BS 1880s|1884|Bollettino Salesiano Luglio 1884

ANNO VIII. N. 7.   Esce una volta al mese.   LUGLIO 1884

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo. N. 32. TORINO

SOMMARIO - Biglietti della Lotteria a favore dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù a Roma - Esercizi spirituali per le Signore in vizza Monferrato - Relazione di una importante Mistione nella Patagonia - Discorso detto da D. Bosco ai Cooperatori e alle Cooperatrici - In S. Siro di Genova - Festa di Maria Ausiliatrice nella Sicilia - L'Onomastico di Don Bosco in Torino - La corona alla Festa. - La Patagonia e le terre Australi del Continente Americano - L'Amazzonia - Annunzi.

BIGLIETTI DELLA LOTTERIA a favore dell'Ospizio del S. Cuore di Gesù a Roma.

Dobbiamo ringraziare cordialmente i Cooperatori e le Cooperatrici dell'aiuto, che ci hanno finora prestato per la erezione della Chiesa e dell' Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma. La loro carità è veramente meritevole di lode, e degna di persone, che mettono la gloria di Dio e la salute delle anime in cima ad ogni loro pensiero ed affetto.

Sul principio dell'anno corrente D. Bosco faceva appello alla loro pietà, onde avere doni per una Lotteria in favore delle opere suddette, ed ebbe la dolce consolazione di vedersene giungere da ogni parte in Torino, e di sapere che molti altri erano stati inviati direttamente a Roma; prova novella che i nostri Benefattori godono ogni volta, che loro viene offerta occasione propizia di concorrere insieme con noi a qualche opera di carità e di religione.

Preparati e stimati i doni, trattavasi poscia di ottenere dalla Regia Prefettura l'autorizzazione, che la legge richiede per mettere in circolazione i biglietti. Essendo già in corso varie Lotterie, s' incontrava gravissima difficoltà ad ottenere il permesso per la nostra. Ma a Dio piacendo quest'ostacolo fu vinto, e il sospirato Decreto di approvazione ci veniva comunicato nel giorno 24 Maggio, festa di Maria Ausiliatrice, quasi ad argomento che questa amorosissima Madre aveva posta la sua mano potente ad ottenerci l'implorato favore.

Ora ci resta di spacciare i biglietti , e in questo caritatevole uffizio D. Bosco confida che i Cooperatori e le Cooperatrici vorranno continuargli benignamente il valido loro concorso.

Intanto li avvertiamo che tardi o tosto ognuno di essi ne riceverà un pacco.

Noi li preghiamo fin d'ora che potendo vogliano farci la carità o di ritenerli per se , oppure adoperarsi per distribuirli tra le persone benestanti e caritatevoli della loro città o paese, ritirandone ed inviandone il prezzo a D. Bosco in Torino o con vaglia postale in lettera semplicemente francata, o in biglietti di banca con lettera raccomandata.

I Cooperatori e le Cooperatrici di Roma potranno spedirne il prezzo al Signor Don Francesco Dalmazzo Curato della Parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, Via Porta S. Lorenzo, N° 42, Roma.

Benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici, perdonate al nostro D. Bosco il nuovo disturbo che vi dà, e fatelo per amor di Gesù , che tanto ci amò da darci tutto se stesso, ed assoggettarsi per noi al disturbo di pene indicibili , anzi alla stessa morte di croce. Questo buon Dio ricco in misericordia saprà ricompensare largamente la carità vostra, e 100 mila giovanetti insieme con D. Bosco lo pregheranno ogni giorno che liberi da ogni disgrazia voi e le vostre famiglie.

ESERCIZI SPIRITUALI PER LE SIGNORE in Nizza Monferrato.

Per secondare il desiderio di molte zitelle e Maestre di scuola, nonchè di pie Signore, le quali amerebbero passare alcuni giorni di sacro ritiro ad attendere al bene dell'anima loro, saranno dati gli Esercizi spirituali nel Conservatorio della Madonna delle Grazie , diretto dalle Figlie di Maria SS. Ausiliatrice in Nizza Monferrato.

Incominciano la sera del 1° Agosto e terminano la mattina del 10.

La pensione è fissata in L. 20. Si fa una eccezione per le Maestre, la cui quota sarà di L. 15.

L' aria salubre e di campagna, il sito amenissimo e solitario, sono alle stesso tempo un sollievo per lo spirito affaticato e bisognevole di riposo.

Pertanto chi volesse prendervi parte, è pregata a farne pervenive la domanda non più tardi del 30 Luglio alla Superiora dell'Istituto delle Figlie di M. A. in Nizza Monferrato.

NB. Nizza Monferrato è Stazione della Ferrovia Alessandria- Cavallermagqiore.

RELAZIONE DI UNA IMPORTANTE MISSIONE NELLA PATAGONIA.

Abbiamo ricevuto dalla Patagonia relazione di una importante missione, e ci affrettiamo a comunicarla ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici, esortandoli a pregare per quei nostri fratelli, affinchè Dio li conforti, e benedica ognora le loro fatìche.

Patagones, 3 marzo 1884.

MOLTO REVd0 ED AMATO D. Bosco,

Ho ricevuto il suo prezioso regalo, consistente in una immagine di Maria Ausiliatrice , del cui patrocinio noi abbiamo tanto bisogno nei deserti della Patagonia; ma soprattutto mi piacquero i suoi consigli. Mi dice la S. V. M. R. che lavori per salvare l'anima mia. Davvero che c'è somma necessità che il Missionario stia attento , a che non si soffochi la pietà nel suo cuore , mentre si trova assediato da tanti elementi che ne lo distraggono. E che gli gioverebbe la conversiene dei selvaggi, qualora la potesse anche effettuare, se poi perdesse l'anima sua ? Mi esorta pura la S. V. a promuovere l'osservanza esatta delle nostre regole. Questo è pure un savio consiglio, perchè la sola osservanza di queste ci assicura il buon esito della missione. Le sono pertanto sommamente grato, e la prego che voglia rinnovarmi sovente questi segni di paterna bontà, che mi fanno un grandissimo bene.

Intanto a gloria di Dio e della Vergine santissima; a vantaggio dei nuovi Salesiani, che verranno a spargere il buon seme ,della parola evangelica in queste terre e a promuovere il bene in mezzo dei selvaggi e di altre migliaia di uomini, che vivono qui nelle tenebre dell'errore ho pensato di scrivere una breve relazione intorno alla missione, che diedi ultimamente nel territorio, che si estende da Patagones fino a Roca sulle due sponde del Rio Negro. E questo io fo colla presente.

Dopo la missione data sulle sponde del Rio Nauquen, spinta sino a piedi delle Cordigliere, passai quindici giorni in casa ; indi ne intrapresi un'altra sino a Conesa; poscia una terza a Guardia Pringle, nelle quali impiegai circa due mesi, battezzando Indiani adulti e bambini, con alcuni figli di borghesi, e benedissi pure matrimonii di indigeni e naturali del paese.

Il sette di novembre ne abbiamo cominciata una quarta , ed è questa appunto di cui la voglio intertenere. Accompagnato da un catechista e con cinque cavalli, che doveano portar noi e l'altare per celebrare la S. Messa, mi sono inoltrato sino all'accampamento di Roca. I viaggi tra noi sono per lo più accompagnati da circostanze, che per gli Europei hanno qualche cosa di curioso. Il Missionario con un cappello piuttosto da secolare, perchè i venti fortissimi e quasi continui rendono inutile il cappello proprio, imbacuccato in un mantello, che si chiama Pancho, con gli stivali che arrivano fino alle ginocchia, armata la destra di una sferza, assiso sopra il suo destriero galoppa talvolta intere giornate per aridi deserti, coperti solo di rari arboscelli, spine e cardi, dove non trova nè alimento per sè, nè pascolo per la cavalcatura. E quando oppresso dalla fatica ei sente la necessità di riposo e di cibo, si avvicina ad una capanna, ed in mancanza di questa si accosta alla riva di un fiume o di una laguna, onde trovare acqua, ombra e pascolo. Nelle missioni quando non si oltrepassano trenta o quaranta leghe si può facilmente alloggiare nelle abitazioni di caritatevoli famiglie, le quali si mostrano molto cortesi in somministrare al Missionario quanto gli è necessario. Ultimamente di ritorno dalla mia escursione, a causa dell'eccessivo calore sofferto per lo spazio di tre mesi, mi ammalai alla metà del cammino, sì che a stento poteva cavalcare. Come a Dio piacque potei giungere non di meno fin dove cominciano le abitazioni, nelle quali la buona gente accorgendosi del mio malessere da per tutto dove arrivava mi preparavano e letto e cibi adatti, per cui ogni giorno facendo un breve tratto di strada giunsi felicemente a Patagones alquanto migliorato.

Nelle grandi distanze ci nutriamo ordinariamente di carne arrostita sopra il fuoco, o rosicchiamo un pezzo di pan duro se pur possiamo averlo, con un po' di cacio o altra cosa somigliante. Dormiamo sul nudo suolo, riparandoci colle coperte che posano sul dorso del cavallo. Allora coricati sulle sponde del Rio ovvero di una laguna, a ciel sereno, ci riposiamo tra il gorgogliar delle acque ed il tonfo di qualche valanga , che distaccandosi dalle rive sprofondasi nelle acque. Così si passa la notte. Allor la preghiera ci par più che mai necessaria e ci consola. L'anima ed il cuore nel silenzio del deserto, liberi da ogni rumore del mondo, si sentono più intimamente congiunti col Dio della pace.

Colonia Conesa.

Questa colonia che, or son pochi anni, contava più centinaia di persone, si è ora ridotta a poche famiglie, per causa dell' imperizia e poca onestà di taluni, i quali avrebbero dovuto dar loro buono esempio. Possiam dire che il vizio è stato la causa della dispersione della maggior parte di coloro, che erano destinati a popolare questo sito. Peraltro le famiglie rimasero e si sparsero qua e là nei campo, e la popolazione va ogni anno aumentando. I più vicini sono animati nell'edificare una piccola chiesa, ed a questo scopo hanno già raccolto una somma di danaro. Il signor Governatore Lorenzo Vintler regalò il materiale, e pare probabile che in questo anno se ne possa incominciare la costruzione. Questa colonia ha già un maestro ed una maestra per i bambini d'ambi i sessi. Più a basso verso Viedma il Governo fece misurare e ripartire in diversi lotti un estesissimo terreno, col fine di stabilirvi una nuova colonia, e cerca di fare della Patagonia una ben popolata provincia.

Choele-Choel.

Choele-Choel è un'accampamento, che dista da Patagones circa 80 leghe. Si compone di soldati, indigeni e Argentini, i quali ultimi colà si portarono col solo desiderio del guadagno. Costoro in generale sono la croce del Missionario e colla loro condotta poco cristiana pongono grave ostacolo alla conversione dei selvaggi. Choele-Choel da sei mesi in qua va migliorando nei costumi, e ciò è dovuto all'attività del comandante, che è il Colonnello D. Amaro Arias, uomo energico e pieno di sentimenti cristiani.

Egli aprì già una scuola di ragazzi , e so che sta insistendo presso il Governo, a fine di ottenere mezzi per edificare anche qui una cappella per noi Missionarii, e per regolarizzare la costruzione degli edifizii e le strade del futuro paese, che probabilmente si chiamerà Avellaneda. Sento che fra breve aprirà eziandio una scuola per le ragazze. Io vi passai un mese e per la prima volta ebbi la soddisfazione di ottenere che nei giorni festivi la guarnigione assistesse in corpo alla S. Messa. A tal fine s'improvvisava un altare in aperta campagna, e tutta la gente , fatte poche eccezioni, si raccoglieva con divoto atteggiamento intorno al _Missionario per assistere al S. Sacrifizio ed udire la parola divina , cosa insolita in quelle regioni. Ed il signor Colonnello, vincendo ogni umano rispetto, non mancava dall'assistervi con un contegno esemplare. Ed ecco confermato sempre quel detto: Reqis ad exemplum totus componitur orbis.

