BS 1900s|1902|Bollettino Salesiano Giugno 1902

Anno XXVI.   Giugno 1902   N. 6.

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO - Ai lettori della Pagina Intima . pag. 161 Maria Ausiliatrice ed il Cuor di Gesù    162 Efficacia dell'educazione materna . . 164 Missioni - Matto Grosso : Da Cuyabà alle rive del vorticoso Araguaya. - Colombia: Notizie della guerra. - Paraguay : Attraverso il distretto di Concepción. - In fascio : Ojo de Agua - General Acha - Arroyo de los Berros - Callao - Chos-Malal    167

Grazie di Maria Ausiliatrice    179

Notizie compendiate (Algeria - Betlemme - Callao - La Paz - Alessandria d'Egitto - Parma - Ascona - Lugano - Balorna - Torino - Treviglio    83

Necrologia: Il Card. Agostino Riboldi    189

Spigolature agrarie   . .   190

Illustrazioni - Ecce Homo, pag. 163 - Antichi Allievi dell'Oratorio di Eckmuhl in Algeria, 173 - Alunni dei Collegi Salesiani di Lima e Callao nel Perù, 184 - I giovani della 1° Comunione nel nostro Oratorio di Salamanca in Ispagna, 187.

Ai lettori della PAGINA INTIMA

MOLTI nostri buoni amici ci hanno chiesto quando la Pagina intima occuperà di nuovo un po' di posto nel Bollettino. Volevamo già accontentarli in questo numero, tanto più che le notizie intime da comunicare sono numerose e tutte consolanti, ma, soprafatti dall'abbondanza di materiale relativo alle nostre Missioni, ci rimase solo disponibile questa mezza pagina. Abbiamo però stabilito di fare il compenso nel prossimo fascicolo.

Intanto ci sia permesso una parola ai DIRETTORI dei nostri COLLEGI, Ospizi ed ORATORI FESTIVI ed alle DIRETTRICI degli ISTITUTI, EDUCANDATI ed ORATORI FEMMINILI diretti dalle Suore di Maria Ausiliatrice. Questa nostra parola è SOLO per ricordare loro la sottoscrizione desiderata dal nostro Venerato Rettor Maggiore per l'obolo di San Pietro e da promuoversi fra tutta la gioventù alle nostre cure affidata quale Omaggio al Sommo Leone XIII nel suo Pontificale Giubileo. Molti Direttori e Direttrici ci hanno già fatto tenere le LISTE loro inviate, debitamente riempite col relativo Obolo : a loro i più vivi rallegramenti e ringraziamenti da parte del nostro Superiore. Gli altri SI AFFRETTINO

A FARLO nei prossimi mesi affinchè verso la fine di LUGLIO tutto sia compiuto. Il volere dell'amatissimo signor D. Rua si compia con amore e generosità di sacrifizio ed allora l'immensa moltitudine di giovani e giovanette che sotto la guida dei Salesiani e delle Figlie di Maria Ausiliatrice si prepara alle lotte della vita, darà all'immortale Vegliardo del Vaticano una splendida prova del suo figliale tenerissimo affetto.

Chi volesse nuove liste si rivolga alla Direzione del Bollettino.

MARIA AUSILIATRICE ED IL CUORE DI GESU'

TORINO E ROMA

NON è per anco cessata l'eco dei festeggiamenti solenni, coi quali abbiam procurato di dimostrare nel miglior modo possibile il nostro affetto, la nostra venerazione, la nostra fiducia verso Maria Ausiliatrice, che altro oggetto del nostro amore ci si para innanzi, altra solennità ci attende. Parliamo, come ben vedete, o cari Cooperatori e benemerite Cooperatrici, del Cuor di Gesù, il cui mese cominciò or ora e la cui festa ricorre in quest'anno il 6 corrente giugno. Per tal modo Maria Ausiliatrice ci guida, ci conduce come per mano al Cuore dei suo Divin Figlio: ad Jesum per Mariani. Per tal modo ancora Torino, che accoglie la Chiesa di Maria Ausiliatrice, si unisce, si congiunge con paterno amplesso alla Roma cattolica, che possiede il tempio del Cuor di Gesù, e la figura del nostro buon Padre D. Bosco, autore dell'una e dell'altro, ci ricomparisce nuovamente viva., sorridente, castamente bella. Noi quindi vogliam anche in quest'anno il Cuor di Gesù oggetto particolare del nostro Bollettino, certissimi di far cosa grata a voi, o buoni e cari amici, accetta al Divin Cuore e pienamente conforme ai desiderii, anzi ai comandi dell'Augusto Pontefice Leone XIII, il quale, due anni or sono, nell'udienza ai nonagenaria suoi coetanei lasciava per ricordo: Lavorate a propagar ovunque questa (del Cuor di Gesù) salutare devozione.

E ciò ben con ragione, perchè, mentre essa divozione si presenta così in se stessa, come nel suo sublime significato e nell'alto sovrano concetto che racchiude, qual rimedio infallibile ai tanti e grandi malori sociali odierni, che ci circondano e ci premono da ogni parte, ci pone innanzi nel Cuor di Gesù il simbolo, lo strumento espressivo di un'idea nobile e potentissima, d'un'idea nella quale si fonda e si compendia tutto quanto il Cristianesimo, l'idea cioè dell'amore. Sì, noi tributiamo al Cuor di Gesù un culto affatto speciale, noi l'adoriamo questo Divin Cuore non già solo nel senso in cui adoriamo, ad es. la mano, le dita e qualsiasi parte del Corpo e il Corpo intero del Divin Salvatore nel Sacramento dell'Eucaristia, ma l'adoriamo in modo speciale perchè il Cuore di Gesù, oggetto visibile e materiale, si congiunge, forma come una cosa sola con un oggetto invisibile ed immateriale, sovranamente ed efficacemente operatore qual è l'amore; noi l'adoriamo perchè mezzo, strumento potentemente espressivo di qualche cosa di spirituale in Gesù Cristo; l'adoriamo perchè c'invita, ci trascina, direi, in modo sensibile, parlante ad una idea altissima di religione; l'adoriamo in fine perchè c'induce per sua natura a formarci seguaci veri, generosi, praticanti del. Divin Redentore. Di qui si comprende perchè, se nuova è la forma del culto del Cuor di Gesù, antichissima ne è l'idea, l'essenza. Esso nacque, è vero, come culto pubblico, da circa duecento anni; ma, come sapientemente osserva un illustre Porporato : (1) « l'albero da cui sbocciò questo fior gentile e soavissimo, è antico quanto Gesù Cristo medesimo; anzi questo fiore stesso, da cui spira tanta fragranza di Paradiso, non è che un virgulto della vite vera che adombra coi suoi pampini e rallegra coi suoi frutti il giardino eletto della Chiesa. »

Ma perchè, dirà taluno, una divozione così intrinsicamente potente, perchè un culto di così alta importanza rimase per tanti secoli come nascosto? Perchè un oggetto, uno strumento di tanta spirituale e morale efficacia si rivelò in modo pubblico, luminoso soltanto in questi ultimi secoli: Certo noi non potremo mai penetrare i disegni di Dio, nè tanto meno conoscere le ragioni intime, i fini reconditi che lo guidano nelle sue operazioni. Ma un barlume, un raggio di tutto questo ce lo porge quell'anima privilegiata che fu S. Geltrude, nativa di Eisleben nella Sassonia e così celebre per le sue Rivelazioni. Or fra queste è memorabile la rivelazione in cui essa narra con tutta semplicità di un'estasi, nella quale le apparve Gesù in compagnia di S. Giovanni Evangelista ed ebbe la fortuna di sentire i battiti gagliardi e frequenti del Cuore di Lui sacratissimo. E come essa mosse domanda, e quasi lamento all'amabile Apostolo perchè egli di questi straordinarii palpiti d'amore non avesse fatto cenno nel suo Vangelo, così ne ebbe in risposta che una cognizione più intima dei tesori di quel Cuore Divino sarebbe stata concessa agli nomini in un tempo, in cui gli animi intorpiditi si sarebbero riscossi e i cuori raffreddati riaccesi nell'amore di G. C.

Orbene, questo tempo è pur arrivato; più che in altri secoli la nebbia dell'errore oscurò ai dì nostri le menti e il gelo dell'incredulità assiderò i cuori, sicchè solo la luce e il calore, provenienti dal Cuor di Gesù, potranno riuscire a snebbiare le menti e scaldare i cuori. Preghiere, mortificazioni, sacrifici giovano e gioveranno sempre; ma solo il Cuor di Gesù riuscirà a trionfare pienamente e stabilmente del cuor umano. Sta bene adunque, è anzi doveroso che an-, che in quest' anno ci adoperiamo a passare con maggior fervore e frutto il mese ad Esso dedicato, e a celebrarne con la maggior divozione possibile la festa. Alle grandi iniquità contrapponiamo grandi opere buone, alle apostasie il fervore della fede, al guasto morale la purezza del vivere, allo scandalo l'esemplarità della vita, all'odio l'amore. Non vi ha che il bene che sia così forte da distruggere il male, esclamava Lacordaire, vale a dire il più eloquente oratore sacro che vanti la Francia cattolica del secolo scorso, quel Lacordaire di cui quella nobile e così tribolata nazione festeggiava, or son pochi giorni, il primo centenario dalla nascita. Certo tutto questo porterà con sè pene, dolori e sacrifizi ; ma al Tabor non si arriva se non passando pel Golgota. Tutto sacrificar al dovere, non mai sacrificare il dovere a cosa alcuna, ecco il motto di quel glorioso martire della Comune di Parigi che fu l'Ab. Daguerry; ed ecco pure, o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, lo stemma nostro, ecco l'ideale del divoto del Cuor di Gesù in ogni tempo, ma sopratutto in questo bel mese. Coraggio adunque, ed evviva ora e sempre il Cuore sacratissimo di Gesù.

(1) Capecelatro. - Sermoni.

Efficacia dell' educazione materna

II.

L'APOSTOLO Paolo, pellegrinando per l'Asia, era giunto alla città e di Listri che trovò tutta piena della fama della santità di Timoteo. S'invaghì di veder quel giovane, di udirlo, e ne fu sì preso egli pure alla sua volta che tosto lo volle a compagno delle sue fatiche apostoliche, e di poi vescovo della città di Efeso. Donde tanta luce di santità in mezzo alle fitte tenebre del paganesimo? Il mistero ci è spiegato in due parole nelle lettere che l'Apostolo medesimo indirizzò all'alunno: Ricordati, gli scrive Paolo, della fede che tu hai ricevuta dalla tua avola Loide e dalla madre Eunice. Ricordati degl'insegnamenti delle sacre lettere, che hai avuto nell'infanzia.

Ogni commento è superfluo.

Santa Antusa era una nobile matrona di Antiochia; già vedova a vent'anni, non aveva raccolto dalle sue nozze che un unico germoglio, un bambinello di nome Giovanni. Personaggi principali le chiedevano a grandi istanze la mano, ma indarno; la giovane vedovella aveva fissato seco stessa un ben altro disegno. Era in tempo in cui l'eresia di Ario, sostenuta da tutta la potenza e l'ipocrisia dell'imperatore Costante, travagliava la Chiesa. Antusa bramò fare del suo Giovanni un campione della vera fede, e il piccolo Giovanni si trovò un giorno essere l'eloquente predicatore di Antiochia, l'invitto Patriarca di Costantinopoli, il sostegno della fede per tutto l'Oriente, il gran Padre e Dottore della Chiesa, in una parola si trovò essere il Giovanni Grisostomo. Il filosofo Libanio, sebbene pagano, al considerare i modi che la saggia madre aveva tenuti nell'educazione del figliuolo, era costretto ad esclamare: « Sono pur ammirabili queste donne cristiane ».

S. Eusebio, gloria di Vercelli e della Sardegna, e gloria tale che basterebbe sola ad illustrare una qualsiasi più grande nazione, martello pure esso degli Ariani, consigliero dei Papi, scrittore sapiente, vescovo zelantissimo, apostolo della cattolicità, così caro e diletto all'Italia, che al suo ritorno dall'esilio, se prima tutta la penisola era avvolta nelle gramaglie, come una vedova priva dello sposo, allora, come scrisse magnificamente S. Girolamo, depose le vesti di lutto, e si cangiò tutta in allegria e si sciolse in cantici di lode, non ebbe forse per madre quella matrona che ab antico Cagliari onora di tempio e di altari, S. Restituta ?

Trasvoliamo per grandi secoli cristiani dove a malincuore lasciamo mille esempi splendidissimi, e veniamo a quello che è tanto noto, quanto universalmente ammirato. Bianca di Castiglia, regina di Francia, governava quel gran regno per trasmetterlo intatto al suo giovine figlio Luigi IX; ma, se essa voleva il suo Luigi re in Francia, molto meglio lo bramava re in cielo. Epperò con assidua cura gli andava instillando nel tenero cuore la sostanza delle massime evangeliche, che poi compendiava in questo motto rimasto celebre: « Figlio mio, tu sai quanto ti ami, ma prima vorrei vederti morto che reo d'un peccato mortale. » Luigi non solo schivò il peccato mortale, brutta lebbra che esso è, come soleva definirlo conversando alla domestica col suo fido Joil, ma crebbe siffattamente in ogni genere di virtù, che non ci fu mai più amabile cristiano di lui, cavaliere fino alla morte, della famiglia, della patria, di Dio.

In questi ultimi tempi la vecchia Europa mira con meraviglia e sospetto, e, diciamolo pure, con paura, ad una nazione che fa progressi smisurati in ogni parte di civiltà: la grande Repubblica degli Stati Uniti. Principio di questa grandezza fu un uomo dotato di eminenti virtù naturali, Giorgio Washington. Ma l'eroismo del coraggio, il culto dell'onore, la grandezza di animo, il patriottismo senza macchia furono tutte qualità di che egli stesso si recò debitore alla vigilanza, alle abitudini di ordine, ai buoni esempi, alle preziose istruzioni d'una madre incomparabile.

La vicinanza dei tempi e le relazioni che allora corsero tra i due popoli, dagli Stati Uniti il nostro pensiero ritorna in Francia. E qui contempliamo un fatto veramente meraviglioso. Nessuno potrà, o vorrà mai descrivere la corruzione della corte di Luigi XV, e di essa non è poetica esagerazione il dire che veramente del suo puzzo offendeva i firmamenti. Ebbene là vivevano un principino e quattro principesse, i quali coltivavano la virtù come meglio non si sarebbe fatto nel recinto d'un noviziato religioso. Un giorno la principessa Enrichetta piglia in disparte il piccolo fratello, futuro erede della corona, e così gli dice : « Vedi, caro fratello, come qui siamo circondati da adulatori che fanno di tutto per nasconderci la verità; facciamo adunque il patto di avvisarci noi stessi a vicenda dei nostri difetti ». Un'altra volta la stessa principessa ragionando coi fratelli, come maggiore che essa era: « Mi meravigliava, essa diceva, come in corte facciano le meraviglie di vederti vivere secondo le massime del Vangelo ». Maria Luigia si rese carmelitana scalza per ottenere la conversione del padre, Luigi XV. Adelaide ed Antonietta vissero nel secolo colle virtù del chiostro; il Delfino fu principe così buono, che la regina Maria Leuzische, madre sua, non avrebbe osato sperarlo migliore. Ma abbiamo nominato già l'altro beneficio alla cui luce, al cui calore sbocciavano sì bei fiori. Maria Leuzische nel trono di Francia praticò le virtù delle regine sante. Ora, era già tale da donzella, che la vigilia delle sue nozze aveva parlato di questa guisa alla zia, che le teneva luogo di madre: « Cara madre, io sarei ben infelice se la corona che mi offre il re di Francia, mi mettesse in pericolo di perdere quella che mi tiene preparata il Re del Cielo ».

Ma perchè andiamo cercando esempi in casa altrui, mentre ne abbiamo splendidissimi in casa nostra? Se non era la Signora di Boysis, avremmo noi, avrebbe avuto la Chiesa un S. Francesco di Sales? L'educazione che questa madre diede al figlio era propria la più acconcia a formare un S. Francesco di Sales. Questo grande Vescovo raccomanda alle madri: « Quando fate la S. Comunione, pregate con ardore il buon Gesù di battezzare, purificare e santificare anticipatamente, se così posso esprimermi, il pargolo che vi sta nel cuore.... ». Ebbene prima che S. Francesco insegnasse questa massima alle altre donne cristiane, questa stessa massima era già praticata dalla, Signora di Boysis a favore di Lui stesso, il futuro S. Francesco di Sales. Nei mesi precedenti al fausto avvenimento, qual fu la nascita di sì benedetto fanciullo, erano continue le preghiere della madre appunto perchè il nascituro fosse già in certo modo battezzato e purificato prima di venire alla luce. Pensate poi la diligenza della savia matrona dal dì che si vide il dolce pegno sulle braccia. Quando poi Francesco si trovava sul punto di partire per gli studi a Parigi: « Ricordati, figliuolo, che il più bel titolo è quello di essere cristiano ! tu non avrai più l'occhio d'una madre che ti vigili! dunque a te ora il custodire e sviluppare i buoni germi che ti ho messi nel cuore, non ti dimenticare che il principio della sapienza è il timore del Signore... ».

Margherita Occhiena era una povera contadinella che, rimasta vedova in assai giovine età, trovossi, oltre alla vecchia nonna, aver sulle braccia tre piccoli fanciulli da nutrire, da educare, ed uno di questi doveva chiamarsi un dì D. Bosco. Onestissima come era fu richiesta di nuove nozze; si sarebbe pensato ai figliuoli: si affiderebbero ad un buon tutore! non dubitasse. Ma non ne fu nulla. « Questi sono figli miei; sono io che li debbo educare, verrei meno al mio dovere, all'amore del mio marito, se facessi altrimenti ». Il piccolo patrimonio non bastava, e però doveva supplire con fatiche e stenti d'ogni sorta, e l'educazione che loro diede fu

«... ben degna

Di poema, degnissima e d'istoria ».

Il poema non fu scritto e, secondo tutte le probabilità non si scriverà mai; ne è anche passato il tempo; ma è già scritta la storia, storia ricca, smagliante di mirabili insegnamenti. Leggetela, o care cooperatrici, e vedete d'imitarla quanto più è possibile, chè buon per voi e per le famiglie e per la società. Voi vedrete che per educare l'uomo onesto, il santo non abbisognano nè imperatrici, nè regine ; basta bene la donna cristiana. E non più che donna cristiana si fu la nostra Margherita Occhiena, la quale veduto, come Dio volle, il figlio già sacerdote, così gli parlò licenziandolo alla sua alta missione: « Mio caro figlio, sei prete e dici già Messa, e però sei più vicino a Gesù. Ricordati però che incominciare a dire Messa vuol dire: incominciare a soffrire. Non te ne accorgerai subito, ma a poco a poco vedrai che tua madre ha detta la verità. Sono sicura che ogni giorno pregherai per me, sia viva ancora, sia morta; ciò mi basta: tu da qui innanzi pensa solamente alla salute delle anime, e non prenderti alcun pensiero di me ». Quale eroismo!

La madre è il più efficace degli educatori; da essa dipende l'introduzione del cristianesimo nella nostra infanzia, e dalla nostra infanzia così modellata, dipende l'essere noi felici od infelici per sempre! Un si gran potere non fu dato ad altra creatura mai! Scrittori increduli e credenti. convengono insieme. « Gli uomini, scrisse G. Giac. Rousseau, saranno sempre quello che piacerà alle donne che siano. Se li volete grandi e virtuosi, insegnate prima alla donna che sia grandezza e virtù ». Dopo lo scrittore incredulo sentiamo il credente Giuseppe De Maistre: « Se ciò che chiamasi uomo (e vuol dire uomo onesto) non è formato sulle ginocchia della madre, sarà sempre una grande sventura. Nulla può scusare le veci di una tale educazione; sopratutto se la madre s'è fatto un dovere d'imprimere profondamente sulla fronte del proprio figlio il carattere divino, possiamo esser certi che la mano del vizio non lo cancellerà giammai. Ma se avvenisse come purtroppo avviene, che il giovanetto traviasse, allora che speranze, che timori dovremo albergare in cuore? Risponderà un terzo scrittore che, d'incredulo fatto credente, parla di sua esperienza: è l'illustre poeta ed accademico Francesco Coppée. Ecco quello che scrive: « L'uomo che nella sua infanzia impara a pregare, non lo dimenticherà giammai; verrà il giorno in cui ricorderà come all'improvviso quell'ora così lontana, quando ginocchioni sulla culla, egli sentiva presso la sua guancia il calore del viso di sua madre che gli andava insegnando il Pater e l'Ave, ed allora come avviene quasi sempre, egli sentirà una scossa dentro di se stesso, nasconderà la faccia nelle sue mani, e metterà fuori quel grido che esce così naturale dal fondo dell'uomo: Mio Dio, abbiate pietà di me! Questo grido per un'anima naufragata nella fede (io ne so qualche cosa) è la salute ».

