BS 1880s|1888|Bollettino Salesiano Maggio 1888

ANNO XII - N. 5.   Esce una volta al mese.   MAGGIO 1888

BOLLETTINO SALESIANO

DIREZIONE nell'Oratorio Salesiano - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

Sommario: La Festa di Maria SS. Ausiliatrice-Novena di Maria Ausiliatrice -Grazia ottenuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice-Don Michele Rua-Commemorazioni funebri di Don Bosco- Monsig. Giovanni Cagliero in Vaticano-La Filosofia, la Storia e le Lettere nel concetto di Leone XIII -I sentimenti di Don Bosco intorno al Papa-Don Bosco ed il Cardinale Massaia - Don Bosco ed il P. Denza - Don BOSCO e Cesare Cantù - I funerali - Grazia ottenuta per invocazione di Don Bosco - Dalla Patagonia - Conferenza ai Cooperatori Salesiani ia Genova.

LA FESTA DI MARIA SS, AUSILIATRICE,

Il giorno 21 maggio celebreremo la festa di Maria SS. Ausiliatrice nella chiesa di Valdocco. Con tutta la pompa possibile noi daremo alla Vergine Madre di Dio quell'onore, quella gloria maggiore che per noi si potrà.. Ma questa; in quest'anno, quali nuovi pensieri non desta nel nostro animo! Abbiamo udito D. Bosco tante volte annunziarci l'erezione di questo tempio, quando deserte erano queste regioni, e con particolare compiacenza descriverci la mole che si sarebbe innalzata, il titolo di Ausiliatrice col quale sarebbe stata invocata Maria, le grazie segnalate colle quali sarebbero statì soccorsi coloro che l'avrebbero invocata. Il nostro sguardo ancora lo contempla quando disegnava il luogo, tracciava le fondamenta; e quando mancante di ogni sussidio umano non aveva di che pagare i capi mastri, esclamava : - Non dubitate : Maria SS. è quella che si fabbricherà questa Casa, che aprirà qui la fonte inesauribile delle sue grazie.

Ci brilla ancora innanzi la gioia profonda e tranquilla che splendeva in lui nelle feste solenni della consecrazione, quando in mezzo a tanti Vescovi, al concorso sterminato dei fedeli, andava replicando le cento volte

Aedificavit sibi domum Maria. Ci pare ancora di vederlo nell' annuale occorrenza di questa festa o all'altare celebrare la santa Messa circondato da tanti devoti venuti per unirsi con lui in ispirito di preghiera, o nella sacrestia, nei cortili cinto da tante turbe che chiedevano di essere benedette.

Ed ora? Siamo al 1888 ! L'ornamento più bello di questa festa dunque è scomparso? Più non vedremo la mano di Don Bosco alzarsi e benedirci, più non udremo la sua voce ispirarci inalterabile, vivissima fiducia nella Madonna?

Ah no ! Lungi da noi ogni pensiero men lieto. Don Bosco fu lo strumento del quale si servì la Madonna, volendo essa a nostro vantaggio aver nuove glorie sopra la terra. Maria è la causa di tutte le nostre consolazioni. Il ricordo di D. Bosco, le sue imprese devono animarci a sempre maggior confidenza in Maria, poichè esso è una prova, una testimonianza solenne di quel motto che Chiesa Santa mette sulle labbra della celeste Regina: Ego diligentes me diligo. Io amo coloro che mi amano. E Tutti sappiamo quanto Don Bosco amasse la Madonna, e ciò ci dà ragione fortissima di sperare avverata quell' altra parola : Qui elucidant me vitam aeternam habebunt, e quindi che il nostro amico, benefattore, padre ora possa molto più che una volta giovarci colle sue benedizioni e colle sue preghiere.

Sia dunque lieta e felice per noi anche in quest'anno la festa del 24 maggio. Continuiamo in ogni nostra necessità a ricorrere alla nostra carissima Madre, Maria SS. Ausiliatrice, l' esempio di D. Bosco ci sia stimolo e conforto, sicché anche per noi possa sempre dire e dimostrare la Vergine SS.: Ego diligentes me diligo. Santifichiamoci colla s. Confessione e colla santa Comunione, colla elemosina redimiamo le nostre colpe e procuriamoci intercessori presso il Signore, e invochiamo sovente Maria colla giaculatoria Maria Auxilium Christianorum, ora pro nobis : e anche per noi si avvererà quella cara promessa: Qui elucidant me vitam aeternam habebunt.

NOVENA DI MARIA AUSILIATRICE.

Diamo qui l'orario delle sacre funzioni durante la Novena e del giorno della solennità, e intanto invitiamo i Cooperatori e le Cooperatrici della divota città a prendervi parte ad onore dell'Augusta Regina del cielo.

A quelli poi, che non possono intervenirvi, raccomandiamo che vogliano celebrarla privatamente, recitando per nove giorni qualche speciale preghiera, o compiendo qualche altra pratica di cristiana pietà. A questo scopo giova un apposito libretto intitolato : Nove giorni consacrati alla Augusta Madre di Dio. Contiene una considerazione, un esempio ed una pratica per ogni giorno ed é molto acconcio alla circostanza (1).

Orario delle sacre funzioni.

La Novena comincia il 15 maggio.

In ciascun giorno lungo il mattino sino alle ore 11 vi sarà celebrazione di Messe e comodità di accostarsi ai santi Sacramenti della Confessione e Comunione.

Nel mattino dei giorni feriali alle 5 1/2 ed alle 7 1/2 Messa e Comunione con particolari esercizi di pietà ; e nella sera alle 7 canto di una lode sacra, predica e Benedizione col SS. Sacramento.

Nel dì di Pentecoste l'ordine delle funzioni cangia come segue: Al mattino, alle ore 7, Messa Comunione generale; alle ore 10 1/2 Messa solenne ; alla sera verso le 3 1/2 Vespri, predica, e Benedizione col SS. Sacramento.

Tutte le pratiche religiose, compresa la Messa delle ore 7, le Comunioni e le preghiere del giorno festivo che occorre durante la Novena, sono offerte a Dio secondo la pia intenzione dei Benefattori e delle Benefattrici della Chiesa e delle Opere salesiane.

Mercoledì 23 maggio.

Nel mercoledì, 23 maggio, vigilia della festa, si farà la Conferenza pei Cooperatori e per le Cooperatrici salesiane nella chiesa di Maria Ausiliatrice, alle ore 3 1/2 pom.

Il prodotto della questua della Conferenza sarà pel restauro della chiesa di Maria Ausiliatrice, danneggiata dal terremoto dello scorso anno.

Alle 6 1/4 pom. Primi Vespri, predica e benedizione col SS. Sacramento.

Giovedì 24 maggio.

SOLENNITA' DI MaRIA aIUTO DEI CRISTIANI.

Mattino. - Alle ore 7 Messa e Comunione generale. - Alle ore 10 Messa solenne.

Sera. - Alle ore 6 Vespri solenni, panegirico, Tantum ergo e Benedizione col SS. Sacramento.

In questo giorno verranno eseguite dagli alunni dell'Oratorio Salesiano le seguenti produzioni musicali: La grandiosa Messa detta di Santa Cecilia, l'lnno Saepe dum Christi rappresentante la battaglia di Lepanto e il Tantum Ergo di

Monsig. CAGLIERO. li Vespro Sarà del M.° CARLO GALLI. Venerdì 25 maggio.

Alle ore 7 di mattina Messa, Comunione ed altre pratiche di pietà in suffragio delle anime dei defunti Cooperatori e Cooperatrici e dei Confratelli e delle Consorelle di Maria Ausiliatrice. NB. Chi desiderasse farsi iscrivere neil'Arciconfraternita di Maria Ausiliatrice, troverà persona appositamente incaricata nella Sacristia della chiesa.

(1) Si vende nella Libreria Salesiana di Torino. al prezzo di cent. 20 la copia

GRAZIA OTTENUTA per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice.

Coll' animo tuttavia commosso da grata riconoscenza, ad onore e gloria della SS. Vergine, e nell'unico intento di eccitare i fedeli a ricorrere confidenti al suo patrocinio , espongo pubblicamente il pronto soccorso ottenuto dalla potente intercessione di Lei, come chiaramente le dimostra il fatto seguente.

Erano oltre a cinque mesi che questioni d'interessi preoccupavano due famiglie, cagionando fra di esse contenzioni e dissapori. Si tentò da una di esse ogni via per giungere ad amichevole accordo ; ma invano, che anzi ognor più andava arruffandosi la matassa. La famiglia che più desiderava la concordia, scorgendo l' impossibilità di buona riuscita in affare di tanta rilevanza , si decise di desistere da ogni tentativo umano, e riporne fiducialmente nelle mani delle SS. Vergine lo scioglimento.

A tale intento, cogliendo l'occasione della vicina festa di Maria SS. sotto il titolo di Auxi lium Christianorum , si determinò di farne ad onor suo la novena. Cosa prodigiosa, ciò che, umanamente parlando , sembrava impossibile a conseguire per l'opposizione pertinace dell' altra famiglia, l'ottenne prontamente la Madonna Santissima; poiché terminata la novena, la famiglia che osteggiava la conciliazione fu la prima a chiedere all'altra l'accordo, e felicemente si pose termine ad ogni dissensione.

Dopo questo fatto , al capo della famiglia sì confidente e divoto della Beatissima Vergine intervenne una disgrazia, per la quale ebbe a riportare offesa gravissima ad un occhio. Non si saprebbero dire le sofferenze e le doglie indicibili che ebbe a sopportare. Nè valsero le cure sollecite d' ottimi dottori ad alleviare il dolore, non le medicine a dargli qualche speranza di guarigione.

Aveva già trascorsi alcuni mesi in preda alle pìù crudeli e strazianti doglie, quando ebbe ispirazione di fare un secondo ricorso alla già sperimentata bontà della divina Madre.

Questa volta però volle recarsi egli stesso a Torino nel santuario di Maria Ausiliatrice a doppio scopo, cioè per adempire alla fatta promessa di un'offerta in ringraziamento della prima grazia ottenuta, ma assai più per isfogare il suo cuore innanzi al venerato simulacro e supplicarla per la bramata guarigione. Ascoltò benigna la celeste Madre le preghiere del suo servo; cessarono all'istante i dolori dell' occhio, né ebbe più mai a provare il menomo incomodo.

Oh quanto è potente ed efficace la protezione della divina Madre, e quanto Ella si mostra benigna verso coloro che con piena fiducia la invocano !

Voglia la Vergine benedetta proteggere me e la mia diletta famiglia come nelle cose temporali, così ed assai più nell'importantissimo interesse dell'eterna salvezza.

G. V.

Torino 1887.

D. MICHELE RUA.

Annunziamo con piacere ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici come il sac. Michele Rua abbia occupato il posto dell'indimenticabile D. Bosco, come Capo di tutte le Istituzioni fondate dall'uomo di Dio e come padre di tante migliaia di poveri orfanelli. Non tocca a noi farne l'elogio : diremo solamente che per le belle doti di mente e di cuore è ben degno di succedergli. Nato nel 1837, nel 1845 essendogli morto il padre suo s'incontrò con D. Bosco che incominciava le sue peregrinazioni, e da esso ebbe ogni attenzione e cura paterna. Assiduo alle radunanze degli Oratorii festivi e delle scuole serali fin dai primordii , nell' anno 1852 entrava come alunno interno nell'Oratorio di S. Francesco di Sales per non uscirne più.

