BS 1890s|1893|Bollettino Salesiano Luglio 1893

ANNO XVII. - N. 7.   Esce una volta al mese.   LUGLIO 1893.

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

SOMMARIO.

Il Congresso Eucaristico di Gerusalemme.

L' onomastico di D. Bosco e l' omaggio a D. Rua. Un Oratorio festivo per le figlie di Giaveno.

L' Opera di D. Bosco nella Spagna e nell'Inghilterra : (Santander e Londra).

Notizie dei nostri Missionari: Dalla Terra del Fuoco e dalla Colombia.

Ad onor di Maria Ausiliatrice.

Grazie di Maria Ausiliatrice.

Azione Salesiana.

Notizie varie: - Un vestito ad un Fueghino - Nel collegio Salesiano di Este -A Moncrivello. - Avviso. Cooperatori defunti.

IL CONGRESSO EUCARISTICO di Gerusalemme.

NEL maggio u. s. a Gerusalemme, la città santa, si compivano con uno splendore non più veduto solennità religiose di un'importanza grandissima, delle quali anche noi vogliamo tenere parola ai nostri lettori; intendiamo dire del Congresso Eucaristico che là si tenne sotto gli auspizii di un Legato speciale del Papa e con un concorso immenso di Vescovi e di pellegrini provenienti da ogni parte del mondo.

Fine precipuo dei Congressi Eucaristici si è di promuovere l'onore e la divozione a Gesù Sacramentato. Ne fu primo promotore quel grande scrittore cattolico, Mons. de Ségur, che nel 1880 sottoponeva all'approvazione della S. Sede il piano di queste Assemblee. Delle quali la prima fu tenuta a Lilla l'anno seguente 1881; la seconda ad Avignone nel 1882; la terza a Liegi nel 1883; la quarta a Friburgo nel 1885; la quinta a Tolosa nel 1886; la sesta ad Anversa nel 1889; la settima a Napoli nel 1891. Ed ora si tenne l'ottava a Gerusalemme, colà appunto dove l'augustissimo mistero d'amore veniva istituito da N. S. Gesù Cristo la sera precedente alla sua passione e morte.

Dalle Crociate in poi Gerusalemme non vide mai spettacolo sì grande di fede. Erano le due Chiese, quella d'Oriente e quella d'Occidente, che colla moltiplicità dei riti onde si adornano, con slancio si univano tra loro a rendere testimonianza sublime di fede e di amore alla SS. Eucaristia, sotto la guida del Rappresentante del Papa, Vicario di Gesù Cristo, loro Fondatore e Capo.

Ed a rendere questa dimostrazione più splendida e più cara a Gesù Cristo ed al suo Vicario non solo concorsero i varii riti delle Cristianità unite, ma ben anche i fratelli scismatici. Approvando il progetto di quest'ottavo Congresso proposto dal Vescovo di Liegi Mons. Doutreloux, il S. Padre Leone XIII esprimeva il suo ardente voto di « raccogliere nell'integrità di una sola fede e di riunire a noi coi legami di una carità perfetta i popoli di quelle regioni, i quali, benché disgiunti dalla Sede di Pietro, portano tuttavia il nome di Cristiani (1). » Ed ecco che il Patriarca greco, il Vescovo armeno ed il copto, dissidenti, ricevendo l'invito dal Presidente del Congresso, gli fecero cordiali accoglienze e presero tali disposizioni che si possono riassumere nelle seguenti parole dette da uno di essi: « Sì, noi siamo uniti dalla fede, dal cuore, dalla S. Eucaristia. » Oh! voglia Iddio adorato in questo Sacramento di amore aprire davvero gli occhi a quei nostri fratelli, trarli dai loro pregiudizii e guidarli nell'unione colla Chiesa Romana, sotto la obbedienza del medesimo Pastore e Padre il Papa!

Altra cosa che fece tanto piacere a tutti i pellegrini e che rese un bel servizio al Congresso si fu la protezione assuntasi dal Governo ottomano in questa circostanza. Gli onori pubblici poi resi al Legato del Papa, dalle Autorità civili e militari, il rispetto usato dai Turchi in tutte le funzioni dei Congressisti tale impressione lasciarono in tutti i pellegrini, da far preferire in quel momento quei paesi a tanti dei nostri cattolici.

(1) Breve del 3 Maggio 1892.

Ingresso del Legato del Papa in Gerusalemme.

Gerusalemme fin dalla seconda settimana di Maggio era in piena festa. Già erano arrivati numerosi pellegrinaggi provenienti di ben undici nazioni europee, capitanati da insigni Prelati di S. Chiesa, e già si tenevano imponenti funzioni di penitenza al S. Sepolcro. Il sabato 13, alle 3 pom. giunse alla stazione Sua Eminenza il Cardinale Langénieux, Legato del Papa. Nel discendere dal treno, l'Em. Porporato, cui erano andati incontro S. B. il Patriarca latino di Gerusalemme Mons. Piavi, e Mons. Doutreloux, Vescovo di Liegi e Presidente del Congresso, fu primieramente ossequiato in nome della Francia, protettrice di Terra Santa, dal Console generale francese, il quale gli espresse in termini nobili e sentiti l'onore e la ventura che aveva di riceverlo come rappresentante della Repubblica. Sua Eminenza gli rispose con grande effusione di cuore ! Quindi fa accompagnato, prima di formare il corteggio, sotto una tenda apposta preparata vicino alla stazione per l'illustre pellegrino e pel di lui seguito. Quivi S. E. il Console gli presentò i diversi rappresentanti delle nazioni europee, gli ufficiali della flotta francese, allora ancorata nelle acque di Giaffa, e l'inviato della Sublime Porta, che era il primo Magistrato della città. Il Patriarca greco-scismatico aveva mandato in sua vece due Archimandriti ; il Vescovo armeno ed il copto avevano delegato, l'uno un Archimandrita e l'altro il suo Vicario generale; il convento siriaco un monaco dei più rispettabili.

Dinnanzi alla stazione era stato schierato un corpo di cavalleria ottomana, mentre i soldati di linea formavano spalliera. Numerosi pellegrini eransi fino colà recati, nonostante la considerevole distanza dalla città; gli altri aspettavano presso la porta di Giaffa, dove erano preparati i ricevimenti ufficiali.

Apriva il corteo la musica dell'Orfanotrofio Cattolico di Betlemme, fondato dal C.co Belloni, ora coadiuvato dai Salesiani. Precedeva la Croce, portata da un uomo a cavallo, circondato da una guardia di onore di ufficiali superiori dell'esercito turco; poi veniva il Cardinal Legato pure sopra un cavallo superbamente bardato e condotto da due scudieri; quindi seguivano in carrozza S. B. il Patriarca latino di Gerusalemme, il Vescovo di Liegi, alcuni altri Vescovi ed i Membri del Corpo consolare colle rappresentanze sunnominate.

Messosi in cammino il corteggio, entusiastiche acclamazioni di Viva Leone XIII! Viva il Legato del Papa! accoglievano lungo il tragitto l' illustre Porporato , il quale giunto alla porta di Giaffa discese a terra per indossare gli abiti pontificali.

Quivi stavano ad attenderlo Mons. Appodia, Ausiliare del Patriarca latino di Gerusalemme , col Capitolo di questa città , molti altri Vescovi, de' quali alcuni maroniti, altri siri, il clero della Diocesi e varie altre centinaia di Sacerdoti in cotta e disposti in due file lungo la via che conduce al S. Sepolcro.

Indossato che ebbe il Legato il piviale e la mitra , il Patriarca di Gerusalemme , pur egli vestitosi pontificalmente, diede il benvenuto all'esimio ospite, ed espresse la più profonda gratitudine al S. Padre, per la missione affidatagli. Il Cardinale rispose con un discorso infiammato di amore per l'Oriente.

Poscia i due Prelati presero posto sotto il baldacchino che i pellegrini eransi disputato l'onore di portare, ed il corteo proseguì, o meglio, tentò di proseguire il suo cammino ; giacchè non ostante il cordone delle truppe ed il suo zelo nel mantenere sgombro il passo, la calca era cresciuta a tal segno che sembrava di soffocare; nè solo le vie erano gremite di gente, ma ben anche le finestre, i balconi e perfino i tetti e le mura di tutto il percorso.

Finalmente, passo a passo, cantando il Magnificat, il Tu es Petrus ed il Laetatus sum in iis quae dicta sunt mihi, si giunse alla Basilica, portativi più che altro da quella marea di teste umane.

Giunti nella Basilica del S. Sepolcro, il ricevimento fu fatto dal RR.m° Vicario Custode di Terra Santa, circondato dai suoi bravi Religiosi; ma i preti scismatici avevano voluto in qualche maniera unirsi ad essi, scortandoli con torcia.

Poichè il Cardinal Legato ebbe venerato il Santo Sepolcro, le cui chiavi gli vennero pórte sopra un bacile d'oro, fu intonato il Te Deum, e la cerimonia si chiuse colla benedizione Apostolica. S. E. si recò al palazzo patriarcale, ove attendevalo per salutarlo S. B. Mons. Joussef, Patriarca greco-cattolico di Antiochia, Gerusalemme ed Alessandria, che non aveva potuto unirsi al corteo.

Le Sedute.

Il giorno dopo, domenica 14 maggio, vennero aperte le solennità eucaristiche col Veni Creator, cantato nella Basilica da Mons. Vescovo di Liegi, Presidente del. Congresso, circondato da una ventina de' suoi colleghi e da innumerevoli fedeli.

Tra tutti i Congressisti ammontavano a circa 1500. Oltre ai Patriarchi latino e greco di Gerusalemme, v'erano il Patriarca di Costantinopoli, molti Vescovi greci , francesi, belgi, svizzeri, italiani, spagnuoli ed americani, ed un seicento sacerdoti all'incirca. Le due Chiese orientale ed occidentale erano bene rappresentate. I Cristiani uniti Greci, Melchiti, Siri, Maroniti, Bulgari, Slavi, Armeni, Caldei , Abissini , Cofti avevano loro rappresentanti.

La prima radunanza del Congresso fu tenuta al lunedì. Alle 6 e mezzo del mattino nella chiesa del S. Salvatore dei RR. PP. Francescani vi fu Messa pontificale celebrata dal Rev.m° Vescovo di Liegi Mons. Doutreloux alla presenza del Cardinal Legato. L'altare era circondato da alti dignitarii ecclesiastici. Alle 9, infine, il Congresso cominciava i suoi lavori. Sua Eminenza il Card. Langénieux pronunziò il discorso inaugurale, pieno di ardore e di elevatezza di idee, esponendo lo scopo del Congresso e l'importanza che gli dava il Sommo Pontefice. È superfluo dire che le acclamazioni dell'uditorio risposero di frequente alle sue parole. Finite le ovazioni all'insigne Porporato , si levò Monsignor Doutreloux, e con voce vibrante di profonda commozione interpretò i sentimenti che animavano l' assemblea verso il Papa e verso il suo illustre rappresentante. L' uditorio acclamò anche lui con frenetica esultanza. Con applausi calorosissimi furono pure approvati due telegrammi che il Presidente propose d'inviare al Sovrano Pontefice ed al Sultano, l' uno per annunciare l'apertura del Congresso, ed il secondo per ringraziare S. A. I. d'aver autorizzato l'imponente riunione ne' suoi Stati.

Si costituirono quindi gli uffici, e fu data la parola al segretario del Patriarca greco di Antiochia, Gerusalemme e Alessandria, per leggerne il promemoria indirizzato al Congresso. Questo lavoro esordisca con un lungo elogio ai Congressi Eucaristici in generale ed in particolare al Presidente Monsignor Doutreloux, cui si unisce un entusiastico omaggio a Sua Santità Leone XIII ed al suo eminentissimo Legato. Si diffonde quindi sugli onori resi nel rito greco al divin Sacramento dell'altare; spiega come vi siano praticate le benedizioni colla SS. Eucaristia e le processioni; dimostra come in processo di tempo siano state soppresse certe discrepanze col rito latino.

Dopo lui, S. B. il Patriarca latino, salutato con gioia il Congresso Eucaristico, ne indicò con molta precisione gli scopi ed enumerò i felici risultati che ne aspetta l'Oriente.

La maggior parte delle altre sedute fu occupata dalla lettura dei rapporti fra le differenti liturgie orientali : differenza non solo tollerata , ma approvata dalla Chiesa, anzi necessaria, perchè, come disse il Cardinal Legato, nei differenti paesi risponde a necessità imperiose, perchè difende diritti acquistati, e la Chiesa rispetta le libertà nazionali che si possono perfettamente conciliare coll'integrità della dottrina e col pieno esercizio della disciplina ecclesiastica.

