BS 1880s|1884|Bollettino Salesiano Febbraio 1884

ANNO VIII. N. 2.   Esce una volta al mese.   FEBBRAIO 1884.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell' Oratorio ,Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

SOMMARIO - La benevolenza dell'Arcivescovo di Torino, onore e conforto dei Salesiani - Tre preziose visite del Cardinale Alimonda - La elezione e la incoronazione di Leone XIII - Morte di un empio periodico e proposta di un esempio da imitare - Viaggio ed arrivo dei Missionarii Salesiani in America - Dal Brasile - Il Conte Edoardo Arborio Mella - L'Amazzonia - Commemorazione di Silvio Pellico - Elenco di Cooperatori e Cooperatrici defunti nel 1883 - Annunzi.

LA BENEVOLENZA DELL'ARCIVESCOVO DI TORINO

ONORE E CONFORTO DEI SALESIANI.

-Vi hanno nel mondo Personaggi così ragguardevoli per dottrina, insigni per dignità e per virtù venerandi, che di loro benevolenza andrebbe meritamente glorioso qualsiasi uomo ed ordine di cittadini. Uno di cotali Personaggi è oggidi senza verun contrasto l' Em.mo Sig. Cardinale Gaetano Alimonda. veneratissimo Arcivescovo di Torino; ond'è che, quand'Egli prodiga qualche atto di sua alta benevolenza, la persona o la Comunità, che n'è il fortunato oggetto, se ne considera per così onorata ed al bene eccitata, che l'animo commosso e la più sincera gratitudine più non le permette di non segnalare quel fatto per uno dei più memorandi.

Fra queste persone e Comunità hanno il diletto di potersi annoverare eziandio i Salesiani ed i loro Cooperatori, non già pei meriti nostri, ma per la innata bontà di Sua Eminenza Rev.ma. Per la qual cosa giudichiamo bene di riferire qui alcuni tratti di sua esimia bontà; affinchè al conoscerli ne esultino altresì i nostri più lontani Confratelli , anzi ne godano tutti i Cooperatori e le Cooperatrici , che con tanta generosità prendono parte alle Opere Salesiane, e le promuovono colla carità e colla preghiera.

A chi lavora e consacra le sostanze e la vita unicamente per la gloria di Dio e per la salute delle anime, non vi ha cosa più dolce, non vi ha premio tanto ambito in sulla terra, quanto il vedere che i suoi sacrifizii e le opere sue riportano l'approvazione dei rappresentanti del Signore, quali sono il Papa ed i Vescovi. Allora agli operai evangelici e a quelli, che ne seguono le pedate e ne sostengono le braccia, pare di udire dalla bocca stessa del divin Maestro le parole , dirette già a' suoi discepoli : - Ecco che io sono con voi. Nel mondo sarete angustiati; ma abbiate fidanza: io ho vinto il mondo.

Voi sarete in tristezza; ma la vostra tristezza si cangierà in gaudio. Voi siete quelli, che avete continuato a stare meco nelle mie tribolazioni; e io dispongo a favor vostro del regno, come il Padre ne ha disposto a favor mio. Mirate in su e alzate le vostre teste; perché la redenzione vostra è vicina.

Allora come sicuri di raccogliere e non disperdere, sicuri di correre non a caso ma alla meta, sicuri di combattere ma non per aria, l'animo si ritempra alla fatica e alle dure battaglie, e nel colmo stesso della tribolazione esclama coll'Apostolo Paolo: Superabundo gaudio in omni tribulatione.

È questo pure l' effetto , che produce nel cuore dei Salesiani la benevolenza del Sommo Pontefice Leone XIII, il quale si è degnato di dichiarare che vuol essere non solo Cooperatore Salesiano, ma Primo Operatore; è questo l' effetto , che produce in noi la benevolenza dei Vescovi d'Italia, di Francia, di Spagna , della Repubblica Argentina , dell'Uruguay e del Brasile, dove presentemente lavoriamo; è questo l'effetto, che produce in noi la benevolenza dell'Arcivescovo di Torino, allora specialmente quando tale Arcivescovo è il Cardinale Alimonda. Oh! gloria a Dio nel più alto dei Cieli, e pace e conforto e gaudio ai Salesiani de' due Emisferi.

TRE PREZIOSE VISITE DEL CARDINALE ALIMONDA.

Accennando i tratti di singolare bontà usatici dall'Eminentissimo Cardinale Alimonda veneratissimo Arcivescovo di Torino, noi passiamo qui sotto silenzio le parole improntate della più squisita benevolenza, che egli rivolse a D. Bosco, quando a nome suo e dei Salesiani ei fu ad ossequiarlo nei primi giorni dopo il suo possesso della Cattedra di S. Massimo ; tralasciamo pure di segnalare la caritatevole arrendevolezza, onde poco tempo appresso accolse la sua domanda di andare a celebrare la santa Messa della Comunione generale nella chiesa di S. Giovanni Evangelista nella festa, titolare, il 27 dello scorso dicembre, di cui parlammo nel numero precedente. Qui ci limitiamo a riferire tre amorevoli visite, con cui l'illustre Porporato, nel breve intervallo di 15 giorni, si degnò di onorare le nostre case di Torino, e quanto ci venne dato di vedere e di udire in quelle fauste occasioni.

Sua prima visita all' Oratorio.

Era il 15 del passato gennaio, e D. Bosco abbisognando di parlare coll'Eminentissimo Principe divisava di recarsi da lui in quel mattino. Egli

mandava pertanto uno dei nostri allievi a domandare al signor Segretario , se sua Eminenza trovavasi in Episcopio e se fosse in piacer suo di accordargli udienza. Il Cardinale, ciò udito, fece venire a se l'inviato medesimo e gli disse: - Riferite a Don Bosco che tra poco gli farò avere la risposta. - Il giovane ritornato a casa ebbe appena tempo a fare la sua ambasciata , quando una carrozza si fermava dinanzi alla porta del nostro Istituto e vi discendeva l'Eminentissimo Porporato, il quale con ineffabile accento disse : - Per fare più presto sono venuto io stesso a portare la risposta a D. Bosco. - Come si vede, la prima visita, che ci fece il veneratissimo Arcivescovo, fu affatto improvvisa, ma condita di tanta bontà, che niuno di noi la dimenticherà giammai. Egli vi giungeva verso le ore dieci e mezzo, e, recatosi nella camera di D. Bosco, vi s'interteneva con lui per più di un'ora.

Il Cardinale entrando trovò l'Oratorio in perfetto silenzio , poiché i giovani parte erano nei laboratorii, parte a scuola, ed i superiori intenti ciascuno alle rispettive occupazioni; ma, sparsasi in un baleno la voce del suo arrivo, per tutta la casa si diffuse in pari tempo la esultanza e la vita. Ci dolse e vero di essere stati colti all'impensata da non potere aver tempo a preparare all'amatissimo e dolcissimo Pastore quella esterna accoglienza , che avremmo desiderato; ma, come veracemente scrisse L'Unità Cattolica, non ci perdemmo di animo, poiché, mentre egli stava a privato colloquio con Don Basco, tentammo una rivincita. Sacerdoti e chierici si raccolsero tosto a fargli corteggio ; i musici corsero ai loro strumenti ; i campanari salirono alle campane ; altri e poi altri diedero di piglio alle tappezzerie ed alle bandiere, e in breve i principali balconi della casa ed i passaggi comparvero adornati a festa.

Sua Eminenza alle undici e tre quarti, uscendo dalla camera di D. Bosco ed affacciatasi al balcone, fu accolta dai fragorosi evviva ed applausi di circa un migliaio di giovani, dal lieto suono della banda musicale e dall'armonioso concerto delle campane della chiesa di Maria Ausiliatrice. Alla vista di un popolo di giovanetti, liete speranze della religione e della società , al risuono delle affettuose e cordiali loro voci, allo spettacolo di un apparato allestito come per incanto, l' Eminentissimo Personaggio , tutto cuore e sentimento , fu altamente commosso. Voleva parlare, ma, impeditone dal suono dei sacri bronzi, si limitò a queste poche ed amorevoli parole : Carissimi figli , vi ringrazio , vi benedico e mi raccomando alle vostre preghiere. Gli uomini veramente grandi sono sempre umili , ed umile come un fanciullo è l'Eminentissimo Alimonda. Tale si appalesò pure in quell'istante, raccomandandosi alle preghiere dei poveri fanciulli. Tutti ci prostrammo al suolo, ed egli colla più grande effusione dell'animo invocò sopra del padre e dei figli le benedizioni di Dio.

Dopo ciò il Cardinale Arcivescovo sceso dal balcone si portava a visitare la nuova tipografia e varii altri laboratorii annessi, ammirando le nuove macchine, battezzate ciascuna col nome di un santo, ed encomiando le opere e gli operai. Disse che più non si stupiva che l' Oratorio di S. Francesco di Sales, nella prossima Esposizione nazionale di Torino, prendesse posto tra i primi concorrenti, mostrando così che religione e pietà si associano in amichevole armonia colla vera scienza e col non mendace progresso.

Andato poscia nel Santuario, l'esimio Porporato trovava nella sacrestia una larga corona di Suore di Maria Ausiliatrice, venutevi dal vicino loro Istituto ad ossequiare l'amatissimo Pastore, ed egli le benedisse lodando il bene che fanno a tante fanciulle della città, e mostrando grande soddisfazione nell' udire da D. Bosco e da D. Cagliero il moltiplicarsi di loro case nell' Europa e nell' America.

Fatta infine fervida preghiera dinanzi alla cara immagine di Maria Ausiliatrice, Sua Eminenza usciva dal Santuario e sulla piazzetta , gremita di gente, riceveva nuove dimostrazioni di stima e di affetto non solo più dai membri del nostro Istituto, ma dal popolo accorso.

L' Eminentissimo Principe ripartiva a mezzogiorno e trenta minuti, lasciando in noi tutti soavi ed incancellabili impressioni, e il più vivo desiderio di rivederlo. Salendo in vettura disse a D. Bosco - Io credeva di fare loro una improvvisata, ed essi l'hanno fatta a me. Dio li benedica, come ne lo prego di cuore.

I nostri giovani artigiani e studenti, che conoscevano il nuovo Arcivescovo solamente per fama, erano fuori di sé per entusiasmo e andavano esclamando : - Come è buono ! E proprio vero quello, che dicono tutti. E quando ritornerà tra noi?

Il Cardinale nel Collegio-Liceo di Valsalice.

Il giorno 24 dello stesso mese l'avventurata sorte della preziosa visita del Cardinale Alimonda toccava al nostro Collegio di Valsalice. Sanno i nostri Cooperatori che detto Collegio trovasi a' piedi della collina di Torino a 10 minuti dal ponte di ferro. Ha per iscopo la educazione dei giovani di nobili o signorili famiglie. ed il suo insegnamento, impartito da rinomati professori, abbraccia il corso elementare, ginnasiale e liceale, non che più altri rami di scienza libera, secondo il desiderio dei genitori.

Noi qui lasciamo la parola alla benemerita Unità Cattolica, la quale nel suo numero 23, di sabato 26 gennaio, ne pubblicava in proposito un bell'articoletto, dicendo lo scopo della festa e notando più cose, degne di particolare memoria.

« Nel Collegio di Valsalice, diretto dal chiarissimo salesiano dottor Francesia, così l'egregio giornale, giovedì passato celebravasi una doppia festa: l'una religiosa, ed era quella di S. Francesco di Sales, anticipata alcuni giorni, per dar luogo alla solennissima che martedì, 29, si celebrerà nell'Oratorio di D. Bosco ; l'altra letteraria, per onorare il giovane conte Bonifacio Donato, il quale, durante il corso scolastico, si segnalò per istudio e condotta, e veniva salutato principe , ed il suo ritratto esposto nell' aula principale del Collegio. Alle due feste si degnò prendere parte il nostro Eminent.mo Arcivescovo il Cardinale Alimonda, che tanto ama la gioventù e favorisce i buoni studi e la cristiana educazione. E coll'Arcivescovo nostro interveniva pure Monsignor Manacorda , Vescovo di Fossano, alla cui diocesi appartiene il principe Bonifacio Donato.