Sua madre, donna di esimia carità, nel 1856 avendo saputo che la mamma di D. Bosco era gravemente ammalata, venne ad assisterla assiduamente fino agli estremi della vita di lei, e quindi si fermò stabilmente nell'Oratorio per prestare ai giovanetti tutti quei servizi che loro avea resi la buona defunta, emulandola in ogni sua virtù, e contraccambiando l'amore che Don Bosco portava a suo figlio con affetto vivissimo ed eroico ai poveri orfanelli dell'Oratorio.

Nel 1860 D. Michele Rua veniva ordinato sacerdote; nel 1863 mandato Direttore nel Collegio di Mirabello, diocesi di Casale, ove per due anni fu l'oggetto dell' affezione di quei buoni alunni ; e richiamato all' Oratorio nel 1865 vi esercitò l'uffizio di Prefetto della Pia Società, fino al 1885, nel quale anno il Sommo Pontefice, lo nominava Vicario di D. Bosco, designandolo a successore del nostro caro Superiore e Padre. Morto Don Bosco, il Papa, l'11 febbraio, lo confermava nella carica di Rettor Maggiore della Pia Società di S. Francesco di Sales , con giubilo unanime di tutti i confratelli e con plauso di quanti lo conoscono. Esso godeva l' illimitata confidenza di D. Bosco, e seguirà fedelmente le sue traccie, i suoi consigli. A non piccole imprese deve certamente accingersi, non è leggiero il peso che gli gravita sulle spalle.

Alcuni giornali o per malignità o per ignoranza osarono dire che D. Bosco lasciò D. Rua erede di un'immensa fortuna. Se non diremo questa asserzione calunniosa, la chiameremo almeno ridicola. Come D. Bosco poteva ammassar fortuna con tanti orfanelli cui doveva provvedere di ogni cosa necessaria alla vita, coi monumenti innalzati di carità e di religione, colle missioni già stabilite, da fondare e da mantenere ? Don Bosco maneggiando i milioni della pubblica carità visse povero e morì povero, e in quello stesso giorno che spirava non eravi in casa tanto danaro da pagare il pane giornaliero. D. Michele Rua ebbe sì una bella e carissima eredità, e sono gli orfanelli innumerevoli lasciatigli dal nostro Fondatore. In questa dolorosa circostanza ognuno prevede per quanti motivi nell' ordine materiale si vada incontro a maggiori ristrettezze. Ma D. Michele Rua, ma noi non rinunzieremo a questa eredità. Vi è la divina Provvidenza, vi sono i nostri Cooperatori, e ciò basta.

COMMEMORAZIONI FUNEBRI DI D. BOSCO

NELLE PRINCIPALI CHIESE DA LUI EDIFICATE

Funerale di settima in S. Giovanni Evangelista.

Appena mancato D. Bosco ai vivi fu ardente desiderio dei Salesiani e dei loro cooperatori di tributargli quelle onoranze e quei suffragi che i figliuoli di cuore si sentono in obbligo di rendere al proprio padre. Perciò D. Rua pubblicava la seguente circolare.

Benemeriti signori Cooperatori e benemerite signore Cooperatrici,

Mi fo un dovere di annunziare alle SS. VV. che giovedì prossimo, 9 corrente, nella chiesa di San Giovanni Evangelista in Torino, avrà luogo un funerale di settima in suffragio dell'anima del compianto nostro D. Bosco. In questa medesima occasione sarà pur tenuta la Conferenza, che era stata stabilita per giovedì scorso, e che l'agonia, indi la morte dell'indimenticabile nostro Fondatore e Padre ci obbligavano di sospendere.

La Messa comincierà alle 9 ore e sarà pontificata da S. E. R.ma Mons. Basilio Leto, Vescovo titolare di Samaria. Dopo le esequie, Monsignor Giov. Cagliero salirà il pulpito, e volgerà agli intervenuti alcune parole di circostanza. In fine sarà cantato il Deprofundis, ed in tal modo avrà fine la prima Conferenza, che teniamo dopo la dolorosa scomparsa di Colui, la cui sola presenza bastava a consolarci ed infonderci coraggio.

Nella fiducia che i Cooperatori e le Cooperatrici della città non mancheranno di venire a pregare con noi la eterna pace all'anima del nostro comune amico e Superiore, raccomandando anche me stesso alla carità delle loro orazioni, e col più profondo rispetto mi professo,

Delle SS. VV. Benemerite,

1888,

Obbligat.mo servitore sacerdote MICHELE RUA.

Il giorno 9 febbraio adunque fu celebrato il funerale di settima nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino, e i benefattori e le benefattrici dell' estinto e delle grandiose opere sue intervennero numerosi a pregare la eterna pace a quell' anima eccelsa. Vi presero parte parecchie migliaia di persone, e vi figuravano le più distinte famiglie della città.

Dopo le esequie, in mancanza di Mons. Cagliero trovatosi nel mattino non poco incomodato, disse alcune poche, ma commoventi parole il sac. Salesiano D. Giovanni Bonetti in forma di conferenza. Esordi col confronto della placida morte del patriarca Giacobbe, dopo aver benedetto i figliuoli che gli facevano corona, con quella pur calma e tranquilla di D. Bosco, circondato dagli amorevoli suoi figliuoli in Gesù Cristo. Passò poscia a mostrare per via di fatto che lo spirito di D. Bosco era quello di S. Paolo e di S. Francesco di Sales: Farsi tutto a tutti per salvare le loro anime: Omnibus omnia factus, ut omnes faceret salvos.

Raccomandò ai Cooperatori e alle Cooperatrici che facessero vivere e regnare tra di loro questo spirito medesimo , anzitutto col salvare l' anima propria; indi di procurare la salute eterna dei loro cari; e poi colla limosina continuando ad aiutare e sostenere le opere salesiane di Don Bosco, che tutte hanno di mira la eterna salvezza del prossimo , specialmente dei giovanetti poveri ed abbandonati, e dei miseri selvaggi della Patagonia e della Tera del fuoco, Terminò dicendo : - 200 e più mila giovanetti ci lasciò in eredita il gran Padre Don Bosco , alla maggior parte dei quali, coll'apprendìmento o della scienza o di un' arte, dobbiamo provvedere vitto e vestito. Prima di morire egli li assicurò che non li lasciava orfani , perché li affidava alla carità de' suoi benefattori. Orbene, Cooperatori Salesiani e Cooperatrici, sottentrate all'amore e alla cura di D. Bosco; fatevi padri e madri di questi suoi cari fanciulli, e il suo spirito eletto vi sorriderà dal cielo , e colla Vergine Ausiliatrice a suo tempo ve ne aprirà le porte.

Funerali di trigesima nella Chiesa di Maria Ausiliatrice.

Ecco ora alcuni ragguagli sul solenne funerale di trigesima in suffragio del fondatore delle Congregazioni dei Salesiani e delle Suore di Maria Ausiliatrice.

Il sacro tempio era decorato a lutto per opera di un egregio tappezziere genovese, il signor Persico, che non volle altro fuorché le spese di trasporto e le giornate degli operai. Noi gli dobbiamo la più sentita riconoscenza per averci così generosamente aiutati; e grandissima fu la sorpresa di tutti nel vedere il suo maestoso ed elegante lavoro. L'aspetto della chiesa era davvero imponente. La tomba fiammeggiante di ceri sorgeva in mezzo a quattro candelabri colossali, su d'un piano elevato intorno a cui correva una balaustrata a colonne, ed a cui si accedeva per quattro eleganti gradinate. Accanto a queste si elevavano, in grandi e graziosi vasi, piante di gigli, simbolo della immacolata purezza del compianto e venerato D. Bosco. Ai quattro lati della tomba v'erano adattate le seguenti iscrizioni prese dalla Sacra Scrittura e che rappresentavano assai bene D. Bosco ne' suoi detti e nelle sue opere.

Verso l'altare : EGO MORIOR ET ERIT DEUS VOBISCUM (Gen. LVIII, 21 ).

Verso la porta: SINITE PARVULOS VENIRE AD ME (Marco X, 14 ).

Sul lato destro: SACERDOS QUI IN DIEBUS SUIS CORROBORAVIT TEMPLUM. (Eccl. L, i).

Sul lato sinistro : OMNIBUS OMNIA FACTUS SUM UT OMNES FACEREM SALVOS (I Cor. IX, 22 ).

Il concorso del popolo fu veramente enorme. Fin dalle cinque del mattino fu chi si recò alla Chiesa per assicurarsi un posto. Ma ci fu ordine, compostezza perfetta; tutti erano, per dir così, di aspetto qual di gente che pensi a sventura ! Tutti pensavano che DON Bosco non è più fra noi!... Ma tosto ognuno si rinfrancava ricordando com' Egli oramai benedica e fecondi dal Cielo la provvidenziale impresa de' suoi sudori terreni.

Vi erano quaranta e più rappresentanze di Associazioni cattoliche, e molte di operai.... di quegli operai che Don Bosco cercò di divinizzare, come con frase altissima e stupenda disse l'Eminentissimo Cardinale Alimonda, cioé di richiamare a Dio. Si ricorda fra esse, a titolo di particolare elogio, oltre l'Unione di Torino, quella di Mombaruzzo.

Molte delle associazioni intervenute , come quelle della Gioventù Cattolica, degli Operai Cattolici di Torino, del Coraggio Cattolico, ecc., avevano i loro stendardi, velati a lutto. Che commovente spettacolo, quegli stendardi d'attorno a quel catafalco così elegante, artistico e grandioso, per onorare D. Bosco, che si dilettava tanto in vita di salvare la gioventù e gli operai, di guidarli al Cielo!

V'erano poi in posti distinti, varie rappresentanze di Associazioni cattoliche di Francia, d'Inghilterra e di Scozia, del Chilì, ecc. Vi erano in numero grandissimo eletti signori e signore della aristocrazia e di tutta l'alta società torinese, che con tantissimi altri Cooperatori e Cooperatrici salesiani attestavano quanta parte prendessero alla mesta e solenne funzione.

Il Clero era degnamente rappresentato, sia con moltissime sue cospicue individualità, sia con rappresentanze del Capitolo metropolitano, della Collegiata della SS. Trinità, di Parrochi e Sacerdoti, non solo dell'Archidiocesi torinese, ma di altre Diocesi del Piemonte e della Lombardia.

Celebrò la Messa pontificale di requie S. E. Mons. Sardi, Vescovo di Pinerolo, ed assistevano in abiti pontificali l'E.mo Cardinale nostro Arcivescovo e le Loro Eccellenze Monsignor Pampirio Vescovo di Alba; Monsignor Leto Vescovo titolare di Samaria; Mons. Cagliero, della Congregazione Salesiana, Vescovo titolare di Magida e Vicario Apostolico della Patagonia; Mons. Semprini, Vicario Apostolico dell'Hu-nan nella Cina, Vescovo di Tiberiopoli, che saputo di questi funerali venne espressamente da Milano per onorare Don Bosco così benemerito anche delle missioni. Più tardi loro si aggiunse Mons. Bertagna, Vescovo titolare di Cafarnao ed ausiliare del nostro Cardinale Arcivescovo.

Si cantò la Messa da requiem di Cherubini a quattro voci, con accompagnamento a grande orchestra. E musica stupenda e fu eseguita in modo mirabile. Quelle soavissime voci dei giovanetti dell'Oratorio, unite ai robusti accordi dei tenori e dei bassi, producevano un incanto di Paradiso. Quasi tutti i cantori erano antichi allievi di D. Bosco, ed anche per onorare D. Bosco loro si unirono alcuni altri egregi artisti di canto della città: il che pur fecero gli esimii professori d'orchestra, gentilmente accorsi per ringraziare così D. Bosco come l'opera sua, e ricordare la benemerenza ch'egli s'acquistò anche nella musica, per la scuola che egli introdusse.

