BS 1910s|1917|Bollettino Salesiano Settembre 1917

BOLLETTINO SALESIANO

PERIODICO MENSILE DEI COOPERATORI DI DON BOSCO

ANNO XLI - N. 6   I SETTEMBRE 1917

6° SUPPLEMENTO PER I SACERDOTI

SOMMARIO

Al riaprirsi delle scuole - Promemoria.

,,Da mihi animas, caetera tolle!" - Lettera aperta ai Cooperatori Salesiani, Sacerdoti.

Lo spirito sacerdotale di Don Bosco, secondo Don Rua La fede di Don Bosco.

Ricordi e ammaestramenti paterni.

Sul metodo e sul testo per l'insegnamento del Catechismo.

Regolamento circa la Sacra Predicazione.

Lettere inedite di Don Bosco - III: Come scrivesse agli alunni : 1) Cuor di padre e zelo di apostolo; 2) Sanità, moralità e studio; 3) La scelta dello stato; 4) Agli ascritti alla Pia Società Salesiana.

,,Pietà e attaccamento a Don Bosco": due molle potenti di azione sacerdotale (Ricordando il sac. prof. Don Francesco Cerruti).

,,Acta Apostolicae Sedis": riassunto di tutti gli atti pubblicati dal 1° maggio al 31 agosto.

Formiamo buoni maestri.

Azione Salesiana: Quattro nuovi Oratori nell'Italia meridionale - Tracce di fervorini pel giorno 24 di ogni mese.

AL RIAPRIRSI DELLE SCUOLE - PRO=MEMORIA

Insegnamento religioso nelle Scuole Elementari.

Non trascuriamo nulla per aver nelle scuole quel po' d'insegnamento religioso che. si può avere; e benchè le formalità da compiersi siano noiose, benchè i risultati possano essere esigui, non ci stanchiamo.

Raccomandiamo ai padri di famiglia - in pubblico e in privato - che nell'ascrivere i figli alle Scuole Elementari esigano che sia loro impartito l'insegnamento religioso, e ne facciano domanda per iscritto. E un diritto che dà loro la legge: è un dovere di coscienza: ci pensino dunque, e a tempo.

( Ved. ciò che abbiamo pubblicato in proposito l'anno scorso nel III° Supplemento « per i Sacerdoti » a pag. 73 e 74).

Libri di testo per le Scuole.

Il dare in mano agli alunni « buoni Libri di testo », buoni sotto ogni lato, tanto dal lato scolastico, come dal lato educativo, è un'opera santa, che amor di Religione e amor di Patria ci spronano a promuovere più efficacemente che sia possibile.

Non manchiamo quindi di raccomandare, specialmente ai sigg. Maestri e alle sigg. Maestre delle Scuole Elementari, l'adozione dei testi scolastici editi dalla Libreria Editrice Internazionale di Torino, (cioè dalla Libreria, detta comunemente della Buona Stampa).

Detta Libreria è pronta a inviar gratuitamente una copia dei suoi testi a quegli Insegnanti, che direttamente ne facciano richiesta (Corso Regina Margherita Torino) a scopo di adozione.

Vocazioni allo Stato Ecclesiastico e alle Missioni Estere.

Poichè si fa sentire sempre più la penuria di vocazioni allo stato ecclesìastico, scongiuriamo nel Signore tutti i nostri Confratelli nel Sacerdozio ad adoperarsi a cercarne delle nuove, incoraggiarle e aiutarle efficacemente. Abbiano la bontà d'indirizzare cotesti bravi giovanetti alle nostre Case - specialmente al Direttore dell'Oratorio Salesiano, Via Cottolengo 32, Torino - e se si tratta di giovani dai 15 anni in su li raccomandino al Direttore dell'Istituto S. Pio V in Penango Monferrato Alessandria) che useranno loro tutte le facilitazioni possibili.

Formiamo buoni Maestri.

Preparare maestri veramente e sodamente cristiani è il miglior mezzo per salvare le nuove generazioni. Zeliamo perciò la conoscenza dei due ottimi Convitti di Torino e Frascati, di cui è parola a pag. 186 dì questo numero.

,,DA MIHI ANIMAS, CAETERA TOLLE"

Lettera aperta ai Cooperatori Salesiani Sacerdoti (1).

15 agosto 1917.

Venerati Confratelli,

Torno dai SS. Esercizi. Ho letto privatamente la vita del Ven. Don Bosco, e udito la lettura di quella del Beato Curato d'Ars. Ho voluto rivivere nella memoria la cara giovinezza trascorsa nell'Oratorio Salesiano di Torino con le prime voci e il proposito di avviarmi al Sacerdozio, poi gli anni di seminario con la preparazione prossima, resa più intensa dalla parola viva, frequente, del nostro Vescovo, che noi, seminaristi, teneva più cari che la pupilla degli occhi suoi; in fine ho riandato con ponderatezza i vari anni della mia vita pastorale: - ed ora, tornando in parrocchia, pur riconoscendo in me infinite debolezze, sento il bisogno di ringraziare Iddio, che m'abbia dato la vocazione al sacerdozio!

Si, benedico Iddio, anche perchè la mia natura ardente si va snaturando alla riflessione. Ha visto omai fortunatamente dileguarsi a una a una, come nebbie al sole, assolte lusinghe di trovare un po' di felicità su questa terra, dove l'onda irruente del tempo tutto travolge, e una cosa sola le resiste e in me si fa, di anno in anno, più forte e luminosa: il pensiero di Dio e dell'eternità.

Alla luce di questo pensiero, mai, come nei giorni scorsi, era giunto a meditare, nella preziosità sua, nei suoi doveri, nei suoi pericoli, la realtà della vita, e, nel suo fascino divino, la misericordia del Signore nell'inviare agli uomini il suo Unigenito per redimerli, illuminarli, fortificarli e santificarli; mai, come di fronte a questo sfacelo sociale, mi è sembrata supremamente affascinante ed ammonitrice la gloriosa schiera di Santi che in ogni tempo, dall'età apostolica ai nostri giorni, fiorirono nella santa chiesa cattolica, per provvedere ai suoi molteplici bisogni e curarne le ferite, e insieme rammentare e dimostrare a tutti di che sia capace la natura umana redenta, pur in mezzo ai differenti ambienti sociali e nella varietà più grande di età, di condizione, di spirito e di carattere, qualora si proponga d'imitare eroicamente Gesù Cristo.

Pensavo: - Qui raccolti in Santi Esercizi siamo un bel numero di sacerdoti!... Il Signore intimò e ripete a ogni istante anche a noi: - Non vos me elegistis, sed ego elegi vos, et posui vos ut eatis, et fructum afferatis, et fructus vester maneat... Come il PADRE ha mandato ME, così

Io mando voi ! - Gli Apostoli hanno avviato il inondo alla sequela di Gesù Cristo; e noi che cosa abbiam fatto fin qui nel nostro campo?

Non mancano motivi di consolazione, è vero, e ne sia ringraziato il Signore! ma come alte e folte son dappertutto le spine! Tanta zizzania non verrà soprasseminata durante la nostra accidia: Dum dormirent homines?

E studiai la vita semplicemente eroica del Beato Viannev, umile curato di Francia; e meditai come Don Bosco cominciò l'Opera Salesiana con un semplice catechismo a un giovane, a un povero giovane abbandonato, cui tosto se ne aggiunsero altri che non abbandonarono più il Venerabile, sia popolarono il suo primo Oratorio e cento altri Istituti, da cui uscirono ed escono i suoi preti, i nostri cari Salesiani, continuatori dell'opera sua.

Qual il segreto della riuscita? Per me lo vidi scultoriamente impresso nel motto che Don Bosco fece suo, ma sintetizza l'ideale e la vita di tutti i grandi Servi di Dio: Da minai animas. caetera tolle! Un sacerdote che cerca le anime e non si preoccupa del rimanente, a qualunque apostolato si dedichi, è sempre benedetto dal Signore.

Quindi, di fronte all'insuccesso o al poco frutto nostro, forse è il più delle volte ingiusta ogni recriminazione alla tristezza dei tempi, alle difficoltà nuove, ai bisogni nuovi; forse bene spesso è inutile la ricerca smaniosa di mezzi nuovi per far del bene, è esagerata ed errata l'idea dell'insufficienza nostra quando ci addita indispensabile l'opera altrui, prima che abbiam posto in opera, come dovremmo, quei mezzi infallibili che possiamo e dobbiamo tutti adoperare.

Da noi si guarda talora con invidia al collega vicino, che nella sua parrocchia ha le suore per l'asilo infantile: a un altro che ha la fortuna d'aver un coadiutore, nato per stare colla gioventù, che gli ha popolato di ragazzi un Oratorio: ad un terzo, che, giovandosi dell'aiuto di qualche parrocchiano di buona volontà, ha fatto sorgere un attivo Comitato Parrocchiale ed una Cassa Rurale, fiorentissima, che gli assicura grandi vantaggi anche spirituali:.... ma si pensa anche, e prima di tutto, che ex nihilo nihil fit?... che se non si comincia a fare quel

bene che si può, non si può riuscire a promuovere un bene maggiore?

Che cosa di meglio, che veder moltiplicarsi le vocazioni al sacerdozio e agli istituti religiosi, in modo che nessuna parrocchia abbia a difettare di sacerdoti, ed ogni paese possa avere il suo Asilo d'infanzia affidato a suore, e sopratutto il sospirato Oratorio per l'educazione della gioventù maschile; ma poniamoci una mano sul petto e domandiamoci innanzi a Dio: - Si fa da tutti ciò che si potrebbe e dovrebbe per promuovere la pietà in mezzo al gregge a noi affidato? Solo a questo patto potremo veder sbocciare ovunque copiosi fiori di nuove vocazioni (1).

Per buona sorte, durante gli scorsi esercizi, ebbi ad intimo compagno nelle ore di esame un libretto di Mons. Gaduel, tradotto dal Sac. Dott. Alessandro Bianchi, dell'Ambrosiana di Milano. L'aveva veduto annunziato nel III Supplemento al Bollettino Salesiano per i Sacerdoti, col titolo: Gli anniversarii del Seminarista e del Prete: l'acquistai e come mi piacque. Sia benedetta la penna che lo scrisse! Scorrete le cento e più paginette dell'appendice, contenente l'Esame di coscienza per sacerdoti esercitandi, e converrete senz'altro che prima di lamentarci della tristezza dei tempi, sarebbe meglio, che in primo luogo riconoscessimo tutti un po' più di colpa in noi, in secondo luogo che ci spronassimo a far meglio il nostro dovere.

Non toccherò, nè punto nè poco, ciò che riguarda gli esercizi di pietà, il profitto nella virtù e la cura della propria santificazione; ma permettetemi, venerati confratelli, di rilevare alcune delle forti domande che -- nell'accennata operetta - s'incalzano nei vari punti in cui è diviso l'esame intorno agli altri doveri ecclesiastici, specialmente circa l'esercizio del sacro ministero.

I) Un sacerdote, cooperatore salesiano, ha in certo modo un impegno di calcar le orme di Don Bosco, il quale voleva che le cure migliori di ogni ministro del Signore fossero rivolte ai fanciulli. Ebbene:

a) Ho io ben compreso che, per rigenerare una parrocchia, il mezzo principale si è la cura e l'istruzione dei ragazzi?

Procuro che i ragazzi comincino a confessarsi per tempo? Un sapiente prelato dava, in un ritiro pastorale, la decisione seguente: « Un parroco che non confessa, o non fa confessare i ragazzi, pecca mortalmente, e non è degno di assoluzione, se non se ne corregge »

b) Sono le mie spiegazioni del Catechismo sempre ben preparate e svolte? Cerco io di renderle interessanti, col mettervi un po' di vita e di varietà, col canto di alcuni inni, con racconti?

c) Trascuro io di troppo, in tali spiegazioni, le prove della religione, che possono essere messe alla portata dei ragazzi? Questo è necessario ai giorni nostri, causa le obiezioni della incredulità; ma occorre prudenza: I° Per nomi aver l'aria di mettere in questione la religione: 2° per non recare scandalo ai ragazzi con certe obiezioni troppo difficili, le risposte alle quali non sarebbero da essi comprese.

d) Dopo la prima Comunione, mi sforzo io di far perseverare i miei ragazzi coll'impegnarli a confessarsi spesso e a comunicarsi almeno nelle feste principali?

e) Istruisco io i padri e le madri di famiglia sui doveri che ad essi impone il loro stato, per l'educazione, la vigilanza, la correzione dei figli? Richiamo loro di sovente questi doveri al santo tribunale?

f) Per far amare la Chiesa ai ragazzi e renderli più assidui ad essa, ho cura di metterli in luogo opportuno, il più vicino possibile all'altare, e in modo che possano veder bene le cerimonie, e ben udirne la predicazione?

II) Il Ven. Don Bosco voleva che tutti i sacerdoti, specialmente i parroci, oltre che ai fanciulli volgessero le loro sollecitudini ai poveri, ai vecchi, ai malati. A questo riguardo :

a) Ho io viscere di misericordia per tutti quelli che soffrono, per i poveri, i malati, gli afflitti? Faccio io quanto da me dipende per assisterli e farli assistere nei bisogni? Mi impongo dei sacrifici in loro favore? Li visito di sovente, per portarli a Dio, sapendo che Dio è più vicino al cuore nel tempo dell'afflizione?

b) Se io non sono caritatevole verso i poveri quanto dovrei esserlo, non sarebbe perchè l'avarizia, questa pericolosa passione dell'età matura e della vecchiezza, comincia ad insinuarsi nel mio cuore?

c) Alla cura dei poveri, quanto alle cose temporali, aggiungo io un vero zelo per la salute delle anime.... per istruirli... per facilitar loro l'avvicinarsi al confessionale, dove non osano presentarsi coi loro cenci? Sono esse pure anime redente col sangue di Gesù Cristo, e io ne ho da rispondere come delle altre.

d) Qual zelo, ho di solito, per gli ammalati, sopratutto per quelli che possono essere in pericolo di morte? Raccomando di frequente, dal pulpito, di chiamare il prete, sul principio della malattia? Uso di tutti i mezzi che posso per esserne avvertito per tempo dai parenti... dagli amici... dai vicini... dalle pie persone... dai ragazzi delle scuole, ecc.? Sono io pronto di notte, come di giorno, ad accorrere appena sono domandato?

III) Additato il campo nel quale dobbiamo particolarmente svolgere lo zelo e la carità sacerdotale, mi sia lecito, venerati confratelli. toccar di volo, qualche altro punto importante.

a) Prego di frequente per i miei parrocchiani e principalmente per i peccatori? Lavoro io con tutte le mie forze a convertirli e ricondurli a Dio?

b) Sono convinto che l'amministrazione dei Sacramenti è la parte più importante e la più santa funzione del mio ministero?... Sono convinto che il gran segreto per moltiplicare le confessioni sta nel renderle facili colla assiduità a recarmi in chiesa nelle ore di maggior comodità per i penitenti?

c) Tengo con esattezza il libro dello stato d'anime, tanto raccomandato da S. Carlo e dai Concilii? Lo consulto spesso? Ho io, inoltre, un'agenda pastorale dove notare, per non perderli di vista, certi bisogni speciali, ad esempio d'infermi o vecchi, sui quali bisogna vigilare, perchè non siano sorpresi, impreparati, dalla morte; di quelli che sono esposti a qualche speciale pericolo, ecc.? ... Io devo notare in questa agenda anche tutti i progetti e i buoni pensieri per il bene della parrocchia. Senza tali industrie in aiuto della memoria si dimentica tutto.

d) Se la parrocchia è di estensione assai considerevole, prendo io i mezzi necessarii per ben conoscerne tutti i bisogni, quale ad esempio il dividerla in quartieri tra i coadiutori?

e) Sono molte le persone pie nella mia parrocchia? Se ve ne ha poche, sarebbe per mia colpa? Tali persone sono la parte scelta del gregge, e possono, sotto la direzione di un prete zelante, divenire il principio e lo strumento dei più grandi belli, l'edificazione della parrocchia, il cuore e il sostegno di molte opere buone.

f) Mi applico a favorire e coltivare le vocazioni scelte, le vocazioni religiose, e sopratutto le vocazioni ecclesiastiche delle quali la Chiesa ha tanto bisogno oggi? Preparo dei ragazzetti per i seminari? Spendo per loro tutte le cure che si esigono dalla più importante delle vocazioni?

IV) In ultimo qual diligenza mettiamo nel compiere questi sacri doveri

a) Non mi sarei io di sovente abbandonato, circa le cose del ministero, a questa illusione: di rimproverarmi solo le omissioni che consistono nel farle male? Io avrei gran rimorso se tralasciassi di spiegare la dottrina; se non predicassi; se non confessassi i ragazzi; se lasciassi morire dei malati senza sacramenti, ecc. Ho il rimorso medesimo, quando io faccio, supposto che questo mi accada, le mie spiegazioni della dottrina senza prepararmi, e, per conseguenza, senza solidità, senza chiarezza, senza interesse; quando io predico vagamente, senza istruire, nè nutrire le anime; quando confesso i ragazzi alla leggera e quasi per sbrigarmene ; quando amministro i sacramenti agli ammalati senza occuparmi, con tutto lo zelo che occorre. a formare in essi le disposizioni necessarie per l'effetto dei Sacramenti e per assicurare la buona morte?

b) Penso io e lui sovvengo che avendo, per il mio santo stato, carica di anime, io non potrei salvare me stesso, senza lavorare costantemente a salvare le anime che sono a me affidate?

Ed eccoci allo stesso apostolico programma :

a) Le anime prima di ogni altra cosa! le anime e null'altro!

Se mi fosse permesso aggiungere una parola ai venerati confratelli, cooperatori salesiani, e specialmente agli ex-allievi delle case salesiane, vorrei dire:

« Fratelli, facciamo nostro il programma del Ven. Don Bosco: Da mihi animas, caetera tolle! Ogni giorno, anzi ogni volta che recitiamo l'Angelus, cioè ogni volta che ricordiamo il mistero della Divina Incarnazione, riflettiamo per un istante: --- Che ho fatto quest'oggi e che debbo ancor fare per la salvezza delle anime?! -

Ma quest'esame facciamolo poi col maggior impegno, consacrando ad esso il tempo necessario, ogni volta che ci accostiamo al S. Tribunale della Penitenza, e, in modo specialissimo, raccolti innanzi al Santo Tabernacolo, il giorno del Ritiro Mensile ».

Questa è l'unica risoluzione presa da me nei Santi Esercizi. Pregato fraternamente anche da Voi, lui aiuti a mantenerla il Divin Salvatore.

Con umile ossequio,

Dei Venerati Confratelli nel Sacerdozio,

Infimo Servo, in G. C. Un Sacerdote di Lombardia.

Farsi prete vuol dire rinunziare ai piaceri terreni, rinunziare alle ricchezze, agli onori del mondo, non aver di mira cariche luminose, esser pronto a sostenere qualunque disprezzo da parte dei maligni e disposto a tutto fare, a tutto soffrire per promuovere la gloria di Dio, guadagnargli anime, e per prima salvare la propria.

Ven. Giovanni Bosco.

(1) Abbiamo ricevuto la presente e - volentieri - le diamo il posto d'onore in questo numero. Essa ha fatto del bene a noi, e siamo certi che tornerà gradita anche ai lettori.