» La sua premiazione ebbe luogo tra il concorso di molti altri ragguardevoli personaggi, quanti potevane capire la sala. Fu preceduta da alcuni eleganti e spontanei versi martelliani letti dal direttore Francesia, che salutavano il nostro Cardinale ed esponevano la ragione della festa. Poi , alcuni degli alunni, appartenenti a tutte le classi del Collegio, dissero bellissime poesie in italiano, in latino, in greco ed anche in dialetto piemontese, per festeggiare il compagno e ringraziare il Vescovo ed il Cardinale, che si erano degnati di onorare quella solennità. Lo zio del principe Bonifacio Donato lesse pure una canzone ad un tempo elegante e commoventissima , dando i più salutari ammonimenti al diletto nipote, che usciva dal Collegio per entrare nel mondo, dove tanti pericoli corre la gioventù. Ed ai versi poi succedettero i discorsi, l'uno del Vescovo di Fossano, l' altro del nostro Cardinale Alimonda.

» Monsignor Manacorda disse che la festa era tutta fossanese, perché dedicata ad un suo figlio, e ben a ragione si gloriò di avere figli come il Bonifacio Donato; ed in quella che lodavalo assai per la sua passata condotta, raccomandavagli di perseverare nello studio e nella virtù. Parlò di noi il nostro Eminentissimo Arcivescovo con una felicissima improvvisazione. In mezzo ai tanti dolori della vita, disse che si gustavano pur talora sublimi consolazioni , ed una di queste egli assaporava in quel momento , vedendosi in mezzo a sì cari giovani, che, spinti dal doppio e nobile sentimento dell'ammirazione e dell' emulazione, celebravano il loro compagno, la sua virtù ed il suo sapere. Donde trasse argomento per definire che cosa dovesse essere il giovanetto in un collegio.

» Nella mente ricchissima del nostro venerato Pastore le idee nascono sempre nuove e belle. Avendo famigliarissime le Sante Scritture, trae da queste i suoi concetti, ed egli trovò il tipo del giovinetto in collegio nel salmo 67°, dove è detto di benedire nelle adunanze Iddio Signore : In ecclesiis benedicite Deo. Ivi, soggiunge il Salmista, è il piccolo Beniamino rapito fuori di sè : Ibi Beniamin adolescentulus in mentis excessu.

» Ed il Cardinale Alimonda commentò bellamente quelle parole in mentis excessu. Il giovinetto deve darsi tutto a Dio e restare rapito in lui ; dee consacrarsi tutto allo studio, e smettere in certo modo la sua natura fanciullesca. Beniamino adolescentulus si dimostra già uomo fatto nella virtù e nello studio, in mentis excessu. Così avea fatto il giovine che si salutava ed onorava qual principe, ed i compagni doveano emularne gli illustri esempi.

» Le quali cose, dette con quella spontaneità e nobile semplicità che sono proprio del nostro Cardinale, furono udite con somma edificazione ed ammirazione, e, salutato riverentemente da tutti, egli andò in cappella, ed impartì la solenne triplice benedizione di Gesù Cristo in Sacramento...

Terza visita del Cardinale nella Festa di San Francesco di Sales.

Ma giorno tra ogni altro di purissima gioia ed imperitura memoria fu e sarà per noi il 29 dello scorso gennaio, festa del dottore s. Francesco di Sales, nostro glorioso Patrono. L'Eminentissimo Alimonda ebbe la incomparabile bontà di venirlo a passare quasi intieramente nel nostro Istituto. Colla veneranda sua persona, nella chiesa di Maria Ausiliatrice, egli rese splendidissime le sacre funzioni del mattino e della sera ; si degnò di fermarsi a modesto pranzo con noi ; udì con paterna compiacenza la lettura di varii componimenti in versi e in prosa ; mostrò di rallegrarsi dei concerti della musica ; assistette nella sera ad una breve rappresentazione data dai nostri giovanetti, godendo ed encomiando la loro abilità nella recita; ammirò infine la illuminazione preparata nel cortile ad onore di s. Francesco e ad onor suo ; ci procurò insomma una festa così bella, una soddisfazione così squisita, che la penna è inetta ad esprimere. Don Bosco e parecchi de'suoi primi allievi parvero ringiovanire. Loro sembrava essere ritornati a quei beati giorni, quando avevano la bella sorte di vedersi onorati dalla presenza dell'Arcivescovo Luigi Fransoni, altrettanto amorevole verso i fanciulli dell'Oratorio e verso la gioventù in generale, quanto coraggioso ed intrepido nei suoi doveri contro i nemici di Dio e della religione. Quell'illustre Prelato, quell'eroe della Chiesa, quella vittima gloriosa del suo uffizio pastorale, che tanto ci amava e che fin nel suo lungo esiglio non lasciò mai di beneficarci e proteggerci , avrà in quel giorno certamente sorriso a noi dal Cielo ed esultato nel vedere un suo degno Successore, e pur suo concittadino genovese, a ricercare le sue antiche pedate e a prendere viscere di padre verso un Istituto, che ebbe il suo cominciamento ed il suo primo sviluppo sotto le ali di sua benevolenza, al chiarore dei suoi consigli, all' ardore de' suoi affetti.

Ragione vuole adunque che noi prendiamo qui nota, almeno per sommi capi, delle cose principali avvenute tra noi in quel dì, e le presentiamo ai Cooperatori e alle Cooperatrici ed ai nostri più lontani Confratelli per loro edificazione e conforto.

Invito alla festa e funzioni del mattino.

Essendo la prima volta che si aveva il bene di celebrare , nella chiesa di Maria Ausiliatrice , la festa di s. Francesco di Sales coll' intervento di un Arcivescovo di Torino e con un Arcivescovo Cardinale, era nostro vivo desiderio che con noi vi prendessero parte eziandio i molti Cooperatori e le Cooperatrici della città, che consideriamo come membri di nostra famiglia. Per la qual cosa alcuni giorni prima D. Bosco ne faceva loro invito per mezzo di lettera cosi concepita

Benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici di S. Francesco di Sales,

Martedì prossimo, 29 del corrente gennaio, celebreremo con pompa solenne la festa del glorioso nostro Patrono s. Francesco di Sales, nella chiesa di Maria SS. Ausiliatrice in Valdocco.

Quest'anno la solennità riuscirà molto splendida, perché Sua Eminenza Rev.ma, il Signor Cardinale Gaetano Alimonda nostro veneratissimo Arcivescovo, ha l'alta degnazione di darle lustro colla sua presenza, e assisterà pontificalmente alla Messa solenne.

E pertanto mio vivo desiderio che i Cooperatori Salesiani e le Cooperatrici prendano parte coi membri dell'Istituto alle sacre funzioni del mattino e della sera, affinché onoriamo il nostro santo ed amabile Patrono nel miglior modo possibile, e con tal mezzo ne otteniamo più facilmente la valida protezione sopra di noi e sopra le opere nostre , alla maggior gloria di Dio e alla salute delle anime.

Ricordo che qualsiasi fedele confessato e comunicato può in quel giorno guadagnare la Indulgenza Plenaria, visitando la Chiesa di Maria Ausiliatrice e pregandovi secondo la intenzione del Sommo Pontefice.

Nella fiducia che la vostra pietà vorrà prendere in benevola considerazione il presente invito, prego Dio che spanda sopra di tutti le sue grazie più elette, mentre ho l'onore di professarmi

Delle SS. VV. Benemerite

Torino, 25 gennaio 1884.

Obbl.mo Servitore Sac. GIOVANNI Bosco.

Questo invito venne preso appunto in considerazione, e il nostro desiderio fu appagato appieno; imperocchè, non ostante che la festa cadesse in giorno feriale , tuttavia il numero dei fedeli accorsi alle sacre funzioni fu così grande specialmente nella sera, da eguagliare quello delle maggiori solennità dell'anno, so ne togli la festa di Maria Ausiliatrice del 24 maggio.

Alle 7 del mattino celebrò la Messa della Comunità e della Comunione generale il M. Rev. Canonico Agostino Richelmy , il quale prima di cominciare la distribuzione del Pane degli Angeli disse un sermoncino così bello ed affettuoso , che pareva di udire un Angelo a parlare del suo Dio. Egli espose brevemente le tre risoluzioni, che formò s. Francesco di Sales, quando celebrò la sua prima Messa. La prima, di fare tutte le azioni della giornata come in preparazione alla celebrazione della Santa Messa , in modo da poter dire con verità a chi gli avesse chiesto ragione della sua condotta Io mi preparo a celebrare la Messa. La seconda, di salire ogni volta all' altare colle medesime disposizioni, colle quali avrebbe voluto trovarsi alla morte e nell'atto di comparire dinanzi a Cristo giudice. La terza, di unirsi intieramente a Gesù, col raccoglimento dell' amore e coll' imitazione de' suoi esempi, cercando di rendersi in tutto simile a Lui, e vivendo come Egli vive. Le parole del pio celebrante furono come scintille cadute dal Cielo, e destarono in ogni cuore ben fatto un incendio di amore. La Comunione fu numerosa e divota.

All' altare di San Pietro era esposto un nuovo quadro di s. Francesco di Sales , dipinto dal signor G. Rollini, già allievo dell' Oratorio, ed ora pittore rinomato. L'amabile figura del Santo attirava colà gli sguardi dei fedeli e gli invitava ad effondervi le loro preghiere ; ed ivi pure vennero a celebrarvi il santo Sacrifizio della Messa molti Sacerdoti della città.

Intanto il suono delle campane avendo richiamato i fedeli in chiesa per la Messa solenne , si avvicinava il momento, in cui doveva giungere a noi l' Eminentissimo Cardinale Arcivescovo. Egli nel mattino aveva celebrato Messa e distribuita la Comunione nella chiesa di S. Chiara, onorando così e rallegrando di sua presenza le religiose della Visitazione, le piissime figlie di s. Francesco di Sales ; ed ora si recava alla nostra chiesa e al nostro Istituto, che dallo stesso Santo prende il nome, per renderci partecipi del medesimo onore e della medesima allegrezza.

Esatto in ogni cosa egli, giusta la parola data, alle ore 10 1/4 già si trovava alla porta del Santuario di Maria Ausiliatrice. La gran Cappa , di cui andava adorno, imprimeva a tutta la sua persona un'aria di maestà veneranda, e rapiva all'ammirazione la calca di popolo , che fuori e dentro la chiesa assisteva rispettosamente alla sua discesa ed al suo passaggio. L'esimio Prelato entrava nel luogo santo circondato dal clero dell'Oratorio, e ricevuto dal suono dell'organo e dal canto dei musici. Alle ore 10 1/2 già si trovava sulla cattedra vestito degli abiti pontificali, per assistere alla Messa solenne, che veniva cantata dal M. R. D. Giuseppe Reviglio, parroco del Nichelino. Facevano da assistenti a Sua Eminenza Rev.ma il Canonico Francesco Molinari ed il Canonico Carlo Morozzo della Rocca ; e da Arcidiacono il Rev.mo Canonico Monsignor Stanislao Gazzelli di Rossana, uno dei quattro Provicarii generali. I musici eseguirono abilmente la Messa del maestro Cherubini ; onde possiamo asserire con tutta verità che la religiosa funzione del mattino e per la maestà delle sacre cerimonie, e per le candide voci dei giovani musici, e per le soavi armonie dell' organo riuscì delle più divote e commoventi.

