BS 1880s|1884|Bollettino Salesiano Gennaio 1884

ANNO VIII. N. 1.   Esce una volta al mese.   GENNAIO 1884.

BOLLETTINO SALESIANO

Direzione nell' Oratorio Salesiano. - Via Cottolengo, N. 32, TORINO

SOMMARIO. Lettera di D. Bosco ai Cooperatori - La festa e la conferenza di S. Francesco di Sales - Lettera delle Cooperatrici di Acqui - La Chiesa e la festa di S. Giovanni Evangelista in Torino - Recente guarigione di un moribondo per invocazione del Sacro -Cuore di Gesù - Notizie della Patagonia - Storia dell' Oratorio di S. Francesco di Sales - Il Vescovo del Parà ed un suo discorso - La Patagonia e le terre Australi del Continente Americano - Bibliografia - Elenco di Cooperatori e Cooperatrici defunti nel 1833 - Il Conte Edoardo Mella - Annunzi.

LETTERA DI D, BOSCO AI COOPERATORI.

BENEMERITI COOPERATORI E BENEMERITE COOPERATRICI,

Sia benedetto il Signore. Sono. queste le parole, che prime mi corrono sulla penna nello scrivere questa lettera. Sia benedetto il Signore , per le molte grazie che ci ha concesse , ma soprattutto per averci conservati in vita sino a questo giorno. Sono milioni di persone che nell' anno ora spirato scomparvero dalla scena del mondo , da Dio chiamati alla vita eterna. Quasi 600 degli stessi nostri Cooperatori e Cooperatrici dovettero ancor essi pagare questo doloroso tributo. In mezzo a tanti funerali noi invece siamo ancora in vita. Oh ! sia benedetto il Signore, che per sua bontà e misericordia ci ha fin qui risparmiati : Misericordia homini quia non sumus consumpti.

La misericordia del Signore ebbe un gran fine nel conservarci in vita. Iddio vuole che

noi lavoriamo seriamente a promuovere la sua gloria e il bene delle anime. Vuole che facciamo delle opere buone mentre siamo in tempo : Dum tempus habemus operemur bonum, dice s. Paolo.

Per la qual cosa, nel cogliere la presente occasione per darvi un breve ragguaglio delle cose fatte nell' anno ora decorso , io intendo massimamente di accennarvi alcune opere importanti, che aspettano compimento da noi ; dirvi poscia i mezzi , ai quali dovremo appigliarci per condurle a termine.

Opere compiute nell'anno passato.

Per amor di brevità non mi fermo a passare minutamente in rassegna le opere, compiute col vostro concorso nell'anno passato , perché ne venne già fatta speciale menzione nel Bollettino Salesiano. Tuttavia, affinché le vediate come in un sol colpo d'occhio, ne ricorderò qui alcune princìpali. Il restauramento della cartiera nel paese di Mathi, stata due anni sono distrutta per un grave ed improvviso infortunio ; l'impianto di una nuova casa nel paese medesimo ; il compimento della nuova tipografia con 9 macchine, e di parecchi altri laboratorii al lato destro della Chiesa di Maria Ausiliatrice in Torino, già pieni di giovanetti artigiani ; l' incominciamento della fabbrica per l' Ospizio di S. Giovanni Evangelista nella città medesima presso a quello dei protestanti; gli ampliamenti dell' Ospizio in Firenze e delle Scuole Salesiane nella città di Spezia ; l' apertura di un' altra Casa di educazione nelle vicinanze di Marsiglia; la fondazione dell' Ospizio di Santa Rosa a Nictheroy presso la capitale dell' impero del Brasile ; la inaugurazione al divin culto di una bella Chiesa pur dedicata a Maria Ausiliatrice nella città di Buenos Aires; le varie esplorazioni intraprese, le conversioni ottenute , i battesimi amministrati a più centinaia di selvaggi nella Patagonia ; soprattutto poi la spedizione di Missionarii per quelle estreme regioni della terra, compiutasi solo nello scorso novembre , la più numerosa delle sei effettuatesi dal 1875 in qua, sono tutte opere, alle quali nell'anno decorso consacrarono le loro sollecitudini i Salesiani.

Nulla poi dico delle Case aperte dalle Suore di Maria Ausiliatrice a pro delle fanciulle , come quella di Villarboit nel Vercellese, di Borgo Cornalense presso Villastellone e di Cesarò in Sicilia ; nulla delle 200 e più proposte per nuovi Istituti da aprirsi non solo in Italia , in Francia ed in varie parti dell'Europa, ma sin nelle Indie, nella Cina , nel Giappone e nelle più lontane isole dell' Oceania ; proposte tutte, alle quali con amaro rincrescimento abbiamo dovuto rinunziare per mancanza di personale.

Alla considerazione di questo e di altre opere consimili , noi dobbiamo ringraziare di cuore il buon Dio dell' alta benevolenza e protezione accordataci ; ma nel tempo stesso io non posso quì dimenticare di volgere ancora una parola di riconoscenza e di gratitudine a voi , o benemeriti Cooperatori e benemerite Cooperatrici , che più volte e in più guise , quali fortunati strumenti nelle mani del Signore, ci veniste in aiuto colla vostra carità, senza la quale non avremmo certamente potuto fare tutto quello, che abbiamo fatto.

Opere da compiersi nel 1884.

Lasciando a parte quanto col divìno aiuto si è operato nell'anno decorso, veniamo a quello, che ci resta a fare per l'anno corrente. Io mi limito a segnalare le opere più importanti, e che devono stare a cuore di tutti.

La prima è l'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma. La Chiesa, come sapete, si trova già a buon punto e in quest' anno speriamo di poterla inaugurare o tutta o almeno in gran parte al divin culto. Ma quella , a cui è ora necessario di porre la mano, è la fabbrica di una Casa di carità e di beneficenza , capace di accogliere almeno 500 giovanetti ; Casa che deve sorgere accanto alla Chiesa medesima.

A centinaia e a migliaia sono oggidi i poveri fanciulli , che vagano per le vie e per le piazze di Roma , in pericolo della fede e del buon costume. Come già vi faceva notare in altre occasioni , molti giovanetti o da soli o colle loro famiglie si recano in detta città non soltanto dalle varie parti dell' Italia , ma eziandio da altre nazioni, colla speranza di trovare lavoro e danaro ; ma delusi nella loro aspettazione cadono ben presto nella miseria e nel rischio di mal fare, e per conseguenza di essere condotti a popolare le prigioni. Altri poi e della città e forestieri per la miseria sono esposti quotidianamente al pericolo di cadere nelle mani de' protestanti, che hanno, per così dire, invasa la città di S. Pietro, e tendono specialmente i loro agguati ai giovanetti poveri e bisognosi, e sotto il colore di porgere loro l' alimento e le vesti del corpo, propinano invece alle anime loro il veleno dell'errore e dell'incredulità.

Or bene l'Ospizio del Sacro Cuore di Gesù avrebbe per iscopo di ricoverare giovanetti poveri e abbandonati, provenienti da qualsiasi città d'Italia o di altro paese del mondo, educarli nella scienza e nella religione , istruirli in qualche arte o mestiere, e così allontanarli dal vestibolo delle prigioni, ridonarli alle loro famiglie e alla civile società buoni cristiani, onesti cittadini, capaci di guadagnarsi onorato sostentamento colle proprie fatiche.

Quest' Ospizio sta molto a cuore al Santo Padre Leone XIII , il quale , mentre con apostolico zelo si adopra per dilatare la fede ed il buon costume in ogni parte del mondo , lascia nulla d' intentato in favore dei fanciulli più esposti ai pericoli. Quest' Ospizio deve quindi stare a cuore a tutte le persone , che amano la religione e la società ; deve stare a cuore soprattutto ai nostri Cooperatori e alle nostre Cooperatrici, a cui in modo speciale il Vicario di Gesù Cristo affidò il nobile incarico e dell'Ospizio medesimo e della Chiesa annessa.

Possiamo eziandio ritenere per certo che tale Ospizio sarà ben gradito al Cuor di Gesù , così amante della tenera età. Nella vicina Chiesa il divin Cuore sarà il rifugio degli adulti , e nell' Ospizio attiguo si mostrerà l' amico amorevole, il tenero padre dei fanciulli. Egli, come già una volta nelle città della Palestina e soprattutto nell' antica Gerusalemme, avrà in Roma ogni giorno un drappello di 500 fanciulli a fargli divota corona, a pregarlo , a cantargli osanna , a domandargli la santa benedizione. Chi conosce il Vangelo non potrà a meno di persuadersi che questo Ospizio abbia da tornare carissimo al Cuore di Gesù. Anzi questo dolcissimo Cuore ha già per lo avanti concesse, e continuerà certamente in avvenire a spandere copiosissime e segnalate grazie sopra tutti coloro, i quali concorreranno all' innalzamento di quel ricovero della fanciullezza e della pericolante gioventù.

Vicariato e Prefettura apostolica nella Patagonia.

Ad un'altra opera di grande importanza dovremo mettere mano in quest' anno medesimo. Con Breve del 16 scorso novembre il Santo Padre Leone XIII erigeva un Vicariato apostolico ed una Prefettura apostolica nella Patagonia. Il Vicariato comprende per ora la Patagonia settentrionale e la centrale ; la Prefettura comprende tutta la Patagonia meridionale, la Terra del Fuoco e le isole adiacenti. Forse il Vicariato e la Prefettura formano una estensione quasi uguale all'Europa.

La stessa Santità Sua con altro Breve del 20 di detto mese aveva poi la degnazione di affidare il Vicariato al Teologo Don Giovanni Cagliero , e la. Prefettura al Sacerdote D. Giuseppe Fagnano, il quale già si trova in Patagonia da 4 anni. Il Teologo Cagliero vi si recherà tra non molto da Torino, accompagnato da un numero sufficiente di evangelici operai. Sono quindi due vastissime diocesi , che il Vicario di Gesù Cristo creava di pianta, di cui poneva il peso dell'amministrazione sulle spalle dei Salesiani e dei loro Cooperatori.

Ora questa pontificia disposizione richiede da noi opere di una portata immensa. Tra le altre richiede l' immediato invio di ben 12 Sacerdoti in quei luoghi ; richiede la fabbricazione di chiese nei varii punti del Vicariato e della Prefettura ; richiede arredi sacri per la celebrazione dei divini misteri ; richiede l' apertura di Seminarii per lo studio dei chierici, di catecumenati per l'istruzione degli adulti e di Ospizi pei fanciulli ed altri per le fanciulle dei selvaggi ; richiede mezzi di ogni genere per la erezione degli edifizii e pel mantenimento dei ricoverati, e tutto ciò in paesi, nei quali non è ancora attivato il commercio e si difetta di tutto.

Mezzi a cui ricorrere.

Tralascio più altre opere , delle quali avremo da occuparci nel corso dell' anno , perché le opere sopraccennate bastano esse sole per eccitare il nostro zelo. Credo invece più opportuno l' esporvi il modo, con cui fo conto di ricorrere alla piccola beneficenza e così non istancare di troppo la vostra carità. Una lotteria di piccoli doni, comunemente detta di oggetti , verrà attivata in Roma, e se ne farà la pubblica esposizione nel sito, dove comincieremo la costruzione dell'Ospizio. Questa lotteria sarà cominciata quanto prima, e perciò fin d'ora a voi mi raccomando per due atti di carità, o benemeriti Cooperatori e benemerito Cooperatrici. L'uno è da praticarsi tosto, e l'altro di qui a non molto. Il primo atto di carità si è che vogliate avere la bontà di cercare presso di voi o presso dei vostri conoscenti oggetti o doni per la desìgnata lotteria, e spedirli allo scrivente in Torino, oppure al Sac. D. Francesco Dalmazzo Parroco del Sacro Cuore di Gesù a Roma. Serve qualsiasi dono, anche di poco prezzo, perché se un oggetto non sarà di grande valore si unirà con altri per formare un premio solo. L'invio dei doni è un atto di carità di molta importanza ; imperocchè quanto più numerosi saranno i premii e quindi più alto il loro valore totale, altrettanto saranno più numerosi i biglietti che saremo autorizzati a smaltire. Il secondo atto di carità, di cui vi prego , consiste nell' aiutarmi poi a distribuire tra il popolo i biglietti della lotteria e ritirarne il prezzo. Da me potrei fare ben poco; onde mi confido tutto nella vostra efficace cooperazione. Il Bollettino Salesiano annunzierà poi quanto sia da farsi e per l'invio e per lo spaccio dei biglietti.

La ricompensa del Signore.

Se noi lavorassimo per un padrone povero e poco disposto a ricompensare i nostri sacrifizi, avremmo qualche speciosa ragione di andare anche noi a rilento nelle opere nostre ; ma fortunatamente lavoriamo per un padrone ricchissimo , pel padrone del Cielo e della terra, per un padrone che può e che vuole darci una mercede , un premio grandissimo : Merces magna nimis. La ricompensa che ci dà in questo mondo consiste nel centuplo di quanto avremo fatto per lui : Centuplum accipietis; e nell' altro mondo consiste nella vita eterna .

Et vitam aeternam possidebitis. E che cosa sarà mai questo centuplo nella vita presente? Sono tutte le grazie, tutte le benedizioni spirituali e temporali, che Dio suole accordare nella vita mortale. Sono per es. la conservazione della sanità , la guarigione dalle malattie , la prosperità dei negozi temporali, la preservazione dalle disgrazie, la buona educazione della figliuolanza ; sarà la pace e l' armonia nella famiglia , sarà una vita più lunga , sarà la perseveranza nella grazia di Dio , sarà la comodità di ricevere i santi Sacramenti e cosi fare una buona morte e via dicendo. -- Ma questa ricompensa e questo premio, quantunque prezioso , è sempre piccolo in confronto di quello, che il Signore ci darà dopo la vita mortale ; premio ché è la vita eterna, vale a dire il Cielo, il Paradiso, la pienezza di una felicità interminabile.

Nessuno poi ha da perdersi di coraggio, pensando forse che questo premio in questa o nell' altra vita Iddio lo conceda soltanto a coloro , i quali avranno fatte per lui opere grandi e portentose ; imperocchè egli lo ha promesso a quelli eziandio, che non potendo altro avessero dato per amor suo anche solo un bicchiere d' acqua fresca. Il divin Salvatore lodò con grande compiacenza l'offerta di una povera vedova, che aveva dato pel decoro del tempio di Gerusalemme duo minuta, vale a dire due monete da nulla , diremmo due quattrini , due centesimi.

