BS 1880s|1888|Bollettino Salesiano Agosto 1888

ANNO XII - N. 8.   Esce una volta al mese.   AGOSTO 1888

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario: Onomastico di S. Santità e del Cardinale Alimonda - Alla cara memoria di D. Bosco - Un Prefetto Apostolico Salesiano - Conferenza dei Cooperatori Salesiani a Faenza - Grazia di Maria Ausiliatrice - Pellegrinaggio del Clero italiano a Roma - VIAGGIO DEI MISSIONARI SALESIANI A Quito; Lettera I da bordo del vapore "La France"; Lettera II da Quito - Lutero e l'Italia e un nuovo lavoro del Cardinale Alimonda - I funerali per la morte di D. Bosco.

A S. S. LEONE XIII NEL SUO GIORNO ONOMASTICO OMAGGIO ED AUGURII DEI SALESIANI E DEI LORO COOPERATORI.

Viva Leone XIII! Viva il sapiente e vigilante Successore di s. Pietro! Questo grido che arriva al Vostro Trono da ogni parte della terra, sono contenti. di ripetervi, o Beatissimo Padre, anche in quest'anno, prostrati al Vostro piede i Cooperatori e Cooperatrici Salesiane, per augurarvi ogni prosperità nel bel giorno Vostro onomastico, nella festa di s. Gioachino. Come sono pronti i figli amorevoli in ogni occasione che loro si presenta di mostrare la riconoscenza al loro Padre, così noi per dirvi i sentimenti di ammirazione e di gratitudine che per Voi nutriamo. Se i nostri desideri piacessero al Signore, lunghi e felici saranno i Vostri giorni, o Beatissimo Padre, e le vostre consolazioni saranno immense come le arene del mare. Ma quali giorni dolorosi attraversa il mondo

Come un dì S. Giovanni Grisostomo salutava un glorioso Vostro antecessore Innocenzo I, vi possiamo oggi ripetere con esultanza, alla vista delle prodigiose opere di cui ponete mano fra tante difficoltà e pericoli: -- « Voi siete quel pilota che tanto più sta vigilante quanto più scura è la notte e procelloso il mare. Su Voi appoggia il carico del mondo intiero, poichè avete a combattere in uno e per le Chiese desolate, e per i popoli dispersi, per i sacerdoti circondati dai nemici, e per i vescovi messi in fuga , e per le costituzioni dei nostri padri oltraggiosamente calpestate ». - Tutto ciò voi fate con una prodigiosa attività e sapienza.

Beatissimo Padre, quanti sono i Salesiani in questo emisfero e nell'altro, ammirando in Voi ed ossequiando il Vicario di Gesù, ripetono oggi una sola parola: - Tutto per Voi, o Beatissimo Padre ! che dovete essere per il mondo la preparazione di Dio, come fu a suo tempo il glorioso vostro Patrono San Gioachino.

Viva Leone XIII !

ED A S. E. IL CARDINALE ALIMONDA.

Anche a Voi, o Eminentissimo Cardinale ed Amatissimo nostro Arcivescovo, mandiamo i nostri voti ed omaggi nell'occasione del glorioso vostro patrono S. Gaetano. Né ci parve ardire soverchio congiungere il nome Vostro venerando con quello dell'immortale Pontefice. Anzi osiamo sperare che a Leone XIII torneranno più accetti i nostri votì insieme congiunti con quelli che facciamo alla Vostra persona. Imperocché siete pur Voi che cercate, e con sapiente opera vi adoperate, perché nella nostra patria il Pontificato Romano « vigoreggi negli spiriti, e tra noi rinverdisca la sua pianta di novella fronda, più e più si dilati e ci dia a gustare i frutti della vita (1) ».

Epperciò gridiamo con esultanza : Viva Leone XIII! Viva il Cardinale Alimonda!

(1) I voti degli Italiani per la pace religiosa. Introduzione.

ALLA CARA MEMORIA di D. Bosco!

Negli anni scorsi il Bollettino del mese di Agosto narrava per disteso ciò che gli antichi e i novelli allievi dell'oratorio e gli amici di D. Giovanni Bosco facevano per festeggiare l'onomastico del loro benefattore e padre. Nello stesso tempo riferiva quelle parlate così semplici, così affettuose, cosi persuasive colle quali Egli in tali occasioni incoraggiava i suoi figli a proseguire nella via della virtù, a stare ognora stretti coll'obbedienza e coll'amore alla cattedra di S. Pietro, a confidare senza esitanza nell'aiuto della Divina Provvidenza, a vivere con pieno abbandono sotto la materna protezione di Maria SS. Ausiliatrice.

E quest'anno quali sono le onoranze colle quali si ricordò dai Salesiani il nome di D. Bosco ? con quali sue parole renderemo vivo il suo cuore?

Di vario genere furono gli attestati della nostra riconoscenza, e prime le comunioni e le preghiere fatte in suffragio di quell'anima benedetta il giorno 24 giugno. Quindi una deputazione scelta tra i preti, gli studenti, e gli artigiani dell'Oratorio recavasi a Valsalice per pregare alla sua tomba. Nello stesso giorno una rappresentanza del Circolo della Gioventù Cattolica portava una corona e l'appendeva a quella lapide che colla eloquente semplicità della sua iscrizione, fa singolare contrasto colla grandezza d'animo di colui del quale ivi dorme la spoglia mortale. Ma gli studenti dell'Oralorio di S. Francesco di Sales vollero il giorno 5 di Luglio di propria iniziativa ricordare le feste passate e le virtù del caro padre con una bella accademia. Collocato in luogo onorevole il quadro del valente pittore Pollini che seppe estrarne così al vero e col suo sguardo e col suo sorriso le venerande sembianze di D. Bosco, i vispi giovanetti per circa due ore lessero poesie, molte e bellissime per l'armonia del verso e la nobiltà dei sentimenti, tutte calde di affetto. Canti antichi, scelti pezzi di musica sull'ha rmoniem e sul pianoforte, ed una parlata in conclusione di D. Michele Rua, che rammentava quanto D. Bosco avesse fatto e patito pei giovani, rendeva più solenne la cara radunanza alla quale avevano preso parte i Superiori dell'Oratorio.

Ah! D. Bosco è ben degno di queste dimostrazioni, Egli che sapeva amare tutti ardentemente in Gesù Cristo, ed era riamato come pochi uomini lo furono sulla terra. Le parole che lasciò scritte sul suo tavolino con incarico al suo successore di farne avere una copia a ciascuno dei suoi figli dopo la sua morte, sono una prova dell'una e dell'altra cosa. Ecco alcuni brani di quella lettera.

« Prima di partire per la mia eternità io debbo compiere verso di voi alcuni doveri e così appagare un vivo desiderio del mio cuore.

« Anzitutto io vi ringrazio col più vivo affetto dell'animo per la ubbidienza che mi avete prestata, e di quanto avete lavorato.

« Io vi lascio qui in terra, ma solo per un po' di tempo. Spero che la infinita Misericordia di Dio farà che ci possiamo tutti trovare un di nella beata eternità

« Vi raccomando di non piangere la mia morte. Questo è un debito che tutti dobbiamo pagare, ma dopo sarà largamente ricompensata ogni fatica sostenuta per amore del nostro Maestro, il nostro buon Gesù

« Il vostro primo Rettore è morto. Ma il nostro vero Superiore, Cristo Gesù non morrà. Egli sarà sempre nostro Maestro, nostra Guida, nostro Modello. Ma ritenete che a suo tempo Egli stesso sarà nostro Giudice e Rimuneratore della nostra fedeltà nel suo servizio.

« Il vostro Rettore è morto, ma ne sarà eletto un altro che avrà cura di voi e della vostra eterna salvezza. Ascoltatelo, amatelo, ubbiditelo, pregate per lui, come avete fatto per me.

« Addio, cari figliuoli, addio. Io vi attendo al Cielo

« Sit nomen Domini benedictum ex hoc nunc et usque in saeculum. In te, Domine, speravi, non confundar in aeternum. »

« Sac. Gio. Bosco. »

UN PREFETTO APOSTOLICO SALESIANO.

Il valoroso giornale cattolico di Genova L'Eco d'Italia, il quale per la sodezza dei suoi principii, per la ricchezza delle notizie, per la varietà delle sue vignette illustrative e per la bellezza dei suoi racconti, riscuote merìtamente l'applauso di tutti i buoni Italiani, nel suo numero 147 del 27 giugno pubblicava la seguente notizia.

« Ieri sera assistemmo per caso ad una consolante e commoventissima festa nella Casa Salesiana di S. Pier d'Arena.