Terminata la Messa l'E.mo Card. Arcivescovo lesse l'elogio funebre del venerando defunto. Ed ecco come egli esordiva

« Lo so che io non posso più contemplare l' amico, non posso più vedere il vostro benefattore, o poveri, il vostro padre, o sacerdoti : la sua dolce sembianza mi è scomparsa dagli occhi , il sudario della morte lo involse. Dio forse userà amorosi riguardi al corpo di lui; la terra gli tornerà benigna, gli si presterà a mo' di guanciale alla stanca testa. Sì, speratelo, o figli : quella benedetta salma sarà come tutta un fiore incorruttibile.

Comunque debba essere, il sepolcro si ha divorato l'amico, il benefattore, il padre. Io non miro più a me dinanzi, come solevo spesso osservarlo in questi cari luoghi, il Sacerdote Giovanni Bosco.

Ma Dio non ci diede il cuore solo per piangere, ci diede cuore, mente, fantasia per surrogare il pianto col soave conforto , ci diede una potenza meravigliosa di riparazione, quella di ricostrurre nelle nostre idee, nella nostra immaginazione e nel nostro affetto il simulacro delle persone che non sono più, di rivestirle, di ricolorarle come se fossero cosa viva, riportandocele sotto allo sguardo.

Io voglio dunque vedere l'amico, il benefattore, il padre, vedere e salutare Giovanni Bosco. Senza questa visione mi sentirei troppo mesto e desolato al mondo.

Ve lo confesso che dovrò vederlo con maggior riverenza. La morte, io non so, nel rapircelo, nel celarlo, lo cinse quasi di un'aureola. Lo vedrò pertanto con più di rispetto che non prima, ma sempre col medesimo cuore innamorato.

E sentite, o cari. Io voglio vedere Don Bosco tra noi, ma non affatto rinchiuso qui. Da questo luogo sento ìl bisogno di vederlo guardare al di fuori, spingere gli occhi lontano ; guardare in somma là, dove ha trovato voi; andare là di persona, colà operare e parlare, dove vi ha stesa la mano ed ha parlato a voi, dove ha raccolto tanto numero di figliuoli.

Bastate a comprendere il mio pensiero ? Non ancora, ed io vel dichiaro.

Giuseppe De Maistre ha scritto che il Vangelo divinizzò le leggi della natura; cioè le leggi di natura divinizzate, ecco il Cristianesimo.

Ebbene nella ricomposizione ideale che io mi formo di Giovanni Bosco , nel richiamarlo moralmente in vita qui tra voi, io lo vedo sovrapporsi alla debolezza del presente secolo, e in tutto che il secolo tiene di più pregiato e di più pericolante divinizzarlo; divinizzarne le tendenze, i bisogni, le imprese.

Adunque come si considera Cristo di faccia al mondo, così nella sua peculiare cerchia io considero Don Bosco in faccia al secolo XIX.

Ma in qual modo e con qual forza Cristo il mondo divinizzò ? Questo fece perchè egli è il Dio della carità.

Similmente Giovanni Bosco dalla sua banda è un divinizzatore del proprio secolo, cioè tira il secolo a Dio perchè nell'anima sua a tutto si accomoda, tutto crede, tutto spera e tutto sopporta la divina carità: Charitas... omnia suffert, omnia credit, omnia sperat, omnia sustinet.

Se la mia parola varrà ad incarnare il santo concetto, voi, lacrime, che cominciaste ad intorbidirmi le pupille, non mi opprimete , mi lascerete tanto di chiaro lume da poter contemplare il cielo, contemplare disceso come dal cielo Don Bosco. E voi poveri orfani, non piangerete neppure così dirotto da non vedere un'altra volta il Padre, da non pigliarne tanto ardore d'imita zione che vi accompagni in mezzo agli uomini e fra i celesti. »

E fatta meravigliosamente questa dimostrazione dell' Opera divinizzatrice di Don Bosco nel secolo XIX, l'Eminentissimo oratore conchiudeva

« Quel gran giornale di Londra che e' il Times, nel riferire la morte di Giovanni Bosco, scrisse che egli era tenuto come il Vincenzo de' Paoli dei nostri tempi. Perché non chiamarlo l'immagine di Francesco di Sales , il quale si aveva preso a studio d'imitazione, e ne denominava il suo sodalizio? Ma forse così l' un santo come l' altro sta bene di vedere in Giovanni Bosco che tutti due si riflettono in esso per la carità. Onde abbiamo tre eroi somiglianti nella spiritual palestra del divino amore, il De' Paoli, il Sales e Don Bosco, perché tutti e tre, come i tre garzoni della Bibbia gittati nel fuoco, quasi con una sola bocca lodarono Dio, lo glorificarono e lo benedissero nella fornace : Hi tres quasi ex uno ore laudabant et glorificabant et benedicebant Deum in fornace. (DaNIELF, cap. III, v. 51).

Sacerdote santo , Sacerdote venerabile! tu te ne andasti. I sospiri e i singhiozzi de' tuoi, le suppliche dei devoti , le comuni preghiere prolungate innanzi all'altare non bastarono a rattenerti; te ne andasti. La fornace del divino amore , la quale in Paradiso smisuratamente arde, ti ha rapito alla primiera fornace che sta in terra, dove l' anima viatrice brucia, rimando nella Chiesa. Eri maturo per quella che è sempiterna e beata : già lucevi di quel lume, gittavi di quelle fiamme. Te ne andasti. Dovevo nel mio ritorno dal Vaticano recarti il paterno bacio di Leone XIII; ma tu il bacio del Papa lo ricevesti anticipato nell'amplesso che fra i celesti ti diede Iddio. Deh fa di ottenere che la tua dipartita non sia lontananza : se la stessa carità brucia in terra gli eletti e gl'immortali in cielo, c'impetra dal tuo Bene di poterti vedere raggiante nell'anima nostra per amore , raggiante nelle tue opere. Possa non rattristarsi la chiesa del tuo vuoto : di ciascuno dì noi possa dire il mondo il Padre suo è morto, ma quasi morto non é Mortus est pater eius, et quasi non est mortuus. Ecco che è rimasto chi gli somiglia. Similem enim reliquit sibi post se (EccLESraStico , cap. XXX, v. 4). »

La voce dell'Eminentissimo e venerando Porporato era fioca ed affranta per l'interna commozione; e nessuno all'udirlo poteva astenersi dal ricordare ciò che il popolo diceva del Salvatore al sepolcro di Lazzaro: - Vedete quanto l'amava.

Finita l'orazione si cantarono le esequie, composizione di Mons. Cagliero. Tutti i vescovi col loro seguito salirono sulla piattaforma che sosteneva il catafalco. Fu un'apparizione uno spettacolo d'imponenza grandiosa. Quattro Vescovi fecero le assoluzioni al tumulo, ultima quella del Cardinale Arcivescovo.

La funzione riuscì a nuovo trionfo della fede e della carità cristiana.

Funerali di trigesima nella Chiesa del Sacro Cuore in Roma.

I solenni funerali di trigesima per Don Bosco celebrati in Roma riuscirono solennissimi nella Chiesa Parrocchiale al Castro Pretorio.

Nell'altare maggiore parato a lutto, come le tribune laterali, spiccava la Croce in lama d'oro. Da un lato era il trono, in violaceo, per l'Emo Parrocchi, Vicario di S. S. e Protettore dei Salesiani, che assisté alla Messa e die' l'assoluzione di rito. Il tumulo a doppio ordine era attorniato splendidamente da numerosi doppieri e sul letto funebre, ricoperto da ricca e nobile coltre, erano deposte la stola e la berretta, insegne sacerdotali. Nella parte inferiore leggevansi bellissime iscrizioni.

Dopo la recita dell'ufficio dei defunti, una stupenda musica, composizione di mons. Cagliero, accompagnò la messa di requiem, pontificata da S. E. Reverendissima mons. V. L. Sallua. Arcivescovo di Calcedonia.

Mons. Manacorda, Vescovo di Fossano, tessé l'elogio funebre del defunto D. Bosco, facendene rilevare l'esimie virtù e sopratutto l'indefessa carità e lo zelo incessante per la propagazione della Fede Cattolica; di che son testimonio perenne i Salesiani fedeli seguaci del suo spirito, veramente cristiano a pro della gioventù e a vantaggio delle Missioni. Chiudeva la sua orazione colle seguenti parole

« D. Bosco, questo faro di carità operosa, quest'uomo di virtù provata, questo padre degli orfani, questo Apostolo e benefattore dei due mondi ci ha lasciati ! Era di Dio e Dio se lo prese perché suo. D. Bosco con potenza invisibile operò grandi cose sulla terra, ora, io penso, da gloria invisibile è coronato in cielo. Dovrem noi abbandonarci al pianto a guisa di quelli che speranza non hanno ? Ne abbiamo tante speranze , e così fondate che anche quando ci sdebitammo coi diritti della natura le nostre lagrime scendevano raddolcite nel nostro cuore! S'allietano i Comprensori, sta in festa Don Bosco nello spirito, a noi solo é dato sospirarlo, o meglio aspirare ad imitarne le virtù per raggiungerlo nella gloria. A noi restano gli esempi, a noi parlano le opere, in mezzo a noi par che tuttora aleggi il suo spirito ed in mezzo ai suoi figli diletti stanno le venerate sue spoglie-mortali!... E tratto di provvidenza. Quel sacro deposito fu raccolto nel laboratorio della carità e della scienza de' suoi figli che gli fanno corona. Proprio là in Valsalice dove tre mesi prima apriva con cento e cinquanta chierici studenti salesiani il seminario delle missioni, riposa la veneranda salma e l' ombre proteggono l' ombra di lui e lo circondano i salici del vicino torrente: Protegunt umbrae umbram eius; circumdabunt eum salices torrentis (Giobbe, c. xi, v. 17). Gli angeli del cielo e le anime rette della terra rendono glorioso il sepolcro del nostro D. Bosco. Il suo corpo di terra si cuopre, ma la fama della sua virtù corre di bocca in bocca , e lo spirito tra gli astri rifulge. Corpus humo tegitur - Fama per ora volat - Spiritus astra tenet (1).

« Quanti cuori riconoscenti, innamorati, ammiratori, non sanno distaccarsi da quel sacro avello e quasi salici piangenti si prostrano su quella fredda lapide marmorea per rinfrancarsi nella Fede, per riscaldarsi al fuoco della carità ! Oh se Dio che tanti doni di grazia prodigava al suo servo prediletto, sciolti i sigilli del gran libro ci svelasse il premio donato a colui che fedele rispose ai disegni della Provvidenza ! O anima diletta, « oh se tu squarciassi i cieli, e scendessi !

Al tuo cospetto si liquefarebbero i monti (2) delle nostre ansie e dei nostri voti.

« Ma il libro sta chiuso e dinanzi agli occhi della nostra mente sta il velo, perciò pur sospirando sia prossimo il giorno della manifestazione a mezzo dell' infallibile oracolo Vaticano, quando cioè il Leone di Giuda pieno dello spirito di Dio senta di poter aprire il libro degli impenetrabili secreti divini e scioglierne i sigilli, aperire librum et solvere signacula eius (3), e dirci vieni e vedi, a noi incombe il dovere di levare al cielo i sospiri dell'anima nostra perché la misericordia del Signore faccia strada alla gloria e ne sia lode ed onore a Lui nell' umiltà del suo servo.

