BS 1910s|1915|Bollettino Salesiano Aprile 1915

I APRILE 1915

ANNO XXXIX - N. 4

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO

Redazione e Amministrazione - Via Cottolengo, 32 - TORINO.

Sommario. - Le prossime feste di Maria Ausiliatrice - Rimembranze - Gli orfani del terremoto e le sollecitudini del S. Padre - Nel Centenario della nascita di D. Bosco: Discorso di Mons. Gusmini - Ai piccoli amici di Don Bosco - Lettere dei Missionari - Eroismo e riconoscenza - V° Anniversario - Il Culto di Maria SS. Ausiliatrice - Il Servo di Dio Domenico Savio - Note e Corrispondenze - Necrologio e Cooperatori defunti.

Le prossime feste di Maria Ausiliatrice

CENTENARIO E CINQUANTENARIO - IL NOSTRO PROGRAMMA TUTTI A VALDOCCO ! - STRAORDINARIA ESPOSIZIONE DEL SS. SACRAMENTO PREGHIAMO PER I BISOGNI DELLA CHIESA E DELLA SOCIETÀ

Centenario e cinquantenario.

IL 15 settembre p. v. si compiranno cent'anni dacchè il santo e tribolato Pontefice Pio VII (che il maggio antecedente, reduce da Savona, avea visitato la città di Torino) emanava il decreto dell'istituzione della festa in onore di Maria SS.ma sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani; e il 27 del corrente aprile sono cinquant'anni dacchè il Ven. Don Bosco faceva collocare la prima pietra del nuovo Santuario, che egli aveva stabilito di erigere alla Beata Vergine sotto lo stesso titolo. Cent'anni dacchè furono decretati a Maria Ausiliatrice gli onori di una festa liturgica, che doveva assorgere allo splendore di un crescente trionfo di fede, di pietà e di devozione nel nuovo Santuario!... Cinquant'anni dacche il nome di Maria Ausiliatrice, scritto a caratteri d'oro nel verbale della posa solenne della pietra angolare del suo primo Santuario, fu scolpito sopra migliaia di medaglie benedette che in tempi calamitosi furono ricercate e custodite come pegno di benedizione celeste; cinquant'anni dacchè l'augusto Nome di Lei eccheggiò con un fremito di speranza e di gioia sulle bocche dei dolenti, dei tribolati, e di intere moltitudini, alle quali, con accenti di benedizione, rapidamente si unirono innumerevoli fedeli da tutti i paesi della terra !

Il nostro programma.

È un dovere il commemorare solennemente l'una e l'altra data memoranda, specialmente la prima, e, per questa, nobilissimo e attivo Comitato aveva delineato il programma di straordinari Festeggiamenti religiosi, che avrebbero toccato il culmine il 24 maggio in cui si sarebbe collocato in mano alla Vergine un aureo scettro tempestato di gemme e di brillanti, dono di pia Principessa... Ma l'ora che volge c'impone di soprassedere, e perciò la grandiosa cerimonia è definitivamente rinviata insieme col Congresso Mariano su Maria SS. Ausiliatrice nell'Opera di Don Bosco, colla pubblicazione del periodico Maria Ausiliatrice nel Centenario della sua festa, coll'Esposizione del suo Culto; insomma sono contemporaneamente tramandati tutti i grandi festeggiamenti. Ma la data solenne, resa più suggestiva dai bisogni presenti, dev'essere egualmente commemorata e noi lo faremo procurando di dare alle prossime Feste Titolari un intimo carattere di pietà profonda e di religioso fervore, qual mai nel passato.

Tutti a Valdocco!

Che se non potremo, come vorremmo, organizzare una serie di pellegrinaggi che guidino schiere di fedeli da ogni parte, quasi in processioni di penitenza, ai piedi « di quella Benedetta che fu in ogni tempo l'aiuto dei cristiani », tuttavia confidiamo che più numerosi dell'usato affluiranno i devoti al Santuario. E se a questo può contribuire la nostra parola e il nostro invito, ben volentieri noi la diciamo a tutti la calda parola e facciamo a tutti il più insistente invito di accorrere a Torino, a pregare Maria Ausiliatrice per la pace delle nazioni, per i bisogni della Patria nostra e di tutta la Chiesa, e secondo le intenzioni del Sommo Pontefice.

Venite, venite, o Cooperatori carissimi, accorrete a Torino.

Qui, nel Tempio augusto che nell'ampia sua mole arrise tante volte alla niente del Venerabile prima ancora che egli pensasse d'innalzarlo; - qui, dove la Vergine Santa, additandogli il luogo consacrato dal sangue dei SS. Martiri Torinesi Solutore, Avventore ed Ottavio, gl'intimava di erigerle il nuovo trono di grazia e di misericordia; - qui, dov'Ella apparve nuovamente alla niente di lui, circondata dal Senato Apostolico e da una moltitudine di spiriti beati; - qui, ai piedi del suo altare, nell'anno che segna il Centenario della sua festa e - il Cinquantenario della prima pietra del suo tempio, Ella aspetta le preghiere dei suoi devoti per dare alla Chiesa una nuova prova della sua materna protezione.

Noi lo speriamo, noi lo crediamo fermamente !

Rammentiamo, o Cooperatori carissimi, i cumuli di grazie che la Vergine elargì da questo suo trono benedetto! Già sulle ignorate e solinghe zolle, su cui sorge il Santuario di Valdocco, un dì ebbero a chinarsi con bontà e con tenerezza gli sguardi di Maria. Allorchè, con tremito orrendo, il 26 aprile 1852 (63 anni or sono) scoppiava la polveriera di Torino, molti abitanti delle case vicine al nascente Oratorio di S. Francesco di Sales insieme con parecchi malati si raccolsero a piangere e a pregare in un campo deserto, che Don Bosco allora aveva comperato... ed era appunto il campo su cui ora torreggia maestoso il Santuario di Maria Ausiliatrice, dove, dal giorno che fu aperto al divin culto continuano a portarsi o a rivolgersi gli afflitti e i tribolati di ogni parte della terra, e vi trovano conforto ed aiuto

Cooperatori carissimi, da più mesi è scoppiato un altro incendio, assai più disastroso e terribile, il quale continua l'opera sua nefasta di distruzione e di morte. Deh! ricorriamo noi pure alla Vergine Ausiliatrice e il mese che dedicheremo a Lei sia quest'anno rivolto ad ottenere la cessazione dell'immane flagello.

Preghiere per la pace!

Nelle vicende ordinarie della vita, rese più tristi dalle angustie presenti, non mancano mai motivi di tristezza e di pianto. E noi imploriamo le benedizioni della Vergine per le nostre necessità, ma al di sopra di esse collochiamo i bisogni sociali dell'ora presente. Sia questa la prima intenzione delle preghiere che si faranno nel Santuario di Valdocco e in tutte le nostre Chiese e Cappelle durante il mese di Maria Ausiliatrice, da noi, dai nostri alunni e Cooperatori, e da tutti i fedeli cristiani.

40 Ore di adorazione.

A questo medesimo fine, qui a Torino nel Santuario di Valdocco, la solennità di Maria Ausiliatrice sarà preceduta da una straordinaria Esposizione del SS. Sacramento. Da alcuni anni il Santuario rimaneva aperto tutta la notte del 23 al 24 maggio in veglia santa! Quest'anno, memori delle ferventi raccomandazioni di Don Bosco, che integrava la divozione alla Madonna colla fede più accesa nella bontà di Gesù Sacramentato, col beneplacito di Sua Eminenza Rev.ma il

Card. Arcivescovo, l'antivigilia sabato 22 maggio, alle ore 10, esporremo il Santissimo Sacramento, che senza interruzione resterà esposto per 40 ore fino alle due antimeridiane del 24 maggio: ad Jesum per Mariam. Ad ogni ora si succederanno in adorazione istituti e comunità religiose, associazioni parrocchiali ed oratorî maschili e femminili, conforme l'apposito programma che pubblicheremo nel prossimo numero.

Nel frattempo vi saranno pure al cune Ore sante di adorazione con opportuni fervorini per varie categorie di fedeli. Non mancherà l'Ora di adorazione per i bambini (ci piace avvertirlo in tempo, desiderosi che riesca frequentatissima) e si terrà il giorno di Pentecoste (23 maggio). Vi sarà anche l'Ora di adorazione per i Sacerdoti, che avrà luogo dalle ore 21 alle ore 22 della vigilia di Pentecoste, sabato 22 maggio, e questa sarà resa più solenne dall'intervento e dalle parole di Sua Eminenza il Card. Arcivescovo di Torino. Venite, venite in quei giorni a Valdocco, o Cooperatori e pie Cooperatrici! Oh! potessimo vedere accolte le nostre suppliche...

Per i morti in guerra.

Nè finiranno qui le nostre feste.

La predicazione della solenne Novena (15-23 maggio) sarà tenuta per turno dai più illustri oratori che predicheranno il mese di maggio nelle principali Chiese di Torino; e più solenni che mai si svolgeranno le sacre funzioni del giorno 24 maggio.

Altri importanti particolari al prossimo mese.

A corona poi dei Festeggiamenti si faranno solenni suffragi per tutti i nostri confratelli, cooperatori e quanti altri son periti nella terribile guerra che infierisce in Europa, affinchè, moltiplicato il numero delle anime ammesse alla gloria celeste, siano moltiplicati appie' del Trono del Signore gli intercessori per la pace sospirata!

Voi intanto, o Cooperatori e Cooperatrici, prometteteci di unirvi, personalmente o in ispirito, alle nostre preci. Sia la nostra una viva gara di preghiera, di fede, e di espiazione; e la Vergine Ausiliatrice, come ascolterà quest'anno le nostre suppliche , un altr'anno accoglierà con materna benevolenza l'inno del ringraziamento!

Rimembranze. LA PRIMA PIETRA DEL SANTUARIO DI MARIA AUSILIATRICE

Il 27 aprile 1865 fu il giorno fissato per la posa della prima pietra del Santuario di Maria Ausiliatrice. Con una grande moltitudine e dense schiere di giovani - tra questi tutti gli alunni del Collegio di Mirabello, il 1° collegio aperto da Don Bosco fuori di Torino - eran già convenuti a Valdocco molte famiglie della prima nobiltà e il Prefetto, il Sindaco ed altri membri del Municipio, quando vi giunse col suo nobile corteggio, Sua Altezza Reale il Principe Amedeo di Savoia, Duca d'Aosta, che fu salutato dalle note della musica. Don Bosco l'ossequiò riverentemente e, in mantelletta, restò in piedi alla sua destra per tutto il tempo della sacra funzione, tenendo aperto il rituale e dandogli a quando a quando opportuni schiarimenti.

Celebrante fu il Vescovo di Susa, Mons. Giovarmi Antonio Odone. Questi, seguito dal Principe, da Don Bosco e dai piú illustri tra i presenti, si recò presso la base del pilastro della cupola al lato del Vangelo, che sorgeva già alquanto dal livello del pavimento, e si lesse il verbale dell'atto che si stava compiendo.

« ...Motivo di questa costruzione - diceva il verbale - è la mancanza di chiesa tra i fedeli di Valdocco, e per dare un pubblico attestato di gratitudine alla gran Madre di Dio pei grandi benefizi ricevuti, per quelli che in maggior copia si attendono da questa celeste Benefattrice. L'opera fu cominciata e si spera che sarà condotta a felice termine colla carità dei divoti.

» Gli abitanti di questo Borgo di Valdocco, i Torinesi ed altri fedeli da Maria beneficati, riuniti ora in questo benedetto recinto, mandano unanimi al Signore Iddio, alla Vergine Maria, Aiuto deir Cistiani, una fervida preghiera per ottenere dal Cielo copiose benedizioni sopra i Torinesi, sopra i cristiani di tutto il mondo, e in modo particolare sopra il Capo Supremo della Chiesa Cattolica, promotore ed insigne benefattore di questo sacro edifizio, sopra tutte le Autorità ecclesiastiche, sopra l'Augusto nostro Sovrano, e sopra tutta la Reale Famiglia, e specialmente sopra S. A. R. il Principe Amedeo, che, accettando l' umile invito, diede un segno di venerazione alla gran Madre di Dio. L'Augusta Regina del Cielo assicuri un posto nella eterna beatitudine a tutti quelli che hanno dato o daranno opera a condurre a termine questo sacro edifizio, o in qualche altro modo contribuiranno ad accrescere il culto e la gloria di Lei sopra la terra ».

Sottoscritto da molti dei presenti, l'atto fu riposto in un vaso di vetro e collocato nel cavo della pietra angolare insieme con alcune medaglie di Maria Ausiliatrice e monete coniate in quell'anno, varie immagini sacre e un ritratto di Pio IX. Quindi il Vescovo asperse la pietra con l'acqua lustrale ed il Principe vi gettò la prima calce.

Compiuto il rito religioso, seguì un trattenimento accademico, vario, attraente, con un dialogo scritto dallo stesso Venerabile.

S. A. R. fu così soddisfatta delle cordiali accoglienze che non si appagò di offrire dalla sua cassetta particolare una graziosa somma per concorrere all'erezione del Santuario, ma volle inviare agli alunni dell'Oratorio parte degli attrezzi della propria palestra ginnastica, e Don Bosco ne lo ricambiò in modo gentile.

Presso il luogo della nuova chiesa, in un angolo del cortile, era cresciuto un alberello di mele, che aveva messo varii bottoni. Don Bosco, meravigliato del caso, avverti i giovani che non toccassero quell'alberello e lasciassero maturare le piccole mele, poiché aveva fatto disegno di mandarle in dono al Principe Amedeo. I giovani correvano, saltavano, ma nessuno toccò quell'albero, sicché i frutti vennero a perfetta maturità e d'una grossezza mirabile. Don Bosco non pensava piú alla raccomandazione, quando uno di quei pomi per maturità cadde a terra. Un giovane prese una foglia, vi mise sopra il frutto, e accompagnato da tutti i compagni lo portò a Bosco. Questi fece allora raccogliere gli altri e li mandò al Principe, narrandogli il fatto. Il giovane buca lo ringraziò del regalo inviandogli un'altra offerta perché comperasse a' suoi giovani un po' d'altra frutta, come diceva, in compenso delle saporitissime mele che gli avevano regalato.

Intanto il Santuario andava sorgendo. I lavori proseguirono colla massima prestezza, grazie la bontà della Madonna. Venendo a mancare il denaro, Don Bosco recavasi in persona o scriveva ad ammalati e ad altri che sapeva in gravi angustie, esortavali a ricorrere alla Vergine con la promessa di un'offerta per la fabbrica della nuova chiesa, e le grazie si moltiplicavano. Per tal modo nel corso del 1865 l'edifizio fu condotto fino al tetto e coperto, ad eccezione del tratto che doveva essere occupato dalla periferia della cupola, e il 9 giugno del 1868 fu aperto al divin culto.

Abbiamo accennato a molte offerte. Non si creda che fossero tutte vistose; la maggior parte erano minime e venivano dal popolo. Un esempio. Un povero rivenditore di frutta, recatosi ne' primi giorni d'estate a far negozio delle sue merci da quelle parti, avendo saputo che la chiesa si stava costruendo col privato concorso dei fedeli, volle anch'egli concorrervi come meglio poteva, e sapete che fece? chiamò il direttore dei lavori, con generoso sacrifizio gli consegnò tutta la frutta perché la dividesse fra i muratori, poi volendo compiere, com'egli diceva, l'opera incominciata, si fece aiutare a mettere sulle spalle una grossa pietra e s'incamminò su per i ponti. Tremava tutto il buon vecchio sotto il grave peso, ma gli pareva leggero pel fine religioso da cui era animato. Giunto in alto, depose il sasso, e allegramente esclamò :

- Ora muoio contento, poiché spero di poter in qualche modo partecipare a tutto il bene che si farà in questa chiesa!

Un fatto simigliante avvenne all'inaugurazione del sacro edifizio. Un mendico, è Don Bosco che lo narra, « venne in chiesa, si accostò ai santi Sacramenti, assistendo alle altre sacre funzioni. Ma mostravasi assai angustiato per non essere in grado di portare anch'egli qualche offerta da impiegarsi a favore della nuova chiesa. Il Signore gl'inspira un mezzo; egli l'accetta. Esce di chiesa, va di casa in casa accattando limosina, e riesce a raccogliere dieci soldi. Ritorna alla chiesa, prega, e poi tutto commosso va in sacrestia dicendo:

- Ho raggranellati questi dieci soldi che costituiscono tutte le mie sostanze. Li do tutti a benefizio di questa chiesa; non posso fare di piú, ma ritorno subito in chiesa a pregare Iddio che inspiri altri a fare offerte maggiori ».

Don Bosco dal canto suo non restò insensibile alla generosità di tanti buoni cristiani; e, pur lasciando alla Divina Provvidenza l'incarico di compensare degnamente la loro carità, volle che in perpetuo si facessero tutti i giorni speciali preghiere e si celebrasse una santa Messa nel Santuario di Maria Ausiliatrice, secondo le intenzioni di quelli che in qualunque modo e misura avessero beneficato o beneficherebbero il Santuario suddetto e l'annesso Oratorio di S. Francesco di Sales. Cominciò egli questa celebrazione la mattina del 9 giugno 1868, ed essa, religiosamente, si ripeté ogni giorno per i nostri benefattori.

GLI ORFANI DEL TERREMOTO e le sollecitudini dei Santo Padre.

Siamo lieti di poter pubblicare questi preziosi documenti:

I.

SEGRETERIA DI STATO DI SUA SANTITÀ

N°. 4625

Dal Vaticano, 9 marzo 1915. Rev.mo Rettore Generale,

Non ignora V. S. Ill.ma e Rev.ma il nobile e generoso atto, con cui il Santo Padre, mosso da speciale caritatevole sollecitudine verso gli innumerevoli orfanelli del terremoto marsicano, si è degnato di prenderli sotto la Sua augusta protezione, onde sottrarli a mani infide e renderli buoni cristiani ed utili cittadini.

All'atto dell'Augusto Pontefice rispose unanime l'approvazione e la carità di tutti i Vescovi d'Italia, i quali andarono a gara per chiedere al Santo Padre di poter condividerne l'opera benefica, accogliendo gratuitamente nella loro diocesi, in Orfanotrofi ed istituti analoghi più o meno dipendenti dalla locale autorità ecclesiastica, alcuni di questi miseri orfanelli.

Ed in tal modo il Santo Padre, con la generosa cooperazione dei Vescovi, ha ormai potuto provvedere alla sistemazione di un numero grande di orfanelle; e certo il Suo cuore apostolico incomincerebbe a godere in proposito di una certa tranquilla sicurezza, se, d'altra parte, attesa la eccezionale scarsità di istituti maschili diocesani, che diano serio affidamento, non fossero che una sola trentina gli orfanelli cui è stato concesso finora di partecipare alla carità della provvidenziale iniziativa pontificia.

Peraltro, se mancano istituti maschili diocesani adatti allo scopo, l'Augusto Pontefice ben conosce che esiste in Italia una fiorentissima Congregazione Religiosa, quella dei Figli del Ven. Don Bosco, i quali in ogni pubblica e privata sventura, ed anche nel recente terremoto, si sono fatti ammirare per slancio di generosa pietà e di carità cristiana, e che, tutti dediti all'educazione giovanile, tengono in tutta Italia un notevolissimo numero di fiorenti Collegi ed Istituti maschili.

Ed io sono lieto di comunicarle, Rev.mo Rettore Generale, che l'Augusto Pontefice, attesa appunto l'alta stima in cui tiene i Salesiani, ben volentieri affiderebbe loro tutti quegli orfanelli che essi potessero accogliere gratuitamente nei loro Istituti d'Italia.

Non m'indugio a farle osservare come, anche prescindendo dalla Divina Provvidenza, sempre visibile nelle opere di carità, uno o due fanciulli, di piú, in ogni casa numerosa e bene ordinata, non possa apportare alcuno squilibrio finanziario.

Confidando quindi che Ella non vorrà tralasciare questa occasione per assecondare con generosa devozione i desiderii del Santo Padre, le partecipo per Lei, per i Sacerdoti e per le Opere Salesiane l'Apostolica Benedizione, e passo al piace; e di raffermarmi con sensi di ben distinta stima,

Di Lei, Rev.mo Sig. Rettore Generale,

Dev.mo nel Signore

PIETRO Card. GASPARRI.

Rev.mo Signor D. Paolo Albera, Rettor Generale della Congregazione Salesiana di Don Bosco.