Quivi insegnai le orazioni ai ragazzi cristiani, i quali ignoravano persino il modo di fare il segno della S. Croce, e sapevano quasi nulla dei misteri della fede. Catechizzai inoltre una sessantina di Indiani, ai quali diedi il battesimo prima della mia partenza. In tutto si benedissero otto matrimonii, si fecero settantotto battesimi, di cui sessanta di adulti, dieci di bambini indiani, e gli altri di figli di Argentini ed Europei.

Gli Indii di questo accampamento appartengono a tre distinte tribù , cioè a quella di Puragan, di Traiman, e di Pereira. La popolazione intiera ascende a 1000 persone; e i giovani e le giovanette capaci di frequentare le scuole sono circa 150.

I matrimoni degli Indiani.

Soventi volte incontriamo Indii che sono ammogliati con più donne, ed allora è impresa assai difficile indurli a mettersi in buona regola. Peraltro il privilegio della poligamia è riservato ai soli Capi-tribù. Perchè lo sposo abbia diritto sulla sposa deve depositare in mano dei genitori di questa varii Oggetti preziosi in oro ed argento, come sono anelli, braccialetti, staffe, freni e simili. Oppure paga in danaro una somma convenuta fra loro. Colla consegna di queste cose resta ratificato il matrimonio: i parenti della sposa consegnano la loro figlia allo sposo, e questi la riceve e la riguarda come sua moglie legittima, per averla come comprata col frutto dei suoi sudori. Da ciò si può facilmente vedere , che il lucro è la causa principale , per cui molti padri preferiscono che le loro figlie si maritino secondo questa usanza, tanto per questi pegni, quanto per obbligare il genero a vivere in casa loro e a sacrificare e vita e salute; altrimenti si espone al pericolo che gli ritolgano la moglie e lo caccino sulla strada.

Alcun idee superstiziose.

Esaminando diligentemente la condotta dell' Indio veniamo a conoscere che egli geme sotto il peso della più funesta superstizione religiosa. Egli non ama Dio, perché non lo conosce. Peraltro osservando attentamente certi fatti , ammette bensì l' esistenza di un Essere Supremo che regge e governa l' universo , ma abbandonato a se stesso , e guidato solamente dalla ragione naturale, cade di errore in errore, e viene a formarsi un' idea tanto confusa di Dio e de' suoi attributi che spesse volte non sa distinguere il principio del bene, che è Dio, dal genio del male che è il demonio. Questa ignoranza aiutata dalle passioni finisce con persuaderlo che egli non ha a temere se non le influenze del genio cattivo. Perciò noi vediamo l' Indiano a lui dirigere le sue azioni, orazioni ed esorcismi fatti a suo modo. Egli prega, ma non per ringraziare il Signore dei benefizii fattigli, ma bensì affinchè lo tenga lontano da ogni disgrazia; prega so prattutto il genio del male, perchè non lo opprima. Ho esaminato una delle orazioni più comuni , ed eccone il concetto : Signore, date lunga vita, carni e vestito a me ed a quei della mia famiglia. Fateci forti e coraggiosi per vincere ed abbattere il nostro nemico. Però rulla sanno domandare al Signore di cose spirituali. Quando cadono malati credono che il demonio s' impossessi di loro, e danno mano a mille mezzi superstizioni onde allontanarlo. Se muore alcuno dicono che Gualicho cioè il demonio se lo prese con sè; ed allora piangono, pregano e cantano lamentazioni accompagnate da mille esorcismi, coi quali pretendono di ottenere che il genio del male lasci in pace il defunto. Data sepoltura al cadavere, gettati colla faccia al suolo per sei giorni consecutivi cantano una specie di lamentazione, che schianta il cuore a chi li ode. Il luogo dove uno muore è per loro maledetto, perchè, dicono essi, colà abitò Gualicho. Pertanto nessuno osa vivere in quella casa, la quale o abbandonano affatto o distruggono, e si guardano bene di toccare nulla che abbia appartenuto al defunto. Povera gente ! Fanno proprio compassione.

I cimiteri degli Indiani.

Sapendo di varie superstizioni che gli Indiani usano nel seppellimento dei morti, mi feci accompagnare ed andai a visitare un cimitero appartenente alla Tribù di Traiman, perchè ogni tribù tiene il suo. Mi cagionò non poca meraviglia vedere sopra alcune tombe , dove due e dove tre scheletri di cavalli. Credono essi che il morto abbia bisogno di aiuto, perciò lo provvedono di carne e talvolta di bevande. E cosa più rimarchevole ancora è che scelgono i migliori cavalli, già in proprietà ed uso del defunto, e giunti al cimitero, e seppelliti col morto sella, fornimenti e gioie, scannano questi cavalli e li lasciano sopra la tomba. E da notare che non si servono mai di vacche e buoi, ma sempre di cavalli e specialmente di cavalle, nella persuasione che questi animali non hanno Gualicho, cioè il genio del male, che suppongono avere gli altri. In effetto sebbene mangino alcuna volta carne di vacca o di pecora, preferiscono sempre quella di cavallo. Per questa ragione quelli che viaggiano pel deserto sono obbligati loro malgrado cibarsi di questa carne, non trovandone altra per tutto l'oro del mondo. E per tornare ai cimiteri è doloroso il dover denunciare le profanazioni e la barbarie di alcuni soldati, i quali spinti dalla sete dell'oro aprono le tombe, dissotterrano i morti, per rapire i gioielli che furono con essi sepolti.

Accampamento di Roca.

Questo accampamento è situato a 120 leghe (360 miglia) da Patagones. Onde facilitare il tragitto ed eziandìo assicurare il campo dalle escursioni dei selvaggi, il Governo fece, a determinate distanze, costruire terrapieni e case che chiamano fortini, dove ricoverare i soldati incaricati del servizio della linea e di vegliare alla sicurezza pubblica. Da Patagones sino a Roca sono nell'ordine seguente

1 Guardia Pringle che dista da Patagones 18 leghe

2 Conesa   »   »   40 »

3 Negro Muerto »   »   58

4 Choele-Choel   »   »   76 »

5 Chimpay   »   »   80 »

6 Chinfori   »   »   90 »

7 Chinchinal   »   »   108 »

8 Roca   »   »   120 »

I punti segnati coi numeri 1, 2, 4, 7, 8 sono i più popolati non solamente da soldati, ma eziandio da molti Indii e da Argentini ed Europei negozianti. Probabilmente, tra poco tempo, il Governo approverà il progetto presentato dal popolo e dalle Autorità locali, perchè riconosca come Pueblos (paesi) i punti indicati nei numeri 1, 7, 8. Roca fu edificata su di un terreno molto alto , a fine di evitare la rovina delle case nelle grandi piene, quando le acque del Rio Negro traboccano ed allagano la pianura. Per la mancanza di acqua il terreno di Roca scarseggia di vegetazione. Si continua però l'opera del canale, il quale già si prolunga alla distanza di sette miglia e si spera che nell'anno corrente sia compiuto. Allora si potrà irrigare quell'immenso territorio, e ciò sarà fonte di ricchezza per coloro, che avranno buona volontà di lavorare.

Visita ad una Cinese inferma.

Un giorno mentre andava percorrendo il paese di Rancho in Rancho (Capanna colle pareti di steppe di terra, e coperta di giunchi.) per visitare le famiglie Indiane, entrai in uno, dove giaceva al suolo sopra poco strame una Cinese inferma. Scambiate alcune parole di complimento la interrogai se fosse Cristiana. Mi rispose che non lo era. Le dimandai se desiderava ricevere il battesimo, a cui l'avrei preparata. Essa mi rispose che desiderava riceverlo, tanto più che il suo defunto padre era Cristiano. Al vederla ben disposta, le feci una breve spiegazione dei principali misteri di nostra santa Religione, e mi licenziai dicendole che sarei tornato al domani, onde prepararla al detto Sacramento e amministrarglielo in seguito. Il giorno seguente, nell'avvicinarmi al Rancho, udii una strana musica che pareva simile a quella, che usano tra voi per far ballare i cani. Entro nella casa e vedo una vecchia col capo coperto di una specie di cappa lurida, nuda le braccia e colla faccia imbrattata con polvere biancastra. Al suo lato eravi un'indigena già cristiana, che teneva nelle sue mani una zucca con sassolini dentro, agitando la quale accompagnava la musica della vecchia strega, che batteva un tamburello. Dalla parte opposta eranvi alcuni ragazzi, i quali ad intervalli convenuti facevano un chiasso da stordire i sordi.

La povera inferma stava nel suo giaciglio attenta al selvaggio strepito, cogli occhi fissi alle contorsioni ed agli esorcismi della strega. A quella vista io rimasi sorpreso, e scorgendo che nessuno mi faceva segno di entrare, pensai essere prudenza ritirarmi in un angolo ed aspettare il termine della cerimonia. Finita che fu, dolcemente li ripresi esortandoli a lasciare le superstizioni e a ricorrere invece a Dio autore di ogni bene, e nello stesso tempo a consultare il medico per l'applicazione dei rimedi necessarii. In somiglianti circostanze la persona che funziona è ordinariamente una donna di avanzata età, cui danno il nome di Machi o medichessa, e pretendono con queste gesticolazioni e cerimonie di allontanare il genio del male dalla persona, che suppongono da questo posseduta. Di più essi dicono che il Dio del cielo loro ispira quali medicamenti siano opportuni per guarire l'infermo. Nello spazio di poche settimane si rinnovarono più volte in altri toldos le funzioni della Machi. Ma avendoli rimproverati più volte ottenni che si astenessero da somiglianti cose, almeno per quel tempo che dimorai fra loro.

Tribù di Namuncurà.

In quei giorni giunsero alcuni rappresentanti di Namuncurà, uno dei principali Cacichi delle Pampas. Durante l'ultima spedizione egli co' suoi oppose fortissima resistenza alle armi Argentine; ma inseguito dalle truppe regolari fu posto in fuga e la sua gente dispersa.

Dopo una grave perdita de' suoi e della maggior parte del suo bestiame, egli si rifugiò sul territorio del Chilì. Ridotto alla perfine all'estrema miseria, dal seno delle Cordigliere domandò con istanza di arrendersi al Governo Argentino, alla condizione di godere della razione e protezione come le altre tribù già sottomesse.

Voglio sperare che il Governo, seguendo gli impulsi di vera umanità, di cui già diede varie prove in altre occasioni analoghe, vorrà dimenticare l'ostinazione e la resistenza di questa tribù, che tanto si distinse nel maneggio delle armi, la quale è formata di gente miserabile e degna di compassione per la sua ignoranza e selvatichezza. Laonde spero che questa tribù ancora entrerà presto nella via della verità e della civilizzazione.

Le due tribù di Nanquel e di Renque-Curà.

Queste due tribù, che già si sono arrese l'anno passato al Governo Argentino, soggiornavano al Sud-Est a poca distanza dal forte Roca. Esse hanno una popolazione di 500 persone tra grandi e piccoli. E da notarsi però che alcune centinaia vivono tuttavia disperse nel territorio Argentino e del Chilì. Di quelli che sono in Roca i due terzi circa già sono battezzati. Ma sarebbe necessaria l'opera assidua di un sacerdote per completare la loro istruzione, e mantenerli nella fede e nelle pratiche di cristiana pietà. In questa ultima missione mi fermai un mese tra di loro, e, dopo averli istruiti il meglio che ho potute, battezzai quelli che furono più docili alla parola di Dio in numero di 109 adulti, 21 bambini Indiani, e 10 figli di Argentini. I matrimoni benedetti furono 14.