Il Congresso durò otto giorni. La domenica di Pentecoste, 21 maggio, a sera nella Basilica del S. Sepolcro, S. Em. il Cardinal Legato, con una splendida corona di Prelati intorno alla sua persona, cantò il solenne Te Deum e diede la Benedizione Apostolica; dopo di che Mons. Doutreloux intonò per tre volte l' Oremus pro Pontifice nostro Leone, al quale tutta l'assistenza rispose con mirabile trasporto di devozione. Nella seguente mattina poi i pellegrini s' incontrarono per l'ultima volta appiè dell'altare per la Messa di ringraziamento. Dopo di che, coi cuori gonfi di commozione, presero congedo gli uni dagli altri per recarsi ciascuno in patria.

Altre Funzioni.

Oltre alle riunioni del Congresso Eucaristico, ogni giorno, in questo od in quel santuario della Città Santa, nell'uno o nell'altro rito orientale , si celebrava la santa Messa con pompa insolita. Tutti i riti latino, greco, siriaco, armeno, slavo, maronita, cofto si seguirono volta a volta, e sempre l'officiante è stato un Vescovo , tranne il rito etiopico , per il quale non funzionarono che semplici preti.

I pellegrini, molto assidui a tutte le cerimonie religiose, vi si comunicavano in grande numero, ora secondo il rito latino ed ora alla Messa conforme il rito armeno, che ha conservato l' uso del pane azzimo. Sorprendente fu il numero dei preti scismatici, che accorrevano a gara a tali solennità , e non la finivano di meravigliarsi nel vedere le proprie cerimonie così perfettamente conservate dagli orientali cattolici.

Ogni sera, in uno dei grandi Istituti cattolici di Gerusalemme , facevasi con maestà somma la processione del SS. Sacramento nel convento dei Francescani del S. Salvatore, in quello di S. Anna dei Padri Bianchi di Algeri, a Notre-Dame de France, all' Orfanotrofio di San Pietro , dei Religiosi del P. de Ratisbonne, presso le Dame di Maria Riparatrice, infine presso i PP. Domenicani a S. Stefano. Dappertutto la commozione fu universale. Ebrei e musulmani, accorsi a migliaia, s'inchinavano con rispetto al passaggio del SS. Sacramento.

Magnifico ed affascinante spettacolo fu quello dell'immensa Croce illuminata a luce elettrica dai PP. dell'Assunzione dinanzi a Notre Dame de France. Fu più volte illuminata anche la chiesa del S. Salvatore dei Francescani.

Finita la processione del SS. Sacramento a S. Stefano, Monsignor Pampirio, Arcivescovo di Vercelli, presidente del pellegrinaggio italiano, fece all'aria aperta una predica in lingua francese, che lasciò profonda impressione nei cuori.

All'Orfanotrofio Cattolico di Betlemme.

I pellegrini andati a Gerusalemme per questo ottavo congresso non poterono certo partire da Terra Santa senza fare una visita a Betlemme, la città natale del Divin Redentore. Parecchi di loro passarono anche all'Orfanotrofio Cattolico del Can. Belloni, ed ecco come ne scrisse uno di quei sacerdoti ad un periodico di Torino, la Buona Settimana

Si fu per noi oggetto di gran consolazione il ricevere pellegrini numerosi e di tutte le nazioni. So ci fosse stato possibile , avremmo voluto moltiplicarci per riceverli meglio che non abbiamo fatto. Cionondimeno spero che non sia illusione del nostro amor proprio, quei pellegrini che già ci conoscevano sembravano soddisfatti dei progressi realizzati dopo i loro precedenti viaggi. Nel numero di quelli che ci visitarono è nostro dovere nominare particolarmente il Vescovo di Liegi, nostro benefattore, che si tenne a stabilire un orfanotrofio di D. Bosco nella sua città episcopale.

Sua Eccellenza, per ispecial favore, si è degnata venire direttamente da noi e prender parte al nostro pasto della sera. In risposta ad un piccolo complimento lettogli da' nostri alunni, Monsignore parlò loro della SS. Eucaristia in termini che provano l'ardente suo amore e la sua fede vivissima. Ricordò loro un detto che D. Bosco pronunciò parlandogli della Comunione frequente « Monsignore, tutto consiste in questo. »

Monsignor Montes de Oca, vescovo del Messico, da D. Belloni da lunga data conosciuto, ci ha fatto l'insigne onore d'accettare la nostra ospitalità completa. Insieme a S. Eccellenza trovaronsi nel nostro Orfanotrofio Mons. Redon, vicario generale d'Avignone, Mons. Guillibert, vicario generale d'Aix ed altri sacerdoti ed eminenti personaggi. Un terzo prelato, Sua Ecc. Rev.ma Monsignor Pampirio, arcivescovo di Vercelli, grande amico dei figli di D. Bosco e che in dicembre 1891 aveva assistito alle feste di Maria Ausiliatrice a Torino ed alla partenza per Terra Santa di alcuni Salesiani, felice ora di rivederli e riconoscerne la simpatica fisionomia, si è degnato di passare alcune ore in mezzo a noi.

Il giorno 16 maggio abbiam anche avuto la ventura di ricevere il Molto Rev. Coemen, parroco di N. S. a Verviers, al quale tanto siamo obbligati in qualità di direttore del nostro Comitato belga, e più altri eminenti signori dello stesso Comitato, che portano risolto interesse agli stabilimenti nostri. Varii giorni innanzi ricevemmo visita, del M. Rev. Sig. Parroco di Saint-Cyr (Francia), amico del nostro caro D. Varaja, direttore della Colonia agricola di Beitgemal.

Siccome si trovavano fra noi riuniti un bel numero di pellegrini, abbiamo chiuso la giornata del 16 con un piccolo dramma intitolato Les jeunes captifs e preceduto da un prologo diretto ai nostri Benefattori. I nostri piccoli cantori eseguirono un pezzo di musica intitolato Il Congresso Eucaristico. E poichè è di mestieri sempre una nota allegra, la rappresentazione si chiuse con un. duetto (Don Procopio), eseguito da due nostri capi di laboratorio.

Impossibile ci è far menzione di tutti quei che ci visitarono; ma non possiamo omettere l'eccellente sacerdote Celestino Alvarez di Merida di Yucatan , presso il quale l'indefesso Don Piperni alloggiò due mesi; non possiamo omettere un eccellente avvocato canadese, che raccolse elemosine per Don Piperni. a Montereale e tutti i di lui connazionali, sacerdoti e laici, che ci hanno pórta la fortuna di passare alcune ore in loro compagnia.

Il 17 maggio ricevemmo numerosi ecclesiastici italiani, tutti molto benevoli all' Opera dei Salesiani, e fra loro il Rev. Don Vigo, parroco di Santa Giulia in Torino e delegato da S. Eccellenza l'Arcivescovo di Torino a suo rappresentante al Congresso Eucaristico.

Con gioia riceviamo l'annunzio che gli Arcivescovi e Vescovi del Piemonte, radunati a conferenza a Vercelli nella prima metà di giugno u. s., di comune ed unanime accordo stabilirono di tenere il Nono Congresso Eucaristico a Torino, la città del Sacramento, nel prossimo venturo anno 1894.

L'ONOMASTICO DI DON BOSCO E L'OMAGGIO A D. RUA

IL 24 Giugno porta ogni anno gioia e festa alla famiglia Salesiana. È il giorno in cui, commemorando l'Onomastico di D. Bosco, diamo sincere e giulive manifestazioni di amore e riconoscenza all' amatissimo di lui successore D. Michele Rua.

I nomi di D. Bosco e di D. Rua s'intrecciano in tal giorno con canti e suoni, prose e poesie, nell'entusiasmo di mille e mille cuori, che per D. Bosco e D. Rua sentono ineffabile affetto di teneri figli.

La sera del 23, vigilia di San Giovanni Battista si tenne perciò anche in quest'anno una prima accademia nel cortile dell'Oratorio; fu breve per lo sfavore del tempo, ma non per questo fu meno cordiale.

La dimani, alle 9 ant., entravano nell'Oratorio le rappresentanze degli antichi allievi. Li precedeva la nostra banda musicale con festosi concenti e venivano salutati con fragorosi applausi dai nostri allievi interni.

Entrati in apposita sala, presentarono a D. Rua omaggi e doni, ed il ch.mo prof. Maranzana lesse un compitissimo discorso d'occasione, a cui D. Rua rispose commosso con parole improntate del più tenero affetto. Sono scene che suscitano nell'animo tenerissime emozioni. Questi cari amici si recarono poscia a Valsalice a pregare sulla tomba dell' indimenticabile D. Bosco.

Nel santuario di Maria Ausiliatrice intanto ebbero luogo grandiose funzioni come nelle massime solennità. La Messa solenne fu celebrata da D. Rua, con l'assistenza Pontificale di S. E. Rev.ma Monsignor Cagliero. Numeroso il clero, mirabile la musica e molto edificante il concorso ed il contegno dei fedeli.

A sera si tenne altra accademia. V'intervennero innumerevoli nostri benefattori e benefattrici. Il cortile interno preparato a festa era affollatissimo e presentava un imponente spettacolo. L'inno d'occasione musicato dal nostro maestro Giuseppe Dogliani fu di effetto veramente grandioso e sorprendente; commoventissimo il quartetto in cui ripetesi un soave saluto a Maria.

Canti, suoni, declamazioni, lettere, telegrammi... succederonsi con molta varietà e novità.

I giovani dell'Oratorio esterno ebbero il felice pensiero di eseguire un inno musicato da S. E. Rev ma Monsignor Cagliero nel 1878 per l' Onomastico di D. Bosco, e la loro banda volle pure dar saggio del progresso che va ognor facendo. Furono anch'essi cordialmente applauditi.

Pose termine a festa così cordiale e solenne D. Rua stesso, parlando di D. Bosco come gli dettava il cuore. Ebbe inoltre sentite parole di ringraziamento per tutti e vicini e lontani che vollero in qualche modo unirsi a noi in questa cara manifestazione.

Un nostro amico di Milano ci mandò una ben riuscita foto-incisione del ritratto del nostro Superior Maggiore D. Michele Rua. Più volte pregati da parecchi Cooperatori che volessimo pubblicare nel Bollettino il ritratto del successore di D. Bosco, vi aderiamo ora ben di cuore, che ce ne viene propizia occasione.

UN ORATORIO FESTIVO PER LE FIGLIE DI GIAVENO.

Questo bello e vasto borgo della Diocesi o provincia di Torino, da cui dista un 25 chilometri , era già stato due volte meta agli esercizi spirituali degli antichi allievi di D. Bosco nel 1850 e poi nel 1852. A Giaveno erasi nuovamente recato D. Bosco nell'ottobre del 1860, per aprire quel piccolo seminario, che doveva prendere, dietro il suo consiglio, uno sviluppo così prodigioso, e dare ogni anno alla Diocesi buoni e zelanti operai nella vigna del Signore.

Ora, si desiderava di avere un Oratorio festivo per le figlie. Per consiglio e col consenso di quel canonico Prevosto Teol. D. Giorgio Bernero, due pie signore, madre e figlia, comperarono un sito conveniente, lo adattarono ad uso di Oratorio , che col tempo può prestarsi anche come Educandato, e poi lo offrirono al Sig. D. Rua, perchè mandasse le Figlie di Maria Ausiliatrice a prenderne formale e solenne possesso. E ciò capitava nel bel giorno del Patrocinio dì S. Giuseppe di quest'anno al 23 aprile.

Le buone Figlie di Maria Ausiliatrice furono colà ricevute con grande tripudio. Era un dire ad esse che erano le benedette fra di loro perchè venivano, nel nome di Dio. La banda del luogo, che non suole suonare ad usi profani, domandò di potervi intervenire e rallegrare quella presa di possesso colla melodia de' suoi concenti.

Molto giovanette, colle loro madri, andarono all'incontro delle Suore, che ricevute a festa allo scalo dei tramvai, ed accompagnate da un numero sempre maggiore, incominciavano così la loro nuova missione.

Appena si tacque la musica, esse sentirono alcune parole di benvenute tra loro da una cara bambina, che prometteva a nome di cento e cento altre che alla loro santa scuola si sarebbero fatte tutte buone. Ma...

Questo ma ci vuole, ed è tutto pel nostro Superior Maggiore. Un bambino si fece far largo, e vedendo due dei superiori Salesiani, i Rev. D. Sala e D. Francesca , disse con tutta confidenza: - Signori, io sono ben felice che mia sorella e le sue compagne abbiano un Oratorio, ove possano ogni domenica raccogliersi a far ricreazione ed a sentire la parola di Dio; ma vorrei che essi dicessero a chi di ragione che si pensasse un poco anche a noi. Non fo' per dire, ma voglia di farci buoni, l' abbiamo tutti ; e più ancora quella di divertirci senza offendere il Signore.... Dicano adunque a D. Rua, che ci pensi e provveda, e presto... ed allora con la mia avrà la riconoscenza di tanti altri giovanetti che gli promettono di essere allegri e buoni, come ci dicono che raccomandava tanto D. Bosco, anzi che la sua bandiera era: Allegria e virtù!... - Si plaudì il caro fanciullo, e promessogli di eseguire la commissione, si diè principio alla sacra funzione. Si benedisse la cappella dal Sig. Vicario e poi D. Sala celebrò pel primo la S. Messa.