II.

Eminenza Rev.ma,

Abbiamo letta con la più profonda venerazione la gentilissima sua. La preghiamo di volersi fare l'interprete della nostra piú viva riconoscenza verso il Santo Padre per aver voluto pensare a noi ed associarci alla paterna sua carità nel provvedere alle necessità degli orfani del terremoto dell'Abruzzo. Malgrado le strettezze in cui ci troviamo, faremo tutto ciò che potremo per corrispondere ai desiderii di Sua Santità.

Incarichiamo di quest'affare il nostro Ispettore D. Arturo Conelli, che verrà a parlare con V. E. Rev.ma e ci terrà informati di quanto avremo da fare per i poveri orfanelli che Sua Santità vuole a darci.

Inchinato al bacio della S. Porpora, con il piú profondo rispetto mi professo,

Di V. E. Rev.ma,

Torino, li 12 marzo 1915,

Obbl.mo Servitore Sac. PAOLO ALBERA.

A S. E. Rev.ma

Il Card. Pietro Gasparri Segretario di Stato - Roma.

III.

Roma, 27 marzo 1915. Amat.mo Sig. D. Albera,

Ieri ho avuto l'onore di essere ricevuto dall'Eminentissimo Card. Gasparri, Segretario di Stato di S. S. e nostro Protettore.

Gli ho riferito come Ella, quando apprese dalla lettera di Lui che, non ostante la cooperazione di tutti i Vescovi d'Italia, attesa la scarsità di istituti maschili diocesani, soltanto una trentina di orfanelli aveva avuto finora sistemazione definitiva e gratuita, esclamò spontaneamente: « Altrettanti vogliamo riceverne noi subito e gratuitamente! ».

L'Eminentissimo si mostrò molto lieto, riscontrando in questo slancio di carità lo spirito sempre vivo del Fondatore nella nostra Pia Società, e si degnò ripetermi : « Dica al sig. D. Albera che noi gli siamo gratissimi ». Avendo io poi accennato durante il colloquio che la carità di Lei si sarebbe certamente spinta anche più oltre, se non fosse delle difficoltà economiche attuali straordinariamente gravi, di cui toccai le principali, S. E. se ne mostrò convintissimo, e mi disse : « Ab amicis honesta petamus; non potremmo davvero domandare di piú; è molto questo che fanno, aggiunto a tutto il resto che già facevano ».

Dovendosi la maggior parte di questi orfani avviare ad un mestiere o all'agricoltura, si riconobbe dal Cardinale l'opportunità che vengano scelti sui dodici anni di età : per invito di Lui, mi porrò d'intesa sulle modalità con S. Ecc. Mgr. Sili, Elemosiniere di S. S. e coll'ottimo Prof. Cav. Fornari.

Mi raccomandi al Signore e mi abbia dev.mo aff.mo come figlio

D. CONELLI.

Quanti orfanelli di piú potrebbero essere educati cristianamente, se aumentasse il numero dei nostri Benefattori!

Nel Centenario della nascita dì D. Bosco

DISCORSO Di S. E. R. MONS. GIORGIO GUSMINI Arcivescovo di Bologna (1)

il programma dei Cooperatori salesiani.

TRA il chiudersi di un anno e l'aprirsi di un altro, sono soliti i Cooperatori Salesiani raccogliersi in generale assemblea per parlare dell'andamento della loro simpatica istituzione e nel tempo stesso ascoltare un'esortazione che li indirizzi a rispondere sempre meglio, se non alla loro vocazione, almeno all'ufficio assunto con certa solennità innanzi a Dio e agli uomini. I nulla di piú bello e di piú attraente che fare questa esortazione, imperocché veramente splendida è la bandiera sotto cui si sono schierati, piú splendide le parole che vi sono stampate e che formano quasi il programma ed il motto d'ordine dell'Istituto cui appartengono: Essere buoni

Per sé e fare del bene altrui.

Sí, splendida questa bandiera e piú splendide queste parole; imperocché essere buoni secondo lo spirito della Istituzione Salesiana è essere buoni secondo lo spirito del Vangelo, spirito che si assomma in quel grande precetto di Gesù: Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre che sta nei cieli; e lare del bene altrui, se deve rispondere all'essere buoni, abbraccia una missione che ha qualche cosa dell'apostolico. Infatti se l'istituzione dei Cooperatori non è per se stessa un istituto religioso, è però un'appendice di esso e per esserlo veramente deve vivere del medesimo spirito. Ora lo spirito di qualunque istituto religioso ed in particolare dell'Istituto Salesiano, che è istituto di apostolato, è spirito di maggior perfezione.

Meraviglioso concetto questo che mette i Cooperatori Salesiani in prima linea in quel lavorio di restaurazione cristiana, individuale e sociale, che da tanto tempo è l'aspirazione di tutte le anime buone, il centro del movimento del clero e del laicato cattolico di tutto quanto il mondo. Onde avviene che la prima parte del programma essere buoni, è ancora il principio dell'altra fare del bene altrui.

Imperocché se l'azione dei Cooperatori Salesiani non ha esclusa opera alcuna dall'ambito del proprio movimento, di quelle che mirano al bene materiale e morale particolarmente del popolo e della gioventù; se anzi pare che per tutte abbia un impulso speciale; la prima e l'ultima però sta qui, sollevare spiritualmente e moralmente il popolo e particolarmente la parte piú abbandonata, per fame il popolo veramente di Dio, per cavarne la gens sancta, il populus acquisitionis, di cui parla lo Spirito Santo.

Ed io mi sarei goduto un mondo nello slanciarmi a tutto uomo in questo duplice campo per accendere di nuovo fuoco lo zelo di tutti voi, perché con generosità maggiore aveste a porvi a condurre a termine la duplice gloriosa impresa; e questo tanto piú che colla grazia di Dio, da una parte, dalla mia povera parola mi poteva ripromettere qualche buon risultato ; e, dall'altra, perché il bene che la mia parola paterna avrebbe fatto a voi, sarebbe ridondato a bene ancora di questa Città e di tutta la Diocesi, il cui benessere spirituale e morale pesano oggi sulle mie spalle, onde voi sareste diventati sempre più solerti cooperatori miei e del zelante mio Clero.

Il Centenario della nascita di D. Bosco.

Ma una occasione particolare chiama l'attenzione mia, perché chiama anche la vostra in altro campo e l'interessa di altro importante oggetto. Quest'anno compiesi il 1° Centenario dalla nascita di quel grande che vive ed opera nella grande o nelle grandi istituzioni Salesiane, voglio dire, il Ven. Don Giovanni Bosco, che vedeva precisamente la luce presso Castelnuovo d'Asti nel 16 agosto del 1815: or non è possibile parlare ai Cooperatori Salesiani all'aprirsi di questo anno senza intrattenerli di colui che essi riconoscono loro padre e fondatore.

Oh! come sono belle, meravigliose le disposizioni di Dio, in ordine alla sua Chiesa e agli istituti religiosi che ne formano la piú fulgida corona!

L'altro giorno sono stato cortesemente invitato dai RR. PP. Barnabiti a parlare del B. Francesco Saverio Bianchi, precisamente in occasione del 1° Centenario della sua morte; ed oggi sono qui per invito dei RR. Salesiani a parlare del Ven. D. G. Bosco, nel Centenario della sua nascita. Cosí, mentre nel regno di Napoli chiudeva gli occhi alla luce un grande santo, un grande apostolo nell'alta Italia li apriva alla luce medesima, un santo ed un apostolo che non gli fu certo inferiore. Quegli si è santificato ed ha esercitato il santo suo apostolato nella, santificazione altrui in mezzo ai trambusti infiniti della rivoluzione francese; questi invece ha innalzato l'edificio della propria santità ed ha esplicato l'apostolato nell'altrui santificazione fra gli scompigli delle rivoluzioni italiane; l'uno e l'altro con frutti ammirabili per la gloria di Dio e per il bene delle anime. Ed è per questo che parlando di D. Bosco, non mi allontanerò di troppo da quello che avrei voluto e dovuto dire ai cooperatori, se avessi voluto esplicare l'alto programma della loro istituzione; giacché, parlando di D. Bosco, altro in fondo non verrò facendo che mettere innanzi un modello meraviglioso di quello splendido programma: Essere buoni per sé, e far del bene altrui; giacché di lui si deve dire quello che la Scrittura afferma di Gesú Cristo che prima ha incominciato a fare, poi ad insegnare : Coepit Jesus facere et docere (Act. I. 1).

La prima parte del programma: Essere buoni per sè.

Essere buoni per sé, è dunque la prima e fondamentale parte del grande programma che Don Bosco scrisse sulla splendida bandiera che innalzò, allorché chiamò a sé d'intorno i suoi cooperatori. Ma prima di scriverla sopra di essa, Egli, sotto l'azione meravigliosa della grazia di Dio, la scrisse colla ammirabile sua vita nelle pagine immortali della storia dei santi. Imperocché D. Bosco fu buono, fu sempre buono, fu anzi sempre piú buono, fino ad essere perfettamente buono.

Ah! vi potessi far entrare in questo sublime mistero di bontà sempre crescente, che fu la vita di D. Bosco, mi pare che vi farei penetrare nel mistero piú sublime e meraviglioso della partecipazione che della sua bontà fa il Creatore alla creatura, Iddio all'uomo, quando Egli vuole portare l'uomo sulle cime della perfezione, condurlo sulle più alte vette della santità.

Imperocché è impossibile parlare di bontà vera, se non si incomincia da Dio, di cui sta scritto che Egli solamente, anzi esclusivamente, è buono. Unus est bonus, Deus (Matth. XIX, 17). Onde se nelle creature vi è qualche scintilla, a così dire, di bontà, tutta deriva da una intima partecipazione di lui.

La bontà di Dio è per sé stessa, in ordine all'uomo, di carattere soprannaturale; ed è la partecipazione di questa bontà solamente che fa gli uomini veramente buoni e perfetti, che li fa veramente santi. Tuttavia anche nell'ordine naturale Iddio partecipa all'uomo qualche cosa della sua bontà e della sua perfezione, preparando in quest'ordine la base di quella bontà e perfezione che darà a quei privilegiati che nell'ordine soprannaturale ha destinato ad essere santi e perfetti; giacché diligenti bus Deum omnia cooperantur in bonum, iis qui secundum propositum vocati sunt sancti (Rom. VIII, 28).

La radice della bontà di D. Bosco.

E la radice della bontà e della santificazione cui assurse D. Bosco, io la trovo innanzi tutto nella sua famiglia. Il padre di Lui, Francesco Bosco fu un buono, un onesto, e potremmo quasi dire un santo contadino; e se D. Bosco lo perdette presto, quando poco o nulla ancora si poteva valere delle sue parole e degli esempi suoi, nel sangue però ereditò qualche cosa della sua bontà, che non si smarrí per tutta la sua vita, perchè era parte quasi fondamentale del suo carattere. Imperocché, miei cari, non è atavico solamente il male, ma ancora il bene, e passano nei figli le buone qualità dei genitori, onde il dovere di questi di non pervertire nella corruzione e nei vizi la propria natura ma di conservarla intemerata, di perfezionarla colle virtú, perché non solo negli esempi ma ancora nel sangue si perpetuino nelle domestiche generazioni. Oh! si, tutti i figliuoli possano dire con santo orgoglio e col palpito piú vivo del cuore intemerato: Siamo figli di Santi e non ci abbasseremo mai ad azioni indegne e disoneste: Filii sanctorum sumus.

Ma che dire poi della madre? Margherita Occhiena fu veramente non solo una buona, ma una santa madre, che col sangue, col nutrimento, colla educazione della parola e dell'esempio, trasfuse tutta se stessa nella vita del figliuolo. Onde se D. Bosco fu buono e giunse ad essere perfettamente buono, dopo Dio, si può dire, senza tema di essere smentiti, lo deve alla sua madre, di maniera che Margherita fu per lui piú che una madre, come quella che raccolse in sé tutte le sollecitudini anche del padre, unendo mirabilmente insieme la soavità colla forza, l'autorità colla persuasione, giungendo a fare di D. Bosco un essere che nella sua vita e nel suo apostolato unirà stupendamente insieme le qualità dell'azione paterna e materna, quanto pochi santi e forse nessuno con tanta perfezione e continuità. Di questa donna ammirabile ci sarebbe da tessere un panegirico dei piú splen didi, poiché non solo fu parte principale della vita individuale ma anche della vita sociale di D. Bosco, onde parlando con lode di lei altro non si farebbe che lodare il figliuolo, come torna tutto a lode sua anche quello che del figliuolo si dice. E non abbiate a male se io mi sono fermato un poco a lungo su questo punto, perché vorrei bene che si comprendesse la importanza delle buone mamme e della buona loro educazione nelle famiglie nostre; perché purtroppo il turbinio della vita esteriore, tutto appariscenza, pare che abbia fatto perderne lo stampo. Ma piú a lungo troverete toccato questo punto nella Pastorale della Quaresima che in questi giorni verrà spedita.

Doni naturali.

Del resto Iddio per sé e direttamente, a cosí dire, nell'ordine naturale prima, nell'ordine soprannaturale poi, fece Don Bosco veramente, profondamente buono. Gli diede un bello ed alto ingegno, aperto ed avido, fin dai primi barlumi della ragione, di ogni sapere; lo forni di una memoria prodigiosa che, ragazzetto ancora privo di istruzione, riteneva i sermoni del suo parroco cosí da poterli ripetere quasi parola per parola; sopra tutto lo forni di un cuore meravigliosamente sensibile e prodigiosamente grande, sostenuto da un carattere di cui è base la volontà, fortemente risoluto ed ardentemente attivo e costante. Fino dai primi anni, chi lo vedeva, non poteva non domandare con quelli che ammiravano i prodigi che avvenivano intorno al Battista? Chi pensate che sia per essere cotesto figliuolo? Quis putas puer iste erit? E la risposta, se l'avesse potuta dare alcuno di quelli che si intendono delle opere meravigliose di Dio, non poteva essere che questa: Egli sarà un grande santo, sarà anzi un grande apostolo! D. Cafasso che per lungo tempo lo segui collo sguardo scrutatore dei santi, non solo nella sua vita esteriore ma ancora in quella interiore ed intima, a chi lo interrogava in proposito rispondeva quasi occultando per rispetto il grande lavorio della mano di Dio in lui: D. Bosco è un mistero; ma soggiungeva ancora, perché nessuno, anche nei momenti piú difficili, osasse disturbare quel lavorio: E necessario lasciarlo fare. lasciatelo fare!

Un fatto che si ripete nella vita dei santi.

E qui mi piace constatare un grande fatto che se è cosí splendido in D. Bosco, non è però isolato, ma si ripete può dirsi in tutti i santi, quelli particolarmente che sono destinati a raggiungere la propria perfezione con l'opera dell'apostolato per far santi ancora gli altri; ed il fatto è questo che i santi non solo non sono degli idioti per intelligenza o dei melensi per carattere, naturalmente parlando, ma generalmente hanno nella natura doni e qualità particolari che formano, a cosí dire, una base adeguata ed al tutto corrispondente alle operazioni sublimi che in loro verrà a produrre la grazia per lavorarli cosí da renderli perfetti come perfetto è il Padre che sta nei cieli; e questo, come diceva, particolarmente in coloro che Iddio, negli imperscrutabili disegni della sua provvidenza, ha destinato a diventare degli apostoli, ossia degli istrumenti ammirabili della sua grazia anche per gli altri, quasi a continuare ed allargare sulla terra la grande missione redentrice dell'Unigenito suo Figliuolo. Di qui Pietro e Paolo, Giacomo e Giovanni, Agostino e Gregorio, Francesco e Domenico, Ignazio e Carlo Borromeo, e cento e cento altri sparsi per tutta la terra e disseminati lungo i secoli della storia. Furono non solo dei santi e dei grandi santi, ma furono ancora dei grandi ingegni, dei meravigliosi caratteri, furono degli uomini, anche naturalmente parlando, straordinarii. Il che, per dimostrare che la regola sopporta nel fatto poche eccezioni, è avvenuto ed avviene ancora fra le donne, quelle particolarmente che per sè od a fianco di qualche grande santo, furono delle restauratrici della vita cristiana nel mondo. Cosí Scolastica e Chiara, Caterina e Teresa, la Chantal e la Barat, e cento altre, non esclusa certamente, nella sua semplicità, Margherita Bosco, furono dei veri miracoli di donne, degne veramente anche nelle qualità loro naturali che Iddio le scegliesse alla grande missione che loro affidò sulla terra.

Doni soprannaturali.

Che se Iddio tanto ebbe fatto, naturalmente parlando, in D. Bosco, che cosa si deve dire che avrà fatto soprannaturalmente, fino dai primi giorni della sua esistenza? Le opere di Dio non solo sono sempre in se stesse armoniche, ma sono, si può dire con sicurezza, anche mirabilmente progressive; onde non si va errati in pensando che, quando ha versato sopra di quell'anime elette i tesori della sua grazia, li abbia versati con una abbondanza al tutto straordinaria; ed era sotto questo aspetto che egli, fin da giovanetto, quasi da bambino, si presentò come qualche cosa di straordinario. Infatti l'amore alla purezza, il fervore della pietà, lo zelo della salute delle anime che formarono, possiamo dire, il carattere particolare dell'opera della propria santificazione anche in appresso e per tutta la vita, si manifestarono in lui fino dai primi anni con uno slancio veramente da santo. La madre l'allevò, come un giorno Tobia allevò Tobiolo, timere Deum... et abstinere se a omni peccato (Tob. I, 1o) ; ed egli fu veramente come quel santo figliuolo che non solamente fuggiva dal peccato sicul a facie colubri, ma ne temeva cosí da scansare ogni occasione anche la più lontana, specialmente quando si trattava della bella virtú. Onde vi ricorderete che fin da quei giorni in cui, come giocoliere, aveva intrapresa una missione apostolica in mezzo de' suoi compagni, voleva esclusa dal loro novero ogni persona dell'altro sesso. Grande insegnamento questo per tutti particolarmente i cooperatori; imperocché la base vera d'ogni bontà, anzi di ogni santità per se stessi ed in gran parte anche per far bene agli altri, è nella purezza della vita, che si ha pel timore profondo ed efficace dalla colpa. Sembra questa parte semplicemente negativa della santità, e, se volete, è cosí veramente; ma, non dubitate, che senza che noi quasi ce ne accorgiamo diventa parte eminentemente positiva, giacché è fuggendo ciò che è disonesto sempre che si diventa casti, guardandosi dagli atti di superbia che si stabilisce in noi la umiltà, e cosí si vada dicendo.

Naturalmente questo amore della purezza angelica accendeva da una parte ed era nutrito dall'altra dallo spirito profondo della pietà che ben per tempo si manifestò in D. Bosco. Imperocché fino dai primi anni il recitare le orazioni, il servire all'altare, l'ascoltare la parola di Dio furono l'attrazione piú viva del suo cuore. Attrazione che si accrebbe fino a diventar quasi una fame dopo che egli ebbe gustato nella S. Comunione, che ricevette col trasporto di un Angelo, quanto soave sia il Signore all'anima che lo cerca (Thren. III, 25)

E fu in questo trasporto in Dio e per Dio che cosí per tempo si accese lo zelo suo per la salute delle anime, imperocché, che voleva in questo e per questo, se non far gustare a tutti, particolarmente ai giovanetti della sua età le dolcezze soavi che egli provava continuamente quando si accostava al suo Dio? Di qui il sermocinare ad essi quando era ancora pastorello, di qui l'impresa dei giuochi, di qui tutte quelle arti ammaliatrici, che furono qualche cosa di caratteristico in lui per portar gli animi a Dio o, se volete, per portar Dio alle anime.

La norma della perfezione.

E fu in questo movimento interno ed esterno di pietà e di zelo, fatto in un campo perfettamente custodito dalla purezza della vita, che si andò maturando la sua vocazione sacerdotale. Egli sentiva una potente attrazione per Dio ed un'attrazione potente per le anime che sono le spose di Dio; gli pareva però che Dio lo volesse separato dal mondo per cercare, nella santificazione di se stesso, la forza di santificare gli altri. D'altra parte il trovarsi a contatto col mondo, se avrebbe fatto costare piú cara a lui la sua santificazione, gli avrebbe dato facilità maggiore per far del bene alle anime, condurle a Dio, salvarle. E questa per l'orazione, pel consiglio, gli parve ben presto la volontà di Dio a suo riguardo, e vi si attaccò con tutte le forze del grande suo animo. Ma quanto gli è costato, il seguirla, di contraddizioni in famiglia, di fatiche fuori, fino a diventare come un pellegrino, anzi un esiliato dalla propria famiglia nel distacco di quanto aveva di piú caro al mondo, la propria madre. Ma egli non si stancò mai fino a che a 16 anni poté incominciare lo studio del latino ed a 2o aveva la tonsura clericale. Ma credete voi che questo gli fosse pesato? nulla; egli era contento come il bambino che al primo albore della vita abbia potuto dire: Dominus, pars haereditatis meae..., tu es qui restitues haereditatem meam mihi (Salm. 15, 5).

