BS 1890s|1893|Bollettino Salesiano Aprile 1893

ANNO XVII - N. 4,   Esce una volta al mese.   APRILE 1893

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario.

Avvisi importanti.

Mons. Luigi Lasagna, nuovo Vescovo Salesiano. Le feste salesiane di Roma in omaggio al Papa. Il mese di Maria Ausiliatrice si avvicina. Grazie di Maria Ausiliatrice.

Notizie dei nostri Missionari : - La spedizione del 6 Dicembre u. s. - Gli ultimi momenti di D. Savio . -

Altri cinque mesi di missione nelle Cordigliere Chilene. Notizie varie: - In S. Siro di Genova.

Cooperatori defunti.

AVVISI IMPORTANTI

1.° I Reverendi Parroci che ricevono due copie del nostro Periodico, uno con l' indirizzo litografato, l' altro con indirizzo stampato, abbiano la bontà, per risparmiarci lavoro e spese, di rimandarci subito quello che porta l'indirizzo litografato scrivendovi sopra: duplicato;

2 ° Per lo stesso motivo chiunque ne ricevesse copie oltre il bisogno abbia la bontà di rimandarcele segnandovi sopra: superfluo.

3.° Quanti poi hanno occasione di mandarci liste di nuovi Cooperatori, sappiano indicarci bene a quali di questì basta che mandiamo il Diploma di accettazione e quali col Diploma desiderano di ricevere anche il Bollettino. Ai membri d' una stessa famiglia, per es. può generalmente bastare una sola copia.

4.° Quelli che in una medesima lettera vogliono includere commissioni per i diversi Uffici di questa Casa, Libreria, Tipografia, Magazzino Somministranze, Bollettino ecc, che sono tutte aziende che occupano locali diversi, abbiano la bontà di scrivere su fogli separati quello che riguarda ciascuno di detti Ufficii; e sopra ogni foglio si noti l' ufficio cui è destinato, la data, la propria firma ed il paese di provenienza. Così potremo dar corso a tutto contemporaneamente, saranno evitate molte involontarie sviste o dimenticanze ed i nostri cari Benefattori godranno maggior sicurezza di esser puntualmente e presto soddisfatti.

5.° Per semplificarci il lavoro preghiamo i nostri Benemeriti Cooperatori e lettori del Bollettino di rivolgersi sempre direttamente alla Direzione del medesimo con chiaro indirizzo per ogni cosa che lo riguardi; e specialmente facciamo calda preghiera di notificarci con sollecitudine:

A) il cambio, correzione o cancellazione d'indirizzo;

B) l'elenco con indirizzo chiaro ed intiero di quelle persone che desiderano di appartenere alla Società dei Cooperatori Salesiani;

C) se il Bollettino non giunge regolarmente.

6.° Infine ci raccomandiamo a tutti di procurarci nuovi e generosi Cooperatori, affinchè possiamo mediante il loro soccorso estendere sempre più l' Opera di D. Bosco a salvezza della gioventù, specialmente povera ed abbandonata.

MONS. LUIGI LASAGNA VESCOVO TITOLARE DI TRIPOLI

SUA Santità Leone XIII agli innumerevoli benefizi già prodigati alla nostra umile Società volle aggiungere una nuova prova di benevolenza insigne elevando alla dignità episcopale il nostro caro confratello missionario D. Luigi Lasagna.

La sacra cerimonia per la consacrazione del novello Vescovo fu compiuta la domenica, 12 marzo, nella splendida chiesa del Sacro Cuore di Gesù al Castro Pretorio, monumento in Roma dell'opera indefessa e dello zelo di Don Bosco. L'E.mo Cardinale Lucido Maria Parocchi, Vicario generale di Sua Santità e Protettore dei Salesiani , fu il Vescovo consacrante; lo assistevano all'altare Mons. Alessandro Grossi, già Vescovo titolare di Tripoli ed ora elevato ad Arcivescovo di Nicopoli e Segretario della Congregazione delle Indulgenze e Sacre Reliquie, e Mons. Cagliero, primo Vescovo salesiano. Erano presenti alla funzione i pellegrini dell'Uruguay, del Paraguay e del Brasile venuti a Roma pel Giubileo Episcopale del Papa.

Monsignor Lasagna nacque nel 1850 in Montemagno, grosso borgo del Monferrato , ove nel 1863 essendosi recato D. Bosco con alquanti de' suoi allievi l'incontrò che era giovinetto in sui dodici anni. Divinando la bella riuscita che avrebbe fatta, lo invitò con sè nell'Oratorio di Torino, e quivi il buon Luigi si segnalò per intelligenza, studio e pietà. Nel 1872 ottenne all' Università il diploma da professore in lettere, e l'anno seguente veniva consacrato sacerdote. Di animo vivo ed ardente, fornito di ingegno non comune, D. L. Lasagna fu preposto da D. Bosco all'insegnamento prima nel ginnasio del collegio di Lanzo, poi nel liceo del collegio di Alassio, dove guadagnossi mai sempre in modo meraviglioso l'affezione e la stima dei discepoli e la fiducia de' superiori.

Non era però questo il còmpito che la Provvidenza gli voleva affidare, e Don Bosco vedendo il suo zelo e la sua valentia nella predicazione lo scelse a Superiore dei primi missionarii che mandò all'Uruguay.

Difatti nel 1876, partiva con la fede di un apostolo, e dopo un'orribile burrasca sofferta, sbarcava a Montevideo, presso cui fondava subito il primo collegio cattolico. che in quelle lontane regioni non tardò a dare frutti prodigiosi, poiche da esso uscirono laureati medici, avvocati, scienziati, i più illustri ingegni dell'Uruguay.

Coadiuvava intanto la fondazione del giornale cattolico El bien público, di cui fu indefesso collabóratore per molti anni,, combattendovi le teorie positiviste e materialiste, largamente sparse sulle cattedre e ne' libri. I suoi articoli furono lodatissimi dalla stampa cattolica di quei paesi, e raccolti per cura dei suoi discepoli comparvero stampati a loro spese in un solo volume.

A Montevideo diede gli statuti alle Società cattoliche, delle quali in breve sorsero ben quindici tutte floridissime, compresa una operaia che conta numerosi soci. Diè vita eziandio alla Società degli Oratorii festivi, di cui il Vescovo di Montevideo approvò gli statuti e con apposita pastorale la raccomandò a tutti i sacerdoti e fedeli di quella Repubblica. Promosse ed estese pure ovunque potè le conferenze di S. Vincenzo de' Paoli.

Animato da viva fiducia nella Provvidenza Divina, fondò l' Ospizio maschile di Las Piedras ; le case delle Suore di Maria Ausiliatrice per l'educazione delle fanciulle di Villa Colon e Las Piedras , ed in seguito varie scuole gratuite per ambi i sessi in varii punti di quella Repubblica e specialmente in Paysandú, dove accettò pure la direzione di quella vastissima parrocchia in momenti, in cui poteva questa costare la vita a lui ed ai sacerdoti che cola stabiliva.

Nè di ciò contento, di quando in quando spediva missionarii al campo per catechizzare i Gauchos, selvaggi vagolanti in quei vasti deserti, e nelle varie colonie d'Italiani colà esistenti per dar loro comodità di compiere i loro religiosi doveri.

Nel 1881 si diede alla fondazione di Osservatori meteorologici. Il principale di questi, che ha pubblicazioni mensili importantissime , risiede a Villa Colon, nel Collegio Pio, che così s' intitola dal nome augusto del grande Pontefice Pio IX, cui Don Lasagna, ricevuto in udienza prima di partire per le Missioni , promise che da

Lui si sarebbe intitolato il primo istituto che avrebbe fondato. E l'Osservatorio suddetto è in relazione coll'illustre . P. Denza e lo studio dei fenomeni e dei climi di quell' emisfero è molto apprezzato e ricercato dagli scienziati.

L'inaugurazione di quell'Osservatorio fu presieduta da Mons. Mario Mocenni, oggi Cardinale di S. R. C., quando recavasi Internunzio al Brasile e trovossi di passaggio per quella città. D. Luigi Lasagna, legato da lunga amicizia a Mons. Mocenni, volle che questi presiedesse all'inaugurazione, di cui ancora si conservano i verbali firmati dall'illustre Prelato.

In quell'anno stesso 1881, Don Bosco, di f. m., veduta l'ottima riuscita delle fatiche di D. Lasagna nell'Uruguay e l'instancabilità del suo zelo, gli affidò la Missione al Brasile, ed egli ne percorse le città e le provincie principali dell'est, penetrando fin su nel fiume delle Amazzoni e cominciò a fondare stabilimenti a Nictheroy presso Rio Janeiro, a S. Paolo e a Lorena.

Chiamate dall'Europa altre Figlie di Maria Ausiliatrice, incominciò eziandio ad aprire in quella vastissima Repubblica ospizi e oratorii festivi per le fanciulle. E nello stesso tempo progettò ed iniziò lavori di missioni speciali per la conversione e civilizzazione delle tribù selvaggie del Paraguay, del Mato Grosso e dello Stato di S. Paolo.

La sua influenza in quei paesi si è stesa moltissimo anche sugli emigranti italiani, i quali raggiungono il numero di due milioni e mezzo. Con le sue benefiche escursioni infatti si è guadagnato la benevolenza di tutti gli Italiani, che colà lo considerano come padre.

Ed oggi, tornato in Italia per prendere nuovi missionari e nuovi soccorsi per l'evangelizzazione di quelle regioni, per la sovrana bontà del sapientissimo Pontefice Leone XIII, D. Luigi Lasagna è annoverato tra i pastori della Chiesa! Noi auguriamo che Iddio benedica le sue fatiche, che il suo zelo sia fecondo di altre opere a prò della religione, tra quei popoli civili, tra gli emigranti e tra i poveri selvaggi.

Ad multos annos! Sì, o Monsignore, che Iddio vi conservi per molt' anni alla sua gloria ed alla salute di tante anime.

La consacrazione di Mons. Luigi Lasagna, secondo Vescovo Salesiano, rivestì un carattere solennissimo. Fin dalle prime ore del mattino la Chiesa del S. Cuore di Gesù sull' Esquilino a Roma era gremita di gente che si accostava ai Sacramenti della Confessione e Comunione e pregava al neoeletto Vescovo le più copiose benedizioni del Signore. Alle 8 in punto arrivò il Card. Lucido Maria Parocchi per consacrarlo. Già erano apparecchiati i due Vescovi assistenti, Mons. Grossi e Mons. Cagliero. Assistevano alla sacra cerimonia, oltre i pellegrini dell' Uruguay del Paraguay e del Brasile, molti membri del Capitolo Superiore della nostra Pia Società, una rappresentanza delle case Salesiane del Lazio, della Toscana e delle Marche. Un posto speciale avevano i rappresentanti di Montemagno, paese nativo del nuovo Vescovo. In mezzo alla folla immensa si notavano gli allievi del Collegio del Sacro Cuore.

Dopo le interrogazioni di rito, l'Eminentissimo Parocchi fece dare lettura dal suo notaio del mandato apostolico; quindi monsignor Lasagna prestò giuramento e fece la solenne professione di fede. Allora il cardinal Parocchi unse il capo e le mani del nuovo Vescovo e cominciò la Messa.