Reduce dall'America Meridionale vi è giunto il Rev.mo Don Fagnano Prefetto Apostolico della Patagonia meridionale e della Terra del Fuoco.

Il zelantissimo e coraggiosissimo Missionario, tanto noto per le sue gloriose fatiche in quella vergine terra, chiamata ora da poco tempo a godere i benefizi della redenzione cristiana, manca dalla sua patria da ben 13 anni. Egli fu il primo tra i missionari mandati ad evangelizzare quei buoni ma infelici abitanti, e vi ha colto frutti copiosissimi e veramente consolanti.

E facile immaginare quali accoglienze entusiastiche fossero fatte iersera all'illustre banditor del Vangelo. Egli fu accolto a festa dai suoi antichi colleghi ed amici alla cui testa trovavasi l'egregio signor D. Marenco direttore di quel fiorente istituto, non che dalle allegre suonate della banda dell'Ospizio e dalle entusiastiche ovazioni dei trecento e più giovanetti colà ricoverati.

Bisognava vedere con quale avidità quei cari fanciulli facevano ressa intorno al degno Sacerdote per baciargli la mano e riceverne la benedizione.

Era una scena veramente toccante e affettuosissima !

L'illustre Don Fagnano si è degnato intrattenersi con noi e darci interessantissimi ragguagli sull'andamento delle Missioni, e sulle mille difficoltà contro alle quali egli e i suoi pochi sacerdoti devono lottare.

Egli ebbe a trovarsi molte e molte volte in condizioni veramente critiche, e fu fatto persino prigioniero dai selvaggi.

Ma coll'aiuto di Dio e di Maria Ausiliatrice riuscì sempre a vincere ogni ostacolo e possiede ora in paese un'autorevolezza veramente eccezionale. Egli del resto, e si vede al solo parlargli, non è un uomo da arrestarsi al primo intoppo, nè da lasciarsi intimorire.

L'illustre Salesiano è venuto tra noi per recarsi a Roma e Torino. Andrà a vedere il Superiore Generale della Congregazione, l'illustre D. Rua, degno successore del non mai abbastanza compianto D. Bosco, indi si recherà a Roma per far conoscere al S. Padre i progressi e i grandi bisogni della sua cara Missione.

Noi, ben fortunati di aver potuto conoscere e avvicinare un tanto uomo, gli rinnoviamo anche a nome dei nostri lettori l'omaggio del nostro profondo rispetto ed un cordiale benvenuto » !

Noi a questo aggiungeremo che D. Fagnano a Torino era aspettatissimo dai confratelli, dai giovani e dalla vecchia sua madre. Egli vi giunse il giorno dopo, alle 7 di sera, e venne subito cantato un solenne Te Deum nella chiesa di Maria Ausiliatrice, dando egli stesso la benedizione col SS. Sacramento. Il cortile illuminato, l'entusiasmo degli applausi, il suono delle trombe , lo stringersi intorno a lui dei confratelli e dei giovani, faceva testimonianza di un dolce passato e della gioia del presente ritorno. Egli ritorna in Europa per fare appello a nuovi missionarii e condurre con sé generosi compagni nelle lontane regioni della Terra del Fuoco.

CONFERENZA Dei Cooperatori Salesiani a Faenza.

Mons. Cagliero, reduce dal fare visita a tutte le case Salesiane della Sicilia, giungeva a Faenza il giorno 16 di maggio. Grande era l'aspettazione dei cittadini e dei Cooperatori dei paesi all'intorno. Perciò essendo insufficiente la cappella dell'Ospizio Salesiano a contenere la gente che sarebbe accorsa, il molto Rev. Parroco D. Aristide Botti aveva messo a disposizione dei Cooperatori la sua grandiosa chiesa dei Servi bellamente addobbata. S. E. R. Monsig. Cantagalli Vescovo della diocesi aveva benignamente accettato di presiedere la conferenza.

Il giorno 17 alle ore 10 antimeridiane Mons. Cantagalli e Mons. Cagliero entravano nella chiesa stipata di gente, mentre i giovanetti dell'Ospizio coadiuvati da valenti musici della città eseguivano l'antifona Sacerdos et pontifex. Due cattedre erano state preparate in presbitero vicino alla balaustra, l'una in cornu epistolae e l'altra in corno evangelii. I due Vescovi si assisero. Primo sorse a parlare Mons Cagliero , dopo i canti e la lettura di uso. Egli parlò per più di un'ora che parve di pochi minuti. Rammentò come nel 1882 D. Bosco fosse stato presente in quella stessa chiesa alla conferenza , e come morendo avesse raccomandato caldamente ai Salesiani che continuassero il suo lavoro di cinquant'anni per salvare la gioventù e la società e nell'aiutare la chiesa coll'obbedire fedelmente ai suoi precetti spiegò che cosa dovessero fare i Cooperatori per aiutare le opere di D. Bosco, cioè preghiera ed azione, e finì con narrare le sue avventure di Missionario, descrivendo quanto fecero i Salesiani nelle terre Americane a vantaggio dei selvaggi e degli emigranti Italiani.

L'uditorio commosso stava immobile ad ascoltare la sua parola viva, penetrante, infuocata.

Come Mons. Cagliero ebbe finito, prese a parlare S. E. R. Mons. Cantagalli. Noi riportiamo a memoria alcune frasi del suo Magnifico discorso.

« Amatissimi figli, Amatissimo e Rev.mo Monsignore:

Se vi è al mondo un amore che sia santo in sé, si è l'amore e della Religione e della Patria.

Chi ama la Patria non può far a meno di non sentir amore verso coloro, che colla Carità si adoprano pel bene presente ed avvenire-della medesima. Io, amati figli, non potrò aprirvi il mio pensiero con quell'enfasi che anima e distingue questo Rev.mo Vescovo che in sé ricopia tutte le virtù del gran Padre D. Bosco, ma vi parlerò col solito linguaggio di Padre.

Non posso fare a meno di non sentir gratitudine per voi, o cari apostoli, cari Salesiani, e per l'opera vostra. Voi amate i fanciulli ! E che cosa sono i fanciulli? Sono il mondo avvenire, la patria, la società, la famiglia. Vedete qui questi giovani che par che dicano a noi già maturi: Avanti, cedete il campo, noi ce ne impossesseremo e voi dormirete nella tomba. Quaranta anni e poi la faccia della società cambierà. E questa nuova generazione che succederà alla presente come sarà? Sarà essa cattolica, costumata, santa? Se tale la desideriamo, come fare per averla ? Tutto dipenderà dalla educazione della gioventù. Ma questa educazione oggi vien contrastata ai nostri giovani. Tristi tempi per la gioventù ! Si vuole educare senza Dio. Ma senza di Gesù Cristo la società non si regge. Oh! la società andrà in rovina, e queste anime andranno esse perdute,? Appena ti presenti in un' officina senti un libero sparlare di Dio, dei Sacerdoti. Dio, inferno non c'è, si misconosce il merito del prete, del sacerdote , a lui si dà la taccia di menzognero... E che ne sarà di questi figli? Andate nei giorni festivi e vedrete il disprezzo del giorno santo, sentirete tutto ciò che vi ha di più santo. Si passa il giorno là tra i banchi d'un' osteria tracannando col vino ogni vizio. Amatissimi figli, la società come può mantenersi? Chi sarà ripa all'onda impetuosa di tanto disordine?

La sapienza umana? No, perché senza Dio che ne' è il principio, é impotente; e solo Cristo è la Vita, la Verità.

E non vi sarà adunque una mano che si stenda alla società pericolante? Non un riparo? Voi Cooperatori unendovi ai Salesiani sarete il salvamento della gioventù, della società. Come son belle le vostre opere! sono opere di carità e di salute. Continuate nell'opera incominciata e rinnoverete verete la famiglia. Voi, che veggo pieni di fede e di carità, soccorrete l'opera santa, e santi avremo il cittadino nobile, come il figlio del lavoro.

Ai giovani bene allevati é dolce il lavoro. Ma a chi non ha religione, tutte le perfezioni e tutte le macchine dell'arte non daranno felicità : agognerà sempre ad aver maggiori mezzi per soddisfare alla brama ardente di piaceri che lo brucia: dirà non lavoro, perché non viene pagata la mia fatica come si merita. Ed ecco gli scioperi. Ma l'artista religioso, va rassegnato, e se anche del tutto non vien ricompensata la sua fatica, alza gli occhi al Cielo e di là aspetta la mercede. Voi, Cooperatori aiutate D. Bosco, D. Bosco nei suoi figli, D. Bosco che evangelizza il mondo, D. Bosco che traversa i mari, e là sulle rive del Magellano converte interi popoli; e così avremo santo l'operaio.