La intendano adunque bene la madri; veggano il dovere grande che loro è imposto; ma sopratutto si ricordino che il dovere di educare contiene ancora quello di presto metter mano alla grande opera; è l'ammonimento che a gara tutti i savi, tutti gli uomini pratici, tutti i moralisti, e persino ì pagani, danno agli educatori

Come è necessario, dice il grave Plutarco, venir formando le membra dei fanciulli subito nati perchè non abbiano a contrarre un qualche difetto corporale, così non sarà mai troppo presto di darsi con tutta diligenza a formare in essi il carattere ed i costumi ». Del resto si rallegrino ancora e gioiscano, perchè se Dio affidò loro una parte sì rilevante nella grand'opera dell'educazione della loro figliuolanza, è egualmente grande il potere onde Egli le ha fornite.

Delle grandiose feste celebratesi di questi giorni in Valdocco ad onore di Maria Ausiliatrice e delle solenni adunanze tenutesi, sotto la presidenza di Em.mi Porporati ed Ecc.mi Vescovi per studiare i mezzi migliori con cui impiantare e far fiorire gli Oratori festivi per la gioventù d'ambo i sessi, daremo dettagliata relazione nel prossimo numero.

MISSIONI

MATTO GROSSO Da Cuyabà alle rive del vorticoso Araguaya.

(Relazione di D. Antonio Malan*)

Funzione d'addio - Presso la matrina del primo Salesiano del Matto Grosso - Lanciati nella foresta - I nostri progetti a cavallo - Ad Arica.

Alle ore 11 del 28 passato agosto, lasciavamo Cuyabà, coll'animo straziato da crudele dolore dovendoci separare dalle care persone che con noi dividevano il piacere del quam jucundum habitare fratres in unum!... I nostri buoni alunni ci vollero preparare una grata sorpresa, improvvisando una breve accademia letteraria, delle più commoventi, trasparendo da tutte le composizioni e da tutti i discorsi il dolore per la separazione ed il piacere anticipato per il bene che ne sarebbe risultato. Partimmo in nomine Domini! Eravamo in tre, io, D. Balzola ed il confratello Gabet: ci faceva compagnia l'Ispettore della linea telegrafica, l'ottimo sig. Fernandes e due camaradas (mulattieri) per il servizio diario degli animali ed altro che ci occorresse.

Oltre agli animali da sella avevamo pure tre bestie da soma coll'altare portatile, le tende dove passare la notte, oggetti di divozione, ed altri indispensabili nel deserto. Appena uscito dalla città mi si presentò l'occasione di esercitare il ministero sacerdotale ascoltando la confessione di una povera donna che da molti mesi teneva il letto, straziata da dolori atroci. Era questa la matrina del primo Salesiano del Matto Grosso che, rassegnata, chiedeva solo al Signore la grazia di poter vedere il suo caro nipote ascendere i gradini dell'altare. La Provvidenza non le volle concedere questa consolazione, poichè venni a sapere che morì, durante la mia assenza, consumata dal crudele morbo che la tormentava, dopo aver ricevuti con somma pietà i S.S. Sacramenti.

Dopo un'ora di viaggio da Cuyabà, demmo l'ultimo addio ai buoni novizi di Coxipò e a D. Oliveira, che ci aveva accompagnati fin là. Ed eccoci, in piccola carovana, coraggiosi, ad internarci fra quelle solitudini, fra quelle foreste vergini dove ogni antro della montagna echeggia delle grida di tutte le specie di animali selvaggi, del terribile Cangussu (specie di tigre) e dell'enorme Sucury (serpente boa): dell'avoltoio, come di quelle del gentile Beija-Flor, che teme fabbricare il suo piccole nido, spiato di giorno e notte dalle avide scimmie e dagli astuti serpenti di tutte le grandezze e di tutte le crudeltà. Eccoci in piena marcia al suono cadenzato e monotono delle spoglie di migliaia di animali che scricchiolano sotto i nostri piedi, e sopra la fina sabbia circondante sempre un mucchio di pietre cristallizzate o Canga, sorta di Travertino Romano, ma ferruginoso e meno resistente. L'indomito cavallo sembra voler divorare la strada che interminabile si succede ai suoi piedi: il paziente giumento al contrario, in un costante e faticoso trotto, colla testa bassa, sotto il peso delle due Bluacas (grandi borse di cuoio nelle quali vengono trasportati gli oggetti), sembra stia meditando le enormi distanze che deve traversare in paga della misera porzione di biada, e del magro pasto, preso nel momento in cui si riposa il suo crudele e stanco padrone.

Si riannodò subito la conversazione di tanti giorni prima, sul nostro viaggio, cioè, ai Barreiro, fiume das Garças e Araguaya, sulle esplorazioni che desideravamo fare prima di scegliere definitivamente il centro della colonia, che, entro non molto, fonderemo. Seguimmo sempre la strada della linea telegrafica, i cui pali interminabili, mute sentinelle avanzate della civiltà, si perdono nell'immensità, nella direzione Est. Alle ore 8 di sera arrivammo ad Arica, piccolo fiume affluente del Cuyabà, dove costumano riposare le carovane per l'abbondanza di acque e per conseguenza anche di pascoli per gli animali, prima condizione cercata dal viaggiatore nel scegliere il luogo per il riposo. Quivi incontrammo il confratello Gabet ed i camaradas, che ci avevano preceduti colle bestie più lente. Fin qui non ci era succeduto il più piccolo inconveniente, solo ci affliggeva il cuore il vedere il sig. Pietro Fernandes addolorato per aver lasciata la moglie gravemente inferma, dopo una seria operazione chirurghica che non aveva arrecato alla paziente alcun miglioramento.

Per evitare una forte pioggia - Sosta al Pinthayral - Un mulo selvaggio - Fuga dei nostri - Oggetti perduti - D. Balzola ritorna a Cuyabà - In marcia - Torrenziale pioggia notturna - In cattive condizioni - La fortuna di un camerada.

L'aurora del giorno 29 ci colse in una vasta pianura, dalla quale, prima di poter celebrare la santa Messa, partimmo presto per evitare che una forte pioggia imminente ci sorpren desse in riposo, essendo assai preferibile che ci prendesse in marcia per la poca sicurezza. degli arredi e delle vettovaglie. Degli animali da soma, tre appartenevano al governo, che, in vista del fine lodevole della nostra missione, ce li aveva imprestati in Cuyabà, ma erano così deboli e stanchi per aver servito nella spedizione governativa, colla quale si pretendeva tracciare una via di comunicaziono tra il Matto Grosso ed il Parà, che davano poco buoni indizi di poter resistere al nuovo viaggio: uno di questi cadde per ben sette volte nel breve tragitto di appena quattro leghe. Il buon sig. Pietro Fernandes mi obbligò ad accettare una delle sue migliori cavalcature in sostituzione della mia, un vero ammasso di carne, di lento e pesante passo. Arrivati ad un luogo chiamato Pinthayral, eravamo discesi da sella per alcuni minuti per dar pasto agli animali, quando all'improvviso esce disperatamente dal cerrado (boscaglia di pochi anni) un mulo selvaggio, col crine rialzato, ragliando orribilmente e attraversando a tutta furia l'accampamento, gettando uno spavento tale nei nostri animali, che, sellati come si trovavano, si diedero a precipitosa fuga chi per la foresta chi per la strada già percorsa, chi dietro la causa di tale infortunio : non mancò fra noi chi cercasse di prostrare a terra con qualche colpo di carabina lo stupido strumento del demonio, che in questo modo voleva farci perdere di coraggio e frastornare il viaggio così ben incominciato.

Era tale la furia con cui si sbandarono gli animali, che strapparono le bardature nuove di forte cuoio, e le bluacas sparsero per la foresta gli oggetti che rinserravano; lastre di fotografia completamente inutilizzate, pezzi da un lato, resti da un altro, coltelli, reti per dormire tutto rimase strappato, e quello che soffrì di meno lo trovammo poco a poco sparso lontano dalla strada. Fu un momento di crudele trepidazione per tutti noi.... a piedi, senza nutrimento, in mezzo ad un deserto, che fare?.. Diedi subito ordine al confratello Gabet ed agli altri mulatteri di seguire le pedate delle bestie per ritrovarne il nascondiglio, nel che impiegarono quasi due giorni. Alle 6 di sera fu incontrato il mio cavallo senza bardatura dal sig. Antonio Bueno, dimorante nelle vicinanze, che nel ricondurmelo, ritrovò una parte degli oggetti perduti, ma non la sella, che solo si potè trovare il giorno seguente. Ma la bestia del nostro amico Fernandes non fu possibile trovarla se non 40 giorni dopo l'incidente, vagando per i campi colla sella sotto il ventre con una ferocia ridicola. Alla mattina si celebrò la Santa Messa, alla quale assistette tutta la comitiva, e compiute le pratiche di pietà ci riunimmo per deliberare sul da farsi. Fu stabilito che D. Balzola ritornasse a Cuyabà per sostituire le due bestie inservibili e comperare altri animali di conosciuta attitudine e fedeltà. Egli apparve all'improvviso nel Collegio di Cuyabà alle tre di sera del sabato 31 agosto, nel tempo che il personale se ne stava tutto disperso, occupato nelle scuole, laboratorii o nei lavori rurali.

Io intanto occupai il tempo nell'amministrare qualche battesimo, nel confessare e catechizzare turme di persone lo quali al sapere vagamente che si trovava un prete nei dintorni, accorrevano ansiose ad ascoltare la parola di Dio, nel nostro accampamento, anche da dieci a venti chilometri di distanza. Diedi una corona a tutti coloro che avevano fatta la santa Comunione, ed una medaglia di Maria Ausiliatrice a tutti i presenti i quali se ne andarono allegri benedicendo il Signore. Alle 5 di quel medesimo giorno passò un povero uomo affamato, disperato in cerca di sua moglie che gli era stata rapita, un mese prima da un condannato, appena liberato da una prigionia di 10 anni.

Dopo la Messa della domenica prima di settembre ripartì D. Balzola dal collegio San Gonçalo conducendo con lui un camarada e tre buoni animali appartenendo uno di questi al nostro sempre caro amico Giovanni Marques Ferreira: ci incontrò desolati ed anche infastiditi per un'inerzia forzata, se così si può qualificare la nostra dimora in Pintajral.

Tutto ora in ordine di marcia: sostituiti vantaggiosamente gli animali che non servivano, nel giorno tre di settembre, la comitiva lasciava la triste dimora, e mettemmo in esercizio le nostre membra irrigidite, con una valente camminata, spingendoci avanti molte leghe. Alla sera ci aspettava un contratempo che più tardi si ripeteva diariamente: non avevamo ancora alzate le nostre tende che incominciò a soffiare un vento fortissimo seguito da grosse e spaventose sferzate d'acqua, che si andavano moltiplicando con grande rapidità. Ebbimo appena tempo di mettere a riparo l'altare portatile e gli oggetti più delicati, e subito si riversò sopra di noi una pioggia torrenziale. È impossibile, amato Padre, descriverle in tutta la sua originalità la nostra critica posizione durante il temporale, raggruppati sotto una tenda di appena 8 metri cubi, asfissiati dall'aria pesante dell'atmosfera il cui stato igrometrico eccessivo si aggravava per la respirazione continua e robusta di otto forti polmoni: la pioggia penetrando al disopra dai fori della tenda, e al di sotto con frequenti sfuriate; e tutto questo in mezzo ad una oscurità spaventosa senza poter conciliare un poco di sonno!.... I cameradas non avendo dove ripararsi, si avvoltolavano tra le bardature delle bestie e tremavano per il freddo che li agghiacciava: gli animali in semicircolo intorno alla baracca con la testa all'ingiù, resistevano impassibili alle furie del temporale. Gli abbaglianti sprazzi di luce dei fulmini davano un aspetto lugubre a quel luogo di terrore, dove sei o sette esseri ragionevoli, re della natura, sembravano in lotta con gli elementi sui quali prima regnavano.

Intanto una scena curiosa si svolgeva nel toldo, sotto la nostra tenda: nella parte superiore disposi la mia rete con forti corde di lino; più sotto si incrociavano le corde di quella di D. Balzola e dell'Ispettore della linea, tutte col rispettivo e grande cuoio di bue per lenzuolo. Sotto questo improvvisato pìano, disteso sopra valigie e bagagli, uno dei nostri cameradas, allegro, ciarliero, che ci raccontava le imprese più strane ed incredibili, delle quali egli era sempre protagonista, uno dei pochi neri legittimisti ancora esistenti nel Brasile, trovò il miglior posto; poichè al sicuro dalla parte superiore, doveva solamente guardarsi dalla corrente di acqua che gli scorreva ai lati e sotto le pietre e bagagli che gli servivano di delizioso guanciale. Passammo così le lunghe ore di quella notte doppiamente memorabile, per le privazioni e patimenti corporali, e per le belle storie bellamente raccontateci dal nostro Palhare che, oltre all'esser nero come carbone, era di statura rachitica, gli mancavano la maggior parte dei denti, aveva linguaggio sconnesso, imbrogliato, nasale, ma autorevolmente compassato.

Le prodezze di Palhare - Nuovo genere di guidare le bestie - Il taglio d'una coda - All'ombra d'un fico - Al Ranchan - Sulla vetta della "Serra da Chapada" - Incantevole panorama - Alla stazione di Rio Manso e poi a Burity.

La splendida mattinata c'invitava alla marcia; celebrata pertanto la Messa ci mettemmo in cammino, preceduti sempre dagli animali coi bagagli, che erano partiti due ore prima. Fatti circa venticinque chilometri, incontrammo i mulattieri; il nostro Palhare sempre in piedi, temendo farsi del male montando a cavallo, non lasciava di ripetere nel suo portoghese guasto: Padrone, per dove passa l'asino, passo ancora io; e non rimango indietro. Questo tuttavia non gli impediva di dire di essere stato soldato nell'esercito imperiale per otto amni, e di aver traversato più volte il Matto Grosso diretto a Rio de Janeiro e tutto per terra con comitive e bagagli in grande numero e in grandi dimensioni.

Ma in quel giorno gli passò per la testa una idea originale; sentendosi alquanto stanco di tirare la corda dell'animale ch'egli guidava, legò la fune alla coda di un cavallo affinchè gli facesse le veci: ma per un inciampo, trovato per la strada, cadde il misero asino e poteva succedere una disgrazia, per lo meno si sarebbe strappata la coda del cavallo, se il sig. Alessandro, guardia della linea, non avesse avuto la presenza di spirito di tagliare subito la coda e frenare gli infuriati animali dei quali, uno calcitrava e nitriva, si contorceva l'altro tra la polvere della terra.

Non sì limitò a questo il nostro originale pelle nera: nel metterci noi in cammino, lui deliziato dell'ombra magnifica di un enorme fico che stendeva i suoi rami in grande circonferenza poco lontano dalla strada, si gettò ai piedi dell'albero e non ci fu verso farlo muovere e rialzare : l'asino vada, diceva nel suo gergo, io resto e lo raggiungerò in un momento, e si sdraiò comodamente sulla dura terra come il più felice dei mortali. Quando arrivammo al luogo designato pel riposo, il Palhare non era ancora arrivato: mandai gente a cercarlo, e l'incontrarono che veniva molto stentatamente, cascante, mezzo morto, dicendo in suono lacrimevole: Ebbi capo giro e mal di mare in piena foresta.

Eravamo giunti al luogo chiamato Conceiçan de Aguassà, più conosciuto presentemente sotto il nome di Ranchan per esistervi colà alcuni Ranchos (capanne) assai ben edificate ed anche alcune case coperte con tegole, proprietà del governo federale. Fu subito imbandita la tavola per la colazione e per il pranzo nel medesimo tempo, visto che si aveva ancora lo stomaco vuoto, non avendo preso che una tazza di caffè alla mattina, portataci da Cuyabà da D. Balzola.

Nel tempo, in cui i mulattieri lavoravano intorno agli animali, terminammo la recita del breviario, dolce compagno del missionario, e compiute le pratiche di pietà, ci abbandonammo a un dolce sonno per vendicarci delle ore perdute nella notte antecedente. Nel giorno seguente, 5 di settembre, dopo aver celebrata la santa Messa, amministrai qualche battesimo e poi ci licenziammo dagli abitanti, seguitando il nostro viaggio in direzione al Rio Manso (fiume tranquillo) che lo è solo di nome, poichè non v'ha ponte che resista alla corrente delle sue acque: facemmo sosta al Tijucal, delizioso ruscello di acqua eccellente. Rinfrescati gli animali, incominciammo a salire le vette della Serra da Chapada. Dopo due ore di penosa fatica del corpo e dello spirito, sempre fra pietre nere e aguzzate, ora tra gole profonde, ora rattenendo il cavallo alle sponde di orridi precipizi, molte volte lasciando all'istinto della bestia la scelta del cammino, ora a piedi, ora in arcione, ora guidando il cavallo, ora lasciandoci guidare, guadagnammo la sommità della montagna: eravamo ad 800 metri sopra il livello del mare Il panorama che si apriva ai nostri sguardi da quella altezza era degno della penna di Chateaubriand, del pennello del Veronese, della fantasia del Camoens! Nell'Europa si gode alla vista di strade ben diritte, di piazze simmetriche ed artistiche; in questa vergine America il piacere cambia. La natura, la foresta vergine legano tutte le potenze dell'anima: lo pianure fiorite dilettano i sensi; la limpidezza dei ruscelli, il tremolio dei laghi, il fragore delle cascate sono armonie deliziose, sono l'eterna orchestra di cui si gode in queste ubertose e ricche terre del Brasile, ombreggiato dalle alte e delicate palme e dai pioventi e ramosi cedri. Seduti sopra una grande roccia di quella montagna indimenticabile, godevamo tutti questi diletti nel contemplare in lontananza i lucenti letti dei tortuosi fiumi, le umili capanne cir condate dai verdi giardini, i fittissimi boschi in cui geme la innocente tortora e urla la traditrice Cangussú, alle porte della nera caverna dove riunì i figli. Era un piacere rimanere colà per molte ore e per molti giorni, ma il sole cominciava a declinare ed il luogo di fermata era ancora distante: e poi non ci eravamo internati nel deserto per godere degli incanti, che si trovano pure nel hortus conclusus del Sacro Cuore di Gesù, per amor del quale avevamo diretti i nostri passi alla cima di quella catena che forma il divortium aquarum dei più grandi versanti del mondo. Viaggiammo stupendamente bene nella sommità della montagna. Il sole in tutto lo splendore della sua luce, dardeggiava i suoi cocenti raggi che ci annerivano la pelle, ma l'aria era limpida le acque pure e fresche, i cavalli sembravano voler divorare la lunga e larga strada che si perdeva nell' orizzonte tra i costanti pali del telegrafo. Alle sette di sera del giorno cinque, arrivammo alla stazione del Rio Manso dove è telegrafista un buon padre di famiglia che ci accolse col sorriso sulle labbra e colla più squisita gentilezza ed attenzione per ristorare le nostre forze corporali, essendo già da nove giorni che non ci sedevamo a tavola. Qui si presentò l'occasione per un'amena conversazione spirituale, della quale la famiglia si mostrò interessata e soddisfatta, contandoci alla fine le tragedie di vendetta che si svolsero ultimamente tra gli indii ed i civilizzati delle vicinanze. Qui ebbi pure nuove cognizioni sulla tribù dei Bororos-Coroados e l'amabile signor Assis cogli altri abitanti della foresta che si erano radunati, non si rifiutarono nel darmi una cognizione particolarizzata sopra i buoni e cattivi costumi degli individui di questa tribù. Colsi pure molte cognizioni sulla topografia della regione dove pensiamo fondare il centro coloniale: fu quello veramente un giorno pieno, fra tutti quelli spesi nel mio viaggio all'Araguaya.

Allo spuntar dell'aurora del giorno 6, preparato il piccolo altare, celebrammo le due Messe, alle quali assistettero con molta divozione gli abitanti di quel centro dì popolazione, e varie carovane di passeggieri, che venivano da Cuyabà e da altre parti con direzioni opposte e da siti distanti. Non ostante i suoi incomodi di salute, il sig. Assis ci volle accompagnare per un lungo tratto, lasciandoci solo quando ci mancava poco tempo per arrivare a Burity dove ci ospitammo nella casa del sig. Diego Borges, il figlio del quale aveva frequentato per molti anni, come esterno, le scuole del nostro collegio S. Gonçalo.

