BS 1920s|1923|Bollettino Salesiano Settembre 1923

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE PER I COOPERATORI DELLE OPERE E MISSIONI DI DON BOSCO

ANNO XLVII.   TORINO, SETTEMBRE 1923   NUMERO 9.

REDAZIONE E AMMINISTRAZIONE: VIA COTTOLENGO, 32 - TORINO (9)

SOMMARIO: Il Servo di Dio Don Andrea Beltrami, salesiano. - In morte dell'E.mo Card. Richelmy. - Pia Opera di S. Stefano Protomartire. - Le Missioni Salesiane: Dalle lettere dei nostri. - La missione salesiana di Tanjore. - Istituto Card. Cagliero per le Missioni Estere Salesiane. - La Prefettura Apostolica dell'Assam. - Una settimana in missione tra i Bhoi. - Lo spirito educativo di D. Bosco nell'Orfanotrofio di Macao (Cina), - Le meraviglie di Maria Ausiliatrice. - Omaggio Internazionale a Gesù Adolescente. - Azione salesiana: Il 25° dell'Opera di Don Bosco in Polonia. - Nuova chiesa a Montevideo. - Commemorazioni Manzoniane. - Gli ex-allievi. - Note e corrispondenze.

IL SERVO DI DIO D. ANDREA BELTRAMI

della Società Salesiana (nato ad Omegna il 24-V1-1870 = morto a Torino il 30-XII-1897)

Omegna, l'antico borgo della diocesi e provincia di Novara, che si specchia sul lago d'Orta con l'incanto ridente delle riviere, coronato dall'austera bellezza delle montagne, fu patria al nostro Servo di Dio. Dalla pittoresca natura del paese, forse egli trasse quel senso di gentilezza e di amore al bello, che poi gli avvivò l'ingegno e si rivelò anche nei suoi scritti; dalla famiglia, segnatamente dalla piissima madre, imparò quella vita di fede e quell'amore a Dio, che lo guidarono rapidamente all'eroismo delle virtù cristiane e religiose.

A 13 anni fu condotto al Collegio di San Filippo, aperto dal Ven. Don Bosco in Lanzo Torinese, e si rivelò subito, ai maestri e ai compagni, vivace, ardente, di non comune ingegno, d'animo squisitamente sensibile e delicato, ricco, insomma, di quelle doti che fanno presagire una splendida riuscita.

E fin dal primo giorno di vita collegiale, egli pure ebbe il presentimento che avrebbe incominciata una vita nuova: e prese la risoluzione di farsi buono, anzi di « farsi santo », come risulta dalle lettere ai genitori, ai fratelli, e dalle private conferenze col direttore. La pietà e la divozione alla Madonna, apprese dalla parola e dall'esempio materno, si fecero più intense; l'amore allo studio, che aveva sempre dimostrato e gli aveva meritati i primi premii, si avvivò e nobilitò, perchè congiunto all'idea del dovere; e nessuno più di lui, anzi, come lui, raccolto nella preghiera, puntuale nell'osservanza del regolamento, docile ai Superiori, avido di ascoltarne e praticarne i consigli, attento alle lezioni, studioso, diligente. E, come in Domenico Savio, si rivelò anche in lui la virtù caratteristica delle anime grandi: la carità dell'apostolato. Il giovinetto dal bell'ingegno, per cui primeggiava nella scuola, esercitava, prima senza saperlo, perchè modestissimo, un'autorità incontrastata, anzi accettata con piacere dai condiscepoli; e se ne valse per farsi apostolo in mezzo a loro.

Il direttore e gl'insegnanti di Lanzo, ed anche vari condiscepoli, erano tutti ammirati nel contemplare quell'alba pura di uno splendido meriggio di santità.

E data dal primo anno di collegio il primo incontro di Andrea con Don Bosco. Ricorreva l'onomastico del Venerabile, e anche da Lanzo vennero inviati alcuni convittori a rappresentare il Collegio alla festa che si celebrava nel l'Oratorio. Andrea fu tra i scelti, e di più incaricato di scrivere e leggere il componimento. In cuore ne gioì, poichè gli era dolcissimo esprimere, per sè e per i compagni, i sentimenti di venerazione e di affetto, che il Venerabile suscitava vivissimi con la parola, con l'aspetto e con lo sguardo. Tuttavia pregò il direttore di affidare la lettura del componimento ad altri, ma non l'ottenne e dovette leggerlo lui. Il Venerabile l'ascoltò attentamente, fissando con quegli occhi, avvezzi a penetrare in fondo alle anime, il giovine lettore, la cui voce e il cui aspetto rivelavano la profonda e dolce commozione dell'anima. E volle che glie lo rileggesse, poi lo chiamò a sè e gli parlò per qualche istante, confidenzialmente, all'orecchio. Quali parole uscirono dal cuore del Padre della gioventù? Andrea non le ripetè, ma apparve soffuso il volto di rossore, gli occhi scintillanti di gioia; e per tutto quel giorno restò come rapito in un grande pensiero. Dopo il ritorno al collegio, qualcuno gli domandò come mai non sapesse dir nulla dei monumenti e delle bellezze di Torino; ed egli, di solito così fervente ammiratore della storia e dell'arte, rispose che non ricordava nulla, che non aveva veduto nulla: « perchè nella sua anima, - osserva un compagno - non dominava più in quel giorno, che Don Bosco, e le parole confidenziali che da Don Bosco aveva udite ».

E il nostro Ven. Padre, d'allora in poi, lo dominò sempre, maestro e ispiratore, ferventemente ascoltato e seguito.

Il 2 ottobre 1887, tre anni dopo il primo incontro, Andrea, ancora giovanissimo, ma già maturo di senno e straordinario nella pratica della virtù, aveva l'ineffabile gioia d'emettere i voti religiosi nella chiesetta di Valsalice, dinanzi al Venerabile, che li ricevette e suggellò con la paterna benedizione. Il giovane studente di Lanzo, al quale, tre anni prima, Don Bosco aveva parlato come sanno parlare i santi, spesso divinatori dei misteriosi disegni di Dio sulle anime, aveva corrisposto pienaniente.

Nell'anno di noviziato, compiuto a Foglizzo, Andrea aveva meravigliato il Maestro e i compagni con un'ammirabile condotta. Di giorno in giorno lo avevano visto avanzare nella via della perfezione, e stupirono, tutti, rilevando l'intima sua unione con Dio, la carità, l'amore e la pratica della più rigorosa mortificazione, e, quantunque cercasse di nascondersi, anche l'umiltà più profonda. Nel giorno della Professione lo contemplarono raggiante, e l'udirono ripetere: « Essendo Iddio fattosi più strettamente mio, io devo farmi più strettamente suo... Dilectus mens mihi, et ego illi! »

Non è certo facile, ritrarre in poche parole le meravigliose conquiste di quell'anima per le vie della perfezione. Ogni giorno usciva dalla meditazione e dalla Comunione, infiammato in viso e si aggirava per la casa come fuori di sè, avido di tornare in chiesa, più che poteva, a far compagnia a Gesù in Sacramento e a Maria Santissima. Per assecondare l'amore che sentiva per il Sacro Cuore di Gesù, chiese al suo direttore il permesso di svegliarsi ogni ora della notte, per elevare qualche giaculatoria; ottenutolo, ebbe anche la grazia di svegliarsi davvero a tutte le ore, e tutte le ore passava alcuni istanti in intima unione con Dio.

Ma quando il bellissimo ingegno e le rare doti dell'anima promettevano in lui un emulo insigne dei più strenui lavoratori, seguaci di Don Bosco, quando si era già dedicato alla missione di educatore, ed avea dato saggio di raro magistero come insegnante e di non comune ardore come apostolo, venne irrevocabilmente colpito dalla più tremenda malattia. Tutti se ne dolsero, egli no: accettò le cure amorose dei superiori, si sottomise a visite, a consulti, ma subito si rese familiare « il pensiero della morte »; e ad altro non pensò, ed altro non si propose che porsi nello stato di vittima. L'amore dei patimenti divenne in lui gigante: il corpo lentamente si consumava fra spasimi, egli gioiva: a ogni colpo di tosse che gli lacerava il petto, diceva: « Deo gratias »: e nessuno, nei lunghi anni di malattia, gli vide mai un'ombra sul volto, ma sempre il raggio dell'interna pace e della profondissima gioia che gli veniva dai patimenti, mentre la sua umiltà sfolgorava più viva, e il suo ardore per Gesù Sacramentato e la sua devozione a Maria Ausiliatrice, che soleva teneramente chiamare « mamma », raggiungevano il più alto grado, fino a sollevarlo alle dolcezze misteriose dell'estas. Da un finestrino, attiguo alla sua povera cella, poteva contemplare il S. Tabernacolo; e là prolungava i suoi colloqui infocati col Divin Prigioniero, e si offriva e s'immolava, con lui, continuamente. Bene spesso, non potendo dormire, passava, così, anche le notti intere, adorando.

La divozione al S. Cuore di Gesù divenne così viva nel suo cuore, che, benchè malato, riuscì a promuoverla efficacemente anche tra i compagni e in tutti i Noviziati della Pia Società, manifestando insieme il desiderio che la Pia Società venisse consacrata allo stesso Cuore Divino. E l'ottenne. Due anni dopo la sua morte, allo spuntar del secolo XX, il venerato Don Rua, impareggiabile successore di Don Bosco, stabilì di compiere detta consacrazione, e, nell'invitare i Salesiani al rito solenne, diceva espressamente « essersi deciso a questo atto, spinto dalle preghiere delle case di formazione, congiunte in lega santa, e dalla memoria dell'indimenticabile confratello D. Andrea Beltrami ».

Tant'amore di Dio e delle cose celesti non fu l'ultima causa della fiera malattia che lo afflisse per sette anni e lo portò alla tomba. « Il Signore, scrisse egli stesso per obbedienza in una lettera al suo direttore, mi dà un'unione continua, un amore ardentissimo verso di Lui. Queste fiamme d'amore mi abbruciano l'anima e il corpo. Prima della malattia erano intense e profonde. È probabile che la causa della malattia sia stata questa intensità di unione e di amore, che, negli ultimi mesi, precedenti la caduta, aveva raggiunto un grado tale, che io credeva di morire. Usciva dalla meditazione sfinito di forze, poi veniva la Comunione che mi faceva languire. Il mangiare ghiaccio o neve, il freddo di 20 gradi sotto zero, poichè quell'anno l'inverno fu rigidissimo, non bastarono a calmare gli ardori interni ».

Mentre si elevava a Dio con tanto ardore, continuava ad abbassarsi nell'umiltà più profonda. Avrebbe desiderato di essere dimenticato da tutti. A questo scopo distrusse gelosamente tutti gli attestati e i diplomi di studio che aveva riportati: scancellò il suo nome dai libri di premio; fece scomparire le medaglie al merito, che aveva conseguite, perchè non rimanesse più alcun vestigio di sè e dei suoi trionfi. Per molti anni la grazia, che domandò più intensamente al Signore, fu l'umiltà; giunse al punto che frequentando l'Università di Torino, pur essendo tra i promotori della fondazione del Circolo Universitario Cattolico « Cesare Balbo », tuttora in fiore, non dubitò di commettere volontariamente delle sante stranezze, come San Filippo, per farsi burlare; e ne avrebbe fatte delle altre, se non gli fosse stato vietato.

Ma la virtù caratteristica del nostro Servo di Dio fu l'amore al patire. Dopo aver preso come programma: « Nè guarire, né morire: ma vivere per patire », si offerse vittima al Sacro Cuore di Gesù; e, col permesso del direttore, ne scrisse l'atto, lo sottoscrisse col suo sangue, e lo portò appeso al collo fino alla morte, per ripetere ogni volta che lo premeva sul cuore, che voleva esser vittima di espiazione per il Papa, per i Cardinali, per i Vescovi, per la Chiesa in generale, per i Superiori della Pia Società Salesiana, e in particolar modo per gli agonizzanti di tutto il mondo e per le anime sante del Purgatorio.

E che questa offerta gli venisse di continuo dal fondo dell'anima lo si vedeva dal godimento con cui pativa e dal chiedere al Signore, ogni volta che aveva dolori più acerbi, che glieli prolungasse fino al giorno del giudizio universale: e, dopo anni di un tal martirio, scriveva al venerato Don Rua: « Io sono contento e felice e faccio sempre festa; nè guarire, nè morire, ma vivere per soffrire; nei patimenti ho trovato la vera contentezza. È il sesto anno della mia malattia ed io ne faccio l'anniversario come di giorno fausto, pieno di letizia e dei più belli di mia vita ».

Ma benchè la malattia fosse di quelle che non guariscono mai, e non dànno tregua, e lo tenesse in prossimo pericolo di morte, tuttavia seppe rendersi utile alla Pia Società e alla salute delle anime, con lo scrivere. In una lettera al direttore, per cui non aveva segreti, così ne manifestò candidamente il desiderio: « La parola mi viene facile ed elegante: alla licenza liceale ottenni nove decimi di componimento e dieci di verbale; sarei contento se potessi trafficare questo talento, che Iddio mi ha dato, a sua gloria ed onore... » Il superiore annuì, e il primo libro fu la Vita della Beata Maria Margherita Alacoque, l'anima irradiata, come la sua, dalle fiamme del Sacro Cuore di Gesù. Seguirono altre operette: Vita di S. Francesco d'Assisi - Vita di Giovanna d'Arco - Vita di S. Liduina - Tommaso Moro - Il peccato veniale - L'inferno esiste - Massime di Don Bosco - Napoleone I -- Perle e diamanti - Chi vuole si fa santo - L'aurora degli astri - e tutta questa fecondità si svolse negli ultimi anni, quando non aveva più forza di articolare una parola, ed era costretto ad esprimersi scrivendo, anche per le più piccole cose.

Piacque a Dio tanto zelo, e volle premiarlo con grazie straordinarie. Per tre anni di seguito, gli ultimi della vita, il giovane Servo di Dio durante la Santa Messa andava sempre in estasi. I confratelli Mauro Perego, tuttora vivente, e Giacomo Frank, da poco defunto, che lo servivano all'umile altare dell'Oratorio privato in cui celebrava, attestarono con giuramento, che mentre non poteva stare cinque minuti senza tossire fortemente, nè reggere cinque minuti in piedi senza appoggiarsi, celebrando, impiegava dalla Consacrazione alla Comunione circa un'ora, senza appoggiarsi affatto all'altare e senza dar un colpo di tosse, il volto infiammato come brace, mentre lungo il giorno era sempre pallidissimo.

La sua morte fu serena come il tramonto di una giornata incantevole: « La vittima, egli disse dolcemente, proprio l'ultima notte, è prossima ad essere immolata, e devo sempre più purificarla, per renderla meno indegna di Sua Divina Maestà ». E passò tutta la notte in preghiere e in sofferenze, rinnovò l'offerta di sè stesso come vittima al Signore, si volle anche cambiar la biancheria personale, e la mattina del 3o dicembre 1897, dopo sette anni di continui patimenti, senza gemiti, soavemente, pur soffrendo acuti dolori e baciando ripetutamente il Crocifisso, s'addormentò nel Signore.

Spirato che fu, si udì una voce sola: « È morto il nostro santo!... Che gran santo era D. Beltrami! » E il suo maestro di noviziato, che continuò ad essere in intima relazione con lui finchè visse, all'udir che tutti lo paragonavano a S. Luigi e a S. Giovanni Berchmans, scattò esclamando: « Di più, di più! ».

La venerata salma, trasportata, per desiderio dei congiunti ad Omegna, nel sepolcreto di famiglia, ora riposa nella Chiesa parrocchiale, dove molti vanno a pregare il Servo di Dio, come a potente intercessore di grazie celesti.

Del nostro caro don Andrea si tesserono molti elogi, dettati da profondo convincimento, e il teol. D. Giulio Barberis, che ne scrisse la prima biografia, ne raccolse moltissimi, tutti di persone che lo conobbero da vicino. Don Bosco stesso, prima di morire, a chi gli parlava di Beltrami, allor giovine chierico, ebbe a dire: « Di Beltrami non ce n'è che un solo! » E il Servo di Dio Don Michele Rua, nell'ultima sua malattia, proferiva queste altre parole, che hanno anch'esse un alto significato: « Non lascio passar giorno senza raccomandarmi a Don Bosco e a Don Beltrami ».

È quindi naturale che la sua vita, la quale, sull'esempio e secondo le raccomandazioni di Don Bosco, fu d'intensa preghiera e d'intenso sacrifizio, si legga con avidità e con frutto da ogni sorta di persone, specie dalle anime religiose e sacerdotali; - che molte grazie, anche strepitose, si attribuiscano all'intercessione di questo nostro Servo di Dio; - e che molti Cardinali, Arcivescovi, Vescovi, Superiori d'Istituti Religiosi e altre insigni ed autorevoli persone abbiano inviato alla S. Sede le più fervide istanze per la sua Beatificazione.

Compiutosi, infatti, il processo dell'Ordinario nella Curia Vescovile di Novara, il S. Padre Benedetto XV, con Decreto della S. Congregazione dei Riti, il 28 luglio 1920 ne introdusse la Causa di Beatificazione e Canonizzazione. Preghiamo il S. Cuore di Gesù e Maria Ausiliatrice, perchè abbia a compiere felicemente il suo corso. Sarà un nuovo splendido pegno dell'intrinseco valore del metodo educativo del nostro Ven. Padre e della bontà di vita, da lui tracciata ai suoi figli spirituali.

