BS 1910s|1919|Bollettino Salesiano Febbraio 1919

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO

ANNO XLIII - N. 2   FEBBRAIO 1919

L'omaggio internazionale dei Cooperatori alla S. Famiglia.

Cooperazione Salesiana: -- I Cooperatori e la diffusione del a buona stampa.

Per il Tabernacolo della Basilica di Maria Ausiliatrice.

Per l'educazione cristiana dei figli del popolo -- L'anno catechistico 1917-1918 nel 2° Oratorio fondato del Ven. Don Bosco, cioè nell'Oratorio S. Luigi di Torino.

Per l'assistenza agli Emigrati: Una lettera della S. Congregazione Concistoriale al sig. Don Albera. - Una visita alla Colonia Vignaud nella Rep. Argentina.

Buone letture per i giovinetti.

Fatti e detti di Don Bosco: -- XIII) Nelle solitudini della Patagonia.

Il viaggio dei Missionari Salesiani partiti per la Missione del Kuan Tung in Cina -- dal diario del Sac. Sante Garelli -- II) Da Porto Said a Shang-hai

Il Culto dì Maria Ausiliatrice: Pel 24 corrente - Maria "Aiuto dei Cristiani" - Grazie e graziati.

Agli amici di Domenico Savio.

Riconoscenza al Ven. Don Bosco.

Noto e Corrispondenze- L'Oratorio Salesiano di Fiume, - Gli Ex-allievi. - Negli istituti dello Figlie di Maria Ausìliatrice. - Notizie varie.

Necrologio e Cooperatori defunti.

Omaggio, internazionale dei Cooperatori alla Sacra Famiglia.

"Costituite santamente le famiglie, ne segue necessariamente il bene comune della società civile, di cui la famiglia è il fondamento". Queste parole di Leone XIII dicono tutta la bellezza e la convenienza dell'Omaggio proposto dal sig. Don albera ai Cooperatori.

La Chiesa ha ripetutamente inculcato alle famiglie cristiane la venerazione e gli esempi della Sacra Famiglia di Nazareth.

Il 5 gennaio 1870 il Sommo Pontefice Pio IX approvava la Pia Unione universale delle famiglie consacrate alla S. Famiglia di Nazareth per promuovere l'imitazione delle sublimi virtù di cui la S. Famiglia diede l'esempio ad ogni classe sociale, particolarmente all'operaia.

Leone XIII, confermando l'operato del suo Predecessore, prescriveva un'apposita formola per l'atto di consacrazione.

L'affettuosa preghiera dice a Gesù - l'amabilissimo Redentore, che, venne ad illuminare il mondo con la dottrina e con l'esempio, volle passare la maggior parte della vita mortale umile e soggetto nella povera casetta di Nazareth santificando quella Famiglia che doveva essere l'esemplare di tutte le famiglie cristiane - di proteggere e custodire ogni famiglia che compie tale atto, e di stabilire in essa il santo timor di Dio, la pace e la concordia della cristiana carità, affinchè, uniformandosi al divino modello della sacra Famiglia, possa conseguire, tutta intiera, nessuno escluso, l'eterna beatitudine.

L'Omaggio è poi di un'opportunità tutta particolare nell'ora presente, in cui il mondo intero aspira a divenire una sola famiglia, nella quale, come ha detto il S. Padre Benedetto XV, tre sono le opere più importanti da compiere: "La cura e l'istruzione dei fanciulli - la protezione e il savio indirizzo degli operai - gli opportuni consigli e gli eccitamenti alle classi più agiate per il buon uso delle ricchezze e dell'autorità".

Oh! richiamiamo le famiglie cristiane e il mondo intero agli esempi della S. Famiglia di Nazareth, e porteremo un grande contributo alla triplice opera che il S. Padre ci addita e nella quale confida di aver a cooperatori tutti i suoi figli.

I particolari dell' "Omagqio" ai prossimi numeri

Per le adunanze mensili. - Cooperazione Salesiana

Per la diffusione della buona stampa (1)

La diffusione della buona stampa: a) fu una delle opere che Don Bosco zelò maggiormente: b) quindi dev'essere efficacemente continuata dai suoi Cooperatori.

II) I Cooperatori Salesiani e la diffusione della Buona Stampa.

I Cooperatori hanno da zelare la diffusione della buona stampa, perchè devono calcare le orme tracciate da Don Bosco e perchè Don Bosco ne fece loro un dovere particolare.

Nel Regolamento della Pia Unione egli scrisse che i Cooperatori procureranno d'« OPPORRE LA BUONA STAMPA alla stampa irreligiosa, mercè la diffusione di buoni libri, pagelle, foglietti, stampati di qualunque genere, in quei luoghi e fra quelle famiglie, cui paia prudente di farlo. »

In base a questo programma è dovere dei Cooperatori:

a) sostenere e diffondere la buona stampa;

b) opporsi al dilagare della stampa irreligiosa;

e) far opera di conquista nel duplice campo, in forma Prudente ma attiva e indefessa.

Tanto dicono le chiare parole di Don Bosco, il quale, anche in questo genere di apostolato, fu d'una antiveggenza meravigliosa. La diffusione della buona stampa è l'opera più importante dei nostri giorni, conce l'istruzione religiosa; ma purtroppo « in Italia, dobbiamo ripetere con Leone XIII, finora non si è fatto per essa abbastanza ». Il Sommo Pontefice Benedetto XV ha approvato e ripetutamente raccomandato l'Opeera Nazionale per la Buona Stampa, ma questa è ancor lontana dall'aver tutto quell'appoggio e quella diffusione che si merita. Quand'è che le nostre buone popolazioni ne comprenderanno tutta l'importanza? « Credetemi, ha detto l'eroico Card. Mercier; Primate del Belgio, questa necessità di consacrare tutte le nostre forze allo sviluppo della buona stampa è una necessità di tale importanza che io, vescovo, ritarderei la costruzione di una chiesa per concorrere alla fondazione d'un giornale. »

Dunque che devono fare i Cooperatori Salesani? L'abbiamo accennato di sopra; ora veniamo a norme e consigli particolari.

A) I Cooperatori DEVONO SOSTENERE E DIFFONDERE LA STAMPA BUONA: - quindi:

1) Si abbonino al giornale o al periodico buono e lo facciano leggere anche ai loro conoscenti ed Tutti i Cooperatori ricevono mensilmente il Bollettino Salesiano: ebbenè, dopo che l'hanno letto, lo prestino o lo regalino volentieri ad altri.

2) Se non possono sostenere da soli la spesa d'abbonamento al giornale cattolico della regione, si uniscano in due, o tre, o quattro, e ne prendano l'abbonamento in società, sostenendone la spesa in comune.

3) Negli alberghi, nei caffè e nei chioschi dei giornalai domandino sempre il giornale o il periodico buono, anche se non lo vedono esposto, anzi là specialmente lo richiedano, affinchè il giornale e il periodico buono non restino più a lungo boicottati, ma facciano anch'essi mostra di sè, almeno almeno come la stampa cattiva

4) Abbandonino di proposito il giornale o il periodico buono nei sedili dei tram, delle ferrovie, e dei pubblici esercizì, affinchè altri lo prenda e lo legga a preferenza di altro.

5) Se il regalare un buon libro è, come diceva Dori Bosco, un'ottima elemosina, i Cooperatori cerchino, individualmente o collettivamente, di diffondere periodici e opuscoli buoni, massime fra la gioventù, che ordinariamente ha caro anche un piccolo dono, lo porta a casa e lo conserva lungamente, con molta probabilità che torni vantaggioso anche ai famigliari.

6) Si prestino volentieri, in aiuto ai Parroci; per la fondazione e per il funzionamento di buone Biblioteche circolanti, le quali, fatta la, spesa iniziale, possono essere annualmente arricchite di nuovi volumi con libere offerte, con limosine chieste in chiesa o alla porta della chiesa, con un contributo minimo dei lettori. Don Bosco pensò a stabilirne una a Castelnuovo d'Asti, con pratico regolamento, fin dal 1866.

7) In unione coi Parroci, promovano apposite conferenze, ove si tratti della necessità di sostenere e diffondere la buona stampa - dell'utilità di distribuire gratuitamente alle porte delle chiese e negli Oratori il foglietto e il periodico buono - dell'opportunità di unire al buono per, il pane o per la minestra alle famiglie povere, il buon periodico mensile o settimanale -della convenienza d'ìnserire nel bilancio d'ogni famiglia cattolica la spesa per l'abbonamento al giornale nostro - di provvedere, con lasciti nei testamenti, e meglio ancora con generose elargizioni vita durante, alla diffusione della buona stampa nei modi accennati e in quegli altri modi che localmente si ravvisano più urgenti ed efficaci.

8) Leggano sempre la copertina del Bollettino Salesiano, ove, mensilmente son annunciati in in bel numero libri buoni per ogni classe di persone. Credete voi che si lascerebbero più pagine a tali annunzi, se non avessero la loro santa missione da compiere in mezzo alle vostre famiglie, a vantaggio della. Chiesa e della Civile Società? Il Ven. Don Bosco era sempre instancabile nel raccomandare le, pubblicazioni dell'umile tipografia dell'Oratorio; e la copertina del Bollettino ebbe e ha l'ufficio di ricopiare questo suo zelo, raccomandando ora la diffusione delle pubblicazioni della benemerita Società Editrice Internazionale per la diffusione della Buona Stampa di Torino-Parma-Catania, la quale ha ereditato e si studia d'ampliare la missione affidata dal Venerabile alla sua prima tipografia e libreria.

B) I Cooperatori DEVONO O PORSI AL DILAGARE DELLA STAMPA CATTIVA: - perciò:

1) Si facciano scrupolo, in quasiasi circostanza; di comperare e di leggere, senza assoluta necessità, giornali o periodici o libri non buoni. Il Ven. Don Bosco soleva ripetere ai suoi un avviso che il Ven. Don Cafasso dava ai sacerdoti del Convitto Ecclesiastico: « Non vorrei che si leggessero giornali in pubblico o andando al passeggio. E ciò ancorchè si tratti di giornali buoni, perchè il mondo non distingue e dice: - ciascuno legge i giornali del suo partito ; e se vedono in mano a voi l'Armonia e la Campana, credono a sè lecito leggere... altri giornali.

Ma, almeno almeno, non si comperino nè si leggano giornali cattivi. «Praticamente - insiste in proposito l'Em.mo Card. Maffi - la prima cosa che si dovrà fare da tutti i cattolici, che sentono dignità e dovere -- e specialmente poi da quelli, che per il loro stato, per le fiducie ottenute e gli impegni assunti, militano nelle prime nostre file e agli altri devono essere di guida e di esempio - la prima cosa sarà almeno quella di non portare aiuto al nemico. È con dolore sempre assai grave che non di rado m'interviene di vedere dei cattolici, i quali, senza una causa sufficiente, e solo per vezzo, per abitudine, per curiosità, distendono la mano all'acquisto dei giornale, che pur sanno non amico della loro fede, non tenero delle delicatezze dei buoni costumi. Ecco dei cattolici, che depongono il loro soldo nella borsa di Giuda! E lo sanno, perché, rincasando, nascondono il foglio, perchè non leggano i bambini e le figliuole! Oh la prudente tutela della privata moralità e il circospetto contributo alla pubblica immoralità! Ma se il giornale è cattivo, perchè l'avete comperato: Se tutti i cattolici, solidali e compatti, boicottassero i giornali, chè, con assalti aperti o con tattiche subdole, offendono fede e costumi, di tali giornali in Italia non ne potrebbe vivere neppur uno; ed invece sono i più, e prosperano!

Cattolici, che li comperate, ci pensate: la colpa è vostra! »...

2) Vigilino attentamente perchè la stampa cattiva non cada mai, neppur per un istante sotto gli occhi dei giovani, memori delle parola di Don Bosco: « Ogni veleno è meno fatale alla gioventù dei libri cattivi, che ai giorni nostri son tanto più da temersi, quanto sono più frequenti. »

3) Ove l'occasione si presenti propizia, ammoniscano anche, con garbo ma con santa risolutezza, del male che fanno a sè, alla famiglia, che Religione e alla Patria, coloro che comperano o leggono abitualmente, in pubblico o in privato, giornali e libri cattivi. Un giorno il Ven. Don Bosco, viaggiando da Torino a Milano, si trovò fianco d'un tale, brav'uomo in apparenza, che, dopo essersi volentieri intrattenuto con lui in vari discorsi, acquistato a una stazione un giornale non buono, non appena gli ebbe data una scorsa, lo porse gentilmente a Don Bosco perchè non tardasse ad avere le notizie del giorno. - Grazie, mio caro, gli rispose il Venerabile., io non leggo simili giornali e mi fa meraviglia che la S. V. l'abbia comprato. - Quegli si scusava col dire che quel giornale lo leggevan tutti, ma Don Bosco protestò: - Oh! tutti no davvero! per buona sorte appena qualche migliaio di persone può leggere una simile sconcezza... ma sappia, signore, - proseguì con accento sacerdotale - che se noi potessimo in questo momento aprire le porte dell'inferno, sentiremmo le grida di molti che si son dannati sol per aver letto libri o fogli cattivi. - Queste parole fecero tanta impressione su quell'uomo, che portò il discorso su cose di religione e, prima di giungere a Milano, Don Bosco ne aveva ricevuto le confessione sacramentale e lo mandava assolto, ricevendone la promessa di non comperare e di non leggere mai più giornali e libri cattivi.

C) I Cooperatori NEL DUPLICE CAMPO (tanto cioè nella propaganda della buona stampa, quanto nell'opporsi alla stampa cattiva) DEVONO FAR OPERA DI CONQUISTA; IN FORMA PRUDENTE Sì, MA ATTIVA E INDEFESSA: - quindi:

1) Non trascurino mai nessun mezzo per diffondere i libri buoni. Alle volte basta una parola. Ad es. i sacerdoti e gli insegnanti possono fare un bene immenso suggerendo, a chi di ragione, l'adozione di buoni libri di testo nelle varie scuole, per le quali la sullodata Society Editrice Internazionale per la diffusione della Buona Stampa pubblica annualmente appositi elenchi, tanto per le scuole primarie, come per le medie, elenchi che meritano la più ampia fiducia.

2) Per assicurarsi meglio che i propri figliuoli o i giovinetti da loro dipendenti non corrano rischio di guastarsi mente e cuore con giornali e libri cattivi, esaminino a quando a quando i libri e i giornali che serbano. Don Bosco ap prese questa santa vigilanza dall'esempio di sua madre. Già vecchio, egli ricordava commosso le scene che s'erano svolte nell'umile casetta dei Becchi, dove Mamma Margherita conoscendo col suo buon senso e coll'occhio costantemente vigile e attento tutto ciò che non era buono - benchè non sapesse nè leggere né scrivere - faceva le più cordiali accoglienze ai poveri merciaiuoli ambulanti, per squisita carità e per lo zelo d'assicurarsi che non recassero in giro stampe e figure oscene; e se ne avevano, se le faceva rimettere con buone parole o anche a costo di gravosi compensi, e le cacciava subito sul fuoco.

Cresciuto a questa scuola, il Ven. Don Bosco tra le molte cautele che praticava per serbar illibato il candor dell'animo negli alunni, raccomandava di frequente ai suoi collaboratori che si vigilasse da tutti, anche dal portinaio, perchè ai giovani non fossero rimessi plichi o pacchi ravvolti in stampe immorali, irreligiose o semplicemente inopportune; e sul principio d'ogni anno scolastico voleva, che gli alunni compilassero e gli consegnassero l'elenco dei propri libri, e che nel corso dell'anno gli facessero vedere qualunque libro venisse loro recato, per sottrarre alle loro mani quelli che non giudicava convenienti.

È così - tanto per aggiungere un episodio, che dice dell'efficacia del buon esempio che si conservano tra i manoscritti di Domenico Savio, due brevi elenchi dei libri posseduti dal giovane Servo di Dio, il quale avendo, pur in tenera età, mente e cuore di salesiano, comprese a meraviglia il perchè di tale vigilanza di Don Bosco, e non tardò a ricopiarla.

Un giorno infatti entrò nell'Oratorio un giovane, il quale, dopo aver incominciato a discorrere con altri coetanei, cavò di tasca un foglio illustrato con figure sconce e irreligiose. La curiosità non è l'ultimo difetto dei ragazzi, e si fece subito un crocchio attorno a lui. Savio notò l'agglomeramento e corse ad osservare. Poveretto! non potè trattenere un atto di sorpresa; ma subito, con bel garbo, toglie a colui il foglio di mano e lo fa in minutissimi pezzi. I circostanti, stupiti, lo guardano senza parlare; ed egli con voce serena:

- Poveri noi! Avete forse dimenticato quello che fu predicato tante volte? Il Salvatore ci dice che, dando un solo sguardo cattivo, macchiamo l'anima nostra; e voi pascete i vostri occhi sopra oggetti di questa fatta?

Ci fu chi osò balbettare la scusa:

- Guardavamo quelle figure per ridere!

- Sì, sì, per ridere - ribattè con zelo Domenico Savio - e intanto vi preparate ad andare all'inferno ridendo!... Ma ridereste ancora se aveste la sventura dì cadervi?

Tutti tacquero confusi, chinando lo sguardo a terra, per poi rialzarlo a contemplare la luce serena che brillava nelle pupille dell'angelico giovanetto.

Cari Cooperatori, su da bravi! con gli ammonimenti e gli esempi, cioè con il richiamo delle. buone parole e il fascino delle opere, deh! educate i vostri figliuoli in modo che crescano altrettanti apostoli come Domenico Savio, e vi renderete davvero benemeriti del buon costume e della Civile Società, come voleva Don Bosco.

***

In un Prossimo Numero daremo qualche pratico consiglio per l'impianto e il funzionamento di Biblioteche Circolanti.

Per il Tabernacolo della Basilica di Maria Ausiliatrice.

La nobile damigella Lorenzina Mazè de la Roche, che fu la prima a lanciar l'idea di rivestire d'oro e pietre preziose il Tabernacolo della Basilica di Maria Ausiliatrice, ci prega di comunicare quanto segue

« La sottoscritta, mentre non trova parole per esprimere come vorrebbe tutta la gratitudine che sente in cuore verso le pie persone che con tanto zelo e sollecitudine corrisposero all'umile sua iniziativa per la decorazione interna del Tabernacolo della Basilica di Maria SS. Ausiliatrice, ci tiene di assicurarle, che nella sua pochezza non ha mancato, nè lascia di supplicare il Divin Prigioniero d'Amore, di saldare con tutte il debito della sua riconoscenza.

» Compie ancora al gradito dovere d'informare le dette persone, che fu già incominciato il lavoro per la rivestitura in oro dell'interno del Tabernacolo; ma fatti i calcoli dei gioielli raccolti, risulta che manca ancora più della metà del materiale richiesto, per condurre a compimento perfetto l'opera incominciata.

» Perciò fidente nell'aiuto delle anime amanti della SS. Eucarestia e del decoro della sua dimora, prega quanti leggeranno questa notificazione di divulgarne con zelo lo scopo.

» I nomi degli offerenti, tanto vivi che defunti, saranno rinchiusi nel Tabernacolo a perenne testimonianza della loro pietà e divozione verso il Divin Prigioniero per nostro amore.

