BS 1880s|1880|Bollettino Salesiano Ottobre 1880

ANNO IV. N. 10.   Esce una volta al mese.   OTTOBRE 1880.

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO - Ragguagli sulla malattia , morte e funerali del Sacerdote D. Francesco Bodrato Missionario Salesiano - Lettera dell'Arcivescovo di Buenos-Ayres a D. Bosco - Relazione di D. Giacomo Costamagna - La facciata della Chiesa di S. Giovanni Evangelista e la vera strada e porta del Cielo - Lodevole slancio - Lettera di un buon fratello - Modulo per raccogliere notizie intorno all'Oratorio di S. Francesco di Sales - Dal monte Berico a Torino - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - Una confessione ed una domanda - Bibliografia - Fascicolo delle Letture Cattoliche pei mesi di Agosto e Settembre - Antonio Conte Sassolini di Sanseverino - Notizie della passata guerra civile a Buenos-Ayres - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

RAGGUAGLI Sulla malattia , morte e funerali dei Sacerdote D. FRANCESCO BODRATO Missionario Salesiano.

Le lettere ed i giornali, che ci pervennero dall'America, sono ripieni di notizie intorno alla malattia, morte e funerali del compianto ed armatissimo Sacerdote D. Francesco Bodrato, che Iddio chiamava agli eterni riposi il 4 del passato agosto, come abbiamo accennato nel N° precedente.

Gli estremi di una vita tutta infiorata di elette virtù meritano di essere conosciuti dai nostri Cooperatori, i quali apprenderanno insieme quanta stima quel degno nostro confratello abbia saputo guadagnarsi da ogni ordine di cittadini dell' Argentina Repubblica ; quanto lutto vi abbia destato colla sua morte ; quanto desiderio vi abbia lasciato di sé !

Noi pubblichiamo la lettera di condoglianza che ne scrisse a D. Bosco 1' inclito Pastore della Chiesa di Buenos-Ayres, Monsignor Arcivescovo Federico Aneyros; e la faremo seguire dalla relazione di D. Giacomo Costamagna, la quale vide già in gran parte la luce nel N° 222 della benemerita Unità Cattolica. Dalla prima si rileva soprattutto la esimia bontà, e la sollecitudine affatto paterna di un illustre Arcivescovo verso i Salesiani ; dalla seconda si scorge come lavora, soffre, muore e viene onorato un vero Servo di Dio.

LETTERA dell'Arcivescovo di Buenos Ayres a D. Bosco.

Buenos Ayres, 10 Agosto 1880.

REv.mo D.Bosco,

La S. V. Rev." avrà ricevuto con rassegnazione apostolica la trista notizia della morte del Rev.d° Signor D. Bodrato, suo amatissimo figlio ìn G. Cristo, e nostro carissimo amico.

La sua morte è una gran perdita per noi, trovandosi egli alla testa della nuova istituzione Salesiana in America ; ed ora più che mai ne sentiamo la mancanza.

Egli portava un gran peso sì, ma con vero coraggio apostolico. Il Signore ha voluto ricompensare già fin d' ora i suoi grandi travagli e patimenti, eroicamente sofferti e sostenuti per la Congregazione. Noi speriamo che ormai dall' alto della gloria del Cielo egli intercederà grazie e favori pei suoi Confratelli e per i suoi poveri orfani, che con tanta cura dalle vie raccoglieva nelle Case Salesiane.

Questi ultimi mesi furono terribili per Buenos-Ayres a causa del flagello della guerra civile ; ed il Collegio di Arti e Mestieri in San Carlos-Almagro, per trovarsi tra i due fuochi, e dell'armata Nazionale e della Provinciale, ha sofferto moltissimo. Si dovettero licenziare quasi tutti i poveri fanciulli, ritenendo quelli soltanto che non avevano più tetto. Soffrimmo, ma più di tutti ha dovuto soffrire D. Bodrato ! Dio lo ha già rimunerato del suo patire e della sua Carità.

Malgrado la critica situazione in cui si trova il paese, il Collegio professionale e le altre Case Salesiane vanno abbastanza bene.

La Signoria Vostra si sarà rallegrata per le notizie, che le ho fatto pervenire della Missione di Patagonia. Fin ora sono dolente di non avere potuto ottenere dal Governo i soccorsi promessi per questa Missione. Li reclamerò di nuovo e spero di ottenerli presto, comparendo già essi nel bilancio della Nazione. Non sarò contento finchè questi aiuti non siano in mie mani, e possa soccorrere con essi le Missioni che versano in estremi bisogni (1). Iddio vuole per tal modo rendere maggiore e più puro il nostro merito.

Ho ricevuto il suo telegramma col quale mi comunicava la nomina del signor D. Costamagna a capo delle Missioni d'America. La scelta non poteva essere migliore.

Si degni,, Reverendissimo D. Bosco, estendere i miei saluti a tutti i cari Salesiani e comandi senza più al sempre

Suo affez.m° FEDERICO Arcivescovo.

(1) Prendiamo questa occasione per interessare vivamente la pietà e carità dei fedeli, affinchè vogliano venire in aiuto di queste povere Missioni della Patagonia.

Esse sonosi aperte recentemente, e quindi abbisognano di tetto, di suppellettili, di pane e di vestimenta i Missionari coi loro cari neofiti, e le Suore di Maria Ausiliatrice colle loro piccole Indiane

RELAZIONE DI D. GIACOMO COSTAMAGNA Buenos Ayres, 5 agosto 1880.

NOSTRO CAR.MO PADRE D. Bosco,

Il telegrafo già Le avrà trasmessa la dolorosissima notizia della morte del nostro D. Bodrato, e questa mia verrà pur troppo a confermarla. Si, carissimo D. Bosco, é caduto uno di quei prodi che lasciano cadendo sgominato l'esercito, perché non v'è più chi guidi, incoraggi e sproni alla battaglia. E' caduto D. Bodrato, è caduto combattendo, ed è caduto quando più necessario era il suo braccio forte. Fiat ! Ecco l'accento che mesto risuona sul labro di tutti noi ! Fiat ! Dominus dedit, Dominus abstulit ! E lui che così volle ! Sit nomen Domini benedictum.

Le darò adesso i particolari della sua lunga malattia e santa morte. Già da circa quattro mesi il nostro D. Bodrato sentivasi un malessere, che non palesò a nessuno, per tema che l'obbligassero a far delle eccezioni nella vita comune. Il poveretto, quantunque infermo, era esatto al punto che si fe' scrupolo di aver assaggiato fuor d'ora alcune frutta che gli regalarono, e ne fece umile emenda.

Ma per quanto tacesse il suo male, noi glielo leggemmo tosto, sia in quella faccia che incominciò a farsi più pallida e dimagrita , sia in quei capelli che presto incanutirono del tutto, e sia anche in quelle certe parole, che scherzando si lasciava sfuggire all'uno e all'altro : - Tu preparami la cassa. - Tu la messa funebre. - Tu un bell'elogio coi fiocchi ! - Insomma, egli già sentiva la voce di Dio che lo chiamava a se.

Successe la terribile catastrofe della guerra civile, che diede un colpo fatale alla sua malattia, e perché si vide costretto a mandare i ragazzi a casa, e perché, essendo assediata la città, nessun medico poteva venire a San Carlos, che stava fra due fuochi. Ottenne finalmente il permesso di entrare in città il 21 di giugno, festa di san Luigi. Ma in quel giorno appunto succedeva alle porte di Buenos-Ayres tale un'ecatombe, che la storia di questa nazione finora ancor non ha registrato l'eguale, e quella vista di tanti cadaveri e di tanto sangue ancor fumante finì per dare il tracollo alla sua malattia.

Finita la guerra, venne tosto il bravo e religioso medico Iturios, si fece una consulta, e si dichiarò l' esistenza di uno scirro, che si cambiò in affezione cancherosa. Il male si fe' in breve gigante , e D. Bodrato soffriva dolori acutissimi con la rassegnazione e pazienza di un san Giobbe.