A chi desidera conoscere a fondo la vita di questo nostro glorioso confratello raccomandiamo: Sac. PAOLO VALLE, Vita del Servo di Dio Andrea Beltrami (prezzo L. 13) presso la S. E. I. Corso Regina Margherita, 174, Torino (9).

In morte dell'E.mo Card. Richelmy

Da più anni era malato, e gravemente. La sua fibra delicata, d'un tratto, aveva subìto una scossa che poteva essere presto mortale; e quantunque il grave disturbo più non l'abbandonasse, tuttavia egli raddoppiò il lavoro, con eroico spirito di sacrifizio, mosso dallo zelo, che gli avvampò sempre in cuore.

Era già malato quando scoppiò la guerra. Eppure se vi fu tempo, in cui brillò di più vivo splendore la sua carità, fu quello. Tutto a tutti, non contento d'accogliere quanti desideravano parlargli e di sovvenire largamente i bisognosi d'ogni ceto che a lui facevano ricorso, senza tralasciar alcuna delle consuete cure pastorali, era sempre il primo in ogni solenne funzione propiziatoria ed espiatoria, e si aggirava, pressochè ogni giorno, angelo di conforto, nelle corsie degli ospedali e nelle caserme.

Anche in questi ultimi anni, non ostante che i medici lo pregassero ad avere un po' più di cura della sua salute, e sentisse egli stesso che non poteva più attendere a lunghe funzioni, qualunque fosse la stagione, assai spesso, si trovava nel medesimo giorno in cinque o sei luoghi diversi, per svariate cerimonie, e lasciava dappertutto, insieme con le sue benedizioni, la gioia di uno di quei discorsetti, semplici e fervorosi, che gli uscivan dal cuore nella forma più adatta all'ambiente dove parlava. Pochi si avvidero che la sua salute andava sempre peggiorando, perchè se la continua minaccia avrebbe consigliato chiunque alla moderazione e al riposo, egli ne traeva, invece, e monito e stintolo a moltiplicare il cumulo del bene compiuto, presentendo la fine.

Fanciullo e giovinetto, sotto la guida della piissima madre, trovò le sue delizie nella pietà, e coltivò brillantemente gli studi. A 16 anni conseguì il diploma di licenza liceale, a 21 la laurea in Teologia alla R. Università; e intanto si dava all'insegnamento della Dottrina Cristiana nelle parrocchie e negli Oratori. Ordinato Sacerdote, ed ascritto in breve al Collegio dei Teologi, predilesse le opere del Sacro ministero, mentre insegnava nel Seminario Metropolitano; e a 36 anni, eletto Vescovo d'Ivrea, per oltre due lustri fu pastore operoso e desideratissimo del clero e del popolo di quella diocesi.

Promosso nel 1897 Arcivescovo, tornò a Torino, e qui nell'esercizio di ogni opera buona, passò gli ultimi 26 anni della santa vita, stimato dalle autorità e venerato dai nobili e dal popolo, pastore eminentemente pio e caritatevole. La sua ascetica figura, ovunque comparisse, si guadagnava lo sguardo e la venerazione universale, sopratutto allorche celebrava divotissimamente la Santa Messa, o dispensava la S. Comunione, o indugiava in preghiera ai piedi degli altari, od allargava le braccia in ampio gesto paterno per invocare le benedizioni di Dio. Battezzato e cresciuto nella parrocchia di S. Carlo, dove il giorno di questo gran Santo vestì l'abito chiericale, parve ai più, nel mite splendore della porpora, una delle più espressive immagini del Santo arcivescovo di Milano.

Pari alla pietà e allo zelo con cui adempiva l'ufficio di pastore, era la sconfinata ampiezza di cuore, con cui esercitava quello di padre. Quanti lo avvicinavano erano accolti col più dolce sorriso, e ne ricevevano, con bontà e munificenza sovrana, consigli e conforti, morali e materiali.

Le sue predilezioni erano per la gioventù. Bisogna vederlo tra i Limbi degli asili, tra i ragazzi degli Oratori, tra le schiere della gioventù cattolica, e tra i suoi seminaristi. Per tutti aveva una parola dolce, il sorriso largo e cordiale, e un piccolo dono, sempre gradito.

Cotesta predilezione lo mosse ad avere un particolare trasporto per l'Opera Salesiana. Ancor fanciullo, condotto dai genitori a Valdocco, ai teatrini che i birichini di Don Bosco allestivano per i loro benefattori, divenne presto amico del Venerabile, felice, quando, nelle sue ulani, poteva deporre, insieme con un bacio, le offerte che gli affidavano il papà e la mamma. Chierico ed amico dei primi aiutanti del Venerabile, si recava con loro ora a questo ora a quell'Oratorio, per insegnare il catechismo, promotore geniale e instancabile di gare catechistiche. Sacerdote, non ebbe altro maggiormente a cuore che ricopiare il bene che vedeva farsi dai figli di Don Bosco, cooperando, tra i primi, alla fondazione dell'Istituto delle Scuole Apostoliche al Martinetto, che poi venne affidato alla nostra Società. Vescovo d'Ivrea fu consigliere e fautore presso la venerata sua madre, perche donasse a Don Rua un'amena villa che possedeva nei pressi della città, dove si succedettero, a seconda dei più urgenti bisogni, parecchie opere nostre e dove oggi fiorisce l'Istituto Card. Cagliero per, le Missioni Estere Salesiane. Arcivescovo di Torino moltiplicò verso di noi ogni prova di predilezione, non avendo altro limite che la prudenza. Se avesse ascoltato unicamente il cuore, ce lo protestò tante volte, non avrebbe mai detto basta.

Come godeva nel celebrare nella Basilica di Maria SS. Ausiliatrice! Come veniva volentieri a benedir le schiere dei nostri nuovi Missionari, nel cui cuore riversava generosamente i tesori di affetti divoti che gli avevano inondato l'anima nella meditazione quotidiana. Nel 19o8, Legato di Leone XIII, fu lieto di fregiare di auree corone la sacra immagine della nostra Madre Celeste. Nel 1918 fu l'oratore ufficiale del 9 giugno, quando si celebrò, insieme con la messa d'oro di Don Albera, il Cinquantenario della dedicazione del Tempio. Anche l'anno scorso volle accrescere la nostra letizia per la messa di diamante dell'E.mo Card. Cagliero e del venerato Don Francesia con una di quelle stupende allocuzioni che resterà, tra noi, per sempre memoranda.

Non è possibile, in poche parole, accennare tutti i segni di squisita benevolenza, di cui ci fu largo l'esimio Porporato. Sotto il suo governo si compirono: i Processi Apostolici per le Cause di Beatificazione e Canonizzazione del Vena Don Bosco e di Domenico Savio, e s'iniziò canonicamente il Processo informativo per la Causa di Beatificazione di Don Rua, di cui, ai funerali di Trigesima, volle egli stesso dir l'elogio funebre.

Ma questi pochi dettagli sono sufficienti per far comprendere la gravità della perdita che abbiam fatta: e poichè la triste notizia sarà appresa con profondo cordoglio in tutta la nostra Pia Società e da molti ex-allievi e cooperatori nostri affezionatissimi, noi facciamo a tutti l'invito d'unirsi con noi nel moltiplicare per l'anima elettissima i più devoti suffragi, particolarmente il giorno della Trigesima -- che ricorre il 10 di questo mese, sacro a S. Nicola da Tolentino - perchè il compianto Pastore, che crediamo già in possesso della gloria celeste, abbia quel dì ad allietarsi, come faceva in terra allorchè poteva beneficare i più poveri dei suoi figli e fratelli in Gesù Cristo, nel veder molte anime salire alla gloria, mercè l'applicazione delle opere buone, ispirate dalla gratitudine nostra alla sua memoria.

Così Egli pure, il Santo Arcivescovo, continuerà a pregare per noi dalla gloria dei santi; e, con Don Bosco, con Don Rua, con Don Albera, ci proseguirà, perenne, quella predilezione, della quale ci fu largo in vita.

L'E.mo Card. Agostino Richelmy nacque a Torino il 29 novembre 1850 dal prof. comm. Prospero Richelmy, che elevò a fama mondiale la Scuola degli Ingegneri al Valentino. A sedici anni vestì l'abito chiericale e, compiuti gli studi ecclesiastici, fu consacrato Sacerdote il 23 aprile 1873. Il 7 giugno 1886 fu eletto Vescovo di Ivrea, e nell'ottobre del 1897 promosso alla Sede metropolitana di Torino. Venne creato Cardinale di S. R. C. da Papa Leone XIII, nel Concistoro del 19 giugno 1899. L'anno scorso si celebrò con solenni festeggiamenti, tra cui il memorando Congresso Eucaristico Piemontese, l'anno 25° del suo governo nell'Archidiocesi Torinese e il 50° della sua ordinazione Sacerdotale. Spirò santamente il 10 u. s.

R. in P.

Pia Opera di S. Stefano Protomartire

La recente scoperta del Sepolcro di S. Stefano e dei Santi Gamaliele, Nicodemo ed Abibone, presso l'Orfanotrofio Salesiano di Beitgemal (Ved. Boll. di luglio u. S.), fece sorgere e maturò l'idea di una Pia Opera intitolata dal Santo Protomartire, allo scopo di far rifiorire la memoria e l'opera di Lui, che con eroica fortezza combattè le prime battaglie per la diffusione della Fede Cristiana e imitò così da vicino il Divino Maestro nella pratica della carità, pregando per i suoi uccisori nell'atto stesso che lo lapidavano: Signore, non imputar loro questa cosa a peccato (Atti degli Ap. VII-59).

A diffondere questa forma di piena carità verso tutti, anche verso i nemici, e ad affrettare l'estinzione di quella fiamma d'odio,. che è ancor viva nella povera umanità cristiana ed infedele, la Pia Opera ricostrurrà sul Sepolcro del Santo Protomartire l'antico « Martyrium », distrutto da Cosroe re di Persia nel 613, e ne farà un centro di culto perpetuo con preghiere e S. Messe in onore del Santo Protomartire e Compagni, e svilupperà in pari tempo l'Orfanotrofio, già esistente, per poveri ragazzi cattolici e scismatici, creando, in omaggio di filiale adesione al desiderio espresso recenteniente da Sua Santità al nostro Rettor Maggiore Don Filippo Rinaldi, un apposito reparto per i musulmani.

Lo Statuto della Pia Opera, quale è riferito qui appresso, venne umiliato a Sua Santità perchè l'approvasse e lo commentasse con la concessione di particolari indulgenze; e il Santo Padre con un nuovo tratto di sovrana bontà, che i Figli di Don Bosco non potranno dimenticare giammai, fece buon viso all'umile istanza, come appare dalla lettera che pubblichiamo.

Statuto della Pia Opera di Santo Stefano Protomartire.

Presso il Sepolcro di Santo Stefano e dei Santi Gamaliele, Nicodemo ed Abibone, recentemente scoperto nell'Orfanotrofio Cattolico. di Beitgemal (Palestina) è fondata la Pia Opera di S. Stefano, ad onore del glorioso Protomartire, che eroicamente imitò il Divin Salvatore nella pratica della carità, perdonando ai suoi stessi uccisori.

SCOPO. - La Pia Opera ha lo scopo d' implorare da Santo Stefano e diffondere in mezzo al popolo cristiano, la pratica piena della carità, anche verso i nemici, per estinguere quella fiamma di odio ancor viva nella povera umanità, cristiana ed infedele, costituendo un centro di preghiere e di opere buone presso il Sepolcro stesso del Protomartire. Le preghiere sono quotidianamente innalzate dagli orfanelli cattolici e scismatici ivi educati alla pietà e al lavoro dai Figli del Ven. Don Bosco; e le opere buone vanno a beneficio loro e di altri orfanelli, musulmani, raccolti ed educati nello stesso istituto.

SOCI: - I Soci della Pia Opera possono essere di tre categorie: perpetuamente inscritti, propagandisti e benemeriti: - Perpetuamente inscritti, quanti le dànno il nome, accompagnandolo con caritatevole offerta; - Propagandisti, quelli che si offrono per zelare e raccogliere nuove iscrizioni; - Benemeriti, quelli che appoggiano la Pia Opera con generose elargizioni, ad es. con la somma necessaria per l'educazione di un orfanello orientale.

A tutti è rilasciato un attestato d'inscrizione. I nomi dei Benemeriti saranno incisi in apposite lapidi sulle pareti del nuovo « Martyrium ».

FAVORI SPIRITUALI: - 1° I Soci sono ricordati ogni giorno nelle preghiere che si fanno e nelle Messe che si celebrano presso il Sepolcro del Santo Protomartire.

2° E per loro applicata una Messa quotidiana dal 26 dicembre al 2 gennaio, cioè nella festa e

nell'ottava di S. Stefano; il 26 d'ogni mese, a commemorazione del Santo Protomartire; e il 3 agosto sacro alla sua Invenzione. A queste Messe intervengono gli Orfanelli cattolici, indirizzando, allo stesso fine, le loro preghiere e Comunioni.

3° Il 4 agosto si celebra un solenne funerale per tutti i Soci defunti.

4° Alla morte di ogni Socio benemerito viene applicata una S. Messa in suo suffragio, accompagnata da particolari preghiere e S. Comunioni degli Orfanelli.

CENTRI: - La Pia Opera ha due centri, uno in Palestina, l'altro in Italia. In Palestina presso l'Orfanotrofio Cattolico di Beitgemal-Gerusalemme. - In Italia, presso il Rettor Maggiore dei Salesiani, Via Cottolengo, 32 - Torino (9).

La Pia Opera è raccomandata a quanti amano di veder il trionfo della pace di N. S. Gesù Cristo nel regno di Gesù Cristo: Pax Christi in regno Christi; ai fedeli che frequentano le Cappelle e Chiese Parrocchiali e Cattedrali, dedicate al Santo Protomartire in ogni parte del mondo; a quanti portano il suo nome; e particolarmente ai Direttoti e alle Direttrici degli Istituti Cattolici Educativi.

L'approvazione del Santo Padre.

Dal Vaticano, 9 giugno 1923. R.mo Signore,

Mi do premura di significarle che è pervenuta nelle venerate mani del Santo Padre la devota supplica indirizzatagli dalla S. V. allo scopo di ottenere l'approvazione della Pia Opera testè eretta in Beitgemal (Palestina) presso il sepolcro di S. Stefano Protomartire e dei Santi Gamaliele, Nicodemo e Abibone. L'Augusto Pontefice si è molto compiaciuto di questa santa iniziativa, che si propone lo scopo altamente cristiano « di implorare da S. Stefano e di diffondere dovunque la pratica piena e perfetta della carità, anche verso i nemici, per estinquere quella fiamma di odio, ancora viva nella povera umanità cristiana ed infedele, costituendo un centro di preghiere e di opere buone presso il Sepolcro stesso del Protomartire ».

Il Santo Padre ha poi inteso con vivo piacere come per attuare questa benefica istituzione e questo centro di preghiere e di carità, i zelanti Figli del Ven. Don Bosco, mentre si accingono a ricostruire sulla tomba del primo martire l'antico MARTYRIUM, che dovrà essere il Santuario particolare di tutti i soci dell'Opera, vogliono in pari tempo sviluppare l'Orfanotrofio già esistente per i poveri bambini cattolici e scismatici, creando inoltre un apposito reparto per i musulmani, in omaggio di filiale adesione agli augusti desideri espressi recentemente dalla stessa Santità Sua al Rettor Maggiore D. Filippo Rinaldi.

L'Augusto Pontefice, quindi, non soltanto approva pienamente la suddetta Pia Opera, ma di gran cuore la benedice fino dagli inizi, e benedice pure a quanti col loro lavoro e col loro obolo contribuiranno all'attuazione e alla diffusione della medesima.

Volendo inoltre la Santità Sua mostrare tutta la Sua compiacenza e il paterno incoraggiamento a questa Istituzione, che trae il suo motivo e la sua ispirazione dall'amore universale dei fratelli e si attua in un'opera di benefica carità per l'infanzia abbandonata, si è benignamente degnata di concedere a tutti i soci le seguenti indulgenze da lucrarsi nelle forme consuete della Chiesa:

I. INDULGENZA PLENARIA IN PERPETUO, per il giorno della festa e per i giorni fra l'ottava di S. Stefano Protomartire, cioè dal 26 dicembre al 2 gennaio: - per il 26 di ogni mese, a commemorazione del S. Protettore: - e per il 3 di agosto sacro alla sua Invenzione.

II. INDULGENZA DI 500 GIORNI, Ogni volta che i soci reciteranno, come giaculatoria, le parole dell'Orazione domenicale « Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori ».

Nel comunicarle la suddetta pontificia concessione e approvazione; mi è grato significarle che il Santo Padre, in auspicio delle più elette ed abbondanti grazie del Cielo, ed in pegno della Sua particolare benevolenza, imparte di cuore alla S. V., ai di Lei cooperatori e a tutti i bambini ricoverati in codesto benemerito Orfanotrofio l'Apostolica Benedizione.

Io poi mi valgo ben volentieri dell'occasione per raffermarmi con sensi di distinta e sincera stima,

della S. V. R.ma,

Aff.mo per servirla P. C. GASPARRI.

R.mo Signore Sac. Eugenio M. Bianchi Orfanotrofio Cattolico di Beitgemal (Gerusalemme).