Finito il rito, mons. Lasagna, vestito degli abiti pontificali, preso il posto del Cardinale consecrante, scese dall'altare e s'inoltrò fino alla porta della Chiesa benedicendo il popolo. In sacrestia mons. Lasagna si scontrò col superiore Don Michele Rua, il quale colla berretta in mano l'attendeva. Don Rua non potè frenare le lagrime e tentò di baciare l'anello al nuovo Vescovo, ma monsignor Lasagna, gettategli le braccia al collo, lo abbracciò amorosamente.

La funzione, che era incominciata alle 8, terminò alle 11.

Verso sera di quel fausto giorno, 12 marzo, nell'Ospizio del S. Cuore per onorare il novello Vescovo ebbe luogo una magnifica e commoventissima Accademia. Alternandosi suoni, canti e recite di componimenti, quei giovanetti esultavano di gioia avanti a mons Lasagna ed agli altri Prelati e Signori Romani assistenti. L'Accademia, ad invito del nuovo Vescovo e di D. Rua, terminò con fragorosi applausi a Leone XIII, che volle fare questo regalo di un nuovo Vescovo alla Pia Società Salesiana.

Mons. Lasagna parte da Genova cogli altri trenta missionaria ai 3 di questo mese.

Con questa spedizione parte pure D. Domenico Milanesio. Tra noi rimarrà ancora qualche tempo Monsignor Cagliero per affari importanti non ancora potuti condurre a termine, pei quali era espressamente venuto dalla Patagonia.

LE FESTE SALESIANE DI ROMA in omaggio al Papa

LE feste Salesiane, celebratesi nella Chiesa ed Ospizio del S. Cuor di Gesù in Roma, in omaggio al Santissimo Padre Leone XIII, nei giorni 7, 8 e 9 del mese testè decorso, riuscirono felicissimamente.

Il vasto programma preparato per tali feste, da noi pubblicato nell'ultimo fascicolo, vi fu svolto pienamente col massimo splendore di sacri riti, gran concorso di Prelati e di popolo e coll'esecuzione di scelta musica.

Di tutto sia lode al Cuore Sacratissimo di Gesù !

Inaugurazione dell'Ospizio del S. Cuore.

Il martedì 7 marzo, giorno sacro all'Angelico Dottore S. Tommaso d'Aquino, facevasi l'inaugurazione del nuovo Ospizio, monumento dedicato al Sacro Cuore di Gesù in memoria del fausto Giubileo Episcopale di S. S. Leone XIII. La pia funzione fu presieduta dall'Eminentissimo Lucido Maria Parocchi, Vicario di Sua Santità e nostro Cardinal Protettore. Vi presero parte nove Vescovi, molti Prelati e molti nobili Romani.

Finita la Messa solenne, pontificata da Mons. Cagliero nella monumentale basilica del Sacro Cuore, l'Eminentissimo Porporato procedette alla Benedizione della casa, percorrendola tutta dai sotterranei fino all'ultimo piano e scoprendovi due lapidi commemorative. Una di queste sta nell' entrare della casa in vista di tutti : è per commemorare la dedica dell'Ospizio a Leone XIII in occasione del suo Giubileo Episcopale, e porta la seguente iscrizione dettata dal Prof. D. Francesco Cerruti

LEONI XIII PONT. MAX. ANIMI ET RERUM GESTARUM MAGNITUDINE DECESSORIBUS OPTIMIS COMPARANDO XI CAL. MARTIAS AN. MDCCCXCIII POST EPISCOPATUM EIUS QUINQUAGESIMO SODALES SALESIANI IOANNIS BOSCO SUAVISSIMI PARENTIS LEGIFERI VOTIS OBSECUTI AEDES SS. CORDIS IESU PUERIS ALENDIS INSTITUENDIS FIDEI PIETATIS AMORIS MONUMENTUM IN AEVUM MANSURUM D. D D.

AN. MDCCCXCIII

L'altra trovasi nell'ambulacro di fronte per entrare nella sacrestia : è per commemorare la famiglia del conte Colle, che fu la più generosa a dare l'obolo per la fondazione della chiesa e dell'Ospizio , e porta quest'altra iscrizione dettata dal Prof. D. G. B. Francesia

HONORI ET MEMORIAE ALOJSII COLLE COMITIS F. FLORITI ET SOPHIAE BUCHET QUI CUM PIETATIS ET LITTERARUM STUDIO INCLARESCERET QUIEVIT IN DOMINO SEXDECIM ANN. N. PARENTES DUM MOESTI DEI MENTEM ADORANT REI SUAE HAEREDES PAUPERES CHR. CONSTITUERUNT ET PUEROS IN PRIMIS QUI CHRISTIANIS MORIBUS IMBUENDI ALERENTUR ROMAE IN AEDIBUS A DIV. CORDE IESU NONCUPATIS UT REI MEMORIA AD POSTEROS PROROGETUR HUNC TITULUM INSCULPENDUM CURAVIMUS AN. MDCCCXCIII

Storia di quest'Ospizio.

Dopo la detta inaugurazione, l'Em. Cardinale con cinque Vescovi assistettero ad una solenne accademia musico-letteraria di circostanza, nella quale il nostro Procuratore Generale presso la S. Sede, il Rev.m° Dott., D. Cesare Cagliero, leggeva la seguente relazione intorno al tempio ed all'Ospizio del Sacro Cuore

Il pensiero d'innalzare a Roma un tempio al Sacro Cuore di Gesù, così il relatore, risale fino al 1871, quando tutti i vescovi d'Italia vollero consecrate tutte le loro diocesi e poste sotto la. protezione di questo Cuore Adorabilissimo. Lo zelante P. Maresca ne caldeggiava di quei giorni il disegno nel suo ottimo periodico: Il Messaggero del Sacro Cuore.

Or, in quegli anni, l'Esquilino si veniva ripopolando ; e gli edifici sorgevano, si moltiplicavano come per incanto ; ma gli abitanti di questa regione, omai numerosissimi, non potevano che con grande difficoltà soddisfare agli obblighi religiosi col proprio spirito di pietà, perchè mancanti di una chiesa loro, tutte le altre essendo assai distanti o però incomode. Questa considerazione mosse il Sommo Pontefice Pio IX, di s. m., a disporre che la chiesa progettata del S. Cuore di Gesù venisse innalzata al Castro Pretorio, sull'Esquilino, per sovvenire a così gravi bisogni:

Se non che la morte, che tolse un tanto Pontefice all'amore ed all'ammirazione del mondo, sospendeva anche il concretamento di questo disegno. Ma succeduto poi sul trono pontificio il gloriosamente regnante Leone XIII, non ritardava a riconoscere la necessità di quest'opera, e tra i suoi primi atti, altamente provvidi , disponeva che tosto vi si mettesse mano all'esecuzione, volendo anzi con singolare magnanimità che detta chiesa sorgesse come monumento all'immortale Pontefice, suo predecessore. L'incarico ne venne pertanto affidato alla Confederazione delle Società Cattoliche esistenti in Roma, sotto la presidenza dell E.mo Cardinal Vicario, con invito a tutte le diocesi del mondo cattolico (quelle di Francia eccettuate) perchè tutte concorressero all'erezione del monumentale santuario.

Il giorno 17 agosto 1878 l'E.mo Card. Vicario Monaco La Valletta, a nome di S. S., poneva la prima pietra del grandioso edifizio sul disegno del conte Francesco Vespignani. Il lavoro, continuato indefessamente fino al 1880, languiva poi per mancanza di denaro, nè si trovava modo di suscitare nuovi oblatori. In questo frangente si determinò il Sommo Pontefice di affidare l'ardua insieme ed alta impresa al nostro venerato Padre, D. Bosco, di cui in ogni congiuntura mostrò sempre tanta stima e fiducia. Il sig. D. Bosco tenendosi onorato di questo delicatissimo incarico, per non venir meno all'aspettazione del Sommo Gerarca della Chiesa cattolica, fin da quel momento consacrò e pensieri ed affetti a quest'opera, veramente gigantesca per la nostra povera Società. Pure al suo animo grande essa non parve assai. Esaminatine i disegni, trovò la chiesa troppo angusta ai bisogni presenti e futuri, onde ordinò tosto che ne venissero considerevolmente ampliate le fondamenta.

Un altro pensiero inoltre, non punto men grave, preoccupava in questa congiuntura più che mai la mente di D. Bosco. Fin da quando aveva incominciato a conoscere alcun po' la città eterna, la sua carità apostolica anelava ad un provvedimento per tanta pericolante gioventù, specie straniera, di ogni nazione , che a se stessa abbandonata ne correva le vie e le piazze. Ora pareva a lui venuto il momento di fondare un ampio ospizio, rispondente al bisogno. Si diede pertanto con tutte le sue industrie a raccogliere elemosine da ogni parte del mondo cattolico ; aperse inoltre una grandiosa lotteria, e potè così comprare anzitutto 5500 m. q. di terreno adiacente alla chiesa pel progettato Ospizio ; potè in seguito condurre a termine l'erezione della chiesa che veniva solennemente consacrata al divin culto il 14 maggio 1887 dall'E.mo Principe il Card. L. Maria Parocchi, Vicario degnissimo di S. Santità.

È degna di special menzione una circostanza che altamente onora la cattolica Francia. Le diocesi di questa nazione, nell'invito del Sommo Pontefice a tutti i cattolici per concorrere all'erezione della chiesa al Sacro Cuore, erano state eccettuate, come accennai poco sopra; perchè ben conosceva il S. Padre a quali eroici sacrifizi già si fossero sobbarcati i Francesi per altra chiesa monumentale, pure al S. Cuore, ma di ben più considerevole mole , in Montmartre a Parigi. Ciò non ostante la Francia mostrò tale generosità e favore in queste opere dirette da D. Bosco, che, senza trascurare il superbo monumento nazionale, concorse in effetto colle più cospicue somme di denaro all'erezione e della chiesa e dell'ospizio che formano oggi, o Signori, la vostra ammirazione nella capitale del mondo cattolico. Anzi tra questi larghi e generosi oblatori francesi non posso in questa solennità non ricordare a titolo di alto encomio la nobile famiglia dei signori Conti Colle, la quale fa pel signor D. Bosco e pel suo successore tal provvidenza quale dirà ai posteri una ben meritata lapide marmorea, murata di questi giorni nell' ambulacro laterale della chiesa, sull'ingresso alla sacrestia.

Or torniamo alla narrazione. Consacrata la chiesa, non posava l'animo a quell'Apostolo della gioventù, che si era D. Bosco : stava a lui fitta in mente o profondamente scolpita nel cuore la fondazione dell'Ospizio, seconda parte del suo vasto disegno in Roma. - Già però fin dal 1881 aveva D. Bosco acquistata una casa in costruzione sull'angolo di via Porta S. Lorenzo e di via Marghera, adattandovi una cappella provvisoria al S. Cuore di Gesù, la quale faceva pure le parti di parrocchia. Poi nel 1883 s'incominciava e contemporaneamente alla chiesa s'inaugurava quel braccio dell'Ospizio che prospetta la via Porta S. Lorenzo : cosicchè con questi due edifizi già si potevano ricoverare oltre a 100 giovinetti che venivano avviati agli studii, a un'arte o ad un mestiere. Non bastava a D. Bosco. Egli vagheggiava l'Ospizio intiero, capace di ben 500 orfanelli. Questo, il frequente argomento dei suoi ragionamenti, nei quali divisava con tanta evidenza i vantaggi e morali e materiali tanto de' ricoverati quanto delle famiglie, della Chiesa e della società.