« Ho io forse spinta la mia parola oltre i limiti segnati dalla giustizia e dalla prudenza ?... Esposi candidamente le mie convinzioni , conscio della mia insufficienza per tratteggiare a dovere la virtù di un gigante quale fu Don Bosco... Non saprei dire invero chi più completamente di lui abbia trionfato sopra se stesso, nè chi abbia sviluppata la potenza della carità con maggior efficacia. In tutta la sua vita ed in tutti i suoi atti egli si presenta coi caratteri incontestabili di una missione straordinaria tracciata sui disegni della divina Provvidenza. Fu sapiente nella semplicità, forte nella calma, indefesso nell'operare, nell'audacia delle sue imprese mansueto e soave, riflessivo ed avveduto sempre. Alla fede invitta diè forma colla carità, e questa prese forma in lui dal fine sempre riposto in Dio. Visse nella virtù egregia, vive di memoria imperitura, vivrà di gloria eterna, cinto il diadema con cui lo incoronò la madre sua nel giorno dello sposalizio di lui, e nel giorno della letizia del cuor suo. »

Grandissima fu la commozione destata dalle sublimi parole dell'eloquente Prelato, commozione che crebbe anche più nel momento dell' Assoluzione del tumulo, fatta dall'Emo Parrocchi, accompagnata da note funebri le più toccanti.

Il vasto tempio era stipato. Nelle bancate intorno al tumulo notammo Prelati, fra i quali otto Vescovi, Generali e Capi d'Ordini Religiosi, RRmi Parroci e distinti personaggi, fra cui moltissimi Cooperatori Salesiani, signori e signore in gran numero, nonché gli alunni dell'Istituto, di cui alcuni in modo veramente edificante servivano all'altare nella funebre cerimonia.

(1) Iscrizione del vestibolo della Madonna degli Angeli in Roma.

(2) Isaia c. 64, v. i. (3) Apocalisse e. v.

Funerale nella Chiesa di Maria Ausiliatrice Per cura degli antichi allievi.

« Bella, immortal, benefica » Fede ai trionfi avvezza Scrivi ancor questo. »

Così il giorno 8 marzo il Rev.mo sig. Canonico Teologo Giacinto Ballesio, prevosto di Moncalieri , terminava la sua orazione funebre per commemorare Don Bosco nelle solenni e supreme dimostrazioni, che fecero a quel grande estinto gli Antichi Allievi dell'Oratorio. La mesta cerimonia di questi figli primogeniti di Don Bosco è stata grande quanto quella dello scorso giovedì.

Assisteva solennemente in trono in piviale nero e mitra bianca S. E. Rev.ma Monsignor Basilio Leto, Vescovo titolare di Samaria , che fu amicissimo di Don Bosco ; celebrava il M. Rev. signor Teol. Felice Reviglio, curato di S. Agostino della nostra città , antico allievo dell'Oratorio ; assistevano come diacono e suddiacono i Molto RR. signori Don Giovanni Piano, curato della Gran Madre di Dio e Teologo Domenico Muriana, curato di Santa Teresa, essi pure antichi Allievi dell'Oratorio.

Tali erano eziandio i due canonici che assistevano in trono Mons. Leto ed il cerimoniere canonico della collegiata di Giaveno.

Assiepavansi intorno al feretro le rappresentanze delle Associazioni cattoliche coi loro vessilli, molti parroci della nostra e di altre Diocesi tutti in rocchetto e mozzetta, il Rev.mo Don Michele Rua , tutto il Capitolo superiore della pia Congregazione dei Salesiani ed un numero immenso di antichi allievi dell'Oratorio, fra cui i sacerdoti che ascendevano a parecchie centinaia del clero secolare di Torino.

Era scena davvero commovente il vedere questa schiera infinita di uomini di ogni età, di ogni condizione tutti fraternamente commisti, prostrati appiè dell' altare di Dio vivo e vero e pregare tutti la stessa prece per il loro padre venerato e diletto.

Il teologo Giacinto Ballesio, nella sua tenerissima orazione ci narrò la vita intima di D. Bosco ; scrisse l'ultima pagina, e certo non la meno preziosa di questa stupenda biografia.

Egli parlò di Don Bosco in mezzo ai suoi giovani; egli ritrasse D. Bosco nel suo Oratorio, al' confessionale, in chiesa, in iscuola, in refettorio. nei laboratorii, sempre in mezzo ai suoi giovani; egli parlò di D. Bosco in ricreazione, a passeggio, lieto, festoso , ma sempre in mezzo ai suoi giovani.

E solo un figlio di D. Bosco, un antico allievo dell' Oratorio poteva condurre per mano il suo uditorio a contemplare la vita intima di questo padre amorosissimo della gioventù.

Nè al Canonico Ballesio fu mestieri di invocare l' autorità altrui, rammemorare i racconti uditi, le cose da altri narrate. Egli parlava di sé, parlava dei suoi antichi amici , compagni e discepoli, a cui rivolgeva la parola, mentre pendevano dal suo labbro.

Quanta venustà nei suoi racconti ! Quanta freschezza nelle sue narrazioni ! Quante industrie, quali arti, quale impegno non adoperava Don Bosco perche si allegrassero di continuo in Dio i suoi allievi , non si dilungassero giammai dal sentiero della virtù, e si perfezionassero ognora nella vita cristiana !

Gli artigiani voleva fossero un giorno tutti maestri nell' arte loro ; gli studenti voleva che divenissero un giorno tutti valenti. Ma che valgono le arti, le lettere, le scienze, senza la religione, senza la virtù ? Perciò initium sapientiae timor Domini, e la base di tutto l' edifizio di D. Bosco era appunto il timor di Dio.

La sua voce spesso interrotta, le sue parole spesso dimezzate, manifestavano di quale profondo affetto per D. Bosco fosse accesa la sua bell'anima.

Sieno paghi gli antichi Allievi dell'Oratorio, ché con più bel tributo di lodi, con più nobile dimostrazione di memore affetto essi non potevano esternare l' animo loro alla venerata memoria del maestro , dell' educatore, del padre, e che niuno meglio dell' illustre teologo Ballesio poteva scrivere l'ultima pagina della vita prodigiosa del grande apostolo della carità e dell'amore, niuno meglio dell'illustre teologo Ballesio ci poteva rivelare la vita intima di questo prodigioso benefattore della gioventù.

Passeranno gli anni, si succederanno le generazioni; ma le anime generose avranno un culto sempre vivo per Don Bosco, la cui memoria rifiorirà ognora nelle opere e nelle istituzioni, su cui a caratteri d'oro splende fulgentissimo il suo nome immortale. Così La Difesa di Venezia.

MONSIGNOR GIOVANNI CAGLIERO IN VATICANO.

Roma, 23 marzo 1888.

S. E. R.ma Mons. Giovanni Cagliero, Vescovo titolare di Magida e Vicario Apostolico della Patagonia, ieri ebbe l'onore d'essere ricevuto, insieme col suo Segretario D. Antonio Riccardi, in udienza particolare dal S. Padre, per presentargli l'obolo ed i doni del suo Vicariato e della Congregazione Salesiana. Nell'anticamera di S. S. erano pure convenuti parecchi Arcivescovi e Vescovi, il Principe Lancellotti, il Generale delle Guardie Nobili, varii Cavalieri di Malta, i Capi d'Ordini delle Case e delle Congregazioni Religiose. Con vivo interesse si stringevano attorno a Mons. Cagliero, desiderando tutti sapere notizie delle Missioni della Patagonia, ed ammiravano la bellezza e morbidezza del grande tappeto di guanaco, mammifero proprio del deserto della Patagonia, nonchè la finezza degli altri doni.

Il S. Padre lo ricevette con indicibile affabilità, s'intrattenne con lui intorno alle fatiche ed agli ostacoli dell'evangelizzazione della Patagonia e della Terra del Fuoco, e domandò con interesse il numero degli Indii già convertiti. « Santo Padre, disse Mons. Cagliero, sono già molti i convertiti, e comprese le colonie, formiamo una cristianità di 25 mila. » - Bene, rispose il Papa, bene, oh ! possano presto arrivare al doppio! - Gli presentò poi il magnifico tappeto lavorato a disegno bianco e giallo dagli Indii Theuhuelches del Rio S. Cruz, con pelle di guanaco, cucito con tendini d'animale con una spina di pesce a guisa di lesina, in mancanza d'altri mezzi.

« Santità, bramerebbero i nostri Neofiti, che » V. S. usasse di questo povero tappeto per ri« pararsi i piedi dal freddo. -

- Oh, ma sì, anzi subito lo userò, stendetelo voi stesso qui sotto i miei piedi, e cosi farete loro sapere che il Papa li contentò e di cuore li benedice. »

E Monsignor Cagliero, aiutato dal suo segretario, stendeva tosto sotto i suoi piedi e dinnanzi al trono il bel tappeto. Indi offersero un bellissimo Indirizzo a nome delle Signore ascritte alla Pia Società del Sacro Cuore di Gesù, altro delle Figlie di Maria, ed altro ancora dei giovanetti della Compagnia di S. Luigi Gonzaga, delle popolazioni di Carmen de Patagones e Mercedes de Viedma, sulle sponde del Rio Negro. Il S. Padre esaminò tutto attentamente e gradì questo segno di filiale affetto de' suoi figli della lontana Patagonia.

Fu commosso al sentire che, quantunque poveri ed essi stessi bisognosi di soccorsi, i Neofiti di quelle Missioni mandarono essi pure l'obolo al comun Padre, in cinque Boni Pontificii da L. 100 ciascuno.

Quindi Mons. Cagliero presentò i doni della Congregazione Salesiana, tra cui alcune Opere, produzione di Sacerdoti Salesiani. Tra queste le due lettere a D. Rua intorno alle idee di D. Bosco sull'educazione e sull' insegnamento, recentemente tradotte in francese e stampate con eleganza dalla tipografia nostra di Nizza Marittima ; la traduzione francese della Vita di mamma Margherita Bosco, stampata da' giovani ricoverati di Lilla, ed altri in ispagnuolo, saggi dei giovanetti tipografi del Collegio Salesiano in Buenos-Ayres.

Ma quello che attirò di più l'attenzione e la lode del S. Padre fu il superbo volume contenente l'Enciclica AEterni Patris, l'Epistola De Studiis historicis e l'altra De studiis litterarum col testo latino e traduzione italiana con prefazione del prof. D. Cerruti.

La finitezza, eleganza e ricchezza di tal lavoro, che imita col tipo i molti colori, disegni e dorature delle più celebri miniature, meriterebbe troppo lunga descrizione: basti dire che siccome del S. Padre, così forma quest'Opera l'ammirazione di quanti visitano l'Esposizione Vaticana.

La stupenda legatura a rilievo è lavoro dei giovanetti ricoverati nell'Oratorio Salesiano di San Benigno Canavese. Il S. Padre volle egli stesso svolgerne i fogli, e sentendo come in essi v'era il paziente lavoro di sei mesi: « - Dite, dite ai buoni giovanetti dell'Oratorio, che io li abbraccio tutti con affetto, e li benedico. Ma dite, continuò commosso, che queste sono proprio le parole del Papa; che li abbraccio tutti con paterno affetto! »

S'intrattenne poscia alcuni istanti ricordando D. Bosco, le opere da lui compiute, la Congregazione Salesiana e l'unione ammirabile che dopo la morte del Fondatore continua tra i Socii e, finalmente benedisse di tutto cuore a Monsignore, al Segretario, al novello Rettor Maggiore signor D. Rua, a tutti i Salesiani, a' loro Alunni e Cooperatori. Così ebbe fine quest'udienza. (Corrispondenza dell' Unità. Cattolica).