Facciamoci dunque animo, e tutti d' accordo consacriamo per la gloria di Dio e per la salute delle anime la nostra vita, e quanto le proprie sostanze ci permettono; poi con fiducia invochiamo da lui le grazie, che ci sono necessarie ed utili e pel corpo e per l'anima, e proveremo come il Signore sia ricco e generoso verso coloro, che lo invocano : Dives in omnes, qui invocant illum.

Siccome le opere, delle quali vi ho parlato , riguardano in modo speciale il culto dei Sacro Cuore di Gesù, cosi io spero che il divin Salvatore prepari delle grazie molte per tutti quelli, i quali vi prenderanno parte.

Già altra volta vi furono esposte le promesse, che nostro Signor Gesù Cristo fece alla Beata Margherita Alacoque in favore di quelle persone , che avessero cooperato a promuovere la divozione al suo Sacratissimo Cuore, promesse di grazie e di benedízioni spirituali e temporali; onde qui mi limito solo a ricordarvi che Gesù ha sempre mantenuto la sua parola. Pel tempo passato ne abbiamo la prova nelle moltissime grazie, già ottenute da tanti suoi divoti, delle quali vi saranno pur date dì quando in quando relazioni nel Bollettino; e per l' avvenire ne potrete fare la esperienza voi medesimi (1).

Preghiere e conclusione.

Ora che vi ho parlato dei mezzi da adoperare, conchiudo questa mia lettera, coll'assicurarvi che tutti i Salesiani pregheranno per voi e per le vostre famiglie. Per voi pregheranno le Suore di Maria Ausiliatrice ; pregheranno i giovanetti ricoverati nelle nostre Case, rendendovi così il contraccambio di quella carità, che loro fate colle vostre limosine ed oblazioni; pregheranno per voi anche i nuovi convertiti della Patagonia, che voi cooperate a togliere dalle vie di perdizione, dalle tenebre della idolatria , e a richiamare nell'ammirabile luce della fede. Per voi tutti mi farò dovere di pregare ogni giorno nella santa Messa; pregherò che Dio vi prosperi nelle cose spirituali e nelle cose temporali; tenga lontana da voi e dai vostri cari ogni sorta di disgrazia ; vi conceda ancora molti anni di vita felice, e quando giunga per voi il tempo di partire per la eternità, Maria, la nostra celeste benefattrice , vi assista , vi conforti e vi accompagni al possedimento di quei veri beni, che il mondo non ci potrà più rapire.

Dio ci benedica e ci conservi tutti nella sua santa grazia ; e vogliate anche voi pregare per me, che con gratitudine grande vi sarò sempre in nostro Signor Gesù Cristo

Di Voi, Benemeriti Cooperatori e Benemerite Cooperatrici,

Torino, il primo giorno dell'anno 1854.

Obbl.mo Servitore

Sac. GIOVANNI Bosco.

(1) Affinchè i lettori rinfreschino meglio la memoria delle promesse fatte da Gesù Cristo ai promotori della divozione all'amabilissimo suo Cuore, ne riferiamo nuovamente le principali in questa nota.

Esse sono

I. Io darò loro tutte le grazie necessarie pel proprio stato.

II. Metterò la pace nelle loro famiglie.

III. Li consolerò in tutte le loro afflizioni.

IV. Sarò il loro asilo sicuro in vita e specialmente in morte.

V. Spargerò abbondanti benedizioni sopra le loro imprese.

VI. I peccatori troveranno nel mio cuore la fonte e l'oceano infinito della misericordia.

VII. Le anime tiepide s'infervoreranno.

VIII. Le anime fervorose giungeranno rapidamente ad una grande perfezione.

IX. Io benedirò le case dove l'immagino del mio Divin Cuore verrà esposta ed onorata.

X. Darò ai sacerdoti il dono di commuovere i cuori più induriti.

XI. Le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, e non sarà cancellato giammai.

LA FESTA E LA CONFERENZA di S. Francesco di Sales.

Il 29 di questo mese, giorno di martedì, occorre la festa del glorioso nostro patrono , del dottore S. Francesco di Sales. E tanta la divozione che i Cooperatori e le Cooperatrici nutrono verso di lui, che ogni anno sogliono celebrarne la festa con solennità particolare; anzi in certi luoghi i Parrochi da loro coadiuvati ne avvertono i fedeli in pubblico, indi si canta la Messa, si tessono le lodi del Santo, s' imparte la benedizione col SS. Sacramento, e per tal modo non solamente si onora S. Francesco e se ne procaccia la protezione , ma si fa ancora un gran bene a tutto il popolo, proponendogli un modello da imitare.

Pertanto noi esortiamo i nostri Cooperatori e le nostre Cooperatrici a fare quanto é in loro potere, affinchè il giorno di S. Francesco di Sales sia distinto in particolar modo tra tutti gli altri. Procurino essi pei primi di accostarsi ai Sacramenti della Confessione e della Comunione, e di ascoltare la santa Messa in onore di lui, inducendovi eziandio quelli della loro famiglia. Preghiamolo soprattutto che ci ottenga da Dio la carità e la mansuetudine, di cui era così bene adorno. Queste sono le due virtù, le quali più che ogni altra ci guadagnano la benevolenza di Dio e quella degli uomini, secondo le parole del divin Salvatore che disse : Beati i mansueti, perché possederanno la terra; vale a dire possederanno non solo la terra dei viventi, che è il Cielo , ma eziandio il cuore degli uomini, con cui trattiamo in questa terra di esiglio.

Facciamo poi umile preghiera ai signori Capi e Decurioni, che nella stessa occasione vogliano raccogliere a Conferenza i proprii Cooperatori e le proprie Cooperatrici, a norma del Regolamento, sia per acquistare il tesoro spirituale della Indulgenza plenaria, sia per trattare di quegli argomenti, che giudicheranno più conducenti al benessere della religione , e al vantaggio dell' umile Società di S. Francesco di Sales.

Fra le opere da raccomandare non si dimentichi l' Ospizio del Sacro Cuore di Gesù in Roma. Le offerte, che si faranno nella Conferenza , saranno devolute alle prime spese per l' incominciamento del designato Ospizio.

A fine di dare maggior comodità ad intervenire alla Conferenza, questa si potrebbe tenere nella domenica innanzi alla festa di S. Francesco, cioè nel giorno 27.

In Torino per altro ella avrà luogo il giorno 31 nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista : e ne daremo speciale avviso ai Cooperatori della città e di sue vicinanze.

LETTERA DELLE COOPERATRICI DI ACQUI.

Le Cooperatrici della città di Acqui, coadiuvate e dirette da uno zelante Decurione , si mostrano animatissime a favore delle opere salesiane , che riguardano come proprie. Esse tengono fedelmente le due Conferenze annuali prescritte dal Regolamento , e nei bisogni straordinarii si raccolgono eziandio straordinariamente. Così fecero per l' appunto nell' occasione, che dovevano partire i Missionarii per la Patagonia, ed ebbero la bontà di spedirci il loro obolo, che ci tornò opportunissimo, per sopperire alle grandi spese di quella sacra spedizione. Le caritatevoli Cooperatrici accompagnavano la loro offerta con una graziosa lettera, che qui pubblichiamo a comune edificazione.

Acqui, 6 ottobre 1883.

REv.mo D. Bosco,

E tempo oramai che le sue Cooperatrici Salesiane Acquesi Le diano una piccola testimonianza della loro devozione e della parte vivissima , che esse prendono alle grandi e sante opere sue.

Dopo l' ultima volta che abbiamo avuto la bella sorte di inviarle la nostra piccola offerta, fatta nella Conferenza del giorno di Maria SS. Ausiliatrice , sebbene abbiano ancora avuto luogo tre adunanze, non si fece più nessuna colletta, essendoci in esse, per deliberazione del Rev.mo nostro Direttore , occupate di altre cose.

Ieri però, con nostra grande soddisfazione, ebbe luogo la Conferenza, ed in essa il prelodato nostro Direttore rivolse le sue fervide parole a coltivare ed eccitare nei nostri cuori l' amore e lo zelo per le opere del nostro carissimo Superiore, D. Bosco. Egli ci parlò della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù in Roma, ci parlò della spedizione dei Missionari, e ci fece conoscere come anche noi siamo chiamate dal Signore ad essere strumenti spirituali e materiali di così alte imprese.

E certamente questo un bell' onore per noi , giacchè il Signore che potrebbe in un istante , nella sua infinita potenza , procurare da sè ogni cosa per l' adempimento di tali opere , si degna invece di chiamare in aiuto le sue povere creature e le onora , richiedendo all' uopo la loro debole cooperazione.

Accolga dunque, Rev.mo D. Bosco , la nostra piccola offerta, e possa essa portar seco il merito di quella della vedova evangelica.

Intanto La preghiamo di benedirci tutte, mentre umilmente ci protestiamo sue

Dev.me ed Ubb.me

COOPERATRICI SALESIANE.

LA CHIESA E LA FESTA di S. Giovanni Evangelista in Torino.

La Chiesa di S. Giovanni Evangelista, alla cui erezione efficacemente contribuirono i Cooperatori e le Cooperatrici di S. Francesco di Sales , presenta in ogni giorno festivo un gradito spettacolo di religione e di fede. Dal suono dell'Ave Maria del mattino sino al suono dell' Ave Maria della sera si può dire che le sacre funzioni non s'interrompono, e ad ognuna prende parte una folla immensa di popolo. Dal mattino per tempo sino a mezzogiorno essa è gremita di fedeli, che si rinnovano ad ogni ora per ascoltare la santa Messa; e nelle ore pomeridiane vi trae la gente per due altre funzioni analoghe ; la prima dall'una alle due ; la seconda dalle tre alle cinque.

La prima funzione pomeridiana consiste in una religiosa istruzione di circa mezz'ora, preceduta dalla recita della terza parte del Rosario, cotanto raccomandato dal Santo Padre Leone XIII, e susseguita dalla Benedizione col SS. Sacramento. Detta funzione fu stabilita da un'ora alle due, a fine di porgere comodità di udire la parola di Dio e di santificare il giorno festivo a coloro, i quali non possono intervenire alle istruzioni e pratiche di pietà, solite a tenersi nelle parocchie in ora più tarda; come pure di dare agio ai membri di una stessa famiglia diavvicendarsi nell' assistere alle medesime , senza abbandonare assolutamente la casa, né interrompere le occupazioni indispensabili. Ne approfittano ogni festa più centinaia di persone, le quali vanno crescendo in numero di mano in mano che la religiosa pratica viene a conoscersi dalle famiglie Torinesi.

La Chiesa poi non è ancora interamente sgombra di questi fedeli, che già le campane ne chiamano altri alla seconda funzione , alla quale accorreno non meno numerosi e frequenti ; anzi in alcune solennità a quell' ora è tanta la calca di popolo, specialmente degli uomini, che il vasto tempio si fa incapace di contenerli tutti.

Di uno spettacolo così consolante Torino fu pure testimonio il giorno 27 dell'ora scaduto dicembre, in cui si celebrava la festa titolare dell'Apostolo ed Evangelista S. Giovanni. Sua Eminenza Revma, il Signor Cardinale Gaetano Alimonda, nostro veneratissimo Arcivescovo, aveva la bontà di andarvi a celebrare la santa Messa verso le 8 del mattino, e distribuire il Pane degli Angeli. Quantunque giorno feriale, tuttavia gli accorsi furono in sì gran numero, che la sola Comunione durò per quasi un'ora. Siccome poi dalla pienezza del cuore parla la bocca, così l'Eminentissimo Cardinale, caldo l' animo di santi affetti, li comunicò al suo diletto popolo , volgendogli brevi, ma fervide parole in preparazione all' atto sublime. Coll' accento di un padre amorosissimo egli svolse alcuni santi ed opportuni pensieri , di cui non sappiamo dare qui che una sfumatura.

« Quanto é mai dolce e consolante, Ei disse, miei cari figliuoli, il fare la Comunione in questo giorno, sacro all'Apostolo dell'amore, e in questa Chiesa, che un servo di Dio erigeva in onore di lui! Voi sapete che S. Giovanni Apostolo ed Evangelista, di cui oggi celebriamo la festa, ebbe nell' ultima cena la felicissima sorte di posare il suo capo sul petto di Gesù. Or bene questa sorte è pur concessa a voi che vi comunicate. E per verità che cosa è il fare la Comunione, se non posare il nostro capo sul cuore di Gesù, stringerlo all'anima nostra, fare una cosa sola con Lui? Accostatevi pertanto a Lui con viva fede , accendete nel vostro cuore un vivo desiderio di riceverlo, venite con quelle disposizioni che vi apportava il discepolo prediletto, e questa Comunione sarà pure per voi una sorte felice, e produrrà nei vostri cuori mirabili effetti.

» E che cosa faceva S. Giovanni in quel momento sul Cuor di Gesù? - Non dormiva già, ma imparava a conoscere vie meglio che Gesù Cristo, Verbo incarnato, è Dio, coeterno ed eguale al Padre , e con lui creatore del Cielo e della terra. E di questa sublime e divina cognizione egli ne diede prova in tutta la sua vita, nella sua predicazione, nei suoi scritti; ne diede prova luminosissima soprattutto nel Vangelo che ne scrisse. - Sul petto di Gesù S. Giovanni si accendeva ognora più nell'amore verso di Lui, e proponeva di seguirlo sino alla morte; e mantenne la parola. Nel tempo della passione gli altri Apostoli fuggirono, abbandonando il divin Maestro; ma Giovanni non lo abbandonò, e insieme con Maria Vergine e colla Maddalena lo accompagnò fino al Calvario, e vi rimase intrepido sino alla fine.

