BS 1870s|1879|Bollettino Salesiano Settembre 1879

ANNO III. - N. 9.   Esce una volta al mene   SETTEMBRE 1879.

BOLLETTINO SALESIANO

SOMMARIO - Gli Oratorii di Dio e i ricreatorii di Satana - I Missionarii Salesiani in Patagonia - Grazia ottenuta per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice -Certificato del medico sulla riferita guarigione - Storia dell'Oratorio di S. Francesco di Sales - La vita quotidiana del Papa - Numeri vincitori della piccola Lotteria - Indulgenze speciali pei Cooperatori Salesiani.

GLI ORATORII DI DIO E I RICREATORII DI SATANA.

Fin dal giorno, in cui ebbro di superbia disse : Io salirò sulle nubi e mi farò simile all'Altissimo, Satana prese ad osteggiare Iddio e le sue opere. Quantunque ei sappia che indarno si cozza contro l'Onnipotente, pur non si ristà; e cento volte respinto, cento volte ritorna all'assalto, finché giunta la fine dei giorni egli co' suoi sia rovesciato nell'abisso per non uscirne più mai.

Non è intento nostro di qui passare a rassegna nè tutte nè in parte le male arti del demonio per impedire o distruggere le opere del Signore a danno degli Eletti ; ma non possiam tacere come in questi ultimi tempi egli abbia tolto a muovere accanita guerra agli Oratorii Cattolici, a quella instituzione cioè, che pel gran numero di giovani, cui trasse e va ogni dì traendo a salute, puòdirsi meritamente un pietoso trovato della industriosa carità inspirata da Dio.

La frammassoneria, nella quale oggidì sembra essersi, per così dire, incarnato lo spirito maligno, prese, non ha guari, ad esame l'organismo di questi Oratorii, e convintasi che essi sono un mezzo efficacissimo per instillare nelle menti e nei petti giovanili le massime della morale e della Religione Cattolica, fermò di combatterli apertamente, screditarli, metterli in sospetto, incagliarli insomma ed annientarli, se dato le fosse. Diffatto, in un recente opuscolo, dal quale gocciola il veleno del serpente antico, i frammassoni escono in queste parole : Non a torto la società nostra decise di occuparsi seriamente dei mezzi atti e combattere tali instituzioni così perniciose al progresso e al bene del paese. Ben inteso: da Satana e satelliti suoi vien chiamato male quello, che da Dio è chiamato bene; vien detto pernicioso al progresso del paese quello, che al vero progresso spiana largamente la via , ed è d'immenso vantaggio al benessere degli individui, delle famiglie, della società tutta quanta.

Dopo questo sinistro giudizio i nemici degli Oratorii passano a ragionare delle armi da usarsi contro di essi con certa lusinga di riuscita, e gridano : Combattiamo col contrapporre agli Oratorii Cattolici i Ricreatorii massonici. Dissero, e già si posero all'opera in Milano, e si preparano a fare altrettanto in altre città. Ed ecco agli Oratorii di Dio contrapposti i Ricreatorii di Satana; ecco agli Asili della innocenza e della virtù contrapposti i ricoveri dell'empietà e della corruzione.

Ed in vero, che cosa vuol farsi in questi Ricreatorii? - Tutto l'opposto di quello , che si pratica negli Oratorii. In questi per mezzo di onesti trastulli si raccolgono e si intrattengono i giovanetti nei giorni di festa, allo scopo d'impedire che si portino a fare i monelli su per le vie e per le piazze; in quelli invece vi si attirano per tenerli lontani dalla Chiesa. Negli Oratorii i fanciulli si sorvegliano ed assistono nella ricreazione, affinchè non commettano disordini, non escano in cattivi discorsi, non irrompano in bestemmie e via dicendo ; nei Ricreatorii si lascia loro libero il freno di fare, di parlare, di sbizzarrirsi, di corrompere e corrompersi a loro talento. In quelli s'insegna a sciogliere inni e cantici di lode alla virtù, alla Vergine Immacolata, a Dio; in questi 'si apprende ad applaudire ed inneggiare al vizio ed al libertinaggio. Negli Oratorii s'instruiscono soprattutto i ragazzi nella Religione , s' innamorano della celestiale sua bellezza, si esortano alle opere di pietà e si porge loro il destro di praticarle ; nei Ricreatorii non si parla nè di Dio, nè dell'anima, nè del Paradiso, nè dell'Inferno, oppure se ne parla per farsene beffe, formando così degli individui, che ritraggano più del bestiale che non dell'umano. Negli Oratorii di Dio insomma coi principii di sana morale, coll'istruzione religiosa si allevano dei buoni cristiani, dei probi cittadini, degli amici dell'autorità e dell'ordine, dei fortunati abitatori del Cielo; nei Ricreatorii di Satana al contrario con lezioni, con libri, con fogli di pestilenza si semina nel cuore del fanciullo e del giovinetto l'odio alla Chiesa, alla famiglia, alla società; si creano dei settarii, dei comunardi , o meglio dei ladri e dei grassatori , dei disperati inquilini dei tartarei abissi. Ecco che cosa sono e che cosa, fanno i Ricreatorii testè inventati, coi quali i tristi sí argomentano di abbattere e disertare gli Oratorii Cattolici.

Cooperatori e Cooperatrici, anche dai nemici e dallo stesso principe delle tenebre noi possiamo oggi imparare. Sì, impariamo a conoscere vie meglio quanto siano utili e necessarii gli Oratorii festivi , e quanto degni di essere altamente promossi e commendati.