(Continua.)

COLOMBIA

VENERATISSIMO E CARISSIMO PADRE, Bogotà, 24 febbraio 1902.

LE darò la bella notizia che siamo ancora in guerra, dopo 29 mesi dacche è incominciata : sono già assai scarsi gli alimenti, scarsissimi i mezzi per vestirsi, ma abbondano ancora gli spiriti guerreschi. Si ammazzano adesso collo stesso furore col quale lo facevano al principio della rivoluzione; anzi è cresciuto a mille doppi ; a forza di fiutare sangue e sangue, di vedere carneficine, si è perduto ogni timore della morte. Prima si ammazzavano solamente sui campi di battaglia; adesso si radunano otto o dieci individui che non hanno voglia di lavorare, si chiamano guerriglie, unicamente perche portano un nastro rosso intorno al cappello, ed uno straccio dello stesso colore sulla punta di un bastone; (il rosso è il distintivo dell' esercito rivoluzionario): così aggruppati scorazzano le campagne, incendiano, rubano, massacrano chi capita loro fra le mani, come le cose più semplici del mondo. Di questi fatti, in questi 29 mesi di guerra, se ne possono contare non dozzine, ma migliaia. I pericoli sono tanti fuori di questa capitale, che più nessuno osa viaggiare, e chi lo fa, è veramente per estrema necessità ; in questo caso nessuno deve dimenticare un buon compagno, un revolver colla relativa provvista di cartuccie, ed è sicuro che gli tornerà utile più d'una volta. Non sono molti giorni, partivano da Bogotà, diretti alla costa atlantica due dei nostri; un prete ed un chierico; li accompagnava un nostro confratello. Nell'andata al fiume Maddalena per imbarcarsi, non si ebbero incontri pericolosi; ma al ritorno, mentre il confratello Angelo Colombo, veniva tutto solo, con una mula, che aveva più voglia di sdraiarsi che di camminare, ingolfato in non so quali pensieri, forse della sua cara Milano che più non vede da 12 anni, ecco che lo scuote tutto un rumore strano. Alza gli occhi, e vede un uomo dritto a pochi passi da lui, in attitutudine tutt'altro che pacifica. In agguato, dietro un cespuglio, aveva veduto passare pochi minuti prima alcuni viaggiatori, senza muoversi ; ma, veduto un giovane solo, con una mula carica, sbucò d' improvviso dalla macchia per tentare un colpo. Aveva nella destra un caro pugnale, che evidentemente non era destinato alla mula, ma a chi la guidava, se si fosse resistito a consegnargliela. La scena che ne seguì si svolse rapidamente, ma tutta a forza di mimica; nè l'assalito, nè l' assalitore dissero una sola parola. All'apparire improvviso di quell' uomo, in quell' attitudine minacciosa, armato di pugnale, capì subito il confratello di che si trattava : e si sentì tremare le gambe, correre per la persona tutta un sudore freddo freddo, malgrado si trovasse sotto un sollione di 35 gradi. Che fare? scappare era pericoloso; anche gli fosse riuscito avrebbe perduto la mula carica di roba che aveva qualche valore; consegnarla al ladro, o assassino che fosse, per scampare la pelle, gli pareva una sciocchezza indegna di un buon milanese. D'improvviso gli balena alla mente una idea superba: si ricorda che ha con sè un revolver; si ricorda pure che non lo sa maneggiare, ma certe cose s'imparano presto; detto fatto; cava di tasca la piccola arma, e gliela mostra: nessuna intenzione di sparare, nessunissima di ammazzare. L'effetto fu veramente prodigioso; appena l'assalitore vide quell'arnese, come colpito da scossa elettrica, spiccò un salto nel bosco vicino e disparve.

Il caro confratello, maravigliato del suo ardimento, sorrise per la sua prodezza; ringraziò in cuor suo la Madonna Ausiliatrice che l'aveva protetto in maniera così maravigliosa, e seguitò il suo viaggio. Un'altra volta dovè ricorrere al revolver in quel viaggio. Alcuni soldati del Governo volevano esigere dal confratello la consegna delle due selle che avevano servito ai due Salesiani che erano partiti per Cartagena; e forse per scherzo gli puntarono le carabine al petto, dicendo che glielo bucherebbero se loro non consegnava ipso facto quelle due selle. Al principio cercò il confratello di passare avanti senza far caso della minaccia che non credeva seria. Ma vedendo che il giuoco si prolungava troppo, e che, o per burla o per davvero, perdeva un tempo prezioso, cava il suo bravo revolver, e dice un po' in milanese, un po' in italiano ed un altro po' in castigliano : prudenza, amici ; perchè se voi lo fate per ischerzo, io lo posso fare sul serio, e così dicendo mostrava loro la sua arma. La risposta comico-seria piacque ai soldati che lasciarono subito di molestare il povero viaggiatore.

Questo basta per dimostrare che è veramente pericoloso il viaggiare adesso per queste strade; potrei anche aggiungere che è anche costosissimo. Il viaggio da Bogotà a Honda, porto d'imbarco sul Maddalena, è di tre giorni scarsi; prima della rivoluzione, una mula presa a nolo costava al più 20 pesos di qui; adesso costa 800 ed anche 1000 , causa le rapine, per cui i padroni di bestie dicono che una di quelle data in affitto è lo stesso che venderla, perchè poche volte torna a sua casa ; quasi sempre è rubata dai ladri, o presa dai soldati ; il che vuol dire che la bestia è perduta per il padrone. Settimane or sono, un corriere, composto di una sessantina di mule, cariche di sacchi di corrispondenza europea, coi rispettivi uomini che le guidavano, cadde in potere di una guerriglia, a poche ore da Bogotà, e tutto andò perduto; uomini, mule e la corrispondenza coi valori. Per questo non si meraviglierà, se le dico che i Salesiani dei due lazzaretti non poterono venire agli Esercizi spirituali di gennaio; lo stesso dico delle Figlie di Maria Ausiliatrice che si trovano in Contratación. Appena vennero due di Agua de Dios, sfidando molti pericoli; ma gli altri non ebbero questo coraggio. I più dei nostri di Contrataciòn, da tre anni non si muovono più da quel lazzaretto. Per la stessa ragione, chi scrive non li potè visitare in tutto questo frattempo, e chi sa mai quando lo potrà fare.

E posto che parlo di lazzaretti, le dirò che nell'anno passato, quello di Agua de Dios si ebbe nove visite straordinarie di guerriglie; nessuna fu di gradimento ai poveri lebbrosi, ma le ultime due furono visite che si cambiarono in veri saccheggi, che sollevarono un grido di indignazione universale, meno per parte di quelli che favoriscono la rivoluzione. I nostri però non ebbero nulla a soffrire, se si eccettua lo spavento naturale in questi casi. Il nostro D. Crippa restò tanto spaventato che dopo l'ultimo saccheggio , non sentendosi più sicuro in casa, per un mese, andò a passare la notte nell' ospedale, e dormiva sotto lo stesso tetto, sotto il quale dormiva un centinaio di lebbrosi , i più aggravati su tutti. È tutto dire.

Per finire, le dirò che malgrado la miseria, la fame, la rovina generale in cui si trova questa povera Repubblica, non mancò più il necessario ai due mila lebbrosi, che la divina Provvidenza volle affidare alle cure dei figli di D. Bosco. Negli ultimi mesi, si poterono mandare vestiti nuovi e lingeria a tutti senza eccezione. Il Governo, a questo fine mi diede tante stoffe per vestire tutti quelli di Contratación. Il nostro buon D. Garbari si ebbe 13 mule cariche di questo ben di Dio, e fu un giorno di gran festa quando giunsero al lazzaretto. I poverini da più anni non si cambiavano più la roba che portavano indosso. In quanto a limosine non mi posso lamentare. Le liste pubblicate nel giornale ufficiale a tutt'oggi sono 136, con un totale di 363.520.00 pesos di qui, equivalenti a lire italiane 1.817.600.00.

Il prodigio è qui; che quanto più cresce la miseria, più aumentano le limosine. Negli ultimi mesi arrivarono alle mie mani somme veramente sorprendenti. Eccettuate L. 1700 che mi arrivarono da due buoni Cooperatori del Chilì, e altre L. 1000 che mi mandò lei, carissimo Padre, l'anno scorso, per questi cari nostri lebbrosi, tutto il resto è il frutto della carità di questi generosissimi bogotani. Non sono mai stanchi di dare, come io non mi stanco mai di chiamare. E bisognerà pur continuare, mentre dura la guerra ed anche per molto tempo dopo; perchè le rovine che lascierà dietro di sè questa rivoluzione, saranno tali e tante, che per molti anni se ne sentiranno i disastrosi effetti. Ma le prove amorose della divina Provvidenza durante questi due anni e mezzo di sconquasso universale, furono troppe e troppo eloquentì, perchè sia possibile diffidare della medesima ; e come ne ebbe cura sollecita ed amorosa fino ad oggi, così seguiterà per l'avvenire.

Ci benedica tutti, in particolare questo sempre suo

Aff.mo figlio nel Signore

SAC. EVASIO REBAGLIATI.

PARAGUAY Attraverso il Distretto di Concepción.

Chiamati con insistenza da molte famiglie dimoranti nella campagna, e sapendo che si trovavano nelle loro case ragazzi da battezzare, doppiamente volentieri ci siamo arresi alle suppliche loro, e abbiamo determinato di intraprendere questa escursione attraverso il distretto di Concepción.

Distretto di Concepción. - Aspetto fisico. - Abitanti. - Costumi e coltura. - Necessità urgenti.

Il distretto di Concepción, che si trova al Nord del Paraguay, sotto i raggi del sole tropicale, distendesi sino ai confini del Brasile: segue lungo la spiaggia del fiume Paraguay, che lo separa dal Chaco, ed abbraccia una zona di molte migliaia di chilometri.

Ne è capitale Villa real detta Concepción, dopo Assunzione la prima nel Paraguay, per commercio, ricchezze e politica importanza.

L'aspetto fisico del distretto ostenta agli occhi dell'osservatore un ridente panorama di colline e valli amenissime, che va man mano crescendo e dileguandosi sino ad essere coronato da una catena di piccole montagne che come natural muraglia dividono il Paraguay dal Brasile. Selve sconfinate vanno intrecciandosi a traverso tutta la contrada e fra esse distendonsi grandi praterie, tutte verdeggianti d'erba ed irrigate da copiosi fiumi e ruscelli di acque limpide e perenni. La fauna e la flora sono di forme oltremodo svariatissime e gagliarde.

Gli animali sono numerosi, arrivando ad abbracciare quaranta varietà. Gli uccelli poi sono innumerevoli e molti di essi forniti di un bel canto e dei più vaghi colori. Tra i rettili vi sono alcuni, come i serpenti, che arrivano ad una lunghezza straordinaria. Abbastanza comune è in questi luoghi una specie di biscia che si rizza sulla coda per inseguire chi l'irrita e sembra volare. Ma dove più natura ha voluto mostrarsi prodiga si è nelle selve foltissime ed immense, che coi loro alberi giganteschi sembrano sfidare le tempeste e gli uragani. In esse, frammischiati a mille altri, dotati pure di rare proprietà, campeggiano alberi di gomma, d'incenso, di china, di sapone, quello che produce la seta vegetale, il palosanto, che spira un odore soavissimo, numerosi alberi medicinali e ben trentasette varietà d'alberi fruttiferi puramente silvestri, che ci ricreano colle loro frutta. Della fauna e flora di Concepción un noto naturalista dice, che sono assai più ricche delle altre del Paraguay.

La civiltà in questo distretto è molto progredita, specie nella capitale. Infatti qui si hanno due banche , molte case di commercio all'ingrosso che importano le loro derrate direttamente da Montevideo e Buenos Aires. Telefono, tramway, fabbrica di ghiaccio, e presto sì stabilirà la luce elettrica ed acquedotti per distribuir l'acqua potabile a tutta la popolazione. Gli edifizi sono fatti, nella lor maggioranza, alla moderna e le strade sono spaziose e ben delineate, ma essendo alquanto trascurate, fanno una nota un tantino discordante in mezzo all'armonia generale.

Le principali sorgenti del commercio e della ricchezza di questo paese sono l'esportazione di legno da fabbrica, l'industria del bestiame il cui numero arriva a duecentocinquantamila, e l' elaborazione dell' erba mate, che somma quattro milioni e seicento mila chilogrammi l'anno. Come qui il lavoro non manca ed è prodottivo; si osserva un fatto alquanto raro, ed è che in tutta la Villa mai si vedono girare per le strade poveri mendicanti chiedendo elemosine : tutti qui hanno da mangiare perche tutti hanno le loro piccole industrie che bastano al loro giornaliero sostentamento.

Gli abitanti indigeni di Concepción parlano tutti il guaranì, antico linguaggio degli indi : il guaranì è abbastanza ricco in parole, molto nasale, e la sua costruzione imbrogliata assai: ha moltissime parole onomatopeiche e nel linguaggio famigliare ha una grazia e gentilezza nei giri non comuni. Ma i più sanno parlare anche lo spagnuolo. Essi sono superstiziosi oltre ogni dire: prestano fede assoluta e senza indugi a mille favole d'apparizioni di morti e d'anime sofferenti. Bramano molto dei santini e delle medaglie per portarle con loro, e si credono che in tal guisa non potranno mai avvicinarsi a loro le disgrazie. Sono assai divoti dei morti e delle croci; ma talvolta in questo la lor buona fede, non guidata dalla istruzione, è solita a sbagliarsi. Avvenendo infatti l'anniversario di qualche lor defunto, o volendo festeggiare qualche croce fanno dei velorios, come essi li chiamano, dove dopo accesevi delle candele cominciano a ballare ed a bere della birra che fa un piacere. Così pure essi non si danno premura di assistere alle funzioni prescritte dalla Santa Chiesa, ma se trattasi di qualche lor santuccio grosso come l'ugna, arrivatane la festa, fanno delle vere processioni zeppe di gente, al punto da sembrare incredibile come possa formarsi una folla sì numerosa. Hanno molto rispetto verso Iddio ed i suoi Santi e portano una divozione tutta speciale alla Vergine dei Miracoli ed a San Marco, l'universale loro protettore. Verso i sacerdoti pure sono molto riverenti e portano loro sovente dei regalucci.

Un'altra pratica che mai trascurano si è quella di domandare la benedizione. Quantunque arrivati ai settant'anni li si vedrà domandare la benedizione come ragazzi ai genitori ed agli zii, che regolarmente sono numerosi. Queste costumanze raccontate sin qui son proprio esclusivamente del popolo: i ricchi, che vivono alla moderna, non vogliono sapere di costumanze antiche.

In generale questa gente è abbastanza generosa ed educata con tutti: compassionevole verso i miserabili, ossequiosa verso le autorità e capace delle più virtuose azioni.

Il fatto sta che qui fa bisogno urgente di sacerdoti santi ed istruiti, che insegnino loro con una mano il cielo e coll'altra le industrie civili per farle progredire verso la vera civiltà; che siano la testa, gl'indirizzatori del popolo, quelli che lo istruiscano, l'ingrandiscano e gli aprano gli orizzonti d'un avvenire glorioso e felice.

Noi a questo indirizziamo i nostri sforzi ed i nostri sudori col Collegio in questa Villa Concepción. E già si sono raccolti ottimi frutti. Abbondano difatti le confessioni e le comunioni e la gente in folla viene ad ascoltare la S. Messa e le funzioni della Chiesa Cattolica. In verità le missioni apostoliche saranno quelle che diffonderanno dovunque la luce e lo splendore e si avvererà quel sommo principio, che la Religione è la sorgente più pura della civiltà.

Usetta. - A Jhuguacuré. - A Paso Barreto.

Non erano ancor scoccate le otto di mattino dell'undici di gennaio, quando ci siamo messi in viaggio, D. Queirolo Domenico, nostro buon direttore, un ragazzo, una guida ed io, senza altri equipaggi fuorchè qualche cosa per mutarci. Il piccolo altare portatile l'avevamo mandato innanzi, non potendo noi condurlo sopra il cavallo. Il cielo limpido sembrava sorridere, ma nell'orizzonte alcune nuvoline nere lasciavano intravvedere non lontana qualche tempesta.

Dopo ben quattr'ore di cammino a traverso boschi e pianure siamo arrivati in casa d'un signore amico nostro, il quale c'invitò a fermarci. Nel frattempo la bufera che c'inseguiva da vicino, appena giunti si scatenò con una forte pioggia ed un vento impetuoso che sembrava voler atterrare gli alberi , ma noi dal sicuro non ne facevamo gran caso. Preso qualche ristoro e riposati alquanto intraprendiamo nuovamente la marcia.

Sul tramonto del sole si arrivò alla casa di Jhuguacuré, dove avevamo stabilito la nostra prima tappa. Jhuguacuré appartiene al sig. Filippo Neri Ibuerta, attual Presidente municipale, e trovasi a cinquanta chilometri da Villa Concepción. Niente ci capitò qui di notevole : si è detta la Messa ogni dì e si fece un battesimo e varie Comunioni. Il giorno quindici, abbiamo dato l'addio a Jhuguacuré, avendoci fatto protrarre l'uscita il cattivo tempo. Erano circa le diciassette e la strada a percorrere era lunga assai. Sull'imbrunire ci fermammo alquanto per prendere qualche cibo e ripresa la marcia siamo arrivati alle ventidue al sì sospirato Paso Barreto, sulle sponde del Aquisdaban. Tutti dormivano, eccezione fatta dei cani che abbaiavano disperatamente al nostro passaggio. Picchiammo alle porte d'una casetta trovata accanto al fiume e ne uscì una donna che nel guardarci sembrava meravigliata d'un arrivo così importuno ed inopinato. Ma poi, conosciuti i suoi ospiti, parve cadere dalle stelle. Andò in tutta fretta a svegliare quei di casa perchè venissero a salutare il Pai, ci offerse quello che aveva e più non finiva la sua ammirazione ed il suo cordoglio per essere stata siffattamente sorpresa.

Dopo ci condusse seco a mostrarci un'altra sua casa, consacrata alla Vergine dei Miracoli, che faceva le veci di chiesa. Innanzi eravi un ampio e comodo cortile coperto. Ci piacque il luogo così opportuno e fresco per passar la notte, e stanchi dal sonno e dal lungo cavalcare abbiamo dormito da principi.

Paso Barreto è una piccola borgata che va giorno per giorno crescendo con progresso lento sì, ma costante. Deve l'esistenza al fiume che scorre ai suoi piedi, ed all'affluenza di passeggieri, i quali vogliono sostare in Paso Barreto prima di passare il fiume. Esso trovasi a 60 chilom. da Concepción e quantunque non registrato nelle geografie arriva ad avere molte centinaia d'anime. Con tutto ciò non vi è un prete che dica Messa una volta all' anno ! La chiesa, in vero povera, è quella sopra descritta. Le altre case sono tutte di fango con tetto di paglia.

Verso lo spuntar del giorno la luce che feriva gli occhi ci svegliò e ci alzammo. Un uomo corse allora a divulgare la nuova dell'arrivo d'un prete, e non era ancor trascorsa un'ora dalla dipartita di quello, che già la piccola chiesa rigurgitava di gente, desiderosa d'ascoltar la santa Messa. S'apparecchiò un bell'altare e la chiesetta s'abbigliò come di festa.

Finito il Santo Sacrifizio e dopo breve colazione, si cominciò a battezzare i ragazzi. Verso le undici, sotto un sole che avrebbe fuso persin le pietre, il direttore benedisse un nuovo cimitero di recente finito, lontano ben due chilom., ed alla sera si continuò a battezzare ed a soddisfare ai bisogni ed alle domande della gente. All'indomani del dì seguente, di buon mattino partimmo da Paso Barreto, col pensiero che se, gente così semplice e buona per natura, fosse cresciuta nelle verità di nostra Religione, ricondotta ai sentieri della virtù da un buon prete dimorante tra di loro, quanti bei frutti di santità si ammirerebbero !

A Mancuello. - Arroyo Primero. Bella Vista.

Camminavamo in direzione a Mancuello, quando pervenuti alla metà del viaggio, incominciò a piovigginare con grande disagio nostro, sebbene indossassimo i ponchos. Prima di mezzogiorno avevamo già messo piede in Mancuello, che dista da Concepción 90 kilom. ed appartiene al sig. Basilio Quevedo e C.ia. Quivi il riposo ed abbondanti cibi ingagliardiscono le nostre spossate forze e quando il sole aveva smorzato alquanto la violenza dei suoi raggi, ci mettemmo di bel nuovo in marcia.