(1) È detto: « Asilo d'infanzia affidato a Suore » e Oratorio per la gioventù maschile ». Basta? Alla gioventù Femminile chi provvederà?- Le Suore dell'Asilo. Sappiamo che un zelantissimo Arcivescovo benedice il Signore ogni volta che vede sorgere un nuovo Asilo d'infanzia nella sua diocesi, non tanto perchè ovvierà in parte - credetelo, solamente in parte - alla triste necessità della vita moderna che spinge la madre a preferire altre occupazioni all'educazione della prole negli anni stessi dell'infanzia; ma perchè le Suore, chiamate all'Asilo, devono compiere, anche senza diretto mandato, altr'opera più importante. La madre cristiana è e sarà sempre la migliore educatrice dei suoi figli; e le Suore di un Asilo, che si limitassero a vegliare sui bambini, farebbero troppo poco. Nel concetto del lodato Arcivescovo, esse, tutti giorni, o almeno nei giorni festivi, devono - -con apposito programma - farsi le educatrici zelanti della gioventù femminile del paese o della parrocchia, quando non vi siano altre opere ad hoc.

LO SPIRITO SACERDOTALE DI DON BOSCO secondo Don Rua.

III. (1) La fede di Don Bosco.

Il Servo di Dio Giovanni Bosco fin da fanciullo mostrò una fede vivissima. La sua diligenza nell'imparare le orazioni e nel recitarle, il gusto che provava nel cantare e far cantare dai suoi compagni le sacre lodi, la premura con cui si recava, malgrado la grande distanza, alle sacre funzioni parrocchiali, sono prove irrefragrabili della sua fede. Fatto più grandicello, come mi riferirono alcuni dei suoi compagni uditi da me e da parecchi miei colleghi, egli faceva come da piccolo missionario in mezzo ai fanciulli, col radunarli nei giorni festivi e trattenerli nelle ore libere dalle funzioni della parrocchia o della borgata in divoti esercizi, allettandoli eziandio con onesti divertimenti, mentre per altra parte cresceva ed alimentava la sua fede non solo coll'ascoltare i catechismi e le prediche, ma ancora con divote letture, cui si applicava anche in mezzo alle occupazioni della campagna.

Quando poi gli fu dato di attendere definitivamente agli studi nella città di Chieri, era assiduo alle sacre funzioni e ai SS. Sacramenti, attirandovi buon numero dei suoi compagni, cui pure edificava col suo contegno, coi suoi racconti ispirati ad una fede la più viva, alle verità di nostra santa religione, come riferirono il Can. Caselli, il Dott. Gribaudo, e il Comm. Strambio e parecchi altri suoi compagni.

Fatto chierico, in Seminario era come il centro e l'anima di una compagnia di chierici, che si distinguevano per la loro pietà e diligenza negli studi e nell'adempimento degli altri loro doveri.

Nelle vacanze la viva sua fede lo portava ad occuparsi con gran gusto a catechizzare i giovanetti della borgata e ad animarli ad accostarsi ai SS. Sacramenti, preparandoveli con la necessaria istruzione.

Arrivato al Sacerdozio, innumerevoli diventano le prove della sua fede vivissima; egli a catechizzare nell'Oratorio, nelle scuole pubbliche e private, nelle prigioni; egli a predicare in varie chiese della città di Torino e del Piemonte; egli a scrivere libri diretti a far conoscere, in modo chiaro e popolare, le verità di nostra santa Religione contro gli errori degli eretici, affrontando qualunque incomodo e fatica ed anche pericolo della vita...

Incontrandosi con qualche giovane, specie coi poveretti abbandonati, era sua prima cura l'interrogarli, come fui io più volte testimonio, se sapessero fare il segno della santa croce, e, se noi sapevano, si fermava anche nelle pubbliche vie ad insegnarlo loro. Interrogavali sulle verità essenziali di nostra santa religione, e trovandoli ignari, li istruiva con parole le più facili e più chiare, e finiva il breve suo trattenimento con far loro qualche regalo, invitandoli a intervenire all'Oratorio.

Mostrava la sua gran fede nella premura che si dava per fare imparar bene il catechismo, promovendone lo studio con premi, con gare ed altre simili industrie sante. Andava nei giorni feriali nelle officine e nelle fabbriche, dove trovavansi molti giovanetti, per invitarli a venire al catechismo, e quando ebbe alcuni chierici a sua disposizione, negli ultimi giorni di carnovale, mandava essi pure alla ricerca di tali giovani, fornendoli preventivamente di regalucci da distribuire per allettarli. Io stesso, con varii miei colleghi, ebbi da lui simile incarico.

La sua fatica per promuovere la conoscenza delle verità della fede e combattere gli errori, non si limitava alle ore del giorno, ma sapendo che molti giovanetti apprendizzi non potevano durante il giorno frequentare il catechismo, loro procurava tale comodità e vantaggio nelle ore serali, impiegando poi gran parte della notte e talvolta la notte intiera a scrivere i libri sopra indicati.

Nè bastandogli il proprio lavoro per soddisfare le esigenze ed i bisogni della societa, si adoperava per impegnare vari dotti sacerdoti a scrivere su argomenti di religione, assegnando egli stesso le materie da trattarsi, in guisa che varii sacerdoti cercavano di evitarne l'incontro, per non essere interessati in simili lavori, rincrescendo loro per altra parte dare una negativa al Servo di Dio, che li invitava con invincibile amabilità.

Quanto poi ai catechismi trovavasi talvolta con un numero sì grande di giovanetti, da non potervi bastare gli ordinari catechisti, e allora, qualche momento prima di incominciarlo, cercava chi potesse aiutarli. Così gli accadde una domenica d'incontrare in quell'istante il filosofo Rosmini, che veniva accompagnato dal Can. De Gaudenzi, che fu poi Vescovo di Vigevano, per fargli visita, ed egli li pregò rispettosamente, senza conoscerli, a voler compiere il caritatevole ufficio di catechista dei suoi birichini. Io stesso vidi i due insigni personaggi assidersi tra i ragazzi e far loro il catechismo.

Era poi pieno di rispetto per le S. Scritture; ne fece uno studio profondo, e per averne più chiara intelligenza, studiò più accuratamente la geografia dei luoghi santi. Per molti anni spiegò ai suoi allievi la Storia Sacra: e ad uso della gioventù ne scrisse un compendio, mentre ottenne che in Seminario si stabilisse un corso di geografia sacra, andando egli stesso ad insegnarla.

In seguito tale scuola venne trasportata all'Oratorio, ed io vi presi parte, sebbene ancora secolare.

Pronunciava sovente dei detti e sentenze della S. Scrittura, e ciò faceva con grande unzione; e soffriva allorchè sentiva alcuno a scherzare colle parole o sentenze dei libri sacri. Io stesso lo udii più volte a rimproverare amorevolmente chi cadeva in tal fallo, dicendogli: Nolite miscere sacra profanis.

Fin dai primi tempi di sua sacerdotale carriera, lo udii alcune volte esclamare:

- Oh se avessi dodici sacerdoti a mia disposizione, quanto bene si potrebbe fare! Vorrei mandarli a predicare le verità di nostra santa religione, non solo nelle chiese, ma persino sulle piazze.

Gettando talora gli sguardi su qualche carta del mappamondo, sospirava nel vedere come tante regioni ancora giacessero nell'ombra di morte e mostrava ardente desiderio di poter un giorno portar loro la luce del Vangelo.

La fede, che in lui era così viva, cercava con ogni mezzo di trasfondere nei suoi ex allievi.

Per inculcare la grande verità della presenza di Dio volle che in ogni camera un cartello a grossi caratteri dicesse ad ognuno: Dio ti cede. Per mantenere presenti ai suoi figli i comandamenti della legge di Dio, li fece scrivere a grandi caratteri sotto i portici della sua casa, in latino ed in volgare; così pure fece scrivere varie altre sentenze della S. Scrittura, che tuttavia si conservano religiosamente. Davasi pure grande sollecitudine per convertire infedeli, ebrei, ed eretici alla nostra santa Religione, e nel corso della sua vita ebbe la consolazione di battezzarne un numero considerevole, ricevendo l'abiura di quelli che venivano dall'eresia, come fui testimonio io stesso in tante circostanze.

Ogni anno procurava che si desse il sacramento della Cresima nelle sue case, premettendovi una diligente preparazione. Dopo averli confessati alla vigilia o nel giorno in cui si doveva amministrare tale sacramento, egli prendeva parte alla sacra funzione e passando le file dei cresimandi, diceva ancora qualche parolina all'orecchio dei più bisognosi per disporli a ricevere con maggior abbondanza le grazie dello Spirito Santo.

(Ved. Proc. Ord. Sess. 368).

... Si dava tutta la premura per ben disporre i più giovani alla prima Comunione, e gli altri a compiere il precetto pasquale, e ad accostarsi con frequenza al Sacramento della Penitenza e della Comunione. Era cosa da eccitare viva commozione il veder come i giovani, alla Pasqua ed anche nell'occasione di altre solennità, assediavano il suo confessionale, anelando di versare nel suo seno i loro peccati, e ricevere i salutari ammonimenti.

Ricordo che, frequentando io giovanetto le classi dei Fratelli delle Scuole Cristiane, allorchè si annunziava che tra i confessori venuti per loro vi era anche Don Bosco, tutti cercavano di andare da lui, e ben poco rimaneva a lavorare agli altri confessori.

Riguardo poi alla Comunione, egli la inculcava grandemente e fu sommamente contento allorchè potè riuscire ad avere tutti i giorni un certo numero di giovani, che vi si accostavano alternativamente.

Appariva pure la sua fede nella premura che si dava affinchè gl'infermi ricevessero non solo il Viatico, ma altresì l'Estrema Unzione colla benedizione Papale; e non rare volte il Signore ricompensò questa sua fede e sollecitudine coll'accordare la salute eziandio corporale agli infermi da lui assistiti, appena ricevuto l'Olio Santo.

Appariva pure la sua fede nell'uso dei Sacramenti. La benedizione delle candele da portarsi in casa, la benedizione della gola, dei rami d'olivo, ed altre usate dalla Chiesa. giammai erano da lui omesse. Anzi prescrisse che in tutti i dormitorii e sale di studio si facesse uso dell'acqua benedetta. Egli poi, pregato dai fedeli, dava la benedizione di Maria Ausiliatrice, ne distribuiva medaglie benedette, e moltissime furono le grazie, con che in presenza mia e di molte altre persone il Signore coronava la fede del suo Servo.

Ma la sua gran fede appariva specialmente verso la SS. Eucarestia. L'adornamento delle chiese, la precisione e solennità delle sacre funzioni, lo studio del Canto Gregoriano e della musica a servizio della chiesa, sono altrettante prove della sua fede ed amore verso la SS. Eucarestia. Scrisse e fece stampare varii libri intorno al SS. Sacramento ed inculcava molto ai suoi giovani l'uso di questi libri. Sovente raccomandava la visita al SS. Sacramento, ed in modo speciale la Comunione frequente, non esitando punto ad ammettere alla Comunione quotidiana i giovani, e specialmente i chierici, che vi erano bastantemente disposti.

Discorrendo un giorno col Vescovo di Liegi Mons. Doutreloux, come mi raccontò egli stesso più volte, dell'importanza e dell'efficacia della Comunione frequente per l'emendamento della vita, specialmente dei giovani, e pel loro avviamento alla perfezione, Don Bosco esclamò ad un tratto: - E là il gran segreto! - e lo disse con tale espressione di fede e di amore da commuovere il Vescovo suo interlocutore.

Era poi grande la sua divozione nel celebrare la S. Messa: Vi si preparava regolarmente e non la tralasciava mai se non nel caso d'assoluta impossibilità. Anche quando aveva da intraprendere viaggi di buon mattino, cercava modo di celebrare la Messa. Arrivato un mattino da Parigi, da me accompagnato, dopo aver passata la notte assai incomodamente sul convoglio, sebben già cadente di forze, e l'ora già assai avanzata, volle tuttavia celebrare la Messa.

Era tale la sua divozione nel celebrare la Messa che sovente eccitava a commozione i circostanti, che in folla traevano per ascoltarlo, parendo loro che dovesse riuscire di maggior vantaggio alle loro anime la Messa di lui.

Si faceva un grande studio per osservare esattamente le cerimonie prescritte nelle rubriche, e per meglio assicurarsi portava, specialmente negli ultimi anni, quasi sempre con sè il libretto delle rubriche della S. Messa, e consultavalo. La medesima cosa raccomandava ai suoi sacerdoti, specialmente nell'occasione degli esercizi spirituali.

Fin dai primi tempi che incominciò ad accogliere i giovani nel suo ospizio, dispose che ogni giorno avessero la S. Messa, e così in seguito ne introdusse l'uso in tutte le sue case, malgrado la corrente contraria di quei tempi.

Istitui nelle sue case varie confraternite o compagnie di divozione, ma in tutte uno degli articoli delle rispettive regole era l'assistenza alla S. Messa e la Comunione frequente.

In modo speciale poi stabilì in tutte le sue case le compagnie del SS. Sacramento e del Piccolo Clero, che hanno per scopo non solo la pratica individuale del SS. Sacramento e la Comunione più volte alla settimana, ma anche promuovere tale divozione tra i compagni.

Fin dai primi tempi, appena ebbe una chiesa un po' decente per le sacre funzioni, vi istituì la divozione delle Quarant'Ore. compiendola colla maggior solennità possibile.

Come derivazione della sua fede ed amore al SS. Sacramento, promosse pure grandemente la divozione al S. Cuore di Gesù, a cui eresse un gran santuario nella stessa Roma, ed era molto contento e si stimava onorato di poter compiere tale opera nella capitale del Cattolicismo.

In relazione alla fede e divozione alla SS. Eucarestia, era quella che professava verso i misteri della vita e morte del Divin Salvatore. Appena potè avere una chiesa a sua disposizione, subito cominciò a celebrare col suoi figli, colla maggior solennità, la festa del S. Natale, celebrando la Messa di mezzanotte. Per accrescere maggiormente in noi la fede o divozione verso questo mistero, ottenne la facoltà di poter fare la Comunione alla Messa di mezzanotte e quindi, anche per dar campo alle numerose Comunioni che vi si facevano, di poter celebrare a mezzanotte tutte e tre le Messe del S. Natale. Egli stesso per quella circostanza compose e musicò diverse canzoncine divote, di cui una si canta ancora, eccitando divoti affetti verso il Bambino Gesù.

Era mirabile la fede che egli manifestava in simile circostanza colla letizia che traspariva dal sito volto, colle fatiche che impiegava per ascoltare i suoi giovani penitenti, talora dalle cinque della sera fino alle undici e mezzo, alzandosi poi per andare all'altare con un fervore che eccitava in tutti la più viva divozione.

Simigliante era la sua divozione verso i misteri della Passione, Morte, Risurrezione di G. C.. Fin dai primi tempi ottenne di poter erigere nel suo Oratorio la Via Crucis ed introdusse la bella pratica di farla con tutta la Comunità, cominciando dal primo venerdi del mese di marzo sino al termine della quaresima. Nella Settimana Santa poi compiva tutte le funzioni i ordinate dalla Chiesa per tale circostanza; e i giorni liberi come il lunedì, martedì e mercoledì, li destinava alla Pasqua degli esterni, poi degli interni artigiani, quindi degli studenti. Al Giovedì Santo, oltre alle funzioni del mattino e la cerimonia della lavanda dei piedi alla sera, e dei diversi uffizi, fino a che i tempi lo permisero, conduceva i suoi giovani in processione, cantando lodi sacre, alla visita dei sepolcri.

Quando poi le circostanze più non permisero di andare alla visita suddetta, egli vi supplì collo stabilire nella chiesa dell'Oratorio altre pratiche di pietà adatte al giorno; per esempio; la visita al SS. Sacramento colla corona ai S. Cuore di Gesù, ed il canto in musica dello Stabat Mater.

La Pasqua poi, l'Ascensione, la Pentecoste, ecc., erano solennità, per lui e per le sue case, della massima importanza.

(Ved. Proc. Ord. Sessione 369).

(Continua)

(1) Ved. il Suppl. n. V. pag. 131

Ricordi e ammaestramenti paterni (1).

IX.

Una visita ad Arezzo.

Sul finire del 1886 o sul principio del 1887 (2), fu in Arezzo, ospite del rimpianto Mons. Vescovo Giuseppe Giusti, il Ven. Don Giovanili Bosco. Egli si recava a Roma per assistere alla solenne consacrazione della Chiesa del Sacro Cuore di Gesù, eretta in Roma, al Castro Pretorio, dalla Società Salesiana. Siccome era già affranto dalle fatiche del suo apostolato, e più da un'acuta spinite, cosi dovette, durante il viaggio, riposassi ogni tanto; ed Arezzo, o meglio Mons. Giusti, ebbe l'onore di ospitarlo.

Appena se ne sparse la voce, e fu sull'inbrunire, il Vice Rettore del Seminario, Can. D. Angelo Zipoli (poi Salesiano egli pure) ed il Rettore del Collegio Piano, Don Oreste Terziani, poi Vicario Generale della diocesi Aretina, si fecero un dovere di mandare una rappresentanza di maestri di ambedue gli Istituti. Vi presero parte, non ricordo, se anche i due sullodati Rettori, ma certo il Preposto Giuseppe Sacchi, prof. di quinta Ginnasiale, ed il prof. di quarta, D. Domenico l'alletti, per il Seminario; rappresentando il Collegio Piano, Don Angelo Rossi, sottoscritto. Appena introdotti alla sua presenza, in una sala dell'Episcopio, ci accorgemmo subito di essere al cospetto di un santo !

Assiso in un seggiolone, stava tutto ricurvo sopra se stesso, e pel disagio del lungo viaggio, e per la spinite che da tempo lo affliggeva: ma era tutto allegro, di quell'allegrezza che solo i santi rallegra anche in mezzo alle tiro tribolazioni. Ci pregò di sedere e si disse contento di vedere una - rappresentanza del Clero aretino, perchè voleva da tutti un favore... Stupiti ci guardammo l'un l'altro, e mentre il prof. Sacchi, deputato a parlare, voleva fare i suoi auguri... i ringraziamenti... ei l'interruppe bonariamente con un gesto della mano ed un grazie, e con un filo di voce chiamò

D. Rua!... D. Rua!... E tosto dall'attigua stanza, dove stava lavorando, o forse pregando, comparve un'altra figura di asceta, di vero uomo di Dio. Era il suo inseparabile compagno, il suo coadiutore più fido, anzi il suo Vicario fin d'allora, e poi suo Successore, rimpianto non dalla sola Società Salesiana, non solo dalla sulla Torino, che gli fu culla, come ora gli è tomba, ma del mondo intiero. A lui, dunque, che lo richiese dei suoi comandi, disse Don Bosco: - Ascrivi questi Sacerdoti fra i nostri Cooperatori. - E a noi che lo richiedevano di spiegazioni, rispose: - Chiami amo nostri Cooperatori, mettendoli a parte dei vantaggi spirituali e delle preghiere della Società, tutti quelli che, potendo, ci aiutano coll'opera, col danaro o almeno colle preghiere. Vedano adunque che tutti, almeno coll'ultimo mezzo, possono aiutare le opere nostre. - Presi i nostri nomi, D. Rua si ritirò nella sua stanza a seguitare il suo lavoro o forse la sua preghiera, e Don Bosco ci disse: - Non ne posso più, e debbo prepararmi alla morte!... Ma il Vicario di Gesù Cristo mi ha fatto scrivere che non mi firma il passaporto pel Cielo, se non vado a ritirarlo, perchè senza passaporto non voglia avventurarmi a partire!.. Potessi almeno tornare a morire nella tuia cameretta, accanto al Santuario della mia cara Madonna Ausiliatrice, in mezzo ai miei compagni di lavoro ed ai miei cari giovani!... - Nel breve silenzio che ne seguì, il Sacchi fece gli auguri di lunga vita ancora, per il bene delle sue opere meravigliose, che incominciava a elogiare... Ma anche allora l'umile Servo di Dio l'interrupppe dicendo: - Soli Deo honor et gloria! ---- Il Sacchi però non si dette per vinto e, forse con indiscrezione, accennò al cane misterioso che più volte lo aveva protetto... ed il Vegliardo ripetè: - Soli Deo honor et gloria!