Terminata la Messa poco prima del mezzodì , l'Eminentissimo Principe usciva di chiesa e per la sacrestia entrava nell' Istituto , accolto dal suono della banda musicale e da più centinaia di giovani, che non si saziavano di applaudirlo ed acclamarlo.

Il pranzo.

D. Bosco, stimando quel giorno uno dei più belli per l'Oratorio di S. Francesco di Sales, invitò a pranzo parecchi benefattori delle sue opere, sia per fare larga ed onorevole corona all' Eminentissimo Ospite, sia per dare loro un segno di sua profonda gratitudine. Egli avrebbe voluto estendere i suoi inviti a moltissimi altri, ma dovette limitarli ad una quarantina, per non avere una sala adatta, capace di contenerne di più. Tra i presenti vedevansi il colonnello Carlo Rocca, priore della festa, e tre Provicarii generali, vale a dire il prelodato Mons. Stanislao Gazzelli, Canonico della Cattedrale, Mons. Domenico Cumino, Curato della Madonna del Carmine, e Monsignor Giuseppe Re, Canonico del Corpus Domini.

La tavola fu provvista dalla carità dei benefattori e delle benefattrici. Non solo da Torino e da varii luoghi d'Italia, ma fin dalla Francia ci vennero i doni.

In sul levare delle mense cominciarono la lettura di varii componimenti all'Eminentissimo Porporato, le affettuose parlate ed i musicali concenti. Un giovinetto lesse un bell'inno, che posto in note musicali dal nostro maestro Giuseppe Dogliani venne poscia eseguito da un coro di fanciulli. Portava questa dedica: - A Sua Em.za il Cardinale Gaetano Alimonda, loro veneratissimo Arcivescovo, applaudono concordi D. Bosco e suoi figli, lieti di accogliere nell' Oratorio, nel dì della festa del loro Patrono, Chi è vivo esempio della sapienza, della mansuetudine e della carità operosa di s. Francesco di Sales. - Al primo subentrò un secondo allievo e declamò un concettoso sonetto. Il buon fanciullo, terminatane la lettura, inchinato il Cardinale, se ne partiva, senza consegnargli il foglio; ma Sua Eminenza graziosamente lo chiamò e - Dammi, gli disse, quello che hai letto; questa poesia adesso è mia. - Il dottore D. Francesia leggeva un brindisi in versi martelliani, ed inneggiava al Cardinale

Della superba Genova apostolo e figliuolo Soave, insieme immobile siccome il vecchio molo.

Che come lungo secolo sul Po fosse vissuto A celebrar sue glorie più nessun labbro è muto.

- Il colonnello Rocca fece un brindisi da buon soldato ; disse che aveva accettato la carica di Priore della festa pel timore che rifiutandola D. Bosco , generale dell' armata Salesiana , lo sottoponesse ad un Consiglio di guerra ; che non essendo oratore finiva il suo brindisi a passo di carica , invitando tutti a bere alla salute del Principe Cardinale Alimonda e del generale Don Bosco, facendo voti a Dio ed a Maria Ausiliatrice, che su questa terra accordino al Principe ed al generale tutte le felicità e prosperità che desiderano, ma che pel bene della diocesi e delle schiere Salesiane il posto già loro preparato in Cielo vadano ambidue ad occuparlo il più tardi possibile. - Mons. Alessandro Buffa da Sezzé zelante Cooperatore diresse egli pure a Sua Eminenza alcune parole di felicitazione in nome di tutti i Cooperatori Salesiani - Sorse anche Don Bosco, e indicando la corona d'invitati, sacerdoti e laici, notò che tutti erano benemeriti delle nostre istituzioni, affezionati a Sua Eminenza, attaccatissimi al Santo Padre Leone XIII, e pronti per la religione cattolica di sacrificare anche la vita. Ringraziava l'Eminentissimo della bontà usata ai Salesiani ed ai giovanetti loro affidati, proponeva un evviva a lui e al Santo Padre. Poscia in tono faceto invitava tutti i presenti a pranzo con lui pel mese di giugno del 1891, quando avrebbe celebrata la sua Messa cinquantenaria. A questo invito l'Eminentissimo dolcemente sorrise, e disse che tutti lo dovevano accettare senz'altro, e fare del loro meglio per non mancare, ed esortava a trovarvisi specialmente D. Bosco , che doveva fare la parta principale. - Entrava finalmente in scena il lepido poeta Carlo Gastini, capo legatore, il quale dopo aver narrato come fanciullo di 10 anni, orfano ed abbandonato, era stato raccolto da Don Bosco e messo all'onore del mondo, passò, con prose e con versi or latini, ora italiani ed or piemontesi, ad esprimere i più svariati concetti in lode del Cardinale, che a quei voli e precipizi non poteva frenare il riso, ed ammirava l'abilità del prosaico poeta, compiacendosi soprattutto del suo buon cuore.

Erano le 3 1/4, e Sua Eminenza abbisognando di un breve respiro usciva in carrozza dall'Oratorio, ritornandovi dopo un'ora, per impartire la benedizione e passare con noi il resto della giornata.

Funzioni della sera.

Alle 3 1/2 si cantarono i Vespri in musica; dopo i quali il M. R. Canon. Stanislao Venck pronunziò un elegante discorso in lode di s. Francesco di Sales, dimostrandolo un eroe di mansuetudine. Bella fu soprattutto ed affettuosa la preghiera, con la quale. sulla fine l'oratore rivolto al Santo ne implorò la protezione sopra il Capo dell'archidiocesi torinese, sopra il Superiore dell'Oratorio e sopra i suoi allievi, specialmente sopra i Missionarii Salesiani, i quali emulando l' apostolico zelo del Santo loro Patrono fanno fiorire oggidì le virtù cristiane tra le selvagge tribù della Patagonia.

Finito il discorso, l'Eminentissimo Porporato circondato da numeroso clero procedette all' altare. Questo era sfarzosamente apparato e così ricco di lumi, che colpiva gli sguardi e rapiva l'anima all'ammirazione. Nella funzione doveva compiere l'uffizio di Archidiacono, come nel mattino, il prelodato Mons. Can. Gazzelli Pro-vicario generale, quando poco prima di vestire le sacre paramenta questi si presenta a D. Bosco e lo prega di volernelo sostituire, dicendogli che Sua Eminenza desiderava di vederselo a' suoi fianchi. A queste parole Don Bosco, sebbene stentasse a camminare e a salire i gradini dell' altare, pure accondiscese di tutto buon grado, lietissimo di stare allato dell'Eminentissimo in quell'atto solenne.

I musici, cantato da prima il mottetto , Quasi arcus , in onore di s. Francesco , appena esposto il Santissimo Sacramento eseguirono il Tantum Ergo, detto della Immacolata Concezione, composto dal Teol. Giovanni Cagliero, e Sua Eminenza impartiva col Venerabile la trina benedizione ad un popolo divoto e numeroso, in gran parte formato da Cooperatori Salesiani.

Dato il bacio alla sacra reliquia e deposti gli abiti pontificali , l' Eminentissimo rientrò nell'Istituto. Salito sul balcone e volti gli occhi sopra tante teste di giovanetti vispi ed allegri egli provò un senso di alta compiacenza ; quindi fe' loro cenno che si avvicinassero, e invocato l'aiuto del Signore li benedisse con quell'affetto, onde il divin Redentore benediceva ai fanciulli della Palestina , che nelle sue divine peregrinazioni gli facevano deliziosa corona.

Il teatrino.

Intanto Sua Eminenza, accolto benignamente la domanda di D. Bosco di assistere al teatrino dei nostri giovanetti, ritiravasi in apposita camera a recitare il divino uffizio. In quel frattempo i giovani artigiani e studenti si raccolsero nel salone a ciò destinato, e gli attori si prepararono a recitare una moralissima commediola in 3 atti , intitolata Antonio , scritta da uno dei nostri sacerdoti di. nome D. Bongiovanni, già chiamato all' eternità. Verso le ore 6 , ogni cosa essendo in pronto, il veneratissimo Arcivescovo accompagnato da Don Bosco aveva l'alta degnazione di ascendere le nostre povere scale e andarsi assidere in mezzo ad un migliaio di giovanetti, che al vederlo spuntare eruppero in grida di entusiastica gioia. Non mai i loro giovanili trattenimenti erano stati cotanto onorati, non mai il nostro modesto teatrino aveva avuto tra i suoi spettatori un personaggio così nobile e così venerando. La presenza dell' inclito Prelato ci ricordava l' Evangelista san Giovanni, il prediletto discepolo del Signore , che prendeva sollievo dalle apostoliche fatiche ricreandosi talora con una pernice, e ci faceva intendere che la più sincera pietà non è punto schiva dei trastulli, quando sono onesti e morali.

Il soggetto rappresentava una delle più veridiche scene di famiglia. Un figlio di genitori contadini, collocato in collegio a Torino, pervertito da mali compagni, erasene fuggito e menava con essi vita scioperata. Il padre avvertitone ne va in cerca e lo trova in una casa di bagordi. Accortosi di essere cercato dal padre ei si finge caduto malato in quel luogo ; uno dei compagni la fa da medico, l'altro si dà pel padrone di casa, un terzo si dice il bidello del collegio, mandato dal direttore a chiedere notizie dell' infermo. Ma il padre al bel colorito del figlio, al tasto dei polsi regolari e tranquilli, alla vista delle bottiglie vuotate , rimaste sui tavolo, conosce la farsa e con parole ispirate dal più caldo affetto tenta di far rinsavire il figlio. Udendo questo a difendere ed impiccolire il suo fallo, con poca o niuna speranza di ravvedimento, il padre addolorato cangia repentinamente contegno. Si porta nel ghetto degli Ebrei, depone i ruvidi panni di povero contadino, si veste da damerino, e comincia a frequentare come il figlio i caffè e gli alberghi della città, spendendo e spandendo danari come un prodigo ; anzi scrive a quei di casa che vendano i pochi stabili posseduti in paese e vengano con lui a scialarla in Torino. A questo improvviso mutamento di scena il figlio viene in sospetto che il dolore abbia fatto dare volta al cervello del povero padre, lo compiange , si pente dei suoi trascorsi, rimprovera i cattivi compagni come causa di una tanta sua disgrazia, li detesta, li scaccia da sé, e nella speranza che un sincero ravvedimento possa ancora guarire il genitore ne tenta la prova ; quindi gli si getta ai piedi e cogli occhi bagnati di lagrime e colle parole più amorevoli gli dimanda perdono, e gli promette di essere per l' avvenire la sua consolazione. La commedia finisce colla conversione del figlio e col ritorno della gioia nella già desolata famiglia. Tutto questo esposto con arte e vivacità produsse negli spettatori un effetto mirabile. Gli intervalli tra un atto e l'altro furono rallegrati dalle sinfonie della banda musicale e dal canto di due cori, l'uno dei Prigionieri di Edimburgo, l'altro dei Matti nel Columella. I giovani attori ed i musici, dalla presenza dell' Eminentissimo Porporato animati, superarono se stessi, riscuotendo generali applausi.

Alle ore 8 il trattenimento era terminato. Il signor Cardinale sceso nel cortile per montare in carrozza fu colpito ancora dalla splendida luminaria a varii colori. Un piano del balcone portava questa iscrizione formata da lumi : Viva s. Francesco di Sales; e nell'altro piano si mirava l'immagine del Santo circondata da più giri di lumi e queste parole : Viva Sua Eminenza, il Cardinale Gaetano Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo.