Ma nessuno di noi aveva anche il menomo sospetto che egli dovesse morire, e contavamo come cosa certa che la Madonna ce lo dovesse tornar salvo e presto, perché senza di lui non si potrebbe tirar avanti. Onde è che, fattomi animoso, presi a dirgli: - Padre, perché non domanda a Dio la guarigione come facciamo noi? - Io ho da morire.... rispose. Io.... ho fatto un patto colla Madonna.... Io domando che si faccia la volontà di Dio... - Ma, soggiunsi, io vorrei che si umiliasse a domandare la guarigione ; se è volontà di Dio, questo s'intende. - A quel vorrei , che io gli aveva detto in un momento in cui esso aveva ancora molta forza, l'umile Sacerdote disse tosto: - Ebbene, sì, domando la guarigione se è volontà di Dio. - Bravo ! e adesso mi dirà pure quel patto che ha fatto colla Madonna. - Il patto si è che Ella ci aiuti a pagare gli immensi debiti che abbiamo , e che io soffrirei fino alla morte qualsiasi dolore. -

Il dolore non era ancora la morte, quindi é che noi, pieni di speranza , andavamo dicendogli: - Su, coraggio , Padre, lei vivrà ancora, lei non deve morire; dica di cuore al Signore il Domine si adhuc populo tuo sum necessarius di san Martino, ché questo é proprio il caso. - Sì, si, continuò egli inchiodato nel letto del suo dolore, si! Non recuso laborem , fiat voluntas tua! -

Ma il buon Dio faceva i conti diversi dai nostri. Il male sempre peggiorava, e si dovette ubbidire a D. Bodrato, che chiedeva gli ultimi conforti religiosi. Ricevette dapprima il Santissimo Viatico colla fede e l'amore di un Santo, imperocché volle raccogliere tutte le sue forze, e facendosi calare dal letto , ricevere ginocchioni il suo Gesù, a cui die' un lungo ringraziamento, ripetendo con noi il Benedic, anima mea, Domino, ed altri santi affetti del Salterio. Per l'Estrema Unzione domandò perdono a tutti con lagrimevoli ed umilissimi accenti.

-In seguito dava ricordi a quanti ne lo richiedevano; e come belli erano quei ricordi, e quanto profondamente vogliamo ci stiano scolpiti nel cuore ! A me parlò una mezz'ora di seguito, in modo che non mai l' aveva udito per l'addietro. Mi diede avvisi salutari, m'incoraggiò coll'assicurarmi che tutte le spine tanto acute, che gli avevano finora ferito il cuore, in quel momento gli si cambiavano in fragranti rose, e, insomma, mi fe' piangere a dirotto. A tutti raccomandava la carità e l'obbedienza, promettendoci la felicità della nostra Congregazione dall'osservanza di queste virtù.

Più tardi entrava in un'agonia, che non doveva durare solamente alcune ore, ma ben otto giorni consecutivi! ! La Madonna aveva accettato il patto mandava cioè alla casa cinquanta mila pesos in un modo provvidenziale e inaspettato, regalando il nostro buon Padre di quelle ore di agonia ! Al vedere il moribondo a soffrire sì grandi dolori, - Ah ! quanto bello deve essere il paradiso, dicevamo tra noi altri, se ci vuol tanto a comperarlo!

Ne'delirii della febbre D. Bodrato era tutto in far raccomandazioni a' suoi fratelli , in parlar di cose dell' anima, e perfino in cantar laudi sacre. Che bell'anima ! Era così ben preparata, che io ben posso paragonarla a un orologio d'oro di perfetta costruzione, adesso adesso uscito dalle mani dell'orologiaio. Ne'suoi lucidi, intervalli a chi gli domandava se tutto patisse per Gesù: - Già si intende, rispondeva con tuono franco ; già s' intende ! - In questo stato potè ancor ricevere una volta il suo Gesù, che gli fu di vero Viatico pel gran viaggio dell'eternità.

Il Nunzio pontificio , Monsignor Matera , non volle essere da meno di Monsignor Arcivescovo, che già era venuto a visitarlo due volte, onde è che venne due volte esso pure, e prima di partire pel Paraguay gli impartì l'indulgenza in articulo mortis.

Venne finalmente il 4 agosto, giorno di San Domenico. Il buon Padre aveva sofferto terribilmente e con indicibile costanza fin allora ; già da molte ore aveva perduta affatto la parola, quando aprendo ad un tratto gli occhi e vedendoci tutti mesti intorno al suo letto, disse, in un modo che non saprei ben definire, a me rivolto : - D. Costamagna ! - Oh Padre , soggiunsi tosto , andiamo al paradiso ? - Lasci fare, lasci fare, ripeté il nostro caro Superiore , quasi dicesse Ancora un po'... soffro ancora un pochino, e poi... ci sarò davvero.... ! E seguitò lottando coi dolori di morte con quell'ardore con cui un prode guerriero seguita a dare all' inimico gli ultimi colpi, che gli hanno da assicurare la vittoria ! Povero D. Francesco, quanto ha sofferto !

Ed ecco i segnali prossimi di morte ! Si dà il segno colla campana della parrocchia ; i giovani corrono alla chiesa, v'accorre pure il popolo, che stava per perdere il suo caro parroco; ed in quella, che finivano le preci degli agonizzanti , il nostro tanto amato Padre rendeva la sua santa anima a Dio alle ore 8 3[4 del mattino di quel giorno. Aveva combattuto abbastanza , e Dio chiamavalo ad una bella corona nella sua gloria.

Ed ora ci vorrebbe un giorno, o carissimo Padre D. Bosco, per narrarle appuntino ciò che succedette, non dirò solo in nostra casa, ma in tutta Buenos-Ayres, dopo questa morte per noi tanto fatale. Tutti si accorsero ben presto del gran vuoto che aveva lasciato. Io mi limiterò ad accennarle come i ragazzi del Collegio non lasciarono più la salma del loro Padre e fondatore della casa d'Artes-y-Oficios, ma l'accompagnarono con lagrime e preghiere il dì o la notte. Si , anche la notte, disposti per turno, seguitarono a recitare il Santo Rosario, a cantare l'Officio dei morti, mentre altri si sforzavano a scavare una fossa in fondo alla chiesa, dove si sperava poterlo sotterrare l'indomani. Nè fu delusa questa speranza : Monsignor Espinosa Vicario generale dell'Archidiocesi a nome di Mons. Arcivescovo tanto fece, che ottenne dal Governo il sospirato permesso, e ci venne egli stesso a riferire la consolante notizia, che cioè il nostro Padre e Superiore non si sarebbe partito da noi, ma l'avremmo tenuto per sempre in casa nostra, nella nostra chiesa parrocchiale !

L'indomani, 5 agosto, fu piuttosto una festa di paradiso, che una cerimonia funebre, la nostra. In un modesto catafalco stava la venerata salma del nostro Padre esposta al pubblico. Membri del venerando Capitolo Metropolitano , Parroci della città e della campagna, semplici Sacerdoti, Religiosi di S. Domenico, di S. Francesco, della Compagnia di Gesù, Preti della Missione , del Sacro Cuore di Gesù, della Madonna di Lourdes, Figlie della Carità, i membri delle Conferenze di S. Vincenzo, capitanati dal dottore Carranza; che dico ?... perfino alcuni ministri, tra i quali il dottore Frias, intervennero al funerale. La chiesa era zeppa di gente, che veniva a dar l' ultimo addio al caro amico, fratello e padre.

Ma quel che più ci fu di grata sorpresa si fu l' essersi offerto Monsignor Arcivescovo stesso a pontificare e dire l'elogio funebre, prima di deporlo nella tomba nella nostra chiesa. Per dargli un attestato della più alta stima aveva altresì ordinato che si suonassero tutte le campane della città pel suo transito e pel momento delle esequie. Terminate queste, Monsignore prese la parola, e assumendo per testo le parole del salmo 24: Anima ejus in bonis demorabitur, et semen ejus haereditabit terrarn; l'anima di liti sarà nell'abbondanza dei beni, e la sua stirpe avrà in retaggio la terra ; ricordò con voce commossa ed eloquente le fatiche di D. Bodrato nella fondazione della scuola d' arti e mestieri ; lo zelo infaticabile, la serenità in mezzo alle dure prove, per cui aveva dovuto passare a fine di consolidare un' opera si grande. Ricordò l' immortalità riservata ai giusti, e incoraggiò i Salesiani, gli alunni del Collegio, e i fedeli della parrocchia a seguire le orme luminose del primo dei più illustri figli di D. Bosco, che moriva nel nuovo mondo, ma dove vivrà nell'amore degli uomini di cuore e di religione.

Che spettacolo commovente vedere il nostro Superiore li steso nella bara , vestito degli abiti sacerdotali, ed il Capo della Chiesa Argentina dirne le lodi davanti a tutto un popolo , che piangeva sconsolato ! Ah ! le nostre lagrime non erano più tanto amare in quegli istanti, ed il buon Dio mitigava visibilmente la piaga del nostro povero cuore.

Anche l' ex-ministro Bonifacio Lastra , molto amico del nostro D. Bodrato, non potendo contenersi, prese permesso da Monsignor Arcivescovo, e seguitò a tesser le lodi del defunto. Tra le altre cose disse che il Sacerdote D. Bodrato era tino di quegli uomini che non dovrebbero morire, perché era un grande benefattore della umanità. Egli terminava con un tenerissimo : Adios, hasta la eternitad ! A rivederci nella eternità !