Ma qui sta precisamente il segno dell'alta perfezione cui egli, a quella età ed in mezzo a quelle incertezze e tergiversazioni, era, conducendolo sempre Iddio, colà pervenuto. Nel che sta pure un grande insegnamento che con tanta facilità viene dimenticato, portando rovina nella nostra vita spirituale, mentre si crede di lavorare per farvi dei progressi.

La norma e la misura della nostra perfezione altro non è e non può essere che la volontà di Dio; onde Gesù Cristo istesso si protestava francamente non solo di non essere venuto al mondo per null'altro compiere che la volontà del Padre, veni ut faciam voluntatem patris mei qui est in coelis; ma ancora fare la volontà del suo padre era per lui il principio della sua vita, quasi il cibo e la bevanda : Meus cibus est ut faciam voluntatem eius qui misit me (Io. IV, 34). Né questo voleva fare solo per sé, ma voleva che fosse ancora per tutti coloro che dietro a lui volessero camminare per la via della perfezione per imitare quella essenziale e perfettissima del Padre che sta nei cieli; onde quando a Cafarnao cercato perché andasse fuori a salutare la sua madre carissima, senza muoversi e scomporsi diceva guardando con occhio di compiacenza i suoi discepoli: Oh chi farà la volontà del padre mio, questi è il mio fratello, la mia sorella, la stessa mia madre. Quicunque enim fecerit voluntatem Patris mei..., ipse meus frater, et soror, et mater est (Matth. XII, 50).

Sulla via del sacerdozio.

Del resto per comprendere a qual punto di perfezione fosse giunto D. Bosco in cosí brevi anni ed in mezzo a tanti trambusti, basta osservare quel regolamento di vita che egli si tracciò quando entrò in seminario ; regolamento nel quale mentre propone e mette a sé dinnanzi quello che d'ora in avanti dovrà fuggire od eseguire come favorevole o contrario allo spirito ecclesiastico, che poi in fondo altro non è che lo spirito di Gesú, dimostra chiaramente come da questo spirito fosse non solo illuminato ma completamente pervaso. Esso è infatti tutto un indirizzo per distaccarsi dal mondo sempre piú profondamente, per darsi sempre piú completamente a Dio, cercando nel tempo stesso di esercitarsi nell'arte sublime di trarre a Dio anche gli altri.

Ciò avveniva nel 1835; e nella seconda metà del 184o e nella prima del 1841 egli riceve gli ordini sacri ed il sacerdozio. Come egli impiegasse quei cinque anni di preparazione nello studio, nella pietà, nella coltivazione interiore di sé stesso è inutile che lo rintracciamo; il suo passato ci dice chiaramente che non solo avrà messo in pratica perfettamente il suo programma, ma avrà seguito con una generosità veramente meravigliosa tutte le operazioni della grazia di Dio, tanto che dal primo istante che egli poté dire di essere sacerdote, poté dire ancora di essere sacerdote in tutto e per tutto conforme al cuore di Dio. Quello poi che facessero in lui gli ordini sacri con tutta la partecipazione dei carismi dello Spirito Santo, quello che operasse poi Gesú nella celebrazione della Santa Messa, noni andiamo a rintracciarlo solo in una espansione per quanto larga e soave di pietà che si allargò alla sua casa, al suo paese, a quanti ebbero contatti con lui, sibbene nell'indirizzo della sua vita. Vari posti gli vennero indicati come campi per esercitare il suo ministero, posti che certo non presentavano attraenza particolare se non quella della padronanza di sé; egli invece sceglie di entrare nel Convitto Ecclesiastico, perché nello studio specialmente della morale e nell'indirizzo spirituale del Ven. D. Cafasso, il maestro venerato del clero torinese in quei giorni, non solo avrebbe finito la grande sua preparazione all'opera cui l'aveva destinato Iddio, ma senza cercare di troppo si sarebbe trovato su quel campo in cui quella missione avrebbe incominciato per non tralasciarla piú mai fino alla morte.

Riepilogando.

Onde da questo momento l'opera della sua santificazione, l'esser buono e perfetto, si dispose mirabilmente all'altra, fare del bene agli altri. Ma prima di seguirlo per questo campo che egli percorrerà da gigante, senza stancarsi mai, facendo dei veri miracoli di apostolato, diamo uno sguardo retrospettivo per raccogliere come in una sintesi quello che siamo venuti particolarmente dicendo intorno all'opera della propria santificazione personale. In questa opera noi abbiamo ammirato da una parte l'azione di Dio, che dà il disegno e che dispensa le forze per eseguirlo e dall'altra l'azione di Don Bosco che scruta quel disegno e che a costo di privazioni, di mortificazioni e di fatiche senza numero, un poco per volta, sulla base della purezza piú profonda e larga della vita, coll'esercizio delle piú belle virtú cristiane le manda ad effetto. Cosí, come è progressiva l'opera di Dio è ancora progressiva l'opera alla sua corrispondenza, ed in conseguenza ancora quella della propria santificazione, fino ad entrare nel sacerdozio disposto in maniera da dover dire che fino da quei primi giorni era un sacerdote perfetto. Raccogliamolo, carissimi, questo insegnamento; esso ci viene oggi da D. Bosco, ma egli non ha fatto che ricavarlo dalla vita stessa di Gesti, che mentre preparavasi alla grande sua missione proficiebat sapientia, celate et gratia apud Deum et homines. Accogliamolo perché esso è importantissimo per sé ed è importantissimo ancora piú per noi, imperocché in via Dei non progredi est regredi, come diceva S. Agostino, e il non profecisse defecisse est, diceva S. Bernardo; giacché passano le grazie che sono l'opera di Dio, passa il tempo che è l'ambiente in cui quest'opera si esplica, passano le forze nostre che sono gli strumenti per la incarnazione dell'opera stessa per parte nostra, e una cosa sola ci resta, la responsabilità di non averla incarnata com'era il dover nostro. D'altra parte è di molti l'incominciare anche con slancio e con generosità, è di pochi il continuare colla generosità medesima, di pochissimi il continuare non per un poco di tempo, ma fino in fine; eppure solo quelli che perseverano fino in fine sono salvi. Io non voglio farvi fare oggi una meditazione, ma noto che l'argomento merita tutta l'attenzione delle anime serie.

La seconda parte del programma : Fare del bene altrui.

Ed ora seguiamo Don Bosco che entra sul campo a compiere la sua missione. Domandato fino da principio quale sentisse essere la sua vocazione, rispose: quella di studiare per farsi prete e diventare il maestro di tanti che, come i suoi compagni, non sapevano nulla di religione e di Dio. Il quale concetto si perfezionò in lui nel sogno che ebbe sui 10 anni in Murialdo, se non erro, in cui gli parve che una Signora gli confidasse un gregge numerosissimo da pa scere e che al timore che egli dimostrava di non poter arrivare a tanto gli soggiunse che lei stessa gli avrebbe dato e le forze ed i mezzi. La quale vocazione di fare del bene alla gioventú particolarmente piú abbandonata, e per questo fuorviata e rovinata materialmente e moralmente, pare si raffinasse in lui e diventasse non pur disegno, ma proposito della sua mente, quando nei primissimi anni del suo sacerdozio, per ragioni di ministero dovette penetrare in un carcere e vedervi racchiusi dei giovanetti che in quell'ambiente di pena, mentre scontavano le colpe commesse per lo piú per ignoranza, si disponevano quasi necessariamente a commetterne di ben piú gravi e numerose per malizia; vocazione per questo, che andò maturando nella sua mente, guidato certo dal lume superiore della grazia, fino a tracciarne mirabilmente non dico solo tutto il disegno, ma tutto quanto l'organismo quando in mezzo alle contraddizioni di ogni fatta che sembravano non permettergli di porre neppure la prima pietra del grande suo edificio, diceva: « E poiché non mi si vuole affittare un locale, me ne fabbricherò uno coll'aiuto della Madonna. Noi avremo vasti edificii capaci di ricevere tanti giovani quanti ne verranno, avremo officine di tutte le specie, perché i giovani possano apprendere il mestiere cui sono inclinati, avremo un bel cortile e uno spazioso porticato per le ricreazioni, una magnifica Chiesa, chierici, catechisti, assistenti, capi d'arte, professori, e poi sacerdoti che si prenderanno cure speciali di quelli che mostreranno la vocazione di farsi preti ». In questa che per le circostanze del tempo in cui fu fatta si può dire una vera profezia, vi è in embrione tutta l'opera di D. Bosco, quell'opera che dal Santo della dolcezza che doveva caratterizzarla egli chiamò Salesiana, opera che nella sua grandiosità e nel modo con cui sorse e si completò dimostra che il vero autore di essa non è Don Bosco, sibbene Iddio stesso, di cui D. Bosco fu un valente e, che è piú, fedele istrumento. La quale relazione dirò quasi immediata ed intima fra Dio e D. Bosco, a questo riguardo, fino dalla prima formazione naturale e soprannaturale di D. Bosco apparve manifesta, perché in essa, se Iddio mirò a fare di lui un santo, mirò ancora a farne un apostolo; ma si fece vedere in forma ancora piú evidente nello sviluppo dell'opera stessa. Lungo lo sviluppo stesso infatti il diretto intervento di Dio per mezzo di miracoli e di profezie, non solo fu evidente, ma possiamo dire, continuo; ed io mi dispenso dal farvene anche solo un cenno, perché è una delle parti questa della vita di Don Bosco che, per la stessa sua straordinarietà, è piú conosciuta e fortunatamente cosí chiara, cosí imponente

che non è neppure discussa, ma dagli spiriti retti accettata senz'altro, non fosse altro per questo che non si tratta di cose avvenute, come si dice, nella oscurità ignorante ed anche superstiziosa del medio evo, ma in mezzo alla luce ed alla critica del secolo XIX. Né vi aspettiate che io possa qui mettermi a descrivervi innanzi tutto il meraviglioso sviluppo dell'Opera Salesiana; giacché voi ben capite che non ne verrei a capo tanto presto, onde anche dicendo cose care e gradite, finirei per istancarvi; piuttosto, notati i punti principali di questo meraviglioso sviluppo, cercherò entrare nello spirito dell'Opera, quello spirito che deve animare voi tutti, che, quale cooperatori, vi siete ad essa consacrati, almeno se vi preme, come credo, di incarnare non solo la prima parte del programma scritto sulla splendida vostra bandiera Essere buoni, ma anche l'altra Fare del bene altrui.

Principio e sviluppo dell'Opera Salesiana.

Nel 1841 nell'otto dicembre, sacro alla Concezione Immacolata di Maria, che andava maturando per diventare verità di fede per la dogmatica definizione fatta 13 anni dopo, Don Bosco, accogliendo amorosamente nella Chiesa di S. Francesco il giovanetto Garelli che era stato maltrattato e malmenato dal sagrestano, si può dire che gettò la prima pietra dell'Oratorio Salesiano, e ciò sei mesi solo dopo che aveva ricevuto la ordinazione sacerdotale. Nello stesso giorno sacro alla Concezione della Vergine nel 1844, nell'Ospedaletto della marchesa di Barolo benedisse egli e dedicò la Cappella a S. Francesco di Sales eleggendolo solennemente a protettore e quasi modello dell'Opera che si andava fondando.

Dopo peripezie lunghe e disastrose, dopo contraddizioni di ogni genere, ecclesiastiche e politiche, nel 1846 il 12 di aprile in Valdocco l'Oratorio prende la sua stanza stabile e comincia l'ordinario e naturale suo sviluppo, che doveva diventare sí largo ed imponente. Fu allora che il demonio tentò, a cosí dire, l'ultimo colpo, la soppressione di Don Bosco per terribile malattia che lo condusse agli estremi, ma che fu superata specialmente per le preghiere dei suoi giovani ; onde anch'egli, accompagnato dalla buona Margherita, trasferì a Valdocco la sua stabile dimora unendo stabilmente la vita sua e quella della madre con quella dell'Oratorio, per non separarsene che colla morte. Nei tre anni seguenti altri tre oratori si aprono per opera sua nella sola Torino, arricchendoli di una istituzione nuova e tutta sua propria, le scuole domenicali e serali. Nel 1850 fece la Sezione studenti e nel 1851 quattro di essi vestirono la veste talare onde si verificasse alla lettera la sua predizione, avremo dei chierici, dedicando nel 1852 la prima sua chiesa al protettore S. Francesco di Sales, onde avessero mezzo di esercitare il loro ufficio. Intanto l'Istituto si ampliava, ed egli in mezzo alle opere del ministero ed alle pubblicazioni molteplici di ogni genere, attendeva a dare l'ultima mano alla grande sua opera la Società di San Francesco di Sales, ben accolta da Pio IX, che definitivamente ne approvò le Regole nel 1874.

Ma intanto, e precisamente nel 1872, l'Istituto si era ampliato anche per la parte femminile per la erezione in congregazione delle Figlie di Maria Ausiliatrice, che dovevano essere per i salesiani quasi quello che per D. Bosco era stata l'ottima sua genitrice.

Cosí pareva che l'Istituzione fosse completa, perché vi erano sacerdoti e religiose che potevano pensare, come pensavano, alla redenzione dei due sessi, dove maggiore era il bisogno. Ma da una parte abbisognavano i mezzi e dall'altra era necessario che l'opera estendendosi anche in mezzo al popolo nella larghezza del mondo, avesse a suscitare quell'entusiasmo per la perfezione propria e per la santificazione altrui che era stato il grande disegno di tutta la vita e di tutta l'azione di Don Bosco. Cosí nel 1876 si ebbe l'approvazione della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani, che è quasi l'oggetto della nostra festa di oggi.

Intanto gli Oratori si moltiplicavano e ad essi si univano i Collegi, e gli uni e gli altri per omogenee istituzioni si perfezionavano a bene di tutti, ad incremento della religiosità ed insieme della civiltà cristiana. Ma pareva stretto l'antico mondo allo zelo di D. Bosco e dei suoi e pareva ancora che non bastasse rimediare alla corruzione della decadente civiltà dei popoli invecchiati nella mollezza, ma essere necessario slanciarsi nel mondo nuovo e portare la civiltà cristiana a rinnovare quei popoli inselvatichiti perché lontani dalla sorgente del bene e della salute, Dio ed il suo Cristo. Ed ecco che fino dal 1878 si incomincia la spedizione dei missionari nella Patagonia, che un poco per volta venne abbracciata tutta intiera insieme alla Terra del Fuoco ed alle isole circostanti, erette in un vicariato ed in una prefettura apostolica cui si mettono a capo dei vescovi salesiani, come Don Bosco stesso aveva predetto. Intanto continua ad allargarsi l'opera nell'antico e nuovo continente, allargarsi che non cessa colla morte di Don Bosco, avvenuta nel 1888, ma pare che anzi da quella data, forse per ragione della celeste sua protezione, prenda un vigore novello tanto che oggi in cui discorriamo l'opera si estende può dirsi in tutto il mondo contando 25o istituti in Italia, 52o nelle altre regioni, con un complessivo di 870, nei quali si raccolgono a religione, ad onesta ed a laboriosa vita civile, oltre 300 mila figliuoli del popolo.

Innanzi a questo fatto che ha del prodigioso perché sembra impossibile senza un intervento superiore fare tanto in sí poco tempo e con mezzi anche piú scarsi, vi è veramente da innalzare un inno alla Provvidenza Divina che in tempi cosí funesti abbia suscitato un tanto apostolo di cui, ben a ragione, nel 1907 fu introdotta la causa di beatificazione colla concessione del titolo di Venerabile. Ma la nostra meraviglia e nel tempo stesso la nostra gratitudine alla Divina Provvidenza crescerà ancora piú, se noi penetriamo un poco addentro a studiare quasi l'intima essenza di questa opera meravigliosa.

L'Opera Salesiana è l'estrinsecazione della bontà di D. Bosco a beneficio altrui.

L'Opera Salesiana, in tutto il mirabile suo complesso, è un'opera eminentemente spirituale, e può dirsi il frutto, anzi la estrinsecazione della bontà, della santità personale di Don Bosco alla santificazione altrui, essendo egli anche in questo andato innanzi ai suoi figliuoli; onde essi, se vogliono gloriarsi di un tanto padre, per continuarne la missione, devono prendere la medesima strada, per giungere allo stesso scopo : essere santi per santificare.

L'Eminentissimo mio antecessore il Cardinale Svampa, tessendo l'elogio funebre di D. Bosco nel X° anniversario della sua morte, dopo averlo chiamato, secondo S. Paolo, giusto che vive di fede, di quella fede che, secondo S. Paolo stesso, è viva ed operosa per la carità, applica a lui il vaticinio che fu fatto per Samuele: Suscitabo mihi sacerdotem fidelem qui iuxta cor meum et animam meam faciet (I. Reg. II, 35), né mai io credo che sia stata fatta applicazione piú adattata di questa. Che D. Bosco sia stato nella sua vita privata un sacerdote fedele, tutto animato dallo spirito di lui, noi l'abbiamo largamente veduto. Orbene anche nella vita pubblica, anche nella incarnazione del grande disegno dell'Opera Salesiana, egli fu animato e guidato dallo stesso spirito che egli segui colla stessa fedeltà, colla stessa costanza, colla medesima generosità. Egli si vide, come dicevamo, per questo uno strumento nelle mani di Dio, onde, come nulla aggiunse, così nulla omise, anzi nulla anticipò, nulla posticipò nella sua azione; fece quello che sentiva dover fare secondo la volontà di Dio. Per questo non lo entusiasmavano di soverchio le riuscite che attribui sempre ed unicamente a Dio; ma non lo fiaccarono le difficoltà, non lo turbarono le contraddizioni, anche quando venivano da potenti, anche allora che pareva procedessero da rette intenzioni. E con tutta la sua azione, ad un fine, ad un fine solo mirò, quello che fosse conforme alla volontà di Dio, anzi alle esigenze del suo santissimo cuore, del suo divissimo spirito. Or quale poteva essere questo, se non allargare nel mondo la cognizione stessa di Dio, e colla cognizione il suo santo servizio? Sta qui la caratteristica vera dell'Opera di D. Bosco; la sua, anche nel lato materiale, è un'opera di redenzione morale, è un'opera di risanamento religioso, specialmente di quegli elementi che da una parte sono piú facili ad essere risanati, ma sono piú facili anche ad essere rovinati, e pei quali avrà un indirizzo cattivo o buono la società, secondo che essi saranno bene o malamente indirizzati, come è appunto la gioventú. È dunque la sua un'opera anche di civilizzazione, ma di civilizzazione eminentemente cristiana, perché nella santità del suo spirito sentiva profondamente, come largamente aveva potuto apprendere dalla storia e dalla esperienza della vita, che civiltà vera non può aversi se non a base della religione e della religione di Cristo, che è il fondamento, fuori del quale non se ne può porre nessun altro.

Il metodo educativo di D. Bosco.

Di qui, nel suo programma, la istruzione deve avere per base il catechismo e la istruzione religiosa; di qui la vita pratica deve avere per forza l'orazione, per pascolo i santissimi sacramenti, i quali devono santificare lo studio ed il lavoro, dar principio all'azione ed al riposo, devono pervadere perfino il divertimento, che non può essere sano, certo non può essere di vero sollievo, se non è umano ed insieme cristiano.

Di qui i direttori devono essere sacerdoti, o religiosi nel senso vero della parola, perché abbiano lo spirito di Gesú da infondere colla loro direzione; ed i maestri pure devono essere religiosi, se non per vincoli particolari, per persuasione e per condotta, perché l'esempio confermi la parola, e gli scolari, mentre imparano o la grammatica o la storia od un mestiere, imparino ancora ad essere galantuomini, ad essere cristiani.