LA FILOSOFIA, LA STORIA E LE LETTERE nel concetto di LEONE XIII.

Un volume squisitamente elegante in-4° grande. Torino - Tipografia Salesiana.

Non sarà discara ai nostri lettori una notizia particolareggiata di quest'opera, forse più unica che rara nel suo genere, di cui han parlato pressoché tutti i giornali cattolici d'Italia e che fa ora così splendida mostra all'Esposizione Vaticana., Essa consta di tre documenti pontificii della più alta importanza per la società in genere e per la scuola in ispecie. Li precede una introduzione del Prof. D. Cerruti, il quale riassumendo sinteticamente i nobilissimi insegnamenti del sapientissimo Leone XIII nell'ordine filosofico, storico e letterario, li presenta all' ammirazione ed imitazione di quanti amano sinceramente il rifiorimento degli studi e l'educazione cristiana della gioventù. Ed eccone ora la descrizione sotto l'aspetto artistico.

Anzitutto ci si presenta una splendida antiporta raffigurante un grazioso verone che accoglie in uno sfondo, aperto da festoni e cortine cascanti, il titolo accennato dell'opera. Fra colonne binate, fasciate d' alloro e di quercia , veggonsi in due nicchie laterali le statuette degli apostoli Pietro e Paolo.

Segue l' effigie del Pontefice , maestosamente seduto sulla cattedra gestatoria coi papali indumenti : posa ricavata da una delle più somiglianti fotografie. Sta dirimpetto un architettonico frontispizio , su cui leggesi la dedica della Società Salesiana. Questa dedìca è posta in una graziosa incorniciatura rettangolare fra due gruppi disuguali di colonne binate, che basando sopra di un solo piedestallo sostengono l'intera trabeazione soprastante. L'intercolonnio sinistro spicca mirabilmente si per lo Stemma Pontificio racchiusovi, fornito dei suoi proprii colori, come per una configurazione tutta propria che gli dà risalto dal corpo intero. Basa il tutto su due mensole laterali ed ineguali, e spicca il complesso su di un fondo oscuro. Vien quindi una bella iniziale a due colori, ricca e fregiata, che dà principio alla Introduzione, avente per titolo quello dell' opera stessa, di cui è una dichiarazione ed un commento. Il testo di questa va adorno di svariati fregi, dominandovi però in somma parte il gotico e il fiorentino, mentre le Lettere Papali le vedremo adorne di un fregio a loro appropriato. Esso varia in tutta l'opera ogni due facciate, ciascuna corrispondendo alla rispettiva di fronte. Alla Introduzione distinta con numeri romani fa seguito un grazioso occhiello d' antiporta generale alle tre Lettere in pretto gotico, quasi ad annunziare lo stile che dovrà dominare in tutta la prima Lettera , Encyclica Aeterni Patris, che segue.

Ci appare inverò nelle consecutive due facciate di fronte il grazioso frontispizio duplicato a motivo della traduzione italiana, che sta sempre di fronte al testo latino in tutte ,le lettere. Costituito questo da una incorniciatura rettangolare, su cuì si disegnano quattro fascie fermate agli angoli con rosoni e da uno scomparto interno molto appropriato, spicca per un insieme di linee e una intonazione di tinte assai concorde collo stile che si volle adottare. Dopo un occhiello eseguito in puro stile seguono le pagine, tutte contornate, nelle quali vedi la varietà di disegno intrecciarsi mirabilmente coll' uniti del formato e dello stile.

Una graziosa antiporta precede il frontispizio della seconda Lettera, in cui deve figurare lo stile romano. Il disegno fantastico e molto appropriato e le delicate tinte lo rendono assai commendevole. Il titolo della Lettera : Epistola de studiis historicis , posto su di un listello è fermato da due riquadri simmetrici. - Il frontispizio che segue nello stile medesimo e che ad altri piacque chiamare raffaellesco, si compone di un bellissimo basamento, sul quale si elevano ai fianchi due lesene a disegno variato , ma di ugual effetto , che sostengono un fregio molto elegante. Tutto questo fa un magnifico risalto su di un fondo a punti dorati, i quali danno all'insieme un aspetto gaio e sorprendente. I due fondi lisci del centro sono l'uno di un colore azzurro celeste chiaro , e l' altro gialle crema, su cui è stampata la dicitura del frontispizio stesso. Segue l'ornamentazione dell' occhiello e dei contorni per la conformità di stile al frontispizio, mentre varia di composizione e di colorito.

Viene infine la terza Lettera annunziata da un'antiporta quanto semplice altrettanto elegante, sulla quale sta scritto : Epistola de studiis litterarum. Il frontispizio che segue dinota che in questa Lettera domina il fregio tipograficamente detto Fiorentino, sebbene in due riquadri interni noi vediamo l'Acantea, che l' artista volle ingegnosamente introdurre in un coi due rosoni semilunari fiancheggianti per aggiungere grazia all'insieme. Quattro fascie disegnate a meandro dorato su fondo celeste risaltano mirabilmente sul campo leggiero della cornice rettangolare che sotto vi si disegna, mentre su di un semplice fondo centrale leggesi il titolo di questa terza Lettera. Nell'occhiello poi, che precede il testo, si volle adottare un largo formato, forse per poter sfoggiare il tipografo compositore in finezza d'ornato ed in leggierissime e delicate tinte l'impressore. Certo è che è di un ottimo effetto.

Dopo tutto corona l'opera un bellissimo scom parto ovale, nel cui centro campeggia la Tipogralia Salesiana come madre di nove altre, poste attorno in altrettanti riparti.

Noi siamo persuasi che quest'opera, lavoro dei giovani tipografi. dell'Oratorio di Torino, eseguita tutta alla macchina tipografica e di cui furono stampate solo 500 copie, troverà, quando sia conosciuta, un sicuro smercio. Persone intelligenti che la esaminarono , ne furono altamente meravigliate e trovarono mite assai il prezzo rispetto valore suo così intrinseco come estrinseco. Noi ne raccomandiamo volentieri l' acquisto ai nostri Cooperatori e Cooperatrici e loro conoscenti . assicurandoli che oltre al vantaggio di aver presso di sè un vero gioiello dell' arte, avranno ancora il merito singolarissimo di un' opera della più squisita carità. Imperocche il ricavo va tutto a benefizio di migliaia di poveri giovani che la carità del non mai abbastanza compianto D. Bosco e del suo degno successore D. Rua accoglie, veste e mantiene, onde formarli buoni cristiani e virtuosi cittadini.

L'elegantissimo volume è in-4° gr. di pag. 156 e si vende alla Libreria Salesiana al prezzo di L. 25 la copia. Chi ne acquista cinque, ha la sesta gratis.

SENTIMENTI DI DON BOSCO INTORNO AL PAPA.

Per le nozze d'oro del Papa vide la luce a Bassano un foglio unico intitolato Exultemus, dove si ammira una preziosa raccolta di autografi in onore del Papa. E tra gli altri si legge il seguente di Don Bosco : « ... quello che tuttavia posso compiere si è di confessare, come confesso altamente, che lo miei i sentimenti tutti di fede, di stima, di rispetto, di venerazione, di amore inalterabile di s. Francesco di Sales verso il Sommo Pontefice ; ammetto con giubilo tutti i gloriosi titoli che egli raccolse dai Santi Padri e dai Concilii, e dei quali , formata come una corona di preziosissime gemme, ne adornò il capo del Papa, quali sono, tra gli altri: di Abele pel primato, di Abramo pel patriarcato, di Melchisedecco per l'ordine, di Aronne per la dignità, di Mosé per l'autorità, di Samuele per la giudicatura, di Pietro per la podestà, di Cristo per l'unzione, di Pastore di tutti i Pastori, e più di 40 altri non meno splendidi ed appropriati.

« Intendo che gli alunni dell'umile Congregazione di S. Francesco di Sales non si discostino mai dai sentimenti di questo gran Santo, nostro patrono, verso la Sede Apostolica ; che accolgano prontamente, rispettosamente e con semplicità di mente e di cuore, non solo le decisioni del Papa circa il dogma e la disciplina, ma che nelle cose stesse disputabili abbraccino sempre la sentenza di lui anche come Dottore privato, piuttosto che opinione di qualunque teologo e dottore del mondo.

« Ritengo inoltre che questo si debba fare non solo dai Salesiani e dai loro Cooperatori, ma da tutti i fedeli, specialmente dal Clero ; perché oltre il dovere che hanno i figli di rispettare il Padre, oltre il dovere che hanno tutti i cristiani di venerare il Vicario di Gesù Cristo , il Papa merita ancora ogni nostra deferenza, perché scelto di mezzo agli uomini più illuminati per dottrina, più accorti per prudenza, più cospicui per virtù, e perché nel governo della Chiesa è in modo particolare assistito dallo Spirito Santo.

« Torino, 18 gennaio 1887.

« Sac. Gio. Bosco. »

MONSIGNOR PIETRO ROTA sulla tomba di Don Giovanni Bosco.

Il più che ottuagenario monsignor Pietro Rota, l'intrepido Vescovo di Guastalla e di Mantova, ed ora Arcivescovo titolare di Tebe, scrive la seguente lettera sulla morte di Don Bosco, che lo ebbe già suo ospite in Torino:

« Roma, 3 febbraio 1888. « Carissimo Don Rua Michele,

« La perdita del sempre amato e stimato Don Bosco credo che avrà recato molto dolore a quanti lo conoscevano di persona o per fama, come ha recato troppo dolore a me. Le molte gentilezze e favori, di cui mi fu prodigo, quando fui a Torino, me lo rendevano sempre caro, e lo riguardavo come un altro mio fratello. Tengo nella mia camera un ritratto, che mi ricorderà sempre i favori, gli aiuti, i conforti in tempi critici da Lui ricevuti. Spero che sia già in paradiso, e mi auguro di andargli a far compagnia fra non molto, giacché sono vecchio. Dio voglia che ciò sia presto, giacché processi in diebus multis.

« Intanto batterò alla porta del paradiso, finché senta quella dolcissima parola: Intra in gaudium Domini tui.

« Anche il mio Franzini ricorda i favori da Lui e dai suoi compagni ricevuti; ma scriverà egli stesso, dolente della perdita; ma sperando anch'egli di avere un avvocato in paradiso.

• Intanto con tutta stima, e nella persuasione che Ella continuerà a fare il bene che faceva il perduto Don Bosco, mi dico, Di Vostra Riverenza,

• Devotissimo e sempre affezionatissimo

« + PIETRO, Arcivescovo di Tebe e canonico di San Pietro in Roma. »

Don Bosco ed il Card. Massaia.

Al Vicario gen. della Congr. Salesiana.

Se l'infausta notizia della morte del nostro caro don Bosco mi abbia grandemente amareggiato , il lascio considerare a V. S. Rev.ma; poiché io in lui non amava solo il compaesano ed il fratello sacerdote, ma stimava ed ammirava l'Apostolo della carità, il padre della gioventù, il propagatore del manuale lavoro sposato alla pietà ed alla cristiana istruzione. Oh se avessi avuto compagno un tal uomo nella Missione, quanto da lui non avrei appreso nell'accrescere l'Ovile di Gesù Cristo, e nel guidare per la via della salute le anime cristiane! Ma il Signore, che lo destinò a lavorare in un altro campo, me lo diede almeno come esempio! poiché anche sin là giungevano le notizie del suo zelo e della sua apostolica operosità.