E infine la preziosa salma fu calata nella tomba, ma la gente non voleva che si coprisse ancora, ché non le pareva vero dover abbandonare sì amato tesoro di Padre ; quindi i delegati della polizia di Flores dovettero pazientare che tutta questa pia popolazione di Almagro desse libero sfogo alle sue lagrime, versandole sulla fresca tomba.

Oh caro Padre D. Bosco ! Che le pare? Non vedesi compiuto alla lettera ciò che del giusto dice la Santa Bibbia, che cioè : In die defunctionis suae benedicetur ? Fortunati noi in mezzo a tanto infortunio ! Imperocché noi abbiamo uno di più che nel cielo sta pregando poi poveri Salesiani , e la sua salma dal silenzio del sepolcro manderà continua una voce :   Ancor per un poco. - Modicum et videbitis me, e con me il gran Dio, che già forma il mio paradiso.

Adesso stimo inutile, carissimo D. Bosco, l'aggiungere una parola per dipingerle il nostro stato ed il bisogno stretto, che abbiamo di personale e d' un capo che sostituisca il Bodrato. La carità del nostro Padre D. Bosco saprà trovar rimedio anche pei nostri mali. Per ora, ci impartisca la sua santa benedizione, affinchè non veniamo meno in queste sì critiche circostanze, ed operiamo tutti con uno spirito solo ed un solo cuore, sempre intenti a cercar solo la gloria di Dio.

Riceva i teneri saluti di Monsignor Arcivescovo, di Monsignor Espinosa e di tutti i suoi figli e figlie, cine tengono sempre il nome di D. Bosco scolpito nel bel mezzo del cuore.

Addio, carissimo Padre in G. C., addio.

Di lei aff. mo figlio in G. C.

D. GIACOMO COSTAMAGNA.

La facciata della Chiesa di S. Gio. Evangelista e la vera strada e porta del Cielo.

La Chiesa di S. Giovanni Evangelista, che i nostri Cooperatori e Cooperatrici colle loro limosine ci aiutano ad innalzare in Torino, quale imperituro Monumento al Grande Pio IX nostro benefattore, fa ormai bellissima mostra di sè. Quanti vi passano da presso la contemplano e ne partono ammirati. E voce comune essere uno dei più eleganti sacri edifizi, elevati in Torino in questi ultimi anni. Appena asciugata l'interna arricciatura, vi entrerà il rinomato decoratore, il professore Costa da Vercelli; e porrà mano agli ornati ed abbellimenti, secondo i disegni dell'impareggiabile Conte Edoardo Mella. Nel tempo stesso si farà il pavimento, si collocheranno gli altari, i pittori eseguiranno i loro affreschi, ed altri artisti le rispettive opere. Per la qual cosa ci arride la speranza che nel 1881 il sacro Monumento sarà inaugurato al divin culto, e che il Signore e il suo discepolo prediletto ne prenderanno intiero possesso.

Presentemente i passeggieri transitando sul viale dei platani, o corso Vittorio Emanuele 11, fermansi ad osservare sulla facciata della Chiesa due stupendi mosaici, opera della Società Musiva di Venezia. Uno rappresenta il divin Redentore seduto in cattedra colla scritta : Ego sum via, veritas et vita : Io sono la via, la verità e la vita. L'altro più in alto raffigura l'apoteosi di s. Giovanni, ovvero la stia trionfale salita al Cielo sulle ali dell'aquila. I due mosaici sono eseguiti così perfettamente, che sembrano due affreschi d' insigne pennello. Fin dai primi giorni che furono scoperti, questi due lavori riscossero l'ammirazione degli intelligenti. Sappiamo che la rinomata Società Musiva ne ricevette lusinghiere congratulazioni, e che in seguito le furono affidati importanti lavori di simil genere nella Chiesa di S. Secondo, Monumento ancor essa dei Torinesi all' immortale Pontefice dell' Immacolata.

Una cosa venne notata come provvidenziale a proposito della Chiesa di S. Giovanni. Chi dalla stazione ferroviaria di Porta Nuova si dirige verso il Po pel detto Corso incontra a sua destra il tempio protestante, sulla cui fronte si leggono queste parole

« Fermatevi sulla strada e considerate ed interrogate intorno alle antiche strade quale sia la strada buona, e camminate per essa, e troverete ristoro alle anime vostre. » Senza fare la critica a questa iscrizione, che ben la meriterebbe , ecco cento passi più innanzi la Chiesa di S. Giovanni additare al passeggiere la strada buona che è invitato a cercare. Sopra la sua facciata è scritto : Janua Coeli : Porta del Cielo: e il divin Salvatore in atto maestoso e autorevole v'insegna dalla cattedra : Io sono la via che voi cercate ; Io il Maestro verace che dovete ascoltare La Chiesa Cattolica è la porta del Cielo : Qui entrate adunque ed avrete la vita, il ristoro , la pace : Ego sum via, veritas et vita.

Speriamo che di questo invito faranno lor pro non solo i veri credenti, ma gl'increduli eziandio ed i protestanti, i quali nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista, come già in tante altre della città, potranno tra non molto rinvenire quella retta via, che hanno smarrita ; conoscere quelle verità di fede, che igno- rano od hanno rigettate ; e trovare quell' unica porta , che dà l' ingresso al regno dei Cieli, di cui tiene le chiavi il Successore di s. Pietro , il Romano Pontefice.

LODEVOLE SLANCIO.

Al passato N° del Bollettino andava unito un supplemento, con cui D. Bosco faceva umile invito ai Cooperatori Sacerdoti, che volessero avere la bontà di celebrare quel numero di Messe, che fosse loro possibile, cedendone la limosina a benefizio della Chiesa di S. Giovanni Evangelista, i cui lavori stanno ultimandosi.

L' invito fu accolto universalmente con uno slancio di pietà veramente edificante. Da 20 giorni due segretarii non fanno che registrare gli atti di carità di rispettabili ecclesiastici, tra cui si annoverano pure molti Vescovi ed alcuni Eminentissimi Principi di Santa Chiesa. A tutt'oggi son ben 10 mila le Messe che pel maggio del 1881 saranno celebrate, e speriamo che le profferte continueranno ancora. Altri non avendo libera la celebrazione spediscono invece una limosina secondo le proprie forze, che ci riesce oggidì opportunissima.

Noi ringraziamo il Signore di questo conforto che ci manda, e nutriamo la più grande fiducia che Egli non ci lascierà mancare i mezzi per condurre a termine un' opera, che fu intrapresa alla sua maggior gloria, a vantaggio delle anime, e a perpetuare tra di noi la memoria di un Papa, che tanto bene fece nella Chiesa e nel mondo, e che forse darà il suo nome a questo secolo, tanto egli fu straordinariamente grande e maraviglioso. Si , Iddio, che ha incominciato quest' opera, Egli la compirà : Qui coepit opus bonum, perficiet. E gli strumenti della sua divina provvidenza saranno i nostri Cooperatori , quelli soprattutto , che stanno in prima fila , quali sono appunto gli ecclesiastici, a cui Dio fece dono di una soda pietà , e di un ardentissimo zelo per la gloria del suo nome.

LETTERA DI UN BUON FRATELLO.

Ci viene comunicata una bellissima lettera, scritta da un impiegato governativo ad un suo fratello chierico in risposta ad un' altra, in cui questi gli annunziava di essersi consacrato al Signore. Ci pare degna di essere stampata. Essa è del seguente tenore, soppressone per convenienza il nome dell'autore e il luogo donde scrive.

*** 11 Settembre 1880. CARIssIMo FRATELLO,

Ho letto con commozione e al tempo stesso con ammirazione la tua carissima lettera dei 22 agosto scorso, che mi dà la notizia che tu ti sei dedicato alla carriera religiosa, e con questa mia sono per rallegrarmi immensamente con te d' aver preso così bella e così buona risoluzione.

Si, felice te, che con nobile abnegazione hai saputo distaccare per sempre il tuo cuore dalle cose mondane per tutto darlo a Dio ! Felice te , che valutasti giustamente la falsa felicità di una vita temporale, e l' hai posposta alle savie discipline d' una vita spirituale.