Il Sindaco del luogo non potendo intervenire, in segno del suo alto gradimento ebbe la bontà di mandarvi quanto gli era di più caro, cioè la moglie e la figlia; anche altre signore e signori vollero per quella prima volta intervenire alle sacre funzioni.

Alla sera poi, dopo il canto del Te, Joseph, celebrent, D. Francesia fece un po' di predica, e disse alle buone Figlie di Maria Ausiliatrice come D. Bosco, questo loro gran padre, le avrebbe protette dal cielo ed aiutate in quel paese, dove egli stesso, aveva condotti i suoi figli agli esercizi; come debbano fare per guadagnarsi l'affetto delle giovinette, che avrebbero frequentato il nuovo Oratorio; e finì ricordando il bell'apologo delle Bertuccie che si legge nel libro I cinque lustri della storia dell'Oratorio. Con la benedizione del Ss. Sacramento si conchiuse la bella funzione che lasciò in tutti i cuori le più grate memorie.

Si merita un particolare elogio la sullodata banda, che non solo rallegrò con le sue note nel cortile, ma volle accompagnare anche il Tantum Ergo alla sera, suonare alla Benedizione, e mostrarsi così veramente cattolica.

Non possiamo dire come sia grande la riconoscenza che noi sentiamo pel signor Vicario e per la benefica famiglia che ci chiamò a Giaveno, ma non taciamo che ogni giorno colà si prega per loro, e che il bene che di giorno in giorno si va propagando, dove assicurare queste anime elette che il Signore preparerà a loro una bella corona in Paradiso. E ciò per la ragione che chi procura la salute di un'anima, metto al sicuro la propria, come disse S. Agostino: Animam salvasti? Animam tuam praedestinasti.

L'OPERA DI D. BOSCO NELLA SPAGNA E NELL'INGHILTERRA

Per l'Oratorio festivo e Collegio di Santander.

La domenica 4 giugno a Santander in Ispagua , dove l' anno scorso si è incominciata una casa di D. Bosco (1), si faceva la solenne inaugurazione di una cappella provvisoria per quel collegio, della qual funzione togliamo i seguenti appunti da un lungo articolo del La Atalaya, diario santanderino.

Alla cerimonia assistettero, oltre il drappello di giovanetti già colà raccolti, gran numero di persone d'ogni classe.

La Messa cantata da quei giovanetti, dopo la Benedizione di rito , riuscì solennissima. All'elevazione fece la sua prima bella comparsa la scuola di musica composta di una cinquantina di giovanetti, suonando con delicatezza la marcia reale spagnuola.

Alla sera vi furon pure solenni funzioni con gran concorso di fedeli ; dopo le quali una buona signora, certa doña Nicolasa Bassoco, per togliere da probabili imbarazzi quel povero Direttore D. Tabarrini, gentilmente prestossi a pagare un buon rinfresco a tutti quei giovani ed a vani degli invitati, ed i fuochi d'artifizio che in sul far della sera posero bella corona a quella festa.

In una sala di quell'Oratorio stava esposto il progetto dei grandi laboratorii, capaci di più che cinquecento giovani, e della bella chiesa che si costrurrà in Santander, appena che i nostri ottimi Cooperatori e Cooperatrici di Spagna, e specialmente di quella città, ci avranno facilitati i mezzi necessarii all'uopo.

Noi vogliamo sperare sia fra non molto, giacchè il disegno piacque a quanti lo videro e l' opera salesiana ha già incontrata la simpatia di tanti buoni signori di quella e di altre città vicine.

Quel giorno stesso infatti, mentre a Santander si celebrava la festa suddetta, a Liérganes si radunavano varii signori per trattare di cose importanti per la società presente, e tra le altre di fondare una Lega di padri di famiglia , sul modello di alcune già esistenti a Madrid ed in altri siti, contro la immoralità che fa tanto guasto specialmente tra la povera gioventù dei giorni nostri. Orbene questi signori non poterono sciogliere la loro seduta senza prima pensare all'istituto salesiano di Santander, dove già un bel numero di giovani, tolti dai perìcoli, vengono educati alla virtù ed al lavoro, e fecero tra loro una abbondante colletta che di quella sera stessa vollero fare avere nelle mani di quel Direttore, il quale fu ben contento di far le parti de' suoi orfanelli per ringraziare quei buoni signori.

(1) V. Bollettino di agosto 1892.

La nuova Chiesa dei Salesiani a Londra.

Togliamo da una lunga corrispondenza da Londra alla Libertà Cattolica di Napoli il seguente brano riguardante la nostra missione di quella capitale

« Se la missione dei Salesiani è provvidenziale dappertutto, dall'Italia alla Patagonia, non lo è meno in Londra.

» Quando approdò a Londra l'esigua carovana dei Salesiani, era povera e debole di mezzi materiali, ma fidente nella sua alta e nobile missione e ricca di quelle virtù che valgono a rigenerare i popoli. Il Signore cominciò a benedire l'opera loro e mano mano fornì loro una casetta, indi una cappella, ed a misura che queste si stavano allargando diventavano anguste al bisogno. Il sospiro loro era quello di avere una Chiesa; ed eccola sorgere come per incanto e tale da superare anche il desiderio e l' aspettazione.

La prima pietra fu solennemente collocata nello scorso agosto ed oggi la muratura è quasi finita. La è vasta ed elegante, e si conta di inaugurarla ai primi di ottobre prossimo, in cui per la cerimonia verrà, speriamo, a Londra, il Superiore generale dei Salesiani Don Michele Rua.

» Vorrei pertanto che questa venuta del Superiore dei Salesiani nella metropoli della regina dei mari, accoppiasse lo scopo di porre la prima pietra del collegio ormai indispensabile, e di aprire un'altra casa ed un'altra Cappella nel punto opposto di Londra stessa.

» Se nel giro di pochi anni il loro zelo ha saputo far tanto per il mondo intero e qui a Londra , ove le loro scuole hanno già oltre cinquecento alunni, ed ove un buon numero di giovani si dedicano alla carriera ecclesiastica, è da sperare che i comuni voti e desideri sieno appagati e pienamente, e che Londra divenga un vero teatro dell'attività dei Salesiani. Uno scopo sì nobile come il loro non potrà che incontrare la simpatia di tutti ed anche di chi presiede alle pubbliche cose ».

Il nostro Superiore D. Rua accetterebbe ben volentieri il suggerimento del gentil corrispondente Londinese, qualora questi si volesse incaricare di far dolce violenza al Padron della messe, perchè raddoppiasse il numero degli operai evangelici nella Pia Società Salesiana, e di procurare nuovi Benefattori all' opera nostra di Londra, la quale non è senza aver incontrato dei grossi debiti che sia giunta a quel punto sì consolante.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARII DALLA TERRA DEL FUOCO.

Puntarenas, 17 marzo 1893. Rev.m° Sig. D. RuA,

Ieri sono sbarcato di ritorno dall' isola d Dawson e dalla Terra del Fuoco, ringraziando Iddio, in salute, dopo di aver passato più di un mese fra pericoli e stenti. Era andato colà in cerca di un luogo adatto per lo stabilimento di una nuova Missione.

Al prìncipio di febbraio dettai gli esercizi spirituali ai nostri confratelli ed alle Suore della Missione di S. Raffaele , aiutandomi in questo il nostro caro D. Beauvoir; e quindi, fatti i preparativi necessari, colla nostra piccola imbarcazione arrivammo in faccia alla costa occidentale della Terra del Fuoco, di fronte alla nostra Missione. Venivano con me Don Beauvoir , i confratelli Giovanni Ferrando ed Emilio Ibañez, il giovane Cesario Villabos e due Indii, uno già battezzato, di nome Luigi, e l'altro, Ottavio, non ancora battezzato.

Luigi parla bene la lingua spagnuola e la lingua Iagan, ed intende bene e parla discretamente la lingua Ona. Ottavio , che è puro Ona, intende, ma non parla la lingua spagnuola; venne con noi come pratico della campagna e per metterci in relazione colle tribù Onas del centro della Terra del Fuoco.

Sbarco nella Terra del Fuoco.

Il giorno quindici di febbraio, alle tre p., sbarcammo con tutto l'equipaggio, tende, viveri e nove cavalli, ed accampammo alla falda della montagna, la cui sommità si chiama Nosepic, parola formata dalla lingua spagnuola, che suol dire : Picco non so, ma che gli Inglesi scrivono Nose Pic e tutti pronunziano come essi.

È il principio di una catena di montagne che costeggia il canale dell' Almirantasgo, tra l'isola Dawson e la Terra del Fuoco, da nord a sud, e si unisce quindi all'altra catena che costeggia il canale di Beagle, da, oriente ad occidente, ove s'innalzano i monti Darwin e Sarmiento, i più alti della Terra del Fuoco.

Domanderà : - E che cosa portavate voi per questa Missione? -Due sacchi di galletta, un po' di riso, due chilogrammi di paste, un po' di zucchero e caffè ed un po' di carne e pesce, con una piccola tenda onde ripararci la notte ed in tempo di pioggia ; questo per noi. Per gli Indii portavamo tre grandi sacchi di coperte di lana, medaglie di Maria Ausiliatrice e qualche Rosario. Avevamo pure l'altare portatile per celebrare il Santo Sacrifizio.

A cavallo. - Il primo giorno di marcia.

Il giorno sedici ci alzammo alle cinque. Fatta la nostra meditazione, mentre D. Beauvoir celebrava la santa Messa, si recitarono le preghiere; ed il Rosario mentre celebrava io. Fatto il dovuto ringraziamento, insellammo i cavalli e ci disponemmo a partire. Nostro scopo era di poter incontrare un passo che mettesse in comunicazione col fiume che sbocca al nord del Capo Peña, come ella sempre mi indicava nelle sue lettere, e come tutti noi desideravamo, ma non si potè andare avanti per le folte boscaglie vergini e per le grandi estensioni fangose; di modo che per molti anni non sarà possibile questo passo. Dico molti anni, perchè c'è bisogno di togliere le piante, affinchè il vento ed il sole asciughino un poco quella regione, per poter quindi calpestare il terreno col passaggio di uomini e bestie.

Noi, anche ora visto ciò impossibile, ci dirigemmo all'oriente per la spiaggia sud della Baia Inutile, fino dove terminano le selve. Nel primo giorno di cammino l'indio Ottavio era incaricato di portare la carne, s'intende, sul cavallo; ma che vuole? la sera quando pensammo a fermarci, egli si accorse d'averla perduta, e perciò mostravasi molto triste. Lo animammo dicendogli che poco ci importava e che il Signore avrebbe mandato il necessario. Non bisognava pensare di mandarlo indietro a cercarla, perchè, fra tanti burroni e cespugli, pei quali eravamo passati, sarebbe stato impossibile trovarla, perdendo un tempo prezioso. Accampammo la notte, ove un ruscello si perde in una piccola pianura, nel medesimo punto ove cinque anni fa aveva trovato due famiglie indie. Eravamo alquanto stanchi, per essere il primo giorno di marcia, e più ancora per essere maltrattati dalla pioggia e dal vento sud-ovest che qui regna. Fatta un po' di cena e recitate le preghiere tutti insieme, ci abbandonammo sul nostro letto , che consisteva in un cuoio di pecora, una pelle di guanaco e due coperte. Dormivamo tranquilli, pensando che gli Indii in quel tempo si trovavano nel centro dell'isola alla caccia del guanaco. I nostri due Indietti si coricarono vicino al fuoco che tennero acceso quasi tutta la notte, uso che non possono per ora abbandonare, specialmente los Yaganes, che hanno legna in abbondanza, vivendo sempre vicino ai boschi che ingombrano le isole dell'Arcipelago.

Una cena preparata dalla Divina Provvidenza.

Al mattino del diciassette ci mettemmo in viaggio alle 10, ed alle 11 1/2 ci dirigemmo direttamente al sud-ovest, lasciando a nostra destra le montagne ed i boschi, per un terreno molto ondulato, tutto infestato da topi e da talpe. Nella Repubblica Argentina questi animali li chiamano volgarmente, tucu-tucu, forse dal fracasso che continuamente fanno scavando il terreno e battendo forte colle gambe di dietro, come i conigli; nel Chili li chiamano cururu. Sono di color grigio e grossi come un bel topo di acqua e appartengono alla famiglia del coniglio.

Sono una provvidenza per gli Indii, poichè è facile la loro caccia e ne hanno in abbondanza, quantunque siano una vera piaga per la campagna. Si arrostiscono colla pelle stessa e non sono disgustosi, ma la nostra ripugnanza è troppo grande per poterci assuefare a questo cibo. Camminammo fino alle cinque e mezzo, sempre vedendo ora a destra ed ora a sinistra del fumo che indicava esservi dei selvaggi.

Siccome nostro fine principale era di giungere presto al Rio Grande, vedere e designare il posto per la nuova stazione, non potevamo prenderci ora cura dei Fueghini, che incontravamo. Siamo però sicuri che, appena fondata la Casa, verranno a rifugiarsi alla nostra Missione.