Di qui anche la correzione non deve essere fatta a base, di castigo e quasi neppure di rimprovero; ma per forza di persuasione, e quasi per infusione di uno spirito nuovo, mediante i mezzi stessi coi quali si dà l'istruzione e la educazione, giacché essi, se hanno valore preventivo sulle passioni, hanno anche quello ristaurativo di forze dalle passioni stesse viziate e depresse, fino a portare alla pristina sanità, a straordinario irrobustimento morale.

E perchè questa onda di cristiana pietà fosse piú efficace egli ha voluto che fosse irradiata dalla devozione alla Madonna, la Signora che cosí per tempo gli aveva detto di affidargli la sua greggia, come di dargli anche gli aiuti. Oh! Maria, come per D. Bosco, cosí è tutto per la Società Salesiana, la stella che guida a sicuro porto.

Nel grande disegno entra ancora il lavoro ed ed il divertimento, e l'uno e l'altro in tutte le svariate loro forme, e non poteva essere altrimenti; imperocché se l'opera della istruzione e quella della educazione dànno le forze intellettuali e morali per la vita, il lavoro dà i mezzi per sostenere onoratamente la vita stessa, ed il divertimento tempera le forze materiali e morali sicché il lavoro continuato non le sfibri, ed anzi si aumenti il sollievo morale nella loro energia e nel loro slancio di azione. Cose queste che se devono mettersi in pratica per tutti, si devono molto più per la gioventú, la quale deve formarsi il proprio avvenire per mezzo del lavoro, particolarmente quando trattasi di quella che appartiene alla parte popolare e non certo dotata di forti patrimoni, ma che deve ancora mantenere intatte le proprie forze; ciò che si ottiene precisamente coll'opportuno intercalare al lavoro il divertimento. Il quale divertimento, oltre al conservare le forze, rende anche piú attraente il lavoro, come questo rende piú efficace il divertimento, giacché come dal divertimento si passa con più trasporto e freschezza al lavoro, cosí nel lavoro si sente piú necessità e piú gusto del divertimento. E a rendere ancora piú attraente e nel tempo stesso anche piú fecondo il lavoro, che naturalmente è la parte piú importante, che deve essere prevalente, Don Bosco ha voluto che nei suoi Oratori e Collegi vi fosse la varietà delle occupazioni, perché i giovanetti potessero scegliere quel genere di occupazione che fosse piú adatto non solo alle proprie forze ed abilità ma ancora alle loro inclinazioni. Cosí la vita passata fra le pratiche della pietà, il lavoro ed il divertimento, diventa non un peso che opprime, e neppure un trastullo che annoia, ma un campo tranquillo di azione in cui l'individuo per se stesso guadagna ìl pane per il sostentamento nel tempo presente, e prepara il guiderdone per l'eternità avvenire e per la società prepara ordine e tranquillità, benessere e progresso.

La concezione cristiana della vita.

È questo un altro dei punti in cui la Istituzione Salesiana prende una importanza grandissima, ed in cui piú chiaramente si affermò, dirò quasi, il genio educativo di D. Bosco. Tutti, scriveva or fa un mezzo secolo il Montalembert, tutti domandano con meraviglia e con spavento donde escono quelle turbe di uomini senza fede e senza legge che appaiono nei giorni delle dissenzioni sociali e che, simili alle orde barbariche di quindici secoli fa, minacciano di inghiottire tutto un incivilimento. Ed è ben giusto di intimorirsene, ma non di farne meraviglia. Escono essi da quegli abissi nei quali furono travolti i popoli dacché furono costretti a lavorare la domenica, e strappati a tutto quanto la religione aveva immaginato, con affetto di madre, per istruirli e consolarli specialmente in quel gran giorno, e quando fu permesso che il suggello della ignoranza fosse impresso sulla piano insaziabile della cupidigia. Sono esse turbe fameliche perché fu loro tolto ogni alimento morale; mancano di fede, perché uomini ricchi ed istruiti si sono affaticati da un secolo per estirpare quel tesoro dai loro cuori; sono senza legge, perché troppo spesso i loro padroni e capi, violando la prima delle leggi, hanno loro insegnato a non rispettarne alcuna... Terribile requisitoria della irreligiosità e della cupidigia che alleate insieme hanno minato e vanno sempre piú minando le basi della stessa convivenza civile. Ebbene Don Bosco vide l'abisso che si andava scavando da piú di un secolo sotto la compagine sociale per la irreligiosità, per la scostumatezza, portanti avidità insaziabili ed insubordinazione profonda nella parte piú guasta e forse anche piú vitale del popolo; e colla Istituzione che ha per iscopo di cristianizzare il popolo, particolarmente la gioventú, nel mentre dà ad essa una occupazione che le possa fornire i mezzi per sostentarle la vita, ha mirato a risanare questa profondissima piaga. Ed è certo che dove sono degli allievi di D. Bosco e delle sue istituzioni, né il socialismo, né l'anarchia, e neppure quella demoralizzazione accasciante hanno luogo di attecchire, e la ragione è semplicissima. Tutti questi sistemi sono derivati e restano basati sopra la concezione materialistica della vita, onde, essendo fine a se medesima, si aggira sopra se stessa, cercando un individualismo egoista di tutto attrarre a sé per la propria felicità presente; mentre la concezione della vita di D. Bosco e delle sue istituzioni, quella concezione che essi hanno cercato e cercano di infiltrare nelle novelle generazioni, è la concezione cristiana, per la quale la vita deriva da Dio piena di forze per ritornarsene a lui ridondante di meriti per essere premiata non nel tempo ma nella eternità, nella quale in lui e per lui si infutura.

Una parola ai Cooperatori

Or bene, voi Cooperatori, non dovete contentarvi di prestare all'Opera Salesiana solamente i mezzi materiali per la propria esistenza e per la incarnazione del grandioso programma individuale e sociale, ma voi stessi dovete essere i propugnatori, gli incarnatori del programma medesimo, per questo appunto che appartenete al grande istituto e siete un ramo dell'albero spiritualmente tanto fecondo.

Ricordatevi però che non potrete mandare ad effetto per la vita questa seconda parte del grande programma scritto sulla bandiera che innanzi a voi ha spiegato D. Bosco, se non vi sforzerete innanzi tutto di incarnare nella vita individuale la prima parte del programma medesimo. Anzi se anche poco faceste per quella e seriamente vi adoperaste per questa, l'opera del vostro esempio avrà un efficacia magica. Per questo D. Bosco, come vi diceva da principio, modellandosi sopra il Maestro Divino, coepit facere et docere. Così avvenga di voi, ed io sarò ben contento di annoverarvi non solo fra i Cooperatori Salesiani, ma ancora fra i Cooperatori della mia missione in questa Città, in questa Diocesi illustre.

(1) Detto ai Cooperatori Salesiani di Bologna, íl 12 febbraio 1915 nella Chiesa del Corpus Domini.
Al veneratissimo Presule l'espressione devota della nostra più viva riconoscenza.

TESORO SPIRITUALE

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella, o se viventi in comunità la propria Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare Indulgenza plenaria (come dal Decreto della S. Congregazione delle. Indulgenze, 2 ottobre 1904)

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno dell'esercizio della Buona Morte,

3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;

dal 10 aprile al 10 maggio:

1) il 3 maggio, Invenzione della S. Croce;

2) l'8 maggio, Apparizione di San Michele Arcangelo.

Inoltre: ogni volta che essendo in grazia di Dio (senza bisogno di accostarsi ai SS. Sacramenti o di visita a qualche chiesa) reciteranno 5 Pater, Ave e Gloria Patri per il benessere della cristianità e un altro Pater, Ave e Gloria Patri secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, lucreranno tutte le indulgenze delle Stazioni di Roma, della Porziuncola, di Gerusalemme e di S. Giacomo di Compostella.

PEI PICCOLI AMICI DI DON BOSCO

„Tutti Missionari!"

AVETE mai pensato, o cari giovani, alla grandezza del benefizio che vi ha fatto il Signore col farvi nascere in un paese cristiano, anzi nel centro stesso del Cristianesimo, nell'Italia? Nell'estremo Oriente vi sono trecento milioni d'Indiani e cinquecento milioni di Mongoli: nell'Africa sommano a centocinquanta milioni i negri; in America vi sono ancora molte tribù selvagge ; insomma v'è quasi un miliardo di uomini, dei quali appena otto milioni conoscono Gesù Cristo. I generosi che, abbandonata la famiglia e la patria, bagnano coi loro sudori quelle terre, sono insufficienti al bisogno ed hanno da lottare con difficoltà umanamente insormontabili.

Perché, o cari giovani, non vi prendete la parte che vi spetta in quest'opera di evangelizzazione, con le vostre preghiere quotidiane?

L'idea non è nostra, ma d'uno dei primi Missionari Salesiani partiti per la Cina, il quale scriveva fin dal 19o8 al Direttore dell'Oratorio Salesiano di Torino:

Rev.mo Sig. Direttore,

Son piú di due anni che i figli di D. Bosco si trovano nella Cina: e in questo tempo un po' per esperienza nostra e piú per l'esperienza di molti vecchi missionarii di vari istituti con cui siamo in relazione, abbiamo potuto convincerci delle gravi difficoltà di queste Missioni. La lingua è terribile e l'abborrimento che i Cinesi hanno per tutto ciò che viene dall'Europa è piú terribile ancora. Colle piú belle ragioni si può convincere uno di questi pagani e ridurlo al silenzio, ma in ultima analisi egli conchiuderà infallantemente:

- Voi, Europei, ragionate cosí, perché siete Europei; ma noi Cinesi non abbiamo bisogno dei vostri insegnamenti, e perciò continuiamo a fare come i nostri vecchi.

Sicché per la conversione di questa gente abbisognano grazie straordinarie dal Signore, che solo con molta preghiera egli suole concedere.

Per questo ci venne un'idea.

I figli di D. Bosco hanno tanti collegi ed oratori, e migliaia e migliaia di giovanetti si trovano sotto la loro direzione. Tra questi vi sono molte anime innocenti, le cui pure mani levandosi al Cielo potrebbero attirare abbondantissime grazie su questa misera nazione, immersa nel gentilesimo.

Creda! vi sono tantissimi missionari che lottano contro difficoltà gravissime; ed io son certo che se potessero avere l'aiuto delle preghiere dei nostri giovanetti, essi otterrebbero molto di piú...

Se leggessero sul Bollettino: a Missionari, che vi trovate in gravi difficoltà, fatevi coraggio! noi vi offriamo tante fervorose Comunioni, tante devote visite al SS. Sacramento, tante Messe bene ascoltate, tante altre opere buone dei nostri giovanetti, a quest'unico patto, che voi pure ogni giorno diciate per loro una parola al Signore! » io son certo che ne nascerebbe un fervore reciproco, che darebbe i piú lieti risultati.

Il pensiero di un apostolato cosa nobile e fruttuoso, che io chiamerei l'Apostolato dell'Innocenza, nel quale si possono esercitare i nostri fanciulli, mi pare che debba essere per loro un forte stimolo alla pietà e pei superiori un mezzo mirabile per eccitarli piú facilmente all'esatto adempimento delle pratiche di religione. Il loro cuore sensibile e la loro ardente immaginazione son nati fatti per essere mossi al piú nobile entusiasmo, ed è facile far di loro, anche in tenera età, altrettanti piccoli missionari capaci di convertire colle loro preghiere molti poveri pagani, colla certezza che il Signore vorrà pure, in compenso, suscitare in mezzo a loro qualche vocazione di piú!

Perdoni quindi, signor Direttore, se io faccio a Lei questa proposta aggiungendo di essere certo di avere dall'Oratorio di Torino abbondantissima copia di aiuti spirituali per la povera Cina.

Grazie anticipate a Lei e a tutti gli altri Superiori per ciò che vorran fare in proposito; il Signore li compensi della loro carità col circondarli di anno in anno di uno stuolo ognor piú numeroso di giovanetti che corrispondano fervorosamente alle loro cure. Di Lei,

Aff.mo in Corde Jesu

Sac. LUIGI VERSIGLIA.

Né si tennero paghi a questa lettera i nostri Missionari della Cina. Un altro di loro stese un po' di programma in proposito e l'Apostolato dell'Innocenza attecchì vigorosamente in parecchi istituti dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Noi - desiderosi di farci sostenitori e propagatori della santa idea - abbiam cominciato a farne breve cenno direttamente a voi, o piccoli amici di Don Bosco, e torneremo nei mesi seguenti a parlarvene. Se riuscissimo a stabilire largamente questo Santo Apostolato, ci pare che avremmo fatto un'altr'opera degna di ricordare ai posteri la data centenaria della nascita del comun Padre Don Bosco e dell'istituzione della festa di Maria Ausiliatrice!

LETTERE DEI MISSIONARI

REPUBBLICA ARGENTINA

Missioni date nell'alto Neuquén durante il 1914.

(Resoconto del Sac. Matteo Gavotto). Chos-Malal, 24 gennaio 1915. REV.MO SIG. D. ALBERA,

DoPo il lungo silenzio di più di un anno, approfitto di un momento libero per informarla sulle missioni da me date nel 1914.

Il 28 dicembre 1913 fui chiamato a confessare un infermo in un luogo detto Las Ovejas, distante più di 9o chilometri da Chos-Malal. Siccome era omai il tempo in cui son solito uscire in missione per quelle parti, anticipando di alcuni giorni la partenza mi posi in viaggio con tutto il necessario per fare il mio giro.

Grazie a Dio, arrivai ancora in tempo per amministrare tutti i Sacramenti al moribondo, che il giorno dopo passava serenamente all'eternità.

Il 1° giorno dell'anno lo passai a Las Ovejas, e il due gennaio, dopo di aver celebrata la S. Messa, presente cadavere, per il defunto, accompagnato dal mio garzone Giacinto Guerrero, mossi alla volta di Pichiñire e Roblecillo nell'Alto Neuquén e poi di Malbarco, dove diedi missioni.

Ritornato a Las Ovejas, diedi qui pure una breve missione; e il 2o gennaio, transitando il Rio Nehueve, mi portai a Miches sul fiume Lineo affluente del Neuquén, dove diedi un'altra misione di 7 giorni, e tornai a Chos-Malal.

Avendo promesso al sig. Pedrito Nazarre Piñero, figlio del fu Pietro Nazarre, padrone dell'Estancia La Argentina e fondatore della Cappella di quel paese, di andare a benedire il suo matrimonio, mi portai a Loncopué. Compiuto il sacro rito, seguitai il viaggio fino a Las Ovejas, essendo stato pregato di benedire altri matrimonii e fui di ritorno a Loncopué per la festa dell'Ascensione di Nostro Signore. Celebrai questa festa nel paese e grande fu il concorso alle sacre funzioni : quindi tornai a Chos-Malal; e nel breve intervallo non solo benedissi varii matrimonii, ma amministrai anche parecchie comunioni.

Il 28 maggio, partii per dar missioni in varie parti nella valle del Rio Curileo, dove a causa delle continue pioggie dirotte, dovetti fermarmi fino alla fine di giugno.

L'undici giugno era in viaggio alla volta del Tilve, Curacó, Tril, Butaranguil e Barrancos.. In Barrancos non potei servirmi della cappella, che si era costrutta l'anno scorso col concorso di varie persone. Essa disgraziatamente non servì che una volta, poiché l'enorme inondazione del Rio Barrancos, causata dallo straripamento, avvenuto il 22 dicembre, della Laguna di Carri-Leuquen, lunga circa 30 chilometri e situata alla sorgente di detto fiume, portò via la nostra Cappella insieme con molte altre case e fece molte vittime umane, come la S. V. R. avrà saputo dai nostri Confratelli Salesiani di Fortin Mercedes sopra il Rio Colorado, i quali anche ebbero a soffrir molto per la suddetta inondazione. Io intanto non so ancora in qual casa potrò dar missione nel prossimo inverno.

Il 28 agosto andai a dar missione ad Andacollo, nella regione delle Minas auriferas che dista circa 6o chilometri da Chos-Malal sul Rio Neuquén e fui di ritorno a Chos-Malal l'8 settembre.

Il 16 settembre partii nuovamente per le Missioni del sud di Chos-Malal, nelle quali secondo il costume degli anni precedenti, mi fermai più o meno tempo, secondo la maggiore o minor importanza del luogo e il numero degli abitanti, in Tranquinilon, Pichagüe, Trahuncurà, Pilmathué, Cerro della Grasa, Las Lajas, Carreri, Coonnes, Haychol, Yemu, Cajon de Almaza, Loncopué, Pino Andino, Ranquilon, Norquín, Huené e Cholar, e ritornai dopo tre mesi giusti, poiché soltanto il 16 dicembre rientrava in casa.

Durante queste escursioni non mancarono le solite avventure. Ad es. le grandi pioggie torrenziali, che alle volte ci tapparono in piccoli tuguri (ranchos), nei quali non c'era neppur lo spazio di stendere i cuoi della sella perché ci servissero di letto. Realmente non ha mai piovuto tanto come quest'anno, neppure nel 1899, quando dal mese di maggio sino al mese di lu glio vi furono grandi straripamenti di fiumi che distrussero i paeselli del Rio Negro, ed io in Fortin Guañaco, sopra il Rio Arileo, fui salvo direi quasi miracolosamente. Era il 16 luglio, a mezza notte, quando mi trovai coll'acqua alla cintura, e pochi minuti dopo d'esser uscito dalla capanna, dove dormiva, questa disparve!

Né mancarono venti freddi e forti, che alzando nubi di terra e di arena ci flagellavano senza pietà la faccia, né fiumi grandi e gonfi che ci allarmarono le molte volte che dovemmo passarli. Per grazia di Dio e di Maria Ausiliatrice nostra buona Madre, alla quale ci raccomandavamo con speciale fervore, noi li passammo senza disgrazie; mentre non pochi, piú pratici ed esperti di noi, miseramente annegarono. Sommano a piú di 50 le persone che incontrarono così la morte, durante il 1914, in luoghi prossimi a noi !

Malgrado tanti gravi inconvenienti, che ostacolarono il buon esito delle missioni, qualche cosa s'è fatto.

Eccone il riassunto.

Frutti raccolti nelle mie Missioni del 1914: Battesimi, n.° 443.

Comunioni, n.° 169o (tra queste sono degne di nota quelle ricevute per la prima volta, dopo opportuna preparazione, che furono 171).

Matrimonii benedetti, n.° 36.

Cresime varie, ad adulti.

Istruzioni catechistiche e meditazioni, più di 400.

Infermi visitati a distanze enormi, e muniti degli estremi conforti religiosi, n°. 6.

Riceva, amatissimo D. Albera, i saluti di questi suoi affezionatissimi figli, ci aiuti colle sue orazioni a domandare a Dio ogni benedizione per noi e per le nostre missioni. Ci benedica tutti anche Lei, cominciando dal

Suo aff.mo e Obbl.mo in G. e M.

Sac. MATTEO GAVOTTO,

Missionario Salesiano.

P.S. - Qui nella parrocchia di Chos-Malal il giorno 8 dicembre, festa della Purissima, si ebbe un buon numero di S. Comunioni, e si chiuse solennemente il mese di Maria, incominciato il 7 novembre.

La solennità di Natale preceduta da novena riuscì molto divota. La messa di mezzanotte fu cantata, e riusci proprio solenne per grande concorso di gente e divozione.

Sia nella festa del Natale come pel 1° giorno dell'anno e di Epifania, vi furono molte Comunioni.

Durante il corso dell'anno quasi tutte le feste principali furono contrassegnate da varie prime Comunioni.

Ma basti per questa volta. Creda, amato Padre, che si lavora, si lavora : ma si potrebbe fare di più, se ci mandasse uno o due sacerdoti!

EQUATORE Da Gualaquiza al Sigsig.

La Alianza Obrera, settimanale di Cuenca, in vari numeri degli scorsi mesi di gennaio e febbraio ha pubblicato brevi note di cronaca del nostro confratello D. Yanez sull'opera compiuta da Mons. Costamagna a Gualaquiza e sull'andata sua al Sigsig. Ne spigoliamo le cose piú interessanti.

Si temeva che la difficoltà delle strade e il peso degli anni non permettessero più a Mons. Costamagna di tornare a Gualaquiza e invece egli vi si portò coraggiosamente e vi rimase un mese intero, esaminando le necessità e le difficoltà della missione e il modo di provvedervi.

Lo studio della lingua jivara e la definitiva redazione del Catechismo nello stesso idioma occuparono gran parte del tempo del Vescovo Missionario.