Ah i quanti giovani in procinto di scegliersi uno stato, se pensassero seriamente alla vanità delle cose del mondo, alla fugacità del tempo, alla certezza della morte, all'esistenza di un tribunale terri-bile aldilà del sepolcro, farebbero come te, scegliendo la carriera ecclesiastica anche a costo dei più duri sacrifizi! Ed infatti che sono i più duri sacrifizi di questa vita in confronto delle pene terribili ed interminabili dell'altra vita, se uno si danna?! Ed è facile il dannarsi ad un individuo che vive nel mondo, inquantoché le tentazioni sono tali e tante, e si presentano con aspetto così lusinghiero, che quantunque dotato di fermezza cade pur troppo e si contamina nella feccia del peccato ! Moltissime volte si è visto che un cattivo incontro ha posto un'anima sul margine dell'abisso della perdizione, e ve l' ha precipitata.

Dunque benedici il Signore che ti ha posto in cuore il divino proposito di amarlo e servirlo : benedicilo egualmente quando per provare la tua virtù ti manderà le afflizioni, e pensa che le medesime, sopportate nel modo che le sopportò Gesù Cristo, ti faranno degno del soggiorno dei beati.

Ho ricevuto i Bollettini Salesiani che mi hai mandato ; li leggo con gran piacere ed ammiro le nobili figure di quei Missionarii, che tanto soffrono e tanto operano per dilatare il regno di Dio , e meco medesimo mi dolgo che il Signore non mi abbia concesso i mezzi di darmi all' Apostolato, perché conosco che è la più sublime Missione, che si possa adempiere su questa terra - Pazienza !.

Se ho da parlarti di me, ti dirò che da etto giorni non mi sento troppo bene ; è un vero esilio questa ultima terra d'Italia.

Avrei bisogno di ritornare in patria, e tu ricordami nelle tue preghiere per ottenermi da Dio un trasloco in qualche città dell' Italia Superiore. Questa domanda io la credo onesta , essendo io l' unico sostegno della famiglia , che potrebbe in una buona destinazione unirsi novellamente a me. Addio, studia e dammi di tanto in tanto di tue notizie, che mi giungono sempre care.

Tuo affez.m° fratello M. A.

MODULO Per raccogliere notizie intorno all'Oratorio di S. Francesco di Sales.

Nella fausta occasione del 25 e 29 luglio, in cui molti allievi dell'Oratorio rivedevano il loro antico nido , i Redattori del Bollettino Salesiano distribuirono a ciascuno un foglio appositamente stampato con preghiera che volesse scrivervi con sua comodità quelle notizie, che avesse ricordato, e che potrebbero servire per la Storia dell' Oratorio, che si sta ora scrivendo.

Crediamo bene di qui pubblicarlo per norma di coloro, che in quei giorni non si trovarono presenti, e che all'uopo potrebbero somministrarci qualche notizia interessante, che preghiamo voler indirizzare alla Direzione del nostro periodico in Torino.

AVVERTENZE.

1. Ancorché le notizie non siano scritte correttamente, non importa, purché sieno esatte nella loro sostanza; imperocché prima di pubblicarle saranno esposte secondo il bisogno e le convenienze.

2. Per quanto é possibile si notino le circostanze di luogo, di tempo, e delle persone.

3. Si facciano materia di notizie non solo i fatti, ma anche i detti, gli interrogatorii, i discorsi, sia che riguardino ai giovani , sia che riguardino a D. Bosco, al Teologo Borelli, o ad altri che più di proposito si prestavano nell'Oratorio.

4. Non si trascurino soprattutto gli episodii edificanti.

5. Non siano esclusi i giudizi favorevoli od avversi delle persone estranee all'Oratorio.

6. Se nella parte di storia già pubblicata si trova qualche cosa da togliersi o da aggiungersi, si favorisca di notarla, perché in una ristampa si possa tenerne conto.

Qualità delle notizie.

I. Fatti riguardanti a se stesso o ai giovani dell'Oratorio.

II. Fatti e detti riguardanti a D. Bosco.

III. Fatti e detti riguardanti alle persone che aiutavano nell'Oratorio.

IV. Fatti e detti intorno alle persone estranee all'Oratorio favorevoli od avverse.

V. Feste e funzioni religiose.

VI. Divertimenti e passeggiate.

VII. Cose riguardanti ai giovani ricoverati nell'Ospizio.

VIII. Episodii edificanti.

IX. Correzioni da farsi e cose da aggiungersi alla parte di storia già pubblicata.

DAL MONTE BERICO A TORINO.

Un egregio religioso dei Servi di Maria, addetto al Santuario di Monte Berico presso Vicenza, scriveva due mesi sono una graziosa lettera a Don Bosco, nella quale tra le altre cose rammenta i primordii dell'Oratorio di S. Francesco di Sales. I redattori del Bollettino credono bene di qui presentarla ai Cooperatori e alle Cooperatrici. Essa è del seguente tenore.

REVERENDISSIMO D. Bosco,

La bontà che Ella ebbe in mandarmi il Diploma di Cooperatore Salesiano mi fece una dolce e gradita sorpresa, e ne la ringrazio proprio di vero cuore. Non posso esprimerle quanto io godetti nel leggere i sette ultimi fascicoli del Bollettino, che pur si compiacque d'inviarmi. Ed eccone il perché.

Io fui a Torino nella Parrocchia di S. Carlo dal 1840 sino al 1850, ed ebbi occasione di udire dei primordii dell' Oratorio suo. Per mezzo del santo giovanetto Rossi nostro parrocchiano ne udiva i rapidi progressi, ed il bene grande che con tal mezzo si faceva alla gioventù abbandonata , e ne esultava di gioia. Dopo traslocato altrove, e poi andato in Inghilterra, nei tredici anni che ivi dimorai perdetti di vista l'Oratorio di D. Bosco, ma non posso esprimerle il piacere che provai quando ritornando in Italia udii in Torino che il Signore si era servito di Lei per arricchire la sua Chiesa di nuovi figli e d'intrepidi operai, che seguendo le orme di S. Francesco di Sales, l'Apostolo della dolcezza e dello zelo secondo lo Spirito di Gesù Cristo, perpetuassero l' egregia e moltiforme opera di carità già prima iniziata. S'immagini ! da più di 30 anni io vagheggiava l'idea di vedere un di trasfuso anche in una società religiosa lo spirito di soavità, di semplicità , di zelo ardentissimo del mio grande protettore , ed avvocato S. Francesco di Sales. Di qui concepirà l'intimo piacere, che io provai nel vedere appagato il mio desiderio.

Mi duole che essendo io religioso, già avanzato in età con molti incomodi di salute , e dimorando nel nostro Santuario di Maria Santissima di Monte Berico alquanto distante dalla città, non possa compiere direttamente i doveri di Cooperatore Salesiano; tuttavia procurerò di supplirvi col desiderio di promuovere i Cooperatori ogni volta che il Signore me ne manderà l'occasione, e col pregare nella mia debolezza il Signore, affinché si degni di estendere su tutta la faccia della terra si li Operai, come i Cooperatori Salesiani, e tutti investirli dello spirito , e dello zelo del loro grande Patrono s. Francesco di Sales, onde possano come una falange invincibile opporsi agli sforzi dell'Inferno scatenato (a' nostri di in modo particolare) contro Gesù Cristo ed i suoi seguaci.

Ho parlato pure con un Prete di Vicenza che ogni mattina viene a celebrare al nostro Santuario, e l' ho esortato ad impegnarsi a formare almeno una decuria di Cooperatori nella città, e mi disse che guarderà di farlo.

Siccome poi la provincia di Vicenza é una delle provincie d'Italia più fertili per vocazioni religiose si nei giovani, come nelle giovanette, e siccome la gente pia accorre al Santuario da tutte le parti della provincia, talvolta anche per consigliarsi circa la loro vocazione, se io fossi informato delle Regole dei Salesiani e delle Suore di Maria Santissima Ausiliatrice, e delle qualità richieste per l'accettazione, forse potrei procurare aspiranti ad un Istituto, verso cui io sento tanto interessamento e di cui ho la più alta stima.

Augurando ogni più eletta benedizione del Cielo a V. S. Rev.ma, a tutti i suoi operai ed operaie, ed a tutti i suoi Cooperatori e Cooperatrici, e caldamente raccomandandomi alle sue preghiere, col più affettuoso rispetto mi dico

Suo umil.mo Servo

Fra FILIPPO M. Bosio

Sacerdote dei Servi di Maria.

STORIA DELL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES

CAPO XXII.

Il sistema di D. Bosco conforme all' indole dei tempi - Suoi frutti - Un Beniamino della divina Provvidenza - Un piccolo barbiere - Rovescio delle armi piemontesi - Pericolo corso da Carlo Alberto in Milano - Preghiere pel Re - Fuga di Pio IX.