La sera ci accampammo in mezzo ad un boschetto, alle sponde di un piccolo lago. Innalzata la nostra tenda, acceso il fuoco ed avvicinata la pignatta, si trattava seriamente che cosa si farebbe da cena. Un po' di riso, un po' di grasso con un pezzo di cipolla era tutto ciò di che si poteva disporre. Nella giornata avevamo visto qualche gua naco , ma non fu possibile al nostro cacciatore, Emilio Ibañez , avvicinarlo. La cena pareva dunque dovesse essere ben magra. Quando sento ragionare fra loro i nostri due Indii, che desideravano mangiare carne. Yo quiero comer carne, diceva Luigi, ed Ottavio pensoso e mortificato perchè l'aveva perduta, gli indicava il laghetto ove sguazzavano alcune anitre selvatiche. Senz'altro s'alzano e corrono al margine del lago. Uno vi entra e comincia a gridare e far gesti colle mani, mentre l'altro corre attorno attorno, cercando raccogliere le anitre e farle uscire dal laghetto. Intendemmo il loro tentativo; Emilio Ibañez e Cesario Villabos, coi tre cani che ci accompagnavano, accorsero e in un batter d'occhio furono padroni di undici poveri anitrotti, che, deboli ancora delle penne, non potevano volare. Esclamai: Com' è buono il Signore ecco che viene in soccorso de' suoi servi ! Qual fu l'allegria dell'indio Ottavio, quando ci vide provvisti di così abbondante caccia. Egli e Luigi ne spennarono quattro, li avvicinarono al fuoco e se li divorarono appena abbrustoliti, come antipasto, aspettando poi a cena cinque o sei piatti di minestra, altra carne cotta, galletta, ecc.

Io godeva vedendoli tutti contenti, e ne ringraziava di cuore la Provvidenza. Fatta anch'io un po' di cena e recitate le preghiere, mi posi per dormire alcune ore, per vegliare di poi e far la guardia.

In guardia contro i selvaggi. Un accampamento. Un cacico.

Dico far la guardia, perchè dobbiamo stare molto attenti per evitare sorprese da parte degli Indii, i quali potrebbero portarci via qualche cavallo per mangiarselo, e forse anche ucciderci a freccie per vederci passare per le loro campagne. Questi selvaggi posseggono in questo senso l'idea di proprietà. Cacciano gli uccelli, il guanaco e la volpe sovra una superficie più o meno estesa, limitata da qualche altura o da qualche ruscello, e nessun estraneo alla tribù deve metter piede in questa proprietà, se non vuole avere guerra che riesce sempre colla perdita di alcuni uomini e col furto di alcune donne e ragazzi strappati al vinto.

Cercavamo le sorgenti del Rio grande, andando sempre al sud-est, ma in questa direzione sii estendevano sempre boschi, di modo che solo dopo sei giorni di marcia tra valli, colline e ruscelli, sempre calpestando terreno minato, direi, dai curruru, arrivammo il giorno ventidue a quaranta chilometri circa all'occidente della sua foce nell'Atlantico.

Il giorno prima avevamo visto innalzarsi del fumo in molti luoghi a destra e a sinistra, segno che eravamo già nella zona e possedimenti di caccia degli Onas. Passammo il fiume e ponemmo campo, alle 3 pom, in un'isoletta ricca di pascoli e con qualche quercia, le ultime che incontrammo, perchè scendendo lunghesso il fiume non ne vedemmo più nessuna.

Il nostro interprete Luigi scorse a poca distanza un cao grande, ossia una casa grande di indii, o, meglio, un accampamento, ed io lo animai ad avvicinarvisi con Ottavio e dire a quegli Indii essere scopo nostro di cercare luogo adatto per fondare una casa, ove procurar loro vitto e vestito, oltre una buona abitazione pei loro figli; ma che li avvisasse di non accostarsi a noi di notte, perchè i cani e gli altri nostri animali farebbero loro molto danno; venissero pure alla mattina a visitarci, chè vedrebbero molte belle cose.

Luigi ed Ottavio vestirono una pelle di guanaco e partirono.

Don Beauvoir ed io intanto visitammo la piccola isoletta, cercando un passo donde uscirne l'indomani e seguire il viaggio lungo il fiume.

Era quasi notte, quando ritornarono i nostri due Indii, accompagnati da un terzo, il capitano di quella tribù, coperto d'una pelle e colle gambe insanguinate.

Due giorni prima s' era accapigliato con un'altra tribù e nella lotta aveva perduto due uomini. Ora, vedendo il nostro fuoco, aveva dubitato che fosse la tribù nemica venuta a piantarsi presso della sua; ma saputo dai nostri due indi che noi eravamo amici e che l'avremmo difeso da chiunque cercasse far danno a lui, alla sua moglie, ai figli ed alla sua tribù, pieno di gioia venne a trovarci. Non accettò la minestra e la galletta che gli offrii, ma prese un pezzo di carne che divorò in un baleno. Poi gli regalai due coperte di lana e gli misi al collo una medaglia di Maria Ausiliatrice, licenziandolo e promettendogli che al giorno seguente gli avrei restituita la visita. Nella notte ciò non ostante rimanemmo sull' avviso, avendo scoperte nella esplorazione che feci con D. Beauvoir delle pedate fresche di uomo e di donna o ragazzo con un cane.

Una tribù di Indii alla tenda del missionario.

Al mattino per tempo, mentre facevamo secondo il solito la meditazione, cominciarono ad arrivare degli Indii, che io ordinai fossero ricevuti attorno al nostro fuoco. Finita la prima Messa, disponendomi io alla celebrazione, si collocarono tutti in bell' ordine avanti la nostra tenda. Al cominciare della Messa arrivarono le donne e le ragazze, le quali pure si collocarono avanti la tenda dietro gli uomini.

Luigi qui la faceva da padrone: indicava facessero silenzio, poi si faceva il segno della croce , recitava le preghiere del mattino ed il Santo Rosario, e ogni tanto si volgeva in atteggiamento serio, quasi a dire : Io so tutto questo.

Finita la Messa e fatto un po' di ringraziamento, venne nella tenda il capitano e mi offrì una pelle di guanaco, che accettai e consegnai a Luigi , il quale non l'aveva ancora. Indi, rinnovato il patto di difesa in favor suo e della sua tribù, feci venire gli uomini e poi le donne avanti alla tenda, e li regalai tutti d'una coperta e d'una medaglia. Li interrogai poscia dove fossero i loro vecchi ed i fanciulli, e mi dissero essere rimasti a casa, cioè all' accampamento, che sorge in mezzo a cespugli.

Finita la distribuzione, si insellarono i cavalli. Tutti gli Indii stavano estatici osservando ogni movimento nostro e dei cavalli, e facendo di tutto le meraviglie. Per eccitarli a maggior confidenza, mentre si caricavano la tenda e i viveri, io misi in groppa di un cavallo un fanciullo sui dieci anni, e tenendolo per mano lo conduceva in mezzo a loro. Ciò piacque moltissimo agli Indii, i quali, vedendo che ci apprestavamo a partire per alla volta del loro cao, salutandoci, incominciarono a precederci per recare la nuova del nostro arrivo ai rimasti coi bambini.

Una visita all'accampamento degli Indii.

Come tutto fu pronto, il nostro confratello Ferrando volle far vedere agli Indii la forza delle nostre armi. Allo sparo del fucile strabigliarono tutti, ma insieme godettero sapendo da Luigi che quelle armi erano buone per la caccia e per la loro difesa.

Al segnale della partenza, gli Indii si incamminarono per una scorciatoia e noi cercammo evitare i luoghi fangosi.

Dopo tre quarti d'ora fummo in mezzo ai nostri amici, aspettati fra i cespugli, specialmente da quelli che non ci avevano ancor visti. Contai tutti i presenti : erano cinquantadue. Distribuii una coperta a chi non l'aveva ancor ricevuta, e diedi una medaglia raccomandando di metterla al collo. Promisi che presto ci saremmo riveduti, che loro avremmo parlato del Creatore dell'universo, che ci aspettassero alle due lune. Eravamo per lasciarli, quando vidi uno che trascinavasi malamente. L'avvicinai: aveva la gamba destra, dal ginocchio in giù, totalmente morta. Servendomi di due fucili colla canna all'ingiù, gli feci intendere che colle grucce avrebbe potuto camminare meglio e che noi gliene avremmo portate due. Vedendoli tutti di modi semplici, ne invitai qualcuno fino alla Missione di S. Raffaele a vedere le nostre case grandi, e quanto si fa per gli Indii. Accondiscese un giovane sui quattordici anni, che ci seguì col suo arco ed un mazzo di freccie.

In sul partire i poveri selvaggi studiavano come manifestare il loro contento per avere trovato gente tanto buona, tanto forte per difenderli ; chi portava freccie, chi archi, e fra le donne alcune si toglievano i braccialetti di conchiglie per regalarli a Don Beauvoir, ai confratelli ed anche a me, che, già a cavallo, lasciai loro un Rosario ricevuto con segni di vivo gradimento.

La spedizione prosegue il viaggio e smarrisce la via.

Partimmo contenti d'aver consolato questi poveretti che presto saranno, speriamo, buoni cristiani, essendo poco distanti dal luogo dove fonderemo la nuova stazione.

Ci accompagnarono con molto affetto fino al passaggio del fiume, e dopo un quarto d'ora li perdemmo di vista. Siccome era il 23 febbraio, diedi il nome di Benizio al nuovo Indio, che non capiva in sè dalla gioia di venire con noi. Era una giornata fredda ed il vento ci disturbava molto ; la nuova direzione, ad oriente, ci aveva tolti i boschi, e quindi la legna, tanto necessaria all'aperta campagna.

D. Beauvoir stava all'avanguardia. Desideravamo giungere presso all' imboccatura del fiume, perlustrare quei luoghi vicini e scegliere il più adatto per fondare la nuova stazione. Ma ci sorprese la notte in una piccola valle, dove, se mancava legna, almeno abbondava il pascolo. Lì accampammo, ed io, molto stanco, recitate brevi preghiere, m'abbandonai subito sul mio giaciglio e mi addormentai.

Ma sempre col pensiero di essere tra Indii, mi svegliai più volte ed osservava se vi fosse qualche novità. Tutti dormivano, tranne D. Beauvoir, che, per non aver voluto innalzare la tenda e stendere il suo letticciuolo , non potè chiudere un occhio.

Al mattino ci levammo di buon'ora, e, dopo le solite pratiche di pietà, riprendemmo la via. Avvertendo d'essere vicini al mare, il confratello Emilio Ibañez indicò all' Indio Benizio di porsi alla testa e guidarci per il sentiero più breve.

Osservando la bussola due ore dopo, m'avvidi che ci dirigeva direttamente al nord. Dapprima credetti che ciò avvenisse a scopo di schivare qualche cattivo passo, ma mezz'ora dopo mi vedo avanti il capo Sunday, che sporge sul mare a quindici miglia al nord del Capo Peña e ad undici dall'imboccatura del Rio grande. Faccio fermare tutti, e, chiesto il perchè dello svio, conosciuto essere uno sbaglio, faccio prendere la direzione sud.

D. Beauvoir si sentiva molto stanco e mi disse : - Ho bisogno di riposare un poco, conviene che mi fermi. Essi possono andare avanti e, trovato il cammino, uno venga ad avvisarmi che tosto li raggiungerò. - Lo lasciammo alla sponda d'un delizioso laghetto popolato da immensa quantità di anitre che ci assordavano col loro molesto gracchiare.

Girammo a destra di una collina. Giunti alla vetta , sento dire: Indios, Indios ! Faccio fermare, aspettando le bestie da soma, e do avviso di procedere adagio ed uniti.

Si videro tre, uno dopo l'altro , fuggire fra cespugli. Noi avanzammo tranquillamente discendendo quella collina, e guadagnandone un'altra, tenendo però sempre d'occhio il luogo ove s'erano nascosti quei tre Indiani. A cento metri di distanza, dissi a Luigi che gridasse essere noi di passaggio e che non li avremmo danneggiati. Allora uno cacciò fuori la testa , e poi levossi in piedi : era una donna , la quale gridò forte che ella faceva legna, che aveva un unico figlio, il quale andava cacciando, e che non voleva farci del male. Tutti ci avvicinammo e vedemmo che anche gli altri due erano indie, una delle quali zoppa teneva un bambino sulla schiena. Le salutammo e demmo loro un pezzo di galletta, che gettarono via. Le interrogammo se si trovavano Indii prima d'arrivare al Rio grande e la prima, più vecchia delle altre, sempre a ripeterci che aveva un figlio solo, il quale andava cacciando nei dintorni, che non voleva farci del male, e che Indii non ve n'erano.

Incontro con una tribù pericolosa.