E Voi, Monsignore, andate a convertire il nuovo mondo, Voi, che al suono della parola unite le dolci armonie ispirate nel Cielo, radunate al Signore quei selvaggi: noi vi seguiremo col pensiero, colla preghiera, cogli aiuti. E voi, Salesiani, siate i benedetti, io sarò con voi, continuate nell'opera santa.

Ed ora l'ultima parola si è per voi figli fortunati raccolti in sì caro Ospizio: siate docili, ubbidienti, amate i vostri Superiori e vi alleverete degni e della Religione e della Patria , e quando rientrerete nelle famiglie, ivi seminerete i frutti raccolti, e così avremo la pace ne' cuori, la pace nella famiglia, avremo salva la società. »

L'impressione che tutti riportarono da sì brevi ma succose parole, fu grandissima, e l'elemosina raccolta a pro dell'Ospizio e delle Missioni mostrò bene quanto abbia contribuito l'uno e l'altro discorso al bene delle opere Salesiane.

Il Te Deum e la benedizione col SS. Sacramento data da Mons. Cagliero pose termine alla funzione - Che bella, che tenera funzione, esclamava il popolo; non la dimenticheremo mai!

GRAZIA DI MARIA AUSILIATRICE

Saluzzo, li 29 giugno 1888. REVERENDO SIG. DIRETTORE,

Compio un mio dovere che mi stava molto a cuore. Erano circa, venti giorni che io mi era allontanato da casa per attendere a' miei affari, quando stando per ritornare mi venne dato notizia che mio nipote, unico in famiglia, erasi gravemente infermato di idropisia , e che più medici lo aveano dichiarato per ispedito. Subito fui preso da gran pena, ma ricordandomi di Maria Ausiliatrice, ricorsi a Lei pregandola di volere allontanare da noi tanta disgrazia; di concedere la salute al nipote, se gli era necessaria, oppure di ottenere a noi tanta forza di rassegnarci in caso contrario. Promisi di mandare una piccola somma pel decoro del tempio a Lei dedicato in Torino, e fiducioso incominciai una novena di preghiere a questa augusta Madre.

Giunto a casa e visto il nipote in si misero stato, non mi potei trattenere dal piangere. Gli procurai tutti i rimedii suggeriti dall'arte; ma questi già erano stati adoperati prima e con nessun profitto dell'infermo, il quale, a giudizio dei medici, non poteva più vivere che pochi giorni.

Ma viva Maria, che nell'estremo della desolazione venne a consolarci. Quanto è buona e benigna questa Nostra Signora, che ci ascolta, sebbene indegnissimi! Prima ancora che fosse terminata la novena, il male già si era mitigato di molto, ed in breve tempo il caro fanciulletto si rimise del tutto in salute.

Aveva promesso di far pubblicare questa grazia, se fosse possibile ; ora pertanto prego Lei, Sig. Direttore, a volerle dare un posticino nel Bollettino, quando ne venga l'opportunità. La prego ancora di una benedizione sopra di me e della famiglia; e raccomandandomi alle sue preghiere mi dico suo

Devot.mo Servo RENALDO ANTONIO.

PELLEGRINAGGIO DEL CLERO ITALIANO A ROMA.

É fuori d'ogni dubbio che il Giubileo Sacerdotale dell' incomparabile Pontefice Leone XIII gloriosamente regnante è riuscito splendidissimo. Esso costituì uno spettacolo di fede cattolica e di venerazione al Successore di Pietro più unico che raro, avendovi preso parte con ricchissimi doni, con proteste d'incrollabile devozione, con numerosi pellegrinaggi, tutti i popoli della terra co' proprii capi ecclesiastici e civili, Primati, Patriarchi, Arcivescovi, Vescovi, Parrochi, Imperatori ed Imperatrici, Re e Regine, Principi e Principesse, Presidenti , Moderatori e ministri di Stato.

Stante la tristizia dei tempi e dei numerosi e potenti nemici della Chiesa , un tal fatto deve meritamente attribuirsi ad una speciale provvidenza e protezione del Cielo, e riputarsi un grandissimo e straordinario beneficio di Dio. Or ad un beneficio tale ragion vuole che corrisponda un condegno ringraziamento.

Questo ringraziamento per altro affinché riesca più solenne, più gradito a Dio ed al suo Vicario, e più fecondo di ubertosi frutti, deve avere tra gli altri tre speciali caratteri : esso deve farsi nella città di Roma, capitale del Cattolicismo ; deve aver luogo nella Chiesa del S. Cuore di Gesù; con un triduo di riparazione, di consecrazione e di cooperazione; deve rendersi dai Sacerdoti d'Italia, di questa nazione, che ha la sorta di possedere nel suo seno la Cattedra del Maestro infallibile, che ancor quest'anno è stato te, stimonio oculare della stima e dell'amore, che tutti i popoli portano a Colui, il quale presente mente la onora con tanta sapienza, da rendere attoniti i più grandi e i più autorevoli uomini del mondo.

A fine d'innalzare a Dio siffatto ringraziamento fu proposto, e si sta ora promovendo, un Pellegrinaggio del clero italiano a Roma pel mese di Settembre. L'Em.mo Card. Rampolla, segretario di stato di Sua Santità, interpellato in proposito dal Sig. Card. Alimonda Arcivescovo di Torino, aveva la soddisfazione di rispondere con queste parole : Piacque al S. Padre di prendere piena contezza del foglio indirizzatomi di V. Em. ; e ripromettendosi dal Pellegrinaggio del clero italiano copiosi e salutari frutti, ne approva il progetto da attuarsi nel futuro settembre: e fin d'ora dispone che la pontificia udienza abbia luogo entro quel mese.

Il progetto avendo l'approvazione del Papa, non può non aver quella di Dio. Dunque mano all'opera.

Un apposito Comitato Centrale in Torino , altri Comitati Particolari in ciascuna Diocesi sono incaricati di raccogliere il nome dei Sacerdoti, e di dare, mediante fogli a stampa, quelle ulteriori informazioni, che sono relative al tempo, al viaggio, all'alloggio, al vitto e simili. Per ogni evento ciascuno si rivolga al Comitato Centrale del Pellegrinaggio Ecclesiastico in Torino, Via Principe Amedeo N° 16.

Giudichiamo pregio dell'opera riferire alcune parole del manifesto e programma, che sta ora diramando il Comitato centrale : « L'avere il Santo Padre concesso lo straordinario favore di una udienza pontificia per gli ecclesiastici pellegrini, siamo persuasi che ecciterà moltissimi a fare quanto possono per prendere essi medesimi parte al pellegrinaggio e a, procurare che tutti i loro conoscenti e amici facciano altrettanto. Né questo è l'unico favore; noi possiamo anzi assicurare che S. S. in tale circostanza sarà veramente largo di spirituali grazie e privilegi coi pellegrini. I reverendi Sacerdoti che non potessero, come pure vorrebbero, prender parte a questo pellegrinaggio, tutto a onore e gloria del SS. Cuore di Gesù, procurino almeno in compenso di eccitare quanti, potranno a farsi pellegrini, e in particolare si assicurino che un qualche loro confratello si rechi come loro rappresentante a Roma in questa solenne dimostrazione di ossequio e di amore.»

Dal canto nostro per ora soggiungiamo una sola riflessione, ed è che i sacerdoti nostri Cooperatori, prendendo parte al divisato pellegrinaggio, si troveranno ben lieti di assistere ad una funzione così straordinaria in quella chiesa del S. Cuore di Gesù, per la cui erezione concorsero con molta generosità coadiuvando lo zelo del compianto nostro D. Bosco, e questi dall'alto dei cieli, dove fondatamente lo speriamo già accolto, esulterà al vedere in detta chiesa come posta la corona al Giubileo Sacerdotale del Papa, il cui felice incominciamento gli arrecava in sul letto di morte inesprimibile gaudio.

VIAGGIO DEI MISSIONARI SALESIANI A QUITO

LETTERA I.

A bordo del vapore la «France »

21 Dicembre 1887

MOLTO REVdo SIGNOR D. RUA,

Ancora vive nella memoria e nel cuore sentiamo le dolci emozioni provate in quei benedetti momenti della sera del 6 corrente ! Ancora ci risuonano all'orecchio le vibranti e dolci parole di Monsignor Leto, l'Addio del caro D. Bonetti, le espressioni di tenero amore di tutti i Superiori e Confratelli. Ancora ci par di vedere il carissimo papà D. Bosco; ci pare ancora di sentire scorrere sul nostro volto quelle calde lagrime che il suo paterno cuore non potè trattenere in quel solenne istante...