Vero è che altri erano i disegni della Divina Provvidenza : il Padre di tanti bambini abbandonati passava all'eternità a cogliere il premio di tante fatiche e virtù ; mentre al suo successore era riserbata la erezione del vasto edifizio, di cui oggi celebriamo l'inaugurazione. Ma ciò non si potè così tosto effettuare per le gravi e svariate difficoltà che incalzavano da ogni parte in quei dì. Solo nel 1891 il signor D. Michele Rua, memore della volontà e delle disposizioni di Don Bosco, e in vista dell'ognor crescente bisogno , dopo estinti buona parte de' gravosi debiti rimasti dalla costruzione della chiesa, confidando nella Divina Provvidenza e nell'efficace aiuto dei signori Cooperatori e delle signore Cooperatrici e di tutti i buoni, ordinava la costruzione regolare dell'Ospizio, sopra il disegno dell'ingegnere Giacomo Cucco. Nel maggio dell'anno stesso s'incominciavano i lavori di fondazione. - Ora l'Ospizio è terminato e il voto di D. Bosco compiuto. Unitamente alla chiesa del Sacro Cuore, con cui forma come un corpo solo di edifizio, misura oltre 7,000 m. q., ha tre piani, oltre il terreno e i sotterranei ; e conforme ai desiderii e le previsioni del nostro venerato Fondatore, è capace di ben 500 giovanetti.

Se non che un grazioso pensiero in questi ultimi tempi era balenato alla mente del nostro Superiore, mentre pure attendeva con tutta l'energia del suo spirito e tutto s'adoperava pel felice proseguimento di questi lavori. « Il Giubileo Episcopale del S. Padre si avvicina a gran passi, diceva l'amatissimo nostro D. Rua: la chiesa del S. Cuore fu dedicata, secondo l'augusto intendimento dello stesso regnante Pontefice, a monumento dell'immortale Pio IX, che l'aveva ideata; perchè l'Ospizio, anche tanto caldeggiato dal S. Padre, non verrà dichiarato monumento di devozione e di affetto della Pia Società Salesiana al Sommo Pontefice Leone XIII?„ L'idea era bella e santa, ma il tempo assai breve in ragione dei lavori molteplici e stragrandi che tuttavia rimanevano a compiersi, tanto da tenersi per cosa materialmente impossibile. Invece, colla grazia di Dio, l'Ospizio si potè aver compiuto come e per quando si desiderava. Ed ecco che oggi, festa di S. Tommaso d'Aquino, cui il gloriosamente regnante Leone XIII proclamò già maestro ed angelo delle scuole, l'E.mo Principe, il Revmo Card. Lucido M. Parocchi, Vicario e Rappresentante del Sommo Pontefice, si degnava benedire solennemente il grandioso Ospizio del Sacro Cuore felicemente condotto a termine, e noi colla presente solennità ne festeggiamo la dedica qual monumento al gloriosissimo Leone XIII.

Nei varii componimenti in prosa ed in poesia declamati in quest' accademia dai giovanetti dell' Ospizio, si era manifestato il rincrescimento di non poter aver il Papa stesso a presiedere a quella solennità ed il desiderio che Li potesse un giorno onorarli di una sua visita. Ed il card. Parocchi conchiudendo con una stupenda allocuzione disse: « Voi avete mostrato il desiderio che il S. Padre venga a visitare in persona l'Ospizio: questo per ora è un semplice voto : Iddio solo sa quando questo voto potrà adempirsi ; voglia il Cielo che sia presto. Ma quello di cui vi posso accertare si è che il Papa, se non col corpo , si reca qui sovente con lo spirito ; ama voi, buoni giovani, ama la Congregazione Salesiana. Io poi, come suo rappresentante, sono venuto apposta per portarvi la sua benedizione, che egli vi impartisce con tutto il cuore. »

Suffragi per i defunti Oblatori.

Il secondo giorno di questo solenne triduo, 8 Marzo, fu consacrato alla preziosa memoria dei Benefattori e delle Benefattrici già chiamati da Dio all'eternità. Coll'obolo della loro carità erano intervenuti a porgere aiuto nelle urgenti spese, che giorno per giorno occorrevano per lavori così ingenti, ed ora che tutto è condotto a termine, era nostro sacro dovere il ricordare anime così benefiche, e lo facemmo di gran cuore.

Di buon mattino vi fu celebrazione di più Messe con molte Comunioni. Alle ore 10 poi si cantò solenne Messa funebre Celebrata dal nostro Rettor Maggiore, sig. D. Michele Rua. Vi assisteva numeroso Clero, gli allievi dell'Ospizio e gran folla di fedeli.

Valgano questi suffragi e le sante Messe che ogni giorno si celebrano per la nota Opera del Sacro Cuore di Gesù, ad ottenere pronta liberazione dal Purgatorio a quelle anime a noi carissime. Oh ne siam certi, avremo presto nuovi Benefattori e Protettori in Cielo!

Chiusura delle Feste.

Al mattino del 9 marzo, solenni funzioni nel tempio, come al primo giorno. Nel pomeriggio fuvvi rappresentazione latina. Si recitò il Leo Primus del prof. D. Francesia, cui si aggiunsero varii suoni e canti. Assistevano alla rappresentazione l'E.mo Parocchi, con quattro Vescovi e varii Prelati. Applauditissimo fu il dramma ne' suoi singoli atti ed alla fine con un applauso frenetico si richiamavano sul palco gli attori.

Se i meno di 200 giovani già raccolti nella prima parte dell' Ospizio seppero con la banda musicale, coi canti così ben eseguiti e con le rappresentazioni così belle allietare e consolare il cuore di tanti Prelati e signori Romani , mentre ancora si è sui principii e non si hanno ancora i laboratorii ben provvisti, e mentre si era in un locale così angusto; che non sarà, speriamo, quando il numero dei giovani giunga a 500, ora che i locali sono così adatti, quando i laboratorii saranno ben forniti di macchinismi d'ogni genere, e quando i più grandicelli abbiano avuto tempo in varii anni di coltura artistica e letteraria ad approfittare meglio della educazione che verrà loro impartita?

Dopo la rappresentazione si andò nella basilica pel solenne Te Deum e la Benedizione del SS. Sacramento, impartita da S. Eminenza il Card. Lucido Maria Parocchi.

Chiudeva queste solenni feste una luminaria ben combinata con un immenso numero di palloncini disposti a ghirlande fantastiche, varii trasparenti ben illuminati a bengala, tra i quali un ritratto del Papa, con a base in grandi caratteri le parole Viva Leone XIII!

Quanti presero parte a sì care feste , ne andarono lietissimi. Ne siam lieti oltre modo anche noi e dall'imo del cuore ne benediciamo e ringraziamo l'Altissimo Iddio.

Sì, di tutto sia benedetto Iddio: il voto di D. Bosco è felicemente compiuto. Ognuno dei 500 giovani, che in breve popoleranno l'inaugurato Ospizio, sarà come un inno perenne di lode che si innalzerà all'Eterno Iddio e testimonierà ai presenti ed ai posteri che D. Bosco fu grande avanti a Dio ed avanti agli uomini.

Il nuovo monumento dei Salesiani e dei loro Cooperatori è adunque compiuto e solennemente dedicato. Apporti adunque fin d'ora i sospirati frutti che il venerando D. Bosco nell' apostolico suo cuore se ne riprometteva.

IL MESE DI MARIA AUSILIATRICE S'AVVICINA

È il mese della Madonna, il mese della Madre di Dio e Madre nostra dolcissima. Dal primo lor sorgere fino al presente le opere di D. Bosco furono un tessuto continuo di grazie della gran Vergine Ausiliatrice, tanto che il popolo la volle chiamare e la chiama tuttora la Madonna di D. Bosco.

Quest'anno poi le nostre dimostrazioni di pietà e di riconoscenza verso la nostra Santa Madonna, debbono essere maggiori e più solenni, perchè ricorre il primo giubileo del suo Santuario di Torino. Compierannosi difatti il 9 giugno p. v. venticinque anni dacchè questo grandioso monumento veniva a Lei dedicato con solenne consacrazione. Conviene quindi che Salesiani e Suore di Maria Ausiliatrice, Cooperatori e Cooperatrici salesiane tutti ci prepariamo ad onorar la nostra gran Madre con nuovo slancio e fervore.

Ci preme perciò fin d'ora proporre qualche cosa di particolare alla pietà dei nostri lettori.

1° In ogni città o paese, in cui già vi sonò Cooperatori e Cooperatrici salesiane, nutriamo fiducia che, per la benevolenza dei Rev.mi Parroci o Rettori di chiese o cappelle, troverà amici e protettori la nostra idea già altra volta espressa, cioè di esporvi alla pubblica venerazione l'immagine di Maria Ausiliatrice.

A tale intento, se non si hanno i mezzi per provvedere una tela a pennello, si può far servire la stupenda oleografia di Maria Ausiliatrice, già da noi pubblicata da più di un anno fa. In molte parrocchie, seminarii, collegi, educatorii ed oratorii già si fece ciò, con molta soddisfazione dei fedeli, che vi accorrono dicendo e Andiamo a far visita alla Madonna di Don Bosco. » Se non si ha un altare libero per un tal quadro, se ne cerchi uno che possa comportarlo come sottoquadro, oppure si esponga su di una parte laterale di qualche cappella; ripiego già adottato in tante parrocchie per le oleografie del Sacro Cuore di Gesù, del Sacro Cuore di Maria e di altre divozioni.

2° Si diffondano tra il popolo opuscoli che trattino della divozione a Maria Ausiliatrice. Tra questi tengono il primo posto alcune operette tanto belle e divote, dettate dal caro nostro D. Bosco.

3° Ognuno s'adoperi infine per ottenere molte nuove ascrizioni all'Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, Arciconfraternita che è come la famiglia dei divoti della nostra Santa Madonna. Sia tutto questo come preludio di quanto faremo in seguito per onorare la nostra Celeste Ausiliatrice.

È tributo di pietà e di riconoscenza, e ad un tempo è pure un mezzo efficacissimo per attirarci le grazie che Gesù Benedetto suole elargire copiose a chi onora la sua divina Madre.

Nella Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino, come gli altri anni, si darà principio a questo mese consacrato alla divozione della gran Madre di Dio, sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani, il 23 del corrente aprile.

Ricordiamo ai Cooperatori ed alle Cooperatrici della città di Torino, che assistendo divotamente alle funzioni della Comunità che si tengono in detto tempio alle 5 1/2 ed alle 7 1/2 del mattino, per concessione pontificia, possono lucrare l'indulgenza di tre anni.