Il giorno in cui mi preparava per la partenza, giungevano a Roca altri 150 Indiani, appartenenti a differenti tribù disperse in varie parti del territorio. Balcheta altro punto situato alla destra del Rio Negro contiene pure poco meno di 300 Indi, i quali aspettano, o per dir meglio hanno estremo bisogno del Missionario, perchè sono ancora infedeli. Costoro come tutti gli altri Indiani non hanno altra assistenza che quella di alcuni soldati, e Dio sa quale moralità possono insegnare costoro, costretti a vivere sulle frontiere e senza religione ; niuna meraviglia perciò se si abbandonano ordinariamente a quei due vizi, che fanno apostatare l' uomo da Dio.

Dottrina Cristiana.

Nelle lezioni di Dottrina Cristiana, per non istancarli, radunava gli adulti non più di una volta al giorno e nell'ora più comoda, dando ogni due o tre un giorno di vacanza. I fanciulli li raccoglieva una o due volte al dì e mi tratteneva con essi quasi un'ora per ciascuna lezione. La materia che insegnava erano i misteri dell'Unità e Trinità di Dio, la creazione del mondo, dell'uomo e la sua caduta; l'Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione di Gesù Cristo; il peccato in generale, i comandamenti di Dio e della Chiesa: il Paradiso pei buoni e l'inferno per i cattivi.

Tra i giovanetti e le giovinette ne incontrai alcuni di perspicace intelligenza, e di felice memoria, i quali potrebbero fare assai bella riuscita nei nostri collegi.

E per tacere di altri le dirò che tra i fanciulli indigeni due sono figli del Cacico Renque-Curà, e due altri sono suoi nipoti : e tra le figlie due nipoti del medesimo. Tutti questi riuscirono ad imparare cinque pagine di dottrina, il Pater, l'Ave ed il Credo, e tutto s'intende nel loro idioma. Ed avrebbero potuto apprendere assai di più, se non avessi avuto bisogno del loro aiuto in qualità di Catechisti. Imperocchè. essendo i ragazzi molto numerosi e di capacità differente, dovetti dividerli in piccoli gruppi da formarne sei classi, alle quali preposi i sei sopradetti Catechisti improvvisati. Non posso esprimerle, caro Padre, quanto mi abbia rallegrato la vista di quel Catechismo. Fu per me un momento d'incanto! Mi fece ricordare l'Oratorio di Torino nelle ore di Dottrina Cristiana. Io li sorvegliava e mi edificava ad un tempo, piangeva e rideva come un fanciullo ! O caro D. Bosco ! Il vedere dei ragazzi Indii insegnare il Catechismo ad altri ragazzi Indii ; vederli con carità e pazienza insegnare ai compagni, ciò che essi avevano poco prima appreso, m'intenerì il cuore e non potei trattenermi dall'esclamare: Oh! se ci fosse un po' qui D. Bosco! quanta gioia proverebbe nel veder così bene cominciato quanto forma il sospiro principale della sua vita.

Ad un certo punto li radunava tutti insieme, e loro, faceva imparare alcune altre risposte del Catechismo, facendomi capire alla meglio. Ce n'erano alcuni assai impegnati a rispondere e ne osservava l'attenzione tutta particolare. Detta da me la risposta due o tre volte a chiara voce la ripetevano fra loro, e andavano a gara chi per il primo potesse saperla. Tale modo di procedere è assai naturale agli Indii, i quali non sapendo nè leggere né scrivere debbono esercitare la memoria, che per lo più hanno felicissima; tantoche nelle ambasciate riferiscono letteralmente quanto fu detto loro dal Cacico. Io avrei voluto condurre alcuni di quei fanciulli con me per metterli nel nostro Collegio, ed essi sarebbero venuti volentieri ; ma si opposero i loro genitori dicendo che per ora non si sentivano di fare tale sacrifizio di privarsi della presenza dei loro figli. Bisognerà dunque , caro D. Bosco, fondare un Collegio in quella parte.

Una necessità ed un progetto.

Dove vi sono centri di Indiani pare indispensabile, se si vuole fare del bene, aprire scuole pei giovanetti. Ma ci si presenta una difficoltà. Ancorchè si avessero i mezzi non converrebbe nelle tolderie (gruppo di capanne Indiane costrutte con pali e coperte di pelli) non converrebbe, dico, fabbricare una casa di materiali , per motivo che soventi volte gli Indii si traslocano da un sito all'altro. Perciò mentre gli Indii non sono ancora distribuiti in colonie, i Salesiani per comodità della scuola e cappella potrebbero far costrurre con poca spesa case e cappelle a tenda e portatili, come usano i soldati negli accampamenti. A fine poi di far fronte alle spese che occorrono, mi pare che non sarebbe fuor di proposito iniziare una sottoscrizione per mezzo dei periodici cattolici d'Europa; poiché, se non facciamo tutto quel bene che vorremmo, non è per mancanza di buona volontà, ma bensì per mancanza di mezzi pecuniari, senza di cui resta paralizzato il progresso della Missione.

Ecco in breve ciò che si è fatto in quest'ultimo tempo nelle Missioni. Si udirono 100 Confessioni; si amministrarono 40 Comunioni, si benedissero 25 Matrimoni; si battezzarono 252 individui, dei quali 142 adulti e 30 minori di 7 anni fra gli Indiani, e 33 figli di Argentini.

Questo è quel poco di bene, che coll'aiuto di Dio hanno potuto fare alcuni suoi figli, o mio caro D. Bosco. Ed ora conchiudo questa qualunque mia relazione, pregando la S. V. che voglia gradire gli affettuosi ossequii dei suoi figli della Patagonia, e raccomandarci tutti i giorni al Signore che ci renda degni strumenti della sua bontà.

Suo affezionatissimo in Gesù Cristo

SaC. DOMENICO MILANESIO.

P. S. - Mentre io scrivo la presente giunge a Patagones il Governatore di Viedma, il generale D. Lorenzo Winter. Egli intraprese con valorosa scorta l'esplorazione della Patagonia centrale dal Rio Negro al Rio Chubut fino al porto Deseado, impiegandovi 26 giorni di marcia.

Egli reca buone notizie di quelle regioni, notando solo un pericolo ; ed è che dovette combattere specialmente alle rive del fiume Senger colle tribù dei Thuelches, con quelle di Joyel, Inacayal, e Chagallo, quantunque stanziato a 25 leghe di distanza. Ebbe disturbi eziandìo dalle tribù di Sahueque e di Utrac sebbene poco numerose. Dice che, lungi dall'essere questa terra un arido deserto, è fertile con acque permanenti ed abbondanti, specialmente la parte orientale riguardante le coste del golfo S. Jorge.

Altra notizia importante si è che il Governo Argentino ha fatto domanda a D. Costamagna residente in Buenos-Aires di missionari Salesiani per la nuova colonia, che intende stabilire sulle coste orientali della Terra del fuoco; Don Costamagna promise che sarebbero mandati appena arrivato qui Don Cagliero. Oh! sia benedetta la divina Provvidenza pel suo visibile intervento a favore delle nostre Missioni.

DISCORSO DETTO DA D. BOSCO ai Cooperatori e alle Cooperatrici.

Come abbiamo promesso riferiamo qui almeno nella sua sostanza il discorso, che fece D. Bosco ai Cooperatori e alle Cooperatrici di Torino il 23 maggio, in occasione della conferenza tenuta nella chiesa di Maria Ausiliatrice.

Con grande semplicità di stile e di gran cuore egli prese a dire cosi : - Io vi parlo con molto piacere in questo giorno, sia per le cose che debbo dirvi, sia perchè quest'anno vi parlo nella chiesa di Maria Ausiliatrice. Ed è cosa veramente dolce il discorrere ai Cooperatori e alle Cooperatrici in questo luogo, che possiamo chiamare casa di Maria, e casa che Ella medesima si è edificata : Aedificavit sibi domum Maria. Io voglio appunto intertenere la vostra pietà e così aiutarci a vicenda a celebrare divotamente la festa di Maria Ausiliatrice, col dimostrarvi le grazie, che Ella fece fin da principio a quelli, i quali presero parte ad innalzare ed ornare questa sua chiesa. Ascoltate adunque e comprenderete che noi siamo davvero nella casa di Maria : Aedificavit sibi domum Maria.

Quando si cominciò l'edificazione di questo tempio, mancavano i mezzi materiali. Si dovevano pagare gli operai, e D. Bosco non aveva denari. Ed ecco che una signora per suo consiglio si raccomanda a Maria, per ottenere la guarigione da una grave infermità, e Maria la risana prodigiosamente. La signora riconoscente offre ad onore di Lei il denaro necessario a pagare la prima quindicina agli operai. Altri vengono a cognizione di questo fatto, invocano ancor essi Maria con promessa d'offerte per la nuova sua chiesa, e ottengono ancor essi grazie straordinarie. Allora si comincia una serie non più interrotta di guarigioni da gravi malattie, e giungendo da ogni parte offerte per grazia ricevute e per grazie da riceversi, si vide questa chiesa elevarsi di giorno in giorno come per incanto a gloria della gran Madre di Dio.

Innalzata che fu si trattava di ornarla ; e Maria Ausiliatrice provvide anche a questo. Voi , ad esempio , vedete qui l' altare di S. Pietro ; e coma mai si soddisfece alle sue spese ? Vi rispondo: Una pia matrona Romana malata si raccomanda a Maria, guarisce miracolosamente, e tosto scrive che a suo conto, nel tempio di Lei, si eriga un altare, e l'altare fu eretto, ed è questo per appunto. Un poco più in là ve n'è un altro dedicato ai santi Martiri torinesi Solutore, Avventore ed Ottavio della legione, Tebea, e a sant'Anna, e chi lo fece innalzare? E un'altra signora di Roma ancor essa favorita di una grazia segnalata per intercessione di Maria, Si trovava pure gravemente inferma, promette di fare costruire il detto altare e tosto ricupera la sanità. Dall' altra parte in fondo vi ha l' altare del Sacro Cuore ed esso pure ci ricorda una grazia ottenuta da una persona di Milano, che in segno di riconoscenza ne sostenne la spesa. All'altare di s. Giuseppe troviamo la costruzione, la balaustrata, il quadro, frutti ancor essi di copiose grazie e benedizioni ottenute allo stesso modo. Il pavimento della chiesa, il pulpito stesso dal quale io vi parlo è effetto di una grazia ricevuta. Dono di benemeriti oblatori in ossequio a Maria Ausiliatrice è la statua di rame, che torreggia sulla cupola; dono e lavoro d'un maestro falegname è l'orchestra. E se volessimo far passare tutte le parti e gli ornamenti di questa chiesa, come segni di favori ricevuti, non la finiremmo più; imperocchè le colonne, le volte, il tetto, ogni pietra , ogni mattone , ed ogni ornato si può dire che sia una grazia di Maria.

Nella Sagrestia poi vi ha una quantità di quadretti, che sono prove indubitate di altrettante grazie. Là vi è una madre che ha salvo il figlio dalla morte; qui uno liberato da forte male di denti; in altra parte una pericolosa caduta impedita, e via dicendo. E io stesso sono obbligato, a dirvi i particolari che riguardano la mia persona. Avrete sapute che da qualche tempo io era molto cagionevole di salute, e come impotente a lavorare. Ebbene il 15 del corrente, primo giorno della novena, incominciai a star meglio; il miglioramento fu di tutti i giorni, ed ora, in grazia di Maria, mi trovo bene come molti anni addietro.

Se poi convenisse alzare un velo, e manifestare le grazie spirituali ottenute ai suoi divoti, quale magnifico inno non potremmo noi cantare in onore della potentissima Vergine Ausiliatrice? Noi diremmo di mogli, che hanno riavuti i proprii mariti ricondotti a sani consigli; padri e madri che videro la loro figliuolanza indocile e scapestrata a ritornare ubbidiente e rispettosa; peccatori e peccatrici che piansero i loro peccati, fecero la lor confessione, e presero a menare esemplarissima vìta.