Proseguimmo scendendo la collina. E qui vedemmo ancora tre o quattro Indii sbandarsi; ed ecco quella buona vecchia, che adagio adagio ci aveva seguiti, a gridare che non continuassimo quel cammino, perchè v'erano molti Indii, che ci avrebbero uccisi colle loro freccie. Non facemmo caso del suo gridare e sicuri ci avanzammo. M'accorsi, ben tosto di essere davvero in mezzo ad una tribù battagliera, che aveva avuto relazioni coi cristiani. Mandai avanti i nostri Indii, perchè raggiungessero quei selvaggi che avevamo visti e li tranquillizzassero, mentre noi bel bello procedevamo. Alle buone parole dei nostri galantuomini tosto furono rassicurati, si fermarono e, giunti noi, ad un cenno dei nostri Indii, mi porsero la mano.

Mentre ci salutavano e miravano i nostri cavalli, io mi diedi cura di avvisarli che non facessero male ad una persona della nostra carovana che sarebbe passata poco dopo di noi. Intendeva parlare di D. Beauvoir, al quale mandai Ottavio per avvertirlo che ci trovavamo fra Indii. Intanto andavano crescendo i selvaggi intorno a noi, e i sopravvenuti avevano certa arditezza, certo disordine di giravolte che non mi piaceva punto. Donai loro un po' di galletta, che accettarono e mangiarono, alcune coperte ai capi, dividendo le altre che mi rimanevano per coprire un po' i fanciulli e le fanciulle.

Il nostro Luigi fece benissimo le sue parti parlando della nostra Missione, casa, collegio, cappella, goletta, animali, alimenti e vestiti, perché nell' udire queste cose si mostravano allegri e contenti. Allora li interrogai se conoscevano il Rio grande, ed essi indicando col dito mi dissero che si trovava vicino (ad una decina di miglia). Sulla sponda destra di questo fiume un ingegnere, Giulio Popper, aveva eretta una piccola abitazione di assi per fermarsi qualche giorno e vedere se eravi oro sulla spiaggia dell'Atlantico, ma poi l'aveva abbandonata. Ora io desiderava sapere se vi fosse ancora, e però li feci interrogare da Luigi. Potemmo capire che l' avevano abbruciata per iscaldarsi. Allora Luigi dimostrò loro che ciò non andava fatto ; che noi saremmo tornati , avremmo eretto casa, e che, se alcuno avesse osato farci il minimo danno, egli avrebbe saputo farlo pagare molto caro. Pareva facesse loro impressione questo discorso , perchè , quantunque fossero disturbati da uno di loro che al gridare, ai gesti pareva quasi matto,. essi non badavano che a Luigi.

Finalmente vidi da lungi spuntare D. Beauvoir con Ottavio, ed io mi accommiatai, facendo prima segno a Ferrando di sparare due colpi di carabina in apparenza come dimostrazione di festeggiamento, ma in realtà per indicare ai selvaggi che le nostre armi potrebbero al caso difenderci da ogni loro malo tentativo.

Allontanatici alquanto e già raggiunti da D. Beauvoir, seppi che questi selvaggi la notte avanti ci avevano spiati ed avevano cercato di rapirci qualche cavallo, ma non erano riusciti , perchè gli animali stavano legati vicino alla tenda ed erano sorvegliati dai nostri bravi cani da guardia.

Due giorni dopo incontrammo degli scheletri di cavalli, certamente rubati al signor Popper nella sua escursione in cerca di metalli, prova della poca fedeltà di questa tribù.

Luogo ove stabilire una nuova Missione.

Alle cinque e mezzo di sera accampammo sulla sponda sinistra del fiume, ove ci sorprese un po' di pioggia. Era sabato. Riposammo la domenica, visitando bene quel luogo, che ci parve proprio adatto per fondare la nuova Missione. È situato presso le sponde di un lago, distante mezzo chilometro dal margine e cinque dalla foce del fiume ; sarà un tempo il porto della Terra del Fuoco, come il Rio Negro lo è di tutto il territorio del suo nome e della Patagonia settentrionale.

Lunedì visitammo bene il Rio grande, così detto perciò è il più grande della Terra del Fuoco, sì per estensione come per profondità. Corre dall'occidente all'oriente, volgendosi un po' al nord cinque miglia prima di gettarsi nell'Atlantico. La sua imboccatura è a undici miglia al sud del Capo Sunday, e da cinque a sei a nord del Capo Peña. Nella barra misura, in bassa marea, tre metri di profondità, in alta marea giunge a nove, profondità che si presta per molti bastimenti. La marea è sensibile fino a cinque chilometri dalla foce. Credo quindi doversi qui fondare la casa e per l'acqua dolce e per la comodità dei trasporti. Il suo letto è di un cento metri in bassa e un cinquecento in alta marea, ed il fondo è di ghiaia. I pesci vi entrano in abbondanza col crescere della marea, e sempre ne resta un gran numero all'asciutto, quando l'acqua si ritira.

I boschi trovansi a quaranta chilometri all'occidente della foce di detto fiume e ad una quindicina al sud; quindi è che per la legna necessaria alla missione si dovrà sempre impiegare qualche giorno d'ogni mese, e questa sarà una buona occupazione per gli Indii.

Lotte fra i poveri selvaggi od i coloni europei.

Lo scopo del mio viaggio era compiuto; ma avanti di ritornare volli passare alla Baia di S. Sebastiano ed assicurarmi di varie notizie avute circa stragi di Indii che vivono sulle alture dei monti che circondano il nord della Terra del Fuoco, sullo stretto di Magellano. Il fatto è questo.

Il Governo del Chilì concesse sullo stretto di Magellano più di centomila ettari di terreno a due Società inglesi che importarono pecore. Gli Indii, che alle falde di questi monti vivono di pesca, di frutti di mare e di guanacos, furono scacciati e dovettero ripiegarsi al sud , dove erano in minor numero i guanacos e non vi è spiaggia. Cominciarono quindi ad osteggiare i pastori, rubando loro pecore e cavalli e rompendo le cinte, fatte a pali traversati da cinque o sei fili di ferro orizzontali. Di qui la guerra, in cui l'Indio perdeva la vita ed i pastori le pecore.

Certamente non si può giustificare il fatto che venti o trenta Indii rubino cinquecento o mille pecore, rompendo loro le gambe; ma nemmeno si può difendere quell'uomo civilizzato, quel pastore che per pigrizia non guarda il suo gregge, e di poi uccida qualunque Indio incontri, anzi lo insegua e barbaramente scanni uomini, donne e bambini. Oltre di ciò, siccome in questa parte nord della Terra del Fuoco si trovò dell'oro nel letto de' ruscelli, da tutte parti accorse gente, la quale, a dir la verità, non era la più costumata del mondo e commetteva infamie a danno di qualche famiglia facile a lasciarsi ingannare; onde l'odio di questi selvaggi pel bianco e civilizzato. Se si aggiunge poi che il guanaco inseguito dai cani dei cacciatori cristiani non si lascia più avvicinare tanto dall'Indio, il quale perciò soffre la fame, si vede che il selvaggio è in parte scusabile di quanto cerca fare contro il civilizzato.

Veramente mi hanno contate crudeltà nefande commesse dagli europei e ne sono accertato dalle morti e stragi avvenute , pel che tocco con mano la necessità di fondare questa nuova stazione.

Gli Onas sono ben formati della persona e capaci d'essere bene istruiti. Non è conveniente si uniscano, nella Missione di S. Raffaele, coi Yaganes, perchè costoro sono infetti da malattie loro portate dagli europei e che pur troppo passano di generazione in generazione. Ci conceda il Signore di poter presto occuparci anche di questi poveri selvaggi e formarne dei buoni Cristiani. Certo anche la loro vita sarebbe di molto migliorata.

Ora devo attendere qui a Puntarenas alle funzioni di Settimana Santa; chiudo quindi questa mia pregandola a voler benedire tutti questi suoi figli della Terra del Fuoco e specialmente il suo

Dev.m° ed Aff.m° in G. C.

D. GIUSEPPE FAGNANO

Prefetto Apostolico.

COLOMBIA Dal Paese dei Lebbrosi.

Così scrive un visitatore dal Lazzaretto di Agua de Dios ad un giornale di Torino, da cui lo riproduciamo integralmente:

La via ch'io percorsi per giungere in questo infelicissimo paese-lazzaretto è sommamente pittoresca. Bella e comoda in certi punti, è, al contrario, in molti altri orribile e pericolosa. Ripide discese tagliate sulla viva roccia, profondi pantani, nei quali il mio povero mulo affonda fino al ventre, torrenti passati al nuoto, ecco in succinto la strada che conduce da Bogotà ad Agua de Dios. Osservo panorami stupendi d'una sublime bellezza selvaggia, valli immense formate da centinaia d'altre valli; precipizi orribili che non si possono issare senza essere presi da vertigini. Dopo quasi tre giorni di cammino, eccomi giunto in questo paese di dolori. Esso produsse sull'animo mio una profonda impressione.

Seduta su d'un sasso vicino alla porta di una capanna vedo per prima una giovane donna col viso deforme, essa manca del naso, le sue orecchie sono ingrossate almeno quattro volte più ed hanno preso una forma bizzarra. Orribile a dirsi ! Essa tiene fra le braccia una bambina, frutto del suo amore, infelice creatura destinata a soffrire e forse a procreare altri disgraziati.

In tutta la Colombia si calcolano a venticinquemila i lebbrosi. Davanti a questo orribile flagello, che cresce ogni anno a dismisura, il Governo ha l'imperioso dovere di provvedere.

La triste mia impressione aumenta man mano ch'io mi addentro nel paese. Spinti dalla curiosità, escono dalle capanne uomini e donne che non hanno più nulla d'umano. Molti di essi mancano del naso, alcuni portano occhiali verdi, che contribuiscono a dare alla loro faccia ischeletrita una forma spaventosa. Ne vedo uno con certe orecchie larghe e lunghe quasi un palmo, cascanti sulle spalle.

Il Padre Unia, salesiano, nativo di Cuneo, cappellano da circa due anni in Agua de Dios, si offre di accompagnarmi a visitar l'Ospedale. Accettai l'offerta del coraggioso prete italiano e visitai in sua compagnia questo luogo d'indescrivibili dolori.

L'ospedale attuale è piccolissimo ; può appena contenere una cinquantina di letti; ma, grazie alla carità veramente grande dei Co lombiani, se ne sta costruendo un altro capace di ricoverare trecento e più lebbrosi.

Il primo infelice che si presenta alla mia vista entrando in questo triste luogo è un giovane sui venticinque anni. Un dottore, anch'esso lebbroso, gli sta vicino. Due giovanissime suore di carità, curvate su questo misero corpo già quasi scheletro e piagato dall'altezza del petto ai piedi, stanno l'una lavando le fetenti piaghe con acqua fenicata, l'altra coprendole con filacce. È uno spettacolo sublime e commovente di carità cristiana.

Appena il povero lebbroso vede il Don Unia, lo chiama padre. Questi si avvicina, stringe nella sua la mano che gli viene stesa e trova per questo infelice tali parole di carità e rassegnazione che riesce a far brillare dalla gioia gli occhi già spenti del povero lebbroso.

Confesso che mi è mancato il coraggio di sopportare più a lungo la vista di tanta infelicità e uscii dall'ospedale col cuore oppresso.

Più tardi feci osservare a Don Unia che egli era in dovere di prendere tutte le precauzioni possibili per tener lontana da lui questa terribile malattia. Egli mi rispose

« Sappia che la lebbra rende questa povera gente estremamente sensibile. Se io mi dimostrassi con loro schifiltoso, invece di amarmi, son certo che mi odierebbero. Pochi giorni fa fui abbracciato da un morente. Se io l'avessi respinto forse sarebbe morto maledicendomi, ed io sarei stato causa della sua morte non cristiana. »

Per farsi un' idea del sacrifizio immenso di questo buon prete si sappia, che vi sono in Colombia parecchi sacerdoti lebbrosi ; nessuno di questi ha voluto accettare la cappellania d'Agua de Dios. Il Don Unia ha sofferto molto nella sua salute; il suo fisico non è più quello d'un robusto montanaro, ma bensì d'un uomo che se continua nella sua nobile missione raccoglierà presto il frutto della sua santa vita.

Uscendo dall'ospedale mi trovai, dopo pochi passi, sulla piazza del mercato. Centinaia di lebbrosi comperano e vendono. Nessuno grida la propria merce, nessuno discute, tutto si fa in silenzio : è il paese della morte.

Il caldo è qui tutto l'anno soffocante; la media è di 31 centigradi all'ombra. Mi dimenticavo di dire che il numero dei lebbrosi in Agua de Dios è di circa 800. Ai più poveri il Governo corrisponde lire 1,50 al giorno pel loro sostentamento.

AD ONOR DI MARIA AUSILIATRICE

FESTE CELEBRATESI IN VARIE CITTÀ D'ITALIA.

Sempre care ed entusiastiche riescono le feste ad onore di Maria. La divozione alla gran Madre Ausiliatrice, alla Madonna di D. Bosco, va meravigliosamente estendendosi ovunque e con grande vantaggio delle anime.