Sarà nostro piacere di tornare, presto, sull'argomento dell'interessante scoperta e sulla Pia Opera eretta e commendata dal S. Padre, nella fiducia di veder questa diffondersi in tutto il mondo per lo zelo dei nostri Cooperatori.

Tutti quanti, in questo mese, teniamo rivolto il Pensiero e il cuore al Paese di Gesù, e precisamente alla sua patria, a Nazaret, dove si consacra, il giorno 5, il nuovo Tempio intitolato a Lui Adolescente. I nostri Direttori ricordino le disposizioni del sig. D. Rinaldi (v. Bollettino di agosto u. s.) per l'omaggio da promuoversi tra la nostra gioventù la domenica seguente, 9 settembre.

LE MISSIONI SALESIANE

Senza dubbio l'ELEMOSINA è un utile ed efficace aiuto per condurre con vigore l'azione missionaria e tener fronte alle molteplici necessità, ch'essa impone ed esige.

Ma v'è un altro mezzo di valore assai più grande e che noi imploriamo dai Cooperatori: quello della PREGHIERA. I bisogni e i pericoli di chi lavora nelle Missioni sono numerosissimi e, di certo, vengono più facilmente superati, quando, al cospetto di Chi provvede anche agli uccelli dell'aria e veste i gigli del campo, salgono insistenti preghiere per i Missionari. La preghiera è rugiada benefica, che scende sulle loro opere, e le feconda e conforta di consolantissimi frutti.

I nostri cari Cooperatori non dimentichino mai nelle loro quotidiane preghiere i nostri Missionari: e insegnino anche ai loro figli a pregare per loro, che tutto generosamente sacrificano alla gloria di Dio.

Altra carità preziosissima è quella di indirizzarci NUOVE VOCAZIONI. Se i buoni Cooperatori conoscono qualche giovane grandicello, dai 15 ai 18 e 20 anni, che voglia studiar da prete od ascriversi alla Pia Società Salesiana come coadiutore, si mettano in corrispondenza col nostro Rettor Maggiore sig. Don Filippo Rinaldi, Via Cottolengo, 32, Torino (9), esponendo le qualità, l'età, gli studi o la professione dei raccomandati; ed avranno le opportune indicazioni e designazioni per inviarli a questa o a quella casa salesiana, in conformità dell'età, degli studi e dei desideri degli aspiranti.

Dalle lettere dei nostri.

Le Figlie di Maria Ausiliatrice in una Colonia Italiana.

Ci scrivono da Chipilo (Puebla, Messico):

Chipilo è una colonia italiana, distante circa sette ore di treno dalla capitale. Fu fondata 40 anni fa, ed è costituita da mille abitanti, tutti veneti, ad eccezione di due famiglie piemontesi, modesti e frugali, dediti all'agricoltura, da cui ricavano granturco, latte, cacio e burro, che portano a vendere nella città vicina. È questa tutta la ricchezza che possiedono: ma sono contenti della loro sorte, e, nonostante il volger degli anni e il contatto con altri popoli, han conservato i costumi tradizionali e, quel che più importa, la fede.

Da otto anni vi si è stabilito un sacerdote italiano, che funge da parroco e li guida nelle pratiche di pietà, alle quali partecipano con edificante assiduità tutti, senza distinzione di età o di sesso. Recitano ogni giorno il Santo Rosario in comune, e pregano con tanta divozione che par di vedere una comunità religiosa. Ma, purtroppo, mancavano d'istruzione. Da due anni, a questa lacuna cercano di provvedere le Figlie di Maria Ausiliatrice, che vi hanno aperto delle scuole, con più di 2oo scolari senza contare i più piccini, perchè durante il giorno vanno a scuola i ragazzi e le ragazze, e la sera è la volta degli adulti, i quali son ben contenti, dopo i lavori dei campi, di sedersi sui banchi a compitare. In questo modo, con l'istruzione religiosa e civile, aumenta anche il progresso materiale della colonia. Il Ministro Italiano che l'ha visitata recentemente, è rimasto molto soddisfatto e ha promesso aiuti, perchè l'opera provvidenziale si sviluppi e raggiunga il fine nobilissimo per cui fu istituita.

Dal Cuantung (Cina).

Ci scrivono:

Nell'orfanotrofio di Ho-Si fu predicata agli alunni il prin o co so di esercizi spirituali. I bravi ragazzi ascoltarono con alto raccoglimento la parola di Dio, e ne trassero maggior fervore nella preghiera, e santi propositi di una condotta migliore.

Il sistema educativo di Don Bosco continua ad avere, negli orfanotrofi di Ho-Si e di Macao, le sue manifestazioni più belle a benefizio delle anime giovanili.

Le prime Figlie di Maria Ausiliatrice continuano anch'esse, con gran zelo, il lavoro fra le giovinette del popolo, che accorrono volentieri insieme con le mamme a trascorrere la domenica nel loro istituto.

Nel vicinato dapprima regnava una certa diffidenza, propria del carettere cinese, ma a poco a poco scomparve per dar luogo a stima e benevolenza. Quasi ogni giorno povere ortolane, in generale ancor pagane, battono alla porta delle suore, felici di deporre nelle loro mani le primizie dei loro ortaggi.

Un giorno si presentò una donna, pagana, accompagnata da una giovinetta, dicendo: « Suore, a questa mia ragazza non permetto mai di uscire da casa; però se essa vuol venire qua, son ben contenta, perchè vedo che starà in buone mani. Venga pure a studiare il catechismo, a pregare, ad ascoltare la messa; ma a patto che stia sempre con loro ». E la figlia, già buona catecumena, influì su tutta la famiglia, ed ora anche i suoi genitori frequentano la chiesa ed ascoltano con attenzione la Dottrina Cristiara.

L'azione delle Figlie di Maria Ausiliatrice si volge pure a benefizio di varie ammalate, che ricorrono a loro con fiducia, preferendo, all'ospedale moderno e ben fornito dei protestanti, le cure semplici delle suore di Don Bosco.

Una nuova chiesa ad onore del Sacro Cuore di Gesù.

Il missionario Don G. Bardelli scrive da LienChow (Cina):

Qui, nonostante le difficili condizioni politiche, e benchè in regioni spadroneggiate da pirati, siamo lasciati in pace. Si cerca, prudentemente, di non urtare con nessuno; e così anche dai pirati si riesce ad avere dei favori, o per lo meno a non essere disturbati. Deo gratias anche in questo!

Ultimata, l'anno scorso, una bella chiesina in onore di S. Giuseppe a Tung-Pi, ora se ne sta ultimando un'altra al Sacro Cuore a Ki-Vàm, su disegno e sotto la direzione del carissimo Don Frigo, che dimostra una vera attitudine a questo genere di lavori. È quasi tutta in mattoni di terra cruda, ma è un peccato, tanto è riuscita graziosa e proporzionata in tutte le sue parti e quindi degna d'essere in grado di resistere a lungo alle intemperie. Ora, quel che è fatto, è fatto.

Dopo queste opere, ch'erano indispensabili, i tre missionari del Lien-Chow si daranno con maggior slancio al lavoro di evangelizzazione. Maria SS. Ausiliatrice ci protegga e Don Bosco ci benedica!

Un cacico patagone innanzi al presidente dell'Argentina.

Un fatto significativo e che segna un nuovo passo di conciliazione tra i fieri Patagoni e la civiltà sotto il benefico influsso della religione cristiana, avveniva il 22 maggio u. S.

Il vecchio, ma sempre florido, cacico patagone, Painefilu, accompagnato da un salesiano, fu ricevuto a Buenos Ayres dal Presidente della Repubblica Argentina, Dott. Alvéar. L'incontro fu cordialissimo. Il Presidente strinse la mano all'indio, che abbozzò, come seppe e potè, un timido abbraccio e rispose del suo meglio alle domande che gli venivano rivolte.

- Quanti anni avete, Painefilu? - Ottantaquattro.

- Dove abitate?

- Nel territorio di Neuquen, fra il rio Aluminé e il rio Mallen.

Quanta gente comandate?

24 famiglie, con 90 fanciulli di età scolastica, che ricevono istruzione a Junin de los Andes, presso i Salesiani.

- E qual motivo vi condusse alla Capitale?

- Avendo saputo dei cambio del governo, sono venuto a salutare le nuove autorità, a pormi ai loro ordini e a chiedere protezione. Gente intrusa e affarista minaccia di toglierci le nostre terre.

- Questo non sarà mai! State tranquilli! Il Governo vi proteggerà sempre.

Saputo poi che il cacico con alcuni suoi compagni era venuto a Buenos Aires anche per assistere alle feste patrie, il Presidente diede ordini perchè avessero un posto in prima fila.

- In fin dei conti, esclamò sono i primi figli delle nostre terre, e sono elementi di grandezza nazionale.

Terminato il colloquio, improntato a grande affettuosità, il Presidente abbracciò con espansione il cacico, gli pose all'occhiello la coccarda nazionale, e rivoltosi al salesiano presente ebbe calde parole di encomio e di ringraziamento per l'opera altamente meritoria dei missionari salesiani.

Da molti anni infatti, essi, sopratutto per merito dell'E.mo Card. Cagliero e del compianto D. Milanesio, hanno dato ai poveri indi sperduti il bacio di pace e l'abbraccio cristiano, che li ha sollevati dallo stato selvaggio, e li ha resi fratelli in Cristo.

Procurateci aiutanti per le Missioni.

« Sarebbe opportuno - scrive l'E.mo Card. Prefetto della S. Congregazione di Propaganda - sarebbe opportuno che gli Istituti, i quali ammettono nelle loro file anche fratelli laici, si studiassero di cercare il modo di far conoscere a tante anime desiderose di darsi a Dio, le quali, per mancanza di studi preparatori o per altre ragioni, non possono convenientemente ascendere al sacerdozio, che esse pure potrebbero, e mirabilmente, cooperare all'eroico lavoro delle Missioni. Queste infatti hanno grande necessità di uomini pii e volonterosi, periti in qualche arte o mestiere, e capaci tanto di insegnare le arti e i mesti, si stessi ai popoli presso cui sono inviati, quanto di attendere, con l'aiuto di altri, a fabbriche di edifici, impianti di officine, lavori tipografici e, senza dilungarci troppo, basterà solo accennare al bene grande che tali fratelli, debitamente preparati, potrebbero compiere, occupandosi dei catechisti indigeni, insegnando nelle scuole primarie, ecc. ».

Noi ripetiamo ai nostri cari Cooperatori il caloroso invito, insieme con il fervido voto, col quale l'Eminentissimo Card. Van Rossum chiude la sua lettera: e Benedica Iddio tutti coloro che, mossi da santo zelo, contribuiscono in qualsiasi modo, affinchè l'opera delle Missioni, l'opera apostolica per eccellenza, progredisca sempre più e venga maggiormente conosciuta ed amata »: e « ricolmi Iddio de' suoi celesti favori quelle anime che, infiammate dal Suo santo amore, si sono consacrate all'evangelizzazione di tanti popoli, i quali attendono ancora la grazia di conoscere Nostro Signore Gesù Cristo » (Lettera, in data 2o maggio u. s , ai Superiori degli Istituti Missionari).

La Missione Salesiana di Tanjore (India).

Il distrètto, o provincia, di Tanjore, si trova al sud di Madras nell'India meridionale, e misura una superficie di 3727 miglia quadrate, con una popolazione di circa 2.400.000; cioè 634 abitanti per ogni miglio quadrato. Abbondantemente irrigato dal fiume Kaveri, è fertilissimo nella produzione di riso, canna da zucchero, noce di cocco, banano, e tabacco.

La religione dominante è il paganesimo; ma anche Maometto vi conta non pochi cultori. Nella sola città di Tanjore s'innalzano più di 6o pagode, dove Siva e Visnù si dividono i sacrifizi e gli omaggi della maggior parte della popolazione. Ad ogni passo, per le vie, s'incontrano individui che portano sulla fronte i segni dell'idolo che adorano; e, quasi ogni notte, dalle sparse pagode escono processioni senza fine, recanti idoli in trionfo, fra schiamazzi, grida e torce accese.

In mezzo a tanta desolazione e miseria morale, l'Opera di Don Bosco è una piccola oasi di fede e di speranze cristiane. Fondata nel 1906, ha già diffuso la sua attività in città e in campagna, svolgendo un'intensa propaganda di bene, e tenendo alto il nome cattolico nello squallore dell'idolatria.

L'opera comprende vari rami di azione, primo dei quali la parrocchia, che conta 9000 fedeli, ed abbraccia tutta la città, e 6o villaggi nei dintorni: poi le scuole, e l'orfanotrofio.

La Parrocchia.

Vi sono addetti tre sacerdoti, due dei quali sono Indiani, proprio del paese, di cui conoscono bene la lingua, gli usi e i costumi.

Il lavoro di evangelizzazione nei villaggi procede in modo organico, e si sviluppa su basi sicure ed efficaci.

Ogni villaggio conta da 8o a 200 cattolici; e quasi in tutti sorge, segnacolo e focolare di fede, una chiesetta, dove i battezzati si radunano a pregare in comune, insieme con un catechista, che accudisce i fanciulli, insegna loro le orazioni e il catechismo, e tiene possibilmente un po' di scuola; e alla domenica raduna tutti i fedeli, ai quali fa recitare il Santo Rosario, legge il Vangelo, dà gli avvisi opportuni, e domanda se vi siano ammalati per avvertire a tempo il missionario.

Attualmente i catechisti sono 52, e fanno capo a quattro Pandaram, che hanno l'incarico di vigilarli e di facilitare ad essi il compimento dei loro doveri.

Il missionario, a sua volta, compie escursioni periodiche in ogni villaggio, coordinando l'azione preparatoria dei catechisti e dei Pandaram, e amministrando i SS. Sacramenti.

Dove però s'accentra ogni giorno più l'attività della missione è nella città. La vasta chiesa alle messe domenicali è sempre affollata, ed è consolante il constatare con quanta assiduità i fedeli si accostino ai SS. Sacramenti. Le principali solennità vengono celebrate con splendore e con preparazione di tridui e di novene. Densa di commozione è la festa della 1a Comunione dei bambini, che, in numero di circa duecento all'anno, avvolti nei loro caratteristici costumi e inghirlandati di fiori, si accostano alla mensa eucaristica, destando una salutare impressione e un benefico risveglio di fede.

Annesse alla parrocchia prosperano varie associazioni, come le compagnie del SS. Sacramento e di S. Giuseppe e della Buona Morte, l'Associazione dei devoti di Maria Ausiliatrice, la Compagnia della Madonna del Carmine, l'Associazione dei devoti del Sacro Cuore, l'Apostolato della preghiera.

Dal resoconto dell'anno scorso si rileva che furono amministrati 370 battesimi, ascoltate 25.000 confessioni, distribuite 89.000 comunioni.

I bambini della Santa Infanzia, salvati, ascendono finora a più di 6oo.

Il lavoro non s'arresta alla sola parrocchia, ma si estende ad altre opere collaterali, che insieme con la formazione cristiana diffondono il nome e lo spirito di Don Bosco.

Le Scuole e l'Orfanotrofio.

Nella città e nei villaggi la Missione tiene aperte parecchie scuole elementari e superiori maschili, con circa 8oo allievi, dei quali oltre trecento ancora pagani, e due scuole femminili, dirette dalle suore indiane con 178 ragazze, di cui 38 pagane. I maestri e le maestre sono, la maggior parte, indiani.

A Tanjore v'è pure una scuola professionale di falegnami e tessitori, in cui lavorano 109 giovanetti, dei quali 43 pagani, e un orfanotrofio popolato da 1oo orfani, uno dei quali, inviato in Italia a continuare gli studi, fattosi salesiano, e ordinato sacerdote in Roma il 3 dicembre u. s., è il primo prete offerto dai Salesiani delle Indie alla Chiesa Cattolica.

Anche qui il sistema educativo di D. Bosco è in pieno vigore. L'educazione viene impartita in modo consono alla vivacità giovanile.

Tra gli orfani è istituita la banda musicale che giova magnificamente a rallegrare le feste, e lo scorso anno fu chiamata a prestar servizio d'onore a Goa, durante i festeggiamenti per il terzo centenario di S. Francesco Saverio.

Lo sport vi ha pure una parte notevole. La scuola salesiana di Tanjore è l'unica scuola cattolica che si presenti alle gare sportive annuali, le quali hanno, nella regione, un'importanza grandissima. Fu sempre classificata con successo, e nel 1922 riportò il massimo trionfo, battendo, con netta superiorità, 3 scuole protestanti e pagane, inscritte alle gare.

Così l'Opera di Don Bosco svolge la sua benefica influenza nella gran massa pagana. Purtroppo le superstizioni e inveterate separazioni di casta sono barriere difficili da sormontarsi per migliorar l'ambiente, ancor saturo di errori profondamente radicati nelle coscienze. Tuttavia la penetrazione cristiana procede in catodo sensibile e consolante, in proporzione della disponibilità di mezzi e di personale.

Recentemente, la Missione si è arricchita di un primo drappello di Figlie di Maria Ausiliatrice, che accompagnai io stesso dall'Italia a Tanjore. L'opera loro proseguirà, qui pure, fedelmente il suo programma; e l'oratorio, il laboratorio, l'ambulatorio, e, quanto prima, anche l'orfanotrofio e l'asilo, raccoglieranno un gran numero di anime tenere e adulte attratte dalla multiforme carità di Don Bosco.