Il sistema introdotto e praticato da D. Bosco nella educazione della gioventù oltre all'essere consentaneo alla ragione e alla Religione pareva più conforme altresì all'indole dei tempi. Era in quegli anni un forte gridare in Italici e fuori contro i governi assoluti ; si levavano soprattutto alti lamenti contro le misure di severità , colle quali generalmente si reggeva il popolo e si amministrava la giustizia. I Principi medesimi più tenaci dell'antico regimine , a fine di evitare guai e prevenire tumulti, avevano creduto bene di piegarsi alle popolari domande, e introdurre nei loro Stati riforme radicali tanto nell' amministrazione civile, quanto nella giudiziaria. Il mitissimo Pio IX salito nel 1846 al trono pontificio, secondando l'innata bontà del paterno suo cuore, aveva data l'amnistia, vale a dire il perdono a tutti gli esiliati per delitti politici, riscuotendo l'ammirazione e gli applausi universali. Poco di poi concedeva alcune riforme governative giudicate utili ai suoi popoli e alla Cattolica Religione. Carlo Alberto tra gli altri Principi italiani fatto aveva egualmente ; anzi elargiva la civile Costituzione, colla quale spogliavasi di una parte di sua regia autorità per investirne il popolo, rappresentato dalla Camera dei Deputati e dal Senato , mutando così il suo governo di assoluto in governo costituzionale. Di qui acclamazioni, feste, tripudii non più uditi, non più veduti in ossequio alla libertà, in lode a Pio IX e a Carlo Alberto, i cui nomi insieme congiunti risuonavano da un capo all'altro d'Italia.

Ora queste aspirazioni popolari ad un governo più mite, assecondate dai rispettivi Principi, facevano sì che i giovanetti ancora esigessero dai loro Superiori una direzione più affettuosa e paterna. Quindi un sistema di educazione ruvido e repressivo quale in qualche altro tempo erasi praticato sarebbe stato ripugnante alla natura dei tempi, e tra gli altri avrebbe prodotto due gravissimi mali. Avrebbe allontanati i giovani dall'Oratorio, dove si portavano spontaneamente, e donde potevano eziandio partirsene di pieno arbitrio senza che alcuna legge od autorità ne li trattenesse ; e per soprappiù avrebbe confermate presso di loro le male dicerie, che prezzolati giornalisti, saltimbanchi e teatranti andavano largamente spargendo, essere cioè i Sacerdoti altrettanti tiranni, nemici della libertà e del popolo. Ma col mezzo del suo sistema D. Bosco impedì che un tanto malanno s'infiltrasse tra i suoi giovanetti. Perciò l' Oratorio fu sempre frequentatissimo da rendere necessaria l'apertura di altri in varie parti della città ; e per altro lato se qualche lingua maledica veniva a sparlare dei Sacerdoti alla presenza nostra, bastava che noi ci richiamassimo alla mente i tratti di squisita bontà che D. Bosco ci usava, per dare ai maldicenti una solenne mentita. Difatto nelle nostre officine ci accadde più volte di addurre questo argomento contro di coloro, che tagliavano le legna addosso ai Preti, e ci ricorda che allora, non sapendo più che risponderci, dicevano : Se i Preti fossero tutti come il vostro D. Bosco avreste ragione; ma non è così. Noi per altro che vedevamo un teologo Borelli, un teologo Chiaves, un teologo Carpano, un teologo Murialdo , un teologo Vola , un teologo Marengo e più e più altri esemplarissimi Sacerdoti a fare splendida corona a D. Bosco, e studiarsi d'imitarlo nel volerci bene e trattarci da fratelli e da padri, stavamo saldi nelle nostre convinzioni, e giudicavamo le maldicenze siccome calunnie, quali erano , e tiravamo innanzi. In siffatta guisa insieme coll' amore e attaccamento alla Religione Cattolica nutrimmo sempre verso i suoi ministri un'alta stima e una profonda venerazione; e non ci peritiamo di dire che questi frutti sono dovuti alla educazione, che ci diedero D. Bosco e i suoi affettuosi e pazienti coadiutori.

A prova dell'efficacia e della bontà del mentovato sistema, non che dell'utilità dell' Oratorio festivo e dell'Ospizio di D. Bosco, ecco qui un fatto molto eloquente.

Quantunque un mille e cinquecento giovani della città si raccogliessero in giorno di festa nell'Oratorio di San Francesco di Sales e in quello di San Luigi Gonzaga, tuttavia molti altri, per incuria dei parenti e dei padroni, ancor ne rimanevano erranti per le piazze e per le contrade, lontani dalle sacre funzioni. Tra questi ve n'era un drappelletto avente a capo un garzoncello sui 15 anni, snello della vita, di carattere ardente , capace a guidare di per sè un reggimento di soldati. Una Domenica dell'anno 1847, essendosi riuniti nel solito luogo dei loro divertimenti, egli trova che manca un compagno, e ne domanda agli altri la ragione. - Si è recato, risponde uno di essi, si è recato all' Oratorio di D. Bosco. - Oratorio di D. Bosco ! ripetè il giovanetto ; ma che cosa è questo Oratorio ? che cosa vi si fa? - Dicesi che è un luogo, dove si raccolgono molti giovani, e corrono, giuocano, saltano, cantano e poi si ritirano in una chiesetta vicina per fare orazione. - Corrono, giuocano, saltano, cantano ! tutte cose che fanno per noi ; ma dov'è questo luogo ? - È in Valdocco. - Andiamo a vedere, conchiuse il capitanello, e gli altri lo seguirono. Giunti sul luogo trovano chiusa la porta, perchè i giovani dell'Oratorio erano già ritirati in cappella, ed egli dice ad un compagno : Fammi di scala colle tue spalle e io salgo sul muro e osservo quello che c' è. - L' amico gli si presta tantosto, ma quando l'esploratore fu sopra il muriccio, vedendo nessuno , salta al di là come un gatto. Stava poi raggirandosi nel cortile, quando visto da taluno venne condotto in chiesa. In quella sera predicava il teologo Borelli e parlava degli agnelli e dei lupi, facendo rilevare che i primi sono i giovani innocenti, e i secondi sono i compagni maliziosi e perversi. « Se non volete, egli diceva, se non volete essere sbranati dai lupi rapaci, fuggite, o miei cari giovani, dalle compagnie cattive, da quelli che bestemmiano, da quelli che parlano sconcio , da quelli che rubano, da quelli che stanno lontani dalla Chiesa. Alla festa poi venite all'Oratorio. Qui vi trovate come riparati nell'ovile ; qui i lupi non entrano, e qualora entrassero vi sono anche i cani fedeli, vi sono dei buoni Sacerdoti, dei buoni assistenti, che vi difendono e vi custodiscono. » Queste ed altre consimili parole fecero una profonda impressione sul cuore del giovanetto, che non mai in vita sua aveva udito una predica più adatta e più affettuosa di quella. Finito il breve sermone, s'intonarono le litanie, ed egli che aveva una bellissima voce e sentiva passione per la musica, prese parte a quel canto con un trasporto di gioia. Era poscia smanioso di conoscere D. Bosco, ed uscito di cappella domandò ad uno dell'Oratorio : - Qual è D. Bosco? è forse quel piccolo Prete che ha fatto la predica? - No, gli rispose quegli ; ma vieni con me , e te lo farò conoscere ; - e lo menò dinanzi a lui, attorniato già da una turba di giovani. L'accoglienza fattagli da D. Bosco fu oltremodo amorevole. Lo invitò a prendere parte ai trastulli, lo fece cantare da solo, ne lodò la bella voce, gli promise di fargli imparare la musica e cento altre cose. Una parolina dettagli in fine all' orecchio finì per guadagnarlo appieno, e legarlo a D. Bosco con un vincolo indissolubile. D' allora in poi il giovinetto prese a frequentare l'Oratorio festivo con un'assiduità esemplare, conducendovi ancora parecchi suoi compagni. Siccome aveva bisogno di una istruzione particolare, così venne affidato alle cure di un buon Sacerdote ; e qualche tempo dopo egli faceva nella nostra cappella la sua prima Comunione con un gaudio ineffabile.

