BS 1910s|1914|Bollettino Salesiano Febbraio 1914

ANNO XXXVIII - N. 2   PERIODICO MENSILE   1 FEBBRAIO 1914

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO DELLA PIA UNIONE DEI COOPERATORI SALESIANI Dl D. BOSCO

SOMMARIO: II nuovo Card. Protettore della Pia Società Salesiana   . 33 Le nuove Fondazioni dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1913

PARLA DON BOSCO! - vi) Dell'obbligo grave del buon uso delle ricchezze . . . 37 Don Bosco al letto del Conte di Chambord . . . 41 Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco . . 44 L'Opera di Don Bosco nell'Argentina, nell'Uruguay, nel Chili e nel Brasile (Lettere di Don Trione) VII    16

DALLE. MISSIONI: Auguri - Rep. Argentina: Attraverso il Neuquén - Cina: I bisogni della Missione - In fascio: Dall'india

IL CULTO DI MARIA SS. AUSILIATRICE: Maria SS. Ausiliatrice e le Missioni della Consolala - Feste e date memorande - Pel 24 corrente - Grazie e graziati    55

Tesoro spirituale . . . .

NOTE E CORRISPONDENZE: Riverente omaggio - Tra i figli del popolo - Notizie varie   , . 6o

Necrologio e Cooperatori defunti    62

IL NUOVO CARDINAL PROTETTORE della Pia Società Salesiana e delle Figlie di Maria Ausiliatrice

Il Santo Padre, con lettera dell'Eminentissimo Card. Segretario di Stato, fin dal prìncipio dello scorso mese ha nominato Protettore della Pia Società Salesiana e delle Figlie di Maria Ausiliatrice l'Em.mo signor

CARD. PIETRO GASPARRI.

Da molti anni l'albo d'onore della Pia Unione dei Cooperatori Salesiani si fregiava di questo nome venerato. L'Eminentissimo Princìpe conobbe personalmente Don Bosco e, allorché passò a Torino per andare Delegato Apostolico in America, fu anche a visitare l'Oratorio di Valdocco e il 1° Successore di Don Bosco, l'amato Don Rua.

Al nuovo Card. Protettore, cui già ci stringono forti vincoli di profonda riconoscenza, noi umiliamo con ossequiosa esultanza ì nostri omaggi filiali, la promessa di fer venti preghiere e l'augurio di lunga vita al bene dell'intera Famiglìa Salesiana e di tutta quanta la Chiesa.

L'Eminentissimo sig. Card. Pietro Gasparri è nato a Visso, diocesi di Norcia, il 5 maggio 1852. Giovanissimo, fu nominato professore di diritto canonico. Il 2 gennaio 1898 fu eletto Arcivescovo titolare di Cesarea di Palestina e mandato all'Equatore come Delegato Apostolico, donde fece ritorno a Roma per occupare la carica di Segretario della Congregazione degli Affari Ecclesiastici Straordinarii.

Fu anche Consultore del S. Officio e dal 4 aprile 1904 Presidente della Consulta di consultori.

Per la sua rara competenza come canonista attirò l'attenzione di Papa Pio X, che gli affidò la grande opera della Codificazione del Diritto Canonico.

Il Cardinale Gasparri ha scritto varie opere importantissime intorno a questa materia, cioè il Trattato canonico del Matrimonio, il Trattato canonico dell'Eucaristia, e il Trattato dell'Ordinazione...

Per premiare i suoi meriti insigni il Santo Padre Pio X lo creò e pubblicò Cardinale nel Concistoro del 16 dicembre 1907, col titolo di S. Bernardo alle Terme.

LE NUOVE FONDAZIONI dell'istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice nel 1913

SE l'espansione continua di un Istituto è la miglior prova della sua vitalità e conseguentemente delle sìmpatie ehe gode presso la società civile e delle benedizioni onde lo assiste il Sìgnore, hanno in vero di che rallegrarsi le instancabili Figlie di Maria Ausiliatrice sol che gettino lo sguardo sulle opere da loro compiute l'anno passato. Diamolo noi pure questo sguardo, e ne benediremo il Signore.

Nel mese di settembre, come già si annunziò, le Figlie di Maria Ausiliatrice tennero in Nizza Monferrato il loro VII° Capitolo Generale, che riuscì di una meravigliosa concordia e praticità d'intenti, da assicurare all'Istituto frutti ancor più abbondanti in avvenire. E proprio di quei giorni, mentre veniva confermata nel suo ufficio di Superiora Generale la rev.ma Suor Caterina Daghero, e le varie case di formazìone si andavano affollando di nuove reclute (sommano a 236 le giovani che diedero il nome all'Istituto nel 1913) esse avevano il conforto di trasportare le spoglie mortali della loro 1a Superiora, la serva di Dio Suor Maria Mazzarello, dal camposanto di Nizza alla chiesa del loro Collegio di N. Signora delle Grazie, donde l'anima candida della piissima religiosa era volata in seno a Dio.

Di là, nel mese seguente, pellegrinavano al Santuario di Maria Ausiliatrice in Valdocco e alla tomba di D. Bosco in Valsalice più di 50 Suore a chiedere una benedizione speciale alla celeste Titolare e al comun Fondatore Don Bosco, prima di partire pel nuovo campo loro assegnato nelle Missioni Estere dell'Istituto, dando alle consorelle ed allieve il più bell'esempio di abnegazione.

Prima e dopo la partenza delle nuove Missionarie, altri piccoli drappelli di Figlie di Maria Ausiliatrice piovevano all'apertura di nuove case in Italia.

A Baldichieri d'Asti assumevano la direzione di un Asilo d'infanzia, dell'Oratorio Festivo e di una Scuola-laboratorio per le fanciulle.

Similmente a Barasso (Varese) e a Gambellara, nella provincia di Vicenza, iniziavano un Giardino d'Infanzia, un Laboratorio e l'Oratorìo Festivo.

Due altri Giardini d'infanzia ed Oratori Festivi esse aprivano a S. Ambrogio Olona, presso il S. Monte di Varese col beneplacito dell'Em.mo Card. Arcivescovo di Milano; e a S. Polo di Piave per le vive istanze della nobile Famiglia Pappadopoli.

A Vercelli, per invito del zelantissimo Arcivescovo Mons. Teodoro dei Conti Valfrè di Bonzo, pel quale la Famiglia Salesiana intera serberà eterna riconoscenza, prendevano, accanto la nuova Parrocchia del Belvedere, la direzione dell'Oratorio Festivo e di una Scuola di lavoro.

La prima domenica di giugno, preannunziate da entusiastici manifesti ed accolte colla più schietta dimostrazione di affettuosa aspettativa dall'intero paese, inauguravano un nuovo Asilo a Fontaneto d'Agogna, cui aggiunsero l'Oratorio ed una Scuola laboratorio, mercè la generosità dell'insigne Cooperatore sig. Ing. Giuseppe Dulio.

Sul principio d'estate aprivano una CasaConvitto a Cesareo Maderno per signorine impiegate, operaie e studenti, bisognose di un po' di riposo, o di rifarsi in salute.

Il 13 agosto fondavano un altro Giardino d'infanzia, Oratorio Festivo e Scuola di lavoro nell'ameno e ridente paese di Castelnuovo ne' Monti, presso Reggio Emilia.

Al sorgere del nuovo anno scolastico, stabilivano un nuovo Pensionato per signorine studenti ed Operaie, a Milano, con Scuolalaboratorio, un « Dopo-scuola», un Giardino d'infanzia, ed un nuovo Oratorio Festivo, in Via Bonvesin de la Riva, presso porta Vittoria.

Finalmente accettavano la direzione dell'Orfanotrofio dello Spirito Santo ad Acireale, per invito del rev.mo Can. Tirchi, e conservando l'opera primiera delle Orfanelle, aggiungevano un altro scopo all'istituto, destinandolo a casa di formazione pel personale dell'Ispettoria Sicula e in altro locale separato e meglio adatto, offerto dalla generosità del Vescovo Diocesano, vi aggiungevano l'Oratorio Festivo.

A lato di queste fondazioni meritano di essere ricordate altre opere, compiute dalle Figlie di Maria Ausiliatrice in Italia.

Prima fra tutte è l'annessione del benemerito Istituto delle Orsoline di Acqui al loro Istituto. L'atto solenne, colla debita autorizzazione della S. Sede, compievasi il 25 marzo, festa della SS. Annunziata, da Sua Ecc. Rev. Mons. Disma Marchese, fra il plauso dell'intera cittadinanza e segnatamente delle pie benefattrici del caro Asilo S. Spirito, felici di vederlo incorporato all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice.

Ampliarono inoltre considerevolmente l'opera loro nella città di Padova, ove per munificenza dell'Ecc.mo Vescovo Diocesano trasportarono il loro Pensionato per Signorìne in più vasti e ben adatti locali; e nella città di Parma, dove aggiunsero un Pensionato per Normaliste, che sommano già alla cinquantina.

Passando ad accennare le fondazioni da esse compiute all'Estero, ricordiamo in primo luogo, come a noi più vicina, quella di Balerna nel Canton Ticino, dove, chiamate dalla Ditta Polus, apersero un Convitto Operaio per giovinette italiane, addette alla lavorazione del Tabacco in quella grande manifattura.

In Oriente, assecondando due belle iniziative dell'Associazione Nazionale per soccorrere i Missionari Cattolici Italiani, fondavano un promettente istituto a Adalia, sul Golfo Omonimo nell'Asia Minore; e accettavano la direzione di un ricovero a Damasco in Palestina, destinato ad accogliere quei poveri che, dopo aver subito qualche operazione chirurgica, abbisognano di delicate cure ed attenzioni durante la convalescenza. Quest'opera caritatevole ha tallente incontrato il favore di tutta la cittadìnanza da far scrivere ad un corrispondente arabo della stessa città : « Tutto il merito vada al Governo Italiano che per la sua socievolezza si distingue fra le più grandi genti europee nello stabilire la comunicazione della scienza e dell'istruzione e le opere di beneficenza! »

Tre altri nuovi istituti esse apersero nel Nuovo Continente.

Il primo a Lima, nel Perù. Cedendo agli inviti del Governo, accettarono la direzione d'un importante stabilimento fiscale, conosciuto sotto il nome di « Scuola domestica ». L'istituto è destinato ad accoglìere un centinaio di fanciulle povere, dai 12 anni in su, tolte ai pericoli e alla miseria per essere preparate alla vita mediante una conveniente istruzione pratica che le metta in grado di provvedere alla propria esistenza. E l' insegnamento non si limita ad una semplice scuola di lavoro, ma abbraccia un corso di lezioni pratiche su tutti i rami dell'economia domestica per un periodo di quattro anni, al termine dei quali l'alunna consegue apposito diploma d'abilitazione. Nello stesso istituto v'è pure un apposito reparto a favore di una trentina di bambini dai tre ai sei anni.

Secondariamente a Chunchi, in amenissima posizione nella provincia di Guayaquil nell'Equatore, dietro vive istanze del Vescovo Diocesano iniziarono un Collegio Convitto per giovinette benestanti, con annesse Scuole Parrocchiali ed Oratorio festivo.

In ultimo a Granada nel Nicaragua, dove riscossero la fiducia e l'ammirazione dell'intera cittadinanza colla recente fondazione iniziata l'anno 1912, invitate dalle Autorità locali stabilirono un Educandato per fanciulle di civìl condizione, le quali vi accorrono già in buon numero da ogni parte della Repubblica.

Tutta questa vitalità esplicata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, mentre - come abbiam detto - è una delle più belle prove dell'assistenza che il Signore continua alla seconda Istituzione del Venerabile Don Bosco, è anche una nuova prova dello zelo instancabile dei Cooperatori e delle Cooperatrici Salesiane. Essi, convinti che per giovare al buon costume e alla civile società nulla v'ha di meglio che formare cristianamente le nuove generazioni, fanno al certo santissima cosa ponendo in grado i Salesiani e le Figlie di Maria Ausiliatrice ad aprire nuovi Oratori festivi, nuovi Ospizi, nuovi Orfanotrofi, nuovi Collegi, nuovi Giardini d'infanzia, nuove Scuole di Lavoro, nuovi Convitti Operai, nuovi Pensionati, affinché cresca il numero dei fanciulli e degli adolescenti, delle bambine e delle giovinette, che col saggio metodo di Don Bosco vengano cristianamente educati a decoro della Religione e della Patria. Oh! siano benedette le anime generose che ci aiutano ad estendere il nostro campo di azione; e siano pur benedette, quelle, che avendo pienamente compreso lo spirito di D. Bosco e lo scopo che eglì ebbe nell'istituire i Cooperatori Salesiani, non si limitano di soccorrere le Opere dei figli e delle figlie del Venerabile, ma con acceso zelo, degno della più alta ammirazione e di larga imitazione, raccolgono personalmente egual messe nello stesso campo! Abbiano esse ogni divina benedizione in questo mondo e nell'altro.

Defunctus adhuc loquitur.

Parla Don Bosco!

VI (1). Dell'obbligo grave del buon uso delle ricchezze.

Nel mese di novembre del 1869 Don Bosco pubblicava nelle « Letture Cattoliche » il racconto intitolato: Angelina o l'Orfanella degli Apennini, nel quale, in mezzo all'intreccio della narrazione, spicca da capo a fondo questa tesi: « l'obbligo grave che hanno i ricchi di fare elemosina ».

Il racconto comincia col descrivere una famiglia fortunata; e il Venerabile così scrive del capo della medesima

Alla frugalità del vitto egli sapeva unire la liberalità delle limosine. « I miei affari, egli diceva, cominciarono a procedere prosperamente dal momento che mi sono fatto una legge di non mandar mai via alcun mendico dalla porta di mia casa colle mani vuote ».

Egli attribuiva la prosperità delle sue sostanze ad un campo che egli diceva campo della fortuna, ma il pubblico nominava campo dei poveri. Era questo un terreno di parecchie are, che Pietro seminava di fagiuoli e di fave. Lo coltivava e custodiva fino a tanto che si poteva raccogliere qualche frutto, e allora, egli cessando di custodirlo come suo, diventava proprietà dei poveri...

Per dare alloggio ai più abbandonati egli teneva pronto un fienile fornito a sufficienza di paglia e di lenzuola per coprirsi. Alla sera per altro portavasi in persona ad osservare che non avvenissero disordini, e recitate con loro le preghiere, augurava loro la buona sera con qualche cristiano ricordo. « Che siate poveri, loro diceva, non importa, ciò non è vizio: ma che non siate irreligiosi e malvagi. »

Non è questo il ritratto dell'uomo pio e caritatevole? A questa famiglia venne a morire la fantesca, e poichè : « una serva fedele è un gran bene per una famiglia » e « un tesoro ancor più prezioso per la tenera figliuolanza, la cui moralità, per lo più è tutta nelle sue mani » desideravano quei buoni genitori di trovarne un'altra che fosse « un novello angelo tutelare » pei loro cari fanciulli ; e il Signore mandò loro, per un incontro singolare, una giovane donna, di nobilissimo lignaggio, che aveva abbandonata la casa paterna per servire il Signore nella povertà. L'esposizione delle virtù e sopratutto delle vicende di costei, cioè di Angelina, forma il corpo del racconto.

Collocata in una casa di educazione per prepararla alla prima Confessione e Comunione e alla S. Cresima, siccome vi stava molto volentieri, vi fu lasciata più anni perchè vi compisse i suoi studi: e in quel tempo ella ebbe un ricordo solenne, che le restò vivo nella memoria.

Don Bosco così fa parlare Angelina:

« Rammento ognor con dolore l'assistenza prestata alla più cara delle mie amiche negli ultimi momenti di sua vita. Mi voleva sempre accanto al letto, ed io colla religione e con segni di benevolenza lui adoperava in tutte guise per renderle meno amara la sua agonia. Fu quella compagna che mi lasciò un ricordo, che non potrò mai cancellare dalla mia mente. - Angelina, ella mi disse con tremola voce, cara mia Angelina, che terribile momento è mai per un ricco che si trovi al punto di morte. Abbi ognor presente il detto del nostro Salvatore: E più facile che una grossa fune passi per la piccola cruna di un ago, che un ricco si salvi. In casa tua, tu hai molte ricchezze, perciò... - voleva parlare, ma le mancò la parola e poco dopo spirò. - O amica fedele, Dio ti accolga fra i beati in cielo. Il tuo avviso non fu compiuto, ma io ne intesi abbastanza e mi rimarrà fisso nella niente per tutta la vita.

Dopo sette anni di educazione i miei parenti mi richiamarono in famiglia per compiere, dicevano, la mia educazione, ma in realtà per impedire di farmi monaca...

Ritornata in famiglia, mio padre mi volle subito far dare lezioni di danza, cui aveva sempre avuto assoluta avversione. Io ravvisava una specie di pazzia quando vedeva uomini e donne mossi unicamente dal suono di alcuni strumenti o eccitati dalle corde musicali, muoversi, girare e saltare da spiritati. Di qui cominciarono i dispiaceri e le opposizioni. Mio padre desiderava fare di me una signorina galante, che fosse l'anima delle conversazioni geniali; io al contrario abborriva ogni genere di lusso o di vana comparsa. Mio padre mi condusse una volta al teatro e fu una volta sola; giacchè i discorsi che si facevano, le cose che si rappresentavano e lo smodato vestire erano incompatibili coll'onestà e colla coscienza del cristiano.

Ma le mie afflizioni si accrebbero dallo spreco che si faceva del danaro in cose inutili e talvolta dannose. Quaranta persone di servizio per quattro persone: io, i miei genitori ed un fratello. Due carrozze caduno, una per l'estate, l'altra per l'inverno, con un numero corrispondente di cavalli e di cocchieri; due guardiaportone, due portieri, due maggiordomo, due maestri di etichetta, o come si dice, due maestri di cerimonie. Il rimanente era occupato nei vari Uffizi domestici. Tante persone di servizio, mentre la decima parte avrebbe bastato a tutto per tutti. Nelle sedie, nei pavimenti, nei letti, nella mensa l'oro e l'argento erano scialacquati. Non è che mio padre non avesse religione; chè trattava bene i frati e i preti, ogni volta che se ne presentava l'occasione; anzi godeva quando poteva seco avere a mensa qualche illustre personaggio, come sarebbe un canonico, prevosto o prelato; ma ciò con fine umano, per far parlare di sè e per essere lodato.