In Mancuello vi era una grande estensione di terreno seminato a mandioca, l'alimento necessario e direi l'unico di quei che dimorano lungi dai centri popolati. Orbene una turba fitta fitta di cinghiali (più di trecento) che raggiravansi pei boschi vicini s' abbattè in essa e spezzatane la siepe vi potè penetrare a suo agio. Ciò che poi successe non è a descriversi : neppure una pianta di mandioca restò in piedi. Ma gli abitanti di Mancuello saputo l'arrivo dei cinghiali armaronsi tutti e si scagliarono incontro ad essi. Accanita fu la lotta: finalmente i cinghiali si ritirarono portando seco molti feriti e lasciando nel campo ventidue morti.

Dopo due giorni, in cui nulla ci avvenne degno di particolar menzione, benchè ci fermassimo in molti luoghi, alla sera del diciannove capitavamo ad Arroyo Primero, anch'esso di proprietà di Quevedo e C.ia. Ivi si battezzò due ragazzini e si riposò. Eravamo a duecento kilom. da Concepción. Prima dello spuntar del sole riprendevamo già la marcia verso Bella Vista, la meta del nostro viaggio.

Il cuore ci balzava di gioia nel trovarci così poco lontani dagli ultimi confini del Paraguay, come è solito accadere a quei che viaggiano di rado e che percorrono piccole distanze. Erano circa le nove quando potemmo scorgere dipinte nel lontano orizzonte le case di Bella Vista bancheggianti frammezzo agli alberi. Un'ora dopo eravamo sul luogo. Il nostro arrivo a Bella Vista era proprio inaspettato, e si videro donne e ragazzi affollarsi frettolosi alle porte e guardarci con aria di somma meraviglia, mentre noi ci avanzavamo per la strada.

Bella Vista è un borgo non molto piccolo, trovantesi sul fiume Apa, che divide le terre brasiliane da quelle del Paraguay: da ciò la sua importanza politica e commerciale. Vi scarseggia ancora la popolazione, ma se si pon mente che non sono ancora quattro anni dacchè fu fondata, il suo accrescimento è cosa affatto insolita e straordinaria. Le case vi sono sparse senza alcun ordine di sorta, per cui è priva di vere strade. Ciò non per tanto non vi mancano le comodità. Le derrate tutte vengono importate da Concepción, e quello che non si può introdurre a cagione della distanza lo fanno con propria industria. Bella Vista dista da Concepción duecento venticinque kilom., e fra ambedue non vi è altro mezzo di comunicazione fuorché il cavallo e le carretas, che fanno un servizio abbastanza imperfetto, causa le cattive strade ed i fiumi soliti a straripare. La popolazione di Bella Vista raggirasi intorno ad una collinetta che sorge di fronte al fiume Apa: nella sommità di essa campeggia l'edifizio dove risiede il comandante militare.

Dal Comandante ebbimo le più liete accoglienze. Si parlò di un po' di tutto e fra le altre cose ci espresse la sua gratitudine per il gran bene che arrecherà a Bella Vista il nostro arrivo, giacchè il numero dei ragazzi senza battesimo sorpassava oramai i duecento. Pregato da noi ad indicarci un luogo adatto per nostro alloggio, ci rispose che la Comandanzia a cagione delle circostanze così impreviste, della strettezza del locale e dall'essere lontana dal centro della popolazione non poteva essere buona a tal uopo, epperò ci mostrò un' altra casa comoda all' effetto e ci fece accompagnare fino ad essa da un soldato.

Il padrone di questa casa si era un certo Roque Rojas, conosciuto da noi, ma trovavasi assente: però la Signora di lui, di buon cuore, come lo sono tutti qui, ci accolse con sommo piacere e ci albergò in una stanza ben pulita, ove venne innalzato un piccolo altare, abbellito con ogni sorta di fiori e di candele. Una cosa però mancava per portare al colmo la gioia generale: il nostro altare portatile: In Paso Barreto noi l'avevamo consegnato ad un carrettiere col quale dovevamo arrivare insieme a Bella Vista. Ma quello, a cagione di circostanze sfavorevoli, trovossi imbarazzato e non potè arrivarvi se non molto tempo dopo. Non di meno la gente avvertita dalla pubblica voce accorse premurosa a rigenerare nelle acque del battesimo i loro figliuoli. Ben centocinque ragazzi si battezzarono: alcuni adulti, altri giovani e non mancarono gli Indii.

Fra questi uno ne trovammo chiamato Teofilo, di età di sette anni, il cui fisico non rassomigliava a quello dei suoi consimili, ma si avvicinava di più ai civilizzati. Perciò ci sorse in mente l'idea di condurlo con noi per istruirlo ed aprirgli la strada dell'incivilimento. Notiamo però, che questa schiatta d'Indii è senza dubbio la più intelligente e la più sociabile che ci sia nel Paraguay. Ma il padrino di quel ragazzo non volle arrendersi alle nostre domande. Di più il bambino avea ancora vivente il nonno , il quale conosciuto il nostro desiderio, venne da da noi e con tutta finezza ci pregò di scusarlo per non poterci compiacere. Infatti il padrino aveagli raccontato, con menzogna, che il padre del ragazzo andato in Brasile non voleva assolutamente allontanare da sè il figlio; nondimeno ci assicurò che appena trovato tra i suoi compagni un altro ragazzo subito l'avrebbe consegnato a noi.

In quei giorni stessi erasi finita una rivoluzione che aveva sommerso tante famiglie brasiliane nel lutto e nella costernazione, ed appunto allora s'intavolarono le condizioni di pace dai capi principali radunatisi a ciò in Bella Vista per viemmeglio esser sicuri, trovandosi in terra straniera. In quella occasione il direttore volle andare in casa d'un signore che conosceva ed al quale doveva consegnare una lettera, e nel giungervi vi trovò riuniti tutti quei capi brasiliani che festeggiavano la buona riuscita degli affari. Un generale, che già aveva conosciuto il nostro Superiore in un viaggio, s'alzò in piedi e chiese ai compagni la facoltà di convitare anche il Sacerdote. Tutti l'applaudirono e così il direttore s'assise in mezzo a loro.

Ancorchè Bella Vista sia così popolata, non possiede tuttora nè chiesa, nè cappella che possa servire ai divini uffici in tempo di missione. Il nostro direttore deplorando questa mancanza fece il possibile per ispronare la gente a concorrere a questo buon fine. Tutti s'arresero volentieri, ma esigevano che Mons. Vescovo inviasse loro un prete almeno due volte all'anno ; epperò dietro istanze dello stesso direttore stabilirono di scriverne al Vescovo e nel frattempo por subito mano all'opera. La sera del 24 gennaio si doveva lasciare Bella Vista. Il tempo premeva, poiche nel collegio ci aspettavano il due di febbraio per la festa di S. Francesco e per di più ci restavano ancora altri luoghi da visitare. Ma all'ora della partenza cominciò, con grande scapito nostro, una pioggia dirotta che durò per ben due ore consecutive, obbligandoci a tramandare ad altro momento il nostro viaggio. Il venerdì stesso adunque finita la pioggia uscimmo a notte fatta da Bella Vista, accompagnati dal padrone di casa, arrivato dal suo viaggio, e da un altro suo amico, e verso le 23 giungemmo di bel nuovo ad Arroyo Primero. E poichè la notte era già inoltrata e tutti dormivano saporitamente, nessuno s'avvide del nostro arrivo. Aggiustatici alla meglio vi passammo la notte, per rimetterci in viaggio all'indomani. Zapallo-cué. - Bedoya-cuè. - Paso Mhutú. - Nuovamente a Villa Concepción.

Verso le 10 e mezza sostammo a Zapallocuè, dove villeggiava la famiglia del signor Ugarte Felice, assai benefattore dei Salesiani. Una sera ci siamo trattenuti a Zapallo, nella quale furono pur battezzati due ragazzini.

La mattina seguente, nonostante le raddoppiate suppliche di quella buona famiglia e la pioggia che imperversava, partimmo con direzione a Bedoya-cuè dove si giunse in sul mezzodì. Bedoya-cuè trovasi a 150 kilom. da Villa Concepeión. Prima era proprietà del fu signor Quevedo Giuliano, ma adesso è nelle mani di sua sposa ancor vivente, la signora Vincenza Mendoza, ottima Cooperatrice salesiana. Ivi soggiornava altresì un Professore del Collegio Nazionale, col quale ci siamo intrattenuti in utili ed amene conversazioni. In Bedoya abbiamo fatti quattro battesimi.

Quinci fino ad essere pervenuti in Villa Concepción non abbiamo fatte altre soste di importanza fuorche a Paso Mhutù, dove si battezzarono alcuni ragazzi.

IN FASCIO

OJO DE AGUA (TERRITORIO DEL CHUBUT). Il missionario D. Pietro Orsi manda queste notizie : « Per assecondare il desiderio di molte buone persone sospesi per un po' i lavori urgenti per la terminazione del nostro Collegio in General Acha e mi recai in missione attraverso il Territorio affidatomi. Il nostro buon amico, signor Fratini, conoscendo lo stato miserabile della mia borsa, mi inviò la sua carrozzella mettendola a mia disposizione per tutto il tempo dell'escursione. Disposte tutte le mie cose, montato il mio birroccino, il nove luglio mi avviai alla valle Quiñe Malal verso l'Atlantico. Questa valle non è altro che il letto di un vorticoso fiume il quale anticamente scorreva da Ovest ad Est, fecondando per ben 160 Km. colle sue piene le pittoresche pianure che si distendono tra General Acha ed il Rio Colorado, e che presentemente, disseccate le sorgenti di detto fiume e livellato il suo letto dai cumuli di arena trasportata dal vento pampero, va popolandosi di colonie straniere. Il terreno si presta mirabilmente per l'agricoltura e sarebbe una sorgente di ricchezza sicura se si potessero a tempo ottenere le necessarie pioggie e ripararlo dal terribile pampero che lo brucia come il fuoco. Nel tratto di territorio che abbiamo percorso vedemmo leghe e leghe di terreno già coltivato e altre in cui si lavora incessantemente preparandole per la prossima primavera.

I buoni coloni senza distinzione di nazionalità, salutano rispettosamente con il capo scoperto ìl rappresentante di Dio che di tempo in tempo li visita e loro ricorda le verità eterne ed i mezzi necessari per salvarsi l'anima.

A Chiloè abbiam fatto conoscenza col signor Vanoli, italiano molto cortese ed affabile. Possiede una bella casa costrutta parte in mattone e parte in ferro galvanizzato ed esercita un piccolo negozio di commestibili e vestiarii. Il signor Vanoli pose a mia disposizione tutte le sue cose, mi offerse dei rinfreschi, un buon bicchier di barbera, che in mezzo a quei deserti mi parve un vero nettare. Voleva che sostassi presso di lui almeno una notte, ma non potei accontentarlo perchè aveva dato parola di arrivare in giornata a Ojo de Agua onde confessare la gente colà radunata e così amministrare la Santa Comunione il dì seguente. Era molto contento di aver conosciuto personalmente un amico dei Salesiani, ma ben presto cambiò la scena e la mia contentezza si cambiò in trepidazione. Entrando nel più folto della foresta fummo sorpresi dall'oscurità della notte e per di più uno dei cavalli che tiravano il birroccio s'impennò e si diede a fare il matto, e certo ci avrebbe strascinati tutti a precipizio senza il soccorso di Maria Ausiliatrice. Come Dio volle riuscimmo a liberare la carrozzella dai rami degli alberi in cui era stata strascinata e dopo un'ora di giravolte nell'oscurità si pervenne a Ojo de Agua. Quivi quelli che ci attendevano, disperando già della nostra venuta, avevano incominciata la cena. Entrando nel vasto cortile ci si pararono dinnanzi due grandi saloni riccamente illuminati; nel primo mangiavano le signore e le fanciulle, nel secondo i fanciulli e gli uomini come membri di una stessa famiglia, quantunque venissero da lontane e diverse parti. Il padrone di casa, sig. Fratini, mi ricevette colla massima cortesia, mi presentò dapprima alle Signore e quindi ai Signori dandomi a conoscere uno per uno il nome, cognome e professione. Mi fece sedere in capo alle mense e mi venne tosto servita un'abbondante cena. Mentre si terminava la cena si annunziò la venuta del missionario con sparo di mortaretti, con palloni areostatici e con una fogata tanto grande che durò tre giorni senza venir meno. L'impegno del signor Fratini fu più che ordinario per dare splendore e pubblicità alla missione. Parve egli stesso divenuto un missionario consigliando alle persone di approfittare della venuta del ministro di Dio per confessarsi, comunicarsi, far battezzare i propri figliuoli ecc. L'esito della missione fu soddisfacentissimo e quei pochi che non vollero ricevere la grazia del Signore ebbero ben tosto a provarne le tristi conseguenze. »

GENERAL ACHA (TERRITORIO DEL CHUBUT) - Lo stesso nostro missionario inviava ultimamento al signor D. Rua una bella relazione dei progressi di quella nostra Missione. Dice che non può parlare dettagliatamente di tutte le feste fattesi nel corso dell'anno; accenna però allo splendore delle funzioni della settimana santa, alle numerosissime comunioni pasquali e al contegno esemplare di tutti i fedeli. La festa di Maria Ausiliatrice fu pure solennissima. Perche si abbia un'idea dei progressi della Missione basti il notare che nel 1895 nella cappella di General Acha, prima che fosse affidata ai nostri missionari, si fecero in tutto l'anno due comunioni; nel 1896, primo anno della nostra Missione, se ne fecero 393, e nell'anno scorso 5976. Furono benedetti 79 matrimoni, battezzati 635 infedeli e conferite 549 cresime. Sono molti i toldi evangelizzati e i ranci visitati più volte dai missionari. Con la cooperazione del signor direttore delle carceri e del personale subalterno i nostri missionari ebbero la soddisfazione di predicare la parola di Dio ai carcerati, di amministrar loro i Sacramenti dell'Eucaristia e della Cresima, celebrando la Santa Messa nel cortile principale per dare a tutti la comodità di assistervi.

Benedissero uno ospedale di carità ponendolo sotto la protezione di S. Tommaso d'Aquino, perchè essendo il principe di color che sanno, insegni ai pazienti a sopportare i mali di questa terra per acquistarsi i beni dell'eternità. Coll'autorizzazione di Mons. Terrero, Vescovo di La Plata, prepararono pure un nuovo e bel cimitero. Anche le Figlie di Maria Ausiliatrice fanno un bene grande in questo Territorio, ma il personale nostro è sempre infimo se si guarda al maggior bene che vi è da fare.

ARROYO DE LOS BERROS (TERRITORIo DEL Rio NEGRO). - Da questa località il confratello Don Giuseppe Boido manda pure consolanti notizie della sua Missione. Sulla costa del Arroyo Salado si fermò quattro giorni in casa del rispettabile signore Sotero Carlo, amministrando il battesimo a cinque creature e ad una donna indigena di 25 anni. Benedisse pure varii matrimoni. Presso un altro rispettabile signore preparò una numerosa Comunione cui presero parte le più disparate nazioni : Argentini, Spagnuoli, Chileni, Francesi, Italiani e Indi. Poche volte, scrive il missionario, è dato di vedere nell'immensità della Pampa o sulle Cordigliere patagoniche una riunione di persone tanto disparate fra loro per nazionalità. Celebrai sette matrimoni, amministrai 23 battesimi di cui 5 adulti, e 67 Comunioni. Nella Serra Grande abbiamo pure fatto abbastanza bene : vi furono 21 battesimi, 6 matrimoni e circa 100 Comunioni.

CALLAO (PERÙ). - Il confratello Don Felice Tallachini scrive al nostro Superiore: « L'anno scorso fui mandato dal Chilì al Callao nel Perù. Nel viaggio mi fermai circa un mese ad Iquique nel Collegio Don Bosco del Sacro Cuore. Tutti dicono che Iquique si va trasformando moralmente da qualche anno. Disgraziatamente i protestanti sostenuti dal Governo degli Stati Uniti, vi lavorano attivamente. Giunto al Callao mi posi a dar Missioni in mezzo al popolo. La gente del luogo è molto ben disposta, ha fede e si mostra sempre docile e generosa. Ma da molto tempo, per infelici circostanze, quel popolo fu assai tra. scurato. Di più vi ha un concorso di ogni nazionalità e di ogni razza; bianchi, neri, indigeni, asiastici : specialmente vi abbondano i cinesi colle loro pagode. Non bastando per questo il ministero parrocchiale, insufficiente esso pure per la scarsità di clero, non sarebbero troppo due sacerdoti con facoltà di missionari, per coloro che ancora giacciono nelle tenebre, o che avendo ricevuta la luce, questa, per le tenebre, non fu compresa. Così in quest'ultimo anno abbiamo avuto il piacere di fare frequenti visite agli ospedali distribuendo buone letture e preparando molti ammalati alla guarigione spirituale: all'Ospizio chinese, vero asilo della miseria nera e dell'abbiezione; alle varie fabbriche ove lavorano circa 2000 operai, avvicinandoli così al Sacerdote con una buona parola, con un foglietto morale o religioso, invitandoli alle funzioni di chiesa o a qualche teatrino preparato apposta per loro. Anche ai quartieri abbiamo cercato di portare un po' di bene, visitando i soldati nei giorni di festa con qualche regaluccio, riunendoli quando si poteva per far loro udire un bell'esempio e recitare un Pater, un'Ave, un atto di contrizione: facendoli poscia cantare qualche canzone, giuocare a barra, a bandiera, alla palla, trasformando così il quartiere in oratorio festivo, almeno per un'ora. Poveri giovani! Sono tutti semplici, schietti, quasi tutti di ottima volontà. Ma non hanno chi li aiuti ad essere buoni cristiani. Perché la patria, che dà loro il vestito e l'alimento corporale, non pensa anche all'anima loro? Forse il soldato la serve solo col corpo o non principalmente colle virtù dell'anima? Così essa sarebbe vera madre; altrimenti è matrigna di cattivo cuore.

» Si erano preparati due reggimenti agli esercizi spirituali ; ma alcuni giorni prima di quelli fissati per cominciarli, giunse l'ordine di traslocazione dal ministero. Si fece qualche visita ai vapori di guerra distribuendo ai buoni marinai scapolari, medaglie e foglietti a proposito. Specialmente si attese con trepidazione all'incrociatore francese Prótet, assalito dal tifo. Quanti buoni ragazzi si trovano a bordo ! Nessuno rifiuta il prete, e molti sono modelli di cristiani. Si tradusse la biografia del nostro marinaio e chierico Giuseppe Bussetta e la si diede loro per ricordo.

» Un luogo assolutamente bisognoso di aiuto spirituale sono al Callao le Carceri provinciali. Un centinaio di prigionieri, privi di ogni pratica religiosa, ivi erano rinchiusi per maledire la loro sorte, comunicarsi vicendevolmente il contagio del delitto e meditare le vendette del socialismo. Erano due anni che non vedevano il prete. Ottenuto il permesso per entrare due volte al mese, li abbiamo visitati una o due volte alla settimana con indicibile loro gioia. Parecchie persone di cuore cristiano e generoso ci aiutarono coi loro regali e colla cooperazione. Per due volte si diedero ivi gli esercizi, così come si potè, ed ogni volta si confessarono quasi tutti.

»Neppure al Callao ho potuto evitare gli incontri coi protestanti metodisti, che vi hanno due Cappelle e quattro collegi. Feci circolare qualche libretto a proposito ; parlai anche con alcuni dei loro ministri. Dopo due o tre conferenze, conchiudevano con dirmi che loro rincresceva di non sapere abbastanza per difendere il Vangelo del loro buon Gesù; ma che essi erano sicuri di salvarsi credendo in Lui.

- Ma voi non credete in Lui, soggiungeva io, sibbene nel vostro particolare giudizio, posto che non riconoscete il magistero di una Chiesa visibile.

- E dunque non potrò io salvarmi? Mi domandava uno di essi.

- Forse finora voi potevate salvarvi, se eravate in buona fede. Ma d'ora in avanti, avendo riconosciuto il vostro errore, non vi salverete, se non ritornando sui vostri passi, al seno di quella chiesa che avete abbandonata.

» Lo sciagurato erasi fatto protestante per isposarsi con una sua parente; giacchè le leggi qui riconoscono il matrimonio civile degli eretici. Un mese dopo l'ultima mia intervista con lui, tornai per salutarlo. Mi si ricevette colla porta socchiusa e di dentro la sposa mi avvisava che il marito era un po' ammalato, che dormiva e i medici gli avevano proibito di parlare.