Uomo di anìmo tenerissimo l'Eminentissimo Principe, partendo dall' Oratorio per ritornare nel-. l' Episcopio, disse : - Ogni momento di questo giorno fu per me una gioia ed un trionfo. - E noi con più forte ragione diciamo alla nostra volta - La benevolenza del Cardinale Alimonda, Arcivescovo di Torino, dove sorge la Casa-madre dei Salesiani, è nostra splendida gloria, è nostro grande conforto a lavorare coraggiosamente nella vigna del Signore; è e sarà di forte stimolo ai nostri benefattori a darci la mano nelle opere intraprese ; e ispirerà una delle più belle pagine allo storico del nostro Oratorio.

LA ELEZIONE E LA INCORONAZIONE DI LEONE XIII.

Due giorni di sempre soave rimembranza sono il 20 del corrente febbraio e il 3 del prossimo marzo , il primo dei quali anniversario della elezione al Sommo Pontificato di Papa Leone XIII, e il secondo, di sua incoronazione.

Noi esortiamo i nostri Cooperatori e le nostre Cooperatrici a voler contraddistinguere questi due anniversarii col ringraziare Iddio di aver concesso le Somme Chiavi e cinto il capo della corona pontificale ad un personaggio di tanti meriti e di sì alta dottrina, il quale da 6 anni tiene in ammirazione il mondo universo. Li esortiamo soprattutto a pregare Iddio che ce lo conservi per molti anni ancora, e gli conceda di poter proseguire a governare con sapienza e con fortezza la sbattuta navicella di Pietro, e di guidarla con mano sicura tra gli spumanti marosi , che da ogni parte la flagellano.

Gli scrittori del Bollettino, i Salesiani e il loro Capo hanno prove certissime che i Cooperatori sono attaccatissimi al Papa e lo venerano e lo amano come il Supremo Rappresentante di Gesù Cristo in sulla terra. Tuttavia non possiamo in questa occasione ommettere di ricordar loro l' alto dovere che a tutti incombe di serbarglisi fedeli fin anco nei più aspri cimenti , e di adoperarci secondo le proprie forze a rendere tali tutti i nostri cari, figli e figlie, domestici e serve, ogni persona insomma, che nello spirituale o nel temporale da noi dipenda.

Sì, fedeltà al Papa, amore al Papa, ubbidienza, ossequio e venerazione al Papa ; fedeltà , amore , obbedienza, ossequio e venerazione sino alla morte. Furono questi i caratteri dei veri cattolici di tutti i tempi ; devono essere queste le divise dei Salesiani e dei loro Cooperatori, specialmente in questi giorni, in cui, come testé lamentava il Vicario di Gesù Cristo, alcuni figli della Chiesa sconoscenti ed ingrati, con arti maligne e scritti indegni, la colpa dei mali, che deploriamo, vorrebbero rovesciare sulla madre loro, che acerbamente ne sofferse e ne soffre, anziché su coloro, che mirarono solo ad offenderla ed avvilirla.

Ci piace di confortare le nostre esortazioni col riferire qui una pagina immortale dell'Eminentissimo Cardinale Alimonda, tolta dalla stupenda sua Conferenza sullo stabilimento storico del Papato. Premesso che Enrico VIII re apostata d' Inghilterra aveva imprigionato nella torre insanguinata di Londra il suo Cancelliere Tommaso Moro, perchè erasi rifiutato di rinnegare la supremazia spirituale del Papa nella Gran Bretagna, il sommo oratore prosegue ad esporre la incrollabile fedeltà del grande uomo di Stato, e scrive così

« La porta del carcere stride su i cardini rugginosi , si apre ; e trae dentro una pallida figura di donna. È piangente, scarmigliata ; trascina due fanciullini per mano, si butta a' suoi piedi e grida Tommaso, Tommaso! Chi e costei, o Signori? È la moglie del Cancelliere. Ella ha un duro uffizio a compiere , non parla se non che indettata dal troppo amore e dalla estrema pietà, e raccomanda al consorte di cedere. Vedi questi tuoi figli, cari e palpitanti figli! te ne supplicano. Vedi me, Tommaso ! perdendo te, che sarebbe di noi , segnati a dito dalla gente , orfani e abbandonati ? Grida ella ; e i lamenti e le lacrime afforzano le parole.

» Cedere, moglie mia? risponde Tommaso, vezzeggiando mestamente i due fanciulli. Cedere ? Ubbidire dunque al re e rinnegare il Sommo Pontefice ? Ma, posto che questo si faccia, di me che sarà ? Quanto io potrò durare ancora nel mondo ?

» Tommaso , un venti anni. Tu sei robusto e florido... esclama la tramortita, incolorando le guance a un po' di speranza. Venti anni puoi vivere tuttavia.

» Ebbene, ripiglia il venerando, di vivere ancor venti anni, e vivere traditore della mia fede, a me non basta. Vorresti che io cambiassi l'eternità con venti anni? E sì dicendo, bacia in fronte i figliuoli, stringe a questi le mani e alla moglie ; ed accomiata la querula comitiva.

Usciamo pur noi con la moglie e i figliuoli di Tommaso Moro, usciamo dalla scellerata stanza che lo racchiude : fermiamoci nello spazzo vicino , su la piattaforma della torre , e attendiamo. È il 6 luglio del 1535 , il giorno che la Chiesa celebra l' ottava di san Pietro, il Principe degli Apostoli: qui s'innalza un patibolo e qui è menato dai carnefici il prigioniero. Nel sopraggiungere, allo sbocco dell'ultimo cortile, egli si trova fra' piedi un ingombro di donzella inginocchiata , coperta in un zendado nero, la quale gli afferra la mano baciandola di gran forza, e mette uno strillo : Ah padre !... È Margherita, la dolce figlia , la pupilla degli occhi suoi. Tommaso la benedice e passa. L'onda del popolo è traboccata qui dentro, lagrime e singulti vengono su di ogni bocca. Ma su la bocca di lui è un cantico , maestoso e tranquillo, come ha bella e pacifica la coscienza ; egli canta il Miserere ; egli, salito il palco, aringa il popolo sottostante in pro della Chiesa cattolica , lo vuol testimone che egli muore per la primazia di san Pietro. Udite? La sua testa, mozza dal carnefice e raccolta da Margherita, favella ancora. »

Il grande oratore soggiunge queste parole, che noi terminando volgiamo ai nostri Cooperatori : - « L'esempio degli eroi suscita. la turba degli imitatori e traccia ad essi le norme dell' operazione. Ecco dunque , amici miei, quanto dalla storia di Tommaso Moro ci è dato imparare. »

MORTE DI UN EMPIO PERIODICO e proposta di un esempio da imitare.

Or fa un anno noi pubblicavamo nel Bollettino di Febbraio un articolo intitolato : Gesù Cristo nostro Dio e nostro Re, lette con avidità dai Cooperatori e dalle Cooperatrici, e fatto da loro leggere ai loro conoscenti ed amici. Uscito poscia in librettino a parte , encomiato ed annunziato da molti giornali cattolici , esso venne sparso prima gratuitamente , indi a modico prezzo non solo in Torino, ma in ogni paese d'Italia. Se ne smerciarono non meno di duecento mila copie, lette da più milioni di persone.

Lo scopo di quell' articolo era di eccitare i fedeli a rendere un contraccambio di onore e di amore al Verbo Incarnato, al Figliuolo di Dio fatto uomo, per ricompensarlo in qualche modo dell' odio satanico, onde alcuni disgraziati a Torino, in onta al 1° articolo dello Statuto , in onta a tanti milioni di cattolici , facevano strazio del suo Nome e della sua Divinità per mezzo di un foglio scellerato, che avevano per soprappiù la baldanza d'intitolare : Gesù Cristo. I buoni ci hanno assecondati ; in tutte le parti si promossero pubbliche riparazioni, alle pubbliche si aggiunsero le private, e così se un branco d' indemoniati bestemmiavano Iddio, moltissimi cori di anime elette gli cantavano in ogni angolo dell' Italia inni di amore e gli gridavano osanna.

Nè questo fu il solo effetto ottenuto nel corso dell' anno. Nell' anniversario di quella pubblicazione, e di quell' appello alla pietà cattolica , noi siamo in grado di dare ai Cooperatori una notizia, che riuscirà loro molto gradita. L' empio giornale, che col suo titolo e colle sue bestemmie ci aveva suggerito il prelodato articolo , fu costretto a mutar nome , perchè trovossi senza lettori. Egli cominciava bestemmiando Gesù Cristo, proseguiva maledicendo alla Chiesa ed ai Papi, e moriva minacciando la gogna , ossia il laccio e la berlina , ai librai , perchè si sono dimenticati delle note reiteratamente loro spedite dall' amministrazione, e gridando : Il non pagarci è un vero furto. Imbecilli ! Colle loro bestemmie sono riusciti a farsi dei ladri , che hanno loro vuotato la borsa. No, l' empietà non ha mai giovato ad alcuno.

Ma quantunque oggimai più non vi sia empio giornale, che prenda a suo titolo e faccia ripetere dagli strilloni quel Nome Santissimo , a cui piegano riverenti le ginocchia il Cielo, la terra e gli abissi , tuttavia non ne mancano di quelli , che continuano a profondere bestemmie e a propinare il veleno di sacrileghe dottrine. Per la qual cosa noi dobbiamo continuare le nostre riparazioni private e pubbliche. Spuntino sovente sul nostro labbro quelle giaculatorie cotanto famigliari al nostro s. Francesco di Sales : Viva Gesù. Io amo Gesù. Viva Gesù, che io amo. Io amo Gesù, che vive e regna nei secoli dei secoli.

Crediamo pregio dell' opera proporre ai Cooperatori e alle Cooperatrici l' esempio dei loro Confratelli e Consorelle di una parrocchia della diocesi di Verona , e lo facciamo col riferire una breve letterina, che abbiano ricevuto solo poc' anzi, colla quale poniamo fine al presente articoletto.

Lobia di Sambonifacio, 27 Gennaio 1881. REV.MO SIG. D. Bosco,

Ho il piacere di annunziarle che per opera dei Cooperatori e specialmente delle Cooperatrici, che stanno sotto la mia direzione , in forza dell' articolo : Gesù Cristo, nostro Dio e nostro Re, è già diffuso in quasi tutti questi abitanti il consigliato saluto di riparazione : Sia lodato Gesù Cristo - Nostro Dio e Nostro Re : saluto che viene ormai usato privatamente e pubblicamente. La prima volta si credette di usarlo in pubblica chiesa in una Comunione generale, che si fece in riparazione delle bestemmie. Desiderano queste anime riparatrici di non essere le sole, che abbiano seguito e fatto seguire dal popolo il consiglio del saluto come sopra. Iddio benedica tutti gli sforzi dei buoni e principalmente di Lei, amat.mo D. Bosco.

D. LUIGI SIMONCELLI Curato.

NB. Chi volesse proseguire a spandere fra il popolo il librettino accennato, si rivolga alla Lìbreria Salesiana , e lo avrà col tenue prezzo di L. 2,50 per ogni 100 copie o L. 20 per ogni mille, franco di posta.

VIAGGIO ED ARRIVO dei Missionarii Salesiani in America.

Verso la metà dello scorso gennaio Don Bosco riceveva dai Missionarii ultimamente partiti per l'America la lettera seguente , che ci affrettiamo di pubblicare, per dare ai Cooperatori contezza del loro felice viaggio.

Buenos Ayres, 11 dicembre 1883. CARISSIMO E VENERATISSIMO D. Bosco,

Siam giunti felicemente alla nostra seconda patria , l'America , e ci sentiamo in dovere di gridare una volta di più: Viva Maria , la nostra Madre Ausiliatrice! Essa fu che ci ottenne da Dio un viaggio così felice, che il migliore non potevasi desiderare. Essa fu che ne diede sempre , ad eccezione di un giorno, il conforto della Comunione e del santo Sacrifizio della Messa.