Ricordino i buoni cooperatori di pregare anche per questo lontano focolare di azione salesiana, e chiedano al Signore le grazie necessarie per avvalorare gli sforzi dei missionari e delle missionarie, poichè solo l'incessante preghiera potrà condurre alla fede di N. S. Gesù Cristo i 300 milioni d'infedeli sparsi nell'India e i 400 milioni del vicino Impero celeste.

Sac. GIORGIO ToMATIs Missionario Salesiano.

Istituto " Card. Cagliero " per le Missioni Estere Salesiane.

L'Istituto « Cardinal Cagliero », fondato allo scopo di provvedere nuovo personale per le Missioni Estere Salesiane, ha iniziato, fin dallo scorso anno scolastico 1922-23, appositi corsi di preparazione e di studi per giovani aspiranti allo stato ecclesiastico e missionario, o a quello di coadiutori dei sacerdoti missionari, nella Casa Salesiana d'IVREA (Torino).

Le accettazioni sono gratuite.

Le domande, accompagnale da una dichiarazione del Parroco che attesti della buona condotta degli aspiranti e dell'inclinazione e capacità loro alla vita missionaria, vanno dirette al Rev.mo D. Filippo Rinaldi, Via Cottolengo 3 Torino, 9.

La Prefettura Apostolica dell'Assam

(Relazione del Prefetto Apostolico Mons. Luigi, Mathias).

II. (Ved. Boll. di agosto u. s.) Religioni.

La varietà dei popoli crea necessariamente una corrispondente varietà di religioni.

La religione che conta maggior macero di addetti, è il bramanesimo: ha tre milioni e mezzo di proseliti. L'esistenza delle caste in India, specie tra gli Indù, crea un ostacolo quasi insormontabile per le conversioni. Essi si dividono in adoratori di Siva e di Visnù. Il primo è la divinità didistruttrice che bisogna placare ed ha maggior numero di adoratori; la seconda è la divinità preservatrice che pochi curano. I primi portano due striscie orizzontali sulla fronte, i secondi striscie verticali. Stranezze di ogni genere vengono compiute nei templi ed i fakiri, o santoni, indù, che si incontrano ovunque, attirano l'ammirazione e la venerazione coi loro prodigi, che si presentano come miracoli.

Vengono dopo i Maomettani, un milione e mezzo, quasi tutti nella vallata del Sylhet, dove le moschee contansi a migliaia. Ognuno sa le gravi difficoltà di convertire a Cristo questi tenaci e fanatici seguaci del sedicente profeta Maometto.

I Buddisti, in gran numero nel Bhutan, sono circa ottocentomila. Tutte le altre tribù hanno riti speciali e diversi. Le narrazioni, le più strane formano il loro codice religioso.

Le leggende sulla creazione mostrano una fantasia strana ed infantile.

Secondo i Nagas, per esempio, la creazione sarebbe avvenuta così: Un tempo, non v'era nè acqua, nè monti, né alberi; ma gli dei, imprigionati nel centro dell'universo, non sentendovisi a loro agio, fecero tali sforzi per sprigionarsi, da formare i monti: ne venne fuori il dio che è in cielo, la dea sua sposa è la terra. Così spiegano anche il terremoto, prodotto da un dio.

Presso tutte le tribù vi è la credenza di un luogo di premio, o di un altro di castigo. Per placare la divinità, spesso sacrificano anche persone, che strappano con violenza, o che si offrono volontariamente.

L'occupazione inglese ha impedito simili sacrifizi umani; ma non è raro, per esempio nei Khassì Hills l'apprendere che i Nonshano (assassini) hanno trucidato un loro simile per offrire al serpente (divinità cattiva) il sangue dell'infelice, sperando così di allontanare le malattie dalla loro famiglia.

Eccetto i maomettani, che seppelliscono i loro morti, ed i Parsi che li lasciano alla voracità dei corvi, tutti gli altri popoli cremano i cadaveri. Le cerimonie le più strane hanno luogo in quelle circostanze. Dette cerimonie funebri cambiano presso le varie tribù. Prima dell'occupazione, inglese la sposa o le spose venivano bruciate vive col cadavere del marito, non potendosi rompere l'unione coniugale nemmeno con la morte. Ognuno comprende l'infelice esistenza di tante donne, conscie della loro aspettativa in caso di morte prematura del marito. Oggigiorno, in seguito alle proibizioni del governo inglese, le povere vedove rimangono nascoste nelle proprie case, obbligate a piangere il defunto che non poterono seguire, e cui debbono fedeltà come prima.

Quanto felici stimansi i nostri 5.000 cattolici, liberi da queste tirannie, perchè abbracciarono il dolce giogo di Cristo!

Dirò, in fine di questa relazione, dei protestanti che contano più di 90.000 adepti, sparsi sui monti e nelle valli; dove numerose sette lavorano intensamente, tra cui i metodisti, i battisti americani, gli anglicani, i luterani, e gli unitari.

Fauna e Flora.

Ciò che colpisce maggiormente, credo, il nuovo arrivato in queste regioni, è il numero straordinario di corvi con la loro sfacciataggine. A Bombay, e più ancora a Calcutta, avevamo visto questi rapaci, al cui becco nulla sfugge.

Tutto ciò che è nascosto, attira la loro ingordigia. Il servo può passare, anche correndo, dalla cucina (che trovasi sempre fuori dell'abitazione centrale qui in India) alla sala da pranzo, e quell'impertinente riesce a strappargli dal piatto il pezzo più grosso. Non esita di penetrare in casa, e di servirsi anche sul tavolo. Potete cacciare l'intruso, ma guai a ucciderlo; agli occhi degli indigeni è uccello sacro. Se volete conoscere la ragione di questa alta stima pubblica, ricordate che il corvo è vorace, cerca la quantità, non si turba della qualità, cerca specialmente carne morta; coll'avoltoio, meno abbondante, ma più vorace, fa scomparire in poco tempo ogni carogna, sparsa nei campi e sulle vie.

Il numero degli animali morti è così grande, il calore così intenso, che senza il soccorso di questi uccelli voraci, l'atmosfera intera sarebbe presto appestata. Per sfuggire alla macchia del contatto con un animale morto, l'indigeno non lo toccherà per nulla al mondo. Una vacca crepò, l'indigeno la lascia dove è caduta, ma al momento stesso un corvo e un avoltoio son là e si mettono all'opera; e gli sciacalli ed i cani erranti la terminano così, che, all'alba seguente, cercate invano la traccia di un sol osso. Le rive del Bramaputra vedono a migliaia questi uccellacci dal gracchiare noiosissimo.

In Assam si trovano uccelli di ogni genere: dall'aquila reale fino ai più piccoli colibri. I più bei colori ornano questo piccolo popolo che, al contrario dei cantori dei nostri boschi, non sanno poi sprigionare dalle loro ugole quelle note gioconde, che i più brillanti colori non possono sostituire.

Pernici, ramiers, echassier, fiamminghi, quaglie, galline d'acqua, oche, anitre selvagge, tutti questi uccelli abbondano nelle pianure.

Il principale flagello notturno è lo sciacallo. Alla prima notte rischiarata dalla luna piena, un urlo sgradito vi risveglia, un secondo gli fa eco, e presto un coro di mugoli scordanti risuona all'intorno, annunziandovi una carovana di questi arrabbiati divoratori.

La volpe visita spesso, di notte, i pollai, ed anche gli aranceti. Per la volpe assamese nulla sembra acerbo.

Altre belve, più terribili ancora, vivono intorno a noi: sono le tigri e i leopardi.

La tigre reale, che abita l'Assam, è un pericoloso compagno; non toglie via soltanto i cavalli ed i buoi, ma si getta anche sull'uomo. Una volta che gustò la carne umana, vi ritorna spesso. Le vecchie tigri, i cui denti e le grinfe sono troppo smussate per le grosse prede abituali, si ripagano sull'uomo e si dànno specie a questa caccia. Vi sono nel paese distretti intieri abbandonati, perchè gli abitanti dovettero fuggire, a causa di una tigre avvezza a vivere a loro spese... La caccia a questa belva è uno sport pericolosissimo; avviene talvolta che il cacciatore venga cambiato in preda.

Il leopardo, noto anche sotto il nome di tigre macchiettata, o tigre rampicante, è inferiore per statura, alla tigre strisciata.

È capace tuttavia di pigliarvi un cavallo o un bue con sufficente destrezza: generalmente si accontenta di un maiale, di una capra, o d'un cane.

Gli orsi sono numerosi sui monti; la nostra residenza di Raliang ne riceve spesso le visite. I nostri confratelli dovettero già, più di una volta, curare dei nativi col viso o col ventre squarciato da uno di questi feroci affamati.

Il rinoceronte, il bufalo, si incontrano piuttosto nelle pianure; l'elefante anche sui monti. Nelle vicinanze di Raliang fu ucciso il più grande elefante che si fosse mai visto in Assam: il secondo per grossezza in tutta l'India. Questo animale, allo stato selvaggio, è pericolosissimo. Tutti gli anni più di un infelice del luogo è finito da qualcuna di queste torri ambulanti. Nel tempo di carestia assalgono i paesi per cibarsi del riso. L'anno scorso, nell'andare nella Bhoi Country, mi si mostrò una capanna tutta disfatta in un paese abbandonato. L'elefante era venuto: colla tromba scoperchiò il tetto e fece scomparire in pochi istanti circa 5o Kg. di riso. La gente, spaventata, fuggì e portò le sue tende altrove.

Non è raro assistere a una lotta tra tigre ed elefante; quest'ultimo, più resistente, finisce, malgrado le sue numerose ferite, per avvinghiare con la sua tromba l'agilissimo avversario, sbatterlo violentemente a terra, ed a porgli la sua larga zampa sul capo. La lotta dura alle volte una giornata intera.

Interessantissima è la caccia all'elefante. È rigorosamente proibito ai nativi di uccidere queste bestie, pena una multa gravissima. Il governo ritiene come privativa l'avorio. Tutti gli anni sui Garo-hills, o nella Bhoi-Country, vi è la caccia all'elefante. Ne catturano sino a 7oo. In un recinto ben preparato, si mettono vari elefanti già addomesticati, che riescono ad attirarne altri. Nativi, pronti, con corde, abilissimi nell'arte, li catturano, come si fa pei cavalli selvaggi in America. La cosa è un po' più difficile, e ogni anno si lamenta qualche vittima tra questi infelici cacciatori.

Ma l'elefante è prestissimo addomesticato: in ventiquattr'ore la sua educazione è compiuta: se ne incontrano, spessissimo, lungo le strade, ubbidientissimi e mansueti, guidati anche da ragazzetti. Giovano molto al trasporto di tronchi immensi, che pigliano come piume con la loro proboscide e trasportano anche lontano secondo il volere del domatore. Sembrano esseri intelligenti, vedendoli all'opera ed agendo al suon di comando.

Nella stagione delle pioggie, si vedono spesso antilopi, cervi, camosci, cinghiali.

Ma le scimmie d'ogni razza e statura pullulano nel paese: scimmie dalla testa bianca, rossa, o nera come carbone. Scimmie dalla coda e braccia lunghe e corte; alcune, alte come la mano e famigliarissime; altre, immense bestie, con barba d'ogni colore, che assaltano anche l'uomo.

So di qualcuno dei nostri che dovette alle sue. lunghe e brave gambe lo scampo in buon porto, prima di esser preso da una banda di questi brutti ceffi.

Queste bestie sono un disastro per i raccolti e per gli aranceti. Non contente di mangiare a sazietà, distruggono. A migliaia, col loro grido noioso, vi risvegliano di buon mattino, e si vedono, agilissime, saltar da un albero ad un altro, inseguirsi, battersi, mordersi, finchè un forte rumore non li metta in fuga.

Lungo il Bramaputra si vede, spesso, sdraiato sulla calda sabbia il coccodrillo: ma l'animale che fa più vittime è il serpente. Troppo lungo enumerarne le varie specie. Ogni anno sono più migliaia di indigeni che perdono la vita in seguito al morso di questi rettili avvelenati, che vengono sino nelle stanze, e che non di rado trovansi sul letto o attorcigliati alla gamba del vostro tavolo.

Se la fauna dell'Assam è varia, la flora non offre minori distrazioni. Mi diceva un personaggio altolocato nel governo inglese, che, senza dubbio, l'Assam, e più ancora i Khassì-hills, relativamente alla loro estensione, sono i luoghi che offrono la più gran varietà di piante e di fiori in tutto il mondo.

Ed è così davvero. Le mie scarse cognizioni in botanica non mi permettono di enumerare, che qualche tipo, appena, di piante indigene delle più belle; perchè alberi di ogni grandezza e grossezza, e piante di ogni genere, e fiori olezzanti, vi accompagnano per miglia e miglia, offrendovi l'ombra dei loro rami per proteggervi dai raggi cocenti del sole indiano.

Legni fortissimi, durissimi, come il cosidetto « t ck » e il « sal », che formano la ricchezza del paese; il ficus religiosa, i cui rami, toccando terra, mettono radici, e, moltiplicandosi, formano un pergolato dei più caratteristici. E il « tree », come lo chiamano gli inglesi, l'albero religioso degli Hindù, dove appendono collane di fiori; grosso e grande, dai lunghi rami orizzontali, sotto cui può ripararsi più di un centinaio di persone.

Le palme dattilifere, del cocco, chentia, lattania, la palma di bettel, che si slanciano in alto, snelle, per metri e metri.

Alberi aromatici, il cui legno rosso, o di vario colore, profuma la vostra stanza.

Bambù giganti, felci enormi, alberi ricoperti di orchidee meravigliose, ecc. ecc...

In Shillong troverete tutti i fiori possibili; nelle pianure magnifici frutti, come l'ananas, coltivato, in campi estesissimi, banani senza fine, aranci, e papayas che ricordano i nostri meloni, ma il cui gusto è diverso: abbondanti in pepsina, sono di grande aiuto alla digestione.

I mangos e numerosi altri frutti, di cui ignoro il nome, di gusto squisito.

Anche nella nostra proprietà di Gauhati si può contemplare la stranezza di due o tre alberi diversi riuniti insieme. Dal tronco ramificato d'un albero, che vi ricorda il nostro gelso, vedete, su su, spuntar fuori una palma, cresciuta nel centro dell'albero parassita, che la tiene stretta come tra numerose braccia. La cosa non è rara, anzi frequente.

(Continua).

Sac. LuUIGi MATHIAS Prefetto Apost. dell'Assam.

Una settimana in missione tra i Bhoi dell'Assam

(RELAZIoNE DEL MISSIONARIO DON PAOLO BoNARDI (Cont. e fine. - ved. Boll. di agosto u. s. )).

Dopo la conferenza spirituale e la preparazione al precetto pasquale, si ritirarono per rientrare uno alla volta a confessarsi. Essi s'inginocchiano a terra, io sono seduto sulla cassetta dell'altarino, sotto il Crocefisso che stende le braccia nella penombra. Mentre alzo la mallo ad assolvere, seguo con l'occhio, non senza apprensione per la notte,

l'inseguirsi sulla terra umida, in un angolo della capanna, di una processione di scorpioncini, e di una serpe, e d'un topo di campagna. Mi consolo pensando che anche Gesù, nella sua dimora al deserto, stava con le bestie.

Due giorni sostammo in quel villaggio, vivendo la vita di famiglia: la sera si recitavano il Rosario e le preghiere, s'indirizzava una buona parola, e poi tutti si ritiravano a dormire; di giorno si alternava il catechismo con un po' di scuola di lettura e scrittura. Con una trentina di Comunioni, e quindici Confessioni, si poterono dare parecchi battesimi, benedire un matrimonio, fare sette prediche, istruire i nuovi catecumeni, visitare g i ammalati, fondare una piccola stazione sanitaria con dispensario farmaceutico -molto limitato invero, - e constatare, una volta di più, che moltissimo bene potrebbe fare il Missionario se potesse più frequentemente far visita ai villaggi catechizzati e a quelli pagani... Quante anime aspettano invano la redenzione!... Parvuli petierunt panem, et non erat qui frangeret eis!

All'atto della partenza, quando tutti s'inginocchiarono per chiedere la benedizione, un buon uomo, Zaverius, si presenta con un pappagalletto legato a un canna, e mi prega di accettarlo` « Siamo poveri, non abbiamo niente da darti... so che gli europei apprezzano uccelli come questo, tu potrai venderlo al mercato di Shillong e comperare un po' di riso per i tuoi orfanelli! » Ringraziai del pensiero e dell'offerta gentile, ed unii il pappagallo agli involti del viaggio.

Con istanza volevano farmi promettere l'invio di un catechista che prendesse dimora con loro, onde istruirli, ma dove trovare altre trecento rupie annue per pagarlo (1)?... Ah, se si sapesse in Europa, quanto bene resta paralizzato per insufficenza di mezzi! « Pregate, per ora, risposi loro, nel congedarli; la Provvidenza è grande: addio, addio! »

Nel ritorno. - « Quale Dio?... Noi siamo Khassi! » - Le orme di un leopardo. - « Aiuto! aiuto! aiuto!