Se era richiesto di qualche carità, per lo più esclamava che aveva molte spese, molte imposte, diminuzione di entrate e simili. Intanto si trovavano somme enormi per dare delle serate agli amici, intraprendere lunghi e spendiosissimi viaggi, cangiare e rimodernare ogni anno le suppellettili di casa; senza calcolare il continuo cangiare, vendere, comperare carrozze, cavalli, con immensi dispendi.

Nelle stesse limosine io non vedeva certamente quello che dice il Vangelo: La sinistra non sappia quello che fa la destra. Tutto l'opposto. Se non facevansi profondi inchini, pubblici e ripetuti ringraziamenti, o se non si dava in qualche modo pubblicità alle offerte, per lo più quell'offerta era l'ultima; nè più avrebbesi potuto cavargli un soldo, sotto allo specioso pretesto che quel tale era un ingrato, ma in realtà perchè non avevano suonata la tromba ai quattro venti. Mi sembrava potersi dire col Salvatore: Hanno già ricevuta la loro mercede. Un giorno ho dimandato a mio padre come intendeva le parole del vangelo: Date il superfluo ai poveri. Rispose egli che questo era consiglio, ma non precetto. -- Mi sembra, aggiunsi, che la parola date sia di modo imperativo e perciò fin vero comando e non un consiglio. - Non mi fece alcuna risposta. Altra volta gli dimandai come intendesse quelle altre parole del Vangelo: Guai ai ricchi; è più facile che una grossa fune passi per la cruna di un piccolo ago, che un ricco si salvi. - Queste cose, egli disse, bisogna che si studino, si sappiano, ma non fermarcisi troppo sopra, altrimenti fanno perdere la pace del cuore, anzi farebbero dare la vòlta al cervello, se uno di troppo se ne desse pensiero.

Tale risposta fu come una scintilla alle mie perturbazioni. Se è una verità, io diceva, perchè non meditarla sempre? Perchè dal mondo è dimenticata. Quel guai ai ricchi vorrà forse dire che essi debbono andare tutti perduti? siccome ci vuole un gran miracolo che una grossa fune passi pel foro di un ago, così è forse d'uopo che si operi un miracolo di questo genere perchè un ricco si salvi? Se è così difficile che un ricco si salvi, non è meglio mettere in pratica il consiglio del Salvatore: Vendete quello che possedete e datelo ai poveri? Mio padre dice che il pensare seriamente a queste cose potrebbe dar di vòlta al cervello. Ma se produce questo terribile effetto il solo pensiero, che sarà di chi avesse la sventura di provare le conseguenze della minaccia del Salvatore, che sarebbe l'eterna perdizione?

Agitata dal pensiero delle difficoltà che ha un ricco per potersi salvare, mi sono recata da un venerando ecclesiastico per avere istruzioni e conforto. Quell'uomo di Dio mi rispose che queste parole vogliono essere nel loro vero senso interpretate. « Volle il Salvatore significare, diceva, che le ricchezze sono vere spine e sorgente infausta di pericoli nella via della salvezza, e ciò pel grande abuso che per lo più se ne fa; spese inutili, viaggi inopportuni, intemperanze, balli, giuochi, oppressione dei deboli, fraudazioni della mercede agli operai: appagamenti di passioni indegne, liti ingiuste, odio, rabbia e vendette, ecco il frutto che molti raccolgono dalle loro ricchezze. Per costoro le sostanze temporali sono un gran rischio di perversione spirituale, e di costoro appunto disse il Salvatore: Guai ai ricchi; è più facile che una grossa fune passi per la cruna di un ago che un ricco si salvi.

» Ma coloro che fanno buon uso delle ricchezze, che se ne servono a vestire i nudi, a dar da mangiare ai poveri affamati, dar da bere agli assetati, albergare pellegrini; quelli che senza vanagloria e senza ambizione dànno il superfluo ai poveri, costoro, dico, hanno un mezzo di salvezza nella loro sostanza temporale, e sanno cangiare le ricchezze, che sono vere spine, in fiori per l'eternità. Credetelo: quando Dio dà delle sostanze temporali ad un uomo, fa una grazia, ma la grazia è assai maggiore quando inspira il coraggio di farne buon uso.

» Voi intanto, conchiuse quel direttore, non datevi affanno per le ricchezze che avete; giacchè con esse voi potete fare molte opere buone e acquistarvi gran merito per l'altra vita. Procurate solamente di farne buon uso. Vi raccomando però due cose assai importanti. La prima di non essere tanto stretta nel calcolare il superfluo. Alcuni si pensano che dando un decimo od un ventesimo in limosina, possano del resto fare quell'uso che loro tornerà più gradito. Non è così. Disse Iddio di dare il superfluo ai poveri senza fissare nè il decimo nè il ventesimo. Perciò dobbiamo soltanto tenerci per noi il necessario dando il rimanente ai poveri. Vi raccomando in secondo luogo di non mai dimenticare che non porteremo con noi alcuna sostanza temporale alla tomba, e che perciò, da volere a non volere, o per amore o per forza, o in vita o in morte, dobbiamo abbandonare tutto. E meglio pertanto staccarsi dalle cose terrene volontariamente con merito e farne buon uso nella vita, che abbandonarle poi per forza e senza merito al punto della morte ».

Questa risposta semplice e chiara, invece di acquietarmi, accrebbe sempre più le mie angustie. Mi sono confermata nella persuasione che le ricchezze sono pericolo di perversione, e che è cosa molto difficile farne buon uso.

In quelle mie incertezze ho voluto consultare le opere di un santo, di cui mio padre mi aveva avvezzata a fare frequente lettura. Era questi S. Gerolamo, che la Chiesa proclama il massimo dottore nell'interpretare le sante scritture. « Desidero, diceva il padre mio, che la figliuolanza si renda famigliare la lettura delle lettere di questo glorioso nostro concittadino. La sua eloquenza, la sua dottrina, la sua chiarezza mi hanno sempre eccitato all'entusiasmo. »

Pertanto ho voluto consultare questo gran maestro. Ma egli parimenti nelle sue lettere qua e là chiama le ricchezze: spine che pungono, peso che aggrava gli uomini e dal cielo li trascina alla terra; strumenti che accecano i più veggenti; oggetti di perversione; materia infausta di cui l'uomo suole servirsi per iscavarsi l'abisso di perdizione; alimento della superbia, della vanagloria e dell'ambizione; esca per secondare le più sfrenate passioni.

S. Gerolamo stesso volle dare esempio della stima che devesi fare delle cose del mondo. Abbandonò patria, parenti ed amici, pose in non cale il vasto campo di gloria che gli preparava lo straordinario suo ingegno; tutto volle abbandonare per andarsi a nascondere nell'orrido deserto di Calcide.

Ma ciò che più di ogni altra cosa mi colpì furono le parole con cui pone fine alla vita di S. Paolo primo eremita. Dopo aver bellamente esposte le azioni di quel glorioso abitatore della Tebaide, conchiude così:

« In fine di questo racconto mi sia permesso di interrogare i ricchi ed i potenti del secolo, i quali sprecando il danaro fabbricano palazzi d'oro e di marmo, e comprano possessioni di cui ignorano il prezzo ed il confine; dicano costoro: che cosa mancò a questo povero vecchio, cioè a Paolo? Voi, o ricchi, bevete in tazze ingemmate, e Paolo bevendo l'acqua col concavo della mano soddisfece così al bisogno della sete. Voi portate abiti lavorati in ricamo o tessuti d'oro; e Paolo fu sempre contento di una povera tunica, quale nemmeno portano gli ultimi dei vostri schiavi. Ma intanto a questo povero è aperto il Paradiso, e a voi l'inferno. Egli amando la nudità, conservò la veste ossia la grazia di Gesù Cristo; e voi vestiti in seta avete perduto il vestimento della grazia di Cristo. Paolo è sepolto vilmente sotto un po' di terra, ma egli risusciterà in gloria; mentre voi, coi sepolcri lavorati in marmi squisiti e ornati in oro, risusciterete per ardere nelle fiamme. Deh! abbiate pietà di voi e delle vostre ricchezze e non le spendete in cose vane ed inutili. Perchè vestire i cadaveri dei vostri morti con vesti dorate? L'ambizione e la vanità non cesserà nemmeno alla tomba? Forse i corpi dei ricchi non possono marcire, se non avvolti in seta? O voi tutti che leggete queste cose ricordatevi di pregare per Gerolamo peccatore. Vi dico in verità che se Dio me ne desse la scelta, eleggerei piuttosto la povera tunica di Paolo coi suoi meriti, che la porpora e tutti i regni della terra ».

Fin qui S. Gerolamo.

La dottrina e l'esempio di questo santo accrebbero gli affanni miei al punto di gettarmi in una vera costernazione.

Altro doloroso avvenimento pose colmo ai miei mali. La cara mia genitrice, il sostegno, la direttrice delle cose temporali e morali della famiglia, la mia guida, il mio tutto cessava di vivere dopo breve malattia. Una cosa di lei mi rimase impressa altamente nella mente.

Allora che il Sacerdote le dava il crocifisso da baciare, diceva: « Ecco il nostro amico, il nostro modello, mettiamo in lui la nostra fiducia. Non mai alcuno, che abbia sperato in lui, restò confuso ». « Come, dissi fra me piangendo, Gesù Cristo è nostro modello; egli moriva povero, nudo sopra un duro legno, abbeverato con fiele e mirra! Che terribile confronto! In nostra casa, l'oro, l'argento, il lusso, le bibite più ricercate, e non già inzuppate in una spugna, ma versate in vasi di cristallo o d'altra sostanza preziosa. Quale somiglianza havvi dunque tra Cristo modello e chi lo dovrebbe imitare?

Finalmente la moribonda madre m'indirizzò queste ultime parole: « Angelina, disse stringendomi la mano e versando lacrime di commozione, io non posso più vivere, spero di morire nella misericordia del Signore; ma ricordati che la morte è terribile per chi ha godute agiatezze, che per forza deve per sempre abbandonare. Se Dio ti chiama a qualche atto generoso, sii anche tu generosa a corrispondere, nè mai dimenticare che i sacrifici fatti nella vita saranno largamente ricompensati al punto di morte. Allora l'uomo raccoglierà il frutto di quanto ha seminato nella vita. ». Queste parole alludevano al pensiero più volte manifestato a mia madre di volermi ritirare in qualche monastero per consecrarmi definitivamente al Signore...

Non è qui il caso di esporre le altre avventure di Angelina: ma non vogliamo tacere quel punto ove Don Bosco narra della sua morte.

Cadde svenuta e si abbandonò sopra una sedia. Venne portata tosto a letto e in fretta si chiamò il parroco pei conforti della religione, Quando egli giunse, Angelina pareva estinta, ma dopo alcuni istanti si riebbe alquanto e aperti gli occhi: « Signor prevosto, disse a stento, aiutatemi... datemi l'olio santo, datemi il crocifisso ». Come l'ebbe tra mano: « Mio Gesù, disse con parole appena intelligibili, voi siete nato, vissuto nella povertà, e siete morto nudo in croce. Ho lasciato ogni cosa per voi ed ora nelle vostre mani raccomando l'anima mia ». Baciando quindi il crocifisso fece un dolce sorriso e in quell'atto l'anima sua volava in seno al Creatore.

Così terminava i suoi giorni l'orfanella degli Appennini. Ella avrebbe venduto il fatto suo e datolo in limosina, come dice il Salvatore; ma giudicò meglio di mettere in pratica l'altro consiglio che diede pure il nostro Salvatore ad un giovane che prima di porsi alla sua sequela voleva recarsi a dar sepoltura al defunto suo ladre.

- Lascia, egli disse, che i morti seppelliscano i morti, tu vieni e seguimi.

Ella fu sempre grandemente contenta del sacrifizio che aveva fatto, abbandonando le agiatezze del mondo. « Se io fossi rimasta in casa, lasciò scritto nelle sue memorie, per vendere le sostanze che mi spettavano, i miei parenti avrebbero certamente messo incaglio ai miei disegni. D'altronde il piacere di amministrare cose temporali, le lodi esagerate che suole tributare il inondo a chi fa qualche opera clamorosa, avrebbero anche potuto fartisi cangiar disegno o almeno diminuitone il merito di assai. Ho pensato di troncare ogni difficoltà non badando più a nulla di quanto era nel mondo e così lasciare che i morti seppellissero i morti. »

« Il più bel giorno di mia vita, diceva altrove, fu quello in cui fuggii dalla casa paterna; fu un atto grave che non consiglio ad altri, ma per me fu il principio della felicità; e posso dire che d'allora in poi io vissi come in un paradiso terrestre. Se i ricchi gustassero la consolazione che si prova nell'abbandonare le cose del mondo e nel darle ai poveri per amor di Dio, certamente i loro cuori non sarebbero più attaccati ai beni della terra ».

Don Bosco al letto del Conte di Chambord (1)

Domenica 15 Luglio.

La giornata del sabbato trascorse, ed anche la notte. Avvicinandoci a Niener-Neustadt il cuore lui palpitava di emozione. Verso le quattro e mezzo del mattino giungemmo a quella stazione: una carrozza del castello ci attendeva. Naturalmente io corsi dal cocchiere per domandargli notizie di Monsignore. Mi rispose che su per giù le cose stavano allo stesso punto, ma che tuttavia la notte non era stata troppo cattiva. Tradussi ai miei due compagni il tedesco del cocchiere; Don Bosco alzò le mani al cielo dicendo:

- Ne sono ben contento: attendeva con ansia queste notizie.

Veramente egli temeva di trovar morto Monsignore (cioè il conte).

Dopo tre quarti d'ora si giunse a Frohsdorf. La carrozza entrò sotto l'atrio del castello. Vidi il valletto Ernesto accorrere immediatamente dall'anticamera di Monsignore ove era di servizio: veniva ad avvertirci che il Principe mi attendeva e voleva subito vedermi. Alla sua volta Ferdinando Obrv, primo valletto di camera, mi recava l'amabile invito di Monsignore, e mi assicurava che egli voleva vedermi all'istante. Obbedii con emozione e premura, senza riflettere al mio abito di viaggio nè alla polvere che cinque notti e quattro giorni ininterrotti di viaggio in ferrovia vi avevano accumulato. Lasciai pertanto Don Bosco alle cure del personale del castello. Io non sentiva che il mio cuore, che palpitava fortemente nell'accostarsi al mio benamato signore....

Mi presentai a lui, baciandogli le mani con tutta l'effusione del cuore. Qual cambiamento in tutta la persona del povero Principe! quanto lo trovai dimagrito! Il suo volto emaciato si era allungato, gli occhi smisuratamente dilatati conservavano tuttavia la loro vivacità e la loro espressione ordinaria.

- Ebbene, mi disse Monsignore, voi non volevate vedermi, e fui obbligato di farvi ritornare. Quando seppi che eravate giunto e ripartito, ho dato ordine che vi fermassero con un telegramma e che vi facessero ritornare. Secondo i miei calcoli, io credeva che i telegrammi inviati a Linz ed a Monaco vi sarebbero pervenuti, e vi avrebbero detto che io desiderava vedervi.

La bontà di Monsignore mi commoveva sino alle lacrime. Mi espose allora nei loro particolari le fasi della sua malattia, e terminò dicendomi:

- I medici pretendono che io abbia un tumore canceroso allo stomaco: non è vero, io lo so meglio di essi. Toccate, vedrete che io sto meglio; lo stomaco è appena sensibile.

Confesso che nel timore di cagionare un dolore qualsiasi all'augusto infermo, appoggiai appena la mano sul suo stomaco; allora egli, presami la mano e premendola con forza sufficiente, la fece scorrere a destra ed a manca, soggiungendo:

- Vedete che sto meglio; la sensibilità è scomparsa, fuorchè alla base dello stomaco dove io sento ancora qualche cosa. Non so se guarirò, ciò mi è indifferente. Se Dio vuole ancora lasciarmi in questo mondo, gli domando soltanto di conservarmi l'animo nello stato in cui lo sento ora. Mi pare sentirmi tutto alleggerito... Come sto bene!... Durante la mia malattia Dio mi ha fatto delle grazie ben grandi, delle grazie eccezionali.

Quando il buon Dio manda una prova, risposi, la accompagna sempre colle consolazioni e con grazie particolari.

- No, mi disse Monsignore, voi non sapete: Dio mi ha concesse delle grandi grazie, fra le altre quella di perdonare. Perdonare è cosa ben più difficile che non si creda: non basta dire che lo si fa, bisogna farlo realmente ed in pratica, ed è lì il difficile... Vi erano persone di cui aveva a lagnarmi, che mi avevano fatto del male: ebbene, io ho loro perdonato e perdonato davvero, mi pare. Ho perfino perdonato ad essi.... (i principi d'Orléans).

Monsignore proseguì...:

- Voi mi conducete Don Bosco. Sarà in grande attesa di dir la S. Messa. Vorrei che parlaste con lui. Ho già udita una Messa e fatte le mie divozioni; ascoltarne un'altra ancora, mi stancherebbe molto. Spiegategli tutto ciò; ma se quel sant'uomo si sentisse ispirato per ottenere la mia guarigione, non vorrei perdere tale congiuntura. Sicchè, siamo intesi: vi incarico di quest'affare, e fate le cose per bene. Sarebbe mia intenzione ascoltar domani, festa di N. Signora del Carmine, la messa di Don Bosco alle quattro e mezzo o alle cinque del mattino, e ricevere ancora la Santa Comunione. Ma ve lo ripeto ancora: se egli si sentisse ispirato oggi, me lo si dica. Voi mi riporterete la risposta.

Monsignore ha sempre conservato il fare allegro che gli era naturale, perfino negli intervalli delle crisi più dolorose.

Corsi all'appartamento preparato per Don Bosco: il sant'uomo aspettava. Adempii il mio incarico; parve rincrescergli di non poter subito celebrare presso Monsignore, ma non insistette, e sorridendo al mio modo di parlare, che faceva di lui un taumaturgo, accettò l'accomodamento proposto. Lo condussi alla Cappella, ove fu accolto dal sig. Abate Curé, il cappellano ufficiale. Nel frattempo andai a prevenire Monsignore che tutto era stato disposto secondo le sue indicazioni, e che Don Bosco avrebbe celebrato secondo la sua intenzione.

- Sta bene, mi rispose il Principe; la mia signora ascolterà la Messa, e voi pure; vi prego di far la Comunione per me.

In cappella la signora trovavasi già sul suo inginocchiatoio nel presbitero; vi si trovava anche Charette. Don Bosco celebra la Santa Messa lentamente, ma con tanta divozione

Aveva terminato da dieci minuti, quando Bondeau, uno dei valletti, viene ad avvertirmi che Monsignore desidera parlarmi... Appena presso lui, egli mi dice

- Ebbene, parlatemi di Don Bosco.