Oggimai sono tanti i modi, con cui la gioventù viene allettata ed informata al male, che non saranno mai troppe le nostre industrie per istruirla e attirarla al bene. Nei paesi più popolati, soprattutto nelle città, un buon numero di ragazzi non imparano più il Catechismo. A scuola molti non vanno, perchè essendo poveretti e bisognosi di guadagnarsi il tozzo di pane, sono impiegati fin dai primi lor anni or nelle officine, or nei lavori di campagna. Quelli poi, che frequentano la scuola, non istudiano tuttavia la Dottrina a dovere , o perchè abolito ne fu l'insegnamento , o perchè dal maestro istesso vien tenuto in si poco pregio, da non farne neppure materia di esame. Per la qual cosa non rimane ai fanciulli fuorchè una mezz'ora di festa per impararla a viva voce dal Parroco; ma quanti di loro o per incuria dei parenti o pel malo esempio dei compagni in quell'ora istessa o restano a casa, o si portano al giuoco ed ai passatempi invece che alla Chiesa? E poi nella tenebrìa di tanta ignoranza, in mezzo ad ogni pericolo di pervertimento, tra le grida di empietà che assordano , a che servono trenta minuti di religiosa istruzione per settimana? E fosse questa data almeno e ricevuta con frutto ! Ma chi non sa che il più delle volte tra il cicalare degli uni, tra il ridere degli altri, tra l'impazientirsi del maestro, quel po' di tempo passa senza che siasi potuto imparare neppure una domanda di Catechismo? Quindi accade sovente d'incontrarti in giovani adulti, iniziati pur troppo ed inoltrati nella malizia, ma così ignoranti in fatto di religione , da non poterli ammettere alla prima Comunione , e talora neppure assolvere dai loro peccati. Che sarà di questi infelici? Che dei loro figli? Che di tante famiglie? Ahimè ! che andando di questo passo in molte anime non rimarrà più di cristiano, fuorchè il nome e il carattere indelebile ricevuto al fonte battesimale.

Ma anche supposto che i giovanetti ricevano in qualche guisa l'istruzione religiosa, basterà questa forse per allontanarli dal sentiero del vizio e renderli buoni cristiani? - Per nove su dieci questo non basta davvero. Quasi dappertutto nei giorni di festa la gioventù è abbandonata a sè stessa, e in ogni piazza, in ogni via , in ogni trivio tu vedi stormi di fanciulli dati al misfare. Nella bella stagione molti si recano alla campagna, e lungi dall'occhio dei parenti con giuochi nè sempre leciti, nè sempre onesti, tra le bestemmie e gli osceni parlari, tra le baruffe, le imprecazioni e le impertinenze passano le ore delle sacre funzioni. Non pochi inoltre nei giorni di caldo or sulle spiagge del mare, or sulle rive dei laghi e dei fiumi, or nei ruscelli, nelle gore e nelle fogne danno pubblicamente il lagrimevole spettacolo di una spudoratezza precoce, che mette orrore ad ogni anima onesta. ahi ! quanti lupi rapaci ! quanti agnelli sbranati! quanti innocenti traditi!

Ma non vi ha egli rimedio, non riparo a un tanto disordine? - Sì, che vi è; bisognerebbe che i padri e le madri o chi per essi vigilassero più attenti sui proprii figliuoli, li conducessero seco alla Chiesa, o almeno se li tenessero sotto gli occhi, non dando loro una libertà pericolosa e fatale. Ma questo è forse sperabile ai giorni nostri? - É follia aspettarlo almeno dalla maggior parte delle famiglie povere o trascurate. Ma concediamo pure che i ragazzi dai 10 ai 15 anni vadano eziandio o siano condotti nei dì festivi alla istruzione degli adulti; ma non è egli vero che il più delle volte questa non è pane pei loro denti? Non è egli vero che spesso al Parroco tocca parlare ai padri ed alle madri ed agli adulti di certe materie poco utili alla maggior parte dei giovinetti e delle giovinette? Non è egli vero ancora che in pratica, in quasi tutte le chiese parrocchiali, nelle ore delle sacre funzioni e della stessa istruzione, la maggior parte dei ragazzi se ne sta seduta sui gradini o sulle predelle degli altari ridendo, cicalando, recando disturbo e noia agli uditori ed allo stesso predicatore? - Or dunque che resta per evitare questo sconcio, e giovare sodamente a tanti poveri fanciulli dei nostri giorni? - Restano gli Oratorii festivi, nei quali si faccia per essi quello, che i parenti o non sanno o non vogliono fare; si faccia per essi quello, a cui gli stessi Parroci non potrebbero attendere.

Sì, l'Oratorio è un mezzo di salute per la gioventù. Il ragazzo è avido ed ha bisogno di divertimento, e all'Oratorio ei si diverte senza pericolo. Ha bisogno d'istruzione, e all'Oratorio viene istruito appositamente e con suo diletto e profitto. Ha bisogno di essere riparato dal contagio del cattivo esempio, e all'Oratorio egli vi sta al sicuro per la vigilanza dei direttori ed assistenti. Ha bisogno di amici che lo avvisino dei suoi falli, lo correggano dei suoi difetti, lo confortino sulla via della virtù , e a tempo e luogo gli porgano eziandio regole di civile educazione; ed in un Oratorio ben diretto egli è fornito di tutto questo e di altro ancora, e talvolta meglio che non sarebbe in seno della stessa sua famiglia. In una parola l'Oratorio Cattolico è pel giovanetto un asilo d'innocenza , una scuola di religione , una cattedra di civiltà e di buon costume. Oh! sì, fortunata quella parrocchia , nel cui seno fiorisce uno di tali Instituti ! Degni di eterna memoria sono coloro tutti, che vi spendono fatiche, vi spargono sudori, vi consacrano danaro per fecondare queste opere di squisita beneficenza!