L'opera della ricostruzione della chiesa - omai cadente - fu pur una delle sue preoccupazioni ; e mercé il suo zelo è già assicurato che dentro il 1915, e probabilmente il 24 maggio, Gualaquiza celebrerà il centenario dell'istituzione della festa di Maria Ausiliatrice con l'inaugurazione della nuova chiesa, coperta di zinco e non di paglia, e tale da poter fare la sua figura in ogni centro importante.

Un'altra cosa che stava molto a cuore al Vicario Apostolico era quella di collocare in tutte le case un'immagine del S. Cuore di Gesù, per mettere anche sotto la sua protezione diretta la difficilissima Missione, già dedicata a Maria SS. Ausiliatrice; ed anche questo egli compi, in più giorni, con solennità e con frutto.

Anche l'insegnamento del catechismo ai numerosi jivari, che quotidianamente ma soprattutto le domeniche accorrevano alla residenza della missione, fu impartito con particolarissima assiduità dal piissimo Pastore, coadiuvato dal Missionario Don Spinelli.

Urgeva in fine provvedere ad una nuova residenza per le Figlie di Maria Ausiliatrice, tanto necessarie per la moralizzazione delle povere jivare, che sono assai piú infelici degli uomini; ed egli ha provvisto perché durante questo anno possano anche le brave Missionarie far ritorno a Gualaquiza.

Queste le fatiche e i frutti dell'andata di Monsignore a Gualaquiza.

Il 1° dicembre egli parti alla volta del Sigsig, dando varie missioni durante il cammino.

La prima toccò a Cuchipamba, presso i sigg. Vega, ove si riuní tutta la popolazione dei dintorni, alla quale egli predicò e promise di mandare regolarmente un missionario.

Il 3 dicembre celebrò a Rosario la festa traslata della Beatissima Vergine del Rosario, con gran concorso di gente. Fuochi di allegria e canti sacri abbellirono le tarde ore della vigilia, e la mattina seguente numerosi furono i devoti che si accostarono alla S. Comunione. La seconda messa fu cantata da D. Yanez e Monsignore fece da maestro di cappella. In fine amministrò a vari la S. Cresima. Tutti i convenuti tornarono assai contenti alle loro residenze per la promessa che il Vicario Apostolico fece anche loro di mandare mensilmente un missionario a visitarli.

La notte dal 3 al 4 la passò a Chigüinda, ove dimorano dodici persone, che all'indomani si accostarono tutte ai SS. Sacramenti.

Granadillas fu l'ultima tappa, e là pure tutta la popolazione si approfittò del passaggio dei Missionari per ricevere la S. Comunione.

Giunto a Sigsig, Monsignore si die' con gran zelo a preparare la popolazione alla solennità di Maria SS. Immacolata, e in quel giorno benedisse le nuove scuole parrocchiali, affidate alle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Il Signore conceda al zelante Prelato la consolazione di veder avviata la sua missione ad uno sviluppo stabile e progressivo !

Eroismo e riconoscenza.

Il Cappellano del Lazzaretto di Agua de Dios in Colombia, avendo estrema necessità di riposo, venne consigliato dai medici, dai superiori e dai piú cari amici a lasciare, almeno per qualche tempo, l'assistenza religiosa di quei malati. Egli non sapeva in niun modo adattarvisi; infine gli vennero imposte due o tre settimane di riposo. Ma che? ! Lo seppero quei poveretti e non ebbero piú pace. Testimoni, da lunghi anni, della sua carità e del suo zelo, non avrebbero voluto lasciarlo partire a nessun costo e gli andavano ripetendo

« Si prenda qui il riposo necessario, ma non ci abbandoni! Per un po' di tempo non ci presenteremo piú al suo confessionale: non la chiameremo piú ad assisterci in casa: non l'aspetteremo piú alla porta della chiesa o della casa parrocchiale per avere una parola di conforto: si riposi, si riposi, lo vogliamo anche noi, ma non ci abbandoni ! »

E intanto posero varie sentinelle alla chiesa e alla casa parrocchiale, che per piú di due settimane furon vegliate notte e giorno. Ne avvenne che alle 3 1/2 di un mattino dello scorso novembre in cui il buon figlio di Don Bosco tentò di partire, al metter piede sulla soglia risuonò subito uno squillo di tromba, al quale fecero eco un secondo e un terzo squillo, e in un momento una folla di sani e malati si versò sulla piazza, supplicando e scongiurando. Il cappellano si ritirò nuovamente in casa e a poco a poco il paese tornò in pace.

Fu solo al dopopranzo che egli poté ubbidire all'ordine avuto dai medici e dai superiori. Disinvolto e sorridente, fece vista di andare a visitar un infermo, finché a un certo punto saltò sulla mula che un fidato gli teneva preparata e via di corsa. Le sentinelle, che l'avevano seguito a breve distanza dissimulando, ebbero un bel suonare le trombe: in breve il cappellano era fuori dell'abitato.

Presosi un po' di riposo, egli è già tornato sul campo del suo lavoro, accolto festosamente da tutti come un angelo consolatore. Il bravo salesiano è D. Raffaele Crippa,

V° ANNIVERSARIO.

Il 6 corrente, terza festa di Pasqua, segna il V° Anniversario della morte del lo Successore di Don Bosco, il sempre caro e indimenticato Don Rua. Vietando la liturgia di celebrare solenni suffragi in tal giorno, a Torino questi vennero affettuosamente anticipati al sabato avanti la Domenica delle Palme, 27 u. S.

Il Santuario, interamente parato a lutto, era gremito di Cooperatori e di fedeli. I nostri alunni eseguirono in massa - con effetto mirabile - la messa dei defunti in canto gregoriano. Celebrò il nostro venerato Rettor Maggiore Don Albera. Attorno al tumulo, insieme col Consiglio Superiore della nostra Pia Società erano illustri membri del Clero secolare e Regolare e del Patriziato e Laicato Cattolico torinese. Sempre viva è nel cuore di tutti l'ascetica figura di Don Rua, sempre vivo il ricordo della sua laboriosità e delle sue virtù. Questo diceva l'espressione del volto di quanti intervennero alla mesta e imponente cerimonia.

IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE

NEL SANTUARIO.

Il mese di Maria Ausiliatrice.

Comincia il 23 corrente come negli altri anni. Nel Santuario la pia pratica avrà luogo al mattino, alle ore 5,30, con Messa, predica e benedizione; alla sera, alle ore 19,30, con predica e benedizione. Vogliano tutti i buoni Cooperatori unirsi in ispirito alle nostre preghiere, santificando il caro mese della nostra affettuosissima Madre e Patrona, sopratutto coll'accostarsi ogni giorno alla S. Comunione !

VII° Solenne funzione per la pace e per il S. Padre.

Il 24 marzo, nel Santuario di Maria Ausiliatrice si è ripetuta per la VIIa volta la commovente cerimonia per la pace e secondo le intenzioni del S. Padre. Al mattino celebrò la messa della Comunione Generale, distribuita simultaneamente da quattro sacerdoti, Sua Eminenza Rev.ma il sig. Card. Agostino Richelmy, che prima d'impartire la benedizione eucaristica rivolse ai fedeli che gremivano il vasto tempio una tenera allocuzione per infervorarli ad una vita intimamente cristiana e meritare in tal modo da Dio e dalla benedetta sua Madre ogni sorta di grazie. Alla sera una gran moltitudine trasse nuovamente ai piedi di Maria Ausiliatrice per prender parte all'Ora Santa innanzi al SS. Sacramento solennemente esposto, che fu predicata con calda ed eloquente parola, piena di unzione e di zelo, dal rev.mo Can. D. Vittorio Lanari della Cattedrale di Arezzo, Quaresimalista nel Santuario. E di vero conforto il crescente slancio di fede con cui si compie ogni mese questa sacra funzione.

Pellegrinaggio spirituale.

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari, avremo tutti questa intenzione generale:

In omaggio al desiderio del nostro Superiore Generale supplicheremo ancora la Vergine Santa, che fu in ogni tempo l'aiuto della Chiesa e del Popolo Cristiano, a ricondurre la Pace in mezzo al mondo e benedire a tutte le sante intenzioni del Sommo Pontefice BENEDETTO XV.

GRAZIE E FAVORI (*)

Grazie, o Maria Ausiliatrice!

Il nostro bambino Fioravante, convittore a Villa Sora in Frascati, ai primi di gennaio fu colto da una pleurite, che degenerò ben presto in pleuro-polmonite gravissima. Non si trascurò alcun mezzo per superare la forza del male. Ma quando già arrideva la piú cara speranza, dopo la prima settima, il fanciullo ricadde in modo ancor piú grave tanto che presto i medici lo dichiararono spedito, perchè pareva impossibile che egli, gracilissimo di costituzione, potesse resistere in una ricaduta alla violenza d'una febbre sempre ardentissima, e d'un male che ogni giorno piú gli consumava i teneri polmoni. Fu allora che il Direttore del Convitto ci consigliò di unirci ai convittori in un triduo di preghiere alla Vergine Ausiliatrice. E la Madonna di Don Bosco volle provare ancora una volta come Ella efficacemente protegga gli Istituti Salesiani. Alla fine del triduo, quando tutto sembrava perduto, il nostro caro Fioravante superava la seconda settima e tornava a renderci felici. Nel rendere grazie a sí buona Madre, unisco una tenue offerta pel Suo Santuario di Torino, e La prego che ci voglia conservare sempre buono e sano il nostro Fioravante.

Frascati, 17 gennaio 1915.

MARIA e SAVERIO CAPONE, da Pagani.

Milano. - È coi sensi della piú viva gratitudine che rendo pubbliche grazie a Maria SS. Ausiliatrice di avermi liberato da terribile malattia. Straziato da acutissimi dolori che mi trafiggevano ambedue le gambe, e colpito da frequenti deliqui, per cui i più valenti dottori mi davano spedito, i miei mi piangevano come perduto...

Una mia figlia però, Suora di Maria Ausiliatrice, m'incoraggiava continuamente a confidare in sí buona Madre, assicurandomi che non mi avrebbe abbandonato.

Non fu delusa! Maria Ausiliatrice, conforto degli afflitti, la esaudí!

A poco a poco i dolori s'affievolirono e scomparvero... ed io mi recai a Torino nel Santuario di sì buona Madre in segno di viva riconoscenza.

O Maria, ti ringrazio di sí segnalato favore. Ausiliatrice cara, proteggimi sempre e benedici con me la mia famiglia.

24 febbraio 1915.

DIONIGI DRAGA.

Randazzo. - Nel giorno 16 u. s. luglio, il figlio mio Carmelino d'anni 34, colpito da fiera polmonite migrante al polmone sinistro e poi al destro, dopo pochi giorni era agli estremi e la desolata famiglia ne piangeva l'immatura perdita.

Io rivolsi il mio cuore e la mia preghiera a Maria SS. Ausiliatrice e nello stesso tempo pregai il Direttore di questo Collegio Salesiano di fare un triduo alla SS. Vergine nei giorni 24, 25, e 26 luglio, offrendo in cuor mio L. 1oo ai restauri di cotesto tempio di Valdocco. Dalla sera del 25 al mattino del 26 il fiero morbo si arrestava e cominciava quella convalescenza che restituì al nostro affetto il carissimo figlio.

24 febbraio 1915.

RoMEo G. VAGLIASINDI.

Torino. - Gravemente inferma, sentii dire dal chirurgo che il mio male era irrimediabile. Ricorsi allora a Maria SS. Ausiliatrice, e mi sottoposi a una grave operazione. Siano grazie vivissime alla Madonna di Don Bosco! Non solo l'operazione riuscì bene, ma io sono guarita perfettamente, e l'attesto, dopo molto tempo, adempiendo a una promessa.

23 febbraio 1915.

VITTORIA BISTOLFI.

Scutari. - Ogni lingua, ogni cuore sciolga inni di ringraziamento alla cara Madre Maria Ausiliatrice, che anche nell'Albania vuol essere onorata con questo bel titolo.

Nei dintorni di Scutari e precisamente a Neksit, paesello che dista circa tre giorni di cammino a piedi dalla città, il ragazzetto Kal (Nicola) Marcku recavasi giornalmente a custodire le pecore al pascolo. D'indole piuttosto vivace, egli giuocava e correva senza badare tra i dirupi e burroni che colà abbondano, quando a un certo punto inciampa, cade e un dolore acutissimo alla gamba non gli permette piú di alzarsi: si era rotta l'arteria femorale. Il poveretto si trascina copie può sul sentiero aspettando che qualche passeggiero portasse la triste notizia in casa per averne soccorso. I parenti misero tutto in opera per sollevarlo, ma inconsapevoli della gravità del male lasciarono il ragazzo a letto in tale stato per 20 giorni. I dolori crescevano ed egli deperiva giorno per giorno ed era ridotto al punto da non potere prendere cibo. I genitori avevano sentito parlare di un certo Ospedale Italiano a Scutari e di ottimi medici, ma il viaggio troppo lungo e la gravità del male e per di piú nessuna comodità di trasporti ritardarono la decisione. In fine adagiato, alla meglio, l'infermo su di una cavalcatura, il meschino, dopo tre giorni di viaggio; giunse al nostro Ambulatorio domandando di essere accettato nell'Ospedaletto. Visitato dal medico chirurgo, dato il grave stato di aneurisma, coll'intervento di altro professore, direttore dell'Ospedaletto, si decise la grave e ardua operazione. Intanto d'urgenza venne confessato e gli fu amministrata l'Estrema Unzione, essendo affatto incerto l'esito dell'operazione. Vedendo la gravità del male, le Suore ed i malati lo raccomandavano alla potente e cara Madre, Maria SS. Ausiliatrice.

Si doveva nientemeno che allacciare l'arteria femorale della gamba sinistra e l'operazione durò circa un'ora. A metà, cessò la pulsazione e già pareva tutto perduto; ma, grazie all'Ausiliatrice, dopo pochi istanti ripigliò lentamente. L'operazione riuscí con grande soddisfazione dei professori operanti, ma lo stato grave di anemia toglieva ogni speranza di guarigione. Le preghiere e la benedizione di Maria Ausiliatrice fecero superare anche questa difficoltà, e noi ringraziamo di cuore la Vergine Ausiliatrice che, sempre buona, non abbandona i suoi devoti.

24 febbraio 1915.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice addette all'Ospedaletto Principessa Jolanda.

Bologna. - Da parecchio tempo la mia cara mamma soffriva di catarro bronchiale, che nello scorso novembre tendeva ad acuirsi maggiormente. Nel gennaio del corrente anno si pose a letto con influenza maligna che le fece passare quasi due mesi terribili, tanto che si temeva da un momento all'altro ci dovesse lasciare, essendosi manifestata anche la pleurite. Tutto fu tentato, cure e medicine, ma a poco nulla valsero. Mi sovvenni di Maria SS. Ausiliatrice e delle grazie da Lei elargite a favore dei suoi divoti, specie ai Cooperatori e Cooperatrici ed Ex-Allievi Salesiani. Scrissi a Torino, perchè cominciasse una novena alla quale noi in famiglia avremmo preso parte, unendoci alle preghiere di tanti giovanetti, e il giorno 6 febbraio s'incominciò la novella.

Oh! bontà grande di Maria ! sin da quel giorno la mia cara mamma cominciò lievemente a migliorare: e, terminata la novena, il catarro bronchiale era molto diminuito ed ora che scrivo è interamente cessato: come pure è scomparsa la pleurite che dava molto da pensare. Ne siano rese grazie a Maria SS. Ausiliatrice! Compio la promessa, inviando una piccola offerta.

Prof. GIUSEPPE MAURONI, ex-allievo Salesiano.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti.

A*) - A.: P. C. M. io - Abbiategrasso: Lodovica Locatelli, 7 - Acqui : Una pia persona, i - Agliano d'Asti: Annetta Cerrato, 2,4o - Airolo (Ticino): Marta Leventini, 5 - Albissola Superiore : N. N., 2 - Alcamo : D. Carlo laci, 5 - Alice Belcolle : Angelo Perrone - Allain : Giuseppe Elia Boche, 5 - Aosta: Ch. Io. - Arcola R. G., io - Arluino : Giovanni Berra, 5 - Arnaz : P. V., i - Arosio : Luigi Pozzoli, 2 - Asti Suor Teresa Torchio, 5.

B) - Baffadi : Don Gio. Battista Sosi, 15 - Bagnasco : Domenico Sabina Rossiano, 5 - id.: Severina Peano, 2 - Bagolino : Giulia Scalvini Ved. Mora, io - Bauer y Ligel (Argentina): Giuseppe Pecis, 5 - Bari : R. S. - Bastida Pancarana : Modestina Vena, 3 - Bergamo : Maria Ravasio Capitanio, 5 - Bologna : Irene Mari, 2,50 - Borgomanero : N. N., 20 - Bosconero Canavese : Maria Vecchio, 2 -- Bronte : Concettina Di Bella, io - Brusson: Anselmo Vuillermin, io - Busca : Giuseppina Migliore, io.

C) - Cagliari : Teresa Ballero, 5 - Calolzio Marianna Cattaneo in Valsecchi, 5 - Calosso Amabile Scaglione - Caltanisetta : Francesco Vendemmia, i - Camino Monferrato : Rosa Barbano - Campiglia Cervo : Eilnda Vanni, 8 - Campione : Giulietta Verda, 5 - Caprino Veronese : Giovanni Zambonin, io - Carate Brianza : Maria Mazza, 3 - Caravino Canavese Sacerdoti Pietro e Giuseppe Siletti, 5 - Carbonara al Ticino : Antonio Belloni, 4 - Caresana R. T., 25 - Carini : Vincenzo Giammanco, 25 - - Carpeneto d'Acqui : Luigi Picchetta, 5 - Caserta : Duchessa di Quadri, 5 - Casoni Vicentino Maria Organo V. Belloni, 2 - Cassino : Costanzo Di Carlo e Maria Del Greco, 5 - Castelfranco Veneto : Sorelle Bianco, 5 - Castellammare del Golfo : S. G., 5 - Castellamonte : M. P., io - Castellaneta : Giuseppe Rondanini, i - Castellarano : Maria Peoli, 1,50 - Caslellucchio : Maria Gallizzi, 5 - Castelrosso : Cecilia Berra, 2 - Castronovo di Sicilia : Antonino Di Buono Iacoponelli, 5 - Cavaglià : Teresa Carandi, 5 - Cavallino di Romagna : Teresa Genghini, 7 - Cazzago San Martino : Anna Venturi Ved. Boriassi, 5 - Centallo : Maddalena Martini, 2,25 - id. Andrea Dal Costantino, 4 - Cerano : Giovanna Dondi, 3 - Cerete : Nina Bilisetti, 5 - Chdmbave : Maria Grossean, 6 - Chàtillon : Cesarina Besenal, 3 - Cherasco : Maria Formica, 2 - Chieri : Marianna Rigo - Clusane sul Lago Giuseppe Libra, 2 - Cocconato d'Asti: Roberto Baldassare - Codevilla : Anna Lucotti, 5 - Colle Salvetti : Maria Mantellassi - Cologna Veneta: Teresa Lavagnòli, io - Como : Anna Guppandi Ved. Cardona - id.: Giuditta Bernasconi, 5 - Condove di Susa : Carolina Michele m. Bertinetti - Conzano Monferrato: Rosina Calcagno in Balzola, 2 - Cordenons : Luigi Bidimost fu Antonio, 25 - Cordignano : Angela Curan, 5 - Coreglia Antelminelli : Lucia Tognarelli, 5 - Corneliano d'Alba: Felicita ved. Coraglia, 2.50 - Conegliano Veneto : Luigia de Luca del Fabbro - Cremona B. I N. - id.: Emma Scarano, 6 - Cunardo Rosa Adreani, 5 - Cuorgné : Giuseppe Ferrero, 5 - id.: Amalia Gay, 5.

D) - Dicomano : Giuseppina Bartolini in Salimbeni, 2 - Dorno : Giuditta Perotti, 15.

E)- Ellera : Margherita Rossello, 5 - Ello Giulia Colombo, io - Enero (C. A.): Francesca Anna Montenegro - Envie : P. A., 2 - id. Margherita Pittavino, 3.

F) - Faenza: Giulia Cicognani, io - id.: Maria Lanzoni, 5 - Fiavé (Trentino): Romano Dorighi, con vivissima riconoscenza per molte grazie, 5 - Filetto Canavese : Marianna Vagina, 5 - Finalmarina: Cristoforo Sasso, io - Forli Marianna Pellegrini Ved. Reggiani, 5 - Fossalta di Piave : D. Giovanni Sernagiotto, 1o - Fossola : Giuseppe Scusa, 3 - Frassinello Monferrato : Evasio Mortarotti, lo.