Ora lo piangiamo morto ; ma consoliamoci, che la sua vita è cominciata adesso fra la gloria di Dio.

Ed anche sulla terra continua a vivere nelle grandi opere che ha fatto; negli insegnamenti che ha dato; nel religioso istituto che lascia; ed in quello innumerevole stuolo di figli, che seppe educare per la religione e per la società.

Vecchio cadente, non tarderò a raggiungerlo nella vita che mai finisce; e spero che, come io prego per lui, così egli vorrà ricordarsi di ottenermi dal Signore una morte simile alla sua.

Gradisca, Rev.mo Signore, con le mie condoglianze, i sensi di stima e di particolare affetto.

Roma (Prop. Fide), 4 febb. 1888, Di V. S. R.ma

Sac. D. MICHELE RUA

Vic. gen. della Congr. Salesiana, Torino.

Dev.mo servo

+ Fr. G. Card. MASSAIA, cappuccino.

Don Bosco ed il P. Denza.

Roma, li 4 febbraio 1888.

Carissimo signor D. Rua.,

« Ho appreso qui, a Roma, dove mi trovo da qualche tempo per l'esposizione vaticana, la tristissima nuova della perdita del carissimo Don Bosco, che io venerava ed amava come mio padre e che teneva in conto di uno dei miei più affettuosi amici. Può Ella pensare il dolore dell'animo mio per la perdita grandissima di tanto uomo; ma d'altra parte non posso a meno di non consolarmi nel pensare che quel sacerdote benefico e promotore di tante e si grandi opere buone si gode il premio di tante fatiche, di tante pene sofferte quaggiù, e prega l'ottimo Iddio, che amò cotanto, per noi tutti, ed in modo speciale per la sua diletta figlia, la Congregazione Salesiana. Tuttavia io non lascierò di pregare il Signore per Lui, e più ancora per la loro Congregazione, affinché si mantenga con quello spirito e con quella operosità, che le venne comunicata dal suo fondatore. La prego, ottimo mio Don Rua, a farsi interprete presso tutti i suoi confratelli ed amici miei carissimi di questi miei sentimenti , che appena ho saputo esporre, e mi raccomandi alle orazioni di tutti, di cui ho grande bisogno.

« Mi tenga sempre per il suo

Aff.mo P. DENZA.

D. Bosco e Cesare Cantù.

L'illustre Cesare Cantù diresse la lettera seguente al molto rev. signor D. Michele Rua e ai figli di D. Bosco

« Dopo avere per 40 anni ammirato in Don Giovanni Bosco l'inesauribile carità, il retto senso evangelico, l'inalterabile pazienza , non mi resta che pregarlo perche in cielo mi impetri di morire con altrettanta fede e speranza.

« Il giorno della Purificazione 1888.

« CESARE CaNTU'. »

I FUNERALI:

Questo pubblico attestato che si volle dare a D. Bosco in ogni parte d'Italia, Francia, Spagna, Belgio, Austria, America ecc. riempì l'anima nostra di riconoscenza verso tutti questi pii Cooperatori. Crediamo di non errare dicendo che in tutti i paesi ove si trovava un cooperatore, od un nostro antico allievo, là si fecero suffragi per l'anima sua, si promossero preghiere, ci fu compianto. Qui intendiamo di rendere pubbliche grazie a tutti, avendolo già fatto partitamente e di assicurarli che non cesseremo mai di pregare per essi e di ricordarli come specialissimi nostri benefattori. E nostra intenzione di mettere qui l'elenco di quei funerali che vennero a nostra conoscenza, pregando quei Cooperatori che non vedessero comparire quanto si fece presso di loro, di volercene avvisare. Si raccoglieranno pure in un volume i telegrammi spediti, durante la malattia e dopo la sua morte : come pure i nomi di quei benemeriti Cooperatori ed amici di Torino e di fuori , che, mentre i giornali ne annunziavano le gravi notizie, essi accorrevano all' Oratorio per assicurarci, che pregavano per noi e ci aiutavano in quel doloroso momento. Ed a suo tempo , questi volumi, riveduti dai nostri posteri, saranno un degno monumento della benevolenza, che si aveva per Don Bosco e della pietà de' suoi contemporanei. - Vedete come l'amavano, essi diranno.

E bella figura faranno i nomi dei più cospicui cittadini, avvicinati per amore e confusi con i più comuni; qui la gran dama presso l'umile artiera , ed anche il Vescovo ed il Cardinale col semplice borghese.

Acireale : quell'Illustre vescovo Mons. Gerlando scriveva al Rev. D. Rua per telegramma : Dolentissimo per la perdita del Venerando D. Bosco, mi associo al lutto suo e della grande famiglia di sacerdoti, suore ed alunni ordinando un solenne funerale in Seminario.

Acitressa (Sicilia) : gran funerale con preghiere speciali pei defunti ed esposizione del SS. Sacramento. Ne disse un bell'elogio il sac. De-Maria, spiegando chi fu D. Bosco.

Alassio (Genova) : Nella chiesa del Collegio si fece un gran funerale con messa in musica.

Vi intervennero le autorità civili e municipali e tutto il clero. S. Ecc. il vescovo di Albenga malgrado la delicata salute e le molte sue occupazioni, volle assistere pontificalmente. Alla sera presiedeva la conferenza dei Cooperatori, ove pronunziava appropriate parole il nostro D. Francesco Cerruti già Direttore di quel Collegio.

Alcoy (Spagna), provincia di Alicante: e si fece solenne funerale da una pia società di giovani signori in favore della povera gioventù di quella città, con comunione generale. Avevano veduto una volta D. Bosco e lo amarono e piansero qual padre.

Barcellona (Spagna): si fecero solennissimi funerali nella chiesa di Belen con intervento straordinario di Cooperatori e poi ci fu una grande Accademia necrologica in commemorazione di Don Bosco. Fu cosa grandiosa per ogni parte Mons. Vescovo, che la presiedeva pronunziava sul finire quelle memorabili parole, che noi traduciamo dallo spagnuolo.

« Son commosso e quasi non posso parlare. Mi faccio animo tuttavia. Lasciando a parte i solenni funerali, che noi abbiamo celebrato come dappertutto, noi abbiam testé compito un atto assai solenne, e che forse finora la prima e la sola Barcellona ha compito in onor di D. Bosco.

« Chi è Don Bosco? O meglio, chi fu? Don Bosco fu la gloria dell' umanità, poiché per il suo bene sacrificò la vita intiera.

« Don Bosco, fu la gloria dei Sacerdoti, perché nelle sue parole, ne' suoi scritti e nell' opere sue si diede a vedere ripieno dello spirito di Gesù Cristo. Don Bosco è la gloria della Chiesa e di tutti gli ordini Religiosi ; possedendone tutto lo spirito, tutte le virtù ; e in lui apparì chiaramente, ciò che possa fare un uomo religioso per virtù dello spirito Santo.

« Figli miei, oggi abbiamo onorata la memoria di un grand' Uomo, domani innalzeremo una Chiesa a un gran Santo ».

Barzaniga: con intervento dei Cooperatori e di molti altri divoti.

Bairo Canavese: gran funerale per opera di quel Rev. Parroco, che esortò i padri ad intervenire ad invocare, così egli si espresse, D. Bosco come loro protettore nell'educazione della famiglia.

Belvi (Sardegna) : D. Trudu , antico allievo di Torino, cantò la messa solenne, coadiuvato da tutto il clero circonvicino. Intervennero gli allievi delle scuole municipali coi loro maestri e maestre, per onorare D. Bosco che fu detto il più grande Educatore moderno.

Borgo Masino (Ivrea): gran funerale, a cui presero parte le autorità comunali e scolastiche. Si diede vacanza dalle scuole e dall'asilo; quel degnissimo Arciprete per preparare gli animi volle spiegare alla sua popolazione chi era D. Bosco, ed il gran bene che aveva fatto. Per la qual cosa non fece stupire se, il paese intervenne in massa , e non finiva dal lodare D. Bosco quasi all'entusiasmo. Le nostre suore ricevettero da tutti rispettose e cordialissime condoglianze.

Borgo S. Martino : si fece in collegio con l'intervento di molti Cooperatori. Ne disse l' elogio funebre il Direttore.

Canale : gran funerale nella parrocchia.

(Continua).

GRAZIA OTTENUTA per invocazione di Don Bosco.

Abbiamo sott'occhio varie lettere nelle quali ci sono riferite grazie anche straordinarie, che si dicono ricevute da Dio per intercessione di D. Bosco, dopo sua morte. Fin d'ora le teniamo in quel maggior conto che le sapienti leggi della Chiesa prescrivono; e intanto pregati ne pubblichiamo una, che ci viene riferita minutamente da un Prefetto apostolico dell'Alto Egitto , premettendo che non intendiamo di darle nè che le sia data se non quella fede, che si merita un fatto attestato da persona degna di grande stima e di alta considerazione.

Dominus det Tibi pacem !

M. R. SIG. DIRETTORE,

Prego la S. V. Reverendissima di pubblicare a gloria di Dio, di Maria Santissima Ausiliatrice e del compianto Fondatore dei Salesiani la seguente relazione.

Circa la fine del gennaio p. p. una cofta cattolica di Luxor, di nome Guta Abd Mariam, di anni 25, già madre a tre figli e matrigna a tre altri, fu assalita da fortissima febbre perniciosa accompagnata da un attacco di bronchi. Avendo il marito di essa chiamato il P. Atanasio Riccardo da Firenze e me per la necessaria assistenza spirituale ed anche corporale (mancando qui il medico per gli indigeni), tanto il suddetto Padre che io, ci studiammo di aiutare quella povera madre di famiglia e coi soccorsi della Chiesa e con le migliori medicine che avevamo nell'Ospizio. Però il male, nonostante una cura assidua, andò sempre aggravandosi, la malata perdé l'udito, la facoltà del parlare, ed allora le fu amministrata l'Estrema Unzione. Finalmente nel di 21 febbraio la poveretta era giunta agli estremi ; tutti i parenti la piangevano già come disperata, ed il rantolo dell'agonia invitò il Padre Atanasio a recitarle , nella sera dello stesso di 21, le preghiere dei moribondi.

In tale circostanza il P. Atanasio ebbe la felice inspirazione di raccomandare quella povera madre di famiglia alla Vergine Santissima Ausiliatrice supplicandola di ottenere alla medesima, se a Dio piacesse , la guarigione corporale , pei meriti del devotissimo servo della stessa Vergine, Don Giovanni Bosco , ed obbligandosi a pubblicare la grazia, qualora questa venisse concessa.

Avendomi il P. Atanasio , al suo ritorno all'Ospizio, comunicata la suddetta ispirazione , io mi unii a lui pregando , sebbene indegnamente per parte mia , la gloriosa Vergine Ausiliatrice, per intercessione del compianto servo di Lei Don Giovanni Bosco, ad aiutare anche nel corpo quella povera inferma, ed obbligandomi io pure a pubblicare, in unione al P. Atanasio, la notizia del miracolo, se questa si ottenesse.

Frattanto nella notte del 22 febbraio dovendo io partire per Kene, presi col P. Atanasio le disposizioni necessarie pel trasporto funebre della suddetta Guta, qualora questa venisse a morire nei due giorni che doveva durare la mia assenza.