E impossibile non ravvisare il soccorso di Maria in questa nostra traversata dell'Oceano. Partimmo dal Santuario di Maria Ausiliatrice in giorno di sabbato ed arrivammo a questo porto di Buenos Ayres, che chiamasi Porto di S. Maria, in sabbato eziandio, e, quel che più monta, in un sabbato in cui facevasi dagli Americani la chiusura del Mese Mariano , in un sabbato sacro a Maria SS. Immacolata, la quale, come nota il nostro calendario, è la Patrona universale dell'America. Non pare egli adunque che queste felici coincidenze stiano lì a gridarci all'orecchio : O Salesiani, o figli di Maria Ausiliatrice , se potete vantare un viaggio così fortunato, è in grazia di questa santa Madre di Dio, che vi protegge ?

Eccole adesso in poche parole le altre particolarità della nostra, dirò piuttosto, passeggiata che non viaggio da S. Vincenzo fino a Buenos Aires.

Ogni domenica si penetrava tra la folla di gente, che trovavasi in terza classe, e le Suore da una parte e i Salesiani dall' altra facevamo il catechismo in tre lingue, francese, spagnuola ed italiana. Ad onor del vero, i passeggieri non solo non impedivano il catechismo dei piccoli , ma ci aiutavano a raccoglierli, anzi non pochi di loro pendevano eziandio dal nostro labbro.

Quella poi, che destava l' ammirazione universale, era la Messa della domenica, che celebravasi sopra coperta. Il signor Lemaitre, questo Comandante così divoto, che conserva a bordo il suo libro di pietà e pregiasi di tenere appeso al suo letticciuolo , che a me cedette, una bella immagine di Maria Immacolata , preparava egli stesso l'occorrente per la Messa, e, facendosi aiutare dal buon Commissario L. Godichaud, riduceva ad una specie di cappella il luogo, dove celebrar dovevasi l'augusto Sacrifizio. L'altare era collocato in modo che tutti i mille e cinquecento abitatori del Bearn potevano vedere il Sacerdote celebrante, e quasi tutti potevano udire le soavi melodie, che le nostre Suore cantavano accompagnate sull'harmonium. Era insomma tale uno spettacolo che da tutti dicevasi Che peccato non poterne ritrarre una fotografia !

Quattro giorni dopo di aver toccato l' isola di S. Vincenzo giugnemmo alla linea equatoriale , e fuvvi grande festa, rallegrata sempre dall'egregio Comandante, che cantò a meraviglia in una onesta serenata che si diede. La festa fu pei nuovi Missionari tanto più bella in quanto che fin dalle prime ore del giorno seppero che il Comandante non li assoggetterebbe al battesimo, prescritto da non so qual rituale oceanico. Infatti sin da buon mattino mi si presentava un messo del Lemaitre, che dicevami con aria festevole : Il comandante mi manda a significarle che arrivò testè il corriere tartaro con questo plico (conteneva il grande foglio che le inchiudo). Lo apro tosto, e trovo che il Comandante aveva lasciato l'incarico di battezzarci a Padre Tropico (il quale sempre, ma specialmente sotto la linea , battezza troppo volentieri gli amici che lo visitano, facendoli sudare da capo a piedi), anzi ci concedeva ampio diritto di battezzare altri.

Passata la linea, noi vedemmo ben presto l'isola Fernando Roronha, detta la Siberia Brasiliana, perchè il Governo del Brasile vi rinchiude i prigionieri, obbligandoli a coltivare quel terreno fertile sì, ma soggetto ad una temperatura estremamente calda. Quest' isola ci offrì un panorama bellissimo, ed i suoi tunnels o trafori naturali, che lasciano vedere l'oceano dall' una all'altra parte, e i suoi picchi altissimi e strani, ricordano le pittoresche vedute di Monserrat in Catalogna.

Sempre col vento in poppa fummo sino alle porte di Rio Janeiro, dove ci contentammo di veder da lungi Nictheroy. Sospirammo di visitare i nostri buoni fratelli , ma invano, perchè dovemmo ritirarci ben tosto, e prendere nuovamente il largo nel mare a cagione della febbre gialla, che infierisce in Rio Janeiro e incute spavento a tutti.

Dopo Rio ci venne a visitare e ci schiaffeggiòben bene la prora per circa tre giorni il vento Pampero, che è un vento torte, freddo e bizzarro, e guai ai passeggieri quando soffia.

Ma esso non c'impedì il cammino; ed eccoci nel porto di Montevideo. Era la vigilia dell'Immacolata, e credevamo di poter passare almeno un'oretta beata coi nostri carissimi fratelli di Colon. Vane speranze ! Montevideo tiene commercio aperto con Rio Janeiro. Buenos Aires non vuole, perchè Rio è infetta , ma Montevideo non obbedisce ; perciò Buenos Aires per impedire l'importazione del malore manda nel porto di Montevideo una fregata col generale Brovver, il quale co' suoi canoni, con due enne, tiene certe ragioni convincentissime. Quindi è che Montevideo è obbligata a fare quarantena nel porto di Buenos Aires, se vuol entrare in questa città. Per la qual cosa noi, che non siamo amici delle quarantene, ci contentammo di salutar Montevideo rispettosamente senza toccarle la mano e ci partimmo tosto, arrivando a Buenos Aires, come le dissi in principio , precisamente il di dell' Immacolata, verso sera, quando cento razzi risplendenti annunziavano sulla spiaggia la gran festa, che gli Americani facevano alla loro celeste Patrona.

Mi riesce proprio impossibile descriverle la cordialità, con cui non solo i Salesiani, ma i Cooperatori vennero a riceverci a bordo, al molo e alle porte del nostro Collegio. I giovani poi, avvisati da qualcuno per mezzo del telefono . ci erano corsi all'incontro, e rompendo le file troppo importune per la loro ansia febbrile di rivederci, sollevando un polverio indescrivibile per lo spazio di due isolati, ci si precipitarono intorno e colla musica strumentale e con strepitosi applausi ci accompagnarono nella Chiesa parrocchiale, preparata a festa. Ivi cantossi il Te Deum e rinnovavasi parte della scena commoventissima, che successe costì in Torino, quando lasciammo il Santuario di Maria Ausiliatrice e D. Bosco.

Adesso , o carissimo Padre in G. C. , abbia la bontà di aiutarci a ringraziare il Signore e la sua Madre SS. del buon viaggio e di tanti altri favori, che ci hanno concesso. Anzi se le fosse possibile, dica a tutti i Cooperatori che noi li ringraziamo nuovamente di quanto hanno fatto per noi ; ringraziamo anche quel venerando Sacerdote francese, di cui ignoriamo il nome, il quale pochi minuti prima che il vapore salpasse da Marsiglia corse ad offrirci, con una commozione straordinaria, tanti bei campanelli pel servizio della s. Messa. Ci sembrò che ei fosse inspirato, perchè di campanelli difettavamo tanto qui in America, anzi a bordo non se ne aveva neppur uno. Oh ! quanto sarà buono il Signore, se trovasi tanta bontà nelle sue creature. - Dunque grazie a tutti, cominciando da Dio sino all'ultima delle persone, che ci aiutò per amor suo.

Tutti mi lasciano di riverirla e di raccomandarli alle sue preghiere. Sì, carissimo D. Bosco ; preghi per noi e ci benedica, affinchè Salesiani e Suore, possiamo tutti perseverare nel santo proposito di amare e far amare il Signore su questa terra, e procacciarci in tal modo una splendida corona in Cielo. Colla più viva effusione del cuore mi dico

Suo affez.mo figlio in G. C.

Sac. GIACOMO COSTAMAGNA.

DAL BRASILE.

Nictheroy, 15 dicembre 1883.

AMAT.MO E REV.MO PADRE IN G. C.,

Siamo nel mese di Dicembre, ultimo dell' anno. Sarebbe una mancanza imperdonabile la mia , se lasciassi passare questa bella occasione senza esternarle l' affetto, che io e tutti i Confratelli della nuova casa di Nictheroy sentiamo per lei, nostro amatissimo Padre in Gesù Cristo. Ah ! lungi da noi tale ingratitudine. Noi l' amiamo di un amore vivissimo , e riconosciamo in lei il nostro più sincero amico, il nostro Padre più amante. Uniti di cuore e di mente con tutti i nostri Confratelli, ci presentiamo a lei per augurarle dal Cielo ogni più eletta benedizione. Voglia Iddio esaudire le preci di tutti i suoi figli ! voglia accogliere benigno i voti, che dal più profondo del nostro cuore emettiamo per la sua prosperìtà !

Da molto tempo desiderava di scriverle per darle relazione dei nostri lavori e delle nostre imprese in questi ultimi mesi, ma non mi fu mai possibile per la molteplicità delle occupazioni. Approfitto ora dell' occasione per dirle in complesso le cose più importanti.

Il nostro amat.mo e Rev.mo Mons. Vescovo , o per meglio dire il nostro secondo padre, perchè tale è di fatto per noi, arrivò in diocesi nei primi giorni di Settembre. Egli aveva dovuto assentarsi per alcuni mesi da Rio Janeiro, per ristorare la sua malferma salute , e perciò noi non avevamo ancora avuto la fortuna di vederlo dopo il nostro arrivo a Nictheroy. Appena giunto, sua prima cura fu di mandarci a chiamare tutti , perchè tutti voleva abbracciare e benedire , e noi obbedienti alla sua voce gli ci presentammo insieme col nostro amato Ispettore D. Lasagna. Descrivere l' esultanza di questo buon Pastore nel vedere così compiti i più ardenti desiderii del suo cuore non è dato alla mia povera penna. Le basti sapere che egli ci accolse con tutte quelle dimostrazioni d' affetto, con tutta quella espansione del cuore, onde il più tenero padre riceverebbe un figlio da molto tempo non più veduto ed abbracciato. Era fuori di sé per il piacere e per la consolazione che provava in quel, momento, e ricordando le parole di una poesia, che gli veniva letta all'Oratorio in Torino nel 1877, andava ripetendo: Adesso va bene, sì, adesso i figli tuoi, o D. Bosco, sono i figli miei.

Il degno Prelato si diede poi subito attorno per provvederci i mezzi, a fine di cominciare l'opera nostra in vantaggio della gioventù abbandonata. Col suo concorso e con quello di varie altre persone benemerite , specialmente del clero , noi abbiamo potuto mettere mano ad una fabbrica. La casa che trovammo al nostro arrivo era assai piccola, capace appena di ricoverare noi, e quindi si dovette pensare ad ingrandirla ed aumentarla. Presentemente si trova quasi finito un salone di 20 metri di lunghezza per 7 di larghezza, e speriamo poter inaugurare le scuole per il principio dell'anno.

Non creda però, amatissimo Padre, che durante questo tempo non siasi fatto altra cosa che assistere ai lavoratori della nuova fabbrica , perché oltre l' attendere allo studio della lingua portoghese abbiamo pure cominciato ad istruire varii giovani esterni , i quali per povertà non potevano frequentare altre scuole. Così pure nostra prima cura fu aprire un Oratorio festivo, per raccogliere i ragazzi nella Domenica , far loro un poco di catechismo, condurli alla Messa, e così aiutarli a passare il giorno del Signore lontani da ogni pericolo dell' anima e del corpo. Speriamo di potere aumentare tra breve il numero dei giovani , e nello stesso tempo accrescere il bene morale e religioso, di cui tanto abbisogna questo paese.