» Noi dobbiamo imitare S. Giovanni , o miei cari figliuoli; e perciò come lui nella Comunione dobbiamo imparare a sempre meglio conoscere Gesù, ad amare e praticare la sua religione, a farla amare e praticare ancora dagli altri e colla parola e coll'esempio ; dobbiamo in modo speciale confermarci nella importante verità di fede che Gesù non è solamente vero uomo, ma che é vero Dio, verità che oggidì i nemici della religione vorrebbero strapparci dal cuore. - Noi dobbiamo eziandio imitare S. Giovanni nel tenerci con Gesù in ogni tempo e in ogni luogo. Ai giorni nostri vi sono molti che lo abbandonano ; chi lo abbandona per interesse, chi lo abbandona per rispetto umano. E dove sono i Giovanni? dove sono le Marie e le Maddalene, che gli tengano dietro, che affrontino i disprezzi, che salgano con Lui sino alla cima del Golgota? Siate voi i Giovanni, siate voi le Marie e le Maddalene , o miei cari figliuoli. Prometteteglielo, giurateglielo, ed allora la vostra Comunione sarà consolante, fruttuosa e santa, sarà una Comunione, che vi farà gustare un saggio prelibato del Paradiso. »

Durante la Comunione i giovani musici dell'Oratorio di S. Francesco di Sales cantarono varii mottetti; e nella Messa il maestro Giuseppe Dogliani eseguì sull'organo una bella suonata, composta appositamente per quella circostanza dal Cav. Arrigo, organista della Chiesa di S. Carlo in Torino.

L'Eminentissimo, finita la Messa, accompagnato da D. Bosco passava poscia a visitare l' Oratorio di S. Luigi, e fù dolcemente sorpreso di vedervi una seconda Chiesa, frequentata ogni festa da circa 500 giovanetti della città. Egli degnavasi ancora di onorare di sua presenza il presepio, che i fanciulli avevano preparato pel Santo Natale in altra parte del luogo medesimo , ne ammirò e lodò la bellezza e disposizione, e volse ad un drappello di loro affettuosissime parole , insegnando che cosa dovevano fare per compiacere a Gesù Bambino, a fuggire cioè il peccato. Ad alcuni del Clero, che erano presenti, non pareva possibile che un uomo, solito a parlare ai dotti con tanta erudizione, sapesse in pari tempo abbassare il suo dire da farsi intendere sin dai fanciulli più teneri; eppure è così, imitando egli nostro Signore, il quale esponeva e faceva capire ai più semplici le cose più sublimi: Et cum simplicibus sermocinatio eius. Sua Em. Revma ritornava all' Arcivescovato verso le ore 10, fatta segno ad atti di grande venerazione ed amore per parte del suo diletto popolo.

La festa proseguì tutto il giorno con grande solennità e molto concorso di fedeli. La Messa fu cantata da Mons. Stanislao Schiapparelli, che vi aveva pur predicato con frutto nella novena. Fu eseguita con molta perfezione la musica del Maestro Cherubini dai giovani dell'Oratorio Salesiano; alcuni musici della città vi si prestarono eziandio con benevolenza. Alla sera cantati i vespri in musica, il molto Rev.do Canonico Venck disse da pari suo un forbito discorso ad onore del Santoe infine Sua Eccellenza Rev.ma. Mons. Emiliano Manacorda Vescovo di Fossano, che aveva pur voluto onorare quel giorno colla sua presenza, impartiva la trina Benedizione col Venerabile. La Chiesa stivata di gente ed illuminata a gaz pareva l'anticamera del Paradiso , ed eccitava in ogni cuore sentimenti di pietà, di religione e di fede.

Sia pertanto ringraziato Iddio per tutto il bene che si è fatto, e che si va facendo nella Chiesa di S. Giovanni Evangelista; siano ringraziati tutti quei benevoli, che ci hanno dato e che ancora ci danno la mano nell'operarlo ; e sia in questa occasione in modo speciale ringraziata la nobile Priora di detta festa , la Ill.ma Signora Contessa Carlotta Callori, la quale lodevolmente s'impegnò che la solennità riuscisse ordinata e splendida.

RECENTE GUARIGIONE Dl UN MORIBONDO per invocazione del S. Cuore di Gesù.

Il nostro Collegio -Convitto di Alassio, sullo scorcio dell' anno poc' anzi spirato, fu spettatore della consolante e straordinaria guarigione di un allievo, dopo invocazione al Sacro Cuore di Gesù. Riceviamo del fatto minuta relazione in una lettera, che ci scrisse il Prof. D. Francesco Cerruti Direttore dell'Istituto, e qui la pubblichiamo, avvertendo che intendiamo di ottemperare , così in questa come in ogni altra consimile pubblicazione, che facessimo nel corso dell'anno, ai Decreti emanati in proposito dalla Santa Memoria di Urbano VIII. Ecco la lettera:

Alassio 28 dicembre 1883. » AMATISSIMO SIG. D. Bosco,

» Le scrivo col cuore consolato una notizia che riescirà pure a lei carissima. Ella ricorderà l'ultima mia lettera di pochi giorni sono, con cui le significava la malattia gravissima d' un egregio nostro alunno, certo Gentile Giulio da Tortorici, il dolore immenso che io ne sentiva , e come la guarigione sua la si attendesse solo da un miracolo del S. Cuore di Gesù per l'intercessione di quel caro nostro angelo, del chierico Zappelli, che il dì dell' Immacolata Concezione volava a far la festa di Maria in Paradiso. Ebbene la grazia fu conseguita , e quello che umanamento non si poteva sperare si ottenne in modo, che si può dire miracoloso. La S. V. ha dunque da sapere , che il giovane Gentile fu colpito il 14 corrente da febbre maligna violentissima, che durò senza intermissione alcuna, lo trasse in breve al delirio e ad una spossatezza estrema, che pronosticava una ben vicina morte. Furono adoperati tutti i rimedi dell' arte e gli si prodigò un' assistenza continua ed affettuosa di giorno e di notte. Il medico del Collegio lo visitava tre volte al giorno con la massima cura ed intelligenza, e martedì, 18, chiamavamo pure a consulta uno dei più celebrati medici liguri. Ma il male continuava, anzi si aggravava di più coll' aggiungersi d'una risipola alla faccia, la quale complicava la malattia e ne rendeva difficilissima la cura.

» Quello che io soffrissi in quei giorni Dio solo lo sa! La vista degli spasimi da cui era straziato quel caro giovane , il pensiero del dolore che ne provava l'ottimo suo padre, a cui facevamo noto ogni giorno l'andamento della malattia, mi opprimevano in modo tale , che davvero non so come non ne ammalassi. Ed è sotto questa impressione che io le scriveva mercoledì della settimana p. p. la mia dolorosa lettera. Vedendo svanire omai ogni umana speranza ricorsi al S. Cuore di Gesù, di cui siamo soliti far ogni anno una solennissima festa, ed a cui il giovane Gentile era particolarmente divoto , e lo esortai a porre tutta la sua fiducia in Lui, pregando e facendo pregare.

» La malattia intanto arrivava agli estremi. Confessato e comunicato con vera edificazione nei giorni innanzi l'infermo riceveva l'estrema Unzione. E poichè tutto omai rivelava in lui una prossima fine ed ogni momento pareva esser l'ultimo, D. Rocca, che lo assisteva colla più affettuosa cura e colla più squisita carità, aveva già cominciato le preghiere per la raccomandazione dell'anima. Questo stato di cose continuava il mercoledì, ed umanamente parlando non vi era dubbio alcuno che il moribondo non avrebbe più veduto l'alba del giovedì seguente. Erano le 9 1/2 pom. del mercoledì 19 corrente, ed io mi ritirava dopo le orazioni della sera nella mia camera, oppresso da una delle più profonde malinconie, che abbia mai provato in vita mia. Mi inginocchiai davanti al Crocifisso piangendo e pregando, ma pur troppo confesso la mia debolezza, la mia fede vacillava. Mi viene allora alla mente che nella camera vicina era spirato undici giorni innanzi il nostro chierico Zappelli. Mi alzo, percorro frettoloso il corridoio, vado al balcone che prospetta l' orto, e rivolto con gli occhi e le mani al cielo profondamente agitato esclamo : Dolce Zappelli , se sei in Paradiso dimostralo coll'ottenermi dal S. Cuor di Gesú, dì cui tu eri tanto divoto, la guarigione del caro Giulio. -Amatissimo Sig. D. Bosco, se io ricorreva al Zappelli in quel doloroso frangente vi era incoraggiato dal pensiero dell'angelica sua vita e della santa sua morte. Io non lo conobbi che per soli due mesi, quanti appunto ne passò in Alassio, ma in questo poco tempo ho potuto apprezzare la rara sua virtù, di cui qualche tratto a me particolarmente noto non dimenticherò finchè io viva. E certo possiamo dirlo uno dei fiori più vaghi, che la bontà del Signore abbia piantato nel giardino della nostra diletta Congregazione. Tenerissimo del Cuor di Gesù, la cui divozione aveva così ben appresa e coltivata nella Casa di S. Benigno, tale si mostrò sino alla morte. Gli si trovò ancora sotto il capezzale uno dei libretti della Pratica dei nove uffizi, che aveva poco prima ricevuto da un suo compagno di quella Casa.

» Ricorsi adunque a lui e non ricorsi invano. Il mattino seguente, giovedì, domandai ansioso e tremante notizie del Giulio, e seppi che aveva riposato alcun poco nella notte , e che il medico vi aveva trovato un sensibile miglioramento. Si temeva tuttavia che fosse il miglioramento che precede la morte , tanto era grave il suo stato , ma il miglioramento si mantenne e continuò. La febbre e la risipola si andarono a poco a poco scemando, tornava pieno ed intero l' esercizio delle facoltà intellettuali , che aveva già perdute , ritornò in una parola la vita. Cessato or ogni pericolo, cessata persin la febbre, l' allievo si va rinforzando felicemente di giorno in giorno. Lo possiam ormai chiamare il morto risuscitato.

» Ho già dato commissione per una lapide a Zappelli e stiamo preparando la relativa iscrizione. Io stesso coll' aiuto di Dio condurrò a suo tempo il Gentile Giulio a pregare sulla tomba di lui e a ringraziarlo dell'insigne favore ottenuto. Nel mese poi di giugno faremo la più solenne festa che ci sarà possibile all' amabilissimo Cuore di Gesù. E veramente abbiamo un motivo specialissimo di avere in Lui un'illimitata confidenza. L'aver voluto la Divina Provvidenza scegliere l' umile nostra Congregazione a suo principale strumento per l'erezione di una Chiesa monumentale al S. Cuore di Gesù nella Capitale del mondo cattolico mi è sempre parsa la cosa più consolante per un Salesiano. E come no , quando si pensa che questa così prodigiosa divozione, promossa in modo particolare da S. Francesco di Sales, propagatasi largamente per opera di una figlia della Visitazione, la Beata Margherita Alacoque , doveva ora ricevere come un suggello di sua consacrazione in un monumento innalzato per opera di una Congregazione, che del Salesio appunto prende il nome, e di questa divozione diventa come la custode e la depositaria nella città di Roma, Sede del Vicario di Gesù Cristo?

» Ma vedo che riesco troppo lungo. Accolga dunque i nostri più felici auguri, perchè il Signore ce la conservi ancora ad plurimos annos, e spanda copiosa la sua paterna benedizione sopra i suoi affezionati figli della casa di Alassio, e mi creda quale mi dico

Di Lei, mio buon Padre

» Dev.mo figlio in G. C.  Sac. FRANCESCO CERRUTI. 

NOTIZIE DALLA PATAGONIA.

Il nostro confratello D. Giuseppe Fagnano nel mese di Novembre ci mandava dalla Patagonia varie notizie. Egli invocava aiuto di confratelli , nel tempo stesso che questi salpavano dal porto di Marsiglia. A quest' ora ne avrà già saputo l' arrivo , e ne avrà goduto in cuor suo. Il suo gaudio si accrescerà , quando gli giunga eziandio la novella della erezione del Vicariato e della Prefettura Apostolica, e quando veda un drappello di altri Sacerdoti in suo soccorso. La sua lettera è del seguente tenore.

Patagones, 15 novembre 1553.. CAR.mo D. Bosco,

Il caro D. Costamagna m' ha dato notizie di Lei, della sua salute e dell' esito del suo viaggio, e mi fa aprire il cuore a tante belle speranze. Dio voglia che ci arrivi presto qualche rinforzo. La Patagonia , la conversione dei selvaggi , una colonia mista di selvaggi e di Cristiani , la civilizzazione insomma di questa regione deve attirare a sè gli sguardi dell' umile nostra Società di S. Francesco di Sales, come già la stella polare quei dei marinai. Finora si è potuto far poco per iscarsezza di personale , e perché mancano mezzi di sussistenza, case, chiese e scuole, tanto necessarie in questi paesi.

Ora è tempo di pensarvi seriamente. Il Governo mandò un centinaio di soldati a cercare selvaggi e già ne han tratti prigionieri circa trecento, dei quali cento furono mandati a Buenos-Aires. Ho visitato il loro capo o cacico , quando passavano a bordo del vapore Villarino: lo aveva incontrato qualche volta nelle mie missioni e sempre m' aveva rispettato. Manifestava il desiderio d'essere instruito e battezzato con tuttì i suoi , il che avrà potuto facilmente ottenere in Buenos-Aires, perché il vapore partiva subito, ed io non poteva assolutamente in sì breve tempo compire un tale ministero.

Adesso, se il Governo li lascia, sonvi altri duecento selvaggi, raccolti da due tribù di Charmatra e Pichalao, che si sono stabiliti sul piccolo fiume Valcheta , e che pensano di fissare le loro sedi , lasciando la vita nomade a cui erano dati. Don Domenico Milanesio è partito or sono quattro giorni per andarli ad istruire. Sono situati alla distanza di circa quattrocento chilometri. Il difficile si è che il povero Missionario deve percorrerne ben 140 senza acqua. Se per caso in questo frattempo non piove , non so come se la potrà cavare.

La scarsezza delle pioggie in tutta la Patagonia e la grande profondità , a cui si deve cercare l' acqua, è motivo della desolazione di questa terra. Si figuri che in un porto formato dalla penisola di S. Giuseppe , chiamato nella Geografia Baia Nuova e adesso col nome di Porto Fioca , si sta scavando un pozzo artesiano , ed alla profondità di 90 metri non s' incontra per anche l' acqua. Scaveranno ancora trenta metri e poi attenderanno istruzioni dal Governo.

In una piccola missione data sulle riva del fiume a duecento chilometri si amministrò il Battesimo a trentadue creature e si benedissero due matrimonii.

Caro D. Bosco, ieri compieronsi otto anni dacchè ho baciato la sua mano nel porto di Genova , e mi pare un secolo d'averla visto. Nutro un desiderio ardente di vederla, abbracciarla ancora una volta prima di morire. Chi sa se il Signore mi concederà la grazia di poterlo fare?