La settimana missionaria era terminata, ma restava a compiersi ancora un viaggio non indifferente pel ritorno, attraverso paesi ignoti. I portatori vanno innanzi, entro foreste di bambù spezzati, bruciacchiati, ostruenti il sentiero, fino al villaggio di Mawlehksir, intieramente pagano. Mentre sentiamo la necessità di una piccola sosta, a tre giovinotti che stanno costruendo una capanna, faccio accettare un'immagine di Maria Ausiliatrice, cui guardano e riguardano con curiosità. Proseguiamo poscia nell'interno del villaggio, e una donna che prima aveva accèttato l'immagine, dopo averla voltata e rivoltata, me la restituisce per paura le abbia a portar sventura. Un omone gagliardo, seminudo, dalle labbra sporgenti, adorno di collane e monili na forma di lamette e coltelli, e ornato di lunga lancia, si avanza burbero e minaccioso:

- Che fai, straniero? Che ti induce ad introdurre codeste dur (figure) e i tuoi blei thaw (idoli) nel nostro villaggio?

- Il desiderio che la benedizione di Dio scenda sulle vostre case!

- Quale Dio?... noi siamo Khassi! pòrtale via le tue immagini, e vanne lungi; - e si mette a gridare come un'aquila: Niam Khassì, Niam Khassì!! (religione Khassì).

La gente, intanto, si aduna dietro alla sua lancia in atto di solidale ostilità contro il Missionario. Bell'e visto: per stavolta non c'è nulla a fare. Detto un Khublei shibun! (tanti saluti!), via, attraverso le coltivazioni di lacca.

Di là il sentiero solca tratto tratto enormi massi erratici di granito; su uno, in modo speciale fu assai difficile mantenere l'equilibrio; e, malgrado tutta la buona volontà e il lavoro di mani e di piedi e di tutta la persona, non fu possibile evitare un capitombolo...: la canna da viaggio andò in pezzi, ma, grazie a Dio, le costole rimasero salve, e si tirò avanti in perfetta letizia.

Poco prima di arrivare a Nongkbet - villaggio di una dozzina di capanne - un gruppo di gente è intenta a cremare nel bosco un cadavere. Curioso il modo con cui, colle ossa abbrustolite, si venne architettando come una specie di casuccia piccina piccina, entro la quale possa ancora venire ospitato lo spirito del defunto, chè altrimenti dovrebbe andare errando per sempre nella foresta con le fiere. Tale è il rito funebre e la credenza di quegli abitanti.

Nelle vicinanze di Nongsaw-nongbri i nonghitnong si fermano: - Padre, ossèrvale!... e sono recentissime! - Frano nella polvere, e le identifichiamo nettamente, le orme di un leopardo con i suoi tre piccini; e un quarto d'ora dopo, nel villaggio, vediamo una povera donna piangere su alcuni resti di pelle e ossa. Il leopardo, poco prima, le aveva divorato la vaccherella, unica sostanza e passatempo della sua tarda vecchiezza.

Altri monti s'incontrano, altre valli, e foreste, e villaggi, e risaie: Mui, Bhoi-um-ta, ove un seco lare caucciù, del fusto corto, ramificazione foltissima immensa, distende ampiamente in giro le radici bizzarre e tortuose a fior di terra, tra cui pietre sepolcrali senza numero; Nongsali, Mawsyntai; e da ultimo Bhoi-barngar, grandissimo villaggio con vari sobborghi, che si adagia alle basi di una collina e s'inoltra buon tratto nella foresta, folta di secolari alberi giganti, e fragorosa di grida d'animali di ogni specie. La gente qui, pel caldo, va completamente spoglia, eccezion fatta di una piccola zona ai lombi. Sono di corporatura ben formata, e pelle color oliva lucente. Gli uomini, quasi completamente rasi, portano un codino alla estremità della nuca. Occupazione preferita, per quelli che non lavorano alla risaia, è la caccia agli animali nella jungla, alla quale si portano con lunghe canne di bambù sormontate da una lancia in acciaio, chiamandosi con grida acute, e imitando le voci degli animali.

Anche dai due campi di adorazione si può arguire l'importanza del villaggio. Sono essi superficie libere nella foresta, in cui sorgono i « Blei thaw », cioè gli idoli, dove si accede per una specie di arco trionfale, formato di due enormi tronchi d'albero, con relativi battenti massicci, sormontati da un architrave adorno di cannucce di bambù. Ogni anno, nel tempo sacro, la gente accede al campo processionalmente, pel rito di adorazione, e per la sostituzione di idoli nuovi, giacchè le formiche bianche non hanno rispetto neppure per le divinità!

L'idolo è un semplice piuolo, terminante in una specie di prisma, pitturato a scacchi rossi e neri; ne ho potuto aver uno, che spero di poter inviare per la prossima Esposizione missionaria del 1925.

Alle due pomeridiane il nostro sentiero sfociava dalla foresta sulla strada da Gauhati e Shillong, al 32° miglio. Il turno di evangelizzazione aveva termine. Il missionario però non cesserà di ripetere mai: « PER LA RELIGIONE E PER LA CIVILTÀ AIUTATE L'OPERA NOSTRA DI EvANGELIZZAZIONE SIAMO TROPPO POCHI, ABBIAMO TROPPO POCHI SOCCORSI A PETTO DEGLI INGENTI BISOGNI! QUANTO BENE SI È COSTRETTI A TRALASCIARE, PERCHÈ DIFETTIAMO DI MEzzI! »

Oh susciti la nostra potente Ausiliatrice numerose vocazioni missionarie: e inciti le persone buone, che mai non mancano, a venirci in aiuto!

Non sui libri, era nel cuore di tante creature umane, redente, saranno scritti i nomi dei benefattori della nostra Missione.

Sac. PAOLO BoNARDI Missionario Salesiano.

(1) Sono circa milleottocento lire nostre, al cambio attuale. Il Signore ispiri a qualche anima l'opera santa e caritatevole.

La Divina Provvidenza nell'Orfanotrofio di Shiu=Chow.

Ci scrive il caro Don Braga direttore dell'orfanotrofio di Shiu-Chow:

I nostri celesti protettori non. solo ci assistono spiritualmente, ma ci soccorrono anche materialmente. Spesso mi domando donde e come sia giunto quanto si è speso fin qui, chi ha mossi tanti cuori ed aperte tante mani benefiche ad offrire, e non trovo altra risposta che... « D. Bosco » oppure « la nostra tesoriera Maria Ausiliatrice! » Facciamo come usava Don Bosco : bussiamo al Tabernacolo; chiamiamo i bimbi attorno a Gesù in Sacramento e li facciamo pregare. Un giorno avevamo finita la provvista di riso, e andammo a chiederlo a Maria Ausiliatrice. Appena usciti di chiesa una buona cristiana fa un'offerta per le nostre necessità. Altra volta era finito il petrolio, pregammo, e ci offersero delle candele. Una sera non avevo più una sapeca, e non sapevo come all'indomani avrei potuto provvedere la verdura pei ragazzi, aveva inoltre da pagare un fornitore e giunse, proprio a proposito, un generoso che mi diede il necessario per pagare il debito. Per l'indomani provvidero i ragazzi stessi, trovando in una parte dell'orto, buona quantità di vu-tau, o tuberi saporiti.

« Aiutati che il ciel ti aiuta», e i nostri cari allievi più di una volta hanno fatto tesoro della sapiente massima. Essendo rimasti senza legna, essi stessi trovarono una soluzione pronta alla crisi, tagliando tutta l'erbaccia che cresceva in folti cespugli, la fecero seccare, la usarono come combustibile. Finita l'erba, si appigliarono ad un altro espediente, possibile solo in Cina e nelle condizioni della Cina di oggi. Un giovinotto esterno, una mattina, mi capita a scuola con un pesante legno in ispalla e, deposto il carico, mi avvedo che si tratta nientemeno che di un grosso idolo, che da parecchi secoli faceva da guardia a una pagoda posta sulla riva del fiume. Non so ridire la festa che fecero i collegiali, si consultarono a vicenda sul miglior genere di morte da usare col delinquente, e finirono per accordarsi di tagliargli la testa, come la più ributtante. Dopo l'esecuzione capitale lo posero al fuoco. Essendo di legno resinoso dava fiamme vivide e bruciava magnificamente. Messo al rogo il primo idolo, venne la volta di parecchi suoi compagni, e in breve la vecchia pagoda rimase quasi senza custodi. Il rifornimento di legna sarebbe continuato a quel modo, se non avessi creduto opportuno farlo cessare, pel timore di possibili rappresaglie da parte di qualche fanatico idolatra.

Come, e di che, vive l'orfanotrofio? della Provvidenza che, può e deve renderlo un istituto modello. I cinesi hanno in grande cura le loro scuole, e sono giustamente esigenti con noi; vogliono vederci o sentirci superiori a loro in tutto; solo allora ci sarà dato di far loro un po' di bene.

Alcune scuole sono ancora senza quadri murali, senza carte geografiche, non abbiamo neppur un quadro per la spiegazione del catechismo, per la storia sacra, per l'educazione morale, per il disegno; non abbiamo ancora gli attrezzi per la ginnastica, che attualmente in Cina va prendendo largo sviluppo, suscitando palestre e scuole.

Se non osassi troppo, farei una proposta che le Unioni Ex-Allievi d'Italia adottassero un orfanello cinese: con la somma di cinquecento lire annue, saremmo in grado di provvedere al suo mantenimento. Gli ex-allievi nostri, anch'io ne conosco molti, son così ricchi di cuore che non troverebbero gravoso il piccolo sacrifizio.

Lo spirito educativo di Don Bosco nell'Orfanotrofio di Macao (Cina).

Si era formata all'Orfanotrofio di Macao una Compagnia di S. Giuseppe con i giovani migliori fra i duecento Cinesini, ivi raccolti per imparare un mestiere europeo. Si avvicinava la festa del Patrono, ed io radunai il piccolo Consiglio di Presidenza per sentire se alcuno avesse qualche proposta da suggerire, affinche la festa riuscisse degna del Santo della Compagnia. Fra i consiglieri v'era un giovane sui 14 anni, battezzato soltanto l'anno precedente. Il padre suo era stato una volta assai ricco, e, da buon cinese, aveva dato al suo paese e coi costumi del paese largo stuolo di eredi del suo sangue celeste. Poi si rovinò, e fu ridotto alla miseria. Parecchi dei figli furono accolti dai protestanti, dai quali pur troppo furono indotti a diventare tali essi pure: quattro, di due madri diverse, se ne poterono accogliere nell'Orfanotrofio, e divennero tutti e quattro buoni cristiani. Il più piccolo, che m'aveva voluto assolutamente per padrino, ed era stato battezzato col nome di Ernesto, era appunto uno dei consiglieri della Compagnia di S. Giuseppe. Intelligente, di fattezze quasi europee, primo sempre negli esercizi della ginnastica, godeva fra gli altri di un certo prestigio.

- Padre, egli dice, desideriamo quest'anno recitare in teatro per dare splendore alla festa.

Rimasi spaventato. Sapevo che cosa era un teatro cinese: ero andato una volta espressamente a vederlo per farmene una idea.

Per una parte molto semplice e facile: il Cinese non ha bisogno che gli si costruisca dinnanzi, con grande apparato scenico, il luogo materiale in cui si svolge l'azione. Il suo occhio, già abituato dalla scrittura e dall'arte figurativa a quella che la psicologia moderna chiamerebbe « sintesi creatrice » vede, sotto pochi tratti caratteristici, tutto un ambiente, sente una vita, intuisce e crea egli stesso quello che l'arte nostra ha bisogno di esprimere nella più viva plasticità delle forme e nella più perfetta imitazione della natura idealizzata. Al Cinese basterà dunque in pittura quello che a a noi sembra solo un abbozzo: e in drammatica gli basterà vedere nell'attore lo sgambetto caratteristico di chi varca una soglia, per creare egli stesso, con la sua fantasia, il mutamento di scena, e vedere l'azione svolgersi in un'altra stanza, quantunque sul palco nulla sia stato mutato. Così basterà che un attore agiti le sue braccia in quel movimento di estenzione e ritrazione che caratterizza il colpo di remo, e tosto lo spettatore creerà nella sua immaginazione la barca in cui gli attori si suppone stiano svolgendo la scena. Ma sono movimenti e tratti del tutto caratteristici nei loro usi e costumi, che bisogna conoscere per intendere.

Semplicità estrema adunque per questa parte: ma estremo sfoggio di ricchezza dall'altra, nell'abbigliamento dei personaggi e nei panneggiamenti. Su sete più fini e più artisticamente lavorate gli ornamenti più preziosi e più smaglianti sfolgorano ad una luce vivissima diffusa per tutto il palco, e incatenano, col fascino dello splendore e della magnificenza, l'occhio del pubblico. Antichi personaggi, storici e mitologici, mandarini e maghi, divinità e sacerdoti, giudici severi e vil popolo tremante, idealità e superstizione, odii ed idi li, prose e versi; pive, piatti, grancassa, tamburelli e miagolii di canti interminabili: tutto questo po' po' di roba forma il teatro cinese, dove tutti i sensi sono eccitati, variati e stancati, compreso un po' d'intelligenza che deve creare, interpretando, se vuol godere qualche cosa. E per tutto questo il tempo è a piena disposizione. Ero entrato nella gran baracca che fungeva da salone alle otto della sera: e all'una dopo la mezzanotte non erano ancor cessate le apparizioni magiche, le nenie infinite, gli strilli di testa degli uomini truccati da donna, perchè le donne in Cina non sono tollerate come attrici: continuavano ancora i tamburi di bambù spietatamente assordanti; i piatti sfacciati e chiassosi; la grancassa che stordiva, la stridula piva che rabbiosamente mordeva i timpani dei miei poveri orecchi. Non mancava neppur la danza, che abolita per necessità di cose nella vita reale il giorno in cui le donne si fasciarono i piedini, su cui malamente riescono a star diritte, rimase però sulla scena, dove gli uomini si sforzano di rappresentare meno indegnamente il ballerino sesso gentile. Non ne potevo più: e per quanto mi interessasse lo studio di quei costumi, me ne andai disperato. Ma alle tre dopo mezzanotte non mi avevano ancor lasciato prender sonno.

Quando, dunque, sentii la proposta del mio Ernesto, mi corsero i brividi per le ossa.

Se ne accorse subito l'intelligente ragazzo, che soggiunse:

- Padre, non vogliamo mica fare un teatro cinese: desideriamo invece rappresentare un dramma europeo.

- Un dramma europeo? Ma, figliuoli, risposi. pensate che non abbiamo palco, non abbiamo vestiti. E poi, che dramma volete recitare? E chi ve lo insegna?

- Jeong Sonfù (Padre Pedrazzini) ci darà il dramma e ce lo insegnerà:

Di fatti D. Pedrazzini aveva nella sua Missione un valente cinese che conosceva assai bene la lingua portoghese. In breve tempo fece tradurre il drammetto di S. Vito martire, e venne egli stesso qualche volta per insegnarlo. Ma snodare e dar vita a quegli artisti improvvisati non era cosa d'un momento, e D. Pedrazzini, che aveva già le cure delle scuole dell'isola della Taipa e l'assistenza ai poveri lebbrosi raccolte in due isolette poco lungi da Macao, non poteva venire, quanto sarebbe stato necessario: dovetti allora rassegnarmi a diventare anche in Cina direttore di scena. Impresa da far venir la barba grigia, non conoscendo io ancora se non assai scarsamente, quella, per non dir altro, benedetta lingua. Quante volte sono rimasto a bocca aperta, non comprendendo niente di niente di tutti quei cabalistici cin-ciong! Eppure doveva insegnare e il modo di dirli e l'azione con cui accompagnarli. Coraggio, pazienza, tenacia da una parte e dall'altra, e tutto fu vinto.

I costumi di Roma destarono curiosità: la gloria del martire, fra lo splendore di luci nell'apparizione improvvisa di angeli inneggianti, entusiasmò.

- Padre, quando ci fai di nuovo recitare?

Padre, quando ci rifai vedere Roma, l'imperatore, i martiri, gli angeli e il paradiso?

- Ora, figlioli, non è possibile, perchè fa troppo caldo: quando ritorni il fresco, vedremo.

E l'estate passò, passarono le vacanze, tornò il fresco autunnale, e il mio Ernesto tornò lui pure all'assalto.

- Padre, quest'anno dobbiamo fare più solenne la festa della Protettrice del nostro Orfanotrofio, Maria Immacolata. Dobbiamo di nuovo recitare, e non soltanto pei compagni interni come l'anno passato, ma dobbiamo far venire tutti i Cristiani, e anche i pagani di Macao a vedere, e farli pagare per entrare. Vedrai quanti soldi faremo pei teatro, per la Compagnia, per tante cose.

Il ferro era caldo, e le scintille che ne spruzzavano fuori non erano poche. Ma il diavolo vedeva lungo e lontano, e non poteva fare a meno di metterci la coda.,

Il caro Ernesto, per motivi di famiglia, fu il primo ad avere una disdetta: dovette uscire di collegio ed impiegarsi.

Ma il fuoco era destato, e la fantasia dei compagni già in fiamme.

- Padre, tu ci vuoi bene, e ci devi ad ogni costo aiutare.