Per ora siamo ben contenti di aver potuto fare quel tanto che le ho detto, e lo saremmo assai più se non ci trovassimo così lontani da tutti i nostri Confratelli, vuoi d' Italia, vuoi della Repubblica Argentina e dell' Uruguay. La casa a noi più vicina è quella di Colon, la quale tuttavia dista da noi più di mille chilometri. Ah ! se si potesse aprire una casa di Salesiani in S. Paolo ! Il Vescovo di quella diocesi lo desidera molto , ed ella , amatissimo Padre , dalla lettera che le scrisse D. Lasagna avrà potuto vedere il bisogno e la convenienza di secondare i santi desiderii di quel zelante Pastore. Lasciando poi a parte tutto il resto , per noi di Nictheroy sarebbe una vera provvidenza : potremmo aiutarci a vicenda per gli esercizi spirituali , per il personale, pei consigli e via dicendo. Invece così separati come siamo non possiamo aiutarci in nulla, e restiamo interamente abbandonati a noi stessi. Ascolti adunque, amatissimo Padre, le voci .del Vescovo di S. Paolo e di D. Lasagna e di altri ; ascolti ancora le preghiere di questi suoi figli di Nictheroy , e venga in nostro soccorso. Grandissimo è il bene che i Salesiani possono fare nel Brasile , e noi che siamo sul luogo proviamo vivo dolore nel vederci insufficienti per mancanza di personale. Speriamo nella divina Provvidenza e nella bontà di lei, speriamo che non tarderà il giorno , in cui si apra la seconda casa Salesiana nel Brasile.

Ma è tempo che finisca questa mia ; finisco rifacendomi dal principio ed augurandole buon fine e buon capo d' anno. Probabilmente questa lettera non arriverà a Torino, se non dopo la festa dell' Epifania ; ma questo non toglie che noi le possiamo desiderare buone feste del S. Natale e buon fine dell' anno presente. Iddio vede il cuore ed esaudirà i nostri voti prima che questa mia giunga in Europa.

Ci benedica tutti; amatissimo Padre , e preghi per noi Maria Ausiliatrice , che ci assista nelle nostre imprese, e ci aiuti ad essere suoi veri devoti e propagatori della gloria del suo divin Figliuolo Gesù per tutto il tempo della nostra vita. Estenda ancora gli augurii e le felicitazioni a tutti gli altri Superiori, specialmente a D. Rua, non che a tutte quelle caritatevoli persone, Cooperatori e Cooperatrici , che sono i canali della Divina Bontà a vantaggio delle nostre Missioni.

Mi creda infine quale mi professo

Di V. S. Rev.ma

Dev.mo figlio in G. e M.

Sac. MICHELE BORGHINO.

IL CONTE EDOARDO ARBORIO MELLA.

Il Conte Edoardo Arborio Mella, la cui morte annunziammo nel Bollettino precedente, fu una vera gloria della patria, fu un grande nostro benefattore. Per la qual cosa sensi di stima e dovere di gratitudine esigono che ne diamo qui alcuni cenni biografici , affinchè meglio lo conoscano e lo ammirino i Cooperatori presenti, ed ancor ne rimanga memoria presso i Cooperatori futuri.

Nacque egli in Vercelli il 18 Novembre 1808 dal Conte Carlo Emanuele e dalla signora Vittoria dei Conti di Gattinara di Zubiena. Studiò da prima privatamente sotto gli occhi dei virtuosi suoi genitori , che fin dagli anni più teneri gli ìnstillarono il santo timore di Dio, statogli di poi compagno per tutta la vita. Nel 1820 entrò nel Collegio-Convitto del Carmine in Torino, dove in quel tempo il fiore della nobiltà piemontese collocava i proprii figliuoli sotto la savia direzione dei Padri Gesuiti. Dotato di squisito ingegno si segnalò tra i suoi condiscepoli specialmente nella scienza matematica , e ne uscì dopo 7 anni ricco la mente di utili cognizioni, e formato il cuore a sode e religiose virtù.

Ritornato in seno alla famiglia coltivò con amore la musica, che gli permetteva di stare da solo o con pochi e scelti amici. Si compiacque altresì della storia naturale , e fece molte collezioni di varie sorta di farfalle e di uccelli, che collocava in tali pose e movenze, da dimostrarsi fin d'allora abile artista. Sono pure oltremodo lodate certe figure di cavalli e cavalieri da lui intagliate in carta con grande maestria. Al disegno poi era portato come per istinto; quindi vi si applicava con ardore, scolpiva, intagliava, lavorava al tornio con incredibile passione. In questi lavori divenne in breve così destro , che trovava poscia dei difetti in tutte le opere consimili, onde difficilmente gli artisti riuscivano a soddisfarlo.

Fu allora che il giovane Conte concepì il pensiero di rendersi utile alla classe degli operai coll' istruirli , e renderli perfetti ciascuno nella propria arte. Col consenso del genitore egli invitò in casa sua parecchi giovani operai della città, e in ore ad essi più comode prese a farsi loro maestro. Vivono tuttora alcuni de' suoi primi discepoli, i quali ricordano con riconoscenza ed affetto la premura, con cui il nobile Conte li raccoglieva di buon mattino e loro rivelava i segreti di ogni bell' arte. Mosso dallo stesso sentimento egli pro. mosse in appresso l' insegnamento gratuito del disegno , e col concorso di 40 azionisti vercellesi ottenne che se ne aprisse la scuola , dalla quale per generoso lascito del Conte Arborio di Gattinara uno degli azionisti nacque più tardi l' Istituto di Belle Arti , che esiste tuttora e che onora altamente la città di Vercelli. Di tale opera il Conte Mella fu in tutta la vita molto benemerito, e gli alunni e professori gliene esternarono sempre viva gratitudine.

Nè solo con questi mezzi il giovane Conte cercava di fare del bene al prossimo , ma eziandio col lavorare dì propria mano. Nemico implacabile dell' ozio fu visto più volte in tempo di ricreazione tutto intento a mettere insieme ritagli di lana e di fioretto, che servire dovevano a fare calze pei poverelli.

L' anno 1834, mentre il nobile uomo occupava così bene il tempo e l' ingegno , conduceva in moglie Adelaide, figlia del Conte Alessandro Olgiati, la quale nel 1839 rapita da morte precoce lasciavalo vedovo con tre figliuoletti. Il Conte sopportò la grave sciagura con cristiana rassegnazione , e decise di consacrare il resto della sua, vita alla educazione della prole e al decoro della religione.

In appresso collocati i figliuoli in collegio di sani principii religiosi e morali, egli si dedicò intieramente allo studio dell' architettura antica, nella quale acquistò una perizia più unica che rara. Fu suo intento precipuo di restituire alle sue vive sorgenti l' architettura cristiana del Medio Evo , e riporla nel suo antico splendore. A questo fine egli si approfondì nello studio delle norme, a cui s'informavano i principali monumenti di quell' arte nei suoi tempi più felici ; confortò questo studio con una vasta dottrina archeologica ; e riuscì a sviscerarne i più reconditi segreti e a rinnovarne i miracoli nei tempi nostri.

Nè egli si contentò di attingere le cognizioni dai libri degli architetti più rinomati , ma intraprese viaggi per varie parti di Europa, a fine di esaminare di presenza i monumenti più celebri , che avevano resistito alle ingiurie dei tempi e ai colpi dei barbari , sottoponendosi per questo a fatiche ed a pericoli indicibili. Venendo a conoscere che in questo o in quell' altro sito sorgeva una chiesa vetusta od altro edifizio medioevale, l' intelligente architetto colà si dirigeva. Egli vi andava il più delle volte a piedi, vestito alla buona, con alcuni pani e alquanto cacio nella valigia, con un bordone in mano , salendo e calando colline e montagne , traghettando fiumi e torrenti, traversando valli e foreste come il più modesto dei mortali. Avendo una volta smarrita la via si presentò in una casa per domandare il giusto cammino; ma vistolo in poveri arnesi ed avutolo per un mendico, andate andate, gli fu tosto detto, non abbiamo nulla da darvi. Giunto sul luogo , ei si poneva a copiare colla matita , notando su appositi fogli questa e quell'altra bellezza artistica, e dimenticando persino il suo nutrimento. Ebbe più volte degli incontri poco gradevoli, e due fiate, nella Svizzera e nell'Italia, preso per una spia tedesca, dovette brigare non poco per farsi riconoscere ed ottenere la libertà.

Fornito a dovizia della scienza dell' arte sua prediletta il Conte Edoardo cominciò a darne saggio primieramente nei restauri dei più venerandi monumenti del Piemonte , indi nei disegni di nuove costruzioni di stile gotico primitivo, gotico posteriore, romanico, romano-lombardo, basilicale-lombardo e simili. Egli fu a questo riguardo la provvidenza dei tempi nostri ; ìmperocchè tutto quello che faceva per la Chiesa il ricco patrizio lo prestava gratuitamente , per amore dell' arte, e, direm meglio, per amore di Dio e della religione.

Troppo lungo sarebbe l' annoverare per singolo tutti i sacri edifizi o restaurati sotto la sua intelligente direzione , od innalzati dalle fondamenta secondo i suoi mirabili disegni. Basti l' accennare qui per sommi capi alcune delle opere da lui compiute dal 1800 al 1880. Opere sue sono il restauro del Duomo di Casale Monferrato di stile romanico, e della chiesa parrocchiale di Rosignano di stile gotico posteriore ; opere sue i disegni della Chiesa cattolica di Berghen in Norvegia di stile romano-lombardo; i riattamenti e decorazione della Cattedrale di Susa di stile romanico ; la ricostruzione della parrocchiali di Torgnon (Aosta) di stile gotico posteriore, della parrocchiale di Gressan di gotico primitivo; opere sue i restauri della parrocchiale di Mirabello Monferrato di maniera bramantesca, e della Edicola di S. Chiaffredo nella Cattedrale di Saluzzo della maniera medesima. Sono pure opere sue il coro, l' altare maggiore e l' assestamento della cripta della Cattedrale di Acqui di genere latino e stile romanico ; la Chiesa della Madonna del Suffragio annessa all' Ospizio di S. Zita in Torino di stile basilicale-lombardo con matroneo o tribuna per le donne ; il restauro dalla Chiesa di S. Francesco in Vercelli di stile gotico primitivo ; il restauro e la ricostruzione parziale della Cattedrale di Alba Pompeia di stile gotico , ed altri consimili lavori in Albenga e in Monticelli d' Ongina presso Piacenza. Dopo il 1870 il Conte Mella compiè i lavori del Duomo di Alessandria, del Duomo di Chieri e della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Torino, quantunque di quest' ultima rinunziasse di poi alla paternità per non essersi eseguito in ogni parte il suo disegno. L' ultima delle sue opere fu la nostra Chiesa di S. Giovanni Evangelista, alla quale, come presago che sarebbe stata l' ultimo suo lavoro, attese con tanto amore, da renderla quale fulgida corona dellaartistica sua carriera.

Passiamo sotto silenzio più altre opere , a cui l'egregio gentiluomo sempre si arrendeva con benevolenza appena richiesto, e notiamo che mentre si applicava ai mentovati lavori e curava che venissero eseguiti colla maggiore perfezione dell'arte, egli attendeva eziandio a scrivere e a dare in luce trattati di geometria e di architettura, e monografie o descrizioni di monumenti medioevali della più grande importanza. Degni di particolare menzione sono : Elementi di architettura archi-acuta o gotica; ed Elementi di architettura romano-bizantina, detta lombarda.

Non è quindi a maravigliare che il Conte Mella riscuotesse dai sapienti i più alti encomii, e ricevesse ben 17 onorificenze. Tra questi si annoverano il diploma di cittadinanza delle città di Alba , di Casale e di Ventimiglia; la patente di aggregazione a membro straordinario della Società Prussiana e di antiquaria detta del Basso Reno; il decreto di nomina a membro della commissione conservatrice dei monumenti e delle opere d' arte della provincia di Novara ; la Croce da commendatore dell' Ordine dei santi Maurizio e Lazzaro; la nomina a membro onorario di più Società ed Accademie di archeologia e di belle arti, come quella di Torino , di Milano , di Como , di Urbino , di Aosta.