Mi posi subito a narrare del mio viaggio e a ripetere alcuni aneddoti sull'opera e sulla vita di Don Bosco (il cane grigio, i miracoli operati per mezzo delle preghiere a Maria SS. Ausiliatrice, certi tratti straordinari della Divina Provvidenza riguardanti le opere della Pia Società Salesiana, fra cui quello che recentemente si era compiuto pel Seminario destinato alle missioni della Patagonia). Raccontai ancora una folla di fatti dello stesso genere; dopo i quali Monsignore mi disse:

- Ora, andate prendermi quel sant'uomo, e conducetemelo.

- M'immagino che l'intenzione di Monsignore non sia che io rimanga presente all'intervista. - Perché no?

- Mi pare che la mia presenza potrebbe essere importuna a Monsignore; in ogni caso, io mi troverei a disagio.

- No, ciò mi è indifferente. Farete come vi pare, ma andate a prenderlo.

Partii; Don Bosco era tuttora in Cappella facendo il suo ringraziamento. Lo informai che, appena egli avesse terminato, il Principe le riceverebbe. Mi accennò di sì col capo, e continuò la preghiera senza pensare più alle cose di questo mondo. I santi sono uomini ammirabili volano sempre sulle nubi, e con tanta semplicità!

Lo lasciai fare, perché non sapeva come prendermela affinché egli, viste le circostanze, raccorciasse le sue preghiere. Mi limitai a ripetere ciò che gli aveva sì spesso udito dire durante il nostro viaggio:

- Pazienza!

Ecco un secondo valletto che viene a ripetermi che Monsignore aspetta. Ritorno alla carica presso Don Bosco, dicendogli:

- Non si può far attendere così il Principe: vi chiama, bisogna andare.

Nuova affermazione col capo... e novella immobilità!

Tutto ha un fine in questo mondo, anche le preghiere di Don Bosco: egli si leva finalmente, adagio adagio. Gli propongo di prendere qualche cosa: ne ha un bisogno estremo dopo un viaggio di due notti ed un giorno, fatto pressochè a digiuno. Accetta ; le sue povere gambe non paiono molto solide ed egli è tutto titubante.

Mentre prende una tazza di caffè e latte, un nuovo emissario viene a dire che Monsignore aspetta il suo visitatore. Espongo la causa del ritardo, mentre nulla agita colui che ha la calma del cielo nell'anima, nel cuore, nello spirito e nelle abitudini. Finalmente tutto è finito, e io lo conduco presso Monsignore.

Mentre io attendeva nella camera attigua - il gabinetto di lavoro - la signora che andava e veniva, sempre di guardia presso lo sposo reale ammalato, venne a me e mi disse:

- Signor du Bourg, ve ne prego, fate attenzione ad essere più calmo presso mio marito. Voi siete agitato, ed egli è sì debole: lo potreste affaticare.

Ringraziai la signora di tale avviso, di cui approfittai, e che mi era tanto più utile in quanto che veramente non mi accorgevo della mia agitazione esteriore. La povera principessa coll'estrema sua bontà mi presentò le sue scuse riguardo la franchezza dell'avviso datomi, ed io ne la ringraziai di tutto cuore.

Durante questo colloquio, Don Bosco usci dal Principe. Lo presento alla signora, a cui il santo uomo domanda colla più schietta semplicità:

- Eh! chi siete voi?

Madama sorrise a tale interpellanza, e rispose ella stessa declinando i suoi nomi e i titoli, ricordando insieme l'origine di sua madre, che era principessa di Savoia, ma del ramo primogenito, non dei Carignano

La voce chiara e forte di Monsignore si fa udire:

- Du Bourg?

Accorro. Mio Dio! non dimenticherò giammai l'impressione avuta nei pochi secondi che tennero dietro. Monsignore, rialzato sopra il guanciale e seduto, gli occhi vivi e scintillanti, esclama:

- Mio caro, ve lo dico io, io sono guarito. Non ha voluto dirmelo, ma l'ho capito per bene; me la cavo ancora questa volta.

Io era fuor di me per la gioia; colle lacrime agli occhi baciai la mano del mio benamato signore.

Soggiunse:

- E un santo! Quanto son felice di averlo visto! Vi incarico di dire che si apparecchi per quei due preti alla mensa di mia moglie.

Spalancai gli occhi, non afferrando quest'ultima frase. Monsignore rispose alla muta interrogazione fatta dal mio volto:

- Sì, mi disse, mi han raccontato delle storie a causa di quel medico francese che giunge stamane. Tutti quanti noi siamo non giungiamo alla caviglia di Don Bosco. Voi direte a Blacas che io voglio che pranzino con voi.

Mi ritirai, ed assaporando quanto aveva or ora udito, andai a compiere il mio mandato. Cercai di calmare le apprensioni del conte di Blacas di lasciar vedere un prete alla tavola di Monsignore ad un corifeo della scienza moderna, probabilmente preso nel movimento di ateismo o del pregiudizio anticlericale. Raccontai al mio interlocutore il ricevimento di Don Bosco presso i Principi d'Orléans ed i passi fatti per riuscirci. Quest'episodio sembrò appagare il conte di Blacas, che si conformò senza riflettere oltre agli ordini che io gli trasmetteva.

Quella domenica, 15 luglio, era la festa di S. Enrico, epperciò l'onomastico di Monsignore. Egli ebbe la bontà di permettere ai suoi famigliari presenti a Frohsdorf di presentargli le loro felicitazioni. Non dovevano però che sfilare davanti il suo letto per non affaticarlo; le dieci fu l'ora fissata per rendere al re quell'omaggio di fedeltà e di devozione... Gli uni dopo gli altri si entrò dal gabinetto di lavoro di Monsignore, si attraversò la sala grigia occupata dall'augusto infermo, uscendo dalla sala del bigliardo... Il signor de Chevigné non era presente alla sfilata, perché non giunse al castello che col dottor Vulpian verso le dieci e mezzo.

A Frohsdorf si era alquanto preoccupati riguardo all'atteggiamento e al fare che avrebbe preso quel dottore parigino, di cui appena si sapeva il nome, e che non giungeva con altra commendatizia che quella della scienza. Qual contegno avrebbe preso riguardo Monsignore e la sua posizione personale, nonché riguardo i dottori viennesi già chiamati presso l'augusto infermo?

Il dottor Vulpian seppe rendersi gradito a tutti colla sua cortesia, colla sua correttezza e col suo spirito. Era giunto a Vienna colla moglie e la figlia la domenica stessa, 15 luglio Nel viaggio da Vienna a Frohsdorf egli ripetutamente dichiarò che volentieri riconosceva ed apprezzava la valentia del dottor Drasche ; ch'egli non aveva punto la sciocca pretesa di riuscire meglio; ma che, per la dignità del corpo medico francese, era ben lieto che Monsignore avesse chiesto un francese, e che riconosceva l'onore fattogli nell'avere scelto lui, ecc., ecc. Entrando nel Castello domandò al signor de Chevigné, che l'accompagnava, se egli dovesse togliersi dall'occhiello la rosetta della Legione d'onore, non avendola ricevuta da Monsignore.

- Assolutamente no, gli rispose con ragione il sig. de Chevigné; Monsignore troverà anzi che essa è bene collocata sul vostro petto, su cui essa proclama la scienza vostra ed i servizi che avete reso; l'unico rammarico di Monsignore sarà di non avervene potuto fregiare egli stesso.

Nella questione posta dal dottor Vulpian vi era tanta delicatezza di sentimenti che ne fummo ammirati: forse molti realisti non l'avrebbero avuta. Del resto il dottor Vulpian si professava francamente repubblicano, ma repubblicano conservatore e rispettoso di quanto era e rappresentava il Conte di Chambord.

Egli fu immediatamente presentato al Principe, cui rinnovò le dichiarazioni già fatte riguardo i medici austriaci; aggiunse che essendoglisi fatto l'onore di chiamarlo, gli ripugnava di non far altro che recare un cortese consenso a quanto era stato fatto da' suoi colleghi, e chiedeva di potere per due o tre giorni studiare la malattia, in modo da farsene un'opinione personale.

Il dottore fu sorpreso della semplicità, della piacevolezza e dell'alta intelligenza di Monsignore, mentre si attendeva di incontrarsi in uno spirito ordinario, irrigidito nell'abbazia e nei ricordi delle grandezze e delle sventure della monarchia francese

Durante la colazione il contegno del dottore fu perfetto; le sue relazioni con Don Bosco mi divertirono assai. Invece di eccitare la sorpresa o di produrre una cattiva impressione, come temeva il Conte di Blacas, la vista di quel santo e celebre sacerdote sembrò interessarlo. Si fece presentare a lui e gli disse che suo figlio, allievo del Collegio Stanislas (importante istituzione diretta dai Marianisti), aveva avuto la fortuna di vederlo nella visita che egli, Don Bosco, aveva fatto a quell'istituto durante la sua dimora a Parigi. Tutto andava adunque pel meglio.

(Continua).

(1) Da Les entrevues des princes a Frohsdorf del Conte JosEph DU BouRG. Ved. Boll. di gennaio u. s.

Alcuni fatti ascritti all'intercessione di D. Bosco (1)

Una prodigiosa guarigione.

Da molto tempo mio marito era sofferente, quando l'11 luglio si mise a letto per forte pleurite, sicchè anche i medici disperavano della sua guarigione. A questo male, divenuto cronico, si accoppiarono persistenti febbri gastriche, a segno che le speranze di salvare il mio povero sposo andavano sempre diminuendo. Il pensiero di restar vedova con cinque figli mi straziava il cuore, quando mi fu consigliata una novena al Ven. Don Bosco. L'incominciai subito coi miei cinque angioletti e prima che spuntasse il nono giorno, mio marito andò così visibilmente migliorando da destare le Meraviglie universali. Piena di riconoscenza verso il Venerabile, mantengo la promessa di far nota la grazia aggiungendo un'offerta per le Opere Salesiane.

Orzinuovi (Brescia), 26 dicembre 1913.

GIULIA GRECCHI ZANONI.

Da morte a vita!

Un mio nipotino di tre anni e mezzo, in seguito ad una recidiva di morbillo che con virulenza gli si attaccava alle fauci, anche a giudizio del sanitario versava in condizioni disperate.

Quando si temeva imminente la crisi, raccolsi il mio spirito e dal profondo del cuore invocai la Vergine SS., Aiuto dei Cristiani, per l'intercessione del Ven. D. Bosco, incominciando una Novena.

Pochi momenti dopo il bambino si andò assopendo, e dopo breve riposo si destava come da letargo profondo. Il miglioramento si fece rapido ed oggi il piccolo infermo è quasi ristabilito.

Adempio quindi il mio voto, sciogliendo un inno di ringraziamento alla Regina dei Santi, e al suo fedelissimo servo il Ven. D. Bosco.

Troina, 23 novembre 1913.

CAN. SALVATORE FIORE.

Salva da cecità.

Mi trovava circa da due anni con mal d'occhi, e il male crebbe a segno che io non poteva più veder nulla. Dimandai soccorso a più medici, ma i rimedi sanitari non facevano che aumentarmi i dolori. In tale stato credeva ormai di essere divenuta cieca e mi rassegnava a tanto dolore, quando pregai Don Bosco d'intercedere presso Maria Ausiliatrice, animata dalle grazie pubblicate sul Bollettino, dove promisi di pubblicare la presente dichiarazione ! Oh! potenza di Maria e del caro Don Bosco! Appena fatto questo voto, sparve subito il male ed ora godo vista perfetta.

Sia sempre ringraziata Maria Ausiliatrice da tutte le lingue della terra e sia ringraziato mille volte Don Bosco, mio protettore ! Adempio la promessa, e mando un'offerta in segno di riconoscenza.

Saletto, 23 dicembre 1913

D B. Cooperatrice.

Guarito da polmonite.

Verso la fine di novembre, mio papà cadde gravemente ammalato di polmonite che in breve lo ridusse in fin di vita: gli stessi medici disperavano di guarirlo.

Perduta ogni fiducia nei rimedi terreni, ricorsi a Maria Ausiliatrice per mezzo dell'intercessione del Ven. D. Bosco, promettendo loro di far pubblica la grazia sul Bollettino Salesiano. Posi una piccola effige del Venerabile sotto il guanciale dell'ammalato, e il giorno dopo con stupore di tutti la febbre cominciò a diminuire in modo tale, che dopo quattro giorni era completamente scomparsa e con essa era pure scomparsa la malattia, tanto che potè presto alzarsi tra lo stupore di quelli che l'assistevano e dei medici stessi.

Riconoscente a Maria Ausiliatrice e a Don Bosco invio un'offerta, pregando di pubblicare la grazia a scioglimento del voto.

Lomello, 31 dicembre 1913

R. B. Una guarigione segnalata.

Nel gennaio dell'anno 1913 ero colpita da grave albuminuria e conseguente depauperamento di sangue; e la malattia era tanto grave, che anche valenti specialisti delle vicine città, consultati in proposito, dubitavano seriamente, nonchè di un qualsiasi anche lontano ristabilimento in salute, della vita stessa. I loro e i miei timori mi allarmavano assai più, e mi gettava nella disperazione il pensiero del mio stato spe ciale. Che cosa sarebbe stato della piccola creaturina? Fu allora che mi rivolsi con grande slancio a Maria SS. Ausiliatrice e al Ven. Don Bosco, feci la novena da lui consigliata, mi raccomandai alle preghiere di pie persone, promisi la pubblicazione della grazia sul Bollettino ed un'offerta secondo le mie forze, a vantaggio delle Opere Salesiane. Al termine della novena l'albuminaria scomparve totalmente, e, madre felicissima, lasciai stupiti gli specialisti consultati. Siano adunque rese grazie infinite a Maria SS. Ausiliatrice ed alla valida intercessione del Ven. D. Bosco, e valga questo esempio a rafforzare la fede di tante anime nel patrocinio di Maria SS. e del suo servo fedele, il Ven. Don Bosco.

Lesa (Novara), 27 novembre 1913.

R. T.

Grazie, o Venerabile Don Bosco!

Povera madre di famiglia, versava in misere condizioni di salute : un forte incommodo, reso più grave da un acuto mal di schiena, mi straziava da molto tempo. Una buona sorella mi invitò a ricorrere al Ven. D. Bosco e a Maria SS. Ausiliatrice con una novena; ubbidii e fui subito esaudita.

Anche la mia bambina cadde malata di bronchite, tosse ostinata e forte mal di gola. Feci un'altra novena a Don Bosco e subito fui nuovamente esaudita. Mando un'offerta per una messa di ringraziamento nel Santuario di Valdocco.

Casorzo, 12 dicembre 1913.

AMALIA GINO.

Educata dalle Figlie di Maria Ausiliatrice, ebbi sempre per D. Bosco grande, filiale affetto e devozione. A Lui sempre mi rivolsi nei momenti dolorosi, nei momenti di bisogno, e sempre fui consolata, sempre aiutata! Furono più volte guarigioni miracolose, e aiuti soprannaturali in contingenze difficilissime.

Alla Madre SS. aiuto dei Cristiani, al Venerabile Don Bosco giunga ora e sempre l'espressione della viva e perenne gratitudine mia.

Dicembre 1913.

G. BIANCHI.

Travagliata da molti anni da dispiaceri di famiglia che mi rovinavano materialmente e moralmente, feci in questi ultimi giorni una novena a Maria SS. Ausiliatrice e al Venerabile Don Bosco ed ottenni finalmente la grazia desiderata e tanto necessaria. Riconoscente invio la mia debole offerta, fiduciosa che la Madonna e Don Bosco vorranno continuarci la loro protezione.

Milano, 17 dicembre 1913

SAVINA PULAZZINI.

(1) Nello svolgere questa rubrica, torniamo a protestare solennemente che non intendiamo contravvenire in nessun modo alle Disposizioni Pontificie in proposito, non volendo dare ad alcun fatto un'autorità superiore a quella che merita qualsiasi testimonianza umana, nè prevenire il giudizio della Chiesa, della quale - sull'esempio di Don Bosco - ci gloriamo di essere ubbidientissimi figli.

L'Opera di D. Bosco nell'Argentina NELL'URUGUAY, NEL CHILI E NEL BRASILE

(Lettere del Sac. Stefano Trione)

VII. A traverso l'Argentina.

14 ottobre 1913.

REVERENDISSIMO SIG. D. ALBERA,

Le scrivo dall'alto mare, viaggiando sul sontuoso piroscafo « Duca di Genova » della Veloce, verso Santos (Brasile).

Provai grande emozione e una vera stretta al cuore nel separarmi dai carissimi confratelli e amici di Buenos Ayres e nel dare l'addio all'Argentina, ricca, incantevole e feconda dei più alti e generosi entusiasmi che rubano il cuore dei visitatori.

Al mio giungere in Buenos Ayres avevo inaugurato il mio lavoro con una predica agli Italiani nella loro bella Chiesa « Mater Misericordiae », e pochi giorni prima della mia partenza ebbi la fortuna di parlare nuovamente nella stessa chiesa. Fra la solennità del Rosario, e vi fu un concorso immenso di Italiani, i quali religiosamente presero parte alla lunga processione con a capo Sua Ecc. Mons. Internunzio, portando in trionfo il gran Crocifisso alla genovese, gli stendardi di varie Compagnie e Associazioni e la bandiera italiana. Il mio discorso, dopo quella grandiosa manifestazione di fede, non poteva mancare di entusiasmo, tanto più che parlavo alla presenza del Rappresentante del Papa.

La sera di quel giorno fui alla Plata, a predicare agli Italiani di quella elegante capitale dell'immensa provincia di Buenos Ayres.

La Plata conta più di 90.000 abitanti e fu fondata appena nel 1882. I nostri Confratelli, coll'aiuto dei benemeriti Cooperatori, vi eressero un gran Collegio-Convitto con Scuole elementari e commerciali, diurne e serali, Oratorio festivo, Circoli per giovani e adulti, e una sontuosa Chiesa-Santuario del Sacro Cuore, presso cui si va ultimando un gran campanile che sarà un vero monumento d'arte sacra in quella Repubblica. In alto, sulla fantastica cuspide, fu collocata una gran Croce a ricordo del Giubileo Costantiniano, ornata di molte lampade elettriche, che a spese di un'insigne benefattrice si accendono ogni sera e formano un luminosissimo faro che domina la vasta città.