Noi allora, temendo che il nostro dire gli fosse grave, e sentendo altra gente in anticamera, ci alzammo per baciare la mano o le vesti di quell'uomo tanto umile, ma tanto grande, che in noi aveva suscitato tanta ammirazione,' e lasciò :a più gradita e duratura impressione.

Quello che passasse poi fra Lui e Monsignor Giusti, di uno zelo instancabile anch'egli per la gloria di Dio e la santificazione del Clero, non si seppe mai. Forse s'intesero fra loro due, colla sola testimonianza di Dio, che non a caso avrà messo insieme questi due suoi zelantissimi servi, che forse prima si conoscevano di nome soltanto, per fini a Lui solo noti.

Pieve di Chio (Castiglione Fiorentino).

D. ANGELo Rossi.

A commento di questa memoria, spigoliamo da un manoscritto del citato Can. D. Angelo Zipoli, che morì umile e virtuoso salesiano, queste altre notizie

Il Venerabile D. Bosco aveva l'aspetto di un sofferente, ma nella fisionomia calma e serena, nel suo volto era dipinta la bontà dell'animo, in bell'accordo colla giovialità che invitava a conversare con lui. Questa figura di Don Bosco mi rimase impressa per avere qualche cosa di caratteristico che non riscontrava in altri; era proprio l'impressione che produce la presenza di un santo.

Mi ricordo che introdotti alla sua presenza, lo trovammo seduto in una poltrona, nella così detta camera Gialla, del quartiere nobile chiamato del Papa, perche aveva accolto Pio VII; gli baciammo la mano con venerazione; egli con bel garbo ci fece sedere attorno, dopo che il Proposto Sacchi gli aveva presentato ciascuno di noi. Il Venerabile con una piacevolezza scherzosa sulle sue gambe, che non volevano ora portarlo come una volta, disse certe espressioni in piemontese, che intesi ma non ricordo, e notai che bellamente sapeva sfuggire il discorso degli elogi che a lui venivano fatti. Mi piacque tanto il suo modo di trattare, che dissi fra me: « Quanto starei volenteri con un sacerdote di tal fatta ». Poco potei trattenermi, perchè fui chiamato da Mons. Vescovo, il quale mi ordinò di andare dal sig. Don Rua per eseguire una commissione. Lo trovai nei salone e mi pregò di andare all'uffizio telegrafico per spedire un telegramma all'Ospizio del S. Cuore di Gesù in Roma, per far conoscere che Don Bosco sarebbe arrivato colà nelle prime ore del pomeriggio del giorno seguente, e me ne dette il testo scritto. Il fare di D. Rua, sostenuto senza gravità, l'esattezza con cui dava la commissione da eseguire, mi fecero concepire una bella idea dei Salesiani. Non ricordo bene, ma mi pare di aver chiesto anche a lui che facesse pregare D. Bosco per il chierico Granato Granati che si trovava nei nostro Seminario gravemente malato, e che appunto in quel giorno aveva avuto l'Estrema Unzione e pel quale eravamo costernati. Questo io posso accertare che in quella notte che Don Bosco si fermò all'Episcopio, il chierico migliorò in modo da uscire di pericolo, e superata la malattia fu ordinato Sacerdote: e nel 1906 si trovava (come risulta dall'Annuario Ecclesiastico) a Brolio della Val di Chiana, come Economo Spirituale di quella Parrocchia. Io ho sempre attribuito questa guarigione alla intercessione di Don Bosco...

Accomiatatommi dal sig. D. Rua, andai all'ufficio telegrafico della città per eseguire la commissione di cui era stato onorato...

Essendo l'ora tarda noti potei ritornare all'Episcopio, ma dovetti prendere la via del Seminario. Il malato grave che avevano in casa, la scuola delle 7 1/2 del mattino m'impedirono di rivedere Don Bosco e Don Rua, come era mio desiderio, e mandai un altro in mia vece alla partenza.

La domenica successiva alla partenza di Don Bosco, volle Mons. Giusti di v. m. che andassi da lui, e mi indicò le ore in cui era più libero. Da quanto mi espose che voleva fare per il Seminario, dei quale si prendeva tanta cura, io capii che il Ven. Don Bosco coi suoi saggi e sperimentati consigli, aveva molto influito a cambiare certe idee ed a far prendere lodevoli determinazioni, riguardo alla disciplina, istruzione, igiene e ricreazione, e d'allora in poi Mons. Vescovo, parlando del Seminario, portava anche l'esempio del come si faceva nei collegi salesiani. Io ringrazio Iddio che la visita del Ven. Don Bosco ci aveva reso più facile a ottenere dal Vescovo certe cose, che a noi, che avevamo, come si suol dire, le mani in pasta, ci sembravano necessarie per il buon andamento dell'istituto.

Quella domenica, oltre il conoscere il buon frutto che quella visita stava per recare, venni a conoscere la grande stima che aveva Mons. Giusti della santità del Venerabile Don Bosco, ed ecco in qual modo. In quella domenica, dopo di aver parlato delle varie cose per cui il Vescovo mi aveva chiamato, mi ricordo di avergli detto:

- Perdoni, Eccellenza, la mia libertà, desidererei che mi desse la ragione di un fatto che mi ha sorpreso. Da molto tempo frequento il Vescovado e più volte ho veduto venir qui Vescovi, Arcivescovi ed altri distinti personaggi, ma non mai per loro ha fatto il ricevimento che ha fatto per Don Bosco. Durante il tempo che la Curia è chiusa, gli altri sono passati per la porticina privata e Don Bosco per lo scalone e col servo munito di torcia; gli altri sono stati messi nel quartiere detto dei mezzanini o del Segretario, e Don Bosco in quello del Papa, che in 12 anni che son qui non aveva mai visto aperto e la prima volta che ci sono entrato è stato per visitare Don Bosco; insomma le attenzioni che ha usato a Don Bosco col far venire i Capitoli di Canonici, Seminario ed altre persone, non le ha usate pei Vescovi ed Arcivescovi.

Mons. Giusti che era stato a sentire, sorridendo, mi rispose: - Gli altri sono persone costituite in dignità ed anche distinte per dottrina, è vero, ma Don Bosco è da più di loro, perchè è un santo.

Questa espressione mi rimase scolpita nell'animo, e quando leggeva il Bollettino Salesiano, che il Ven. Don Bosco aveva fatto spedire a tutti coloro del Seminario che lo avevano visitato, lo leggeva per conoscere l'opera di questo santo. Questa espressione che ho sempre ricordato, ho detto che mi rimase scolpita nell'animo, non per conoscenza che potessi avere avuta di D. Bosco e delle sue opere, ma per l'autorità di chi aveva proferito quel giudizio. Mons. Giusti era uomo di grandi virtù e specialmente si distingueva per lo zelo delle anime, attaccamento e devozione al Sommo Pontefice ed alla S. Sede, obbediente fino allo scrupolo a quanto la Chiesa prescriveva, schiettezza e lealtà nel trattare con tutti, amore e generosità pel Seminario, caritatevole coi poveri nascondendo il bene che faceva, di una vita pia, santa e regolarissima, e per coloro che più lo avvicinavano e lo servivano riconoscentissimo in modo che anche del poco di cui poteva disporre a nostro favore, ci sentivamo largamente ricompensati; era, insomma, per me, quella espressione come la voce di un santo Vescovo che dichiarava la santità del Venerabile Servo di Dio, Don Bosco.

L'anno dopo, nel 31 gennaio 1888, avvenne il passaggio al paradiso del Venerabile, e Mons. Giusti per suffragarne l'anima, o meglio, per dare un altro attestato della stima e venerazione che ne aveva, si portò a Firenze a pontificare nella solenne trigesima, conducendo seco parte degli addetti al suo servizio.

(1) Ved il Suppl. V, pag. 143.

(2) Fu alla fine di aprile del 1887.

Sul metodo e sul testo per l'insegnamento del Catechismo.

Mentre aspettiamo di dare un ragguaglio completo circa i suggerimenti che ci son pervenuti in merito alla proposta di Mons. Brugnoli di un Concorso Nazionale per un testo ad uso delle Scuole di Catechismo (ved. Suppl. n. IV, pag. III) ci pare che debba far del bene la pubblicazione di queste note, inviateci da un zelantissimo Parroco del Veneto, ora Cappellano in un Ospedale di riserva.

È certamente non solo desiderabile, ma necessario che s'insegni il Catechismo con metodo più razionale e scolastico.

Facendo eco a quanto scrisse su questo argomento il rev.mo Mons. A. Brugnoli espongo un modo semplice per riuscirvi, meglio che si può, anche nelle parrocchie men provviste di catechisti.

Le classi.

Si dividono i fanciulli per classi, 1a, 2a, 3a, 4a, ecc. come nelle scuole elementari; possibilmente chi è in prima a scuola, sia in prima anche nella Dottrina; così in seconda ed in terza; delle altre classi in caso di necessità, se ne può fare anche una sola.

Così si toglie ogni confusione, ed è semplificata la divisione dei fanciulli, che è assolutamente necessaria.

I testi.

Per la prima classe bisogna fare un estratto dei Primi elementi della Dottrina Cristiana, cioè del Catechismo Piccolo, limitandolo alle prime preghiere in italiano, alle prime verità, e a una breve nozione sul peccato e sui Sacramenti della Confessione e Comunione.

Per la seconda classe sia il testo un po' più ampio di quello della prima classe; contenga cioè altre delle prime preghiere, anche in latino, e qualche nozione di più sulle prime verità e sugli altri punti di Dottrina, accennati nel libriccino per la prima classe, sempre con domande e risposte (anche parziali, ma ad litteram) tratte dai Primi elementi di Dottrina Cristiana.

Per la terza classe si adottino - completi - i Primi elementi di Dottrina Cristiana, cioè il Cattechismo Piccolo. I fanciulli, avendolo già imparato in gran parte nelle classi anteriori, in terza possono facilmente impararlo tutto.

Nelle classi quarta e quinta si insegni il Catechismo Grande, diviso in due parti con metodo ciclico, magari con semplici asterischi premessi alle singole domande; badando che se i fanciulli di quarta e quinta si tengono riuniti, l'insegnamento di base sia sempre quello della quarta classe, e si pretenda da quei di quinta la parte loro.

Nella sesta classe (ove esiste anche nelle scuole del Comune) si ripeta il catechismo di 4a e 5a e si faccia un po' d'Apologia della Religione, brillante e popolare, conveniente all'età nostra.

Vantaggi.

Con questa divisione noi avremo in prima classe quei fanciulli che sono ancora da ammettere alla prima Comunione, e ve li potremo facilmente preparare.

In seconda e in terza avremo ordinariamente gli ammessi alla prima Comunione, e li prepareremo alla Comunione solenne, alla quale - in più luoghi - si ammettono con pubblica rinnovazione dei voti battesimali e con festa speciale, i fanciulli che sanno tutto il Catechismo Piccolo.

In quarta e quinta, riunite o divise, avremo quelli che hanno già fatto la Comunione solenne. Questa dev'essere una pubblica professione di fede eucaristica e di vita cristiana.

In sesta (ove si ha questa classe) sarà facile il formare abili vice-catechisti.

Lezioni.

Le lezioni sieno due ogni settimana, se si può tutte e due feriali; se no, una feriale, l'altra festiva. Della feriale possono incaricarsi i sigg. maestri comunali? Insegneranno ai fanciulli il Catechismo di prima, seconda e terza classe rispettivamente e nelle classi superiori il Catechismo grande.

Non è possibile che i maestri facciano questa scuola a dovere? Vi provveda il parroco. Al lunedì, ad esempio, inviti a sè, subito dopo la scuola del pomeriggio, gli alunni di prima, al martedì quelli di seconda, ai mercoledì quelli di terza, al giovedì quelli di quarta e quinta.

Per le fanciulle - se può - provveda simultaneamente con suore o abili maestre; - se no, in ore diverse da quelle dei fanciulli.

Nelle Domeniche.

La lezione domenicale si tenga così: le classi restino divise allo stesso modo, sotto varii ripetitori o maestri, e ciascun alunno tenga davanti il suo testo.

Dopo la lezione per classi, queste si radunino e il parroco, o altro sacerdote, per circa mezz'ora spieghi gli Elementi della dottrina cristiana in modo da svolgere tutto il Catechismo Piccolo in un anno o in due anni al più.

Contemporaneamente all'istruzione in comune, quelli che non hanno ancor fatto la prima Comunione si raccolgano a parte per una breve e facile istruzione eucaristica; - e, se c'è un sacerdote o un abile catechista, si raccolgano a parte nello stesso tempo gli ammessi alla Comunione solenne, per una breve conferenza loro adattata.

Così in chiesa resterebbero quelli di seconda e terza, i quali, tenuti divisi, s'interrogano separatamente sul proprio catechismo, che - giova ripeterlo - va spiegato in modo che abbiano a comprenderlo tutti.

Quando, durante la settimana ove occorra, e nei giorni festivi, si raccolgono in chiesa tutti i fanciulli e le fanciulle della Dottrina, si faccia in modo che ogni classe, maschile e femminile, resti sempre divisa, e in mancanza di maestri o catechisti sia sotto la sorveglianza immediata almeno d'un semplice vice-catechista, e ognuna tenga sempre lo stesso posto, in modo che il parroco possa, volendo, facilmente interrogare chiunque in base al testo della propria classe.

Per gli ammessi alla Comunione solenne di quarta e quinta, cui si dà lezione il giovedì, possibilmente una volta la settimana l'istruzione sia accompagnata da proiezioni. Con gli stessi si organizzino anche dispute o meglio ancora Gare catechistiche sul Catechismo Grande, diviso, come si è detto, in due parti, assegnando ad ogni classe tutta o in parte, la propria. Sarà facile esigere ad litteram almeno tutte le risposte già apprese nei Proni elementi, o nel Catechismo piccolo, studiate nelle prime tre classi.

Per l'età maggiore si tiene in chiesa il Catechismo di perseveranza.

Alcune osservazioni.

Qualcuno può osservare che l'accennata Comunione solenne sarebbe meglio farla dopo la quarta e quinta. Se si vuol tenere un criterio unico, pare che i fanciulli siano precisamente da ammettere alla Comunione solenne, quando hanno imparato tutto il Catechismo Piccolo; solo quelli che proprio non sono capaci d'impararlo, ma intervengono con diligenza alla dottrina, li farei attendere qualche tempo, non mai però fin dopo che abbiano tralasciato la frequenza all'istruzione.

Nel testo del Catechismo Piccolo molti trovano dei difetti, data la capacità limitata dei fanciulli. A me pare, che dividendolo in tre classi - cioè facendone, come si è detto, un estratto per la prima e un altro per la seconda - mentre nelle prime classi si vengono ad avere le domande più importanti ed anche più facili -- nella terza il fanciullo possa abbastanza comprenderlo tutto. Del resto, è naturale che anche il Catechismo va spiegato. Quanto a me, sarei di parere affatto contrario a che esso sia nuovamente cambiato; e se mi è lecito esprimere un voto, esso è che vi s'introducano tutte le varianti o correzioni, riconosciute necessarie, e nulla più: e ciò per varie ragioni, non ultima l'ovviare agl'inconvenienti di cambiar nuovamente il testo, con pericolo di sostituirlo con un altro... egualmente non perfetto.

Più difficili e duri nella forma sono non pochi punti del Catechismo Grande, o del Catechismo della Dottrina Cristiana; perciò, se si vogliono migliori risultati nell'insegnamento catechistico, parrebbe ben fatto che apposita Commissione, preferibilmente di parroci e catechisti in azione, fosse incaricata dall'Autorità competente d'introdurvi le necessarie modificazioni.

E che cosa deve dirsi dei testi con spiegazioni? Il mio umile parere si è che non si potranno adottare in tutte le parrocchie... anche solo perché costano qualche soldo di più; ma quand'anche fosse risolta questa difficoltà, io preferirei sempre i piccoli testi, divisi come sopra, nella loro brevità ufficiale. Che se, a lato, si vogliono aggiunger testi di Letture catechistiche, dove si può si faccia; ma come testo ufficiale adottino, tutti, i Primi elementi della Dottrina Cristiana, divisi per classi, e insegnino questi, che colle spiegazioni vocali sono sufficienti. Tutt'al più si potrebbero applicare ai piccoli testi accennati, belle, chiare ed espressive figure illustrative.

Per la Storia Sacra.

Per l'insegnamento della Storia Sacra si scelga fra i tanti un testo unico per la prima, seconda e terza classe, e si fissino alcuni fatti da insegnare alla prima, altri alla seconda, ed il resto alla terza classe.

In quarta e quinta si scelga un testo più ampio con una brevissima Storia della Chiesa. d. t. a.

Regolamento circa la sacra predicazione.

« Per la pratica esecuzione di quanto insegna e prescrive la lettera enciclica Humani generis redemptionem circa la sacra predicazione », gli E.mi Padri della S. C. Concistoriale, con piena approvazione del S. Padre, hanno stabilito un apposito regolamento « che dovrà essere per gli Ordinari una norma sicura in materia di così grande importanza, e che, per espresso volere dello stesso S. Padre, deve avere immediata esecuzione affinchè il ministerium verbi, come lo chiama l'Apostolo, possa portare quei benefici effetti per la difesa e propagazione della fede e per la tutela della vita cristiana, che furono e sono negl'intendimenti del divino Maestro Gesù Cristo e che giustamente si attende la Chiesa ».

Detto importantissimo documento si compone di 5 capitoli: - Capo 1. Da chi e come si debbano scegliere i predicatori. -Capo 2. Come debba constare l'idoneità del predicatore. - Capo 3. Che cosa si debba osservare od evitare nella sacra predicazione. - Capo 4. A chi e come si debba proibire la predicazione. - Capo 5. Della preparazione remota per la sacra predicazione. - Come più importanti per tutti i sacerdoti (non potendo per la sua lunghezza riferire intero il documento) riportiamo i capi terzo e quarto.

a) CAPO III.

Che cosa si debba osservare od evitare nella predicazione.

19) Poichè sancta sancte tractanda sunt, nessuno si accinga a predicare, se non siasi degnamente preparato con uno studio prossimo e con la preghiera.

20) I temi delle prediche siano essenzialmente sacri (Codice, can. 1347). Che se il predicatore vorrà trattare temi non strettamente sacri, sempre però convenienti alla Casa di Dio, dovrà chiedere ed ottenere permesso dall'Ordinario locale, il quale non lo concederà, se non dopo matura considerazione e riconosciutane la necessità. Nondimeno a tutti i predicatori resta in tutto ed assolutamente proibito di parlare nelle chiese di cose politiche.

21) A nessuno sia permesso di recitare orazioni funebri, se non col previo ed esplicito consenso dell'Ordinario, il quale, prima di darlo. potrà anche esigere che gli sia esibito il manoscritto.

22) Il predicatore abbia sempre innanzi agli occhi e pratichi quello che S. Girolamo raccomandava a Nepoziano: Divinas scripturas saepius lege: imo nunquani de manibus tuis sacra lectio deponatur... Sermo presbyteri scripturarum lectione conditus sit. Alla Sacra Scrittura aggiunga lo studio dei Padri e dei Dottori della Chiesa.

23) Le citazioni e testimonianze di scrittori od autori profani si usino con somma sobrietà: e molto più quelle di eretici, apostati od infedeli: giammai si usino quelle di persone ancora viventi. Ben altrimenti si può tutelare e si tutela la fede e la morale cristiana!