Ma questa non è che una parte del nostro racconto. Qui è da sapersi che il povero ragazzo aveva due genitori, che potevano chiamarsi meritamente due suoi persecutori. I maltrattamenti erano quotidiani ; e ben sovente, dopo avergli logorata tutto il giorno la vita, gli facevano soffrire la fame, quasi pretendessero che egli facesse come gli uccelli, i quali messe le piume se ne partono dal nido a cercarsi da vivere. Dell' anima non si curavano nè punto nè poco ; anzi quando seppero che egli frequentava l' Oratorio presero a dargliene la baia per allontanarnelo. Don Bosco sapendolo in siffatta tribolazione e pericolo lo veniva incoraggiando, ed una volta tra le altre vistolo a piangere gli disse con grande effusione di cuore : Ricordati che in ogni evento io ti farò sempre da padre, e tu trovandoti a mal partito fuggi a casa mia. Questo fatto non tardò ad accadere. Il padre suo faceva il miniatore, e un giorno in bottega, essendo il discorso caduto sopra D. Bosco e il suo Oratorio, egli disse al figlio : - Voglio che tu la finisca, e fin di Domenica ti guarderai bene dal recarti da quel ... e qui eruttava una villania ed una bestemmia. Il figlio quantunque rispettoso aveva nondimeno la lingua molto sciolta, e gli rispose pertanto: « Se all'Oratorio io imparassi a rubare, a rissare o a fare lo scellerato, avreste ragione di proibirmi che io vi andassi ; ma colà io imparo nulla di male; anzi m'insegnano persino a leggere e a scrivere e a far conti ; perciò io ci voglio andare, e ci andrò sempre. - Ci andrai sempre ? riprese il padre, e in così dicendo gli dà tale uno schiaffo da fargli girare il capo. Il povero figlio temendo di peggio prende la porta, e fugge come una lepre verso l'Oratorio. Ivi arrivato fu sorpreso dal timore che il padre gli tenesse dietro e il venisse a trar fuori ; per la qual cosa in vece di entrare in casa si arrampicò ad un gelso, che sorgeva in sito che corrisponde oggidì presso al coro della Chiesa di Maria Ausiliatrice, e vi si nascose tra i rami e le rare foglie. Era autunno inoltrato e in sul far di una sera, che incominciava ad essere rischiarata dai raggi della pallida luna.

Il buon ragazzo era appena salito su quell'albero, quand'ecco a spuntare i suoi genitori, che difatto venivano a cercarlo presso D. Bosco. A quella vista il figlio fu come atterrito, ma il pietoso Iddio gli teneva gli occhi sopra , e in quella sera medesima poneva un termine ai suoi dolori. Quelle due persone passano sotto il gelso senza nulla vedere, e si presentano difilato a D. Bosco , domandando del figlio loro. D. Bosco intesa la cosa rispose recisamente : - Qui vostro figlio non c'è - Eppure ci deve essere - E io vi dico che non c'è, e ancorché vi fosse voi non avete il diritto d'introdurvi in casa altrui - Ebbene andrò dalla Questura, disse il padre montato in sulle furie, e lo farò uscire dalle unghie dei Preti - Sì, andate pure alla Questura, soggiunse D. Bosco, ma sappiate che ci andrò anch'io, e saprò svelare le vostre virtù e miracoli, e se in questo mondo vi sono ancora leggi e tribunali voi ne subirete tutto il rigore. - A questa risolutezza di D. Bosco quei due individui, che non avevano la coscienza netta, se ne partirono quatti quatti, e da quel giorno in poi non ne abbiamo più saputo notizia alcuna. Così D. Bosco non solo mostravasi padre dei giovanetti suoi, ma a tempo opportuno ne diveniva eziandio eloquente e valoroso avvocato.

Ma di quel giovinetto che ne fu? - Allontanati i suoi due persecutori, D. Bosco con sua madre ed alcuni dell' Ospizio si porta sotto il famoso gelso, e chiama per nome il fanciullo invitandolo a discendere ; ma indarno , chè il poverino non dava alcun segno di vita. Si guarda più attentamente, e al chiarore della luna lo si vede immobilmente abbracciato ad alcuni rami. D. Bosco ripete più forte : « Discendi, caro mio, non temere, non c'è più nessuno, ed ancorché ritornassero ti difenderemo ad ogni costo; » ma egli parlava al vento. Allora un brivido scorse nelle vene di tutti pel timore che gli fosse accaduta qualche disgrazia; perciò fatta portare una scala D. Bosco col cuore trepidante sale sull' albero, gli si appressa, e lo trova come intirizzito e fuor di senno. Colle richiesto cautele lo tocca, lo scuote, lo chiama, ed allora il ragazzo come svegliato da un letargo, credendo che gli fosse addosso il padre,si pone agridare come un'aquila ; morde e si dibatte con tanta furia, che fu ad un pelo di rotolare a terra insieme con D. Bosco. Il buon Prete assicuratosi con un braccio ad un robusto ramo, e coll' altro tenendo stretto il povero fanciullo , « non abbi paura, gli ripeteva, mio caro, io sono D. Bosco ; vedi che ho la veste da Prete ; guardami in faccia; calmati; non mordermi perché mi fai male; » insomma tanto fa e tanto dice, che lo ritorna in sè , e lo riduce alla calma. Riavutosi il garzoncello, dà un lungo respiro, e poi coll'aiuto di D. Bosco cala dall'albero, che a buon diritto poteva chiamare l'albero della vita. Menato in casa, la buona Margherita , che aveva il cuore gonfio dall' ambascia, lo scalda al fuoco, lo ristora con buona minestra, e da quella sera l'Ospizio di san Francesco di Sales divenne sua casa, e D. Bosco suo padre amoroso.

Da prima e per tutto l' anno 1848 e parte del seguente egli fu applicato ad imparare l'arte da legatore da libri ; ma in appresso D. Bosco, conosciutone lo svegliato ingegno e l'indole buona, lo destinò agli studii, facendogli scuola egli medesimo d'italiano e di latino. Crescendo in età egli progrediva altresì nella scienza e nella virtù, e dopo alcun tempo manifestò segni non dubbii di vocazione ecclesiastica. Ancor legatore faceva mirabili discorsetti ai suoi compagni. Avendo naturale inclinazione per la musica la imparò a meraviglia. Ricevette lezione di piano-forte da Don Bosco , e riuscì buon suonatore di organo, e il suo braccio destro nelle partite e feste musicali. Vestito l'abito chiericale il 2 di febbraio 1851 gli divenne poscia un potente ausiliare per l' Oratorio e per l'Ospizio. Iddio, che aveva cominciato a fargli provare le finezze di sua amorosa provvidenza, continuò a favorirlo. Nel 1857, compiuti i suoi studii , egli veniva elevato alla diguità sacerdotale,ed ebbe il vanto di essere il primo Prete di D. Bosco. Per ragionevoli motivi essendosi dato ad esercitare il sacro Ministero in mezzo al popolo, egli occupa oggidì un posto ragguardevolissimo tra il clero torinese. Egli è sempre attaccatissimo a D. Bosco, per opera del quale Iddio lo sollevò dalla polvere, e lo collocò tra i principi del suo popolo : Suscitans a terra inopem.... ut collocet eum cum principibus populi sui.... Noi abbiamo quindi ragione di chiamare questo degno ecclesiastico il Beniamino della divina Provvidenza, e un frutto prelibato dell'Ospizio di S. Francesco di Sales, non che gloriarci di averlo già avuto a compagno e di poterlo tuttora annoverare tra i nostri amici fedeli. Il suo nome sarà rivelato dalla storia in tempo più opportuno.

Un altro dei primi fanciulli raccolti in quel tempo merita pur qui una particolare memoria.

D. Bosco entrò un giorno in una barberia di Torino per farsi radere la barba. Colà egli trovò un ragazzetto che vi faceva l'apprendista, e secondo il suo solito gli volse tosto la parola per guadagnarlo al suo Oratorio festivo. - Come ti chiami, caro mio ? - Mi chiamo Carlino Gastini. - Hai ancora i tuoi genitori? - Ho solamente più mia madre. - Quanti anni hai ? - Undici - Hai già fatta la tua prima Comunione? - Non ancora - Vai al Catechismo? - Quando posso ci vado sempre - Oh ! bravo, bravino ! Ora in paga voglio che tu mi faccia la barba - Per carità, disse allora il padrone, non si arrischi, signor teologo, perché questo ragazzo è da poco tempo che impara, ed è appena capace a radere la barba ai cani - Non importa, signor mio, rispose D. Bosco: se il garzoncello non fa la prova non imparerà mai - La mi scusi, mio reverendo ; la prova, se occorre, gliela farò fare sulla barba di un altro, ma non su quella di un Prete. - Oh ! bella ! la barba mia è forse più preziosa che quella di un altro? Non si affanni dunque, signor barbiere ; e qui svelato il suo nome, la mia barba , soggiunse , è barba di Bosco : purchè il suo apprendista non mi tagli il naso, il resto non soffre. - Fu quindi giuocoforza che il piccolo barbiere si accingesse all'operazione. Non occorre il dire che sotto quelle mani inesperte e tremanti il povero Don Bosco dovette ridere e piangere ad un tempo; ma lasciò fare intrepidamente. Finito il cómpito - Non c' è malaccio, disse al fanciullo il paziente Sacerdote , non c'è malaccio; poco per volta, e tu diventerai un famoso Barbiere. - Egli s'intrattenne ancora alquanto con lui , lo invitò all' Oratorio per la Domenica vegnente, e il fanciulletto glielo promise di cuore. Pagato poscia lo scotto al padrone, D. Bosco se ne partì, palpandosi per istrada di quando in quando la faccia, che assai gli bruciava, contento nondimeno di essersi guadagnato l'affetto di un nuovo ragazzo.