Anche il Circolo degli Ex-allievi e il nostro Segretariato d'Immigrazione, federato con l'Italica Gens, vi sono fiorenti.

A breve distanza dalla Plata s'incontrano la Parrocchia Salesiana e il Collegio di Ensenada, ove pure è mirabile il sacrifizio e l'operosità dei nostri confratelli.

Fra le altre città dell'Argentina, che visitai prima e dopo il viaggio del Chili, sento il dovere di ricordare di proposito Rosario, Cordoba, Mendoza e Bahia Bianca.

Rosario, città di 200 mila abitanti, sorge sul fiume Parava, e per industria, commercio e ricchezza è la seconda della Repubblica. Gl'Italiani, e specialmente i piemontesi, abbondano in essa e nelle immense campagne che la circondano. Vi sono interi villaggi e colonie in cui il piemontese è l'idioma in uso. Una di queste colonie è quella detta Vignaud, con un Istituto Agricolo Salesiano, ove i nostri hanno la cura spirituale della popolazione di tutta la colonia e, per appagare i fedeli, predicano in piemontese.

A Rosario ammirai un vasto e fiorentissimo Collegio-Convitto con studenti e artigiani, Oratorio festivo, bella chiesa pubblica, Associazioni varie, Circolo Ex-allievi, Segretariato d'Immigrazione e il caro periodico settimanale illustrato, in lingua italiana, il « Cristoforo Colombo », molto diffuso specialmente fra gl'italiani della campagna. Il prossimo anno, coll'aiuto degli Ex-allievi e di altri cuori generosi, si spera di aprire anche scuole serali di disegno professionale, contabilità e lingue.

Come vede, amatissimo Padre, il lavoro abbonda ovunque pei nostri confratelli.

Altrettanto dicasi delle zelantissime Figlie di Maria Ausiliatrice in La Plata, Rosarió, Vignaud e fra breve anche in Ensenada. I loro Collegi e Oratori Festivi prendono tutti meraviglioso sviluppo e compiono gran bene e incontrano il favore universale. Finchè lo zelo e la soavità di Sali Francesco-di Sales e del Ven. D. Bosco saranno la loro divisa, le Figlie di Maria Ausiliatrice diverranno padrone dei cuori d'immense falangi di alunne.

Dopo Rosario visitai Cordoba, una delle più antiche città dell'Argentina. Conta 90,000 abitanti ed è chiamata per eccellenza la città dotta della Repubblica. Vicina a tre catene di monti ha il sorriso di bei panorami che rompono la monotonia delle sterminate pianure che circondano le città suaccennate. I Salesiani vi hanno le stesse opere che in Rosario; più un Dopo-scuola per gli alunni della vicina Scuola Normale Governativa, una Società Cattolica Operaia Italiana di Mutuo Soccorso con oltre 300 soci e un Circolo Universitario, istituzioni molto fiorenti alle quali potei con grande soddisfazione rivolgere la parola in apposite conferenze.

Gli attuali locali del Collegio, quantunque ben vasti, non bastano più al bisogno, e quindi se ne stanno costruendo dei nuovi, e a coronamento del l'opera presto si porrà anche mano a un Santuario di Maria Ausiliatrice, non bastando più l'attuale Chiesa ai convittori e al popolo che vi accorre numeroso sempre più. Intanto è già avviata l'erezione di altra bella Chiesa con annesso Collegio in uno dei tanti sobborghi della città, ove sorge un Oratorio festivo molto frequentato.

Anche qui il Segretariato d'Immigrazione funziona regolarmente, specie per gl'italiani che abbondano e nella città e nella provincia, e in generale, come ci ripetè il Vescovo, son buoni cristiani che fanno onore alla loro madre-patria.

Fra le molte visite che feci, non trascurai quella dell'Ospedale Italiano che non è molto grande, ma sufficiente. Quasi ogni popolosa città argentina ha l'Ospedale Italiano ben provveduto e diretto. Quello di Buenos Ayres ad es. che sorge nel territorio della principale Parrocchia Salesiana della Capitale, è un'opera di proporzioni veramente grandiose, con medici di primissimo ordine e un movimento di oltre quattro mila infermi all'anno.

Da Cordoba avrei voluto inoltrarmi fino a Salta, a vedere lo sviluppo che anche là l'Opera Salesiana va prendendo, ma non ne ebbi il tempo e tornai indietro, fermandomi a San Nicolás de los Arroyos, il più antico collegio Salesiano della Repubblica.

Visitando le patriarcali famiglie degli antichi amici, in casa Montaldo ammirai conservata religiosamente in apposito quadro a doppio prospetto, una preziosissima lunga lettera che il Ven. D. Bosco scrisse ai cari benefattori di San Nicolas! Quante soavi rimembranze!

Continuando il viaggio, salii fino a Mendoza presso la Cordigliera Andina, elegante e ricca città di 5o.ooo anime, a 750 metri sul livello del mare. Ha tutto l'aspetto di una città moderna, e difatti fu riedificata dopo il terremoto del 20 marzo 1861, che in quattro secondi l'aveva distrutta. Era mia sera incantevole; il popolo in gran folla usciva dal tempio, in cui un padre gesuita aveva predicato sul dovere di far penitenza, essendo ormai la settimana santa, e nessuno pensava che dovesse venire così imminente la morte!

Il nostro Collegio-Convitto, col suo tempio di Maria Ausiliatrice e uno splendido Oratorio festivo, sorge grazioso e vasto in uno dei punti più ridenti della città, e pel timore dei terremoti non ha che il pian terreno, come in generale tutti gli altri edifizi della città.

Il locale Circolo Ex-allievi, imitando l'esempio di quelli delle altre città da me visitate, deliberò che pel 1915 una rappresentanza si rechi al Congresso di Torino.

La provincia di Mendoza è da poco divenuta un trionfo di vigne e vigneti, con produzione copiosissima di vini sani ed eccellenti, e tale industria va crescendo e perfezionandosi mirabilmente ogni anno. Parecchi anni fa una insigne Cooperatrice Salesiana ci regalava un vasto terreno in Rodeo del Medio, a men d'un'ora di treno da Mendoza, e là, coll'aiuto della stessa Cooperatrice, fu eretto un Collegio, con Scuola di viticoltura e viticoltura; e poi vi si edificò un caro Santuario di Maria Ausiliatrice, su cui si possono scolpire a caratteri d'oro le parole scritturali: Posuerunt me custodem in vineis ! Il periodico « La Virgen de D. Bosco » dà conto delle sacre funzioni e dei pellegrinaggi che vi han luogo e delle grazie che i fedeli vi ottengono, e porta la voce e la benedizione della Madonna a tutta l'immensa pianura e fino ai monti, ovunque son coltivatori dell'uva.

Da Rodeo del Medio, per opera di quell'ottimo direttore che è Don Achille Pedrolini, parte un altro impulso di bene, cioè l'autorevole periodico musicale « Santa Cecilia » che sostiene in tutta l'America il sacro fuoco della riforma e della propaganda della musica sacra secondo gl'intendimenti e le direttive di Papa Pio X. L'ultimo Congresso di Musica Sacra, tenutosi il giugno p. p. nell'Oratorio Salesiano di Torino, disse nuovamente come i Salesiani siano zelanti cultori della buona musica; e ciò non è solo in Italia, ma in tutto il mondo. Ho constatato io stesso come nelle capitali e nelle più importanti città di queste Repubbliche Sud-americane, nelle solenni processioni primeggi sempre maestosa e grave la banda musicale salesiana, e sulle cantorie delle chiese si diano sempre dai nostri esecuzioni musicali scrupolosamente inspirate allo spirito della sacra liturgia. E l'attuazione di uno dei punti più geniali del programma lasciatoci dal Ven. D. Bosco.

Da Mendoza, con 28 ore di treno, volai a Bahia Blanca, cioè dalle Ande all'Atlantico. Anche a Bahia Bianca lavora egregiamente « l'Italica Gens » ed ebbi la dolce sorpresa d'incontrare nel R. Agente Consolare d'Italia un ottimo torinese, affezionatissimo ai Salesiani, che ricorda con gioia il giorno in cui bambino, frequentando l'Oratorio Salesiano di Valdocco, fu avvicinato ed amorevolmente accarezzato dal Ven. D. Bosco! Dimenticammo in quel momento la lingua italiana e preferimmo l'idioma di Gianduia!

Bahia Bianca conta 7o mila abitanti ed ha un gran porto che gareggia con quello di Buenos Ayres. I nostri cari Confratelli vi hanno due collegi, il « Don Bosco» e quello della « Madonna della Pietà ». Il Don Bosco è un gran Collegio-Convitto con Scuole Elementari e Commerciali, frequentato da 300 convittori e da molti esterni, con annesso un bel Santuario del S. Cuore di Gesù, a cui va ora aggiungendosi un artistico e monumentale Campanile. Il Collegio della Madonna della Pietà ha le classi elementari e fra breve aprirà le Scuole Professionali, e possiede anch'esso una bella chiesa, dedicata a Nostra Signora della Pietà, molto frequentata. L'uno e l'altro istituto hanno l'Oratorio Festivo, il Circolo Ex-allievi e il Segretariato d'immigrazione.

Mi trovavo alle porte della Patagonia, e i ripetuti inviti degli ottimi Missionari, che dai centri più importanti e fin dallo stretto di Magellano mi erano pervenuti, mi facevano ressa al cuore. Oh! come avrei voluto vedere quelle missioni di cui parlai tante volte nelle Conferenze Salesiane! Tuttavia dovetti farmi violenza e pigliare la svia di Buenos Ayres, accompagnato dal caro Missionario D. Pietro Bonacina, direttore del Collegio di Fortin Mercedes, ove si allevano più di cento convittori, i più bei fiori della Patagonia, fra cui sbocciano molte vocazioni ecclesiastiche e religiose.

Dopo di aver detto di alcune delle Case Salesiane sparse per la Repubblica, dovrei ora parlare di quelle che sono nella Capitale federale, cioè in Buenos Ayres, a compimento qualsiasi di quanto brevemente già accennai in una delle mie lettere antecedenti; e sarò breve anche ora.

Oltre il Collegio Pio IX, che è la Casa Salesiana più importante nell'Argentina e in cui risiede il carissimo e cotanto benemerito Ispettore D. Giuseppe Vespignani, van ricordati i Collegi D. Bosco di via Belgrano, di S. Giovanni Evangelista in via Olavarría, di Leone XIII in via Dorrego, di D. Bosco in via Solis, di S. Caterina in via Brasil e la Chiesa degli Italiani in via Moreno. Ognuna di queste case corrisponde a un cumulo di opere, cioè Collegio con scuole frequentatissime, Oratorio festivo, Chiesa pubblica pel popolo, Associazioni varie, fra cui l'immancabile Circolo ex-Allievi e il Segretariato d'Immigrazione

Il Collegio Pio IX ha annessa una parrocchia con oltre 1oo mila abitanti e con cinque chiese salesiane sparse nel territorio parrocchiale, nel quale si trova pure l'Ospedale italiano, cui sopra accennai e che è uno dei più sontuosi e ben ordinati della Repubblica. La chiesa parrocchiale, come dissi in altra mia, è un artistico santuario dedicato a Maria Ausiliatrice e al Sacro Cuore di Gesù, sorto su disegni dell'architetto salesiano D. Ernesto Vespignani. Costò oltre due milioni di franchi ed è la chiesa più bella della città.

Il Collegio di S. Giovanni Evangelista ha annessa la parrocchia omonima, detta anche della Boca. Trovasi verso il porto, in un quartiere popolatissimo, specialmente di genovesi, ove anzi ormai non si parla che genovese. Detta parrocchia conta pur essa oltre a 1oo mila abitanti. La chiesa, eretta pure dai Salesiani, è ora in via di restauro e decorazione con splendido progetto. Già più volte il Bollettino Salesiano parlò del bene immenso compiutosi dai nostri in detto quartiere, ove prima in fatto di religione si stava peggio che tra gl'infedeli; e si ricordano ancora i prodigi di zelo del primo parroco salesiano D. Stefano Bourlot, schietto piemontese dello stampo antico, come ora si ammira lo zelo, la carità, l'operosità instancabile del suo successore.

Il Collegio Leone XIII, regalo delle Patronesse Salesiane di Buenos Ayres dopo il Congresso Generale dei Cooperatori tenutosi in quella città e dalle medesime sempre sussidiato, ha, come sua specialità, delle scuole professionali molto fiorenti e progredite da raggiungere quasi quelle molto autorevoli del Collegio Pio IX.

I Collegi D. Bosco di via Belgrano . e di via Solis e quello di S. Caterina in via Brasil gareggiano cogli altri istituti, specialmente pel gran numero di allievi, semiconvittori ed esterni e per lo zelo con cui sono uffiziate le rispettive chiese con le molte opere annesse.

Ecco, amatissimo Padre, un breve cenno delle mie escursioni nella Repubblica Argentina, escluse le Missioni della Patagonia e della Terra del Fuoco. Non tralasciai nessuna delle città contemplate nel mio programma e in tutte lui fermai più giorni, lavorando proprio intensivamente. Il buon cuore dei carissimi confratelli avrebbe voluto farmi fermare di più, ma compresero anch'essi che non ne avevo il tempo. Dal canto mio posso altamente dichiarare che l'Opera del Ven. D. Bosco nell'Argentina ha preso un mirabile sviluppo. I Salesiani, fra convittori, esterni e oratoriani, vi hanno 18 mila alunni, 6 mila nella sola Buenos Ayres; fra cui un gran numero di figli d'immigrati che hanno la consolazione d'imparare anche un po' di lingua italiana. Le Suore di Maria Ausiliatrice hanno quasi altrettante alunne. I Segretariati d'immigrazione fanno del gran bene. Le numerose e belle Chiese Salesiane sono sempre affollatissime di fedeli, sì immigrati che non immigrati, talchè esse si possono chiamare veri centri di missioni permanenti. Nessun punto del programma del Ven. D. Bosco è trascurato !

Ora mi trovo a bordo da tre giorni; la vita è un po' monotona, e quindi lo scrivere m'è un sollievo. Con ciò non voglio dire che sia questo il solo sollievo di questi giorni, giacchè provo gran conforto nel celebrare la S. Messa ogni mattina, nelle altre pratiche di pietà e nelle conversazioni edificanti coi passeggeri, mercè le quali anche a bordo un prete può fare del bene. Mi è pur di sollievo il ricordarmi che un tempo fui maestro di musica, il che a quando a quando mi fa sedere al piano per rallegrare i compagni di viaggio con musica non sempre classica, ma sempre allegra come la comitiva che mi circonda, la quale talora mi accompagna festevolmente col canto.

Pregustando, amatissimo sig. D. Albera, la gioia di poterla presto rivedere, le porgo i miei umili ossequi e mi ripeto ora e sempre

Suo Dev.mo figlio

Sac. STEFANO TRIONE.

AVVISO

Ad evitare ritardi e disguidi, preghiamo i benemeriti Cooperatori e le benemerite Cooperatrici ad inviare ogni offerta per le Opere di D. Bosco unicamente e direttamente al nostro venerato Superiore, Rev.mo Signor D. Paolo Albera, Via Cottolengo, 32

Torino (Italia).

DALLE MISSIONI

In occasione delle S. Feste Natalizie e del Capo d'Anno son giunti al rev.mo nostro Rettor Maggiore Don Albera semplici ma commoventi auguri da vari centri delle nostre Missioni.

Il sac. Maggiorino Borgatello, direttore della Missione della „ Candelaria " a Rio Grande nella Terra del Fuoco, d'incarico delle fanciulle e dei fanciulli raccolti e mantenuti nei Collegi della Missione pregava il sig. D. Albera a gradire la loro fotografia con preghiera di comunicarla „ a tutti i benefattori delle Opere di Don Bosco con umili ringraziamenti."

Altrettanto faceva Don Comin, ispettore delle Case Salesiane dell'Equatore, in nome di alunni Jivaros „ pieni di riconoscenza per la benefica assistenza dei Missionari Salesiani e per la carità ad essi usata dai Cooperatori."

Lieti di eseguire il delicato incarico, noi ci permettiamo di raccomandare nuovamente tutte le nostre Missioni alle preghiere ed alla generosità dei nostri cari lettori.

REP. ARGENTINA ATTRAVERSO IL NEUQUÉN. Notizie etnografiche del Territorio. (Lettera dell'ispettore D. Luigi Pedemonte).

Viedma, 1 novembre 1913.

REV. E VEN.MO SIG. D. ALBERA,

Dopo prolungato silenzio, cagionato dai continui viaggi che da marzo in qua mi han tenuto come ipotecato, eccomi a

Lei prima di por mano ad ogni altro lavoro, per darle, amatissimo Padre, insieme col filiale saluto, un resoconto delle impressioni ricevute mentre percorrevo le immense pampas e i paesi montagnosi, già visti e percorsi in modo a noi ignoto dal sempre amato Don Bosco.

Celebrate colla maggior pompa possibile le funzioni della Settimana Santa, durante le quali i chierici della nostra Scuola Teologica ebbero agio di impratichirsi nell'esercizio delle sacre cerimonie e nel canto gregoriano, partii subito pel Neuquén, ove i carissimi nostri Confratelli mi attendevano. È di questo viaggio che mi limito a darle un ragguaglio speciale, parendomi proprio del caso. Ella ne giudichi.

Il Neuquén dista 6oo chilomestri da Viedma in linea retta. L'Apostolo della Patagonia, il nostro amatissimo Mons. Cagliero, dovette ai suoi tempi percorrere questa ed altre distanze su cavalcature o in veicoli non certo i più comodi. Ora, invece, grazie al progresso preannunciato così chiaramente dal Ven. Don Bosco, un sì lungo viaggio si compie in modo più facile e rapido.

In cinque ore di corsa vertiginosa d'automobile, giunsi a Fortín Mercedes, donde in treno per cento undici chilometri fui a Bahia Bianca e di là in dodici ore pur di ferrovia giunsi alla nostra casa di Roca, che trovasi a soli 5o Chilometri della confluenza dei grandi fiumi Limay e Neuquén, che con acque limpidissime scendendo dagli altipiani andini vengono a formare il maestoso Rio Negro, chiamato un tempo de los Sauces (dei salici), che getta in mare, in media annua, i suoi bravi mille metri cubi di acqua ogni secondo!

I confratelli della nostra Scuola Agricola S. Giuseppe mi avevano preparato le cavalcature per proseguire il viaggio e la Casa S. Michele mi allestiva un comodo veicolo che qui chiamiamo sulky. Mi accompagnavano un chierico malaticcio, bisognoso di aria di montagna ed un giovinetto oriundo di Chosmalal, già nostro allievo,, pratico dei sentieri.