Avverte poi che gli oggetti di valore, come le offerte in danaro pel Tabernacolo, dovranno essere trasmessi al seguente recapito: Ill.mo e Rev.mo Sig. Don Paolo Albera, Superiore Gen.le dei Salesiani, Via Cottolengo 32. Torino.

Torino, 24 gennaio 1919.

LORENZINA MAZÈ DE LA RoCHE.

Per l'educazione cristiana dei figli del popolo. (1)

L'anno catechistico 1917-1918 nel 2° Oratorio festivo fondato da Don Bosco in Torino, cioè nell' "Oratorio S. Luigi„ (Via Ormea 4 bis.).

Neppure nelle difficilissime condizioni in cui venne a trovarsi l'Opera nostra in questi anni di guerra per la mancanza di personale chiamato sotto le armi, la Divina Provvidenza non permise che nessuna delle iniziative suscitate a vantaggio della gioventù di Borgo S. Salvario e Borgo Nuovo in Torino cadessero, anzi fece sì che si rafforzassero le esistenti e altre se ne formassero. Si vede proprio che Don Bosco dal paradiso protegge questa sua fondazione, perchè forse mai la Provvidenza le venne tanto in aiuto come in questi anni, materialmente e spiritualmente. Un grazie di cuore ai cari benefattori e agli ottimi giovani dei vari circoli dell'Oratorio che si trasformarono in catechisti ed aiutanti del Direttore nelle nuove manifestazioni.

I) Orario dell'Oratorio..

Orario. -- L'Oratorio di S. Luigi è aperto non solo nei giorni festivi dalle 7 alle 12 e dalle 13 alle 19, ma anche alla sera d'ogni giorno dalle 16 alle 19 e dalle 2o alle 22,30, e nei giorni di vacanza scolastica dalle 9 alle 12 e dalle 14 alle 19 per gli studenti.

Nelle feste ordinarie v'è la S. Messa alle 9; seguita da breve spiegazione del Vangelo. Alle 14.15 istruzione catechistica per Classi e per Associazioni nelle rispettive sale - quindi breve istruzione in comune e benedizione eucaristica. Alle 20.30 trattenimento in teatro, cui si invitano i benefattori e amici dell'opera, e nei giorni feriali adunanze delle varie Associazioni nelle rispettive sale, e ricreazione in cortile.

Iscrizioni. - La media delle iscrizioni regolari si aggira ogni anno sui 5oo individui, di cui una metà frequenta l'Oratorio con suffîcente regolarità. Al mattino molti trovano più comodo di compiere il precetto festivo nella propria parrocchia o nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista, in cui vi sono messe ad ogni mezz'ora, dalle 5 a mezzogiorno, e hanno ogni comodità, come all'Oratorio, di accostarsi ai Ss. Sacramenti.

II) Le Associazioni dell'Oratorio,

L'Oratorio festivo di S. Luigi abbraccia le seguenti classi, sezioni e iniziative:

1) ASSOCIAZIONE DEGLI EXALLIEVI - federata alla Federazione internazionale - che ha inscritti oltre 200 soci. Si radunano ufficialmente una volta all'anno nella prima quindicina di aprile. Partecipano alla vita Oratoriana, ricevendo gl'inviti di feste o manifestazioni più importanti dell'Oratorio - prestandosi, in caso di bisogno, per le recite nel teatro a favore degli inscritti, - e coll'invio del Bolettino salesiano.

2) CIRCOLO « MICHELE RUA » per i giovani superiori ai 16 anni. È un'associazione delle più fiorenti che conta un centinaio di soci, diretta da un Consiglio di dodici membri con lo scopo di formare i giovani alla pratica della vita cristiana. Un vincolo che li tiene uniti è anche il MUTUO SOCCORSo consistente nella visita medica, nel sussidio per tre mesi in caso di malattia e nella consulenza legale gratuita.

La molteplice attività di questa che è la massima Associazione dell'Oratorio si svolse, in questi anni di guerra, nell'aiutare i numerosi soci e oratoriani soldati (oltre 120) con organizzare recite, lotterie, banchi di beneficenza e gare sportive per raccogliere sussidii in danaro o in generi, e sovvenire anche le loro famiglie, i profughi e gli orfani di guerra. Tanta, attività fu coronata con splendido successo, perchè distribuirono oltre 4000 lire di sussidii alle famiglie dei soci e soldati oratoriani, e libri e indumenti a profughi e bisognosi.

A favorire le famiglie dei soci e in genere le famiglie degli Oratoriani, gli ottimi Soci del « Michele Rua » idearono pure l'apertura di un DiSTRIBUTORio di generi alimentari, che, iniziatasi nel gennaio del 1918, proseguì e prosegue ad aiutare le famiglie con risparmio di tempo e spesa nell'acquisto dei generi alimentari di prima necessità.

Degna di speciale encomio è anche l'istituzione di una Cassa di previdenza a favore dei soldati e soci, allo scopo di distribuir sussidii e prestiti a tenue interesse agli inscritti bisognosi, dietro determinate condizioni, sancite da apposito regolamento.

3) UN'ASSOCIAZIONE CARATTERISTICA DI QUEST'ORATORIO, è quella dei Giovani Escursionisti Salesiani, cioè l'« AGES ».

Il desiderio di sottrarsi ai divertimenti della città indusse un gruppo di giovani dell'Oratorio Festivo S. Luigi Gonzaga a ideare (nov. 1914) e poi ad attuare una nuova associazione, che riu scisse a secondare tale intendimento. Si inaugurò il 24 maggio 1915 sotto la speciale protezione di Maria SS. Ausiliatrice, e fu detta AssoCIAZIONE GIOVANI ESCURSIONISTI SALESIANI

(AGES). Promuove escursioni e gite alpine come mezzo acconcio a più efficacemente amare e praticare la vita cristiana; e numerose sono le gite già compiute, delle quali è serbata memoria in riuscitissime fotografie, grazie alla generosità dell'egregio Prof. Giulio Perino, membro onorario, che prodigò molta opera a favore della giovane associazione. A lui il ringraziamento sentito dei giovani soci che ne apprezzano altamente l'opera affettuosa e prodiga a un tempo.

L'AGES è federata alla G. C. I. e ne segue con entusiasmo le direttive, adoperandosi del suo meglio in tutto ciò che può riuscir efficace alle opere giovanili. Dei soci (una diecina presentemente e oltre una trentina in servizio militare) alcuni prestano volenterosi l'opera loro come catechisti nell'Oratorio; e si adoperano anche a preparar divertimenti in cortile o in teatro, coadiuvando efficacemente in questa parte il Direttore.

Parecchi son pure inscritti nelle Conferenze di S. Vincenzo, ove lavorano con grande attività.

Nelle gite primo pensiero è l'adempimento dei proprii doveri cristiani. Dai soci militari si era fatta promessa a Maria SS. di fare ogni anno una gita pellegrinaggio alla Madonna del Rocciamelone (altezza 3537 m.) per aver protezione e aiuti durante la guerra. La promessa fu sempre mantenuta e sarà coronata da un pellegrinaggio più solenne fino lassù, a tributare alla Vergine SS. l'inno del ringraziamento e della riconoscenza, quando tutti sieno tornati alle loro case.

Da qualche tempo si è procurato di rendere più attiva ed efficace l'opera di formazione dei soci, introducendo l'uso di brevi conferenze e conversazioni famigliari, d'indole sociale. Si tengono ogni sabato e con esse si mira anche ad abituare i giovani ad esporre i loro pensieri.

L'istruzione religiosa è impartita alla domenica con intervento consolante.

È inculcata la Comunione frequente, facendosene comprendere la necessità, sopratutto per conservare la purezza. Anzi nel programma preso a svolgere nel nuovo anno, anche l'Ages s'è fatta promotrice d'un'ora d'adorazione mensile, per meglio avvicinare i giovani a Gesù Sacramentato, dal quale deve venir loro l'incitamento più efficace ad una vita cristiana, sincera, convinta e aperta.

4) Altra caratteristica sezione dell'Oratorio di S. Luigi l'ASSOCIAZIONE DEI GIOVANI ESPLORATORI (A. S. C. I ) III Reparto - Torino.

L'opera di questo riparto che conta una 70a d'inscritti, è compendiata nel motto « Sii preparato », e si propone di formare dei cattolici convinti ed attivi, e dei cittadini leali assertori delle loro idee; capaci d'essere utili al prossimo in ogni circostanza e di compiere ogni loro dovere verso Dio, la Patria, la Famiglia e se stessi, a costo di ogni sacrificio. Non si tratta dunque di un'organizzazione, come è in uso in altri circoli ed associazioni sportive; ma si ha di mira l'educazione completa del giovane sotto l'aspetto cristiano,, civile, individuale, familiare, sociale, artistico, scientifico, ecc.: perciò le esercitazioni, le gite, i giuochi, le lezioni, le adunanze scientifiche, curano tutte le attività morali e fisiche dei ragazzi in modo da integrare e perfezionare l'opera educatrice della famiglia e della scuola,

Ecco un saggio dei movimento scientifico svolto nell'anno decorso:

Adunanza mensile dei parenti, per informarli della condotta dei giovani.

Istruzione religiosa, regolare, alla domenica.

Conferenze morali al sabato sera.

Istruzione scoutistica. Varia secondo il programma delle classi di esploratori (novizi, aspiranti, di 2a e 1a classe, novizi, allievi e ufficiali

Nei laboratori si iniziò una minuscola tipografia con lavori per l'Oratorio, per la Federazione della G. C. I., per l'AGES. I minuscoli falegnami, elettricisti e tapezzieri arredarono il reparto. Gli attori si produssero con recite applaudite.

Si fecero gite in corpo al Torrente Salice, Mongreno, Grugliasco, alle Maddalene, Monte Musinè. Termofurà, Buttigliera d'Asti, Castelnuovo d'Asti, Villa Croce (Sassi), con osservazioni storiche-geografiche-naturalistiche, con raccolte di prezioso materiale, classificato in apposito Museo.

Nel periodo estivo, si fece il campo dall'11 al 18 agosto ad Ivrea, con visite istruttive ai laghi, alle miniere di Brosso, a Montalto Dora, ad Andrate, al Mombarone; con lezioni di nuoto, attendamento e cucina al campo, ecc.

I bravi esploratori presero parte alle massime manifestazioni religiose civili e militari avvenute nella città di Torino, e, tanto essi che gli Agesini, portarono colle loro gite nei dintorni di Torino un'onda di movimento cattolico, esemplare e vantaggioso.

5) Nell'Oratorio è pur fiorente la Compagnia di S. Luigi, costituita da uria trentina di soci, tra cui si scelgono i cantori e il piccolo clero.

6) Altra manifestazione importante della vita oratoriana è costituita dalla Compagnia Drammatica « Michele Rua », formata prevalentemente dagli elementi del « Michele Rua ». La stagione teatrale si apre alla prima domenica di ottobre e finisce all'ultima di giugno in occasione della festa di S. Luigi con recite domenicali, serali o diurne, cui assistono gli Oratoriani, i loro parenti e i benefattori dell'Oratorio. È vincolo di unione famigliare e attrattiva ed istruzione pei giovani, e mezzo di beneficenza gradita. Si comprende il gran sacrificio cui si sobbarcarono gli attori, specie in questi anni di guerra, dovendo attendere, dopo il lungo lavoro diurno, alle prove tre sere alla settimana.

7) Per le solite modalità e benefici effetti, funzionano pure una CASSA DI RISPARMIO e la BIBLIOTECA CIRCOLANTE (con 500 volumi).

III) Ospitalità... a un altro Circolo.

La requisizione fatta dall'Autorità militare dei locali del fiorente Oratorio S. Giuseppe di via Saluzzo 39, obbligò i buoni giovani che lo frequentavano a cercare rifugio altrove, ma l'attivissimo Circolo « XV MAGGIO» venne ospitato nell'Oratorio di S. Luigi, in una delle sale del «Michele Rua », e i suoi membri quivi continuarono le loro pratiche religiose, sancite dallo statuto, irradiando attorno attorno l'azione benefica che viene da una sana e forte coscienza cristiana.

Essi infatti continuarono regolarmente la loro vita sociale con queste manifestazioni;

I) La pia pratica dell'adorazione del SS. Sacramento al primo giovedì del mese e la Comunione mensile ogni Prima domenica del mese, in riparazione agli oltraggi che Gesù riceve nel Sacramento dell'Altare.

2) Le Conferenze domenicali d'istruzione religiosa e le Conferenze quindicinali su argomenti sociali o morali, sempre frequentatissime e di grande importanza, non solo per lo scopo educativo intrinseco per il perfezionamento morale, ma anche qual mezzo d'affiatamento e di affratellamento dei soci.

3) La diffusione della Buona Stampa, opera principale svolta dai soci del « XV Maggio », che procurarono a tutti i loro compagni militari l'abbonamento gratuito al « Momento », si abbonarono essi stessi al medesimo giornale e ad altri periodici di propaganda, e tennero recite a vantaggio dei medesimi.

4) L'intervento a tutte le manifestazioni giovanili con quell'ardore proprio della loro età, così al Convegno promosso dall'« Auxlium », come alle manifestazioni sportive indette dai nostri circoli, con vero sentimento di dovere, impostosi da tutti i soci, il cui numero è di 96 inscritti.

La loro attività, oltre al perfezionamento morale e religioso, si sviluppò, nell'ambito che fu possibile, anche nella filodrammatica e nello sport del calcio, distinguendosi in ambedue i rami, per la correttezza del contegno e la cristiana solidità dei loro sentimenti.

Ora attendono cori ansia il giorno di poter ritornare nei loro locali in Via Saluzzo, nell'Oratorio S. Giuseppe, per sviluppare meglio e su più vasta scala il programma che, sotto la direzione dei Salesiani, incominciarono e proseguirono fedelmente nel campo sociale, come indica il fatidico nome del Circolo: « XV Maggio ».

IV) La vita religiosa nell'Oratorio.

La vita religiosa dell'Oratorio di S. Luigi è la stessa che contraddistingue le opere salesiane del genere. Le feste principali furono caratterizzate da affluenza ai SS. Sacramenti. Regolari la Comunione alla 1a domenica del mese, in occasione dell'Esercizio di buona morte; l'istruzione domenicale e la conferenza ai Circoli religiosi e sociali; il catechismo quaresimale diurno e serale, con gara e premio.

Per istruzione catechistica si segue la divisione dei giovani in classe secondo il grado d'istruzione scolastica e professionale, separatamente per le singole associazioni. In apposite conferenze settimanali si istruiscono i giovani catechisti.

La strettezza del locale non permette l'istruzione catechistica ideale (di vera scuola) ma l'attività dei solerti catechisti supplisce alle molte deficienze locali e del personale.

In conclusione la buona volontà degli Oratoriani, specialmente dei soci dei Circoli, anche in questi anni di guerra, ha sostenuto quest'opera tanto cara al Ven. Don Bosco, non ostante la mancanza del personale addetto all'Oratorio. Le benedizioni di Dio provvidero spiritualmente e materialmente, per opera di alcuni generosi benefattori, cui vollero, in forma pratica, associarsi anche le signore dei soci del « Michele Rua » e degli antichi allievi, costituendosi in CoMITATO PERMANENTE, a favore delle opere dell'Oratorio.

Dio benedica quanti hanno cooperato, direttamente e indirettamente, a far del bene nel 2° Oratorio fondato da Don Bosco!

TESORO SPIRITUALE.

I Cooperatori Salesiani, i quali confessati e comunicati divotamente visiteranno qualche Chiesa o pubblica Cappella, o se viventi in comunità la propria

Cappella privata, e quivi pregheranno secondo l'intenzione del Sommo Pontefice, possono lucrare Indulgenza plenaria dal 10 dicembre al 10 gennaio:

ogni mese:

1) in un giorno scelto ad arbitrio di ciascuno; 2) nel giorno dell'esercizio della Buona Morte; 3) nel giorno in cui si radunino in conferenza;

dal 10 febbraio al 10 marzo:

1) il 22 febbraio, Cattedra di S. Pietro in Antiochia;

2) il 25 marzo, Assunzione di Maria SS.ma.

Per l'assistenza agli Emigrati.

Una lettera della S. Congregazione Concistoriale al sig. Don Albera. Una visita alla Colonia Vignaud nella Repubblica Argentina.

È pervenuta al nostro Rev.mo Superiore Generale, in merito alla circolare diramata dalla Commissione Salesiana per l'Emigrazione e da noi riferita nel Numero di dicembre u. s., una splendida lettera dell'Em.mo Card. De Lai, Segretario della S. Congregazione Concistoriale, che ci facciamo premura - a legittima soddisfazione e nobile incitamento - di comunicare ai nostri Cooperatori.

Sacra Congregazione Concistoriale.

Roma, 14 dicembre 1918.

Rev.mo Padre,

Ho preso visione della Circolare diretta a nome di V. P. Rev.ma ai Salesiani ed alle Figlie di Maria Ausiliatrice, residenti fuori d'Italia, dal Rev. D. Stefano Trione, direttore della Commissione Salesiana per l'Emigrazione, e debbo anzitutto constatare con viva soddisfazione l'incremento preso dalle molteplici Istituzioni Salesiane per l'assistenza agli emigrati e l'educazione dei loro figli. Certo il Ven. Don Bosco, inviando all'Argentina i primi Missionari Salesiani allo scopo precipito di consacrarsi alla cura spirituale ed al sollievo anche temporale dei connazionali, emigranti sin d'allora in proporzioni sempre crescenti e in condizioni così miserevoli al di là dell'Oceano, era dalla Provvidenza guidato a concorrere per la soluzione di uno dei più gravi probblemi dell'età nostra, le cui conseguenze si ripercuotono sul benessere non meno della Chiesa che della Società civile.

Da parte mia son lieto di attestare che l'esperimento fatto da questa S. C. di affidare in alcuni paesi (come nel Chili e nel Perù) ai Missionari Salesiani la giurisdizione Parrocchiale sugli italiani colà dimoranti ha sortito l'esito sperato, dando modo ai Salesiani di compiere un lavoro salutare di penetrazione nelle varie istituzioni sorte in seno a quelle popolose e fiorenti colonie italiane. Questo lavoro riuscirà tanto più efficace e benedetto da Dio, quanto più i Missionari si manterranno fedeli al programma del loro Ven. Fondatore di escludere dalla loro attività la politica, sotto qualsiasi forma e pretesto essa tenti di invadere il campo affidato al loro ministero. Del che faccio loro, per mazzo di V. P., nuova speciale raccomandazione; pur confidando che sia superflua.

Profitto volentieri dell'incontro per esprimere a V. P. ed a tutta la benemerita Congregazione Salesiana i migliori auguri di sante Feste, mentre, benedicendola nel Signore, mi confermo con particolare ossequio di V. P. Rev.ma

dev.mo in G. C.

G. Card. DE LAI Vesc. di Sabina, Segretario.

Alla Colonia Vignaud.

Leggiamo in « Vita Coloniale », che si pubblica a Cordoba nell'Argentina, nel numero del 25 ottobre u. s., quest' interessante relazione:

Vignaud. - A circa due leghe da Brinkmann, quattro da Morteros, due da S. Pedro, sette da Sunchales, si trova questa bellissima colonia, ove per ragioni del nostro ministero ci dovemmo soffermare per alquanti giorni.