Caro Padre ! Oltre tre mila miglia ci separano già da Torino , è vero; ma il nostro cuore è lì vicino a D. Bosco, ai piedi di Maria SS. Ausiliatrice, davanti a quel S. Tabernacolo!.... Ah sì! lo dica, Rmo D. Rua, a quelle sante Matrone, a quei nobili Signori, che, mentre noi attraversavamo la Chiesa, confondendo le loro lagrime con le nostre, si accalcavano attorno a noi, ci stringevano fortemente la mano, ci facevano coraggio, ci davano limosine, e si raccomandavano alle nostre orazioni: dica loro che benchè non li conoscessimo personalmente, noi abbiamo pregato e continueremo a pregare ed a far pregare per loro.

Il nostro viaggio è stato finora oltre ogni dire felice. Tempo buono; vento, in generale, favorevole; mare tranquillo. Ne siano ringraziati i Sacri Cuori di Gesù e di Maria ! E vero che qualcuno di noi ebbe a soffrire non poco il mal di mare; ma ora stiamo tutti bene, e ciascuno non lascia di fare le sue parti a tavola. Io poi più che ogni altro, devo dare questa publica testimonianza di mia riconoscenza al S. Cuor di Gesù. La mia mal ferma salute, non solo non ebbe a peggiorare sul mare, ma anzi credo che abbia guadagnato non poco, e che potrò resistere bene al viaggio a cavallo da Guayaquil a Quito.

Nei primi due giorni non si potè dire la Santa Messa; ma dopo io celebrai tutti i giorni, D. Fusarini e D. Santinelli si alternavano, gli altri ricevevano la santa Comunione. Da Domenica poi 18 corrente, anche D. Mattana e gli altri Sacerdoti, ebbero la consolazione di offrire quotidianamente l'Agnello Immacolato.

Nulla di straordinario ci capitò in questo tratto di viaggio : sciami di pesci volanti, gruppi di delfini e di tonni rompevano di tanto in tanto la monotonia di bordo: anche due balenotti ci salutarono da lontano, gittando dalle colossali narici torrenti di spumosa acqua.

La « France », uno dei 25 vapori della Compagnia, scorre maestoso sull'onde azzurre, senza scosse, senza tremiti dell'elíce, così comuni in altri piroscafi. E lungo circa 130 metri; porta 4700 tonnellate, e la sua macchina ha la forza dì 3300 cavalli.

Due lunghi corridoi l'attraversano internamente in quasi tutta la sua estensione, e dànno adito alle cabine di 1' e 2' classe, che sono proprio belle, pulite e comode.

Verso poppa vi è il salone da pranzo capace di circa 200 persone; ne ho visti pochi così grandi e con tanto lusso. Vi sono poi altre tre sale più piccole, cioè quella di conversazione, quella dei fumatori e la sala delle Signore. Il trattamento-a bordo è eccellente; cibi freschi, pulizia, buon servizio etc. Avremmo desiderato poter anche noi dar buon trattamento alle anime dei passeggieri la domenica almeno; poter cioè, celebrare la Santa Messa in coperta o nel salone. Ma non ci fu concesso; perchè la sala delle Signore era troppo piccola pel numero dei passeggierì che desideravano assistere al S. Sacrifizio. Questa negativa ci ha rattristati non poco, pensando che in tutti i viaggi dei nostri Confratelli fu sempre loro concesso di celebrare la S. Messa publicamente nei giorni festivi, e specialmente pensando che non potremmo celebrare la prossima solennità del Santo Natale con quello sfarzo che desidereremmo e potremmo, avendo a bordo con noi altri 7 Sacerdoti francesi, varie Suore della Carità, ed altri religiosi laici. Questi religiosi, figli del Beato Giovanni Eudes, ne rimasero anch'essi dispiacenti.

Domani alle 10 antim. speriamo toccare terra nell'Isola Guadalupe: ci fermeremo poche ore, seguitando il viaggio verso l'altra isola francese Martinique; quivi sarà più lunga la dimora, dovendo scaricare e caricare merci, passeggieri, etc. Toccheremo Savanilla, porto di Cartagena, ed il 29 speriamo trovarci in Colon (istmo di Panamà ).

Termino per ora, pregando V. S. Rma a presentare al caro D. Bosco, a tutti i Superiori. Cooperatori e Cooperatrici e Confratelli, i nostri più affettuosi augurii di felicitazioni per le feste Natalizie, pel fine e principio d'anno.

Preghi e faccia pregare per noi, e specialmente pel

Suo aff.mo figlio in G. e M.

D. LUIGI CALCAGNO.

LETTERA II.

Quito, 1 febbraio 1888. REV.MO SIG. D. RUA,

Eccoci finalmente, dopo un pericoloso e lungo viaggio, che durò 53 giorni, giunti felicemente al luogo tanto sospirato dal nostro cuore, al luogo del nostro lavoro. Siamo giunti finalmente alla regina delle Ande, alla bella, alla deliziosa Quito. Deo gratias... e lo diciamo proprio di cuore e con ragione...

Ma non voglio anticipare notizie. Scrivo però in fretta, perché le continue occupazioni, che di già ci assediano, non ci permettono fare una prolissa descrizione dello innumerevoli novità vedute. Abbia dunque pazienza ed ascolti ciò che, correnti calamo, mi detta la memoria.

Nell'ultima mia avrà visto come il buon Dio volle favorirci fino all' isola Guadalupe con un felicissimo viaggio : ebbene , altrettanto possiamo dire di tutto il rimanente lungo e pericoloso tragitto : fu oltre ogni dire per noi felice.. Ne sia ringraziato infinitamente il Divin Cuore !

Arrivammo dunque a Guadalupe il 22 dicembre alle 8 antim. Questa terra, colonia francese, è una delle più belle del gruppo delle PiccoleAntille; si compone di due isole quasi uguali, separate da un braccio di mare molto stretto, chiamato Rio Salado. L'isola orientale contiene un porto spazioso , nel quale si entra passando tra amene e verdeggianti isolette, tutte coperte di bananos, cocoteros, cacaos e di mille altre piante indigene. Pochi porti ho visto così belli, deliziosi e comodi : quel di Rio Janeiro e di Costantinopoli solamente - a mio pensare - possono fargli competenza.

La terra occidentale (impropriamente chiamata Bassa-Terra), poichè è coronata da alte montagne (la cui sommità è il maestoso vulcano attivo Soufrière di 1,559 m.), ha per capitale la bella città dello stesso nome, alla quale giungemmo alle 4 di sera dello stesso giorno. Sbarcata quivi la corrispondenza e poca mercanzia si fece vela tosto verso l'isola Martinique. Martinica o Madiana è una stupenda isola, abbastanza grande e ben popolata: ha una superficie di circa mille chilometri quadrati e 167,000 abitanti quasi tutti negri, schiavi-liberti. Non abbiamo potuto fermarci nel porto Fort-de-France, capitale dell'isola, per non avere patente limpia: avevamo a bordo un marinaio colpito dal vaiuolo e perciò ci ordinarono la quarantena! Forza fu allontanarsi dal posto, cercare un altro punto comodo dell'isola per far provvista di carbone e sbarcare le mercanzie. Quivi ci sorprese uno spettacolo al tutto nuovo per noi: sulla spiaggia formicolavano torme di negri d' ogni specie ; c'era materia da fare un vero studio antropologico! Povera gente! Uomini, donne, fanciulli sporchi, sucidi, sdrusciti, aspettavano con febbrile ansietà che s'avvicinasse il nostro piroscafo, ed appena gittò l'àncora ed aperse i depositi di carbone, incominciarono tosto con uno slancio indescrivibile il loro lavoro. Chi ha già visto, nei giorni d'estate, dopo qualche tempo di pioggia uscire le formiche dalle loro tane per far provviste; chi presenziò l'affaccendarsi delle moltitudini in un disastroso incendio, può avere un'idea esatta del lavoro di quei poveri negri; era un' andare e venire , caricare e scaricare, un correre disperatamente per ogni lato del piroscafo , con ceste , casse, botti sulla testa e tutto questo in mezzo a canti, liti, fischi, urli da far ridere l' uomo più serio di questo mondo. Tuttavia ci addolorava la vista di quella povera gente così abbandonata ed avremmo voluto incominciare in quell'isola la nostra missione, metterci in mezzo a loro e far loro intendere che anch'essi avevano un'anima redenta col preziosissimo Sangue di N. S., che anch'essi erano uomini, che anch' essi avevano diritto al Paradiso.