Il 2 aprile, di buon mattino fummo sulle mosse. Non senza sacrifizio, per alleggerire il peso, dovemmo privarci di varie cose. Bisognava fare in fretta, tra arene, valli, colline e monti, il percorso di non meno di mille chilometri. Nelle ore di sole cocente non si può camminare e bisogna anche usare le dovute precauzioni per non lasciarci sorprendere dai freddi della notte, se non: si vuole correre rischio di rimanere senza bestiame ed a piedi. Succede, a chi è inesperto, che il cavallo, dopo il percorso di ottanta o cento chilometri, è sudato e stanco, specialmente in certi giorni di alte temperature resi più gravosi dai riflessi solari sulle arene e sui ciottoli, che compongono il terreno. Il freddo che sopravviene al tramonto del sole, causa le fredde correnti che dalle nevose creste andine scendono alle pampas, trattiene bruscamente la traspirazione cutanea, in modo da produrre malattie e diversi generi di morte nelle bestie obbligate a pernottare all'aperto con chi le cavalca.

La prima corsa fu di cinque ore e si fecero più di cento chilometri, giungendo alla cittadina di Neuquén, capoluogo del vasto Territorio omonimo, che ha 24o mila hm.2 di superficie.

Il capoluogo, edificato su arene nell'angolo o gola che formarono le alluvioni o barrancas dei due fiumi suaccennati, ha un aspetto povero e ci vorranno sforzi supremi per farlo abitabile. Ciò già si sta facendo e coll'irrigazione si spera di vincere gli elementi finora ribelli alle energie spiegate dei duemila abitanti che vi dimorano.

In questa cittadina non vi è prete stabile: ve ne va uno ogni domenica dalla casa di Roca e come meglio può attende alla parrocchia, agli ammalati, ai carcerati e fa il catechismo ai fanciulli, che dimostrano buona indole... Quando ci sarà dato di provvedere di servizio religioso una città in formazione, già fornita di tutti i conforti moderni: scuole pubbliche, casa bancaria, ferrovia, casa commerciale di forte movimento, ospedaletto e ufficio centrale di telegrafo nelle cui officine lavorano giorno e notte otto apparecchi Morse e una doppia trasmissione meccanica?

Il territorio del Neuquén presenta un aspetto fisico assai curioso: è accidentato, ma ha anche delle pianure estesissime.

Al suo ingresso il touriste prova un'impressione desolante, specie negli anni di secca prolungata o di poca neve. Per due o tre giorni di cammino non vede altro che arbusti spinosi di poca elevazione perchè pesti, e arene e ciottoli che insinuerebbero un antico fondo marino.

Giunto invece alle Preande, vede quasi d'un tratto un cambiamento di scena. Qua valli ricchissime di prati e di piante d'ogni genere, corsi di acque in tutti i sensi, aromi ché dilettano, paesaggi multiformi e svariatissimi... Più ad ovest si presentano al suo sguardo grandi boscaglie che si estendono per centinaia di chilometri quadrati e gli richiamano alla mente le immense foreste tropicali; mentre energie latenti in migliaia di corsi d'acqua cristalline che rallegrano sponde e valli, aspettano impazienti la mano intelligente dell'uomo che le converta in inesauribili fonti di ricchezze; e miniere ricchissime di carbon fossile e di metalli preziosi giacciono dormenti e calpestate dalle belve incoscienti. Mi diceva un vecchio ingegnere italiano, il sig. Luigi Dell'Isola, che conosce quasi tutta l'Argentina (s'immagini la sta da quarant'anni perlustrando)

- Nè in Argentina nè fuori non si ha un'idea delle fonti nascoste di ricchezza qui giacenti!

L'aspetto poi che presentano le conche dei laghi è addirittura incantevole, e non mi azzardo affatto a descriverlo perchè si potrebbe credermi troppo entusiasta nelle lodi alla mia terra natia.

Questo Territorio è abitato da trentamila uomini; e se si sta alle cifre ufficiali del censimento or ora terminato, più d'un terzo della popolazione è d'indigeni, mentre un altro terzo è formata da Chileni e il resto è di Europei.

Gli indigeni non vestono più pelli di guanaco, ma prendono l'aspetto del gaucho con il bravo Poncho e bombachas, e in luogo della freccia e dell'arco usano il loro facon o coltellaccio di acciaio, lungo quaranta o cinquanta centimetri. Non ubbriachi, sono buoni ed inocui; ma se han tracannato dell'acquavite, che pur troppo si spaccia ad essi senza misura, sono pericolosi, impugnano subito l'arma micidiale, e le carceri del Neuquén, Rio Negro e Chubut sono la prova più impressionante di ciò che fanno. In generale parlano malamente lo spagnuolo; ma tra loro se l'intendono nell'idioma nativo e diffidano assai dei bianchi e, sebbene devono dipendere da essi, se ne stanno lontani quanto possono. E molte volte non han torto interamente; meglio soli che male accompagnati!

Dalla capitale partirà presto una ferrovia che condurrà merci e passeggeri fino alla regione detta Zapela, cioè a 18o Km. verso ovest in direzione delle Ande. L'inaugurazione di questo tratto di linea ferroviaria darà maggior incremento all'agricoltura e alla pastorizia, sorgente precipua di ricchezze, e alla cava delle miniere; e noi potremo visitare più frequentemente i nostri poveri confratelli di Chosmalal e di Junin de los Andes, i quali dopo la visita dei sig. Don Pietro Ricaldone, Consigliere Professionale della Pia Società, non videro più, la faccia di un confratello.

Partiti da Neuquén alle due pomeridiane, avvolti da una fitta nuvola di terra alzata dal vento che qui regna la maggior parte dei giorni dell'anno, giungemmo a stento a Laguna del loro, ov'è un hótel con pavimento a mosaico naturale quasi livellato... Vi sono parecchie stanze e compartimenti ove si riposa bene, ma la mobilia dello spaccio di bibite, che è la parte più attiva del negozio, rifugge ad ogni descrizione. Quattro fondi di cesti vuoti, inchiodati ad assi di salice, sorreggono bottiglie di ginepro, di acquavite, ecc. ecc. Ah! ci vorrebbe qui pure una crociata contro l'alcoolismo!

Le nostre bestie ebbero del fieno per tutta la notte, cosicchè di buon'ora all'indomani si riprese la marcia verso Arroyitos, dove una famiglia genovese ha una bottega e ci accolse cortesemente. Nell'orto suo, a poca distanza dal fiume Limay, si raccolgono pesche da febbraio a tutto giugno, cioè tutto l'autunno fino all'entrata dell'inverno.

Da Arroyitos si sale lentamente una collina sterile, ove non si scorge quasi segno di vegetazione. È una zona di ben otto leghe senza una goccia d'acqua!

Alle 5 1/2 pomeridiane giungemmo alla barranca del Chocon, donde si gode uno splendido panorama della vallata del Limay, che con giri capricciosi dà origine ad isolotti di una verdura lussureggiante. La discesa è pericolosa. Residui di carri rotti e croci silenziose piantate qua e là richiamano l'attenzione del viandante e gli ricordano le frequenti disgrazie ivi accadute. Il pendìo, rapido e scaglionato su pietra rosacea, fiancheggia un arido fossato, pericoloso e profondo, scavato dalle pioggie.

Ci parve prudente pernottare in un isolotto, piuttosto che nella casa sottostante. Mentre facevamo fuoco e si preparava un po' di ristoro, un ragazzino sui nove anni, ad insaputa del babbo... che non crede più nulla, si accostò, e senza discendere dal cavallino che cavalcava, fece la sua confessione col più edificante contegno. Mentre la mamma, santa donna! lo vuol cristiano, egli è costretto a sentir bestemmiare il babbo su tutto ciò che si riferisce al Culto divino! Povero fanciullo!... Lo ricordai a lungo anche sotto i sauces dove, avvolti nel quillango (cuoio di guanaco che ripara ottimamente dal freddo), dormimmo saporitamente, distesi sopra le molli arene della sponda dell'isola.

Il dì seguente, a mezzodì giungemmo a Cabo Alarcón, il più bel punto delle sponde del Limay, dove in modo pittoresco la valle del Limay si unisce a quella del tributario Picunleofù (fiume del Nord). L'agricoltura vi ha un avvenire sicuro e non guari lontano, la terra buona è abbondante e l'irrigazione assai facile. Cabo Alarcón è anche il natural punto d'incontro e di transito delle due più importanti correnti commerciali del Territorio.

Fatta provvista di grani pel bestiame, ci rimettemmo in viaggio senza però raggiungere la mèta che ci eravamo prefissa, e un altro isolotto ci die' confortante riparo a circa tre leghe da Pantanitos.

Pantanitos è un stabilimento agricolo e di allevamento di bestiame, con circa ventisettemila ettari di superficie e più di quindici chilometri di lato sul fiume. A capo di esso trovasi il signor Pietro Curuchaga, sempre cortesissimo coi viaggiatori, specialmente coi missionarii, che in lui hanno un amico.

Il sabato 5 aprile fu una giornata caldissima e avemmo agio di provare ciò che sia il camminare attraverso le arene e fra le gole di colline quando il sole sferza i. suoi raggi nelle ore meridiane. Stanche le bestie e noi spossati, fummo costretti ad accostarci alla sponda del fiume in un posto poco adatto, e ci servimmo delle acque di un pantano che in noi e negli animali produssero effetti poco lusinghieri! Così soffrimmo per lunghe ore la sete, proprio coll'acqua sotto i piedi! Ci diè forza a sopportare quel tormento il pensiero di offrirlo in omaggio alla Beata Vergine, essendo come ho detto giorno di sabato. La domenica, che seguì, restammo senza messa, ma la lettura del Vangelo del giorno ci confortò spiritualmente e ci diede occasione di spiegare un po' della vita di Nostro Signore alle persone che trovammo a Fortín Nogueiras e a Piedra del Aquila, dove si pernottò.

Piedra del Aquila, un'incipiente borgata fra colline rocciose e in parte vulcaniche, circondata da una feracissima pianura con abbondanti corsi d'acqua di sorgenti freschissime, è proprietà di un nostro antico e buon Cooperatore, il dottor D. Giuseppe Agezza, che ha una tenuta, mi si dice, di più di trentamila ettari. Nei ranchos trovai creature seminude; io portai due dei bambini più bisognosi alla casa di negozio, dei signori spagnuoli Elorriaga Rodriguez e C.ia e questi buoni amici li regalarono d'una camicia di lana. Qui, come altrove, potei constatare che i Missionari seminano davvero la buona semenza, la quale se fosse irrigata da frequenti visite produrrebbe una vera fioritura di vita cristiana. Ma queste famiglie si lagnano che il Missionario non le visita da anni. E una dolorosa verità. Quattro preti per trentamila anime sparpagliate qua e là in una distesa di 240,000 Km.2, che cosa possono fare?

Io battezzai una bambina del sig. Elorriaga ed ebbi occasione di spiegare il catechismo ad un bel numero di ragazzetti ed un po' di Vangelo ai maggiorenni del luogo ivi radunati. Gli uomini sommavano ad una quindicina, e fra questi vi erano alcuni europei al corrente di tutte le obbiezioni che servon di pretesto a chi non vuol accettare il giogo dei divini comandamenti. Essi non tacquero e il trattenimento divenne apologetico ed interessante. La difficoltà stava nel conciliare una spiegazione adatta a coloro che conoscendo le verità rifuggono dalle loro conseguenze e all'insufficienza di chi forse per la prima volta udiva l'esposizione di qualche passo del Vangelo. Ma il Signore, che sempre ci aiuta e conforta, ci guidò in quel frangente perchè non avesse a soffrirne la debole fede dei più; e l'insussistenza delle difficoltà, di parvenza scientifica, fu tanto palese da provocare l'ammirazione di tutti verso il magistero della Chiesa di Gesù Cristo, osteggiata in tante guise e sempre vittoriosa. La conversazione si protrasse quasi fino alla mezzanotte con visibile soddisfazione di tutti.

La mattina si partì per Sañico, regione di buoni pasti e d'un avvenire lusinghiero, abitata dai signori Zingoni, imparentati con la famiglia Saramidami Zingoni di Viedma, ottimi italiani, amicissimi di S. E. Mons. Cagliero e di tutti i nostri.

Di là per valli ed altipiani a 15oo m. sul mare, giungemmo alla vallata del Collon-Curà, principale affluente del Limay, ricco di acque limpidissime e fredde, il quale al posto ove trovasi la balsa misura una profondità straordinaria. Qui corremmo rischio di perdere la guida ed uno degli animali per la testardaggine di una mula che si era incapricciata a non passare; ma un taglio di corda fatto a tempo salvò la vita del giovinotto in pericolo. Oh! come in tali frangenti s'invoca con fede il Signore!

Valicato il fiume, si giunse in due ore al cader del sole alla collina detta di Putkammer, proprio sulla sponda del Chemehuin. La rapida discesa si fece a piedi in mezz'ora. Ci alloggiammo nella casa del suddetto sig. Putkammer, ove il Missionario trova sempre squisita accoglienza, ed ebbi la consolazione di far conoscere i principali misteri della fede ad un bel numero di bambini.

All'indomani (aveva nevicato assai durante la notte sulle alte cime dei dintorni) fummo costretti ad avvicinarci di buon'ora al focolare, dove prendevano il male e mangiavano piñones un'india con due figliuole.

- Buon giorno!

- Buon giorno, Padre; vuoi prendere mate? - Grazie, io non ne prendo, e tu che cosa stai mangiando?

- Piñones...

- Quanti figli hai?

- Tre; queste due bambine e l'altra che sta dormendo.

Sotto una tettoia di juncos, avvolta in pelli di pecora stava, infatti dormendo una fanciulla sui nove anni.

- Sono tutte battezzate le tue figlie?

- Due. Quella là sa anche pregare. Stava colle suore di Junin, e si ammalò.

- E quando pensi di battezzare la piccina?

- Guarda, io voglio... ma lui non vuole! - e mi indicava il marito che giungeva in quel momento con una pecora per allestire la carne del giorno. - Diglielo tu, che la lasci battezzare, diglielo!

Il vecchio Payaleu, di serio aspetto, poco amico dei missionari e dei bianchi, rispose appena qualche parola alle domande che gli facevo. Quando lodai il valore dei suoi antenati e gli ricordai le guerre con gli Argentini, si scosse tutto e mi raccontò come da piccino sui sette od otto anni egli pure avea preso parte alla guerra, e che avendo avuta la peggio dovettero tutti scappare alle montagne... Ma finì bruscamente:

- Io non voglio battezzare la figlia, e neppur io voglio essere cristiano!

- E perchè?

- I cristiani più increduli che paesani...

E lo interruppe l'arrivo di un altro indio, col quale cominciò a intendersi nel nativo idioma. Veramente sono un serio inciampo al Missionario certi bianchi di mala vita e di cattivo cuore che sfruttano l'indigeno in maniera nefanda e vergognosa.

Alle 9 partimmo verso Junín dopo un breve trattenimento catechistico, al quale assistette col compagno anche Payaleu, che baciò egli pure il santo Crocifisso senza però lasciar battezzare l'ultima figliuola nè volersi battezzare per regolarizzare la sua unione matrimoniale.

Si giunse a Junín alle 12, ove celebrai il Santo Sacrifizio della Messa e godemmo la compagnia dei nostri... In pochi giorni il lungo viaggio era compiuto.

Perdoni, amato Padre, se per questa volta son costretto a far punto qui. Spero in una prossima mia darle altre notizie interessanti di questa estesa ed importante missione del Neuquén. Ella intanto voglia benedirci tutti e specialmente benedica il più bisognoso, il

Suo Dev.mo Figlio in G. C.

SAC. LUIGI PEDEMONTE.

CINA.

I bisogni della Missione. (Lettera del Sac. Giovanni Pedrazzini).

Seak-kei, 30 ottobre 1913. REV.MO SIG. D. ALBERA,

Saranno ancora i Pirati! avrà esclamato Lei, aprendo questa mia. No; grazie al Cielo non abbiamo più avuto nessuna visita di quei volontari. Però c'è stato pei nostri cristiani ben di peggio; il tifone e l'inondazione hanno recato la desolazione in questi poveri villaggi.

La più provata fu la cristianità di Po-Fong. Era questo un curioso villaggio colle capanne di bambù specchiantisi nel fiume di Sin-Sam.

Il vento e la pioggia che avevano imperversato una notte intera, verso il mattino riuscivano a rompere le dighe del gran fiume che si riversò impetuoso sul povero villaggio, abbattendo le capanne e travolgendo ogni cosa.

Spettacolo veramente raccapricciante! . Tra le capanne atterrate dall'onda quella povera gente si dibatteva in una lotta disperata. Le madri coll'acqua alla gola, dimentiche del proprio pericolo, porgevano i figli agli intrepidi pescatori, che su barche o zattere, o aggrappati a grossi tronchi, cercavano di portare aiuto a tutti. Ed il buon Dio benedisse i loro sforzi e non si ebbe a deplorare nessuna vittima.

Però ben triste è la loro condizione. Le case distrutte, i pochi animali domestici ed il raccolto del riso intieramente perduto. Non hanno più nulla! Dico male, amato Padre, è rimasto loro il più bello di tutti i tesori: la rassegnazione e la confidenza nella Provvidenza Divina.

Il Missionario che fu a visitare quel povero paese, ne rimase edificato. Fu accolto sotto una baracca improvvisata, colla solita cordialità; e mentre gli si offriva del pesce (unica vivanda che ora abbiano) un buon vecchio a nome di tutti andava ripetendo le parole di Giobbe:

« Il Signore ha dato, Egli ha tolto, sia il suo Santo Nome benedetto! »

Oh! se questo povero Missionario avesse avuto un tesoro per far risorgere quel villaggio! Ma purtroppo i nostri mezzi sono scarsissimi; e perciò quotidianamente siamo costretti ad assistere a mille miserie senza poterle sollevare. Qua interi villaggi di lebbrosi con capanne rotte, esposte a tutte le intemperie, là grandi baracche luride che in certe stagioni si riempiono di appestati o colerosi; qui ciechi senza pane, là villaggi infestati dai ladri...

Quasi a confermare il triste quadro di questa povera gente, giunse un cristiano con segni dello spavento, e:

- Tin-Chu poyau! (Dio ce la mandi buona!) mi dice.