Essendo così, non è a stupire che il demonio e l'empia setta veda di mal occhio e combatta gli Oratorii festivi, li ingiurii, li calunnii e cerchi di scimmiottarli coi suoi Ricreatorii. L'inferno non fa che il suo mestiere. Quello che reca maraviglia, anzi fa male al cuore, si è il vedere che in alcuni luoghi, sotto futili pretesti, gli Oratorii festivi e i loro direttori sono osteggiati ancor da taluni, che dovrebbero essere i primi a promuoverli, incoraggiarli e sostenerli. Davvero che si usa la più fina carità, quando si limiti a giudicare che costoro o sono ciechi, od hanno perduto il senso comune. Comunque sia, coloro, a cui il Cielo affidò questa gloriosa impresa, o che vi prendono parte, non si lascino scoraggiare nè dalla freddezza, nè dalla contraddizione degli uomini; ma fidenti in Dio e nella bontà della causa che hanno tra mano, uniti colla Chiesa e coi buoni, tirino innanzi impavidamente. Talora a proprio conforto si rammentino che lo stesso divin Maestro si ebbe rimostranze, perché raccoglieva presso di sè una turba di bimbi, e dovette rampognare alcuni degli stessi suoi discepoli, che impedivano quegli innocenti dal farsi a Lui d'intorno; si richiamino alla mente che l'Apostolo di Roma, S. Filippo Neri, si buscò rabbuffi e castighi per lo stesso nobilissimo fine; e se loro aggrada si consolino eziandio col ricordare che l'Oratorio di S. Francesco di Sales cominciò in una sacrestia di Torino colle bastonate, e che fiorì e fiorisce tuttora nelle opposizioni. Per far del bene è d'uopo lottare contro di un mondo, che totus in maligno positus est ; ma coraggio. Quanto più amara è la fatica della battaglia, altrettanto più dolce riuscirà il premio della vittoria.

I MISSIONARII SALESIANI IN PATAGONIA.

In una delle ultime lettere del signor D. Costamagna Missionario Salesiano si rilevava che, dopo un lungo e penoso viaggio, egli co'suoi compagni era arrivato al Carrhué centro del deserto dei

Pampas. Colà ai era abboccato coi Cacicchi Manuel Grande ed Eripaylà ed aveva potuto battezzare parecchi Indii di quelle battute e disperse tribù.

Ora sappiamo che dopo un altro penosissimo cammino di 130 leghe, passato il Rio-Colorado, i Missionarii Salesiani arrivarono al Rio-Negro, ultimo confine dei Pampas, e principio della Patagonia.

E qui riportiamo, tolta dall'America del Sud di Buenos-Ayres, la corrispondenza di Monsignor Vicario Dottore Antonio Espinoza, dall'Arcivescovo dato per guida, in questo rischioso viaggio di esplorazione, ai Missionarii Salesiani.

Patagones 16 Giugno 1879.

ILLUSTRISSIMO SIGNOR DIRETTORE,

Eccoci, Illustrissimo Signor Direttore, in Patagonia, giuntivi finalmente, mediante l'aiuto di Dio, dopo un penosissimo viaggio di 328 leghe ! Questo lungo cammino lo abbiamo fatto quasi sempre a cavallo, soffrendo fame, sete, insonnia, e tutti quei malanni, che naturalmente provengono dalla mancanza di cibo, o dal pessimo nutrimento, avendo dovuto per la prima volta mangiare carne di stecchito cavallo e magro polledro. A tutto questo aggiunga un freddo glaciale, che ci tormentò e irrigidì le ossa, senza poter avere né una capanna né una tana, che valesse a ripararci dalla crudezza della stagione, specialmente nelle ore più fredde della notte !

Il nostro viaggio dal Carrhué al Rio-Colorado potrebbe chiamarsi una deliziosa passeggiata rispetto a quanto dovemmo soffrire dopo per arrivare insino a Patagones. Tuttavia dobbiamo ringraziare la divina Provvidenza se non soffrimmo di peggio , e se, attesa la cruda stagione in cui siamo, ebbimo un bel tempo senza neve e senza pioggia in questi due ultimi mesi. Fra tante pene e disagi patiti ci è pure di grande conforto quel poco di bene, che facemmo a pro di questi selvaggi, infelici al sommo, perché ignari dei beneficii della nostra santa Religione e del merito delle virtù cristiane.

Il 12 Maggio lasciate le sponde del Rio-Colorado e continuando la nostra marcia, incontrammo dopo due giorni il Colonnello Villegas alla testa della divisione, che veniva da Trenquelauquen, e formava l'avanguardia della spedizione. Con lui venivano parecchie famiglie di Indii raccolte pel cammino, e battezzammo i loro 22 bambini con sommo giubilo di noi e di quanti assistettero alla bella funzione, in mezzo a vastissimo campo e sotto all'immensa volta del Cielo.

Il mio malessere non mi permise di seguire il cammino a fianco del Signor Ministro della Guerra; ma il valoroso Don Costamagna Salesiano , che col catechista Botta, mi accompagna qual ardito Missionario, si unì alla divisione del Colonnello Villegas, e pota arrivare il 24 Maggio a ChoeleChoel sulle sponde del Rio-Negro.