24) Non aspiri il predicatore al plauso degli uditori, ma solo alla salute delle anime ed all'approvazione di Dio e della Chiesa. Docente te in ecclesiam non clamor populi, sed gemitus suscitetur. Lacrymae auditorum laudes tuae sint (S. Girolamo a

Nepoziano).

25) Il sistema, in qualche luogo introdotto, di fare pubblicità sui giornali od in foglietti volanti prima della predicazione per attirare uditorio, o, dopo di essa, per elogiare il predicatore, si riprova e condanna, anche se fatto con fine e sotto pretesto di bene. Cureranno quindi gli Ordinari, per quanto è da loro, che ciò si sopprima dove fosse in uso, ed altrove non si introduca.

26) Nel modo di porgere nulla di meglio si può dire di quanto insegnava S. Girolamo a Nepoziano (loc. cit.): Nolo te declamatorem et rabulam, garrulumque sine ratione; sed mysteriorum peritum et sacramentorum Dei eruditissimum. Verba volvere, et celeritate dicendi apud imperituro vulgus admirationem sui facere, indoctorum hominum est... Nihil tam facile quam vilem plebeculam et indoctam concionem linguae volubilitate decipere, quae quidquid non intelligit plus miratur.

27) Quindi sia il ragionamento e linguaggio del predicatore proporzionato alla capacità media degli uditori. Quanto poi al gesto ed alla recita serbi quella modestia e gravità che conviene a colui, il quale è Legato di Gesù Cristo (Codice, can. 1347)

28) Si guardi sempre e con ogni cura dal fare della predicazione un mestiere per vivere, cercando quae sua sunt, non quae Jesu Christi. Non sia quindi turpis lucri cupidus e non si lasci tentare dal lenocinio della vanagloria.

Abbia poi vivamente presente in ogni tempo quello che, in conformità al Vangelo, alla dottrina degli Apostoli, all'esempio dei Santi, insegnava S. Girolamo a Nepoziano (loc. cit.): Non confundant opera tua sermonem tuum; ne cum in ecclesia loqueris, tacitus quilibet respondeat; Cur ergo haec quae dicis ipse non facis? Delicatus magister est qui pleno ventre de ieiuniis loquitur.... Sacerdotis os, mens manusque concordent.

b) CAPO IV.

A chi e come si debba proibire la predicazione.

29) I predicatori che non si attenessero alle prescrizioni stabilite nel capo precedente, se correggibili e per cose non gravi, per la prima o seconda vòlta siano dal Vescovo avvertiti e ripresi.

30) Se non si emendano, o se si tratti di mancanza grave che abbia dato scandalo, il Vescovo, in conformità al can. 1340, § 2 e 3 del Codice:

a) qualora si tratti di un proprio suddito o di un religioso a cui egli abbia dato la pagella di predicatore, dovrà, senza umani riguardi, sospendergli o togliergli la data facoltà;

b) qualora si tratti di estradiocesano o di un religioso a cui non abbia dato la detta pagella, dovrà interdirgli di più predicare nella sua diocesi, informando d'ogni cosa l'Ordinario proprio e colui che ha dato la pagella al detto soggetto; e nei casi più gravi, o quando speciali ragioni lo consiglino, non manchi di avvertire la Santa Sede.

c) potrà anche il Vescovo ed anzi dovrà, secondo i casi, avvenuta una mancanza grave da parte di un predicatore, interrompergli la predicazione.

31) Egualmente dovrà essere interdetto dalla predicazione, almeno ad tempus et pro aliquo loco, chi per la sua condotta o qualsiasi altro motivo, anche senza sua colpa, decadesse dalla pubblica stima, così da rendere il suo ministero inutile o dannoso.

32) Gli Ordinari diocesani costituiranno nelle loro diocesi una commissione di vigilanza pro praedicatione, che potrà anche essere la stessa che per gli esami.

33) Non potendo i Vescovi e le Commissioni di vigilanza essere presenti in tutta la diocesi, trattandosi di predicazioni di qualche importanza in luoghi distanti, gli Ordinari esigano dai Vicari foranei o dai Parroci informazioni particolareggiate e precise secondo le norme sopraindicate.

(Ved. anche Acta Apostolicae Sedis: - Enciclica: Humanis generis redemptionem - pag. 178,.

LETTERE INEDITE DI DON BOSCO.

III. (1)

Come scriveva agli alunni. I.

Cuor di padre e zelo di apostolo.

(Agli alunni dell'Oratorio di Torino).

Carissimo Don Rua,

Buone notizie a te e a tutti i giovani dell'Oratorio. Credo che non vi dispiacerà che vi descriva l'udienza avuta ieri dal S. Padre alle 7 di sera (Sabbato Santo). Durò circa un'ora. Con una bontà veramente paterna lesse l'indirizzo del March. Fassati, di D. Barberis e dei suoi ascritti, di D. Guanella e dei Figli di Maria. Poi passò a leggere tutte le lettere e piccole e grandi. L'ultima fu quella di Garrone, in cui il Papa notò molti errori di lingua e di ortografia.

- Costui, disse scherzando il S. Padre, costui ha bisogno di prepararsi ancora un poco prima di presentarsi all'esame di lettere.

Chiese se ve ne sono molti, buoni come Savio Domenico, ed io risposi di sì.

- Sono molti?

- Credo che parecchi ci siano ; ma un gran numero cerca di emulare quell'antico allievo e di raggiungerlo nella virtù.

- Gli ascritti sono molti?

- Chierici 61, i Coadiutori 35.

- E questo un miracolo della bontà del Signore! E i figli di Maria sono molti?

- Fra tutte le case sono circa cento, speriamo che parecchi vestiranno da chierici nel prossimo ottobre.

- Nelle altre case appaiono vocazioni allo stato ecclesiastico?

- Ve ne sono molti in tutte le altre case, ma quelli di Torino si riservano a deliberare definitivamente all'epoca degli esercizi spirituali, quando spero di trovarmi anch'io tra loro.

- Tra gli artigiani vi sono anche dimande per farsi Salesiani?

- Ve ne furono e ve ne sono. Alcuni si recarono già, coraggiosi nella Repubblica Argentina, non pochi dimandano di andarvi, altri di fermarsi nella casa.

- A proposito di Missionarii ho letto con molto piacere le lettere dei Salesiani e benedico il Signore che loro prepari una messe tanto copiosa. Sì, in questi tempi, è una vera benedizione del Signore. Ma presentemente come provvedere a tanto numero, chè vi si dimanda dieci Salesiani e trenta Suore?

- Molte Suore e molti Salesiani mi hanno già fatta dimanda, di andare a raggiungere i loro compagni in quelle vaste e selvagge regioni della Pampas e dei Patagoni.

- Ma nell'Australia, nelle Indie, nella China vi è somma necessità di Missionari, vi sono più missioni che stanno per estinguersi per mancanza di evangelici operai. Un Vescovo del Giappone ha tre milioni di anime in sua Diocesi con sei Sacerdoti soli. Potreste voi accettare una o più missioni in quei paesi?

- Se Vostra Santità benedice i nostri allievi e pregherà per noi, entro breve tempo speriamo di poter accettare qualche nuova missione in quei paesi. A tale scopo abbiamo già un Sacerdote, D. Bologna, con altri che studiano l'inglese e sanno già discretamente lo spagnuolo e il francese.

- Sì, ben di cuore benedico i vostri giovani e invoco sopra di loro i lumi del Signore, affinchè quelli che hanno vocazione allo stato Ecclesiastico possano compierla ed acquistare la scienza e la virtù necessaria. A questo scopo concedo a tutti una particolare indulgenza plenaria per quel giorno che faranno la loro Confessione e Comunione.

Qui il Papa passò a parlare a lungo dei Figli di Maria, dei novizi, di cui ho scritto a parte. Si fece pure raccontare minutamente le particolarità della casa di Nizza, di Ventimiglia e di Sampierdarena, di una casa da aprirsi in Roma, ecc., ecc., cose assai lunghe di cui riserbo a parlarvi poi a voce, giunto a Torino.

Intanto voi tutti, o miei cari giovani, continuatemi la vostra affezione e pregate per me. Al giorno della Domenica in Albis io dirò la Messa per voi, e voi fate la santa Comunione secondo la mia intenzione. La farete tutti non è vero? Buona sera, miei cari figliuoli, e la grazia di N. S. G. C. sia sempre con voi e vi aiuti a fuggire il vero e solamente vero male, che è il peccato. Così sia.

Roma, Pasqua 1876.

Aff.mo amico SAC. Gio. Bosco.

(1) Ved. Suppl. n. V, pag. 145.

II.

Sanità, studio, moralità.

Ai miei carissimi figliuoli: Direttore, maestri, assistenti, prefetto, catechista, allievi ed altri del Collegio di Lanzo.

La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi. Amen. Finora, miei amatissimi figliuoli non ho potuto soddisfare ad un vivo desiderio del mio cuore, che era di farvi una visita. Una serie non interrotta di complicate occupazioni, qualche leggero disturbo della sanità mi hanno tal cosa impedito.

Tuttavia vi voglio dire cosa che voi stenterete a credere: più volte al giorno io penso a voi, ed ogni mattino nella santa Messa vi raccomando tutti in modo particolare al Signore. Dal canto vostro, date anche non dubbi segni che voi vi ricordate di me. Oh, con qual piacere, ho letto il vostro indirizzo di buon augurio; con qual piacere ho letto il nome e cognome di ciascun allievo di ciascuna classe, dal primo all'ultimo del collegio. Mi sembrava di trovarmi in mezzo di voi e nel mio cuore ho più volte ripetuto: Evviva ai miei figli di Lanzo!

Comincio adunque per ringraziarvi tutti, e di tutto cuore, dei cristiani e filiali auguri che mi fate e prego Dio che li centuplichi sopra di voi e sopra tutti i vostri parenti ed amici. Sì! Dio vi conservi tutti a lunghi anni di vita felice. Volendo poi venire a qualche augurio particolare io vi desidero dal cielo sanità, studio, moralità.

Sanità. - E questo un prezioso dono del cielo. Abbiatene cura. Guardatevi dalle intemperanze, dal sudar troppo, dal troppo stancarvi, dal repentino passaggio dal caldo al freddo. Queste sono le ordinarie sorgenti delle malattie.

Studio. - Siete in collegio per farvi un corredo di cognizioni con cui potervi a suo tempo guadagnare il pane della vita. Qualunque sia la vostra condizione, la vocazione, lo stato vostro futuro, dovete fare in modo, che, se vi mancassero tutte le vostre sostanze domestiche e paterne, voi possiate altrimenti essere in grado di guadagnarvi onesto alimento. Non si dica mai di noi che viviamo dei sudori altrui.

Moralità. - Il legame che unisce insieme la sanità e lo studio, il fondamento sopra cui essi sono basati, è la moralità. Credetelo, miei cari figli, io vi dico una grande verità: se voi conservate buona condotta morale, voi progredirete nello studio, nella sanità; voi sarete amati e rispettati dagli stessi cattivi. Tutti andranno a gara di avervi seco, lodarvi, beneficarvi. Ma datemi alcuni di quegli esseri che non hanno moralità. Oh che brutta cosa! Saranno pigri e non avranno altro nome se non di somaro ; parleranno male e saranno chiamati scandalosi da fuggirsi. Se sono conosciuti in collegio, vengono aborriti da tutti, e si canta il Te Deum nel fortunato giorno che se ne vanno. A casa loro ? Disprezzo generale. La famiglia, la patria li detestano, niuno dà loro appoggio, ognuno ne rifugge la società. E per l'anima? Se vivono, sono infelici; in caso di morte, non avendo seminato che male, non potranno raccogliere che frutti funesti.

Coraggio adunque, o miei cari figli, datevi cura a cercare, studiare, conservare e promuovere i tre grandi tesori: sanità, studio e moralità.

Una cosa ancora. Io ascolto la voce che proviene di lontano e grida : « O figliuoli, o allievi di Lanzo, veniteci a salvare ! ». Sono le voci di tante anime che aspettano una mano benefica che vada a tòrli dall'orlo della perdizione e li netta per la via della salvezza. Io vi dico questo, perchè parecchi di voi siete chiamati alla carriera sacra, al guadagno delle anime. Fatevi animo; ve ne sono molti che vi attendono. Ricordatevi delle parole di S. Agostino: Animam salvasti, animam tuam praedestinasti.

Finalmente, o figli, vi raccomando il vostro Direttore. So che esso non è troppo bene in sanità; pregate per lui, consolatelo colla vostra buona condotta, vogliategli bene, usategli confidenza illimitata. Queste cose saranno di grande conforto a lui, di grande vantaggio a voi stessi.

Mentre vi assicuro che ogni giorno vi raccomando nella santa Messa, raccontando pure me alle buone vostre preghiere, affinchè non mi accada la disgrazia di predicare per salvare gli altri e poi abbia da perdere la povera anima mia. Ne, cum aliis praedicaverim, ipse reprobus efficiar.

Dio vi benedica tutti e credetemi in G. C.

Torino, vigilia dell'Epifania, 1876.

Aff.mo amico SAc. Gio. Bosco.

III.

La scelta dello stato.

Ai miei amati figli di quarta e quinta ginnasiale di Borgo S. Martino.

Prima d'ora avrei desiderato di rispondere ad alcune letterine, scrittemi dal caro vostro professore e da parecchi di voi. Non potendo ciò fare a ciascuno in particolare, scrivo una lettera per tutti, riserbandomi di parlare a ciascuno privatamente nella prossima festa di San Luigi.

Ritenete adunque, che in questo mondo gli uomini devono camminare per la via del Cielo in uno dei due stati: ecclesiastico o secolare. Per lo stato secolare ciascuno deve scegliere quegli studi, quegli impieghi, quelle professioni che gli permettono l'adempimento dei doveri del buon cristiano, e che sono di gradimento ai proprii genitori. Per lo stato ecclesiastico, poi, si devono seguire le norme stabilite da nostro Divin Salvatore. Rinunziare alle agiatezze, alla gloria del mondo, ai godimenti della terra per darsi al servizio di Dio, e così viemeglio assicurarsi i gaudii del cielo, che non avranno più fine. Nel fare questa scelta ciascuno ascolti il parere del proprio Confessore e poi senza badare nè a Superiori, nè ad inferiori, nè a parenti, nè ad amici, risolva quello che gli facilita la strada della salvezza e lo consoli al punto della morte. Quel giovanetto che entra nello stato ecclesiastico con questa intenzione, egli ha morale certezza di fare gran bene all'anima propria e all'anima del prossimo.

Nello stato ecclesiastico, inoltre, vi sono molte diramazioni, che devono partire tutte da un punto e tendere al medesimo centro, che è Dio. Prete nel secolo, prete in religione, prete nelle missioni estere, sono i tre campi in cui gli evangelici operai sono chiamati a lavorare e a promuovere la gloria di Dio. Ognuno può scegliere quello che gli sta più a cuore, più adattato alle sue forze fisiche e morali, prendendo consiglio da persona pia dotta e prudente. A questo punto io dovrei sciogliervi molte difficoltà, che si riferiscono al mondo, che vorrebbe tutta la gioventù al suo servizio, mentre Dio la vorrebbe tutta per sè. Tuttavia procurerò verbalmente di rispondere, o meglio spiegare le difficoltà che a ciascuno possono occorrere nel prendere qualcuna di queste importanti deliberazioni.

La base poi della vita felice per un giovanetto è la frequente Comunione e leggere ogni sabbato la preghiera a Maria SS. sulla scelta dello stato, come sta descritta nel Giovane Provveduto.

La grazia di N. S. G. C. sia sempre con tutti voi e vi conceda il prezioso dono della perseveranza nel bene.

Io vi raccomanderò ogni giorno al Signore, e voi pregate anche per me che vi sarò sempre in Gesù Cristo

Torino, 17 giugno 1879,

Aff.mo amico SAC. Gio. Bosco.

IV. Agli ascritti alla Pia Società Salesiana (1).

Torino, 31 settembre 1877.

Mio caro Don Barberis,

La tua lettera si accordò colle affettuose parole del sempre caro Don Lemoyne di fare una gita a Lanzo, ma gli affari che abbiamo qui tra mano, e la mia sanità che reclama quei riguardi che io vorrei rifiutare, me lo impediscono almeno per ora. Ogni ascritto però mi può scrivere, ed anche venire a Torino se ne è bisogno. Pare che le difficoltà debbano piuttosto essere quando uno si ascrive, che quando si fa professione religiosa, che dipende interamente dalla volontà individuale.

Sarà bene che tu dica che il dimandare di fare i voti non importa alcun legame e che dopo gli esercizi ognuno è pienamente libero. I riflessi erano piuttosto da farsi lungo l'anno, siccome molti prudentemente hanno fatto ; ora pare che non ci sia più altro a fare, che dare un calcio al mondo e dire con Sant'Alfonso :

Mondo, più per me non sei, Io per te non sono più; Già tutti gli affetti miei Ho donati al mio Gesù.

Ei m'ha tanto innamorato Dell'amabil sua bontà,

Che d'ogni altro ben creato L'alma più desio non ha.

Ora, voglio contarti un sogno, o favola, o storia che si fabbricò in mia mente la notte della festa di S. Anna.

Ho veduto un pastore, che lavorava per nutrire, pascolare, tener lontane dal pericolo le sue pecorelle. Lavorava da un anno, aveva sudato assai ; ed era assai contento delle sue fatiche, perchè le pecore divennero tutte assai grasse, ben cariche di lana, e davano molto latte.

Venuto il tempo di tosare, ne fissò il giorno, invitò alcuni amici per fare un po' di festa.

Il buon pastore entrò per tempo nell'ovile e si accorse che alcune pecore mancavano.

- Dove sono andate le pecorelle che mancavano? - si fece a chiedere.

Fu risposto : - Venne un uomo, propose pascoli migliori, e così adescate andarono con lui. Non ne sappiamo di più.

- Povero me, disse il pastore afflitto per quelle pecorelle. Io ho pur lavorato e sparso sudori; io mi pensava di raccogliere un po' di lana ed anche un po' di cacio, ed ora mi accorgo che ho lavorato invano. Opera et impensa periìt.

- No, risposero tutte le pecorelle con un linguaggio capito da tutti, no, alcune pecore ti portarono via la lana, ma noi ti compenseremo, non solo colla nostra lana, ma ben anche con tutta la nostra pelle.

Il pastore ne fu contento e fece mille carezze alle pecorelle che rimasero fedeli nell'ovile, nè si lasciarono sedurre nel pascolo, da lusinghieri inviti.

Un bel premio a chi mi dà la spiegazione di quanto sta qui esposto.

Dio ci benedica tutti e pregate per me che vi sono in G. C.

Aff.mo amico

SAC. Gio. Bosco.

(1) Il maestro degli ascritti, Teol. D. Giulio Barberis, manifestando al Venerabile il desiderio che avevano alcuni di essi di udire da lui una parola di consiglio, lo aveva invitato a recarsi a Lanzo, dove gli ascritti erano per un po' di vacanza e dov'era direttore il « sempre caro Don Lemoyne ».

„PIETÀ E ATTACCAMENTO A DON BOSCO° Due molle potenti d'azione sacerdotale.

Ricordando Don Francesco Cerruti † il 25-III-1917 (1) *

La pietà! vi ha mai una virtù che più di questa sia necessaria al religioso, al sacerdote? « Un sacerdote senza pietà - diceva S. Vincenzo de' Paoli -è un fuoco senza calore, un fiore senza profumo, un corpo privo di spirito, un essere che a me riesce incomprensibile e indefinibile ». Quindi è che Don Bosco, a coloro che gli crescevano d'attorno, ed erano chiamati ad essere i continuatori della sua opera, andava continuamente ripetendo: Lavoro e preghiera, Preghiera e lavoro. E i suoi più degni figli - in troppo numero, ahimè, già volati al Cielo - seppero talmente praticare l'ammaestramento paterno, che non si sa qual cosa fosse più ammirabile in loro: se l'intensa operosità o la viva e ardente pietà.