- Ebbene, dissi, tornerò un'altra volta.

» Tornai il 5 di gennaio, vale a dire quattro giorni dopo. Trovai tutte le porte aperte, ma addobbate di nero. Il poverino era morto quasi repentinamente nel giorno stesso.

» Intanto io vidi la necessità di istruire il popolo, ed approfittai della novena della Mercede, per isvolgere i punti della controversia protestante. Invitai pure alle prediche i metodisti, alcuni dei quali tennero l'invito.

Altri corsi di predicazione si tennero durante l'anno, vuoi nella chiesa da noi funzionata, vuoi

nella parrochia. Si fecero varie devote processioni per il Giubileo ed in varie feste. La pietà e la frequenza dei Sacramenti cresce ognora nella nostra Chiesa. Il Collegio ha 150 giovani esterni e semi-interni. Quest'anno abbiamo avuto la consolazione di preparare circa 300 prime comunioni, contandolo fra i giovani del Collegio, quei di fuori e le giovanette. Inoltre il Signore si degnò benedire i nostri sforzi, potendo battezzare : 4 protestanti, due fanciulli e due uomini attempati ; 5 chinesi di età avanzata; 20 giovanetti e giovanette fra i sette e i venti anni. Abbiamo eziandio ricevuto l'abiura di un Greco-scismatico e legittimato parecchi matrimonii. »

CHOS-MALAL (TERRITORIO DEL NEUQUEN). - L'infaticabile apostolo della Patagonia Mons. Giovanni Cagliero, aiutato da altri sei sacerdoti salesiani, lo scorso dicembre diede in questa ridente e pittoresca capitale del Neuquen, un'importante missione, della quale mandiamo brevi cenni pel Bollettino.

La missione durò 17 giorni, che furono di benedizione e di pace. L'affluenza di popolo che assistette alle funzioni sacre sì al mattino che alla sera fu tanto numerosa e assidua, che la modesta chiesa del luogo, quantunque stipata, non era capace a contenerla. Fortunatamente le finestre del sacro edilizio sono assai basso e più volte le aprivamo insieme con la porta maggiore, acciocchè le persone, che non stavano più in chiesa, ascoltassero la divina parola dal grandioso cortile laterale e dalla piazza di fronte. La chiesa parrocchiale sembrava uno di quei celebri santuari ai quali nei giorni di maggior solennità concorrono pellegrini da tutte parti e dì e notte si ode la divota preghiera di coloro che fanno ricorso a Dio ed in Lui confidano. L'orario delle funzioni era il seguente: al mattino fin dall'aurora Messe lette fino alle nove. La Messa delle 6 la diceva Monsignore tenendovi apposita istruzione e distribuendo la S. Comunione ai numerosi fedeli. Dopo si amministrava il Sacramento della Cresima agli adulti e non era raro il caso di dover cresimare persone di 30, 40 e persino di 60 anni e più. Alle nove di mattina ed alle quattro di sera si faceva la spiegazione della Dottrina Cristiana ai fanciulli ed alle fanciulle della Parrocchia per prepararli a ricevere i Santi Sacramenti. Alle cinque di sera si amministrava per la seconda volta la Santa Cresima ai fanciulli e alle fanciulle previa istruzione sopra la virtù di questo Sacramento e sopra le obbligazioni dei padrini e delle madrine verso i loro figliocci. Verso notte si recitava il Santo Rosario cui teneva dietro il discorso con la benedizione del Santissimo Sacramento. Questa era la funzione di maggior concorso ed allora la modesta chiesa di ChosMalal sembrava una fortezza in tempo di assedio: era la fortezza santa di Sion che difendeva la causa di Dio ed il bene delle anime.

Monsignore predicava due ed anche tre volte al giorno con uno zelo ed una eloquenza tutta propria di un apostolo come lui e l'affollato popolo pendeva estasiato dal suo labbro mentre la divina parola operava inspirati prodigi di conversione. Quattro confessori stavano a disposizione dei fedeli dalle 4 del mattino sino alle 10 e dalle 5 di sera fino alle 10 ed alle 11 di notte. Quasi la metà delle confessioni erano di uomini, poichè Dio colla sua grazia volle in questa fausta circostanza visitare i suoi cari figliuoli arricchendoli della sua benedizione ed amicizia. Alle ore 3 processioni di penitenza, che si fecero per acquistare le indulgenze dell'anno santo. Vi prese parte la popolazione urbana e molte persone della campagna le quali venivano in pellegrinaggio. Il quattordici dicembre Monsignore inviava Don Domenico Milanesio e Don Matteo Garotto in missione a Malbarco, toccando i punti Matancilla, Pichi-Nires e Las Ovejas per attendere alle numerose famiglie che si erano ritirate, con i loro greggi negli altipiani della Cordigliera. In quei luoghi la fede cristiana regna in tutta la sua bellezza e splendore e la recezione dei Santi Sacramenti è tanto generale e frequente che difficilmente s'incontra chi non si comunichi due o più volte all'anno.

Il 15 dicembre Chos-Malal ebbe l'incantevole festa della prima Comunione dei ragazzi e delle ragazze. Numerosi furono i fortunati che per la prima volta ricevevano il pane dei forti senza contare i genitori che si unirono ai loro figliuoli nell'accostarsi all'Eucaristico banchetto.

Lo zelo apostolico di Monsignor Cagliero si estese anche ai poveri carcerati e accompagnato dalle principali autorità civili e militari fu a visitarli al fine di mettersi a loro disposizione in tutto quello che poteva aiutarli. I poveretti furono pieni di meraviglia per la bontà del buon Pastore e tutti accettarono la proposta di prender parte alla missione assistendo nello stesso carcere ad un triduo di predicazione che compirono con gran piacere nei giorni seguenti confessandosi tutti una o due volte per ricevere la Santa Comunione. Giunto il giorno destinato per la festa prepararono e addobbarono essi stessi uno dei saloni dove Monsignore battezzò solennemente tre Indi di oltre 40 anni di età, celebrò la S. Messa fra la quale ebbe la consolazione di cibare col Pane degli Angioli quei poveretti che per la maggior parte lo ricevevano per la prima volta; 13 di loro ricevettero anche la S. Cresima. Poscia Monsignore s'intrattenne famigliarmente, facendo colazione con loro, coi poveri carcerati dando a ciascuno consigli di vita cristiana per l'avvenire. Prima di terminare la missione Sua Eccellenza tenne nella chiesa parrocchiale un'interessante conferenza alle Signore del luogo, al fine di stabilire tra esse la Pia Associazione del Sacro Cuore di Gesù, la quale venne definitivamente stabilita in quel medesimo giorno. Una commissione di Signore presentossi pure a S. E. per domandargli la fondazione di un collegio di Figlie di Maria Ausiliatrice, la cui benefica opera urge per l'educazione cristiana delle fanciulle di quella regione. Monsignore benedisse il lodevole progetto, promise il suo appoggio e animò le esimie Signore della commissione a lavorare per condurre a termine la santa impresa, raccogliendo i fondi necessari. La festa del Santo Natale riuscì quest'anno in Chos-Malal una solennità dii splendore eccezionale. Monsignore celebrò la Messa solenne della mezzanotte, distribuendo in essa la S. Comunione che fu numerosissima. Dopo la prima Messa impartì la benedizione papale a tutti i presenti, seguirono poscia le altre due Messe. Furono feste molto simpatiche ed espansive ed il loro ricordo rimarrà indelebile in tutta la valle del Neuquen. I frutti raccolti in questa missione di Chos-Malal sono : 418 Comunioni, 572 confessioni, 518 cresime, 80 battesimi e 5 matrimoni. Soli Deo honor et gloria.

Per la stagione estiva.

Nell'intento di favorire i RR. Sacerdoti e buoni Signori, bisognosi di passare alcun tempo d'estate in luogo alpestre, i Salesiani pensarono mettere anche in quest'anno a loro disposizione la villeggiatura avuta in donazione presso il simpatico e quieto paese di Oulx. Questo paese, Capo Luogo di Mandamento, trovasi sulla linea ferroviaria Torino-Modane all'altezza di circa 1100 metri sul livello del mare e distante da Torino appena due ore di diretto.

Per informazioni rivolgersi al Rev. Don Guglielmo Rinaldi Rettore della Chiesa Abbaziale di Oulx (Susa).

GRAZIE di Maria Ausiliatrice

MARIA Regina del cielo, assisa sopra il luminoso suo trono assai più elevato di quello di tutti i Santi, e inferiore solamente a quello della Trinità augustissima e a quello dell'Umanità santissima del suo divin Figliuolo, prega e intercede per noi suoi devoti servitori a fine di ottenerci la grazia di regnare un giorno con Lei.

Non giudichiamo impossibile, nè crediamo difficile l'arrivare anche noi colà ove si contempla la nostra celeste Signora, e il seguire passo passo il cammino che Ella stessa ha tenuto. Maria non cessa di venirci in aiuto dall'alto del cielo, e la sua validissima intercessione di Regina e di madre amorosissima non cessa un istante di salire verso Dio in nostro favore. Maria non è il tesoro delle grazie, ma Essa n'è la tesoriera privilegiata : Essa non è la sorgente, ma il canale pel quale le grazie discendono dal Cuore amatissimo del suo Figlio Gesù. Ella fu donata ai cristiani in prima per modello, e poi per avvocata in eterno. Ella ama i suoi fratelli, figli come Essa di Adamo, e non dimentica coloro che Essa ha lasciato nei gemiti e. nelle lagrime sopra questa terra, ove Ella pure visse in esilio. Di più essa ama il suo Figlio, e desidera procurargli la più bella e più numerosa corona d'eletti. Oh ! quanti e quanto possenti motivi perchè l'intercessione di Maria in nostro favore sia costante ed efficace !

Però il titolo di figli del quale noi ci onoriamo rispetto alla Santa Vergine Maria deve trovare la sua giustificazione nella nostra condotta piena di ubbidienza e di rispetto. Ogni altro procedere sarebbe una violazione ed un oltraggio al suo carattere di madre. La legge di Dio e gli esempi di Maria, ecco la regola di vita che Mostrerà quaggiù che noi siamo veri servi di Maria, e che ci meriterà d'essere eternamente felici con Lei nella patria immortale.

Grazie, o Maria, grazie !

Quante e ripetute volte t'invocai sotto il dolce titolo di Auxilium Christianorum, sempre benigna, o Maria, Tu mi ascoltasti, sempre pietosa recasti conforto alle mie pene, sempre adempisti Tu i miei voti !

Da ben quattro anni il demone della discordia era entrato nella nostra famiglia, e frequenti erano gli alterchi, spessi i litigi che, ohimè ! essendo tra fratelli, faceano fremere e temere che da un momento all' altro trasportati dall'ira eccedessero ad atti scandalosi e compromettenti. Tu sola fosti testimonio, o Maria, dei miei palpiti, delle mie ansie, de' miei sospiri, delle mie lacrime! Accogliesti Tu i miei voti fervidi ed ardenti, e proprio allorquando ogni speranza pareva delusa ed un mite sogno di fantasia sembrava il ritorno della pace , Tu , o possente Ausiliatrice, nella tua divina misericordia disponesti in modo così impreveduto gli eventi, e così provvidamente ordinasti le cose, che in pochi giorni far cessate le ire ed i contrasti. In breve tempo si venne alla divisione delle

poche sostanze con piena adesione e soddisfazione d'ambe le parti, e la santa parola del perdono e della riconciliazione fraterna risuonò finalmente su quelle labbra, che per sì lungo tempo parea non sapessero pronunziare che invettive ed ingiurio. Ne sia lode a Te adunque, grande Regina; a Te ne sian rese le più sentite grazie ! Continuaci la tua divina protezione, sii sempre il nostro Aiuto il tuo manto ci accolga e difenda, la tua mano sempre ci benedica!

Rocco di Tigrano, 29 aprile 1902.

CLOTILDE MARCHINI Maria l'ha salvato!

Non v'era più speranza ! Colpito da funesta malattia circa la metà del marzo dello scorso anno, erano due mesi che il povero Carlo Borio di Luigi se ne stava inchiodato nel suo letto senza poter dare il minimo movimento, caduto in un diuturno deliquio , tormentato in una gamba da dolori acutissimi, con una febbre sempre altissima, non lasciava più in chi lo visitava speranza alcuna di gua rigione. Immaginarsi il dolore, la costernazione di tutta la famiglia che fondava su Carlo speranze d'un avvenire gaio e fortunato; su di lui, che già fidanzato ed omai compiute tutte le pubblicazioni e spese di matrimonio, attendeva con ansietà quel giorno avventurato, in cui avrebbe impalmata colei che il cielo gli destinava a sua compagna fedele ! - Per ultimo tenutosi consulto da peritissimi dottori, s'ebbe la dolorosa conferma di una non lontana catastrofe.

Ma viva Dio e la sua Madre SS. Aiuto dei Cristiani, perchè Essa si compiace di usare; misericordia e compartire divini favori proprio quando, svanite tutte le speranze umane, facciamo a Lei ricorso. Una pia persona, conscia del caso estremo del povero infermo, suggerì alla famiglia d'intraprendere tosto una novena a Maria Ausiliatrice e fare intanto celebrare una Messa al Santuario di Torino, con promessa di pubblicare la grazia sul Bollettino Salesiano, inviando una seconda offerta. Detto fatto: avuto dalla medesima persona nn piccolo quadro della Madonna di Don Bosco, s'intraprese davanti a quello la novena, ed ecco ottenuta la grazia. Carlo cominciò a migliorare a poco a poco fino che venne a perfetta guarigione, e così potè celebrare solennemente con giubilo di tutti le desiderate nozze. Compreso ora di sincera gratitudine verso Colei che sì miracolosamente lo guarì, adempie alla promessa fatta, supplicando la Vergine, benedetta a volersi sempre mostrare propizia a lui ed a tutta la sua cara famiglia.

Neive, 19 marzo 1902.

Sac. GIOVANNI BOELLA. Maria ci ha ridonata la mamma !

Lode e grazie a Te, o Maria, madre potente e pietosa! Gli uomini tutti s'inchinino riverenti dinnanzi ai tuoi simulacri; in ogni lembo di terra, da tutti i cuori cristiani si esaltino le tue glorie e le tue misericordie ! La nostra amata genitrice, dopo aver accusato per parecchi giorni un malessere generale in tutte le membra, in sullo scorcio del passato febbraio fu costretta al letto per sopraggiunta febbre. Visitata premurosamente dal dottore di famiglia ebbesi a constatare nell'inferma una seria bronco-pleuro-polmonite. Quantunque addolorati a tale annunzio, pure non ci scorammo, apprestammo alla mamma tutte le più sollecite ed affettuose cure, ed otto giorni dopo, il pericolo pareva scongiurato, quando, non si sa come, sopraggiunse un altro malanno più grave e più temibile: una nefrite! Il medico stesso s'impressionò fortemente, perchè la prima malattia aveva resa deboluccia l'ammalata, ed una minima imprudenza avrebbe forse accelerato la temuta catastrofe. S'apprestò ciò non ostante a combattere con ogni sua possa il male, ma ohimè! le cose in breve tempo vanno sempre più complicandosi, l'ammalata va perdendo a poco a poco l'intelligenza, alle nostre domande risponde con parole vaghe, prive di senso, fissandoci come inebetita in. volto. Dopo tre giorni di tale abbattimento cade in un profondo letargo e non dà più segno di vita. Prevedendo imminente la catastrofe, in preda alla più desolante costernazione, ci allontanano col babbo dal letto della morente mentre il ministro di Dio, sollecitamente chiamato per l'esercizio del suo ministero, non può impartire all'inferma che una semplice benedizione, trovandosi essa in una prostrazione foriera di morte vicina. In tanto dolore però ci ricordammo della Vergine Ausiliatrice e della sua potente intercessione, e mentre calde lacrime scendevano a mitigare i nostri timori, prostesi al suolo, con tutto lo slancio della nostra fede giovanile, con una viva fiducia pregammo Maria a voler restituire la salute all' adorata nostra genitrice. Il dottore esauriti tutti i mezzi per iscuotere dal profondo letargo la povera ammalata, ci consigliava a rassegnarci alla dolorosa separazione, confessando affatto impotente l'arte sua nella presente situazione. Ma ecco il miracolo della potenza di Maria ! Pochi minuti dopo la nostra preghiera rivolta all'Ausiliatrice dei Cristiani, la mamma, quasi scossa da mano invisibile, apre gli occhi, chiama noi tutti di famiglia presso il suo letto, ci abbraccia strettamente e dando in uno scoppio di pianto sembra dare sfogo al suo dolore. Quasi per incanto pochi giorni dopo si alzava da letto pienamente ristabilita, con somma meraviglia di tutti, che già l'avevano creduta passata all'eternità. A chi dunque dobbiamo noi ripetere la guarigione, della nostra buona mamma, se non a Colei che tutto può, tutto ottiene dal suo Divin Figlio? A Lei sola adunque sciogliamo l'inno del nostro ringraziamento, a Lei, la gran Vergine di Don Bosco, il cantico della nostra più profonda riconoscenza.

Spezia, ottobre 1901.

Sorelle GATTINI.

Una bella grazia spirituale.

Sono già dieci anni che ho perduto l'amato mio consorte e la Vergine Ausiliatrice a cui con tutto il trasporto dell'anima consacrai me stessa ed i miei quattro figli, m'ha sempre dato prove visibili della sua Materna Protezione. - Maria! Salvami i miei figli!.... fu il mio grido continuo ed ora sien grazie a te, Madre celeste, che porgesti ascolto al grido angosciato di una povera madre terrena!... Pericolava il primogenito e tu lo strappasti per un miracolo dal male e lo mettesti al sicuro ; ora più terribile si addensava il pericolo pel secondo, che nel vigore dei suoi 20 anni, con la testa piena d'idee politiche più o meno rette andava girando qua e là con quanto dolore e pena per me, Iddio solo lo sa. Ora esso è conquistato, e la conquista è tua, o Vergine potente ! Ecco, come egli si esprime in una lettera che scrive al fratello; « Senti, caro fratello, non ho passato mai giorni belli come ora che per grazia della Madonna mi trovo in un Istituto Salesiano. Il lavoro, la ricreazione, lo studio mi fortifica il corpo e lo spirito ed io mi occupo coll'animo pieno di quella pace serena che per me credevo finita. Devi sapere come a Roma, frequentando numerosi circoli politici, avevo cominciato a prendere una brutta piega. Il Presidente avendo saputo quanto un nostro parente avesse contribuito alla causa liberale in Roma dal 60 al 70, m'impose di farne la biografia, mettendovi tutte le notizie che potevo accumulare in famiglia, e, impegnandosi poi lui di farla pubblicare, mi consigliò a dare il nome in una società segreta, promettendomi un grosso impiego e lauti guadagni. Anziche accettare, sdegnosamente rifiutai; ne rimase proprio disgustato. Compresi allora bene che quello che alcuni chiamano idealità politica non è che un sentimento servile ed egoistico. Oh! abìurare le mie convinzioni religiose mi pareva una troppo grave mostruosità. Ero così a tal punto quando per caso seppi che il sig. D. Rua era in Roma. Andai a gettarmi ai piedi del Successore di D. Bosco; gli feci conoscere tutti i miei casi e ne ricevetti consigli preziosi ed aiuto grandissimo... Grande è stata la grazia che ho ricevuto dal Signore, che volle come per incanto liberarmi da tutte quelle morse d'acciaio che avevano cominciato a stringere la mia coscienza   »

Sien rese grazie pubbliche a Maria Ausiliatrice, che volle con tanta sollecitudine sollevare e togliere dal pericolo gravissimo in cui era per cadere l'anima del mio Peppino. Così Essa mi continui pietosa a proteggere e mi dia forza e coraggio per ricopiare sempre le sue virtù emineuti di madre cristiana.

Roma, 14 aprile 1902.

MARIA POROLI ved. PAVONI.