Partimmo il 24 alle 7 di sera, vigilia del S. Natale. Nostro vivo desiderio era di celebrare la s. Messa a mezzanotte nel salone grande, ma il signor Comandante non ci permise che di servirsi d'una stanzuccia chiamata salon de señoras. Non so darmi ragione di questo divieto; non ho mai viaggiato con tante raccomandazioni e non ho avuto mai così poche concessioni come in questo viaggio. Pazienza! Alle 11 1/2 di notte, con un mare abbastanza tranquillo io ho potuto celebrare la s. Messa ed i confratelli fecero la s. Comunione. Oh quanti dolci pensieri s'affollarono nella nostra mente in quei felici istanti ! Pensavamo al nostro carissimo D. Bosco, ai nostri cari giovani, ai nostri confratelli che in quell' ora istessa avrebbero unite alle nostre le loro preghiere; pensavamo ai nostri generosi Benefattori, a quelle buone matrone che tanto ci hanno aiutati e dal nostro cuore intenerito partivano infuocate preghiere al Bambino Gesù , affinchè volesse colmar tutti questi cari di mille benedizioni. Ad ora fissa, comoda pei passeggieri, celebrarono gli altri tre sacerdoti salesiani, e la mattina la passammo comparando la nostra posizione a quella dei nostri del vecchio continente.

In Torino , in Genova , in tutte le città , che moltitudine per le strade, che concorso nelle chiese, che bei presepi avranno preparato... e noi ? Siamo qui rinchiusi in un pezzo di legno, in balla delle onde... Essi saranno là in mezzo alla neve, con un freddo siberiano, e noi bagnati di sudore, soffocati dal caldo.

Stavamo ancora con la mente in Italia, quando si ode una voce amica che ci dice: Là si vede terra. Era terra davvero, era il continente americano, la costa di Venezuela : la salutammo con vero entusiasmo. Il nostro piroscafo intanto continuava solcando maestoso le onde azzurre, ma non metteva mai prora verso il lido. Passarono due, tre, quattro ore ed i passeggieri pratici di quei mari incominciarono a maravigliarsi di questo nuovo itinerario. Eravamo tutti in coperta - armati gli occhi di binoccolo - ansiosi di scoprire il porto della Guayra , quando il piroscafo gira di prora e cambia completamente di direzione! Sorpresi dalla novità, ci dimandavamo l'un l'altro la ragione di questa manovra di nuovo genere e... si venne poi a sapere che l'ufficiale di guardia si lasciò sfuggire la Guayra e che eravamo già vicini a Puerto-Cabello ! Questo madornale sbaglio fu causa di molti altri contratempi che le conterò dopo.

Abbiam dovuto dunque indietreggiare per ben due ore in cerca di quel benedetto porto ! Finalmente si trovò e, verso mezzo giorno , gettammo l'àncora nella rada.

La Guayra è porto di Caràcas, capitale di Venezuela, alla quale si va dal lido per ferrovia che monta su per la montagna fino all'altezza di circa 2,000 metri. E un meschino paesello di circa 7,000 abitanti e tutto il suo commercio lo ha con la capitale.

Il giorno 27 di sera si partiva e giungevamo a Puerto-Cabello, altro porto di Venezuela, verso mezzanotte.

Essendosi il piroscafo avvicinato al molo , potemmo discendere e, con una gioia indescrivibile, i compagni toccarono , per la prima volta, terra americana.

Nostro primo pensiero fu andare in cerca della chiesa e sfogare il nostro cuore ai piedi di N. S. in Sacramento. Oh come è dolce al cuore d'un cristiano poter entrare nella casa del Signore dopo tanti giorni che non vede più nessun tempio ! Pregato e ringraziato Nostro Signore e la Vergine SS., visitammo la città e l'abbiamo trovata abbastanza graziosa. Avremmo voluto fare una bella collezione di madrepore, che ve n'erano delle magnifiche e di specie differenti; ma urgeva ritornare a bordo.

Alle 4 1/2 pom. dello stesso giorno salpavamo e abbandonammo le coste di Venezuela. Tutta la notte del 28 al 29 si passò tranquillamente e continuò così nel resto della giornata.

Notammo che le acque avevano cambiato colore; erano biancastre e con striscie giallognole; ci si disse che quel cambiamento proveniva dalle fangose correnti del fiume Magdalena.

Il giorno 30 alle 7 1/4 antim. entravamo nel porto di Savanilla, piccolo e miserabile paesello di Colombia; quivi discesero alcuni personaggi, tra i quali i nostri carissimi Padri Eudisti. Questi buoni religiosi, diretti a Cartagena, ci aveano già preso molta affezione e soffrirono al distaccarsi da noi. Abbiamo promesso di mandar loro nostre notizie , ed eglino s'incaricarono di presentare i nostri ossequi al R.mo Monsignor Biffi, Vescovo di Cartagena. Poca mercanzia si scaricò a Savanilla e perciò si poté partire alle 5 pom. dello stesso giorno.

Il sole ci sferzava co' suoi raggi ardenti ogni dì più, ed avremmo dovuto soffrire molto caldo, se una brezza del nord non li avesse temperati alquanto. Il nostro piroscafo continuava fendendo con forza l'onda oceanica e si mantenne sempre sulle 12 o 13 miglia all'ora. Attraversammo felicemente il golfo di Darien indirizzando la prora all'istmo. Nel pomeriggio del 31 dovevamo approdare a Colon.

Eravamo in ritardo di due giorni, e temevamo fortemente di perdere la coincidenza del vapore del Pacifico, il quale doveva partire la notte dell'ultimo giorno dell'87. Passeggieri pratici e specialmente un tal signor Gabriel, nostro grande amico, che attraversava per la quindicesima volta quei mari, ci assicurarono che giungendo a Colon prima di notte il vapore della Steam Pacific Navigation avrebbe aspettato un giorno di più per riceverci. Con questa bella speranza approdammo al molo alle 4 1/2. pom. Appena entrò a bordo il capitano del porto per la visita. eravamo per domandargli, se il piroscafo del Pacifico aspettava, quando ci vien incontro il nostro signor Gabriel e con una stizza mal repressa mi dice:

- Padre ! Siamo delusi. il vapore per Guayaquil è già partito. - Pazienza! Ci rassegnammo e prendendo la cosa in celia, abbiam determinato di passar la notte a bordo e prepararci per partire il domani con la prima corsa. Non possiamo dir nulla della città di Colon perché l' abbiamo veduta fuggendo ; dico fuggendo , perchè il caldo , l'aria pestifera , la febbre gialla e mille altri malanni sarebbero micidiali pel forestiere che curioso volesse passeggiare di troppo per le sue vie.

Salutammo, adunque, la statua del gran genovese Cristoforo Colombo, che si eleva da un giardinetto fiancheggiante il porto, ed aggiustati i nostri bagagli, ci recammo per tempo alla stazione ferroviaria.

La ferrovia da Colon a Panamà, attraverso l'istmo, è un lavoro poco solido e frequentemente guastato dallo pioggie torrenziali; tuttavia è costato molto denaro ed innumerevoli vittime, specialmente dei nostri italiani. E voce comune che vi lasciarono sul luogo la vita tanti uomini, quanti sono i pali traversali (durmientes) che sostengono i binari! Lungo il viaggio abbiamo potuto osservare i lavori pel taglio dell'istmo. Il signor Lesseps avrebbe l' intenzione di dare il Canale finito pel 1890, ma gli impresarii particolari dicono ciò essere impossibile. Non si trovano più uomini in numero sufficiente che vogliano assoggettarsi a quel clima ardente e pestifero, e, per pochi soldi, perdere e salute e vita. Nemmeno i negri della Giammaica, né i Chinesi, che sono gli uomini più adatti a quel clima ed a quella specie di lavoro, nemmeno essi vogliono più lavorare.

Per avere una certa idea di ciò che s'abbisognerebbe adesso per la continuazione del taglio, voglio riprodurre i dati che ci dà un giornale americano.

« Mesi fa, v' erano a lavorare nel Canale di Panamà 20,000 uomini; s' erano costrutte 415 miglia di ferrovia speciale; v'erano al servizio 14,000 carri, 29 bastimenti a vapore, 200 a vela, 304 officine da fabbro, 48 draghe, 96 colossali macchine scavatrici, 35 macchine perforatrici di gran potenza e 486 pompe a vapore. Per illuminare i lavori si fecero di notte risplendere 7090 lampade elettriche e 175 dinamiche ».