Sì, volevo loro un gran bene, ma sopratutto volevo bene alle anime loro: ed io ben sapevo quanto fosse estremamente necessario alla loro fantasia di giovani, di orientali, e di cinesi, venuti su in ambienti troppo spesso degni d'inconsci animali, dare un centro interiore, sereno e santo di potente attrazione. Quante volte avevo fatto i voti più ardenti per la formazione di una buona e ben fornita biblioteca, che porgendo a quei figlioli una lettura sana e divertente, li distogliesse da quella colluvie di romanzetti sporchi, superstiziosi ed immorali, di cui è, più o meno, piena la letteratura di tutti i popoli, ma specialmente dei popoli pagani. Ci sarebbe stato finalmente il danaro e la biblioteca sarebbe sorta. Anche questa volta il coraggio trionfò. I bravi giovani si misero di impegno: sparsero annunzi, bussarono alle porte per la vendita dei biglietti: e alla sera la sala era stipata di cinesi, cristiani e pagani, che per la prima volta contemplavano una scena romana e cristiana. Al trar dei conti, il primo tentativo era tutt'altro che fallito! La prima ciliegia, anche qui, tirò dietro la seconda, la terza, la quarta. Il direttore stesso della casa volle esser primo a prestare il suo valido interessamento. I giovani attori, prima infagottati, e balbettanti appena a mezza voce, si fecero sciolti, disinvolti e franchi: e in breve si dimostrarono artisti nati. Non ci fu più bisogno di scrivere il dramma, nè di farlo imparare a memoria: cosa che del resto sarebbe stata impossibile. Bastò che dessi loro l'imbastitura delle scene: il resto fu da loro creato su due piedi, con facilità sorprendente. Drammi, commedie, e farse, e perfino le romanze del Cagliero cantate con bella voce di soprano da un cinerino sarto, nativo di Canton, riempirono brillantemente la stagione.

Lo sforzo massimo fu per la festa di S. Giuseppe. L'anno precedente s'era gettato il seme: bisognava ora coglierne il frutto maturo. I numerosi alunni usciti già dall'Orfanotrofio quasi tutti col diploma di corso compiuto nelle varie arti, era tempo che venissero chiamati a raccolta e organizzati in circolo di antichi allievi. Forse poteva anche essere il primo germe del primo oratorio festivo in Cina. Per di più era quella la prima volta che si doveva festeggiare l'antico prefetto, D. Bernardini, divenuto novello direttore. Tutti, antichi allievi e soci delle Compagnie, volevano fare qualche cosa: più di trenta erano quelli che volevano recitare: e sì che il cinese è tacciato di fredda inerzia! Dovetti mettermi all'opera: una traduzione-rifacimento niente di meno che della tragedia sacra S. Eustachio: imperatore, duce e senatori, soldati e popolani, persecutori e martiri, fulmini di cielo e glorie di angeli, azione e declamazione, pianti e canti, cori e a soli, ce ne fu per tutti i gusti; non mancò neppure l'arietta veneziana del ponte di Rialto in un coro di soldati! Antichi allievi ed alunni si diedero la mano con coraggio e con costanza, e tutto riuscì.

La festa incominciata attorno all'altare col Sacro Rito e la Comunione generale, proseguita con la Messa cantata in perfetto canto gregoriano dai duecento Cinesini battezzati e non battezzati dell'Orfanotrofio, continuata al banchetto di famiglia, dove attorno al direttore D. Bernardini sedevano per la prima volta i trenta e più soci del Circolo giovanile degli antichi allievi, che quel giorno facevano le prime solenni elezioni, si chiuse alla sera colla visione celeste della gloria dei martiri. I bravi artisti, piccoli e grandi, erano fuori di sè per la gioia. Ma più di tutti godevo io nel segreto dell'animo mio. Per più di sei mesi la calda fantasia di quei ragazzi e giovinetti aveva avuto modo di spaziare serena sopra lui campo di fiori innocenti e santi: la biblioteca era omai fornita di quanti libri buoni e adattati all'età si erano potuti trovare nelle poche librerie cristiane: la Compagnia di S. Giuseppe, da poco più di venti soci, oltrepassava ora i cinquanta, ed era stato anzi necessario sdoppiarla nella Compagnia del SS. Sacramento con circa altri trenta associati. Le comunioni quotidiane, indice sicuro di serenità e di serietà, erano ben presto aumentate, ed alla fine dell'anno scolastico erano salite a più di trenta mila le particole consumate, in confronto delle diciassettemila dell'anno precedente: ed io constatavo pure con sommo piacere che a parecchi di quei giovani puri e pii mancava solo una parola, che prudenza voleva allora fosse tenuta sospesa, affinchè sentissero senz'altro in cuore la chiamata di Dio, per divenire essi stessi apostoli dei loro fratelli pagani, come di fatto qualche tempo dopo cinque di loro dichiararono di aver sentito e di volerla seguire.

Cari figliuoli: avevano voluto divertirsi e giuocare perfino sulla scena, ed erano stati alla fine santamente giuocati. Mi ricordai in buon punto che chi non sa giuocare la gioventù non deve fare l'educatore, e che, a lasciarsi condurre dallo spirito di Don Bosco, il divertimento ed il giuoco diventano senz'altro un mezzo di santità.

E il mio piccolo Ernesto? Non era stato presente alla festa, perche di servizio all'ufficio di dogana.. Ma poco dopo mi giunsero di lui un ritratto e del denaro. Il ritratto era pel suo padrino: ma il denaro era per ornare di fiori l'altare della Mamma Celeste, nel mese di maggio: e Maria Ausiliatrice, che fu vera madre a lui rimasto orfano di madre terrena, gli avrà pur contato a merito tutti i frutti diretti ed indiretti di quella sua iniziativa, che da principio era apparsa una fantasia pazzesca.

L'estate si approssima, e non fu più possibile calcare la scena. Le feste di Maria Ausiliatrice e del Sacro Cuore, che meriterebbero pure due parole di cronaca, ebbero invece la loro particolare attrattiva nella fantastica processione, svolta nella notte, a fiaccole e lampioncini nell'interno del cortile.

L'autunno finalmente tornò: e tornarono a rivivere gli antichi entusiasmi. Questa volta erano pronte «le Pistrine »: ma i conti erano stati fatti senza l'oste. Dovetti radunarli tutti, quelli delle due Compagnie di S. Giuseppe e del Sacramento, che erano sempre stati i promotori di tutte le feste, ed annunziare loro che dopo due giorni lo avrei lasciati. Rimasero lì, con gli occhioni grossi, spalancati su di me, come sognassero ad occhii aperti. Ad uno ad uno me li vidi poi venire in camera, e gettarmisi piangendo fra le braccia, mentre mormoravano tra i singhiozzi: « Padre, non ti posso lasciare ». E molti vollero ancora una volta aprirmi tutta l'anima loro, affinchè vi deponessi gli ultimi semi della grazia di Dio. E quando li riunii per l'ultima volta, per dar loro l'ultimo addio, bastò che uno solo non sapesse trattenere il pianto che gli faceva nodo alla gola, ed io tosto vidi quelle ottanta teste giovanili piegarsi sul banco per nascondere fra le mani uno scoppio di pianto irrefrenabile. Oh! perche non erano lì presenti quanti credono che il Cinese non senta riconoscenza e non sia capace di riamare di sincero affetto chi, amandolo, lo ama in modo da fargli comprendere che lo aula davvero?...

Accolga i voti la Vergine, e nel cuore della più pura e più pia giovinezza faccia sbocciare il fiore sovraterreno della vocazione missionaria.

Sac. SANTE GARELLI

Missionario Salesiano.

Le meraviglie di Maria Ausiliatrice

Nel Santuario di Torino

il 24 del mese, si compiono speciali funzioni in onore di Maria Ausiliatrice. Al mattino ha luogo la messa della Comunione generale, seguita dalla Benedizione Eucaristica -- alla sera, alle 20, un'ora di adorazione predicata; e sono particolarmente i divoti di Valdocco, che con vivissima fede accorrono alle devote funzioni. Vogliano i buoni Cooperatori e le pie Cooperatrici inirvisi in ispirito.

GRAZIE E FAVORI (*)

" Oh! la morta risuscitata ".

A Te, o cara Madre, solo a Te, devo riconoscenza per la mia guarigione!

Nel febbraio del 1920, dopo tre mesi di malattia, continuamente in letto, quando il medico curante, non ostante tutta la sua attività, s'era dovuto pronunciare negativamente, dicendo che la scienza oramai era impotente per me, quando i miei di famiglia già prevedevano la prossima mia fine, io, fiduciosa, anzi sicura che la cara Madre Celeste non avrebbe mancato d'esaudirmi, mi rivolsi a Lei e con la famiglia incominciai la novena proposta dal Venerabile Don Bosco, e la cara Madonna di Valdocco ci fece sentire la sua potenza.

Dopo pochi giorni il Dottore riscontrò in me, con sua grande meraviglia, un miglioramento, e non era terminata la novena quando mi dichiarò, non solo fuori di pericolo, ma in via di guarigione, con grande meraviglia di tutti. Ancora oggi il Dottore, vedendomi, esclama: « Oh! la morta risuscitata... Oh! la vivente per miracolo... »

Dopo tre anni mi sento in obbligo di sciogliere la mia promessa, poichè sto bene, e sopporto benissimo, da due anni, la vita di ufficio.

Ancora grazie, o Maria Ausiliatrice; sii sempre tenerissima Madre a me e a tutta la famiglia.

Torino, 10-3-1923.

Una cooperatrice.

Un nuovo centro di divozione a Maria Ausiliatrice. - Anche su queste alte montagne si comincia a conoscere ed a propagare una tenera divozione verso Maria SS. Ausiliatrice, e sono infinite le grazie che si ottengono mediante la novena, consigliata dal nostro Venerabile Padre Don Bosco.

Nel dicembre u. s. Masi Maria Antonia in Gasparrini s'ammalò gravemente per coliche nefritiche. Essendole tolta ogni umana speranza di guarigione, si volse fidente alla cara Madonna e, prima che la novena fosse finita, quasi miracolosamente entrò in completa guarigione.

Il 29 marzo una delle nostre piccole orfanelle, Giovannina Bonelli di Irsina, fu colpita da influenza coli febbre altissima e, proprio alla vigilia di Pasqua, la malattia minacciava serie complicazioni. Addolorata per il triste responso del mediso, ci volgemmo con fede a Maria SS. Ausiliatrice, e, alternandoci ai suoi piedi, le dicemmo filialmente: « Madonna, domani è Pasqua, e perche noi possiamo partecipare alla gioia della Risurrezione è necessario che questa piccola sofferente sia senza febbre ». Prodigio! la febbre, che la sera era salita a 40 e 2, diminuì gradatamente nella notte, e, il mattino di Pasqua, la piccina, vispa e allegra, completamente sfebbrata, ringraziava anch'essa, la celeste Protettrice.

Ottennero pure la salute e ringraziano la nostra cara Madonna: Teresa Gasparrini in Russo, liberata da febbri malariche, Rosa Coppola e Angela Maria Franco, guarite in pochi giorni da influenza polmonare; e i coniugi Palermo, i bimbi Giuseppe e Francesco Cristiani, e molti altri. In fede

Castelgrande (Potenza) 7-5-1923.

Suor ERNESTINA BARATTA.

Maria Ausiliatrice e Don Bosco ci hanno esauditi. - Il 15 febbraio scorso, mio figlio si mise a letto con febbre altissima. Agitati, non sapendo che che pensare, si cominciò la novena a Maria Ausiliatrice: e si riconobbe che era ammalato di tifo. La malattia s'era manifestata assai violenta, velandogli addirittura la lucidità dell'intelletto e rendendolo delirante di giorno e di notte. Con ardore e con fede continuammo a pregare l'Ausiliatrice e il Venerabile Don Bosco, e al nono giorno - era il 24, sacro alla Madonna -- la febbre per la prima volta cominciò a declinare, e continuò gradatamente a scemare nei giorni successivi, sino a scomparire del tutto, l'ultimo giorno della novena, ripetuta la seconda volta. Mio figlio è completamente guarito ed io, col cuore pieno di devota riconoscenza, sciolgo il voto rendendo pubbliche grazie a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco.

Maggio, 1923.

AGATA MARAVIGNA VIOLA.

Alla Vergine benedetta l'inno del ringraziamento. - Da alcuni mesi ero afflitto da esaurimento nervoso, che lui dava continuamente occasione di sofferenze. Ben presto lo scoraggiamento ed il timore invasero l'anima mia, e trascorreva i giorni sotto un incubo pauroso, che metteva lo sgomento nella mia povera esistenza, ed ero giunto a tale che temeva d'impazzire. Con illuminata fiducia invocai l'aiuto di Maria, votandomi a Lei con intenso fervore. La grazia si fece sospirare, ma venne alla festa di Maria Ausiliatrice. Adempio quindi alle promesse fatte, offrendo modesto obolo per le Missioni Estere Salesiane e per la celebrazione di una S. Messa di ringraziamento nel caro Santuario di Valdocco.

Torino, maggio 1923.

LUNGATI C. RoBERTO.

Quanto è buona la Madonna di Don Bosco! --Da moltissimo tempo i miei affari andavano di male in peggio. Ultimamente si trattava di una decisione del Tribunale. Disperata, ricorsi a Maria SS. Ausiliatrice, e la Madonna ha fatto il miracolo. Faccio voti perchè il culto di Maria SS. Ausiliatrice si propaghi sempre più nelle famiglie cristiane.

Senigallia, 24 maggio 1923.

CATERINA CAMILETTI.

Il mio grazie riconoscente. - Nell'ottobre scorso mi misi a letto con un malessere che ben presto si mutò in gravissimo tifo. In pochi giorni fui in pericolo di vita: gli stessi medici, da cui ebbi due consulti, dichiararono il mio caso disperato. Ma se le cure della scienza e dell'affetto erano impotenti dinanzi alla febbre altissima che continuamente mi minacciava, la Vergine Ausiliatrice che in ogni tempo è il conforto di chi a Lei s'affida, ascoltò benigna le mie preghiere, quelle dei miei cari, dei miei superiori e delle mie compagne, che a Lei continuamente mi raccomandavano, perche dopo aver ricevuto i Santi Sacramenti, cominciai lievemente a migliorare, ed ora son quasi del tutto ristabilita.

Alla Madonna di Don Bosco il mio ringraziamento riconoscente.

ANGIOLINA CASSARDO.

Subito si sentì migliorare. - Ai primi di gennaio di quest'anno l'unico mio fratello fu colpito da terribile malattia al fegato. Al male ingagliardito s'aggiunse, a colmo di dolore per noi suoi cari, una bronco-polmonite, alle quali tristi malattie, al dir dei medici, non si poteva più porre rimedio, dato lo straordinario gonfiore del povero paziente. Mi rivolsi fiduciosa al mio altare di rifugio, ai piedi di Maria Ausiliatrice per intercessione del suo gran servo, il Ven. Don Giovanni Bosco. E con tutto lo slancio della mia anima, angosciata per l'inevitabile pericolo, incominciai la novena che son solita a fare dal 15 al 24 d'ogni mese.

Al quinto giorno in cui il caro malato si sentiva maggiormente oppresso e dava in ismanie, che ci strappava le lacrime più amare, mi venne la felice idea di fargli trangugiare un bricciolo di un pannolino già usato dal Venerabile Don Bosco. Meravigliosa potenza della fede! Subito si sentì migliorare, ed il 24, i medici, meravigliati così da non saper darsene ragione, dichiararono il nostro caro fuori di ogni pericolo.

La convalescenza procedette rapida e felice, sicche nel seguente mese di aprile potè senz'altro tornare al suo lavoro. Ora alla Vergine Ausiliatrice, che per la efficacissima intercessione del Ven. Don Bosco fece scomparire per incanto il male tanto temuto, e prima che scomparisse, somministrò la forza di sopportarlo, sciolgo il debito che coincide con l'esigenza che provano tutte le anime visitate da Dio, di comunicare ad altri le sue misericordie.

Comerio, 1 - 7 - 1923.

ASSUNTA FIDANZA.

Due volte salva. - Caduta per la seconda volta, in un rapido malore che mise a grande rischio la mia vita, ricorsi con fiducia - oh, la fiducia di una giovane sposa che si vede strappare al marito e al figlioletto adorati! - ricorsi alla Vergine che aveva già sorriso a tutta la mia giovinezza e le promisi più amore, più devozione, se mi avesse conservata ai miei cari. E son viva e ritornata in florida salute!

Sciolgo la promessa di una tenue offerta all'Ausiliatrice, mentre supplico questa tenera Madre a voler essere l'Aiuto potente anche dell'anima mia, di mio marito e del mio piccolo Paolo, gioia della mia famiglia.

Trino Vercellese, 24 gennaio 1923.

MARIA TRICERRI-CHIAPPA.

Ottennero pure grazie da Maria S.S. Ausiliatrice e alcuni, pieni di riconoscenza, inviarono offerte per la celebrazione di Sante Messe di ringraziamento, per il Tempio erigendo a Gesù Adolescente e alla Sacra Famiglia, per le Missioni Salesiane, o per altre opere di Don Bosco, i seguenti:

a). - A. M. di Galbiate, Aimone Angelina, Alemanni Caterina, Alberti Tina, Alisieri Carlotta per ricuperata vista, miracolosamente, al solo tocco dei fiori tolti all'altare di Maria Ausiliatrice, Ambrosini Maria, Asperti d. Battista, Avanzato Franco.

B). - Babiui Mariuccia, Bagaglio Giuseppe, Balocco Modesta, Bambini e bambine della Scuola di Nollere (Ceva), Barbero Armida, Barbieri Carolina, Barro Mai-in, Bassami Marta, Bosso Angiolo, Baudin Zita, Bellasio Giuseppe, Belli Rina, Bernini d. Ambrogio, Bertolla Francesca, Bertolini Rosa in Barlassini, Besnati E., Bianchi Elisa in Bugnanchi, Biffaz Marina, Bononto Giovanni, Bosoni Piera in Tosco, Bottero Luigia, Bresolin d. Antonio Brignone Maria, Brustia Maria, Brustolon Filomena, Bruzzone Concetta. Bacchia Emilia.