Don Cerruti occupava un posto segnalato in questa gloriosa falange di Salesiani, cresciuti alla preghiera e al lavoro. Fu anch'egli pio: non di quella pietà superficiale che si limita a un regolare compimento delle pratiche esteriori, ma di quella pietà intima e profonda che pervade le fibre più riposte dell'anima, e che, al dire di Mons. De Ségur, « consiste nella unione dei nostri pensieri, dei nostri affetti, di tutta la nostra vita coi pensieri, coi sentimenti, con lo spirito di Gesù Cristo: è Gesù Cristo stesso vivente in noi ».

Nelle sue conversazioni si associava di continuo il pensiero della gloria di Dio, della salute delle anime, della beata eternità che ci aspetta. Tutto per la gloria di Dio! - A che turbarci tanto? - Facciamo quel che si può, il resto lo farà il Signore: si lavora per lui.-Per arrivare al Paradiso si può far questo ed altro. - La Madonna ha fatto tanto per Don Bosco: aiuterà anche noi. - Niente paura: si tratta di fare del bene : queste e altre simili espressioni le aveva cento volte sul labbro; e non erano frasi fatte o formole stereotipate: si sentiva troppo chiaramente che erano effusioni spontanee dell'anima: la bocca parlava dietro il dettato del cuore.

Conservo, caro e prezioso tesoro, un bel manipolo di sue lettere, che in questi giorni ho rilette colla più intensa commozione: neppur una ne ho rinvenuta che non sia ingemmata di qualche pensiero spirituale. A volte è una frase rapida, concisa, caduta dalla penna corrente: Ricorda il primo avviso di Don Bosco ai direttori: « Niente ti turbi. - Siamo nella novena dell'Immacolata: fuoco in questa novena! - La grazia che si deve ottenere è grande: bisogna pregare e pregar molto. - Coraggio! Don Bosco ha lavorato e sofferto più di noi. - Quando saremo in Paradiso, tutte queste miserie ci faranno semplicemente sorridere. - Tutto è salvarsi: il resto è nulla. -Lavora, lavora, ci riposeremo in Paradiso. - Deponi le tue pene nel Cuore di Gesù, e avanti in Domino. - Prega che possa anch'io salvare la mia anima.

In una lettera direttami ancora a Varazze, diceva: « Innamòrali della pietà, i tuoi giovani, e li avrai buoni, morigerati, studiosi ». E in altra: « Bada che i Confratelli facciano bene tutte le pratiche di pietà, ed in modo particolare l'Esercizio di buona morte; » e in altra ancora: «Ad Jesum per Mariam: avete fatto bene il mese della Madonna, procurate di fare anche meglio il mese del S. Cuore ».

Verso il S. Cuore di Gesù Don Cerruti aveva una divozione particolarissima, tanto che lo si potrebbe chiamare un apostolo di questa devozione. La fece fiorire rigogliosamente ad Alassio, e per suo mezzo ottenne grazie segnalatissime, tra cui la prodigiosa guarigione d'un giovinetto quasi in fin di vita; e poi la portò seco da per tutto, non trascurando mai nessuna occasione per promuoverla e propagarla. Dal 1886 in poi volle riserbato a sè l'incarico di scrivere l'articolo che il Bollettino Salesiano dedica al S. Cuore di Gesù nel giugno di ogni anno. In questi articoli, tutti fragranti dei sentimenti della più tenera pietà, la divozione del S. Cuore è studiata sotto i suoi molteplici aspetti: nella sua natura, nel suo oggetto, nelle sue finalità, ne' suoi effetti sull'individuo, sulla famiglia e sulla società; e l'argomento è così approfondito, e così appropriato ai bisogni odierni, che se tuta i questi scritti fossero raccolti e legati in un volume, formerebbero un'operetta, non vasta di mole, ma delle più efficacia illuminare le utenti ed infiammare i cuori nel culto di questa soavissima devozione.

Che dire poi della sua divozione al SS. Sacramento ed a Maria Ausiliatrice? Per chi è cresciuto alla scuola di Don Bosco ed ha l'anima tutta imbevuta del suo spirito, queste due divozioni diventano due prepotenti bisogni del cuore: tali furono per Don Cerruti. Con quale riverenza ed esteriore compostezza non celebrava la Santa Messa! com'era bello vederlo concentrato tutto in sè, come non avesse altro pensiero al mondo, durare a lungo negli atti di preparazione e di ringraziamento al Santo Sacrificio! Quando si recava in qualche casa, non gli si poteva far maggior piacere che invitarlo a celebrare la Messa della comunità; e se per timore di cagionargli troppo incomodo si lasciava di farlo, provocava egli stesso l'invito, tanto si compiaceva di pregare coi giovani e di distribuir loro la Santa Comunione. Trovandosi ad Alassio era sua abitudine, nelle ore più alte della notte, quando tutta la comunità era già immersa nel sonno, recarsi ancora in cappella, sia per osservare se la lampada potesse rimanere ancora accesa il resto della notte, sia per trattenersi in un ultimo colloquio con Gesù in Sacramento. Ma a che dir di più? Chi per poco ha conosciuto D. Cerruti, non può aver alcun dubbio che la SS. Eucarestia abbia formato il centro dei suoi affetti spirituali. E a questa divozione congiungeva in altissimo grado quella di Maria Ausiliatrice. Io si sentiva invocarla spesso: teneva abitualmente davanti a sè, sullo scrittoio, la sua immagine: nelle lettere raccomandava la preparazione e la solenne celebrazione delle sue feste: zelava, insomma, in ogni modo possibile, il culto di Colei verso la quale nutriva un affetto tutto filiale.

Fu detto che la pietà è una virtù deprimente. Fra le tante accuse contro la Religione è difficile trovarne una più insulsa. Considerata nella sua intima natura, la pietà è quella virtù che fa ravvisare in Dio un padre pieno di amorevolezza e condiscendenza, il quale dall'alto vigila sui figli suoi, li segue in tutti i loro bisogni, più pronto Egli a dare che essi a ricevere. Può adunque esservi un sentimento più atto a sollevare e confortare lo spirito? Che se si chiedesse la prova dei fatti, la storia della Chiesa non ci attesta in ogni sua pagina che fu la fede, fu la pietà che fece di deboli creature quegli eroi del Cristianesimo che per la magnificenza delle loro opere s'imposero all'ammirazione dei secoli? Ad una simile pietà attinse anche D. Cerruti l'ispirazione e gli ardimenti a compiere le sue opere più belle e più difficoltose. Egli talvolta si avventurò ad imprese che, più che audaci, si sarebbero dette temerarie. Forse che non prevedeva le enormi difficoltà che avrebbero incontrate? Nessuno le vedeva meglio di lui, nessuno meglio di lui misurava la sproporzione tra i mezzi di cui poteva umanamente disporre e lo scopo che voleva raggiungere; ma, uomo di fede e di pietà, collocava ben più in alto le sue speranze. Non è la preghiera - pensava egli - un mezzo che vale tutti i mezzi umani, capace di trionfare di ogni difficoltà? Non è dessa che rende l'uomo forte della fortezza di Dio? Quanto più ardua era dunque l'impresa, tanto più intensamente egli pregava e faceva pregare: poi si abbandonava con calma fiduciosa nelle mani della Provvidenza, pienamente convinto che l'aiuto celeste, sollecitato dalla preghiera, avrebbe supplito all'insufficienza sua ed avrebbe condotta l'opera, se era nelle viste di Dio, a felice compimento.

Altra molla potente d'azione era per Don Cerruti il devoto attaccamento al Ven. Don Bosco. ... In lui egli non vedeva il solo Benefattore, il padre: vedeva l'uomo di Dio, il Santo: donde quella specie di religioso culto che ebbe sempre per lui. Quante volte non ricordava le sue massime, i suoi esempi, i tratti più importanti e caratteristici della sua vita! Quante volte quel nome venerato e caro non risuonava sulle sue labbra, non infiorava i suoi scritti! In certi momenti di angustia e di tristezza gli sfuggiva dalla bocca: Tutto per Don Bosco! espressione di dolore rassegnato, di contenuto lamento, che dimostrava come egli, lavorasse o soffrisse, aveva sempre il pensiero rivolto a Don Bosco.

Mente penetrante e abbastanza fiduciosa di sè, Don Cerruti non si peritò talvolta di esercitare il suo acume critico sugli scritti o sulle opere altrui, si trattasse pure di uomini grandi; ma non si fece mai lecito alcun che di simile riguardo a Don Bosco. Fu suo studio costante comprendere ed interpretare il pensiero di lui, come ne fanno fede i migliori dei suoi scritti; ma erigersi a suo critico o a suo giudice non se lo permise mai: gli sarebbe parsa un'imperdonabile irriverenza verso colui che amava qual padre e venerava qual Santo.

È massima di capitale importanza nella vita religiosa che, come la Chiesa vive dello spirito di Gesù Cristo, così una Congregazione religiosa deve vivere, oltre che dello spirito di Gesù, pur di quello del suo particolare fondatore. « Una Congregazione - dice a tal proposito il Guibert - vive e prospera fini che fa in modo che l'anima del suo fondatore tutta di sè la penetri e la avvivi; il giorno in cui lasciasse venir meno quest'anima, perderebbe la sua ragione di essere, si avvierebbe fatalmente alla rovina ».

Intimamente penetrato di questa verità, il nostro veneratissimo sig. D. Albera, scrisse queste parole: « Se v'ha cosa che stia a cuore al Rettor Maggiore e agli altri Membri del Capitolo Superiore, si è certamente quella di conservare integro in ogni casa della Pia Società, lo spirito del Venerabile Padre e Fondatore Don Bosco. A questo solo essi mirano in ogni loro atto e nei loro scritti, affine di poter compiere nel miglior modo possibile il grave e delicato loro ufficio e non demeritare il titolo di sentinelle vigilanti dell'Opera Salesiana ».

La solerne affermazione del nostro Superiore trova una piena conferma nella condotta di Don Cerruti; nulla infatti egli ebbe più a cuore, nell'esercizio della sua carica, che tener vivo in mezzo ai Confratelli lo spirito del Venerabile. «.Ogni giorno che passa - scrisse egli nel XXV° anniversario della sua elezione a Direttore Generale degli studi - ogni giorno che passa mi persuade ognor più della necessità, che per noi è dovere, di stare attaccatissimi, mordicus, agli insegnamenti di Don Bosco anche in fatto di istruzione e di educazione, e da questi insegnamenti non dipartirci mai, neppur d'un punto, ne transversum quidem unguem. Lungi da noi i novatori ! ».

Venticinque anni di esercizio della sua altissima carica: tante vicende tristi e liete passate, tante belle opere compiute, tanta esperienza acquistata nel contatto con infinite persone e nel disbrigo di difficilissime pratiche, tanto immane lavoro di pensiero e di azione, non avevano fatto altro che confermarlo nella sua convinzione, essere necessità e dovere per tutti i Salesiani di stare attaccatissimi a Don Bosco anche in fatto di educazione e di istruzione. La quale ultima espressione implica la necessità ed il dovere di stare attaccatissimi a Don Bosco anche nel resto, cioè in tutto. E quello che raccomandava agli altri, egli rigorosamente compì. Ebbe sempre davanti agli occhi Don Bosco come esemplare e modello; cercò di far proprio il suo modo di vedere, di sentire, di operare, di trattare: si studiò insomma di farlo tutto rivivere in sè.

E, ad imitazione del Venerabile, D. Cerruti rimase in piedi sulla breccia, lavoratore instancabile, fino all'ultima sua ora...

SAC. DOTT. A. LUCHELLI.

(1) Dall'elogio, letto ai funerali di trigesima nel Santuario di Maria Ausiliatrice. Il dott. D. Francesco Cerruti, valente pedagogista, era Direttore Generale degli studi e delle scuole della nostra Pia Società fin dal 1886.

« ACTA APOSTOLICAE SEDIS »

Fo miei tutti i sentimenti di fede, di stima, di rispetto, di venerazione, di amore inalterabile di S. Francesco di Sales verso il Sommo Pontefice... Intendo che gli alunni dell'umile Società di S. Francesco di Sales non si discostino mai dai sentimenti di questo gran Santo, nostro patrono, verso la Sede Apostolica... Ritengo inoltre che questo si debba fare non solo dai Salesiani e dai loro Cooperatori, ma da tutti i fedeli, specialmente dal Clero.

Ven. Gio. Bosco.

Atti di PP. Benedetto XV. „Litterae Enciclicae"

Humani generis redemptionem. - Sulla predicazione. -- 15 giugno 1917.

« Se miriamo quanti sono coloro che attendono alla predicazione - dice il S. Padre - li ritroviamo in sì gran numero, che forse mai non fu il maggiore. Ma se, al tempo stesso, consideriamo a che sono ridotti i costumi pubblici e privati e le leggi onde si reggono i popoli, vediamo crescere ogni giorno il disprezzo e la dimenticanza di ogni concetto soprannaturale, vediamo illanguidire il vigore severo della virtù cristiana, con obbrobrioso e rapido ritorno all'indegnità della vita pagana ». Una cagione di tanti mali sta nell'insufficienza del rimedio che i ministri della divina parola vi dovrebbero apportare: e le cause della decadenza della parola di Dio « possono - dice il Papa ridursi a tre: o perchè viene commessa la predicazione a chi non si dovrebbe: o perchè non ci si apporta la dovuta intenzione; o ancora non si predica nel modo che si conviene ». Affinchè ciò non accada in avvenire il S. Padre si propone, con opportune sanzioni (1) di respingere dalla predicazione gli indegni, e d'incoraggiare, formare e guidare gli idonei, in modo che sorga il maggior numero di predicatori fatti secondo il cuore di Dio. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 305).

(1) Ved. a pag. 171.

 

,,Motu proprio".

Nobilissimarum sacrarum aedium. - L'almo Seminario Capranicense è annesso alla Patriarcale Basilica Liberiana. - 8 aprile 1917.

Il S. Padre, ad accrescere il decoro della Basilica di S. Maria Maggiore, ha stabilito che l'almo Collegio Capranicense sia addetto, quind'innanzi, al coro e, occorrendo, al servizio del Capitolo di detta Basilica, nelle singole domeniche e in tutti i giorni festivi di precetto, e che il Rettore pro tempore di detto Collegio sia annumerato ai Canonici Liberiani, coll'obbligo di frequentare il coro nei giorni e nelle ore in cui vi è tenuto il Seminario. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 209).

,, Litterae apostolicae ".

1) Refert ad Nos. - È arricchita d'indulgenze l'Associazione primaria della Santa Croce eretta a Roma nella Basilica Sessoriana (o di S. Croce in Gerusalemme). - 24 marzo 1917.

L'Arciconfraternita di S. Croce, eretta il 23 marzo 19oo da PP. Leone XIII, non aveva ancora indulgenze comunicabili. Attesa la gran diffusione che essa ha preso in ogni parte, venne arricchita dal S. Padre di speciali indulgenze. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 212).

II) Si unquam alias. - Sono decretati gli onori dei Beati al Ven. Giuseppe Benedetto Cottolengo. -8 aprile 1917.

Si fa l'elogio della vita del Cottolengo e dell'Opera da lui fondata a Torino, col nome di Piccola Casa della Divina Provvidenza, e si concede che d'ora innanzi egli sia chiamato col nome di Beato, che il suo corpo e le sue reliquie sieno (non tamen in solemnibus supplicationibus deferendae) esposte alla pubblica venerazione, che le sue immagini sieno decorate di raggi, e che la festa dei nuovo Beato si celebri annualmente nella città e archidiocesi di Torino, e in tutte le chiese che dipendono dalla Piccola Casa. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 214).

III) Quod Joannes. -Sono decretati gli onori dei Beati alle Ven. Anna di S. Bartolomeo, Carmelitana Scalza. - 10 aprile 1917.

Gli onori sono gli stessi accennati qui sopra, al n. II. - L'ufficio di questa nuova Beata, compagna di S. Teresa di Gesù, venne concesso a tutta la diocesi di Malines, ove la Beata morì, e in tutte le Chiese ed Oratori dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 257).

IV) Quae omnia. - A favore dei Terziari Francescani. - 14 aprile 1917.

Su domanda del rev.mo Procuratore e Commissario Generale dei RR. PP. Cappuccini, il S. Padre ha concesso a tutti i Terziarii Francescani la facoltà di poter ricevere la nota benedizione o Assoluzione in un giorno qualunque dell'ottava delle feste, cui tale benedizione è annessa. - ;Acta A. S., IX, n. 6, pag. 262).

V) Beati Petri Apostolorum Principis. - Sono concesse in perpetuo alcune indulgenze e privilegi alla Società della Verità Cattolica in Irlanda. - 12 aprile 1917.

« Veritatis Catholicae Societas Hiberniae » venne fondata 16 anni or sono, sotto gli auspici dell'Episcopato Irlandese, per la diffusione di buoni libri. Sono concessi particolari privilegi agli ascritti Sacerdoti. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 317).

VI) Dilectus filius. - Son concesse in perpetuo alcune indulgenze alla Pia Opera, detta « Messbung ». - 14 aprile 1917.

La Pia Opera promuove l'incremento e il sostegno delle Missioni affidate all'Ordine dei RR. PP. Cappuccini. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 320).

VII) Supplices sunt Nobis. -- Sono concesse in perpetuo speciali indulgenze alla Conferenza femminile della Beata Vergine della Pietà e di S. Vincenzo de' Paoli - esistente a Bergamo - insieme colla facoltà di aggregare altre Società omonime, erette o erigende in diocesi.-24 aprile 1917.

In questa concessione son ricordati anche i benefattori della Pia Opera, ai quali è accordata indulgenza plenaria in articulo mortis. - (Acta A. S., IX, n. 7, Pag. 321).

VIII) Supplices ad Nos. -A favore dell'Ordine Domenicano. - 11 giugno 1917.

La festa del SS. Rosario è aggiunta ai giorni in cui i Domenicani e le Suore domenicane e tutti i loro Terziarii e Terziarie, viventi in comune, possono ricevere l'assoluzione generale coll'indulgenza plenaria : - e insieme è fatta facoltà di poter trasferire l'assoluzione, annessa a detta festa e ad ogni altra a qualsiasi giorno durante le relative ottave. - ;Acta A. S., IX, n. 7, pag. 323).

IX) Cum SS.ma Virgo Maria. - Son concessi il titolo e i privilegi di Basilica Minore al Santuario della Madonna Grande di Treviso.-12 giugno 1917.

Il Santuario della Madonna Grande di Treviso rimonta al secolo VIII. Nel 188o, per cura dei Can. Sarto (poi Pio X, e allora Cancelliere Vescovile di quella città) venne affidato ai Somaschi. È a quell'altare che S. Girolamo Emiliani, fondatore dei Somaschi, depose i ferri della prigionia e si consacrò interamente al Signore. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 324)

X) Extat Granatae. - È concessa indulgenza plenaria quotidiana. alla Basilica di S. Giovanni di Dio in Granata. - 12 giugno 1917.

La chiesa di S. Giovanni di Dio in Granata fu eretta in Basilica dallo stesso regnante Pontefice Benedetto XV. - (Acta. A. S., IX, n. 8, pag. 369).

XI) Quae catholici nominis. - La Prefettura Apostolica del Kassai Superiore (Congo Belga) è eretta in Vicariato. - 13 giugno 1917.

In questi ultimi anni la Religione Cattolica fece lieti progressi nel Kassai Superiore, sia per l'accresciuto numero di Missionari e cristiani, sia per l'apertura di molti istituti d'educazione e di beneficenza. Il nuovo Vicariato è affidato ai Missionari dell'Istituto dell'Immacolato Cuore di Maria di Schentvelt. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 370)

XII) Ut mature. -- La Prefettura Apostolica di Bahr-el-gazal è eretta in Vicariato. -13 giugno 1917.