Ma voi, benemeriti Signori, mi direte, perchè mai questa esposizione di fatti e di grazie nella vigilia della gran festa di Maria Ausiliatrice? Rispondo: Per eccitarvi tutti a confidare nella sua bontà e potenza, ed affinche sappiate il mezzo da usare per ottenere grazie più facilmente. Questa Madre celeste tiene già le grazie preparate per noi. Ella vuole solamente che gliele domandiamo di gran cuore, e promettiamo di aiutare e promuovere quelle opere, che tornano a gloria di Dio, ad onore di Lei, a vantaggio delle anime, specialmente della povera gioventù , come fanno i Cooperatori e le Cooperatrici. Io son certo che tutti quelli di voi, i quali domanderanno grazie a Maria, le otterranno, perchè, ben inteso, non si oppongano al bene dell'anima.

Domani qui si pregherà molto per voi, che siete i nostri benefattori e benefattrici, e non solo domani, ma in questa chiesa si prega per voi incessantemente. Ogni giorno sia dalle prime ore del mattino più centinaia di persone si raccolgono qui, recitano la terza parte del Rosario , ascoltano la s. Messa, e molti e giovani e adulti si confessano, e si accostano alla s. Comunione. Alle ore sette e mezzo più altre centinaia di giovani praticano lo stesso ; di poi ad ogni ora chi v'interviene a fare la visita al SS. Sacramento e a Maria Ausiliatrice, chi vi si porta a fare la meditazione e la lettura spirituale, chi a raccomandare le persone, che ordinarono preghiere per grazie di ogni genere; ond'è che dal mattino per tempo sino alla sera tarda le pratiche di pietà vi continuano senza interruzione. Ora tutte queste preghiere sono dirette particolarmente ad invocare le benedizioni del Cielo sopra i nostri benefattorì e le nostre benefattrici e dell'Italia e della Francia e della Spagna e dell'America, e di qualunque altra parte del mondo. E io credo che in riguardo di tante preghiere, che qui Le s'innalzano, Maria prosegua a spandere le sue benedizioni, le quali ognor più si fanno copiose ed abbondanti anno per anno.

Io debbo dirvi ancora che Maria SS. concede grazie non solo qui e a coloro, che la vengono a pregare in questo luogo , ma le concede anche altrove. Già prossimo alla fine dei miei giorni, io godo immensamente nel vedere che invece di scemare i favori di Maria aumentano ogni giorno e per ogni parte. Aumentano in Italia, nella Francia, nella Spagna, nel Portogallo, nel Belgio, nella Russia, nella Polonia, nell'Austria, nella Repubblica Argentina, nell'Uruguay e nella Patagonia. Tutti i giorni ora da questa, ora da quell'altra contrada anche lontanissima si ricevono lunghe esposizioni di grazie straordinarie, ottenute ad intercessione di Maria Ausiliatrice. Ed i Cooperatori Salesiani e le Cooperatrici sono gli strumenti, di cui si serve Iddio per propagare sempre più la sua gloria e la gloria dell'augusta sua Genitrice. Voi tutti ne dovete andar lieti, e intanto concepire la più grande fiducia nel patrocinio di Maria.

Io ho dovuto esporre in succinto queste cose, per non dilungarmi troppo, e per non abusare della vostra cortesia. Tuttavia vi aggiungo ancora, che sono stato a Roma, e ai piedi del Santo Padre Leone XIII, il quale parlò dei Cooperatori Salesiani ; disse che li benediceva di cuore, e che ogni giorno prega per loro. Ripetè che intende d'essere non solo Cooperatore, ma primo Operatore, perchè, disse, i Papi devono sempre essere a capo di tutte le opere di beneficenza, allora specialmente quando hanno di mira il benessere della povera gioventù. Avendo saputo i considerevoli lavori, che si erano fatti e quelli che rimangono a farsi per la costruzione della chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma, ha voluto assumersi l'incarico di fare costruire a suo conto la facciata della chiesa medesima, che importa una spesa notevolissima. Egli desidera pure che accanto alla chiesa si fondi un ospizio e già vi abbiamo posto la mano. Ma perchè, mi domanderete, un nuovo ospizio in Roma, dove ve ne sono già tanti? Vi risponderò che per lo più gli istituti già esistenti in Roma pel loro scopo. e per l'atto di loro fondazione esigono che i giovani abbiano certe condizioni, per le quali molti non possono esservi ricevuti ; gli uni esigono, per es., che i giovani siano Romani, gli altri che appartengano a determinate città e nazioni, e poi la maggior parte per la condizione dei tempi e delle cose si sono fatti insufficienti al bisogno. Ora il Papa vuole un Istituto veramente cattolico, tale cioè che raccolga i poveri giovani pericolanti non solo Romani ed Italiani, ma Francesi, Tedeschi, Spagnuoli e di qualunque nazione e condizione essi siano, purché si trovino in pericolo o dell'anima o del corpo. Il Santo Padre desidera, e desidera molto quest'opera. e perciò la raccomanda caldamente e benedice i Cooperatori e le Cooperatrici, che vi concorrono colle loro limosine. - Egli udì pure con molta soddisfazione a parlare della chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino. Accanto a questa chiesa dedicata all'Apostolo della carità occorreva anche un ospizio, perchè si potesse dire: Ecco la carità in pratica, ecco come si onora l'Apostolo della carità. L'ospizio fu da noi incominciato, vi si lavora e si sta compiendo, e spero che di quest'anno sarà terminato; e lo avremo presto ripieno di giovani. All'udire ciò il sommo Pontefice conchiudendo disse : « Se vogliamo una società buona dobbiamo far convergere tutti i nostri sforzi nell'educare cristianamente la gioventù, che fra breve formerà la umana generazione. Se essa sarà bene educata avremo la società domestica e civile costumata; se male, la società andrà ogni dì peggiorando ed i figli dovranno nella virilità lamentare la cattiva educazione loro impartita dai parenti, se pure non avranno a maledirne la memoria. »

Questi sono i sentimenti espressi dal Vicario di Gesù Cristo, il quale finì coll'impartire a tutti la sua apostolica benedizione.

Intanto per meritare una speciale protezione da Maria Ausiliatrice, e corrispondere al vivo desiderio del Santo Padre, ognuno di voi veda di fare quello che è in suo potere a vantaggio dell' ospizio del Sacro Cuore in Roma e di quello di S. Giovanni in questa città. La vostra carità giova alla civile società, giova alle famiglie cristiane, e, diciamolo pure, giova anche alle non cristiane ; imperciocchè se non altro mediante la carità vostra si avranno degli uomini bene educati ed istruiti; si avrà la pace in famiglia, e il padre e la madre e i parenti si vedranno meglio corrisposti dai figliuoli, che invece di essere il loro flagello diverranno la consolazione ed il sostegno della loro vecchiaia.

Dirò di più: La carità vostra gioverà a voi tutti, e ai vostri cari, perchè Dio mantenendo la sua promessa ve ne darà il centuplo in questa vita, ed un premio eterno nell'altra.

Domani io intendo di celebrare la S. Messa, per invocare sopra di voi, sopra dei vostri parenti, sopra i vostri interessi spirituali e temporali, le benedizioni più elette, e per ottenere la grazia più bella ed importante di trovarci un giorno tutti insieme in Paradiso a lodare e a godere Iddio colla nostra dolcissima Madre Maria Ausiliatrice.

IN S. SIRO DI GENOVA.

Crederemmo di mancare per lo meno alla convenienza, se non dicessimo nulla della bella festa e della conferenza in onore di Maria Ausiliatrice, celebrata nella magnifica chiesa di S. Siro in Genova dai giovani del nostro Ospizio di S. Pier d'Arena e dai Cooperatori e dalle Cooperatrici di quelle parti. V'intervenne il fiore della cittadinanza; vi presiedette l'ottimo Arcivescovo Mons. Salvatore Magnasco, tanto benevolo verso i Salesiani, e vi predicò lo zelante Mons. Emiliano Manacorda, Vescovo di Fossano, invitato da lui medesimo. Ecco quanto ce ne scrisse un buon Sacerdote di Lucca, che vi si trovava presente

« Il. giorno 24 Maggio testè passato, nella insigne Basilica di S. Siro in Genova si celebrava la festa di Maria SS. Ausiliatrice dei Cristiani , singolare Patrona dei Salesiani e dei loro Cooperatori e Cooperatrici, con l'assistenza di S. E. Reverendissima Mons. Arcivescovo. Prima dell' ora assegnata quella vastissima chiesa rigurgitava di popolo devoto concorso ad onorare Maria.

« Alle 11 precise ebbe principio la Messa solenne in musica eseguita dai bravi giovinetti dell'Ospizio di S. Pier d'Arena, accompagnata dalla banda musicale composta dagli alunni del medesimo stabilimento. Il tutto fu eseguito con sorprendente precisione. Era cosa che toccava veramente il cuore il vedere che quei cari figliuoli eseguivano pezzi sceltissimi con la massima disinvoltura , e tenendo sempre un contegno degno di lode.

Al Vangelo Mons. Manacorda fece da pari suo un magnifico discorso ad onore di Maria Aiuto dei Cristiani. Egli la dimostrò Ausiliatrice fin dalla culla di Gesù ; Ausiliatrice di Gesù medesimo nella grotta di Betlemme, nella fuga e nella dimora in Egitto , nella solitudine di Nazaret Ausiliatrice degli Apostoli; Ausiliatrice dei fedeli in tutti i secoli, come lo attestano gli innumerevoli monumenti elevati ad onor suo dalla pietà dei Cristiani, e le molte feste stabilite dalla Chiesa; Ausiliatrice eziandio della istituzione Salesiana che da lei prescelta si diffuse già per tante parti del mondo a vantaggio della società.

« Alla fine della Messa S. E. Rev.ma Monsignor Arcivescovo dava la benedizione col SS. Sacramento, ed i giovinetti, una parte dei quali con felicissima idea si era portata intorno alla cupola della chiesa, sotto la direzione dell'egregio D. Belmonte direttore dell'Ospizio intonava il Tantum Ergo a due cori. Fu sì bella la musica, sì ammirabile la esecuzione , che produsse una tenerezza generale , e più di uno ne pianse di gioia. La sacra funzione terminava verso le ore 2 pomeridiane con grande edificazione del numeroso popolo , che vi aveva preso parte.

Il valoroso oratore finì coll'esortare i cooperatori e gli uditori suoi ad aiutare le Opere Salesiane, facendo un caldo appello alla carità di tutti.

NB. - Vorremmo fare cenno particolare di alcune altre feste e conferenze celebrate qua e colà in occasione della festa di Maria Ausiliatrice, come sarebbe quella di Acqui e di Bistagno ; ma dobbiamo desisterne per mancanza di spazio. Sappiamo per altro che i Cooperatori e le Cooperatrici coi loro capi e decurioni non. promuovono già dette feste e conferenze, perché siano pubblicate nel Bollettino, ma bensì per meglio glorificare Iddio e la santissima sua Madre, per animarsi vicendevolmente alla pratica delle opere, e così guadagnare le annesse indulgenze e la protezione del cielo. E questo basta alla loro pietà.

FESTA DI MARIA AUSILIATRICE NELLA SICILIA.

Da due case di Suore di Maria Ausiliatrice nella Sicilia riceviamo relazione delle feste colà celebrate in onore della comune nostra Patrona e Madre con grande concorso del popolo , e ne diamo qui un breve ragguaglio.

Da Bronte.

E il quarto anno che ci troviamo in Fronte ed è questo il primo che in pubblica chiesa solennizziamo la festa di Maria SS. Ausiliatrice. Ed ecco in qual modo.

Si espose in chiesa un bel quadro di Maria Ausiliatrice. Si addobbò il Sancta Sanctorum e si diede principio alla novena, che fu anche solenne. Ogni sera aveva luogo la predica e la Benedizione col Tantum Ergo in musica. Predicava il M. Rev° Padre Don Gioachino Zappia , il quale vi si profferse con esimia bontà.