Ma l'onorificenza, che l'illustre gentiluomo più di ogni altra apprezzava, era quella della Croce dello sperone d'oro di S. Silvestro, concessagli dall'immortale Pio IX con Breve del 22 Giugno 1875; imperocchè il Conte Mella, cattolico puro e schietto, alla più vasta dottrina, congiungeva i sensi della più esimia pietà. Egli praticava la religione senza rispetto umano, ed osservava le leggi della Chiesa con tale esattezza , da mostrarsi modello ai più esemplari. Basti in prova il fatto seguente. Nel mese di Dicembre dell' anno decorso il Conte fu per l' ultima volta a Torino , quando un venerdì capitò al nostro Istituto per l'ora del pranzo. Nel presentarsi a D. Bosco egli disse : - Sono venuto all'Oratorio per due ragioni : l'una per rivederla; l'altra perchè oggi è venerdì, e all'albergo avrei temuto di non trovare cibi di magro. - Così quel virtuosissimo cristiano. E si badi che in quel tempo egli già sentivasi affetto da quella malattia , che il mese dopo lo conduceva alla tomba!

Il buon servo di Dio per altro vide approssimarsi la fine de' suoi giorni, con animo lieto e con fronte serena. Egli provava grande consolazione pensando soprattutto che aveva consacrato buona parte di sua vita a restaurare e innalzare Chiese al divìn culto, e perciò con illimitata confidenza andava dicendo: - Mi sono adoperato a preparare in questa terra molte case al Signore, e nutro fiducia che Egli nella sua misericordia ne avrà preparata una per me in paradiso. - Ed era ben fondata la sua speranza, poichè Dio medesimo disse per chi doveva innalzargli il tempio di Gerusalemme: Egli edificherà una casa al mio nome, ed io gli stabilirò un trono sempiterno Ipse aedificabit domum nomini meo , et stabiliam thronum regni eius usque in sempiternum (1). Or qual trono non avrà mai preparato il generosissimo Iddio all'insigne nostro architetto, che non uno, ma più templi gli innalzò durante sua vita? Egli moriva il giorno 8 dello scorso gennaio munito di tutti i conforti religiosi, e la sua fu veramente la morte del giusto.

Ecco in breve chi fu il Conte Edoardo Mella ; ecco l'uomo che hanno perduto le Belle Arti; ecco massimamente la gran perdita, che fece l'architettura cristiana e il culto cattolico ; perdita irreparabile.

La città di Vercelli sopra ogni altra si addolorò della morte di un figlio, che giustamente ella stimava come una delle sue glorie più belle , e ne diede prova nei suoi funerali, a cui presero parte gli uomini più eminenti. Ogni ordine di cittadini, quale in una, quale in un' altra maniera concorse a tributare al compianto patrizio gli ultimi onori, a spargere un fiore sopra la sua tomba, esternando tutti in quanta stima lo avessero, e quanto alletto gli portassero.

I Salesiani alla loro volta e i Cooperatori oltre la stima devono professare al Conte Mella profonda gratitudine; imperocchè verrebbe meno lo spazio prima che potessimo enumerare quanto egli fece per la Chiesa di S. Giovanni Evangelista. Egli ne diede il disegno , ne curò la perfetta esecuzione, ci soccorse de' suoi illuminati consigli in varie questioni intricatissime, e tutto questo senza pretendere retribuzione alcuna per l'opera sua e per le spese che fare doveva. Uomo davvero incomparabile! Oh ! il buon Dio , che toglie a sè uomini siffatti per premiarli in Cielo, si degni di suscitarne degli altri a sollievo delle umane miserie, a decoro della religione, a gloria del suo divin nome.

Nutriamo la più grande fiducia che l'anima di questo insigne benefattore sia a quest'ora già stata ricevuta in gloria. Tuttavia a titolo di riconoscenza abbiamo risoluto di celebrare un solenne funerale nella predetta Chiesa di S. Giovanni Evangelista, il 7 del corrente febbraio, cantando una Messa da requiem, con musica dei nostri giovinetti.

I Cooperatori e le Cooperatrici di Torino saranno avvisati dell'ora ed invitati con apposito biglietto, e gli altri sono pregati di udire una santa Messa in suffragio di quell'anima eletta.

Nel vestibolo della porta interna a destra della Chiesa di S. Giovanni è scolpito in lapide di marmo il busto del Conte Edoardo Mella, con elegante iscrizione latina in suo onore; ma anche senza di questa memoria tutto il sacro edifizio da lui architettato è tal monumento, che ricorderà in Torino i suoi alti meriti , e tramanderà venerato il suo nome alle più tarde generazioni.

(1) II Reg. vii, 13.

L' AMAZZONIA. Mezzo di sviluppare la sua civilizzazione.

Secondo la promessa fatta nel numero precedente cominciamo a riprodurre, tradotto dal Portoghese, lo stupendo discorso del Vescovo del Parà sui mezzi di sviluppare la civilizzazione nella provincia delle Amazzoni nell' impero del Brasile. Eccone per ora il magnifico esordio.

SIGNORI,

Non è senza ragione che il paese delle Amazzoni attrae ogni dì più a sè l'attenzione del mondo. Codesto re dei fiumi avanzandosi maestosamente per una immensa superficie di 700 a 800 leghe di larghezza, con centinaia di affluenti che gli rendono il tributo delle loro acque, non colpisce già solamente l'immaginazione del poeta e dell'artista, per la incomparabile grandezza del suo corso e della sua estensione , per la leggiadria delle sue isole , per il misterioso incanto delle sue vergini foreste, per l'abbagliante spettacolo della più stupenda vista, che agli occhi dell'uomo è dato contemplare sopra la terra.

La scienza, l'industria, il commercio cominciano a scoprire il recondito e opulentissimo tesoro delle naturali ricchezze rinchiuse in questo bacino Amazzonico, che potrà un giorno alimentare a sazietà ben cento milioni di creature umane.

Solo un profeta, dice Agassiz, potrebbe predire l'incalcolabile avvenire riservato ad una regione , la quale , più ricca e feconda che le celebri valli del Nilo, del Gange e dell' Eufrate deve somministrare un giorno alla umanità ingrandita mezzi insperati , ed occupare nella sua storia un luogo pili segnalato di quello delle valli, che furono sua culla.

Dopo di aver perlustrato l'Amazzonia fu pure di uno stesso sentire il saggio Humboldt , scrivendo che questa regione sarebbe un giorno il più grande emporio del commercio del mondo.

Difatti se ora che appena entrasi ad esplorare alcuni prodotti spontaneamente offerti dalla natura, senz'ombra di cultura, con procedimenti di estrazione grossolani e malintesi , con braccia insufficienti al lavoro, con una popolazione in parte nomade, quasi senza coltura intellettuale e morale , in parte immersa nella notte della selvatichezza, già pesano le Amazzoni nella bilancia della industria e del commercio del mondo, che sarà mai quando l'oro vegetale della sifonia elastica, già fin d'ora fornito per due terzi del consumo del globo, e gli altri prodotti che arricchiscono presentemente i mercati dell' Europa e dell'America saranno immensamente accresciuti dal lavoro e dall'industria di una grande popolazione istruita, moralizzata, laboriosa? Che sarà quando a questi si aggiungeranno altri generi, droghe e spezie ancora non utilizzate, come essenze, tinte , pelli, olii, gomme, resine , fibre tessili, piante rare, legni preziosi e mille altri ricchissimi prodotti, che braccia intelligenti ed attive potranno cavare dalle viscere di cotesto suolo avventurato?

L'alzare adunque il livello intellettuale e morale dei popoli delle Amazzoni è una quistione economica di primo ordine. Che, dico io, Signori ? Solleviamoci a più alta sfera! E una quistione politica, una quistione sociale, una quistione dell' umanità, un grave problema nel punto di vista della civilizzazione e del Cristianesimo.

Vi parlerò di un disegno che si collega a questo grande avvenire dell'Amazzonia ; di un disegno che coopererà in gran parte, per la soluzione del problema sommamente importante, del problema vitale, che quivi sorge d'innanzi a noi, e che è d'uopo infine affrontare a viso aperto e con animo risoluto; dico i mezzi di migliorare lo stato presente della popolazione delle Amazzoni.

Per procedere con metodo parlerò primieramente dell'uomo Amazzonico, della sua situazione attuale, e della necessità di un pronto rimedio.

In secondo luogo mi farò a svolgervi il piano di un vapore-chiesa, di un tempio natante, destinato alla propagazione del Vangelo nella grande vallata.

In terzo ed ultimo luogo vi dimostrerò la necessità di questo disegno, i suoi vantaggi, la sua eseguibilità. Signori, giammai non sentii maggiormente la fiacchezza di mia parola. Nondimeno ella potrà appoggiarsi da un lato all' indulgenza di sì splendido uditorio, dall'altro alla grandezza della idea, all'ardimento dell'impresa che sto per esporvi, e che, toccandovi così da presso e nei vostri più cari interessi , non può lasciar di fissare tutta la vostra attenzione.

COMMEMORAZIONE DI SILVIO PELLICO.

Di questi giorni ricorse il XXX anniversario della morte di quell' insigne scrittore e filosofo cattolico che fu Silvio Pellico. Con savio pensiero il Circolo Beato Sebastiano Valfrè della Gioventù Cattolica di Torino promosse in questa circostanza solenni onoranze alla memoria del grande Saluzzese, tenendo una solenne accademia coll'intervento di Sua Em.za il Card. Alimonda e di molti illustri letterati ; praticando opere di pietà in suffragio alla sua anima benedetta e deponendo una corona sulla modesta tomba, che sorge nel Cimitero di Torino. Molti giornali assecondarono quest' impulso e pubblicarono stupendi articoli sui pregi e sulle virtù di Silvio Pellico.

Affinché non sia passeggero il frutto di questa bella commemorazione , il Circolo della Gioventù Cattolica volle mettere mano alla pubblicazione di un volume, che porterà per titolo : La mente ed il cuore di Silvio Pellico, in cui saranno raccolti scritti editi ed inediti dell' eminente scrittore.

ELENCO DI COOPERATORI E COOPERATRICI DEFUNTI NEL 1883.

264 Genuardi Maria Carmela fu Salvatore -- Villalba.

235 Genuso D. Rosario - Modica.

266 Geraci Loreta fu Lorenzo - Villalba. 267 Geronzi D. Arcang. Can. - Pergola. 268 Gerosi D. Alessandro Can. - Zagarolo. 269 Ghigini D. Alessandro - Zena. 270 Ghirardelli D. Felice - Rovegno. 271 Giacomazzi D. Luigi - S. Genesio.

272 Giacomelli D. Giuseppe Parr. - Canapale. 273 Giammarchi D. Luigi - Gabicce.

274 Giannatanasio D. Gaetano Parr. - Salerno. 275 Giglioni Giovanni - Fojano. 276 Giordani Andrea - Lovero. 277 Giustetti D. Giuseppe Can. - Torino. 278 Goggi D. Pietro - Lauriano.

279 Gollmayr (de' Principi) Mons. Andrea Arciv. - Gorizia (Austria).

280 Gottardi D. Francesco - Roverchiara. 281 Grego D. Giacinto - Cittadella. 282 Grigoli D. Alessandro - Brenio. 283 Grilli Giuseppina - Cotignola. 284 Grioglio Agostino - Moretta. 285 Griva Carolina - Casaleto. 286 Guazzo Pietro fu G. B. - Melazzo. 287 Guerrini D. Primo - S. Martino. 288 Guglielmi D. Giov. Batt. - Saluzzo. 289 Guglielminetti Margherita - Torino. 290 Guichardaz Vitalina - Cogne. 291 Gusmani Ch. Giuseppe - Vigevano. 292 Iori Maria Orsola - Penia (Tirolo). 293 Iourdan Mons. Antonio - Torre Pellice. 294 Laetti D. Angelo - Gagliole. 295 Lana Cav. Giuseppe - Torino. 296 Lantelmi D. Luigi Parr. - Massello. 297 Lazzarini D. Giovanni - Lugugnana. 298 Leasi D. Matteo - Malavicina. 299 Leopardi Contessa Teresa - Recanati. 300 Leva Francesca - Lu Monferrato. 301 Licheri D. Bachisio - Isili.