A Catania più di un migliaio sono le persone ascritte alla Confraternita eretta nella chiesa dei Salesiani di S. Filippo. A cura dei RR. Salesiani si solennizzò tutto il mese di Maggio con Rosario, canzoncine , breve discorso e Benedizione. La chiesa fu sempre frequentatissima e assai numerose le Comunioni all'altare della Vergine.

Che concorso poi nel dì della festa 24 Maggio ! Era giorno di lavoro, pioveva, eppure già alle 5 la chiesa era zeppa di divoti. Alle ore 7, vi fu Messa con colloquio e Comunione generale pel popolo ; quindi Rosario, Litanie, canti e Benedizione col Santissimo. Alle ore 8, altra Messa con colloquio e Comunione generale poi giovanetti dell'Oratorio, a cui si unirono pure le figlio del Conservatorio delle Verginelle. Alle ore 10, la Chiesa già era gremita di fedeli accorsi per la solenne Messa cantata. I giovani dell' Istituto Salesiano eseguirono in musica con grande maestria la Messa di S. Infanzia. Il P. Puglisi nel suo sermone parlò bene di Maria Ausiliatrice, potente aiuto dei Cristiani e valido sostegno delle Opere Salesiane. Dopo la Messa cantata, gli stessi giovanetti eseguirono un bellissimo Tantum ergo e quindi si diede la solenne Benedizione col SS. Sacramento.

La festa in Chiesa era finita. Il tempo sempre piovigginoso ed incerto teneva nell'ansia un numero grande di cuori desiderosi di assistere alla Festa di Maria fuori della chiesa, nel cortile dei Filippini. Verso le due ecco ricomparire il sole, rasserenarsi il cielo e nel cortile un movimento grande per preparare ogni cosa.

Si pone innanzi all'effigie di Maria Ausiliatrice un altarino tutto adorno di bellissimi mazzi di fiori , si adornano i portici con palloncini, in mezz'ora tutto è all'ordine. Verso le 4, incominciano ad entrare nel cortile le distinta persone invitate e alle 5 già l'ampio cortile è ripieno. Anche i giovani dell'Istituto Salesiano di Villa Piccione vi prendono parte, e la loro novella banda musicale rende veramente simpatico il religioso trattenimento con bellissime suonate. Vengono lette composizioni in prosa ed in poesia in italiano ed in latino, in francese, tedesco, greco ed anche in siciliano. I giovani dell'Istituto e quelli delle scuole diurne dell'Oratorio S. Filippo cantarono due simpatici inni alla Madonna.

Siamo lieti che si cantino e si encomino le glorie di Maria non solo in chiesa, ma pur anche in pubblici trattenimenti religiosi, perchè la Vergine è la Sede della Sapienza equindi giustamente merita di essere onorata anche da chi attende allo studio profano.

Un'altra festa, ejusdem generis, fu celebrata l'ultima domenica di Maggio dai Salesiani di Villa Piccione. Chi scrive vi si recò personalmente nelle ore p. m. - Lotteria, musica, accademia, partenza di palloni, illuminazione, canti, brio, movimento generale. Ed al mattino gli si disse che in chiesa c' era stato un vero paradiso.

(Dalla Campana di Catania del 1° Giugno).

Da Bordighera-Torrione ci scrivono in data 28 maggio : La festa patronale, che suolsi celebrare ogni anno nella nostra chiesa parrocchiale di Maria Ausiliatrice con grande solennità, riuscì quest' anno veramente maestosa, simpatica.

Già nella solenne novena, che precedette in preparazione alla festa, erano accorsi numerosi fedeli ad ascoltare il valente oratore D. Piasco Bartolomeo, professore a Ventimiglia; ma nel giorno della festa questo concorso possiamo dire che fu veramente straordinario, tanto alle messe lette, in cui molti s'accostarono alla mensa eucaristica, quanto specialmente alla messa solenne ed alle funzioni della sera.

Cantò la messa solenne il Rev.m° Canonico Prevosto della cattedrale di Ventimiglia, Monsignor Lagorio; e dopo il canto dell'Evangelo salì in pergamo il predicatore della novena, il quale con parola calda e vibrata trattò del culto di Maria nei suoi principii e nel suo svolgimento , dimostrandolo conforme al buon senso, alla retta ragione.

Le più belle lodi meritano i bravi musici del nostro collegio di Alassio, i quali eseguirono con molto buon gusto ed espressione scelta musica tanto al mattino che alla sera.

Ma il momento più solenne, più maestoso fu quello in cui, dopo il canto dei vespri in musica e dopo la conferenza pei Cooperatori, tenuta dal nostro amatissimo Sig. D. Albera, cominciò lo sfilare della processione. Quale imponente spettacolo presentava quel numerosissimo popolo, che accorso dalle città e paesi vicini per venerare la Vergine Ausiliatrice nel tempio a Lei dedicato, e non potendo capirvi per la ristrettezza del medesimo, che in tal circostanza avrebbe voluto essere due o tre volte più vasto, prolungavasi in lunga distesa sul piazzale e sulle strade, da far rimanere incantato l'osservatore di tanto concorso! Oh! chi non avrebbe detto in quel momento, in cui la Vergine usciva trionfante dal suo santuario in mezzo a tanta turba di fedeli, che la fede cattolica, la divozione a Maria che i Valdesi tentarono e tentano tuttora di spegnere, si mostrava allora più che mai forte e gagliarda?

Ebbe termine la festa colla benedizione solenne del SS. Sacramento; dopo la quale la banda di Bordighera, che aveva pure accompagnata la processione, eseguì in sul piazzale della chiesa varii pezzi scelti. A tarda sera vi fu pure splendida illuminazione con fuochi d'artifizio.

Passò la festa, ma non il frutto; chè questo, lo speriamo fondatamente, rimarrà a lungo duraturo, e manterrà la fede, la divozione sempre viva in questa terra infetta dall'eresia. Oh sì , possa crescere ognora più la divozione verso Maria , e Maria, di cui la Chiesa canta : cunctas haereses sola interemisti in universo mundo , vincerà in questo luogo pure l' eresia valdese, che in tutti i modi cerca menare guasto tra i fedeli.

Il M. Rev. sacerdote Emanuele Cappello, zelante Cooperatore Salesiano di Ragusa Inferiore ci scrive pure una lunga relazione delle feste colà celebratesi ad onor della Madonna di Don Bosco. È solamente il quinto anno che là si festeggiala Gran Madre di Dio sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani. E questo anno prese un aspetto davvero solenne ed imponente più del passato, inaugurandosi una nuova statua di Maria SS. Ausiliatrice. Grande fu il concorso dei fedeli a venerare la Vergine potentissima, bellamente raffigurata da quel simulacro in legno , e grande pure l' affluenza ai SS. Sacramenti. - Un encomio ben sentito si merita il D. Cappello e vani altri sacerdoti di quella città, che pieni di zelo per le anime spontaneamente prestarono tutta l' opera loro in quei giorni, perché più splendida e più fruttuosa riuscisse quella festa, come pure l'organista della Matrice musicando ed insegnando ad un bel coro di giovanotti alcune lodi di Maria. La Vergine Ausiliatrice rimeriterà tutti quei buoni signori di quanto fanno a suo onore, implorando sopra di loro copiose le celesti benedizioni.

Come conclusione a quest'articolo in onore di Maria SS. Ausiliatrice riporteremo qui la lettera che gli Operai e le Operaie del Cotonificio Valdocco in Torino indirizzavano a Don Rua la sera della festa di Maria Ausiliatrice, dopo d'aver portato un ex-voto ricchissimo alla Chiesa e d' aver ivi assistito ad una Messa per loro celebrata all'altare della Vergine Ausiliatrice, come già dicemmo nel numero di Giugno

MOLTO REV. SIG. Don RUA,

Gli operaì e operaie del Cotonificio Valdocco sentono il dovere di altamente ringraziare la S. V. R.ma dell'accoglienza loro fatta nell'occasione dell'offerta dei loro cuori a Maria SS. Ausiliatrice; accoglienza che fece viva impressione, e riavvivò maggiormente la fede nei cuori, a confidare mai sempre nell'intercessione e protezione di sì grande Madre.

E sia lode a Maria SS., che tuttochè volgano per la povera patria nostra tempi assai tristi, la face della fede. sia tutt'altro che spenta. Faccia pure sorda guerra il materialismo, si cerchi pure di corrompere e di pervertire: potranno distruggere i corpi, non le anime, i cuori, non la fede; ché memori di essere nati all' ombra del Santuario di Maria, non potremmo essere figli tanto degeneri da tralasciare un solo momento dall'invocarla nostra consolazione, nostra ausiliatrice, la nostra più viva speranza.

E Maria, confidiamo, ci preserverà dai continui pericoli tanto materiali che spirituali da cui siamo continuamente attorniati, compensando così l'illimitata fiducia che in Lei abbiamo riposta.

E la S. V. R.ma preghi pure per noi, e faccia pregare, acciò Dio ci serbi sempre intatta la fede, onde poterci sempre proclamare degni e non degeneri figli di Maria.

Della S. V. Rma Torino, 24 Maggio 1893.

Devotissimi

OPERAI ed OPERAIE DEL COTONIFICIO VALD0CC0.

NB. - Questi Operai ed Operaie in numero di cinquecento la Domenica 25 Giugno vollero celebrare insieme con noi nel Santuario di Maria Ausiliatrice la festa di S. Luigi Gonzaga. Ascoltarono con divozione la messa bassa celebrata appositamente da D. Rua, il quale al Vangelo rivolse loro affettuose parole esortandoli tutti caldamente ad essere sempre buoni Operai laboriosi, nemici acerrimi della bestemmia e dell'immodestia. In questa circostanza fu distribuita a ciascuno una medaglia di S. Luigi.

GRAZIE DI MARIA AUSILIATRICE

Maria Ausiliatrice ripaga ad usura : - Il 25 agosto dell' anno passato, venendo a Torino per affari, scesi prima di tutto in Valdocco a visitare la nostra buona Madre, Maria Ausiliatrice. Ascoltai la S. Messa di Mons. Reggio, Arcivescovo di Genova, che di quei giorni si trovava appunto all'Oratorio, e poscia mi recai in sacristia a fare una offerta per il decoro di cotesto santuario, così bene abbellito come monumento dell'indimenticabile D. Bosco, affinchè la Vergine Santissima volesse preservarmi in un colla mia numerosa famiglia da ogni disgrazia sì spirituale che temporale. Dieci giorni dopo, ai 4 di settembre, tornando dalla campagna colla moglie e quattro ragazzi sul carro, il più piccolo di questi, di quattro anni, improvvisamente mi cadde per terra, e prima ch'io potessi fermare la bestia. le ruote gli passarono proprio sulla testa. Povero bambino! Io, esterrefatto per l'accaduto, scendo per raccogliere non più che un cadavere sfracellato. Ma viva Maria Ausiliatrice, che dal cielo vegliava a favor mio e di mia famiglia! Mentre, avuto riguardo al peso del carro e roba esistente sopra, equivalente ad un 700 e più chilogrammi, la testa del bambino doveva essere schiacciata, non riportò che una lesione all'orecchio, la quale pure in breve fu guarita. Sia dunque benedetta una sì buona Madre !

Oggi, 24 Maggio, festa di Maria SS. Ausiliatrice, son venuto col figlio salvato da certa morte e colla moglie a ringraziare questa nostra potente Ausiliatrice ed a portarle un'altra tenue offerta in ringraziamento di questa grazia e perché voglia continuare a farci da Madre tenerissima.

Torino, 24 Maggio 1893.

LUIGI FESSIA di Crotte di Strambino.

La santa Comunione ad onore di Maria Ausiliatrice. - Una signora da più di tre mesi teneva il letto e non potea che prendere scarsissimo cibo, tanto che si ridusse ad una debolezza estrema. Si rivolse a Maria Ausiliatrice, supplicandola che volesse concederlo la grazia di alzarsi e fare la S. Comunione il dì della sua Festa. Il Mattino del 23 maggio, sicura di ottenere la grazia, si alza, prende l'orologio e catena d'oro e si avvia alla Chiesa dei Salesiani di San Filippo per offrirli a Maria A. Giunse in Chiesa estenuata e grondante sudore : si presenta in sacristia, consegna l' orologio e catena al Sacerdote che quivi trova, e quindi lo prega di volerla confessare. Tosto fu assecondata, e dopo la confessione parve aver acquistata nuova vita. Fece ritorno a casa, ed il giorno 24 potè fare la S. Comunione ed assistere a tutte le funzioni solenni nella suddetta Chiesa. Sia lode a Maria Ausiliatrice che volle così manifestamente gradire quella promessa in onore suo e del suo divin Figlio!