G) - Gagliano Castelferrato : Concettina Grippaldi fu Carmelo, 3 - Gambulaga : Sac. Romolo Bocchi, 4 -- Gazzoldo : Argio Bresadola, 5 - Genova : Carolina Pretto, 25 - id.: Iginia Ivaldi, 2 - id.: Maria Grappiola, 5 - Giumaglio (Svizzera): P. S. Brembilla, 2 - Gorno : Venturina Gierinoni - Grezzana : Albina Bombieri, 4 - Guidomandri : Avv. Emanuele Basile, 2.

H) - Haverstraw (N. Y.): Luisa Lagomarsino, 25.75.

I) - Incisa Belbo : Gina Cuzzoni, 3 - Isola Rizza : Sofia Ferrari, 5 - Ivrea : G. A., 3.

L) - Langasco : Sac. Giov. Batt. Rebora, 8 - Langass (Svizzera): Maria Zanoni, io - Lequio Berria : Giuseppina Rabino Maestra, 5 - Lercara : Giuseppe Garofalo, 2 - Livorno Toscana Emma Lombardi, i,5o - Locarno : N. N. e G. A., 5 - Lugano : (Ticino): Anna Morosoh, 5.

M) - Magenta : Una pia persona - Marano di Valpollicella : Giuseppina Bellarti, 5 - Marcellise : N. N. a mezzo Anna Andreis, 2 - Maserada : Emma Cesana, 2 - Mathi Torinese : B. M., 2 - Mazzara del Vallo : Vitina Busca fu Vito, io - Melazzo : Alessandro Cavallero - Miasino Bernardo Poltroneri, 2 - Miazzina : Ulderico Tradigo, 5 - Milano : Emma Schiapparelli, io - id.: Antonio Decio, i - id.: Adele Sala, io - Mistretta : Maria Grazia di Salvo, 4 - Moggio Domenica Combi in Locatelli, 5 - Mombello Torinese: Lorenzo Gianasso, 2 - Montanaro Clementina Mecchio Ved. Baudino, 3 -- Montasico : Elisa Bruni in Bettini, 5 - Montesilvano Giovannina Castellani, i - Montesolaro : Luigi Oldani, 5 - Mortara : Dario Pessione.

N) - Napoli: Una Cooperatrice - Negrar Maria Riolfi, 2 - Nicosia : N. N. per il fratello - Ninoro : G. A. F., 5 - id.: Giuliano Mannu, io - Nizza Monferrato : Suor Luigina Negro - Nunziata di Mascali : Le educande del Collegio Immacolata, io.

O) - Orani : Nicolina Meloni in Cossu, 2 - Orbassano : Coniugi Agostino e Felicina Ruffino, 5 - Ormea : S. M., 2 - Ovada : Gio. Battista Parodi, 5 - id.: Anna Olivieri, 4 - id.: Prof. Andrea Damilano, 20.

P) - Palazzago : Carrozza Deidamia, 2 - Palermo : E. Caruso, 2 - Palma Montechiaro Sorelle Borsellini, 5 - Pamparato : Giovanni Briatore fu Giuseppe, 14 - Pavia : Adele Boggiano, 5 - Peveragno : Pietro Peirone, 12 - Piani di Vallecrosia : G. B. C., 5 - Piazzano : Fiorentino Giorcelli, 3 - Piovera d'Alessandria : Ferrari E., 5 - Pisa : Maria Luisa Bottini, i - Piverone : Rina Maddalena, 5 - Pordenone : Maria Bertolotto, 5 - Porto Maurizio : Assunta Beatora, 50 - Pradamano : Luigia Braidotti, 2 - Pralormo : Giuseppe Novarino, 5 - Presezzo : Iosé Pecis, 5.

Q) - Quarto dei Mille : Giuseppina Ferraro, 2.

R) - Rivoli: Colombina Leidi, 5 - Rivanazzano : Giovanni Bertolo, 45 - Roma : Giacomo Catena, 30 -- id.: Paolo Viti Mariani.

S) - Sampeyre : Giovanni Giraudo, Segretario comunale, 5 - Sampierdarena: Maria Spadoni, io - id.: A. C. - S. Briccio : Giuditta Passeto, 6 - S. Damiano Macra : Una pia Cooperatrice, 5 - S. Donà di Piave : Dott. Pietro Perin, 15 o S. Giovanni di Teglio : Giuseppina Carugo, 5 - S. Marino (Repubblica) : Vincenzo Mularoni, 5 - S. Maurizio d'Alessandria : Ermelinda Guaschiro, 3,50 - S. Michele d'Asti : Severino Deorsola, 5 - S. Nicolás de los Arroyós : Un emigrato, r1, per segnalatissima grazia. - S. Salvatore Monferrato : 11. A. D. Io - S. Sebastiano Curone C. G. M., 5 - S. Severino Marche : D. Giuseppe Splendori, Parroco, 2 - S. Alberto di Romagna Pietro Cavalieri, 3 - S. Ambrogio di Susa : Suor Chiarina Ballerio - S. Stefano Cadore: Emilio De Candido, 2 - S. Margherita Ligure : M. A. B. R., 1,5o - Saronno : Palmira Vecchietti in Veronesi, io - id.: Giacomo Caronni, 5 - Scarmagno : Angelo Bessolo, 2 - Segusino : Annetta Corrà, 3 - Serralunga di Crea : Camilla Mascolino, 2 - Soave Veronese : Giuseppina Mantovani, 2 - Solimbergo: Virginia Avon, so - Stazzema : Sinforosa Tommasi.

T) - Tarcento : Teresa Fadini in Paolini, 5 - Termini Imerese : Maria De Vecchi in Pellati, 5 - Terno d'Isola : Teresa Panseri, 5 - Tenlada Luisa Lai in Mulas, 2 - Tezze di Treviso M. C. P., 5 - Torino : Dott. Mario Ghiglieno, 15 - id.: G. R., so - id.: Pellissone Luigi e consorte, per il figlio - id.: P. M. 1o - id.: A. P. - id. S. V. - id. : R. M. - id.: Baronessa Maria Manno, 5 - id.: N. N. - id.: Margherita Masuero, 5 - id.: B. B., 20 - id.: M. D. - id.: F. G., i - id. : Stratta Ved. Botta, io - id. : Sorelle Biava, i - id.: Famiglia Caldera - id.: Giovanni Violino, io - id.: Margherita Nasi, 5 - id.: Giuseppina Aluffi in Pasquario, 25 - id.: Lucia Milani - id.: Famiglia Strobia - id.: N. N. - Tortorici Antonina Galati, 3 - Trento (Tirolo): Una madre riconoscente, a mezzo di D. Sordo - id.: Un Sacerdote Cooperatore Salesiano - Trino Vercellese Giuseppe Celoria, 2 - Troia: Giovannina Di Piero, 5 - Tro favello : Catarina Borello per segnalatissima grazia, 5 - Troina : Nob. Alfonso Di Giunta, 5 - Tronzano Vercellese : N. N., i.

U) - Ushwaja (Terra del Fuoco): Giovanni Musso, 50 - Usmate : Riccarda Garancini, 1o.

V) - Valguarnera Caropepe : Lucia Pontorno, 5 id.: Alfonso Spampinato fu Carmelo, 5 - Vallo di Caluso : Rosa Facciano in Actis - Valledolmo : Anna Maria La Duca, 1o - Valle Giolitti: Alessandrina Gennaro - Vallo di Caluso: Rosa Facciano in Actis - Valtournanche : Vittore Vuillermoz, 5 - Varazze : Angiolina Bianchi, 2,50 - id.: P. A., 5 - Veneria di Vercelli : Simone Varaldo, 1 - Vercelli : Matilde Sirio Ved. Ta vallini, 5 - Verolengo : Carolina Gilia, 5 - Vertova : Cecilia Guerini, 5 - Vescovato :: Leonarda Brunati, 2 - Vigliano d'Asti: Agnese Gaj, 5 - Vignole Borbera : Giuseppe Re, 5 - Vigone N. N. - Villa di Teolo : Rosa Biasietto, 5.50 - Villanova d'Asti: Ignazio Gamba, io - Ville S. Sebastiano: Maria Trucco, o - Viscarda Angiolina Bianchi, 2 - Vittorio : N. N., i - Volvera : Carolina Tonda, 5.

W) - West Stochbridge (S. U. A.): Negrini Ersilio, io - id.: Luigi Agnelli, io.

Z) - Zanco di Villadeati: Luigi Demarchis, 15.

X) - Una Cooperatrice Salesiana, 5.

Santuario di Maria Ausiliatrice

TORINO-VALDOCCO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuarioo l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, come anche per Messe o novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, scrivere all'indirizzo del Sac. Paolo Albera, Via Cottolengo, 32, Torino.

Ogni sabato, alle 7.15 speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.'

Dal 23 aprile al 10 maggio.

23 aprile: - Apertura del mese di Maria Ausiliatrice.

Giorni feriali: Messe dalle 4,30 allo 10,30 - Ore 5,30 Messa, predica, benedizione - Ore 7,30 seconda Messa della comunità - Alle ore 19,30: lode, predica, benedizione.

Giorni festivi : Messe dalle 4,30 alle 10,30 - Ore 5,30 e 7,30 Messe delle due Comunità - Ore io Messa Solenne - Ore 15 e 16,30, Vespri, predica e benedizione solenne.

Oratori: al mattino: Sac. Abbondio Anziní, Salesiano; alla sera: Sac. Stefano Trione, Salesiano.

24 aprile: - Commemorazione mensile di Maria SS. Ausiliatrice: Mattino: Villa funzione per la pace e per il S. Padre: celebra S. E. R. Mons. Matteo Filipello, Vescovo d'Ivrea. - Alla sera Ora Santa di adorazione.

7 maggio: - Primo Venerdì del mese - Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.

IL SERVO DI DIO DOMENICO SAVIO

La bella commemorazione di Domenico Savio che il compianto Mons. Radini-Tedeschi tenne un anno fa all'Oratorio, fu splendidamente rievocata dal pio e dotto Mons. Carlo Salotti.

« I giovani furono il piú dolce palpito di questo gran cuore di Vescovo. Quei fanciulli innocenti, che vedeva correre al tempio per unire le piccole palme nell'atteggiamento della preghiera; quei giovani baldi e forti, in cui salutava le prime schiere della milizia cristiana, pronte a combattere per la libertà santa della fede; quei giovani chierici del seminario, nella cui pietà operosa già intravvedeva gli apostoli ardenti del domani; attirarono la vigilanza e le sollecitudini del zelantissimo Pastore, a cui non fu cosa più cara che consacrare i suoi anni maturi ad un lavoro di educazione giovanile...

» Una delle ultime fiamme lanciate da questo apostolo a pro' dei giovani, che amava come padre e fratello, fu quella che divampò recentemente a Torino, il 16 aprile trascorso. Egli era là, nel grande teatro dell'Oratorio Salesiano, a commemorare, dinanzi ai rappresentanti piú eletti della cittadinanza torinese, la cara e simpatica figura di Domenico Savio: e la commemorò degnamente e nobilmente. Questo discepolo prediletto di Don Bosco, fiore di pietà e d'innocenza, candido giglio sui margini del ruscello della vita, che a cinque anni come a quindici spiega una virtú si virile da sembrare un gigante nella perfezione; questo angelo in carne rivisse nella frase commossa e smagliante di Mons. Radini, il quale, avvinto dalla soavità dell'adolescente di Mondonio, non sapeva trattenersi dall'esaltare questa creatura, che, come un poema magnifico, gli rappresentava quanto v'ha di piú dolce, di piú puro, di piú sublime nella poesia del Cattolicismo.

» L'oratore, che aveva seguito sempre con simpatia l'opera apostolica dei Salesiani, e che si sentiva lieto di appartenere, quasi umile terziario, all'intimità della loro famiglia, celebrando ora in Domenico Savio la gloria purissima dell'Istituto di D. Bosco e insieme della Chiesa cattolica, non poteva a meno di chiudere la solenne commemorazione con queste nobili parole, che sintetizzano la grandezza del piccolo Santo : - Domenico Savio è sempre là. È là ritto in piedi, mentre cadono gli idoli del mondo. È là, che confonde con la sua arcana bellezza gli impotenti ed impenitenti denigratori della Chiesa. È là pieno di tanta dignità, di tanta grandezza, di tanto valore, che noi, inchinandoci a lui, commemorandolo qui, cantandogli l'osanna, abbiamo sicura coscienza di compiere un alto dovere, di fare opera della quale egli è sommamente degno, e che nel tempo stesso ci onora e ci riconforta nel fondo dell'anima. - Era questo il canto del cingno, ma in verità il piú bel canto, che Monsignor Radini abbia dedicato alla gioventú cristiana» (1).

Anche il cav. Augusto Gossi-Gondi, nella Conferenza, detta in Roma nella sede del « Circolo dell'Immacolata », su Mons. Radini Tedeschi, parla del discorso su Domenico Savio:

«... Non il solito pubblico, ma a lui facevano corona le Altezze Reali il Duca e la Duchessa di Genova, i principi Bona ed Adalberto, il Card. Richelmy, Vescovi, Senatori, Consiglieri Comunali, le illustrazioni tutte del clero e del laicato torinese, e migliaia di giovani allievi di salesiani. Egli al solito non si rifiutò a questo onore, perché gli dava agio di presentare alla società scettica un giovane modello di purità, di umiltà, di nascondimento, Domenico Savio, il S. Luigi del secolo XIX. Si paragonò ad un artista che doveva architettare ed eseguire un monumento; ma il suo non gli sembrava grande e magnifico come il soggetto. Vi mise in valore le piú belle qualità, vi fece vibrare le corde più delicate del suo cuore, tutto l'acume della sua intelligenza. Domenico Savio, il piccolo salesiano, la gioia di D. Bosco, nel fascino dell'eloquenza di Mons. Radini assurse all'altezza di nuovo patrono celeste del suo Piemonte, di un nuovo perfetto nodello dei giovani, degli operai, di tutta la società moderna...» (2).

**

Nel marzo u. s. pellegrinavano alla Tomba del pio giovanetto nel Santuario di Maria Ausiliatrice mossi dalla stessa riverente ammirazione, gli alunni del nostro Collegio Pareggiato di S. Giovanni Evangelista, delle Scuole Professionali Don Bosco al Martinetto, del Collegio S. Giuseppe diretto dai fratelli delle Scuole Cristiane, dell'Istituto Sociale dei PP. Gesuiti, del Seminario delle Missioni Estere in Valsalice, nonché i giovanetti dell'Oratorio Festivo di Valdocco. Anche le ragazze dell'Oratorio delle Figlie di Maria Ausiliatrice la domenica 14 marzo si recavano in corpo al Santuario, per far atto di ossequio al pio alunno di D. Bosco.

(1) Mons. Prof. CARLO SALOTTI: In memoria di Mons. Radini-Tedeschi, discorso tenuto il 17 dicembre 1914, nella Chiesa di S. Rocco in Roma, in occasione dei funerali solenni celebrati per cura dell' „ Unione Nazionale Trasporto Malati Poveri a Lourdes "; pag. 11-12.

(2) AUGUSTO GossI-GONDI: Mons. Giacomo Maria Radini-Tedeschi, Vescovo di Bergamo, Roma, Coop. Tipografica, 1915; pag. 19-20.

NOTE E CORRISPONDENZE

DICHIARAZIONE.

Molti ci domandano se è vero che il Venerabile Don Bosco abbia predetto gli avvenimenti che ora sconvolgono l'Europa. Rispondiamo categoricamente di non conoscere nessuna profezia di Don Bosco al riguardo : perciò le interpretazioni che alcuni han dato a uno scritto di Lui, inviato al Santo Padre Pio IX, sono del tutto fantastiche e destituite di qualunque fondamento.

Il Sig. Don Albera.

Negli scorsi mesi di febbraio e marzo il nostro veneratissimo Superiore Generale sig. D. Paolo Albera visitò gl'Istituti Salesiani di Lanzo Torinese, Castelnuovo d'Asti, Vercelli, Novara, Foglizzo Canavese, Lombriasco, Biella, Perosa Argentina, Trino Vercellese, Alessandria, nonchè le Scuole Professionali al Martinetto in Torino. Ovunque egli ebbe dai nostri benemeriti Cooperatori e zelanti Cooperatrici mille prove di squisita benevolenza e a tutti - per mezzo nostro - ne ripete i più vivi ringraziamenti.

Torneremo di proposito su queste visite per esporre ai Cooperatori il bene che si compie in detti istituti.

Per il Monumento a D. Bosco.

Mentre in Piazza Maria Ausiliatrice, gettate le fondamenta, proseguono i lavori architettonici per la base del monumento, e a Firenze il fonditore Gusmano Vignali sta ultimando il bronzo del gruppo centrale, il prof. Gaetano Cellini con l'assiduo lavoro di lunghi mesi ha terminato il gruppo dell'Umanità prostrata dinnanzi alla Fede al bacio della Croce, rivestendolo di una bellezza meravigliosa. Nel poderoso sforzo che gli ha fatto condurre a termine in breve tempo quest'altro gruppo del Monumento, il Cellini, quasi a distrarsi, ha composto tutti i fregi richiesti dalla decorazione del monumento medesimo e ha curata la costruzione scheletrica degli altorilievi laterali,. d'uno dei quali già s'intravvedono le linee. I lavori proseguono alacremente.

Feste e Conferenze Salesiane.

Abbiamo ricevuto un così gran numero di. relazioni di feste e conferenze tenutesi in occasione della solennità del nostro Patrono, che non ci è possibile nè pubblicarle integralmente, nè farne anche solo l'elenco, per non trascrivere l'elenco delle nostre case. Dobbiamo quindi, sebbene a malincuore, limitarci a presentare i più vivi ringraziamenti agli Eminentissimi Principi di S. Chiesa, gli Eccellentissimi Arcivescovi e Vescovi, agli esimi Oratori, ai zelanti Direttori Diocesani, Zelatori, Decurioni e a quanti contribuirono colla presenza, coll'opera e colla parola, a rendere più solenni siffatte adunanze e a popolarizzare sempre più lo spirito di S. Francesco di Sales, che fu spirito di dolcezza, di zelo e di umiltà, e che mirabilmente D. Bosco seppe ricopiare. Questo fu il tema svolto nella maggior parte delle conferenze, come a Milano, Venezia, Napoli e in altre città minori; e questo è il pensiero che vogliamo rilevare.

« Dire della dolcezza di San Francesco, il santo della mansuetudine - diceva il salesiano Dott. Don Alessandro Luchelli ai Cooperatori di Milano - è un po' difficile. Tutta la sua vita ebbe per iscopo il raggiungimento di questa virtù e se l'abbia conseguita lo attestano le parole che dopo pochi minuti di conversazione con Francesco uscirono di bocca a S. Vincenzo de' Paoli: O mio Dio, quanta sarà la vostra bontà se Monsignor di Sales è così buono! E Don Bosco come ricopiò in sè questa medesima virtù? Farei torto a voi se qui volessi ricordare tutti i tratti della vita del nostro Venerabile che valgono a lumeggiare questo punto. La gioventù, è vero, s'apre confidente alla vita, come s'apre il calice del fiore ai raggi del sole, mai però come in questi tempi essa fu così diffidente,. massime del prete; mentre però scuole, stampa, esempi dall'alto la eccitano a starne lontana ed a disprezzarlo, noi vediamo turbe e turbe di fanciulli accorrere a D. Bosco, stringersi alla sua sottana e chiamarlo col dolce nome di Padre.

» In S. Francesco rifulse del pari uno zelo ardente che tutto lo faceva struggere d'amore per le anime. Mosso da questo zelo egli affronta fatiche, pericoli, disagi indicibili, ma dopo tre anni egli ha la consolazione di aver ricondotti alla Chiesa ben 72.000 eretici. Per le anime si mostrò sempre, in ogni tempo ed in ogni luogo, il buon Pastore!...

« Così fa D. Bosco. Noi, esaminando le pagine della sua vita, restiamo sbalorditi è ci domandiamo come mai un uomo abbia potuto sviluppare un'attività sì feconda di frutti. Ma questo stupore cessa al ricordare il motto, che è un programma, tolto appunto dal Santo Vescovo di Ginevra: Da mihi animas, caetera tolle!... Signore, dàmmi anime e prenditi pure tutto il resto!... Fu questo il grido dell'animo suo assetato di anime. E noi vediamo D. Bosco esercitare il suo apostolato ovunque: per le vie, per le piazze, nelle famiglie, negli ospedali, nelle prigioni, in treno, in carrozza, persino là ove ode il grido dell'assassino che gli chiede la borsa o la vita...