Nei giorni feriali, al mattino dopo messa delle 5 1/2 ed alla sera alle 7 1a dopo il canto d'una lode, si terrà un breve discorso e si darà la Benedizione col SS. Sacramento. Nei giorni festivi questi discorsi avranno luogo dopo i vespri delle ore 2 1/2 e delle 4 1/2.

Noi invitiamo caldamente i Cooperaratori e le Cooperatrici della città a voler intervenire numerosi a queste pie pratiche, ed esortiamo tutti gli altri a volersi unire con noi in ispirito a celebrare con divozione speciale il mese di Maggio, per ottenere dalla Santissima Vergine tutte quelle grazie spirituali e temporali che ci sono necessarie.

GRAZIE DI MARIA SS, AUSILIATRICE

Bontà dì madre. - Rev.mo signor Don Rua, - Nell'agosto u. s. le spediva un'offerta per le sue Missioni estere, onde ottenere dalla Vergine SS. Ausiliatrice la guarigione da fastidiosa e lunga malattia. Nel tempo stesso prometteva altra offerta, che le avrei spedito non appena avessi ottenuto la sospirata grazia. La mia preghiera fu esaudita, quindi riconoscente le mando quanto promisi.

Viva la Madonna di D. Bosco!

Canove, febbraio 1893.

AMBROSINI CATTERINA DI ANGELO.

Due guarigioni. - Lo scorso febbraio era desolatissima perchè aveva il mio consorte ed una mia sorella infermi. Quando seppi dai medici trattarsi di gravissima e mortale infermità, mi rivolsi prontamente a Maria Ausiliatrice.

Gl'infermi ne ebbero pronto sollievo e si rimisero presto in buona salute. Mi convinsi sempre più che, quando si prega di cuore la Gran Madre di Dio, si è prontamente esauditi.

Nell'inviare tenue offerta per le spese del Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino, rendo di pubblica ragione la grazia ottenuta.

Frabosa, 4 marzo 1893.

MADDALENA DEFILIPPI.

Viva Maria Ausiliatrice! - Mi trovai in critiche circostanze. Ogni mezzo umano tentato per riuscirne a bene tornò invano. Supplicai Maria Ausiliatrice a volermi venire in aiuto con promessa, a grazia ottenuta, di scrivere a codesta onorevole Direzione, perchè ne facesse cenno sul Bollettino Salesiano. Ottenni tutto quanto desiderava e più ancora. In vista a tanta benignità di Maria, adempio ora il voto, riconoscentissimo a questa cara nostra Madre celeste. Viva Maria Ausiliatrice!

Falmenta (Novara), 26 febbraio 1893. GRASSI ANTONIO

maestro, Coop. Salesiano.

L'offerta eroica di un operaio disoccupato. - Certo signor Cusano Domenico presentavasi al Santuario di Maria Ausiliatrice la sera del 15 agosto, festa dell'Assunzione di Maria in cielo.

Essendo disoccupato e non avendo potuto da parecchio tempo ottener lavoro, trovavasi nella condizione di estrema indigenza. Da più notti dormiva all'aperto per la città, non avendo più casa ove ricoverarsi. Di tutto il suo avere non gli rimaneva che i panni, di cui era vestito ed un ricco orologio d'oro. Disse pertanto al sacerdote che era di servizio al Santuario : « Abbia la bontà di ricevere pel santuario quest'offerta di un povero operaio disoccupato. » Gli porse intanto l'orologio e poscia continuò : « La Madonna mi ripagherà certamente quest'atto che mi costa sacrificio immenso. Mi rimetto pienamente nelle mani della Gran Madre di Dio. Essa vi ci penserà. » Ed in questo dire non potè trattenere il pianto.

Pochi giorni dopo ritornava lieto e festante al Santuario per ringraziare Maria SS. Ausiliatrice della grazia ricevuta. I suoi desiderii erano in modo consolante interamente compiuti, e l'impiego ottenuto gli assicurava un pane abbondante ed onorato. Anzi ne rimase così contento, che a quando a quando ritorna tuttora al Santuario di Maria Ausiliatrice, come attiratovi da indicibile affetto e divozione.

Torino, 14 marzo 1893.

Sac. ANTONIO DAMILANO.

La preghiera di una madre. - È impossibile esprimere a parole la riconoscenza che sento verso Maria SS. Ausiliatrice per la grazia ottenuta a pro del mio unico figlio, mediante la potentissima intercessione di sì grande Benefattrice. Povero figlio ! Giaceva oppresso da crudele e mortale infermità, quando, svanendo le speranze dei mezzi umani, mi rivolsi con fede ai mezzi divini. Piansi e pregai, raccomandando fervorosamente l'infermo a Maria SS. Ausiliatrice. La mia povera preghiera ascese al cielo e commosse la Gran Madre di Dio, la pietosa Regina dei mesti. Il mio figlio risanò, ed al presente attende con affetto agli studii ecclesiastici, avendo indossato pochi mesi fa l'abito chiericale in uno dei seminarii della Pia Società di D. Bosco.

Mi diedi subito premura di spedire al Santuario di Maria Ausiliatrice una tenue offerta da me promessa nell'atto della detta preghiera, ed ora mando questa relazione per mezzo del mio reverendissimo sig. Prevosto Can. Teol. D. Alessandro Ganora.

Lu-Monferrato, 11 marzo 1893.

ROSA MAZZOGLIO.

Soccorso alle Missioni di Don Bosco. - Aveva bisogno di un vero miracolo. Mi rivolsi perciò prontamente e con molta fiducia alla Madonna di D. Bosco. Per vario tempo pareva che le mie ardenti preghiere non riuscissero per nessun modo alfine da me desiderato; tuttavia non cessai di pregare con molto insistenza. La preghiera alfine trionfò ed ebbi dalla bontà di Maria quanto io ardentemente chiedeva nel luttuoso stato di cose, in cui da molto tempo mi trovava.

Aveva promesso, a grazia fatta , l'offerta di L. 750 per le Missioni salesiane, ed ora con giubilo compio la mia promessa, e prego quanti leggeranno questa mia relazione ad unirsi con me nel lodare, benedire e ringraziare con la più gran divozione la Madre di Dio e Madre nostra Maria.

Viva l' Ausiliatrice delle opere di D. Bosco!

Roma, 4 marzo 1893.

A. M. F.

D. Bosco lo disse mille volte e lo lasciò scritto nella sua lettera di estremo addio ai Cooperatori prima di morire , che la santa, Vergine si costituì Essa medesima protettrice delle opere salesiane, e perciò ottiene ai loro benefattori e alle loro benefattrici molte grazie e spirituali ed anche temporali straordinarie.

NOTIZIE DEI NOSTRI MISSIONARI! LA SPEDIZIONE DEL 6 DICEMBRE.

I nostri Missionarii e Suore di Maria Ausiliatrice partiti da Torino il 6 dicembre scorso per l'America meridionale già sono arrivati a loro destinazione, e da ben due mesi si trovano sul campo del lavoro.

La squadra salpata da Genova alla volta del Brasile, capitanata da D. Carlo Peretto, ebbe un viaggio felicissimo ed in compagnia di tanti buoni amici, tra cui due Padri Cappuccini, diretti a Pernambuco, uno dei quali antico allievo del nostro Oratorio, un bravo chierico gesuita ed un altro di Rio Janeiro.

Dopo una fermata a Porto San Vincenzo, Pernambuco ed a Bahia, arrivarono a Rio Janeiro , dove li aspettava il direttore del Collegio salesiano di Nictheroy , D. Pietro Rota, per condurli a quel Collegio. Colà, in compagnia di quei nostri confratelli e giovanetti, passarono il primo giorno dell'anno, ringraziando il Signore dei benefizi ricevuti, ultimo dei quali il viaggio testè compiuto. Al 3 gennaio arrivarono a Lorena, al colle- gio S. Gioachino, festosamente ricevuti dai confratelli dai giovani e dalla popolazione tutta : si recarono direttamente alla chiesa ed ivi coll'immensa folla accorsa intonarono l'inno solenne di ringraziamento a Dio.

Nei primi giorni di gennaio arrivava pure felicemente a Puntarenas (Terra del Fuoco) il gruppo di Fueghini, Salesiani e Suore di Maria Ausiliatrice che s'era imbarcato con D. Beauvoir a Bordeaux in Francia.

Le Suore destinate al Chilì continuarono da Puntarenas il loro viaggio in compagnia di un ottimo Cooperatore salesiano, dottor D. Michele Prado, che era venuto in Italia unicamente per ottenere da D. Rua che mandasse alcune Suore di D. Bosco a prendersi cura delle giovanette povere ed abbandonate di Santiago. Arrivavano in quella capitale al 16 di gennaio, ricevute alla stazione da più migliaia di persone, che, acclamando a D. Bosco , alle figlie di D. Bosco ed a D. Prado, che era riuscito ad appagare il suo e loro desiderio, le accompagnarono alla chiesa dove s'innalzarono preci ed inni di ringraziamento al Signore. Ed ora allato dell'Asilo della Patria per gli orfani ed abbandonati, sorge pure l'Istituto delle Suore di Maria Ausiliatrice per le orfanelle e le ragazze pure di tal condizione.

Gli altri partiti da S. Nazaire , a Sabanilla si divisero in due squadriglie ; una diretta a Colombia con D. Evasio Rabagliati e l'altra all'Equatore col nostro amato D. Angelo Savio. I primi arrivarono a Bogotà il 12 gennaio , portando aiuto e coraggio a quei pochi confratelli che là vi erano e gioia e consolazione a quelle popolazioni e specialmente ai poveri lebbrosi di Agua de Dios. I secondi giunsero bensì a Quito sulla fine di gennaio, ma dopo aver toccato la grave disgrazia che tutti i nostri lettori sanno, la perdita del loro duce , l' amatissimo nostro D. Savio.

Di questa dolorosissima perdita già abbiam detto qualche cosa. Ora che abbiam ricevuto altri particolari più esatti, crediamo far cosa gradita porgerli ai nostri lettori, come quelli che, mentre s' interessano delle nostre gioie, pigliano pur, viva parte alle nostre pene. Si, vogliano ancora essi unire le loro alle nostre preci per impetrare dal misericordiosissimo Iddio l'eterno riposo all'anima di questo zelante missionario salesiano.

GLI ULTIMI MOMENTI DI DON SAVIO.

REVm° ED AMAT.m° SIG. D. RUA,

Riobamba, 21 gennaio 1893.

La prima lettera che ho il bene d'indirizzare alla S. V. Revma. da queste lontane regioni è per confermarle una grande sventura, la maggiore che potesse capitare alla nostra carovana. Son certo che a quest'ora ella avrà ricevuto dal telegrafo la dolorosa notizia della morte dell'amatissimo nostro signor D. Savio ; e però questa mia, mentre rinnoverà al suo cuore l'acerbo dolore provato a quell'annunzio, le apporterà pure, spero, non poco conforto in udire che D. Savio ha fatto una morte preziosa, quale Iddio riserva poi suoi apostoli, pei suoi santi. Io, che ebbi la fortuna di assisterlo fino agli estremi momenti, ne fui così impressionato e sì bene edificato, che mentre, scrivendole, dagli occhi mi scorrono grossi lagrimoni per la perdita improvvisa di un tanto Superiore e Padre, mi sento pur consolato da una dolce persuasione che D. Savio sia volato al cielo a ricevere il premio delle suo fatiche e della sua eroica obbedienza e che di là già interceda per noi e per la missione che gli era destinata.