L'eccellente oratore, attirava numerosissimo popolo. Caduto disgraziatamente malato, lo supplì un altro zelante predicatore, il Revmo Padre Agostino Rubino Cappuccino, che continuava sino alla fine. Si all'uno che all'altro porgiamo i più vivi ringraziamenti, ed auguriamo dalla Vergine Ausiliatrice le più elette benedizioni.

La memoria della festa poi sarà incancellabile. Benché accadesse in giorno feriale, pure la chiesa rigurgitava di popolo. I buoni Brontesi si mostrarono divotissimi di Maria.

La solennità si aperse colla Comunione generale. Il Revmo Padre Felice. Maria Caruso Cappuccino faceva un breve ma sì commovente discorsetto, da intenerire sino alle lagrime. Al banchetto eucaristico si accostarono più centinaia di persone.

Più tardi il M. Rev° Sig. Arciprete D. Giuseppe Minissale cantava la Messa solenne coll'assistenza di molti ragguardevoli Sacerdoti. Le Suore eseguirono in musica la Messa, composta da Don Cagliero , detta di san Luigi. Al dopo pranzo poi montato sul pulpito il prelodato Revmo Padre Felice tesseva in onore dell'Augusta Regina del cielo un sì magnifico discorso , che il popolo pendeva estatico dal labbro del sacro oratore.

Si cantò poscia il Vespro della s. Infanzia, l'Ave Maris Stella, il Tantum Ergo e si terminava la festa colla Benedizione del SS. Sacramento e col bacio della sacra reliquia.

Da Trecastagni.

Nel Conservatorio delle Vergini di Trecastagni presso Catania la festa di Maria SS. Ausiliatrice si celebrò così. - L'immagine di Maria SS. Ausiliatrice in un magnifico quadro faceva graziosa mostra di sé sull'altare addobbato nel miglior modo possibile, in mezzo a numerosi ceri che bellamente l'adornavano.

Fin dalla vigilia il suono allegro delle campane dava ai Cooperatori ed alle Cooperatrici avviso della festa.

La prima funzione del mattino fu divota e commovente. Ebbe luogo la Comunione generale, a cui parteciparono pure per la 1a volta alcune bambine del Conservatorio , bianco vestite , con corona di fiori in capo. Il Revmo Sig. D. Domenico Torrisi, zelante Cappellano, indirizzava loro un discorsetto analogo per far meglio apprezzare la loro felicità. La funzione era rallegrata dal. suono dell' armonium accompagnato da sacri cantici.

Verso le 10 si eseguì dalle educande la così detta Messa della s. Infanzia , cantata dal Rev.mo Sig. Arciprete D. Alfio Grassi, Decurione e Promotore della festa. Nella sera , dopo la recita del s. Rosario e il canto delle Litanie Lauretane, il Revmo Sig. D. Orazio Torrisi tesseva un accalorato discorso. Non é a dire con quanto affetto egli parlasse della Vergine SS. Ausiliatrice e della potente sua protezione alle Opere Salesiane.

Esordì dicendo che ben a ragione Don Bosco scelse a Patrona della sua spirituale famiglia Salesiana la Vergine Ausiliatrice , la quale in ogni tempo gli si mostrò larga della sua celeste protezione : invitò tutti a ricorrere sempre a Lei con fiducia, e terminò implorandone la Benedizione sopra D. Bosco, sopra le Suore e loro educande, sopra tutti i Cooperatori e le Cooperatrici.

Voglia la Vergine SS. Ausiliatrice aggradire l' ossequio, che in ogni luogo Le professano i suoi figli, e rimunerare largamente tutti i promotori del suo culto.

Nel chiudere queste due relazioni, che abbiamo, pur dovuto accorciare, non occorre che tributiamo lode alle Suore , la cui presenza in quei luoghi porge occasione a feste particolari in onore di Maria Ausiliatrice ; ma non possiamo non provare una grande consolazione nel sapere come la divozione alla gran Vergine Maria, sotto il titolo di Aiuto dei Cristiani , si vada ogni dì più propagando con incremento della pietà cattolica e a conforto dei miseri mortali. Siano intanto ringraziati tutti coloro, che cooperarono alla celebrazione delle mentovate feste , e non li lasci senza ricompensa la celeste Dispensatrice dei divini tesori.

L'ONOMASTICO DI D. BOSCO IN TORINO.

Ai Cooperatori e alle Cooperatrici crediamo di fare cosa grata, dando loro breve cenno dell'onomastico di D. Bosco celebrato nell' Oratorio di S. Francesco di Sales, nell'occasione della festa di S. Giovanni Battista. Fu una commovente dimostrazione di figliale affetto, la quale, se tornò di conforto a D. Bosco, fece nel tempo stesso a tutti palese la profonda gratitudine, che i giovani beneficati gli conservano nel cuore. Noi ne parliamo più per ricordare i figli che non il padre ; ne parliamo soprattutto per far conoscere come gli allievi di lui, sebbene già usciti dall'Oratorio Salesiano, e si trovino impiegati in mezzo alla civile società, danno non di meno prova certissima di conservare il frutto di quella cristiana e sana educazione, che nei primi anni D. Bosco diede loro per farli onorati e felici. Anzi siccome ai giovani, per rendere più splendida ed onorevole la festa, si unirono eziandio parecchi illustri personaggi e d'Italia e di Francia, così ci piace di farne qui speciale menzione, quale tributo di nostra riconoscenza.

La dimostrazione ebbe principio sin dalla sera del 23 giugno. Un gran circolo di quasi due mila persone, composto dai giovani interni ed esterni e da molti benefattori e benefattrici , faceva nel cortile ampia corona a D. Bosco , seduto sopra apposito trono, ed accompagnato da varii ragguardevoli personaggi ecclesiastici e laici. Tra questi notavansi il conte Fleury e la contessa Sofia Colle di Francia , e il principe Augusto Czartoryski di Polonia. Sopra un tavolo erano ordinati molti preziosi regali ; il balcone di rimpetto risplendeva di lumi a varii colori, ed un arco portava scritte le parole : Viva D. Giovanni Bosco, formate a fiammelle di gaz.

Letto da prima dall' autore e poscia cantato dai musici coll'accompagnamento della banda un bell'inno, giovani di ciascuna scuola e laboratorio, ed altri che rappresentavano gli Oratorii festivi della città, presero a leggere dinanzi al loro padre e benefattore le proprie composizioni in poesia e prosa, esprimendo riconoscenza ed amore , facendo promesse ed augurii. Va specialmente segnalato un dialogo tra due giovanetti, intitolato: Augurii e speranze per l'anno 1891. In quell'anno, nella Domenica della SS. Trinità, D. Bosco compirà il cinquantesimo anno della sua prima Messa. Ora dal dialogo gli astanti vennero a conoscere che nel 1891 la Domenica della SS. Trinità cadrà nel 24 di maggio, festa di Maria Ausiliatrice. A questa scoperta tutti furono commossi , e da ogni cuore salì una preghiera alla Vergine benedetta, che volesse conservare in vita D. Bosco almeno sino a quell' anno, affinchè ei possa celebrare il suo giubileo sacerdotale. L' anno stesso sarà pure il primo cinquantesimo anniversario della fondazione dell'Oratorio, che ebbe principio nel 1841, il giorno della Immacolata Concezione.

Dopo la lettura di altri componimenti, dopo la ripetizione dell'inno e varie melodie suonate dalla musica istrumentale, facendosi tardi, D. Bosco pose fine al trattenimento, ringraziando brevemente i giovani e le persone che gli facevano corona, ed augurò buona festa a tutti. Accennando poi alle lodi che gli avevano lette, egli disse che del bene fatto si doveva dare lodo a Dio, a Maria Ausiliatrice, e a quelli che avevano aiutato D. Bosco colla loro carità; che in quanto a sé, non avendo le virtù che l'amore dei figli gli attribuiva, avrebbe procurato di acquistarle per l'avvenire, affinché un'altra volta non avessero più a dire bugie da poeta; l'unica cosa ammettere per vera, vale a dire il grande amore che egli portò sempre e porta tuttora ai giovani, pel bene dei quali è pronto a spendere quel tanto di vita che ancor gli resta. Intanto sapendo che molti bramavano pure di esternargli per lettura i proprii sentimenti, D. Bosco con amorevole sorriso e in tono faceto promise che la sera seguente sarebbe ritornato al medesimo luogo per ascoltare le loro lodi.

Il domani fu una giornata veramente allegra e gioconda. Più centinaia di giovanetti e di forestieri si accostarono alla Sacra Mensa nella Chiesa di Maria Ausiliatrice, per implorare sopra di D. Bosco e sopra le opere sue le benedizioni del cielo.

Verso le ore 10 antimeridiane venne ad ossequiarlo una numerosa rappresentanza di oltre a 300 antichi giovani dell'Oratorio, residenti in varii luoghi. Eranvi sacerdoti e prelati , eranvi laici professori e maestri , eranvi degli impiegati civili e padri di famiglia. Accolti alla porta dell'Oratorio col suono della banda dei giovani interni, quei buoni nostri fratelli ed amici si condussero in apposíta sala , dove avvisatone compariva bentosto D. Bosco, accompagnato da molti signori e forestieri e da Sua Eccellenza Revma Mons. Giovanni Bertagna, Vescovo Ausiliare di Torino, il quale nel mattino aveva amministrato il Sacramento della Cresima nella Chiesa di Maria Ausiliatrice. Quei buoni giovani non vennero a D. Bosco colle mani vuote, ma in attestato della sincerità di loro gratitudine gli offrirono un ricco paramentale da chiesa.

Dopo un vivissimo scoppio di evviva e battimani, sorse il signor Carlo Gastini , e come capo della società degli antichi allievi diede ragione dell'insolita gioia dei suoi compagni in quell'avventurato giorno; ringraziò Iddio di aver loro concesso di celebrare il quindicesimo anniversario della loro simpatica festa; si congratulò cogli amici della costante manifestazione di affetto, che davano a D. Bosco, al quale con enfasi tutta sua propria e con inimitabili versi fece i più cordiali augurii di lunga e felicissima vita. Terminò col rendere omaggio di venerazione profonda all'Eminentissimo Cardinale Alimonda e al suo degno rappresentante Monsig. Bertagna , invitando tutti i presenti a ritrovarsi immancabilmente alla trentesima dimostrazione, che egli e gli amici suoi fanno conto di dare a D. Bosco l'anno 1900.

Lesse quindi un discorsetto il prof. Nicola Fabre, ancor egli antico alunno di D. Bosco, e preso a trattare l'argomento della carità lo svolse da figlio amorevolissimo.

Varie bellissime inscrizioni, composte dal prof. D. Giovanni Turchi già allievo dell' Oratorio e molto affezionato a D. Bosco, leggevansi pure qua e colà , le quali col sullodato discorso saranno stampate a parte.

Infine letti dal segretario i nomi dei soci aderenti alla dimostrazione, prese la parola D. Bosco. Disse che gli tornava sempre di grande consolazione vedere i cari suoi figliuoli antichi dimostrarglisi affezionati e fedeli, perché da ciò appare la bontà del loro cuore ; assicurò che avrebbe conservato gelosamente il catalogo dei loro nomi, come non dimenticherà l'offerta che gli vollero fare. In prova del suo gradimento intendeva di passare con essi alcune ore in santa allegria come negli anni scorsi e che a tal uopo sarebbero stati scelti due giorni per dare comodità a tutti di ritrovarvisi. Traendo poi occasione dalla presenza di Mons. Bertagna, D. Bosco lo ringraziò di essersi degnato di onorare quella festa colla sua persona; fece notare ai presenti come fin dai primordii dell'Oratorio egli si mostrasse già uno dei più attivi Cooperateri col venirvi a faro il catechismo ai giovanetti ; che anche per questo godeva di vederlo insignito della dignità episcopale ed averlo per suo superiore ecclesiastico, e conchiudeva col pregarlo di volere impartire a tutti la pastorale benedizione. - Invece di benedire , Mons. Bertagna esortò ad amare D. Bosco ed a seguirne gli esempi, osservando che se è cosa buona ed utile onorare i santi del paradiso, è anche bello il rendere onore e portare affetto a chi in terra col vivo esempio delle opere buone c' insegna a farci santi. Siccome superiore e a nome di Sua Eminenza, Mons. Bertagna rivoltosi poscia a D. Bosco gli ordinò che impartisse egli stesso la sua paterna benedizione, e D. Bosco dovette ubbidire, ammirando tutti e la umiltà dell'uno e l'arrendevolezza dell'altro.