P dovere del Supremo Pastore - nota il S. Padre - « ut, aucto Pastorum numero, christiani gregis custodiae diligentius prospiciamus ». - (Acia A. S., IX, n. 8, pag. 371).

XIII) Cum Deipara Virgo, Ai Religiosi e alle Religiose della Congregazione del SS.mo Redentore è concessa l'indulgenza di 300 giorni per la recita di una preghiera. - 15 giugno 1917.

La preghiera è una breve, bella e toccante consacrazione quotidiana dell'istituto alla B. Vergine del Perpetuo Soccorso. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 372).

XIV) Dilectus filius Himerius a Jesu. - Ai Fratelli delle Scuole Cristiane son concesse un'indulgenza parziale e uva plenaria per la recita di una preghiera. - 16 giugno 1917.

È la Preghiera del Maestro prima della scuola. Può tornar cara e utile a tutti gli educatori e la riferiamo per intero

« Signore, siete voi la mia forza e la mia pazienza, la mia luce e il mio consiglio: siete voi che rendete docile a me il cuore dei fanciulli che avete affidati alle mie sollecitudini. Non abbandonatemi a me stesso un solo istante. Largitemi, per la mia propria condotta e per quella de' miei allievi, lo spirito della sapienza e dell'intelletto, lo spirito del consiglio e della forza, lo spirito della scienza e della pietà, lo spirito del vostro santo timore e un zelo ardente per promuovere la vostra gloria. Io unisco le mie fatiche a, quelle di Gesù Cristo, e prego la SS.ma Vergine, S. Giuseppe, gli Angeli Custodi, S. Giovanni Battista della Salle, di proteggermi nell'esercizio del mio dovere. Così sia ».

(Pregare, prima d'insegnare, è propiziare buon esito alla lezione. Facciamolo con fervore, prima d'insegnare la Dottrina Cristiana ; consigliamolo a tutti i maestri). - Acta A., S. IX, n. 8, pag. 373.

XV) Dilectus filius noster Joannes. - Son concessi indulgenze e privilegi alla pia opera « Foedus Missae quotidianae », eretta nell'Archidiocesi, di New York. -- 26 giugno 1917.

La pia opera venne eretta in Irlanda, e recentemente arricchita di spirituali favori dal S. Padre Benedetto XV (V. Suppl. n. V. pag. 151).- (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 374).

„ Epistolae -.

I) Petrianam accepimus stipem. - Al rev.mo Mons. Emmanuele Lago y Gonzalez, Vescovo di Osma, per l'obolo di S. Pietro inviato a nome dei diocesani. - 10 marzo 1917.

L'obolo fu raccolto tra il Clero e il popolo. Il Clero offerse al S. Padre l'elemosina delle messe celebrate il giorno di S. Giacomo Apostolo, onomastico di Sua Santità. -- (Acta A. S., IX, n. 5 pag. 223).

II) Fidei et obsequii erga nos. -Al rev.mo P. Michele Cerdà, Preposto Generale, al Procuratore e ai Consultori dei Chierici Regolari Teatini. - 27 Marzo 1917.

Il S. Padre, che è salutato quasi il restauratore dell'Istituto suddetto, avendo eletto egli stesso i membri della Curia Generalizia, si congratula dei loro santi propositi, ricorda loro gli esempi gloriosi del Fondatore, li esorta a seguirli affettuosamente, e promette loro la sua particolare benevolenza. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 224).

III) Non mediocri cum fructu. - Al rev.mo Mons. Gaspare Maria Michele Latty. Arcivescovo di Avignone. - 13 aprile 1917.

Il S. Padre si congratula coll'Ecc.mo Autore di alcune classiche operette: Les sept paroles de la Croix: - Gethsemani et la voie douloureuse: - N. D. de Consolation ; di cui, dice il S. Padre, nulla quasi egli crede di aver letto più volentieri: vix ut quicquam legerimus libentius. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 225).

IV) In Epistola. - Al rev.mo Mons. Maurizio Landrieux, Vescovo di Digione. - 14 aprile 1917.

Il S. Padre si congratula coll'esimio Prelato di una Lettera pastorale sulla ristorazione delle Parrocchie. - Quando parrocchiani e parroco formavano quasi una famiglia, la pietà era in fiore e, con essa, ogni virtù e ogni opera buona. Disperso il gregge, tutto andò in rovina e non resta quasi alcun'orma dell'antica bellezza. « Redeundum est igitur onde discessum est, et paroecia ita instauranda, ut multitudo credentium cor unum sit et anima una: ut parocho suus in ea sit honos: sit nimirum in medio populi uti pater in corona filiorum, eiusque auctoritas ad omnia se porrigat providentem. Inde ea, in primis, consequentur bona, ut oves a pastore non solum alantur pabulo doctrinae ac Sacramentorum, sed regantur praeceptis, iuventer consiliis et consuetudine sancta ad salutaria excitentur, confirmentur in bono. Alterius vero fidelis ad alterum ea erit habitudo, ut quod unum afficit, alios tangat: quae commune respiciunt - instituta dicimus, ac pia opera, quae, vario nomine, multa sunt in unaquaque bene constituta paroecia - ita omnibus curae sint, ut, pietate suadente, quisque in ea ultro id conferat, quo noverit indigere ». Sono parole, che dovrebbero meditarsi da ogni sacerdote in cura d'anime. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 226).

V) A Venerabili fratre Nostro. - Al rev.mo Mons. Tito Trocchi, Arcivescovo tit. di Lacedemonia, delegato apostolico a Cuba e Portorico. - 21 aprile 1917.

Il S. Padre loda e commenda le deliberazioni prese nelle prime adunanze annuali, tenute dai Vescovi di, Cuba, specialmente quelle riguardanti i Seminarii. La speranza d'aver sacerdoti, qui apte ac strenue in Christi vinea laborent, tota est in sacro Seminario... - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 263).

VI) Habet haec virtus. - Al rev.mo P. Giovanni Cavanaugh, della Congregazione di S. Croce, Rettore dell'Università di Nostra Signora. - 3o aprile 1917.

Il S. Padre si congratula del bene fatto dai Religiosi di S. Croce e dagli altri Professori di detta università nei 75 anni trascorsi dalla fondazione della medesima. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 264).

VII) Il 27 aprile 1915. - All'Em.mo sig. Card. Pietro Gasparri, Segretario di Stato di S. S., per impetrare la pace da N. S. G. C. con frequenti preghiere, ad intercessione di Maria SS.ma. - 5 maggio 1917.

Ved. il Supplem. n. V, pag. 129. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 265).

VIII) Confirmantur consilia. -Al rev.mo Mors. Giuliano Guglielmo Conan, Arcivescovo di Porto Principe e agli altri Arcivescovi e Vescovi dello, Repubblica di Haiti. - 7 maggio 1917.

Il S. Padre, rispondendo all'indirizzo inviatogli in occasione delle annue conferenze episcopali, dice di confermarsi nel proposito di consigliare a ogni istante la pace, e a questo fine raccomanda di moltiplicare le preghiere. « Is mira qui dixit: petite et accipietis, fidelis est: sed rogari diu a nobis vult et nostris quasi precibus fatigari ». - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 267).

IX) Communem vestram epistolam. - Al rev.mo Mons. Francesco Rossi, Arcivescovo di Cagliari e agli altri Arcivescovi e Vescovi di Sardegna. - 8 maggio 1917.

E la risposta all'indirizzo inviato al S. Padre al principio delle annue conferenze episcopali. Sua Santità condivide il dolore dei Vescovi per i pericoli cui sono esposti molti chierici, sacerdoti e religiosi, chiamati al servizio militare. Utinam et adversa haec cooperentur in bonum ! - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 326).

X) Epistola vestra. - All'Em.mo sig. Card. Andrea Ferrari, e agli altri Vescovi della Provincia Ecclesiastica di Milano, in risposta a un indirizzo inviato in occasione delle Conferenze annuali. - 12 maggio 1917.

La vostra lettera - in sostanza dice il S. Padre - vi concilia un amore speciale. Ci parla della vostra devozione, delle vostre fatiche nell'ora presente, delle comuni vostre iniziative ispirate a previdenza sociale. Quanto a Noi, continueremo la via intrapresa; fatelo sapere a tutti, che la S. Sede ha sempre cercato, e sempre cercherà, di lenire i mali della guerra e di affrettare la pace. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 327).

XI) Exploratum vobis est. - Ai Vescovi del Messico. - 15 giugno 1917.

Il S. Padre, con gravissime parole, approva la protesta collettiva fatta dall'Episcopato Messicano contro la legge sancita a Queretaro nel febbraio u. s. « de Repubblica in foederatis Mexici civitatibus novanda » ; li sprona a sopportare con grandezza e fortezza d'animo le tribolazioni dell'ora presente, e con tenerezza paterna li prega ad avvisare tutto il popolo messicano che il 12 dicembre p. v., solennità di N. S. di Guadalupe, Patrona della Nazione Messicana, il Vicario di Gesù Cristo celebrerà la messa di detta solennità per tutti i suoi carissimi figli messicani. - (Acta A. S., I X, n. 8, pag. 376).

XII) Quod nuntias. - Al rev.mo fratello Giovanni Giuseppe, Superiore Generale dei fratelli dell'Istruzione Cristiana, nel I° Centenario dell'Istituto. - 16 giugno 1917.

I Frères de l'instruction chretienne furono fondati dal Ven. Giovanni Maria Roberto de La Mennais, Vicario Capitolare di Saint-Brieux, il 29 settembre 1817. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 377).

XIII) Admodum probatur. - Al rev.rno P. Stefano Babin, Superiore dei Benedettini di N. S. di Cogullada. - 20 giugno 1917.

Il S. Padre è lieto che i suddetti religiosi abbiano condotto a termine la nuova chiesa da dedicarsi nel prossimo ottobre ; vuole che essa, per autorità apostolica, sia consacrata alla B. V. sotto il titolo di Regina della Pace; stabilisce d'inviare alla cerimonia un suo Legato. - (Acta A. S., IX, u. 8, pag. 378).

XIV) Testandae benevolentiae. - Al rev.mo. D. Leandro Schnerr, Benedettino, Arciabbate di S. Vincenzo. - 2 luglio 1917.

Il S. Padre si congratula col venerando religioso che compie il quinto lustro del suo ministero abbaziale e insieme il dodicesimo della professione monastica. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 380).

XV) Si quid est. - Al Rev.mo sig. Alfredo Luwick, Vicario Generale dei Preti - della Missione pel 3° Centenario della fondazione delle Dame di Carità. - 13 luglio 1917.

Il S. Padre accorda un'indulgenza plenaria per la celebrazione di detto centenario, e, commendando la carità e le opere del S. Fondatore, osserva: « Mirum quantum christiana caritas valet ad persuadendum: nec facile bonae exhortationi resistitur, cui bene fatta comitentur »; cioè : Fate la carità e vi crederanno. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 380).

XVI) Qui, Cancellarii munere. - All'Em.mo sig. Card. La Fontaine, Patriarca di Venezia. - 16 luglio 1917.

Il S. Padre ringrazia l'Em.mo Card. Patriarca pel devoto indirizzo inviato a Sua Santità, insieme coi dottori della Pontificia Facoltà legale di Venezia, a proposito della promulgazione del nuovo Codice di diritto Canonico; e ricorda, con devote parole, l'autore della Codificazione, l'immortale Pio X, fondatore della Pontificia Facoltà Legale suddetta. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 3).

Atti delle Sacre Congregazioni

S. Officio.

I) Decretum. - E concessa indulgenza parziale a chi rinnova il proposito di accettare qualunque genere di morte. - 16 novembre 1916.

A chi, comunicato, rinnoverà quest'atto, già arricchito d'indulgenza plenaria pro articulo mortis da Pio X il 9 marzo 1904: « Domine Deus mens, iam nunc quodcumque mortis genus prout tibi placuerit, cum omnibus suis angoribus, poenis ac doloribus, de manu tua aequo ac libenti animo suscipio » è concessa l'indulgenza di 7 anni e altrettante quarantene, lucrabile una volta al mese, e applicabile ai defunti. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 228).

II) Decretum. - Giaculatoria indulgenziata. - 27 gennaio 1917.

È concessa l'indulgenza di 300 giorni, toties quoties, a chi recita la giaculatoria, in onore di Maria SS. della Fiducia : « Mater mea, fiducia mea! » - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 229).

III) Decretum. - Estensione d'indulgenze. - 22 marzo 1917.

Chi, nel genufettere divotamente innanzi a Gesù Sacramentato, chiuso nel S. Tabernacolo, o esposto solennemente, dice qualche parola di adorazione, lucra le stesse indulgenze già concesse il 28 giugno 1908 da Pio X a chi recita la giaculatoria: « Gesù, mio Dio, vi adoro qui presente nel Sacramento del vostro amore ». - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 229).

IV) De spiritismo. - 27 aprile 1917.

La S. C. del S. O. dichiara che non è lecito «per Medium, ut vocant, nel sine Medio, adhibito vel non hypnotismo, locutionibus aut manifestationibus spiritisticis quibuscumque adsistere, etiam speciem honestatis vel pietatis praeseferentibus, sive interrogando animas aut spiritus, sive audiendo responso, sive tantum aspiciendo, etiam cura protestatione tacita vel expressa nullam cum malignis spiritibus partem se habere velle ». - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 268).

S. Congregazione Concistoriale.

I) Kearnyensis seu Insulae Grandensis. - Decreto di traslazione della Sede Vescovile. - II aprile 1917.

La sede vescovile di Kearney nell'America Settentrionale è trasferita alla città di Grand Island, come più importante e più popolata di cattolici. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 230).

II) Dubia. - Sul segreto imposto a quelli cui son richieste informazioni circa i promovendi all'Episcopato. - 25 aprile 1917.

Ecco la soluzione dei dubbi: a) Chi è interrogato sub secreto S. Officii sulle qualità di un promovendo all'Episcopato, non può confidare a nessuno di aver avuto tale incarico, per nessun motivo, nemmeno per aver notizie più sicure ; b) Neppur tacendo di aver tale incarico, può chiedere ad altri notizie, quando vi sia pericolo, anche remoto, di violare il secreto; c) Nemmeno può, per qualunque motivo, confidare ad altri, etiam secretissimo et intimo, nel in ipsa sacramentali confessione, le notizie date ; - sotto pena, in ognun dei casi, di scomunica riservata al Sommo Pontefice (dalla quale non potrà essere assolto nemmeno dall'Em.mo Card. Penitenziere Maggiore) e di altre pene ferendae sententiae, sancite contro i violatori del secreto del S. Officio. - Chi, ignaro di notizie certe, potesse averle da altri in modo scurissimo absque ullo periculo violationis secreti, può chiederle: - ma è tenuto a manifestare la persona, o le persone interrogate, nella sua relazione alla S. Congregazione. - (Acta A. S., IX, o. 5, pag. 232).

III) Norme per la S. Predicazione.- 20 luglio 1917.

(Ved. pag. 171). - (Acta A S., IX, n. 7, pagina 328).

IV) Ratisbonen et Augustae Vindelicorum. - Decretum dismembrationis et aggregationis. - 12 maggio 1917.

« Quo melius animarum saluti consulatur, apprime expedit ut fideles ei tribuantur et aggregentur paroeciae, quam facilius et commodius adire possunt »; per questo due villaggi della diocesi di Ratisbona vennero distaccati e uniti alla diocesi di Augusta e precisamente Au am Aign alla parrocchia di Hoeg, e Windem am Aign alla chiesa succursale di Langembruk nella parrocchia di Fahlenbach. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 342).

V) Buscodacen. - Concessionis Palli ad personam. - 27 aprile 1917.

Il S. Padre, a premiare le fatiche apostoliche di Mons. Guglielmo Van De Ven, Vescovo di Bois le duc, ha concesso a lui personalmente il S. Pallio, in occasione dell'almo XXV di Episcopato. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 383).

V) Provisio Ecclesiarum. - Il S. Padre ha nominato Mons. Orazio Mazzella, già Arcivescovo di Rossano, Arcivescovo di Taranto; Mons. Eugenio Pacelli, Segretario della S. C. degli Affari Eccl, Straord. ed eletto Nunzio Apostolico di Baviera, Arcivescovo tit. di Sardi: Mons. Giuseppe Palica, deputato Vice-gerente presso il Vicariato di Roma, Arcivescovo tit. di Filippi. - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 233); Mons. Pacifico Fiorani, già Vescovo di Corneto e Civitavecchia, Vescovo di Osimo e Singoli; Mons. Eugenio Beccegato, Prov. Gen. di Treviso, Vescovo tit. di Sinope ed Amministratore Apostolico di Ceneda. - (Acta A. S., IX n. 5, pag. 268); .

Mons. Rodolfo Caroli, già Vescovo di Ceneda, Arcivesc. tit. di Tiro e Internunzio Ap. in Bolivia; Mons. Bartolomeo Cattaneo, Arcivescovo tit. di Palmira e Delegato Apostolico in Australia; Mons. Tomaso Essen, dei Predicatori e già Segretario della S. C. dell'Indice, Vescovo tit. di Sinide. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 343);

Mons. Giuseppe Bertazzoni, Rettore del Seminario di Guastalla, Vescovo tit. di Massa Carrara; Mons. Paolo Iacuzio, già Vescovo di Capaccio e Vallo, Arcivescovo di Sorrento. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 384).

S. Congregazione del Concilio.

I) Apuana. - Interpretationis voluntatis. - 27 gennaio 1917.

Il caso. - N. N. il 6 febbraio 1865 a Pontremoli, nonnullis praelegatis, disponeva dei suoi beni così: « del rimanente dei miei beni formo una Istituzione di diffusione di buoni libri che avrà un'amministrazione economica composta dei Parrochi della città, presieduta da Mons. Vescovo; e, in caso che tale istituzione... trovasse qualche ostacolo insormontabile ad attuarsi, sostituisco una distribuzione di premi a quella gioventù delle parrocchie di Pontremoli, SS. Annunziata, Mignegno e Dozzano, che, presentatasi all'esame della Dottrina cristiana avanti tre parrochi presieduti dal Vescovo o suo delegato, avrà meglio risposto »; e « quando neppure questa surrogata istituzione del Catechismo possa aver luogo, le entrate vadano a benefizio di quei poveri convalescenti che siano già usciti dallo spedale, dopo un decubito ivi fatto di sei giorni per lo meno, ovvero di poverissimi malati fuori di spedale, ecc. ».

Pluribus de causis andò ad effetto la terza pia opera, che negli statuti, approvati dal Vescovo di Pontremoli il 16 maggio 1867 così ebbe definito lo scopo: «Essa ha per fine di soccorrere quei poveri convalescenti, che dopo un decubito di almeno sei giorni, usciranno dallo spedale di Pontremoli, od anche i poverissimi ammalati fuori dello spedale ». Restando tuttavia non specificati i luoghi o le parrocchie, cui debbano appartenere i convalescenti soccorrendi, urgente auctoritate civili si rinnovarono gli statuti nel 1904 e in essi, attenendosi alla consuetudine seguita fino ad allora, si dichiarò spettare il soccorso agli appartenenti alle cinque parrocchie della città. È da notarsi che il Comune di Pontremoli abbraccia 26 parrocchie, tra cui quelle sunnominate della SS. Annunziata, e Mignegno e Dozzano, la prima vicinissima alla città da dirsi un vero suburbio, le altre due lontane. Contro l'accennata limitazione fatta nei nuovi statuti si appellò all'Amministrazione della Pia Opera il Parroco della SS.ma Annunziati, il quale, vista per due volte respinta la domanda, ricorse alla S. Congregazione del Concilio, chiedendo si dichiarasse 1° Se egli ha diritto di far parte della Commissione Amministrativa della Pia Opera ; 2° Se i poveri della sua parrocchia hanno diritto di partecipare alle beneficenze di essa Opera Pia.