Io poi in mal ferma salute, non potendo dormire per la rigidezza del freddo a cielo scoperto, approfittai del convoglio di campagna e giunsi a Choele-Choel 4 giorni dopo.

Intanto il Padre Costamagna, con quel zelo che tanto lo distingue , aveva già principiato fin dal giorno del suo arrivo ad instruire molti Indii adulti, perché potessero ricevere presto il santo Battesimo ; e fummo tutti e tre non poco ricompensati delle nostre fatiche e patimenti per le primizie, che potemmo offrire a Dio sulle maestose sponde del Rio-Negro.

Il 1° di Giugno sacro alle Pentecoste, assistito dai due Missionarii Salesiani in una bellissima pianura ed a cielo scoperto celebrai il Santo Sacrifizio della Messa. Vi assisteva il Generale con tutto il suo stato Maggiore, ed i battaglioni come in ordine di grande parata. Che spettacolo commovente non davano mai questi valorosi soldati in mezzo al deserto ! Si inchinavano al Dio degli Eserciti e da Lui riconoscevano il felice esito di questa spedizione. E che grato ricordo per noi, che bel giorno ! Era la prima volta che si immolava l'Ostia di pace in questi deserti ; la prima volta che lo stendardo della Croce benediceva queste terre percorse dal barbaro ed infelice selvaggio ! Dopo la s. Messa si cantò un solenne Te Deum, e si prese possesso delle terre patagoniche, e si battezzarono 60 Indii incorporati nei diversi battaglioni del nostro esercito.

Il 2 Giugno il signor Don Costamagna battezzò altri 22 bambini Indiani, e tre pargoletti di famiglie cristiane e 14 Indiane adulte. Il 4 Giugno terminò di battezzare 9 altri Indii della divisione del Comandante Winter, non avendolo potuto fare il 2 perché non ancor bene preparati.

Il giorno dopo, avendo il Ministro con parte delle truppe fatta una recognizione al Nauquen , partimmo per Patagones, e dopo 5 giorni di cammino arrivammo alla Colonia Concesa, dove battezzammo una cinquantina di fanciulli. Celebrammo la s. Messa assistendovi le autorità e le famiglie tutte della colonia.

La colonia Concesa si trova a 40 leghe di distanza da Patagones, e noi le divorammo coli due giorni di marcia. Passando per la Guardia Mitre battezzammo un adulto ed un bambino.

Dappertutto per dove passammo, fummo ricevuti sempre con trasporti di gioia da questa buona gente, che vedeva a malincuore la partenza dei Missionarii; né fu possibile consolarli se non promettendo loro un presto ritorno, come speriamo di fare coll'aiuto di Dio.

Il 12 Giugno giungemmo finalmente a Patagones e si diede tosto principio alla santa missione con la Messa cantata e con la predica del Padre Costamagna. Speriamo un abbondante frutto. Terminata questa missione torneremo ad internarci nel deserto a catechizzare con più comodità tanti poveri Indii, che dal Missionario aspettano il loro benessere spirituale e materiale, la civiltà e la Religione.

Tutto suo affett.m°

ANTONIO ESPINOZA.

NB. Abbiamo teste ricevuto una lunga lettera di Don Costamagna, molto interessante, nella quale si descrive il viaggio suddetto. La pubblicheremo nel seguente N° del Bollettino.

GRAZIA OTTENUTA per intercessione di Maria SS. Ausiliatrice.

Riportiamo qui tradotta dal nostro Bollettino francese la lettera seguente.

Nizza Marittima addì 6 Giugno 1879. MOLTO REVERENDO D. RUA,

Le spedisco oggi , perchè lo consegni a Don Bosco, il racconto di un favore segnalato di cui sono stata ultimamente l'oggetto. Egli servirà una volta di più a provare la potenza misericordiosa di Nostra Signora Ausiliatrice, e quanto valga la fiducia ammirabile del venerando N. N. verso la Santissima Vergine.

Nel 1876, in causa d'un accidente sopravvenutomi, io mi trovai colta da una peritonite acuta, che mi portò sull'orlo dellla tomba. Questa grave malattia potè scongiurarsi, ma lasciò in me tracce profonde del suo passaggio.

Già da lungo tempo io ero travagliata da febbri intermittenti che minavano la mia salute, ma v'ebbe siccome una recrudescenza , e desse aggiunsero, durante la mia peritonite, più di gravità allo stato già per se stesso così allarmante !

Io sentiva la mia fine avvicinarsi e di già avevo fatto il mio sacrifizio , abbenchè mi costasse assai l'abbandonare mio marito coi miei due bambini. Pur tuttavia, grazie alla scienza ed all' affettuosa abnegazione del dottore D' Espiney , che mi prodigava le sue cure giorno e notte, mi riesci di sfuggire al pericolo che mi minacciava.

Ciò nondimeno, se la peritonite cessò, la febbre si mantenne ribelle, e tutti i rimedi servirono come di palliativi, ma punto non valsero a guarirla. Qualche volta anzi gli accessi s' accrebbero con tale intensità, che di leggieri avrebbero potuto far credere ch'io dovessi perderne la vita. Questa febbre producevasi d'improvviso, senz'alcuna periodicità , e io aveva sovente più accessi nella giornata medesima.

Questa volta ancora, siccome nel 1876, io mi sentiva fortemente aggravata, declinava di giorno in giorno , e più non credeva alla possibilità di una guarigione, quand'ecco un amico venirmi a vedere.