« Piú un Santo è grande, piú egli si veste di umiltà ed io non saprei che dire di S. Francesco se non che predilesse mai sempre questa virtú. In mezzo alle fatiche del suo lungo apostolato, circondato per molto tempo da persone che, non potendo far altro, lo andavano ricolmando di vituperi e d'insulti, egli non s'alterò mai fino a dire ad un insolente, che se gli avesse cavato un occhio lo avrebbe guardato con affetto con l'altro. Questa virtú, congiunta alla dolcezza, gli conquistava i cuori. Anche al Ven. nostro Padre non mancarono le prove, le quali però non valsero a toccarlo. Avvezzo a prendere e gli onori e le contrarietà dalla mano di Dio, egli lasciava ai suoi figli il motto: Nulla ti turbi... Sii umile e forte nel bene... Così anch'egli passò lasciando dietro di sè luminosa traccia nella grande sua opera, l'Opera Salesiana cui volle associati voi pure, egregi cooperatori e zelanti cooperatrici. A quest'apostolato di D. Bosco si coopera non solo colla preghiera ma anche coll'elemosina, così efficace, ora che tanto scarseggiano i mezzi di sussistenza e pur cosí necessaria... Il Signore, infinitamente ricco, saprà ricompensarvi col cento per uno in questa e nell'altra vita ».

COMMEMORAZIONI DI D. BOSCO

Nel Seminario delle Missioni Estere a Valsalice, la domenica 31 gennaio si festeggiò S. Francesco di Sales, e si tenne nello stesso giorno la commemorazione del 27° anniversario della morte del Venerabile nostro Padre. Al mattino celebrò la messa della Comunione l'Em.mo Arcivescovo Card. Agostino Richelmy, il quale distribuí il pane degli angeli per la prima volta ad alcuni bambini dell'annesso Oratorio festivo, ed infine rivolse ai chierici soavissime parole sul caro Santo di Sales.

Alle 15,30, nel teatrino, ebbe luogo la Commemorazione di Don Bosco, tenuta dall'egregio Prof. Rodolfo Bettazzi. Presiedeva S. E. Mons. Castrale, a cui facevano corona, fra vari superiori nostri il comm. ing. Molli, il conte Galateri di Genola, il prof. Fornaca, il dott. Rodano, l'avv. Cappello, il prof. Ponzo ed altri esimi signori.

Colla sua nota facondia, dopo un felicissimo esordio, pieno di affettuose rimembranze suscitate dalla vicinanza delle tombe di Don Bosco e di Don Rua, dapprima l'egregio professore abbozzò con tocchi magistrali la vita del nostro Venerabile Padre, poi ne analizzò le condizioni, illustrò la vocazione sua all'apostolato, ne enumerò le virtú e con fine intuizione ne additò gli ispiratori, avendo splendide parole pel Ven. Cafasso e per Mamma Margherita; quindi passò a tratteggiare piú diffusamente il bene fatto da D. Bosco ai giovani e le note caratteristiche del suo spirito sacerdotale, per inneggiare in fine all'apostolato da lui lasciato in retaggio ai suoi figli.

Ci sarebbe caro offrire ai lettori qualche tratto di questo bel discorso.

Una seconda Commemorazione ebbe luogo la domenica dopo, nell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Torino, detta dal Prof. D. Antonio Cojazzi, del Seminario delle Missioni Estere in Valsalice, sul terna « Due centenari »; nella quale il nome di Don Bosco fu egregiamente intrecciato a quello di Maria Ausiliatrice. « Sii umile, forte e robusto! » disse in sogno la Vergine a Don Bosco fanciulletto non ancor decenne; e questi, fedele alla raccomandazione, formò col volger degli anni la sua personalità spiccata, ricopiando le virtú caratteristiche di quattro santi, S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista, S. Francesco d'Assisi e S. Francesco di Sales.

A Torino, promossa dal Comitato di Conferenze di cultura internazionale, la domenica 14 marzo si tenne nell'ampia sala dell'Istituto Professionale operaio una terza Commemorazione del Centenario di D. Bosco. Parlarono l'avv. Paolo Cesare Rinaudo e il nostro confratello Don Fasulo. Il giornale il Momento, dando ripetutamente l'annunzio di questa conferenza, il 12 marzo scriveva queste nobili parole:

« In tutto il mondo verrà commemorato ques'anno il Centenario della nascita del Ven. Don Bosco, il grande apostolo della gioventú. Torino, che fu la culla dell'opera salesiana, che vide gli albori di questa istituzione internazionale, e che oggi la vede ramificarsi per tutte le Nazioni, recando dovunque l'effige del grande Apostolo italiano e piemontese, Torino, che vide crescere e prosperare l'Oratorio e ne appoggiò con tutte le forze i primi tentativi di beneficenza spirituale e materiale, non poteva trascurare una bellissima occasione per promuovere, ad iniziativa del laicato militante, una solenne commemorazione del centenario della nascita di Don Bosco. Il Comitato delle conferenze di cultura internazionale ha ritenuto opportuno chiuderne il cielo con tale commemorazione... ».

Vivi ringraziamenti al solerte Comitato per il nobile pensiero.

Altra commemorazione ebbe luogo il 21 gennaio a Broni al Circolo « Pro Cultura ». Il salone parrocchiale era gremito di un pubblico sceltissimo di signore e signorine, di borghesi e militari, e dei giovanetti della scuola di religione, sicché il vasto locale era divenuto insufficiente a contenere gli intervenuti. La conferenza, che rievocò in eletta forma lo svolgersi dalla sua origine ad oggi dell'opera molteplice del Venerabile fu tenuta dal M. R. signor Arciprete Teol. Don Mario Lecchi. Vivi rallegramenti ai promotori della dimostrazione.

Altra solenne commemorazione fu tenuta a Diano d'Alba, dal nostro Confratello D. Fasulo. La benevolenza che i Dianesi hanno per Don Bosco e le sue Opere è veramente edificante. L'anno scorso inaugurarono, con solenne cerimonia, nel locale istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice uno splendido busto del Venerabile Fondatore.

A Chieri, il 14 febbraio nel teatro dell'Oratorio S. Luigi, Sua Ecc. Rev.ma Mons. Angelo Bortolomasi, Vesc. tit. di Derbe e Ausiliare del Card. Arcivescovo di Torino, dinanzi ad un eletto uditorio con a capo il Sindaco e vari Consiglieri Comunali, per oltre tre quarti d'ora tratteggiò in modo brillantissimo la vita di D. Bosco, illustrando il motto « Per aspera ad astra » : cominciando dai sacrificii sostenuti da lui in casa come contadinello e in Chieri come studente, e poi come sacerdote ed iniziatore degli Oratorii. Animando tutti ad imitare D. Bosco, ebbe parole che destarono fremiti di commozione in ogni cuore e riscossero i piú vivi applausi. Ai Cooperatori ricordò il bene che possono fare ed i meriti che possono acquistare imitando Don Bosco nel sacrifizio ai genitori il dovere di educare i figli a virtú eroiche per mezzo del sacrificio; ai giovani l'obbligo di non rifuggire dal sacrificio nell'adempimento dei doveri cristiani e civili, per raggiungere la gloria vera. Per questo additò Maria Ausiliatrice astro fulgente, che fu a Don Bosco, com'è all'umanità intera, placida guida nelle procelle della vita.

TRA GLI EMIGRATI

NEW YORK. - Il Sac. Giovanni Ferrazza, salesiano, addetto al segretariato della Parrocchia di Maria SS. Ausiliatrice, ci manda questo importante resoconto.

« Al presente le condizioni dell'operaio sono quanto mai critiche. Si tratta che in New York e Brooklyn sono ornai più centinaia di migliaia gli operai senza lavoro. Moltissime fattorie sono chiuse, poche le costruzioni edilizie, poche le imprese di lavori stradali, il Governo stesso non promuove piú largamente le colonizzazioni, il commercio nei porti è diminuito. È poi noto come il Governo, per rifarsi dalle enormi perdite sui rispettivi deficienti incassi di dogana, . ha imposto numerose tasse per un anno. Di qui il rincaro dei viveri, e moltissimi operai, addetti ai porti, senza lavoro. Da quindici anni in qua non mai vidi tante miserie come quest'anno!

Noi abbiamo fatto del nostro meglio per aiutare in tutti i modi possibili gli immigrati italiani della nostra parrocchia.

Dal 1° luglio al 31 dicembre 1914, abbiamo atteso senza tregua a raccomandazioni per rimpatrio, e per lavoro, per soccorsi, ecc. Inoltre abbiam prestato aiuto a domicilio mediante le conferenze di San Vincenzo de' Paoli

Un altro importante e nuovo ramo di azione fu intrapreso il 1° marzo u. s. e continuato a tutto giugno, mercé i Visitatori permanenti nel distretto parrocchiale. Tali visitatori sono pagati dall'Associazione « United Catholic Work (Unione Cattolica di lavoro, od opere cattoliche riunite) il cui controllo è fatto dal parroco. Essi visitano ogni giorno, dalle 9 alle 12 e dalle 2 alle 5, le famiglie e s'informano di ogni necessità spirituale e materiale, e riferiscono al parroco che fa il possibile per provvedere in tutti i casi.

Col primo di ottobre abbiamo ripreso il lavoro e due brave persone compiono il loro dovere con grande sacrificio e pazienza e con immenso vantaggio delle famiglie.

Nei soli tre mesi di ottobre, novembre e dicembre si visitarono ben 56o famiglie, esortandole non solo al bene ed alla pietà, ma specialmente a mandare i figli alla scuola, a non trattenerli per lavori in casa o altrove. Parecchi genitori tengono a casa i figli piú grandicelli per sorvegliare i piccolini, e intanto quelli non imparano e finiscono gli anni di scuola senza aver imparato quanto è necessario per la carta di proscioglimento « school record », senza la quale è impossibile che il ragazzo o la ragazza ottengano il permesso di lavorare, prima che abbiano compito i 18 anni. Accettarli al lavoro senza questo permesso del Municipio, sarebbe lo stesso che voler andare in prigione: e un padrone non accetta mai un giovane se non presenta il permesso civile di lavorare.

Ora i visitatori spiegano nelle famiglie, ove occorra, tutte queste dispozisioni, e qualora trovino famiglie bisognose, ne dànno nome e indirizzo alla Conferenza di San Vincenzo per i soccorsi e per trovar lavoro all' « Italica Gens ».

Questi tre rami di azione: Visitatori, Italica Gens e Conferenze, vanno avanti collettivamente e si possono chiamare con un sol nome: Azione Cattolica.

Abbiam fatto domanda per aver un asilo dove raccogliere bambini dai 3 ai 6 anni, durante il giorno, affinché i genitori possano attendere libe ramente al lavoro. Pare ci sia molta probabilità di ottenere quest'opera, che sarebbe di grande vantaggio per gl'italiani qui residenti, perché questa parrocchia è esclusivamente italiana, non avendo nessuna famiglia di altra nazionalità.

Ed ecco il resoconto dell'Opera nostra nel secondo semestre del 1914

Lettere di raccomandazione al R. Consolato d'Italia per ottenere rimpatrii gratuiti 136 Certificati di povertà per vari benefizi 143 Certificati e raccomandazioni per lavoro 38 Domande per collocare poveri ed orfani gratuitamente       52 Bambini e ragazze fatti accettare . . . 35 Domande per rilascio di ragazzi dagli istituti e case di correzione, con esito favorevole . 16 Domande in favore di giovani o uomini carcerati 19 Visite e controllo a ragazzi rei di prigionia, ma in libertà provvisoria (Catholic protective society)    28

Persone aiutate per operazioni bancarie (incassi, depositi, ecc.)       14 Altre raccomandazioni diverse . . . 22 Domande alle organizzazioni cittadine di carità per soccorsi di vitto, o vestito o pigione a famiglie       68 Famiglie visitate ed assistite con vitto, vestito, lume e calore ecc. pel tramite della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli    118

BUENOS AIRES. - Per le vittime del Terremoto Abruzzese. - La Patria degli Italiani di Buenos Aires scrive nel suo numero del 4 febbraio:

Nella cripta sotterranea della magnifica chiesa a tre corpi, di Maria SS. Ausiliatrice dei Salesiani, in via S. Carlos e Quintino Bocayuva, opera pregevolissima del nostro connazionale ingegnere Vespignani, con una numerosissima concorrenza, ebbe luogo ieri alle 9.3o ant. il funerale in suffragio delle anime dei morti nell'ultimo terremoto d'Italia.

La messa solenne fu celebrata dal reverendo parroco della parrocchia di S. Giovanni Evangelista Don Valentino Bonetti, ex-alunno del Collegio Salesiano Pio IX.

La solenne messa, cantata al suono del monumentale organo, costruito in Italia, e con un ottima orchestra diretta dal maestro G. B. Spadavecchia, da una massa di coristi alunni del Collegio Pio IX e di solisti, durò circa un'ora. Venne perciò soppressa l'orazione funebre che doveva essere pronunziata dal rev. prof. Gustavo Mingoni, e ciò per gentile deferenza agl'illustri intervenuti: Sua Eccellenza il nostro Ministro Comm. Cobianchi, l'arcivescovo mons. A. Espinosa, mons. Micara in rappresentanza dell'Internunzio apostolico e il Regio Console Generale, Comm. De Gaetani, nonché il Cav. Uff. Emilio Bianchi Carcano, Cav. Dott. Giuseppe Cobianchi, Domenico Repetto e tutti i Salesiani dei diversi collegi della capitale.

Prima della cerimonia funebre, nell'atrio del Collegio, la Banda Salesiana, diretta dal M.° Cingolani, anch'egli cresciuto ed educato nella pia istituzione, suonò scelte marce funebri.

La chiesa, riccamente parata a cortinati di seta nera e galloni d'oro, incuteva mestizia ed ammirazione.

Finito il funerale, gl'intervenuti, nell'uscire, andavano depositando la loro carta da visita in un vassoio situato alla porta principale della chiesa.

L'arcivescovo Mons. Espinosa ed il Regio Console si ritirarono dopo la funzione ; invece Sua Eccellenza il Ministro Cobianchi volle visitare il Collegio, compiendo una gentile promessa fatta antecedentemente. Egli, accompagnato dal Sacerdote Giuseppe Vespignani, ispettore generale delle Case Salesiane nella repubblica, da altri Sacerdoti Salesiani e da vari esimi signori, visitò minutamente il grandioso stabilimento educativo, le classi e officine industriali, dalla grande sala delle macchine tipografiche a quella della legatoria di libri, scultura e disegno, stipetteria, sartoria, calzoleria, panificio, e quella dei grandi motori elettrici che dànno forza a tutte le macchine dei diversi laboratori e luce allo stabilimento e alla chiesa.

A Don Vespignani, che gli fece da gentile cicerone, il Ministro fece i suoi complimenti per la magnificenza del pio istituto, ove caritatevolmente mangiano il pane del sapere e del lavoro migliaia di figli di nostri operai.

NEGLI ISTITUTI DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

GIOIA DE' MARSI. - Le salme delle Figlie di Maria Ausiliatrice, vittime dell'immane disastro Abruzzese, sono state rinvenute tutte e tre, dopo difficoltà enormi e faticosissimi lavori.

Proprio nel giorno di trigesima della strage, cioè il 13 febbraio, si rinvenne la salma della compianta Suor Margherita Ciceri. Fu trovata vicino al portone di casa, fra due travi, intatta, composta nel volto e nella persona con le mani giunte in atto di preghiera.

Dopo due giorni si ritrovò in fondo alla scala la salma dell'egualmente compianta Suor Annetta Bruna. Giaceva supina con le braccia aperte, anch'essa intatta e composta nella persona.

Seguirono altri tre giorni di lavoro indefesso e quando s'era perduta ogni speranza, si trovò anche la salma della Direttrice Suor Maria Salmoiraghi. Si rinvenne in parlatorio, seduta sul sofà, con la testa appoggiata ad una mano, a fianco di una donna con cui parlava nel momento fatale del disastro, completamente circondata dalle macerie.

Gli scavi furono assistiti dal Parroco locale il nostro confratello D. Raffaele Starace e a quello della compianta Direttrice furono presenti anche due Figlie di Maria Ausiliatrice, mandate appositamente da Roma dall'Ispettrice Suor Eulalia Bosco.

Le salme, avvolte in candide lenzuola, furono deposte nelle casse e dalle poche Figlie di Maria superstiti religiosamente trasportate al Campo santo, dove vennero tumulate in un'unica fossa, che sarà sormontata quanto prima da una croce che ricorderà ai posteri il nome delle tre Vergini Spose di Gesù, vittime a Gioia de' Marsi della terribile catastrofe del 13 gennaio 1915.

Nell'immenso dolore che ha colpito l'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e i parenti delle povere Suore, sia loro di conforto il pensiero che lo stato e la posa nella quale furono trovate le salme, ci assicura che non dovettero essere sopravissute alla catastrofe che pochi istanti, forse i necessari per rendere piú santo e sublime il loro sacrifizio!

* *

Agli affettuosi suffragi per le vittime, dei quali abbiam fatto cenno lo scorso numero, dobbiamo aggiungere quelli - profondamente devoti e solenni - promossi dalle Ex-allieve di Roma, che riuscirono un vero omaggio a tutto l'Istituto.

COOPERATORI ZELANTI

MUSSOMELI (Caltanisetta). - Un nuovo Oratorio. - Un bravo Cooperatore, il rev.mo D. Antonino Costanzo, ci scrive: Con piacere le annunzio l'apertura e il funzionamento regolare dell'Oratorio Festivo «S. Filippo Neri». Esso, grazie al Signore, agli auspici del Santo Titolare, e al metodo di Don Bosco, prospera progressivamente.

Nel suo seno sono sorte la Congregazione di San Luigi, la Squadra ginnastica, la Schola cantorum e la Sezione Filodrammatica: ed accoglie già piú di cento giovanetti.

Il 7 febbraio p. p. han fatto tutti la S. Comunione e preghiere per la pace; e la Schola cantorum abbellí la commovente funzione con devotissimi canti. La cara cerimonia commosse quanti vi assistevano ed avrà la sua continuazione in altre, specialmente durante le Sante Quarant'ore.

Nella prossima Pasqua abbiamo intenzione di riprendere le recite, a svago dei fanciulli dell'Oratorio e dei giovani del Circolo.

Il bene che compie quest'opera è già consolante.

NOTIZIE VARIE

In Italia.

ROMA. - Una nuova biblioteca circolante. - Il signor Salvatore Donatici scrive : «Per norma del Bollettino annunzio con piacere che a ricordo del primo Centenario della nascita del Ven. D. Bosco che ricorre in quest'anno il 16 agosto 1915, è stata fondata in questa alma città, Via Lungara,

141, una biblioteca circolante denominata Ven. Don Bosco.

» Il caro Venerabile la benedica intercedendo da Dio copiose grazie ai giovani lettori ».

All'Estero.

BERNAL (Buenos Aires). - Una nuova porrocchia affidata ai Salesiani. - Leggiamo nel Cristoforo Colombo, che si pubblica dai nostri Confratelli di Rosario:

« Abbiamo appreso con senso di vivo compiacimento, che per disposizione della Curia Ecclesiastica della Plata, la Chiesa di Ntra. Sra. della Guardia in Bernal è stata eretta a Parrocchia, e che a titolare della medesima venne eletto il Sacerdote salesiano, Rev. D. Nicola Esandi. Inviamo al nuovo parroco le nostre congratulazioni ».

PUNTARENAS (Chile). - Solenni onoranze - ci scrivono - furono rese a Maria Immacolata nell'Istituto Ven. G. Bosco. Grande fu il fervore in tutto il mese di Maria ed era naturale che aumentasse man mano che si avvicinava il giorno della festa. Il giorno 6 venne inaugurato il nuovo e spazioso teatrino « Ven. G. Bosco » che, benché non interamente finito, è già in istato da potersi usare.

L'8 dicembre fu un vero trionfo per la Madonna. La cappella provvisoria, perché la Chiesa dell'Immacolata non è compiuta, fu gremita fin dal mattino. Alla Messa della comunità numerosi fedeli si accostarono alla Sacra Mensa, e non pochi furono quelli che per la prima volta ricevettero il Pane degli degli angeli. Nel pomeriggio si fece la processione portando in trionfo la statua dell'Immacolata. Prestò servizio la banda dello stesso Istituto, la quale fin dal mattino aveva percorso le vie intorno al Collegio, infondendo dolce allegria nei cuori. Alla sera vi fu un trattenimento musico-letterario che riuscí un vero tributo di amore verso la gran Madre di Dio.

