTERIO, † Meda (Milano). COMODI Rosa, † Scrofano (Roma). COURIERI Nina, † Bordighera (Imperia). DE-MOLINARI Sofia, † Monza (Milano). DE-Riso Barone Gaspare, † Centurano (Napoli). Duci Angelo Pietro, † Bueggio (Bergamo). FLORA Carletto, † Piano d'Isola. FLORA Rosa Ved. GIANOTTI, † Piano d'Isola. FOGLIANI Orinzia Ved. TAMBURINI, † Rivali. FONTANA Amilcare, 1 Modena. FRATE Pietro, † Civo (Sondrio).

GALUPPI Can. Nicola, † Montagano (Camp.). GANDOLINO LUCHINELLA IN SIBILLA, † Pernassio (Imperia).

GASPARONI Rosa, † Monte Magré di Schio.

GIOMETTI Cheruhina Ved. ToscHi, + Porcari. GIANOLIO Luigia Ved. FIORIO, † Rivoli Tor. GIUSTI Gaetano, † Casinalbo (Modena). GIUSTI Vittorio, † Legnago (Verona). GRILLO Marco, † Ovada (Alessandria). GUERRA Natale, † Primolo (Sondrio). LEDDA Mons. Pietro, † Sanluri (Cagliari). MARINGONI Alessandro, † Chignolo d'Isola. MARSILIANI Ciro, † Roma. MAZZA Giuseppina, † Cincinnati-Ohio (U. S. A.). MAZZOLI Suor Margherita Geltrude, † Treviso. MAZZOLINI Marianna, † Terno d'Isola. MELONI Marietta, † Sanluri (Cagliari). MICHELIS Giovanni, 1 Ormea (Cuneo). MORETTA Giacomo, † Sorriva (Belluno). Musso Maria Ved., † Novello (Cuneo). NoELLI Alberto, † Torino. NovERo Baldassare, † Nole (Torino). OLIVA Cav. Dott. Valentino, † Torino. PARUSSA Teresa, + Montaldo Roero. PASCHETTA Stefano, † Racconigi (Cuneo). PASQUALINI Avv. Crescentino, † Terni. PASTORINO Caterina, † Genova. PAUTASSO Teol. D. Francesco, † Casellette. PEDUZZI Antonietta, † Pollegio (Svizzera). PELLEGRINI Elpidio, † Chieti. PENNA Lucia IN PINCIONE, † Roma. PESCE Irma, † Ascoli-Piceno.

PISCARDI Cav. Vincenzo, † Scalenghe (Torino).

POLO A..gostino, Farmacista, † Sanluri (Cagliari).

POZZI Felicita, † Felizzano (Alessandria). RAPISARDA Giuseppe, † S. Gregorio (Catania). REALI Dott. Anselmo, 1 Aosta. ROLETTI Petronilla, † Abbadia Alpina. SAGE GLAREJ Natalia, † Arvier (Aosta). SALA Maria Ved. LUCCA, † Milano. SARTOR Domenico, † Agliè (Aosta). SAVARESE Ciro, † Broux N. Y. (U. S. A.). SAVIO Letizia, 1 Sombrero (Bergamo). SCARSI Giulia, fu Andrea, † Roccagrimalda. SCLAVERANI Carlo, † Torino. SENO Vincenzo, † Ormea (Cuneo). SERRA Carlotta, † Agliano d'Asti.

SETTIN Giuseppe, † Tresché Conca (Vincenza). SORESINA Lina, † Garolda (Mantova). STUCCHI Cecilia, † Monza (Milano). TALLONE Bianca IN TRUCCO, † Ville S. Sebastiano (Imperia).

TECCHIo Caterina Ved. BALESTRO, † Montecchio Maggiore.

VACCHINO Michele, † Settimo Rottaro. VALSECCHI Elvira, † Monza (Milano). VELTRONI Letizia, † Castelgandolfo (Roma). VENTURELLI Cesare, + S. Venanzio (Modena). VIOLINO Don Enrico, † Agrano (Novara). ZARDINI Pietro, † Marano di Valpolicella. Zuvo Bartolomeo, † Varazze (Savona). .