Eravamo in Novembre del 1878. Egli ci parlò del .... Sacerdote N. N. e delle grazie ottenute per la sua inalterabile fiducia in nostra Signora Ausiliatrice. Ciò, ch'io ne intesi allora, m'inspirò un vivissimo desiderio di vedere il buon Prete, e di sollecitare i soccorsi delle sue preghiere.

L'eccellente mio Dottore, avendo giudicato che il cambiare aria avrebbe potuto produrre qualche buen effetto sulla mia cagionevole salute, m'inviò a Nizza, senza che per ciò io ne provassi un felice risultato. Qualche tempo appresso che io vi dimorava, il Sac. N. N. si recò a Nizza. Egli acconsentì di ricevermi, e mi presentai da lui il 3 febbraio 1879.

Io usi trovavo in allora in uno stato di totale prostrazione, senz'appetito, senza sonno, non poteva reggere ad alcuna fatica , e saliva diffcilmente una scala.

La mattina medesima io avevo fatta la s. Comunione, ma nel recarmi presso il signor N. N. fui assalita da un pensiero crudele, e fermai in animo di ritornare a casa mia. Dissi quindi alla persona che m'accompagnava. « Sento che io sto per essere guarita ; cessando questa mia tribolazione, Iddio me ne manderà forse altre più penose al cuore : dacchè.le cose stanno a questo modo, non cerchiamo punto di cambiarle. »

La persona che mi accompagnava combattè con tanta violenza i miei terrori ch'io cedetti , e mi lasciai condurre dinanzi a N. N. Non posso rappresentare le impressioni di quel momento , ma esse furono vivissime. Alla vista del Sacerdote che mi accoglieva con una bontà tutta paterna, si raddoppiò la mia fiducia, ed io tosto presentii .che stavo per essere l'oggetto di qualche grande favore.

Il Reverendo Sacerdote N. N. mi fece sedere e mi pregò di spiegargli la mia malattia. Dopo che gli ebbi date le informazioni necessarie, N. N. si alzò e mi disse « Figlia mia, il primo bene su questa terra è la sanità. Noi non conosciamo la volontà di Dio, ma Egli ha promesso di aprire a tutti quelli che avrebbero bussato; or bene, noi lo pregheremo tanto, e batteremo tanto forte alla porta del Cielo, che bisognerà bene che il buon Dio ci apra, perché ce lo ha promesso. Tuttavia ella non sarà guarita, se non perchè educhi cristianamente i suoi figli. »

Immediatamente mi posi in ginocchio e con una fiducia assoluta m'inchinai sotto le mani distese del    Sacerdote che pregò , e mi benedisse. Mi rialzai tutta commossa, e ascoltai per qualche minuto ancora il degno Sacerdote, che mi parlò de' miei figli e soggiunse : « Ella verrà a Torino il 24 Maggio per ringraziare Nostra Signora Ausiliatrice, nel giorno di sua festa, pel favore ottenuto. »

Rientrai in casa piena di speranza, punto preoccupandomi ch'io fossi ammalata un' ora prima. Nella sera mi recai a diporto co' miei figli percorrendo all'incirca 6 chilometri. Nel risalire le scale io non provavo più nessun incomodo ; l' appetito e il sonno nulla mi lasciano a desiderare, e dei miei lunghi patimenti non mi rimane più traccia. Mi sentii restituito immediatamente l'uso perfetto delle mie gambe, tanto che, pochissimo dopo, io fui in grado di fare, in compagnia d'un mio parente , una passeggiata di 12 chilometri, in meno di tre ore, e quasi senza fermarmi.

Ciò non pertanto, volli presentarmi dal nostro eccellente medico ed amico il signor D' Espiney, il quale , dopo ch' ebbe constatato il fatto della mia guarigione , si compiacque di rilasciarmi il certificato che unisco a questo racconto.

Nostra Signora Ausiliatrice sia benedetta per sempre per aver permesso al signor N. N. d'esercitare in mio favore il suo insigne potere.

CONTESSA DI VILLENEUVE.

CERTIFICATO DEL MEDICO SULLA RIFERITA GUARIGIONE.

Io sottoscritto D'EspiNEY, Dottore in Medicina a Hyères (Varo), certifico quanto segue

La Signora Contessa di Villeneuve-Flayore era travagliata, fin dal 27 Agosto 1870, da accessi di febbre intermittente, da cui non potei mai interamente guarirla. I rimedii più svariati, l'idroterapia le acque di Vals, infine ripetuti cambiamenti di aria, avevano a più riprese sospesi e allontanati gli accessi, ma non mai annientati completamente.

Nel mese di Ottobre del 1876 , Madama di Villeneuve venne colpita d'una peritonite gravissima , che fece complicare eziandio gli abituali accessi di febbre. La sua vita fu seriamente minacciata e se un miglioramento ebbe luogo, tuttavia la Signora Contessa restò mai sempre languente. Una lesione organica diventò causa di varii disturbi di salute, e gli accessi di febbre non tardarono a produrre un ingorgo al fegato con anemia pronunciata.

La persistenza di questo stato dandomi reali inquietezze per l'avvenire, dichiarai che era necessario un prolungato cambiamento di aria, e la Signora di Villeneuve partì per Nizza il 21 gennaio 1879. Ma quel soggiorno non parve da principio riuscirle favorevole, ed ella fu assalita nel suo arrivo da accessi di febbre ripetuti ed intensi.

Tale era la situazione alloraquando, in seguito d'una visita da lei fatta il 3 febbraio 1879 al Reverendo Sacerdote N. N., la Signora di Villeneuve mi scrisse che si trovava radicalmente guarita ; che era in grado di fare a piedi e senza fatica le più lunghe marcie; che il suo appetito manifestava delle esigenze rimarchevoli ; che di febbre non vi era più quistione ; che la gonfiezza del fegato e della milza erano sparite; che la sua vita aveva ripreso tutto il suo primiero benessere.