Roncola S. Bernardo. - Sulla fine di febbraio 1900 mio fratello sacerdote s'ammalò d'influenza, che dapprima trascurata, degenerò poco dopo in una bronchite con forte tosse e catarro abbondante. Passati alcuni mesi in tale condizione, il medico curante ebbe a constatare un'incipiente tubercolosi. In tale frangente si ricorse tosto al patrocinio della Vergine e dei Santi, ma s'ottenne nessun miglioramento, tanto che alla fine del mese di luglio visitato il caro ammalato da un valente dottore, s'ebbe anche da questi la conferma delle visite precedenti. Inutile il dire quanto soffrissi con mia madre al secondo fatale annunzio, e già cominciava a perdere ogni speranza di guarigione, quando un buon Parroco dei dintorni mi suggerì di ricorrere a Maria Ausiliatrice e di far celebrare una Messa al suo altare in Torino. Tale consiglio è per me un raggio di sole in tanto buio: spedita l'offerta per la Messa, si dà principio alla novena da tutta la famiglia e da varie pie persone. Terminata questa se ne incomincia una seconda e poi una terza, ed intanto nel caro ammalato si nota da tutti qualche miglioramento. Incoraggiata al primo successo, invece di altra novena prometto a Maria di recitare ogni giorno le stesse preghiere fino a quando il fratello fosse guarito. Un'imprudenza però commessa dall'ammalato ai primi di novembre gli aumenta la tosse e gli fa ritornare i soliti dolori nella schiena e nel petto. Chiamata una celebrità medica, ci tolse affatto ogni speranza di guarigione, aggiungendo che avrebbe potuto durare a lungo, ma non sarebbe più rimasto l'individuo di prima. Posi allora tutta la mia fiducia nella Vergine Ausiliatrice : Lei sola doveva rendermi il mio caro fratello. E la Madre degli sventurati ebbe un benigno sguardo per me, perche l'ammalato, passato l'inverno con notevole miglioramento, continuò sempre a star bene ed ora si può dire completamente guarito. Ne sia lode alla cara Madonna di Don Bosco e per tutta la mia vita porterò scolpito nel cuore il ricordo dei benefici da Lei ricevuti durante l'anno 1900-901.

20 maggio 1901.

MARIA PAPIS.

Olevano (PAVIA). - Colpito da tifo con complicazioni di fenomeni cerebrali, il nostro diletto nipotino, Leone Galbarini, per ben quaranta giorni versò tra la morte e la vita. Invano varii abilissimi dottori ricorsero a tutte le risorse che la scienza medica poteva loro suggerire, perchè il diletto bambino sempre più s'aggravava, senza alcuna speranza di guarigione. A tale pericolo si risvegliò la nostra fede; di cuore invocammo l'aiuto di Maria Ausiliatrice, l'unico medico e l'unica medicina che poteva ridare la salute al nostro caro nipotino. In Lei sola abbiamo posta tutta la nostra confidenza e le nostre più vive speranze, e per Lei sola, che è Madre tanto benigna, è ritornata fra noi la gioia, la pace.

La guarigione del nostro Leone non solo la ripetiamo noi un miracolo della Madonna di Don Bosco, ma i medici stessi furono i primi a riconoscere in ciò il braccio dell'onnipotenza divina, data la incapacità della loro scienza a vincere un male che teneva sospesa su di noi la più grande delle sciagure. Voglia la Vergine Santa che mai nessuno di noi, e più il nostro bambino, abbia mai a dimenticarsi non solo, ma neppure affievolirsi nel nostro cuore la gratitudine che per la potente Ausiliatrice vivissima ora sentiamo.

16 agosto 1901.

TERESA BALERNA - ZORZOLI.

Lodi. - Serberò perenne riconoscenza a Maria Ausiliatrice per la bellissima grazia ottenuta in questi giorni. Per aver rivendicato l'onore dei cattolici, manomesso da un maestro socialista, ebbi una condanna in pretura ed il biasimo della stampa liberale. Ricorsi in appello. Più che nella giustizia umana confidava nella protezione della Vergine potente, alla quale mi raccomandai colla novena consigliata da Don Bosco, La Madonna mi esaudì. Il giorno di S. Teresa i giudici di secondo grado riconoscevano la mia innocenza sentenziando non farsi luogo a procedere per inesistenza di reato.

Insieme alle più fervide azioni di grazie invio alla Regina del Cielo l'umile offerta di L. 10.

17 ottobre 1901.

Sac. LUIGI CARZAMALI professore in Seminario.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice, e pieni di riconoscenza inviarono offerte al Santuario di Torino, o per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di D. Bosco, i seguenti:

A*) - Albenga: Raffaellina Gherardi n. Nabbò, pel decoro del Santuario, in attestato di gratitudine per varie grazie ottenute tra le quali una spirituale che molto le stava a cuore. - Altstatien (Svizzera): Sac. Gemperle A. L. 5, per favori speciali ottenuti.

B) - Barbania (Torino): Can. Pugnetti teol. Matteo 20, in segno di riconoscenza per favori celesti. - Barzago (Como): Teresa Redaelli 10, per grazia. - Belluno: G. B. C., 5, per le Missioni in rendimento di grazie. - Boffalara (Milano): Portaluppi Maria 5, per la guarigione del proprio figlio. - Bologna: Alessandri Gualanti Luigia 20, per le missioni e per grazia ricevuta. -Bolzaneto (Genova): N. N. 5, per grazia. - Borzago (Trento): Terzi Emmanuele 23, per guarigione da tifo e gastrite che l'avevano ridotto in fin di vita.

C)- Capo di Ponte (Alessandria): Agostani Lavinia 3, a conto di pia persona graziata da Maria. - Caramagna (Torino): Marchisio Girolamo 16, per grazia. Carmagnola (Torino): Angelo Manassero, un cuore d'argento in ringraziamento. - Cavagnolo (Terni): N. N. 2, per guarigione ottenuta. - Cavour (Torino): R. C. 2, per grazia. - Cisterna d'Asti (Alessandria): Mò Maria 5, per Messa. - Cordoba (America del Sud): Antonio e Margherita coniugi, 10 per prodigiosa guarigione.

D) - Dorno (Pavia): B. L. scrive: « Mio figlio nella primavera scorsa cadeva gravemente ammalato di polmonite, pleurite e tifoide che i medici curanti davano per disperate; ed io rivolgendomi ai rimedi celesti lo raccomandai alla Vergine Ausiliatrice, ed Essa me lo guarì completamente. Riconoscente offro L. 5, pregando la Madonna a conservare sempre buono il mio figliuolo. »

F) - Fasano (Bari): Cofano Can. Abele 2, per grazia speciale. - Favria Canavese: Giacomo Cattaneo 10, per aver conseguito dopo sette anni di continue ricerce uno stabile impiego, in cui può vivere tranquillo e da buon cristiano. - Fiumicello (Litorale Austriaco): Olga Gottard, preziosi orecchini, quale exvoto per l'insperata guarigione in seguito a pericolosissima operazione subita per difficile parto. - Fonzasco (Belluno): Una pia persona a mezzo di D. Giovanni Furlan 10, per grazia specialissima. -Fumane (Verona): Franceschetti Giuseppe 3, per Messa, in rendimento di grazia ricevuta nella persona di sua figlia data inguaribile dai medici.

G) - Giaveno (Torino): Astieri Teresa per G. R.

J) - Jesi: Ch. Cesare Petroni 5, per aver conseguito in mezzo ad ostacoli e difficoltà la vittoria della sua vocazione alla vita Salesiana a cui si sentiva inclinato.

L) - Lecce: Annina Fiocco a conto della signora Giulia Macchio 1,40 per celebrazione di Messa. - Lecco (Milano): Castro Giuseppina a nome di G. R. 5 per grazia ottenuta. - Lugo: Venieri Carmela 5, in attestato di grazie. - Lupia di Sandrigo (Vicenza): Coniugi Mario e Lucia Zolin 1, per la conservazione del loro figliuoletto.

M) - Malegno (Brescia): Sac. Clementi Clemente 10, per visibile protezione di Maria in grave pericolo. - Messina: Marino Giaciuto 2, e ci scrive: « Mia figlia Maria nello scorso inverno fu presa da tre acutissime malattie, febbre infettiva, tifo e polmonite che la ridussero agli estremi. Alla dichiarazione dei medici essere impossibile la guarigione, rivolsi fiducioso la mia speranza alla Madonna di Don Bosco, che in breve tempo mi ridava mia figlia nella florida salute che godeva in passato. - Milano: T. Marinoni 10, per grazia che gli era sommamente necessaria. - Moltedo (Porto Maurizio): Coniugi Gozzano 5, per due prodigiose guarigioni nelle loro care bambine. - Monchio (Parma) : Delnevo Teresa per segnalati favori ottenuti. - Morozzo (Cuneo): N. N. 25, per Messa di grazie.

N) - Nogara (Verona): D. V. F. 10 a nome di un suo parocchiano riconoscente per grazia speciale ottenuta.

O) - Occimiano (Alessandria): Figazzolo Paolo per Messa di grazie. - Ormea (Cuneo): Roatta Gaspare 40, per la guarigione del fratello sgraziatamente turbato e sconvolto di mente.

P) - Parma: Anna Zaccardi 2, per grazia. - D. C. per Messa di grazie. - Peveragno (Cuneo): Civalleri Matteo per essere stato esente da dolorosa operazione ,ti ginocchio destro. - Piacenza: Contessa Giulia Radini Tedeschi Castellani 3, dicendoci: Ricorsi a M. A. per un affare di somma importanza, quando tutto faceva supporre esito sfavorevole. Al terzo giorno della novena le cose cambiarono come per incanto; furono appagati i miei desideri, e sempre coll'aiuto della Vergine Ausiliatrice nutro fiducia che tutto verrà coronato da felicissimo successo. » - Pieve Scalenghe (Torino): Covertino Anna n. Prunello 5 per grazia. -

R) -Racconigi (Torino): Toselli Antonio per Messa di grazie. - Regalbuto (Catania): Minorici Pietro 5, per la guarigione d'un suo figlio. - Ricaldone (Alessandria): Scazzola Emilia 2, in rendimento di grazie. - Rivarossa (Torino): Gonella Giuseppe per messa di ringraziamento. - Rossano (Cosenza): Can. Luigi Paolo Narciso 10, per la guarigione della mamma ottuagenaria da fiera polmonite. - Romano Canavese: Bertoni Giovanni 5, per segnalato favore. - Rubiana (Torino): Grandi Lorenzo 10, per Messa di grazie.

S) - Sant'Arcangelo (Potenza): Ch. Salvatore Spani per la guarigione da dolore agli occhi. - Santa Caterina (Bergamo): N. N. 5, per grazia. - San Macario (Milano): Testa Regina maestra 3, per segnalato favore. San Martino al Tagliamento (Udine): Amalia Del-Tedesco 10, per celebrazione di Messa in ringraziamento. - S. Quirico (Alessandria): Bottero Paolo 22, in adempimento di voto fatto a M. A. per essere stata liberata da varii incomodi che l'avevano travagliata per tre mesi.- Santa Vittoria d'Alba (Cuneo) Bongiovanni Prando Marianna 1, per Messa di grazie. - N. N. 2, per Messa. - Sestri Levante (Genova) Daneo Pietro 10, per segnalate grazie..- Stiento (Rovigo): Elisa Zese 3, per Messa. « Sorpresa da forte febbre tifoidea con la tosse e con grandi sforzi di vomiti in breve tempo mi trovai agli estremi. In talo frangente si mandò per un triduo di preghiere alla Vergine Ausiliatrice nel suo Santuario, ed Ella mi salvò da irreparabile ruina.»

T) - Tarcento (Udine): Riccardo Paoloni 10, per la guarigione di suo cognato da malattia data inguaribile da due medici. - brezza (Novara): Gallina Margherita 5,, per grazia. - Torino: A. S. A. per aver ricuperata la vista all'invocazione di Maria. - Aluffo Gioconda per Messa di grazie. - Pietro Cottino per Messa. - Amalia Dacasta ved. Santero per una Messa di ringraziamento. - Luigia Mantelli ved. Pasquini 5, per grazia speciale. - G. C. 5, per grazia. - Tortona: Sac. G. Rasato 50, per la guarigione di persona cara e della più stretta affinità in età avanzatissima. - Trento: D. F. Furno 20, a nome di una famiglia Trentina riconoscente a Maria. - Tropea (Catanzaro): De-Mendoza Giovanni 2, per grazia speciale.

U) - Udine: Cippico Amalia 2, per grazia segnalatissima.

V) - Valdelatorre (Torino): Albrile Lucia per Messa di grazie. - Velezzo Bellini (Pavia): D. C. Barilati 5, per l'insperata guarigione del bambino Vai Santo già spedito dai medici. - Villar Sampeyre (Cuneo); Galliano Giuseppe fu Chiaffredo 7, per grazie segnalate ottenute dalla nuora Ricchiardi Anna e dalla bambina Margherita Galliano sua nipotina.

X) - A. M. 5, per grazia specialissima.

Notizie compendìate

ALGERIA (AFRICA). - In occasione della festa di S. Francesco di Sales gli antichi allievi dell'Oratorio di Gesù Adolescente, si raccolsero in plenaria assemblea per animarsi vicendevolmente ad un lavoro sempre più efficace di propaganda cattolica in mezzo alla gioventù di Orano Eckmuhl.

BETLEMME (PALESTINA). - La carità di Don Belloni, direttore dell'opera della Sacra Famiglia, non ha limite quando trattasi di un bene da compiere o di un male da prevenire. Ultimamente ha dato una novella prova del suo infaticabile zelo per la salute delle anime e per il progresso civile della Palestina. Appena ritornato dall'Europa il suo primo pensiero fu alla gioventù betlemitica da lui educata dall'infanzia, che, vuoi per le ardenti passioni, vuoi per le continue relazioni cogli eretici, corre grave pericolo di far naufragio nella fede. D. Belloni comprese che, per mantenere queste ardenti volontà nell'osservanza della religione, abbisognavano di un campo in cui poterle impiegare: epperò venne nella decisione di fondare una società di giovani cattolici, o meglio un circolo che, posto sotto la protezione di S. Giuseppe, divenisse sorgente viva di preghiera, azione e sacrifizio. Il Circolo fu fondato e stabilì la sua sede in locali attigui all'Orfanotrofio, con gabinetto di lettura e sale da giuoco.

Così ora Betlemme, grazie allo zelo di D. Belloni, possiede un Circolo di circa 100 coraggiosi giovani cattolici, appartenenti alle migliori famiglie della città che spiegano la loro attività nelle diverso opere di religione e di carità cristiana.

CALLAO (PERU'). - Lo scorso dicembre si celebrarono solenni feste per il 25 anniversario della fondazione della Cappella della Concezione e del Terz'Ordine di Penitenza di S. Francesco, stabilito in quel porto mercè l'opera e le sostanze della Signora Rosa Loyola de Larrañaga. Tutte le funzioni furono solenni: numerose le Comunioni, delle quali oltre trenta furono prime Comunioni. Cantò la Messa solenne il Vicario Generale dell'Archidiocesi Lituana, Mons. G. Carpenter in mezzo a straordinario concorso di popolo.

LA PAZ (BOLIVIA).-Riguardo ai progressi del nostro collegio D. Bosco in questa città il Ministro della Giustizia ed Istruzione pubblica così si esprime nella sua relazione al Congresso Ordinario del 1901: «... Sono pieni i 40 posti gratuiti per gli alunni interni di questa città: gli esterni superano i 70, tra i quali alcuni mezzi pupilli e vari altri che attendono tutte le domeniche e feste a ricevere una buona educazione. Il numero dei professori per l'istruzione primaria, laboratori, musica strumentale, ginnasio e disegno, è di otto, oltre il direttore che è incaricato del disegno e del metodo per gli ebanisti, scultori e meccanici.

È ben dotato di buone macchine per cui funzionano attualmente i laboratori di meccanica, fabbri ferrai, scultura, plastica, falegnami, calzolai, e sarti.... Tra le migliorie che abbisogna questo collegio sono da preferirsi per ora l'impianto per dotarlo di acqua potabile e di un laboratorio litotipografico ».

ALESSANDRIA D'EGITTO. - Leviamo dal Messaggiere egiziano : « Un eletto e numeroso pubblico, fra cui la sig.a Romano, consorte del R. Console d'Italia, e l'applicato consolare avv. Nuvolari, assistette ultimamente al trattenimento drammatico-musicale, dato dagli alunni dell'Istituto Don Bosco. Venne rappresentato l'interessante dramma Manuelito Gonzales, e cantata l'Aria di Pulcinella con coro di pazzi, di graziosissimo effetto. Negli intermezzi suonava la banda dell'Istituto che secondo l'unanime opinione dei presenti tende a prendere il primo posto fra le bande musicali della città. Attori, cori e banda vennero a più riprese vivamente applauditi, e fu giustizia, poichè gli uni e gli altri pongono nel disimpegno delle loro parti una cura ed un brio, che tornano a massimo onore dei loro insegnanti.

» Ed invero, questo Istituto D. Bosco ha fatto in pochi anni così straordinari progressi, che sono arra sicura di un avvenire brillante e di quella sviluppo che ottennero simili Istituti in tante città d'Europa e della lontana America. »

PARMA. - Premiazione solenne.-Dai giornali locali leviamo alcuni cenni dell'accademia che ebbe luogo in quel nostro Collegio la sera del 3 maggio u. s. per la distribuzione dei premi della scuola. di religione. Già prima delle 18 un pubblico svariato e numeroso si riversava nel cortile del Collegio; si notavano rappresentati tutti i ceti della cittadinanza parmense.

Presiedeva all'accademia il R.mo Sac. Dott. Francesco Cerruti, e in due numerose schiere gli, facevano ala gli alunni della scuola di religione. Verso le 18 1/2 una marcia eseguita dalla banda dell'Oratorio festivo di S. Benedetto, dava il segnale dell'apertura dell'accademia e subito dopo veniva cantato l'inno degli studenti cattolici del noto maestro G. Mattioli. Il direttore D. Carlo Maria Baratta, lesse un breve discorso sul tema: Principi assoluti, tema scelto a meraviglia e svolta con la finezza propria, dell'oratore. Oggi infatti, più che in altri tempi, occorre alla gioventù di tener bene presente che l'addattarsi alle circostanze e al naturale movimento dell'umanità è cosa ottima e benemerita, ma che certi principi della Chiesa sono stati e devono sempre essere assoluti, quindi intangibili, perche inerenti alla sostanza stessa della religione cattolica. Fu applauditissimo. A lui seguirono lo studente L. Mondini e l'avv. Jacopo Cocchialini, i quali con fermezza d'intenti inneggiarono al trionfo della fede.

S'alzò tosto il Marchese Filippo Crispolti, il quale pronunciò un eletto discorso, raccogliendo un lungo caloroso applauso, espressione sincera dell'ottenuto consenso degli spiriti. Preso l'argomento dalla prossima gita a Canossa, promossa dalla Giovine Montagna, accennati i grandi insegnimenti che le rovine di Canossa dovevano dare ai giovani studenti, e specialmente al bisogno di contraporre agli errori venutici d'oltralpe, una pietà profonda, ma pure tutta la costanza e tutta la scienza possibile; così, splendidamente, conclude:

« Lasciate che io m'avvicini col pensiero ai giorni di questi futuri trofei; ch'io pensi alle fortune della vostra fede armata della vostra scienza, come ad un coronamento delle fortune che ebbe la fede di Gregorio armata della sua sapienza. Continuerà anche allora la Giovine Moncagna a visitare le alture reali della nostra patria, Collo stesso spirito con cui avete visitatele alture simboliche della religione; e sopra le une e sopra le altre splenderà la parola divina dei Salmi: illuminans tu mirabiliter a montibus aeternis. »

Dopo la distribuzione dei premi chiuse la serie dei discorsi il Rev.mo Sac. Francesco Cerruti, direttore delle scuole della nostra Pia Società, che con opportune parole porse un saluto a tutti i presenti, dicendosi fortunato di avere potuto assistere per la prima volta alla solenne distribuzione dei premi di quella Scuola di Religione che, mentre per ordine di tempo e di fama, è la prima d'Italia, è pure la prima della Pia Società Salesiana. Esortò quindi i giovani allo studio della religione ed a non disgiungere mai tale studio dalla pratica; dovendo essi mirare ad essere non solo studiosi, ma sopratutto praticanti delle verità cristiane. La sua parola facile, elegante e improntata ad una convinzione paterna e profonda, riscosse i più sentiti applausi.

Fra un discorso e l'altro i giovinetti del Collegio cantarono lodevolmente cori di Paisiello, di Mendelssohn e di Gounod.

Per la festa cristiana ottimamente riuscita inviamo un rallegramento sincero ai giovani che videro coronati di plauso e di premio i loro studi religiosi, e al direttore della Scuola, Don Baratta, che con amore non ismentito mai, prosegue l'ideale evangelico di educare i giovani alla Religione eterna.

ASCONA (CANTON Ticino). - D. Rua al Collegio Pontificio. - Scrive la Cronaca Ticinese di Locarno : « Don Rua si trovava il 5 aprile in visita al Collegio Pontificio d'Ascona. Desideratìsssimo sempre, dal primo giorno che i figli di Don Bosco presero stanza nell'illustre istituto, egli non aveva potuto prima rendere pago mai il voto di quegli ottimi educatori. Si può quindi di leggieri immaginare la festa che gli hanno fatto. Maestri e scolari, con alla testa l'egregio signor Rettore Don Mellano, non capivano in sè dalla gioia. Ed è stato, nelle poche ore che l'ebbero ospite, una gara ininterrotta di dimostrazioni d'affetto.