Soluzione: - La S. Congregazione del Concilio, esaminato attentamente quanto venne prodotto pro e contro il ricorrente, e basandosi sopratutto sul fatto che dal 1867 in poi tutti i poveri convalescenti soccorsi dall'Opera Pia, non uno eccettuato, appartennero a una delle cinque parrocchie della città, rispose alla 1a domanda: Negative; alla 2a Nihil innovandum.

II) Pisaurem. - Associationis cadaverum. --7 gennaio 1917.

Il caso. - A Pesaro, nel territorio della parrocchia dei SS. Cassiano ed Eracliano, nel 1824 fu eretto il Manicomio per la Provincia; e il Vescovo, de consensu parochi, dalla S. Sede ottenne al Cappellano l'amministrazione dei Sacramenti, independenter a parocho, più di fare l'esequie e di tumulare i defunti nella chiesa pubblica di S. Benedetto, annessa al manicomio. Quattro anni dopo fu eretto il cimitero pubblico e venne proibito di tumular nelle chiese. Il Parroco dei SS. Cassiano ed Eracliano voleva rivendicato a sè il diritto dei funerali per tanti i morti nel Manicomio, al che si opposero il Capitolo della Cattedrale e gli altri parroci urbani. La questione finì nel 1885, rinunziando il Capitolo a ogni diritto, coll'attribuire ai Parroci urbani il diritto dei funerali dei morti nel manicomio appartenenti alla propria parrocchia, e al Parroco dei SS. Cassiano ed Eracliano il diritto dei funerali di tutti i morti non appartenenti alla città. In quella circostanza lo stesso Parroco, a togliere ogni questione in avvenire, stese alcune norme pel Cappellano, ove dichiarava di ritenere l'esclusivo diritto dei funerali dei morti forestieri appartenenti alla categoria dei cosidetti pensionati; ma di concedere al Cappellano la facoltà delle esequie, nella chiesa dell'ospedale, dei pensionati «diocesani » e di tutti i dementi comuni, ritenendo tuttavia in esclusivo suo diritto gli accompagnamenti funebri fuori della cinta del Manicomio, e d'esclusivo diritto dei Parroci urbani i funerali e gli accompagnamenti dei pensionati appartenenti alle parrocchie della città e del porto. È da notarsi che a quel tempo i morti comuni, come purtroppo si fa in altri ospedali, erano portati al camposanto di notte, su carro comune, senza accompagnamento; ma nel 191o il Municipio ordinò che tutti i morti venissero recati al camposanto di giorno. Il Vescovo avvisò i parroci dell'obbligo che avevano di accompagnare anche le salme dei poveri. Tutti obbedirono; solo il Parroco dei SS. Cassiano ed Eracliano eccepì per i funerali dei morti nel Manicomio appartenenti alla categoria dei « forestieri, comuni »; e poichè il Vescovo glie ne fece un comando con apposito decreto del 20 febbraio 1916, ricorse alla S. C. del Concilio chiedendo si dichiarasse « idem decretum in casu non sustineri ».

Soluzione. - La S. C. del Concilio il 27 gennaio 1917 sentenziò decretum in casu esse confirmandum.

Stando al diritto comune, i funerali dei defunti nel Manicomio spetterebbero ai singoli Parroci della provincia, perchè un demente, dal momento che ha perduto l'uso della ragione ed è chiuso in manicomio, non è più capace di eleggere per sua dimora il manicomio in modo che possa domicilium vel quasi domicilium acquirere in paroecia SS. Cassiani et Heracliani. Ma il caso presente va giudicato ad tramitem juris particularis, che rimonta al 1707 con una transazione fra i parroci e il Capitolo della Cattedrale di Pesaro, in cui si convenne che tutte le sepolture, dei cittadini e dei forestieri, spettino ai Parroci locali. E anche da notarsi che, nelle norme date nel 1885 al Cappellano, il Parroco aveva dichiarato expressis verbis: «Per l'associazione dei cadaveri fuori dello stabilimento, nulla viene immutato e rimane di diritto esclusivo del parroco; perciò è chiaro che qui sentii commodum et onus sentire debeat. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 269).

III) Mandelen. - Curae animarum et Missae pro popolo. - 17 marzo 1917.

Il caso. - A Cantalupo Sabino, che un tempo apparteneva alla diocesi di Sabina e dal 1841 appartiene alla diocesi di Poggio Mirteto (Mandelen.), ab immemorabili v'era, come v'è ancora, un'unica chiesa parrocchiale sotto il titolo di S. Biagio : e la cura d'anime (che toccano appena il migliaio), era esercitata con eguale autorità, per alternas hebdomadas, compresa l'applicazione della Messa pro populo, da due rettori curati con proprio e distinto benefizio, l'uno sotto il titolo di S. Biagio, l'altro sotto quello di S. Maria Assunta. A togliere vari inconvenienti, il Card. Brancati. Vescovo di Sabina, con decreto 1° novembre 1667, sancito in sacra visita (ad formam Concilii Trid., sess. 24. cap. 13 de reform.), affidò la cura d'anime ad un solo rettore, al titolare del benefizio di S. Biagio, col nome di parroco, al quale diede, come vicario perpetuo e coadiutore, il beneficiato di S. Maria Assunta. Sorti altri inconvenienti, un altro Vescovo di Sabina, il Card. De Elcio, addì 26 novembre 1749 ratificò una convenzione fatta tra il parroco (che aveva già avuto il titolo di arciprete) e il suo vicario, mediante la quale, pur restando riservata all'arciprete la celebrazione delle funzioni solenni e la facoltà di amministrare la Comunione Pasquale, i battesimi, i matrimoni, il Viatico e l'Estrema Unzione, era definitivamente riconosciuto spettare e all'arciprete e al suo vicario l'applicazione, alternis hebdomadis, della messa pro popolo e una qualche alterna amministrazione della parrocchia. Nel 1910 morì il Vicario e l'Arciprete Parroco non si rifiutò a prendere tutta la cura d'anime e ad applicare pro populo, statutis diebus, benchè il regio fisco non gli assegnasse, sui redditi del beneficio del Vicario, che lire 5 mensili. Eletto poi, nel 1912, e riconosciuto dall'autorità ecclesiastica e civile economo spirituale della Vicaria vacante, gli furono assegnate 10 lire mensili. Stando così le cose, l'Arciprete-parroco chiese alla S. Congregazione del Concilio. se era tenuto ad assumersi tutta la cura d'anime e ad applicare pro populo in tutti e singoli i giorni festivi; e, in caso affermativo, se gli si potesse, in via di favore, ridurre il numero delle messe da applicare, ad es., al numero di 65 annue al massimo.

Soluzione. -La S. C. del Concilio il 17 marzo 1917 rispose essere tenuto l'Arciprete-Parroco di Cantalupo, vacante il beneficio del Vicario, exercere totani animarum coram, ac Missam pro populo applicare festis etiam suppressis. Per due motivi: 1° come incaricato, già dal tempo del Card. Brancati, exercendi integram ac independentem animarum curam; 2° come economo spirituale del beneficio vacante di S. Maria. È poi noto che la legge di applicare pro populo, nonnisi ob gravissimas causas, relaxari solet. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag- 343).

IV) -- Turritan. -- Curae animarum. - 17 marzo 1917.

Il caso. - Nel 1441, distrutta la città di Torres, venne da Eugenio IV trasportata la Sede Arcivescovile, col Capitolo Metropolitano, a Sassari, innalzata al grado di città, e i redditi della chiesa parrocchiale di S. Nicola, quivi esistente, furono aggiudicati parte alla mensa arcivescovile, parte a detto Capitolo, coll'obbligo di provvedere de sufficienti congrua alcuni sacerdoti incaricati della cura d'anime della parrocchia preesistente. Non potendosi provvedere un assegno conveniente a detti sacerdoti, e volendo meglio provvedere alla cura d'anime, Pio VI con Lettere Apostoliche Ex pastoralis officii sancì che questa venisse affidata ad un solo, e precisamente al titolare del canonicato e prebenda allora vacanti in detta metropolitana per la morte del Canonico Sotgia fin dal 1777, e a esso stabilì pertinere curae animarum exercitium privative quoad ministeria parochialia et quasi parochialia, praeter illa de jure et in vim dispositionis Caeremonialis Romani Capitulo et Canonicis dictae metropolitanae ecclesiae reservata; stabilì pure l'elezione del titolare dì detto canonicato per concursum, e che si dessero al medesimo due coadiutori ad nominationem seu praesentationem Capitoli et canonicorum. Sorte non lievi difficoltà fra il Canonico-parroco e il Capitolo, ad es., circa obligationem celebrandi pro populo, questa, insieme con altre obbligazioni, venne nel 1794 aggiudicata dall'Arcivescovo della Torre al Canonico Parroco, benchè molte cose, quae communi jure parochis adiudicantur, atque propius ad curam animarum speciant (come jus baptizandi col solo obbligo di denunciare al parroco il battesimo conferito, jus levandi cadavera, praedicandi, audiendi confessiones, ecc.) venissero esercitate dal Capitolo, indipendentemente dal parroco, sive per se, sive per coadiutores parochi, tamquam a se delegatos.

L'odierno Canonico-Parroco, ritenendo questo stato di cose dannoso pel buon esercizio della cura d'anime, colta l'occasione in cui si rinnovavano gli Statuti Capitolari, propose d'inserirvi sette articoli, diretti a dare al Canonico-Parroco ogni indipendenza. Essendo stati detti articoli, dal primo all'ultimo, tutti respinti dal Capitolo, venne deferita la cosa alla S. Congregazione del Concilio, la quale trascurò a prima vista gli ultimi quattro come esplicitamente contrari alla Bolla citata di Pio VI, e formolò sui primi tre il quesito: - An et quomodo cura habitualis et actualis animarum spectent ad Capitulum et ad canonicum parochum ecclesiae metropolilanae Turritanae in casu.

Risoluzione. - La S. C. in data 17 marzo 1917 rispose: Curam habilualem spectare ad Capitulum, actualem canonico-parocho competere, servatis ad unguem Litteris Apostolicis Pianis, decisione Archiepiscopi Della Torre et consuetudine. - Si ritenga : a) Quando cura administratur per Vicarium, Vicarius non obtinet nisi curam actualem : - si autem per unum ex obtinentibus praebendam vel dignitatem, etiam in hoc caso militat favore Capituli praesumptio quoad curam habitualem. - b) Nel caso, ipsa Bulla fundationis riserva al Capitolo quaedam ad curam actualem spectantia, e altre cose gli hanno aggiudicate l'interpretazione degli ordinari e la consuetudine. Ora, da più decisioni congeneri risulta, qual principio indiscutibile, posse jura parochialia praescriptione acquiri: come nel caso. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 384).

S. Congregazione dei Religiosi.

I) Interpretatio Decreti « Cum de Sacramentalibus n. - 2o aprile 1917.

Ad interpretazione dell'articolo 50 del decreto Cum de Sacramentalibus del 3 febbraio 1913, ove è detto che un Ordinario deve facilmente concedere ad una religiosa aliquem specialem confessarium vel moderatorem spiritualem, (ben inteso ad animi sui quietem et majorem in via Dei progressum) è dichiarato: I) detto confessore speciale concedendum esse non ad tempus praefixum, sed donec perduret justa causa come sopra: II) può essere incaricato di tale ufficio anche chi è stato nel triennio precedente confessore ordinario della comunità, etiam nondum a cessatione praedicti officii anno expleto. - Acta A. S., IX, n. , pag. 276).

II) De Societate Filiarum S. Ursulae a S. Angela, Mericia. -- 20 maggio 1917.

Il decreto 30 giugno 1911, con cui venne aggregata la predetta Società al Terz'Ordine di S. Francesco con comunicazione dei privilegi e delle indulgenze del Terz'Ordine, comprende nel favore anche quelle Famiglie della Società delle Figlie di S. Orsola, che non domandarono expresse la detta comunicazione. Inoltre: a) le Figlie di S. Orsola non son tenute, per lucrare le indulgenze, a intervenire alle conferenze e alle funzioni che localmente si tengono dai Terziarii: e b) le ascritte a un terz'ordine religioso secolare qualunque possono passare alla Società delle Figlie di S. Orsola, relicto tamen Tertio Ordine cui pertinebant. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 350)

S. Congregazione di Propaganda Fide.

I) Epistola. -- All'Em.mo Card. Loque. - 13 giugno 1917.

L'Em.mo Card. Prefetto di Propaganda si congratula coll'Em.mo Card. Arcivescovo di Armagh, che alcuni ecclesiastici abbiano stabilito di fondare in Irlanda un Seminario per le Missioni estere. Se questo fu sempre provvidenziale, lo è maggiormente ai giorni nostri, in cui le Missioni Cattoliche hanno sofferto e soffrono tanti danni. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 395).

II) Nomine. - 13 giugno 1917: Mons. Antonio Stoppani, della Congregazione dei Figli del S.Cuore, a Vicario Ap. di Bahr-el-Gazal. --- 14 giugno: Mons. Flaminio Belotti, del Seminario di S. Calogero di Milano per le Missioni Estere, a Vicario Ap. dell'Honan Meridionale.

S. Congregazione dei Riti.

I) Sancti Jacobi de Chile. - Decreto per l'introduzione della Causa di Beatifacazione e Canonizzazione del Servo di Dio frate Andrea Filomeno Garcia Acosta, laico oblato dell'Ordine dei Frati Minori. - 25 aprile 1917.

Nato il 10 gennaio 18oo a Hampuienta (Canarie), attese a pascolare gli armenti, pieno di pietà e di candore. A 3o anni, costrettovi dalle necessità della vita. emigrò in America. A Montevideo, coll'approvazione del suo confessore, che apparteneva ai PP. Minori, vestì l'abito francescano nello stesso Ordine. Tornato al secolo non per propria volontà, essendo modello d'ogni virtù, poco dopo ottenne di rientrar nel chiostro, ove rimase finché una rivoluzione ne cacciò tutti i religiosi. Allora seguì il suo direttore spirituale a Santiago nel Cile, ove fu accettato come terziario in quel convento, di cui divenne uno dei frati questuanti, e morì santamente il 14 gennaio 1854, dopo avere emesso i voti solenni in punto di morte. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 277).

II) Lugdunen. - De sacra untione manus in ordinatione. -- 12 gennaio 1917.

Chiesta la S. Congregazione dei Riti che cosa debba intendersi per palma della mano, a proposito dell'unzione prescritta nell'ordinazione sacerdotale ha risposto: Intelligenda est pars interior manus inclusis digitis, ad mentem Rubricae et formulae Pontificalis Romani. - Perciò al dubbio se un prete soldato, che in guerra ha perduto l'indice e ottenuto il permesso di adoperare in luogo suo il medio, abbisogni di sacra unzione al dito medio prima di celebrare, ha risposto: Negative et acquiescat. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 351).

III) Tarvisina. - Delle campane tubolari nell'organo. - 18 maggio 1917.

Alla domanda di Mons. Vescovo di Treviso: se un organo liturgico può avere le campane tubolari, la S. C. (citando il Motu Proprio di Pio X, de Musica Sacra del 21 novembre 1903, tit. VI, n. 18 e 12) ha risposto negativamente. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 352).

IV) Arequipen. - Decretum per l'introduzione della Causa di Beatilicazione e Canonizzazione della Serva di Dio Anna degli Angeli Monteagudo, Monaca professa dell'Ordine di S. Domenico. - 13 giugno 1917.

Questa Serva di Dio. emula di S. Rosa da Lima, nacque ad Arequipa nel Perù nel 1602. Educata monastero di S. Caterina da Siena, esistente in patria, vi tornò poco dopo per amor di perfezione. Chiese una veste da religiosa, e ne ebbe una,

vecchia, dimessa dalle altre. Anna se l'adattò e chiese in grazia di far parte della comunità. Vinte le opposizioni dei parenti, fu accolta tra le novizie, professò, e, a sua volta, fu maestra delle novizie e superiora, illustre per virtù e per miracoli. Morì più che ottuagenaria. Perdurando la sua fama di santità, è stata introdotta la sua Causa di Beatificazione. - (Acta A. S., IX, n. 7, pag. 353).

V) Dubia de cantu liturgico gregoriano. 23 giugno 1917.

Per comodità dei cantori, sopratutto delle chiese rurali, è lecito far uso di libri fedelmente riproducenti le melodie gregoriane dell'edizione vaticana con notazione musicale. Detti libri devono avere l'imprimatur degli Ordinarii. - (Acta A. S., IX, n. 8, Pag. 396).

VI) Ordinis S. Benedicti. - Dubia. - 23 giugno 1917.

Riguardano l'interpretazione del nuovo Lezionario ad uso dei PP. Benedettini. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 397).

Atti dei Tribunali

S Penitenziaria Apostolica.

I) Documenta quaedam concessionis indulgentiarum - 17 aprile e 2o aprile 1917.

Sono pubblicati i documenti delle indulgenze concesse ad alcune preghiere con autografi pontifici. La giaculatoria: « Cor Iesu Eucharisticum, adauge nobis fidem, spem et charitatem » è arricchita di 300 giorni d'indulgenza. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 280).

II) De indulgentiis quoad fideles ritus orientalis. - 7 luglio 1917

I fedeli dei Riti Orientali lucrare possunt omnes indulgentias a Summo Pontifice universali decreto concessas. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 399).

S. Romana Rota.

I) Ton-Kin Centralis -- Nullitatis matrimoni (Nghink-Tai-Vang). --- 27 giugno 1917.

Nel 1895 Domenico Tai chiese in isposa Maria Vang diciottenne, la quale, già deboluccia, si ammalò e diede in pazzia. Ritenendosi che lo stato matrimoniale le avrebbe giovato, si celebrò regolarmente il rito coniugale, ma la sposa non guarì, anzi crebbe la malattia. Domenico tacque; ma nel 1912 Giuseppe Nghink, mosso a compassione, denunziò l'invalidità del matrimonio ex capite amentiae. Il Vicario Apostolico costrusse ad hoc un diligentissimo processo canonico, e, senza proferir sentenza, l'inviò alla S. Rota, perchè sentenziasse. Il S. Tribunale, addì 2 luglio 1914, formulò il dubbio: « An constet de nullitate matrimonii in casu ».

Esaminata e riconosciuta la validità del processo, poichè nuptias non coricubitus sed consensus facit, et quidem consensus ex mente sana et voluntate libera fu dichiarato constare de nullitate matrimonii in caso, poichè Maria Vang era già demente prima del matrimonio, rimase demente dopo e apparve demente ipso tempore matrimonii. Ad es., si dovette spingerla all'altare, non ci voleva andare: interrogata se voleva sposare Tai, si mise a ridere da folle ; ripetutale la domanda più volte, continuò sempre a ridere; pare che si riuscì a farle dire un sì: ma interrogata subito dopo perchè avesse riso, rispose : Perchè mi chiedevano delle sciocchezze ! - (Acta A. S., IX, n. 5, pag. 242).

II) Isclana -- Iurispatronatus. - 18 agosto 1816.