Credo sia esagerata un po' la cosa. Tuttavia è quella un' opera degna del genio del gran Lesseps, ed egli è determinato di condurla a termine, ancorchè non pochi ingegneri assicurino che il lavoro é pieno di difficoltà , che essi stimano insuperabili.

La ferrovia passa in mezzo a foreste folte di ogni sorta di alberi ed erbe arborescenti proprie dei climi tropicali, e lungh' essa v' hanno molti paeselli formati di miserabili capanne, nella maggior parte abitate da negri, Indii e molti chinesi. Dopo due ore e mezza di corsa quasi diretta, siamo giunti alla stazione di Panamà. Credevamo di trovare alla stazione qualche faccia amica, ma c' ingannammo. Soli, isolati in una città a noi sconosciuta, non sapevamo ove dirigersi. Chiamai un buon negro, e gli dissi se sa peva dove stava di casa il Console dell' Equatore. Rispose sì e no. Domandai se v'erano nella città case di religiosi: - Oh si molti. - E per esempio? - I Francescani , mi rispose, e i Padri Gesuiti. -Bene, andiamo dunque dai Padri Francescani. Salimmo in tre malconcie vetture. Cammin facendo, ci siamo accorti che la carrozza che conduceva Don Fusarini, Don Mattana ed il Ch. Rostoni era scomparsa! Pensammo che sarebbero passati per altra strada. Intanto il cocchiere si ferma e ci dice: - Qui abita il Console dell'Equatore. - E il console o sono i Francescani? chiesi. - E il Console, Padre. - Era proprio la casa del Consolato. Entrammo e fummo ricevuti con festa dal signor generale Orfila, Console dell' Equatore. Egli ci avea tenuto pronto una casa ove alloggiarci fin dal principio del mese; ma vedendo che noi non giungevamo mai , la lasciò occupare da altri. Tuttavia si diede premura di procurarci presto alloggio presso una buona famiglia e là ci recammo immediatamente. Intanto D. Fusarini ed i compagni non comparivano. Mandai il vetturino a vedere se li trovava in casa dei Francescani,. e ritornò dicendo che di là non erano passati. Misi la cosa nelle mani del Signore e ci sedemmo a tavola, che eravamo ancora quasi digiuni.

La casa ove alloggiavamo era una locanda di famiglia e pensavamo già cercarci un posto più ritirato, ove potessimo compiere in qualche modo i nostri doveri religiosi , durante gli 8 giorni di fermata. Mentre stavamo ragionando sul da farsi, entra nella stanza D. Fusarini che, tutto trafelato e ridendo, cominciò a raccontarci la bella sorpresa che ci volle fare il Signore. Ci disse come, mentre ci seguivano in carrozza, giunti ad un certo punto, il cavallo s'impennò e non volle più andar avanti, e voltosi indietro, cominciò a correre disperatamente: fu forza lasciarlo correre a suo piacere, fintantoché stanco, si fermò. Discesero e dimandando dei Padri Francescani, loro fu risposto che non Francescani, ma Lazzaristi erano i religiosi del convento che si vedea lì vicino. D. Fusarini fu ben ricevuto dal reverendo Padre Gougnon ; gli raccontò l'accaduto ed il buon Padre offrì la casa tutta, dicendo che sarebbe stato onorato, se i Salesiani avessero voluto fermarsi con lui. Udita la cosa, ringraziammo noi tutti ad una voce il Signore , e ci recammo tosto presso il benemerito missionario. Trattati con isquisitezza di modi ed avendo tutte le comodità per compiere le nostre pratiche religiose, dovemmo permanere in quella casa per ben 10 giorni.

L'aria qui è malsana e puzzolente e il genere d'alimentazione quasi nuovo per noi. Non potevamo uscire di casa che alla mattina fino alle 9, alla sera dalle 5 sino al cader del sole. Tuttavia non ci arrischiammo ad uscire neppure in questo poco tempo, perché questo clima è troppo pericoloso per gli europei.

Solo una volta uscimmo per recarci a far visita e Mons. Giuseppe Alessandro Peralla vescovo.di Panamà, che ci ricevette con vero entusiasmo. Volle renderci la visita il giorno stesso e trattenersi con noi alla famigliare. Ci parlò di Don Bosco, della Congregazione e disse voler assolutamente che i Salesiani prendessero a loro carico le Missioni del Chiriquì. Questa terra si trova sull'istmo di Panamà, ma nell'ultimo estremo della Colombia, vicino ai confini di Costarica. Il clima sarebbe eccellente, il terreno produttivo e popolato da molti indigeni e colombiani di colore, che vivono lontani d'ogni pratica religiosa, perché privi affatto di sacerdoti. Io diedi a Monsignore speranza che il nostro Don Bosco ascolterebbe la sua voce e che anche nel Chiriqui manderebbe i suoi figli.

Avendo saputo che non avevamo vino, e per noi era pericoloso bere acqua cattiva, ci mandò una buona damigiana di vino: ce ne diede anche per le Messe e si offerse di aiutarci in tutto ciò che abbisognassimo. Monsignore ci trattò con un affetto veramente paterno.

Vennero eziandio a farci visita il Console italiano e i Rev. Padri della Compagnia di Gesù.

Il giorno 9 gennaio il sig. Console venne ad avvisarci che alla sera dovevamo partire pel Pacifico. Verso le 11 del mattino c'imbarcammo, dunque sul vaporino Morro, che ci condusse fino al piroscafo Colombia che già stava sulla partenza. Si alzarono tosto le ancore , si fece il saluto di costume e per la prima volta viaggiavamo sulle acque del Pacifico. Il nome di Pacifico dato a questo Oceano è veramente esatto; senza vento, senza onde , senza grandi movimenti, in quattro giorni di viaggio potemmo giungere alle foci del Guayaquil , e poi alla città dello stesso nome. All'imboccatura del Rio si scorge l'isola di Punà, luogo incantevole e già importante fortezza spagnuola.

(Continua).

LUTERO E L'ITALIA,

e un nuovo lavoro del Cardinale G. Alimonda.

Era il 1° novembre 1885, e Leone XIII diramava a tutto il mondo quello splendido capolavoro di dottrina, prudenza e bellezza , .che è l'Enciclica Immortale Dei sulla cristiana costituzione degli Stati. E perché a questa cristiana costituzione due potenti nemici si oppongono, ai giorni nostri soprattutto, cioè il Razionalismo e il Naturalismo , contro di essi levava alta la voce il vigilante Pontefice , come quelli che l'uno nella filosofia, l'altro nello lettere e nelle arti, mirano direttamente a rovesciare, se potessero, nelle sue basi e nella sua essenza il Cristianesimo cattolico. No, dichiarava egli apertamente, no, la fede cattolica non è e non sarà mai compatibile con le opinioni inclinanti a quei due falsi sistemi. No, non è e non sarà mai cattolico chi parteggia per essi.

Le parolé del Vicario di G. C. trovarono un'eco potente ne' cattolici di tutto il mondo; alla sua voce, al suo invito sorsero poderosi ingegni alla difesa della verità, alla salvezza della società contro il Razionalismo e il Naturalismo. Primo fra questi il Card. Alimonda, il quale non rattenuto né dall'età, che s'inoltra, né dalle angustie di un laborioso ministero, ci offre nell' annunziato volume un nuovo saggio, giovanile per vigore, non solo della potenza del suo ingegno, ma ancora di quel profondo e affettuoso attaccamento alla Chiesa di Cristo e al suo Vicario , che forma la vita della sua vita. Veramente l'illustre Porporato è tutt'altro che nuovo in questa tenzone; la sua vita è una lotta incessante contro il Razionalismo e il Naturalismo. Nato polemista, le sue conferenze, cominciate a Genova fin dal 1864, mirano costantemente a combattere questi mostruosi sistemi, che fanno ai tempi nostri orribile strage delle intelligenze e dei cuori. Pio IX di s. m. non solo encomiava ripetutamente l'illustre Genovese , ma lo esortava vivamente a compiere con pari avvedutezza, dottrina ed eloquenza la grand'opera incominciata. Ed ei la compì nobilmente e salutarmente. La ragione non è autonoma , pose egli per base. L'uomo è soggetto a Dio, fonte di tutto il sovrannaturale ; soggetto a G. C., sorgente e mezzo principale della sua immediata comunicazione; soggetto alla Chiesa , depositaria e ragione del sovrannaturale; soggetto al culto cattolico, nobile strumento ed esercizio vitale del sovrannaturale. Ed ecco perciò uscirne quattro volumi, trattanti appunto sotto questi quattro rapporti, dell'uomo sotto la legge del sovrannaturale. Ma il sovrannaturale, in quella che tiene a sè soggetta la ragione , l'uomo , lo ricolma di beni sovrumani, di benefizi inenarrabili, beni e benefizi che si spandono copiosamente sull'uomo individuo, sulla famiglia, sulla società politica e sulla società civile. Ed ecco quindi ai primi quattro volumi seguirne altrettanti, che considerano appunto l'uomo nelle sue relazioni con se stesso, con la famiglia, con lo Stato e colla società civile.