Bandiere, pennoni, fiori, verzura, lampioncini, addobbi di tutte sorta. Solenni religiose funzioni. Canti e suoni. Declamazioni in diverse lingue. Scoppi di applausi. Formidabili evviva. Instancabile la ressa intorno al mite sacerdote. Ciascheduno voleva incontrare lo sguardo del sant'uomo. Ciascheduno voleva carpirgli una parola speciale. E tutti andarono soddisfatti. Tutti dell'Istituto e degli invitati alla festa possono dire di aver avuto in dono una gemma di molto preziosa destinata a brillare sempre nel corso della loro vita. »

Questo brano sintetizza magnificamente le feste di Ascona per la visita del Padre amato e noi ci dispensiamo dal riferire i particolari dell'agape fraterna, cui presero parte i professori e gli allievi del Collegio, il M. R. Sig. Arciprete, l'egregio sig. Sindaco, parecchi sacerdoti del vicinato - antichi allievi di D. Bosco e di D. Rua - diversi amici del Collegio ecc. Di fronte a D. Rua sedeva l'illustre sig. Conte francese De-Lepinaut, il quale aveva, fra altro, regalato al Collegio, appositamente per la venuta di D. Rua, una magnifica pianeta. I brindisi, che nel Ticino sono una specialità di vita gaia, allegra e comunicativa in tutti i pranzi, furono numerosi assai, e D. Rua infine rispose a tutti ringraziando, facendo voti che tutti abbiamo a seguire la bandiera di Don Bosco su cui sta scritto : Preghiera e lavoro ; ed infine col suo affetto volando presso il Vicario di Gesù Cristo, propone un telegramma al Papa-ed uno a Mons. Vescovo di Lugano per implorare la loro apostolica e paterna benedizione su quanti presero parte a sì bella festa.

LUGANO (CANTON TICINO). - Inaugurazione dell'Oratorio festivo maschile. - L'apertura di questo nuovo Oratorio festivo affidato ai Salesiani è ora un fatto compiuto, e noi pieni di giubilo riferiamo dalla Patria di Lugano quanto ci pare opportuno per dare ai nostri lettori una compendiosa notizia del lieto avvenimento. « La giornata del 6 aprile 1902, è il giornale locale che scrive, che questo fatto ha registrato, certamente sarà per la nostra patria segnata a caratteri d'oro, perche l'opera che oggi ebbe principio, è forse una delle più necessarie. Nella gioventù sta l'avvenire dell'umanità e nella gioventù si formano coloro ai quali saranno affidati i destini sociali. Di qui sorgono le nuove famiglie, di qui i nuovi credenti, di qui i nuovi cittadini : in una sola parola di qui si forma l'umanità.

» Ogni opera, per ciò, che è indirizzata a formare i fanciulli ed i giovani , a prepararli ai loro futuri grandi destini è un'opera di altissimo valore umano: essa è sempre tale da lasciare nella storia di un paese larghe traccio della sua influenza e della sua attività.

- Alla vigilia. - » Al sabato sera, quando, alla sfuggita, visitammo i locali dell'Oratorio ferveva il lavoro per gli ultimi preparativi. Qua si lavorava a preparare l'altare e la cappella; colà si preparava il piazzale per la funzione della benedizione della prima pietra della Cappella dell'Oratorio; lì erano i banchi per la Cappella, qua e colà sventolavano bandiere dai colori federali, cantonali .. cittadini ; là in fondo si costruivano i vari giuochi pei fanciulli. All'entrata si raccoglievano le iscrizioni dei giovanetti, le quali oltrepassano già di molto il cento.

» Verso le cinque Mons. Arciprete Pisoni, presidente della Commissione, appositamente delegato da S. E. Mons. Vescovo, benedisse la Cappella provvisoria con ricchezza e buon gusto addobbata dal nostro amico sig. Alfredo Gilardoni, il quale prestò l'opera ed i drappi colla sua ben nota generosità.

- Alla mattina. - » Quando, stamane, visitammo l'Oratorio fummo gradevolmente, sorpresi dal movimento straordinario di giovanetti, che già vi si erano raccolti e che colla loro vivacità ed allegria riempivano i locali ed il piazzale dell'Oratorio. I piccoli nostri amici, appena inscrittisi, correvano subito ai giuochi e si sparpagliavano per l'ampio piazzale, prendendo, senza tante formalità, possesso di tutto, ed inaugurando democraticamente coi fatti compiuti tutti i giuochi che erano possibili. I membri della Commissione e vari amici della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli erano là al loro posto, e si moltiplicavano per regolare e indirizzare quella turba irrequieta e vivace.

» Alle 8 il R.mo Can. Don Gio. Batt. Gianola, il quale è, per le sue prestazioni, benemerito dell'Oratorio, celebrò nella Cappella la S. Messa, cui assistevano numerosi e raccolti giovanetti. Il canto fu eseguito dalla Schola Cantorum di Lugano, opera pure recentemente istituita, e che già novera numerosi ed esperti cultori della musica veramente sacra. Col treno delle 10 arrivarono alcuni Sacerdoti Salesiani, con D. Garassino direttore del Collegio D. Bosco di Balerna, col direttore dell'Oratorio di Balerna D. Giorgi, con D. Redaelli, il direttore del nuovo Oratorio di Lugano, colla banda dell'Oratorio di Balerna, ed altri amici balernitani.

» Oggetto di ammirazione e di entusiasmo erano i bravi giovanetti della Musica dell'Oratorio di Balerna, che furono gli eroi della giornata, nella loro elegante e vistosa divisa, dal berretto rosso fiammante, al vestito nero con risvolti di velluto celeste e coi loro istrumenti puliti e rilucenti. Quando poi, a più riprese lungo il giorno, ed all'Oratorio e per le vie della città diedero saggio dei loro progressi musicali sotto la direzione del loro bravo maestro, tutti furono sorpresi che quei fanciulli, in appena sei mesi di studio e di esercizio già sì bene possedessero la musica e l'esercizio degli strumenti da fiato. Allorquando scoppiavano gli applausi, erano veramente spontanei e meritati. Noi sentimmo i giovanetti inscritti al nostro nuovo Oratorio far voti vivamente, perchè anche l'Oratorio di Lugano sia, fra breve, arricchito di così opportuna e gradita istituzione.

» Dopo la S. Messa ci fu, sino al mezzodì, ricreazione generale, ed era un divertimento contemplare la schietta allegria che inondava il già sì solitario ampio piazzale interno dell'Orfanotrofio Maghetti. Intanto visitammo il porticato, che si stende verso Nord, aperto al sole che vi piove da levante, e che dovrà servire di ricovero, assieme al salone del teatro ora provvisoriamente trasformato in Cappella, per l'inverno e pei giorni di brutto tempo. Tutto è pulito, rimesso a nuovo, ben arieggiato. I lavori della Cappella, la quale sarà costruita a spesa di S. Ecc. Mons. Vescovo, erano appena incominciati : le fondamenta sono a fior di terra, e, nell'angolo verso il salone dell'Oratorio, rimaneva ancora scoperto il suolo, per essersi posata, dopo la solenne cerimonia di benedizione, la pietra fondamentale.

» Alle risa ed agli schiamazzi dei giovanetti, il pensiero correva a tanta gioventù, prima dispersa ed abbandonata, in gran parte, per le vie e per le piazze, esposta al vizio ed alle cattive compagnie, la quale ora si vede aperto un rifugio dove, associato all'onesto divertimento, avrebbe una sana educazione religiosa, morale, patriottica.

- Nel pomeriggio. - » Il tempo decisamente ci fu avaro dei suoi favori. Al mattino il cielo era coperto, ma ci risparmiò l'acqua; ma questa verso le due cominciò a cadere fina, fina, dando alla bella giornata d'aprile l'aspetto uggioso di una giornata autunnale. Ma il tempo sfavorevole nulla potè contro le buone volontà dei nostri amici e sull'entusiasmo dei giovanotti. Se il tempo fosse stato bello, la festa avrebbe radunata troppa gente; invece l'accorrer del popolo, senza distinzione di classe sociale, fu numeroso sì, ma tale da lasciar possibile il normale svolgersi delle funzioni entro i locali dell'Oratorio.

» Molti amici, anche venuti da altri parti del Cantone, trovammo là accorsi alla festa geniale: il sig. Dott. Casella cons. di Stato. l'avv, Fedele Moroni, l'avv. Antonio Riva, il cons. Martignoni, l'avv. Albrizzi, il red. Eligio Pometta del Popolo e Libertà di Locarno, il sig. Fortini, l'ing. Brochi, vani dei Reverendissimi Canonici della Cattedrale, ecc.

I membri della Commissione e gli amici della Conferenza di S. Vincenzo de' Paoli, Mons. Pisoni, l'avv. Battista Moroni, il sig. Gilardoni, il signor Pietro Berretta, il sig. Foletti, ecc. gli architetti esecutori dei lavori sig.ri Lamoni e Galletti ed ex-allievi del Collegio di Balerna, tutti si occuparono per il buon andamento della festa. Notammo una larga rappresentanza di signore e signorine della città, le quali vollero, anche colla loro presenza, testimoniare la loro simpatia alla nuova istituzione. Il salone, trasformato in cappella, era gremito dalle rappresentanti del gentil sesso. I ragazzi, instancabili e non curando la pioggia, riempivano i portici e si sbandavano pel pìazzale. Ci si dice che gli inscritti sono vicini al bel numero di quattrocento.

» Alle tre pomeridiane arrivarono i RR. Chierici del nostro Seminario di S Carlo, con i loro MM. RR. Superiori e Professori; e poco dopo S. Ecc. Mons. Vescovo, il venerando Superiore generale dei Salesiani D. Rua, e D. Saluzzo, direttore della Casa Salesiana di Milano, accompagnati dal R.mo Can. Gianola e dal M. R. Rettore del Seminario. Erano ricevuti da Mons. Pisoni , presidente e dagli altri membri della Commissione. Erano pure presenti il M. R. Padre Guardiano ed alcuni MM. RR. Padri Cappuccini del Convento di Lugano. Mores. Antognini, Canc. Vescovile, membro della Commissione, raccoglieva le offerte e le iscrizioni.

» Subito si diè principio alla sacra funzione, e dopo le preghiere rituali compiute nella Cappella affollata, S. E. accompagnato dal Clero e dai Chierici, nonostante la pioggia, uscì nel piazzale e là sotto alcune tende stese frettolosamente, compì la bella e commovente cerimonia della posa della prima pietra della nuova Cappella.

» Ritornati, verso le cinque, nella Cappella provvisoria, pel primo parlò Mons. Pisoni, presidente della Commissione ed Arciprete della Cattedrale. Lo zelante capo della nostra parrocchia disse del desiderio e degli sforzi diuturni per la fondazione di questo Oratorio, il quale oggi viene inaugurato e consegnato ai Sacerdoti Salesiani. Spiegò che cosa sia un oratorio: la realizzazione del pensiero di Cristo : Lasciate che i pargoli vengano a me! Egli si mostrò confortato perche i suoi parrocchiani luganesi dimostrano d'aver compreso che cosa sia un Oratorio. Con parola elegante disse del fine dell'Oratorio, che è di redenzione religiosa, morale, sociale. Lamentò la trascuranza dell'educazione della gioventù, e rilevò che, non rade volte, i fanciulli sono non buoni, perchè hanno padri, madri cattivi. Ebbe parole di biasimo contro quella pretesa scienza che, impotente di fronte alla rovina morale dei giovani, la spiega e giustifica colla teoria della forza irresistibile e dell'istinto. Esposte le cause del male, ne indicò rapidamente i rimedii, tra i quali efficacissimo è l'Oratorio, qui fra noi fondato, pel quale fa voto di attività lunga e feconda. Chiude, ringraziando dell'aiuto dato all'Opera. Mons. Vescovo, D. Rua ed i Salesiani, l'Oratorio di Balerna, tutti i parrocchiani e singolarmente gli oblatori ed i bravi giovani, che tanto si prestarono all'opera, specialmente in questi ultimi giorni, sacrificando anche lunghe ore della notte al lavoro. Parlarono poscia l'on. cons. avv. Antonio Riva, il dott. Giorgio Casella, Consigliere di Stato ed il giovanetto Carlo Cattaneo. Siamo spiacenti di non potere, per la tirannia dello spazio, riferire il sunto dei loro discorsi, per poter almeno dar posto a quelli di D. Rua e di Mons. Vescovo.

» D. Rua, il Venerando Religioso, così la Patria, dall'aspetto mite ed ascetico, con voce dolce ed insinuante, ringrazia della fiducia riposta nei Sacerdoti Salesiani ai quali il nuovo Oratorio è affidato. D. Bosco stesso oggi dal Paradiso deve specialmente gioire, Egli che amava tanto la gioventù, e tanto i giovani svizzeri e specialmente ticinesi, che erano a Torino , pei quali egli istituì una speciale classe di catechismo e ai quali talora diede anche ricovero. D. Bosco desiderava molto di fondare una sua casa nel Ticino e già nel 1875 se ne fecero trattative : ma , per difficoltà sorte, quei desiderii Don poterono essere soddisfatti. La predilezione però di D. Bosco pel Ticino continuò dal Cielo, perche, qualche anno dopo la sua morte, nel Ticino i Salesiani aprivano il Convitto di Mendrisio e poi altre case, ed oggi quest'opera che è forse la più importante.

» È confuso della fiducia in Lui e nei suoi collaboratori riposta; ma l'aver posto il nuovo Oratorio sotto la protezione del Sacro Cuore di Gesù è certo argomento di grande bene e successo. Questo Cuore, sorgente di ogni felicità e ardente carità, farà prosperare l'opera fondata per eseguire il suo comando: Lasciate che i piccoli vengano a me.

» Alcuni, disse, udii lamentarsi pel brutto tempo!. Ma hanno torto: la pioggia, che ora cade, è un simbolo ed un pronostico: un simbolo delle grazie e benedizioni celesti che la nuova opera riceverà da Dio, dal Cuor di Gesù;. un pronostico della feconda abbondanza di buone opere che produrrà. Rivolse poi speciali parole ai giovinetti assicurandoli dell'amore che portano loro i Salesiani e invitandoli a corrispondervi. Allora l'Oratorio li formerà buoni a consolazione dei genitori, a bene della patria ed a gloria di Dio.

» Da ultimo, prende la parola S. E. Mons. Vescovo, il quale manifesta la sua gioia e la sua soddisfazione per la festa odierna. Haec dies quam fecit Dominus, egli esclama, exultemus et laetemur in ea. Questo giorno ce lo ha dato il Signore, esultiamo e rallegriamoci ! E la gioia di questo giorno è aumentata dal ricordo delle difficoltà vinte per compiere l'opera benedetta. Egli, visitando la scuola catechistica di S. Antonio, sentivasi stringere il cuore nel vedere tanti banchi vuoti e sì picciol numero di fanciulli.. Dove erano gli altri ? Per le piazze, forse anche in luoghi ne' quali imparavano l'irreligione ed il vizio. Ora un asilo sicuro d'istruzione e di moralità è qui, in questo. Oratorio, aperto alla gioventù luganese, che Egli tanto ama; invita, per ciò al gaudio. L'opera non è completa : ma una base sicura è già posta e colla benedizione di Dio l'albero crescerà e darà frutti benefici.

» Esorta paternamente i fanciulli ad essere perseveranti nella frequenza all'oratorio ; a sfuggire le tentazioni di abbandonarlo, e la compagnia ed i consigli di coloro, i quali cercheranno di dissuaderli dal frequentare l'Oratorio.

» La solenne Benedizione del SS. Sacramento preceduta dal canto delle Litanie, e abbellita dal suono dei violini e dell'harmonium, abilmente suonato dal signor Vicari figlio, col canto del Tantum Ergo eseguito dalla nostra Schola Cantorum pose fine alle cerimonie religiose.

» Mentre la folla si diradava, tornando alle proprie case piena di soavi e care impressioni, i bravi suonatori della musica dell'Oratorio di Balerna allietavano colle loro suonatine e poscia siedevano ad un copioso rinfresco che alquanto li ricompensò delle fatiche non piccole sostenute.

» Ai fanciulli, all'uscita dell'Oratorio, furono distribuiti dei dolci, i quali, come facilmente si comprende, furono insufficienti!

» Gli amici balernitani, colla banda del loro Oratorio in testa, colla bandiera, accompagnati dagli amici di Lugano e da varii ragazzi del nostro Oratorio, attraversarono la città, al suono degli istrumenti, dirigendosi al Vescovado. Quivi fecero una serata a Mons. Vescovo, il quale la gradì moltissimo e loro fu largo di rinfreschi; e poi ossequiato Mons. Vescovo e Don Rua se ne andarono alla stazione per ritornare col treno delle 7.40 a Balerna contenti d'una giornata così bene consumata, nel dare buono e non frequente esempio alla gioventù luganese.

» D. Rua, dopo tornato all'Oratorio, e dopo un'udienza presso M. Vescovo, si recava nel nostro Seminario di S. Carlo, dove, dietro l'insistenza di quel degnissimo Rettore, rivolgeva ai RR. Chierici un breve, amorevole discorso, loro raccomandando di prendersi. nell'officio parrocchiale cura degli infermi, dei vecchi e specialmente dei giovani, secondo il consiglio saggio di D. Bosco.

Così si chiuse la bella giornata di ieri; ed il Signore benedica e prosperi il nuovo Oratorio e tutti coloro che lo aiutano. »

Noi facciamo nostri gli auguri della Patria di Lugano al nuovo Oratorio e rinnoviamo, a nome del nostro Venerato Superiore, umili ossequi e ringraziamenti allo zelantissimo Mons. Vincenzo Molo Vescovo ed Amministratore Apostolico del Ticino, a Mons. Arciprete, ai Membri tutti della Commissione promotrice dell'Oratorio ed ai benefattori di esso. In noi l'amor patrio esulta per questo novello trionfo della religione e dell'Opera del Padre nostro D. Bosco.

BALERNA (CANTON TiciNO) - La visita di D. Rua - Togliamo dall'Ordine di Como: « Una simpatica festa, improntata alla più famigliare allegria ed alla più schietta spontaneità ebbe luogo il 6 aprile nell'Istituto dei Salesiani. Era tra loro il Ven. D. Michele Rua. Veniva da Lugano dove aveva presenziato e benedetta la posa della prima pietra di un Oratorio festivo Salesiano che si intitolerà a Maria Ausiliatrice. La popolazione di Balerna riconoscente e grata al bene che riceve dai Salesiani vi prese larga parte, ed a D. Rua diede attestati molteplici di venerazione e di sincero ossequio. Ma la festa era del Collegio.

» Il degno successore di D. Bosco celebrava la S. Messa nell'Oratorio dell'Istituto e passava tutta la giornata con quei cari giovanetti, che crescono affidati alle cure dei buoni Salesiani. Era spettacolo commovente vederlo tra loro : l'avresti detto padre tra figli affezionatissimi. Nella mattinata D. Rua visitò i principali benefattori dell'Istituto: ricordò in particolare la signora Fortini. Al banchetto di mezzogiorno, rallegrato di quando in quando dai melodici concenti della musica dell'oratorio festivo, furono invitate tutte le autorità del paese ecclesiastiche e civili, e tutto il Clero dei paesi vicini.

» Verso la fine del pranzo arrivava all'Istituto Mons. Valfrè, Vescovo di Como. Acclamatissimo al suo entrare nel grande refetorio, si dirigeva a D. Rua che abbracciò teneramente. Seguirono parecchi brindisi frammezzati da poesie recitate dai convittori, da suoni e canti eseguiti a perfezione. L'egregio avvocato Primavesi, molto brillantemente inneggiava a D. Rua numerando le opere compiute dai Salesiani nei pochi anni che sono a Balerna, e poi con felicissimo pensiero, volgendosi a Mons. Valfrè, ricordando che l'attuale Collegio Salesiano fu un tempo villa dei Vescovi di Como, terminava, sicuro di non ingannarsi, interpretando il sentimento di gioia e di consolazione che quell'Ecc.m° Presule doveva provare sapendo che li entro s'educano dei giovanetti che saranno un giorno sinceri cristiani, ottimi cittadini, consolazione delle famiglie e gloria della patria.