Con tutto il cuore Le auguro buone feste del S. Natale, buon fine e buon capo d'anno, pregandola a partecipare gli augurii a tutto il Capitolo della nostra Congregazione.

Ci prepariamo per la chiusura del mese di Maria, che sarà il giorno 8 Dicembre, e per gli esami finali , che comincieranno il giorno 17 del medesimo. Il 23 distribuiremo i premii ai ragazzi ed il 25 alle ragazze. Per la prima volta i nostri calzolai presenteranno i loro lavori, sui quali si giudicheranno i premii.

Accetti, carìssimo Padre, le felicitazioni di tutti i suoi figli in Gesù Cristo e mi creda

Suo Aff.mo Sac. GIUSEPPE FAGNANO.

STORIA DELL' ORATORIO DI S. FRANCESCO DI SALES

Parte seconda. CAPO XI.

Spine - Protesta - Primo incontro coi perquisitori - Beneficenza e malevolenza - Effervescenza nei giovani - Parole di D. Bosco - Angustie di Don Alasonatti - La sciarpa questurale e il Decreto di perquisizione - Burla fatta riparare - Indagini sulla persona - Il cestone e l' avvocato - Rivista della camera - Revisione delle lettere - Episodii - Le note dei debiti - Il Breve pontificio - I Bollandisti - La confessione - I brindisi - La fine - Opportuno incoraggiamento - Le condoglianze - L Armonia.

Abbiamo accennate le rose del 1860 ed ora ci tocca ricordare le spine. E spine per D. Bosco e per noi tutti furono i sospetti ingenerati nell'animo di alcuni uomini del Governo , che presso di noi esistesse un focolare di cospiratori contro lo Stato ; spine furono certi nemici occulti , certi vili delatori, i quali per entrare nelle grazie dei Ministri ed aprirsi la via ad onorati impieghi susurrarono loro alle orecchie che D. Bosco teneva segrete e compromettenti relazioni coi Gesuiti, coll'Arcivescovo Fransoni, col Cardinale Antonelli, col Papa Pio IX e perfino coll'Austria, allo scopo di seminare il malcontento tra il popolo e preparare una reazione contro al presente ordine della pubblica cosa. Si giunse persino a dare ad intendere che nell'Oratorio vi aveva una camera piena dì fucili, onde in data circostanza armare i giovani contro

il Governo ; ma evidentemente i delatori avevano presa la camera delle pagnotte per quella delle armi. Spine furono le perquisizioni sulla persona e nell'abitazione di D. Bosco, poscia le visite alle scuole, le subdole domande e le morali torture, a cui vennero sottoposti gli allievi, a fine di farli asserire ciò che non era. Spine furono le minacce d'imprigionare colui, che ci provvedeva il pane della vita e ci procacciava un avvenire onorato, di chiudere il nostro Istituto e di sbandirne noi tutti, gettandoci sopra una pubblica via o consegnandoci alle nostre povere famiglie, troncando a mezzo la nostra educazione. Spine insomma furono i prolungati pericoli di vedere distrutta come da un turbine l' opera dell' Oratorio , che pel corso di 10 anni aveva già costato tante sollecitudini , tante fatiche e sudori a D. Bosco e ai suoi collaboratori. Vero è che in altre circostanze noi avevamo già dovuto subire varie noie , come abbiamo veduto nella prima parte di questa istoria ; ma allora queste noie provenivano da persone private, e le pubbliche Autorità sorgevano in nostro aiuto, come fece lo stesso Re Carlo Alberto ; ma nel 1860 la cosa mutava di aspetto, poiché entrava in campo contro di noi chì rappresentava il Governo ed aveva in mano la forza.

E che vani non fossero i nostri tìmori ben lo provavano in quei giorni medesimi e la chiusura di varie case di educazione, e la prigionia di onesti personaggi dell'uno e dell'altro clero, e il domicilio coatto in Torino , al quale nel maggio di quell'anno medesimo era stato condannato lo stesso Cardinale Corsi, Arcivescovo di Pisa (1).

Noi dunque diremo alcun che dì queste spine ; ma anzitutto premettiamo che non intendiamo punto di far qui degli apprezzamenti a sfregio della pubblica Autorità. Noi sappiamo distinguere questa dagli uomini che la esercitano ; gli uomini possono abusarne; ma da questo abuso non ne viene punto per legittima conseguenza che sia da aversi in dispregio l' Autorità medesima , e facciasi lecita ai sudditi la disubbidienza e la rivolta contro al potere generalmente riconosciuto. San Pietro primo Papa pel buon ordine comanda di obbedire ai proprii padroni, quantunque questi siano cattivi : Servi, subditi estote in omni timore dominis, non tantum bonis et modestis, sed etiam dyscolis (1 Petr. II. 18.). Sappiamo pure che molte volte non sono tanto i superiori che si mostrino tirannici contro i sudditi, quanto i loro subalterni o per ignoranza o per finto zelo. In certi tempi taluni impiegati per acquistar fama d'intrepidi, per apparire spregiudicati in fatto di religìone, ed ottenere avanzamento nella carriera, sogliono travisare fatti ed eseguire ordini in modo illegale contro ad innocenti e pacifici cittadini, che la disonesta stampa e la pervertita opinione pubblica traducono per avversarii allo Stato. Siffatte miserie si videro in tutti i secoli e presso tutti i Governi ; onde nella sacra Scrittura troviamo che di tale sciagura già lamentavasi il grande Assuero re di Persia , ìl quale ai Governatori delle 127 provincie del suo impero così scriveva : « Molti hanno abusato della bontà dei Principi ; e a tanta insania sono giunti , che cogli artifizi della menzogna hanno tentato di rovinare quelli , i quali adempiono con esattezza gli uffizi loro, e si diportano in tal guisa, che delle lodi di tutti sono degni (Est. xvi). » Qualche cosa di simile vogliamo supporre essere avvenuta nella circostanza di cui parliamo. Se non fu così, altri sapranno dirlo più tardi e in altri tempi. - Ciò premesso, poniam mano al racconto.

Era il 26 maggio, vigilia della grande Solennità di Pentecoste. Dopo il suo pranzo frugale e verso le due pomeridiane , D. Bosco saliva le scale per ritirarsi in camera, quando gli si presenta una povera madre, che accompagnava un suo figliuolo con lettera del Ministero dell' Interno, nella quale ne si raccomandava a D. Bosco l'accettazione nell'Oratorio. Mentre egli la stava leggendo per dare una risposta , giungono tre uomini signorilmente vestiti, uno dei quali interrompendolo gli dice

- Abbiamo bisogno di parlare con D. Bosco.

- Eccomi, egli rispose ; abbiano solo pazienza un momento. Deliberato quanto riguarda a questo ragazzo, sarò ai loro comandi.

- Non possiamo attendere, ripete colui asciuttamente.

- In che li posso dunque servire , se hanno tanta premura ?

- Dobbiamo parlarle in confidenza.

- Ebbene, vengano qui presso nella camera del Prefetto.

- Non nella camera del Prefetto, ma nella camera di lei.

- Ora non posso andare.

Ed ella ci deve andare : è cosa indispensabile. - Ma chi siete voi e che volete da me?

Noi siamo qui per una visita domiciliare. Allora D. Bosco capì chiaramente quello , che in principio aveva solo traveduto ; onde proseguì - Avete voi qualche scritto?

- No, ma io sono l'avvocato Grasso, delegato di pubblica sicurezza, e questi due sono l'avvocato Tua e l' avvocato Grasselli, e rappresentiamo il fisco.

- E chi vi autorizza a farmi questa visita domiciliare ?

- Le Autorità non hanno bisogno di essere autorizzate.

- Scusatemi , signori ; io credo che voi siate galantuomini, ma potrei anche ingannarmi. Fino a tanto che non mi farete vedere il vostro mandato coi limiti del medesimo, io non sono tenuto a ricevervi nè in camera mia , nè in altro luogo di questa casa.

- Vuole adunque costringerci ad usare la forza?

- Voi vi guarderete bene di usare la forza in casa mia. Lo Statuto garentisce l'inviolabilità del domicilio ai pacifici cittadini, ed ogni violenza che mi venisse usata l' avrei come una violazione di domicilio e ne darei querela.

Mentre avveniva questo diverbio tra D. Bosco e quei signori si sparsero pel cortile e per le scale 18 guardie di pubblica sicurezza, ed un corpo delle medesime stava in sentinella fuori dell' Oratorio, impedendo l'entrata agli estranei , e frugando le tasche di chi usciva. Pareva che la Questura avesse scambiata una povera casa di orfanelli in una fortezza di Austriaci da prendersi d'assalto. Il delegato forse per intimorire D. Bosco fece avvicinare alcune di dette guardie e poi con una voce alta e severa ripigliò

- Ci conduce adunque in sua camera?

- Io non posso condurvi e non vi condurrò sino a tanto che non mi facciate vedere chi vi manda e con quale autorità e per quale ragione. E guardatevi bene di venire ad opere di fatto, perchè in tal caso io farei suonare le campane a stormo, chiamerei i miei cari giovani ed i vicini in aiuto, e considerandovi come aggressori e violatori del domicilio altrui vi forzerei ad allontanarvi di qui con vostro danno.

A queste parole di D. Bosco una guardia gli si appressò per mettergli le mani addosso ; ma il delegato fattosi più ragionevole ne la impedì soggiungendo : - Per quanto è possibile facciamo le cose senza guai. - Intanto disse ad un collega - Vada a prendere il Decreto, che abbiamo dimenticato nell'uffizio del Questore.

In quel lasso di tempo D. Bosco terminò il colloquio col ragazzo raccomandato e colla madre che lo aveva accompagnato , rimasti ambidue sbalorditi a quella inaspettata discussione, di cui ignoravano la portata. Dal canto suo Don Bosco non sapeva combinare quella raccomandazione di un giovinetto, che gli si faceva a nome del Ministro, con un ordine di perquisizione e minaccia d'arresto da parte del Governo. Era quello un atto d'ipocrisia? Era un tranello? Oppure il Decreto veniva emanato da Autorità subalterne e all'insaputa del Ministro dell'Interno? Ad ogni modo D. Bosco non esitò un istante ad accogliere definitivamente il povero fanciullo tra i suoi allievi ; anzi fu lieto che la divina Provvidenza gli porgesse occasione di rendere bene per male a coloro, i quali invece di essergli riconoscenti di quanto ei faceva per diminuire il numero dei discoli e per dare alla società cittadini istruiti e probi, ne lo ripagavano con atti ostili , trattandolo quale un cospiratore e perturbatore dell'ordine pubblico.

Intanto i giovani dell' Oratorio, suonate le ore due, eransi ancor essi ritirati quali nelle scuole e quali nei rispettivi laboratorii. Tuttavia alcuni rimasti od usciti di fuori non tardarono ad accorgersi che qualche cosa di grosso eravi per aria... avrebbe bastato a persuaderneli la vista di tante guardie collocate qua e colà, coime se attendessero al varco un ladro od un assassino. Quindi in un baleno si sparse per ogni dove la voce che volevano condurre D. Bosco in prigione ; infatti alla porta già ne stava preparata la vettura. Questo grido gettò l' allarme e la costernazione in tutta la casa: i giovani agitati come furie non volevano più rimanere nelle scuole e nei laboratorii; e quali schiamazzando e quali piangendo domandavano di uscire per difendere il proprio padre o per andare in prigione con lui. La scena per alcuni istanti fu così commovente che ancora adesso ricordandola ci fa spuntare sugli occhi le lagrime. I maestri e i capi d'arte ebbero molto a penare, a fine di ritornare la calma e ingenerare la persuasione che non eravi alcun pericolo per D. Bosco, e che qualora vi fosse stato eglino stessi ne li avrebbero avvertiti e guidati alla difesa.

Fu nondimeno concessa l' uscita ad alcuni dei più adulti, una schiera dei quali si avvicinò a Don Bosco, ed uno sottovoce gli domandò: - Permette che ci sbarazziamo di questa canaglia? - No, rispose egli; anzi vi proibisco ogni parola, ogni tratto che possa offendere chicchessia. Non abbiate alcun timore ; io aggiusterò tutto, e voi andate pure a compiere i vostri doveri, animando i vostri compagni a rimanere tranquilli. - Senza di queste parole di prudenza e di pace in quella sera sarebbe di corto succeduto un qualche disastro ; giacché tale effervescenza regnava in tutti i nostri cuori, che per difendere D. Bosco ci saremmo fatti mettere a pezzi.

Angustiatissimo mostravasi pure il sempre caro prefetto D. Vittorio Alasonatti, braccio destro di D. Bosco e nostro secondo padre. Egli temeva la prigionia di D. Bosco non meno di noi, e ne dava questa ragione. -Fra tante lettere, che D. Bosco riceve in questi giorni , può darsi che qualcuna tratti di politica in senso contrario al Governo, o disapprovi l'annessione della Romagna. Un simile scritto quantunque non vergato da lui tuttavia in questa occasione basterebbe a dare pretesto a costoro di usargli violenza. Povero me, se mai avvenisse questa disgrazia ! Che farei io in questa casa senza di D. Bosco? Molto meglio sarebbe che incarcerassero me. - Casi parlando il degno Sacerdote s'inteneriva sino allo lagrime, e si proponeva di andare egli in prigione invece di D. Bosco.

Giunse finalmente il messo spedito a prendere il Decreto ; e allora il delegato cintosi della sciarpa questurale e circondato da cinque poliziotti disse con orribile voce : In nome della legge io intimo la perquisizione domiciliare al sac. Giovanni Bosco. Ciò detto davagli a leggere il famoso Decreto, nel quale era pure ordinata la perquisizione al canonico Ortalda, al sac. D. Cafasso e al conte Cays. I due primi se l'ebbero alcuni giorni dopo ; il terzo la subiva più tardi nel febbraio del 1862. Era forse per non far sapere a D. Bosco questi ordini che il delegato aveva lasciato in Questura il famoso decreto?

La parte, che riguardava D. Bosco, era così concepita: D'ordine del Ministero dell'Interno si proceda a diligente perquisizione nella casa del sac. Giovanni Bosco, e siano fatte minute indagini in ogni angolo dello stabilimento. Egli è sospetto di relazioni compromettenti coi Gesuiti, coll'Arcivescovo Fransoni e colla Corte Pontificia. Trovata qualche cosa, che possa gravemente interessare le viste fiscali, si proceda all'immediato arresto della persona perquisita. »

Lette queste parole, D. Bosco soggiunse : - Così stando le cose, vi concedo di esercitare la vostra Autorità, perché mi è imposto colla forza; andiamo dunque in mia camera.