Il Carluccio tenne la data parola, e la Domenica dopo fu all'Oratorio. Don Bosco ne lo encomiò altamente, lo fece trastullare coi compagni e prendere parte alle sacre funzioni. Terminate le quali, il buon Prete avutolo a sè gli disse all'orecchio una di quelle parole che guadagnano i cuori, e menatolo in sacrestia lo preparò convenientemente e ne udì la confessione. Fu tanta la contentezza che il fanciullo provò in quell'atto, che ad un punto si pose a piangere dirottamente, e trasse le lagrime anche a D. Bosco. Da quel giorno l'Oratorio divenne il luogo di sua predilezione, e nel giorno festivo appena era in libertà vi correva tantosto. Egli, profittava sì bene degli insegnamenti che gli si davano, che nella sua bottega quando udiva qualcuno ad uscire in cattivi. discorsi lo rimbrottava dicendo : Non avete vergogna di parlare in tal modo alla presenza di un fanciullo ? e lo faceva tacere.

Erano passati pochi mesi da questo felice incontro, quando il giovinetto già orfano di padre perdeva la madre. Un suo fratello maggiore trovavasi sotto le armi ; ed egli rimasto solo con una sorellina fu di soprassello cacciato in mezzo ad una via dal padrone di casa, perchè la madre durante la malattia non aveva potuto pagare la pigione. Una sera pertanto D. Bosco veniva verso Valdocco, quando arrivato presso al così detto Rondò ode i singhiozzi di un fanciullo. Gli si accosta e vede il suo piccolo barbiere immerso nel dolore e nel pianto. - Che cosa hai, gli domanda , Carlino mio ? Ed il poveretto con un parlare interrotto dai singulti gli racconta la dolorosa storia. Don Bosco ne fu intenerito, e come se Dio gli avesse fatto trovare un tesoro prende per mano il desolato orfanello e se lo conduce all'Ospizio. La sorellina fu alla sua volta allogata in casa di povera, ma cristiana donna, e poscia collocata all' Ospizio in Casale Monferrato, dove terminava i suoi verdi anni nella pace di Dio. Il nostro giovinetto poi fu istruito, imparò l'arte da legatore, e crebbe morigerato e pio, a Don Bosco sempre affezionatissimo. Oggidì egli é padre di famiglia , e col mestiere che apprese in sua giovinezza guadagna il pane a se stesso e ai figli suoi, cittadino onorato e fervente cattolico.

Rovistando antiche carte abbiamo trovata una poesia stata letta a D. Bosco nel 1864 in occasione del suo giorno onomastico, nella quale con bellissimi versi si descrive il fatto da noi raccontato.

Crediamo pregio dell' opera il qui riferirla (1).

Sovra un giaciglio povero Dal morbo illanguidita La madre mia trovavasi Sul termine di vita ; Colla pupilla tremola

A cui fea il pianto velo, Figlio, diceami, al cielo Quest'alma ascenderà !

Ahi! quale veggo pendere

Sulla tua bionda testa, Ignaro ancor di vivere,

Terribile tempesta !   ,. Ma Quei, che al campo in umile Veste, colora il giglio,

Ti scamperà, mio figlio,

Ti unirà meco un dì.

E più non disse... Esanime Sul letto si abbandona,

E un freddo umor la pallida Sua fronte già incorona... Come improvviso turbine Il giovin fiore invola Che sulla fresca aiuola Al primo sol si aprì;

Tal sul mio capo un cumulo Di doglie allor discese ; Non più di madre provvida Le veglie e le difese, Non più il festoso ridere Alla pietosa intorno, Nè il mondo più soggiorno Di amabile sperar.

Una sorte non guari dissimile a quella di Carlo

Quando una voce orribile, Che mi spaventa ancora, Dal caro ostello scacciami Così meschino fuora. Come l'augello pavido, A cui fu tolto il nido. Fei coll'acuto grido L'aire risuonar.

Quanto mi parve misera

La mia vita allora!

Oh ! quale fosca tenebra Dopo una bella aurora !

Ma veglia Iddio sugli orfani ! Ei su immortali penne In mio soccorso venne, Ei che mia prece udì !

Per Lui mi vidi accogliere Da un'alma si pietosa, Che pace e gaudio semina Ovunque l'occhio posa ; Quindi non più nel timido Mio cuor ansia, paura, Quindi non più sventura A funestarmi i dì.

Nella seconda meta di questo anno 1848 ebbero luogo alcuni fatti importanti , che diedero a divedere che i giovani dell' Oratorio erano buoni cittadini e ad un tempo fervorosi cattolici. Noi alludiamo al rovescio delle armi piemontesi sui campi lombardi, e alla fuga di Pio IX da Roma. Sullo scorcio del mese di luglio l' esercito sardo sopraffatto dal numero di Austriaci, ed estenuato dalle fatiche e dagli stenti, dovette abbandonare le posizioni occupate con isforzi di supremo valore.

Carlo Alberto ritiratosi in Milano col nerbo delle sue truppe tentò di tenere fronte al nemico; ma essendo la città sguarnita e colta come all'improvviso, egli il 4 di agosto fu costretto a capitolare col generale Radetzky, a fine di evitare una inutile effusione di sangue. Questo atto di prudenza e di buona politica, questo sentimento di umanità non tornò gradito ad una torbida fazione, che, messa a tumulto una parte del popolo milanese, si recò furibonda sotto il palazzo del Re gridando : Morte al traditore ! Il coraggioso Principe non esitò punto di mettersi al balcone per rivolgere una parola amica ai tumultuanti ; ma poco mancò che quella vita, la quale sui campi di battaglia era stata risparmiata dalle palle nemiche, non rimanesse spenta dalle palle cittadine. La notte del 5 al 6 di agosto fu per Carlo Alberto una notte infernale. Il povero Principe scampò all'assassinio come per miracolo, involandosi di notte tempo a piedi e travestito da quella turba di forsennati.

Queste infauste notizie giunte a Torino destarono in noi tutti un sentimento di desolazione e un alto raccapriccio. Non potendo altro, si fecero particolari preghiere nella nostra cappella, e ci ricorda che D. Bosco al Sacerdote destinato ad impartire la Benedizione col SS. Sacramento raccomandò di non mai dimenticare l'Oremus apposito per la prosperità del nostro Sovrano.

Una sorte non guari dissimile a quella di Carlo Alberto toccava poco dopo all' angelico Pio IX. La setta massonica, che voleva disfarsi del Principe di Roma per atterrare in appresso l'autorità del Papa e abbattere la Croce, dopo avergli il 15 novembre in pien meriggio pugnalato il primo ministro Pellegrino Rossi , eccitava il popolo ad inique pretese e alla ribellione. Allora una turba di settarii e loro addetti circonda il palazzo del Quirinale, dimora del Papa ; gli disarma le guardie, vi appunta i cannoni, minaccia orribile saccheggio. I ribelli armati di fucile crivellano di palle il palazzo medesimo, e Monsignor Palma segretario di Pio IX colpito in fronte gli cade morto da presso. In quei giorni supremi l'addolorato Pontefice delibera di fuggire da Roma ; ma come riuscirvi essendo assediato in sua abitazione ? Egli scamperà nondimeno sotto le ali della divina Provvidenza.

La sera del 23 novembre, mentre il tempo nuvoloso e la notte oscura parevano rendere impossibile la partenza del Sovrano di Roma, Pio IX entra nel suo Oratorio privato e fa una calda preghiera a Gesù Crocifisso, raccomandandogli il suo Vicario. Dopo si alza, muta divise, e travestito ed accompagnato da un solo domestico, con una lanterna in mano, entra per una porta segreta, traversa lunghi corridoi, e coll' aiuto del Cielo riesce ad illudere la vigilanza dei suoi sgherri. Ad un luogo stabilito trova il conte Spaur ambasciadore del Re di Baviera, che lo accoglie nella sua carrozza e lo conduce nel regno di Napoli. Pio IX giungeva sano e salvo in Gaeta la sera del 25 novembre.

Così i due Principi , che al dire degli stessi loro avversarii avevano iniziata l'éra della libertà, furono i primi a subirne le amare conseguenze, per opera di una nerissima setta, nemica della Società e della Religione.