Si faceva per l'appunto la missione predicata dalla calda parola di un missionario italiano, da molto tempo residente nella Pampa, il R. D. Giovanni Vaira, coadiuvato da un altro sacerdote.

Quello che abbiamo visto a Vignaud, confessiamo non averlo mai veduto dacchè partimmo dall'Italia venti o trenta anni fa.

Vignaud è un pezzo d'Italia, un lembo del nostro Piemonte.

Colonia coltivata tutta a a grano e lino, i nostri buoni piemontesi vivono colà la vita semplice e patriarcale dei paesi loro.

La bellissima Chiesa dedicata al Sacro Cuore e a Maria Ausiliatrice, spaziosissima, durante i giorni della Missione, era frequentatissima da buoni coloni venuti anche da molto lontano, cinque, sei, otto e persino dieci leghe per fare le loro devozioni.

La processione della domenica 6 ottobre ci cavò le lacrime.

Mai e poi mai ci credevamo che in una Colonia, e sì ridotta e fuori di mano, si potessero avere da due a tre mila persone che ordinatissime, a due, cantando e recitando il Rosario, formassero un tutto si omogeneo e divoto da incantare.

Come sublime è la nostra Religione quando si pratica come si deve, e quanto è dolce il pensiero che quei buoni coloni, che sì bello spettacolo davano di sè, erano tutti italiani. Viva l'Italia!

Molte cause hanno contribuito a formare in Vignaud quello stato di cose che la distinguono da qualunque altra colonia.

Anzitutto lo spirito sommamente cristiano dei fondatori della colonia i signori Vignaud e Passador Colla fondazione di questa colonia essi non vollero solamente esplotare un ramo di industria e fare un negozio a spese del povero colono, ma intesero che la missione loro era di creare una colonia, diremo completa; che cioè, oltre i vantaggi materiali, riunisse in sè tutti i vantaggi morali e spirituali possibili.

Quindi ne venne il servizio religioso che, quantunque affidato solamente a due o tre Sacerdoti della Pia Società di Don Bosco, pure è, per quanto è possibile, completo e soddisfa interamente quei buoni coloni che, come dicemmo prima, vi accorrono anche da lontano per fare le loro divozioni.

Ne vennero poi le scuole per giovanetti e ragazze, frequentatissime dai bambini della località. Ne venne pure un bel Collegio di giovani pensionanti, con una retta modicissima. Abbiamo potuto presenziare la sfilata di oltre ottanta giovani interni, venuti da Brinkmann, San Francisco, Carrilobo, La Porteña, Sunchales, Cruz, Ataliva, Leumann ecc. ecc.

Bei ragazzi, robusti, paffuti, rossi e bianchi, così contenti ed allegri, da far invidia. Una persona che giorni prima aveva visitato lo stabilimento, ebbe la pazienza e curiosità d'interrogarli tutti separatamente e non ne trovò neppur uno che dicesse di essere malcontento.

Oltre il Collegio pei giovani, trovasi il Collegio per le ragazze, affidato alle Suore di Don Bosco, che in buon numero si dedicano con pazienza ed entusiasmo all'educazione ed istruzione di quelle frugoline di ragazze, cavandone frutti veramente abbondanti, come abbiamo potuto toccar con mano noi stessi...

La caratteristica che ci colpì di più fu anche qui il vedere quelle care bambine, così contente ed allegre, così belle, robuste, paffute, bianche e rosse da incantare!

Ecco dei denari ben spesi!

Complementano queste, opere di carattere religioso educativo, le opere speciali stabilite pure colà dallo zelo dell'infaticabile Direttore del Collegio D. Luigi Vaula, voglio dire l'Opera degli Ex-Alunni e della società di San Giuseppe.

È noto che i giovani educati dai Salesiani conservano più che altri lo spirito di famiglia e di affetto ai loro antichi ed amati superiori, dai quali non possono staccarsi senza vero rincrescimento. È edificante quindi vedere questi baldi giovani venir da lontano, a piedi o in bicicletta, varie volte la settimana per riunirsi coi compagni e coi superiori per una conferenza, prove di teatro, scuola di canto, banda violino, ecc. ecc., il che è prova dello stato fiorente di questo Circolo di Ex-Alunni.

La Società di San Giuseppe è numerosissima, e si compone del migliore elemento non solo di Vignaud, ma anche delle colonne circonvicine, ove non esistono tali associazioni, Abbiamo avuto occasione di parlare col presidente della medesima e con alcuni consiglieri, tra cui il nostro amico Castellaro, e ne abbiamo avuto le migliori impressioni. Quantunque lontani dai centri, pure quei buoni coloni, comprendono la necessita dell'unione per fare del bene, per combattere il vizio, specialmente dove l'azione del Sacerdote non giunge per inutilizzare l'azione settaria che cerca ogni mezzo per penetrare tra quella fotte di fede e di buoni costumi e far opera di distruzione. I soci sono oltre trecento e rappresentano quindi trecento famiglie. Che bellezza!...

Buone letture per i giovinetti.

C'è un buon periodico da mettere in mano al giovinetti scolari?

Sì, ed è l'« AMICo DELLA GIOVENTU' » periodico quindicinale educativo, che si stampa a Catania in via Cibali 7 (abbonamento ann. Italia L. 3.75, Estero L. 4.50).

« Ci si chiede talora consiglio - ripetiamo con la Civiltà Cattolica - intorno ai periodici da mettere in mano ai giovinetti scolari, affinchè, insieme con lo svago dell'amena lettura, abbiano di che istruirsi senza pericolo per la fede ed i buoni costumi. Eccone uno eccellente, in questo vero « Amico della gioventù », che col 1919 entra nel suo quindicesimo anno di vita. Oltre l'articolo di fondo, d'argomento presente, bene accomodato all'intelligenza giovanile, vi si leggono graziose novelle, bozzetti, poesie, varietà di storia e di erudizione, giuochi e aneddoti piacevoli. Ma quello che tornerà più gradito ed utile agli scolari è la gara di temi d'italiano, svolti da varii concorrenti, i quali hanno così una bella palestra di fruttuosa emulazione. Vi si ammira sempre la cura sollecita per la buona lingua italiana. Non occorre aggiungere altro, perchè si comprenda quanto utile e grazioso regalo sia questo bel periodico per i giovinetti. »

Un'altra miniera di buone letture sono le varie antologie edite dal Salesiano Prof. Don Michele Martina, e specialmente i due nuovissimi volumi dell'ANTOLOGIA ITALIANA per lo studio dei vari generi del dire, per uso del Ginnasio Superiore, dell'Istituto Tecnico e della Scuola Normale.

A proposito del Primo volume « PROSA », l'Eminentissimo Card. Maffi scriveva al Compilatore, in data 4 del 1919:

Ill.mo Sig. Professore,

Un libro pericoloso per me la sua Antologia. Da alcuni giorni l'ho qui, sulla scrivania; ma povero me, se l'apro. Un tratto è bello, l'altro migliore; questo interessante, quello seducente, e l'ore mi passano senza che me n'accorga, e poi mi resta da far il da fare. Bisognerà dunque che lo riduca a confini onesti, e che, proscrivendolo, non gli consenta di ritornarmi che nei momenti di sollievo e di respiro. Che poi temo che un desiderio segreto li abbia maliziosamente da moltiplicare! E saran momenti, nei quali a Lei ritornerà con riconoscenza il pensiero del suo aff.mo P. CARD. MAFFI.

E lo stesso Eminentissimo, in data 11 del 1919, scriveva ancora a Don Martina, che gli aveva fatto omaggio del Secondo volume «POESIA»:

Ill.mo Sig. Professore, .

Ricevo il 2° volume « Poesie » degno ed anzi, senza offesa dell'altro, maggior suo fratello. Un'occhiata, e quanto mi piacque, nella scelta e nelle stesse note sugli autore, brevi ma recise e caratteristiche. Grazie, ed auguri dal suo aff.mo P. CARD. MAFFI.

Fatti e detti di Don Bosco

Memorie inedite

XIII.

Nelle solitudini della Patagonia.

Senza commenti; per la storia.

È venuto un vecchietto, venuto... di dove?... Chi sa? appena lo si intende. Dice di non sapere che sia battesimo; assicura di non avere alcuna nozione cristiana; e ride e tentenna il capo, se gli si parla sui diversi usi dell'acqua benedetta: ma benchè ammalato non si rifiuta d'imparare un po' di catechismo durante l'istruzione che si fa per tutti. Se gli si domanda: donde vieni? - Pampas... legos!... legos!... risponde: di lontano! di lontano!

Se s'interroga: - Chi ti ha detto di venir qui? - egli sorride, e a forza di segni e di mezze parole, dà ad intendere che un Padre... un vecchietto buono buono... gli ha insegnata la via e la casa.

- Chi sarà questo Padre ? - domandiamo alla suora, infermiera.

- Mah! ... Non è questo il primo caso. Altre volte si presentarono ammalati venuti assai di lontano, i quali senza sapere nè di Ospedale, ne' di Salesiani, nè di altro, vennero qui, solo per ubbidire a un Padre, essi dicono, che aveva loro indicato questa casa dove guarirsi nell'anima e nel corpo. E il bello è che al primo incontrarsi nel ritratto di Don Bosco, cominciano a fissarlo, a mandargli baci, e a domandare: - Come si chiama questo Padre?! - D. Bosco! - noi rispondiamo; ed essi: - Lui! proprio Lui, il Padre che ci disse di venire.

Poco tempo fa, successe un fatto ancor più singolare. Un tale, che viveva da pagano in mezzo alla Pampa, attraversava un giorno uno dei suoi poderi, per darsi conto del bestiame disperso in una delle sue più grandi possessioni; quando si vede affrontato dalla « tormenta », ossia dal furioso vento devastatore, proprio di queste interminabili pianure. Preso da un'ansia incredibile, si domanda come liberarsi da siffatto nemico: ed ecco passargli accanto un sacerdote, dalla veste bianca; dal volto sereno, dallo spirito calmo... sprona egli pure un cavallo bianco, e, come ad una festa, va incontro alla tormenta.

-- Infelice, gli grida il signorotto. Ma no; è un prete!... Meglio così... vada alla morte... un prete di meno sulla terra!

Se non che un resto di buon istinto gli fa soggiungere:

- Padre, torni indietro! Padre, torni indietro! Non vede la tormenta che s'avanza? Fugga il pericolo, Padre!

Fuggilo tu il pericolo, gli risponde quei sacerdote, non vedi come la morte viene al tuo incontro? Va', va' a radunar laggiù in fondo le tue bestie impaurite; la tormenta non t'inseguirà; anzi si volgerà dalla parte opposta. Ma fa' presto; e, senza temere per me, temi per te, chè la giustizia di Dio ti sta vicina!

Profonda, sommamente buona, l'occhiata del sacerdote al signorotto; poi... una sferzata al bianco destriero... e più nulla!

Quel tale, impaurito e tremante, fugge all'impazzata, sulla groppa del suo mal imbrigliato cavallo; e quasi inconsapevolmente, si vede presso l'abitazione di uno dei migliori Cooperatori salesiani. Respirò lungo ed entrò, raccontando come potè, quanto gli era accaduto. - Quel Reverendo mi ha fatto fare l'esame di coscienza in un secondo, soggiunse, e, dico il vero, che la minaccia d'essere sorpreso dalla morte in cattivo stato... - e, vivamente commosso, fissa la parete di fronte, dalla quale pendeva il ritratto di Don Bosco, e grida:

- Cielo! che vedo! il Padre ! Sì, lui! lui! proprio lui! Vestiva, solo di bianco e cavalcava un gran cavallo bianco; ma è lui!... lui!

Ed esce di là, mezzo convertito, colui che prima era pressochè ritenuto per un indemoniato; e si confessò non molto dopo, e ricevette la Santa Comunione nella Chiesa dei Salesiani di Viedma, non avendo per nulla vergogna di raccontar l'accaduto a quanti lo interrogavano in proposito.

Un altro caso somigliante, ma con esito diverso.

Un giorno verso le 7 pomeridiane si levò un vento così impetuoso che ci lasciò all'oscuro come per mezz'ora, tant'era la terra che cadeva. Passato il ciclone l'interno della casa era coperto d'uno strato di terra dello spessore di quattro dita. Un uomo intanto stava accudendo il suo gregge nel campo; e prima che s'oscurasse il sole vide venire in lontananza tura figura sconosciuta, circondata di luce e che montava un cavallo.

Temendo qualche sinistro incontro, cavò fuori la rivoltella, ma poco dopo distinse il cavaliere e conobbe che era un sacerdote, e ritirò l'arma.

Dice quest'uomo che quel sacerdote cavalcava un corsiero tanto raro e bello che non ne aveva mai visto l'uguale: aveva la bardatura d'argento e camminava senza toccare il suolo. Un gran manto avvolgeva il cavaliere; il collo aveva candido; leggeva ed intorno soffiava il vento. Il pastore domandò al venerando sacerdote se per caso si fosse smarrito. E il sacerdote:

- No, io non sono smarrito; sei tu lo smarrito; ritira le tue pecore nell'ovile; se no, le perderai tutte, e tu non dormirai in casa questa notte.

In verità, avendo l'uomo disprezzato l'avviso, perdette tutte le sue pecore, non potè giungere a casa, e dovette dormir all'aperto.

- Sappi, gli disse ancora quel prete, che Dio vuol castigare due grandi peccati che sono più diffusi in questa regione: uno è il furto e l'altro nemmeno è da nominarsi; -- e proseguì il cammino.

Avendo mostrato all'uomo varii ritratti di sacerdoti, assicurò (indicando Don Bosco) che il Padre che aveva visto al campo era quello

(Dalla Cronaca della casa delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Viedma e Patagones).

LETTERE DEI MISSIONARI

CINA.

ll viaggio dei Missionari Salesiani partiti per la Missione del Kuan Tung (Cina)

(Dal diario del Prof: D. Sante Garelli)., II (1).

Da Porto Said a Shang-hai.

Si scende a terra. - L'addio all'"lschìa". - Nel trasbordo. - Commiati cordiali. - Una lunga discussione. - La fotografia della Messa a bordo.

È il primo di agosto e noi stiamo solcando le acque del Mar Rosso. Solo ora mi è possibile riprendere la continuazione dei miei appunti, perche Porto Said ci ha fatto una brutta sorpresa.

A tarda sera l'Autorità Inglese, venuta a a bordo dell'Ischia, firmò sul nostro passaporto il permesso di passaggio, che ci dava diritto di discendere a terra. La mattina seguente, domenica, celebrai sull'Ischia l'ultima Messa, in ringraziamento a Dio per l'ottimo nostro viaggio. Questa volta assistettero anche parecchi Indiani, attratti certamente dalla curiosità.

Urgeva lo scarico della merce, per cui si era incominciato il lavoro fin dalle sette del mattino: ma nel tempo del Sacro Rito, il Comandante, che ci aveva usato sempre ogni deferenza, perchè Missionari e Salesiani, volle si sospendesse il lavoro, affinchè la funzione non fosse disturbata. Così tutti poterono compiere il loro dovere di cristiani.

Alle dieci discesi a terra e mi avviai al Consolato, dove mi aveva preceduto il gentilissimo nostro commissario, Tenente Pirola, il quale aveva di già parlato al Console. Difatti fui tosto introdotto, quantunque il Console fosse quella mattina occupatissimo. Egli si era interessato con sollecitudine del nostro proseguimento a bordo del « Hawating », col pagamento di sei scellini a testa per il vitto giornaliero. Il viaggio sarebbe stato diretto sino a Shang-hai e avrebbe durato trentadue giorni: qualche giornata avremmo dovuto perderla ancorati a Porto Said; in tutto almeno una quarantina di giorni. Ed era già quasi un mese che viaggiavamo! Arrivati poi a Shang-hai avremmo dovuto tornare indietro per altri quattro giorni.

Quanto avrei dovuto spendere? Lì per lì feci un conto sommario nella mia testa: povero me! Qui non bastano più le migliaia, ma ci vogliono le decine di migliaia! Speriamo che le casse dei banchieri della Provvidenza ne abbiano per tutti i bisogni, affinchè non si arresti la redenzione delle anime.

Solo dopo alcuni giorni potemmo compiere il trasbordo.

L'addio all'Ischia fu doloroso: in quei giorni di tragitto avevamo stretta amicizia cordiale, direi quasi familiare, cogli ufficiali e colla gente dell'equipaggio, costituito in massima parte di giovani napoletani.

Il Comandante, signor Materasso, di Gaeta, aveva fatto educare un suo figliuolo nel nostro istituto di Caserta. La piena soddisfazione per l'ottima educazione ricevuta dal figlio, ce l'aveva mostrata usandoci ogni cortesia. Ci furono carissimi i voti suoi per la nostra missione nella Cina, dove ci augurammo di poterlo rivedere in qualcuno dei suoi viaggi, per ricambiargli le gentilezze ricevute.

Stringendo la mano al primo Ufficiale, Capitano Padovan, ci parve stringerla a, un fratello. Era stato allievo del nostro collegio di Mogliano Veneto: ricordava il direttore Don Veronesi, che amava ancora con filiale affetto, e il suo professore Don Del Favero, il cui nome aveva spesso sul labbro. Aperta intelligenza, memoria tenace, recitava brani di prose e poesie italiane e latine, come uno studente alla vigilia degli esami. Vivace, allegro, saporitamente pungente nel suo dialetto veneto, era la delizia delle conversazioni. Eppure aveva le sue spine, che manifestava a noi come a fratelli. Non si poteva lasciare un ufficiale così di famiglia senza sentirsi commossi. Vegli materna su di lui, già scampato una volta, alle insidie del siluro, la mano della Provvidenza,.

Il saluto col secondo Ufficiale fu invece il saluto di due gentiluomini, che vicendevolmente si rispettano e personalmente si stimano, ma in fondo all'anima si sentono discordi. Chi fosse penetrato nella sua mente, si sarebbe trovato subito in pieno liberalismo e in pieno regalismo. La dottrina cattolica vi aveva fatto soltanto capolino.

Una sera intavolammo una lunga discussìone: razionalismo e cattolicismo, religione e patria, culto interiore e culto esteriore, modernismo, Chiesa, Papato, Italia, Roma, dominio temporale, guarentigie, e qualche altro argomento di questo genere; tutto fu passato in rassegna quella sera. Presero parte all'animatissima conversazione dapprima l'Ufficiale telegrafista, schietto cattolico e patriota entusiasta, in cui però avevan fatto breccia le accuse mosse contro il Papa in questi ultimi tempi; poi il Comandante Spagna, distintissima persona e mente assai equilibrata. Solo a mezzanotte, dopo di esserci più volte anche un poco accapigliati, tiravamo finalmente le conclusioni: « L'uomo che ha nell'anima la fede cattolica non può mai fare a meno di riconoscere nel Papa il Vicario di Cristo, e il Capo di quell'unica Religione soprannaturale, i cui fini sono imprenscindibili, perchè divini: egli quindi rispetterà nel Papa il pieno diritto al libero esercizio del suo alto ministero, e non crederà avvilire lo Stato, trattando col Papa come con una potenza, quantunque di ordine diverso da tutte le altre potenze terrene. Solo l'uomo che non ha la Fede cattolica potrà credersi legittimato a considerare il Papa come un semplice capo di una delle tante religioni esistenti fra gli uomini. »

Così, nella netta separazione delle idee e della fede avevamo pur trovato la netta separazione delle coscienze, ciascuna delle quali sentivamo che meritava rispetto. E in questo reciproco rispetto delle coscienze ritrovammo il vincolo dei cuori, e ci lasciammo augurandoci la buona notte con un'amichevole stretta di mano.