Erano fin d'allora scritte sulla fascia o cornice del muro , alla sommità della porta , che dà ingrosso alla camera di D. Bosco, le parole, le quali si leggono tuttora e sono : Lodato sempre sia il SS. Nome di Gesù e di Maria. Giunti colà, l'avvocato Tua le lesse in tono burlesco ; ma D. Bosco arrestatosi aggiunse: E sempre sia lodato, e, prima di terminare la giaculatoria solita a cantarsi tra noi, voltosi indietro intimò a tutti di togliersi il cappello. Vedendo che niuno obbediva replicò : - Voi avete cominciato in tono beffardo , e adesso dovete finire col dovuto rispetto ; onde comando ad ognuno di scoprirsi il capo. - A queste .parole risolute giudicarono di ottemperare, ed allora D. Bosco terminò : Il nome di Gesù Verbo incarnato.

Entrato in camera con quei tre signori , a cui si aggiunsero due guardie, D. Bosco si abbandonò al loro arbitrio, ed allora cominciò la vergognosa scena. Quei fiscali presero a mettergli le mari in dosso ; quindi le saccoccie , il taccuino, il porta monete, la sottana, le brache, il corpetto, gli orli degli abiti, lo stesso fiocco della berretta fu so— getto alle indagini , vale a dire alla visita domiciliare, a fine di trovare , come essi dicevano, il corpo del delitto. Siccome queste operazioni si facevano in modo grossolano , spingendo il povero prete e frugandolo in tutti i versi, così egli si lasciò sfuggire le parole : Et cum sceleratis reputatus est. - Che cosa dice? domandò uno di loro. - Dico che voi fate il servizio, che altra volta alcuni prestarono al divin Salvatore.

Dopo le indagini sulla persona si passò alla due camere, una della quali serviva di biblioteca. Primo a cadere nelle mani fiscali fu un cestone pieno di carta stracciata, buste, cenci, spazzature e simili. L'avvocato Grasselli avendo portato gli occhi su quell'arnese vide una busta di lettera col francobollo dello Stato Pontificio. - A me questo, esclamò tosto ; niuno lo tocchi. - Guardie attente, aggiunse il delegato, e custodite ogni cosa. - Allora il fiscale assistito dai colleghi si mise a far passare ad una ad una le buste delle lettere , ì pezzi di carta ed ogni altro oggetto , razzolando per buona pezza nella spazzatura e nella polvere, come se avesse a scopriro un diamante. In quel basso lavoro il poverino s'insudiciava gli abiti abbastanza eleganti , si lordava la faccia grondante di sudore, ed appariva simile a quella gente, che vanno a cercare nelle spazzature delle pubbliche vie, colla speranza di trovare un soldo, onde comperarsi un tozzo di pane e campare la vita.

- Mi rincresce assai, prese a dire D. Bosco.

- Che le rincresce? domandò il Grasselli.

- Mi rincresce il vedere un pari suo a fare questo vile mestiere.

- Ha ragione; ma l'impiego, l'onore, il dovere me lo impongono.

- Io vi compatisco tutti, continuò D. Bosco, e sono persuaso che se foste in libertà non vi avvilireste a questo modo. In quanto a me vi assicuro che amerei meglio fare lo spazzino di strada, che imbrattarmi gli abiti e la persona in questa guisa. E poi un avvocato , un giudice, un pubblico funzionario, un uomo che alla Regia Università consguì onoratamente la laurea, vedersi ora costretto a lordarsi così... !

- É vero, è vero.... Oh ! maledetta necessità !

- Olà , ripigliò allora il delegato , è bene di abbreviare le cose. Don Bosco ci dia le carte che cerchiamo, e noi ce ne andremo subito.

- Abbiate la compiacenza di dirmi quali carte desiderate da me.

- Quelle che possono interessare le viste fiscali.

- Non posso darvi quello che non ho.

- Ma ella può forse negare di avere carte, che possono interessare le viste fiscali? Scritti, per es., riguardanti ai Gesuiti, a Fransoni, al Papa ?

- Vi do piena soddisfazione ; ma voi ditemi prima se credete a quello che vi dirò.

- Si, crederemo, purché ci dica la verità.

- Ciò vuol dire che voi non siete disposti a credermi, perciò è inutile ogni mia asserzione.

- Ma sì che le crediamo, soggiunse l'avvocato Fumagalli, uno dei cinque.

- Le crediamo come al Vangelo , aggiunsero gli altri.

- Se voi mi credete, proseguì D. Bosco, andatevene pure pei fatti vostri ; poiché nè in questa camera, né in alcun angolo della casa voi non troverete cosa che dìsdica ad onesto sacerdote, perciò niente che vi possa interessare.

- Ma pure , ripigliò l' avvocato Tua , fummo assicurati che esiste presso di lei il corpo del delitto, e che a forza d'indagini lo troveremo.

- Se non volevate credermi, perché interrogarmi e farmi parlare ? Ma ditemi, in buona grazia, siete persuasi che io sia uno sciocco ?

- No certamente.

- Ma se non sono uno sciocco, non ho di certo lasciato cose compromettenti, che potessero cadere nelle vostre mani , e se le avessi avute le avrei prima d'ora stracciate o trafugate. Ora continuate pure la vostra perquisizione, e vedrete coi vostri occhi come io sia sincero.

Allora tuttì gli armadi, i bauli, i cancelli, i forzieri vennero aperti , ed ogni più minuta carta , ogni oggetto o confidenziale o non confidenziale fu passato a rivista, con una diligenza degna di miglior causa.

Don Bosco, scorgendo che la cosa sarebbe andata in lungo , credette di occupare il tempo in cose più utili, e con quella calma, che non mai abbandona l'uomo giusto e confidente in Dio, si pose allo scrittoio per soddisfare ad alcune lettere, la cui risposta era in ritardo. Visto ciò l' avvocato Grasselli gli disse : - Ella non può scrivere alcuna cosa senza che sia da noi veduta. - Padronissimi, rispose D. Bosco ; vedete pure e leggete quanto io scrivo. - Egli dunque scriveva, ed essi in numero di cinque, l'uno dopo l'altro, leggevano le sue lettere. Ma avveniva che prima che una fosse letta da ciascuno egli ne avesse già un'altra preparata da presentare; onde il delegato ebbe a dire: - Che facciamo noi? Perdiamo il tempo a leggere le lettere, che scrive D. Bosco, e non attendiamo al lavoro, che forma lo scopo della nostra visita. Facciamo pertanto così : Un solo di noi legga le lettere e gli altri continuino la perquisizione ; - e così fu fatto.

Qui occorsero alcuni episodii, che giovarono non poco ad esilarare gli animi e a volgere in comedia una rappresentazione, che aveva l'aria di una tragedia. Nel visitare un cassettone trovarono chiuso un cancello.

- Che c'è qui ? domandarono con premura- Cose confidenziali, cose segrete, rispose Don Bosco dal suo scrittoio; non voglio che alcuno le sappia.

- Che confidenza, che segreto! venga. tosto ad aprire.

- Non voglio assolutamente. Credo che ognuno abbia diritto di serbare nascoste quelle cose, che gli possono tornare ad onore o ad infamia ; perciò vi prego di passare ad altro ; rispettate i segreti di famiglia.

- Che segreti d' Egitto !! o venga ad aprire o rompiamo il cassetto.

- Giacché minacciate la forza, io cedo e vi compiaccio.

In così dire D. Bosco si alzò dal tavolo e andò ad aprire il cancello. Ciò fatto, ritornò a scrivere, lasciandoli che esaminassero a loro bell'agio. I cinque inquisitori come sicuri di vedere comparire il corpo del delitto si fanno ansiosamente attorno come per circondarlo onde non isfuggisse, ed aprono tanto d' occhi sopra un mazzetto di carte. L'avvocato Tua se ne impadroniva tosto di tutte per esaminarle, e gongolante di gioia pareva che dicesse : E qui, è qui. Comincia pertanto a trarre fuori un foglio e legge sì che tutti odano : - Pane somministrato a Don Bosco dal panattiere Magra Debito, L. 7,800.

- Eh... questo non interessa le viste fiscali - dice l'avvocato, e lo mette in un canto. Ne toglie un altro e legge: - Cuoio somministrato al laboratorio dei calzolai di D. Bosco : Debito, L. 2,150.

- Ma che carte sono queste ? domando allora il perquisitore a D. Bosco.

- Poiché avete incominciato , rispose , continuate e il saprete.

Aprono un terzo foglio, un quarto e via, e si coprono tutti di vergogna , accorgendosi che quelle carte altro non erano che note di olio, di riso, di paste, e simili ; note tutte ancora da pagare!

Perchè ci corbella così ? disse il delegato a Don Bosco, dopo essersi accertato della burla.

- Io non corbello nessuno, questi rispose. Non amava che i miei debiti fossero a voi altri palesi : voi invece avete voluto vedere e sapere tutto pazienza ! Se vi compiaceste almeno di pagarmi qualcuna di queste note, fareste un'opera di carità. - Quei signori si posero a ridere e passarono ad altro.

Tra le varie carte trovarono in altro sito il Breve del Santo Padre Pio IX, che abbiamo pubblicato nel capo antecedente, e volevano portarlo via.

- Non voglio, disse D. Bosco, perché è un testo originale.

- Appunto perché è un testo originale, rispose il delegato, dobbiamo sequestrarlo.

- Piuttosto ve ne do copia.

- Dov'è la copia?

- Eccola stampata.

- Ma non è l'originale. - Ma è identica.

- É una traduzione.

- Ma vi è anche il testo preciso.

- Vediamo, soggiunse l' avvocate Grasselli, e si pose a verificare linea per linea, parola per parola. Veduto poi che lo stampato era conforme all'originale conchiuse: - Per noi è meglio avere questa copia, in cui vi è latino e italiano, più facile ad intendersi; - e si contentarono dello stampato, lasciando l' originale manoscritto , che Don Bosco custodiva come preziosa memoria.

Incaponendosi di trovare ad ogni costo qualche cosa , che potesse interessare le viste del fisco , onde farsene un vanto presso i loro capi, gli inquisitori si diedero poscia a cercare nella camera attigua, che serviva di biblioteca. Mentre gli uni rovistavano tra gli scaffali, un altro prese in mano un grosso volume dei Bollandisti, e domandò a Don Bosco

- Che libri sono questi

- Sono libri dei Gesuiti, che per niente vi riguardano ; lasciateti stare e si passi ad altro.

- Libri dei Gesuiti ! esclamò colui : siano tutti sequestrati.

- No, osservò il delegato, son troppo grossi e ci andrebbe un mulo a portarli: anzitutto si osservi che cosa contengono.

Quel primo, per non dare a divedere che non sapeva leggere nei libri grossi, aperse il volume che aveva tra mano e continuò a leggere per quasi una mezz'ora; infine disse: - Vadano alla malora questi libri e chi li ha scritti! non se ne capisce niente : son tutti latini. Se fossi re , vorrei abolire il latino, e proibire di stampare libri in questa lingua. Insomma che cosa contengono questi volumi

- Questo che voi leggete , rispose D. Bosco , contiene la vita di S. Simone Stilita. Udite un istante tutti: Quest' uomo straordinario atterrito dal pensiero dell'inferno, pensando che aveva un'anima sola, e temendo di perderla, abbandonò patria, parenti ed amici e andò a fare vita santa nei deserti. Salì poscia e visse molti anni sopra una colonna, gridando sempre contro agli uomini del mondo, che pensano soltanto a godersela , senza badare alle pene eterne, che nell'altra vita stanno preparate a coloro, i quali vivono malamente sopra la terra.

- Basta, basta... Se continua un poco questa predica dovremmo andarci tutti a confessare.

- Appunto, appunto, riprese D. Bosco. Oggi è sabato, e domani la solennissima festa della Pentecoste. Verso le ore cinque cominciano le confessioni de' miei cari giovani. Che bell' esempio dareste, se voi faceste i primi!

- Sarebbe cosa veramente degna di essere tramandata alla posterità, osservò l'avvocato Tua, se la nostra perquisizione andasse a finire nella confessione.

- Preparatevi dunque, proseguì D. Bosco, e io impiegherò per voi assai volentieri tutta la sera, e con maggior vantaggio che non é la perquisizione.

Erano già trascorse quasi tre ore d' inutili ricerche ; e i cinque perquisitori e per l' affaccendarsi nel loro ingrato uffizio, e per la polvere che avevano dovuto assorbire nel rimovere e scartabellare vecchi libri, e pel caldo che faceva nella camera, avevano tutti la gola asciutta ed arsa dalla sete. Don Bosco se ne accorse e ne ebbe compassione. Era entrato poco prima in camera il giovine Giuseppe Buzzetti, sotto colore di fare a D. Bosco; una commissione, ma in realtà per vedere se gli occorresse qualche cosa, e D. Bosco gli diede ordine di portare da bere. In quell'ora i giovani studenti erano già usciti dalla scuola, e stavano facendo ricreazione quasi in silenzio. Se ne vedevano varii gruppi qua e là pei cortile a discorrere tra il timore e la speranza ; altri andavano e venivano dalla Chiesa a pregare pel buon esito della cosa : tutti poi erano ansiosi di vedere la fine di quell' affare così disgustoso e che ci teneva tutti in pena. Quando videro Buzzetti entrare nella stanza di D. Bosco con sottocoppa in mano, con bottiglia e bicchieri, apersero il cuore alla speranza e diedero segni di grandissima gioia, ritenendo che non vi tosse pericolo per D. Bosco.

I perquisitori ormai convinti che D. Bosco non era persona da inspirare timori agli uomini del Governo, scorgendo ancora la bontà e cortesia, che usava loro nell'atto stesso che essi compivano contro di lui un incarico odiosissimo, finirono per concepirne stima ed ammirazione: lo ringraziarono e bevettero tutti insieme allegramente , brindando alla sua salute.

Questo fatto, le lepidezze precedenti e le amorevoli parole di quando in quando loro rivolte , avevano in certo qual modo reso D. Bosco padrone del cuore dei suoi perquisitori ; onde bevuto che ebbero ci fece loro notare essere giunta l'ora che egli si mettesse a confessare. Perciò li pregò o che lasciassero venire i giovani in sua camera come erano soliti , oppure cominciassero eglino stessi a fare la propria confessione.