Il 5 Maggio 1879, mi sono assicurato che le asserzioni della Signora di Villeneuve erano pienamente fondate, che non si rinveniva più traccia della sua malattia passata, ch'ella mostravasi perfettamente guarita.

In fede di che, sono felice di rilasciare il presente attestato.

Hyères addì 15 Maggio 1879.

Sottoscritto : D'ESPINEY Dottore.

STORIA DELL'ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES

CAPO IX.

Afflizioni e lagrime. - Un raggio di luce. - D. Pietro Merla. - La tettoia di Valdocco. - Patto conchiuso. - Commozione ed entusiasmo. - La preghiera di ringraziamento. - Ultimo saluto al prato.

Col divoto pellegrinaggio del mattino alla Madonna di Campagna noi avevamo collocate le nostre sorti in mano di Maria ; ma prima che cadesse il giorno, fa nostra speranza e soprattutto il cuor di D. Bosco dovevano essere posti ad un grande cimento.

Verso le ore due dopo mezzogiorno i giovani dell'Oratorio erano pressoché tutti convenuti nel prato. Sapendo essere quella l'ultima volta, che ci era concesso di approffittarcene, ci sembrava di provare un gusto squisito nel correrlo da capo a fondo e calpestarlo a nostro talento. Non le abbiamo contate, ma ben molte radici d'erba ahbiam fatto perdere in quella sera, da mettere a non lieve repentaglio il vistoso patrimonio dei fratelli Defilippi !

Nell'ora stabilita vi fu catechismo, canto, predica, tutto come le altre volte. Dopo ciò, noi ripigliammo gli amati giuochi e trastulli ; ma una cosa insolita non tardò a colpire i nostri sguardi, e a frenare in alcuni di noi la smania del divertirsi. Colui che per lo innanzi era sempre stato l'anima delle nostre ricreazioni, e che nuovo Filippo Neri si faceva piccolo coi piccoli, cantando, giuocando, correndo con noi, il nostro caro Don Bosco stavasene tutto solo in un angolo del prato pensieroso e melanconico. Era forse quella la prima volta che noi lo vedevamo a starsene così isolato. Sopra il suo labbro più non fioriva quel dolce sorriso che tanto ci rallegrava; dal suo volto spirava un'aria trista ed affannata; i suoi occhi erano velati dalle lagrime. Egli passeggiava e pregava. Alcuni di noi, vedendolo in quello stato, gli ci facemmo da vicino per tenergli compagnia; ma egli : « Andate, miei figli, ci disse, e lasciatemi solo. »

E qual era la causa di siffatta tristezza? - Il povero D. Bosco era in quel momento sotto l'incubo di un'afflizione, che penna alcuna non varrebbe a descrivere. Egli era come un contadino, il quale mira il cielo oscurato e un nembo di grandine, che gli minaccia il campo e sta per rapirgli le sue più care speranze; era come un pastore amoroso, che vedevasi costretto ad abbandonare la sua greggia diletta, a lasciare i suoi agnelletti in preda di lupi rapaci ; era come un padre, anzi come una madre affettuosa, che per violenza doveva separarsi forse per sempre dai suoi cari figli. Egli andava riflettendo seco stesso: I miei aiutanti mi hanno voltate le spalle e lasciato solo alla coltura di questi 400 e più ragazzi; io sono sfinito di forze, la mia sanità ormai se n'è andata, e per soprappiù di qui a due ore scade il tempo di potermi intrattenere in questo prato; mi è d' uopo avere un altro luogo, dove raccogliere questi giovanetti ed avvisarneli per la Domenica prossima, e questo luogo, malgrado ogni ricerca, non comparisce e fin di questa sera ha da finire quest'Oratorio. Dunque sono gettate al vento tutte le durate fatiche? dunque inutilmente sparsi tanti sudori? dunque è giuocoforza licenziare e dare l'addio a tanti giovanetti che mi amano, lasciarli nuovamente in balla di se stessi, rivederli a scorrazzare per le vie e per le piazze, pei prati e pei campi, ingolfarsi nel vizio, incamminarsi alla prigione , perdersi nell'anima e nel corpo? ma pure questo non è il voler di Dio!...

A queste considerazioni gli si fece così intensa la pena, che il povero D. Bosco non ne potè più; proruppe in singhiozzi e pianse.

Qualcuno potrebbe qui domandare: Ma la sua speranza, anzi la sua certezza del futuro Oratorio lo abbandonò forse in quell'occasione?

Noi siamo d'avviso che, stando Iddio per fare all'Oratorio una grazia singolare col dargli finalmente una dimora stabile e sicura, volle che in quella sera il suo fondatore sentisse tutto il peso dell'abbandono, e ne rimanesse come accasciato, affinché il prossimo favore gli riuscisse più gradito e quale un premio di un grave travaglio ; poiché è regola della divina Provvidenza ai grandi sacrifizi far tener dietro i benefizi più segnalati. Ma in quello stato di oppressione D. Bosco non ismarrì punto la sua fiducia , e si può dire di lui quello che del gran Patriarca Abramo scrisse S. Paolo: Contra spem in spem credidit, ut fieret pater multarum gentium, secundum quod dictum est ei: Contro l'umana speranza egli credette alla speranza di divenir padre di molti fanciulli , secondo quello che a lui fu detto (1).