Simpaticissimo il terzo Ufficiale. Era di servizio nella notte dell'allarme, quando andammo a rischio di esser investiti dal piroscafo croce. guai a noi senza la sua coscienziosa vigilanza!

Era, poi di una pietà filiale, degna di essere proposta ad esempio. Quando il nostro Don Frigo gli donò una copia della fotografia della Messa, egli, che spiccava nel gruppo colla sua bianca uniforme, si diede premura d'inirizzare quella copia alla mamma, e vi scrisse dietro: «Fotografia della Messa a bordo ».

Poi gli parve che quelle parole esprimessero troppo poco: venne da me e volle che gli suggerissi che cosa doveva aggiungere, affinchè la mamma potesse restare maggiormente contenta: « ella, diceva, prega per me notte e giorno, affinchè non mi accada qualche disgrazia: sarà certo contenta, quando mi vedrà accanto all'altare ad ascoltare la Messa ». Gli suggerii di completare così: «Fotografia della Messa a bordo... mentre il Sacerdote invocava da Dio assistenza sul nostro viaggio ».

«Bene, bene, esclamò, oh come sarà contenta mia mamma! Ora sarà sicura del mio felice ritorno. »

Se egli non fosse stato capìtano, gli avrei dato io stesso, in quel momento, l'abbraccio e il bacio della mamma.

Il Comandante Spagna ci aveva lasciati il giorno prima per recarsi a Massaua ad assumere il comando della R. Nave « Ammiraglio Magnaghi ».

Uomo sulla cinquantina, aveva ormai visitato tutte le parti del mondo. Era stato in missione diplomatica nella Cina, ed ebbe la cortesia di mostrarci alcuni suoi appunti per nostro ammaestramento. Aveva pur visitato l'Africa Meridionale, ed in particolare il Capo di Buona Speranza. Nelle sue note erano parole lusinghiere per l'Opera Salesiana al Capo, e particolarmente per il nostro Don Tozzi che la dirige. Prima di partire volle lasciarci un biglietto di raccomandazione per il Console Italiano di Hong-Kong, suo intimo amico. E mentre la barca, in cui era disceso, si allontanava dall'Ischia, ci inviava colla mano l'ultimo suo saluto. E noi l'accompagnavamo col cuore, facendo sinceramente voti per la sua salute, per il felice esito dell'importantissimo ed onorevole incarico affidatogli.

Mentre salutavamo gli altri Ufficiali, si erano raccolti i giovanotti dell'equipaggio che assalivano Don Frigo: «Padre, non te scurdà. ».

Era la fotografia della Messa che tutti volevano per mandarla a casa e non tutti avevano potuto ricevere, perchè il caldo aveva guastato il materiale fotografico. Tutti per il momento furono paghi di una promessa, che veramente si potè mantenere prima della partenza da Porto Said.

Sull'"Hawating". - La mano della Provvidenza. - Uno dei Missionari cade malato -- É scossa anche la salute degli altri. Si parte da Porto Said. - L'ultimo saluto all'Ischia.

Il 25 fummo finalmente sull'« Hawating " piroscafo cinese noleggiato dal Governo Italiano per trasporto di merci. L'ufficialità è tutta inglese: nessun cattolico. L'equipaggio è cinese: Buddisti, Confucianisti, Taoisti (1) o non so che altro possano essere: certo infedelii. La famiglia dell'Ischia è sparita per sempre.

Il Comandante intende il francese solo un poco ed è sempre sul ponte di comando: degli altri ufficiali solo il quarto lo intende e parla bene. Gli siamo ai fianchi per prendere i più necessari accordi. I nostri bauli sono presto tirati a bordo e parte calati nella stiva, parte collocati nelle due cabine a noi destinate. Ampie, verniciate di fresco, semplicissime ma pulitissime, sarebbero due cabine invidiabili, se non fossero due forni. Appena vi entriamo, i polmoni si fermano: manca il respiro. Cerchiamo coll'occhio il ventilatore: non c'è e non ci sarà. Il termometro, da noi appeso ad un asse, segna la freschezza di quaranta gradi.

Il sole da una parte, il cocente macchinario dall'altra, possiamo intonare il cantico dei fanciulli nella fornace; se però qualche angelo verrà a gettare acqua attorno a noi, affinchè non restiamo asfissiati.

Bisognerà dormire all'aperto e cioè ai venti dalla carezza furiosa e alla umidità quasi piovosa della notte.

Avremo tutti sufficiente salute per resistere? E se qualcuno cadesse malato durante il viaggio?

Credo che l'Angelo di Dio ci abbia fatto la visita sanitaria, per trattenere a tempo quello che avrebbe pagato forse colla vita i soverchi disagi di un viaggio, fatto senza alcuna possibilità di cure in caso di bisogno.

C'eravamo recati alla Chiesa dei Francescani per celebrare la Messa. Anche tra quei Padri trovammo un antico allievo di Mogliano Veneto, compagno del Capitano Padovan, il Padre Ludovico Costa. Dopo la celebrazione, cònversando al fresco nel giardinetto del convento, udimmo dal Padre Ludovico una notizia che ci commosse, e ci fece sentire la mano prottettrice della provvidenza.

I due ultimi Piroscafi della « Messagerie Maritime » partiti nel giugno e nel luglio da Marsiglia, erano stati silurati presso Malta. Senza l'inesplicabile disvio dei telegramma al Console Italiano di Marsiglia avremmo dovuto partire con quello di giugno: e senza l'inaspettato ordine d'imbarcarci sull'Ischia, avremmo dovuto partire con quello di luglio: in ogni caso saremmo stati inevitabilmente silurati. Che sarebbe stato di noi e delle nostre cose? La Madonna aveva vegliato sul nostro capo ascoltando le preghiere delle numerose anime buone che ci accompagnavano col pensiero, e alle quali è giusto che mandiamo un sentitissimo ringraziamento.

Ora però la Madonna voleva purificarci col dolore.

Ci alziamo per andare a prendere una tazza di caffè, e troviamo il nostro caro Don Cattaneo gittato su di un divano del piccolo parlatorio. Faccia rossa, occhi accesi: un febbrone oltre i quaranta. I buoni Padri non smentirono la carità di San Francesco. Fu subito aperta l'unica cameretta disponibile, e sul lettuccio, esso pure francescano, fu adagiato il nostro malato. Non avrebbe certo potuto venire a dormir proprio quel giorno per la prima volta a bordo dell'« Hawating ».

Il giorno seguente parve migliorare: la mattina del terzo giorno volle celebrare. Ci rallegravamo, quantunque io cercassi di nascondere la mia seria preoccupazione che il caro confratello non fosse in condizioni da affrontare , disagi del lungo viaggio. Da Napoli a Porto Said avevo notato in lui una sonnolenza eccessiva, una prostrazione di forze che egli cercava di vincere e nascondere col nutrimento e la disinvoltura, ma che tuttavia non mancava di rivelarsi. Purtroppo non mi era ingannato.

Celebrò a stento, assistito da Don Lareno: poi si ritirò subito in camera, dove fu assalito da violentissimi sforzi di vomito. Don Frigo trovò il tenente medico Dori, che con gentile premura venne immediatamente a visitare il nostro infermo. Fu preoccupato della prostrazione generale, del tremito delle membra, dello stato cutaneo, dell'eccessiva temperatura. Non potendo trovare presso i Francescani tutte le cure necessarie, consigliò di trasportarlo subito all'Ospedale. Telefonammo all'Ospedale Inglese: non v'era posto. Bisognò rassegnarsi a trasportarlo all'Ospedale Egiziano. Telegrafammo intanto d'urgenza al direttore di Alessandria Don Simonetti. Fu provvidenziale. La sera seguente giungeva il nostro confratello Don Pasero, con ordine di procurare a Don Cattaneo ogni cura e trasportarlo, appena possibile, ad Alessandria: nella notte stessa il caro infermo veniva assalito da forte emorragia polmonare.

Quando al mattino mi vide, pianse e mormorò soltanto: « È finita... ». Nello sconforto della prima impressione sentiva lo schianto di tutto se stesso: vita, missione, conquista di anime: tutto svaniva. Si coperse gli occhi colla mano, ma le lagrime gli rigavano il volto.

Ero commosso, eppure sentivo il dovere di mostrarmi sereno, come se si trattasse di cosa da nulla. Forse mi giovò l'antico studio della logica sofistica: lo persuasi che non poteva essere cosa grave e riuscii a calmarlo. Quando più tardi giunsero gli altri confratelli, egli era ormai tranquillizzato. Ma nè il dottore nè la suora mi fecero misteri. L'apice del polmone sinistro era compromesso e non era più possibile pensare a proseguire il viaggio. Dovevamo adunque fare un sacrificio, a dir vero inaspettato e troppo doloroso. Mi parve tuttavia scorgere anche in questo la mano di Dio. Che sarebbe stato se la salute di Don Cattaneo, scossa dal lungo servizio in Albania, gli avesse fatto quel brutto scherzo a bordo dell'« Ischia »? e, quel che è peggio, se il male fosse rimasto celato ancora, e solo nell'Oceano Indiano, e a bordo dell'« Hawating », si fosse sprigionato?

Intanto vedevo scossa anche la salute degli altri confratelli. Gnavi specialmente accusava forti disturbi di stomaco e d'intestini. Si fece quanto era permesso alla nostra povertà per premunirci ed arrivare almeno a destinazione. Per buona sorte nulla più di grave avemmo a lamentare.

Intanto i preparativi a bordo dell'«Hawating» si andavano compiendo, mentre anche Don Pasero e io andavamo terminando le pratiche presso il Consolato e presso le autorità locali per trasferire Don Cattaneo ad Alessandria d'Egitto. Il 31 luglio fu giorno di partenza. Salutammo al mattino i buoni Padri Francescani e particolarmente fra Salvatore, che tiene la chiesa come un gioiello e che ci avrebbe dato il cuore, se avesse potuto privarsene. Dolorosissimo il distacco dal caro Don Cattaneo, assalito nuovamente da un pianto convulso, riasciugato dalla piano delicata dell'ottima suora di carità.

Al buon Don Pasero, che assicurava non si sarebbe mosso dal suo fianco, lo affidammo, contenti d'averlo messo nelle mani di un caro confratello, e ringraziando la Provvidenza, che mandandoci il dolore, ci era pure stata larga di assistenza e di conforto.

Verso mezzogiorno lasciavamo Porto Said, la città cosmopolita, dalle cento lingue, dai cento costumi e dalle mille autorità. Eppure non vi passano e non vi sono che sudditi dell'Intesa: che sarà in tempo di pace? Gaia, pulita la parte nuova Europea: bassa, lurida, afosa, inabitabile, l'affollatissima parte araba, dove gli arabetti formicolano da ogni lato.

Chi pensa a queste creature di Dio; così graziose e simpatiche nei loro lunghi camicioni bianchi e nelle loro ingenue fattezze infantili, e così antipatiche e ributtanti quando nella virilità le ha abbrutite la religione di Maometto? Mi avevano indicato il posto dove doveva sorgere una casa salesiana. Dio voglia che anche per queste anime suoni nell'avvenire l'ora che non suonò nel passato.

Ci recammo ancora una volta a bordo dell'« Ischia », a porgere il nostro ultimo saluto. Ci premeva riverire ancora il Comandante e stringere la mano al capitano Padovan e al Commissario signor Pirola, che con sentimento gentile si erano recati a far visita al nostro Don Cattaneo, appena lo avevano saputo ricoverato all'ospedale.

Al tenente Pirola affidai la prima parte delle mie memorie, affinché le facesse pervenire a destinazione; e in lui, antico allievo del mio indimenticabile Oratorio di San Giuseppe, diedi nel mio cuore ancora un saluto all'opera prediletta della mia giovinezza sacerdotale (1).

Alle sei pomeridiane salpavamo da Porto Said.

Passando dinanzi all'« Ischia », fummo fatti segno a una nuova inaspettata dimostrazione di affetto. Ufficiali ed equipaggio, tutti erano raccolti o sul ponte di comando o a poppa del piroscafo, e con forti grida e con affollato sventolìo di fazzoletti ci mandavano il loro ultimo sentito augurio di ottimo viaggio e di felice missione.

Aden. - Si soffre. - "Aden no bono!" - Visita a Mons. Vanni, Vicario Apostolico d'Arabia. - Con quattro ufficiali italiani. - Tornando a bordo. - "Povera gioventù, povero fiore!"

Aden 7-VIII-18

Siamo finalmente ad Aden: ma abbiamo fortemente temuto di non arrivarci.

Sapevamo che il Mar Rosso era molto caldo, ma non immaginavamo di soffrire quanto abbiamo sofferto nei lunghi otto giorni di navigazione.

All'imboccatura del golfo presso Suez sentimmo ancora il refrigerio di un po' di ventilazione, ma appena avanzati alquanto verso Sud, fummo circondati da una fitta nebbia, umida, calda, afosa, immobile. Non un soffio di vento su quelle acque, che presentavano l'aspetto di un gran mare di olio.

Una notte, sfiniti dal continuo sudore, impossibilitati a respirare, credevamo proprio di terminare la nostra missione sotto l'ampio tendone di poppa, dove, come di solito, c'eravamo gettati sui nostri pagliericci.

Anche Don Frigo, il cui buon umore ne accresceva la naturale robustezza, ebbe un momento in quella tristissima settimana in cui, gettato sulla tavola della cabina in un bagno di sudore, credette proprio di venir meno. Ed io lottai una giornata intera contro lo svenimento, da cui mi sentivo assalito ad ogni istante. Nè, per quanto soffrisse, c'era modo di avere, su quel piroscafo mercantile, neppure il beneficio d'un bicchier d'acqua fresca: eppure se ne aveva tanto bisogno.

Il più malandato era il povero Gnavi, che giunse più morto che vivo.

Finalmente uscimmo da quell'inferno e le increspature delle acque dell'Oceano ci annunziavano vicino il vento ristoratore. Col vento poi comparve anche la terra sospirata: ma una delusione. Roccia brulla, sulla quale il nostro occhio cercava invano una sola pianta, interrotta soltanto dalle poche case e dagli alberghi del porto. La città è lontana.

- Aden no bono! - ci dice un ufficiale inglese che si è accorto della nostra piena delusione: - Napele (Napoli) Napele bono, Aden no bono!

- Oh! yes, yes, rispondiamo in coro, no bono, no bono!

Ora tuttavia attendiamo di poter discendere a terra, per dimenticare un po' le sofferenze del Mar Rosso

Aden 14-VIII-18.

Stiamo aspettando l'ora della partenza, fissata per oggi: come sentivamo il bisogno di giungere ad Aden, così sentiamo ora quello di ripartire.

Dovevamo fare una sosta di tre giorni per rifornimento di carbone, e siamo invece di già al settimo giorno. Poco male, se da quattro giorni non ci trovassimo in una bolgia infernale, da cui non vediamo l'ora di uscir fuori.

Da una parte a contatto con un piroscafo spagnuolo che scarica carbone da prua direttamente sul nostro, versando sopra coperta, e da poppa manda altro carbone al porto: dall'altra, zatteroni pieni zeppi di sacchi di carbone, che viene innalzato dagli arabi a forza di mano, mentre dai sacchi mal legati ricade rovescio dall'altezza di più metri; e tutto ciò al molestissimo soffio di un forte vento, che solleva densi nuvoloni di polvere nera, spinta da ogni parte tutto avvolgendo, mentre il sudore ce l'attacca addosso inesorabilmente: siamo tutti trasformati in neri figli di Cam.

Ci laviamo e rilaviamo almeno per mangiare, ma è perfettamente inutile. Dovunque appoggiamo la mano, qualunque cosa prendiamo fuori e dentro cabina, tutto è ricoperto di finissima polvere di carbone, che ormai è penetrata dappertutto senza misericordia. Antipatico e soverchiamente scomodo per l'orario il discendere a terra, insopportabile il restare in piroscafo, la partenza sarà una vera liberazione. Così Aden è stata per noi degna chiusura del Mar Rosso.

Tuttavia anche di qui riportiamo qualche dolce ricordo.

Anzitutto la veneranda e cara persona del Vescovo, Monsignor Evangelista Vanni. Appena discesi a terra avemmo la fortuna di incontrare uno dei due fratelli Maristi che tengono la scuola cattolica di Aden, ed egli tosto ci accompagnò da Monsignore.

Italiano di Toscana, di cui conserva l'accento, che ne rivela la patria gentile; discepolo di Sari Francesco d'Assisi, del quale ricopia la più premurosa carità e la più amabile semplicità, pur nella dignità di Vicario Apostolico dell'Arabia; solo, con un servo e un arabetto che gli fa da aiutante, fu felice di riceverci e trovarsi qualche ora in nostra compagnia.

Credevo che la Provvidenza gli volesse regalare il nostro Gnavi, il quale, seduto sopra un seggiolone nello studio del Vescovo, dopo qualche minuto di conversazione svenne, e ritornò in sè a furia di schiaffi e di acqua.

Lo facemmo adagiare su un letto, mentre scherzando, ma in cuor mio seriamente preoccupato, preparavamo l'animo di Monsignore a trattenere quel nostro caro confratello presso di sè, qualora l'Angelo di Dio volesse sottoporci a nuova visita sanitaria. Per buona sorte questa volta non ci fu nulla di veramente grave: qualche piccolo espediente sanitario procurato alla farmacia locale, simile, non saprei dire, se più a una drogheria o a un bazar, e il nostro Gnavi è in grado di ripartire con noi. Il giorno stesso dello svenimento potè ritornare a bordo.

La domenica seguente, celebrammo con un po' di maggior agio nella Chiesa Francescana, sede del Vicariato, e Monsignore volle che prendessimo con lui il caffè: questa volta finalmente era davvero caffè, e fu ristoratore.

Al pomeriggio discendemmo per la benedizione. Qua capita il contrario delle chiese di Italia: molti uomini e poche donne, essendo i cattolici di qui per la maggior parte stranieri, che hanno altrove le loro famiglie. Raccolti e devoti. I più distratti eravamo forse noi, cui facevano impressione i lunghi ventagli, che al disopra dei banchi andavano da un capo all'altro della chiesa, e per mezzo di corde erano ritmicamente mossi come due pendoli sulla testa dei presenti. Sistema molto economico di ventilazione. Quando il mattino di martedì andammo a porgere a Mons. Vanni il nostro ultimo e riverente saluto, egli volle ad ogni costo offrirci ancora un rinfresco: e dietro nostra preghiera ci impartì la sua benedizione veramente apostolica, essendo egli stato zelantissimo apostolo dell'India, prima ancora d'essere creato Vicario Apostolico dell'Arabia.

L'altro dolce ricordo di Aden è ìl saluto più cordiale a quattro ufficiali Italiani, diretti a Mogadiscio, e fermi da tre mesi in Aden per mancanza di piroscafo che li trasportasse all'opposta sponda dell'Africa Italiana.