- Io ne ho bisogno, disse uno ; io anche, soggiunse un altro; e io più di tutti, conchiuse l'avvocato Fumagalli.

- Dunque, ripigliò D. Bosco, cominciamo.

- Se facessimo questo, osservò il delegato, che direbbero mai i giornali?

- E se voi andate a casa del diavolo, ripetè D. Bosco, i giornali e i giornalisti andranno forse a liberarvi ?

- Ha ragione, ma... contacc... basta... verremo poi un'altra volta appositamente per questo.

Tutti infatti gli promisero nel modo più formale che sarebbero venuiti il sabato successivo ; e vennero effettivamente due di loro con tre guardie, e sembra con buona volontà, perchè vi ritornarono più altre volte ancora.

Intanto tra un discorso e tra un fatto e l'altro erano trascorse le ore 6 di sera. Si era rifrustato per ogni angolo della camera di D. Bosco e della vicina biblioteca, ma le loro indagini erano riuscite infruttuose. I perquisitori non avevano solamente più sete, ma appetito. Don Bosco alla sua volta era chiamato ora dall' uno ora dall' altro della casa ; anzi i giovani soliti a confessarsi da lui volevano entrare in camera e cominciavano ad altercare colle guardie, che li respingevano. Laonde i fiscali giudicavano di venire ad un accomodamento e conchiudere coll'andarsene semplicemente ; ma D. Bosco si oppose.

- Fate un verbale del vostro operato, diss'egli, e poi partirete.

- Lo faremo in uffizio, rispose il delegato.

- Non conviene nè a voi nè a me , soggiunse D. Bosco.

- Perché ?

- Perchè voi potreste variare lo stato delle cose , come potrei fare anch' io ; perciò sia fatto qui il dovuto verbale.

- Ma se non abbiamo trovato niente.

- Fate un verbale negativo, in cui si esprima non essersi trovato nulla.

- Lo sottoscriverà anche lei ?

- Fatelo qui e secondo verità e lo sottoscriverò ancor io. - E così fu fatto.

Verso le ore 6 e mezzo i perquisitori se ne andavano dall'Oratorio, e le guardie ci levavano l'assedio. Appena partiti, D. Bosco fu tosto l'oggetto delle più affettuose attenzioni dei suoi cari giovani, i quali fecero tosto con lui quasi come un giorno gli Angeli nel deserto praticarono col divin Salvatore, quando fu lasciato libero da un certo perquisitore, di cui ci parla il Vangelo. Chi pertanto gli domandava se avesse bisogno di qualche cosa, chi piangeva di consolazione per vederlo libero, chi voleva sapere quello, che gli avevano fatto e detto quei signori in quelle lunghissime ore, chi disapprovava quell' atto ostile e via dicendo ; ed egli con volto sereno e col sorriso in sulle labbra rispondeva agli uni, consolava gli altri, a chi sparlava imponeva silenzio, e tutti invitava a ringraziare Iddio che ci avesse fatti degni di patire qualche cosa per suo amore.

Sparsasi per Torino la notizia della perquisizione, cominciò all'Oratorio un andirivieni di persone di ogni ceto e condizione, ecclesiastici e laici, nobili e plebei, per fare visita a D. Bosco e condolersi con lui per l'affronto ricevuto. Uno dei più stimati personaggi della città tentò di compiere questo caritatevole uflizio sin dalla sera stessa, e nell' atto che si effettuava la perquisizione. Fu questi il Canonico Luigi Anglesio, Superiore della Piccola Casa della divina Provvidenza , successore del venerabile Cottolengo. Il sant'uomo, per la vicinanza del luogo avendo tosto saputa la cosa , si portò immediatamente al nostro Oratorio per parlare con D. Bosco ; ma giunto alla porta gliene fu dai poliziotti proibita l'entrata siccome estraneo. Allora egli visto il chierico Giovanni Boggero gli disse: « Vada da D. Bosco egli dica da parte mia che si faccia animo, e prenda fiducia. Oggi l'Oratorio di S. Francesco di Sales è messo dal Signore alla prova ; ma da qui innanzi esso prenderà tale sviluppo ed incremento che porterà i suoi benefici influssi fuori di Torino e in molte parti del mondo. » E fu profezia.

La serie dei visitatori cominciata dal Canonico Anglesio si protrasse lunghissima per varii giorni. Molto severi erano i giudizii che ognuno emetteva contro gli ordinatori di quell'atto illegale. A che serve, andavano dicendo, che lo Statuto porti scritto: Il domicilio è inviolabile. Niuna visita domiciliare può aver luogo, se non in forza di legge e nelle forme che ella prescrive? Dove esiste una legge, che autorizzi una visita domiciliare ed una perquisizione appoggiata sopra un sospetto ? Il Codice di procedura penale accorda tale facoltà unicamente al Giudice istruttore, e solo quando esistano gravi indizii che nel domicilio dell' imputato si possano trovare oggetti utili allo scoprimento della verità. Ma qui non vi ha nulla di tutto questo ; qui non vi ha nè processo in corso, nè processo iniziato ; qui non vi ha Giudice istruttore ; qui non vi ha che o l'ignoranza della legge o l'arbitrio portato alla tirannia. E se si viola così lo statuto dai pubblici funzionarii, chi potrà ancora riputarsi sicuro ? Davvero certi impiegati fanno un brutto servizio al Governo, disonorandolo turpemente in Italia e fuori d'Italia. - Questi erano in sostanza i giudizi che si facevano, ed erano pur troppo inappuntabili.

Al martedì 29 maggio nell'Armonia usciva alla luce un articolo così concepito

Perquisizione nell' Oratorio di S. Francesco di Sales.

« Omai non passa giorno che in questa benedetta terra della libertà non abbiamo da registrare o qualche arresto di Vescovi o Cardinali, o qualche processo o imprigionamento di parrochi , canonici o sacerdoti, o finalmente qualche perquisizione domiciliare.

» Sabato alle due pomeridiane toccò a quel gran cospiratore che è il sacerdote Giovanni Bosco , il quale, come tutti sanno, cospira sovvenendo alla miseria, ricoverando ed educando i poveri figli dell'operaio, e logorandosi la vita nell'esercizio della carità e del ministero sacerdotale.

» Il fisco sperò nell' Oratorio di S. Francesco di Sales potessero ritrovarsi alcune carte da interessare le viste fiscali. E fu spedito un drappello di apparitori capitanati da un delegato di pubblica sicurezza e due avvocati ispettori, col mandato di procedere ad una minuta visita domiciliare.

» D. Bosco stava appunto accettando un povero giovine raccomandatogli dal ministro, quando gli giunse inaspettata questa visita. Egli accolse con la sua solita affabilità gli incaricati della forza pubblica, e sebbene v' avesse molto da dire sulla legalità del proprio mandato, tuttavia sciorinò loro innanzi le carte e le lettere, che trovavansi nella sua abitazione.

» Le ricerche si protrassero dalle due pomeridiane fino oltre alle sei, e il sacerdote Bosco che in quel tempo doveva ascoltare le sante confessioni, perchè giorno di sabato e vigilia di Pentecoste, fu costretto invece al assistere alle operazioni della polizia. E vi assistè con quella giovialità , che è figlia di tranquilla coscienza, cercando di trar frutto da quelle ore d'ozio involontario, col fare ai poliziotti qualche opportuno e cristiano riflesso , e mostrare agli avvocati che non era molto gloriosa l'impresa a cui attendevano.

» Non occorre dire che le più minute ricerche riuscirono a nulla. Non sono i preti che cospirano, e i ministri sel sanno. Due carte diedero un po' da pensare alla polizia tra le tante di D. Bosco. In una trovavasi una sentenza un po' troppo clericale. Ma si venne a scoprire che era una sentenza di Marco Aurelio ! Nell'altra contenevasi un Breve del Papa al sacerdote Bosco , ma trovossi che quel Breve era già stato pubblicato per le stampe !

» Alle sei passate la polizia abbandonava l' Oratorio di S. Francesco di Sales, rilasciando al suo direttore la seguente dichiarazione

» L'anno mille ottocento sessanta, il giorno 20 del mese di maggio , in Torino , nella casa del M. R. sacerdote D. Giovanni Bosco, tenente convitto di giovani artigiani e studenti, situata in via Cottolengo, casa propria,

» In esecuzione della riverita odierna ordinanza dell'IM` sig. Questore di Torino, avvocato Chiapussi, con cui venne prescritto di procedere ad una minuta perquisizione domiciliare nella casa anzidetta, ci siamo noi sottoscritti Grasso Savino, delegato di pubblica sicurezza, Tua avvocato Stefano e Grasselli avvocato Antonio, ispettori , il primo della sezione Borgo Dora e l'altro di quella di Moncenisio, e colla scorta delle guardie di sicurezza pubblica, trasferiti nella suddetta località, ove giunti, avuta la presenza del predetto sacerdote D. Giovanni Bosco, si è notificato al medesimo lo scopo di tale trasferta , e quindi si è passato in di lui concorso ad una diligente visita in tutti gli angoli, ripostigli , carte e libri esistenti nelle due stanze che servono di abitazione del medesimo, ma, a fronte delle più esatte ricerche, nulla si rinvenne che interessar possa le viste fiscali.

» Di quale operato tutto si è fatto constatare col presente verbale, che venne in conferma da tutti quanti gli intervenuti sottoscritto, annotando che copia eguale venne rilasciata al prelodato sacerdote dietro sua richiesta. » Così L'Armonia.

La innocenza di D. Bosco e quella di noi tutti era dunque altamente constatata. Questo verbale avrebbe quindi dovuto persuadere quei certi rappresentanti del Governo di lasciarci in pace ; ma pur troppo non fu così, come vedremo nel capo seguente.

(1) Si chiamava domicilio coatto l'esilio forzato più o meno lungo in un luogo determinato del regno, a beneplacito del Governo. 

IL VESCOVO DEL PARÀ ED UN SUO DISCORSO.

Ai lettori del Bollettino Salesiano non è sconosciuto il none di Mons. Antonio De Macedo Costa, Vescovo del Parà e delle Amazzoni nell' immenso impero del Brasile. Di lui nel settembre del 1882 abbiamo pubblicato una stupenda lettera, nella quale con espressioni , che non sapremmo dire se più ammirabili per ardenza di zelo o per umiltà profonda, l'egregio Pastore pregava D. Bosco che volesse mandargli dei Salesiani in aiuto. Di lui ci scrisse bellissime cose e ci parlò pure a viva voce con entusiasmo il nostro confratello D. Luigi Lasagna, che fu a trovarlo due anni sono. Di lui abbiamo ancora ultimamente ricevuto uno scritto commovente, in cui l'esimio Prelato continua a supplicare Don Bosco per l' implorato soccorso, e sospira di vedere presto un drappello di Salesiani nella sua diocesi, affinchè possa, come egli si esprime, intonare l'inno del vecchio Simeone e dire al Signore Nunc dimittis : ora chiamatemi pure a voi , o mio Dio, chè me ne vengo volontieri.

Facendo pure alla nostra volta ardenti voti che la divina Provvidenza ci fornisca presto il personale per esaudire la domanda ed appagare i desiderii di quell' Angelo delle Amazzoni , noi intendiamo quest'anno regalare ai nostri Cooperatori un importantissime discorso pronunziato dal celebratissimo Vescovo ; discorso, che insieme con una maschia eloquenza ci rivela le industrie di uno zelo veramente apostolico. Egli lo teneva il 21 maggio dell' anno passato in Manaos nel palazzo dell' Assemblea provinciale, alla presenza dell'eccellentissimo Presidente della Provincia e di un gran numero di ragguardevoli persone , di cui riscosse i meritati applausi.

Non potendolo riferire tutto in una volta , noi lo daremo a più riprese e a brani , premettendo ad ognuno un titolo , per meglio fissare l' attenzione del lettore e facilitargliene l'intelligenza.

Riproduciamo per ora l' assennato giudizio che ne diede il principe dei periodici, la Civiltà Cattolica, ed è queste

« L'illustre Vescovo del Parà e delle Amazzoni, il moderno Grisostomo del Brasile e glorioso confessor della fede, D. Antonio De Macedo Costa, fe' risuonare testè l' eco della sua voce apostolica in quel vastissimo impero con una di quelle conferenze, che rimarrà monumento immortale della sua eloquenza e del suo zelo, e sarà il principio di un nuovo e più fruttuoso apostolato. Noi l' abbiamo sott'occhio impressa in Manaos e la leggemmo con crescente avidità e piacere , ammirando lo splendore e il nerbo dì quell' eloquenza che illumina , accalora, scuote e dietro sè trascina l' animo del lettore. In essa l' illustre Prelato tratteggia con mano maestra il miserando stato, a cui furono ridotte le missioni del Brasile, dopo l'espulsione dei missionari Gesuiti per opera del marchese di Pombal. Ivi col dolore di un padre che s'impietosisce sulla sorte dei figli suoi, addita alla nazione ed al Governo l'abbandono in cui furono lasciati i popoli abitatori delle foreste e le tribù indiane vedovate dei loro pastori ; e fa notare lo stato di morale degradazione e abbrutimento in cui esse sono cadute. Poscia, levando il grido della riscossa e del risorgimento , passa a trattare del modo pratico di evangelizzare i gentili e di coltivare i cristiani sparsi in quell' immense solitudini. Ma qui si domanda a se stesso come venire a capo di un' impresa sì vasta, di un apostolato che sol nella regione del Parà e delle Amazzoni abbracciar dovrebbe uno spazio di 180 mila leghe quadrate? I popoli non sono riuniti, ma sparsi sopra un'immensa superficie ; e però in tanta scarsezza di sacerdoti non è possibile stabilire dappertutto parrocchie. Che fare adunque? Convien fondare, egli dice, una missione permanente, composta di un drappello di apostoli viaggiatori, i quali vadano continuamente di uno in un altro popolo evangelizzando. E perchè le vie di terra sono sovente impraticabili, e spesso anche pericolose, e la mancanza di chiesa in quei luoghi renderebbe necessario eziandio il trasporto delle sacre suppellettili , egli propone di far costruire un vapore, che rimontar possa il corso del gran fiume dalle Amazzoni e de' suoi numerosi affluenti, in riva ai quali per lo più campeggiano le tribù selvagge e stanziano i popoli a mezzo inciviliti. Codesto vapore esser dovrebbe un tempio natante , assai vasto e splendidamente adornato , onde celebrar vi si possano con molta pompa i divini misteri , e ch'egli vorrebbe battezzare con un nome assai caro al cuore degl' Italiani, col nome di Cristoforo o portatore del Cristo, a onore del nostro Cristoforo Colombo. Il suo progetto è stupendo e degno di venir caldeggiato da quanti hanno a cuore gl'interessi dell' umanità e della Chiesa. Il zelante Prelato già mise mano a colorirlo coll' istituire un' associazione destinata a raccogliere i fondi necessari alla grande impresa ; e noi facciam voti perche il cattolico Brasile assecondi lo zelo di uno de' suoi più illustri pastori e lo aiuti a incarnare un disegno , che tornerà a grande gloria di Dio, a onor della Chiesa e a sommo vantaggio morale e materiale del Brasile. »

LA PATAGONIA e le terre Australi del Continente Americano.