Da Panama a Guayaquil e a Guaranda. - I primi sintomi del male.

So che D. Savio stesso le scrisse le buone notizie del nostro viaggio fino a Panama. Di là partimmo il 6 gennaio sul vaporino inglese Cachapoal ed al 10 arrivammo a Guayaquil, dove sostammo una giornata. Al 12 s'incominciò la salita per Quito. Alla sera del sabato 14 giungemmo a Guaranda, dopo aver passata l'ultima notte in una misera capanna soffrendo molto freddo.

Guaranda è posta ai piedi dell' altissimo Chimborazo. Quivi albergammo all'Hôtel Bolivar. Appena giunti colà, Don Savio cercò di un letto per coricarsi, cosa insolita in lui, che era sempre l'ultimo a cercar riposo. Dormì forse una mezz'ora, e fu chiamato per salutare il Parroco del luogo, che era venuto a farci visita. Poco dopo andò da lui per restituirgli la visita ed anche per concertare per le messe del giorno seguente. Al suo ritorno mi chiamò a sè e mi disse: - Aveva deciso di riposar qui tutto domani, ma intesi che in un sol giorno non si può attraversare la montagna e giungere ad Ambato ; perciò convien guadagnar tempo. Domani quindi, dopo la santa Messa, guardate che sia tutto pronto, che partiremo presto. - Si concertò ogni cosa coi mulattieri, e poi si andò a cena, ove D. Savio mangiò con abbastanza di appetito ; e poi a riposo, chè ne avevamo tutti estremo bisogno.

Al mattino, dopo la Messa celebrata da D. Savio, noi eravamo pronti per montare a cavallo e salire il Chimborazo; ma i mulattieri mancarono alla parola data e non si fecero vedere. D. Savio però, che era deciso di partire, non si sconcertò ; ne trovò altri, e verso le dodici e mezzo, inforcati i nostri cavalli , ci mettevamo in cammino. Dopo 5 ore circa di salita fra orridi monti , per una via sovente strettissima e scavata nelle roccia a picco , fra precipizi spaventevoli , arrivammo a Ganguis, luogo stabilito per passare la notte.

La capanna di Ganguis, ove dovea morir D. Savio.

In una stretta e ripidissima valle, posta poco lungi dalla via che conduce alla capitale dello Stato, giace una capanna scavata in parte nel terreno, fiancheggiata da muraglie di terra e coperta di erba secca. È divisa in tre scompartimenti : uno serve per la famiglia che la abita, l'altro per la cucina, e il terzo, il più elegante, è destinato pei forestieri che dovessero fermarsi colà. Quest'ultimo ha una specie di soffitto, cosa rarissima in questi luoghi, ma un soffitto fatto di stuoie intonacate di fango e sostenute con vimini al tetto ; un soffitto in parte caduto ed in parte cadente, che lascia vedere il tetto in molti luoghi e passare tanto bene l'aria, che è molto fredda. Come cosa di gran lusso su questi monti, detta stanza ha pure una finestra, senza vetri s'intende, la quale sta ordinariamente chiusa con due sportelli sgangherati e pieni di fessure, non altrimenti che la porta, pei buchi della quale vi può passare comodamente non solo la mano, ma anche il braccio. Questa era la stanza destinata per noi; ma non tutta, perchè in gran parte era ingombra da sacchi di biada, da masserizie di casa, da fornimenti di cavalli, ecc.

Per prima cosa D. Savio ci raccomandò caldamente di star riparati dal freddo venticello che il nevoso Chimborazo poco discosto ci spirava contro. Poco dopo si mostrò molto afflitto nel vedere che uno della nostra squadra, il conciatore Peretti, era assai aggravato dalla febbre. Gli somministrò alcune polveri d'antiperina, che per sorte teneva Minghetti, e al mattino fortunatamente stava abbastanza bene, sì da poter continuare il viaggio.

L'ultima cena coi confratelli. - Il letto di morte.

D. Savio, dopo aver ordinato alla padrona di casa un po' di cena, mi chiamò nella stanza, mi fece stendere una stuoia sul terreno, ed egli, presa una valigia per guanciale, si coricò. Io tenendo di qualche cosa, gli chiesi se si sentisse male, ma mi rispose che no, che voleva solamente riposar un poco. Venuto il momento di prender la minestra, lo pregammo che volesse tenerci compagnia. Alle nostre replicate istanze si alzò dicendo : - Ebbene ne prenderò un poco, altrimenti voialtri non mi lasciate in pace. - Gustò quel po' di brodo, e poi, dando la buona sera agli ospiti, chiese loro se avesse potuto usare di un unico letto che vi era in un canto della stanza, anzi dirò in tutta l'abitazione, perchè quella buona gente dorme sul terreno. Fu cordialissimamente esaudito. Ma che letto! Quattro pali conficcati nel terreno, sostenenti dei rami d'albero ad una conveniente altezza, e sopra questi una manata di erba secca coperta da una ruvida stuoia. Ecco il letto sul quale dovea morire il nostro povero D. Savio! Avuto tale permesso, egli stesso si prese due coperte di lana: una la distese sulla stuoia e l'altra l'adoperò per coprirsi, e, coricato che fu, si distese sopra ancora il suo pastrano e la sua veste. Vi era pure su quel giaciglio un sottile materasso, ma D. Savio volle assolutamente che lo prendesse Peretti , che, come dissi più sopra, aveva la febbre e si era già coricato.

Noi altri ci adagiammo alla meglio sopra stuoie distese sul terreno, ma fu impossibile prender sonno. La grande stanchezza, il freddo che ci penetrava le ossa e l'apprensione che D. Savio stesse poco bene ci tenne svegli quasi tutta la notte.

D. Savio, poco dopo essersi coricato , incominciò a tossire, e la sua tosse secca andava ognor crescendo , tanto che verso la mezzanotte incominciò ad influirgli sulla trachea ed a produrgli una specie di rantolo. Sembrava che dormisse, ma di un sonno affannoso, interrotto spesso da forti assalti di tosse.

D. Savio non può più continuare il cammino. - Separazione dagli altri confratelli.

Al mattino per tempo io mi avvicinai al suo giaciglio per intendere come stava , e come avesse intenzione di fare pel viaggio. Mi rispose che stava poco bene, che aveva un forte mal di capo, ma che con tutto ciò facessi insellare i cavalli. Fu obbedito ; e quando fu tutto pronto, mi accostai di nuovo per veder se poteva alzarsi. Si provò a farlo, ma a stento potè sedersi sul letto, e disse - Non mi sento di continuare il cammino ; partite voialtri, io vi seguirò poi.

Non può immaginarsi, amatissimo signor D. Rua, la nostra costernazione! Restammo come istupiditi. E lui : - Perchè non partite ?

- Ma converrà pure che qualcuno resti qui con lei, gli soggiunsi io; dica chi desidera che debba rimanere.

- Resti con me Pancheri, e gli altri continuino il viaggio stabilito.

Convenne ubbidirgli; ma nell'atto di lasciare i compagni, profondamente afflitto, raccomandai loro che, appena arrivati a Riobamba, ci mandassero subito un prete, un medico, medicine, lenzuola, viveri, ecc. che là mancavamo di tutto. Il sig. Coppo , meccanico della nostra Casa di Riobamba, il quale era partito di là al mattino dei 15 ed era venuto ad incontrarci fino a poca distanza da Guaranda, mi promise che avrebbe sollecitato tutto. Essi partirono ed io ritornai al letto del caro infermo.

La tosse gli andava ognor più crescendo, senza poter liberarsi minimamente dal catarro ; il respiro si faceva vieppiù affannoso, e la febbre ardente non accennava punto a scemare. Verso le 11 della stessa mattina di lunedì (16 gennaio) chiese un po' di brodo. Fortunatamente la padrona teneva qualche pollo ; ne cucinò uno ed in breve gli apprestò una tazza di brodo squisito, che io gli presentai. Ne gustò alcune cucchiaiate; poi, rivolto a me, disse : - Non state qui sempre vicino a me : andate fuori a passeggiare un poco, mentre c'è il sole. - Anche stavolta dovetti obbedirgli ; ma il pensiero del Padre infermo mi tirò ben presto di nuovo al suo letto.

Fino allora non aveva chiesto che poche volte da bere; ma verso sera ne chiedeva frequentemente, e l'unica bevanda che io gli poteva porgere era l'acqua fresca, nella quale scioglieva un po' di zucchero. Per tutta medicina potei trovare un limone, che la padrona rinvenne in un angolo della capanna, dopo aver rovistato ogni cosa.

Il male si fa sempre più grave. - L'ultima notte.

Col progredir della giornata lo stato dell'infermo andava sempre peggiorando. Vennero le 5 della sera, il sole già era tramontato da un poco, e nessuno ancora giungeva. Dio solo sa quanta tristezza, quanta afflizione allora mi prese al veder sopravvanzarmisi la notte, solo, su quegli orridi monti, lontano più di trenta chilometri dall'abitato, con un infermo grave che certo avrebbe avuto necessità di aiuti che io non avrei potuto somministrargli ! Pregava e continuamente perchè il Signore e la Madonna volgessero i loro sguardi compassionevoli verso di noi !

Verso le 6 D. Savio mi disse: - Io certo avrei bisogno di un medico e di un prete...

Gli risposì : - Stamattina ho raccomandato tanto a quei che sono andati a Riobamba che, appena giunti colà, ci mandino subito medico e prete e tutte le cose necessarie, che qui non abbiamo. Avrei ben potuto quest'oggi andare a Guaranda che è più vicino ; ma anche per qua ci vogliono almeno otto ore di cavallo tra andata e ritorno, e lasciarla qui solo per tanto tempo non mi resse l'animo. Ora poi non saprei proprio come fare... il cammino è tanto pericoloso... e le tenebre sono sì fitte...

E lui : - Se avete raccomandato che vengano dei nostri confratelli da Riobamba, è molto meglio : basta così... E quando saranno qui?

- Quel meccanico mi assicurò che forse sarebbero qui di questa sera; ma temo che sia impossibile.

- Basta, va bene così.

Il testamento di D. Savio e sua rassegnazione alla volontà di Dio.

Vennero le 8, e la malattia cresceva a vista d'occhio. D. Savio se ne accorgeva meglio di me. E però, raccolte le poche forze, che ancora gli rimanevano, con istento, così prese a parlarmi : - Io mi sento morire... quando sarò morto manderete le carte che tengo nelle valigie al signor D. Rua e voi pregate per me...

Al sentir tali parole diedi in uno scoppio di pianto, e gli risposi: - Non dica così, D. Savio ; ella non morrà adesso. Vuole che la Madonna permetta che lei muoia in questi deserti, senza alcuno dei nostri che lo assista? Non sarà mai !

E lui : - E se il Signore vuole così, non dobbiamo noi rassegnarci alla sua volontà? Sì, sì... quello che Dio vuole ; anche in questo sia fatta la volontà di Dio!... Se ci fosse qui un prete mi confesserei : non c'è, sia fatta la volontà di Dio anche in questo. - Poi continuava : - Gesù mio, misericordia ! Signore, perdonatemi i miei peccati Maria, aiutatemi ! - E rivolto poi a me, disse : - Mi rincresce che non posso pregare...