Mi ero imbattuto in uno di loro proprio a caso. Avendo bisogno di cambiare moneta francese in moneta indiana per alcune provviste di medicinali, passai di albergo in albergo, finchè giunse all'Hótel d'Europe. Ivi appunto trovai il tenente Finocchiaro, che aveva frequentato parecchi anni l'Oratorio Festivo di Valdocco, riportandone premi distinti. Così potemmo con gioia constatare come i nostri antichi allievi sono ormai sparsi in ogni angolo della terra, e dappertutto si manifestano tosto col labbro atteggiato ancora all'antico giovanile sorriso, espressione d'intime soddisfazioni godute negli anni più belli della vita.

Felicissimo dell'incontro, il Tenente mi pre sentò ai suoi Colleghi, che insieme mi pregarono di ritornare con gli altri Missionari per passare qualche ora insieme. Ma il tempo non ci permise altro che l'indimenticabile saluto dell'ultima ora.

Mentre prendevamo il rinfresco, che vollero offrirci ad ogni costo, ci comunicavano le loro impressioni sugli abitanti del luogo e ci additavano i numerosi uccellacci che si aggirano per quelle rupi, vegliati con sacra venerazione dai numerosi Parsi trasferitisi in Aden (1). Il ventre di quegli uccellacci è per i Parsi la tomba delle loro carni, avendo essi il costume sacro d'adagiare i cadaveri dei loro morti sopra una specie di craticola sulla sommità di un'alta torre, dove i grossi uccelli di rapina vengono a spolparne le ossa: e queste vengono raccolte nel vano interno della torre man mano che, staccandosi dallo scheletro, cadono giù a traverso gli spazi della craticola.

La scena, a dir vero, è macabra, per quanto sia religiosa.

Ma non è naturale? un culto religioso di puro spirito può convenire a spiriti senza cervello e senza cuore; una Religione che coi suoi riti non santifichi il corpo, o presto o tardi necessariamente lo profana.

Lasciati per dura necessità i nostri Ufficiali, scendemmo per l'ultima volta in una delle barchette che, remate da piccoli negri, oriundi dell'opposta Somalia, fanno servizio di porto.

Nerissimi, ricciuti, i denti d'avorio e gli occhi vivaci, snelli nella persona, con un semplice lenzuolo bianco o giallognolo attorno alla vita, quei ragazzi sarebbero graziosissimi, se non li rendesse antipatici la sfacciata petulanza nell'esigere dal passeggero più dell'onesto e la mancia per giunta. Li tiene però a freno la guardia di Polizia che non abbandona mai il posto d'imbarcazione. In mano l'indispensabile scudiscio, mostra sovente con quel poco amabile strumento qual sia la miglior figura retorica che dia efficacia al dire con quella sorta di uditori. Uno ne vedemmo noi stessi, cacciato a colpi di scudiscio sulle nude spalle e spinto al corpo di guardia, perchè pretendeva addirittura più del doppio del prezzo di tariffa. Ci dispiacque per il poveretto, ma fu l'unico modo d'indurre gli altri negri a trasportarci tosto da terra a bordo senza fiatare.

Questi tuttavia vivono ancora abbastanza bene.

Compassionevoli sono invece gli altri negretti di più piccola età, che incapaci di lavorare e privi di chi pensi a loro, si uniscono agli arabi che salgono alla mattina a fare servizio di carico e scarico a bordo delle navi mercantili, e là i piccini attendono i magri avanzi dei lavoratori, o la buona grazia di qualche mozzo. Vennero pure sul nostro piroscafo e regalammo loro qualche cosuccia. Magri, stecchiti, pieni di malanni addosso, la miseria e la sozzura di Maometto ha intristito quegli innocenti nell'anima e nel corpo, mentre l'infantile semplicità del loro volto e del loro sorriso lascia ancora intravvedere qual lussureggiante fioritura di anime aveva regalato Iddio alla riarsa terra del sole.

Eppure il fanatismo di questa gente, diceva Mons. Vanni, rende impossibile ogni opera di redenzione: fino gli orfani ci sono contestati e ritolti.

Mi parve allora riudire il mesto canto di un povero fanciullo torinese, e con più piena compassione risentii nell'anima tutta l'ineffabile mestizia del suo verso: «Povera gioventù, povero fiore! »

(1) Taoisti, seguaci del Taoismo, religione diffusa nella Cina da Tao-tek, re di Laotze, nel VI secolo avanti Cristo. Tao significa l'« assoluto ed eterno ».

(1) È l'Oratorio, cui appartiene il Circolo XV Maggio, di cui si parla in questo numero del Bollettino.

(1) I Parsi sono i seguaci dell'antica religione di Zoroastro: si trovano nella Persia e nell'India.

Prima d'arrivare a Singapore. - In balia dei monsoni. - "Mal di mare!" -- "Non ci arrivo!" - Il giorno 24, tutti meglio! -- Scene indimenticabili. Torna il buon umore. - Due giovani cinesi. Catechismo ... intuitivo!

Singapore, 2-IX-18.

L'alba di stamane ci porta una grata sorpresa: siamo fermi proprio dinanzi al porto di Singapore e attendiamo solo il pilota per entrare. Ne sia davvero lodato Iddio, perché questa penultima tappa segna, speriamo, il termine della parte più disastrosa del nostro lungo viaggio.

Partiti da Aden il 4, passammo discretamente quel giorno e festa dell'Assunta. Ma il giorno 16 ci trovammo in alto Oceano Indiano e in piena balia dei monsoni. Ci avevano riempito il cuore di speranza, assicurandoci che quest'anno i furiosi venti dell'Oceano Indiano soffiavano con singolare mitezza. Dio ci scampi e liberi per sempre da mitezza, di tal sorta!

L'ampia distesa delle acque era trasformati, in un terribile groviglio di montagne mobili, minacciosamente avanzantisi contro di noi da ogni parte. Sul fianco destro specialmente ci percuoteva il vento con impeto rabbioso, spingendoci addosso i più grossi cavalloni. Era davvero spettacolo grandioso e raccapricciante, vedere quel pesante piroscafo di 7000 tonnellate, piegato da prua, da poppa e dai lati in tutti i versi, come un leggerissimo fuscello, e costretto a rasentare col bordo dei suoi alti fianchi la superficie delle acque infuriate. Fu in uno di questi spaventosi ripiegamenti che il lungo tavolo di tre metri della nostra cabina fu completamente rovesciato con quanto era sopra; per poco non andammo addosso al povero Gnavi, che giaceva sfinito in cuccetta. Ed intanto gigantesche spaventevoli ondate scavalcavano per intero, da una parte all'altra, il piroscafo, spingendosi non solo sopra coperta, ma fino sopra l'alto ponte di comando.

E i missionari?

Don Frigo, Don Lareno ed io lottavamo faticosamente contro il mal di mare, che ci saliva alla gola: ma gli altri tre, Don Barberis, Don Pasotti, e Gnavi facevano pietà. Spossati per i ripetuti sforzi di vomito, collo stomaco in ispasmodica rivoluzione, e la testa in continua e dolorosa vertigine per l'eccessivo e ininterrotto ondulamento, gettati sui pagliericci delle misere cuccette, sembravano l'immagine del dolore e della morte. Nè, su un piroscafo puramente mercantile, era possibile trovare alcunchè di confortevole, con una cucina mezzo inglese e mezzo cinese, fatta apposta per rivoltare i nostri stomachi italiani, e con cucinieri e camerieri cinesi, ai quali bisognava guardarsi bene dal chieder nulla, per non vedersi portare precisamente il contrario. E pareva che neppure si preocupassero di capirci, contenti di ripetere, quasi ridendo: « Sea sick » - mal di mare!

Intanto passavano le ore e i giorni, e il male dei nostri confratelli e la, prostrazione delle loro forze per mancanza di nutrimento continuavano e crescevano al, punto di aver bisogno di continui spruzzi di acqua alla faccia e sul petto per non venir meno ad ogni istante. E l'infuriare dei venti avrebbe durato, dicevano gli Ufficiali, fino a Singapore, vale a dire per altri quindici giorni ancora senza interruzione, perchè a Colombo non saremmo neppure passati. Avrebbero tutti resistito in quelle condizioni? Specialmente temevamo per il caro Gnavi, che si era messo in mare già in cattive condizioni di salute, e attorno al quale una sera eravamo tutti accorsi in estrema agitazione, impartendogli la benedizione di Maria Ausiliatrice, mentre il male, che non era più solo mal di mare, gli strappava un fremito angoscioso: « Non ci arrivo!».

Incominciammo di nuovo a essere seriamente impensieriti: ed il fantasma di un lugubre seppellimento in fondo alle acque incominciò ad apparirci come una spaventevole possibilità.

Credemmo fosse giunta l'ora che la Madonna, che aveva voluto accompagnarci nelle sue due statue, incominciasse a fare qualche cosa, e a Lei ci affidammo. Ed Ella senza strepito, ma efficacemente, incominciò.

Il furioso assalto dei venti e dei marosi durava ancora e già Don Pasotti e Don Barberis incominciavano a migliorare: a poco a poco anche Gnavi riprese vita: il giorno 24 potevamo dirci tutti in discrete condizioni di salute e ringraziavamo la materna bontà di Maria Ausiliatrice.

E allora servi di svago l'aspra poesia di quelle onde, che con veemenza si incontravano, si incrociavano, e nell'urto potente si coprivano di un altissimo ciuffo di schiuma bianca, la quale, ricadendo, formava un candido, mobile laghetto mollemente adagiato sulle acque, finchè un altro maroso l'investiva e disperdeva: ed intanto al disopra di quelle valli marine, di cima in cima, di ciuffo in ciuffo, volavano rapide, quasi ancora guizzassero, scherzose frotte di pesci volanti, dai mille variopinti riflessi alla viva luce di un sole equatoriale, e si rituffavano tosto nelle azzurrissime acque.

Allora anche noi divenimmo scherzosamente poeti, e ridendo anche del male, andavamo cantarellando ariette popolari di guerra.

E certo dovevamo ringraziare la Provvidenza, che per mezzo della combinazione «Ischia » - «Hawating » ci aveva scampati da un siluramento sicuro! Ma, a parte questo, voglia il buon Dio risparmiare ai futuri missionari il martirio di attraversare l'Oceano Indiano quando soffiano i monsoni, navigando sull' « Hawating », o su altro piroscafo mercantile che gli assomigli.

Tornato un po' di benessere, ci fu possibile guardarci attorno coro un po' più di attenzione.

Il primo sguardo fu ai nostri compagni viaggio, anzi coinquilini, perchè acquartierati con noi a poppa ed aventi le porticine del loro abitazioni proprio di fronte alle nostre a pochi metri di distanza: due pecore, sei oche, dieci galline, otto colombi, e due poco rispettabili porci. Tutta gente di cui assistemmo a gioie della vita e alla tragedia della morte, perchè il poco spazio che ci divideva serviva a volta da prato per le pecore, da corte per i colombi e le galline, da laghetto per le oche, da brago (pardon!) per i maiali, e da mattatoio con rispettiva macelleria per tutti, un po' anche per i poveri sottoscritti, pei quali diveniva alla sera regal dormitorio, dove era re chi, nonostante il sudore, il vento, il dondolamento, il traballamento sussultorio, il nauseante puzzo del macchinario, il tormentoso rumore dello stantuffo, il fracasso indiavolato del motore del timone, le asfissianti esalazioni delle vernici mai secche perchè ininterrotamente sovrapposte le une alle altre in ogni più piccola superficie, e i sanguinosi morsi degli scarafaggetti gialli e altri simili insetti, alati e non alati, riusciva a prender sonno. Tutte delizie un po' troppo scarsamente compensate dalle gentilezze degli Ufficiali, che facevan del loro meglio per raddolcirci l'inevitabile durezza della nostra condizione.

Ma la nostra curiosità era in modo particolare attratta dai Cinesi, coi quali avevamo allora il primo contatto. Ne ammiravamo con soddisfazione la laboriosità, la calma paziente. Giovani per la maggior parte, coi capelli tagliati omai all'europea, eccetto uno solo anzianotto, che conservava il tradizionale codino, quale ricordo, credo, della passata giovinezza: tutti nelle loro forme asciutte mostravano tenacia nel lavoro, ma minore robustezza dei nostri lavoratori. Credemmo tuttavia che avessero anche troppa forza e troppa resistenza alla fatica considerato il loro nutrimento, preso nelle piccole scodelle con i due indispensabili stecchetti: riso e pesci, pesci e riso, e solo qualche volta carne e riso.

Erano acquartierati a prua: avevano perciò poco contatto con noi, e quando ci passavano vicini per le loro faccende ci guardavano con certa curiosità, ma come se riuscissimo perfettamenti indifferenti al loro spirito.

Credo per altro che la gioventù intuisca sulla faccia dei Salesiani del Venerabile Don Bosco l'interesse che essi sentono nel cuore per i giovani, i quali alla loro volta, anche se Cinesi, non sanno essere indifferenti quando si sentano oggetto di benevolenza.

Fra tutti quei cinesi due ve n'erano fra i 15 e i 17 anni, i quali, come più giovani, facevano agli altri da garzoncelli ed erano in particolare incaricati di venire a prendere acqua alla pompa situata dalla parte nostra. In tal modo potevamo vederli ogni giorno. Furono pesto i due nostri piccoli amici, felici quando potevano incontrarci, fermarsi pochi istanti, e scambiarci con volto ilare il loro saluto cinese.

Il più grandicello specialmente, dall'aspetto fiero, direi militare, era invece il più infantilmente espansivo. Per primo atto di confidenza volle toccarmi la barba, perchè gli piaceva. Non si prese però la libertà di tirarla, tirò invece con senso di invidia i pochi peli della sua, che spuntavano appena sotto il mento.

Un giorno me lo vedo vicino, mentre stavo recitando il Breviario. Provai a mostrargli alcune immagini che vi erano dentro. Era in una raffigurato l'Eterno Padre. La seria espressione del mio cinese mi indicò che aveva più o meno capito essere quegli il Signore del Cielo. In un'altra era raffigurato Gesù Crocifisso: un moto spontaneo di riso lo colse, appena vide la croce. Ma quando voltai, e gli, mostrai in un'altra immagine lo stesso Gesù, che distribuisce sè stesso nella Santa Comunione, intravide tosto qualche cosa di misterioso, di sacro e di buono, perchè spontaneamente giunse anch'egli le mani e mi guardò, chiedendomi con gli occhi vivaci e le labbra sorridenti una spiegazione. Oh! come desiderai allora il dono delle lingue! Ma il dono non venne e dovemmo accontentarci di constatare con gioia che anche la gioventù Cinese verrà a noi sorridendo, quando potremo essere in grado di farle intendere il sorriso di Dio.

Stavamo un'altra sera contemplando l'incantevole cielo stellato di questo poetico oriente. Passò di là il nostro cinese: si fermò, mi prese per mano ed anch'egli alzò gli occhi ammirati. Non so quali segni abbiamo fatto noi che gli eravamo dintorno: ma egli intese benissimo che noi volevamo accennare al Signore del Cielo, e nel suo inintelligibile linguaggio gridò due monosillabi: « Kon, kon » che sapemmo poi voler dire « adorazione, adorazione » e quindi « divinità. » « Good » soggiungemmo in inglese: ed egli, ripetendo i suoi due monosillabi: « Yes, good, good » soggiunse, « sì, buono, buono! » - e si allontanò per continuare il suo servizio.

Lo avvicinai altra volta, e per mezzo di cartoline illustrate riuscii a fargli intendere che anche Gesù Crocifisso meritava « Kon, kon », che Gesù Crocifisso era nato, morto, risorto e salito al cielo, e che saremmo andati noi pure con Lui tra le stelle. Gli insegnai a fare il segno di Croce, e questa volta non rise più, ma si segnò con rispetto profondo. Possa quel segno di salute ricomparire su quel petto il giorno del giudizio, affinchè Cristo Giudice riconosca quel risorto per suo.

(Continua)

Don SANTE GARELLI.

Ricordiamo che la Libreria della S. A. I. D. "Buona Stampa„ di Torino, rilevataria delle Edizioni Salesiane, è indipendente dall'Opera nostra; quindi preghiamo i signori Cooperatori a rivolgersi, per commissioni di libri e oggetti religiosi, direttamente a detta Libreria: che se, nello scrivere a noi, vogliono giovarsi del nostro tramite allo scopo suddetto, abbiano la gentilezza di farlo in foglio a parte per poterlo trasmettere con sollecitudine.

IL CULTO DI MARIA AUSILIATRICE

NEL SANTUARIO Il 24 di ogni mese,

si ripetono mattino e sera, devote funzioni in onore di Maria Ausiliatrice. Al mattino, ha luogo la messa della Comunione generale, seguita dalla Benedizione col SS. Sacramento. Alla sera poi, memori del grande insegnamento del Ven. Don Bosco, d'unir sempre nelle nostre preghiere l'invocazione a Gesù Sacramentato e alla Beata Vergine, si compie in forma solenne all'altare stesso di Maria Ausiliatrice l'adorazione pubblica al SS: Sacramento. È il buon popolo di Valdocco, con tutte le associazioni della Parrocchia, che con fede vivissima accorre alla devota funzione, che si compie alle ore 19,45.

Vogliano tutti i buoni Cooperatori e tutte le pie Cooperatrici unirsi in ispirito a queste sacre funzioni mensili, le quali hanno, ora, due fini principali: pregare secondo le intenzioni del Santo Padre e per la felice conclusione della pace!

Ogni sera

alla benedizione col SS. Sacramento si continua sempre a far pubbliche preghiere per il medesimo fine. Nella sua infinita clemenza, e per intercessione di Maria Ausiliatrice, le esaudisca il Signore, inaugurando un'era di prosperità in tutta quanta la terra!

Rammentiamo anche la raccomandazione fatta dal sig. Don Albera nella Lettera del 1° gennaio, riportata nelle prime pagine del Bollettino del mese scorso, di continuare pubbliche e private preghiere a Maria SS. Ausiliatrice:

« È mio desiderio che si continui, privatamente e pubblicamente, a supplicare qnesta nostra dolcissima Madre secondo l'intenzione del Papa come s'è fatto ogni giorno durante la guerra, e insieme che il 24 del mese o la domenica seguente, tutta la gioventù che frequenta i Collegi, gli Ospizi, gli Educandati e gli Oratori di Don Bosco, sia invitata e debitamente disposta ad una Comunione generale per il buon esito della Conferenza per la pace. Affido ai Salesiani, alle Figlie di Maria Ausiliatrice e anche a voi, o zelanti Cooperatori, il fissare quelle norme che si riterranno localmente più opportune per rendere imponenti le proposte funzioni eucaristiche ».

In Torino il 24, 25 e 26 u. s. si tenne un Triduo solenne a questo fine, con intervento dell'Em.mo Card. Arcivescovo. Ne parleremo nel prossimo numero.

Agli Ascritti all' "Associazione" di Maria Ausliatrice.

Commento allo Statuto dell'Associazione - in occasione del cinquantenario della sua erezione canonica - 1869-1919 (1).

II Maria "Aiuto dei Cristiani"

I) I VARII TITOLI DI MARIA.

Abbiamo promesso di addurre i motivi per cui noi dobbiamo onorare Maria SS. specialmente sotto il titolo di « Aiuto dei Cristiani » e per comprenderli più facilmente incominciamo a provare che questo titolo, così glorioso, compete a Maria pienamente per ogni verso.