Alcuni di noi, che in quei momenti non gli erano distanti, lo videro alzare gli occhi lagrimosi al cielo, e lo udirono esclamare: « O Dio mio, Dio mio, perché non mi fate palese il luogo, in cui volete che io raccolga questi fanciulli? O fatemelo conoscere , o ditemi quello che debbo fare. » Era questa la preghiera del dolore bensì, ma pure della speranza; e il Dio della bontà, il Padre degli orfani non tardò a raccogliere quelle pietose lagrime, ed esaudire quegli amorosi accenti.

D. Bosco aveva appena terminate queste parole, e asciugato il pianto, quand'ecco entrare nel prato un certo Pancrazio Soave, tanto balbuziente, che per cavargli facilmente le parole di bocca sarebbero state necessarie le tanaglie di Nicodemo. Il buon uomo fattosi avanti a, D. Bosco, gli domandò alla bella meglio : - E vero che Ella cerca un sito per fare un laboratorio? - Non per fare un laboratorio, rispose D. Bosco, ma un Oratorio. - Non so, riprese Pancrazio , se sia la stessa cosa Oratorio o laboratorio ; ma un sito c'è : lo venga a vedere. É di proprietà del signor Giuseppe Pinardi, onesta persona. Venga e farà un buon contratto.

Questa proposta inaspettata fu come un raggio di luce uscito tra mezzo a dense nuvole.

In quell'istante giungeva un fedele amico di D. Bosco, un certo D. Pietro Merla, fondatore dell'opera pia sotto il nome di Famiglia di S. Pietro, la quale ha per iscopo. di provvedere al tristo abbandono, in cui si trovano tante povere zitelle e donne disgraziate, le quali, dopo subita la pena del carcere o menata una mala vita, sono per lo più così abborrite dalle oneste persone, che riesce pressoché impossibile a trovare chi voglia dare loro pane o lavoro (2). Compagno di Seminario del nostro D. Bosco, e conscio del gran bene che egli faceva in una parte di ministero non dissimile da quella che gli stava a cuore, quel degno Sacerdote, quando nel giorno festivo aveva un ritaglio di tempo, correva con piacere in aiuto di lui, prestandosi volentieri ad assisterci, o a farci il catechismo, a predicare e simili. - Che cosa hai? domandò all'amico, appena gli ebbe dato uno sguardo; non ti vidi mai così melanconico. T'incolse forse qualche disgrazia? - Disgrazia no, ma un grande imbarazzo. Oggi è l'ultimo giorno, che mi è permesso il dimorare in questo prato ; siamo alla sera; debbo dire ai miei figli dove si raduneranno un'altra Domenica, e non lo so. Vi ha quest'uomo che mi dice cssere qui presso un locale forse conveniente, e m'invita ad andarlo a visitare. Giungesti quindi opportuno. Assisti un momento alla ricreazione; io vado a vederlo, e presto ritorno.-Sono qua tutto per te, soggiunse tosto D. Pietro; va pure tranquillo, e fa le cose con tuo comodo: - e D. Bosco si accompagnò col Pancrazio.

Giunto sul luogo, egli trovò una casipola di un solo piano colla scala e balcone di legno tarlato, attorniata da orti , prati e campi. D. Bosco vi voleva salire, ma il Pinardi e Pancrazio: « No, gli dissero; il sito per Lei è qui dietro; » e ve lo condussero. Era una tettoia prolungata a piano inclinato, e diremmo piuttosto a piano precipitato, sicché da un lato aveva poco più di un metro di altezza. D. Bosco entrandovi dovette aver d'occhio alla sua testa per non portarnela rotta. Per pavimento aveva il nudo terreno; e quando molto pioveva , vi si sarebbe potuto andare in barca. Poteva tutto al più servire di magazzino da legna. In quei giorni poi era il convegno dei topi e delle faine,, non che il nido dei gufi e dei pipistrelli. - E troppo bassa, non mi serve, disse D. Bosco, dopo averla squadrata. - Io la farò aggiustare , soggiunse graziosamente il Pinardi ; scaverò, metterò scalini, farò un altro pavimento, e tutto come Ella vuole, perché desidero che sia stabilito qui il suo laboratorio. - Non laboratorio, caro amico, ma Oratorio, cioè una piccola Chiesa ove radunare dei giovanetti. - Tanto meglio e più volentieri ancora. Sono anch'io cantore, e verrò ad aiutarla. Porterò due sedie , una per me e l'altra per mia moglie. E poi in casa ho una lampada, e la metterò anche qui per ornamento ; va benone.

Il buon uomo pareva fuori di sè per la contentezza di avere una Chiesa in sua casa, e il desiderio che allora concepì di far contratto poteva forse eguagliare quello di D. Bosco.

Vi ringrazio , disse questi, del buon volere e delle offerte che mi fate. Se voi potete abbassare il pavimento non meno di un piede (centimetri 50), io accetto; ma quanto dimandate? - Trecento franchi; me ne vogliono dare di più, sa, ma preferisco Leí, che vuol destinare questo locale ad un fine religioso e al pubblico bene. - Ve ne do trecento e venti, purchè mi diate anche questa striscia di terreno per la ricreazione, e mi promettiate che Domenica prossima io vi possa già condurre i miei giovanetti. - Inteso; patto conchiuso; venga pure , Domenica tutto sarà all'ordine.