Parte terza. CAPO QUARTO. Indole dei Patagoni. - Loro crudeltà.

A compimento del ritratto morale e dell'indole dei Patagoni è a dire della loro crudeltà. Umani e maneggevoli quando sono tranquilli e non temono inganni, diventano tutto ad un tratto terribili e brutalmente crudeli appena per la loro indole sospettosa concepiscono dubbio di qualche sinistro. I Patagoni del Sud sono più affabili e famigliari di quelli delle altre parti della contrada, perchè non impararono ancora a loro spese come la vicinanza dei corrotti europei, che colà accorrono, sia loro pericolosa e fatale. Generalmente i selvaggi sospettano sempre quando trattasi di qualche bianco; laonde per quanto possono immediatamente lo uccidono o fanno schiavo, a fine di premunirsi contro di lui. Allora abbandonansi ad una gioia feroce al vedere i patimenti dei proprii nemici e mettono grida selvaggie, e brandendo le loro lancie, le fionde ed i lazos, li circondano da ogni parte. Uomini, donne e fanciulli contemplano chi soffre con feroce curiosità , senza che nessuno cerchi di procurargli il minimo sollievo. Il nostro D. Cagliero, mentre era in Buenos Aires , ci racconta di aver assistito in morte una signora , la quale , presa schiava, era stata così maltrattata da non essersi più rifatta in sanità dopo la sua fuga , e mostrava ancora nei piedi e nelle mani i segni dei ferri, con cui fu tenuta incatenata.

A questo stesso riguardo il Guinnard, francese, che era capitato in quelle terre, racconta così il modo con cui fu preso esso ed un suo compagno: « Indiani, in gran numero, avuto sentore che due bianchi si trovavano nei contorni, sorsero come per incanto da tutti i punti del terreno , ed abbandonandosi ad una gioia feroce, emettendo grida selvaggie e brandendo le lancie , le fionde ed i lazos, ci circondarono da ogni parte. Il risultato di una lotta fra noi due e quella banda non poteva esser dubbio. Facemmo fuoco sul più avanzato dei nostri nemici. Venne ferito ; ma ciò non arrestò i suoi compagni, che in massa ci piombarono addosso ; il mio camerata , ferito da ogni parte, oppresso dal numero, cadde per non più rialzarsi. Io pure, vivamente incalzato, aveva il braccio sinistro trapassato da un colpo di lancia, quando una di quelle palle di pietra, che essi attaccano in cima ad una lunga correggia , mi colpì nella testa facendomi rotolare come morto al suolo. Ricevetti altre ferite e contusioni, delle quali non ebbi conoscenza se non al cessare del mio svenimento , tentai rialzarmi senza riuscirvi. Gli Indiani, da cui era ancor circondato, vedendo i miei movimenti convulsivi, si disponevano a porvi un fine, togliendomi la vita. Ma uno di essi, pensando certamente che un uomo, che stentava tanto a morire, sarebbe stato un utile schiavo , si oppose al disegno dei suoi compatriotti. Dopo d'avermi totalmente spogliato, mi legarono le mani dietro il dorso , ponendomi sopra un cavallo senza sella, al quale mi avvinghiarono strettamente per le gambe. Fu questo un viaggio veramente doloroso per me , che ad un secolo d' intervallo ed all' altro capo del mondo sempre mi resterà impresso nella memoria. La continua perdita del sangue mi procurò una successione continua di agonie e di sfinimenti, durante i quali mi trovai palleggiato da una parte all'altra come inerte fardello, ed abbandonato al galoppo sfrenato del cavallo selvaggio, che i miei barbari padroni spronavano di continuo. Ogni notte mi deponevano a terra senza slegarmi , temendo al certo che, malgrado il misero mio stato, tentassi qualche mezzo di fuga o di suicidio. Giunti alla meta, mi tolsero alfine quegli stretti legarvi, che mi avevano torturato le mani ed i piedi al punto da non potermene più servire. Incapace di muovermi, restai disteso a terra in mezzo ai miei rapitori: uomini, donne, fanciulli mi contemplavano con feroce curiosità, senza che alcuno mi procurasse il minimo sollievo. »

Ecco ancora il racconto, con cui il medesimo Guinnard, testimonio di veduta, descrive un supplizio inflitto dai Patagoni ad alcuni Argentini « Due -giovani Argentini, presi dai selvaggi e condannati a morte, furon posti in mezzo ad un circolo d'Indiani a cavallo , che li assassinarono a colpi di lancia. Vidi gli assassini urlando di gioia immergere e rigirare la punta delle loro armi in ognuna delle ferite , di cui crivellavano i corpi delle loro vittime. Sfilarono in seguito a me dinanzi, mostrandomi con affettazione quelle armi, da cui colava ancor fumante il sangue di quegl'infelici, e minacciandomi la stessa sorte se avessi tentato di fuggire. Mi fu forza sopportare tacitamente il cupo dolore, che l' impossibilità in cui mi trovavo di soccorrere i miei compagni di sventura mi faceva soffrire , e l'enormità del delitto a cui dovetti sforzatamente assistere accrebbe in me l'odio e l'orrore per quei carnefici. Mostrandomi sempre calmo ed impassibile in viso, non dava sfogo al mio dolore, se non quando mi trovava solo con Dio. »

Ci piace di arrecare ancora qui un assennato brano d' un celebre ed accurato viaggiatore e geografo francese : « Gl' Indigeni, troppo occupati dal procurarsi la loro sussistenza non ebbero mai tempo d'iniziarsi ai principii di civilizzazione. D'altra parte l'imprudenza e la condotta essenzialmente impolitica dei primitivi Spagnuoli, stabiliti al loro settentrione, fece loro venire in odio in modo singolare tutto ciò che sa d' Europa; o la condotta di esterminio , che ancora presentemente esercita la Repubblica Argentina, fa odiare quanto dai popoli inciviliti potrebbero imparare con loro grande interesse. Il solo Missionario colla sua condotta di pace potrebbe a poco a poco far deporre l'odio, che si ha contro quanto sa d'europeo, ed insieme colla religione introdurre in quei paesi la civiltà : ma il crudele strazio, che ripetute volte fecero del Missionario , il quale a loro se ne veniva per evangelizzarli, spaventò talmente ogni corporazione religiosa, che da oltre un secolo più nessuno, per quanto consta, s'incaricò della evangelizzazione di quei selvaggi. »

Così il Lacroix ; ma per divina disposizione da alcuni anni i Missionaria Salesiani si mossero in loro favore. Forse il sangue e le preghiere di altri Missionarii scannati in quei luoghi medesimi placarono l'ira di Dio ed avvicinarono il momento della loro redenzione. Le molte crudeltà e barbarie summentovate non li spaventano. Si sa bensì che in varie circostanze i Patagoni sono cannibali ed antropofagi, cioè mangiatori di carne umana ; si sa certo di molti viaggiatori e Missionarii , che dalla loro rabbia furono barbaramente uccisi , tagliati a pezzi e mangiati. Tuttavia pare che a questi eccessi non vengano , se non quando sono fortemente sdegnati, e il generai Moreno, che in questi ultimi anni viaggiò per molti mesi sia lungo il fiume Chubut, sia al Rio Santa Cruz, cioè nei punti più centrali della Patagonia, parla della mitezza dei Patagoni, della loro ospitalità verso gli stranieri, assicurando che non havvi a temere offesa per parte loro, salvo che si trovino in istato di ubriachezza; e nota che se avviene talora che Europei od altra gente civile siano bistrattati , ciò è sempre a cagione di qualche atto, per cui furono giudicati meritevoli di pena. Egli stesso però avverte di non confondere i Patagoni puri coi selvaggi ammaliziati e pervertiti, che devastano i confini; di quelli accerta che inclinano ad apprendere quelle cognizioni pratiche, che possono riuscire utili alla loro esistenza, ed a rendere più comoda la loro vita, e rispettano le persone che in qualche modo si occupano di loro,,

Pare che di queste disposizioni potrà valersi molto il Missionario cattolico, che, assecondandolo troverà agevolata la via per condurre quelle tribù ad una vita civile e soprattutto ad abbracciare la nostra Santa Religione, fonte di ogni bene temporale ed eterno. Conviene adunque trattarli con la dolcezza, prendersi a cuore il loro benessere , e specialmente occuparsi con sollecitudine dei loro figliuoli. È con questi mezzi che la pia Socìetà Salesiana si pose all'opera, e con essi spera di riuscire a guadagnarli a Dio, e farne un popolo di conquista per la Chiesa e per la civile republica.

BIBLIOGRAFIA

ANNALI STORICO-POLEMICI DEGLI APOSTOLI PIETRO E PAOLO.

Dotti in gran numero hanno scritto di S. Pietro e di S. Paolo, ma per quanto le loro opere siano veridiche, pie, e piene di dottrina, non sembrano bastare al bisogno che sente l' umana società, in mezzo agli assalti della fallace filosofia del secolo. Molte di queste , scritte in altra età , quando la religione cattolica quasi incarnata nei popoli ne formava l' elemento vitale, servivano, come qualunque altro libro pio, di pascolo gustoso e salubre alle anime semplici e timorate, aliene da qualunque sofisticheria e dubbiezza. Ma ora che il fervore dell' antica fede e pietà cristiana va pur troppo risolvendosi in un glaciale indifferentismo , non basta più esporre lo gesta dei due grandi Apostoli, ma bisogna confermarle con ineluttabili documenti dell' Antichità Cristiana.

E' perciò che l' illustre Sacerdote Luigi Ferri De-Ferrari ha dato mano a scrivere gli annali storico-polemici degli Apostoli Pietro e Paolo. Sono due volumi in-4° di circa 500 facciate l' uno, nei quali con vasta e paziente erudizione l' egregio A. ha raccolti ed uniti ad uno scopo documenti finora sparsi in volumi immensi e disparati di autori così sacri come profani. Nè solamente si è contentato dei tanti monumenti antichi irrefragabili, ma per più anni rovistò minutamente le varie e voluminose Biblioteche dei Padri e scrittori antichi, le Collezioni dei Concilii , gli antichi cataloghi , Martirologi , Sacramentari , Lezionari , gli storici cristiani e pagani latini e greci e persino giudei, e quindi un gran numero di antichi codici manoscritti soprattutto nella Biblioteca Apostolica Vaticana. Le sue investigazioni s' aggirarono pure sugli scrittori più insigni dal secolo X fino al presente, come sullo non poche voluminose collezioni moderne degli antichi Monumenti storici , raccolti da celebri scienziati, quali p. e. un Eccardo, un Muratori, e i dottissimi Cardinali Mai e Pitra. Il chiar.mo Autore con tanti svariati e profondi studi giunse quindi eziandio a rivendicare l' importanza e veracità storica di molti documenti e fatti riguardanti S. Pietro e S. Paolo , che per una critica troppo eccessiva erano o dimenticati o rigettati.

L'importanza e l'utilità di quest'opera è adunque accertata. Lo stesso immortale Pontefice Pio IX, conoscendo il profondo sapere dell'Autore ed eccitandolo a por mano ad opera così ardua , avealo addetto con benignità singolare alla Biblioteca Vaticana; e D. Bosco ne lo incoraggiò pure dal canto suo, stampando il grave lavoro a totali spese della tipografia Salesiana. L' opera torna pure opportunissima in questi tempi, nei quali il sapientissimo Pontefice Leone XIII caldamente raccomanda lo studio della Storia specialmente al clero.

In conseguenza noi raccomandiamo quest' opera a tutti coloro , che amano le glorie della Chiesa e che desiderano di rendersi capaci a difendere trionfalmente le verità storiche più essenziali , e quindi più accanitamente combattute dai nemici della religione. Questi due volumi , oltre essere un tesoro per tutti gli studiosi di cose ecclesiastiche, sono un bell' ornamento per qualunque biblioteca, e possono servire di premio specialmente nei Seminarii.

Si vendono nella libreria di S. Francesco di Sales in Torino, al prezzo di L. 12.

ELENCO DI COOPERATORI E COOPERATRICI DEFUNTI NEL 1883.

1 Adami D. Giovanni Battista - Paroldo.

2 Aglio D. Carlo Parr. - Pallio Inferiore.

3 Aguzzi Carlotta Ved. Provana - S. Vittoria d'Alba.

4 Aimo Adele - Mondovì Piazza.

5 Albera D. Tommaso Vicario - Oddalengo Piccolo.

6 Albertini Ch. Luca - Rovigo.

7 Albertini D. Michele - Piobesi Torinese.

8 Alebardi D. Pietro - Capriate d'Adda.

9 Alessio Quaglia Felicita - Torino.

10 Alimenti D. Salvatore - Bracciano.

11 Alimonta D. Oddone - Campo (Tirolo). 12 Allara Margherita - Lu Monferrato. 13 Allora Antonio - Torino.

14 Alovisio D. Francesco Prev. - Polonghera. 15 Anfossi D. Giuseppe Can. - Taggia. 16 Ansaldi D. Antonio Arcip. - Viola. 17 Ansaldi D. Sebastiano - Pietrafraccia. 18 Antico Domenico - Cavarzere. 19 Antonelli D. Giacomo Curato - Raggio.

20 Antonetti D. Francesco Arcip. - Povegliano. 21 Antonietti D. Maurizio Par. - Grassona. 22 Armellini D. Angelo - Gajarine. 23 Armeni Chiara - Casaleto.

24 Arrigo D. Gaetano - Taggia.

25 Artuso D. Giovanni Maria Cappel. - Vetrego. 26 Ascagni Giuditta - Corvino S. Quirico.

27 Asinari di Bernezzo e Clavesana Marchese Carlo

Felice - Torino.