- Paolo, donde vieni?

- Ah Padre! noi coi nostri peccati abbiamo giustamente irritato il Signore!

- Perchè dici questo! Che è accaduto? Prese la tazzetta di thè che gli presentava il servo, la trangugiò in fretta e scuotendo il capo: - Ascolta, mi disse. Il nostro paesetto di Pa-Cong-La è tutto distrutto.

- Che? fu il tifone? La pioggia?

- La pioggia aveva recato molto danno alle nostre baracche ma le avevamo oramai riparate, ma ecco che il villaggio fu invaso dai ladri. Battendoci col calcio del fucile ci costrinsero ad uscire tutti dalle capanne sull'aia, dove ordinarono la consegna del danaro. Tu sai, Padre, che noi non abbiamo nulla. Le ultime piogge hanno distrutto il raccolto. L'anziano espose loro la nostra miseria, ma cadde vittima del suo dovere. Dopo lui altri due caddero morti sotto il piombo ed otto feriti. A tal vista fuggimmo tutti attraverso le risaie, cercando nasconderci dietro i ripari. Di quà fummo spettatori impotenti di un ben triste spettacolo.

- Che potevano fare di più orribile?

- Ah! Padre, quelli non sono uomini, sono fiere! appiccarono il fuoco alle nostre capanne e si ritirarono.

- Anche il capannone che serviva di cappella prese fuoco?

- No ! riuscimmo a domare l'incendio, prima che le fiamme vi arrivassero.

- Per ora, caro Paolo, va' a mangiare e poi penseremo a soccorrere gli otto feriti. Al resto provvederà il buon Dio.

E Iddio, spero, intenerirà il cuore di qualche buon Cooperatore affinché rivolga alla povera Missione della Cina le sue sollecitudini !

Oh! quanti lavori s'impongono! Qua a SeakKei la cappella esistente è incapace contenere i cristianì; a Tan-Mu è di somma necessità una scuoletta maschile e femminile ed un piccolo ricreatorio pei ragazzi, ed occorrono tante altre cose. Ma come si fa senza mezzi, senza paramenti, senza arredi sacri?

Amato Padre, affidi ai Cooperatori 'incremento della nostra Missione in Cina. Nella loro generosità e nelle di Lei ferventi orazioni riponiamo la nostra fiducia.

Col massimo rispetto le bacio la mano e miprofesso

Suo aff.mo e obbl.mo figlio in G. C.

Sac. GIOVANNI PEDRAZZINI Missionario Salesiano.

In fascio.

DALL'INDIA. - Il Direttore dell'Orfanotrofio San Tommaso di Mylapore (Madras), in data 24 dicembre u. s. scrive:

«...Qui attraversiamo le strade della città, gremite di pagani di molte sètte diverse, segnati in fronte sul petto e sulle braccia con cenere di vario colore e con le forme le più varie, e tutta questa gente ci cede rispettosamente il passo e molti anche fra i pagani ci fanno il saluto che fanno ai loro guru. Anzi, cosa strana, giorni fa incontrai in una strada molto popolata di Madras un guru, o prete pagano, che mi fece un saluto al quale innavvertitamente io non risposi ed egli si buttò in ginocchio dicendomi: « Sono anch'io un brav'uomo! » e, per contentarlo, dovetti dargli una benedizione!

» Nell'Orfanotrofio andiamo avanti gradatamente; i ragazzi aumentano sempre, la casa n'è più che piena ed il nostro ottimo Vescovo è deciso di far presto ingrandire i locali, cosicché potremo far salire a 140 il numero dei nostri orfani, che ora è di 85.

» L'8 corrente, insieme colla festa dell'Immacolata, ebbe luogo in città la chiusura del Giubileo Costantiniano, che fu preceduta da un triduo di prediche e di visite alle chiese. Le funzioni del giorno 8 si celebrarono solennemente nella Cattedrale.

» Lo stesso giorno si svolse in casa nostra una Commemorazione molto ben riuscita. Il magnifico salone che serve di dormitorio pei nostri ragazzi (dove due anni fa ebbe luogo il Congresso Eucaristico) era stato cambiato in sala di teatro. Sul gran palco siedevano l'Arcivescovo di Madras, il Vescovo di Mylapore ed altri esimi Ecclesiastici; e la sala era gremita non solo di cattolici ma anche di protestanti e di pagani, tutti conoscenti di casa e a noi assai benevoli. Dopo un pezzo di musica suonato dalla banda, che in quel giorno fece la sua prima comparsa, sorse il signor K. Warmington, che fece uno splendido discorso su Costantino e l'opera sua in rapporto alla Chiesa. Fu più volte interrotto di applausi.

» Il giorno dell'Immacolata fu pure gran festa per la nostra Compagnia dell'Immacolata, alla quale appartengono tutti i ragazzi cattolici di Mylapore. Dopo la Messa della Comunione generale vennero tutti a prendere colazione nell'Orfanotrofio. Presiedeva Sua Eccellenza Mons. Vescovo, cui in fine della refezione si lessero varii componimenti che manifestarono il progresso sempre crescente della Compagnia ed il buono spirito dei numerosi giovani che la compongono ».

IL CULTO di Maria Ausiliatrice

MARIA SS. AUSILIATRICE e le Missioni della Consolata

Sua Ecc. Rev.ma Mons. Filippo Perlo, dell'Istituto Torinese della Consolata per le Missioni Estere, Vescovo tit. di Maronia e Vicario Apostolico del Kenya nell'Africa Centrale, scrive al nostro Rettor Maggiore D. Albera la seguente lettera, che pubblichiamo a gloria di Maria SS. Ausiliatrice.

Fort Hall, 5 settembre 1913.

REVERENDISSIMO SIGNORE,

Non avrei osato venire a disturbarla se non avessi pensato che, nella sua bontà, mi avrebbe fatto subito buone le ragioni che mi vi spingono.

Da un sette od otto anni eravamo in questione, dapprima con il governo inglese e poi con i protestanti per una fondazione di stazione di missione nel paese di Tigania: un distretto di almeno 5o mila anime, raccolte in una splendida e salubre posizione, e così disposto, che fondata in esso una missione, date le leggi vigenti, non vi sarebbe stato più posto per un'altra.

Il governo, da quando si era scoperto quel nuovo paese, siccome la popolazione si era rifiutato di riconoscerlo, non permise assolutamente, affine di non assumersi responsabilità sulle nostre vite, che alcun missionario vi ponesse pur piede. Questo stato di cose durò fino a poco fa: quando avendo finalmente con la forza assoggettati questi intrepidi selvaggi, cessava ogni motivo di proibizione.

Allora sorse acuta la questione della precedenza fra le varie società di missioni che si disputano il campo nel Britisch East Africa. Noi, come Cattolìci e come Italiani, avevamo ben poca - per non dire nessuna - speranza di vittoria. Affidammo tuttavia la nostra causa alla Vergine Ausiliatrice, e in modo inaspettato e affatto imprevidibile la missione fu invece a noi concessa. Lo stesso giorno partivamo in carovana (un 40o km. da dove le scrivo) per impiantarvici. È ben naturale che, non solamente per debito di riconoscenza, ma anche per sentimento del cuore, la nuova stazione, così piena di promesse e che ci era costato tanto per averla, la dedicassimo a Maria Ausiliatrice : il nuove titolo religioso e civile sotto cui sarà ora conosciuta.

Ed è per questo motivo, che ora mi faccio lecito ricorrere alla sua bontà. Sarei perciò a pregarla di una doppia carità: di voler donare per questa nuova stazione una statua di Maria Ausiliatrice, e di apporvi ai piedi una dedica, che ricordi a noi e ai nostri neri il nome del donatore. Ella forse si meraviglierà della mia arditezza; ma io mi faccio forte nel pensiero che questo, dono io lo considero un po' come suo dovere, poichè avendo la Vergine a loro, principalmente, affidato l'incarico di onorarla sotto questo bel titolo, e ne è così ben servita, io crederei fare un torto a V. S. rivolgendomi ad altri per questo favore, che ridonda a tanta sua gloria. Io poi personalmente ci tengo anche moltissimo; poichè è proprio nel suo Santuario a Torino che la mamma mia mi portava a lei, e all'età di pochi mesi mi consacrava in adempimento di voto.

...I nostri ringraziamenti più che in semplici parole, procureremo consistano nelle preghiere, affinchè il Signore conservi a lungo V. S. Rev.ma e prosperi ognor più la Pia Società affidata alle sue zelanti cure. Implorandole dal cielo le più elette benedizioni, con i sensi di affettuosa venerazione mi professo

Della S. V. Rev.ma Devotissimo

+ FILIPPPO PERLO, Vic. AP.,

Il sig. Don Albera, annuendo al desiderio espresso così affettuosamente da Mons. Perlo, gli ha inviato una bellissima statua di Maria Ausiliatrice, di altezza quasi al naturale, espressamente scolpita e decorata dal sig. Vittorio Ferraro di Torino. Speriamo che il devoto simulacro, benedetto dallo stesso sig. Don Albera e spedito fin dagli ultimi giorni dello scorso gennaio, sia per giungere felicemente a destinazione in questi giorni, apportatore di larga copia di celesti favori alla nuova Missione.

Feste e date memorande.

SIVIGLIA. - Nel Collegio di Santa lnés, diretto dalle Figlie di Maria Ausiliatrice la mattina del 12 dicembre u. s. Sua Eminenza il Cardinale Almaraz, ricevuto al suono della marcia reale, vestiva gli abiti pontificali e benediceva solennemente una nuova immagine e un nuovo altare in onore di Maria SS. Ausiliatrice. Seguì un'allocuzione di Sua Eminenza, nella quale rievocò il bene compiuto dal Ven. Don Bosco in tutta la vita, che disse « interamente rivolta a sviluppare, vivificare e perfezionare l'alta missione ricevuta da Dio ». Nel cortile dell'istituto vi fu un grazioso trattenimento di omaggio all'Eminentissimo Principe, al quale facevano corona il padrino e la madrina della cerimonia.

SANTA ANA (Salvador.) - Nella Chiesa del Collegio San José la domenica 7 settembre u. s. inauguravasi un bel dipinto di Maria SS. Ausiliatrice di grandi dimensioni. Alla cerimonia accorse un gran. numero di Cooperatori e Cooperatrici, e tal folla di fedeli che a molti fu impossibile entrar in chiesa. Il discorso di circostanza, pronunziato dal rev.mo D. Felice Guerra, addetto alla Delegazione Apostolica del Centro America, fu dato alla stampe. La cerimonia fu un caro spettacolo di religiosa pietà, reso più imponente dalla numerosa frequenza ai SS. Sacramenti.

Pellegrinaggio spirituale pel 24 corrente,

Invitiamo i devoti di Maria SS. Ausiliatrice a pellegrinare in ispirito al Santuario-Basilica di Valdocco il 24 corrente e ad unirsi alle nostre preghiere.

Oltre le intenzioni particolari dei nostri benefattori, nelle speciali funzioni che si celebreranno in questo mese nel Santuario, avremo questa intenzione generale:

Imploreremo con unanime slancio il ritorno alla pratica della Religione di tanti poveri giovani fuorviati.

GRAZIE E FAVORI

Ricorrete a Maria Ausiliatrice (1).

Circa due anni or sono, un buon giovane studente si era ammalato di malattia mentale, cosicchè dovette essere ricoverato in una casa di salute. E facile immaginare il dolore della famiglia colpita da sì grave sventura. Le ottime sorelle del giovane fecero ricorso a Maria SS. Ausiliatrice, con promessa che, ottenuta la grazia, l'avrebbero resa pubblica; anzi una di esse giunse al punto di offrire la sua vita per ottenere la grazia!

Quanto è efficace la preghiera fatta con fede a Maria Ausiliatrice! Dopo alcuni mesi, la guarigione seguì in modo completo, cosicché ora sciogliendo il voto la famiglia invia l'offerta di lire io in ringraziamento a Maria SS.ma. Questa ha pure accolto il voto dell'eroica sorella, che, entrata in una casa religiosa compì il sacrificio della sua vita il giorno di Natale del 1912, tre giorni dopo la sua professione!

In fede,

Fasano, 18 dicembre 1913.

D. FRANCESCO RiccHINI,

Parroco.

Una guarigione istantanea.

Da quattro settimane un nostro alunno giaceva a letto per forte reumatismo che gli cagionava acuti dolori che lo rendevano incapace di qualsiasi movimento delle membra. All'avvicinarsi della novena dell'Immacolata si accrebbe il nostro fervore per impetrare da Maria SS. Ausiliatrice la guarigione dell'infermo. Egli desiderò che ogni mattina della novena gli venisse portata la santa comunione e fu appagato il suo pio desiderio; tuttavia non si riscontrò alcun miglioramento nelle sue condizioni fisiche fino alla festa dell'Immacolata. La nostra celeste protettrice aveva riservata la grazia a quel dì per noi sì caro. Dopo una notte passata tra gravi spasimi, tutto ad un tratto l'infermo si sentì libero da ogni dolore, riacquistò il movimento delle sue membra, si alzò senza alcun aiuto o sostegno e scese in cappella a sciogliere la preghiera del ringraziamento. La sua inaspettata comparsa commosse gli animi di tutti, strappò a molti lacrime di consolazione e ringraziamento, e dispose tutti a ritrarre maggior frutto dalla festa.

Wernsee, 24 dicembre 1913.

SAC. AURELIO GUADAGNINI.

Foglizzo Canavese. - Siano rese grazie vivissime a Te, o Madre potentissima di tutti i cristiani, che hai voluto nella tua bontà infinita, risparmiare a vecchi genitori il dolore di perdere un figlio amato, e ad una madre lo schianto di veder orfani i piccoli suoi bimbi. Dopo che uno dei miei figli nel pieno vigor degli anni se n'era volato al cielo lasciando i figliuoletti e la consorte nel pianto, dopo averne donato alla Pia Società Salesiana un altro, già da lunghi anni missionario nella lontana America, stavo per perdere l'unico sostegno della famiglia.

Aggravatosi per un male improvviso gli fu recato il santo viatico, ed amministratigli tutti i conforti religioso, si telegrafò in fretta ai parenti che avessero voluto vederlo ancora una volta. E fu allora che col pianto nel cuore ricorsi a Te, Vergine SS. Ausiliatrice; andai alla Casa Salesiana, feci accendere due candele al tuo altare, promisi un'offerta, e racmandandomi alle preghiere dei figli di D. Bosco e dei giovanetti dell'Oratorio festivo, tornai a casa per pregare anch'io con tutta la famiglia. Il miglioramento cominciò subito e andò sempre più aumentando fino ad una completa guarigione.

Grazie ancora, buona Madonna di D. Bosco! e col tuo potente patrocinio proteggi sempre la mia famiglia e tutti i buoni foglizzesi: la tua immagine che orna una contrada del paese e la cappelletta ex-voto, già memoria di altre grazie, ricordino loro la tua bontà, il tuo amore, la tua potenza.

19 ottobre 1913.

MUSSO PIETRO, cooperatore salesiano.

Cellarengo d'Asti. - Mille ringraziamenti, o Maria Ausiliatrice, per il segnalatissimo favore che mi hai concesso. Invocata da me nei trepidi momenti della grave malattia di mia mamma, fosti pronta ad accogliere la mia preghiera ed a correre in suo aiuto. Affetta la madre mia da sei anni da gastricismo, dolori e paralisi agitante, Tu, Madre pietosa, l'hai aiutata proprio quando i medici non sapevano a qual rimedio appigliarsi per vincere il male ostinato e crudele; ed io mi persuasi sempre più che Tu, o Maria, sei l'aiuto dei cristiani e la speranza dei tribolati. Riconoscente sciolgo il voto pubblicando la grazia ricevuta.

12 settembre 1913.

ANNA SEJA.

Torino. - La prima grazia che ricevetti da Maria SS. Ausiliatrice l'ebbi cinque anni fa, quando colpito da una terribile pleurite; disperando della guarigione, e padre di numerosa famiglia, mi rivolsi alla bontà di Maria Ausiliatrice, e con fervide preghiere ottenni la guarigione.

Ma una più grande sventura stava dietro alla prima ; durante la mia lunga malattia fui spogliato di tutto da chi più avrebbe dovuto aiutarmi e la miseria stava per picchiare alla mia porta. Convalescente, disoccupato, con quattro bambini, dimenticato e deriso dai miei parenti, privo di tutto, mi rivolsi nuovamente a Maria Ausiliatrice e tanto la pregai, che proprio nel momento di mia disperazione trovai lavoro, che tuttora conservo. Pregherò per sempre Maria Ausiliatrice perchè abbia a proteggermi e guidarmi, perchè essa sola ed il suo Divin Figlio sono il sostegno dei miseri.

19 giugno 1913.

FRANCESCHINI ATTILIO.

Asti. - Erano quasi due anni che soffrivo una malattia misteriosa, che mi faceva presagire certa la perdita di tutte le mie facoltà mentali, nè più sapevo quali rimedi tentare per vincere quel male ostinato e crudele. Per mia fortuna, in un momento di maggior costernazione, mi balenò una speranza: « Oh perchè non mi rivolgerò a Maria Ausiliatrice, vera salute degli infermi e speranza sicura di chi in Lei confida? ». Così feci ; riposi tutta la fiducia di mia guarigione in Maria, pregai e feci pregare; ed Ella, la buona Madre Ausiliatrice, esaudì la mia preghiera. Di fatti, dopo un po' di tempo, il male cominciò a scemare grado a grado, e adesso è scomparso completamente, per modo che posso attendere al mio nuovo servizio colla salute, tranquillità e gioia, che da tempo avevo perduta.

2o novembre 1913.

PANE MARIA.

Vercelli. - Dopo una novena a Maria SS. Ausiliatrice, ebbi da lei un segnalato favore per intercessione del Ven. D. Bosco. Adempio un dovere mandando una tenue offerta, promettendone altra, e proponendo che sempre invocherò l'aiuto della Madonna di Don Bosco, certo della sua bontà materna.

Gennaio, 1914.

GIUSEPPE DEGAUDENZI.

Ottennero pure grazie da Maria SS. Ausiliatrice e alcuni pieni di riconoscenza inviarono offerte per la celebrazione di S. Messe di ringraziamento, o per le Missioni Salesiane, o per le altre Opere di Don Bosco, i seguenti:

A*) - Acerenza : Adele Glinni in Perelli, 5 - Acireale : Maria Nicolosi in Nicolosi, io - Adernò Agatina Leonardi, 20 - Agliano d'Asti: Angela Pavia, i - Alba: Giuseppina Rollino - A lessandria, Sobborgo Cristo: E. R. Maestra -Alice Ca stollo : Angela Ravetto fu Pietro, 2 - Alone Paolo Garatti, 5 - Ancona : Orsola Peruzzini, 5 -Aosta: J. B. J., 5-Ayas: Giovanni Obert, 20.