Io feci un grande sforzo per mettermi un poco in calma, e gli risposi : - Confidi in Maria, Essa non mancherà di aiutarci. Quante volte l'ha invocata durante la vita!... Certamente adesso la assisterà

E lui: - È vero che l'ho invocata tante, volte; ma ho pregato male. Gesù mio, misericordia ! Io non confido nei miei meriti, che non ne ho. - E qui come per dar più forza a questa negazione aggiunse per ben due volte la parola spagnuola - nada, nada - niente, niente. - Poi continuava con frasi interrotte sovente dalla tosse e col respiro affannosissimo : - Io confido nei meriti di Gesù Cristo ; Gesù mio, misericordia ! In manus tuas, Domine, commendo spirìtum meum.

Allora strappai in fretta dal mio petto il crocifisso e glielo porsi ; ed egli se lo portò con rapidità alle labbra e lo baciò con tanto affetto, che avrebbe strappato a chiunque le lagrime. Poi tornava a baciarlo, pronunciando sempre le giaculatorie : - Gesù mio, misericordia ! Gesù, Giuseppe e Maria, nelle vostre mani raccomando l'anima mia. Sia fatta la vostra volontà , o Signore, in tutte le cose. - E diceva queste giaculatorie con una serenità ed una rassegnazione tale, che pareva fosse dispostissimo a morire.

Io presi allora il Giovane provveduto, e recitai gli Atti di Fede, Speranza, Carità e Contrizione ; poi lessi la preghiera a S. Giuseppe per la buona morte, e le altre che vi sono per l'esercizio della buona morte ; e D. Savio, a cui era incominciato il rantolo, mi accompagnava colla mente e col cuore.

Ma pensando sempre alle circostanze di quell'agonia, in un trasporto di dolore, dissi fra me: - Non è possibile che Iddio e Maria Ausiliatrice permettano che uno dei loro figli prediletti passi da questa vita all'eternità in questa maniera, senza neppur un prete che lo assista : o che lo devono rimettere in salute, o almeno prolungargli la vita, finchè sia qui un sacerdote. -Non dubitando punto di ottener almeno quest'ultima grazia, mi tranquillizzai un poco. Anche D. Savio pare abbia fatta questa preghiera, perchè fummo pienamente esauditi.

Deposto il libro, cominciai a recitar il santo Rosario, sempre colla intenzione che la Madonna prolungasse la vita al caro moribondo, il quale continuava colle sue giaculatoria predilette : - Gesù mio, misericordia! Sia fatta la volontà di Dio in tutte le cose ! - e a baciare il Crocifisso; e quando non poteva facilmente parlare, muoveva le mani in modo di colui che dice : - Quel che volete voi, o Signore !

Ma intanto un gagliardissimo assalto di tosse che pareva lo dovesse condur alla morte, per contrario gli diminuì siffattamente il rantolo, che il pericolo sembrava se non cessato, almeno allontanato. Io respirai un poco e rinnovai la mia prece a Maria Santissima.

Verso le 11 : - Andatevi a coricare, mi disse, che ne dovete aver bisogno. - E vedendo che io esitava , replicò il comando. Ubbidii, ed appena coricato, mi addormentai; ma un momento dopo un altro assalto di tosse mi svegliò di soprassalto; e fui di nuovo al suo fianco. Mi chiese da bere ; poi, volgendosi sul fianco destro, si assopì per alcuni minuti. Ma poi svegliandosi, sempre con respiro affannosissimo, disse : - Non ne posso più ! - È questo l'unico lamento, se così si può dire, ch'io abbia udito uscir dalle labbra del povero D. Savio; e dire che soffriva terribilmente. Egli continuamente pregava, portandosi di tratto in tratto alla bocca il crocifisso. Così passò quella lunghissima notte dal 16 a1 17 gennaio. Venne il mattino e nessuno ancor compariva.

L'arrivo d'un confratello sacerdote. - D. Savio spira nelle sue braccia!

Verso le 11 antim. dissi a D. Savio , che giaceva in una prolungata agonia, ma sempre con la memoria serena : - Vado un momento fuori sulla collina per veder se vengono da Riobamba. - Ed egli : - Andate pure. - Ed al mio pronto ritorno mi domandò : - Non vengono ancora ? - lo gli dovetti risponder negativamente. Andai fuori un'altra volta e poi un'altra ancora, e finalmente da lungi vidi venire una carovana, in mezzo alla quale riconobbi due vestiti da sacerdote. Corsi subito ad annunziarli a D. Savio, che dimostrò sentirne gran piacere. Uscii di nuovo dalla capanna per andar ad incontrarli. Erano D. Bruzzone ed il chierico Ghiglione. Il primo mi domandò subito : - Come sta? - Al che io ebbi appena forza di rispondere : - Male assai.

In un momento fummo da D. Savio, il quale chiese chi fossero. Il sacerdote rispose: - Io sono D. Bruzzone, un suo confratello sacerdote, e il mio compagno è un chierico pure suo confratello. Veniamo da Riobamba. Coraggio, D. Savio ! Siamo venuti a portarle tutti gli aiuti che le possono abbisognare. Coraggio ! Confidi nel Signore ; sia fatta la sua santa volontà! - E mentre lo disponeva e gli dava la santa assoluzione, io era uscito ad aiutare a togliere le selle ai cavalli. Ma ecco poco stante mi sento chiamare; corro : D. Savio era agli estremi ! D. Bruzzone, che recitava le preghiere dei moribondi , troncò all'istante, gli diede la benedizione papale in articulo mortis, e, appena finito, D. Savio dolcemente mandava l'ultimo respiro. La grazia era fatta. Maria Santissima gli ottenne di spirare la sua bell'anima nelle mani di un confratello sacerdote

Erano le 2 1/2 pomeridiane del giorno 17 gennaio, 15 minuti dopo l'arrivo dei due confratelli da Riobamba.

Può immaginare, o amatissimo D. Rua, la nostra desolazione. Non potevamo persuaderci che fosse morto. Chiamò D. Bruzzone, chiamai io: - D. Savio! ... D. Savio!... - Ma D. Savio non era più... egli era andato a ricevere il premio delle sue virtù e delle sue apostoliche fatiche.

La sua vita già era piena di meriti. Dopo averne spesa gran parte per il bene delle nostre Case d'Europa, egli scorse un vasto campo nella Patagonia e là vi si spinse con entusiasmo, volentieri sottoponendosi ad ogni sorta di fatiche e di disagi. L'ubbidienza altro campo pure vasto e non men difficile gli indicava nell'Equatore. La natura pareva vi ripugnasse, ma l'Apostolo del Signore vince ogni ritrosia e s'incammina anche a quella volta. Si sente venir meno, ma egli si fa animo ancora; egli muore, ma muore in via e col desiderio d'arrivare al campo. E la ricca sala dove spira è un'umida capanna aperta a tutti i venti; il soffice letto su cui rende l'invitto animo a Dio son quattro pali, un po' di fieno e due ruvide coltri. Quanta rassomiglianza colla nascita del Salvatore! Quanti motivi di sperare che egli sia volato al Cielo!

Ma intanto noi avevamo perduto un amato Superiore, un carissimo Padre, e pel dolore quasi ci disperavamo ed andavamo ancora gridando: - D. Savio! D. Savio! - Ma di D. Savio non ci rimaneva che la gelida salma.

La dolorosà notizia si sparge per tutta la Repubblica.

Raccolti i pochi spiriti rimastici, cercammo determinare sul da farsi. Si stabilì di andar subito a Guaranda per telegrafare a Riobamba ed a Quito. Inforcai tosto il mio cavallo ed in compagnia del mulattiere, che aveva condotto la carovana da Riobamba, calai in fretta verso Guaranda.

Aveva fatto appena un'ora di cammino,. quando incontrai un medico, che in compagnia di otto robusti Indii andava a Ganguis a prendere D. Savio infermo e trasportarlo a Guaranda. Tale ordine era loro venuto dal Governatore di Guaranda, a cui aveva telegrafato in proposito il Presidente della Repubblica, l'Ecc.m° sig. Luis Cordero, consapevole della disgrazia a mezzo di D. Calcagno direttore della Casa di Quito, al quale aveva telegrafato il lunedì sera (16 gennaio) D. Fusarini, direttore della Casa di Riobamba.

Saputo della morte di D. Savio, il medico ritornò meco a Guaranda e gli Indii continuarono il viaggio coll'incarico di trovarsi pronti sul meriggio del giorno seguente per trasportare la venerata salma di Don Savio a quella città.

Giunti a Guaranda, il medico corse a dare la triste notizia al Governatore, il quale telegrafò tosto al Presidente della Repubblica, da cui aveva per risposta di procurare alla salma di questo Missionario Salesiano solennissimi funerali, e tutto a spese del Governo. Intanto io telegrafava pure la dolorosa perdita ai nostri di Riobamba e di Quito, e, passata la notte dal gentilissimo Parroco R.mo D. Vallejo, al mattino tornai a Ganguis e mi trovai io pure per il trasporto del feretro.

Trasporto della salma da Ganguis a Guaranda.

Verso le 12 e 1/2 del 18 gennaio, recitato da D. Bruzzone le preci di rito alla salma del nostro povero D. Savio, e postala sopra di un largo tavolato, gli Indii vi sottoposero le robuste loro spalle, l'alzarono e si incamminarono alla volta di Guaranda. Ai lati vi stavamo il chierico Ghiglione ed io; dietro veniva D. Bruzzone recitando funebri preci.

Quanti pensieri in quel tratto di via scabrosa! Don Savio, che tanto ha fatto per gli Indii, egli che per gli Indii ha messa a pericolo la stia esistenza, ecco che dagli Indii riceve le prime preci, i primi onori. Tre confratelli ed otto Indii formano il primo suo corteggio!

Giungemmo a Guaranda alle otto di sera. All'entrare in paese, essendo già notte avanzata, trovammo una illuminazione che per questi paesi può dirsi sfarzosa: un mondo di gente, uomini, donne e fanciulle ci aspettavano tutti con lanterne accese e ci accompagnarono fino alla porta della Chiesa parrocchiale, dove ci ricevette il Parroco in cotta, stola e piviale, con altri due sacerdoti. Recitò le preci di rito, e poi portata entro la salma, e depostala presso un grandioso catafalco sfarzosamente illuminato, si cantarono le altre preghiere prescritte.

Solenne funerale a Guaranda. - Dove fu collocata la salma di v. Savio.

All'indomani, 19 gennaio, fuvvi un solenne ufficio coll'intervento di tutte le Autorità, ecclesiastica, governativa e municipale, e con un concorso immenso di fedeli. Cantò la Messa D. Bruzzone, dopo la quale, levata la saluta, si andò processionalmente al camposanto. Questo consiste in un tratto di terreno, circondato da muri di terra. Vi è una Cappelletta, varie Croci e due monumenti grossolani, costrutti con fango e mattoni; contengono alcune urne in muro, in una delle quali fu deposto il corpo del nostro D. Savio.