La mattina del 22 recatosi il suddetto Padre dall'ammalata, la trovò sempre in uno stato assai pericoloso, ed allora le pose sul capo in modo permanente, una effigie del venerando Fondatore dei Salesiani.

Ebbene , da quel momento la povera donna entrò in via di miglioramento, ed in pochi giorni si riebbe in maniera, che quanti l' avevano veduta nello stato, nel quale era il 21 febbraio, rimasero attoniti del rapido passaggio di lei, da una situazione umanamente disperata ad una felice convalescenza.

Ritenendo il P. Atanasio ed io che tutto ciò sia seguito per intercessione di Maria Santissima e di D. Bosco , adempiamo con questa lettera la promessa fatta di pubblicare, sempre colla debita soggezione al giudizio di S. Madre Chiesa, la notizia della grazia ricevuta , in attestazione della vivissima nostra riconoscenza e di quella dell'ammalata ristabilita e della famiglia di essa.

Le sarò molto grato, reverendo signor Direttore, se si degnerà mandarmi una copia del Bollettino che conterrà questa notizia e se si degnerà di mandarne una copia altresì al Reverendissimo Padre Generale dell' Ordine dei Minori, Roma, Collegio S. Antonio.

Frattanto offro alla S. V. Rev.ma l'umile omaggio del mio ossequio e raccomando me e questa missione alle sue ferventi preghiere.

Dev.mo Servitore

Fr. FRANCESCO ZAMBi da Firenze

Prefetto Apostolico. Luxor (Tebe) Alto Egitto, 12 marzo 1888.

DALLA PATAGONIA.

Santa Cruz, 26 agosto 1887.

SIGNOR DIRETTORE,

Approfitto di alcune ore di tranquillità per darle contezza di me e delle peripezie del mio naufragio mentre navigavo sul vapore argentino Magallanes.

1. Partenza da Buenos-Aires - Il Magallanes - Prime peripezie del viaggio.

Incomincio a narrare la mia partenza da Buenos-Ayres. Era circa da due mesi che annunziavasi da giornali come El Magallanes sarebbe partito por las reparticiones del Sud a metà o sul finire dal mese di aprile; poi si disse pel 15 , poi pel 20, quindi pel 22 , e più tardi pel 29 maggio. E non si partiva. Di nessun piroscafo erano mai corse tante voci sinistre e presentimenti cattivi come sulle sorti future del Magallanes. Chi diceva rollasse molto, chi aver la macchina in cattivo stato; chi lo criticava per un difetto, chi per un altro; gli uni pronosticavano che non sarebbe arrivato al fine del suo viaggio e gli altri sostenevano che non ritornerebbe a veder Buenos-Ayres. Tutti profetavano disgrazie.

Da alcuni giorni albergavo nella nostra casa della Bocca aspettando il giorno della partenza , quando finalmente il giorno 5 di giugno giunse l'ordine d'imbarcarci. Le mie robe già da due settimane si trovavano a bordo, quindi senz'altro andai al mio posto accompagnato da D. Fagnano, giunto il dì innanzi dal Chilì , il quale doveva ancora sbrigare varie faccende in Buenos-Ayres. Il vapore partì verso le 10 ant. Erano poche ore che ci trovavamo in mare, quando, non so per quale incaglio dell'elice , il Magallanes si fermò, e lì siamo stati varie ore alla cappa. Il giorno appresso si ruppe la catena dell'elice; altra fermata.

Il terzo giorno si scompose qualche membro della macchina, e lasciava scappare tanta quantità di vapore, da appena appena poter muovere gli stantuffi, e procedeva in modo : - che le lumache al paragon son veltri - direbbe il poeta; e però fu mestieri fermarsi la terza volta per le riparazioni necessarie. Ma, come Dio volle , il quarto giorno del nostro viaggio arrivammo a Patagones. Era il giorno 9 di giugno , festa del Corpus Domini. Il mio arrivo inaspettato cagionò grande gioia in quel Collegio , e non è a dire quanto cordiale sia stata l'accoglienza fattami da quei confratelli che da lungo tempo non aveva visti. Quivi potei riposarmi e rinfrancarmi, perché ero stanco e alquanto indisposto di sanità. Dopo una stazione di nove giorni, ci rimettemmo nuovamente in mare con i presentimenti peggiori che si possano immaginare dopo le avarie sofferte dal bastimento. Ero così poco sicuro di arrivare al mio destino a Santa Cruz, che aveva rimesso ai miei confratelli alcune messe ricevute, dubitando di non poterle più celebrare io stesso. Appena usciti dal fiume, eccoci sconvolti da nuova e più forte agitazione di onde, specialmente davanti al golfo S. Mattia. Soffrivamo tutti terribilmente, finche, entrati nel golfo nuovo, riparammo a Porto Rocca per isbarcarvi passeggieri e viveri destinati alla sotto-prefettura e colonia del Chubut.

2. L'imboccatura del deseado - Il MAGALLANES fra gli scogli - Lo spavento dei passeggieri.

Il giorno 24 sul far dell'alba, alzate le àncore, uscimmo dal porto e, ripreso il rumbo sud, navigammo tutto il 25 e parte del 26 per il terribile golfo di S. Giorgio. Alle 1 1/2 pomeridiane circa entravamo nell'imboccatura del Deseado e circa un'ora dopo eravamo in porto. Ed ecco che mentre si virava di bordo e le àncore erano pronte a calare in acqua... trrrrrach! Sentiamo un colpo violento che ci strammazza gli uni sopra gli altri. Lo scalo aveva urtato in uno scoglio sott'acqua detto Piedra del diablo. Io stava in coperta col dottore P. Segers , medico che andava alla Terra del Fuoco, ed alcuni altri, ciarlando ed aspettando il momento di scendere a terra. A quello scherzo inaspettato e poco cortese, rialzandoci, in sulle prime ridevamo, ma subito successe una seria riflessione. -Che cosa sarà? Che cosa è successo? ci domandavamo a vicenda. Quale è la causa di questa improvvisa, sorda, spaventosa scossa? Que haya chocado en alguna piedra?... Guarda, mira, osserva... Ahi!

- Tutti impallidiscono... la costernazione è universale. Succede un istante di repentino universale silenzio. Un mutuo guardarsi: che occhi , mio Dio! Che visi contraffatti dalla paura ! - Ha urtato negli scogli, a tribordo, al fianco della macchina!! Si sente gridare: entra l'acqua a grandi fiotti nella stiva, siamo perduti... Ahi come erano angosciosi questi ahi simultanei, prolungati. - Il Magallanes si piega, si inclina da un lato, si sprofonda... mano alle botti, in mare la lancia a vapore... fuori i salvavita... afferra le tavole! - Si grida, si schiammazza per ogni lato. Quindi un muoversi , un correre per tutti i versi, un incrocicchiarsi, un urtarsi, un scivolare affannoso. Un marito chiama la sposa, questa i figli, se li stringe al seno, e con essi forsennata corre, geme, piange. Che scene, che schianti al cuore! Tutti si slanciano , si aggruppano , si ammucchiano alla scaletta per discendere i primi. Intanto si erano tagliate e rotte le catene e le corde che tenevano sospese la barca a vapore e le altre scialuppe e già galleggiavano. Ma a queste mancavano i rematori, a quella il fuoco: quindi perdita di tempo in tale frangente per causa del disordine col quale si procedeva. Tutti comandavano, nessuno obbediva, ognuno operava a proprio talento.

Il coraggio e l'energia sono qualità indispensabili di un capitano di bastimento. Il nostro capitano, che d'altronde era assai buono , si era perduto di animo, e fu la causa colla sua inazione di così deplorevole confusione. Se non ci siamo perduti tutti, lo dobbiamo alla Divina Provvidenza, che, vegliando su di noi, ritardò il completo affondamento del vapore finchè tutti ci trovammo in salvo.

3. L'opera del salvataggio - L'equipaggio e i passeggieri in salvo sul lido.

Io intanto scesi alla mia cuccetta , pigliai la borsa degli olii santi, una valigia , un fardello di vesti di A. F. Forcina, nostro coadiutore, e risalii in coperta. Dopo aver cercato di far animo a quanti mi fu possibile , incominciai a pregare Iddio perché nella sua bontà infinita volesse salvar me e tutti quelli che erano meco Domine, salva nos, perimus! E invocai la nostra celeste patrona Maria SS. Ausiliatrice, stella del mare e sicuro porto ai naufraghi Ciò fatto, mi sentii tranquillissimo , e, sebbene ignaro affatto dell'arte di nuotare, mi cinsi col mio salvavita , pronto a gettare gli abiti per essere più spiccio a fare quegli estremi sforzi che le circostanze mi avrebbero suggerito in tale frangente. Forcina, che era corso al mio fianco, aveva imitato il mio esempio, e stemmo lì in aspettativa quasi un'ora! Che ora angosciosa, mio Dio!

Io stavo immobile al mio posto e innanzi a me tutto era disordine e confusione. I naviganti andavano, venivano, correvano, schiamazzavano: ognuno non pensava, non cercava che la propria salvezza. Questo si appigliava ad una tavola , quello ad un salvavita. Gli uni colle donne scendono per la scaletta alle barche ; gli altri dal lato opposto della nave si lasciano spenzolare e correre per i cordami in altre barche venute in nostro aiuto.

Finalmente, la Dio mercè, la voce di un marinaio mi invitò a calarmi in una barca, ed io, afferratomi ad una corda che pendeva dall'albero, mi lasciai scivolare dall'altezza di cinque o sei metri e con me feci scendere Forcina. Con noi due era completo il carico della barca. Afferrati i remi, ci demmo a vogare, e dopo molti sforzi arrivammo finalmente alla sponda, parendoci di rivivere una seconda volta. Nel saltare a terra, dopo esserci detto a vicenda : - Siamo salvi - uscì spontaneo dal profondo del nostro cuore un Deo gratias !

4. La neve - Il MAGALLANES è inghiottilo dal mare - L'ultima assoluzione a chi periva - Un marinaio salvato - Perdita di tutta la roba della Missione.

Ma, salvi dalle onde, nuovi patimenti ci aspettavano a terra. Era caduta la neve nei due giorni antecedenti (24 e 25 giugno), e in quell'ora (le 4 pomeridiane) spirava un vento freddissimo del sud-est. La maggior parte di noi eravamo bagnati, cosicché i panni ci si gelavano indosso tuttavia, appena posto piede sulla spiaggia , ancora ansanti, ci fermammo, rivolgendo lo sguardo alle onde. Pensavamo al corso pericolo, e a coloro che forse in quel momento lottavano coi flutti per giungere a salvamento. Vedevamo il bastimento che a poco a poco si andava inesorabilmente affondando. Ed invero non erano passati quindici minuti, quando con uno spaventoso strepito e vomitando una formidabile colonna di nero fumo il Magallanes, trasporto militare della flotta argentina, si sprofondava negli abissi, inghiottito dai gorghi. Di lui più non si vedeva a fior d'acqua che la punta della prora ed alcuni metri dell'albero di trinchetto con la verga del velaccio in croce, quasi per dire alle navi che sopravverranno : - Guardate !

Io allora mi avvicinai di alcuni passi alle onde, alzai la destra e diedi l'assoluzione condizionata in articulo mortis a quelli che disgraziatamente si fossero trovati in quell'istante preda dei flutti, e, recitate alcune altre preghiere di opportunità, mi ritirai. Quanti videro quest'atto rimasero commossi, e sui lineamenti risoluti del valoroso capitano Feliz Paz , governatore della Terra del Funto, brillò una lagrima.