B) - Bardonecchia : A. P. O. - Bari : Ing. Pietro Tramonti, io - Belpasso : Giuseppe Vitaliti di Antonio, io - Benevagienna : Giorgio Panero, io - Bergamasco : G. F. - Bergamo : D. Giovanni Cabrini, 20 - Bibiana : Michele Girando, 17 - Biella : Bernardo Ressa, 12 - Biumo Giovanni Bertoli, 2 - Bologna : M. P. B., 5 - Bondo di Colzate : Luigi Poli fu Biagio, 23 - Bordighera : Alcuni Cooperatori e Cooperatrici, 323 - Borgomanero : Teresa Mora, io - Dosa : Francesca Solinas, 5 - Bra : Domenica Cravero - Brescia Clotilde Tovini, i - Bronte : Direttrice Suore 1-I. A. - Brusasco : N. N., 7 - Bubbio : Zita Roveta, 3 - Buenos Ayres : C. M., i - Busto Arsizio : Giuseppina Morello, 5

C) - Cadiroggio : Ercole Bertolé, 3 - Calalzo del Cadore : Maddalena Fanton, 3 - Caluso G. M., 5 - id. : Angelina Gamerro, 5 - Cammarata Onofrio Chimento di Giovanni, 5 - id. : Teresina Losardo, io - Campolongo : Rosanna Amigoni, 2 - Canale d'Alba: Giuseppe Ajello, io - C ; Bottino Turri, io -Cantavenna: Candido Ravetti, io - Carate Brianza :_ Maria Bontesi Mazza, 5 - Cariati : Can. D. Alfonso Maziotti, 5 - Carini Stella Sanchez in Cicala, i - Carinagnola : Giuseppe Osella, io - Casale Monferrato : Lidia Rota, 3 Casamicciola : Giosafatte Morgera fu Filippo - Casei Gerola : Clelia De Paoli, 2 - Caspoggio Costanza Mazzucchi, 15 - Castagnetto : Damilano Maestra, 5 - Castelbuglione : Rosa Corsi - Casteldelfino : A. G. F., i - Castellalfero, N. N. - Castellinaldo d'Alba: Margherita Delpiano, io - Castellammare del Golfo : Giuseppe Minando di Vincenzo, 5 - Castronovo di Sicilia : Marietta Landolina, 2 - Catania : Antonietta Gentile in Cusa, 30 - id.: Francesca Licciardelli - Cavaglià : D. Antonio Morra - Cavallermaggiore Giorgio Longo - Cellarengo Monferrato : Anna Casetta, 5 - Centallo : Margherita Pautassi, 5 - Cherasco : Marianna Barbero, 6 - Chiaramonte Gulfi : Raffaele Ventura, 5 - Chiari : Elvira Calzana, 5 - Chivasso : D. Settimio Fiorelli, 20 - Civitavecchia : Augusto Simeoni, 3 - Clusone Angela Del Bono in Rovetta, 9.50 - Collesano Pietro Pontani, 5 - id.: N. N. - Conegliano Veneto : Luigia Del Fabbro in De Lucca, io - Contano Monferrato: D. Agostino Castellari, 2 - Conigliano Ligure : Ernesta Carena V. Goy, 5 - Corteno : G. B. S., 5 - Cossano Belbo : Teresa Bosca - Crava : Sorelle Bongiovanni, 25 - Cuneo : Bartolomeo Grandi, i.

D) - Dazio : Rosa Marchellini, 5 - Debbia Due persone, 7.

F) - Faenza: Giannina Vassura, 12 - Fiesso Umbertiano : Luigi Colognesi, 25 - Figline di Vai d'Arno : N. N. - Fino del Monte : Santina Reutelli - Firenze : Giuseppina Duprè in Ciardi io - Fobello Sesia : Ada Giacobino, 7 - Forno Coniugi Dell'Antonio, 30.

G) - Genova : Famiglia Rigon, 2 - id.: Ines Dasso, 25 - id.: Maria Romanengo in Parodi - Gioiosa fonica : Teresa Mantigni in Agostini, 5 - Gussola: Maria Piretta, io.

I) - Intra : Maria Garbolo, 5 - Isola del Cantone : Francesca Desirello, 2 - Itri : Luigia Pennacchio, 5 - Ivrea : Albina Bertetti - id.: Luigia Fornero, 3.

L) - Lampertsmuhle (Baviera): Virginia Mauro, 5 - La Salle (Aosta): Sofia Fosseret, 3 - La Thuile : Giuseppe Gontier, 2,50 - Levo: Sac. Guido Mello, 5 - Lingotto : Luigia Boano - Livigno Giovanni Cantoni, 5 - Locarno (C. T.): Gioconda Beffa, 30 - Lodi : Carolina Mariconti, 25 - id. Maria Forlani V. Dedè, 5 - Longare : Francesco Rossato, 5 - Lussello di Villadeati : Luigia Garoglio, 5.

M) - Mantova : Ch. Oreste Gubolli, 3 - Marradi: Alcuni divoti-Martinengo: N.N.,5--Marzabotto : Enrica Sandri in Contasico, 6 - Meana del Roiale : Rosa Raddi in Piazza, 5 - Milano Erissena Prandini, 5 - id.: Giuseppina Bianchi - id.: Anna Rey, lo - Mineo: Mario Tamburino, 7 - Modica Alta : Cav. Avv. Virgilio Failla, 5 - Moggio Udinese : D. F. T. - Mombaruzzo : N. N., 4.90 - Mombello Torinese : Margherita Gianasso, io - Mondovì Piazza : Ch. Giuseppe Gerbino, 4 - - id.: D. Gio. Battista Baracco - Mongardino T. G. - Montebello Pavese : Giovannina Valdata, io - Montecchia di Crosara : Ferdinando Nardi, 5 - Monticello d'Alba: Una Cooperatrice Salesiana - Monza : Adele Biffi Luxel, 5 - Mosasco : Costantina Stoppino V. Scazola, io - Mortara: Angiolina Corbella, 25 - Mottalciata : Angiolina Demarchi, 2 - Murisengo : Teresa Caramellino, 4 - id.: Teodolinda Fontana, 5 - id.: Marianna Quillico, io - id.: Teresa Anselmi, io.

N) - Napoli : Teresa Longhi V. Alcaici, 5 - Novara: Casimira Massara Pelizzetti, 3 per la guarigione della sua bambina - id.: N. N., io - Navate Mezzola : Famiglia Camozzi - Novi Ligure : Maria Dellachà, 5 - Nizza Marittima L. Brusco, 3.

O) - Oltre il Colle : Maria Geru Gino, 5 - Orbassano : D. L., 2 - Oriolo : Rosa Zelaschi Bellin zona, 5 - Ormea : Giacomo Pagliano - Orsara Bormida : Giuseppe Rapelli, 3 - Ottiglio Monferrato : Clara Lovagno, 24 - id.: Erminia Celoria, 5.

P) - Padova : Silvio Graziani, 25 - id.: Beniamino Guzzo, 2 - id.: Giuseppe Rudella Rizzieri, 2 - Palagonia: Nicolò Nicolelli, io - Palermo D. Angelo Antoniella, 2 - Pavia: N. N., 13 - Pedrengo : Rosa Sperti, 7 - Perletto : Antonio Muratore, 5 - Piasco L. C. Ved., 4 - Ponte S. Pietro : Angliolina Bonzanni in Nespoli, 20 - Porto Limón (Costarica, C. America): Andrea Borzolle, 5 - Pradalunga : Palmira Carobbio, io - Pralormo : Margherita Dassano, 7 - Primaluna Caterina Pomi in Tantardini, 12.

R) - Ravello : Arcid. Mons. Luigi Manzi, 5 - Raveo : Maria Cargneli, io - Rivarolo Canavese Maria Bollero - Rivoli : T. F., io - Robello : Gennaro Pasqualina - Roccavignale : Desolina Bertone, 5 - Rocchetta Ligure : Rina Giachero - Rodello : Giuseppe Drocco fu Battista, 7 - Rogeno Giovanni Arrigoni, io - Roma : Maria Montani, 5 - Rondissone : Michele Merlo, i - Rubiana Maria Grosa, 5 - Ruffia : N. N., io.

S) - Sale Marasino : Luigi Picchi, 5 - Saluzzo Angela Mattis, 5 - Sampierdarena : Luisa Bellayrandi, 5 - Sant'Albano : Rosa Culacciati in Bonola, 5 - id.: Carmelina Marcuzzi, 5 - San Alberto: Pietro Cavalieri, 4 - San Cataldo : Maria Calà, io - San Giorgio Canavese : Giacomo Cerutti - San Giorgio d'Arco: Attilio Negri, 6 - San Giovanni Lupatoto : Margherita Truzzi e figlia, 5 - San Lorenzo di Villa Boas : Iginio Gandini, 9 - Sanluri : Famiglia Bai, 5 - S. Martino di Rosignano: Carolina Scarrone, i.5o - San Marzano Oliveto : Giuseppina Pattarino, 2 - S. Michele Extra : Amelia Milani, 2 - San Paulo (Brasile): Eugenia Zangiacomi Colli - San Raffaele (California): Petronilla Beccio, 5 - S. Salvatore Monferrato : Luigia Davide, 8 - San Secondo di Pinerolo : M. M., 2 - S. Stefano al Mare : Edvige Garibaldi, io - Santadè : Liberato Porcu, 2 - Santa Vittoria d'Alba Carlo Damilano, 5 - Santulussurgiu : Bonaria Onni - id.: Maria Vacca Muscas - Saronno : Emidio Renoldi, 5 - Scaldasole : Elena Drisaldi, 8 - Schio : Elena Freschi, 3 - id.: C. V. - Segusino : A. C. - Serravalle Scrivia : Angela Perassolo, 5 - Settimo San Pietro : Giovanna Porru, i - Spilimbergo : Contessa Clara di Spilimbergo, 5 - Stallavena: Giovanni Zampieri, 12 - Stradella : Carmelina Trevi, 5.

T)- Tirano : O. P., 12 - Todi : A. F., 5o - Tolmezzo : S. M. A., io - Torino : N. N., 5 - id. Teresa Signa - id.: Giuseppina Vacchero - id.: Fratelli e Sorelle Pasquini, 3 - id.: B. C., 3 - id. Giovannina Bondei, 3 - id.: Clemente Delpiano, 3 - id.: Una Cooperatrice Salesiana, 2 - id.: Faustina Chierighino - id.: Felice Cavesi, io - id : Barbera Cumino - id.: B. R. - id.: D. Z., i o - id.: Teresa Valacchio - id.: M. M., - id.: Suor Martina - id.: Carolina Sorrentino, 5 - id.: Angela Rocco - id.: Vittoria Mosca, 5 - id.: N. N. - id.: Margherita Corno, 4 - id.: Eusebio Varalda - id.: N. N., 5 - Torre dei Ratti Marietta Brintassi, 2 - id.: Doster Donà, 2 - Torretta : Carolina Moscardini, 20 - Tortona Giuseppina Simonelli, 5 - Trecastagni : Annetta Gangemi Torrisi, io - Trechim (Brasile): Domenico Zorzan.

V) - Varallo: A. C. Z., io - Valgrana: Luigia Barone, 5 - Valguarnera : Alfonso Spampinato 5 - Valle Lomellina : N. N. - Valtournanche : Michele Perruquet, 6 - Varzo : Marietta Storni, 12 - Venezia : Angelina Agosti - Verona: Dr. Mario Becherle, io - Viceno : Antonia Bernardini, 1,5o - Vicopelago : Monastero S. Agostino, 5 - Vigliano d'Asti: Lucia Martinetto, 5 - Villalvernia Florinda Bottazzi, 4 - Villacagnina (Austria): N. N., 3 - Villa d'Adda : Emilia Crippa, 2 - Villadossola : Maria Terazzi, 5 - Villamarzana : Maria Cremonesi in Gatti, 5 - Vimercate : Michelina Gallarati in Sironi, 20 - Vinovo : Luigina Ferrando, 5 - Vizzini : C. V., 5 - Voghera : Luigina Cattaneo in Vagnozzi, 3 - Voltri : Angela Glendi ved. Siinonelli, 3.

Z) - Zinasco Nuovo : Coniugi Francesco e Giuseppina Ferri, 3.

X) - Sac. Marco Pusteu - Rinaldo Lornello e Ortensia Chiappa, 5 - Luigia Ravenna, 5 - C. B., iooo - Luigia de Eccher V. Lorenzoni --- N. N., io - C. C. 51. - Suor Maria Pia, Clarissa.

Santuario di Maria Ausiliatrice

TORINO-VALDOCCO

Ogni giorno, celebrazione di una santa messa esclusivamente secondo l'intenzione di tutti quelli che in qualunque modo e misura hanno concorso o concorreranno a beneficare il Santuario o l'annesso Oratorio Salesiano. Per ogni corrispondenza in proposito, come anche per Messe o novene o tridui di Benedizioni col SS. Sacramento, rivolgersi al Rettore del Santuario di Maria SS. Ausiliatrice, Via Cottolengo, 32 - Torino.

Ogni sabato, alle 7.3o speciali preghiere per gli associati all'Arciconfraternita di Maria SS. Ausiliatrice.

Dal 10 febbraio al 10 marzo

17 febbraio. - Comincia il mese in preparazione alla solenne Commemorazione di S. Giuseppe.

24 febbraio. - Commemorazione mensile di Maria Ausiliatrice.

6 marzo. - Primo venerdì del mese. - Ad onore del S. Cuore di Gesù, esposizione del SS. Sacramento per tutto il giorno.

NB. - Dal 1° marzo la benedizione serale col SS. Sacramento è trasportata dalle ore 17 alle 19.40.

TESORO SPIRITUALE

Indulgenza plenaria dal 10 febbraio al 25 marzo:

1) il 22 febbraio, Cattedra di S. Pietro in Antiochia;

2) il 25 marzo, Annunciazione di Maria SS.ma.

NOTE e CORRISPONDENZE

Riverente omaggio.

A Pisa s'è festeggiato meritamente il Trentennio d'insegnamento in quella Regia Università di quell'insigne sociologo che è il prof. Giuseppe Toniolo, del cui nome si onora anche la Pia Unione dei Cooperatori Salesiani.

Il S. Padre, con venerato autografo, inviò al festeggiato le più vive congratulazioni e l'Apostolica Benedizione « col voto che il Signore lo ricompensi anche quaggiù pel gran bene che ha fatto, e gli doni specialmente il conforto dell'amorevole corrispondenza di tutti i giovani, che dalla sua dotta parola e dall'eloquente suo esempio ebbero il migliore degli indirizzi ».

L'Em.mo Card. Maffi scriveva al Comitato promotore dei festeggiamenti: « Voi onorate trent'anni di dottrina: a me, vescovo, lasciate di onorare e benedire trent'anni di buon esempio e di edificazione. I dotti non mancano; ma i buoni?... ma i sinceramente, francamente, praticamente, costantemente cristiani?.... A questa domanda rispondano molti con propositi fermi e generosi: l'insigne festeggiato esulterà per un'altra festa con me ».

Noi, pieni di umile ammirazione per Chi ha spiegato e continua a spiegare tante energie ristoratrici a vantaggio delle classi popolari, coll'additare ad esse nuovi orizzonti e illuminare cristianamente le intelligenze studiose e còlte, ci facciamo un vanto di presentare a Lui, con riverente gratitudine, l'omaggio dei più fervidi auguri e dei più vivi rallegramenti.

Tra i figli del popolo.

TORINO-VALDOCCO. - La 1a domenica dell'anno centoventi poveri giovani esterni ricevevano dalle mani del sig. D. Albera un vestito completo o vari capi di vestiario, caritatevolmente raccolti dalle Patronesse dell'Oratorio festivo. Il simpatico trattenimento fu reso ognor più gaio da una breve accademia musico-letteraria. Le scuole di musica e di canto eseguirono vari pezzi di musica, un gruppo di giovani declamò con vivacità e brio un dialogo d'occasione, e disse il discorso di circostanza l'ex-allievo sig. Alfredo Boccalatte, laureando in ingegneria. Le sue parole piacquero. assai, perchè piene di affetto e di fede. « Fanciulli ancora - egli disse rievocando i lunghi anni di assidua frequenza all'Oratorio - ricevuti con entusiasmo ed aurore, fatti segno a cure generose, a delicati riguardi, subito sorse nell'animo nostro un sentimento di viva simpatia per questo luogo di pace e soavità... Ricordo i miei compagni, fanciulli anche essi, affaticati e stanchi, affranti dal pesante lavoro cui erano sottoposte le loro tenere membra, desiderare con ansia il giorno in cui avrebbero potuto venire all'Oratorio e ve li vedevo giungere col sorriso sulle labbra, con in volto l'espressione di una gioia grande come di colui che finalmente va a ricevere il premio dopo lunghe e pesanti fatiche. Fra di essi ne ricordo uno, divenuto ora il mio più caro amico, infelice più di tutti, già privo del sorriso materno e costretto a lavorar tutto il giorno per soccorrere il padre, ammalato ed impotente a dare un pezzo di pane alla famiglia: tutto il dì era sottoposto a gravi privazioni, la fame compresa, e non proferiva mai una parola di lamento! anzi lo vedevo giungere all'Oratorio allegro, come il più felice dei giovani, invocare da Dio la salute per l'unico genitore e ritornare a casa colla gioia nell'anima, colla speranza nel cuore. Luminoso esempio della grande e benefica potenza che esercitava sull'animo nostro l'Oratorio, vera fonte inesauribile di forze sublimi, di energie recondite!... ».

BOLOGNA. - La premiazione annuale ai giovani dell'Oratorio Festivo Salesiano chiamò la domenica 21 dicembre attorno il Vicario Generale dell'Archidiocesi, rappresentante di Mons. Arcivescovo, una larga schiera di cooperatori e cooperatrici dell'opera di D. Bosco « i quali -scrive l'Avvenire d'Italia - ebbero sinceramente a rallegrarsi dei frutti preziosi che i figli del grande Apostolo torinese sanno raccogliere dalle incessanti fatiche. Qualunque parola di elogio potrebbe sembrar vana. Chi non ha veduto nella gran sala stiparsi 300 giovinetti e fanciulli del popolo, aspettanti fra un chiasso festoso la distribuzione dei premi; chi non ha potuto constatare de visu quanta abnegazione sia necessaria, quanto sacrifizio e quanto dispendio di forze per farsi obbedire, rispettare ed insieme amare da quei poveri figliuoli spesso cresciuti alla strada e insofferenti di freno, chi non ha visti quei buoni sacerdoti moltiplicarsi per tutti e bastare a tutto, essi, pochi operai a tanta messe, può difficilmente comprendere e sentire la grandezza morale e sociale dell'Opera Salesiana ».