Pregato ancora una volta per l'eterno riposo di colui che più non vedremo su questa terra, mesti mesti ci allontanammo da quel luogo, che d'ora innanzi sarà per tutti i Salesiani che verranno all'Equatore il ritrovo dove inspirarsi a sublimi esempi di virai e di zelo per la gloria di Dio e la salvezza delle anime.

Ringraziato il Parroco e le altre Autorità del paese per gli onori resi all'amato nostro D. Savio, dello stesso giorno tornammo a Ganguis, ove pernottammo, ed il giorno dopo per tempo salimmo il Chimborazo con un freddo che ci intirizziva, ed alle 2 pom. arrivavamo a Riobamba, donde le scrivo.

Malattia e sua causa.

Ora che ho narrato la preziosa morte del nostro povero D. Savio, ella, signor D. Rua, desidererà pur sapere qualche cosa della malattia e della causa di questa, ed eccomi a soddisfarla.

Durante il viaggio di mare D. Savio sofferse meno di tutti; però ultimamente mi disse che aveva di spesso un leggiero mal di capo. Nei 6 giorni che dovemmo sostare a Panama, e durante il tragitto sul Pacifico mi parve stesse bene, quantunque il caldo fosse eccessivo, specialmente a Guayaquil, dove in molte ore del giorno pareva di trovarci in un forno rovente. Il giorno 11 (gennaio) partivamo col vaporino di fiume da Guayaquil ed arrivammo a Babahoyo verso le 4 pom. di detto giorno. Ivi pure faceva molto caldo. Il giorno seguente partimmo a cavallo solo verso le 10 antimeridiane. Quel giorno fu ancor più caldo dell'antecedente, e noi dovemmo attraversare una estesa pianura per una via molto polverosa, e sotto un sole equatoriale che abbruciava. Il termometro segnava 35 gradi centigradi all'ombra. Dalle 10 ant. fino alle 6 pom. fummo sempre sulle mule esposti ai cocenti raggi! Sul far della notte arrivammo ai piedi della Cordigliera.

Il giorno 13 ci accingemmo per tempo a salire la ripida montagna; ma per esser la maggior parte di noi cavalieri poco abili non potemmo far l'intiera traversata ; tanto più che verso le 4 e 1/2 della sera c'investì una folta nebbia che non ci lasciava vedere a dieci passi di distanza. I mulattieri stessi ci dissero che era impossibile arrivare a Cimbo, paese al di là del monte; e così convenne fermarci in una capanna coperta di erbacce, senza alcun riparo intorno, esposta a tutti i venti ; proprio in una di quelle capanne che fanno i pastori per ripararsi dalla pioggia.

Per fortuna poco discosto vi erano alcuni operai che stavano riattando la via, dai quali abbiamo avito qualche cosa per saziarci la fame; poi alla meglio sul nudo terreno ci coricammo. Spirava un vento freddo che passava le ossa. Eravamo a 3250 metri sopra il livello del mare. Per di più s'aggiunse la nebbia fitta, uggiosa che ci bagnava tutti. Il termometro segnava 5 gradi. Dunque si può farsene un'idea: da 35, e al sole forse 40, nel medesimo giorno passavamo ai 5 gradi: che cambiamento di temperatura!

Nessuno in quella notte potè dormire pel freddo. Noi siamo persuasissimi che D. Savio si pigliò il malore in quel luogo. Però la mattina vegnente, 14, si alzò, salì il proprio mulo e ci accompagno; ma accusò subito un forte mal di capo, che poi mi assicurò gli era cessato presto. Così durante quel giorno era ilare come al solito, e si godeva di ammirare le bellezze della natura, e specialmente quando fummo sul culmine del monte, da dove si poteva vedere maestoso il Chimborazo coperto di eterne nevi.

Discendemmo dalla parte orientale del monte, e giunti alla profonda vallata provammo di nuovo un calore grande per tutto quel giorno e gran parte del seguente. Ma il giorno dopo arrivati a Ganguis provammo di nuovo i rigori del freddo, il quale certamente fu quello che diede l'ultima spinta per rovinare la robusta salute del nostro povero D. Savio. Ganguis, come dissi più sopra, è posta vicino al passo del Chimborazo, sul dorso di detto monte, ad una altezza assoluta di 3500 metri; e per esser vicino alle nevi perpetue fa un freddo intenso. Così il caldo eccessivo ed il freddo intenso gli produssero una polmonite fulminante, che in meno di 40 ore lo condusse alla tomba.

Povero D. Savio! E poveri noi che abbiamo perduto un superiore, un padre carissimo ! La missione di Mendez e Gualaquiza incomincia con molte ed amare lagrime; giova sperare (anche per le preghiere di D. Savio) che si potrà mietere con esaltazione!

Benedica, o amatissimo sig. D. Rua, a tutti questi confratelli orfani e pensi a procurar loro un altro duce che li guidi al campo, e benedica in modo speciale a chi più ha sentita la perdita di D. Savio, il suo

Devotissimo figlio in G. C.

GIACINTO PANCHERI.

Da altra lettera da Quito ricaviamo quanto segue; « Il giorno 26 gennajo nella nostra Chiesa del S. Cuore, si fece altro solenne funerale in suffragio dell'anima del nostro caro D. Savio. V'intervenne il Presidente della Repubblica, varii Ministri ed il fiore della cittadinanza Quitese. I Gesuiti vollero essi farne le esequie. La funzione durò dalle 10 alle 1 pom. Queste preci e pubbliche dimostrazioni fatte per questo nostro amatissimo Superiore ci tornarono di tanto conforto in mezzo alla grave disgrazia che ci ha colpiti. Accetti Iddio questi suffragi per l'anima di D. Savio e benedica tanti nostri buoni amici!»

ALTRI CINQUE MESI DI MISSIONE

tra le Cordigliere Chilene.

REv.Mo SIG. D. RUA,

Roca, 23 Novembre 1892.

La missione sulle rive del Limay e nelle Cordigliere incominciata al principio del corrente anno da D. Milanesio, nella quale io ebbi la fortuna di accompagnarlo, per me terminò solamente il 2 di questo mese.

Per ciò che riguarda i primi cinque mesi, certo ne avrà fatta relazione lo stesso Don Milanesio o per iscritto o almeno a viva voce, trovandosi ora in Italia; a me quindi toccherebbe dare un piccolo ragguaglio di quanto si fece negli altri cinque mesi che passai gran parte in compagnia del carissimo Don Gavotto.

Prima di passare in rassegna i battesimi, le comunioni e gli altri Sacramenti amministrati, credo opportuno esporre in breve il metodo che teniamo in queste missioni tra le Cordigliere, metodo incominciato dal venerato nostro Mons. Cagliero, osservato appuntino da D. Milanesio e mantenuto con esattezza dagli altri Salesiani che si aggirano tra queste regioni.

Alcuni giorni prima d'incominciare la missione si fanno cercare i cavalli necessarii per le escursioni ed in pari tempo si manda innanzi ad avvisare il padrone della casa, dove si è fissato di far la prima fermata, il quale a sua volta si dà premura di avvertire i suoi vicini, che per lo più son sparsi in un territorio di ben cinquanta, sessanta e talvolta cento chilometri di estensione.

Venuto il giorno della partenza, caricate le cassette per tutto l'occorrente, ed indossati i calzoni lunghi e grossolani di pelle di capra, il poncho chileno ed un largo cappello in testa ben assicurato alla gola, si inforcano ì cavalli e via.

Se il nunzio è arrivato in tempo, il missionario trova la capanna, s'intende, di canne, paglia e terra cruda, sgombra di tutto, pulita, messa insomma all'ordine per divenire la reggia del Re dei re ed il santuario dove si celebreranno i sacri misteri e si amministreranno i santi Sacramenti.

Giunti sul luogo, ricevuti con cordiali manifestazioni di gioia e di festa, si va alla designata cappella e là si estraggono dalle cassette portate e l'altarino e i paramenti e quant'altro occorre per la celebrazione del s. Sacrifizio, e poi varie tappezzerie e si adorna viemeglio quel rancho che finisce per diventare una cattedrale, ma sempre del deserto. Ciò fatto si radunano i fedeli e loro si annunzia l'orario delle funzioni ed il tempo che durerà la missione.

L'orario che teniamo di solito è questo: al mattino, di buon'ora, mentre la gente si raduna in cappella, si fa un po' di lettura spirituale, quindi esce la Messa, durante la quale il confratello o giovane catechista dirige la recita delle preghiere del mattino, la preparazione ed il ringraziamento alla santa Comunione, alla quale, tranne i primi giorni, vi è sempre un discreto numero che si accostano con molta divozione. Finita la s. Messa, si tiene un po' di meditazione, dopo la quale si lasciano in libertà per alcune ore. Verso le 10 si radunano i fanciulli per il catechismo, quindi gli adulti per l'istruzione; come pure nel pomeriggio verso le 3 vi ha altro catechismo ed altra istruzione. In sul far della sera, si radunano per la quarta volta tutti per la recita del s. Rosario, le preghiere della sera, a cui tiene dietro un'istruzione preparatoria alla S. Confessione. Il missionario si siede quindi in confessionale e lì riceve quanti vengono fino a tarda ora e talvolta per tutta la notte.

Indescrivibile è la gioia che prova il cuore del povero missionario in quei giorni. Questi buoni Cordiglierani, pieni di fede e di buona volontà, appena sentono che verrà il missionario tra loro, tosto dispongono le cose loro in modo d'essere liberi in quel tempo di grazia che loro manda il Signore. E poi, senza che nè il suono delle campane nè lo squillo di musicale strumento vada ad entusiasmarli, come per incanto al giorno stabilito si trovano tutti adunati desiderosi di ascoltare la parola di Dio e ritemprare alquanto gli indeboliti spiriti. Dapprima si comincia; a parlare nella cappella, ma poi gli ascoltanti vanno man mano aumentando, finchè bisogna uscire e piantare tribuna a cielo aperto. E quali scene commoventi accadono ! Al ricordo delle verità eterne, dell'amore di Dio verso gli uomini, della felicità che attende nella vita futura chi avrà vissuto bene, le lagrime scorrono dalle guance di ognuno ed il missionario esso pure profondamente intenerito prova tanta consolazione, da dimenticare qualunque disagio, qualunque stento possa incontrare.

Ma il tempo vola e altri ed altri ancora vi sono da visitare ; convien quindi affrettare, mandare avanti il messo a portare l'annunzio e quindi partire.

Di solito la durata di queste missioni è di cinque o sei giorni, e talvolta per l'immensa moltitudine degli accorrenti da soddisfare bisogna protrarle a otto, nove ed anche dieci giornate, come ho dovuto far più volte io e D. Gavotto in questi cinque mesi.

Le stazioni di tal durata che facemmo in cinque mesi furono una ventina : essendo in due, ci fu possibile più volte dar missioni contemporaneamente in due diversi punti.

I frutti poi riportati, grazie a Dio, furono abbastanza soddisfacenti. Le comunioni sommarono a 1383, i battesimi a 286 ed i matrimonii a 21. Abbiamo avuto anche da fare 5 sepolture; chè nel deserto pure la morte fa sue vittime e spesso improvvisamente.