Quanto più un essere è eccellente e perfetto tanto maggiore è la sua potenza e bontà, e tanto maggiori sono gli aspetti sotto i quali si può e si deve considerare per meglio comprenderlo. Perchè la Chiesa ha dato tantissimi nomi alla SS. Eucarestia, chiamandola p. es. Sacrifizio, Pane di vita, Pane degli angeli, Pane dei forti, Manna celeste, Viatico, Frutto, della vita, Agnello pasquale, Corpo di Cristo, Sacramento dell'Altare, il Venerabile, il Santissimo Sacramento, ecc. ecc. ? perchè? Perchè la SS. Eucarestia

è di tale eccellenza che, per comprenderla, non si può considerare che sotto molteplici aspetti: ora in relazione con la passione e morte del Salvatore; ora da ciò che contiene; ora dagli effetti che produce; ora dalle figure bibliche; ora dal luogo ove il Sacramento si compie, ora dalla materia cori cui è fatto, ecc. ecc.

Ma dopo Dio, nessun essere più perfetto di Maria SS.; fra le creature è certo la prima e la più eccellente.

La prima nella mente di Dio, e rettamente la Chiesa applica a Lei quelle parole della Sapienza: « Io uscii dalla bocca dell'Altissimo, primogenita avanti tutte le creature (Sap. 24, 5); cioè nel creare le cose Dio ne creò molte prima di me; ma nella sua mente io sono sempre stata la prima di quanto ha creato e creerà».

La più eccellente; in sè per la sua natura nobilissima e le grazie innumerevoli e i pregi di cui Iddio l'ha arricchita, ed eccellente verso di noi per la sua materna bontà.

Quindi nessuna meraviglia se la pietà cristiana ha, trovato un numero stragrande di titoli svariatissimi e nobilissimi con cui onora l'augusta regina del cielo, madre di Dio e madre nostra; e nessuna meraviglia se la Chiesa molti e molti ne autenticò e fece suoi, specialmente in varie Antifone e nelle Litanie Lauretane.

II) GRANDEZZA DEL TITOLO DI « AIUTO DEI CRISTIANI ».

Noi non vogliamo far confronti fra i varii titoli e vedere quale sia il più adatto, il più nobile o il più glorioso. Tal paragone non è neppure opportuno, che tutti belli sono i titoli che si confanno alla Vergine benedetta. Noi vogliamo solo provare che il titolo di Aiuto dei Cristiani giustamente le compete ed è titolo bello e glorioso, e che tutti i cristiani hanno convenienza d'invocarla sotto tale titolo, e noi Ascritti una specie di dovere.

1° Liturgicamente il titolo di Aiuto dei Cristiani a Maria SS fu dato, chi non lo sa? da S. Pio V, dopo la vittoria di Lepanto - 7 Ottobre 1571 - ordinando che nelle Litanie si mettesse l'invocazione Auxilium Christianorum, ora pro nobis.

Un secolo dopo i cristiani con l'aiuto di Maria vincevano la battaglia di Vienna (anno 1683) e salvavano l'Europa dalla barbarie mussulmana. Perciò Innocenzo XI approvava (l'agosto 1634) l'associazione dell'Ausiliatrice, sorta per ringraziare e onorare la Vergine SS.

Al principio del secolo XIX, Pio VII, liberato dalla lunga prigionia, scioglie un suo voto ordinando nel 1815 che il 24 maggio si celebri una festa in onore di Maria sotto il titolo di Auxilium Christianorum.

In quest'anno stesso - 1815 - nasceva il Ven. Don Bosco che mette le molte e svariate sue opere sotto la protezione di Maria sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani e le innalza qui in Torino un magnifico santuario e vi stabilisce, nel 1869, l'Associazione dei divoti di Maria Ausiliatrice, che il 5 aprile 1870 un decreto pontificio elevava ad arciconfraternita con diritti e previlegi usi a concedersi; confermati poi da Leone XIII con facoltà di aggregare qualsiasi altra associazione dello stesso titolo e scopo, canonicamente eretta od erigenda in qualunque parte del mondo.

Tale, in breve, l'origine liturgica e le vicende del titolo di Aiuto dei Cristiani, dato a Maria.

2° Ma in sè Maria questo titolo l'ebbe fin dall'istante in cui accettò di divenire la madre del Figliuolo di Dio, dicendo all'Angelo: « Si faccia di me secondo la tua parola. » Che fece con tale atto? Accettò di essere d'aiuto a Dio nel redimere il mondo, e di essere aiuto agli uomini nell'essere redenti. Intendiamoci bene. Dio, assolutamente parlando, non aveva bisogno di creatura alcuna nel redimere il genere umano dalla schiavitù in cui era caduto per colpa di Adamo; ma posto che aveva decretato di redimerlo mediante la morte del suo Figliuolo che si sarebbe incarnato per poter patire e morire, è naturale che avesse bisogno di una donna la quale, avventurata, divenisse madre di questo, suo divin Figliuolo. Poteva scegliere la donna che più gli piacesse; gli piacque scegliere Maria, ed ecco come Maria, accettando l'altissima dignità e la nobilissima missione di divenire la madre del Figliuolo di Dio, divenne nelle mani di Dio lo strumento dell'Incarnazione del Verbo. Quindi fu cauto a Dio - secondario s'intende, ma vero aiuto -nella Redenzione del mondo.

Così Gesù è il solo vero ed unico mediatore tra Dio e l'uomo, Gesù è il solo vero ed unico Redentore del mondo; Maria però è con lui mediatrice è corredentrice. Come a rovinare il genere umano concorsero un uomo e una donna - Adamo ed Eva - così a salvarlo Dio volle concorressero un uomo e una donna - Gesù e Maria -. E infatti, al Calvario ove la Redenzione si compie, ai piedi della Croce di Gesù si trova Maria: Gesù sacerdote e vittima che immola sè stesso, e Maria sacerdote e vittima che acconsente alla morte del suo caro Gesù e soffre nel cuore i dolori che Gesù soffre in croce.

Quindi Maria fu vero aiuto a Dio ed è vera corredentrice del genere umano.

3° Accettando di divenire Madre del Verbo Incarnato, con ciò stesso, implicitamente, accettava di divenire madre di tutti coloro che il Verbo, fatto uomo, Gesù Cristo, avrebbe fatto adottare da suo Padre per figli. Perchè questi, col divenire figli di Dio, divenivano fratelli di Gesù Cristo, il, quale., conte dice l'Apostolo, doveva essere il primogenito di molti fratelli. Ora i fratelli hanno comune la madre naturale o adottante.

Ma è o non è proprio della madre aiutare i figli? Quindi Maria come fu aiuto a Dio nell'accettare di divenir madre del Salvatore, come fu aiuto a questo Salvatore stesso durante la sua vita mortale, così è ancora aiuto a tutti gli uomini i quali per Lei vanno a Dio.

4° Se è aiuto a tutti, in modo speciale è aiuto dei cristiani, che essendo adottati a figli di Dio, sono diventati realmente fratelli di Gesù Cristo, il quale è diventato così il primogenito di molti fratelli. Questi fratelli, mentre con tutta verità chiamare Dio col dolcissimo nome di Padre, cori non meno di verità possono e devono chiamare Maria col nome carissimo e soavissimo di Madre.

Quindi Maria in modo particolare è loro protettrice, loro aiuto, loro soccorso, loro difesa e loro salvezza.

III) MARIA ESERCITÒ SEMPRE L'UFFICIO DI MADRE COL DARE AIUTO.

Gesù, prima di spirare sulla Croce, volle chiaramente testificare che Maria era nostra Madre e nostro aiuto per toglierci, se alai fosse sorto, anche ogni minino dubbio. Infatti, accennandole Giovanni, le dice: « Donna, ecco il tuo figliuolo » E poi dice a Giovanni: « Ecco la tua madre. » E Giovanni la prese per tale. Si sa che Giovanni al Calvario rappresentava tutti i credenti e quindi Maria, accettando di esercitare verso Giovanni l'ufficio di madre, accettava di esercitarlo verso tutti coloro che avrebbero creduto in Gesù. E cominciò subito. Nel Cenacolo fa da madre, da maestra agli apostoli e a quanti erano con loro, e li aiuta e li con forta, e con le sue preghiere attira sopra di essi l'abbondanza dello Spirito Santo. E dopo la Pentecoste è ancora cori loro ad aiutarli e a sostenerli con la sua presenza e la sua parola e a narrare agli Evangelisti gli episodi dell'Incarnazione del Verbo, della nascita e dell'Infanzia del Redentore.

La Chiesa è fondata e si propaga; ma subito nascono le eresie; e, abbattute si rialzano e si moltiplicano e ne sorgono di nuove; così fu in principio della Chiesa nascente, così nel corso dei secoli, così ancora ai nostri giorni, con quella sintesi d'ogni eresia, il modernismo. Ma chi illuminò e sostenne la Chiesa e suscitò campioni a difenderla e li guidò e protesse nella lotta e li aiutò a vincere? Maria.

Passate a rassegna i campioni che sorsero a combattere le eresie da Sant'Erma, da S. Cipriano, dai due Santi di nome Cirillo, Gerosolimitano ed Alessandrino, da S. Gregorio Nazianzeno e S. Gregorio Nisseno, da S. Ambrogio e S. Agostino... giù giù sino a S. Bernardo e S. Tommaso e S. Bonaventura, sino a S. Francesco di Sales e Sant'Alfonso de' Liguori, e troverete che tutti costoro erano divotissimi di Maria; a Lei attribuivano le loro vittorie e non pochi anche la scienza appresa prodigiosamente, come Alberto Magno, S. Caterina da Siena, S. Bernardino, Francesco Suarez e Cornelio Lapide. Quindi la Chiesa con grande ragione si volge a Maria e Le dice: «Godi, o Vergine Maria, chè tu sola distruggesti ogni eresia nell'universo mondo »

Dai dottori e apologisti passiamo agli ordini e congregazioni religiose che tanto bene han fatto e van facendo nella Chiesa e nella Società: i Carmelitani, i Benedettini, i Trinitari, i Mercedari, i Francescani, i Domenicani, i Servi di Maria, i Gesuiti, i Barnabiti, gli Scolopi, i Passionisti, i Maristi, ecc. ecc., che vediamo noi? Che nella loro formazione e conservazione c'entra sempre Maria.

Dalla Chiesa universale e dagli Ordini religiosi discendiamo ai singoli individui, ai confessori, alle vergini, ai martiri. Chi fu loro conforto e aiuto? Maria.

Dai singoli individui passiamo alle famiglie, saliamo alle città, ai Regni, alle nazioni: chi ricorse a Maria e non fu aiutato, soccorso, confortato e difeso.

Quindi con ragione disse San Bernardo che nessuno ricorse mai invano a Maria.

Perciò, ecco per ogni fedele il dovere di riconoscere che Maria fu ed è veramente aiuto dei Cristiani, ed ecco la grande convenienza d'invocarla sotto tale titolo.

GRAZIE E FAVORI (*)

Maria Ausiliatrice l'ha salvato.

Se, finita la guerra, io posso avere la grande felicità di riabbracciare il diletto e unico mio figliuolo - lo debbo a grazia e protezione specialissima della cara Madonna di Don Bosco. Ella - cui non si ricorre mai invano - lo ha scampato da gravi pericoli, anzi da sicura morte perchè il mio diletto figliuolo rimase cento volte illeso là dove caddero a centinaia i suoi compagni. Sciolgo il mio voto a Maria SS. Ausiliatrice che ha compiuto un vero miracolo, mandando quella offerta più generosa che a me sia possibile all'Istituto Don Bosco per gli orfani di guerra in Monte Oliveto.

Pinerolo, 4 gennaio 1919.

ROSA BOCCA.

PEROSA ARGENTINA. - 24-XI-1918. - Quanto è buona la Madonna! Verso la metà di settembre u. s. la febbre epidemica che già infieriva in paese cominciò a colpire anche le nostre convittrici, così che in pochissimi giorni venticinque furono le giovani ammalate, e tutte gravemente. Alla sera del 29 settembre la profuga Maria Pascutti si aggravò talmente da far perdere ogni speranza di poterla salvare. Le furono tosto amministrati i SS. Sacramenti e la morte sembrava imminente. Ricorsi a Maria in quei momenti di angoscia estrema promettendole di far pubblicare la grazia e di venire con la giovane morente a ringraziarla nel Suo santuario se fosse venuta in nostro scoccorso: e s'incominciò la novena di Maria Ausiliatrice, raccomandata dal Ven. D. Bosco. Oh prodigio!... la Vergine Santa, invocata dalle sue figlie, sane e ammalate, non tardò a farci vedere la sua protezione. La morente riprese nuova vita e le altre sensibilmente migliorarono. Scomparve la febbre e tutte, senza eccezione, poterono in breve tempo riprendere il lavoro. Le convittrici riconoscenti offrono L. 53.6o, frutto dei loro risparmi per le Opere Salesiane ed io, a compimento della promessa fatta rendo manifesta la grazia ostenuta da Colei cui non si ricorre mai invano.

Suor TERESA CIVANO Direttrice del Convitto Jenny.

ToRINO. - 4 - 1 - 1919. -- Sebbene immersi in profondo dolore per la perdita d'un rostro figlio e fratello, dobbiamo pur riconoscere la bontà di Maria SS.ma Aiuto dei Cristiani, e renderle una pubblica attestazione di filiale riconoscenza.

Il nostro Alfredo fu chiamato fin dall' inizio della guerra sotto le armi, e in seguito riavutosi da una ferita riportata, venne destinato al Presidio di Rodi. Durante il suo soggiorno colà egli fu colpito, negli ultimi di agosto, da grave malore che doveva condurlo alla tomba. Leggendo con vivo interesse il Bollettino Salesiano, fu impressionato assai delle molteplici grazie che Maria Ausiliatrice concede ai suoi devoti, per cui gli nacque una grande fiducia in Colei che tutto può colla sua valida intercessione presso il Divin Figliuolo. Promise un'offerta, e supplicò la Vergine Ausiliatrice di ottenergli la grazia di morire in famiglia, se la sua guarigione non era nelle disposizioni divine.

Era assai pericoloso per il nostro Alfredo attraversare il mare e far un lungo tratto in ferrovia, stante lo stato di salute in cui egli trovavasi Con fidò pienamente in Maria e giunse felicemente in famiglia l'11 dicembre u. s., e il 21 dello stesso mese, confortato dai Santi Sacramenti e pienamente rassegnato alla volontà di Dio, spirò serenamente fra le braccia dell'amata genitrice.

Riconoscenti di aver avuto almeno la consolazione d'assistere il nostro amato Alfredo negli ultimi istanti di sua vita terrena, adempiamo la sua promessa, facendo un'offerta al Santuario di Maria Ausiliatrice.

La famiglia NICOL.

VERONA. - 6 XII - 1918. - « Mario vi desidera, ammalato grave»: così laconicamente un telegramma m'apriva la verità sopra la salute di un figlio operaio militarizzato a Modena, del quale solo vagamente avevo appreso che era affetto leggermente da influenza spagnola. Per di più era impossibile partire subito per Modena; non v'era che una corsa tardi assai: delle automobili private, dopo aver esperimentate tutte le vie, non mi fu permesso usare. Bisognava proprio rassegnarsi a partire la notte e arrivare quando ormai forse tutto era finito... Fu tuta giornata di strazio: la notte, durante il viaggio col figlio sacerdote, che mi accompagnava, feci la mia offerta alla Vergine Ausiliatrice e le chiesi unicamente questa duplice grazia: poter assistere il figlio e vederlo ancora vivo e sopratutto essere in tempo di procurargli i conforti di SS. Religione. La Vergine esaudì più di quello che avessi osato chiedere: oggi mio figlio, superata la terribile pleurobronco-polmonite, torna a casa, sano, in licenza di convalescenza per essere ben presto congedato.

Sia lode alla Vergine Santa, cui mai ho fatto ricorso senza essere benignamente ascoltato.

GRAZIOLI GIUSEPPE.

TRIESTE . - 1 - I - 1919. - Al sorgere dell'anno di pace, o Vergine Santa, io adempio la promessa di rendere a Te pubbliche grazie per i tanti favori che mi concedesti durante la mia vita militare. Vergine Santa, a Te debbo l'esistenza mia, a Te se posso ancora godere la pace del mio collegio, a Te se posso ancora nella mia vita fare opere buone. Vergine Santa, vorrei narrare al mondo tutti i favori da Te impartiti a questo umile figlio; ma chi può narrare le opere tue? Esse sono di sì celestiale squisitezza e bontà che penna non sa descrivere. Ricorderò sempre, o Madre mia, il 12, il 23 agosto ed il 7 settembre dell'anno ora trascorso: giorni neri per me, giorni in cui mi sovrastavano gravissimi pericoli, e Tu mi donasti la gioia, la serenità, fugando i neri nuvoloni e immergendomi nella vivida luce del sole. Che potrò fare, io ora per Te? Amarti e farti amare. Ma Tu sai che non posso dire « Signore Gesù » se da Te non lui viene la grazia. Dunque a Te mi affido ancora, Tu da' forza alla mia volontà, perchè possa attuare quanto prometto.

Sec. -R. C.

TORINO. - 15 - IX - 1918. - Con animo riconoscente e pieno di fede, rendo le più vive grazie a Maria Ausiliatrice, protettrice delle madri, perchè volle esaudire le mie povere preghiere ritornando con prestezza sulla buona via il mio primogenito e ridonando la salute al mio ultimo nato. Mando un'offerta, per una messa e per il Santuario.

M. VIRGINIA.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il nuovo .Santuario dei Becchi, per le Missioni Salesiane o per altre opere di D. Bosco, i seguenti:

A) A. B. L. di Mezzoldo, A. D. di Torre Pellice, A. M. di Montemarciano, A. S. di Ronfano Canavese, A. Maria di Rivoli, Adami P., Adorno d. L. soldato, Aira M., Riamano D., Alberigi T., Albertelli R. in Cavelli, Albertini F., Alfaro V., Allemandi L. in Certosini, Almondo G., AIù F., Ameno A., Angeli M., Arlato M., Arnaud T., Asnicar O., Attard A., Aurelia C., Aurelia M., Avalle S., Avaro T., Azzi B.

B) B. G. di Nantes, B. L. di Verres, B. L. dì Villafranca Piemonte, B. O. di Oran (Tunisia), B. V. di Tarcento, B. V. di Lanzo Torinese, B. Dante di Alessandria, Bacciarini T., Baiotto T. e famiglia, Baitoli Bar. C., Balemi D., Barbero G., Barbero M. di Torino, Barbero M di Novara, Barbieri N., Barbieri P., Barlozzi S., Barudoni V., Basano M., Basile T. in Vezzolani, Bassan M., Basai F., Battaglino F., Battiato L., Battilana C., Bandino O. Becchino D., Beffa G., Bellasi G., Belloni V., Beltran:i Q., Benedetto C., Benito M., Beone C., Bergamini M., Berini A., Bernacchi M. in Converso, Berra P., Bertamini L., Bertamini S., Bertola G., Bertoldi O., Besimo V., Bezzato F., Bianco M., Billo L., Bisio Q., Bitetto M., Bizzotto I., Bodratti M., Boglio E. cooperatrice Salesiana, Boglione M., Boldrini C., Bollettino F., Bona G. in Poli, Bonvini T., Bonessa T., Borasio E., Borg D., Borgatelle L. in Cassini, Borgogno G., Bottino C., Bourquignon A., Brembilla M., Bruno L., Bruno M. V. Benedetto, Brusasco I., Bruyère N., Buceletti M., Buffa P., Buriasco T., Busio F.