28 Audisio D. Guglielmo Vice Curato - Montanera.

29 Avogadro Conte Felice di Quinto - Vercelli. 30 Azaglio Felicita - Riva di Pinerolo. 31 Baccheretti Angelo - Lucca. 32 Badariotti D. Simone Par. - Tagliaretto. 33 Baldo D. Pietro - Cavazzana. 34 Ballario D. Giuseppe Can. Arcid. - Asti.

35 Banchieri Teresa - Quero.

36 Banzi D. Francesco Priore - Tizzano Superiore.

37 Barbieri Vincenzo - Mornese.

38 Barone-Ambrogio Maria Teatina - Tropea. 39 Bartoli D. Giuseppe - Narnali. 40 Bassetti D. Fortunato - Strada (Tirolo). 41 Battagin D. Giovanni - Cavazzana. 42 Battaglia D. Giovanni - Acqui. 43 Battioli D. Francesco Parr. - Brisino. 44 Bazzani Rosa - Rovereto (Tirolo). 45 Bazzetta Giuseppe - Omegna. 46 Bazzoli D. Andrea - Desenzano sul Lago. 47 Becia D. Giovanni - Stermizza. 48 Bedotti D. Carlo - Rivara Canavese 49 Bellagarda D. Paolo - Alpignano. 50 Bellezza Teresa - Torino. 51 Bellini D. Vincenzo - Marradi. 52 Belmonte-Raisi March. Teresa - Rimini. 53 Belotti Maria - Pescarzo.

54 Bcnvenuti Angelo - S. Vito al. Tagliamento. 55 Bergonzi D. Antonino - Novara. 56 Bergonzo Vincenzo - Stazzano. 57 Bernacchi D. Antonio Parr. - Compito.

58 Bernardi D. Giovanni Nepomuceno - Piane. 59 Bersano D. Clemente Vicario foraneo - Ronco

Biellese.

60 Bertozzi D. Antonio Cappel. - Coenzo). 61 Bezzi D. Ambrogio - Pellizzano (Tirolo). 62 Biagini P. Venanzio Cappuccino - Lucca. 63 Biancalana March. Emilia - .L reca. 64 Bianchi Clara Ved. Vinea - Torino. 65 Bianziani D. Pellegrino Can. - Mirteto. 66 Billia D. Domenico Prev. - Condove. 67 Bindi D. Eusebio - Filettole. 68 Biondi Cav. Francesco - Parma.

69 Bocchetti D. Stefano Priore - Bobbio Pellice. 70 Boccolari Cav. Giacomo - Modena. 71 Bogni D. Gio. Battista Parr. - Predore. 72 Bolgeri D. Giuseppe - Banni. 73 Bolla Maria - S. Pier d'Arena.

74 Bologna Francesca n. Carosso - Castelnuovo

Calcca.

75 Bona D. Giuseppo Prev. - S. Giusto Canavese.

76 Bonardi D. Giuseppe - Malandriano. 77 Bonato D. Domenico - Alano di Piave. 78 Bonelli D. Giuseppe Arcip. - Stellanello. 79 Bonomi Battista - Malé (Tirolo). 80 Bonora D. Antonio - Nave.

81 Bonucci D. Pietro Rettore - Serrazzone. 82 Bonelli Cav. Bernardo Avv. - Acqui.

83 Borghero D. Bartolomeo Can. - .Favi Ligure. 84 Borlone D. Alessandro Arcip. - Rocca dei

Giorgi.

85 Borroni D. Giuseppe Can. - Torino.

86 Boscariol Isidero - S. Vito al Tagliamento. 87 Boschelle D. Gio. Battista - Ramon.

88 Bottazzi D. Antonio - Crebbio.

89 Bottea D. Giovanni Antonio - Fondo (Tirolo). 90 Botto Giacomo - Fiesso Umbertiano.

91 Bozzola D. Giuseppe - Cittadella.

92 Brughera D. Giuseppe Parr. - Contorbia.

93 Brugnoli Agostino - Soave.

94 Bruzzo Cav. Giuseppe -- Genova.

95 Buffalini Merope - Cesena.

96 Burini Apollonia - Torre de' Busi.

97 Burlando D. Antonio Can. - Genova.

98 Busca Enrichetta - Saluggia.

99 Cacciatori D. Luigi - Cembra (Tirolo). - 100 Calcagnini Maria - Roma. 101 Calzutti Monsig. Giovanni - Cividale.

102 Camerlo D. Gio. Pietro Prev. - Pancalieri. 103 Camilini D. Carlo Parr. - Colloredo di Prato. 104 Campana D. Pietro - Limisano.

105 Campioni D. Paolo - Fratta di Lendinara. 106 Camporesi D. Adeodato - Lago Forlivese. 107 Can D. Salvatore - Genuri. 108 Canale-Floris Teresa - Valqrana. 109 Canefri D. Giulio Can. - Novi. 110 Canton Cav. Carlo - Torino. 111 Cantonetto D. Giovanni - Coltolo.

112 Cantoni D. Luigi Arcip. - S. Zenone al Lambro.

113 Cantoni Ch. Pietro - Vigevano.

114 Capitano Calocera - Villalba.

115 Cappugi D. Pio Emilio Can. - Firenze. 116 Capretta D. Domenico - Conegliano. 117 Caramello D. Vincenzo - Baldissero. 118 Carapezzi D. Giovanni - Mandrio. 119 Carbonari D. Luigi Parr. - Perito. 120 Cardini D. Eliseo - Mareno di Piave. 121 Caregnato D. Bernardino - Vicenza. 122 Caretto Eugenio libraio - Torino.

123 Carozza D. Sebastiano Parr. - Palermo. 124 Casali Anna - Butti-io d' Udine. 125 Cascina Pietro - Torino.

126 Cassini Domenico - S. Vito al Tagliamento. 127 Cassini D. Giuseppe - Savorgnano. 128 Castagnino D. Domenico Can. - Lavagna. 129 Castelli Annetta - Casorzo. 130 Castiglioni D. Erasmo - Vnago. 131 Catlinetti Cav. Giovanni - Torino. 132 Cattaneo D. Gio. Battista - Crema. 133 Cattaneo-Perfetti Maria - Crema. 134 Caucino D. Giovanni - Gaglianico. 135 Cavalli Sig. - Minusio (Svizzera). 136 Cazzola D. Giovanni Parr. - Fontaniva. 137 Celle Luigia - S. Francesco d'Albaro. 138 Cellerari D. Luigi Parr. - Costacciaro. 139 Censi D. Franccsco Parr. - Lizzola. 140 Cerrati Carolina - Alice Castello.

141 Cerrato Giovanni fondatore Ospizio Cronici - Asti.

142 Cerroni D. Antonio - Remondò.

143 Cerruti Francesca - Castagnole Piemonte. 144 Cerruti Luigi - Penango. 145 Chiappa D. Andrea Parr. - Barco. 146 Chiaretto Maria Teresa - S. Raffaele.

147 Ciambellotti D. Ferdinando - Tregole in Chianti.

148 Ciampi D. Cesare - Rovezzano.

149 Ciccarelli P. Francesco Minore Conventuale

- Fossombrone.

150 Cinera D. Francesco - Montaldo Bormida. 151 Cipolla Monsig. - Roma. 152 Ciuffardi D. Francesco Parr. - Lerici. 153 Civetta D. Antonio Arcip. - Fiano. 154 Colla Monsig. Michele - Genova. 155 Coller Luigia - Torino.

156 Coilio Contessa Adele - S. Severino Marche. 157 Collovati D. Antonio - Teor. 158 Coris D. Cesare Can. - Verona.

159 Cortellazzi D. Pompeo Parr. - S. Matteo

delle Chiaviche.

160 Cossa-cava Maria - S. Giacomo di Veglia. 161 Cossu D. Luigi - Desulo. 162 Costa-Scoffone Marianna - Torino. 163 Cova Luigi - Venezia.

164 Covi D. Vincenzo Can. Vic. Gen. - Alessandria.

165 Covallo D. Gaetano Can. - Medica.

166 Cravosio-Anfussi Cav. Vincenzo - Torino. 167 Cremone,i D. Bartolomeo Arcip. - Melegnanello.

168 Crotta Carolina - Caravaggio. 169 Culos Francesco - Prodolone.

170 Curioni D. Luigi Can. - Piacenza. 171 Da Frè D. Luigi - Conegliano. 172 D'Alessio D. Roberto - Pugliano. 173 Dallavalle D. Lorenzo - Breganze.

174 Dal Maso D. Gio. Paolo Rettore - Campo S. Martino.

175 Dal Sasso D. Cristiano Rettore - Quero di Piave.

176 D'Amato D. Giuseppe - Torre del Greco. 177 De Aneli Luigia - Revrò (Tirolo).

178 De Apollonia D. Antonio Coad. - Romans. 179 De Francesco D. Valentino - Lisignago (Tirolo).

180 Degani D. Arcangelo - Tregnago. 181 Del Frate D. Giovanni - Cassolnovo.

182 Della Chiesa D. Giuseppe - Cerro Verbano. 183 Dell'Acqua D. Mansueto - Villanterio. 184 Della Valle Matteo - Alassio. 185 Del Monte Luigia - Cividale. 186 Del Piano D. Giuseppe - Portomaurizio. 187 De Luca Antonino Cardinale - Roma. 188 De Luca Pietro Neg. - Torino. 189 Delvecchio D. Giacomo - Trobaso. 190 De Orlandi D. Giovanni - Verzegnís. 191 De Polli D. Pietro - Oderzo.

192 D'Errigo D. Michele Antonio Arcip. - Castelbaronio.

193 Dessi D. Emmanuele Par. - Senis. 194 Di Grazia D. Domenico Can. - Lucca. 195 Di Lucca D. Francesco Vic. For. - -Castelnuovo di Porto.

196 Dinegro D. Giacomo Can. - Spezia. 197 Dinelli D. Gio. Battista - Bar vecchia. 198 Donati D. Pietro - Sacca Parmense. 199 Donato Metilde - Torino.

200 Donna D. Giovanni Can. - Alessandria. 201 Duca Teresa - Rovereto (Tirolo). 202 Dufour Carolina - Genova. 203 Emprin Cav. Giuliano - Torino. 204 Enrico D. Andrea Can. Prof. - Ivrea. 205 Enrico V di Borbone Conte di Chambord - Frosdhorf.

206 Fabiani D. Teodoro - Milano. 207 Fagiani D. Emmanuele - Spezia.

208 Fabbroni Can. Biagio - S. Arcangelo di Romagna.

209 Falchetto D. Domenico Arcip. S. MM. - Sernaglia,

210 Falcinelli D. Federico - Montegallo.

211 Falzone D. Vincenzo - Clavegna. 212 Falzone Angela - Cilavegna.

213 Fantini Gio. Battista - S. Vito al Tagliamento.

214 Fantocchio D. Giovanni Parr. - Mortara. 215 Farné Imelda ved. Montebugnoli - Castel San Pietro (Emilia).

216 Fassi D. Gio. Battista Prev. - Villastellone. 217 Fabio Rosa - Albissola (Genova, 218 Federicis D. Fabio - Riva di Arcano. 219 Felizzati Catterina - Torino. 220 Ferraris D. Francesco - Pontone. 221 Ferrero Serafino Torino.

222 Ferrea Gaetana - Torino.

223 Ferruglio D. Giovanni - Chiavris.

224 Fietta-Carminati Nob. Laura - Fietta (Treviso).

223 Figini D. Antonio Parr. - Bienzate.

226 Fignoni Gerolamo - Alassio.

227 Finetti D. Vincenzo Rett. - Pavarano. 228 Fiorina Teresa - Chivasso. 229 Fiorito D. Giuseppe - Rivoli. 230 Fiorini D. Giacinto - Artogne. 231 Fioroli D. Gerardo - Varignano.

232 Focacetti Monsig. Concelto Vescovo - Monte fiascone

233 Foletta Domenico - Gerra Verzasca.

234 Folicaldi Monsig. Francesco Arcivese. d'ai feso - Roma.

235 Fondra Margarita - Cortabbio.

236 Formia Anna - Lusiglie Canavese. 237 Fornaro Angela - Soave Veronese.

238 Forneris D. Domenico - Candia Canavese. 230 Frasnelli D. Gio. Batt. - Brancolino. 240 Franchina D. Carlo - Poschiavo (Svizzera). 241 Franchini Ernesto - Caprino Veronese. 242 Franco Maddalena - Volvera. 243 Fran D. Pietro - Ortueri. 244 Fratel Dalmazzo - Genova. 245 Fumeo D. Carlo Parr. - Renate. 246 Fumagalli D. Giuseppe - Como. 247 Furlan D. Girolamo - Morgano. 248 Gabriele Angela - Pantelleria. 240 Galanti D. Giuseppe Arcip. - Broni.

250 Galassi D. Giuseppe Prev. - Pieve del Cairo. 251 Galassi D. Michele Teol. Can. - Rimini. 252 Gallizzi D. Eugenio - Almenno S. Salvatore. 253 Gallo Teol. Cav. Avv. - Morano. 254 Gallo D. Carlo - Pralungo. 255 Gancia Antonio - Cavallermaggiore.

256 Gandolfi D. Tommaso Arcip. - S. Michele. 257 Garbari D. Giuseppe - Sarnonico. 258 Garbari Maria Luigia - Hymphenburg (Austria).

259 Garibotti D. Gio. Batt. - Genova.

260 Garrone D. Pietro Prev. - Pezzana. 261 Gaspardis Monsiq. G. B. - Cividale. 262 Gastaldi D. Giovanni - Monteu da Po. 203 Gavezzi Pace - Poscante.

(Continua)

IL CONTE EDOARDO MELLA.

Un telegramma da Vercelli ci dà la dolorosa notizia della morte del Conto Edoardo Mella, avvenuta il giorno 8 di questo mese. Il Bollettino essendo già in macchina ci limitiamo a raccomandare alle preghiere dei Cooperatori l'anima del. compianto gentiluomo, che quale abilissimo architetto cotanto cooperò alla erezione della Chiesa di S. Giovanni Evangelista in Torino. Ne diremo più in lungo nel prossimo numero; ma sia fin d'ora pace all'anima sua.

OPERE PUBBLICATE NEL MESE DI DICEMBRE dalla TIPOGRAFIA SALESIANA di Torino

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