D. Bosco non cercò di più , e coll'anima in festa ritornato a noi ci raccolse a sè dintorno, e ad alta voce si pose a gridare : « Allegri, figliuoli miei, allegri; abbiam trovato l'Oratorio; avremo Chiesa, sacrestia , camere per le scuole, sito per correre e giuocare. Domenica , Domenica già vi andremo. E là in casa Pinardi ; » e così dicendo ci additò il luogo, che essendo vicino si vedeva dal prato. Udita questa notizia, non fu più possibile farci star fermi e quieti. Ci siamo sbandati, e poi chi correva, chi saltava, chi faceva capriole, chi gettava il berretto in aria, chi gridava a tutta possa, pareva il finimondo. La gente che si trovava in quelle parti sbalordita traeva a noi domandando che cosa fosse. D. Merla rideva; Don Bosco piangeva di consolazione. Fu un momento di commozione, anzi di entusiasmo indescrivibile ; una scena veramente degna di essere tramandata ai posteri. Così per la bontà di Dio, per l'intercessione di Maria Immacolata si passava come per incanto da una cupa mestizia ad una allegrezza squisita.

Dopo quello sfogo di gioia, D. Bosco ci impose silenzio, ci volse alcune parole analoghe sul buon esito del nostro pellegrinaggio, e c'invitò ad inginocchiarci e a recitare il SS. Rosario in ringraziamento. Fu quella la preghiera della gratitudine verso la celeste nostra Benefattrice e Madre, la quale nel giorno stesso ci aveva così amorosamente esauditi.

Alzatici, demmo l'ultimo saluto al prato , che avevamo fino allora amato per necessità, ma che per la certezza di aver un luogo migliore e più stabile noi abbandonavamo senza rincrescimento.

Il sole era già caduto dietro alle Alpi, quando noi, riverito ed acclamato il nostro D. Bosco, prendemmo a ritirarci alle proprie case per dirvi le vicende di quella fortunosa sera.

Racconteremo altra volta la presa di possesso del nuovo locale, che non dovevamo più abbandonare.

(1) Rom. III, 18.

(2) Questo Instituto fiorisce tuttora, e , dà frutti consolanti. Molte giovani n'escono ogni anno riabilitato alla famiglia ed alla società, buone cristiane,tuto medesimo si prende speciale cura di collocare onestamente quelle che ne escono , e che vi hanno tenuta una buona condotta. Oggidì nell'accettazione quantunque si dia la preferenza alle uscite dai luoghi di pena, tuttavia vi si ricevono eziandio delle solo pericolate e pericolanti , non poche delle quali finiscono per fermarsi per tutta la vita, od anche consacrarsi al Signore nel medesimo Istituto

LA VITA QUOTIDIANA DEL PAPA.

Da una corrispondenza del Journal de Bruxelles togliamo: « 1 certo che Leone XIII mena una esistenza così laboriosa, che vi sarebbe quasi ragione di temere non avesse a soccombere alla fatica ; ma tutti coloro che lo attorniano ponno attestare che le occupazioni, in luogo di abbatterlo, sembrano farlo ringiovanire e dargli nuovo vigore. Ciò dipende forse dall' eccellente metodo di vita che il Papa si è imposto. Ogni cosa ha la sua ora determinata nella sua vita: la passeggiata, la preghiera, lo studio ed il lavoro : il lavoro lo sa fare da sè, e sa farlo fare sotto i suoi occhi dalla persona la più atta. Vi ha un gran movimento al Vaticano, ma un movimento ordinatissimo e che conduce sempre a qualche cosa di efficace. Il Cardinal Pecci, i Prelati Laurenzi, Boccali e Ciccolini domandano talvolta al Papa un' ora di riposo, ed il Papa l' accorda ai suoi collaboratori, ma dimentica sempre di accordarla a se stesso.

NUMERI VINCITORI della Piccola Lotteria.

Il 30 dell' or scaduto agosto ebbe luogo l'Estrazione della nostra Lotteria. I Cooperatori troveranno i numeri vincitori nel supplemento unito al Bollettino.

INDULGENZE SPECIALI pei Cooperatori Salesiani.

Ogni Cooperatore può acquistare indulgenza plenaria una volta al giorno, da applicarsi alle anime del Purgatorio, recitando la terza parte del Rosario di Maria Vergine avanti al SS. Sacramento, e non potendo avanti al divin Sacramento, recitandola innanzi al Crocifisso.

Indulgenza plenaria ogni volta che si accosta alla santa Comunione.

Può altresì lucrare moltissime indulgenze plenarie nel corso del giorno mediante la recita di sei Pater, Ave e Gloria, secondo la mente del Sommo Pontefice. E queste indulgenze applicabili alle anime purganti, le può acquistare toties quoties, ossia tutte le volte che recita i suddetti Pater, Ave e Gloria in qualunque luogo, senza bisogno di Confessione e Comunione, purché sia in grazia di Dio.

Oltre a queste un' altra plenaria ne può guadagnare ogni Domenica, e nei giorni qui sotto notati, purchè confessato negli otto giorni, e comunicato, visiti una qualche Chiesa, pregandovi secondo l'intenzione del Sommo Pontefice.

Mese di settembre.

4. Santa Rosa di Viterbo.

7. Patrocinio della SS. Vergine. 8. Natività di Maria.

17. Stimmate di s. Francesco d'Assisi. 18. S. Giuseppe da Copertino. 21. S. Matteo apostolo ed evangelista. 24. Beata V. Maria della Mercede. 28. Festa dei 7 dolori di M. Vergine.

Con permesso dell'Aut. Eccl.   FERRARI GIUSEPPE gerente respons.
Tip. di San Vincenzo de' Paoli. Sampierdarena 1849.