LIBRI BUONI

figli studiosi.

ALESSANDRO MANZONI: Osservazioni sulla Morale Cattolica. - Parte edita; parte inedita e pensieri religiosi. - Studi introduttivi, note e appendice del Dott. A. Cojazzi, prof. al Liceo « Valsalice » di Torino. - Torino, S.A.I.D. « Buona Stampa » Corso Regina Margherita, 176. - Lire 4.

Per la prima volta - son parole dell'illustre Coram. March. Filippo Crispolti - quest'opera manzoniana ha un'edizione quale meritava; poiché il Cojazzi non solo ha riprodotto la pubblicazione riveduta che del libro, uscito nel 1819, il Manzoni fece nel 1845, ma vi ha aggiunto i lunghi frammenti che avrebbero dovuto formare una seconda parte e che, rimasti inediti, furono dopo la morte dell'autore resi noti da Ruggero Bonghi.

Ma ciò che dà carattere originale al lavoro dei Cojazzi è una prefazione di 120 pagine, alcuni commenti intercalati nel testo, le note in margine e un' appendice.

La prefazione è storica, condotta collo stesso metodo con cui Giovanni Sforza accompagnò dottamente i « Brani inediti dei Promessi Sposi ». Mostra essa la preparazione del Manzoni all'opera pubblicata, incominciando dai parenti di lui, dalla sua nascita, dalla sua vita in collegio e fuori, dal suo primo soggiorno a Parigi; prosegue col documentare i suoi errori religiosi, il suo matrimonio, la ricordata conversione della moglie dal calvinismo al cattolicismo, l'influenza sopra di lui esercitata da lei, dal sacerdote Dègola e da Mons. Tosi; gli effetti morali e letterari del suo ritorno alla fede; l'occasione che il Sismondi dette alla « Morale cattolica », il modo come l'autore la compose e la pubblicò; i giudizi che la critica ne fece in vari tempi, specialmente nella stampa d'allora, e poi per bocca del Giusti, del Gioberti, del Tommaseo, del Mamiani, del Cantú, del Puccianti, del Borgognoni, della Civiltà Cattolica; concludendo finalmente con un confronto tra lo Chateaubriand e con un cenno sulle fonti di cui il Manzoni si giovò.

Nei commenti e nelle note illustra principalmente l'origine della seconda parte del libro e dei « Pensieri religiosi » aggiunti alla edizione. Nell'appendice finalmente tratta sopratutto della lingua, dello stile, e delle correzioni letterarie che il Manzoni andò facendo all'opera sua.

Tutto ciò è fatto con una serietà di ricerche, con una diligenza di particolari, con una limpidezza di parola, che veramente lo scritto apologetico del grande lombardo ne esce accompagnato da tutte le notizie e osservazioni che possono valere a suscitargli intorno quell'interesse che fin'ora, dobbiamo riconoscerlo, non fu pari al valore dell'opera.

... Il Cojazzi trattando la «Morale Cattolica » con quella cura che è dovuta ai grandi scritti, e che finora non era stata adoperata da nessuno, non ha soltanto fatto una pubblicazione ma una rivendicazione del libro Manzoniano. A lui si dovrà se gli italiani si persuaderanno finalmente che il Manzoni nel confutare il Sismondi scrisse una delle apologie piú originali e piú potenti che il nostro Paese possa vantare; che il metterla alla pari con altri libretti buoni, scritti dai suoi contemporanei anche illustri, colle stesse buone intenzioni, è un fargli un torto gravissimo; è un non conoscere l'enorme distanza a cui egli per profondità di riflessioni e per vigore di dialettica li lascia, o per meglio dire, tutto ciò era una confessione implicita del non aver capito ciò che il Manzoni ha pensato e detto ...

La Morale Cattolica non deve piú essere da molti ritenuta come una compilazione di alcune massime tratte facilmente da massimari maggiori e adattate con fatica particolare dell'autore ad usi polemici; ma come un'opera a sé, non originale soltanto pA suo carattere di bella e speciale controversia, ma per le singolari e libere ricerche intorno all'indole di quei precetti che egli accolse colla dovuta sommissione alla divina sapienza della religione cattolica. La grande pienezza d'originalità, quando sia bene studiata, si rivelerà opportunissima ai bisogni delle menti e dei cuori dell'età nostra.

FRANCESCO CERRUTI: De' Principii pedagogico-sociali di S. Tommaso. 2a Edizione riveduta e ampliata. Torino, 1915. Libreria Ed. Int. S.A.I.D. « Buona Stampa ». - L. 0,50.

Breve studio, ma tutto sostanza. Il chiar.mo Autore accenna dapprima come la Pedagogia, resa pur essa per opera dell'Umanesimo indipendente dalla Fede, cadde in balìa delle piú disparate aberrazioni di filosofi, divenne schiava dei governi, e giunse a dare di sé il piú miserando spettacolo di licenza e di anarchia nel contrastarsi e rapido succedersi sulle cattedre d'insegnamento di seguaci delle piú diverse scuole.

Ricorda quanto opportunamente quindi Papa Leone XIII nell'Enciclica « Aeterni Patris » richiamasse gl'ingegni allo studio della Filosofia Scolastica, l'antica madre delle scienze moderne. E poiché S. Tommaso è la piú vivace espressione della Scolastica, l'Autore parla dei suoi principii pedagogici. Non poche idee che crediamo moderne trovansi già in S. Tommaso o nella sua scuola. Nel « De eruditione principum » che probabilmente però non è di S. Tommaso, ma di Guglielmo Perault, è affermato l'obbligo dell'istruzione sia per parte dei genitori, come per parte del Principe, cioè dello Stato: l'educazione fisica è considerata di tal valore da dover precedere ogni altra e da doversi esigere anche con castighi al fanciullo renitente: la coltura letteraria della donna è esplicitamente voluta, quantunque si parli solo di figlie di nobili. Sopratutto si insiste sull'attitudine didattica che deve avere l'insegnante, e sulle qualità di cui deve essere adorno. Crederemmo di leggere un pedagogista moderno.

Ma l'importanza pedagogica di S. Tommaso non istà tanto in particolari scritti, quanto in tutto il sistema filosofico da lui concepito ed esposto. In lui è lo studio razionale delle facoltà umane e la esatta definizione dell'uomo: il che è presupposto indispensabile di ogni Pedagogia. L'alunno è considerato come un essere che ha l'interiore potenza di divenire, sotto la mano però di chi rende possibile l'attuazione delle sue interiori potenze. Ed ecco l'opera simultanea dell'educatore e dell'educando: ecco il rispetto all'interiore potenza e libertà dell'alunno da parte dell'educatore, e la doverosa obbedienza all'educatore da parte dell'educando. Dall'esatta definizione dell'uomo sgorga chiara l'idea del fine dell'educazione, fine che non può essere diverso dal fine stesso dell'uomo nella sua duplice qualità di ente temporaneo ed eterno.

Ed il metodo didattico su cui tanto si affatica la Pedagogia? E indicato pur esso dalla natura dell'uomo, che ha la prima base nell'animalità sensibile e tocca poscia gradatamente le più alte vette dell'intelligibile. Bisogna dunque procedere dal concreto all'astratto, gradatamente, con chiarezza.

Non manca in S. Tommaso neppure l'idealizzazione dell'opera educativa. L'insegnante illumina, afferma nel « Contra impugnantes Deum et Religionem », mentre lo studioso, il contemplativo, risplende solo, senza illuminare cosa alcuna.

Il ch.mo Autore termina affermando essere però nella Chiesa Cattolica la sorgente della grandezza di S. Tommaso: e certo un sano ritorno della Pedagogia ai saldi principi tomistici porterà alla sua volta di natural conseguenza che il cuore umano, la cui importanza nell'educazione tanto sapientemente e con tanto squisito senso di riconoscenza verso quel grande educatore del cuore giovanile che fu il Ven. D. Bosco, è dall'Autore affermata in prefazione, il cuore umano, dico, ritroverà in sé stesso quelle interiori potenze che attendono alla loro attuazione la divina educazione della Chiesa Cattolica.

NECROLOGIO

Il Card. Antonio Agliardi.

Un altro lutto gravissimo ha colpito il Sacro Collegio e la Chiesa. Il Card. Antonio Agliardi, Vescovo di Albano, Sotto-Decano del Sacro Collegio, Cancelliere di Santa Romana Chiesa, Commendatario di S. Lorenzo in Damaso, ha compiuto la sua gloriosa carriera nella veneranda età di 83 anni. A chi gli portò l'estrema Benedizione del S. Padre, disse dolergli una cosa sola: quella di non poter assistere ai trionfi riservati al Sommo Pontificato di Benedetto XV.

Era nato il 4 settembre dell'anno 1832 in Cologno al Serio, diocesi di Bergamo. L'integrità delle sue virtú sacerdotali, la sua dottrina, la sua devozione alla Chiesa, di cui zelò sempre i diritti e la libertà, gli avevano procacciato la venerazione e l'affetto di quanti l'avvicinarono e ora lo rimpiansero e lo rimpiangono affettuosamente. Noi abbiam perduto in lui un grande benefattore, un affettuosissimo padre!

Non appena ci giunge l'amarissima notizia, cercammo istintivamente nel nostro archivio vari autografi del grande defunto, e per il primo ci cadde sott'occhio questo, che ci piace ripetere, sulla vita di Domenico Savio. Si leggano queste linee e si comprenderà l'affetto che nutriva per noi l'Em.mo Porporato.

Nella vita del giovanetto Domenico Savio, quale fu scritta dal Ven. D. Bosco trovo la spiegazione della propagazione dell'Istituto Salesiano e dell'immenso bene ch'esso arreca alla gioventú. Quando si ha un Fondatore ed allievi di questa tempra, bisogna essere accompagnati da speciale benedizione di Dio. E di questi allievi il Savio è una figura simpatica di candore e di bontà che innamora e fa pensare alle parole del Salmista: « Minuisti eum paullo minus ab Angelis! » Noi vecchi, ed io mi avvio agli ottant'anni, ci sentiamo umiliati dinanzi ad una virtú gigante, in un giovane quindicenne; ma chi è ancora nel fiore dell'adolescenza, verrà stimolato dal profumo di tanta innocenza a fare i primi passi della vita sul sentiero della pietà cristiana. Felice fu il Savio nell'aver trovato in D. Bosco il suo biografo; cosí la vita di un santo fu scritta da un altro santo e, quello che piú è singolare, da quel santo che gli fu maestra nella vita della perfezione. Per il che faccio voti, ardenti voti, che anche la S. Madre Chiesa possa elevare all'onore degli altari entrambi, mentre all'uno ed all'altro abbiamo già preparato il culto nel nostro cuore.

Roma, 25 ottobre 19o8.

A. Card. AGLIARDI.

Don Bosco e Domenico Savio avranno certo esultato nel muovere incontro all'anima del pio e santo Cardinale, spirato la sera di S Giuseppe. 19 marzo 1915.

Mons. Francesco Olcese.

Il 5 marzo. circondato dai congiunti e dai Canonici rendeva l'anima a Dio Mons. Francesco Olcese Prot. Ap. ad instar, già arciprete di San Pier d'Arena, poi Abate coadiutore di N. S. del. Rimedio.

Mons. Olcese nacque in Cornigliano Ligure nel 1850. Giovanetto, fu amanuense del Card. Alimonda, allora prevosto di S. Lorenzo. Appena sacerdote fu prefetto nel Seminario Arcivescovile ed a trent'anni andò parroco a Ceranesi in Val Polcevera. Dopo nove anni fu promosso alla Arcipretura di S. Pier d'Arena, nella quale fu esempio di zelo e di pietà per ben venticinque anni.

Soffri atrocemente, pur nella equanime dignitosa calma della sua vita intemerata, quando nel 1907 la calunnia settaria, trionfalmente sventata, tentò di gettare il fango sul piissimo suo fratello. Sofferse anche nel distaccarsi dalla sua diletta San Pier d'Arena, il che avvenne soltanto lo scorso gennaio.

Mons. Olcese era condirettore diocesano dei nostri Cooperatori e decano della congregazione dei Missionari Rurali e quest'anno ne era il presidente. Raccomandiamo la sua bell'anima alle preghiere di tutti, memori della benevolenza di cui fu sempre largo all'Opera Salesiana.

Sac. Dott. Giuseppe Codice.

Arciprete di Vedrano (Bologna) moriva improvvisamente, appena iniziato il Santo Sacrifizio della Messa, la mattina del 21 gennaio. Buono, zelante e caritatevole con tutti, amò l'opera di Don. Bosco e la promosse con la diffusione del Bollettino e col dare alla nostra Pia Società tre dei suoi parrocchiani. Parlava con entusiasmo del bene che, compiono i Missionari e gli Oratori festivi.

Pochi giorni prima di morire, come se avesse voluto assicurarsi meglio il Paradiso, aveva procurato alla sua parrocchia il benefizio di una Missione. Beato lui, che quantunque d'improvviso la morte lo colse pieno di meriti e ben preparato ! La sua memoria rimarrà in benedizione.

Geronima Solari in Vaccari.

Spirò nella veneranda età di 92 anni in Buenos Aires. Profondamente umile non si credeva buona a nulla; ma si gloriava di aver cooperato all'educazione e vocazione sacerdotale di un suo nipote. Quand'egli, or fa un anno, cantò la sua prima Messa, ella esclamava: «Maggior . grazia non poteva io desiderare in questa vita; ora non mi resta più nulla a fare. Presto morirò, ma il mio nipote vivrà e pregherà per me tutti i giorni nel Santo Sacrifizio. »

Sia pace alla bella anima di questa fervente Cooperatrice!

Barone Ugo Testaferrata Abele.

Spirò placidamente in Malta, dopo una lunga malattia, sopportata cristianamente ed eroicamente, compianto da ogni classe sociale, cui cercò di giovare sempre coll'esempio, col consiglio e coll'operosità. Al pio Cooperatore affettuosi suffragi.

Camilla Aimini.

Si spense serenamente in Ivrea il 24 marzo u. s. Maestra in ritiro da parecchi anni, passava la sua vita tra la preghiera e le opere buone. Nutriva una grande benevolenza per i figli di D. Bosco, e quel nostro Istituto la annoverava tra le più insigni e zelanti cooperatrici. Sia pace all'anima sua!

Altri defunti dal 1° gennaio al 1° febbraio.

Persiani Concetta - Gessopalena.

Festini Giuseppe - Milano.

Prati Eugenia V.a Tizzani - Genova. Raggio Maddalena - Genova. Regazzoni Adalgisa - Lugano. Reynaud D. Giuseppe - Agliè.

Romagnolo Margherita n. Gatti - Casorzo. Sauvage Pasqualina - Torino. Scapparone Maria - Monterosso a Mare. Sciaccaluga Maddalena - Genova.

Sorisio Adelaide V.a Valinocchino - Cuccaro. Suor Nicolina Antonelli - Torino. Tavolara Carmelina V.a Olivari - Chiavari. Testa Giovanni - Vanzaghello. Toffolon Paolo - Pieve di Soligno. Tomasini Francesco - Magugnano. Trapletti Giov. Lucrezio - Grone. Treves Lucia - Torino. Trezzi Petronilla - Cistiano. Vela Alessandro -- Verolengo. Villa Maria - Genova. Vogliotti Antonio fu Francesco - Verolengo. Vogliotti Giuseppe fu Francesco - Verolengo. Zanzottera Leopoldo - Busto Garolfo.

Dal 1° febbraio al 1° marzo.

Actis Giovanni - Caluso.

Ameri Giovanni - Arquata Scrivia.

Angiolini ved. Camilla - Alessandria.

Antonielli Conta. Maddalena d'Oulx n. Porro - Torino. Apostolo D. Natale - Varallo.

Arnaldigroni Carlo - Torino.

Audisio Antonio - Trinità.

Audisio Battista - Trinità

Barani Luigia - Abbiategrasso.

Baratta Gioachino Margherita - Susa.

Bertocchi Arnaldo - Magreta. Bessone D. Raimondo - Racconigi. Bettoni Giacomina -- Azzona. Biella Luigia - Parabiago Biga D. Giov. Batt. - Pontedassio. Boselli Carlo - Scaldasole.

Brentegani Luigia - Rivoli Veronese. Bricarelli Giuseppina n. Pipino. - Torino. Brielli Maria Bottacchi - Caluso. Bronzi Giovanna - Spezia. Brunetti Domenico - Caluso. Brusatori Paolo - Vanzaghello.

Cagnacci doti. Giuseppe - Villafranca in Lunigiana. Capretti Vincenza - Torino. Carità Luigia - Lendinara di Luino. Casareto Felicina - Genova. Carozzo Andrea fu Giovanni - Orsara Bormida. Casozzo Giov. Batt. - Castelnuovo d'Asti. Casini D. Fedele - Greve. Cassini Pasquale fu Giovanni - Varengo. Chiaramonte cav. Domenico - Ribéra. Chiavarino Teol. D. Giuseppe - Mondovì. Chey Giuseppe - Fossano. Collini Giuseppe - Praseghi. Colassi Gioachino - Casarza della Delizia. Corti D. Giaciuto - Luvino. Cuore ved.- Margherita - Benevagienna. Dassio can. D. Pietro -- S. Margherita Ligure. Della Chiesa conta Giuseppina -- Saluzzo. Dematteis comm. Carlo - Torino. De Poli Virginia - Cremona. De Santis mons. Sante - Lecce. Dettati Emilia - Torino.

Dogliotti cav. avv. Paolo = Torino. Ferrando Tommaso - Torino. Feria Matteo - Trinità. Formigoni Francesco - Revere.

Franzo Antonio fu Giacomo -- Palestro.

Fugazza Blesi Giuditta - Case Basse di Castelsangiovanni. Fuseri dott. Giovanni - Entraque. Gallazzi Teresa - Vanzaghello. Garbagni Clemente - Ceppomorello. Germi march. Anna Maria - Firenze. Gibaudi Margherita - Boscomarengo. Laghi Carolina in Rinaldini - Faenza. Lombardi dei conti Fabiano - Arezzo. Leonarduzzi D. Luigi - Pers. Locatelli Giovanna - Terno d'isola. Maineri nob. donna Maria - Torino. Mander D. Luigi - Udine.

Marsili Maria - Tolmezzo. Massa Martellina - Luino. Mazza Pietro - Luino.

Mensa Edoardo, maestro - Santhià. Minella cav. dr. Francesco - Trino. Montolé Albino - Parabiago. Morelli Francesca - Azzone. Morelli Santi Elisabetta - Azzone. Negrini Carolina - Lavagno. Patarchi cav. Filippo - Torino. Peirone Agostino - Ceva. Pelamatti Catterina - Darfo. Pio Franceschi fu Pietro - Zocca. Pisoni Enrichetta - Vanzaghello.

Plaia D. Michelangelo - Castellamare del Golfo. Provera Erminia Gavarello - Mirabello Monferrato.

Razzoli Antonio fu Nicolò (Filetto) - Villafranca in LunigianaRocchette nob. march. Guglielmi - Roma. Rolando Ernesta - Torino.

Rossi Giovanni - Chiavari. Scovazzi Alberto - Acqui.

Securiani Andrea - Villafranca in Lunigiana. Servetti can. D. Giuseppe - Benevagienna. Stani Alessandro - Ascoli Piceno. Simone ch. Giuseppe - Marino. Silvestri Antonio - Benevento. Silvestri Concettina di Antonio - Benevento. Stardero Michele fu Francesco - Vinovo. Stellina Fuardo - Piazza Armeriua. Tasca Rosa - Terno d'Isola. Tazzini Rosa - Cerrano. Tommasi Giov. Batt. - Lendinara. Trotti D. Antonio - Carpenedolo. Valmaggia Francesco - Torino. Venturini Giuseppe - Castagnole Monf. Verda teol. D. Damiano - Pontedassio.

Vergnano Domenico (Tetto Rabino) - Baldissero Torinese. Viano Giovanni - Castelnuovo d'Asti. Vignolo Maria ved. Queirolo - Rapallo. Zola Francesco (Prati) - Brusio. Zanzottera Virginia - Busto Garolfo. Zarpellon Maria (Arlesega) - Mestrino.