Ma la parte della festa ben meritevole di essere segnalata è quella, che ebbe luogo alla sera del giorno memorando. Sin dal mattino Sua Eminenza Revma il Cardinale Arcivescovo con insigne bontà aveva mandato un sacerdote della sua famiglia ad augurare buona festa a D. Bosco; ma nella sera ponendo il colmo alla benevolenza veniva a ripetergli l' augurio in persona. Egli si trattenne per due ore a privato colloquio con D. Bosco , assistette alla sua cena, e infine udendo che stava per incominciare la presentazione dei doni e la dimostrazione a D. Bosco come nella sera innanzi , ebbe l' incomparabile degnazione di fermarsi con noi per due altre ore ancora, prendendo parte alla nostra festa. Niuno di noi avrebbe osato sperare un sì grande favore; ognuno trasaliva di gioia per l'inaspettato avvenimento, ed in segno di riconoscenza avremmo voluto aver tempo e capacità per festeggiare il Cardinale, che da solo onorava D. Bosco più che non facessimo noi tutti riuniti insieme.

Verso le otto Sua Eminenza , tra le grida festanti di due mila spettatori , ed il suono della banda, veniva ad assidersi nel posto di onore, collocandosi D. Bosco alla sua destra. Dolenti di non poter fare di meglio si scrissero in fretta ed un giovinetto dava principio al trattenimento leggendo con bellissima voce e con sentimento queste poche parole:

« A Sua Eminenza il Cardinale Gaetano Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, grati e festanti applaudono con amore i figli dell'Oratorio di D. Bosco.

Eminenza,

« La bontà del cuore di Vostra Eminenza è veramente pari alla nobiltà ed alla grandezza della Vostra mente. Noi lo vedemmo nelle molte ed affettuose cure, che la Eminenza Vostra ebbe sempre per noi, poveri figli del popolo ; ma più chiaramente lo vediamo oggi, in questo istante solenne, nell' amore , onde venne a confortare ed onorare il nostro amato D. Bosco.

« Nell' onorare il Padre la Em. Vostra onora ancor noi , che gli siam figli ; e la nostra umile festa per la vostra presenza si fa degna di D. Bosco. Oh ! grazie , grazie eterne siano a Voi , benefico Principe.

« Dal Vostro esempio noi impareremo ad amara di più il nostro D. Bosco, e l'esempio del Padre c'infonderà più vivo l'amore, più profonda la riverenza ed inviolabile l' attaccamento al nostro veneratissimo Cardinale Arcivescovo. Cosicchè i nomi dell' E.mo Alimonda e di D. Bosco vivranno incancellabili nei nostri cuori; vivranno congiunti nella stima e nell'affetto, come ora li abbiamo uniti nella gioia e negli applausi.

Dopo questo preludio si cantò l'inno, e poi si passò alla lettura di componimenti in varie lingue, e tra l'alternarsi di questi e del canto e del suono la festa si protrasse quasi sino alle 10. Allora D. Bosco alzatosi ringraziò brevemente il Cardinale della bontà dimostrataci in quella sera, ed annunziò che l'Eminentissimo ci avrebbe dette alcune parole, e tutti le avremmo ascoltate con amore e riconoscenza. Il Cardinale Alimonda con quella fluidità di eloquio, che tanto lo distingue, e colla incomparabile sua prontezza ed abilità, con cui sa trarre dalla Sacra Scrittura i pensieri più nobili e i paragoni più adatti ad ogni circostanza, parlò pressochè in questi termini:

« Per congiungere insieme, disse Sua Eminenza, la festa di S. Giovanni Battista e quella di D. Bosco, o miei carissimi figliuoli, osservo, che il Battista predicava nel deserto e sulle rive del Giordano a penitenza , l' odio al peccato , la pratica della virtù; il Battista preparava la mente ed il cuore delle turbe a conoscere ed amare Gesù Cristo; il Battista insegnava chi Egli fosse, e lo mostrava dicendo : Ecco l'Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati del mondo; e a Lui conduceva le anime.

« Or bene, se a quel deserto può paragonarsi la società presente, ecco che in questo deserto, e sulle rive del Po e della Dora, D. Giovanni Bosco imita l' esempio di S. Giovanni Battista e si fa precursore. Sì, anche D. Bosco fa conoscere ed amare Gesù Cristo; lo fa conoscere ed amare negli Oratorii e negli Ospizi; lo fa conoscere colla parola e cogli scritti ; lo fa conoscere ed amare nelle città e nelle campagne; e per mezzo dei suoi Salesiani lo fa conoscere ed amare ancora nelle più lontane parti del mondo.

« A S. Giovanni Battista accorrevano le turbe per udirlo, e qui altre turbe accorrono pure intorno a D. Bosco. Queste turbe bene avventurate siete specialmente voi , miei carissimi figliuoli. Deh ! ascoltatelo sempre questo precursore, fate quello che vi dice, ed egli vi condurrà in seno a quel Gesù, che solo può rendervi felici nel tempo e nella eternità.

« Ed ora per confermarvi nei buoni pensieri ed aiutarvi a mantenere le promesse , che avete fatto a D. Bosco in questa festa, io v'impartisco con tutta la effusione del cuore la pastorale benedizione. »

Allora tutti e giovani e forestieri si prostrarono e ricevettero la benedizione dall' amorevolissimo Pastore.

L' Eminentissimo Principe di Santa Chiesa ci lasciava poco prima delle dieci, dopo essere stato circa quattro ore con noi. L'Oratorio di S. Francesco di Sales non dimenticherà giammai il tratto d'insigne bontà, che egli ci usò in quel giorno, e noi andiamo alteri di tramandarne la memoria alla più tarda posterità.

LA CORONA ALLA FESTA.

Mettiamo la corona a questo nostro cenno, riportando qui un bell' articoletto , che poco dopo vide la luce nella benemerita Unità Cattolica , scritto da un bravo giovane esterno, R. P., che ama il Cardinale e D. Bosco con un affetto invincibile. Ecco come egli descrisse la nostra festa:

« L'ONOMASTICO DI DON BOSCO « festeggiato dal Cardinale Alimonda Arcivescovo di Torino.

« Sempre belle, sempre commoventi le feste dei figli affettuosi verso il loro padre ! E una di queste feste di famiglia, di queste tenere manifestazioni di amore ebbe luogo domenica a Valdocco nel Collegio di D. Bosco. Si volle solennizzare da preti e da giovani studenti e operai il giorno onomastico del loro fondatore e padre D. Giovanni, con un trattenimento accademico. - Una festa in onore di Don Bosco ! e data da cuori giovani e pieni di affetto, non poteva che riuscire solenne e commoventissima ; non poteva non attirare una folla grande di signori e signore. Chi non ama e non istima Don Bosco? Se non che il compimento alla festa lo portò l'Eminentissimo Cardinale Arcivescovo , recandosi a fare una sua visita a Don Bosco e fermandosi per circa quattro ore al Collegio. Dire l'entusiasmo , la gioia de' giovani e de' sacerdoti salesiani per l'arrivo di Sua Eminenza è impossibile. Alle 7 e tre quarti cominciò la graziosa accademia nel secondo cortile a destra dell'entrata. Il tempo ha fatto un'eccezione per Don Bosco, e in tutto il corso dell' accademia fu buono. Un palco era preparato, in cui si assisero Don Giovanni, il Cardinale Arcivescovo e parecchi illustri signori stranieri venuti ad onorare di loro presenza la festa. Davanti al palco a parole grandi di fuoco leggevasi Viva D. Giovanni Bosco ! Tutt'attorno alla piazza splendevano ornamenti di ogni specie, che, illuminati da gaz, facevano un bellissimo effetto. Si diè principio al trattenimento con un inno composto dal sacerdote Lemoyne e messo in musica dal salesiano Dogliani.

« Poi si succedettero i giovani, declamando poesie con molta grazia e disinvoltura. Bello il complimento recitato in varie lingue da giovani vestiti secondo l'uso dei vani paesi. C'era il Francese, il Tedesco, l'Americano , il Cinese , l'Inglese , il Laziale e il Greco. Chi rallegrò molto, e si fece applaudire, fu l'operaio Gastini, uno dei primi discepoli di D. Bosco , che recitò un po' di tutto, specialmente in dialetto piemontese. - La Sezione degli operai di Borgo Dora presentò , per mezzo del reverendo Gautier, una ricca stola e un mazzo di fiori a Don Bosco. E belli apparati sacri vennero pure offerti a lui da sacerdoti già suoi alunni.

« Parlò anche D. Bosco, ringraziò tutti, e più di tutti il Cardinale, della bontà che ebbe nel fermarsi tanto tempo con lui. Le parole del venerando Don Giovanni furono ascoltate con religiosa attenzione. Per ultimo parlò Sua Eminenza, parlò brevemente, perchè era tardi, ma disse tanto bene e cose tanto belle , che commossero tutti. Paragonò Don Bosco al Battista, che evangelizzava le turbe nel deserto. Se la società civile è per molta parte un deserto, trova in Don Bosco un secondo Battista, che tira le anime al Vangelo e alla Chiesa. Sua Eminenza benediceva poscia tutti gli astanti, e partiva applaudito ripetutamente. - Così terminò la cara onoranza a Don Giovanni Bosco, a questo prete che fa parlare di sé l'Europa e l'America, e che intanto a vederlo si direbbe l'uomo più pacifico e tranquillo del mondo; a quest' uomo provvidenziale , che ha una parola d'affetto per tutti, che riceve tutti alla stessa maniera i principi come i poveri , che si ferma ad accarezzare i fanciulli che trova nei cortili o per le scale con la stessa buona grazia con cui va incontro al Cardinale Arcivescovo : a quest' uomo , che ci fa tanto bene sentire Iddio e la sua Provvidenza. Ma se terminò l'onoranza pel suo onomastico non terminò in nessun cuore l'amore a Don Bosco. Viva lungamente questo Padre dei poveri, questa gloria del Piemonte e d'Italia ; viva e stenda la sua benefica influenza da un confine all' altro della terra. »

( Unità Cattolica, n. 150, 26 Giugno. )

LA PATAGONIA e le Terre Australi del Continente Americano.

Parte terza.

CAPO VI.

Armi e strategia militare.

Gli abitanti delle Pampas già riuscirono a provvedersi di fucili e di armi da fuoco rubate ai soldati Argentini. Ma le uniche armi offensive dei veri Patagoni sono l' arco e la freccia , la fionda , i bolas e i lazos. L' arco lungo circa novanta centimetri non ha ornamento alcuno : esso è fabbricato di legno bianco incurvato fortemente, e munito di corde fatte con tendini d'animali. Le frecce di legno e fortissime sono ad una estremità guernite di piume bianche di uccelli di mare corte e ruvide, e l' estremità opposta è armata di un arnese di selce o pietra focaia con molta arte tagliata a punta, con in basso due uncini ricurvi in senso inverso. Questa punta aderisce debolmente, così che, quando si vuol estrarre la freccia dalla ferita , essa si allarga considerevolmente , e la punta rimane nella carne. E' mirabile la destrezza, con cui gli Indi si servono dell'arco.