Ma bisognava procedere innanzi; bisognava assalir il nemico direttamente, assalirlo nella sua rocca stessa, creduta inespugnabile. Ed ecco ancora la ragione del presente volume , dove tu vedi Lutero, questa personificazione viva e vera della ragione prima abbrutita , poi ribelle, studiato nella sua vita e nelle sue opere, e studiato colà in quella nazione vigorosa e potente , che egli trascinò nell'errore e nel fango, studiato di rincontro all' Italia cattolica , la cui luce riesce da' contrapposti più bella e potente. L' Em.mo Alimonda ci pone innanzi nella prefazione , che è come la ragion dell' opera, l'apostata di Vittemberga ne' suoi viaggi da libertino , nel suo ingegno vacuo e mattoide, ne' suoi furori tribunizi e nelle sue impertinenze oratorie, nella sua filantropia carnale, nella sua filosofia liberticida in quella che si atteggia a paladino della ragione indipendente, nella sua riforma spasimante pel diavolo , e ne trae quindi la conseguenza che l'Italia non può, non deve, non vorrà mai amar Lutero.

Vengono poscia le conferenze , che son quattordici, la prima delle quali è che l'Italia non deve servilmente imitar alcuno , meno poi la Germania protestante. Passa in seguito a trattar di essa Germania, ma di essa protestante, nelle sue varie parti, dogmatica, morale, politica, scientifica, artistica e civile, di fronte al cattolicismo, e lo fa seguendo costantemente il suo metodo, che è ad un tempo dottrinale e storico.

Ma dunque donde viene questo entusiasmo per la Germania? E, o non è vero che è dessa un popolo di pensatori e di artisti? Che nella contrada dell'eresia grandeggiano meglio che altrove le scienze, le lettere e le arti? A questa domanda risponde l'Alimonda con una similitudine, che nella vasta sua erudizione gli offre l'astronomia. Gravitano, egli dice, e luccicano di ardenti bagliori in quella parte del cielo, che è fra le orbite dei due pianeti Marte e Giove, gli asteroidi, frantumi alla lor volta di un fulgidissimo ed immenso pianeta disfatto. Gli astronomi moderni vi fecero indagini e studi profondi, e andarono tant'oltre, che uno di essi, il Kirkwood, americano, crede possibile la riedificazione ideale del pianeta demolito. Così è della Germania protestante. Essa è ricca di scienze e di arti; ma queste scienze e queste arti gravitano e luccicano nel suo cielo nazionale a modo degli asteroidi, staccatesi come furono dalla Chiesa cattolica, spezzata cioè quella soave armonia preesistente fra la fede e la ragione, fra la grazia e la natura, fra l'infinito ed il finito. Bisogna riunire questi sparsi frantumi , bisogna riedificare il demolito pianeta. Ma dove si compirà questa grand' opera? Nel cielo del Cattolicismo. E chi ne sarà il fattore, chi il Kirkwood di questo lavoro immortale? Il Papa, il Vicario di Gesù Cristo. Ed ecco perciò venir ultime tre conferenze, nelle quali l'Alimonda ci presenta il Papa davanti alla Germania. Si direbbe , a leggerle, che l'illustre conferenzista abbia in queste superato se stesso; tanto son belle di sovrana bellezza. Vi si vede, vi si sente , per così dire , quell'immenso benefizio, che col ritorno al Cattolicismo riceverebbe la Germania dal Papa, non solo nell'ordine religioso e morale, non solo nei suoi bisogni civili e sociali, ma nelle aspirazioni nazionali medesime , frenate convenientemente nei trasmodamenti, cinte di novella aureola nelle loro giuste manifestazioni. Come vi grandeggia il cuore di Leone XIII, mirante passionatamente ne' suoi pensieri, ne' suoi scritti, nelle sue dure prove alla Germania, a quel modo che l'ago calamitato usa rivolgersi costantemente al nord! Di qual maravigliosa luce rifulge la tenerezza, la predilezione del S. Padre per questo popolo maschio e generoso, ma tradito dall'errore, destinato un giorno (e Dio voglia presto) a risplendere glorioso con gli altri popoli fratelli nell'ovile di G. C.! E come pure se ne rallegrerà la patria nostra, come n'andrà immortale l'Italia, se asseconderà gli sforzi del magnanimo Pontefice in questa pura e gloriosa conquista!

Oh! Dio conservi ad multos annos l'Em.mo Alimonda, sì che possa regalarci ancora altri lavori, che al par di questo ci consolino e ci rinfranchino, vere oasi nel deserto della vita.

I FUNERALI per la morte di D. Bosco

Mirabello (Monf.) : La nostra prima casa filiale si apriva appunto in questo paese del Monferrato fin dal 1863. Molti erano allora e molti continuano ad essere i nostri benevoli Cooperatori. Non fa quindi stupire se nel giorno di settima dopo la morte di D. Bosco si volle fare una solenne funzione funebre in suffragio dell'anima sua. Vi intervenne moltissima popolazione, e la società operaia cattolica col proprio gonfalone vi assistette in corpo.

Modigliana : Nella Chiesa di S. Domenico si fecero solenni funerali per l'amatissimo e venerato D. Bosco. Celebrò la Messa Mons. Vicario Dott. David Camilli, e ne disse l'elogio il Sac. Giuseppe Bosi prof. di Fisica e Matematica nel Seminario-Collegio. Il Cooperatore Salesiano che promosse la pia e mesta funzione, dopo la gloria di Dio, cui piacque suscitare D. Bosco, prodigio di carità e di umiltà in questi nostri tempi, più che altri mai tristi e calamitosi, volle con questo far vedere come anche in quella città si era amato ed ammirato D. Bosco. Fu grande il concorso delle persone attirate dal desiderio di pregare per colui che si sperava già in Cielo ad intercedere per loro.

Mogliano (Venezia): Si fece un divoto funerale nella nostra Colonia agricola Astori, con intervento di molti Cooperatori e Cooperatrici. Ne disse eloquentissimo discorso Mons. Cherubin, rappresentando Don Bosco umile e generoso « che non fallì ai disegni della Provvidenza, che anzi si fece di essa testimonio inconfutibile, ambasciatoro fedele, ministro operosissimo, angelo quanto può essere un uomo, e solo, stremato d' ogni aiuto terreno , entra in un campo sconfinato, dove la messe é inesauribile, intraprendente come un eroe, pronto come un martire al sacrifizio, totalmente abbandonandosi alla Provvidenza. »

Mombaruzzo (Acqui) : Per unirsi ai mille e mille devoti ed affezionati a quella bell'anima di D. Bosco, ha cantato una messa da requiem nella sua parrocchia e col concorso di molta popolazione il R.do sig. D. Giuseppe Lazzarino, priore di S. Antonio Abate.

Moncalieri : Solenne funerale nella Collegiata di S. Maria per iniziativa di quel R.mo parroco Can. Teol. Ballesio, antico ed affezionato allievo dell' Oratorio. Intervennero i canonici, il clero e molto popolo. Difficilmente si vide tanto concorso di divoti colà radunati a pregare per D. Bosco, chiamato l' amico dei fanciulli, il zelante apostolo di Dio, il benefattore dell'umanità.

Moncrivello : Gran funerale per concorso spontaneo di tutto il popolo sotto la guida di quel parroco illustre D. Perotti. Non possiamo trattenerci dal riferire almeno un periodo, di una fra le molte relazioni che ci mandarono di là per onorare D. Bosco, « La commozione era visibile sul volto di tutti, e tutti erano intenti alla preghiera per D. Bosco ; e ciò più per invocarne la celeste sua protezione, che per sollevarlo nel Purgatorio, certi come sono, che non poté essere un solo istante allontanato da Dio, chi in vita ne fu così intimamente unito nell'amore, dimostrato colle sue parole, co' suoi scritti, e con le sue opere che formano il primo ed il più strepìtoso miracolo della sua vita. »

Mondovì : Per ordine di S. E. R.ma Mons. Vescovo , si fece un gran funerale nella Cattedrale, a nome della Diocesi. Assistevano Sua Ecc. Rev.ma, l'intero Capitolo, molti parroci ed altri sacerdoti , tutti gl'istituti religiosi della città, maschili e femminili. Ne disse l'elogio funebre il Teol. Morra di Torino.