302 Lluch y Garriga Mons. Gioachino Cardin. Arcives. - Siviglia (Spagna).

303 Locatelli D. Francesco Parr. - Curnasco. 304 Loco Domenico - Calcinatello. 305 Lombardi D. Raffaello - Cavugliano. 306 Lombardo Catterina - Arena Po. 307 Losini Colombano - Bobbio. 308 Luccarelli D. Orsino - Fossombrone. 309 Macario Giuseppe - Torino.

310 Macchiavelli D. Lorenzo Arcip. - Torriglia. 311 Malacalza Francesca - Bobbio. 312 Maggiori D. Michele Arcip. - Montecastello. 313 Maggiori D. Omobono Parr. - Fraine. 314 Magnini D. Giulio - Biumo Infer. 315 Maneglia D. Giuseppe - Barengo. 316 Maneruzza Benigna - Casaleto.

317 Manfredi D. Pietro - S. Quintino di Mondovì. 318 Mannel di S. Giov. Contessa Marina - Torino. 319 Manzi Nob. D. Giovanni - Milano. 320 Marcenaro Marianna - Casaleto. 321 Marchese Gian Stefano - Torino. 322 Marcolini D. Domenico - None. 323 Marconi D. Pietro - Velo d' Astico. 324 Marelli Ch. Carlo - Milano. 325 Margotti D. Gio. Battista - S. Remo. 326 Mandati D. Angelo - Treviglio. 327 Marozzi Donna Carolina - Alessandria. 328 Marpillero D. Lodovico - Manzano. 329 Martelli D. Pasquale Can. - Brugnato. 330 Martin D. Lodovico - Pourrières. 331 Martini D. Francesco - Tribano. 332 Martini D. Giovanni - Cambiano.

333 Masi Augusta (Congreg. di Carità) - Rimini. 334 Massa Giovanna - Argentera. 335 Mastri D. Giuseppe - Rocchetta. 336 Mastrosimone Rosalia - Villalba.

337 Masutti D. Cristoforo - S. Zenone di Treviso.

338 Masutti Mons. Pietro Can. Onor. - Fratta dì Sacile.

339 Mataloni D. Filippo - Esanatolia.

840 Mattazzi Madd. ved. De-Giuli - Massiola. 341 Mattei Adele - Cornegliano d'Alba. 342 Mattiussi D. Bonaventura - Treviso. 343 Matulli D. Giuliano Parr. - Valnera. 344 Maura D. Lodovico Parr. - Praturlone. 345 Mazza D. Domenico - Montechino. 346 Mazzocchi Dott. Carlo - Martignone. 347 Mazzoglio Pietro - Lu Monferrato. 348 Medici D. Vincenzo - Pergola. 349 Merlo Antonio - Bassano Vicentino. 350 Messori Dott. D. Giuseppe - Modena. 351 Meucci D. Vincenzo - Petretole. 352 Migliorini D. Luigi - Torre Boldone.

353 Mignola Antonio - Gerra Verzasca (Svizzera).

354 Milani D. Augusto - S. Zeno.

355 Mino D. Carlo Prev. - S. Maurizio Canavese. 356 Missaglia D. Antonio Can. - Verona. 357 Mittone D. Tommaso - Saluzzo. 358 Moccafighe Angelina - Rocchetta Palafea. 359 Molinari Mons. Andrea - Scagno. 360 Molines-Duprè Giuseppina - Torino.

361 Monaca D. Giovanni - Villanova di Biella. 362 Monella D. Pietro Vic. For. - Sutera. 363 Mongiardino Vittoria - Resina.

364 Montagnini di Mirabello Conte Giovanni - Torino.

365 Montico D. Giov. Batt. - S. Vito al Tagliamento.

366 Moraia Rachele - Calcababbio.

367 Moreno D. Antonio - S. Remo. 368 Morini Emilio - Lonigo.

369 Moscheni Donna Elvira - Lucca. 370 Motta Ch. Giuseppe - Cassolo. 371 Mulè D. Luigi - Serra di Falco.

372 Muzio Giovanna ved. Ponzon - Savona. 373 Nadalutti Maria - Cividale.

374 Napoli Marianna - S. Cipriano di Serra Riccò. 375 Nardo D. Antonio Capp. - Fossalta Maggiore.

376 Nascimbeni D. Antonio - Villa Bartolomea. 377 Negri D. Adolfo Can. - Firenze.

378 Negri D. Pellegrino Prev. - Vidiano Soprano.

379 Nicolai D. Giuseppe Can. - Firenze. 380 Nogara D. Bartolomeo Parr. - Barasso. 381 Noriller D. Paolo - Matasssone.

382 Noris D. Giov. Battista Arcip. - Palazzuolo di Verona.

383 Novelli D. Giuseppe Prev. - Narzole. 384 Odasso Ch. Gerolamo - Mondovì. 385 Odini D. Giuseppe - Misano d'Adda. 386 Odorizzi D. Nicolò - Madrano (Austria). 387 Oldi Contessa Laura - Crema. 388 Ortolani Benedetto - Lonigo. 389 Pace Dorotea - Arena Po. 390 Pacotto D. Michele Can. - Giaveno.

391 P. Alessandro di S. M. Arcip. - Savona. 392 P. Lodovico da Colognola-Motta di Livenza. 293 Pansini D. Giuseppe Can. - Molfetta. 394 Pantaleone D. Vincenzo - Salerno. 395 Paoli Elena - Monticelli Fiorentino. 396 Paparelli D. Luigi Can. - Valmontone. 397 Papi D. Antonio Can. - Cortemaggiore. 398 Parato Comm. Teol. Felice - Torino. 399 Pardini Filomena - Lucca. 400 Parducci D. Domenico Can. - Pisa. 401 Parisini D. Ulisse - Bologna. 402 Parodi D. Domenico Rett. - Genova. 403 Parodi-Gandolfi Luigia - Genova. 404 Parravicini Luigi - Villincino. 405 Pasini Filomena - Scacciano. 406 Pavese D. Giovanni Arcip. - Cassine. 407 Pavoncelli D. Francesco - Vestena Vecchia. 408 Pelò Benedetto - Este. 409 Peleoni D. Pacifico Cara. - Apiro. 410 Polizzari D. Antonio - Coste di Treviso. 411 Pentore Maria - Viarigi. 412 Penzo D. Agostino - Loreo. 413 Perani D. Giuseppe Parr. - Siziano. 414 Peredotti D. Giuseppe Vic. For. - Cividale Alpino.

415 Persi D. Filippo Arcip.- Carezzano Inf. 416 Persiani D. Antonio Cara. - Sutri.

417 Personeni D. Pietro Vicario in S. Rocco - Milano.

418 Pessano P. Francesco - Chiavari: 419 Pez D. Michele - Carlino.

420 Piacenza D. Gioachino Arcip. - Piazzo. 421 Piaggio D. Giuseppe. - Genova. 422 Piancastelli Marina - Brisighella. 423 Piantino D. Giuseppe Prev. - Roasio. 424 Piccarelli D. Albino - Castelviscardo.

425 Piccinini D. Giuseppe Rettore - Forneglio Monferrato.

426 Pierazzoli D. Tommaso - Modigliana. 427 Piergiorgi Arcangelo - Bobbio.

428 Pignone D. Francesco Arcip. - Biestro. 429 Pinaglia D. Bartolomeo Capp. - Ceppo Morelli.

430 Pintarelli D. Massimino - Viarago (Tirolo). 431 Pirola Veronica - Grezzago. 432 Pistocchi D. Luigi Can. - Cesena. 433 Pizzuto D. Luigi Can. Arcid. - Castronovo. 434 Plati Giuseppe - Barzio.

435 Polini D. Vincenzo Parr. - Fiume di Val Sant'Angelo.

436 Pollo Maria - Luserna.

437 Pontecchi D. Francesco Econ. Parr. - Monco. 438 Pontiggia D. Pietro Dott. Can. - Milano. 439 Ponzo Gio. Battista - Castelnuovo Calcea. 440 Porcu-Contini Antonia - Isili. 441 Porpora D. Antonio - Salerno. 442 Porta Annunziata - Acqui. 443 Pozzi Agostino - Mazzo Valtellina. 444 Prato Giuseppe - Torino. 445 Preto D. Giuseppe - Treviso.

446 Proch D. Cirillo - Canal S. Rovo (Tirolo). 447 Pronino Maddalena - Torino. 418 Puatto Gaetano - Este.

449 Quarelli Emilia - Torino.

450 Queirolo D. Cesare Arcip. - Vada. 451 Rabino Giovanni - Gorrino.

452 Rabino D. Placido Arcip. - Ceresole. 453 Ragazzo Martino - Orsara Bormida. 454 Rainaldi D. Ottone Can. - Treia. 455 Raiteri Giovanni - Lu Monferrato. 456 Ramati Claudina - Rovescala.

457 Ratti D. Antonio Arcip. - Travazzano. 458 Raverta D. Giuseppe Arcip. - Sommo. 459 Recalenda D. Giov. Maria Prev. - Costigliole.

460 Reggiani Mons. Luigi - Nonantola.

461 Renzi D. Celestino Arcip. - Campo Cavallo. 462 Riccati-Ceva Contessa Adele n. Della Chiesa - Saluzzo.

433 Ricciardelli D. Arcangelo - Fisciano.

464 Riggi Maria fu Salvatore - Villalba. 465 Righetti Giuseppe - S. Floriano.

466 Righini di S. Giorgio Carolina - Fossano. 467 Rigon D. Domenico - Conscio. 468 Rigoni D. Matteo - Gagnola (Padova). 469 Minando D. Domenico - Brondello. 470 Riva D. Antonio Parr. - Coseano. 471 Riva Giovanni - Barzio. 472 Rizzi D. Bortolo Arcip. - Malanno. 473 Roberti D. Luigi Can. - Alessandria. 474 Rocco D. Luigi - Quadra. 475 Rodella Rosa - Gottolengo. 476 Roggero Dottor Gaetano - Incisa Belbo. 477 Roletti D. Antonio Priore - Baio (Torino). 478 Romei D. Luigi Rett. - Piazzana (Firenze). 479 Ronchi D. Pietro Vic. For. - Iseo. 480 Rossi Luigia - Rivarolo Canavese. 481 Rossi Luigia - Schio.

482 Rossi Cttier. Severino - Bobbio.

483 Rossi D. Teodoro - La Fossa (Parma). 484 Rossi D. Giuseppe Rett. - Scopolo.

485 Rossi Suor Maria Giuseppa - Occimiano. 486 Rossi P. Giuseppe - Cormons (Austria). 487 Rossi Chier. Luigi - Vigevano.

488 Rostagno D. Giovanni Battista - Torino. 489 Rotter D. Luigi - Rodeano. 490 Rovera Maria fu Giovanni - Moscicieres. 491 Ruggeri D. Emidio Can. - Roma, 492 Sacchi D. Carlo Arcip. - Vidigulfo. 493 Sagese D. Giuseppe - Cagnano Varano. 494 Saldarini Enrichetta - Como. 495 Salotti Teresa - Modena.

496 Salvagnini D. Giov. Batt, - Bagnoli di Sopra.

497 Salvatori D. Gregorio Parr. Vic. For. - Scorzano.

498 Salvetti Giuseppe - Verona.

499 Sanna Francesco Rag.e - Iglesias.

500 Santanera D. Giuseppe Prev. S. Aiolo - Asti.   (Continua).