C). - Calzeddu Giovanna, Campaills Maria, Campatola Irene in Gagliardi, Cantoira Filomena, Carbonelli Ida, Carmelo Gemma, Casetta Anna in Pavesio, Cassavolo Angiolina, Canli Armida, Celada Carolina, Celada Maria, Chiesorin Vittoria, Cigliano Lina, Cittadini Amalia, Cocuzza Salvatore, Coletti Alessandro, Cora Angela, Cortesi Anna, Cuccia d. Lorenzo.

D). - Della Torre Sabina, Del Net Angelve, Dessi Maria, D'Abbraccio Adelina, Di Buono Antonina in Jacoponelli, Ducato Maria in Poisa, Dutto Margherita.

E). - E. C. e figlio di Novara, riconoscenti a Maria Ausiliatrice ed al Ven. Don Bosco da cui ricevettero or ora nuovo insigne pegno della loro assistenza e bontà; Embrico Teresa.

F). - F. L., F. N., F. R., Famiglia Fossati, Fanti Lina, Farinetti Giulio, Farinetti Maria in Marengo, Fava Ilda, Fazio Rosa, Ferorelli Maria, Ferrari Franchina, Ferrero Luigi, Fidanza Assunta, Finello Domenica, Fontana Carlo, Fornarese Teresa, Fossati Angela, Fraccaroli Silvive, Fracchia, Adele, Fracchia Angela, Fragola Raffaeluccia, Franchino Anna, Francisco T. de Bossolasco, Fumagalli Celso.

C). - G. L., G. T., Gagliardi Assunta, Gandelli Marianna in Lazzarini, Gasparini Maria, Gastaldi Adelina, Gervesi Ignazia, Gervesutti Teresa, Ghilardi Maria, Gianello Arpalice, Gianoni Virginia, Giovanatto Agnese, Giovannini Amelia, Golzio Anna, Gotha Mariuccia, Govoni Ildegarde, Graziani Giuseppe, Gualco d. G. B., Gnarona Maddalena in Sacchi, Guazzoni Maria, Gullo Agnese in Pantalione.

L). - L. B. M., L. M., Lagorio Elvira, Lanfranchi Giovanni, Lanzarotta Luigi, Lanzoni Maria, Lazzara Filippo, Legnano Spina, Lena Agnese, Libuzzi Maria in Militello, Locatelli Maria, Longhi Francesco.

M). - Macconi Maria in Lombardi, Magi Morandini, Magnoni A. in Milano, Maglio, Magni Annetta, Malava Maria, Mandrile Lucia, Manerba Vittoria, Mangoscia Angela, Marsegaglia Elisabetta, Margarino Carlo e Giuseppina coniugi, Masini Teresa in Feccia, Mauro Isolina, Meiuardi Teresa, Melis Anna in Mura, Menga Giuseppe, Messina Maria, Metelli Rosa in Azzoni, Mezzullo Concetta, Moretti Grazia in Maglia, Mura Piero.

N). - N. C. Nebia Cesarina, Ne' Giorgio Margherita, Novaglia Abbondio.

O). - Oggioni Pasquale, Oliva Umberto, Olivero Maria in Giordano, Onesti Angiolina in Gallo, Opezzo Vittoria.

P). - P. F. F. A., P. Ida, Paoluzzi Fabio, Passerini Cav. Giacomo, Passetto Giuditta, Pastorelli Antonio, Pellegrini Anna, Pengo Francesca, Peres Maria, Perino Anita, Periccone Angelina, Pesente Elisabetta, Pezzani Teresa in Carioni, Piantoni Autonio, Pibiri Candida Maria, Piccotti sr. Enrica- e Famiglia, Piella Teresina, Pozzi Marina in Gadda, Putzu Aldina.

R). - Raineri A., Ratti Maria, Razzoli Dodicina Recagni Luisa, Regimenti Carolina, Ricci Marianna, Rigano Ignazio, Righetti Prassede, Rippa Ermelinda, Rolfi Maria, Romano Caterina, Romano Clara, Rossi Maria, Roncarolo Giuseppina in Vulpes, Rottigni Mariuccia, Rudi Letizia in Bolla, Ruffiero Giovanni.

S). Saitta Marietta, Salicata Maria, Sambarino Nina, ved. Turbino, Sauna Cigella, Sargenti de Matteis, Savin Cesarina, Sbroiavacca Maria, Scaramuzza Laura, Scardovelli Erminia, Scarzelli Sinforosa ved. Audello, Schena Giuseppa, Scolaro d. Caetano, Senis Rosina, Sesone Nino, Sibella Pietro, Sorelle Clerici, Graziani, Sozzi Celestina in Gasparini, Spreafico Paolina, Stefanoni Gustavo, Storato Anita, Stradella Ines.

T). - Talamazzi Marietta, Testa Margherita, Ticinelli Maria, Toselli Maria in Molare, Trecarichi Calogero, Turatto Giuseppe.

Q). - Ursella Domenica.

V). - Vairetti Pierina, Valleri Marietta, Vallet Isolina, Vanoni Arma, Vannucci d. Federico, Veneroni Cesare, Vertua Francesco, Vezzoli Bianca, Vicini Giovanna, Viotti Lucia, Vizzinì Ermelinda, Volpini Paolina.

Z) - Zanini Anna, Zerbino Paolo, Zoja Diego.

X) - N. N. di Alfiano Natta, Belluno, Bologna, Borgo Sesia, Busto Arsizio, Cassolo, Laveno, Lesa, Lugano, Maenza, Milano, Mombello Torinese, Moncalvo, Mondovì Piazza, Varzi, Vignale Monferrato, Talamona.

Omaggio internazionale a Gesù Adolescente

Il nuovo Tempio a Borgo S. Paolo in Torino.

Alcuni alunni del Collegio Salesiano di Lanusei, partendo per le vacanze, offrono pel tempio di Gesù Adolescente L. 82.

Due Cooperatrici mandano questo obolo di L. 20 per il tempio votivo di Gesù Adolescente e alla S. Famiglia. - Moretta Grazia Maglia di Ghedi.

Invio un'umile offerta per il tempio di Gesù Adolescente e chiedo preghiere per una grazia desideratissima, che il buon Gesù nella infinita sua misericordia non mi negherà. - Giuseppe Bagaglio.

Mando un'umile offerta per il Tempio di Gesù Adolescente, colla fede di ottenere una grazia. - Anna Zanini di Bolzano Vicentino.

Spedisco L. 10 per la nuova chiesa di Gesù Adolescente, raccomandandomi alle preghiere dei giovani per ottenere da Gesù e da Maria Ausiliatrice grazie per noi. - Famiglia Giavanatto di Cisterna Friuli.

Ricevetti negli esami della Scuola Italiana di Locarno il 1° premio di L. 5o e ne offro subito metà per una borsa di studio per una vocazione ecclesiastica e metà per il nuovo tempio di Gesù Adolescente, pregando che aiuti a crescere buoni me, mio fratello e mia sorella. - Racca Egle.

Invio L. 10 per la Chiesa di Gesù Adolescente: fate pregare per la mia salute. - Elisa Bianchi Ved. Bugnanchi.

A Gesù Adolescente per grazia ricevuta e per lo scampato pericolo d'un mio nipotino questa tenue offerta. - Cesarina Nebbia di Albugnano.

Accludo la somma di L. 10 per il Tempio di Gesù Adolescente per ottenere una grazia che tanto mi sta a cuore. - Piano Luigia V. Facelli di Millesimo per Roccavignale (Genova).

Sono L. 50o raccolte dagli alunni di questo Collegio San Filippo di Lanzo Torinese, imploranti da Gesù l'abbondanza delle sue benedizioni sulla loro adolescenza, e per tutta la vita. - Prof. D. G. Mossetto, direttore.

Spedisco L. 25 a favore del nuovo Tempio a Gesù Adolescente, raccomandandomi alle preghiere di tutti per ottenere dal Divin Modello dei giovani e da Maria Ausiliatrice una grazia desideratissima. - G. F.

RICORDIAMO ai nostri Direttori e alle revv. Direttrici delle Figlie di Maria Ausiliatrice, ai Maestri e alle Maestre aderenti al programma della Cooperazione Salesiana, il duplice invito del nostro venerato Rettor Maggiore di promuovere tra la gioventù loro affidata:

1) Una Colletta per i poveri bimbi della Russia,. da inviarsi « DIRETTAMENTE » al SANTO PADRE Pio XI - Vaticano - Roma.

2) Altra Colletta a favore del nuovo tempio in costruzione a Borgo S. Paolo a Torino, in omaggio - a Gesù Adolescente, da inviarsi allo stesso nostro, Rettor Maggiore, Via Cottolengo, 32 TORINO (9).

AZIONE SALESIANA

Il 25° dell'Opera di Don Bosco in Polonia.

Od Oswiecim, dal 29 giugno al 1 luglio u. s. si svolsero festeggiamenti commemorativi del 25° dell'Opera Salesiana in quell'eroica Nazione. Al triduo solenne accorsero da ogni parte cooperatori, cooperatrici, e un numero sterminato di fedeli. Tutte le sacre funzioni furono celebrate pontificalmente. L'Episcopato Polacco, per bocca dell'Em.mo Cardinale Arcivescovo di Posen, aderi cordialissimamente alle feste, congratulandosi con i figli del Ven. don Bosco del bene compiuto in mezzo a varie popolazioni nei venticinque anni decorsi e bene augurando all'Opera Salesiana un incremento sempre maggiore in avvenire. Anche il S. Padre mandò rallegramenti ed auguri a quei nostri confratelli con una splendida lettera dell'E.mo Card. Gasparri. Il nostro Rettor Maggiore v'inviò, qual suo rappresentante, il rev.mo prof. don Luigi Piscetta, della Facoltà Teologica e Legale di Torino, membro del Consiglio Superiore della nostra Pia società.

Daremo un cenno più ampio delle riuscitissime feste nel prossimo numero.

Nuova chiesa a Montevideo.

Il 14 maggio, a Montevideo, venne solennemente aperta al divin culto, nel centro di un rione popolare, in via Marturana, una nuova chiesa, dedicata a N. S. del Rosario, su disegno dell'architetto don Ernesto Vespignani, Salesiano.

Compì il sacro rito S. E. R. l'Arcivescovo Mons. Aragone.

La domenica seguente vi cantò messa solenne il nuovo ispettore salesiano dell'Uruguay don Riccardo Pittini.

Otto giorni dopo veniva benedetto il nuovo Collegio S. Francesco di Sales, annesso al nuovo tempio. Compì la cerimonia il venerando D. Giuseppe Gamba, che per 28 anni resse l'Ispettoria Uruguayana, amato e venerato da tutti.

La giornata fu allietata dall'inaugurazione di una festa di beneficenza per la nuova fondazione, promossa dal Comitato Dame Patronesse.

Commemorazioni Manzoniane.

Tra le varie manifestazioni, svoltesi per il cinquantenario manzoniano nei nostri collegi, va particolarmente rilevata quella dell'Istituto Elvetico, diretto dai Salesiani a Lugano.

Gli alunni, insieme con una numerosa comitiva di gitanti, si recarono sui luoghi descritti nei Promessi Sposi, visitando attentamente gli importanti cimeli e ricordi manzoniani, i villaggi ed i castelli della Somasca, e deponendo una bellissima corona ai piedi del monumento al Manzoni in Lecco.

Il ciclo delle onoranze si chiuse alla fine dell'anno scolastico, con una solenne accademia in occasione della distribuzione dei premi. Tutto il collegio fu addobbato a festa con iscrizioni, quadri e vignette, illustranti le scene e i paesaggi manzoniani. Dopo la declamazione di alcuni brani poetici, il sac. dott. Scavoni diede il resoconto dei festeggiamenti promossi dal Comitato costituitosi nell'istituto, e il direttore prof. D. Aristide Redaelli trattò delle altissime idealità dell'arte manzoniana. Il trattenimento, allietato da canti e concerti musicali, fu chiuso da un felice discorso dell'on. avv. Luigi Balestra, consigliere nazionale svizzero, che si congratulò vivamente per i brillanti successi che l'istituto consegue nell'impartimento dell'istruzione e dell'educazione religiosa. Agli alunni e a tutti i presenti fu distribuito un riuscitissimo Numero unico commemorativo.

A Roma, si tenne una splendida commemorazione manzoniana, con intervento dell'E.mo Card. Lega e una folla di Prelati ed altri illustri personaggi, la domenica 15 luglio, in occasione della chiusura dell'anno scolastico. Oratore ufficiale fu il comm. Arturo Poesio. Il M. Antolisei fece eseguire una sua nuova composizione musicale sulla penultima strofa della « Passione » del Manzoni.

*

Crediamo di far un'opera buona e cara e proficua alla colta gioventù e al rev. Clero, tornando a raccomandare il recentissimo libro del nostro confratello dott. Don Antonio Cojazzi: MANZONI APOLOGISTA (1).

« Modo dignitoso - scrive l'autore - d'onorare il Manzoni nel cinquantenario della morte e nel centenario dei Promessi Sposi: conoscerlo a fondo.

» Modo unico per conoscerlo a fondo: metter da parte tutti gli studi sul Manzoni e leggere attentamente, con un'idea direttiva nella testa e una penna in mano, tutte le opere del Manzoni.

» Modo efficace per assimilarsi i pensieri dominanti di tutte le opere: scoprirli, ordinarli, illustrarli, ed esporli in modo sistematico.

» Il sugo delle opere e della vita del Manzoni: difendere, giustificare, esporre, esaltare e cantare la dottrina e la morale di Gesù Cristo, come ce la propone e ce l'insegna quella Chiesa Cattolica che è l'unica logica del Cristianesimo.

» Ecco l'origine, la natura e lo scopo di questo libro, offerto agl'Italiani, in un periodo consolante del loro risveglio cristiano...».

Perche meglio si comprenda la novità e l'importanza dell'opera, trascriviamo anche l'indice degli argomenti, svolti, tutti quanti, in forma attraentissima:

Il metodo apologetico manzoniano - La filosofia del Manzoni - Dio - La Provvidenza - La religione - La rivelazione - L'uomo - Le passioni - Gesù e lo spirito - La Chiesa - Il Papa - I Vescovi I Sacerdoti - Il celibato dei preti e dei religiosi - Precetti della Chiesa - La Fede - La Speranza - Carità - Carità, intransigenza, odio religioso - La grazia - Il peccato - I Sacramenti - La Confessione - L'Eucaristia - La preghiera. - Le indulgenze - Maria - I santi - L'umiltà cristiana - La Patria terrena - La Patria celeste.

(1) Dott D. ANTONIO COJAZZI. Manzoni Apologista. Bel volume in-16 grande, di oltre 450 pagine. L. 15,Franco 16,50, presso S. E. I. di Torino.

GLI EX=ALLIEVI

Tra i convegni, recentemente tenuti dagli exallievi, vanno ricordati quello della Sezione Giovani dell'Oratorio Salesiano di Torino, che ebbe luogo il 1° luglio u. s., onorato dalla presenza del rev.mo sig. D. Rinaldi e dall'avv. Cav. Felice Masera, Presidente della Federazione Nazionale; - quello di Ferrara, dove si espresse il proposito di compiere opera attiva presso le autorità competenti per ottenere al più' presto locali adatti alla costituzione dell'Oratorio, la cui necessità è sentita da tutta la cittadinanza, - e quello di Roma. Questo, benedetto dall'E.mo Card. Cagliero, si svolse alla scuola Pratica di Agricoltura per gli Orfani di Guerra al Mandrione, e fu un'adunata di schietta allegria famigliare, in cui si riaffermarono anche i vincoli di devozione che legano i figli di Don Bosco alla Santa Sede, coll'inviare un telegramma al Santo Padre, il quale rispose benedicendo ai propositi di vita cristiana.

All'Estero, a Pernambuco (Brasile), gli ex-allievi presero viva parte alla commemorazione di S. Francesco di Sales, come Patrono dei giornalisti, celebratasi con l'adesione e l'intervento di tutta la stampa locale.

Ad iniziativa degli ex-allievi della Patagonia, il 20 maggio si effettuò il 1° pellegrinaggio del Territorio del Rio Negro al Santuario di Maria Ausiliatrice in Fortin Mercedes. Quasi 70o furono i pellegrini. Alla stazione ferroviaria « Cardinal Cagliero » il treno speciale sostò per improvvisare un omaggio all'apostolo della Patagonia. Giunti a Fortin Mercedes, si recarono, cantando e pregando, al Santuario, ove s'intrattennero tutto il giorno. La ressa attorno ai sacerdoti per ricevere la benedizione di Maria Ausiliatrice fu uno spettacolo commovente. La Madonna di Don Bosco regna sovrana anche in quelle terre, un tempo selvagge, grazie allo zelo dei nostri primi missionari.

Alle Feste Patrie, celebratesi lo scorso maggio nella Repubblica Argentina, presero parte anche i figli di Don Bosco. A Patagones ed a Viedma se ne fece promotrice l'Unione ex-allievi, al cui appello, tutta la popolazione, le autorità, e gli alunni delle scuole, convennero nel tempio parrocchiale per il canto del Te Deum.