Un giovane studente dell'Istituto Tecnico, certo Patanè Carmelo, divertendosi nel cortile dei Filippini la sera di venerdì 26 maggio, cadde disgraziatamente all'indietro, e tale fu la battuta del capo sii d'un sedile di pietra, clic svenne e _parve morto. Soccorso prontamente ritornò in sé, e fu fatto accompagnare a casa. La Domenica seguente, alle ore 10 del mattino, si presenta a me un suo compagno tutto spaventato e mi prega a recarmi a casa di Carmelo che si trovava in pericolo di morte. Io, che nulla sapeva dell'accaduto, restai fortemente sorpreso, e conosciuto il fatto, dissi al giovane che avrei fatto pregare Maria Ausiliatrice per lui, il quale da quel momento avrebbe incominciato a migliorare, perchè Maria Ausiliatrice non potea permettere una catastrofe per l' Oratorio. I medici radunati a consulto aveano dichiarato che Patanè per il colpo ricevuto all'Oratorio era affetto da violenta congestione cerebrale, e quindi entro pochi giorni o sarebbe morto, oppure diverrebbe pazzo o folle. Ma viva Maria Ausiliatrice che si compiacque esaudire le nostre suppliche! Patanè promise a Maria che, appena avrebbe potuto alzarsi, si sarebbe recato a fare la S. Comunione. Ed eccolo tosto il martedì 30 maggio alzarsi perfettamente guarito e recarsi a scuola fra lo stupore di tutti; il mercoledì andare a confessarsi, ed il giovedì mattino venire all'Oratorio sano ed allegro tra i suoi compagni a fare la S. Comunione in ringraziamento della grazia speciale ottenuta. I medici non seppero come spiegare tale guarigione improvvisa senza adoperar medicina alcuna, e riconobbero il fatto come fuori d'ordinario, ed il giovane non facea che ripetere che la sua guarigione era dovuta totalmente a Maria Ausiliatrice. Evviva dunque la nostra potente Protettrice !

Catania, 5 Giugno 1893.

Sac. GHIGLIOTTI FRANCESCO.

Strepitosa conversione. - Un pubblico peccatore, che da oltre tre mesi giaceva infermo nel suo letto spedito dai medici, non voleva sapere nè di preti nè di Sacramenti; anzi al Sacerdote, che più volte andò a visitarlo per ridurlo a migliori sentimenti, sempre rispondeva sdegnosamente che non si sarebbe confessato in eterno. - Che fare? Lasciarlo perire? No mai! Troppo doloroso sarebbe tornato al cuor di Maria, per cui l'infermo suddetto nutriva ancora una certa qual divozione, appresa forse nell' infanzia. Lo si raccomandò pertanto a questa potentissima Ausiliatrice dei Cristiani : si era appunto nel mese di Maria. Si fecero preci pubbliche e private per la sua conversione; ed ecco che sentendosi venir meno, egli stesso manda a chiamare il Sacerdote. Con edificante contegno fa la sua confessione, riceve il Viatico, l'Estrema Unzione, la Benedizione papale; ed il dì seguente, dopo aver chiesto agli astanti perdono degli scandali dati, se ne spira tra le braccia del Ministro di Dio con chiari segni di salvazione.

È proprio vero che non si ricorre mai invano a Maria Santissima e che i suoi divoti si salvano certamente.

America del sud, 1893.

UN MISSIONARIO SALESIANO.

La medaglia di Maria Ausiliatrice. - Il mio caro consorte, mi dicea una giovane sposa di Villa d'Ajano, era gravemente infermo di una di quelle malattie, da cui pochi guariscono. Il medico, con sapienza ed amore, gli prodigava ogni maniera di cure. Ma il mio povero marito ogni dì più deperiva, veniva meno e si struggeva come la cera al fuoco, come la neve al sole. - Oh che sarà di me e de' miei poveri bambini, se il Signore ci toglie l'unico sostegno della nostra vita? - andavo io sospirando. Un buon Cooperatore Salesiano seppe delle mie angoscia mortali; venne a me, mi consolò e mi esortò a ricorrere alla Madonna Ausiliatrice che si venera in Torino, della quale mi diede una medaglia. Appesi al collo del caro infermo l'immagine benedetta e pregai, cioè, tutti pregammo, e la Vergine SS.ma volse a me e alla mia desolata famiglia gli occhi amorosi, esaudì le mie preci ardenti, ed ecco ch'io le presento mio marito totalmente ristabilito, il quale, d'accordo con me, offre a lei e per lei al Sig. D. Rua, una tenue offerta, perchè sia destinata a glorificare M. SS. Ausiliatrice che mi ha guarito il mio caro marito. Sì, lo dico e lo ripeto: Il medico l'ha curato con sapienza degna d'ogni encomio , ma Maria SS. l'ha guarito. Sia benedetta e ringraziata!

Così parlava questa buona Signora. Serva questo racconto di edificazione a tutti i divoti di Maria Ausiliatrice.

Faenza, 12 Giugno 1893.

Sac. ANGELO CAIMO Salesiano.

Ringraziamo ancora Maria Ausiliatrice, per segnalati favori ottenuti mediante la sua potentissima intercessione, i seguenti

Arrigoni Giovannina. - Ambrosio Chiaffredo, Vi. gone. - G. Ravizza, Vignale. - Varno Giuseppe. - Coriasso Teresa. - Nelva Clementina, Torino. - Clara Ivaldi, Asti. - Martoglio Elisa, Torino. - Orsola Amadio, Torino. - Dellachiesa Bianca, Torino. - Lusuardi Maria, Torino. - Bimbi D. Gio. Batt. parroco, Castelnuovo Garfagnana. - Ginisio Margherita, Torino. - Pasquero Secondo di Costanzo, Vezza d'Alba. - Alcsina Maddalena, Montanaro. - Ardissino Rosa, Cascine ili Romano. - Cantone Antonia, Galliate. - Moda Albina, Lù. - Rosso Francesca, Villarbasse. - Corvo Teresa , Mondovì. - Fornara Carolina, Borgomanero. - Pagliero Maria. - Ferrua Giuseppina, Asti. - Manassero Rosa, Macello. - Punti Antonio, Avigliana. - Pogliani Maria, Ivrea. - Voir Albertina, San Didero. - Belli Enrico, Torino. - Tesio Catterina, Torino. - Barbero Giuseppe, Chivasso. - Bodo Luigia ved. Tarchietti. - Sola Francesca. - Bentini damigella Luigia. - Alessio Lucia, Carainagna. - Bellone D. Ignazio, Coassolo d'Ivrea. - Miglio Pietro, Bellinzago. - Ferrarotti Faustina, Collana. - Molinengo Giovanni, Busca. - Paiasacco Cristina, Czivasso. - Bertola Marianna, Vallardora. - D. Ambrosini Giacomo domenicano. - Cecchetti Cristina, Torino - Armezzero Adele, Mosso S. Maria. - Manassero Giovanna. - Melano Maria. - Buffa Elisabetta, Cavour. - Ugo Maria, Cavour. - Arborio Mela Coniuge, Torino - Gazzaniga Arturo, Voghera. - Gaggino Catterina, Alassio. - Bertinetti Catterina, Torino. - Bando Teresa, Villarbasse. - Toschino Teresa, Carmagnola, - Pagolotti Maddalena, Giaveno. - Tacchini Giuseppe, Valduggia. - Comotti Battista, Luvero Valtellina. - Porta Maria, Bianzè. - Data Camilla, Carignano. - Savio Maria, Torino. - Carrieri Margherita. - Fina Paola, Sciolze. - Tuninetti Nicola, Villano ce. - Ghiotti Emilio, Pozzo di Strada. - Zucchi Giuseppe, Magliano Alpi. - Feletti Leonardo, S. Raffaele. - Martini Teresa, Rivarolo Cavarese. - Cofano Clementina, Montechiaro d'Asti. - Cusiana Adelaide, Torino. - Avanzato Nicola, Castelrosso. - T. D. Gallo Luigi, Racconigi. - Turione Giovanni, Verolengo. - Fassio Giuseppe, Castelrosso. - Ruffino Enrichetta.

AZIONE SALESIANA

Anche nello scorso giugno si tennero parecchie Conferenze Salesiane.

Oltre quella, di cui già parlammo, tenuta dal nostro Superiore D. Albera a Bordighera-Torrione ed altre da lui stesso fatte in varie città della Francia, il Sacerdote D. Angelo Caimo della Casa Salesiana di Faenza ne tenne una in Valle d' Ajano ed un'altra in Vergato, come apprendiamo dalla lettera seguente:

REV.mO SIG. DIRETTORE,

« Con somma nostra gioia abbiamo finalmente avuto tra noi il M. Rev. D. Caimo , sacerdote salesiano dell' istituto di Faenza, per somma cortesia inviatoci dal sig. Don Rua a tenere una conferenza a questi Cooperatori Salesiani.

« La chiesa nostra, come quella di Vergato, dove ne tenne un' altra, era affollata di gente desiosa di sentire un figlio di Don Bosco.

» E l'entusiasmo suscitato invero fra questi terrazzani dalla parola di D. Caimo fu tale, che desidereremmo si rinnovassero di sovente tra noi queste pie riunioni.

» Il numero dei Cooperatori Salesiani aumentò di molti e speriamo che altri ancora si faranno inscrivere, conoscendone ora i grandi vantaggi e lo scopo sommamente umanitario che si propone tale pia Unione.

Vallo d'Ajano, 15 giugno 1893.

Sac. G. PIETRO VALLISI.

Altra ne tenne Mons. Cagliero a Faenza, come leggiamo nell' Unione di Bologna

Non è a dire quali cordiali entusiastiche accoglienze si ebbe Monsignor Giovanni Cagliero non soltanto nell' Istituto, ma altresì dai Cooperatori e Cooperatrici di Faenza, che numerosi intervennero alla conferenza da lui tenuta nell'ampia chiesa dell'Istituto stesso. Molti vi convennero pure dai paesi e dalle città vicine, per udire dalla viva voce del generoso apostolo dell' America Meridionale il prodigioso sviluppo di quella Missione ed il gran bene che questi Missionarii ottengono per la salute di tante anime e per propagare fra quelle barbare popolazioni la luce della vera civiltà.

Presenziava la gradita cerimonia quell'amatissimo Vescovo, Monsignor Gioachino Cantagalli, il quale, poichè Mons. Cagliero ebbe terminato la sua conferenza , con acconcie parole si rallegrò della tanto benemerita azione di questi figli di Don Bosco, incoraggiando i benefattori presenti a continuare nella santa opera intrapresa. Oggi che la società, dimentica di Dio e della sua legge, corre a precipizio verso la decadenza e lo sfacelo morale e materiale, anelando solo ai terreni caduchi piaceri, nè altra legge conoscendo che quella dell'interesse, nè altro diritto che quello della forza, unico rimedio è il ritornarla al Vangelo di Cristo e con tutti i mezzi adoperarsi per ricostituirlo la sua base nella morale cristiana.

Il nostro Sac. D. Stefano Trione poi ne tenne una a Strambino , un'altra a Imola , Lugo, Bagnacavallo, Loreto, Casalmaggiore, Noceto, Carpi, Borgo S. Donnino, Soragna ed altre città.

Vi accorse ovunque gran numero di uditori. Pel popolo si erano pubblicati opportuni manifesti ed ai Cooperatori si erano distribuiti appositi biglietti d'invito. Anche in quelle città, nelle quali in sulle prime taluno temeva che tal genere di conferenze non potesse incontrare il pubblico gradimento, se ne ebbe invece cordialissima soddisfazione in tutti, non esclusi i profani alla carità cattolica, accorsivi pure in buon numero.

Se ne abbia una prova nella seguente corrispondenza della Lega Lombarda

Bagnacavallo. - Conferenze per le Opere Salesiane. - Sebbene alquanto in ritardo, stimo opportuno darvi notizia della conferenza tenuta qui nella insigne Collegiata di S. Michele Arcangelo il giorno 10 giugno dal. Sac. Stefano Trione della Pia Società Salesiana. Il tema, come l'annunziavano gli avvisi a stampa affissi per ogni parte della città, era: « Gli emigrati italiani e le Missioui di D. Bosco nell'America.» L'oratore, preceduto da bella fama acquistatasi per conferenze tenute nelle principali città d'Italia, nonchè in parecchie città della nostra Romagna, ebbe il consolante spettacolo di una numerosissima udienza, dove unitamente al Clero, a molti delle Autorità civili e militari, a moltissimi signori e signore, si confondevano individui di tutte le società politiche, accorsi senza distinzione di partito ad ascoltare la trattazione di un argomento riguardante così d'avvicino i sentimenti di civiltà ed anche semplicemente di umanità. L'oratore fu insinuante non solo, ma commoventissimo, toccando i punti principali della vita degli emigrati che incontrano in terre lontane chi parli la loro lingua, chi li consoli con dolci parole, chi presti loro sussidi temporali sì necessari in quei luoghi, chi li soccorra coi Sacramenti, nel che consiste la missione dei sacerdoti Salesiani. L'uditorio alla facilità dell' eloquio, alla vivezza della descrizione ne rimase impressionato. L'oratore poi aggiunse fatti ed episodii relativi ai selvaggi della Patagonia e della Terra del. Fuoco, i quali per opera dei Missionari di D. Bosco respirano l' aria della religione e della civiltà, e sono soccorsi coi mezzi prestati dai Cooperatori Salesiani d'Europa. A tali Cooperatori l'oratore in fine della sua conferenza fece appello caldissimo, il quale non tornò vano, raccogliendosi tra i presenti una considerevole elemosina. Inutile dire che il contegno di tutti fu veramente edificante e l' oratore partendone soddisfattissimo, ebbe il conforto di lasciare traccia profonda del suo passaggio col desiderio di udire altra volta lui, o qualche altro della sua Pia Società, che con tanta valentìa tratteggi le vicende dei poveri emigrati e le opere veramente umanitarie compiute dai Sacerdoti di D. Bosco.