Alla distribuzione dei premi, consistenti in og getti di vestiario e libri istruttivi, vennero alternati suoni, canti e declamazioni.

L'avv. Domenico Nardi parlò con semplice e persuasiva eloquenza ai fanciulli dell'Oratorio, associando la festa del giorno alle imminenti solennità natalizie, che debbono essere celebrate dai giovani in ispecie con rinnovato fervore di pietà. Disse dell'Eucaristia, sommo conforto della nostra vita, scudo supremo ai pericoli che minacciano la gioventù; e rammentando le parole del Ven. Don Bosco, raccomandò alla schiera giovanile, per lui chiamata alla conoscenza ed all'osservanza della legge divina, di accostarsi alla Mensa Eucaristica per festeggiare spiritualmente il ricordo della nascita del Redentore.

FERRARA. - Per l'inaugurazione di una bandiera. - L'8 dicembre, festa dell'Immacolata, nell'antico e monumentale chiostro di S. Benedetto, ora sede dell'Oratorio e Collegio Salesiano, ebbe luogo la benedizione del vessillo sociale del Circolo Ars et Labor. Al mattino S. E. Rev.ma Mons. Domenico Pasi, Ausiliare del Card. Arcivescovo Boschi per la diocesi di Comacchio, amministrò a più di 200 giovanetti dell'Oratorio e del Collegio la S. Comunione, e nel pomeriggio compì la cerimonia della benedizione del vessillo nell'aula maggiore dell'istituto.

ALASSIO. - Una doppia commemorazione. - Il 4 dicembre l'Oratorio festivo di Alassio « ad educare il cuore dei nostri giovani al culto dei grandi avvenimenti e degli uomini illustri che onorano la Religione e la Patria » commemorava due date: « il glorioso XVI Centenario dell'Editto di Costantino il grande, e il Centenario della nascita del principe della Musica, Giuseppe Verdi », con un trattenimento musico-letterario. Il programma, vario e ben ordinato, svolto dagli alunni, piacque assai all'eletto uditorio, fra cui spiccavano il Sindaco con la Giunta Municipale, il Prevosto e il Vescovo Mons. Cattarossi, che rivolse ai giovani care parole di cordiale encomio.

Notizie varie.

In Italia.

GIOIA DI MARSI. - I Salesiani, che reggono la Parrocchia di Gioia di Alarsi nell'Abruzzo, alla fine del 1913 avevano il conforto di veder compiuto uno dei loro ardenti desideri, colla fondazione di un Circolo giovanile cattolico fra la gioventù del paese. La nuova associazione ha preso il nome di Circolo Giovanile Giovanni Bosco. Gli ascritti superano già la cinquantina.

Il 21 dicembre u. s. una larga rappresentanza, tra cui l'Assistente Ecclesiastico D. Raffaele Starace, il Presidente sig. Alfredo Casale, il Segretario sig. Fiorenzo Virgili, il Cassiere ed altri soci, si recava ad ossequiare a Pescina il Vescovo Diocesano Mons. Pio Bagnoli, che fu largo a tutti di gentili accoglienze e paterni incoraggiamenti.

All'Estero.

BETLEMME (Palestina). - Il Direttore dell'Orfanotrofio Cattolico di Gesù Bambino, sul finire dell'anno testè decorso, inviava ai benefattori particolari dell'Istituto quest'importante ragguaglio

« Godo di potervi dire (e lo faccio col cuore ripieno di gratitudine verso il Signore che è Dator di ogni bene), che il morente anno fu per noi ricco di fatti consolanti e di celesti benedizioni.

Anzitutto la condotta morale dei nostri orfanelli, la loro pietà e corrispondenza alle premurose cure dei loro superiori fu degna di grande lode. Fu questo un tributo di gratitudine che i nostri fanciulli hanno dato a Dio, che nell'infinita sua bontà e misericordia protesse il piccolo seme gettato nel terreno dal compianto Canonico Don Belloni nel 1863, lo fece crescere e diventare nel corso di mezzo secolo il grande albero, alla cui ombra con gran numero d'altri compagni trovarono rifugio e protezione sicura.

» Fatto pur consolante per noi e per quanti amano la propagazione della nostra fede fu il ritorno al grembo della Chiesa cattolica di cinque nostri giovanetti scismatici. Di questi, due sono di nazione armena e fratelli, a cui furono barbaramente trucidati i genitori in una delle stragi che per opera dei turchi si succedono con raccapricciante efferatezza e frequenza nell'Asia Minore. Così Iddio benedetto, che nell'ammirabile sua provvidenza sa trarre il bene dal male, ha dato ai due orfanelli un ricetto sicuro e li ha posti sulla via dell'eterna salvezza.

» Altra ragione di conforto e d'incoraggiamento a proseguire il nostro cammino furono le feste cinquantenarie della fondazione dell'Istituto, che si svolsero solennemente nello scorso agosto...

» Una statistica poi ci fece conoscere che, dal 1863 al 1913 oltre mille orfanelli nel solo Orfanotrofio di Betlemme ebbero ricetto, educazione religiosa e morale ed avviamento ad un'arte o mestiere; che 2500 all'incirca furono gli allievi dello annesse scuole esterne, e che finalmente oltrepassò i tre milioni di lire il denaro affidato alle mani di D. Belloni...

» Non è poi a dire come ci riempissero di consolazione e di allegrezza la benedizione del Santo Padre a tutti i superiori, benefattori ed allievi dell'opera nostra; la presenza alle nostre feste delle Autorità ecclesiastiche e civili e l'adesione entusiastica di un gran numero di antichi alunni, che malgrado il vivissimo loro desiderio non poterono recarsi a Betlemme per la fausta riccorrenza...

Era naturale perciò che la parola autorevole ed il desiderio sincero di tante persone benevoli non cadessero a vuoto e che noi volgessimo tosto il pensiero a perpetuare il ricordo del fausto avvenimento con qualche opera stabile e riputata necessaria all'Istituto nostro.

» Vinta adunque ogni esitanza e fidati nella bontà di Dio e nella benevolenza e zelo dei nostri benefattori, senza considerare più che tanto le strettezze in cui versiamo, abbiamo dato mano ad innalzare non solo la tettoia di cui vi facevo cenno nella mia lettera di dicembre dello scorso anno, ma anche un nuovo laboratorio per i nostri piccoli fabbri e fornirlo delle macchine necessarie...

» Ci è d'uopo quindi far pressante appello alla generosità dei nostri benefattori, perchè ci venga in aiuto e noi lo facciano con tanto maggior fiducia in quanto che le nuove opere ci lascieranno spazio libero per l'accettazione di venticinque o trenta poveri giovanetti in più dell'ordinario...»

SZENTKERESZT (Ungheria). - I « Figli di Maria » ungheresi il 3 novembre u. s. abbandonavano il Collegio di Cavaglià nel Biellese, dove per 12 anni ebbero ospitale soggiorno e si trasferivano nel nuovo Istituto apertosi recentemente a Szentkereszt presso Strigonia (Gran), prima fondazione salesiana nella loro patria.

La casa che li ha accolti è un antico convento dell'Ordine eremitano ungherese di S. Paolo. Essa giace in luogo ameno, salubre e solitario, lontano parecchi chilometri dai grandi centri, all'entrata di un'estesa foresta che va a terminare sulle vicine giogaie dei Carpazi. Alla casa è unito un antico santuario di S. Croce, mèta di pii e frequenti pellegrinaggi, e i nostri confratelli insieme coll'ufficiatura del medesimo hanno anche la cura spirituale del vicino paesello di Mogyoròs.

L'8 dicembre, solennità dell'Immacolata, fu la prima festa che si celebrò nel nuovo asilo tra i più lieti auspici. Ad essa parteciparono numerosi pellegrini dei dintorni, chiudendosi con gran pompa il Giubileo Costantiniano in quel Santuario, dedicato appunto al gran Segno vittorioso.

BARCELLONA (Spagna). - Nobilissima gara di amore. - I buoni Cooperatori sanno che il nostro venerato Padre Don Bosco lasciò ai Salesiani della Spagna l'incarico d'innalzare un tempio al S. Cuore di Gesù sulla cima del Tibidabo, presso Barcellona. Orbene, per concorrere all'erezione di questo Monumento, dichiarato nazionale dal Congresso Eucaristico di Madrid, è sorta un'idea felicissima: l'idea del sacrificio ! «E un monumento di riparazione e d'anfore a Colui che si è sacrificato per noi, dunque facciamo dei sacrifizi per Lui. Ci sono mille superfluità da cui possiamo astenerci; abbondano i piaceri anche leciti di cui possiam privarci; priviamocene in onore del Sacro Cuore di Gesù, ed offriamo il risparmio al suo Tempio ! ». Ecco l'idea commovente.

Per questo quei Confratelli, cui è affidata l'erezione del nuovo tempio, hanno formalmente dichiarato che non vorrebbero che le limosine pel medesimo menomassero quelle delle altre opere, o diocesane o parrocchiali; ma desiderano ardentemente che si offrano a Gesù i risparmi-di sacrifizi.

La gentile idea attecchì, e all'opera arrivano offerte graziosissime. Questa è di un signore che si astiene dal fumare per vari giorni, o tutti i venerdì dell'anno, e manda il risparmio per il tempio...

Quella è di una signora che rinunzia al suo cappello alla moda, contentandosi d'uno più modesto o di quello dell'anno scorso, e manda il risparmio al tempio... Altre son di umili serve che rinunziano pel Divin Cuore ad uno spillo, ad un fiore... E sono i ragazzi, i giovani, che vincono la palma in questa nobile gara d'amore: molti sacrificano i turrón de Navidad, ossia il panettone e i dolci di Natale, altri la frutta nei giorni di venerdì; altri l'entrata al cinema, ecc., ecc.

La Rivista El Venerable Bosco y el Tibidabo ha in tutti i numeri una rubrica con questo titolo: La Cronaca d'amore, ove narra siffatti spontanei sacrifizi. Benedica Iddio un'Opera così cara.

CORELLA (Spagna). - Un Oratorio festivo. - Per lo zelo di un buon Cooperatore, il rev. D. Bernardo Catalan, e la generosità della pia Cooperatrice signora Ramona Goñi, si è aperto in quella popolazione della provincia di Navarra un Oratorio festivo di carattere interparrocchiale, in una bella proprietà della sullodata signora. L'inaugurazione rivestì giustamente le porporzioni di un grande avvenimento e 400 fanciulli presero subito a frequentare la provvidenziale istituzione.

E il secondo Oratorio festivo, che viene aperto da Cooperatori in detta provincia, e noi additiamo, il nobile esempio perchè abbia larga imitazione.

NECROLOGIO

Per l'Em.mo Cardinal Rampolla

Nel Santuario di Maria SS. Ausiliatrice in Valdocco il 22 gennaio si celebrò l'annunziato funerale di trigesima in suffragio dell'Em.mo Card. M. Rampolla del Tindaro, che per undici anni fu amorevolissimo Protettore della nostra Pia Società e dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice. Celebrò il rev.mo nostro Superiore (Generale D. Albera e la Schola Cantorum del Santuario esegui una delicatissima e squisita messa del Mitterer. Il tempio era affollato di Cooperatori e Cooperatrici. Attorno il tumulo, sul quale posavano le insegne pontificali, ardevano numerosi ceri ed erano schierati i nostri Superiori con molti ragguardevoli Ecclesiastici e laici, le rappresentanze di religiosi istituti, e i nostri alunni.

Un altro solenne funerale si celebrò nella chiesa dell'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in Nizza Monferrato.

La riconoscenza della Pia Società Salesiana pel compianto Card. Rampolla non avrà mai un'adeguata manifestazione, e durerà eterna ! Vogliano ricordarlo a lungo, nelle quotidiane preghiere, anche i buoni Cooperatori.

S. E. Mons. Giovanni Laguarda.

S. E. Mons. Giovanni Laguarda, già Vescovo di Jaén, poi di Barcellona, colpito da fiero malore mentre era in visita pastorale e stava amministrando la Cresima, moriva il 3 dicembre u. s. a soli 47 anni. L'opera sua nell'ultima diocesi lascia un'orma indelebile: chè il compianto Prelato era in vero all'altezza dei bisogni di quella diocesi. Profondo negli studi sociali, accoppiava alla coltura dell'intelletto un'attività fenomenale, e fu pianto da tutti.

Per l'Opera nostra nutriva un affetto sincero. Prediligeva l'Opera del Tempio Espiatorio Nazionale del Tibidabo e ne inaugurò la cripta pronunciando in essa il primo discorso.

Quando benedisse il nostro Istituto di Barcellona, ristorato in gran parte per le sue elemosine dopo la devastazione della famosa settimana, raccomandando a tutti l'educazione cristiana dei figli del popolo egli forse pronunciò il più tenero dei suoi discorsi. « Benedetta Opera del Ven. Don Bosco - esclamava - quanto ti ammiro! Mani ingrate ti hanno qui distrutto; ma se ti gettassero cento volte a terra, noi ti rialzeremo cento volte: e se per ciò fosse mestieri vendere la mia croce e il mio anello pastorale, non esiterei un istante! »

Bastano queste parole a dire quanto dev'essere grande la nostra riconoscenza pel compianto Vescovo di Barcellona, al quale preghiamo da Dio il premio delle anime più zelanti per la dilatazione del suo regno sulla terra.

Prof. Francesco Acri.

Il 21 novembre spirava santamente in Bologna il Prof. Francesco Acri, munito di tutti i conforti religiosi. Insigne cultore delle scienze filosofiche, a 34 anni fu eletto alla Cattedra di professore ordinario di Filosofia in quella Regia Università, e la occupò fino alla morte. L'illustre uomo era convinto cattolico e nostro affezionato Cooperatore. Il Marchese Filippo Crispolti scrisse egregiamente di lui: « Non dite che egli si è addormentato al fine del suo lungo lavoro; dite che egli si è desto nel beato possedimento di quello cui vivendo agognò ; dite ha creduto ora vede! » Noi teniamo per certo che il pio Professore abbia raggiunto il premio dei santi; tuttavia imploriamo un suffragio per l'anima sua elettissima.

Don Giovanni Corona.

Beneficiato e Tesoriere dell'insigne Propositura di Fosdinovo, camerlengo della chiesa della SS. Annunziata, già assessore comunale e membro di pubbliche amministrazioni, volò placidamente in seno a Dio, seguito da largo rimpianto. Pochi sacerdoti erano come lui conosciuti; la sua casa signorilmente ospitale s'apriva a quanti, amici o conoscenti, s'incontravano nella sua persona cortese. Pochi sono a Fosdinovo che non conobbero il cuore di Don Giovanni Corona! Ricchi e poveri, autorità civili e religiose, tutti ne seguirono con trepidazione la lunghissima malattia e gli diedero un imponente attestato di affetto dopo morte. All'esimio Cooperatore, che nutriva molta benevolenza per le Opere Salesiane, l'omaggio di ferventi suffragi.

Anna Rosso ved. Borghino.

spirata nella veneranda età di 84 anni a Vigore, dopo averne passati otto in lunga infermità, senza mai un lamento, senza mai una parola che accennasse alla minima mancanza di rassegnazione e di perfetta conformità alla volontà di Dio. Donna di fine criterio e di fede ancor maggiore, era da molti consultata nelle penose e difficili contingenze della vita, e chiamata con affettuosa riconoscenza « la madre del buon consiglio ». Piena di venerazione per Don Bosco, D. Rua, D. Albera, Mons. Cagliero e tutti i nostri primi Missionari, fu lieta di dare alle Missioni Salesiane l'unico figlio, che la raccomanda alle preghiere dei Cooperatori.

Elena Bonalda.

Spegnevasi placidamente in Iseo, la mattina del 31 giugno u. S., in età di 82 anni, tutti spesi in opere di pietà e di beneficenza. Alla virtuosa Cooperatrice, che fece pertanto tempo da buona mamma ai Salesiani d'Iseo, doni Iddio, giusto e misericordioso, la gloria dei santi!

Altri defunti dal 1° dicembre al 1° gennaio.

Appeni Anna - Somma Lombarda

Accordi Giov. B. - Legnago.

Allora D. Francesco, Prevosto - Aramengo. Bartolomeazzi D. Giovanni - Vestena. Barbero Luigia - Nice (Francia). Boetti Carlo - Casale. Boccardo Teol. Giovanni - Pancalieri.

Cuttica di Cassine Ing. March. Giuseppe - Torino. Casalegno Natalina - Torino. Cosso D. G. Batt., Arciprete -- Masone. Caccia Gaudenzio - Romentino. Cuignino Bartolomeo - Tollegno. Caselli Veronica - Pino Torinese. Calasso Battista - Torino. Ceva Va Ferroglio Olimpia - Torino. De Giudici Arsenna - Treviso. Drago Mario - Lequio Berria. Del Re Luppi Anna - Brescello. Daniele Pietro - Torino.

Frauzolini Onofrio - Porto Mantovano. Ferrario Giovannina - Como. Gaggio D. Ernesto - Venezia.

Granoglio D. Giorgio, Pievano - Nichelino.. Gorini Giovanni - Mortara. Giacometti Giuseppe - Torino. Lavagna Giovanni - Portosecco. Monti Can. D. Giovanni - Rongio. Macciò Delfina - Varazze. Moretti Teol. Can. Giuseppe - Ivrea. Pozzan Maria - Mouticello. Pasquazzo Giuseppe - Venezia. Peyron Cav. Avv. Amedeo - Torino. Quarta Can. D. Costantino - Leverano. Quaglia Fontana Caterina - Torino. Rossari Unghioni Angelina - Ghemme. Rossi Cav. Giuseppe - Monza.

Rovasenda di Rovasenda Cav. Giuseppe - Torino. Solieri Giovanni - Lugo.

Tirabosco D. Giuseppe - Bagnolo di Sopra. Vigliardi Paravia Roda Giulia - Torino.

Zorzi Giacomo - S. Ambrogio di Valpolicella.