Se lo sfortunio del legittimo ed amato nostro Sovrano ci accorò profondamente, le inique scelleratezze commesse contro la persona del Vicario di Gesù Cristo ci riempirono l' anima di un dolore indicibile. Diremo a suo luogo la prova di figliale amore che dato gli abbiamo nel suo esiglio, e come ne fummo da Lui ricompensati.

(1) La poesia è anonima , ma crediamo che sia stata composta dal Sac. D. Giovanni Francesia. Dottore in lettere, ed oggidì Direttore del Collegio di Valsalice in Torino

UNA CONFESSIONE ED UNA DOMANDA,

Ci vengono inviati ben sovente da varie parti d'Italia libri, di fresco usciti alla luce, con preghiera di darne un cenno bibliografico nel nostro periodico. A questo proposito noi dobbiamo fare una confessione ed una domanda a chi ci usa questo riguardo e questa confidenza. - Noi siamo tuttodì così occupati nel sacro ministero a pro della gioventù, che a mala pena ci resta tempo a leggere e a fare conoscere quei libri , che escono dalla nostra tipografia , e che si vendono nelle nostre librerie - Per la qual cosa noi siamo e saremo gratissimi a tutti coloro, che ebbero ed avranno la degnazione di offrirci l'omaggio delle loro opere , ma domandiamo loro un benigno compatimento se non possiamo occuparcene nel nostro Bollettino - Rivolgendosi per gli annunzi a quei giornali e periodici, o provinciali o, nazionali, che si occupano di tali riviste, essi potranno più di leggieri ottenere lo scopo della necessaria pubblicità e diffusione.

BIBLIOGRAFIA

Un buon Libro di testo per la Storia.

Ognuno sa che il nostro istituto mira specialmente alla istruzione, ed alla cristiana educazione della gioventù. Se a questa conferiscono assai i buoni maestri, giovano eziandio non poco i buoni libri, e soprattutto quelli che servono di testo nelle scuole. Quindi le tante pubblicazioni, che da parecchi anni sono uscite dalla nostra tipografia. Ma un insegnamento ed un libro pericoloso è quello della storia ; perché non di rado avviene che sieno o non ben esposti o mutilati i fatti, alterate le istituzioni, vituperati i personaggi più grandi, calunniate le intenzioni, insomma si fa la storia per servire a preconcetti sistemi. A fine di preservare la gioventù da questi agguati, il Sac. Prof. G. Antonio Terreno pubblicava, non ha molto, un Corso di Storia d'Italia con Cenni sugli altri Stati dell'Europa, in cui con retto criterio, con sana critica, con lucidità e chiarezza esponeva la verità storica, attingendola non ad altri compendii, ma ai fonti proprii, e corredando il racconto di brevi osservazioni, mediante le quali la storia non è un laccio per sorprendere gli incauti , ma diventa scuola di prudenza e maestra della vita. Cotale giudizio han dato dell' opera molti giornali e parecchi insigni scrittori , i quali ancora la lodarono per purezza di lingua veramente italiana, per la eleganza dello stile , e per certa varietà , che la fa leggere con diletto. Quest' opera risponde pienamente ed abbondantemente al programma governativo del corso Liceale, ed è divisa in due volumi. L' uno contiene la Storia del Medio evo, l' altro la Moderna , e si vendono il primo a Lire 2, il secondo a Lire 2 50, nella nostra libreria di S. Francesco di Sales, e dai principali librai d'Italia. In pochi anni ne furono esaurite due copiose edizioni , e siamo oramai alla terza.

Per soddisfare alle richieste di molti parenti e istitutori, l' autore pubblicò pure per i ginnasii, per le scuole magistrali, e per gli Istituti di educazione un Compendio di Storia Romana (L. 1, 25), ed un altro Compendio di Storia d' Italia (L. 1, 50).

Fascicolo delle LETTURE CATTOLICHE PEI MESI DI AGOSTO E SETTEMBRE.

Vita del Venerabile P. Gio. Batt. Trona Filippino.

Nella seconda metà del secolo passato viveva in Mondovì, patria di grandi uomini, questo degno Religioso , il quale fece rifiorire le virtù di

un s. Vincenzo de' Paoli, di un s. Filippo Neri, di un beato Sebastiano Valfrè , di cui era contemporaneo. Questo uomo insigne meritava davvero di essere meglio conosciuto dal popolo cristiano, e fu quindi commendevole consiglio quello dell' Eccellentissimo Mons. Stanislao Eula Vescovo di Novara di aver dato incarico di scriverne la vita al Sac. D. Giovanni Rossignoli Professore di lettere nel Seminario di Novara, che ne esegui il delicato cómpito con una lingua pura e semplice ad un tempo - La lettura di quest'operetta tornerà utile a tutti, specialmente ai Sacerdoti e Chierici, ai quali raccomandiamo in modo particolare la lettura del capo VI.

ANTONIO CONTE SASSOLINI di Sanseverino.

Alcuni avevano creduto che fosse morto questo signore ; ma invece è mancato ai vivi fin dal 1878 il suo signor padre Conte Giuseppe Sassolini

NOTIZIE della passata guerra civile a Buenos Ayres.

Tanto l'Arcivescovo di Buenos Ayres quanto D. Costamagna ci parlarono , nelle loro lettere, della guerra civile, che nella passata primavera funestò la Repubblica Argentina, e cooperò ancor essa alla deplorata morte del nostro D. Bodrato. Non sarà dunque discaro ai nostri lettori che ne diamo qui alcune notizie.

Stando per aver luogo l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica, il governatore della provincia di Buenos Ayres, Tejedor, sostenuto da un forte partito in città, volle imporsi quale candidato contro il generale Rocca , candidato della Nazione. Quindi un sollevamento in città contro l' attuale presidente Avellaneda , anzi contro 13 altre provincie della Repubblica, e perciò guerra del Governo Provinciale di Buenos Ayres contro il Governo nazionale.

Il presidente Avellaneda, vistosi in pericolo nella città, ne usci coll' esercito della Nazione, assediò e bloccò Buenos Ayres; mentre il governatore colle truppe della Provincia si trincierò e fortificò arruolando quanti uomini potè. Tutta la povera gente, che si trovava in Buenos Ayres ed anche nelle vicine campagne, fu costretta a prenderne la difesa. Malgrado le armi fatte venire dal di fuori, pure il Governo provinciale fu costretto ad armare molti uomini di un bastone con un coltello o forbici legati in punta. Il primo scontro tra i due eserciti non costò che da un 10 a 15 uomini ; ma al 21 di giugno vi fu sulle porte e nelle vie della città una sanguinosa e formidabile battaglia. Essa durò undici ore ; cominciò al chiarore della luna dalle 3 del mattino e terminò alle 2 della sera colla disfatta dell'esercito provinciale. Il primo battaglione di volontarii, la maggior parte studenti dell' Università, fu-come distrutto : di 200 giovani che lo componevano non rimasero in piedi che 36. Alcune vie correvano sangue , e molti carri e gli stessi tramways non bastavano a raccogliere i feriti per trasportarli agli ospedali. In Buenos Ayres fu un momento di panico generale, e di disperazione. Si vedevano fratelli e parenti scannarsi li uni gli altri. Tuttavia la città ricusava di arrendersi.

La cessazione di ulteriori guai si deve in gran parte allo zelo del Nunzio Apostolico, Monsignor Matera. Questo Ministro di pace si portò più volte presso il presidente Avellaneda ; radunò il Corpo diplomatico ; fece di tutto perché una mediazione efficace riuscisse a far cessare quello spargimento di sangue ; ed i suoi sforzi furono coronati. Il governatore Teledor rinunziò alle sue pretese ; Buenos-Ayres si arrendette, e poco di poi ritornava la pace. Iddio protegga quella Cattolica Repubblica, e i 300 mila italiani che vi hanno stanza.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Ogni Cooperatore può acquistare Indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocefisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime Indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo senza bisogno di Confessione e Comunione, purchò sia in grazia di Dio.

Oltre a queste, un'altra Plenaria ne può guadagnare ogni domenica, e nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni, e comunicato visiti una qualche chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Mese di Novembre.

1. Festa di Ognissanti.

2. Commemorazione di tutti i Fedeli defunti. 16. Sant'Agnese di Assisi sorella di santa Chiara. 19. Santa Elisabetta di Ungheria. 21. Presentazione di Maria Vergine al Tempio. 26. S. Leonardo da Porto Maurizio.

29. Festa di tutti i Santi dei tre Ordini di san Francesco.

30. Sant' Andrea Apostolo.

Con permesso dell'Aut. Eccl. - FERRARI GIUSEPPE gerente respons.

Tip, di San Vincenzo del Paoli. Sampierdarena 1880.