C) C. E. de la Chapelle de Sain Remy, C. E. G. di Acqui, C. M. di Lanzo Torinese, C. M. di Buenos Ayres, C. Teresa in Craviotto, Cadolino Nob. G. in Smancini, Calliari V., Calvo E. Cooperatrice Salesiana, Camilleri T., Cantore E., Canuto B., Caprioglio D., Cardano C., Car. dona B., Cardone M., Cardoza J., Canotto L., Carrozzi C., Carrone S., Casalotto G., Cassone D., Cattaneo L., Cacchi C., Canta R., Castagnola G., Cavalieri A., Cavaliere P., Celina M., Cena R., Cencio B., Ceresole I., Cercato G., Chiantore C., Chiesa C. in Castellino, Chiesi B., Ciccarini N., Cifra R., Coccia E., Colognesi L. e famiglia, Colombo C., Comoglio G., Compostella P., Concina M,, Coniugi Batiisti, Coniugi Bellarmino, Coniugi Morandi, Coniugi Panizzi, Coni M. E., Conter A., Cooperatore Salesiano di Cardi, Cooperatrici Salesiane di Locarno Sesia, Londra, Neuchatel, Sliema, Zigena, Corà P., Cortesi. V., Cossetta A., Cotrin S., Cotta R., Couter B., Cozzis C., Crameri O., Cravero M. Cravino D. L., Cretier P. Crosa L. Sindaco, Crosazzo G., Crouzet R., eurciola M.

D) D. C. di Catanzaro, D. O. M. di Pralormo, D'Annunzio B., Dadda P. e T., Dal Ri T. in Sforza, Dani V., Danieli R., 'De Bourbon G., Decarli G. N., De Festini O., De Giorgis S., Del Corno A., Del Gaudio ch. A., De Marchi M., De Marco S., Derbini E., De Saint Cloud P., Descovich G., Destefanis A., Destefanis G., Destefanis N., Devota di Maria Ausiliatrice di Bagnacavallo, Di Bello N., Di Marco d. P., Distefano C., Donati R.

E) E. C. di Molino dei Torti, E. D. di S. Costantino Calabro, Eherle N., Elia V. ved. Giani, Enrico A., Enrico F., Enrico T., Eula E. Capitano, Ex convittrice delle Figlie dl Maria Ausiliatrice di Tortona.

F) F. Q. C. di Carmagnola, F. B. del Canton Ticino, Falcetti C , Falcione O., Falcione T., Falcone D., Faletti P. e famiglia, Famiglia Arcangeli, Bartolini, Bezzato, Cavano, Cremonese, Dughera, Migliardi P., Pecorini, Roccangeli, Farinone F. in Pataccia, Fava N., Fazio P., Fenati d. S. Arciprete, Ferraris M., Ferrero L., Festini A., Festini R., Festini V., Festo 5., Fibola M., Figlia di Maria Ausiliatrice di «... Filagrana M., Fonte P., Fornara S., Forneri F. veci. Bianchi, Foroni A., Fortina Teol. d. P., Frapporti M., Frossano G.

G) G. F. di Bologna, G. P. di Trino Yercellese, C. P. di Vinovo, G. Z. R. di Firenze, G. Z. S. di Savigliano, Gabbasio L., Gallesio S., Galli G., Galli M., Galli O.,

Gallo d. L. Parroco, Gallo G. ed S., G parolo D., Gasparolo C. F., Gastini M., Gatti G., Gavetti M., Gavioli P., Gentili F., Gentilini C.; Ghiglione E., Ghiglione R., Ghisla I., Giacinto S., Gianotti F., Giglioli B., Gioga O., Giordani V., Giovannini S., Giraldelli R., Giraudi-Ant(onietti, Glaucher C., Gorlier G, cooperatore Salesiano, Gottardi A., Gottardi L., Gotti M., 'Grossi E., Guglielmetti V., Guglieimone M., Gus,nano M.

J) Janotta S., Jarelli M.

I) Illengo G., imperatori B., Invernizzi M., Isaia M., Isnardi C., Ivaldi E.

CI) Kriiger n. De Antonio.

G) Lagomarsino A., Lamoni E., Landrini F. in Betti, [,anfranchi M., Lazzarino A., Lenzi A. in Novelli, Leonardi M., Leone 0., Leotta N., Lepori G., Leruppo sr. M., I eventini S.,. Lizzi C. in Aquilino, Lo Giudice A. in Guarneri, Lombardi C.. Lonetti F., Lorenzoni í4_ Lorenzoni E., Losano L. G., Lubareggio A., Lucchini 0., Lumia A., Luparia G.

%i») M. B. di -*   M. B. di Pino Torinese, M. D.L. rii Lugagnano, M. R. G. di Moncalieri, 3,1 T. di Torino, Madre esaudita di Abbasanta, Madre di un alunno del Collegio Salesiano di Trento, Maestri T., Maggini T., Maggini V., Mlainardi E, in Merli, Malaguti A.. Malchiocii A,, Manera Marta riconoscente e implorando benedizioni anche in avvenire, Manuii 'G_ Marchesi M., Mareci U., Marello E., Martano M., Martin D. P., Martin. M. C. Yed. Bongiovanni, Martinetto P., Martignom S., Martinoia L., Martinolle G., Martorini D., Masera S., Masini G., Mario D., Massa d O., Massa RSI., Massaro L., Mauro B., Mauro F., Madre Italiana Malaval C. C., Medici L.. Medici M., Meiràno B., Melandri P., lotti MeTotti-Luli G., Merlino C., Mezzadra L., Micheleiti G., Micheli B., Migazzo P., Migliavacca. M., Molaroni O., Molaron% P., Monti A., Monaco G., Montenegro C., Morando F., Moraneo G., Moratti ',p., Morganti M., Morosoli B , Mosca M., Mularoni L., Mulazoni V., Mus 0., Musso I'.,'Musso T.

N) N. C. di Alce Castello, N. M. di Buttigliera d'Asti, N. T. di Borgo S. Martino, Napione E., Narratone A., Nativo B., Navone C , Navone F., Negrini U., Nogucira P,

0) Occelli T. in Martelli, Oldano A. in Rampone, Orlandi M., Orsi A., Osella D.

P) P. G. di Monibello Torinese, P. G. T. di Savona. P. R.. di Bardonecchia, Padovani A., Palestra d. G., Panera A., Panissoni M., Pancheri A., Pancheri D., Pancheri G., Papamarenghi M., Paris C., Pasquale I., Patina A., Pautasso R., Pavia G., Pecis O., Pedretti N., Pedritii B., Pellanda A., l'ellascio A Pellicioli G., Peitizzoni M. E. e famiglia, P eretti C., Pernicciaro S., Perotti M., Perozzi E., Parret A., Perrucho d. G.; Pesavento R., Pezzani B., Piana G., Piana O., Pianeta M., Pie persone di Airolo, Aniliri, Buenos Avres, Carmagnola, Colonia S. Gennaro, Cuguasco, Cuneo, Genova, Gordola, Lanzo Torinese, Lugano, Moggio, Malta, Maroggia, Marcali, Mendrisio, Mergerette, Mondacce, Novazzano, Oakland, Osnaro, Pontrenioli, Pintarenas, Riva di Chieri, Romallo,' Rosario S. Fè, S Gervasis les Bains, Someo, Terno d'Isola, Torino, Torricella, Valletta, Viedma, Pighétti E., Piovano M., Diretto C., Piscitello M. A., Ponzio E , Praina A., Pronzato E. in Rizzo, Pura G.

Q) Quaglia M., Quartino A., Quenda B., Quirici D , Quirici F.

R) Ratto B., Raveri M.,' Re M., Rinaldo M., Rissoglio P., Rissone, Roffredo V., Romelli B., Ronco G. in Chiara, Rossi d. G., Rosso t..,Rovere L., RuffinelloC., Ruffinello M.

S) S. C. di Torino, S. D. Avv. di Cuneo, Sacci P., Salis M., Sangiorgio A., Santi F., Santi- L., Satina R., Saracco A., Sasia M., Savinelli G., Sc, cavino V., Sci bilia C., Scotton P., Sferazza G., Sgarella V., Soncini Nob. P., Sosso M., Sperta A., Stoppa AI., Sratta L., Superiora dell'Istituto Isuardi in Asti.

T) T. R. in memoria dell'anima cara e buona di Battista Ravano Accame, Taci G., Taroni R., Teobaldi G., Termignoni A., Terzuolo S., Testone M. in De Mara,. Testori P., Tornelini T. in Abramo, Torasso F., Toselli M., Tiberi A., Trombotto L.

V) Vanini NI., Vasta O., Vecchia M. in Umberto, Veggi C. ved. Ottazzi, Verri E. ved. Sericano, Viassone R., ViZliudin R. in Ferro, Villata A., Vuillernim M.

Z) Z. D. M. di Locarno (C. T.), Z. P. di Sommalombardo, Zampini A., Zanerini A., Zerbino S. ch. Salesiano, Zini S., Zucco R.

Agli amici di Domenico Savio,

Il signor Manfredi Giuseppe del fu Pietro da Carignano, d'anni. 69, cugino del Servo di Dio Domenico Savio, depone con giuramento:

«Una sera di Dicembre del 1911 - cosi egli -- mi recava a piedi da Chieri a Montaldo Torinese, quando a un punto in cui s'incontrano più strade, trovandomi circondato da foltissima oscurità e ancor lontano circa tre quarti d'ora dalla mia mèta, turbatissimo, non sapeva più coane fare a continuare il viaggio. Invocai cori gran fede e fervore il Servo di Dio, Domenico Savio; ed ecco che compare, avanti i miei passi, una luce provvidenziale che mi fa vedere bene la strada e mi precede passo passo nel cammino fino a destinazione. Colà giunto, quella luce che io chiama miracolosa, mi illuminò ancora, i tre gradini che conducono all'uscio di casa e poi repentinamente scomparve. Fina a quei momento, cioè per i tre quarti d'ora che quella luce mi guidò così provvidamente, non avevo provato turbamento alcuno: ma quando scomparve, ne fui come spaventato, ed entrato in casa raccontai la cosa ai parenti e agli amici e tutti fummo presi da grande meraviglia. lo ne ringrazio ancor oggi e con grande riconoscenza il servo di Dio Domenico Savio »

*

Lo studente Veggiotti. Luigino, alunno della 1a ginnasiale, giaceva gravemente infermo di influenza, con forti emorragie e colla febbre a 40 gr. Il medico curante ne era altamente impressionato e dava ormai il caso come disperato. Il giovane fu allora consigliato di far ricorso al Servo di Dio, Domenico Savio, cui devoto quadro, per felice combinazione, appeso alla parete dell'infermeria, corrispondeva sopra quel letto. L'infermiere, che era. presente, anche lui esortò caldamente il caro infermo a raccomandarsi con fede al Servo di Dio e a incominciargli una novena di preghiere, che sarebbe stata fatta pure da altri, e scherzevolmente aggiunse: « Domenico Savio, gloria di questo Oratorio, dovrà esaudirci; altrimenti, toglieremo di qua questa sua bella immagine ».

L'infermo, commosso e animato da viva fiducia, pregò coree era stato consigliato, Quella notte riposò tranquillamente e la mattina, alla visita del medico, la febbre era sparita, e ogni pericolo interamente scomparso. Difatti entrò subito in convalescenza e ora, pienamente in salute, ne dà lode a Dio e al caro protettore Domenico Savio.

Torino, Oratorio Salesiano, 15 gennaio 1919

Sac. STEFANO TRIONE.

RICONOSCENZA AL VEN. DON BOSCO

Nel parlar del Ven. D. Bosco, intendiamo sempre protestare solennemente che non vogliamo contravvenire in nessun modo alle disposizioni pontificie in proposito, non volendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che merita una semplice testimonianza umana, nè prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio di D. Bosco - ci gloriamo d'essere ubbidientissimi figli.

Da morte a vita.

Il giorno 28 ottobre 1918 fui chiamata telegraficamente da mia cognata a Lu Monferrato presso due nipoti, ammalate gravissimamente di tifo. Una, da ventiquattr'ore aveva perduto la conoscenza e, senza più nulla trangugiare, vaneggiava, cogli occhi sempre chiusi. Il caso era disperato; da un momento all'altro si aspettava la morte. Appena arrivai e la vidi prostrata in tale stato, ricorsi al Ven. Don Bosco, ricordando quanto nella sua bontà mi aveva detto una volta in una sua udienza: «La Vergine Ausiliatrice vi aiuterà in un modo del tutto speciale ». Con tal pensiero mi sentii più animata a ricorrere al Venerabile Padre, convinta che, trovandosi ora vicino alla Vergine, egli mi avrebbe esaudita.

Passai la notte in preghiere e nello stesso tempo prodigando alla morente quelle cure che la mia povera esperienza mi suggeriva. Oh! bontà del Venerabile! Al mattino per tempo l'inferma ricuperava l'intelligenza..

Qual sia stata la sorpresa della mamma, del dottore e di tutta la famiglia, che già la credevano morta, non si può descrivere. Tutti si persuasero di ascriverlo a un miracolo del Ven. Don Bosco. Ora è un anno che la buona nipote s'è ristabilita e non ha mai più sofferto alcun incomodo, come prima che si ammalasse.

Riconoscente della grazia ricevuta, venne a Torino a ringraziarlo e a fare un'offerta.

Torino, 12 gennaio 1919.

Suor LUISA FERRERO.

Sempre buono DQn Bosco!

Suor Giustina delle Mantellate di Viareggio, addetta all'Ospedale di Riserva, Sezione Italy, fu colpita da febbre spagnuola che si rivolse poi in bronchite acuta, per cui fu giudicato dal medico curante che la malattia sarebbe durata a lungo. Per consiglio dei Cappellano Militare di detta sezione Don Pasquale Scarati, Cooperatore Salesiano, la paziente applicò l'immagine del Venerabile con annessa reliquia ex indumentis sul petto, e incominciò al medesimo una divota novena. Tre giorni dopo l'ammalata poteva intervenire alla S. Messa celebrata in cappella e fare la S. Comunione. È da notarsi che la bronchite non ha lasciato la minima traccia di tosse. Sempre buono Don Bosco!

Riconoscente, la predetta Suor Giustina per mezzo mio rende pubblica la grazia., esortando tutti a confidare nella protezione del Ven. Giov. Bosco.

Viareggio, 27-II-18

Ten. SEBASTIANO LUSERNA,

Capp. Militare.

Da qualche tempo mi trovavo in angoscie e trepidazioni per una disgrazia toccata alla mia cara mamma in una molto malaugurata caduta, la quale ben tosto presentava evidentemente gravi particolari. Paventando io in quei giorni qualche terribile conseguenza, con viva fede mi rivolsi alla B. V. Ausiliatrice che per intercessione del Venerabile Don Bosco mi ottenesse la guarigione della mia amata genitrice, e me la ridonasse salva da ogni pericolo.,

Dopo aver terminata la novena che il Venerabile consigliava nei bisogni della, vita, il male si risolse con nessuna gravità ed ora la mia mamma è completamente ristabilita. Commossa, ringraziando, invio di cuore la mia tenue offerta, ed esorto tutti i bisognosi a ricorrere alla Madonna ad intercessione del Ven. D. Bosco!

Una Cooperatrice.

Ero angustiatissima perchè nessun raggio di speranza mi faceva sperare di riuscire in un affare temporale. Mi si diceva che per ottenere quanto il mio cuore desiderava, erano indispensabili delle protezioni che a me era impossibile trovare su questa terra. In un momento di vivo sconforto, mi venne in mente il detto del Venerabile Don Bosco: « Bisogna fidare in Dio e non negli uomini », e in quell'istante stesso, mentre mettevo il mio affare tutto nelle mani della Potenza Infinita, incominciai una novena in onor suo e di Maria Ausiliatrice per ottenere dai Signore una via che conducesse al trionfo della mia impresa. Fui esaudita: lo sappia il mondo intero, non si ricorre invano a Don Bosco, così caro a Maria Ausiliatrice.

MARIA TOMASELLI.

Adempio il dovere di ringraziare il Ven. Don Bosco per tante grazie segnalatissime e spirituali e temporali, ottenutomi nel corso di quattro anni con la sua potente intercessione. Ci vorrebbero dei volumi per poterne degnamente parlare.

O Ven. Don Bosco, vi supplico di tutto cuore; proteggetemi sempre e molto più adesso che ne ha tanto bisogno.

Una Cooperatrice di Termini Imerese

NOTE E CORRISPONDENZE

L'Oratorio Salesiano di Fiume.

Nel mese di gennaio 1918 nella patriottica città di Fiume si è aperto un Oratorio per la gioventù, diretto dai Salesiani di Don Bosco. « Fine dell'istituzione - scriveva il Direttore del nuovo Oratorio in data 3o gennaio 1918 raccogliere i figli del popolo, che, o per impossibilità o per negligenza dei genitori scorrazzano per le vie abbandonati a sè stessi, esposti quindi a mille pericoli fisici e morali. Nell'Oratorio tali fanciulli vengono sorvegliati, trattenuti in piacevoli ricreazioni ed avviati alla pratica d'una vita onesta e cristiana.

» Mentre la benemerita Associazione « Maria » a fine di promuovere un'opera tanto necessaria con munifico atto mise a disposizione dei Salesiani l'ex-Orfanotrofio, non v'ha dubbio che molte altre gentili persone vorranno concorrere con nobile gara a sostenere la lodevole iniziativa...

» Il nostro ricreatorio abbisogna urgentemente di una grande tettoia per ricoverarvi i ragazzi in tempo di pioggia. Occorre erigere nei piazzale di ricreazione alcuni giuochi ginnastici. È pure reclamato, anche quale mezzo educativo, un teatrino. Non dovrebbe mancare una fanfara.... Troppo? - È un fatto innegabile che per l'impianto e per la vita d'un Oratorio occorrono molti sacrifizi. Ma tali sacrifizi avranno ben presto la loro ricompensa nella soddisfazione d'aver tolta dalla strada e avviata al bene tanta cara gioventù.

» Come sarebbe bello e consolante, fra non molto, vedere in questo parco 30o e 400 vispi giovanetti, allegramente divertirsi, senza baruffe e sassaiuole, sentirli cantare nella chiesetta le lodi al Signore, allegre canzoni nel teatrino, vederli sfilare ordinati per le vie della città in lunghe squadre, e saperli, vederli più rispettosi in istrada, più obbedienti in casa e nella scuola!

» Tutto questo saprà compiere l'Oratorio, se sarà moralmente e materialmente sostenuto. Noi siamo disposti a far l'offerta della nostra povera persona e, chi può non ci neghi l'obolo della sua carità... »

Il nuovo Oratorio, del quale si occupava con parole d'elogio anche la stampa locale - abbiam sott'occhio il Giornale del 7 gennaio 1918 e il Risveglio del 16 febbraio id. - non potè, durante la guerra, prender quello sviluppo che esigevano i bisogni della gioventù di Fiume. Possa, con l'aiuto dei buoni, allietarsene a poco a poco, ma gradatamente, nell'anno incominciato.