Montevideo (Uruguay) : Gran funerale nella cattedrale, come Sua Ecc. Rev.ma il Vescovo di quella città ebbe la esimia bontà di annunziarci; e nello stesso tempo versare molto balsamo nel nostro cuore afflitto, assicurandoci che avrebbe sempre trattati con paterna carità i nostri fratelli della Repubblica uruguaiana. In quella medesima occasione S. E. si degnava di scrivere un eloquentissimo elogio, che se onora D. Bosco, rivela qual mente elevata egli ha, e qual tenero affetto egli nutre per Lui.

Mora d'Assisi : Il parroco D. Francesco M. Meccoli fece fare un divoto funerale per l' anima di D. Bosco. Il concorso della popolazione fu imponente e furono fatte molte altre preghiere di suffragio.

Morca : Anche nella parrocchia di quella piccola terra presso Varallo, nella Vallesesia, si fecero funerali in suffragio dell'anima di D. Bosco. Nella messa di settima intervennero co' suoi allievi il maestro elementare, e poi in quella di trigesima, cantando il Sig. D. Zanola reggente parrocchiale e nostro zelante cooperatore l'ufficio e la messa, con il concorso di molti di quegli abitanti.

Navarra (Francia) : In questa nostra casa di orfanellì si fece un gran funerale, e Monsignor Tortel, Vicario Generale, pronunziò l'orazione funebre « come una grazia il poter parlare del nostro caro D. Bosco ». Ci fu un gran concorso di Cooperatori e Cooperatrici, e molti non potendo intervenirvi ne scrissero le più affettuose condoglianze a quel Direttore.

Nichelino (Torino) : Gran funerale di settima.

Nictheroy (Brasile) : Sua Ecc. Rev.ma il Vescovo di Rio Janeiro appena seppe dai telegrammi che D. Bosco era morto, pieno di dolore, ma animato tuttavia ancora dalla speranza ci mando un telegramma per averne sicure notizie. Quando ne fu pur troppo assicurato, andò a consolare i nostri buoni Confratelli di Nictheroy , e scrisse a noi affettuosissime parole , confermando così di amare quei nostri fratelli, come suole un tenero padre i suoi figli affezionati. Nel dì poi delle preghiere mortuarie pronunciò un tenerissimo discorso funebre, del quale abbiamo fatto parola nell'ultimo Bollettino.

Nizza Monferrato : Solenne funerale per opera della Società operaia cattolica nella chiesa di S. Giovanni. I tre parroci della città assistevano in mussetta, nel presbiterio alla messa cantata dal Reverendo Don Bretto Clemente direttore spirituale delle Figlie di Maria Ausìliatrice. Ebbero un posto a parte con le Figlie di Maria Ausiliatrice le monache di sant'Anna, addette all'ospedale civico, e quelle della Neve all'Asilo d' Infanzia. Concorsero con divoto affetto le società operaie cattoliche dei paesi Castelnuovo Calcea, Cortiglione, Mombaruzzo, Bergamasco, e ciascuna con le rispettive bandiere abbrunate. Il popolo di quella città, che tante volte aveva cortesemente ospitato D. Bosco fra le sue mura, venne numeroso e raccolto a pregare per il riposo dell'anima sua. Il socio presidente diocesane, l'operaio signor Brovia, antico nostro allievo, volle ringraziare le varie associazioni che erano venute in quel giorno a .pregare con loro. Si raccolsero perciò nella sala delle adunanze, e con alcune parole piene di affettuosa riconoscenza, per essere stato durante nove anni sotto la paterna direzione di D. Bosco, e dopo aver ringraziato Dio di tanto favore, terminava col dire « D. Bosco non è morto, ma vive per sempre nel cuore dell' operaio cattolico, » e additando quindi una lettera inquadrata e scritta di proprio pugno dal ven. D. Bosco , ripetè l'espressione dell' Umità Cattolica : « Che sulla tomba dei santi non si piange, ma si prega, » ed invitò l' assemblea a sciogliersi al grido di altri tempi: Viva D. Bosco!

Nizza Mare : Si fece un gran funerale nella piccola e divota cappella del nostro istituto. Vi assisteva Monsignor Vescovo ed una eletta raccolta dei più ragguardevoli signori di quella città e molti benemeriti Cooperatori. Il Rmo Mons. Fabre I Vicario generale improvvisava una magnifica orazione funebre dell' estinto. Non è nel nostro intento riportarne qui il quadro in piccolo, che per altra parte sarebbe scemarlo; solamente ne ricordiamo un'ultima delicatissima pennellata-Fu quella un'apostrofe calorosa ai Cooperatori salesiani in gran parte presenti:

« Miei signori, loro disse, se D. Bosco fece così grandi cose da lasciarne attonito il mondo, ciò fu in gran parte perché le enormi intraprese inspirategli dalla più ardente carità di Dio e del prossimo, s'incontrarono con l'eco generoso dei vostri cuori. Or bene, volete voi che le opere di D. Bosco perdurino sulla terra? miei dilettissimi, sta da voi. » E qui con un episodio cavato dagli Atti di S. Vincenzo de' Paoli, ed applìcato felicemente a quelli del nostro compianto D. Bosco, si fe' a ribadire il chiodo.. L'episodio menava in scena quel fatto assai noto di S. Vincenzo de' Paoli, quando alle dame di Parigi, omai esauste dai continui reclami della sua carità, apparve loro dinanzi con un bimbo in braccio. « Mie signore ! In presenza dei mali, onde fu oppressa la Francia, la vostra generosità ha fatto veramente prodigi. Or basti.

Io non oso più cimentarla. Solamente vi dico; che, centinaia di questi bimbi , aspettano qui nella sala adiacente la loro sentenza , e come meglio possono si raccomandano coi loro vagiti. E ne hanno ben donde. Che già la loro causa al momento è di vita o di morte. Mie signore ! Che cosa devo loro rispondere ?... » La risposta fu uno scoppio di singhiozzi e di lacrime, ed, ai prodigi passati, trovaron modo di aggiungerne dei novelli. Qualche cosa di simile, io vengo a ripetere a voi, Cooperatori generosissimi di D. Bosco. Voi avete già fatto tanto, e tante volte risposto . all'appello; la vostra cooperazione è visibile, tutto me ne parla già intorno. Avrò io ancor ad invocarla? E perché vi farò quest'oltraggio col dubitarne? Orbene, anch'io vi additerò centinaia d'altri giovani scioperati, che aspettano da voi la sentenza. Ancor per essi è questione di vita o di morte. Ove siano ritirati dalla via dell'ozio, del malcostume, del vizio, andran salvi; ove la durino ia mezzo a tanti pericoli, che minacciano, andranno in bocca del nemico infernale. Ancor una volta ripetovi: sta da voi. Che rispondete La vostra carità, il vostro zelo, il vostro cuore, il vostro paesato mi è garante bastevole del futuro. »

Nuoro (Sardegna) : I membri di quell' insigne Capitolo ed i Cooperatori Salesiani celebrarono una solenne messa funebre per l'anima di Don Bosco.

Ossignano (Toscana) : Il nostro Cooperatore D. Graziani fece un funerale, con discorso di elogio, in mezzo a gran concorso di popolo, per suffragio dell'anima di D. Bosco.

Padova : Furono solennissimi i funerali che i Cooperatori salesiani vollero fare nella chiesa del Carmine con l' intervento di Mons. Arciprete, del Capitolo e Vicario e Provicario della Diocesi. Disse egregiamente l'elogio funebre il Rev.mo Can. Rampazzo , prendendo per testo le parole del capo iv della lettera di s. Paolo agli Efesini: Potè con tutti i santi comprendere quale sia la larghezza e l'altezza e la profondità... ed intendere eziandio quello che ogni scienza sorpassa, carità di Cristo. Seppe percorrere magistralmente tutta la lunga, laboriosa e non poco profittevole vita di Don Bosco , ridotta in un programma, principio e fine ad un tempo - Salvare la gioventù e per la gioventù il mondo (1). « Fu questa funzione decorosissima, dice la Specola di Padova, fatta con ordine, proprietà e decoro, e per cui ringraziamo parroco, clero, fabbriceria del Carmine, i seminaristi e specialmente quei buoni Cooperatori salesiani che ne furono i promotori sapienti.

(1) Questa orazione stampata si vende a favore dei poveri chierici della diocesi di Padova.