Di questo po' di bene e dell'altro riportato insiem con D. Milanesio durante quest'anno noi rendiamo vive grazie al buon Dio, a cui innalziamo fervido preci, perchè voglia mandarci altri tre o quattro Sacerdoti per i bisogni di queste popolazioni, le quali ancor attualmente debbono passare due e più anni senza vedere nè udire un Sacerdote.

Quando, finita la missione, si dà l'addio e si prende commiato, questa buona gente ci chiede fino a quando non andremo più a trovarli. Ma che si può loro rispondere, se non che preghino il Signore perchè li conservi buoni almeno fino all'anno venturo? Essi piangono, non vorrebbero lasciarci partire, e noi pure ci sentiamo una stretta al cuore; ma bisogna far violenza a noi stessi e separarci. Ma se vogliamo che il bene sia duraturo, bisogna proprio trovar modo di visitarli più spesso, almeno più volte all'anno; e ciò come sarà possibile coll'esiguo numero di Sacerdoti che siamo?

Adunque io mi appello a quanti hanno a cuore la salute delle anime, a quanti ci sentono da Dio chiamati all'apostolato delle missioni. Escano costoro e dicano anch'essi : - Eccoci, o Signore, fate di noi quel che volete; e vengano ad unirsi alla falange salesiana, a dar mano ai poveri Missionarii di D. Bosco.

A lei poi, o amatissimo signor D. Rua, a cui io dirigo questa mia, caldamente raccomando che non voglia lasciar partire il nostro caro D. Milanesio, senz'affidargli un numeroso drappello di leviti e di catechisti destinati per la povera Patagonia; voglia sempre ricordarsi di noi nelle sue preci e raccomandarci a quelle di tutti i nostri cari confratelli e Cooperatori.

Con stima mi professo tutto suo

Dev.mo Obb.mo Figlio nel Signore

Sac. Giov. ROGGERONE.

NOTIZIE VARIE

In S. Siro di Genova.

Genova amò e beneficò sempre D. Bosco e le sue Opere. Prova solenne ne diede ancora nell'occasione d'una conferenza tenutavi colà da Monsignor Cagliero nel meriggio del sabato 4 marzo ultimo scorso.

La monumentale chiesa di S. Siro era lettera-lniente gremita di cittadini d'ogni età, d'ogni ceto. Senza esagerare, gli accorsi superavano i cinquemila. La stampa vi era largamente rappresentata.

S. E., con quella parola calda, facile, franca, affascinante che pare costituisca la sua dominante caratteristica, intrattenne per più di un'ora e un quarto l'uditorio sempre attento.

Ecco il santo del discorso che ne fece l'egregio Cittadino di quella città

« La Chiesa nel presente secolo si trova impegnata in una lotta più che mai accanita. La gioventù sopratutto è fatta segno alle insidie d'ogni maniera che le tendono i suoi nemici.

» Iddio secondo i tempi suscita gli uomini, e nel secolo xix l'uomo provvidenziale per la Chiesa, l'apostolo della gioventù è D. Bosco.

» Egli vede i grandi bisogni della società, confida nella Provvidenza, e partendo da piccoli principii, riesce a dare all'Oratorio Salesiano, di cui è fondatore , tale estensione e tale vigoria, che non saprebbe spiegarsi da chi non vi scorge la mano di Dio.

» L'oratore ricorda che la povera, ma fortunata madre di D. Bosco dovette ricorrere alla generosità dei suoi compaesani, onde mettere insieme quel poco necessario per fare di suo figlio un sacerdote.

» Ma il modesto Sacerdote possedeva ben altro patrimonio nella fede ardente che è privilegio delle anime sante, nella fiducia illimitata in Dio, in quella operosità inesauribile che, non permettendogli mai tregua, divenne feconda di infinite opere buone.

» Disponeva oggi di quello che gli poteva mancare dimani, persuaso che al dimani sarebbe intervenuta la Provvidenza.

» Così egli inizia tutte le sue intraprese; i suoi Istituti sono fondati il più delle volte incontrando dei debiti che Iddio pensa ben tosto ad estinguere.

» Fu interessante il racconto del modo con cui si deliberò la costruzione in Roma della chiesa del S. Cuore di Gesù e dell'annesso Ospizio che s'inaugurerà di questi giorni.

» Il Papa Pio IX di s. m. invitò Don Bosco a fondare in Roma uno de' suoi Istituti.

» Don Bosco raduna il Capitolo e sottopone il progetto ; gl'intervenuti si guardano in faccia l'un l'altro e votano.

» Sei voti sono contrari ed uno favorevole.

» Don Bosco sorpreso da tale risultato domanda spiegazioni ai confratelli.

» Tutti rispondono ad una voce : - Padre, gli edifizi a Roma costano dei milioni, e noi abbiamo mezzo milione di debito.

» Egli senz'altro soggiunge : - Avreste ragione se il tempio fosse nostro ; desso appartiene al S. Cuore di Gesù, ed il S. Cuore di Gesù ne pagherà le spese, come spero che provvederà alla estinzione del nostro debito.

» Bastò questo - si rinnova la votazione ed il tempio al S. Cuore è deliberato all'unanimità, non più nelle anguste proporzioni progettate , ma tre volte più grande.

» Molto bene operano i Salesiani in America a pro degli emigranti e dei selvaggi.

» Nella sola Argentina si contano ben 700 mila italiani, i quali prediligono i missionari loro connazionali, ed in mezzo ad essi si ottennero frutti consolantissimi.

» L'oratore passa in seguito a discorrere delle Missioni Salesiane in mezzo ai selvaggi e ricorda quelle della Patagonia, della Terra del Fuoco, dell'Equatore, del Paraguay e del Brasile.

» I selvaggi in massima parte son docili e con buona volontà corrispondono agli sforzi dei Missionari, ma si trovano in condizioni affatto primitive, si coprono con pelli , vivono di caccia e di pesca ed abitano in capanne di frasche affatto provvisorie.

» I Fueghini specialmente occupano il grado infimo della razza umana, vivono alla ventura, senza pensieri che elevino lo spirito, vivono, direi quasi, la vita dei bruti.

» Eppure anch'essi possono educarsi, anch'essi sono capaci di civiltà, sentono ben volontieri i Missionari, imparano i mestieri, cominciano a lavorare, e giovane sorge piena di speranze la piccola cristianità della Terra del Fuoco.

» Non si possono descrivere i sacrifizi, i pericoli, le privazioni, cui devono assoggettarsi ì Missionarii.

» Patire la fame, la sete, il freddo, trovarsi abbandonati, infermi in mezzo alle lande inabitate, son queste circostanze, a cui ben sovente sono esposti, ma la Provvidenza assiste sempre ed anche in mezzo al deserto è feconda. »

Terminata la conferenza, S. E. Mons. Cagliero fu circondato da stragrande moltitudine ansiosa di esternargli il suo reverente ossequio, che l'accompagnò festante sino alla sacrestia. Furono distribuite gratuitamente al popolo ben 4000 copie d'un Numero Unico riccamente illustrato sulle Missioni Salesiane, pubblicato dall'Eco d'Italia.

La nostra riconoscenza pertanto verso i nostri benefattori ed amici di Genova cresce ognor più, e mentre pubblicamente e ripetutamente li ringraziamo della benevolenza che essi hanno tuttora pei figli di D. Bosco, innalziamo ferventi voti al Cielo per la loro prosperità e per quella delle loro famiglie. Particolari ringraziamenti poi presentiamo al Comitato Regionale dell'Opera dei Congressi Cattolici, al Comitato dell'Esposizione delle Missioni Cattoliche ed ai giornali cattolici cittadini per la parte vivissima che presero pel buon esito della suddetta conferenza.

Cooperatori defunti nel Febbraio e Marzo 1893

1 Abbondioli D. Pietro Teol. Curato - Sassi (Torino).

2 Argentero Margherita - Villanova d'Asti (Alessandria),

8 Barsi Luca, - Stazzema (Lucca).

4 Beltrame Noemi, - S. Pietro Incariano (Verona).

5 Bersani D. Stefano - Piacenza.

6 Besozzi Nobil Donna Carolina nata Galliani - Milano.

7 Boriglione Cav. Secondo -- Vntimiglia (Porto Maurizio.

8 Boruetti Apollonio - Simogo (Milano).

9 Brizzolari Antonio- Galbiate (Como) 10 Bussolino Catterina - Torino. 11 Carrara Elisa vedova Parenti - Canneto sull'Oglio (Mantova).

12 Cerruti Dott. Giuseppe, Medico Chirurgo - Torino.

13. Colletti D. Alessandro - Chiappeto (Genova)

14 Dal-Tedesco Luigi di parco - Venezia.

15 Davico Cav. Giorgio - Ventimiglia (Porto Maurizio).

16 Delpiano D. Angelo Canonico - Torino. 17 Demezzi Giacinto - Torino.

18 Di Bernardo D. Giuseppe Canonico - Castronovo di Sicilia (Palermo).

19. Eusebio Antonio fu Antonio - Magliano basso d'Alba (Cuneo). 20 Fasoli Marianna - S. Pietro. Incariano (Veronao.

21. Francolini Giuseppina vedova Corana. - Torino.

22 Gai-etto Pietro - Torino. 23 Gennari Luigi - Parma.

24 Giambone Carolina - Torino.

25 Giovannini Arcangela - Canischio (Torino).

26 Goggia Lorenzo farmacista - Torino. 27 Grassis Ch°. Giovanni Salesiano - Cassinette (Torino).

28. Gurini Vittoria Maestra - Simogo (Milano).

29 Jocetti. D. Francesco curato - Valmontone (Roma).

30. Merizzi Bellesini Margherita - Tirano (Sondrio.)

31 Milani D. Edoardo prevosto -Stazzema (Lucca.o

32 Morono Vincenza veda. Ardissone - Oneglia (Porto Maurizioo.

33 Oliboni Righi Giacinta - S. Pietro Incariano (Verona).

34 Petrali Ch°. Carlo - (Pavia.)

35 Quaglia Antonio - Collegno (Torino). 36 Ricci D. Domenico, Arciprete - Cereseto (Parma).

37. Rigoli Maria - Golasecea (Milano). 38 Riolti-Fontana Maria S. Pietro Incariano (Veronao.

39 Ristis Celeste - Torino.

40 Rognoni D. Angelo parroco - Cascine Colderari (Pavia).

41 Rusca-Pellagatta Cecilia - Versio Pedemonte (Svizzera).

42 Salvini Mons. Felicissimo Arcivescovo - Foligno (Perugia). 43 Santicoli Angolo fu Angolo - Piancamuno (Brescia).

44 Santicoli Pietro - Piancamuno - (Brescia).

55 Sosio Andrea fu Luigi - Simogo (Milano).

46 Sosio Catterina fu Carlo - Simogo (Milano).

47 Tojelli D. Francesco Parroco - Valmontone (Roma).

48 Toselli D, Giuseppe - Ponzone (Alessandria).

49 Tribaudino Teresa nata Morino - Racconigi (Cuneo).

50 Vaccarino Ing. Cav. Eugenio -Torino.

51 Vertamy Damigella Giustina - Torino