» Anche Mons. Valfrè prese la parola, e memore delle carezze che, fanciulletto di pochi anni, ricevette da D. Bosco, poi quale nutre sempre affetto quasi di figlio e grande ammirazione, si diceva felice di poter oggi dare un attestato di affettuosa stima al degno e venerando successore di D. Bosco. Raccogliendo poi una frase molto felice dell'avv. Primavesí, benediceva allo zelo ed alle fatiche di D. Rua e dei Salesiani che in tempi tanto difficili e pericolosi, pongono tutte le loro cure nell'educare una gioventù francamente cattolica con ottimo risultato, e felicitava D. Rua coll'augurio cordialissimo ad multos annos!...

» Ultimo s'alzava D. Rua, e con parola molto commossa tutti ringraziava dell'onore reso, come diceva lui, al povero D. Rua. Lietissimo di saper amati e circondati di stima i suoi figli di Balerna, ne rendeva grazie a Dio, e poi dopo aver raccomandato ai giovanetti di crescere buoni e pii, particolarissimo ringraziamento rivolgeva all'Ecc. Mons. Vescovo di Como, che colla sua quanto improvvisa ed innaspettata, altrettanto preziosa e gradita visita, aveva resa ancora più solenne la festa. »

TORINO - La domenica 20 aprile, ci fu dato assistere, nell'Oratorio festivo di San Francesco di Sales in Valdocco, alla Gara Catechistica, che quantunque solita a ripetersi ogni anno, nondimeno è sempre feconda di soavi emozioni per chi ad esse può presenziare. Erano 50 baldi giovinotti, dei quali la maggior parte occupati durante tutta la settimana nei faticosi lavori dell'officina, nelle fabbriche che circondano quel borgo industrioso, che davano con mirabile spigliatezza saggio di quanto dai loro solerti ed instancabili catechisti avevano appreso nelle assidue lezioni di catechismo, che loro vennero impartite ogni domenica nonchè tutti i giorni della scorsa quaresima.

Dalle risposte pronte ed appropriate di leggieri si poteva scorgere quanto torni proficua l'opera altamente benefica e salutare degli Oratori festivi.

La festicciuola ora onorata dall'ambita presenza del M. R. Don Triet, Parroco di Coldach (Svizzera), nonche da un pubblico scelto che affollava la platea e le gallerie. e dal quale soventi volte scroscianti applausi partivano all'indirizzo dei bravi giovani che per ben due ore tennero estatici i numerosissimi intervenuti. Indovinatissimo fu il discorso eloquente del signor Michelotti già noto per le sue composizioni ai culturi dell'arte drammatica e che così belle speranze fa concepire di sè. La più volte premiata banda dell'Oratorio festivo rallegrò la festa con pezzi scelti.

La palma della vittoria spettò al giovane Merlo Michele, il quale al suono di una marcia trionfale e fra un subisso d'applausi venne solenne niente incoronato coll'alloro dal Rev. sig. Don Triet. Le nostre cordiali congratulazioni a tutti.

TREVIGLIO - Il Giubileo Papale di Leone XIII nel nostro Collegio - Una delle feste ben combinate e meglio riuscite è certamente quella compiutasi in questo nostro collegio della Sacra Famiglia ad onore di Leone XIII pel suo Giubileo Pontificale. Lasciamo delle funzioni religiose del giorno, Comunione generale dei convittori, Messa solenne pontificata da Mons. Preposto Nazari, discorso del M. R. Teologo Portalupi, solo vogliamo dire una parola sulla splendida accademia musico-letteraria della sera. L'ampio programma riflettentisi tutto sui fasti di Leone XIII, di Roma e del Papato venne svolto fra la continua ammirazione e il ripetuto plauso del numeroso uditorio. Nella musica si ebbe a gustare colla molteplice varietà di pezzi classici una esecuzione inappuntabile vuoi dalla parte istrumentale (banda, mandolini, pianoforte), vuoi nella parte vocale. Dopo una maestosa marcia d'introduzione per banda, fu un succedersi di armonie di canti e suoni or gravi e patetici, ora festosi ed elettrizzanti : i nomi soli degli autori dei pezzi eseguiti - Bossi, Piazzini, Gallignani e B. Marcello - stanno a prova che l'accademia musicale era ben concertata; gli applausi degli uditori attestavano la felicità dell'esecuzione.

La parte letteraria venne inaugurata con discorso del Rev. Salesiano Don Giraudi che svolse assai bene il tema propostosi: Il Soprannaturale nel Giubileo Pontificale di Leone XIII; in seguito alternandosi colla parte musicale, si svolse il programma con odi e canzoni e sonetti declamati con brio da vari convittori, nei componimenti dei quali non mancava nè la robustezza del concetto, nè la felicità dell'espressione pratica, nè l'opportunità delle allusioni e dei raffronti storici, Chiuse il trattenimento il M. R. direttore del Collegio Don G. B. Mazzetti, il quale con accento vibrato alla domanda fattasi : il perchè di questa festa ? richiamando l'esempio di D. Bosco e le ingiunzioni del suo Successore Don Rua rispose con nobile parola : per insegnare a questi giovanetti ad amare il Papa, dicendo esser questo un dovere per la compita educazione dei giovanetti, perchè possano crescere cattolici esemplari, conforto della Chiesa, onor della Patria.

La festa lasciò ottima impressione. Venne raccolta una bella offerta per l'Obolo di S. Pietro: fu inviato un telegramma di omaggio al Papa che rispose benedicendo e si terminò con una splendida illuminazione.

NECROLOGIA

il Cardinale Agostino RìboLdì Arcivescovo dì Ravvenna.

A perdita di questo illustre Campione della Chiesa - di cui fu decoro sommo colle egregie e nobili doti di niente e di cuore, colle virtù eroiche di fede, di carità, di zelo e di fortezza per le quali mirabilmente rifulse il suo apostolato nella diocesi pavese più che collo splendore della porpora - fu sensibilissima per tutta la famiglia Salesiana che in lui ebbe sempre un solerte Cooperatore ed un fido consigliere. Noi, adorando i voleri di Dio che ce lo tolse si inopinatamente, deponiamo sulla sua tomba quanto di lui scrisse l'ottimo periodico il D. Bosco di Milano.

Creato Arcivescovo di Ravenna e Principe di santa romana Chiesa un anno fa, egli aveva umilmente accettato l'alto onore, col quale il Sommo Pontefice riconosceva e premiava gli insigni suoi meriti, quale occasione di compiere il più duro sacrìfizio che il signore potesse domandare al suo apostolico cuore.

Staccarsi dai suoi cari figli Pavesi dopo aver loro prodigato tutto se stesso a somiglianza del Buon Pastore; togliersi all'affetto generoso ed intenso dell'amato gregge da lui guidato e retto per quasi 25 anni a virtù religiose e civili tra le più dure prove colla soave fortezza di una vita immacolata e santa; allontanarsi dalla tomba del grande Agostino dal quale col nome avea ereditata la mente ed il cuore intesi ogni giorno a, nuovi e più mirabili opere pel bene del suo popolo, ecco il grande sacrifizio a cui era chiamato il fedele ministro di Gesù Cristo.

Ma pari alla violenza dello schianto che n'ebbe a soffrire il suo tenero cuore, fu la forza e generosità d'animo con cui, ubbidiente come sempre alla voce del Vicario di Cristo, prese tosto la cura del nuovo gregge affidatogli. E benchè fosse quasi presago di presto cambiare l'ornamento della porpora colle nere gramaglie, nulla curando l'omai distrutta salute, attese a tutto sacrificarsi pei suoi Ravennati, ai quali in brevissimo tempo lasciò prove indelebili di zelo, di dottrina e di ardente carità. Ne sono specchio fedele le parole colle quali chiude la circolare di ringraziamento ai suoi diocesani per le feste solenni celebrate in onore del suo Giubileo episcopale il 22 p. p. Aprile. Deus spei repleat vos omni gaudio et pace in credendo, ut abundetis in spe et virtute Spiritus Sancti. In omnibus honorificetur Deus per Jesum Christum, cui est gloria et imperium in saecula saeculorum. Amen.

Il Cardinale Riboldi fu tra i primi ad encomiare e confortare coll'autorevole sua parola il D. Bosco. Ne comprese tosto lo spirito e la necessità di diffonderlo largamente tra gli educatori. Egli, che dotte pagine aveva già scritto per la cristiana educazione della gioventù nelle sue mirabilì pastorali; egli, che aveva date norme e leggi sapienti al suo zelantissimo clero per educare le novelle generazioni secondo lo spirito e la carità del Vangelo, provvedendo anche in ciò a tutte le giuste esigenze dei tempi moderni, egli si degnò più volte di benedire all'umile opera nostra e di augurarle il più largo sviluppo ed incremento. L'Istituto di S. Ambrogio di Milano, la pia Associazione di S. Agostino ivi eretta, intesa essa pure a preservare dal vizio e dalla corruzione i giovanetti, furono oggetto di speciale benevolenza pel cuore dell'eminentissimo defunto, il quale in cima alle cure del suo pastorale ministero ebbe ognora quella della gioventù, a lui particolarmente cara e diletta. Adoriamo in silenzio i decreti di Dio che, ahimè ! troppo presto ci tolse un tanto amico, un tanto benefattore e padre.

Sciogliendo intanto il debito della più viva riconoscenza e gratitudine, non cesseremo coi nostri giovanetti dal pregare ogni giorno per lui; guarderemo costanti ai suoi luminosi esempi di specchiata virtù e seguiremo fedeli il suo pio e forte magistero nel crescere e guadagnare le anime al Signore.

E tu, invitto campione della Chiesa di Cristo, riposa nella pace dei giusti, tuo gaudio e tua eterna corona: ottienle nuovi e santi difensori per le aspre e dure battaglie che incessanti le muove l'iniquità dei tempi; fa che sul tuo esempio siano sempre vigili ed imperterrite le scolte d'Israello. Veglìa amoroso sui tuoi figli di Pavia e di Ravenna, pei quali è sacra la tua memoria. Scendi Angelo consolatore ai tuoi desolati fratelli, sorelle, nipoti, cognati e cognate; hanno perduto in te un padre più che tenerissimo, la loro guida ed il loro conforto. Tu li ravviva alla fede divina onde soltanto si tempera ed ha tregua l'amano dolore, sì che più vivo brilli sul loro cammino il raggio della celeste speranza di farti splendida corona un giorno coi tuoi figli nella beata eternità.

Il Cardinale Agostino Gaetano Riboldi nacque a Paderno milanese il 18 febbraio 1839.

Entrato giovanetto nei seminari diocesani ne compì con lode ed onore gli studii; ed ordinato Sacerdote attese egli stesso all'educazione scientifica dei leviti nei Seminarii Arcivescovili di San Pietro, Monza, Milano, acquistandosi meritamente fama di profondo conoscitore delle scienze fisiche e matematiche e di peritissimo nelle sacre discipline. Fu consecrato Vescovo di Pavia il 22 aprile del 1877, donde passò Cardinale Arcivescovo a Ravenna il giorno 8 settembre dell'anno passato.

Imponenti i suoi funerali a Ravenna e più ancora a Pavia (dove volle essere sepolto) peí concorso delle autorità ecclesiastiche, governative e militari e per la moltitudine sterminata di popolo che mesto si accalcava lungo le vie a rendere l'estremo saluto al suo padre e pastore. Il nostro Istituto vi era rappresentato da una schiera di giovanetti con stendardo.

Furono una splendida ed affettuosissima dimostrazione della stima e venerazione in cui sarà tenuta ognora la memoria di quest'illustre e piissimo Arcivescovo che aveva effuso tutta la sua nobile mente ed il suo caritatevole cuore in opere immortali pel bene religioso e civile di quelle diocesi.

R. I. P.

SPIGOLATURE AGRARIE

Piante induttrici e consumatrici di azoto. (Vedi Bollettino di aprile)

SOMMARIO - Introduzione - Abbondanza di fosfati, di potasse e di calce, ma scarsità di azoto - Piante induttrici e consumatrici di azoto - Modo di servirci dell'azoto che trovasi nell'aria - Come aumentare lo sviluppo delle leguminose - Legge della doppia anticipazione.

ABBIAM dato alcuni cenni sui concimi chimici ed alcune norme per la compera e la conservazione dei medesimi; sarebbe ora forse conveniente che si dicesse quando e come spanderli ; ma per non dilungarci troppo passiamo ad un altro argomento. Del quando e del come spanderli, diremo qualche cosa qua e là nel parlare poi delle Rotazioni.

Nelle spese che faremo per far fruttare i nostri terreni dobbiamo aver di mira sempre questo concetto fondamentale: spendere quanto è necessario per aver un dato prodotto, ma spendere in modo che la spesa fatta ci dia sempre il massimo utile possibile ! Per non venir meno a questo concetto fondamentale, ossia per fare il nostro stesso interesse dobbiamo considerare alcune cose.

Dei quattro tipi di concimi non tutti hanno lo stesso valore. I calcari (calce, gesso) costano poco, perchè in natura ve ne sono dei depositi inesauribili e la loro estrazione non è troppo costosa. I fosfati puri e superfosfati hanno un prezzo abbastanza mite e ciò perchè anche di essi sonvi depositi inesauribili e la loro lavorazione non richiede grandi spese. I potassici invece hanno in commercio un valore alto: però speriamo che la scienza possa presto insegnarci come usufruire della potassa, che trovasi abbondantissima in molte roccie ; od almeno indicarci come economicamente poterla estrarre dalle acque marine. Ad ogni modo, il suo prezzo non potrà gran che salire perchè di essa vi sono depositi immensi e giacimenti straordinari. I concimi azotati invece costituiscono per noi un vero problema ! ... Tutte le piante han bisogno di azoto, e di questo azoto vi son depositi scarsissimi ; dei quali alcuni già esauriti ed altri (anche gli ultimi scoperti) non possono certo durar molto se continua (come deve continuare) il progresso dell'agricoltura. Nè possiamo aver speranza di poter compensare col solfato ammoniacale, perchè la fabbricazione di questo sale verrà certamente limitata dalle leggi, perche dannosa alla salute. E pensare che nell'aria che ci circonda, se ne trova una quantità stragrande ; quantità che va sempre aumentando per tante cause, fra le quali una principale è la putrefazione delle materie che una volta furono vive !

Dobbiamo veramente ringraziare la Provvidenza divina, che ha suscitato un uomo il quale ha sciolto questo problema, scoprendo il modo col quale possiamo servirci dell'azoto dell'aria in favore delle nostre piante. E quest'uomo è Stanislao Solari ! Non ci fermiamo a far la storia di questa grande scoperta, e nemmeno a far gli elogi dello scopritore, perche usciremmo dai limiti di un articolo ; solo diremo in che cosa consista e del come servircene per ritornare ai nostri campi la perduta fertilità.

*

Sonvi alcune piante le quali hanno la facoltà di usare pel proprio nutrimento dell'azoto dell'aria, e precisamente di quella che circola nei terreni. Queste piante sono quelle che i botanici chiamano leguminose, cioè la medica, i trifogli, la lupinella, la sulla, le veccie, i lupini, i piselli, i fagiuoli, ecc. Esse per mezzo delle radici non solo si nutrono dell'azoto dell'aria che circola nel terreno, ma ne magazzinano anche in favore di quelle piante che verranno seminate dopo. E ne magazzinano nel terreno una quantità proporzionale al proprio sviluppo : ossia più crescono belle, rigogliose, più approfondiscono ed aumentano le radici, ed in questo modo introducono e lasciano nel terreno maggior quantità di azoto. Osserviamo in fine che queste piante in generale (sai come erba, sia come farina procurata dai loro semi) servono di cibo agli animali. Sonvi altre piante invece che non hanno questa preziosa facoltà e quindi, non potendo servirsi dell'azoto dell'aria, han bisogno di trovarlo nel terreno sotto la ferma di nitrati : solo in questo caso crescono rigoglioso e dànno i frutti che desideriamo. Queste sono quelle che in generale dànno il vitto agli uomini. Le prime furono dette piante induttrici di azoto, le seconde piante consumatrici di azoto.

Queste verità intuite prima e poi spiegate dal colonello Stanislao Solari, furono in seguito dalla scienza matematicamente provate. Noi però, lasciando da parte la scienza, ci accontentiamo delle prove dei fatti. Essi sono per noi d'una eloquenza più chiara, giacchè essi ci mostrano dei raccolti che seno qualche cosa di più positiva delle teorie. Alcuni di questi fatti li citeremo in fine come conclusione.

Da quanto abbiam detto ne risulta che sarà cosa economica il servirsi tutte le volte che sarà possibile dell'azoto dell'aria. Esso non ci costa nulla e perciò è più conveniente di quello del commercio! Per far questo 1°) Semineremo una pianta leguminosa; 2°) la tratteremo in modo da aumentare il più che sia possibile il suo sviluppo ; 3°) di essa ce ne serviremo pei nostri animali ; 4°) semineremo in seguito una pianta consumatrice di azoto, affinchè possa assorbire l'azoto immagazzinato dalla leguminosa. Questa è la base, il cardine della nuova agricoltura.

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E come fare per aumentare il più che sia possibile lo sviluppo della pianta induttrice?

Dalla enumerazione fatta delle piante induttrici, tutti avran compreso che ve ne sono di quelle che amano i terreni che possono essere irrigati (ad es. il trifoglio ladino), altre che resistono abbastanza bene all'asciutto (l'erba medica, la sulla), alcune che crescono meglio in pianura, altre che amano di più il clima di montagna : in breve, per ogni terreno coltivabile, per ogni clima esiste la pianta leguminosa adatta. Questa verità, nel mentre ci dice che la nuova agricoltura è possibile in tutti i luoghi, ci dice anche che, per prima cosa, onde avere una vegetazione rigogliosa nelle leguminose, dobbiamo scegliere quella che è più adatta pei nostri terreni e pel clima del nostro paese.

In secondo luogo, bisognerà che aiutiamo lo sviluppo della vegetazione nella nostra leguminosa, coll'anticiparle abbondantemente quanto ha bisogno pel suo nutrimento, ossia anticiparle in abbondanza fosfati, potassa, calce. Siccome poi è cosa assai ben constatata (e ne abbiam già detto qualche cosa nei passati articoli) che i concimi anticipati al terreno, per tante cause che qui è inutile ricordare, non sempre arrivano subito vicino alle radici delle piante, ed anche quando arrivano, non sempre sono in condizioni tali da poter essere subito assorbiti, così è ottima cosa darne in abbondanza. In questa maniera un po' subito ed un po' in seguito arriveranno vicino alle radici ed in istato di essere assorbiti; ed un po' di essi rimarrà nel terreno per le piante che verranno seminate dopo. In questo modo la leguminosa, trovando sempre un adatto nutrimento potrà crescere bella, rigogliosa: ci darà un abbondante prodotto ed immagazzinerà molto azoto in servizio delle altre piante.

Il colonello Solari dopo molte prove in proposito concluse che si doveva anticipare alla leguminosa la parte di fosfati, di potassa, di calce che era necessaria per avere da essa un dato raccolto più la parte di fosfati di potassa, di calce che sarebbe stato l'anno dopo necessaria alla pianta che si suppone di voler seminare. Ad esempio in questo autunno passato per concimare il trifoglio (o qualsiasi leguminosa) avremmo dovuto dare i concimi necessarii per ottenere in quest'anno un buon raccolto di trifoglio ed, insieme a questi, anche i concimi che daremmo il prossimo autunno prima di seminare il frumento od altra pianta.

In questa maniera si dà in una volta sola quello che deve servire per due raccolti. Questa legge venne detta della doppia anticipazione perchè anticipa appunto il doppio cioè quanto occorrerebbe a due raccolti.

Sappiamo che non pochi non sanno o non vogliono persuadersi di questa verità., eppure osiamo insistere ed insistiamo con tutte le nostre forze. Non è certo la speranza d'un guadagno che ci spinge a questa. insistenza, è solo il desiderio di fare un po' di bene. Il pensiero che tanti hanno migliorato le loro sorti in questa maniera; l'aver toccato con mano i risultati splendidi dell'applicazione di questa verità, fa sì, che noi cerchiamo in tutti i modi di farla applicare.

Invece di crollare la testa e vivere nel solito «ma, sarà poi vero? » si provi nel piccolo, si provi senza restrizioni, e noi siamo sicuri che i risultati convertiranno più di uno. In fin dei conti non si tratta che di cambiare il tempo della concimazione, dando un anno prima quel che daremmo un anno dopo.

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Quanto si disse finora, ci permette di usare su larga scala delle Rotazioni senza che i nostri terreni restino per nulla spostati, anzi colla sicurezza di poterli migliorare ogni giorno più. Di esse però nel prossimo numero.