Il Caso. - Il Sac. di Moro, parroco di Testaccio di Burano (diocesi d'Ischia), per poter provvedere all'ampliamento della chiesa parrocchiale, pensò di trasferire ad una cappella dedicata alla B. V. delle Grazie, esistente nella parrocchia, una pia associazione detta di S. Maria di Costantinopoli, il cui Oratorio, annesso alla chiesa parrocchiale, avrebbe permesso di ampliar questa di un'ala. Tutto era combinato, d'accordo colla pia associazione, colla Curia e col Cappellano della B. V. delle Grazie, quando il Can. Giuseppe Vuoso, che non si era mai interessato della cappella, cita il Parroco ob violationem iurispatronatus ch'egli dice avere sulla cappella; contestandoglielo il Parroco, il Can. si appella alla S. Romana Rota; ma, chiesta e ottenuta una nuova istruttoria, censuit a lite recedere. Insiste invece il Parroco e si discutono i dubbi: - I) An constet de iurepatronatus favore Sac. Josephi Vuoso in casu. Et quatenus affirmative . - II) An constet de violatione iurispatronatus et quomodo providendum in casu.

Soluzione. - Patronum faciunt dos, aedificatio, fundus. Se è lo stesso che dà il fondo, edifica e dota, modo de consensu Episcopi, egli solo è il patrono: se vari, sono patroni in solidum. - La cappella della B. V. delle Grazie fu costrutta nel 1748 da D. Aniello Nobilione, che non la dotò: quindi potè dirsi benefattore, non patrono. Ammesso anche che in virtù della semplice costruzione egli abbia acquistato il giuspatronato, non risulta dimostrato come esso sia passato alla famiglia del Can. Vuoso, come questi dice, per un matrimonio Nobilione-Vuoso, contratto nel 1825. Il Canonico si appella anche alla prescrizione, asserendo che La sua famiglia nominò più volte i rettori della Cappella, ma non risulta che una nomina sola. e in modo privato. Quindi la S. C. sentenziò: 1) Non constare de iurepatronatus ecc. - 2) Provisum in primo - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 281).

III) Pitilian. - Nullitatis matrimonii (Santelli-Stettiner ). - 24 ottobre 1916.

È la discussione, provocata dal Difensore del S. Vincolo, del dubbio: « An sententia rotalis diei 16 augusti 1915 sit confirmanda, vel infirmanda in casu? -- E fu risposto: Affirmative ad primam partem, negative ad secundam. - (Ved. il nostro III Suppl. pag. 89). - (Acta A. S., IX, pag. 356)

IV) Novarien. - Restitutionis in integrum. - 18 agosto 1916.

Il caso. - A Novara esiste fin dal secolo XI la Congregazione dei Parroci urbani e suburbani con due categorie di soci - altri ex iure (cioè i successori dei rettori di chiese che fondarono la Congregazione : essendo poi dette chiese state erette in parrocchie, la Congregazione venne detta « dei Parroci, ecc. ») altri ex gratia, cioè non per diritto, e questi sarebbero i titolari delle parrocchie posteriori. Nel 1913 il Parroco di S. Michele, D. Giovanni Pellegatta, chiese di essere ammesso alla Congregazione ex iure, essendo (diceva) stati ammessi a questo titolo molti dei suoi predecessori; ma la Congregazione lo negò. La Curia invece riconobbe il diritto del Parroco: la Congregazione dichiarò di accettare la sentenza, domandando quanto tempo le era concesso per interporre appello. Fu risposto: « dieci giorni ». Ciò il 5 novembre. Il 14 novembre un membro della Congregazione, Don Vincenzo Bairate, Parroco di S. Agabio, scrissi alla Curia protestando, riservandosi la facoltà d'interporre appello in seguito, come fece il 16 dello stesso mese. La Curia respinse l'appello. Il Parroco di S. Agabio ricorse alla S. R. Rota, chiedendo ut sibi recognosceretur ius appellandi, aut saltem restitutio in integrum concederetur; e la S. R. R. discusse i due dubbi: I) An constet de re indicata, in casu. - Se affermativamente: II) An sii locus restitutioni in integrum.

Soluzione. - La S. R. Rota risponde : - ad I) affirmative, seu constare de re indicata in caso - ad II) Negative, seu non esse locum restitutioni in integrum., colla dichiarazione : expensas vero inter partes compensatas volumus.

« Res indicata » si dice comunemente « Sententia definitiva a qua non fuit appellatum intra decendium ad eam impugnandam constitutum ». Nel caso, mentre la sentenza fu emanata il 5 novembre, l'appello verme di fatto interposto il 16 novembre, quando i dieci giorni, che vanno computati dal giorno della sentenza, erano trascorsi.

« Restitutio in integrum » nel caso nostro est actio ad reintegrandam causam contra lapsum fatalium. Essa non fu concessa, perche ex allatis non consta della ingiustizia della sentenza; nè d'altra parte, l'accennata Congregazione può credersi indipendente dall'autorità ecclesiastica; e molto meno essa può lagnarsi della Curia, quasi questa abbia derogato una propria regola secolare, mentre consta (da due documenti prodotti in causa, del 12 marzo 1663 e del 12 gennaio 1738) che la Congregazione stessa aveva già derogato alla regola. - (Acta A. S., IX, n. 8, pag. 400).

Sapremo Tributale della Segnatura Apostolica.

Ostiensis. Emphvteusis. - 30 marzo 1917.

La Mensa Vescovile di Ostia il 25 luglio 1797 dava in enfiteusi un suo latifondo ai fratelli Vincenzo e Giuseppe Paolini, in solidum, e per essi ai loro figli a terza generazione. Nel 18o9 Vincenzo, col consenso del figlio e dei nipoti (il fratello era morto), alienò l'enfiteusi ai fratelli Canori. Due pronipoti di Giuseppe, di nome Filippo e Angelo Paolini, costituenti la terza generazione, presero fin dal 1866 a sostenere che l'alienazione dell'enfiteusi era nulla, trattandosi di enfiteusi ereditaria o pattizia. Morto il fratello nel 1868, Angelo continuò a insistere nel suo diritto, finche, essendo l'enfiteusi devoluta nel frattempo alla Mensa Vescovile e da questa concessa al Principe Aldobrandini, il 30 marzo 1871 si venne ad una transazione tra la Mensa e il Principe da una parte e Angelo Paolini dall'altra. Senonchè questi prese ad impugnare stessa transazione come nulla, finchè, con pubblico strumento del 17 maggio 1889, si convenne che il Paolini avrebbe tenuto per valida la transazione e rinunziato ai pretesi diritti, quando il Principe gli prestasse 5o.ooo lire. Cosi fu fatto. Il Paolini però non ristette dalla rivendicazione dell'enfiteusi, e citò la Mensa e il Principe, senza nessun permesso dell'Autorità Ecclesiastica, dinanzi i tribunali laici, fino alla Cassazione. Da tutti fu condannato. Allora ricorse al Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica chiedendo di essere autorizzato a far le sue ragioni innanzi al Tribunale della S. R. Rota; ma la sua domanda il 13 gennaio 1917 fu respinta. Insistette ancora, e nella seduta del 10 marzo fu risposto: In decisis et extendatur decisio.

La lunga e splendida conclusionale dimostra come la domanda del Paolini fu respinta perchè priva di ogni fondamento giuridico: il che è provato con argomenti estrinseci ed intrinseci. Accennando di volo ai primi: a) Chi cita, senza debita autorizzarione, una Mensa Vescovile dinanzi a tre tribunali civili, e poi ricorre all'Autorità Ecclesiastica, non merita di essere accolto da questa, mostrando troppo chiaramente di agire dolorosamente: b) L'attore non ha mai efficaciter impugnato la transazione del 1871, anzi l'ha confermata nel 1889; quindi sta contro di lui la prescrizione; c) Se si astrae dal fatto che la parte convenuta è ecclesiastica, la causa è puramente civile; e quindi, come fu giudicata tre volte dai tribunali civili, si deve presumere ben giudicata. - Gli argomenti intrinseci si dilungano a dimostrare: a) la validità della transazione, tanto ratione obiecti, come ratione subiecti; b) la nullità delle ragioni addotte dal signor Angelo Paolini. - (Acta A. S., IX, n. 6, pag. 291).

Formiamo buoni Maestri!

Torniamo a raccomandare la formazione di buoni maestri elementari, cioè che non lascino nulla a desiderare nè dal lato scientifico e didattico, nè dal lato religioso e morale. Alla formazione di siffatti maestri -- è bene che lo rammentino specialmente i Cooperatori Sacerdoti mirano appunto due Convitti, aperti presso la Scuola Maschile Pareggiata di Torino, Via Valsalice 39 e quella di Frascati, Villa Sora. -

Chi ha buoni e bravi giovani, desiderosi di avviarsi alla carriera magistrale, li indirizzi ai Convitti accennati.

Per programmi rivolgersi alle due Direzioni.

AZIONE SALESIANA.

Quattro nuovi Oratori festivi nell'Italia Meridionale.

***** 20 giugno 1917.

Rev.mo Signore,

Qual umile Cooperatore Salesiano ed ex-allievo dei Salesiani, a sua consolazione, Le voglio far notare che fin da quando fui mandato in quest'Ospedale di A... , come aiutante medico prima, poi come aiutante cappellano, non ho mai trascurato, non solo di continuare, e, potendo, intensificare l'opera dell'Oratorio da me aperto a S... ma di portare anche da queste parti il benefico spirito di Don Bosco, mercè l'impianto di nuovi Oratori in queste abbandonate contrade.

A F... villaggio di 5ooo abitanti, lontano dalla città di A... circa tre miglia, con la cooperazione del bravo Arciprete, del Sindaco, di un ottimo e bravo signore, e più di tutto con l'aiuto di Maria SS. Ausiliatrice, ho potuto impiantare un vero Oratorio modello. L'egregio signore, qui accennato, ha speso oltre 30.000 lire per il grande fabbricato, cortile e giardino annesso. Ora tutto è al completo... anche una magnifica Cappella; sono già tre mesi che 120 giovani, dai 7 ai 18 anni, divisi in 4 grandi squadre, vi sono raccolti e vi si istruiscono.

In locale separato, ma che forma un tutto coll'Oratorio, nel mese entrante prenderanno stanza quattro suore per il mantenimento di un apposito asilo. Dio dunque benedice !

Un terzo Oratorio sto formando in un altro luogo, a C... pure vicino ad A... Fin da un mese vi tenni una conferenza sull'importanza e necessità dell'Oratorio a tutti i signori del paese, e il Municipio è disposto a dare il locale, come il Parroco è pronto a qualunque spesa e sacrificio. Quell'Oratorio è incipiente: vi sono appena una quindicina di giovinetti... ma sono la buona semenza!

Un quarto Oratorio ho potuto metter su al B che si trova in una contrada più vicina ad A... , ma qui mi mancano le braccia ed ho bisogno almeno di molto tempo per ottenere un po' di vero movimento giovanile.

Ella mi dirà: - E in A... (cioè nel capoluogo), che hai fatto?

Che ho fatto?... Qui sono l'amico di tutti i giovani, di tutti i fanciulli, di tutti... i birichini.... però non ho ancora un locale, nè fondata speranza di averlo così presto! E pensare che la città conta oltre 30.000 anime e ben sette parrocchie, con molte chiese e cappelle. Ah! quanta apatia per le cose di religione ! Non v'è un giornale, nè un bollettino, nè un foglio cattolico; non un circolo giovanile!... e intanto le anime sempre più si allontanano da noi!

Con la prudenza di Don Bosco, e con un segreto che per me è l'unico mezzo e l'unica via per riuscire a qualche cosa (umiltà, sacrificio, azione e preghiera) sono riuscito ad essere ben accetto a tutti i Parroci, a lavorare or in una parrocchia or in un'altra per un po' d'azione giovanile, sicchè spero, spero sempre, d'iniziare anche qui un Oratorio. Lo spero coll'aiuto di Dio!...

Dalla guerra vedo decimare, a una a una, le file dei miei cari giovani! Ma dovunque vanno, mi scrivono lettere che sono un vero monumento della fede viva nei loro cuori.

Il mio primo Oratorio fiorisce sempre, specie dopo la propaganda a mezzo di una lettera diretta ai padri di famiglia.

Ed ho fatto qualche cosa di più: non ostante sia ancor poco in vista di quello che bisogna fare. Dei padri dei ragazzi, che spesso ho radunato per un'unica direttiva nell'educazione dei figli, ho formato una Società Agricola Cattolica con una Cassa Rurale. Questa, fin dallo scorso dicembre, potè essere legalmente istituita: ed ora è anche fiorente. Ma ciò, come ho detto, è poco. Tra non molto, in questa Società voglio formare un « Secretariato del Popolo », per cui sto formando l'ambiente

Ella mi dirà: -Come fai a far tutto? Hai molti preti che ti aiutano ? - Nessuno, proprio nessuno,...

Dai nostri Seminari purtroppo è ancora lontano lo spirito di sacrificio, di umiltà e di apostolato che s'apprende alla scuola di Don Bosco!... Abbiamo degli ottimi panegiristi e oratori, e anche dei santi sacerdoti, ma in casa loro. Per nostra sventura di uomini apostolici nel campo giovanile, ne sorgono troppo pochi

Io ho papà, mammà, due angeli di sorelle, un fratello (che di più ora è esonerato), lavoratore, e un nucleo di giovani, lavoratori, che io stesso mi son formato... È il mio piccolo stato maggiore!...

Quanto le ho scritto sia tutto, tutto a gloria di Dio, che spesso si serve di vilissime creature per operar cose grandi: ed anche a onore e consolazione sua e di tutti i Salesiani che nello scrivente hanno un confratello che vorrebbe essere un fervente apostolo al par di coloro che l'hanno plasmato, educato all'apostolato per la gioventù!

Sì, vorrei aver la potenza di una gran macchina telegrafica universale, per far conoscere a tutto il mondo il bene che operano i cari figli di Don Bosco, quello che ho ricevuto io, e l'immensa gratitudine mia!...

Padre!... Queste mie brevi e consolanti notizie sieno anche di dolce refrigerio all'amato Successore di Don Bosco, Don Paolo Albera, nel giorno del suo onomastico! Accolga egli pure il mio saluto e l'augurio filiale; sappia egli pure che nel mio petto, nel mio cuore, i salesiani hanno acceso un focolare oli vivissimo fuoco per la gloria di Dio e per il bene delle anime.

S. C. ex-allievo, sacerdote.

Tracce di fervorini PEL GIORNO 24 DI OGNI MESE DEL 1917.

IX.

24 settembre. - « Petite et accipietis ». - Preghiamo di più.

Chi non ha sentito, anche persone devote, lagnarsi quasi contro il Signore, perchè non ascolta le preghiere che si fanno per implorare la pace? Illuminiamo le menti dei fedeli. Facciamo loro conoscere le cause per cui noli siamo esauditi.

I) Una delle prime è che si prega ancor poco. Iddio, come si è espresso il S. Padre, rogari diu a nobis vult et nostris quasi precibus fatigari... Ed oggi quanti sono che pregano? È tutto il popolo cristiano che prega ? Quanti vivono anche ora una vita da pagani.... e bestemmiano il santo Nome di Dio!... - È assai più grande il coro delle bestemmie che insultano e provocano il Signore, che il coro delle preghiere. - Finchè il mondo non si converte a Dio, è vano sperare una pace duratura sulla terra. Animiamo i fedeli a celebrare con fede il mese di ottobre, a recitare ogni giorno, in chiesa o in casa, il S. Rosario.,

II) Intenzione particolare: - Il ravvedimento dei bestemmiatori. - Per ottenerlo più, largamente: a) adoperiamoci noi stessi a impedire la bestemmia nelle nostre famiglie e tra i nostri dipendenti; b) Pronunziano, almeno mentalmente, giaculatorie di riparazione ogni volta che sentiamo bestemmiare. - L'impedire la bestemmia e qualunque discorso contrario alla religione o ai buoni costumi, è uno dei doveri propri dei divoti di Maria Ausiliatrice - (Ved. Reg. dell'Associazione, I, 5).

X.

24 ottobre. -- « Petite et accipietis ». - Combattiamo il peccato.

Un'altra causa, per cui le nostre preghiere non sono esaudite, è il peccato. Questo popolo, diceva il Signore, mi onora colla bocca, ma il suo cuore è lontano da me. Altrettanto Egli direbbe adesso.

I) Se vi fu un tempo, in cui il peccato avrebbe dovuto esular dalla terra, è il presente, al pensiero dell'immane guerra che si combatte e delle sue orribili conseguenze. Invece!... Ci siamo abituati anche a questo: è doloroso, ma è così. Si alza dovunque un grave lamento per le strettezze crescenti, ma non si rinunzia al piacere.... Insulto atroce a chi vigila, fatica e combatte al fronte. Un'anima che resiste alla forza ammonitrice del dolore, è perduta... quindi che dire della religiosità di un popolo, che non ode la voce del Signore, nemmeno quando si fa sentire fra i castighi più gravi ?...

II) Intenzione particolare: - Il trionfo della religione in Italia. - Perche si compia, lavoriamo e preghiamo. La vita esemplare sia la nostra miglior propaganda ; la nostra parola, forte o soave, risuoni sempre a tempo opportuno; non risparmiamo fatiche per la causa della Religione nella patria nostra diletta. Allora potremo invocare con fiducia l'aiuto di Dio e della Benedetta sua Madre.

XI.

29 novembre. - « Petite et accipietis ». - Interponiamo l'intercessione delle sante Anime del Purgatorio.

Nel mese dei morti, chi non ricorda persone care che non son più?!... Quante n'ha spinte la guerra all'eternità! E i morti in guerra, quelli sopratutto che sono spirati cristianamente, pentiti, piegando umilmente la volontà loro dinanzi a quella di Dio, sono un grande olocausto che propizia ai superstiti misericordia e perdono. Non v'ha miglior carità di quella di colui, che dà la vita per i propri fratelli.

I) Uniamoci quindi ai defunti, alle SS. Anime del Purgatorio, nel domandare a Dio il ristabilimento della pace sul mondo. Esse che vedono e valutano appieno le gravità delle vicende di questa povera vita, e che ne hanno già provato, in tutta la pienezza assegnata loro dalla Provvidenza, i pericoli e i disagi, hanno un linguaggio più eloquente del nostro. Noi interessiamole, applicando loro copiosi suffragi. Non solo preghiere, ma mortificazioni, comunioni, indulgenze, buone opere, limosine, Sante Messe!... Oh! la potenza propiziatoria di una sola Messa!... di un'elemosina

Se tutta la Chiesa Purgante si unisse alle suppliche della Chiesa Militante, i Beati del Paradiso non pregherebbero anch'essi ad una voce il Signore a rinnovare sulla terra la sua grande misericordia?

II) Intenzione particolare: - La liberazione delle Anime del Purgatorio, già ascritte alla Pia Unione dei divoti di Maria Ausiliatrice. Non dimentichiamole mai; suffraghiamole con fraterna memoria; ogni giorno preghiamole a ricordarsi di noi, specialmente quando siano in Paradiso.

XII.

24 dicembre. - Il giubileo del Santuario di Maria Ausiliatrice.

Il 9 giugno 1918 si compiono cinquant'anni dalla consacrazione del Santuario di Maria Ausiliatrice in Torino. Se ne dia l'annunzio con santa esultanza. Si animino i divoti di Maria Ausiliatrice ad approfittarsene per rinnovare le suppliche più confidenti, per i bisogni nostri e del mondo intero, a questa dolcissima Madre, ispiratrice e protettrice di Don Bosco e delle sue opere.

I) Si esortino i fedeli a compiere con più fervore le commemorazioni mensili del 24 nel nuovo anno. Si determini e si annunzi qualche particolarità che giovi ad accendere un santo entusiasmo.

(Nel «Bollettino » di dicembre p. v., si daranno alcuni suggerimenti).

II) Intenzione particolare: - Una speciale benedizione di Maria Ausiliatrice pei Salesiani, per le Figlie di Maria Ausiliatrice, pei Cooperatori, perchè tutti si studino di calcar le orme di Don Bosco, anelando solo a promuovere la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.