GLI EX-ALLIEVI

MILANO. - UN'OPERA ISPIRATA A VERA CARITÀ è quella che compie il Circolo « Giovanni Bosco » di Milano, in questi tempi così critici per tanti orfanelli.

In dicembre il Presidente del Circolo recavasi all'Istituto S. Ambrogio, nell'ora in cui i giovani son in ricreazione. Entra in cortile, gira lo sguardo attorno, ed ecco un gruppo dei giovani più grandicelii che gli si fanno incontro e, raggianti di gioia, gli presentano un piccolino, dicendo:

-- Quest'è il figlio del Circolo Giovanni Bosco!

E il ragazzetto a sua volta:

- Ringrazio lei e tutti i soci del Circolo G. Bosco con tutte quelle caritatevoli persone che pensano alla mia educazione. Sono contentissimo di trovarmi in questo Istituto, ove ho trovato dei buoni compagni e degli ottimi superiori.

Commosso e sorpreso di quest'inattesa attestazione di gratitudine, il presidente gli domanda:

- Che classe fai?

-- La quinta elementare.

Hai dei fratelli?

- Due sorelline. che fan compagnia alla mamma.

- Dimmi un po'... e tuo padre?

A questo nome il ragazzo si fa serio, abbassa la testina, due grosse lagrime gli spuntano sugli occhi e, con voce tremula e soffocata da singhiozzi, risponde:

- Mio padre è caduto ín un combattimento presso Monfalcone il 26 maggio 1917; così è l'annuncio datoci dal Comandante del suo Deposito. Quando venne a casa in licenza, quindici giorni prima della sua morte, sembrava prevedere che non dovesse più ritornare, Ricordo che una sera prima di ripartire chiamò me e le mie due sorelline, ci raccomandò di ubbidire la mamma e di pregare per lui, e, imprimendoci un bacio sulla fronte, colle lagrime agli occhi partì

Così narrava il poveretto! Tutti i compagni che lo circondavano, erano commossi.

Mentre avveniva questo dialogo, si avvicina il Direttore che presenta al Presidente un altro giovinetto, orfano di guerra lui pure, e mantenuto come il primo dal Circolo Giovanni Bosco. Questo secondo orfanello entrò nell'Istituto nel 1917 e manifestò il desiderio di dedicarsi al lavoro scegliendo di fare il compositore. Fu subito esaudito, e tutti son contenti della sua condotta.

- Ti trovi bene in collegio?

- Benissimo e son felice di esservi. Il signor Direttore mi disse che il Circolo G. Bosco ha pensato per me anche quest'almo. Prego lei di ringraziare tutti i soci del Circolo, assicurandoli che ogni giorno prego per loro.

- Che scuola fai?

- La VI elementare serale.

Quand'è morto tuo padre?

- Il mio povero padre è caduto combattendo sul Monte Santo il 23 maggio 1916. Andò sotto le armi nel dicembre 1915 e non ebbi più la fortuna di vederlo. Voleva molto bene a me ed alla mia sorellina!

-- Fatti animo, la Provvidenza Divina è tanto grande che penserà anche a te in avvenire. Cerca d'imparar bene il tuo mestiere e di crescer buono e virtuoso. Fra qualche anno sarai il sostegno e la consolazione di tua mamma.

E i due orfani salutano il presidente e tornano allegri fra i compagni in ricreazione.

Ecco l'opera buona del Circolo Giovanni Bosco di Milano: con piccole quote dei soci mantiene due orfanelli nell'Istituto S. Ambrogio.

Non è un bell'esempio che meriterebbe d'essere imitato?

NEGLI ISTITUTI DELLE FIGLIE DI MARIA AUSILIATRICE

TORINO-VALDOCCO. - PER LA RESTAURAZIONE DELLE CASE VENETE, rovinate dalla guerra.

-- Nell' adunanza delle ex-Allieve, che ebbe luogo nel p.p. novembre, venne fatta allusione ai futuro Cinquantenario della fondazione dell'Istituto delle di Maria Ausiliatrice. L'accenno fu una scintilla che destò vivo entusiasmo; e, come da cosa nasce cosa, le radunate dopo d'essersi spinte al futuro con lodevoli idee per le accennate Feste Giubilari si fermarono sul presente, concretandosi nella proposta d'allestire trattenimenti e recite di beneficenza per un provento da destinarsi alla restaurazione delle Case del Veneto, danneggiate e quasi distrutte dalla guerra.

La proposta, lanciata con nobili parole dalla prof. M. Chiora, Presidente del Comitato Centrale delle Ex-Allieve delle Figlie di Maria Ausiliatrice, cominciò a realizzarsi in Torino nelle sere del 6 e del 12 gennaio u. s.; e meriterebbe di essere imitata da tutte le case dell'Istituto. Ove fosse ben accolta ci sarebbe a sperare che le case provate dalla guerra, rovinate dalle bombe, svaligiate completamente, spogliate perfino delle finestre, delle porte e dei pavimenti e soffitti di legno, potrebbero più presto risorgere e ridar quei copiosi frutti di bene che davano prima.

NOTIZIE VARIE

TORINO. - ALL'ORATORIO FESTIVO DI VALDOCCO, il giorno dell'Epifania, s'è svolta la tradizionale festa dell'Albero di Natale, preparato dalle Patronesse a beneficio dei ragazzi più poveri. Eran presenti l'Ispettore Salesiano Don Fasce, numerosi benefattori e una folla di piccoli birichini. Durante il trattenimento, allietato da breve accademia, riscossero applausi la banda dell'Oratorio e la scuola mandolinistica del « Circolo « Auxilium ». Applauditissimo il discorso d'occasione, detto dall'ex-allievo sig. Felice Roncarolo. Seguirono cantici, dialoghi e poesie. Don Fasce donò una medaglia-ricordo del cinquantenario del Santuario di Maria Ausiliatrice ai tre primi coadiutori del direttore, Luigi Pisani, Presidente del Circolo, Vittorio Bertolone e Gaspare Balma; ed ebbe parole di vivo encomio per le signore Patronesse che amebe quest'anno seppero allestire un albero di Natale ricco di 18o premi, zoccoli, flanelle, camicie, mutande e tagli di vestito.

TRIESTE. - IL RITORNO DEI GIOVANI DELL'ORATORIO. - Spigoliamo da una corrispondenza del nuovo Direttore di Trieste al sig. D. Albera:

« La cara e preziosa sua lettera fu per noi un vero conforto, perchè ha riunito i figli al Padre e ci ha risvegliato e rinforzato nel cuore il buon volere di lavorare per l'onore della nostra amata Pia Società e per il bene della gioventù.

» L'Oratorio, grazie a Dio, comincia a rifiorire: il numero dei ragazzi, nei giorni festivi, arriva bene spesso ai 300, ai 350. I giovanotti, reduci dal campo, ritornano anch'essi all'Oratorio che amano sempre, e si sono abituati a considerare come una seconda famiglia.

» In questi quattro anni di guerra questi giovani han date molte prove di sincero affetto ai Superiori e all'Oratorio.

» Ci scrivevano di frequente: abbiamo pacchi di cartoline e di lettere, ricche, di affettuose espressioni e di riconoscenza per il bene appreso nell'Oratorio.

» Ogni qual volta venivano in permesso dal campo non mancavano mai di farei una visita.

» Alcuni, conoscendo le nostre strettezze, ci mandarono dei viveri (farina, riso, paste, ecc.), altri dei denari.

» A tutte queste attestazioni di affetto ci meravigliavamo noi stessi e non credevamo che la vita dell'Oratorio potesse lasciare così cari ricordi e produrre frutti sì consolanti. Ora questi giovani ritornano, come pecorelle sbandate, al loro ovile, e vogliono riattivare la vita interrotta.

» Tutti in generale, ma specialmente gli attori e i bandisti, bramano riprendere il loro antico posto e lavorare per ridar vita all'Oratorio.

» Noi li accogliamo a braccia aperte, come nostri cari e provati amici e figliuoli. Ma ci troviamo davanti a parecchi imbarazzi, che sottoponiamo alla sua benevola osservazione. Ci occorrerebbero ad esempio... più migliaia di lire per provveder loro calzature e vestiti. Dietro consiglio e aiuto di D. Rubino abbiamo fatto un appello per raccogliere vestiti, biancheria, calzature per i ragazzi poveri, che sono numerosissimi.

» In questi quattro anni l'Albero di Natale fu privo affatto di doni; quest'anno speriamo che sia un albero ricco per tanti poverini che non hanno di che coprirsi. »

La lettera fu scritta agli ultimi di dicembre speriamo che l'« Albero di Natale » sia stato quale era atteso, cioè ricco di molti doni. Ne attendiamo un po' di ragguaglio.

NECROLOGIO

L'E.mo Card. Giulio Tonti.

Volò al cielo l'11 dicembre u. s.. Il compianto Porporato era nativo di Roma e compì gli studi nel Pontificio Seminario Romano, distinguendosi per pietà ed ingegno. Ordinato sacerdote esercitò i primi anni del suo ministero nel Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide. Passato alla carriera diplomatica, fu eletto vescovo titolare di Samo l'11 luglio 1892, promosso al titolo arcivescovile di Sardi il 15 giugno 1893, e il 21 settembre dell'anno successivo, resasi vacante la sede arcivescovile di Porto Principe, ove risiedeva in qualità di Delegato Apostolico, ne fu nominato Arcivescovo, e come tale prese parte al primo Concilio plenario dell'America latina, tenuto in Roma nel 1898.

Era Nunzio Apostolico in Portogallo, quando scoppiò la rivoluzione e si ritirò in Roma, senza perdere però la sua qualifica tra i rappresentanti diplomatici della Santa Sede, finchè dal S. Padre Benedetto XV fu creato Cardinale nel Concistoro del 6 dicembre 1915. Ultimamente era Prefetto della Sacra Congregazione dei Religiosi.

Vogliano i buoni Cooperatori suffragare l'anima nobilissima del compianto Porporato, al quale ci legano forti vincoli di riconoscenza.

Mons. Lodovico dei Marchesi Gavotti.

Santamente mori la notte dal 23 al 24 dicembre, per influenza polmonare. Quanto mai edificante fu la breve mai dolorosa agonia! Al mattino volle gli ultimi sacramenti, e la sera, in piena conoscenza di sè, salutando amorevolmente i fratelli presenti e ricordando i lontani, serenamente chiese ai sacerdoti che l'assistevano che recitassero le preci dei moribondi, a ciascuna delle quali devotamente rispondeva con grande pietà, finchè con improvvisa esclamazione: «Paradiso! paradiso! » rese l'anìma al Creatore.

Il compianto Arcivescovo fu una vera immagine del buon Pastore, che amava di grande affetto le più tenere delle sue pecorelle; era appena ordinato sacerdote, quando si tolse generosamente l'ufficio di amico, consigliere e apostolo della gioventù.

Era nato in Genova il 28 novembre 1868. Ordinato sacerdote nel maggio 1893, preconizzato vescovo di Casale da Leone XIII nel concistoro del 22 giugno 1903, era stato promosso alla sede arcivescovile della sua città natale da Benedetto XV nel 1915. Nel maggio dell'anno scorso tutta Genova ne aveva degnamente festeggiato il XXV° di sacerdozio; e mentre ogni lieta speranza prometteva lungo e fecondo apostolato allo zelo del santo pastore, piacque a Dio di chiamarlo a sè nella vigilia della solennità del Natale, sette anni dopo il suo predecessore, morto lui pure nel Natale 1911.

La salma, deposta nell'aula maggiore dell'Arcivescovado, venne visitata dalla cittadinanza riverente, dal Sindaco, da generali e senatori e dai più cospicui rappresentanti della nobiltà genovese, alla quale appartiene la famiglia del compianto Prelato. Alle onoranze estreme del 26 dicembre, disse l'elogio funebre Mons. Pizzorno, vescovo titolare di Flavianopoli, presenti i vescovi di Albenga, Savona, Casale, Acqui, Chiavari, Ventimiglia, e quelli titolari di Larissa e Tricala. Reggevano i cordoni del feretro il Prefetto, il Sindaco, il Comandante del Corpo d'armata, il senatore Ronco, l'Ing. Dufour come presidente della Giunta Diocesana, ed il presidente della Corte d'Appello. L'On. Orlando si era fatto rappresentare dal Prefetto della provincia. Le bandiere esposte agli edifici pubblici erano abbrunate in segno di lutto cittadino.

Al compianto della Città rispose quello dell'intera Archidiocesi e della stessa diocesi di Casale, memore della sua bontà e del suo zelo pastorale. Noi, che avemmo dal compianto Prelato non dubbie prove di benevolenza per l'Opera nostra, abbiam provato vivo dolore per la sua morte e abbiam pregato l'anima sua, che voleva tanto bene alla gioventù, ad assisterci piamente dal cielo nel nostro santo apostolato.

Sì, dal cielo, che egli invocò nell'estremo istante e che il Signore deve aver subito aperto al suo Servo fedele.

Can. Eugenio Maccarelli.

Vice Rettore del Seminario Metropolitano di Torino, si spense nelle prima ore del 1919, a 42 anni, interamente vissuti nel prodigar tesori di carità, di virtù e di sapienza.

Godettero le primizie del suo zelo sacerdotale - la Parrocchia dei Santi Angeli Custodi e l'Oratorio di S. Felice. Direttore spirituale, pio, dotto e venerato, negli ultimi dieci anni con la luce pura dell'esempio, coll'unzione santa della sua parola ispirata, colla più chiara esperienza della vita, fu guida sapiente per le giovani speranze del Santuario. Ordine, armonia, sviscerato amore per la Chiesa, abnegazione e purezza di vita intemerata, assiduità di lavoro interiore, severità e oblio per sè stesso, per gli altri benigna e amorevole indulgenza, furono le note salienti dell'opera sua tra il giovane clero.

Fu davvero un degno ministro del Signore; e a lungo la sua memoria vivrà in benedizione.

Dott. Don Tommaso Laureri.

L'angelo della morte ci ha tolto dal fianco, in questi intingi mesi, molti valorosi confratelli, dei quali vorremmo pur ricordare il nome e le opere sante.

Uno di essi fu il Sac. Tommaso Laureri, morto in Roma il 21 dicembre u. s., inopitamente. Inesorabile malore lo trasse in pochi giorni al sepolcro. Era nato a Savona nel 1850. Fu direttore dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù in Roma, Sostituto Procuratore Generale, e Ispettore delle Case Salesiane della Liguria e della Toscana. Dal 1915 era saggio, prudente, affezionatissimo segretario dell'Em.mo Card. Cagliero. La sua morte è una grave perdita per la nostra Pia Società.

All'amatissimo nostro Cardinale le più vive condoglianze: per il buono e virtuoso figlio di Don Bosco devoti suffragi.

Don Arturo Gianferrari.

Un altro Salesiano. passato di recente all'eternità, è il Sac. Arturo Gianferrari, pro-Parroco del S. Cuore di Gesù in Roma.

Ricco di zelo e di buon cuore, oratore facile ed efficace, di modi semplici e dignitosi, nei 12 anni che passò al S. Cuore, seppe talmente cattivarsi la stima, l'affetto e la venerazione di ogni ceto di persone che fin dall'anno scorso, quando fu colto dal rio malore che doveva trarlo alla tomba, fu grande il compianto. Questo, più vivo e straziante, si rinnovò il 15 gennaio u. s. quando si diffuse la notizia della sua morte, proprio nei giorni in cui l'affetto degli amici e degli ammiratori sperava di vederle, ritornato in salute.

Al caro don Gianferrari non mancheranno davvero i suffragi delle anime buone. Voglia esaudirli il Sacro Cuore di Gesù, che egli tanto amò, donando al zelante propagatore del suo culto un bel premio in paradiso.

Giuseppe Cambino.

Anche questo buon confratello passava all'eternità, quasi improvvisamente, il 12 gennaio u. s. Il suo nome è noto ai nostri lettori, perchè il caro Gambino, fin dal 1891, era il gerente responsabile del Bollettino, nel qual ufficio fu sempre esemplarmente sollecito e santamente orgoglioso. Non chiediamo troppo, se imploriamo un suffragio particolare per lui, affinchè il Signore l'accolga presto in paradiso.

Preghiamo anche per i seguenti Cooperatori defunti

Albrici Venni Domenica - Vilminore.

Alessio Antonia - Racconigi, Allemend Eligio - Millaures. Allemand Firmino - id Almerini-Pessina Rosa - Brusnengo. Amnio Carmela - Randazzo. Audreani Cosa - Cunardo

Argentiero Concetta -- Ceglie Messapico. Baldoni Mons. Torquato - Modena, Ballauri Gina - Bagnacavalio.

Banchetti d. Corrado prev. - Rusina (Pelago). Bandiera Giulio - Rivarolo Ligure. Baratelli Teresa -- Legnano. Barberis Teresa - Centallo. Barcella Teresa -- Chiari Barone Angelina - Forno. Bartolini Winter - Città di castello. Bandi di Selve Avv. Nob. Adolfo - Torino, Banducco d. Giuseppe -- Cumiana. Belley Gugllelmina - Aymavilles

Bellemo mons. Vincenzo - Chioggia. Belotti Meddalena - Bedizzole. Beltrami Adele V. - Castana.

Berardi d. Paolo prev. di Poggio Cancelli,-- Campotosto. Bernardoni Adriano -- Coscogno (Pavullo nel Frignane). Serra dott. Giovanni - Arluno. Bert d. Gio. Battista - Pragelato.

Bevilacqua Giuseppe - Varazze. Bianchi Domenica - id.

Bianco-Giordano Margherita - Cuneo. Biglino Giuseppe - Biglini. Bodda Andrea - Torino.

Boggio Agostina ved. Cardini - S. Antioco.

Boggio Raffaella - Brusnengo.

Boida Andrea - Alice Belcolle.

Bologna Francesco - Vigevano. Bonaventura cav. Francesco - Oneglia.

Bosio Teol cav. d. Luigi prev. Vic. For. -- Fiano. Brenti Virginia - Castrocaro. Brignone Giovanna - Trino Vercellese. Brunetti Antonio -Torino. Bruni Carlo - Vergato.

Bruno Isabella - Pontestura. Bruna Gius. Maria - Sezzadio..

Bruschi d. Pietro Rett di Veppo -- Calice al Cornoviglio. Buffa Francesco - Sezzadio.

Brilla Esterina - id.

Calabri, March. Carlo - Roma. Calandra Angela - Casorzo, Calcagno Domenico - Arenzano. Calcagno Bruno Rosalia - Sezzadio. Caminada Emilia . Milano.

Camozzini Giuseppina n. dei Conti Bevilacqua-Lazise -Firenze, Canepa Paola (S. Marta) - Campomorone, Capella Giorgio - Torino

Capucci Erminia - Barbiano (Lugo). Carpanera Giuseppina - Torino

Carrera Catterina - Ailoche.

Cartasegna Vittorio - Torino. Carughi mons. Giuseppe - Como. Castellino Isabella - Pietra Ligure.

Cataldi Marchesa Marianna - Genova.

Catena Vagliasindi Maria - Randazzo.

Cattaneo Leopoldo - Occimiano.