Mentre ci ritiravamo verso la sotto-prefettura, distante circa un miglio dal luogo del disastro , voltandoci di quando in quando verso il mare, ci sembrò di vedere un non so che di negro muoversi intorno all'albero emergente della nave , arrampicarsi fino alla punta , distaccare la bandliera che ancora sventolava e far segnali. Erano le 5, sul far della notte. Arrestammo il passo , guardammo ben bene, e finalmente riconoscemmo esser quello un negro, marinaio del vapore, che, salvatosi dal mare ascendendo sull'albero , chiamava soccorso. Si staccò subito una barca , la quale lo raccolse e lo condusse a terra. Due soli perirono : il maggiordomo ed il mozzo di cucina, quali avrebbero potuto salvarsi se in quel momento non fossero stati ubbriachi fradici , e se non avessero opposto resistenza a chi voleva trarli nelle barche.

Erano salve le persone, ma perdemmo ogni cosa, eccettuati i vestiti che avevamo in dosso al momento del naufragio e quegli oggetti che avevamo sotto mano facilmente trasportabili. Io perdetti tutto il mio equipaggio , consistente in otto casse, tutta roba della missione pel valore di parecchìe migliaia di lire. Erano arredi sacri e vestiarii, e medicine ed altri oggetti da distribuirsi agli Indii , e mi erano costati più mesi di sacrifizi, viaggi, visite, fatiche per procacciarmeli.

5. Spiaggia deserta - Previdenza generosa di un capitano italiano - La Colonia del Deseado - La caccia e la pesca.

Eravamo salvi dalle onde, ma come ripararci dalle intemperie della cruda stagione, in mezzo alle nevi, ai gelati venti polari ? Come provvederci di vitto in quel deserto? Duecento persone stavano sul lido , ma quanto pochi pensavano a ringraziar Dio d'aver scampata la vita anzi risuonavano ben sovente maledizioni e bestemmie.

Tuttavia la Provvidenza divina aveva previsti i nostri bisogni. Un capitano italiano , Antonio Oneto, prevedendo naufragi in quel luogo, aveva, dopo molte insistenze, ottenuto dal Governo argentino lo stabilimento su queste spiaggie di una colonia pastorizia , provvedendola di viveri per due anni, ergendovi case e ponendovi una sottoprefettura di marina per guardare la costa. Il Magallanes era il secondo bastimento che incagliava e naufragava vicino a questi lidi nei tre anni da che fu stabilita questa stazione, essendo stato primo il Rochester, nave inglese i cui avanzi stanno a poca distanza.

Noi giungemmo a quella colonia che era provvista di abbondante galletta, riso ed altri viveri secchi, di circa duemila pecore, di tre o quattro decine di manzi e vacche. Parte dei viaggiatori fu ricoverata nell'abitazione del commissario della colonia sulla spiaggia nord e parte nella casa della sotto-prefettura al sud di detto porto. Queste due case erano composte di assi. La seconda aveva otto camere che sono dimora ed ufficio del sotto-prefetto, dell'aiutante, del segretario: ivi è l'abitazione dei fabbri-ferrai e dei falegnami ; cucina, bottega, dispensa, ecc. Quivi , come nel luogo più decente, furono allogati quelli che per condizione e dignità in un cogli uffiziali del disgraziato Magallanes, circa un trenta persone. formavano, per così dire, il ceto nobile. La prima casa era divisa in quattro o cinque cameracce , abitazione dei marinai e ripostiglio di attrezzi marini.

Per quattro o cinque notti riposammo assai malamente, non avendo altro per letto che freddo e duro suolo e per coprirci niente altro che i panni che ciascuno indossava. Con tutto ciò non era poco essere riparati sotto un tetto. In seguito ci aggiustammo meglio, facendoci dei materassi e delle coperte con telo da sacchi e da vela e con lana greggia. Il cibo non mancava, e la caccia e la pesca ci procurò occupazione, divertimento e maggior varietà di vivande. Distruggemmo una gran quantità di molluschi marini che, cucinati col riso come da noi le rane, erano un cibo eccellente.

6. in attesa di una nave - In cerca di soccorsi - Incertezze.

Ciò non di meno questa vita , davvero , anzi troppo, romantica, piaceva a nessuno. Quante volte io mi allontanava da quella casa ospitale e passeggiando lungo la marina o seduto su di uno scoglio, fissava lo sguardo sull'immenso oceano e guardava verso il nord-est per vedere se per caso mi fosse dato di scoprire alcun bastimento. Quante volte abbiamo gridato: - Una nave in vista! - e con qual rammarico ci siamo ben presto disingannati. Quello bianche vele apparse nel lontano orizzonte altro non erano che le spume dei marosi che si sollevano giganti sul mare irrequieto, e che dopo pochi istanti sparivano. Altre volte ancora ci fu dato di veder apparire dal Capo Bianco al nord del Deseado e venire alla nostra volta un bastimento , e noi, pieni di gioia prematura , fargli segni col telegrafo internazionale di bandiere; e quello, quasi burlandosi, all'improvviso volgere la prora al sud, passar l'isola Pinguines e scomparire.

Finalmente il governatore e gli altri uffiziali, vedendo che questo stato di cose poteva durare chi sa fino a quando , si radunarono a consiglio ai primi di luglio. Stabilirono di formare una commissione di individui che andasse per terra fino a Patagones o a S. Cruz a portare la notizia del naufragio e a domandar soccorso. Ma come fare? Con quali mezzi? Per andare a Patagones si deve percorrere la bagatella di 600 e più miglia in linea retta, deserto immenso, monotono da attraversare e in una stagione in cui i giorni sono brevi , e le lunghe notti molto fredde; e mancavano i cavalli per così lungo tragitto. D'altra parte a S. Cruz , distante circa 200 miglia, non vi possono essere soccorsi sufficienti per tanta gente. Dunque che cosa si avrà da fare? Si stabilisce di mandare qualche messaggero a S. Cruz e di là spedir subito altre persone a Puntarenas del Chilì per noleggiare un bastimento con destinazione al Deseado in soccorso dei naufraghi. Detto fatto. Si forma la commissione , si radunano quindici cavalli , in due giorni si fanno i preparativi necessari, e il 4 di luglio partiva. Erano quattro cavalieri capitanati dal signor Ramon Lista, governatore di S. Cruz.

Partiti costoro, siccome questa spedizione ispirava poca sicurezza di pronta riuscita, se ne formò subito un'altra, che per mare si dirigesse verso Patagones, in una barca salvavita a vela. Questa, sebbene piccola, reggeva a portare cinque persone cogli attrezzi e viveri necessari per un mese.

L'impresa era arrischiata assai più della prima, ma come si deliberò , così si fece. Fatti senza dilazione i preparativi. la barca partiva il giorno dopo versop il nord con gli augurii i più felici

Arrivo a Santa Cruz.

Lunga fu l'aspettazione dei soccorsi , quando , come a Dio piacque, spuntò l'alba del 22 agosto. Quale non fu la commozione e il giubilo universale quando, spingendo lo sguardo sulle onde, scorgemmo lontana lontana una nave. Rapidamente si avvicinava , e ben presto la riconoscemmo.

Era il vapore Mercurio, mandato dal Governo argentino a portare aiuto ai poveri naufraghi del Magallanes in Puerto Deseado; ma, giunto colà, ebbe avviso che due altri bastimenti erano pure naufragati da qualche giorno, l'uno di fronte alle Isole degli Stati, e l'altro in uno dei molti falsi stretti nella Terra del Fuoco, a qualche decina di leghe da Usciuuaya.

Il valente capitano Cerisola allora imbarcò prontamente i naufraghi del Puerto Deseado e senza indugio spinse il suo legno in soccorso degli altri sgraziati. E fu provvidenziale la sua risoluzione, poichè, conosciuti i luoghi della disgrazia, potè giungere ancora in tempo per raccogliere, lottando con molta fatica e prudenza contro non poche e gravissime difficoltà , una trentina di poveretti, assiderati omai dal freddo e senza più che un filo di vita.

Troppo lungo sarebbe il racconto straziante delle terribili agonie provate da quei naufraghi, i quali non cessavano di render grazie a Dio ed al capitano signor Cerisola per averli scampati da una morte certa ed imminente.

Finalmente giungemmo a Santa Cruz, luogo di mia residenza. Il giorno 27 il Mercurio doveva ripartire per Patagones, sul quale si imbarcava D. Angelo Savio.

Tronco qui la lettera perchè il vapore parte. Il resto lo scriverò altra volta. I miei saluti a tutti. Preghi pel

Suo aff.mo in G. C. D. GIUSEPPE M. BEAUvOIR.

CONFERENZA AI COOPERATORI SALESIANI IN GENOVA.

Il giorno 3 Marzo nella Basilica di S. Siro in Genova, previo invito del novello superiore dei Salesiani, D. Michele Rua, si tenne la Conferenza ai Cooperatori della città e de' suoi dintorni. Ecco come ne scrisse il valoroso giornale l'Eco d'Italia:

Sabato ebbe luogo l'annunziata conferenza Salesiana con intervento dell'amatissimo nostro Arcivescovo. Il discorso dell'illustre Mons. Cagliero, onore e vanto dell'inclita Congregazione Salesiana, fu veramente splendido, e piacque assaissimo all'affollato uditorio.

Monsignore incominciò ricordando in modo affettuoso e commovente come alla Conferenza dello scorso anno 1887 assistevano l'uno accanto all'altro due venerandi vegliardi, l'Arcivescovo di Genova e l'amatissimo D. Bosco. Disse come l'ultimo di essi non era più, ma che a confortar sè e i cooperatori dell'incomparabile perdita richiamava alla mente quanto aveva dimostrato il 1° di Marzo l'Eminentissimo Alimonda nella sua Orazione funebre ai Torinesi, che cioè D. Bosco non era morto, ma viveva col suo spirito nelle opere da lui fondate. Ed ispirato a questo pensiero passò a trattare brevemente di queste opere, che ridusse a quattro principali: la saggia istruzione scientifica e letteraria della gioventù; la vera e buona educazione della classe operaia; l'associazione dei Cooperatori Salesiani; le missioni dell'America meridionale. Di quest'ultima parlo assai diffusamente, mettendo innanzi specialmente i gravissimi bisogni in cui si trovano i selvaggi della Patagonia e della Terra del Fuoco.

Finì calorosamente invitando i cooperatori a continuare il loro affetto ed appoggio al Successore di D. Bosco e a tutti i Salesiani, poiché disse, i Salesiani hanno bisogno di essere soccorsi, aiutati ed amati.

Si alzò quindi S. E. Rma Mons. Magnasco e con parole dettate dal suo ardentissimo zelo per la salute delle anime pose un magnifico suggello al discorso di Mons. Cagliero.

Ecco poi quanto aggiunge l'Ottimo Cittadino:

La conferenza piacque molto, riuscì interessante oltre ogni dire. Piacevoli certi particolari intorno alle missioni, commovente la narrazione delle opere compiute dai Missionari Salesiani nella Patagonia. I giovanetti ricoverati dell'Istìtuto di S. Pier d'Arena cantarono soavemente con quella intonazione, con quello slancio ammirabile che ripetutamente ebbe il plauso degli intelligenti della buona musica. La colletta fatta allo scopo di raccogliere offerte a pro delle opere fondate dal non mai abbastanza compiante D. Bosco, fruttò la bella somma di 1057 Lire.