Le ex-allieve del Liceo Maria Ausiliatrice di Santiago del Cile hanno iniziata la pubblicazione di un periodichetto: « La Voce delle ex-allieve ». che fa sperare molto bene fra le loro numerose compagne, sparse nelle varie vie della vita, e le quattrocento allieve che ricevono annualmente educazione ed istruzione nel fiorente istituto.

L'Unione ex-allievi di S. Paolo (Brasile) nel suo 12° anno di vita, ha inaugurato la sua propria Sede Sociale.

L'ampio e comodo fabbricato è dotato di aule per divertimenti di società, e per lezioni di lingue (italiano, inglese, francese), nonchè di corrispondenza commerciale, dattilografia e stenografia, canto e musica istrumentale. Una sala di lettura con biblioteca, riviste e giornali, completa l'arredamento della sede.

Quanto prima s'inaugureranno anche una palestra per esercitazioni fisiche e un gabinetto di assistenza medica.

NOTIZIE VARIE

In Italia.

* Gli orfani di guerra di Monte Oliveto-Pinerolo, il 15 luglio u. s., con una festa imponentissima, inauguravano la luce e l'acqua che la pubblica e privata beneficenza ha loro generosamente provveduto. Fino a ieri l'acqua era portata ai piccoli orfani, giornalmente, dai nostri bravi soldati, a cura del Comando della Scuola di Cavalleria.

A ricordo della duplice inaugurazione venne scoperta una lapide commemorativa.

La solenne cerimonia fu onorata dalla partecipazione del nostro venerato Rettor Maggiore, di S. E. R. Mons. Angelo Bortolomasi, Vescovo Castrense Onorario e Vescovo di Pinerolo, di S. E. l'On. Luigi Facta, del generale comm. Bellotti, Comandante la Scuola di Cavalleria, del Sottoprefetto, del Sindaco, e di tutte le autorità e personalità cittadine.

Per la circostanza venne pubblicato un bel numero unico, il quale ci dice come dacchè fu aperto l'Istituto (anno 1916) si spesero, per 506 orfani, L. 684.221.00, delle quali 107.152, 6o furono pagate dai parenti degli orfani; - 137.189.20 incassate come contributi o sussidi speciali del R. Governo e dei Comitati Provinciali e Nazionali «pro orfani di guerra » - 184.678,90 inviate dalla pubblica beneficenza in contanti o in generi; - e 255.200.30 provviste dal nostro Rettor Maggiore.

* Ad Ivrea, gli alunni dell'Istituto Card, Cagliero e i nuovi ascritti alla nostra Pia Società. il giorno in cui celebravano la festa del S. Cuore, andavano a gara nell'esprimere i più fervidi auguri e ringraziamenti a Sua Ecc. Rev.ma Mons. Matteo Filipello, Vescovo diocesano, celebrante il XXV del suo episcopato, umiliandogli un'artistica pergamena-ricordo.

* A Bergamo, ad iniziativa del Consiglio Direttivo dei Cooperatori, la domenica 1o giugno, il salesiano Don Stefano Trione tenne nel salone della casa del popolo una conferenza sull'azione salesiana. Disse dello spirito educativo di Don Bosco, e insistette sulla necessità che i Cooperatori lo diffondono largamente, ispirando ad esso la loro attività, anche nel consacrare le loro energie all'azione propria del centro in cui vivono. Seduta stante, per impegno del rev. D. Bertolotti, si decise di dare, in avvenire, grande solennità alla festa di M. Ausiliatrice, Patrona delle Opere di D. Bosco.

* A Parma, nel Collegio S. Benedetto, con solenne cerimonia e con l'inaugurazione di una lapide commemorativa, decorata dalla figura di N. S. Gesù Cristo, coronato di spine, il 29 giugno u. s., veniva consacrata la memoria degli allievi caduti in guerra. Era presente una larga schiera di autorità civili e militari, le famiglie e i conoscenti dei caduti, i rappresentanti delle varie associazioni cittadine, gli alunni delle varie scuole, i giovani dei circoli cattolici e largo popolo. Benedisse la lapide il priore di S. Benedetto D. Emerico Talice, tenne il discorso commemorativo il dott. Giuseppe Pochettino del R. Liceo della Città, e un giovane allievo disse alcune parole per ringraziare i presenti.

* A Bologna, una cinquantina di giovanetti dell'Oratorio festivo salesiano si prepararono con una settimana di esercizi spirituali a ricevere la prima Comunione e la S. Cresima il 20 maggio. La cerimonia si svolse con commovente solennità. I comunicandi fecero il loro ingresso nella chiesa-santuario del S. Cuore, preceduti dalla Croce. Il Salesiano, che li accompagnava, con voce vibrante pregò il rev. Parroco a volerli ammettere alla mensa eucaristica, attestando le loro ottime disposizioni. Il rev. Parroco li invitò allora a ripetere la professione di fede, le promesse e le rinuncie fatte nel S. Battesimo, e principiò la S. Messa. Giunto alla Comunione si volse nuovamente ai fanciulli esortandoli a custodire le loro anime nell'innocenza, nella fede e nell'amore di N. S. Gesù Cristo; e quindi donò loro il Pane degli Angeli. Terminata la funzione, all'uscir di chiesa, i fortunati fanciulli furono accolti dai compagni al suono di una marcia trionfale.

Più tardi tornarono ordinatamente in chiesa per ricevere la S. Cresima, che fu loro amministrata da S. E. Mons. Pranzini. Era il giorno santo della Pentecoste, e Monsignore esortò i fanciulli e i loro padrini a chiedere a Dio la grazia di esser sempre coraggiosi soldati di Cristo.

Ci congratuliamo vivamente con quei nostri confratelli per lo splendore dato a queste auguste cerimonie, essendo grande il fascino che esse esercitano nelle anime giovanili.

* Per venerare la preziosa reliquia del braccio di S. Francesco Saverio, gli orfani dei contadini morti in guerra, educati nella Colonia Agricola di Corigliano d'Otranto, si portarono in pio pellegrinaggio a Lecce. Ricevuti alla stazione dai dirigenti del Patronato scolastico, dell'Associazione Mutilati e degli Esploratori Cattolici, i cento e più orfanelli, vispi e sani, si prostrarono nella Cattedrale, dove ascoltarono la S. Messa, fecero la S. Comunione e baciarono la sacra reliquia. Quindi, con la banda musicale in testa, si recarono ad ossequiare il Prefetto della ' città e i principali benefattori della Colonia, accolti ovunque con affabilità generosa; e alla sera presero parte alla processione in onore del Santo, riscuotendo l'ammirazione di tutti.

* A Napoli la Pia Casa per Sordomuti, allo scopo di provvedere sempre meglio all'avvenire dei ricoverati coll'ammaestrarli secondo le tendenze e capacità personali, ha aperto, testè, una scuola tipografica in tutta regola, capace di eseguire importanti lavori. Già parecchi alunni si sono incamminati alla nuova arte, pieni di riconoscenza verso i loro superiori e benefattori.

* L'Em.mo Card. Giorgi, trovandosi a Napoli per la consacrazione della Cappella votiva dei caduti in guerra, onorò di una sua visita la Pia Casa per sordomuti di via Avellino a Tarsia. Accompagnato da vari gentiluomini, s'intrattenne in mezzo ai ricoverati, distribuendo loro un'immaginetta: visitò pure il reparto femminile, e rivolse espressioni di plauso e d'incoraggiamento alle Religiose per la cooperazione in un'opera tanto meritoria.

* A celebrare il XXV di Sacerdozio di Mons. Mario Piu, il propugnatore più ardente per la fondazione dell'Opera di Don Bosco a Cagliari, il 10 maggio si svolse nell'istituto salesiano di quella città una festicciuola intima e famigliare. Iniziatasi il mattino con le funzioni religiose celebrate dal festeggiato, ebbe il suo epilogo la sera con un trattenimento, riboccante di affetto e di gratitudine verso il virtuoso Prelato, che rivelò, ancora una volta, con elevate parole, tutto il suo grande amore per Don Bosco.

* Nel capoluogo della Repubblica di S. Marino la prima domenica di giugno, secondo la pia tradizione che risale al miracoloso scampo dal terremoto, ottenuto ad intercessione della Vergine, nel 1872, si svolsero devoti festeggiamenti in onore della Madonna della Consolazione, il cui Santuario è ora ufficiato dai figli di D. Bosco. Le funzioni furori rese più solenni dalla cappella musicale della Repubblica; nel pomeriggio vi fu una grandiosa processione con la Sacra Immagine; e a sera, sulla pubblica piazza, il concerto militare coronò le entusiastiche dimostrazioni dei Sammarinesi con scelto programma.

All'estero.

* Il primo Delegato Apostolico dell'Africa del Sud, Mons. Giordano Gylswyk, sbarcando a Cape Town, fu ricevuto dal Sindaco e dal Primo Ministro dell'Unione, e la banda dell'Istituto Salesiano ed i nostri esploratori con quelli di altre scuole cattoliche lo scortarono alla Cattedrale, gremita di popolo. Alcuni giorni dopo Mons. Gylswyk, insieme col Vicario Apostolico locale, Mons. Rooneym, e Mons. Spreiter Vic. Apostolico del Zululand, e Mons. Van Nuffel, visitò l'Istituto, e gradì un riuscito trattenimento musico-letterario dato in suo onore, mostrando la sua alta soddisfazione nel rilevare la schietta allegria e la sincera pietà dei giovani educati alla Scuola di Don Bosco.

* La Scuola Italiana Maschile di Caifa (Palestina), risorta nel 1921, accolse nel primo anno una quarantina di fanciulli, che nel secondo anno salirono a cento, portando da quattro a cinque le classi e dando maggiore sviluppo al programma tecnico-commerciale. Tra gli alunni vennero stabilite varie squadre ginnastiche e sportive, la scuola di canto e di banda, ed anche una scuola di dattilografia per dar loro maggior facilità di lavoro e d'impiego.

Parallelo al progresso scolastico fu il lavoro di elevazione morale e spirituale. Le feste di S. Francesco di Sales e di Maria Ausiliatrice vennero celebrate con messa in musica e intervento di altre comunità religiose. Raccogliendo gli amici provenienti dagli istituti di Betlemme, di Nazareth e di Beitgemal, si costituì anche l'Unione ex-allievi con 67 soci, e si gettarono le basi per l'Unione dei Cooperatori. Anche l'Oratorio festivo funziona già, sebbene non ancora pienamente organizzato, ma lo frequentano molti fanciulli della scuola e della città.

* Un nuovo e folto drappello di delinquenti minorenni è partito da Buenos Aires per Viedma, destinato alle varie Case Salesiane della Patagonia. Accompagnati dal nostro missionario D. Luigi Cencio, tutti compirono il. viaggio nella più vivace allegria: un solo piangeva, perche la mamma e il fratellino eran corsi alla stazione a salutarlo. Per tre mesi essi resteranno nella casa di Viedma, in osservazione; poi, conosciuta la tendenza e le attitudini di ciascuno per le varie professioni, non esclusa la pastorizia e l'agricoltura, verranno inviati nei differenti collegi, dove, col lavoro e con l'educazione cristiana, saranno incamminati per la via dell'onestà, col metodo di Don Bosco.

* Il Collegio Salesiano di Rosario S. Fè (Argentina) ha ricevuto dal Ministero degli Esteri un plauso speciale. « Nel Collegio - dice il documento - trovano svolgimento e soddisfazione i bisogni della nostra Colonia, in rapporto allo Stato che l'accoglie, armonicamente fusi con quelli che la legano alla patria lontana. Ne fanno fede le numerosa popolazione scolastica, costituita per cinque sesti dai figli dei nostri emigrati, e l'efficace insegnamento della nostra lingua, reso vivo e attraente con le nozioni della nostra storia e geo grafia, e il pareggiamento del ginnasio accanto all'indirizzo delle scuole professionali, rivolto alle arti belle ed ai mestieri particolarmente pregiati sul posto ».

* Il Prefetto di Polizia di Valparaiso (Cile), accompagnato dal Direttore del Riformatorio giovanile, fece una visita alle scuole professionali salesiane, per conoscere, da vicino, il metodo in esse seguito. Ricevuto dal Direttore, cav. Don Giulio Dati, visitò tutto lo stabilimento, soffermandosi nei singoli laboratori, ammirando l'ordine, la pulizia, e lo stato dei lavori in corso. I giovani, adunati in teatro per la distribuzione dei premi, gli improvvisarono una dimostrazione di omaggio, a cui l'illustre visitatore rispose dicendo, che, ammirato di ciò che aveva veduto, sarebbe tornato altre volte all'istituto, per apprendere meglio lo spirito educativo di Don Bosco.

* Il 25 aprile u. s. nel Santuario di Maria Ausiliatrice in Nictheroy (Brasile) si compivano due imponenti cerimonie: la consacrazione episcopale di Mons. Emanuele Gomes de Oliveira, Vescovo di Goyaz, e l'imposizione del pallio a suo fratello Mons. Elvezio, Arcivescovo di Marianna, ambedue salesiani.

La solennità dei sacri riti, accompagnati da scelta musica eseguita dalla scuola di canto del collegio, attrasse una moltitudine di popolo, che gremì l'ampia ed artistica chiesa.

Consacrante fu S. R. R. il Nunzio Apostolico al Brasile, Mons. Enrico Gasparri; conconsacranti il Vescovo di Bello Horizonte, Mons. Antonio dos Santos Cabral, e il Vescovo di Espirito Santo Mons. Benedetto Alves de Souza. Con gentil pensiero fecero da padrini il Vice-Presidente del Senato e il Senatore di Goyaz.

Terminata questa funzione, l'Arcivescovo Coadiutore di Rio de Janeiro, Mons. Sebastiano Leme, impose il pallio a Mons. Elvezio, ed il Vescovo di Bello Horizonte salì il pergamo per spiegare al popolo il significato delle due cerimonie.

Tra i presenti era anche la fortunata madre dei due Vescovi, che, subito dopo, abbracciava commossa ambedue i figli elevati alla pienezza del sacerdozio.

* Il servizio religioso del Penitenziario dello Stato di S. Paulo (Brasile), che racchiude 8oo reclusi, è disimpegnato da un sacerdote salesiano, che vi presta gratuitamente l'opera sua e ogni domenica dà ai carcerati la comodità d'ascoltare la S. Messa, con spiegazione del Vangelo, recita del S. Rosario, e canto delle litanie e di mottetti durante la Santa Comunione. Le feste principali dell'anno vengono celebrate con particolar splendore, a sollievo e conforto dei reclusi. E bisogna dire che quegli infelici assecondano cordialmente le attenzioni e le premure del sacerdote. Un resoconto del 1922 ci dice che le S. Comunioni, di cui quindici prime e altrettante per viatico, salirono a 10.046, pari a una media di 8oo comunioni al mese, cioè ad una Comunione mensile di lutti i carcerati.

NECROLOGIO

Conte GIOVANNI BATTISTA PAGANUZZI. - Presidente generale dell'Opera dei Congressi Cattolici fin all'ottobre del 1902, quando gli succedette il Conte Grosoli, non cercò altro, nella sua operosità, che il trionfo degli ideali cristiani, dimentico dei suoi particolari interessi e inflessibile nei principii cattolici. Ammiratore entusiasta del Ven. Don Bosco, nutrì per il suo i Successore Don Rua una venerazione altissima, di cui gli dette molte prove, specie nel 1895, quando si tenne a S. Giovanni Evangelista in Torino il XIII Congresso Cattolico Italiano.

Morì santamente il 23 giugno u. s., compianto da tutti. La sua memoria resterà in benedizione.

Can. G. B. GATTONI di Borgomanero. - Attese con amore, finchè le forze glielo permisero, al ministero sacerdotale; ed allorquando il male lo costrinse al riposo, passò i lunghi anni di sofferenze nella preghiera. Calmo e tranquillo, aspettò l'ora della morte, fiducioso di andare alla patria celeste, per ricongiungersi a Dio, il cui onore aveva tanto zelato in terra.

GIUSEPPINA BONO-MUSSO. - Spirò il 25 giugno u. s. in Sampierdarena, improvvisamente e senza soffrire, ma santamente, chè tutta la sua vita, ricca di virtù cristiane, fu la miglior preparazione alla morte. Ebbe quattro figli, e se la loro educazione fu la preoccupazione maggiore della sua vita, la loro buona riuscita fu il suo miglior conforto. Di dolori ne sofferse tanti; ma l'amor di Dio, la carità per gli infelici, la bontà con tutti, le diedero anche conforti soavi. Sia pace all'anima sua!

ANGELA USILLA. - Presidentessa delle Zelatrici Salesiane di Rovigno (Istria), vero fiore di umiltà, di preghiera e di sacrifizio, spirò placidamente l'8 giugno u. s. Con zelo instancabile zelò l'Opera delle Missioni, meritandosi più volte le lodi del compianto Don Albera. La sua morte lascia un gran vuoto: ma la sua memoria e i suoi esempi vivranno a lungo e saranno di nobile sprone alle compagne a continuare nella caritatevole via.

VITTORE MAGNI. - Anima piena di fede semplice e vigorosa, trascorse la vita fra due templi: la famiglia, cui adorava e crebbe gagliardamente cristiana, felicissimo di offrire due dei sette figli alle Opere Salesiane; e la chiesa, che fu la sua dimora fin da fanciullo, addetto come fu, fino al termine della vita, al servizio della Casa Dio. Pace al cristiano esemplare.