Fanno pure uso di un giavellotto molto breve e di una fionda delle più semplici, fatta di pelle, allargata verso la metà della sua lunghezza per ricevere la pietra, che essi slanciano ad una grande distanza con una destrezza quasi senza esempio. Ma di tutte le loro armi la più formidabile è quella, che essi chiamano bolas. Essa consiste in due pietre dette locayo, del peso circa di mezzo chilogramma ciascuna, ricoperte di cuoio ed attaccate ai due capi di una corda lunga circa 4 metri. Onde servirsene, tengono una delle pietre in mano, fanno girare l' altra al disopra della loro testa , finchè abbia ricevuto una forza bastevole, e la dirigono lanciando la prima. Furono veduti colpire colle due pietre ad un tratto e ad una distanza molto ragguardevole un segno non più grosso d' una noce. Il lazo o laccio è altr' arma, che adoperano specialmente nella caccia per prendere gli Animali ; ma se ne servono anche in guerra e nelle scaramuccie, per prendere i nemici e trarli a sè avvincolati, nel che riescono mirabilmente.

Le armi difensive dei Patagoni sono appropriate ai mezzi d'attacco. Nel giorno della battaglia, dice D' Orbigny, hanno una sola specie di larga cintura di cuoio ai lombi da cui pendono le loro armi; ma i grandi guerrieri, o i capi, sono coperti da un'armatura molto originale, che essi imitarono dagli Aucas. Indossano cioè una lunga corazza a maniche, somigliante ad una camicia, e composta di sette ad otto doppi di una pelle morbida perfettamente preparata, dipinta al disopra di giallo, e munita di una lunga fascia rossa sulla linea mediana : il collo di questa corazza innalzasi fino al mento e copre una parte della faccia. Con quest' armatura portano una specie di elmo formato di due pelli unite insieme, nella forma di un gran cappello ad ali larghe, adorno di lastre d'argento o di rame, attaccato di dietro al collo della corazza e rattenuto sul davanti con una barbozza di cuoio. La corazza discende fino ai ginocchi ed è molto incomoda a cavallo.

I Patagoni spiegano in guerra molta astuzia come tutti i selvaggi dell'America. Non corrono mai all' assalto, senza che il capo abbia fatto prima una lunga arringa per eccitare l'ardore dei suoi soldati. Mettono pure grande studio per conoscere la posizione del nemico, e mandano a quest'uopo esploratori a dieci o dodici leghe lontano. Questa precauzione e l' uso delle sorprese costituiscono per loro tutta l'arte della guerra. I Patagoni mostrano una pazienza ed una destrezza maravigliosa, quando vogliono assalire i loro nemici all' improvviso. Attaccano i loro cavalli ad alberi lontani , per non lasciare alcuna traccia del loro passaggio, si strascinano con piedi e con mani, e talvolta camminano a carponi per tema di essere veduti. Onde sentire il menomo rumore applicano sovente il loro orecchio contro la terra, e con questo mezzo distinguono approssimativamente il numero dei guerrieri, che avranno a combattere. Quando si sono bastevolmente disposti , attendono il ritorno delle tenebre, e appena si alza la luna, piombano con furore sopra il nemico e lo sgozzano senza compassione. Queste sorprese non hanno mai luogo che nei plenilunii , perchè gli assalitori non abbiano a temere errori funesti, e in caso di sconfitta fanno talora anche due giorni e due notti di marcia non interrotta.

Or fa meno d'un secolo i Patagoni combattevano ancora a piedi. Diffatto il cavallo non è punto originario d'America; esso vi fu naturalizzato dagli Europei , dai quali gl' Indigeni impararono , con una superiorità maravigliosa, il modo di domarli e di servirsene utilmente. I Patagoni del nord sono pressoché inseparabili dalle loro cavalcature, al punto che la maggior parte de' viaggiatori non li videro che a cavallo. Per lo più cavalcano senza selle o con selle rozzissime. Le staffe per lo più sono di legno ed appena capaci di contenere il pollice del piede ; gli sproni sono sovente fatti di due piccoli pezzi di legno mobili riuniti da una correggia.

Voglia il Cielo fare sì che l'ardore guerriero , che anima quelle tribù selvaggio, si cangi presto nello spirito di santa emulazione per le arti della pace, mediante quella fede e carità cristiana, che affratella tutti i popoli e li stringe insieme come membri di una stessa famiglia. I Missionari Salesiani sembrano aver ricevuto da Dio il glorioso compito di far risplendere la face di questa fede e di far sentire l' ardore di questa carità , e il risultato finora ottenuto fa aprire il cuore a speranze ognora più felici. Si degnino anche i Cooperatori e le Cooperatrici di pregare per essi, e di soccorrerli di loro limosine a vantaggio di tante creature ragionevoli tuttora abbandonate.

L' AMAZZONIA.

Sublime destinazione del Cristoforo.

Signori, il giorno in cui il Cristoforo comincierà il suo viaggio, aprirà un periodo nuovo nella storia delle Amazzoni. Omnis vallis exaltabitur, disse Isaia, ogni valle sarà esaltata. Giunse la volta per la nostra. Questa gran valle tanto umiliata, tanto depressa , comincierà ad essere esaltata, ad essere elevata , ad essere nobilitata , ad essere collocata a poco a poco nell'altezza de' suoi destini morali.

Lasciate passare il Cristoforo - che egli va a dare il primo impulso alla grand'opera. Con questo incominciamento già il popolo andrà sentendo rinascergli le speranze , rivivere i suoi buoni istinti, e tutto fremerà al primo soffio della rigenerazione, che di qui a poco lo scuoterà da tutti i lati. È il soffio dello Spirito, che rinnova la faccia della terra; è una irradiazione del Verbo, che riverbera dalle profondità dell'Eternità; del Verbo, che è la verità ; principio , da cui le altre tutte prendono il loro splendore ; del Verbo, che è il dettame delle ragioni eterne, la luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo.

Lasciate passare il Cristoforo; che esso va spinto da una forza invisibile. É l'Amore. Anche adesso vi confessava io che eravamo fiacchi. Fiacchi e molto fiacchi , signori , e la fiacchezza medesima siamo noi altri, che rappresentiamo la Chiesa. Sul principio eravamo dodici pescatori ignoranti, solo avevamo di nostro una croce di legno, e il nostro sangue corse a rivi durante trecent'anni negli anfiteatri e sugli eculei. Ma questo sangue dei martiri fu la semente dei cristiani : ma questi dodici pescatori furono i maestri del genere umano; ma codesta croce di legno squarciò le prospettive illuminate di una nuova civilizzaziene , ed Ella sta sopra la cupola di S. Pietro, segnando il punto culminante a cui può giungere il genio umano sotto l'irradiazione del Vangelo. E che dal Cuore di Gesù moribondo passò per quello della Chiesa una fiamma misteriosa, l'Amore.

La Chiesa è madre , signorì ; la Chiesa ama. Ha nei suoi occhi lagrime ; ha nel cuor suo un tesoro d'amore. Ecco il segreto di sua forza. Niuno resiste all' amore, e all' amore d' una Madre ! L'amore è la immolazione propria , è il dono di sè , è il sacrifizio , è la devozione , è la benevolenza che s'inchina, è la misericordia che perdona, è la carità che pone con grazia e delicatezza infinita l'apparecchio sopra le piaghe, è la generosità che comunica tutto il bene che si possiede senza speranza di ricambio. Ecco l' amore ! E la nostra forza. Non ve n'ha maggiore in questo mondo !

Lasciate passare il Cristoforo, lasciatelo portare a codesti popoli disprezzati un poco cl' amore, di cui essi han bisogno. È mestieri che essi sappiano, che vi è ancora in questo mondo chi si interessi per loro, chi li consoli, chi li animi , chi li consigli, chi apra loro gli occhi , chi loro ristori il morale, chi li rigeneri ad una vita migliore.

Lasciate infine passare il Cristoforo - che egli porta l' azione feconda della Chiesa, il cui fine— e ristorar tutto nell'ordine perfetto di Cristo : instaurare omnia in Christo; di quella Chiesa diciotto volte secolare, che tutti i grandi pensatori salutano come l' alma mater della civilizzazione , perchè Ella è il primo sostegno della verità e della giustizia nel mondo ; l' organo vivo in che risuona la voce di Dio, parlando con efficacia all'uomo.

» Sei tu, Chiesa santa, esclama il gran Dottore S. Agostino, che offrendo tenerezza all' infanzia, forte disciplina alla gioventù e riposo alla vecchiaia , dirigi ed insegni secondo l'età del corpo e quella dello spirito Tu rendi soggetta per obbedienza la moglie al marito, per la costituzione della società domestica. Tu dai il potere ai mariti sopra le mogli, non per depressione di un sesso fragile, ma sotto la legge di una sincera amicizia. Tu subordini i figlìuoli ai genitori per libera dipendenza, e confidi ai genitori sopra i figliuoli una libertà santa. Tu congiungi i fratelli con un vincolo di religione più forte e stretto che quella del sangue, e rispettando tutti gli impegni della natura e della elezione , pieghi con la carità i vincoli della parentela e dell'alleanza. Tu insegni ai servi di dedicarsi ai loro padroni, non tanto per necessità di lor condizione, quanto per coscienza del dovere. Tu rendi i padroni indulgenti verso i servi per considerazione del grande Iddio, Padre comune di tutti. Tu leghi i cittadini ai cittadini , le nazioni alle nazioni , e tutti gli uomini fra loro , avvicinandoli non solo per la società, ma ancora per la fraternità.

» Tu istruisci i re a vegliare pel bene dei popoli; i popoli a sottomettersi ai re. Tu insegni a chi è dovuto l'onore, a chi l'affetto, a chi il rispetto, a chi il timore, a chi la consolazione, a chi gli avvisi, a chi i consigli, a chi le censure, a chi il castigo, mostrando come tutti non hanno diritto a tutto, e come a tutti è dovuta la carità, a niuno l'ingiustizia. »

Ecco il principio di ordine, di pace, di armonia sociale , di vera libertà , di svolgimento fecondo, di legittimo progresso, che porterà nei suoi fianchi il Cristoforo.

Se una visita pastorale rapidamente fatta , in condizioni poco favorevoli, concilia tanti sposi disuniti, pacifica tante discordie fra i cittadini, santifica tante unioni già illegittime, fonda tante nuove famiglie sopra la base della religione e della morale , consolida in tanti la fede scossa , scuote il torpore dell' indifferentismo e produce in somma tanti e sì grandi beni, che farà mai cotesta missione permanente, la quale mercè la rapidità del vapore farà sentire il suo influsso per tutti gli angoli anche più remoti della valle delle Amazzoni, e rendera più frequente per ciò stesso e più efficace questo sforzo, per riformare i costumi?

Ah ! signori, questi popoli riconoscenti si leveranno per salutare con trasporto di gioia e tenerezza l'arrivo del Cristoforo. È l'angelo che viene a consolare quella povera Agar, abbandonata nel suo deserto ! É Dio che viene a loro ! È Gesù, il buen Pastore che viene indulgente a visitarli , camminando sopra le acque : Venit (Jesus) ad eos, ambulans super mare (Math. xix, 25 ). I suoni argentini delle campane , quel tempio tutto illuminato, quei sacri canti, quegli accordi melodiosi dell' organo , che rimbomberanno da lungi sulle onde tranquille, destando l'eco delle solitarie foreste , quell' apparato augusto delle solennità del Natale, della Settimana Santa, di Pasqua, lo splendore degli ornamenti sacerdotali del Santuario in mezzo a quei romitaggi, dove coteste cose erano assolutamente sconosciute, strapperanno lacrime di gioia e tenerezza a quelle anime ingenue. Sarà una visione celeste per loro : sarà come un'apparizione raggiante in mezzo alla tristezza abituale del loro vivere ! Allora prenderanno esse ad imprestito le parole del Re Profeta : Sopra i fiumi stese Iddio il potere della destra del suo Cristo (Psal. 88). Hai visitato, Signore, questa terra, e l'hai inzuppata e l'hai arricchita di molte maniere. Il fiume di Dio è ripieno di acque , e per loro mezzo ci dai il nutrimento... Coronerai con la benedizione della tua benignità tutto il corso dell'anno, e i tuoi campi saranno grandemente ubertosi e il deserto si impinguerà di frutti, pieno di leggiadria (PsaL Lxiv ). E la voce del Signore sopra le acque, è il tuono della maestà di Iehova, è il Signore che vien sopra le molte acque. È la voce del Signore che scuote il deserto, è la sua luce che penetra le ombre delle foreste - relevabit condensa - e nel suo tempio tutti celebreranno la sua gloria. - Et in tempio eius omnes dicent gloriam (Psal. 28).