Bagnacavallo n'è lietissima e l'onore fatto al zelante oratore ridonda pure a gloria della educata ed ospitale città.

Elemosina e risveglio. La elemosina è uno dei frutti delle Conferenze Salesiane, ma non corrisponde certamente al bisogno.

Ordinariamente ci vogliono dodici conferenze per ottenere almeno quanto occorre per pagare il viaggio ad un missionario. Partono in media dall'Europa 60 Missionari Salesiani ogni anno. È quindi da far voti che si tengano numeroso conferenze Salesiane e che queste eccitino maggiormente la carità dei fedeli che vi accorrono.

Un effetto poi consolantissimo delle Conferenze Salesiane si è il grande risveglio di zelo che si eccita nei Cooperatori e nelle Cooperatrici Salesiane.

Dopo tali conferenze in molte città s'impiantarono Oratorii festivi , crebbe lo zelo poi catechismi parrocchiali dei giovanetti , la diffusione della buona stampa , fa cura d'indirizzare provvidenzialmente e coltivare nuove vocazioni ecclesiastiche..., insomma ripigliò florida ed attivissima vita il Regolamento della nostra Pia Unione dei Cooperatori e Cooperatrici.

Direttori e Comitati Diocesani della Pia Unione dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. -

A quanto pubblicammo su tale argomento nel Bollettino dello scorso Giugno, aggiungiamo ora quanto segue

Feltre - Rev.m° D. Gian Maria Bordin Parroco.

Bologna - Rev.mo Can. Mons. D. Evaristo Zanasi, Cameriere d'onore di S. S. Leone XIII e Cancelliere Arcivescovile.

Imola - Rev.m° Can. Mons. Aristide Golfieri.

Bagnacavallo (Faenza) - Vice-Direttore locale Rev.m° Sac. Conte Tallandini, Parroco della B. V. del Carmine.

Recanati - Rev.m° Can. D. Ant. Mandolini.

Casalmaggiore (Cremona) - Vice-Direttore locale, Rev.m° D. Giacomo Olzi, Prevosto di S. Leonardo.

Noceto (Parma) - Vice-Direttore locale, Rev.m° D. Michele Gallis, Arciprete Vicario Foraneo.

Carpi - Rev.m° D. Pietro Malagoli.

Borgo S. Donino - Rev.m° D. Giuseppe

Bolzoni, Vicario Perpetuo della Cattedrale. Strambino - Vice-Direttore locale , Rev.mo

Sac. Teol. Commendatore D. Manfredi.

NOTIZIE VARIE

Un Vestito ad un Fueghino.

Ci scrivono da Schio : « Lo scorso Maggio, nell'occasione in cui fu da noi un Sacerdote Salesiano per tenere conferenze al popolo ed ai Cooperatori della nostra città, i giovanetti del nostro Oratorio festivo vollero fargli una grata sorpresa. Egli recossi colà per vedere quei buoni amici di D. Bosco, dìresse loro un breve discorsetto e poi volle regalare a tutti una medaglia di Maria Ausiliatrice. Ed i giovanetti che fecero? Con nobile pensiero lì per li rinunziarono alla loro piccola monetuccìa delle feste e la vollero donare al suddetto sacerdote Salesiano, per provvedere almeno un vestito ad uno dei tanti piccoli selvaggi Fueghini, che i missionarii di

D. Bosco hanno nell' isola Dawson. Esempio ben meritevole di essere pubblicato ed imitato. Anzi vorremmo che altrettanto facessero tutti gli oratorii e collegi. »

Fin qui il corrispondente; noi poi aggiungiamo che questo fatto ci commosse e ci affezionò sempre pìù all'Oratorio festivo di Schio, per la cui prosperità innalziamo di gran cuore fervidi voti al Cielo.

Nel Collegio Salesiano di Este. (Dall' Italia Reale)

Il giovedì 8 giugno nel Collegio salesiano Manfredini di Este, per impulso dello zelante direttore sac. prof. Pietro Gallo, si teneva una Accademia musico-letteraria in onore del Sacro Cuore di Gesù. La presiedeva il Rev.m° sac. prof. D. F. Cerruti, di. rettore generale degli studi della Società Salesiana; l' onoravano di lor presenza i RR. Parrochi dei dintorni, alcuni ottimi signori e gentili signore e la completavano colle dolci melodie dei loro strumenti alcuni egregi giovani cattolici estensi. Aperta dalla parola calda e vibrata del Direttore si sviluppò la serie dei componimenti, svolti parte dai giovani, parte dai Superiori in una unità davvero sorprendente, perchè temperata da sobria varietà, senza monotonia nè stonature. Stabilito dapprima il carattere della divozione al Cuore divino di Gesù con un rapido ma sugoso cenno storico, si vennero via via determinando le relazioni di questo Cuore santissimo coi fanciulli, con quelli che sono alla vigilia delle prove del mondo, colle persone che più si segnalarono in amarlo, come l'angelico Pio IX e Don Bosco ecc.; e si conchiuse con una risposta complessiva a tutte queste domande, accennando alle relazioni del S. Cuore colla Società del secolo XIX. Terminavano il trattenimento il prof. Don Cerruti, congratulandosi del felice risultato, prova evidente come nel Collegio allo studio si accoppi la pietà, e richiamando alla mente quali ricordi, i tre grandi doni del Cuor di Gesù , cioè : l' Eucaristia , la Madonna e la Chiesa.

La parte musicale, nella sua seria intonazione, più che un'eco si poteva dire fedele interprete della parte letteraria, specie il Bone Iesu del Palestrina , imponente nella sua severa semplicità. Davvero simili saggi, come sono confortevoli testimoni della buona e seria educazione che in questo Collegio s'imparte, sono pure esempio che si desidera vedere frequentemente ripetuti ed imitati nei collegi cattolici.

Da Moncrivello.

Ci si scrive da quel borgo cospicuo del Vercellese che il 7 Maggio scorso ebbe luogo una cara festa nell'Istituto di S. Rosa tenuto e diretto dalle Suore di D. Bosco.

Era la premiazione agli alunni ed alunne delle scuole private e il saggio dei bambini dell'Asilo infantile. Veniamo informati che, oltre ad un numero straordinario di persone, si trovava presente quel degnissimo Parroco ed altri ecclesiastici convenuti anche di lontano, il Sig. Sindaco del paese con le persone e famiglie del luogo più distinto per censo e istruzione. Ci si parla della musica bellamente eseguita dal sig. Maestro locale, coadiuvato da dilettanti , nonchè del saggio stupendamente riuscito.

Non ci è possibile far posto a tutta la corrispondenza. Solo prendiamo l'occasione che ci si offre per ringraziare l'Autorità Ecclesiastica e civile, e tutti quegli ottimi signori della benevolenza che mostrarono di nutrire per quell'Istituzione, e in particolare la non mai abbastanza lodata Signora Persico, per la cui generosa carità ebbe origine e vita. In. fine facciamo nostro l' augurio espresso dal Teol. D. Giovanni Marenco, colà inviato dal Sig. D. Rua per rappresentarlo; che cioè la carità e il favore del Municipio e dei privati metta in grado quell'opera di produrre abbondanti frutti di benessere morale e civile in quell' illustre borgo.

Avviso - Gli Esercizi spirituali per le Maestre e per altre pie Signore e Cooperatrici Salesiane soliti a tenersi ogni anno nella chiesa di Maria Ausiliatrice in Nizza-Monferrato, quest' anno incominceranno la sera del 7 p. v. Agosto e finiranno il mattino del 16. - Per maggiori informazioni rivolgersi alla Superiora delle Suore di M. A. in Nizza Monferrato.

Cooperatori defunti nel Maggio e Giugno 1893

1. Acler D. Francesco-Levico(Trento). 2. Addoli D. Fedele - Piacenza. 3. Albergotti marchesa Luisa - Arezzo.

4. Albonetti Paolina - Faenza (Ravenna).

5. Balsamo Don Giuseppe - Carrù (Cuneo).

6. Bariani Angola Maria Doria- Cella (Pavia).

7. Beltrami D. Alessandro - Grava (Torino).

S. Bianconi Adriana - Sannazzaro (Paria).

9. Blandino Stefano fu Tommaso - Rubiana (Torino).

10, Bonamico vittoria veda De-Boi - Torino.

11. Borella Anna- Sannazzaro (Paria). 12. Bosio Domenico - Villanova d'Asti (Alessandria).

13. Bottero Paolo - Torino.

14. Bottini D. Leonardo - S. Remo (Porto Maurizio).

15. Cagna Domenica - Lu Monferrato (Alessandria).

16. Calcagno Ilaria ved° Garagozzo - Randazzo (Catania).

17. Campana Orsola - Erbusco (Brescia)

18. Caprini D. Gio. Battista - Castelgoffredo (Mantova).

19. Carini Domenica - Valgattara (Verona).

20. Casiri Carlo - Sannazzaro (Pavia). 21. Castellani Domenico - Valgattara (Verona).

22. Cipani cav. prof. Giambattista - Torino.

23. Cucchietti Don Pietro - Boves (Cuneo).

24. Depaoli Rosa - Sannazzaro (Pavia),

22. Dal-Palù D. Pietro. can. - Verona. 26. De Angelis Antonio. usciere - Felizzano (Alessandria).

27. Demartini Giuseppe - Lu Monferrato (Alessandria).

28. Digo D. Francesco - Druent (T'orino).

29. Faletti Maria Carola - Torino.

30. Fenoli Agnese-Ba olino (Brescia). 31. Fiorani D. Pietro. Arcip. Vie. For. - Marmentino (Brescia).

32. Fiorini Giulia - Bologna.

33. Frassi Ing. Giacomo - Milano.

34. Galeotti D. Pompilio, Prev. Vicario For. - Licciana (Massa Carrara). 35. Genesio Margherita - Castagnito (Cuneo).

36. Giustiniani D. Settimio , Can. - Piano (Roma).

37. Gori Ilaria - Firenze.

38. Grumelli Maddalena - Rudiano (Brescia).

39. Laboranti Maria - Sannazzaro (Pavia).

40. Lumello Gaspare- Ruffia (Cuneo). 41. Macinata Domenica - Bagolino (Brescia).

42. Madia D. Giuseppe Amedeo, Canonico - Savigliano (Cuneo). 43. Martini comm. Tommaso. Sen. del Regno - Napoli.

44. Martino Tiziano - Lu Monferrato. 45. Modonesi Rosa-Sannazzaro (Pavia). 46. Molinari Alfonsina - Casale (Alessandria).

47. Morardo Michele - Vinovo (Torino) 48. Moretti Catterina-Rivoli (Tostino). 49. Moretto D. Bernardino - Bassano (Vicenza).

50. MotturaD.Andrea-Cardè (Cuneo). 51. Noziglia D. Luigi - Coreglia (Genova).

52. Palletta Gio. Battista - Torino. 53 Panciera cav. Domenico - Schio ( Vicenza).

54. Pauluzzi P. - Cividale (Udineo.

55. Peynetti D. Pietro, canonico - Susa (Torino).

56. Raucan D. Gio. Battista - Arzignano (Vicenza).

57. Razzetti Edoardo - Torino.

58. Resico di Palazzolo Luigia - Torino.

59. Riboglio Sebastiano - Cigliano (Novara).

60. Ronchetti Antonio - Galbiate (Milano ).

61. Rota D. Pietro, arcipr. - S. Giorgio in Preto (Milano).

62. Rota Rosa - Lu Monferrato (Alessandria).

63 Siccardi P, Enrico - Modena.

64. Sgrignoli Antusa-Lamoli(Pesaro). 63. Testù di Camburzano conta Alessandrina - Fossano (Cuneo).

66. Tizian Gio. fu. Domenico - S. Donato (Belluno). .

67. Trotta D. Raffaele - San Severo (Foggia).

68. Trucco Francesco - Villatalla (Porto Maurizio).

69. Turco Giuseppe - Castelnnovo d'Asti (Alessandria).

70. Valsecchi-Ravasio Erminia - Bergamo.

71. Vespa Teresa - S. Marzano Oliveti (Alessandria).

72. Virgilly Innocenza - Torino. 73. Zanagiù D. Luigi - Pesaro.

74. Zemaro Mecca Antonia - Pellestrina (Venezia).

75. Zigliara Mons. Tommaso, Cardinale - Roma.