Ah ! come i medesimi fiumi balzeranno di allegria e romperanno in applausi : Flumina plaudent manu (Psal. 97) ; e come le voci degli uomini e della natura , canteranno con accordi sublimi : O mari e fiumi, benedite al Signore : Benedicite maria et flumina Domino ( Dan. III , 78 ). Chi non approverà, chi non loderà , chi non abbraccierà, chi non promuoverà con tutte le forze sue coi più ardenti impegni di cui è capace , un mezzo così facile di portar il conforto , l'animazione, la vita a un grande popolo sparso ed abbandonato? Sì, signori, abbandonato, poichè, siamo giusti e franchi, ancora non si è fatto uno sforzo vero e serio per innalzare le popolazioni delle Amazzoni al di sopra del puro vivere materiale, e per formare un popolo ricco, religioso, morale e rispettato, e patriottico. Non si è fatto ! La grande massa del popolo delle Amazzoni ivi giace al disprezzo, abbandonata a se stessa , sentendo chiudersi i suoi orizzonti, ogni volta più offuscati.

Il Cristoforo è uno dei mezzi (non dico l'unico) e dei più poderosi per rimediare e riparare questo gran male ! Quanto agli indigeni ancora selvaggi, dobbiamo fare per essi, signori, quel che potremo. No, non passerà molto tempo , senza che suoni per questa povera razza proscritta l'ora della Redenzione ! Bastano già trecent'anni di barbarie per lei , per noi di vergogna ! Il secolo XX non la troverà più nel medesimo stato orrendo e deplorabile, in cui ora la vediamo. Questo corpo di sacerdoti, interamente consecrato a promuovere la civilizzazione delle Amazzoni, impiegherà gli ozi del viaggio e del ministerio , nell' apprendere i loro gerghi , nel formare catechisti ed interpreti, ed estenderà cure assidue ed intelligenti a quelle misere orde, e quando si saranno stabilite in mezzo a loro missioni fisse , con metodo più razionale , queste saranno frequentemente visitate, ed ispezionate dal Cristoforo, e prenderanno così nuovo impulso ed incremento.

La visita pastorale che si fa ora, in modo così poco conveniente, essendo molte volte il Prelato obbligato a funzionare in povere baracche, od in chiesuole mezzo diroccate, non parlando degli incomodi, difficoltà o occasioni arrischiate di lunghi viaggi fatti in barchetta od in piccole lancie, si troverà immensamente facilitata dal Cristoforo e farà doppio bene, per la maestà , decenza e splendore degli atti religiosi che l'accompagnano.

Infine considerati sotto tutti i riguardi i vantaggi spirituali, che ridonderanno dal nostro tempio natante, sono altrettanto numerosi quanto incontestabili.

Beni temporali.

Ma non lo sono meno i temporali.

1° I poteri pubblici sono i primi interessati in questa nostra impresa.

Per la moralizzazione dei cittadini si aumenta la prosperità dello stato. Istruire ed educare un popolo è migliorargli le condizioni anche economiche : Cercate in primo luogo il regno di Dio e la sua giustizia, e avrete di sopra più tutte queste cose (Matt. vi, 33). Questa sentenza evangelica è un assioma di economia politica. Le ricchezze sono figlie del lavoro, il lavoro della morale, la morale della religione.

La spesa del Cristoforo sarà dunque eminentemente produttiva. Mille braccia inerti saranno utilizzate, le abitudini regolari della vita diminuiranno la mortalità, e la produzione della valle Amazzonica crescerà in una proporzione incalcolabile. Quel che darà il Governo sarà pertanto mera anticipazione, che tornerà di poi all'erario con interessi triplicati. Se volesse il Governo , se volessimo tutti , le popolazioni delle Amazzoni non continueranno stazionarie e stagnanti, come il gran lago che Agassiz suppone nei tempi preistorici ; esse imiteranno i loro vorticosi fiumi, correranno maestosamente per le vie del progresso, andranno col Brasile intero, colle altre nazioni cristiane del globo a portare il loro ampio contingente al grande Atlantico della civilizzazione universale.

I poteri pubblici che hanno per missione speciale di promuovere il perfezionamento delle società umane in tutte le ramificazioni di loro attività fisica, intellettuale, morale e religiosa, sono pertanto obbligati a stendere la mano proteggitrice al Cristoforo, mostrando in tal guisa che si interessano seriamente per il bene del popolo brasiliano, i cui destini sono loro confidati.

Il popolo brasiliano non è quel solo, che s'immerge nel lusso e s'inebria dei piaceri e divertimenti !

Il popolo della campagna, la classe operaia, la immensa turba che quivi vegeta e muore senza l'essenziale, in abbandono, è ben anche brasiliana, è più brasiliana ancora. Si disingannino gli artisti, disingannisi la parte dirigente di questa nostra cara Nazione, (loro parlo come amico sincero e rispettoso) che le popolazioni del Brasile non sono come cesti di frutta , da cui si scelgono alcune come buone, e le altra si gittan via come fracide. Ancora una volta : Il popolo brasiliano non è solo quello che passeggia nella Corte , e nelle capitali della provincie ! Preferenze e disuguaglianze nel particolare rovinano le famiglie, nel comune, gli Stati. Vergogna a quelli che hanno inspirato ai poteri pubblici del mio paese la discredenza nell'elemento indigeno, cioè la discredenza della massa della gente operaia della valle delle Amazzoni, e può dirsi di tutto l'interno del Brasile , che tutta deriva più o meno da codesto tronco così disprezzato.

Questa discredenza ha generato l'ignavia in ciò, che riguarda i grandi interessi delle nostre popolazioni rurali, ed ecco la ragione dello stato d'abbattimento e prostrazione quasi mortale , in cui quivi le vediamo. La gentilità indigena già è quivi in gran parte scomparsa , sterminata , distrutta. Che n'è di tante e sì numerose tribù menzionate nei nostri itinerarii e istorie , o che ancora non sono molti anni esistevano ? Le finì, le esterminò il disprezzo criminoso in che le lasciammo. Così dovranno svanire, e dispariranno quelle che ancora rimangono. Ah ! dovrà darsi caso , che il nostro ideale sia quello degli Stati Uniti - innalzar l'edifizio della prosperità sopra la sepoltura d' una razza ?...

No; il Brasile nazione generosa e cattolica , a cui appartiene la egemonia delle nazioni latine dell'America del Sud, non adotta, non può adottare somigliante ideale. Nell'America del Nord, dominata dall' individualismo delle sétte , comprendesi la violenta ed appassionata ripugnanza che inspira il meticismo delle razze umane ; nell'America del, Sud però con lo spirito cattolico domina la carità universale per tutti gli uomini senza distinzione di colore. E apprezzamento, molto onorevole per noi, di Eliseo Reclus.

« Se l'America del Nord, dice questo preclaro » scrittore, è più Europea, più individualista, più » attiva, l' America del Sud è più umana; a lei » spetta l'onore di invitar tutte le popolazioni an» cora barbare alla grande pace della Nazioni. » (La terre, Tom. II, pag. 669).

Più umana ! Ecco un nobile titolo per decorare la nostra nazione. Per noi la grande politica, signori, la politica di volo alto , di viste che spíngonsi lungi assai, si è quella che cercherà riunire tutti gli elementi sparsi di nostra vita nazionale, tutte le forze, tutti i mezzi interni della Nazione, per fare di tutto un complesso armonico, un tutto omogeneo , che cammini sotto vigoroso impulso alle conquiste dell'avvenire.

Solo così avremo un Brasile, veramente brasiliano , una nazione che figurerà nella storia con una fisonomia propria.

Si sono spesi carri di danaro, centinaia di migliaia di contos, con colonizzazione straniera, e perchè ragion non si ha da prender cura altresì della colonizzazione nazionale ?

Faccia alcuna cosa il Governo per la civìlizzazione di questa così ricca regione, sulla quale fissa lo straniero lunghi occhi d'invidia.

Protegga , animi , aiuti l' idea del Cristoforo , che è una attenzione per questi popoli abbandonati , che è uno sforzo per migliorarne la sorte, aumentando nel tempo stesso la ricchezza della nazione.

2° Il commercio coglierà pure dalla nostra impresa i più ampli vantaggi.

Quel che rovina il commercio, è l'infedeltà degli avventori, che abusano del credito che loro è dato, restando nell'impossibilità di disimpegnare i loro compromessi. Quel che rovina il commercio è la vita incerta, errante degli operai , la crapula, le orgie che intercettano o fanno cessare del tutto il lavoro , e per conseguente scemano o inaridiscono del tutto le fonti di produzione.

Di qui, per lui la necessità di innalzare smisuratamente i suoi prezzi per compensare continui lucri cessanti e danni emergenti. Di qui la povertà, donde non possono uscire le classi operaie, arretrate per una parte dai loro proprii disordini, ignoranza e imprevidenza, e per l'altra dai debiti onde si trovano sempre aggravate , quantunque possa ogni buon operaio realizzare per ciascun giorno circa due lire sterline !

La moralizzazione di codesti popoli , la formazione delle coscienze, la cessazione delle abitudini viziose, accrescerebbe fiducia al commercio, e porrebbe un giusto equilibrio nelle sue transazioni.

Non ci sarebbe tanta frode, sarebbe migliore la sanità, crescerebbe il lavoro, aumenterebbe e di molto la produzione , più pingui sarebbero e più certi i lucri. Questo è fuori d' ogni controversia. Là dove attivato, com' è, il commercio , comprenderà perfettarnente , che egli deve essere il primo impegnato nella umanitaria impresa del Cristoforo.

3° In fine le medesime scienze avranno vantaggi da ricavare da codesti viaggi. La Chiesa mai non fu loro indifferente. Abbiamo alcuni sacerdoti inclinati a questi belli studi, e loro non sarà difficile negli intervalli delle loro fatiche apostoliche dedicarsi alle investigazioni, nella vasta provincia delle scienze naturali.

La flora delle Amazzoni ha ancora prodigi reconditi, e non lascieremo soltanto allo straniero il gusto e l'onore di scuoprirli.

Molte posizioni geografiche potranno essere fissate, molte quistioni topografiche ed etnografiche risolte. La meteorologia, l'archeologia, la geologia , la medicina ha per avventura da arricchirsi per l'avvenire con importanti scoperte, dovute ai viaggi del nostro Cristoforo per l' immensa rete fluviale Amazzonica, che si addentra nelle terre, come sapete, ancor vergini di esplorazioni scientifiche.

Tutti questi vantaggi sono sensibili, e toccansi, per così dire, colle dita.

Con permesso dell'Aut. Eccl.-FERRARI GIUSEPPE gerente respons.

Tip. San Vincenzo de' Paoli, Sampierdarena 1884.

OPERE PUBBLICATE NEL MESE DI GIUGNO dalla TIPOGRAFIA SALESIANA di Torino

LETTURE CATTOLICHE

Pubblicazione mensuale-Prezzo annuo L. 2 23.

DAMIANI (Sac. Siro). Guglielmo; Racconto. - Un vol. in-32', pag. 384 (376-78)    L. 0 60

BIBLIOTECA DELLA GIOVENTÙ ITALIANA.

Pubblicazione mensuale-Prezzo annuo L. 6. 0O.

CASTIGLIONE (Baldassar). Il Libro del Cortigiano corretto ad uso della gioventù. - Un voi. ia-32', pag. 396 (1.86-87)    L. 1 2(`

In corso di stampa IL PÀRADISO PERDUTO DI GIOVANNI MILTON

TRADOTTO

DA LAZARO PAPI

con note di L. MATTEUCCI.